98 Periodico bimestrale Giugno 2015 Anno XXIII Direttore responsabile Federico Rossi Aut.Tribunale di Udine 10/92 del 6/4/1992 Stampato su carta riciclata presso: Rosso Grafica e Stampa, via Osoppo 135 - Gemona - Ud Proprietà: Associazione culturale Pense e Maravee, via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - Ud Consegnato in Tipografia il 16/06/2015 Tiratura: 5.500 copie - Distribuzione gratuita Testata del Gemonese www.pensemaravee.it Energie Energie Mentre pubblichiamo Pense e Maravee, è in corso tra le forze politiche un ampio dibattito, un duro scontro, sull’emigrazione, soprattutto dopo che è stata resa pubblica l’inchiesta sulla cupola che ha controllato e in buona misura ancora controlla, attraverso la leva della corruzione, il fiume di denaro che, ogni anno, assicura l’accoglienza dei migranti nel nostro Paese. Affari sempre più ghiotti, considerando che ai migranti che partivano per cercare lavoro, si sono aggiunti nell’ultimo anno coloro che fuggono alle difficilissime situazioni di molti paesi del Maghreb. Il numero di richiedenti asilo politico è molto più alto di una volta perchè la scelta disperata di coloro che decidono di affrontare il Mediterraneo è di gran lunga la più razionale che hanno: i migranti siriani, per esempio, sono per lo più persone appartenenti alla classe media che hanno perso tutto. Appare inoltre fin troppo evidente la demagogia sugli scafisti-schiavisti di alcuni rappresentanti politici, perchè è stata proprio la politica ad aver lasciato loro il monopolio assoluto. Eppure dobbiamo accettare il fatto che ci saranno sempre più persone pronte a migrare. Papa Francesco ha usato una bella espressione per definire coloro che scelgono di affrontare la grande traversata del Mediterraneo: cercatori di felicità. La questione dei profughi s’ incrocia inoltre con quella ambientale. I cambiamenti climatici, secondo uno studio dell’Università della California e della Columbia University, sono stati la causa della siccità che ha colpito, continuando con l’esempio precedente, la Siria dal 2006 al 2010, provocando l’esodo di un milione e mezzo di agricoltori verso le grandi città. Nel 2010 gli sfollati interni e i profughi ira- Numeri keni raggiungevano il 20% della popolazione. La guerra e il successivo esodo di molti siriani hanno avuto così cause sociopolitiche, l’incapacità del regime di fornire risposte alla crisi determinatasi, cause amplificate dai cambiamenti del clima create dall’uomo e dal nostro modello di sviluppo basato sulle fonti fossili. Il tema dell’ambiente è molto caro a papa Francesco che associa la mancata custodia del creato a quella “cultura dello scarto” che crea emarginazione, povertà e crescenti e intollerabili disuguaglianze e alla necessità di mettere in campo nuovi modelli di sviluppo, diversi modi di concepire l’economia e la società. Un modello che metta al centro la persona che è soprattutto relazione con le altre persone, i viventi tutti, i “non ancora nati”, la terra e, per i credenti, con Dio. E le comunità locali, civili ed ecclesiali, come si stanno preparando? Sapranno usare le risorse, le energie positive per lo sviluppo della convivenza e la crescita di tutti? Secondo il settimanale del Friuli “La Vita Cattolica” «Tutti i cristiani dei paesi friulani dovrebbero sollecitare i loro sindaci ad accogliere tre o quattro profughi. Solo se diffusa, l’accoglienza che possiamo dare sarà dignitosa. Del resto quando c’è stato il terremoto non è avvenuta la stessa cosa?». Questa è la principale proposta contenuta nell’opuscolo “Comunità cristiane testimoni e accoglienti. Per una spiritualità delle migrazioni” realizzato dal Vicariato urbano di Udine. Gemona cosa sta facendo? Vi invitiamo a seguire gli approfondimenti su questa situazione drammatica e molto complessa anche in ambito locale, sul sito di Pense e Maraveee: www.pensemaravee.it 218 mila - le persone che nel 2014 hanno attraversato il Mediterraneo. 1000 - le persone che nel 2014 sono morte in viaggio, per lo più di età compresa tra i 18 e 25 anni. 1 miliardo - flusso di denaro nero che, ogni anno, assicura l’accoglienza dei migranti nel nostro Paese. 78 - i rifugiati politici residenti in Valle D’Aosta oggi. 62 - i richiedenti asilo politico a cui il Presidente della Valle D’Aosta ha recentemente negato la residenza. 750 - le persone morte nel naufragio del barcone inabissatosi il 18 aprile scorso nel Canale di Sicilia. 29 - i migranti morti di freddo, a febbraio, dopo che la Guardia Costiera italiana aveva soccorso un barcone su cui viaggiavano 106 persone. 60 - i Paesi alleati contro l’Isis. 6 milioni - numero di musulmani residenti in Francia. 5 x mille sostenerci non ti costa nulla! Il codice fiscale di P&M è 91002600301 Direttore responsabile Redazione A questo numero hanno collaborato Federico Rossi Anna Piazza, Paolo Isola, Irma Londero, Piera Londero, Luisa Patat, Lucia Solinas, Gianni Tonetto Lorenzo Londero, Sandro Cargnelutti, Anna Piazza, Mauro Pascoli, Cristiana Vettor Giacomo Trevisan, Élia Beacco, Marco Iob, Antonella Bruzzo, Marta Musina Grafica: Giulio Calderini associazione culturale Ringraziamo tutti coloro che continuano a sostenere la nostra autonomia con un contributo. Compilate il bollettino di c.c. postale n. 16895336 Qualsiasi importo va bene. Via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - UD [email protected] www.pensemaravee.it Giugno 2015 SOMMARIO 4/7 politica> Riforma Sanitaria Ci sono novità per l’ospedale di Gemona 8 a cura di Mauro Pascoli politica> Il “Sito della memoria” coperto dalla pedana 8 a cura della redazione politica> Monumento ai caduti di Taboga 1 Lettera di Graziano Busettini società> La ricchezza dell’accoglienza 12 di Antonella Bruzzo società> Je suis Bardo I commenti di Gianluca Solera dopo l’attentato al Museo del Bardo di Tunisi a cura di Élia Beacco inserto / speciale scuola> Il blog “Fuoridalcomune ” a cura della redazione blog “Fuoridalcomune” cultura> Le memorie di Dante Petuelli - Parte 2^ “Le storie della mia travagliata vita” di Sandro Cargnelutti società> Dalla Grande Guerra alla Grande Pace 13/20 21/23 24/25 26 a cura della redazione cultura> La storia di Gaetano 27 a cura della redazione storia> Sezione AFDS di Gemona Un po’ di storia e alcune novità 28 di Marta Musina cultura> Elementi sotterranei Decima edizione del festival internazionale di street art a cura della redazione Testata del Gemonese 9/10 rubriche> La talpa Scava e morde 29/31 Lamps! Segnalazioni, lettere... In copertina: Elementi Sotterranei X Festival Street Art Gemona del Friuli Foto Marco Iob politica> a cura di Mauro Pascoli Riforma Sanitaria Ci sono novità per l’Ospedale di Gemona Lo scorso 20 maggio il Direttore Generale dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria (AAS) n. 3 “Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli”, dott. Pierpaolo Benetollo, ha presentato all’Assemblea dei Sindaci il Piano di riordino dell’Ospedale di Gemona. Il successivo lunedì 25, il documento è stato illustrato dallo stesso D.G. alla popolazione in un incontro pubblico svoltosi presso l’ospedale cittadino. L a riforma sanitaria avviata dalla Regione col 1° di gennaio 2015, con questa prima tappa che riguarda il tema (così sofferto) del futuro dell’Ospedale di Gemona, sta quindi cominciando a prendere forma. Naturalmente questo passaggio va inquadrato nel disegno più complessivo del nuovo sistema sanitario regionale e dell’“approccio culturale” con il quale si intende attuarlo. Di questo Pense e Maravee aveva par- lato con lo stesso Pierpaolo Benetollo in un’intervista pubblicata il 23 marzo scorso sul sito web della testata. Nell’occasione, oltre ad anticipare il documento strategico presentato in questi giorni, gli argomenti trattati permettevano di cogliere lo spirito con cui viene affrontato, nella realtà del Gemonese, questo cambiamento epocale. Ci è sembrato quindi utile riproporla qui integralmente. Intervista al D.G. dell’AAS 3 Pierpaolo Benetollo del 23 marzo 2015 Il dottor Benetollo ha alle spalle un’esperienza lavorativa importante ed articolata. Avendo iniziato come medico geriatra “sul territorio”, ha via via ricoperto diversi incarichi tra cui quello di Direttore del Distretto SocioSanitario n° 4 dell’ULSS 16 “Padova”, di Direttore Sanitario dell’ULSS n°4 “Alto Vicentino” e, prima di assumere l’incarico nella nostra Regione, ha svolto il compito di Direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera di Verona, una delle più importanti d’Italia. La prima domanda viene quindi spontanea. Cosa ha significato passare da una attività come quella svolta a Verona, alla realtà così diversa che si è trovato ad affrontare qui in Friuli? E’ noto che io sono l’unico Direttore > 4 generale di un AAS “esterno” al sistema sanitario di questa Regione e ciò non è a caso. Evidentemente si è ritenuto che per una situazione complessa come quella dell’Alto Friuli, Collinare e Medio Friuli fosse opportuno avvalersi di una figura esperta e del tutto “nuova” rispetto alle vicende sanitarie del FVG. D’altra parte la mia precedente attività lavorativa nell’Alto Vicentino si era svolta in una realtà per certi versi simile a questa. Ho affrontato quindi questa esperienza come un’avventura nuova e professionalmente interessante, senza alcuna remora rispetto alle vicende che hanno preceduto l’avvio di questa riforma: il mio compito è quello di avviare e far funzionare al meglio un’azienda, a partire dalle condizioni che mi sono date. Ma qual’è stato l’impatto rispetto alla dimensione territoriale così complessa e “squilibrata” dell’AAS 3, che va dalle realtà di alta montagna della Carnia e del Tarvisiano, fino alle zone rurali di pianura del Codroipese? Le differenze rappresentano in questo caso i punti di partenza per costruire le strategie giuste. Io non parto con l’idea che si debba in qualche modo “assestare” un sistema complicato; la mia prospettiva è invece quella di caratterizzare, valorizzandole, le diverse realtà di questa AAS: sono proprio queste caratteristiche di fondo a rendere interessante il mio compito. Se guardiamo poi con più attenzione, gli stessi elementi di potenziale criticità rappresentano anche aspetti di opportunità. L’AAS 3 non ha al suo interno un capoluogo di Provincia. Questo vuol dire che non c’è una polarità forte che rischia di creare gerarchie e squilibri sul proprio territorio. Non c’è nemmeno un Ospedale cosiddetto “hub” (per intenderci come quello di Udine), che inevitabilmente eserciterebbe una forte attrazione, ri- schiando di generare sul territorio un centro ed una periferia. In sostanza, una situazione complessa geograficamente, ma senza grosse differenze di peso tra i centri urbani, può favorire la costruzione di un rapporto ospedale - territorio che attui più agevolmente uno degli obiettivi centrali che stanno alla base della riforma: la continuità della presa in carico dei problemi di salute dei cittadini, che per essere seguiti hanno bisogno di una integrazione fra le cure ospedaliere e quelle territoriali. A pochi mesi dall’avvio della riforma, a che punto è la sua attuazione e quali i prossimi passaggi? Il 2015 non può che essere un “anno ponte”, durante il quale si debbono affrontare contemporaneamente più problemi legati all’avvio della riforma. Le priorità del primo semestre sono: garantire la continuità dei servizi ai cittadini, malgrado i vari cambiamenti in atto legati alla riorganizzazione della struttura; attuare la costituzione della nuova AAS 3 in tutte le sue componenti. E’ uno sforzo notevole che sta coinvolgendo tutti, ma direi che, pur essendo a metà del guado, l’obiettivo si sta via via raggiungendo. Va detto che questa prima fase della riorganizzazione ha prodotto anche del disorientamento, soprattutto nel personale. Inevitabilmente sono venute a mancare alcune sicurezze, mentre sono subentrate ansia e senso di incertezza. E’ uno scotto da pagare in questa fase di transizione, che va superato individuando al più presto le linee strategiche di sviluppo, su cui basare le future decisioni. Infatti il secondo semestre di questo 2015 sarà in particolare dedicato alla costruzione del progetto della nuova ASS 3. Uno degli elementi di maggior incertezza (e di conflitto) nella nostra realtà è stato il destino dell’Ospedale di Gemona. Che futuro si prospetta realmente per questa struttura? Come già detto, il percorso appena avviato non potrà che svilupparsi per gradi: il disegno complessivo della riforma e delle funzioni assegnate sul territorio sono già indicate dalla legge e dai successivi atti deliberativi, ma le decisioni operative potranno essere prese solo dopo aver definito un piano strategico più preciso e fondato su conoscenze dirette dei problemi. Per questo motivo non si è ancora nelle condizioni di prendere decisioni e di fissare dei paletti, pur avendo già delle idee su quali indirizzi sarà opportuno seguire. Su alcuni aspetti si può già però dare delle certezze: l’ospedale di Gemona non diventerà un capannone vuoto, ma tutti gli spazi verranno utilizzati. Inoltre si può prevedere che vi lavorerà all’incirca la stessa quantità di personale. L’ipotesi di creare a Gemona un centro di eccellenza dedicato alla riabilitazione è realistica, ma allora l’ospedale deve diventare attrattivo, deve dotarsi dei professionisti “migliori”, deve insomma costruire le condizioni per fornire un’offerta che sia competitiva. D’altra parte bisogna anche prendere atto che si va sempre più verso la super-specializzazione, superando la funzione tradizionale dell’ospedale come struttura di riferimento generale. Per questo il mantenimento di un’area di emergenza nell’ospedale di Gemona sarebbe impropria e soprattutto inadeguata, mentre altre funzioni, per il bacino d’utenza dell’intera azienda ed anche oltre, possono essere di grande interesse. Nelle prossime settimane faremo delle proposte concrete. Passando ai rapporti cosiddetti “istituzionali”, ha colpito l’opinione pubblica il fatto che nella Conferenza dei Sindaci, il Piano Attuativo Locale 2015 (P.A.L.), che è un atto fondamentale della programmazione sanitaria, sia stato bocciato da alcuni Comuni, tra cui Gemona. E inoltre che numerosi Sindaci non fossero presenti alla Conferenza. Che significato attribuisce a queste prese di posizione? In effetti alla seduta conclusiva per l’approvazione erano presenti 48 Sindaci, tra i quali 3 hanno espresso voto contrario (Gemona, Montenars e Forgaria). Va anche sottolineato che alla conclusione dei lavori il Presidente della Conferenza ha ritenuto di sottolineare come la riunione fosse stata “vera”, non rituale, e per questo importante. La contrarietà di alcuni Sindaci non la considero comunque un fatto negativo: fa parte della dialettica democratica e rappresenta comunque un’espressione di vitalità. Rimango dell’idea che le differenze sono segnali importanti, su cui impostare il lavoro successivo, molto più utili di unanimismi di facciata. E per quel che riguarda il problema del “pronto soccorso” che ha agitato così tanto le acque nel Gemonese? La legge di riforma ha previsto a Gemona il mantenimento di un Punto di Primo Intervento; si tratta ora di dettagliarne le funzioni. Peraltro, in presenza, come detto, di un’evoluzione di tutta la Medicina verso la super-specializzazione, non ha più senso che ogni presidio ospedaliero mantenga dei letti di c.d. “area di emergenza”, senza avere alle spalle una struttura capace di affrontare tutti i problemi che si possano presentare. La prospettiva è invece quella di operare con una “rete dell’emergenza” in grado di intervenire in tempi rapidi su tutto il territorio, indirizzando da subito il paziente nella struttura ospedaliera meglio in grado di accoglierlo, cosa che peraltro già sta in parte avvenendo. Ma in questo caso la messa a punto della “Rete dell’emergenza-urgenza” va impostata a scala regionale ed infatti la legge di riforma prevede che la Regione emani un apposito Piano di settore. Solo in presenza di questo Piano si potrà agire anche a livello di AAS 3. > Va precisato innanzitutto che la seduta della Conferenza dei Sindaci in cui si è approvato il P.A.L. era stata preceduta da una in cui il documento di programmazione era stato presentato e discusso alla presenza dei 68 Sindaci interessati, per cui i contenuti erano noti a tutti. 5 > Il Piano di riordino dell’Ospedale di Gemona E vediamo che futuro si prospetta per l’ospedale di Gemona. Già il titolo del documento ne caratterizza il senso: “Idee - Progetto in sviluppo”. Tradotto: è una proposta strategica già strutturata nelle sue linee essenziali, che va però via via sviluppata e concretizzata nel tempo, se del caso modificandola in itinere. Non ci sono ancora i cartelli di lavori in corso, ma il progetto di massima è stato depositato. Alcuni punti significativi della proposta Pur se illustrato in termini molto comprensibili nelle slides di presentazione, che si possono agevolmente scaricare dal sito web dell’AAS 3 (ass3.sanita.fvg.it), il progetto è piuttosto articolato e non sintetizzabile in poche battute. Va comunque detto che tra quanto espresso dal D.G. Benetollo nell’intervista sopra riportata e quanto illustrato nel Piano per il riordino dell’Ospedale di Gemona vi è una buona coerenza e questo depone senza dubbio a favore della serietà della proposta. Venendo ai suoi contenuti, si indicano qui solo alcuni punti significativi che la caratterizzano. Si parte dalla constatazione che i successi della Medicina e della Chirurgia moderne sono dovuti principalmente alla super-specializzazione, che richiede professionisti sempre più competenti. E’ per questo che ogni struttura sanitaria (sia essa ospedaliera o territoriale: Gemona, San Daniele, Tolmezzo, Codroipo, i singoli Punti salute), deve oggi essere caratterizzata in maniera chiara e riconoscibile, così da risultare “attrattiva” sia per i pazienti, che per i migliori professionisti. L’ipotesi riorganizzativa prevede una serie articolata di funzioni, di cui si segnalano qui solo alcune che paiono di particolare interesse: un centro di Day Surgery polispecialistico (vedi box) un centro Riabilitativo articolato in: riabilitazione ortopedica, riabilitazione neurologica, riabilitazione cardiologica un centro di Esercizio fisico per pazienti affetti da malattie croniche che comprende anche un centro di medicina dello sport. Il Pronto soccorso viene ridefinito come Punto di primo intervento che garantisce la copertura sulle 24 ore, con un medico esperto sempre presente e un’ambulanza. In questo servizio è prevista la possibilità di ricoverare pazienti e di fare le analisi di urgenza. Si prevede che a riorganizzazione completata il numero del personale rimarrà inalterato mentre saranno necessarie rilevanti modifiche alla struttura edilizia. L’impressione che si coglie da queste prime indicazioni è che la sfida del “nuovo corso” sia quella di operare un salto di qualità dell’Ospedale di Gemona verso un’offerta specializzata, in grado di attrarre competenze mediche ed utenti da un’area anche più vasta di quella della sola AAS 3. Sarà interessante verificare nel tempo se e come a tali premesse seguiranno anche i fatti. Come pure sarà interessante verificare le reazioni a questa proposta di riorganizzazione di Sindaci, Comitati di difesa, addetti ai lavori, cittadini…. Per aggiornamenti seguiteci sul sito web di Pense e Maravee: www.pensemaravee.it Day surgery Con questo termine si intende la possibilità clinica, organizzativa ed amministrativa di effettuare interventi chirurgici in regime di ricovero limitato alle sole ore del giorno o con un pernottamento. L’Unità di Day Surgery, che è altra cosa dal più conosciuto Day Hospital, è un complesso medico chirurgico ad impronta polispecialistica, in grado di offrire nel più breve tempo possibile una qualificata prestazione chirurgica a Pazienti selezionati per i quali la degenza clinica prolungata in ospedale non è indispensabile. I Pazienti usufruiscono in tale modo di una prestazione chirurgica rapida, mirata e in condizioni di assoluta sicurezza. > 6 Vantaggi: La “chirurgia di un giorno” presenta dei vantaggi, rispetto al ricovero tradizionale, che vanno a diretto beneficio dei pazienti, quali: • la possibilità di mantenere immutate le proprie abitudini di vita; • il ridotto periodo di degenza • la presenza dei familiari sul posto; • il ridotto rischio di infezioni per l’assenza dei “germi da ospedale”; • la scarsa incidenza di complicazioni; • la riduzione fin quasi all’azzeramento delle liste d’attesa. Principale aspetto psicologicamente positivo del sistema Day Surgery è, per il paziente, l’eliminazione della preoccupazione connessa al ricovero e la certezza dell’immediato ritorno a casa (al massimo entro la giornata successiva). PRESIDIO OSPEDALIERO PER LA SALUTE GEMONA DEL FRIULI piano Terra idee progetto in sviluppo piano Primo piano Secondo piano Terzo > 7 ambiente> politica> politica> Il “Sito della memoria” coperto dalla pedana Monumento ai Caduti di Taboga a cura della redazione Lettera di Graziano Busettini Dopo anni o decenni che ci pensavo, questo 25 aprile mi sono deciso a inviarvi questa mia proposta, nella speranza di trovarvi d'accordo e che possiate sollevare il tema o addirittura farvi promotori di una iniziativa. Da sempre, fermo al semaforo di Taboga, guardando il monumento lì collocato, mi rattrista e mi innervosisce leggere quelle 4 righe, grondanti retorica e che non dicono niente di cosa sia successo: L’Amministrazione comunale che ha voluto questa piazzetta pavimentata con le pietre antichei, ne autorizza ora la copertura. Cose strampalate accadono a Gemona. Nel 2011 l’Amministrazione comunale affida alla ditta Copetti Spa il recupero delle pietre presso il magazzino comunale e la loro trasformazione in lastre di spessore di 6 cm adatte alla pavimentazione che sarà poi compiuta dalla ditta che ha realizzato i lavori di “Urbanizzazione primaria del Capoluogo – Via Caneva – da Piazza Garibaldi al sedime dell’ex Chiesa di Madonna delle Grazie”. Stiamo parlando di pietre antiche alcune in pietra rossa di Sant’Agnese, che, pur non essendo ancora state catalogate, un tempo avrebbero potuto far parte del campanile di San Giovanni, risalenti al 1488, anno della sua edificazione. Queste pietre sono state faticosamente recuperate dai volontari tra le macerie all’indomani del terremoto del ’76. Già nel 2011 l’utilizzo di quelle pietre per la pavimentazione della piazzetta aveva generato dissensi; oggi la loro copertura con una pedana che ospiterà i tavolini del nuovo bar appena aperto, ha messo in evidenza una palese contraddizione. Nelle intenzioni dell’Amministrazione, l’uso delle pietre “è un modo per valorizzare un patrimonio dimenticato” – dichiarava allora l’assessore Fabio Collini. Evidentemente non ci sono idee molto chiare sulla valorizzazione del patrimonio dimenticato se prima viene utilizzato per una pavimentazione e a distanza di 4 anni viene ricoperto. Questo “fà e disfa” pesa inoltre sulle casse comunali in un periodo di particolari ristrettezze: il solo recupero, trasporto e taglio delle pietre è costato 19.200 euro ai quali vanno aggiunti i costi della posa in opera. La valorizzazione del centro storico resta un “buco nero” che nessuna Amministrazione comunale è ancora riuscita ad affrontare seriamente; non se ne vede ancora la luce. informazione pubblicitaria [email protected] > 8 *Strappati al vostro focolare* (Immagine un po' d'altri tempi, ma insomma...passabile) *Barbaramente trucidati* (Questo è vero, ma perchè e da chi?) *Donaste le vostre vite* (Ma scherziamo? Quei poveretti non volevano donare proprio per niente la loro vita*, *figurarsi*...*sono stati presi di forza e fucilati) e men che meno *Per la gloria della Patria *(Gloria? Gloria? Quale gloria scusa?...). Ma, a parte la retorica patriottarda, che spero non essere il solo a trovare insopportabile, chi legge quelle parole non riceve alcuna vera informazione sull'accaduto...scatta il verde, metti la prima, riparti e non hai imparato niente. E questo non rende giustizia ai poveri martiri. Proporrei, con modica spesa, magari con un crowfunding, se il Comune di Gemona non ci sta, di cambiare la scritta ad esempio così: Fucilati innocenti per rappresaglia dai nazifascisti in fuga Cartolibreria Coccinella sas di Marina Lepore & C: Via Dante Alighieri 213 Gemona del Friuli tel/fax 0432 981305 Lorenzo la talpa di Lorenzo Londero “flec” cosa pubblica> Note sul 25 Aprile a Gemona A Gemona, la Festa del 25 Aprile (Liberazione dal nazifascismo) di quest'anno sarà ricordata anche per i seguenti episodi inusuali: a) il primo manifesto diffuso dall'Amministrazione comunale conteneva due errori: 69° anniversario e Venerdì 25 Aprile; errori poi rimediati con l'affissione del secondo manifesto, che ricordava correttamente la ricorrenza del 70° anniversario della Liberazione nella giornata di Sabato 25 Aprile 2015; b) il discorso commemorativo svolto da Lodovico Copetti (giovane segretario della sezione ANPI di Gemona-Venzone) al termine della cerimonia di Piazza del Municipio; pubblichiamo volentieri questo testo segnalandone l'elevata carica ideale e il significativo richiamo di importanti personaggi, locali e nazionali, della Resistenza; c) lo spiacevole episodio riferitoci dalla signora Piera Londero, che ha scritto quanto segue: «Alla cerimonia del 25 Aprile, su mia richiesta di cantare o suonare BELLA CIAO, il Sindaco di Gemona ha esordito: “Qui non si suona e non si canta quella canzone fin quando organizzo io la cerimonia.” Preciso che sono iscritta all'ANPI (ndr: Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) con grande orgoglio anche per onorare mia zia omonima che, da partigiana, ha collaborato con i suoi compagni a liberare l'Italia dall'oppressore. La risposta del Sindaco mi ha profondamente offesa perché o il Sindaco non conosce la storia o è privo di sensibilità.» stato cantato in grandi manifestazioni pubbliche organizzate a Parigi, in Spagna e perfino in Asia ad Hong Kong; - è stato cantato nella sede della Camera dei Deputati nel corso della celebrazione dei 70 anni dalla Liberazione alla presenza del Capo dello Stato, dei Presidenti di Camera e Senato e di una folta delegazione di partigiani provenienti da tutta Italia; - è stato cantato dal sindaco di Udine Furio Honsell, assieme a centinaia di cittadini confluiti in piazza Libertà a Udine (città decorata con medaglia d'oro al valor militare per la Resistenza di tutto il Friuli) per la Festa del 25 Aprile. Ci piace ricordare al sindaco Urbani che il noto canto partigiano BELLA CIAO: - è apprezzato, come inno alla Libertà, in tante parti del mondo e, recentemente, è Auspichiamo che anche Gemona, a partire dalla sua Amministrazione comunale, riscopra la bellezza di BELLA CIAO, canto di lotta per la libertà e contro l'oppressione dei popoli. Discorso di Lodovico Copetti per il 70° anniversario della Liberazione Autorità civili e militari, Associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, concittadine e concittadini. Settant’anni fa assistemmo ad una gloriosa e grandiosa pagina di storia: la Resistenza che portò alla liberazione dell’Italia dalla dittatura nazi-fascista e aprì le porte alla democrazia. Gemona, il nostro paese, venne invece liberato il 28 aprile mentre Udine attese sino al 1 maggio la Liberazione. Fin dalla sera dell’8 settembre 1943 Ivanoe Bonomi, Alessandro Casati, Alcide De Gasperi, Mauro Scoccimarro, Pietro Nenni e Ugo La Malfa si riunirono a Roma, in rappresentanza di sei partiti antifascisti e costituirono il primo “Comitato di Liberazione Nazionale” (C.L.N.), struttura politico-militare che durante la guerra di Liberazione avrebbe caratterizzato la Resistenza italiana contro l’occupazione tedesca e le forze della Repubblica di Salò. In maniera non dissimile nella nostra Gemona si riunirono i primi nuclei di resistenti, già il 9 settembre 1943, attorno all’abile figura di don Alberto Pancheri “Ettore” e dei quali vogliamo ricordare Ezio Bruno Londero “Nino” qua oggi presente. Anche a Gemona venne costituito il C.L.N. locale composto dai rappresentanti dei vari partiti; tra i suoi esponenti vogliamo ricordare il nome dell’Avvocato Onorevole Luciano Fantoni che ne ricoprì la carica di Presidente. La lotta di Liberazione vide in prima linea militari, civili, intellettuali, operai e contadini. Anche la nostra città e i nostri cittadini seppero dare il loro contributo in modo esemplare. Ricordiamo, oltre ai caduti che oggi onoreremo nei vari cippi del territorio comunale, anche la medaglia d’oro al valor militare Pierino Celetto “Mazzini” caduto eroicamente il 29 settembre 1944 a Forame di Attimis, senza dimenticare due combattenti al- leati che hanno contribuito alla liberazione di Gemona: lo scozzese sir Thomas MacPherson, scomparso lo scorso novembre e il neozelandese Frank Gardner. Gemona, in quegli anni era un paese molto diverso da oggi, se pensiamo alle azioni condotte dai partigiani, sono certo che nei vostri, nei nostri pensieri ci vengono in mente le figure di molti giovani, uomini e donne, non dimentichiamolo, che ebbero il coraggio di mettere a repentaglio la propria vita (e a volte anche quella dei familiari) compiendo una scelta difficile ma sicuramente piena di speranza! Troppo spesso si dimentica che i protagonisti della Resistenza furono i giovani. Piero Calamandrei, rivolgendosi agli studenti universitari di Milano nel 1955 e parlando della Costituzione ricordava loro che «dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi: caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta». I giovani che combatterono il nazifascismo fecero una scelta di campo, esprimendo un giudizio negativo sull’esperienza vissuta 9 > dall’Italia e diventando i leader dell’antifascismo, affiancandosi ai vecchi protagonisti sconfitti da Mussolini, ma ereditandone i valori. Questo fu anche possibile perché gli “anziani combattenti” seppero riconoscere l’importanza di passare il testimone e aiutare, con la loro esperienza, a fare crescere una nuova classe dirigente. Dove sono oggi i giovani? Sarebbe disonesto non riconoscerne la presenza in politica e nella società civile, ma oggi, la loro presenza è davvero il frutto di un responsabile “passaggio del testimone” o solamente un “mero ringiovanimento” o ancora il frutto di una “rottamazione” della classe politica precedente? Se proviamo ad immaginare l’Italia di qui a qualche anno non possiamo, non posso, non vederla se non guidata da una nuova classe dirigente che, a tutti i livelli e in maniera collaborativa con le generazioni precedenti, nello spirito della Resistenza, sappia avere il coraggio di assumersi una responsabilità rischiosa ma certamente piena di speranza. Ricordiamo gli insegnamenti di due grandi figure, due grandi testimoni come Enzo Biagi: «25 Aprile. Una data che è parte es- senziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita.» E Sandro Pertini: «Oggi la nuova Resistenza in che cosa consiste. Ecco l’appello ai giovani: di difendere queste posizioni che noi abbiamo conquistato; di difendere la Repubblica e la democrazia. E cioè, oggi ci vogliono due qualità a mio avviso cari amici: l’onestà e il coraggio. E quindi l’appello che io faccio ai giovani è questo: di cercare di essere onesti, prima di tutto: la politica deve essere fatta con le mani pulite. Se c’è qualche scandalo. Se c’è qualcuno che da’ scandalo; se c’è qualche uomo politico che approfitta della politica per fare i suoi sporchi interessi, deve essere denunciato!» Ai giovani e ai meno giovani, buon 25 Aprile a tutti! Viva la Costituzione: fulgida gemma nata dalla lotta partigiana e che va difesa e attuata e non svilita e calpestata, Viva la Repubblica Italiana: antifascista e antirazzista figlia della lotta di liberazione. Viva la Resistenza! Viva la Liberazione! Onore a tutti i caduti per la libertà! Plauso al Sindaco Paterson Itoe Mukete di Resiutta (UD) è da oggi cittadino italiano ...che, così, ha festeggiato e motivato il 70° anniversario della Liberazione. E' stato sicuramente un bel modo di festeggiare il 70esimo anniversario della Liberazione con il conferimento della cittadinanza italiana. Paterson Itoe Mukete è da oggi cittadino italiano, uno splendido esempio di integrazione. Dopo aver lasciato il Camerun tanti anni fa, ha trovato un posto dove sentirsi a casa, dove poter mettere su famiglia e far nascere due splendide principesse anche loro finalmente italiane. Forse ci dimenti- La Vita Cattolica specialmente in questo momento così difficile, portare qualche esempio positivo, troppo spesso leggiamo notizie negative, siamo bombardati da informazioni che vorrebbero instaurare un clima di tensione fra le categorie sociali più in difficoltà, solo per vendere qualche copia in più dei propri giornali o solo per riuscire ad accaparrarsi qualche voto in più alle prossime elezioni. Ma questo non è lo spirito che ci hanno lasciato chi, oramai settanta anni fa’, hanno lottato e perso la propria giovane vita per rendere il nostro Paese, un Paese libero dalla tirannia, un Paese che sa dare le risposte in termini di giustizia sociale, di libertà e di accoglienza. Ed è cosi che si rende onore a tutti coloro che hanno aiutato la nostra nazione a diventare un posto migliore, non basta un grazie alle forze alleate e ai nostri partigiani solamente il 25 Aprile ma bisogna dimostrare ogni giorno della propria vita che il loro sacrificio non è stato inutile. “Tre profughi in ogni paese” Secondo il settimanale del Friuli “La Vita Cattolica” del 23.04.2015, «Tutti i cristiani dei paesi friulani dovrebbero sollecitare i loro sindaci ad accogliere tre o quattro profughi. Solo se diffusa, l'accoglienza che possiamo dare sarà dignitosa. Del resto quando c'è stato il terremoto non è avvenuta la stessa cosa?». > 10 chiamo troppo facilmente della fortuna di esser nati in Italia, e siamo nati qui non per merito, e ora la fortuna che abbiamo avuto è giusto donarla a chi nella vita è stato meno fortunato. Abbiamo regalato un libro fondamentale che troppe volte dimentichiamo, la Costituzione Italiana, e durante la cerimonia ho voluto leggere un articolo per me fondamentale nella mia vita da uomo e da Amministratore, l’Art. 3 cita testualmente : “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso , di razza, di lingua , di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Trovo giusto, Questa è la principale proposta contenuta nell'opuscolo intitolato “Comunità cristiane testimoni e accoglienti. Per una spiritualità delle migrazioni”; tale opuscolo, realizzato dal Vicariato urbano di Udine, sarà distribuito a fine giugno a tutte le parrocchie della città. Fra le proposte pratiche vanno segnalate «quella di inserire nel consiglio pastorale parrocchiale un rappresentante degli immigrati, op- pure coinvolgerli in momenti celebrativi significativi dell'anno, o favorire l'integrazione dei bambini negli oratori con animatori formati». Si ritiene che i temi e le proposte formulate in quest'opuscolo non potranno lasciare indifferenti la Comunità di Gemona, nella sua espressione civile (Comune) e religiosa (Parrocchie e Congregazioni). società > ricchezza La dell’accoglienza L Sono una volontaria, non sono legata ad alcuna organizzazione e vorrei raccontare la storia di alcune persone arrivate da molto lontano. Mi piacerebbe soprattutto segnalare situazioni, atteggiamenti e scelte che mi indignano profondamente come cittadina di un paese democratico e come cittadina del mondo, condizione comune a tutti ma che, purtroppo, una campagna mass- mediale martellante ed infarcita di molteplici pregiudizi ci ha fatto dimenticare, inducendo paura delle diversità, chiusura e, a volte, atteggiamenti razzisti sia espliciti che “striscianti”, poco visibili, “mascherati” da buon senso” e sostenuti da argomentazioni facilmente criticabili e “smontabili”, perché non basate su fatti reali, ma su informazioni parziali e distorte. Abito in un piccolo paese, Resiutta e, dal maggio 2011, ho avuto la fortuna di incontrare delle persone che mi hanno insegnato davvero molto e con cui è nato un rapporto di fiducia ed amicizia profonda. Dapprima è arrivato un gruppo di una ventina di persone: ragazzi e ragazze, donne e uomini, profughi dalla Libia, dopo il “cosiddetto “tsunami arabo”, sistemati dalla Protezione Civile in uno degli alberghi del paese; questo primo gruppo era costituito per la maggior parte da somali e da alcuni ivoriani. In seguito, nel 2012 e nel giugno del 2014 sono arrivati altri ragazzi provenienti da diversi paesi dell’Africa, da cui hanno dovuto scappare, quasi tutti, a causa della guerra, lasciandosi alle spalle dolori e perdite terribili; altri, in numero minore, a causa della fame e della mancanza di prospettive di sopravvivenza per loro e per le loro famiglie. Pur essendo giovani hanno dovuto affrontare prove molto difficili ed hanno vissuto sofferenze atroci. Hanno attraversato diversi paesi derubati, spesso dalle stesse polizie ed eserciti, del poco che portavano con sé. La loro meta era la Libia e per arrivarci hanno dovuto attraversare il deserto, su camionette sovraccariche. In molti sono morti in incidenti o per gli stenti. Quasi tutti quelli che sono arrivati in Libia dove cercavano un lavoro, prima del Festa fatta nel 2011 poco dopo l’arrivo dei migranti a Resiutta, è il 1° luglio, giorno della festa dell’indipendenza della Somalia. 2011, sono stati imprigionati ed hanno vissuto periodi, anche lunghi, nelle disumane carceri di Gheddafi, ammassati in spazi ridottissimi: donne, bambini, uomini in condizioni igieniche precarie e malnutriti. Sono stati imprigionati solamente per “il delitto” di non essere in possesso dei documenti. Chi è riuscito ad uscire vivo dal carcere ha poi trovato condizioni di lavoro molto dure, considerati anche i maltrattamenti dei libici verso gli “africani”, situazione ulteriormente aggravata in seguito all’accordo sulle espulsioni tra Italia e Libia. Quando è scoppiata la guerra civile, in seguito alla “primavera araba”, sono stati “imbarcati” dall’esercito di Gheddafi e hanno dovuto affrontare il terribile viaggio nel Mediterraneo. Attualmente le condizioni in Libia sono ancora peggiorate. Quando sono arrivati nel mio paese, dopo aver raccolto generi di prima necessità (vestiti, ecc., ed in questo il paese è stato generoso), abbiamo iniziato ad insegnar loro l’ italiano. Abbiamo cominciato piano, piano e, nel tempo passato con loro, abbiamo cominciato a conoscere “spezzoni” delle loro storie di vita. Quello che dall’inizio mi ha indignato è stato l’atteggiamento di chiusura più o meno esplicita e decisamente insensibile che ho sentito intorno alla loro presenza soprattutto, e credo che questo non sia in alcun modo giustificabile, di alcuni operatori che li hanno presi in carico; fortunatamente solo pochi casi isolati, ma non per questo meno gravi. Ritengo che in un paese democratico (ma forse, in questo caso, non serve neanche scomodare la “democrazia”e può bastare l’aggettivo “umano”) chi si prende cura di persone che hanno subito ferite profonde e traumatiche, dovrebbe , oltre ad essere preparato e competente, avere un atteggiamento di rispetto e di riconoscimento dell’altro, degli altri come persone degne e non come “scarti umani” (v Z. Bauman) Questo dovrebbe far riflettere quegli amministratori che, di fronte ad una richiesta di “accoglienza”, si trincerano dietro scuse come l’assenza di strutture in cui ospitarli ( ma- gari senza aver realmente verificato tutte le possibilità), o cercando in ogni modo di evitare gli incontri ed i contatti tra gli “ospiti” africani e gli abitanti, favorendo “separatezza” più che inclusione ed evitando le occasioni che potrebbero creare scambio e positiva contaminazione. Purtroppo la memoria storica è diventata evidentemente molto labile, perché, non troppi anni fa, da questi paesi la gente era costretta dalla miseria ad emigrare per vivere ed in molti ricordano l’amarezza ed il dolore dell’esser lontani dalla propria terra in condizioni dure, trattati male, denigrati e variamente “denominati” in modo dispregiativo. Peccato, perché la loro temporanea presenza potrebbe essere una formidabile occasione di conoscenza di terre lontane e costituire una possibilità notevole di arricchimento umano. La nostra esperienza ci porta ad affermare che è così: un ragazzo somalo ed uno maliano sono stati invitati da un’insegnante di lettere della Secondaria di 1° in due classi 3^ a fare una lezione di geografia sul loro paese ed a raccontare la loro storia; sono stati, per gli studenti, momenti particolarmente significativi e coinvolgenti perchè questi ragazzi, questi uomini e donne con la sfortuna di essere nati nella parte “sbagliata” del mondo sono una testimonianza profonda di vita: sono riusciti a non impazzire, pur vivendo situazioni estreme e dolorosissime, dimostrando una notevole capacità di “resilienza”. Hanno molto da insegnarci e credo che abbiamo molto da imparare…Troppo spesso il nostro senso di umanità è “appannato”. Eppure la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, datata 10 dicembre 1948, recita come prima frase del Preambolo: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;..” Dovremmo più spesso ricordarcene. Antonella Bruzzo 11 > a Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, datata 10 dicembre 1948, recita come prima frase del Preambolo: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo...” Gianluca Solera (1966, Riva del Garda) è autore del libro Riscatto Mediterraneo. Voci e luoghi di dignità e resistenza (2013) una sua intervista è apparsa in P&M Marzo 2015. Blog: gianlucasolera.it Je suis Bardo I commenti di Gianluca Solera dopo l’attentato al Museo del Bardo di Tunisi avvenuto il 18 marzo scorso a cura di Élia Beacco società > L a Tunisia, unico paese ad essere uscito in piedi dall’ondata di rivolte popolari che ha scosso alcuni paesi arabi a partire dal 2010, rappresenta un’eccezione. Eccezione intollerabile per chi vuole instaurare un regime di terrore facendo saltare tutti gli equilibri e generare caos e disperazione. Al momento dell’attacco, nel Parlamento - che si trova accanto al museo - si stava discutendo una legge contro il terrorismo. Perché questo colpo al “grembo” della primavera araba? L’attacco è stato un atto politico pianificato. Inizialmente attribuito all’ISIS, è stato condotto molto probabilmente da Ukba ibn Nafaa gruppo del “ramo tunisino” di Al Qaeda nel Maghreb islamico. Gli uomini armati erano diretti al Parlamento dove si stava discutendo la riforma della Legge sul Terrorismo nell’intento di riequilibrarne alcuni effetti (abusi antidemocratici praticati in nome della guerra al terrorismo). Quando gli uomini armati si sono resi conto di non poter entrare nel Parlamento si sono nascosti nel Museo dopo aver sparato contro i passeggeri del bus turistico. Pertanto l’operazione era stata inizialmente rivolta contro il Parlamento, espressione della democrazia. E non contro gli infedeli, i non-musulmani tema tanto caro alla propaganda ISIS. > 12 Quali sono le azioni più efficaci che la società civile e i Paesi occidentali dovrebbero intraprendere per legittimare le aspirazioni dei giovani arabi e proteggere le forze democratiche in queste aree? Bisogna promuovere la giustizia “di transizione” nei paesi della Primavera araba. L’unica nazione in cui tale processo è stato attivato è la Tunisia, con l’istanza «Vérité et Dignité»; ma questo processo è minacciato dall’intenzione di sostituirlo con «Riconciliazione Nazionale» che sembra più un’amnistia generalizzata, senza identificazione delle responsabilità personali. In Egitto o in Libia non è stato possibile nemmeno questo e solo pochi hanno pagato per gli omicidi di massa commessi durante le rivoluzioni o per la depredazione sistematica del tesoro pubblico. Bisogna promuovere politiche di redistribuzione sociale ed investimenti in aree periferiche e poco sviluppate piuttosto che intraprendere grandi opere pubbliche. Lo scorso autunno in Egitto sono rimasto scioccato dai manifesti esposti lungo i viali principali (sponsorizzati da esponenti politici locali e uomini d’affari) che affermavano: «Il sogno degli egiziani? Il nuovo canale di Suez! ». Non la salute, non l’occupazione, non maggiore istruzione ma il Canale di Suez! E gli egiziani sono stati invitati a prestare allo Stato i propri risparmi per questo! È necessario rilanciare il dialogo con i gruppi islamici non jihadisti, sfidandoli nell’arena democratica e mantenendo centrale nel dialogo l’obiettivo dell’unità nazionale, al di là di tutte le appartenenze ideologiche. Credere che le forze laiche siano gli unici portatori dei valori universali in quei paesi significa minare la legittima possibilità di presenza di una forza politica di ispirazione religiosa nel contesto democratico. Bisogna chiedere la moratoria del debito per colmare con risorse pubbliche il divario sociale ed economico che sta disintegrando quelle società; rivedere le politiche di austerità imposte dai creditori internazionali per facilitare il rimborso del debito estero; migliorare la sicurezza senza danneggiare le libertà fondamentali dei cittadini (poter esprimere il dissenso e la critica alle politiche governative). Il 18 Marzo 2015 è stato certamente un brutto giorno per la Tunisia. Ma concentrarsi solo sulle misure di sicurezza contro il terrorismo islamico e su risposte di tipo militare significa rimanere prigionieri di un “cerchio maledetto”. È la mancanza di politiche proattive per la democrazia e la giustizia sociale sulle sponde del Mediterraneo che non aiuta a sradicare la rabbia dai giovani né a distoglierli dalla forza seduttiva delle organizzazioni terroristiche. di Sandro Cargnelutti parte 2^ società> Le memorie di Dante Petuelli 1917 Militari austriaci scendono lungo il Canal del Ferro con bovini requisiti alla popolazione locale. (fonte archivio R.G./O.N.B.) Da Caporetto al Piave Riprendiamo il racconto tratto dalle Memorie di Dante Petuelli, iniziato nel precedente numero di Pense e Maravee. Lo abbiamo lasciato sulle Alpi Giulie, alpino della compagnia denominata “Dei briganti”, anno 1916. Accompagniamo il suo racconto fino alla fine della prima quella mondiale. In corsivo sono riportati i riassunti che lo scrivano ha sintetizzato, per ragioni di spazio. Gennaio 1917. Abbiamo preso posizione in prima linea, a quota 1840 sul Monte Cregnedul (gruppo dello Iôf Fuart). In quella circostanza ha assunto il comando della Sezione il Tenente Conte Cesco di Prampero Ufficiale valoroso e di nobilissimo cuore, che in poco tempo abbiamo avuto modo di apprezzare le sue alte vesti. Il resto dell’inverno e dell’estate trascorse, senza gravi incidenti, salvo qualche attacco dimostrativo. Si lavorava continuamente e avevamo trasformato la posizione in una inespugnabile fortezza. Qualcosa di importante però stava per accadere. 24 ottobre 1917, Caporetto. Gli austriaci in accordo con la Germania decisero di raccogliere tutte le loro scorte e quelle reperite sul territorio invaso e lanciare una formidabile offensiva: il 24 ottobre 1917 nella zona di Caporetto, le nostre truppe dopo una tenace resistenza, sotto le velenose granate a gas asfissiante furono costrette a ripiegare dopo accaniti combattimenti, sul fiume Piave. 27 ottobre 1917. La sera ci fu ordinato di abbandonare la posizione sulle Alpi Giulie e marciare in ritirata. Immenso fu il dispiacere nel dover abbandonare le nostre fortificazioni, costruite con tanti sacrifici. Ci siamo caricati armi e munizioni e abbiamo iniziato la marcia, co- La prima parte dell’articolo si può leggere sul sito www.pensemaravee.it nella Sezione Memoria/Racconti steggiando le vette delle montagne, fra le tenebre e sotto una pioggia torrenziale. Discesi a Chiusaforte e passato il Ponte del Tagliamento, ci siamo schierati su quelle sponde, nei pressi di Villa di Verzegnis. Durante la marcia durata quasi due giorni, abbiamo visto una moltitudine di popolo composto la maggior parte di vecchi e bambini, che avevano abbandonato i loro villaggi e le loro case, per sfuggire al nemico, e stanchi, inzuppati e affamati, seguivano il nostro esercito per cercare ospitalità entro la nuova frontiera della Patria. 5 Novembre 1917. La sera ci fu ordinato di ritirarci fino al Piave attraverso la val d’Arzino. Ci seguivano altre forze armate di diversi corpi, che provenivano da diverse zone del fronte Carnico. Durante quella torride giornate, ero preoccupato per la sorte della mia famiglia. Durante gli spostamenti incapparono in truppe nemiche a Pielungo, tentarono di sfondare, ma dopo una notte di combattimenti e dopo aver esaurito munizioni e viveri si arresero. Raggruppati e sotto scorta raggiunsero a piedi Gemona. “Arrivati a Gemona, nei pressi della stazione ferroviaria incontrai con grande piacere mio fratello Paolo, che stava osservando se in quell’ interminabile corteo di prigionieri ci fossi anche io. Ci siamo abbracciati e con gioia ho appreso che tanto la mamma, che gli altri fratelli si trovavano a casa. La prima fuga. Mi consigliò di fuggire a casa come avevano fatto anche altri. Desideravo vedere e salutare la mamma, ho ascoltato quel consiglio e al momento opportuno, mi sono allontanato inosservato. Arrivato a casa, ci siamo abbracciati affettuosamente contenti di ritrovarci tutti salvi in quelle disgraziate giornate. Mi sono subito sfamato e in meno di due ore mi sono coricato e non mi sono svegliato 18 ore dopo. Ho trascorso tre giorni a casa nell’incertezza della situazione in cui mi trovavo. Al quarto giorno mi fu riferito che il comando Austriaco aveva pubblicato una ordinanza di presentarsi entro ventiquattro ore, pena severe sanzioni. Consapevole del trattamento che usavano verso i prigionieri, decisi di presentarmi, anche per sottrarmi a barbare vendette… Il giorno dopo mi sono portato sotto la 21 > loggia del Municipio che era il punto indicato di raccolta. Ci siamo trovati una ventina fra i quali diversi miei amici, in maggioranza alpini. Alla volta di Lubiana. Accerchiati dalle sentinelle, dopo circa un’ora ci fecero partire a piedi per Udine. I miei famigliari, Informati della partenza, mi portarono una scorta di viveri in modo che non cominciassi il giorno stesso a soffrire la fame. All’imbrunire siamo arrivati a Udine, al Teatro Cecchini, in un casermaggio indecente. Il mattino successivo, si raggiunse Gorizia, e dopo passata un’altra notte in una caserma, arrivammo a San Daniele del Carso. Durante quei tre giorni, solo a Gorizia abbiamo ricevuto una piccola razione di pane e un cazzuolo di acqua di radici. Non mi sfugge la scena che si svolse a S. Daniele del Carso, abbandonati entro un recinto di campagna, con un freddo e un vento indiavolato. Per resistere al freddo fummo costretti a fare fuoco, con cartone catramato trovato sul posto, e col grasso di questo fumo eravamo trasformati nell’aspetto in veri marocchini e in mancanza di acqua calda e sapone, abbiamo conservato quella fisionomia per diverso tempo. 15 Novembre 1917. Ci fecero proseguire con la tradotta fino a Lubiana. Ci portarono sul castello, che funzionava come centro di raccolta di prigionieri. Abbiamo trovato li, un piccolo esercito di affamati. I prigionieri vennero poi trasferiti in Un- gheria a lavorare nei campi, sostituendo gli uomini ungheresi che erano partiti per la guerra (che cortocircuito!). Ma il nome di Dante non era nell’elenco. Lui e altri alpini furono accompagnati a Udine per un “servizio speciale”. Vennero poi trasferiti, con la tradotta e camion, a Pasiano di Pordenone sede del comando militare. In testa un solo pensiero: fuggire alla prima occasione. Vennero trattati come prigionieri “speciali” per una settimana. 24 novembre 1917. Al 9° giorno fummo chiamati in tre al comando. Un burbero Colonnello ci chiese, se eravamo disposti a fare un corso di istruzione per svolgere un delicato incarico: recarsi dentro le linee italiane per raccogliere informazioni, a fronte di una generosa ricompensa. In caso di un nostro mancato ritorno, avrebbero considerato responsabili le nostre famiglie. Fu un istante di sdegnosa riflessione. Un solo sguardo ci bastò per rifiutare decisamente. Sentita la risposta, il colonnello ci gettò fuori dalla porta, con esclamazioni di offesa e di minaccia. Ordinò l’immediato trasferimento a Udine sotto buona scorta e poi a Lubiana. In meno di un’ora ci fecero partire con la scorta di due poliziotti a cavallo che con la frusta ci obbligavano a seguirli di corsa. Per diversi chilometri abbiamo resistito, fintanto che sfiatati e stanchi, neanche la frusta riusciva a farci proseguire a quella velocità. Fu una serata terribile che non potrò più dimenticare. Arrivammo a Codroipo esausti dalla stanchezza, tanto che si convinsero anche loro che non c’era più modo di farci proseguire. Erano le dieci di sera, quando si sono decisi di consegnarci a quel comando. Ci cacciarono a passare la notte nelle carceri (locali in una cella buia e fetente, dove ci siamo abbandonati a terra semi svenuti). All’alba svegliandoci, ci siamo trovati in uno stato pietoso, tutti impastati di sudiciume, in una cella usata come latrina. Fortuna volle che un loro commilitone fosse del luogo. Riuscirono così a procurarsi divise, cibo e vino per loro e diversi fiaschi di vino per i carcerieri che in questo modo acconsentirono all’operazione. Ripartimmo con un gruppo di prigionieri Russi stremati dai patimenti, tanto è vero durante il percorso cascavano svenuti dalla debolezza. Quelli che erano più in forza, compresi noi, reggevano quelli che non potevano camminare… Si arrivò a tarda sera a Udine e passammo la notte nuovamente al Teatro Cecchini. La mattina ci portarono alla stazione per raggiungere in tradotta Lubiana, via Pontebba. Prima di salire sul convoglio, il mio amico decise di tentare la fuga, mi salutò e sparì inosservato. Lo vidi comparire poco dopo, scortato da due poliziotti con la frusta. Concordarono un’altro tentativo di fuga non appena il treno avesse rallentato. Le guardie si accorsero che il 1917 Militari a Caporetto. (fonte "La voce del Gattopardo") Aprile 1918 veduta di Gemona dalla Stazione. In basso a sinistra si intravedono dei militari austriaci. > 22 pane, necessario per la fuga era stato trafugato e iniziarono a “menar colpi di bastone all’impazzata a tutti”. Giunti a Gemona alle 8 di sera, al momento propizio, Dante si dette alla fuga. La seconda fuga. Camminavo nella più profonda oscurità, tanto che dimenticavo pure che in quei paraggi passava il canale della Roggia, e vi piombai dentro all’insaputa. Uscito grondante, ripresi la marcia di corsa e in pochi minuti arrivai a casa, portando alla mamma una gradita sorpresa. Nel vedermi in quello stato, si abbandonò in sospiri di compassione. In quella notte non mi fu possibile prendere sonno, pensando al pericolo trascorso e a quale sorte sarebbe toccata all’altro mio amico. Mi resi conto che era la notte fra il 19 e il 20 Dicembre, a soli 29 giorni dall’ultima partenza. Ho ripercorso tutte le avventure trascorse durante quel breve periodo. Quel mio arrivo fu tenuto segreto, tanto che trascorsi diverse settimane rinchiuso in camera all’insaputa di tutti. Con l’avanzarsi del tempo, sempre più frequenti si facevano le visite dei poliziotti per requisire tutto ciò che trovavano; controllavano qualunque vano, perfino le fogne nere, per cercare se fossero nascosti viveri, biancheria e rame chè a loro tutto serviva. Il pericolo di essere sorpreso e catturato, si faceva sempre più serio, fintanto che verso i primi di marzo, fui costretto a ritirarmi in montagna e calarmi appena a tarda sera a passare la notte. Con quella prudenza sono riuscito a portarmi ai primi di giugno. Un giorno, mi hanno informato che il comando distrettuale aveva deliberato la concessione di un permesso agricolo a favore di tutti i prigionieri Gemonesi evasi, e che fu affidato l’incarico di fare la lista e raccoglierli al Sacerdote Gemonese Monsignor Dilena. In buona fede, mi sono portato da lui a costituirmi e mi dichiarò libero. In circostanza di quello, trovai occupazione a lavorare la terra per le famiglie di contadini che mi compensavano con vitto e qualche sacco di patate per la famiglia. Dopo tre settimane di liberà fummo invitati tutti a presentarsi al comando per un controllo. La terza fuga. Sospettando un tranello, ho rifiutato di presentarmi. Quelli che si sono presentati sono stati trattenuti e fatti partire per i campi di concentramento. Dopo questo rifiuto è iniziato per me un vero calvario e più ancora per mia madre. Tutti i giorni e così pure anche la notte venivano a cercarmi e non potendo mai sorprendermi minacciavano la mamma, per sapere dove mi trovavo e lei insisteva dicendo che non lo sapeva. Mi ero ritirato nuovamente in montagna e la notte dormivo in qualche fienile. Con tutto ciò, mi sono incontrato lo stesso due volte con i poliziotti che, non essendomi fermato alla loro intimazione, mi presero a fucilate. Fortunatamente senza colpirmi. Si era arrivati in autunno, lottando con la più nera miseria. I raccolti li requisivano ancora nei campi. Si invocava l’aiuto di Dio, perché venisse scongiurata la sentenza che aveva pronunciato il famigerato Colonnello Crevato, comandante del distretto di Gemona che voleva vederci tutti morti di fame. Mi cibavo con qualche ciotola di zuppa di verdura e qualche patata portata nel luogo indicato dal mio fratello minore. Si andava avanti di giorno in giorno come i condannati a morte che attendono la grazia Sovrana. Ottobre 1918, il Piave. Cominciammo a scorgere una nuova intensità di movimento e pochi giorni dopo iniziammo a riudire l’eco di una nuova grande battaglia, accompagnato a un grande sconvolgimento militare. L’ora della riscossa era suonata. Le nostre valorose armate avevano iniziato sul Fronte del Piave una formidabile offensiva, e, con aspri combattimenti, riuscirono a sfondare il fronte, disperdendo quell’esercito Austro Ungarico, che era uno fra i più potenti del mondo. In pochi giorni l’esercito liberatore aveva riacquistato le terre che un anno prima aveva abbandonato e tutto il territorio che ci apparteneva per il compimento dell’Unità della Patria. E’ impossibile poter descrivere con quale vibrante entusiasmo abbiamo accolto l’arrivo delle nostre prime truppe a Gemona e il riapparso Tricolore della Patria Vittoriosa. Il giorno 4 Novembre 1918 fu firmato il Trattato di Armistizio, che consacrava la nostra Vittoria. In quel trattato fu imposta la consegna immediata di tutti i prigionieri di Guerra Italiani. Successivamente Dante si recò al Centro di Raccolta di Mirandola. Durante la permanenza si ammalò di influenza bronco polmonare che non guarì del tutto. Al termine dei quaranta giorni riprese servizio al Battaglione Gemona. Il 1^ maggio 1919 gli fu consegnata la licenza illimitata. A causa di quella malattia mai guarita passò molto tempo in ospedale lontano dai suoi cari. Morì nel 1945, in primavera. 23 > Cartolina di Gemona con soldati austro germanici, spedita il 19 febbraio 1918. (archivio Lodovico Copetti) Dedichiamo questa storia ai giovani caduti su tutti i fronti della Prima guerra mondiale e agli alpini uccisi da fuoco amico. Un grazie a Noemi Petuelli, figlia di Dante, per averci “prestato” i Diari. cultura> a cura della redazione Abbiamo chiesto ad Aluisi Tosolini, coordinatore nazionale delle Scuole per la Pace e a Federico Pirone, coordinatore regionale degli Enti Locali per la Pace e i Dititti Umani, un bilancio dell’esperienza in Friuli Venezia Giulia. dalla Grande Guerra alla Grande Pace I l 17 e 18 aprile 2015 le scuole italiane si sono incontrate nelle trincee della prima guerra mondiale e hanno trasformato i luoghi di quella immane tragedia in un grande laboratorio di pace. Oltre 3500 studenti provenienti da 90 scuole, 68 città, 15 regioni, e oltre 200 istituzioni e associazioni si sono incontrati a Udine nella mattinata di venerdì che è stata un susseguirsi di laboratori in Municipio, al Centro culturale delle Grazie, all’istituto Zanon, al Percoto, al Malignani, allo Stellini e al Paolino D’Aquileia, oltre che al Palamostre. Fino alle 15, quando da piazza XXVI Luglio è partita la Marcia per la Pace e le migliaia di giovani hanno attraversato il centro della città > 24 per continuare la manifestazione in Castello. Sabato, sfidando la pioggia, il freddo e il vento hanno dato vita a una straordinaria iniziativa di pace nelle trincee della prima guerra mondiale del Carso, i luoghi delle battaglie più lunghe e orribili del primo grande massacro del ‘900. Muniti di bandiere della pace e dei diritti umani, dell’Europa e dell’Onu si sono infilati nelle trincee infangate del monte Sabotino e del San Michele, del Kolovrat e del Brestovec, sono andati da Monfalcone ai cimiteri di Redipuglia. Sotto una pioggia battente hanno ascoltato le storie dei giovani trucidati in quei luoghi e hanno invocato la pace per tutti quelli che oggi sono sotto le bombe; hanno condiviso una grande pagnotta di pane e hanno riflettuto, hanno suonato, cantato e urlato con tutto il fiato in gola. A cento anni dalla Dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, i ragazzi e le ragazze hanno concluso il loro Meeting nelle trincee della grande guerra con una Dichiarazione di Pace all’Europa e al mondo. Il Meeting di Pace nelle trincee della Grande Guerra è parte integrante del Programma nazionale di Educazione alla Cittadinanza Democratica “Dalla Grande Guerra alla Grande Pace” (anno scolastico 2014-2015) disponibile sul sito: www.lamiascuolaperlapace.it Aluisi Tosolini Qual è il bilancio dell’iniziativa e come si svilupperà il progetto? Dal punto di vista dell’iniziativa del Meeting delle Scuole di Pace il risultato è stato molto positivo, abbiamo avuto 3.500 studenti provenienti da tutta Italia che si sono incontrati a Udine. La città di Udine si è aperta alla partecipazione e si è prestata alla massima collaborazione; ha messo a disposizione ad esempio 10 grande sale in cui si sono potuti svolgere i 10 incontri da 400-500 persone ciascuno durante i quali ogni scuola ha avuto la possibilità di esprimersi, parlare, cosa impossibile da fare per 3.500 tutte insieme. Tutte le scuole hanno vissuto questo momento non come un evento a sé stante ma come un momento conclusivo di un loro percorso. I dieci laboratori sono stati molto belli e vissuti in modo molto intenso e tutte le scuole hanno potuto portare la loro esperienza e presentare il loro lavoro fatto durante l’anno. Ciò è molto importante perchè è molto forte la richiesta di protagonismo da parte delle scuole e ha fatto sì che l’ evento fosse costruito grazie all’apporto di tutti i partecipanti. Il momento della Marcia nella città di Udine, nonostante il brutto tempo, il concerto e l’accoglienza in Duomo sono stati momenti molto importanti e di una grande valenza simbolica; le scuole che abbiamo sentito di diverse parti d’Italia sono state davvero molto contente. Una valenza simbolica ancora più grande è stata la presenza nelle trincee, i 6 luoghi nei quali si sono suddivisi i partecipanti e hanno vissuto esperienze diverse; per i ragazzi sono stati momenti di altissima intensità emotiva, nonostante le difficoltà dovute al maltempo. Dal punto di vista del Coordinamento della Rete delle Scuole di Pace italiane l’esito è stato assolutamente positivo, l’evento ha avuto aspetti di partecipazione altissima; il numero dei partecipanti, ad esempio, è stato superiore a quello dell’anno precedente ad Assisi. Forse ci saremmo attesi una maggiore partecipazione da parte delle scuole friulane. C’è stata una grandissima accoglienza da parte del Comune di Udine ma anche nei diversi luoghi di attività nelle trincee. Io ho partecipato ad esempio nel sito delle trincee del Comune di Sagrado, lassù in cima al monte dove si trova una piccolissima casetta, tutto il paese ha lavorato e partecipato all’accoglienza di 400 studenti; hanno montato il ten- done, hanno fatto da mangiare per tutti, è stato un momento veramente stupefacente da questo punto di vista. Coloro che hanno lavorano all’organizzazione forse hanno rilevato diversi aspetti che potevano essere migliorati; ma dal punto di vista degli studenti noi abbiamo raccolto moltissime testimonianze di ragazzi e ragazze che hanno detto che è stata un esperienza fortissima sul versante emotivo. L’educazione si costruisce anche attraverso questi aspetti. Come proseguirà il Progetto? Il percorso non è ancora completamente definito e non ricalcherà necessariamente le stesse azioni e modalità di quest’anno; ad esempio non credo che il Meeting verrà fatto il prossimo anno in Friuli Venezia Giulia, forse si faranno dei meeting più piccoli per preparare il 2017 e 2018. Dal punto di vista didattico il percorso si sta costruendo su diverse tappe; una di queste è la realizzazione dell’atlante delle guerre. Oltre a ciò stiamo lavorando per costruire a livello anche universitario un percorso di Scuola di formazione estiva sulla guerra e la pace. Come ci si avvicinerà al 2018? L’insieme di queste cose è in fase di discussione e di costruzione in una serie di incontri che svolgono a Udine con tutti i promotori del progetto e con i quali ci stiamo preparando a partecipare con l’appoggio della Regione Friuli Venezia Giulia. Infine stiamo già lavorando allo scopo di allargare il progetto ai Paesi confinanti perché vogliamo arrivare al 2018 con una grande manifestazione di pace europea. Federico Pirone Assessore alla Cultura del Comune di Udine e Coordinatore Regionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani Qual è il bilancio dell’iniziativa e come si svilupperà il progetto? “Nell’ambito delle iniziative per il centenario della prima guerra mondiale il Meeting delle scuole per la pace ha rappresentato un evento unico in Italia perché ha dato voce ai giovani e non è stato pensato per loro, ma con loro. Sono stati gli stessi studenti, infatti, insieme agli insegnanti, i veri protagonisti di queste giornate con le loro riflessioni e i loro punto di vista. La ricorrenza della Grande guerra rischia di amplificare la retorica delle celebrazioni e delle generalizzazioni, lasciando sullo sfondo il perché sono avvenute tragedie di questa portata e senza offrire una reale occasione di riflessione sulla nostra contemporaneità, ancora segnata da pesanti conflitti. Con il Meeting, invece, partendo proprio dalle nuove generazioni e dai luoghi della Prima Guerra Mondiale, Udine e l’intera nostra regione, hanno ribadito la necessità di mettere in crisi la cultura della guerra e raccontare il valore positivo della pace. Da questi luoghi può ripartire un bellissimo messaggio di fiducia e di speranza del futuro per tutto il Paese, nel segno dell’Europa, della pace e della centralità della cultura dei giovani. Questa regione che un secolo fa, suo malgrado, fu protagonista di quella carneficina che fu la Prima Guerra Mondiale, sarà il luogo dove promuovere i valori della convivenza e della pace nati dall’antifascismo. Non aspetteremo che i giovani diventino adulti per dare loro voce e metterli in condizioni di esprimersi; grazie a loro Udine diviene capitale nazionale della pace e lancia un messaggio indirizzato a tutta l’Europa. Udine si candida, infatti, a fare del capoluogo friulano la capitale della pace e sede del Meeting europeo dei giovani nel novembre 2018. Il percorso di avvicinamento al Meeting, iniziato un anno e mezzo fa, verrà proseguito nelle scuole di tutta Italia e non solo, e sarà preparato insieme alle comunità locali; sarà un’occasione importante per consolidare il rapporto tra gli enti locali e la società civile, promuovendo politiche della pace e progetti educativi, formativi e partecipativi che coinvolgano i cittadini, con particolare attenzione al ruolo dell’Europa. Il percorso di avvicinamento alla pace non è più rinviabile; conoscere e prendere consapevolezza è necessario perchè ciò che oggi ci sembra quasi impossibile non solo è avvenuto, ma se non ci impegniamo quotidianamente nei confronti della pace, potrebbe anche ripetersi.” Riflessioni, video, laboratori e ricerche prodotti dalle scuole in ottobre saranno presentati a Roma nel corso di un incontro già programmato dal Presidente del Senato Pietro Grasso. Le trincee che i giovani visiteranno nel corso della manifestazione – ha scritto nel suo messaggio ai giovani il Presidente della Repubblica Mattarella manifestando il suo apprezzamento per l’iniziativa – sono state teatro di disperazione e lutti, oltre che di abnegazione e di eroismo personali. Dobbiamo fare memoria della nostra storia per affrontare con maggiore coscienza il nostro futuro. Sono proprio le vicende del Novecento, e poi l’interdipendenza nella società globale di oggi, a chiederci di tracciare e di percorrere con impegno le vie della pace». 25 > Pedagogista, Dirigente scolastico del Liceo Scientifico e Musicale “A. Bertolucci” di Parma. Membro della Commissione Interculturali del Ministero della Pubblica Istruzione. Autore di pubblicazioni in ambito pedagogico-didattico, geopolitico, di pubblicazioni multimediali, gestione di percorsi elearning. Collabora con la rivista “La tecnica della scuola”, la rivista “CEM mondialità”, Scuola Italiana Moderna, Scuola e Didattica della casa editrice La Scuola di Brescia. cultura> La storia di Gaetano È il 10 ottobre del 1899 e in una cittadina della Sicilia Orientale, Avola, in provincia di Siracusa, nasce Gaetano. E’ il quinto di otto fratelli, quattro femmine e quattro maschi. Come tanti ragazzi del Sud, nel 1915, deve abbandonare gli studi perchè viene chiamato alle armi durante la prima guerra mondiale. Prima di partire per il fronte, a questi ragazzini, lo Stato Italiano deve “ insegnare” a combattere; vengono quindi mandati a Firenze in una caserma sul Lungarno, vicino alla Biblioteca Nazionale. In questo luogo, parte dei ragazzi provenienti dall’ Italia Meridionale sono addestrati e poi divisi nei singoli reparti a seconda delle capacità che vengono rilevate e delle attitudini che loro dimostrano. Gaetano è assegnato al corpo dei bersaglieri. Nella caserma fra il personale di sartoria lavora un altro ragazzo più giovane di Gaetano, Giuseppe, anche lui venuto dal Sud come apprendista sarto, il suo talento è così grande che il suo padrone lo ha portato con sè in Toscana per dare una mano alla realizzazione delle divise da mandare al fronte con i soldati. Giuseppe è nato il 10 luglio del 1902 a Catania; è andato via di casa perché non ha accettato il secondo matrimonio di suo padre dopo la morte della mamma. Ha cercato un lavoro ed è diventato un bravissimo apprendista sarto. Fra Gaetano e Giuseppe nasce una forte amicizia tanto che Gaetano prima di partire per il fronte fa una promessa all’amico. Se alla fine della guerra si fossero ritrovati sani e salvi Gaetano avrebbe presentato una delle sorelle a Giuseppe e sicuramente, a lui, una di loro sarebbe piaciuta e l’avrebbe sposata. Gaetano parte per il fronte nel 1917; dopo la disfatta di Caporetto viene inviato sul fronte del Piave, dove per il suo coraggio viene nominato caporale. Al termine della guerra riprende gli studi e nel 1920 ottiene l’abilitazione e l’assegnazione del posto d’insegnamento a Lauco in Carnia. Qui conosce una collega gemonese e la sposa. Nel 1928 viene trasferito a Turriaco, in provincia di Gorizia, dove la sua vita si svi- > 26 Ad uno dei laboratori del Meeting della Pace dedicati alle scuole primarie, i bambini di Gemona hanno raccolto il testimone passatogli da una classe quinta di Turriaco: una storia bellissima da raccontare ai gemonesi I ragazzi della 4A di Ospedaletto luppò in diversi ambiti fino a divenire primo sindaco del secondo dopoguerra. Non dimentica però la promessa fatta a Giuseppe e quando ritorna in Sicilia lo cerca finché finalmente lo trova. Giuseppe, finito il suo lavoro di sartoria legata alla grande guerra, è ritornato a Catania e con le sue capacità ha aperto un laboratorio di taglio e cucito di lusso nella centrale via Etnea . Fra le quattro sorelle Giuseppe s’innamora e sposa Grazia che porta con sè a Catania. Da lei avrà due figli Corrado e Celestino. Ma la fortuna non accompagna il giovane siciliano che morirà all’età di 30 anni. La giovane vedova non può crescere i due bambini e Gaetano che ormai vive a Turriaco con sua moglie e la figlia Annamaria, prende con sè il primogenito di Giuseppe e lo cresce come figlio suo in Friuli Venezia Giulia. La numerose esperienze di vita e le immagini della guerra vissuta portano Trench Art Per “Trench Art” s’intende una serie di lavori manuali realizzati dai soldati al fronte della prima guerra mondiale. Si tratta di bossoli di cannone provenienti dal fronte italiano, da quello austriaco e da quello francese: i soldati hanno trasformato quel che restava degli ordigni in vasi, tazze, scaldini, cimeli, in cui venivano incisi vari motivi floreali, o venivano trasformati in piccoli manufatti di bigiotteria. Questo soldato ha preso il proiettile di un cannone svuotato, del peso di 17 libbre, circa 8 kili e con l’aiuto della baionetta da- Gaetano a convincersi che solo valori come la tolleranza, la solidarietà e la pace possano aiutare gli uomini; così nell’aprile del 1949 partecipa come relatore e testimone di questi valori al congresso mondiale per la pace di Parigi. Questo semplice ragazzo siciliano del ‘99 ha fatto della sua vita una testimonianza di pace e il comune di Turriaco è sempre stato riconoscente a lui ed ai suoi insegnamenti tanto che alla sua morte, il 9 maggio del 1953, volle mettere una manciata di terra dentro la sua bara. Così il paese per cui egli fece tanto lo accompagna nel suo posto nel cimitero di Gemona dove la moglie volle fosse seppellito. Gaetano Bellomia ragazzo del ’99 proveniente dal Sud Italia per combattere sul fronte Del Piave durante la prima guerra mondiale è stato il primo sindaco di Turriaco, una cittadina del Nord Est. tagli in dotazione dall’Esercito Italiano ha inciso dei fiori e delle foglie, realizzando così un vaso da fiori (portato a casa alla fine della guerra, e gelosamente custodito dalla sua famiglia). Capovolgendo il vaso si possono notare stampate nel fondo il peso del proiettile i fori di spinta per svuotare la bomba dell’esplosivo e del detonatore; le prove d’incisione della punta della baionetta, la data di costruzione del proiettile, fuso nel settembre del 1913 e lo stemma Sabaudo che ne attesta l’origine italiana. Sezione AFDS di Gemona Un po’ di storia e alcune novità di Marta Musina Rappresentante dei donatori di Gemona del Friuli Con il rinnovo del Consiglio Direttivo della Sezione AFDS di Gemona è nata l’esigenza, alla luce dei recenti cambiamenti in ambito sanitario che la nostra Regione sta affrontando, di illustrare la storia e le attività della nostra Sezione. I PRIMI PASSI Dopo la Seconda Guerra Mondiale alcuni altruisti gemonesi crearono il primo nucleo di donatori volontari pronti a collaborare con l’Ospedale San Michele in caso di richiesta di sangue per le emergenze. Era il 1948 e allora la trasfusione veniva effettuata in modo diretto tra donatore e ricevente; solo nel 1950 venne introdotta la donazione indiretta che garantiva una maggiore sicurezza. Con l’aumentare delle iscrizioni i Donatori gemonesi aderirono all’AVIS (Associazione Italiana Volontari Sangue) e il 28 ottobre 1958 l’ autonomia decisionale e operativa del gruppo portò alla costituzione dell’AFDS (Associazione Friulana Donatori Sangue) alla quale aderirono anche gran parte delle sezioni della provincia di Udine. Nel 1959 la Sezione AFDS di Gemona del Friuli inizia ufficialmente la sua attività. In questo periodo viene fondata anche la FIDAS, la Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue. Gli anni successivi videro una lenta ma consistente crescita del Lo stesso soldato ha realizzato un bracciale, con una fascetta che legava la sua baionetta al fucile. Ha tagliato il metallo dandogli una forma di una fibbia e con un chiodo ha creato una piccola cornice, incidendo infine in stampatello maiuscolo la frase “ RICORDO DEL CARSO”. Per dare una maggiore stabilità nella chiusura del bracciale ha storto un piccolo chiodo come un ribattino dandole una forma a “ELLE” rovesciata e modellato un piccolo passante in rame. numero degli iscritti, distribuiti in tutte le fasce d’età ed in tutte le frazioni del Comune soprattutto nella zona di Campolessi. ANNI ‘70 Negli anni ’70 si concretizza il programma di potenziamento e riorganizzazione del nostro ospedale con la creazione di nuovi reparti: Ostetricia e Ginecologia, Pediatria e Traumatologia. Aumenta l’utenza e, di conseguenza, la domanda di sangue, plasma ed emoderivati. In questo periodo la nostra Sezione inizia un’opera di sensibilizzazione rivolta agli studenti delle scuole superiori gemonesi. Nel 1975 Gemona ospita il XVII Congresso Provinciale nei locali della scuola di Via Dante. Il terremoto del 6 maggio 1976 mette a dura prova la sopravvivenza dei donatori gemonesi che però non si arrendono e, consci del momento, della necessità di rimanere uniti e soprattutto consapevoli dell’importanza del dono, contribuirono in modo decisivo a salvare molte vite. L’ ospedale viene irrimediabilmente danneggiato dal sisma, così come la sede della Sezione ma le attività continuano in altri luoghi…in tenda o in baracca. Ad inizio luglio 1981 venne istituito il Centro Raccolta Sangue presso le sedi provvisorie dell’Ospedale San Michele. ANNI ‘80 Per la nostra Gemona si avvia il complesso e straordinario processo di ricostruzione. I lavori per la ricostruzione dell’Ospedale terminano nel 1985 e, nel 1987, la nuova assemblea poté tenersi presso l’aula magna del rinnovato nosocomio in cui la Sezione aveva la sua nuova sede. Proprio per valorizzare l’opera di rinascita e ricostruzione di Gemona la nostra cittadina ospita il XXIX Congresso Provinciale del 1986. ANNI ’90 e NUOVO MILLENNIO Il numero dei donatori è sempre in crescita: nel 1999 la Sezione conta ben 800 soci di cui 670 donatori attivi con un totale di 700 donazioni. Gli anni ‘90 hanno portato molti cambiamenti nell’ambito delle trasfusioni con la possibilità di prelievo non solo per il sangue ma anche per il plasma e la plasmaféresi. Nel 2009 la nostra Sezione spegne le can- deline dei cinquanta anni di attività. Nello stesso periodo nasce il gruppo Collinare Nord che riunisce, nel segno dell’amicizia e del mutuo sostegno, le sezioni di ArtegnaMontenars, Buja, Gemona del Friuli, Forgaria, Majano, Osoppo, Ragogna, San Daniele, Susans, Treppo Grande e Val del Lago. L’anno scorso la nostra Sezione ha festeggiatoi suoi cinquantacinque anni di vita associativa ritrovandosi ad operare in una realtà culturale e sociale molto diversa da quella degli anni precedenti. Durante l’ultima Assemblea il Presidente Renato Copetti ha illustrato l’andamento delle donazioni per l’anno 2014. Abbiamo portato a termine un’importante opera di sensibilizzazione nelle scuole gemonesi (ISIS D’Aronco, ISIS Magrini-Marchetti) organizzando anche la donazione in autoplasmoteca per gli studenti. A dicembre 2014 si contavano 841 iscritti di cui 500 attivi per un totale di 627 donazioni, i nuovi donatori sono stati 46. Ma, al dilà dei numeri, ciò che ci impone una riflessione è il fatto che l’80% dei donatori gemonesi non usufruisca del Centro Trasfusionale del nostro Ospedale, recandosi altrove per la donazione. Ci rattrista vedere che la popolazione gemonese, considerando lo stato dei fatti, non concretizzi la volontà di sostenere l’operatività del Centro Trasfusionale. La sua attività, infatti, è possibile solo se giustificata da un numero di donazioni sufficientemente consistente. Quale futuro quindi per il Centro Trasfusionale dell’Ospedale San Michele? Per ora resterà aperto ogni sabato dalle h. 8:00 alle h. 10:30 ma a livello di direzione sanitaria, visti i numeri, si è già paventata l’idea di istituire le donazioni su chiamata. Riteniamo questa opzione una sconfitta non solo per noi donatori ma per l’intero complesso del gemonese, oltre che per il nostro Ospedale. Le giustificazioni da noi ipotizzate riguardano i ritardi nella consegna domiciliare dei referti, le lunghe attese per la donazione, il personale carente in numeri. Come risposta a questo possiamo dire che non è compito della nostra Sezione fare politica e prendere decisioni a livello sanitario o aziendale. Quello che possiamo dire è che, come Sezione, ci siamo battuti e ci batteremo sempre per la vittoria dell’altruismo e del dare gratuito al di là delle file, dei tempi, dei ritardi, della politica e dei costi. La nostra attività dipende ovviamente dalla partecipazione e dal sostegno di tutti. Per questo chiediamo a voi lettori, ringraziando “Pense e Maravee” per lo spazio concessoci, di partecipare alle nostre attività in modo attivo e ad incrementare le donazioni presso il Centro Trasfusionale dell’Ospedale San Michele. 27 > società> cultura> Elementi sotterranei foto Marco Iob 60 writers e street artists da tutto il mondo per la decima edizione di “Elementi Sotterranei” il Festival Internazionale di street art che dal 29 maggio al 7 giugno, ha coinvolto Gemona. 2000 metri quadrati di cemento trasformati in opere artistiche sul tema proposto per quest'anno: ENERGIE, ovvero le risorse che l'uomo ha a disposizione per lo sviluppo del pianeta. Laboratori didattici e creativi per bambini, workshop di graffiti e pittura, proiezioni, concerti, incontri e iniziative culturali si sono susseguiti durante tutta la settimana; vi proponiamo qualche...effetto. Oscar Francescutto / Matite Volanti - Urban Sketchers. foto Cinzia Fragnoli > 28 Lamps! Lamps! Lamps! Lamps! Segnalazioni, lettere, immagini Lamps! Incontro> INES 2015 Da venerdì 19 a domenica 21 giugno si terrà a Trieste INES Incontro Nazionale dell’Economia Solidale 2015. È una fiera/convegno che si svolge ogni anno in un luogo diverso: quest’anno il Forum beni comuni ed economia solidale FVG si è candidato ad organizzare INES nella nostra regione, a Trieste presso l’ex OPP di San Giovanni. alternativa all’economia dominante. All’appuntamento ci sarà tutto questo variegato mondo: aziende produttrici, GAS, associazioni e gruppi, consumatori consapevoli … una bella occasione per conoscere queste vivissime realtà. una straordinaria possibilità di incontro, ascolto e riflessione grazie a relatori particolarmente significativi tra cui Euclides Mance, filosofo brasiliano ed esponente di punta dei movimenti che in Sudamerica si ispirano ai principi del “buen vivir” e di “pacha mama”. Tre giorni - aperti a tutti - di seminari, laboratori, buone pratiche, tavole rotonde sui temi dell’economia solidale e del come farla diventare sempre più importante quale risposta L’incontro nazionale sarà preceduto (da mercoledì 17 a venerdì 19 mattina) dalla scuola “I DIALOGHI DI SAN GIOVANNI” rivolta innanzitutto ai promotori dell’economia solidale: Programmi dettagliati su: incontronazionale.economiasolidale.net www.forumbenicomunifvg.org desbassafriulana.wordpress.com la “lectio magistralis” di Euclides Mance, filosofo brasiliano ed esponente di punta dei movimenti che in Sudamerica si ispirano ai principi del “buen vivir” e di “pacha mama”; aree espositive dove si incontreranno produttori, consumatori e altre buone pratiche cercando di favorire la costituzione distretti e filiere di economia solidale; una serie di seminari (Colloqui INES) nei quali si affronteranno le diverse tematiche dell’economia solidale; una tavola rotonda dal titolo “Sconfinamenti” dedicata alla presentazione di esperienze internazionali di economia solidale; Euclides Mance Trekking Sci alpinismo Alpinismo Running Free climbing Gemona del Friuli Via Roma 150 tel: 0432.981367 [email protected] 29 > informazione pubblicitaria Laboratorio sci-tennis Assistenza post-vendita una tavola rotonda dal titolo “Rapportarcisi” nella quale saranno presenti anche politici ed amministratori pubblici, per capire assieme un diverso rapporto fra economia solidale e istituzioni pubbliche. Lamps! Lamps! Lamps! Lamps! Lamps! Cultura> La Poesia di Olivia Il 6 giugno, per il terzo anno consecutivo, si è tenuta a Gemona la così detta ‘Festa dell’Amicizia – Gemona capitale della diaspora Macedone’. I festeggiamenti iniziati di buon mattino, sono continuati per tutto il giorno, tra piatti tipici Macedoni, musica, folklorismi e tornei di calcetto. Un momento di festa e di unione che, anche In diagonale quest’anno ha contribuito ad avvicinare la numerosa comunità macedone locale, ai gemonesi. La gemonese Olivia Rossi, ha voluto dedicare, per l’occasione, una sua poesia, perché come scrive l’autrice ‘qualsiasi amicizia merita d’esser celebrata con buoni sentimenti’. Noi la pubblichiamo volentieri: Sperato futuro mio è del tuo il realizzato. Sono base e tu all’altezza: nell’incontro diagonale è il testimone. Accendi la “primavera” in qualsiasi ambiente informazione pubblicitaria per tutto l’anno e in ogni > momento della giornata 30 Olivia Rossi: gemonese classe ’72, di professione infermiera, scrive poesie e aforismi per passione. Si diletta in arte visiva, ha partecipato alla maratona poetica ‘Notturni di versi’ 2014 a Portogruaro. Si definisce impegnata sul lavoro, disimpegnata nell’arte, non ha per il momento pubblicazioni al suo attivo. Amici e artisti la incoraggiano ritenendo la sua una ‘forma di contenuto sociale’. Lamps! Lamps! Lamps! Lamps! Lettera> La Sacra Sindone Spettabile Pense e marave Sono un vecchio friulano di Gemona partito con la famiglia nel 1963, emigrato a Torino per cercare di migliorare il proprio tenore di vita. Pochi mi conosceranno ma sono il figlio di Toni Turi, il Sartor di Plovie e nipote di Mariute e di Pierino. Sono andato in pensione dopo 35 anni di lavoro e ora, da 17 anni, DIACONO permanente della diocesi di Torino e collaboratore dell’Arcivescovo di Torino Mons. Cesare Nosiglia. Vi scrivo ora in occasione dell’ostensione della Sindone esposta a Torino dal 19 Aprile al 24 Giugno, che avrà il suo momento culminante il 21 Giugno con la visita di Papa Francesco. In questi giorni cosi’ importanti, con le migliaia di pellegrini che arrivano a Torino a venerare la Sindone, io avendo la possibilità di andare spesso in Cattedrale, osservo i volti di queste per- sone che soffermandosi davanti al sacro lino offrono al mio sguardo espressioni varie: incredulita’, misticismo, curiosità. Alcuni pregano in silenzio altri piangono. Moltissime sono le persone in carrozzella che vengono per pregare davanti alla Sindone, forse perché in quell’immagine di un uomo sofferente trovano conforto. Sono tantissime le persone di altre religioni che si fermano davanti alla Sindone con espressioni di curiosita’, di silenzio, di emozioni a vedere quel volto martoriato dalla cattiveria dell’uomo. Pochi giorni fa sono arrivati a Torino oltre 7000 giovani da diverse diocesi d’Italia per fare una notte bianca di preghiera e di visita ai luoghi sacri della storia di San Giovanni Bosco, nella ricorrenza dei 200 anni della sua nascita. La nottata si é conclusa con il cammino verso la cattedrale dove c’è stato il momento di preghiera davanti al telo sindonico. Laboratorio> Molti dunque sono attratti da questa immagine, sentono, percepiscono qualcosa di misterioso e si interrogano nel profondo. Sono interessati e provocati, anche la semplice curiosita’ e’ lecita e buona. C’e’ nell’immagine sindonica il mistero, la domanda più’ profonda e lacerante sul senso della vita. Tutti possono ricevere qualcosa da questo incontro. Perche’ su quel Telo si vede un uomo colpito con violenza, un corpo flagellato, umiliato e tutto questo fa parte all’esperienza di tutti, credenti e non credenti. Chi non ha subíto o inferto colpi lungo il corso della sua esistenza, nelle relazioni umane e nella societa’. Chiunque puo’ immedesimarsi in quell’immagine e intravedere il racconto dell’esperienza di milioni di persone colpite, umiliate, abbandonate e puo’ vederlo a prescindere alla fede. Ho potuto notare dell’ostensione del 2010 leggendo nel libro delle firme i pensieri che in migliaia hanno lasciato dopo la visita. Sfogliando e leggendo le varie dediche, mi ha colpito il fatto di non aver trovato nessuna preghiera di richiesta di guarigione o difficolta’ della vita. Erano tutte frasi di commozione, di gioia, in qualche caso di pianto, di partecipazione e sempre di gratitudine. La parola piu’ ripetuta scritta e ridotta e’ stata GRAZIE. Come dire che chi va alla Sindone intravede nel Telo un segno di cio’ che davvero si desidera. Vi invio poi un inserto della “Stampa” di Torino, con articoli e fotografie che spiegano molto bene tutto quello che si vuol sapere sulla Sindone. Cordiali saluti a tutti voi friulani di Gemona e friulani del mondo. Giacomino Turi Diacono permanente della Diocesi di Torino La vignetta di Cristiana> Ritorna il LAB Prenderà inizio il 23 luglio prossimo, a Gemona del Friuli, il 53esimo LAB internazionale della comunicazione. Il tema scelto per il 2015 è CIBO, GUSTO PAESAGGIO. VOCAZIONI D'ITALIA, continuando un percorso fatto dal Lab negli ultimi tre anni e iniziato con Slow Food e Carlo Petrini. > 31