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Periodico bimestrale
Giugno 2015
Anno XXIII
Direttore responsabile Federico Rossi
Aut.Tribunale di Udine 10/92 del 6/4/1992
Stampato su carta riciclata presso:
Rosso Grafica e Stampa, via Osoppo 135 - Gemona - Ud
Proprietà: Associazione culturale Pense e Maravee,
via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - Ud
Consegnato in Tipografia il 16/06/2015
Tiratura: 5.500 copie - Distribuzione gratuita
Testata del Gemonese
www.pensemaravee.it
Energie
Energie
Mentre pubblichiamo Pense e Maravee, è in corso tra le
forze politiche un ampio dibattito, un duro scontro, sull’emigrazione, soprattutto dopo che è stata resa pubblica l’inchiesta sulla cupola che ha controllato e in buona
misura ancora controlla, attraverso la leva della corruzione,
il fiume di denaro che, ogni anno, assicura l’accoglienza
dei migranti nel nostro Paese.
Affari sempre più ghiotti, considerando che ai migranti
che partivano per cercare lavoro, si sono aggiunti nell’ultimo anno coloro che fuggono alle difficilissime situazioni di molti paesi del Maghreb. Il numero di richiedenti
asilo politico è molto più alto di una volta perchè la scelta
disperata di coloro che decidono di affrontare il Mediterraneo è di gran lunga la più razionale che hanno: i migranti
siriani, per esempio, sono per lo più persone appartenenti
alla classe media che hanno perso tutto.
Appare inoltre fin troppo evidente la demagogia sugli
scafisti-schiavisti di alcuni rappresentanti politici, perchè
è stata proprio la politica ad aver lasciato loro il
monopolio assoluto.
Eppure dobbiamo accettare il fatto che ci saranno
sempre più persone pronte a migrare.
Papa Francesco ha usato una bella espressione per definire coloro che scelgono di affrontare la grande traversata
del Mediterraneo: cercatori di felicità.
La questione dei profughi s’ incrocia inoltre con quella ambientale. I cambiamenti climatici, secondo uno studio
dell’Università della California e della Columbia University, sono stati la causa della siccità che ha colpito, continuando con l’esempio precedente, la Siria dal 2006 al 2010,
provocando l’esodo di un milione e mezzo di agricoltori verso le grandi città. Nel 2010 gli sfollati interni e i profughi ira-
Numeri
keni raggiungevano il 20% della popolazione. La guerra e
il successivo esodo di molti siriani hanno avuto così cause sociopolitiche, l’incapacità del regime di fornire risposte alla crisi determinatasi, cause amplificate dai cambiamenti del clima create dall’uomo e dal nostro modello di
sviluppo basato sulle fonti fossili.
Il tema dell’ambiente è molto caro a papa Francesco che
associa la mancata custodia del creato a quella “cultura
dello scarto” che crea emarginazione, povertà e crescenti
e intollerabili disuguaglianze e alla necessità di mettere
in campo nuovi modelli di sviluppo, diversi modi di concepire l’economia e la società. Un modello che metta al
centro la persona che è soprattutto relazione con le altre
persone, i viventi tutti, i “non ancora nati”, la terra e, per
i credenti, con Dio.
E le comunità locali, civili ed ecclesiali, come si stanno
preparando?
Sapranno usare le risorse, le energie positive per lo
sviluppo della convivenza e la crescita di tutti?
Secondo il settimanale del Friuli “La Vita Cattolica” «Tutti
i cristiani dei paesi friulani dovrebbero sollecitare i loro
sindaci ad accogliere tre o quattro profughi. Solo se diffusa, l’accoglienza che possiamo dare sarà dignitosa. Del
resto quando c’è stato il terremoto non è avvenuta la
stessa cosa?».
Questa è la principale proposta contenuta nell’opuscolo “Comunità cristiane testimoni e accoglienti. Per
una spiritualità delle migrazioni” realizzato dal Vicariato
urbano di Udine.
Gemona cosa sta facendo?
Vi invitiamo a seguire gli approfondimenti su questa situazione drammatica e molto
complessa anche in ambito locale, sul sito di Pense e Maraveee: www.pensemaravee.it
218 mila - le persone che nel 2014 hanno attraversato il Mediterraneo.
1000 - le persone che nel 2014 sono morte in viaggio, per lo più
di età compresa tra i 18 e 25 anni.
1 miliardo - flusso di denaro nero che, ogni anno, assicura
l’accoglienza dei migranti nel nostro Paese.
78 - i rifugiati politici residenti in Valle D’Aosta oggi.
62 - i richiedenti asilo politico a cui il Presidente della Valle D’Aosta
ha recentemente negato la residenza.
750 - le persone morte nel naufragio del barcone inabissatosi
il 18 aprile scorso nel Canale di Sicilia.
29 - i migranti morti di freddo, a febbraio, dopo che la Guardia Costiera
italiana aveva soccorso un barcone su cui viaggiavano 106 persone.
60 - i Paesi alleati contro l’Isis.
6 milioni - numero di musulmani residenti in Francia.
5 x mille
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ti costa nulla!
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Direttore responsabile
Redazione
A questo numero
hanno collaborato
Federico Rossi
Anna Piazza, Paolo Isola, Irma Londero, Piera Londero,
Luisa Patat, Lucia Solinas, Gianni Tonetto
Lorenzo Londero, Sandro Cargnelutti, Anna Piazza, Mauro Pascoli, Cristiana Vettor
Giacomo Trevisan, Élia Beacco, Marco Iob, Antonella Bruzzo, Marta Musina
Grafica: Giulio Calderini
associazione culturale
Ringraziamo tutti coloro che continuano a sostenere la nostra autonomia con un contributo.
Compilate il bollettino di c.c. postale n. 16895336 Qualsiasi importo va bene.
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Giugno 2015
SOMMARIO
4/7
politica> Riforma Sanitaria Ci sono novità per l’ospedale di Gemona
8
a cura di Mauro Pascoli
politica> Il “Sito della memoria” coperto dalla pedana
8
a cura della redazione
politica> Monumento ai caduti di Taboga
1
Lettera di Graziano Busettini
società> La ricchezza dell’accoglienza
12
di Antonella Bruzzo
società> Je suis Bardo I commenti di Gianluca Solera dopo l’attentato al Museo del Bardo di Tunisi
a cura di Élia Beacco
inserto / speciale scuola> Il blog “Fuoridalcomune ”
a cura della redazione blog “Fuoridalcomune”
cultura> Le memorie di Dante Petuelli - Parte 2^ “Le storie della mia travagliata vita”
di Sandro Cargnelutti
società> Dalla Grande Guerra alla Grande Pace
13/20
21/23
24/25
26
a cura della redazione
cultura> La storia di Gaetano
27
a cura della redazione
storia> Sezione AFDS di Gemona Un po’ di storia e alcune novità
28
di Marta Musina
cultura> Elementi sotterranei Decima edizione del festival internazionale di street art
a cura della redazione
Testata del Gemonese 9/10
rubriche>
La talpa
Scava e morde
29/31
Lamps!
Segnalazioni, lettere...
In copertina:
Elementi Sotterranei
X Festival Street Art
Gemona del Friuli
Foto Marco Iob
politica>
a cura di Mauro Pascoli
Riforma Sanitaria
Ci sono novità per
l’Ospedale di Gemona
Lo scorso 20 maggio il Direttore Generale dell’Azienda per l’Assistenza
Sanitaria (AAS) n. 3 “Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli”,
dott. Pierpaolo Benetollo, ha presentato all’Assemblea dei Sindaci
il Piano di riordino dell’Ospedale di Gemona. Il successivo lunedì 25,
il documento è stato illustrato dallo stesso D.G. alla popolazione in
un incontro pubblico svoltosi presso l’ospedale cittadino.
L
a riforma sanitaria avviata dalla Regione col 1° di gennaio 2015, con questa prima tappa che riguarda il tema
(così sofferto) del futuro dell’Ospedale
di Gemona, sta quindi cominciando a
prendere forma.
Naturalmente questo passaggio va inquadrato nel disegno più complessivo
del nuovo sistema sanitario regionale
e dell’“approccio culturale” con il
quale si intende attuarlo.
Di questo Pense e Maravee aveva par-
lato con lo stesso Pierpaolo Benetollo
in un’intervista pubblicata il 23 marzo
scorso sul sito web della testata.
Nell’occasione, oltre ad anticipare il
documento strategico presentato in
questi giorni, gli argomenti trattati
permettevano di cogliere lo spirito
con cui viene affrontato, nella realtà
del Gemonese, questo cambiamento
epocale.
Ci è sembrato quindi utile riproporla
qui integralmente.
Intervista al D.G. dell’AAS 3 Pierpaolo Benetollo
del 23 marzo 2015
Il dottor Benetollo ha alle spalle
un’esperienza lavorativa importante
ed articolata. Avendo iniziato come
medico geriatra “sul territorio”, ha via
via ricoperto diversi incarichi tra cui
quello di Direttore del Distretto SocioSanitario n° 4 dell’ULSS 16 “Padova”,
di Direttore Sanitario dell’ULSS n°4
“Alto Vicentino” e, prima di assumere
l’incarico nella nostra Regione, ha
svolto il compito di Direttore sanitario
dell’Azienda ospedaliera di Verona,
una delle più importanti d’Italia.
La prima domanda viene quindi spontanea.
Cosa ha significato passare da una attività come quella svolta a Verona, alla
realtà così diversa che si è trovato ad
affrontare qui in Friuli?
E’ noto che io sono l’unico Direttore
>
4
generale di un AAS “esterno” al sistema sanitario di questa Regione e
ciò non è a caso. Evidentemente si è ritenuto che per una situazione complessa come quella dell’Alto Friuli, Collinare e Medio Friuli fosse opportuno
avvalersi di una figura esperta e del
tutto “nuova” rispetto alle vicende sanitarie del FVG.
D’altra parte la mia precedente attività lavorativa nell’Alto Vicentino si era
svolta in una realtà per certi versi simile a questa.
Ho affrontato quindi questa esperienza come un’avventura nuova e professionalmente interessante, senza alcuna remora rispetto alle vicende che
hanno preceduto l’avvio di questa riforma: il mio compito è quello di avviare e far funzionare al meglio
un’azienda, a partire dalle condizioni
che mi sono date.
Ma qual’è stato l’impatto rispetto alla
dimensione territoriale così complessa
e “squilibrata” dell’AAS 3, che va dalle
realtà di alta montagna della Carnia e
del Tarvisiano, fino alle zone rurali di
pianura del Codroipese?
Le differenze rappresentano in questo
caso i punti di partenza per costruire le
strategie giuste. Io non parto con
l’idea che si debba in qualche modo
“assestare” un sistema complicato; la
mia prospettiva è invece quella di caratterizzare, valorizzandole, le diverse
realtà di questa AAS: sono proprio
queste caratteristiche di fondo a rendere interessante il mio compito.
Se guardiamo poi con più attenzione,
gli stessi elementi di potenziale criticità rappresentano anche aspetti di
opportunità.
L’AAS 3 non ha al suo interno un capoluogo di Provincia. Questo vuol dire
che non c’è una polarità forte che rischia di creare gerarchie e squilibri sul
proprio territorio.
Non c’è nemmeno un Ospedale cosiddetto “hub” (per intenderci come
quello di Udine), che inevitabilmente
eserciterebbe una forte attrazione, ri-
schiando di generare sul territorio un
centro ed una periferia.
In sostanza, una situazione complessa
geograficamente, ma senza grosse differenze di peso tra i centri urbani, può
favorire la costruzione di un rapporto
ospedale - territorio che attui più agevolmente uno degli obiettivi centrali
che stanno alla base della riforma: la
continuità della presa in carico dei problemi di salute dei cittadini, che per essere seguiti hanno bisogno di una integrazione fra le cure ospedaliere e
quelle territoriali.
A pochi mesi dall’avvio della riforma, a
che punto è la sua attuazione e quali i
prossimi passaggi?
Il 2015 non può che essere un “anno
ponte”, durante il quale si debbono
affrontare contemporaneamente più
problemi legati all’avvio della riforma.
Le priorità del primo semestre sono:
garantire la continuità dei servizi ai
cittadini, malgrado i vari cambiamenti in atto legati alla riorganizzazione della struttura;
attuare la costituzione della nuova
AAS 3 in tutte le sue componenti.
E’ uno sforzo notevole che sta coinvolgendo tutti, ma direi che, pur essendo a metà del guado, l’obiettivo si
sta via via raggiungendo.
Va detto che questa prima fase della
riorganizzazione ha prodotto anche
del disorientamento, soprattutto nel
personale.
Inevitabilmente sono venute a mancare alcune sicurezze, mentre sono subentrate ansia e senso di incertezza.
E’ uno scotto da pagare in questa fase
di transizione, che va superato individuando al più presto le linee strategiche di sviluppo, su cui basare le future decisioni.
Infatti il secondo semestre di questo
2015 sarà in particolare dedicato alla
costruzione del progetto della nuova
ASS 3.
Uno degli elementi di maggior incertezza (e di conflitto) nella nostra realtà è stato il destino dell’Ospedale di
Gemona. Che futuro si prospetta realmente per questa struttura?
Come già detto, il percorso appena avviato non potrà che svilupparsi per
gradi: il disegno complessivo della riforma e delle funzioni assegnate sul
territorio sono già indicate dalla legge
e dai successivi atti deliberativi, ma le
decisioni operative potranno essere
prese solo dopo aver definito un piano
strategico più preciso e fondato su conoscenze dirette dei problemi.
Per questo motivo non si è ancora
nelle condizioni di prendere decisioni
e di fissare dei paletti, pur avendo già
delle idee su quali indirizzi sarà opportuno seguire.
Su alcuni aspetti si può già però dare
delle certezze: l’ospedale di Gemona
non diventerà un capannone vuoto, ma
tutti gli spazi verranno utilizzati. Inoltre
si può prevedere che vi lavorerà all’incirca la stessa quantità di personale.
L’ipotesi di creare a Gemona un centro
di eccellenza dedicato alla riabilitazione è realistica, ma allora l’ospedale
deve diventare attrattivo, deve dotarsi
dei professionisti “migliori”, deve insomma costruire le condizioni per fornire un’offerta che sia competitiva.
D’altra parte bisogna anche prendere
atto che si va sempre più verso la super-specializzazione, superando la
funzione tradizionale dell’ospedale
come struttura di riferimento generale.
Per questo il mantenimento di un’area
di emergenza nell’ospedale di Gemona
sarebbe impropria e soprattutto inadeguata, mentre altre funzioni, per il
bacino d’utenza dell’intera azienda ed
anche oltre, possono essere di grande
interesse. Nelle prossime settimane
faremo delle proposte concrete.
Passando ai rapporti cosiddetti “istituzionali”, ha colpito l’opinione pubblica il fatto che nella Conferenza dei
Sindaci, il Piano Attuativo Locale 2015
(P.A.L.), che è un atto fondamentale
della programmazione sanitaria, sia
stato bocciato da alcuni Comuni, tra
cui Gemona. E inoltre che numerosi
Sindaci non fossero presenti alla Conferenza. Che significato attribuisce a
queste prese di posizione?
In effetti alla seduta conclusiva per l’approvazione erano presenti 48 Sindaci,
tra i quali 3 hanno espresso voto contrario (Gemona, Montenars e Forgaria).
Va anche sottolineato che alla conclusione dei lavori il Presidente della Conferenza ha ritenuto di sottolineare
come la riunione fosse stata “vera”, non
rituale, e per questo importante.
La contrarietà di alcuni Sindaci non la
considero comunque un fatto negativo:
fa parte della dialettica democratica e
rappresenta comunque un’espressione di vitalità.
Rimango dell’idea che le differenze
sono segnali importanti, su cui impostare il lavoro successivo, molto più utili di unanimismi di facciata.
E per quel che riguarda il problema del
“pronto soccorso” che ha agitato così
tanto le acque nel Gemonese?
La legge di riforma ha previsto a Gemona il mantenimento di un Punto di
Primo Intervento; si tratta ora di dettagliarne le funzioni. Peraltro, in presenza, come detto, di un’evoluzione di
tutta la Medicina verso la super-specializzazione, non ha più senso che ogni
presidio ospedaliero mantenga dei letti di c.d. “area di emergenza”, senza
avere alle spalle una struttura capace
di affrontare tutti i problemi che si
possano presentare.
La prospettiva è invece quella di operare con una “rete dell’emergenza” in
grado di intervenire in tempi rapidi su
tutto il territorio, indirizzando da subito il paziente nella struttura ospedaliera
meglio in grado di accoglierlo, cosa che
peraltro già sta in parte avvenendo. Ma
in questo caso la messa a punto della
“Rete dell’emergenza-urgenza” va impostata a scala regionale ed infatti la
legge di riforma prevede che la Regione emani un apposito Piano di settore.
Solo in presenza di questo Piano si potrà agire anche a livello di AAS 3.
>
Va precisato innanzitutto che la seduta
della Conferenza dei Sindaci in cui si è
approvato il P.A.L. era stata preceduta
da una in cui il documento di programmazione era stato presentato e
discusso alla presenza dei 68 Sindaci
interessati, per cui i contenuti erano
noti a tutti.
5
>
Il Piano di riordino dell’Ospedale di Gemona
E vediamo che futuro si prospetta per
l’ospedale di Gemona.
Già il titolo del documento ne caratterizza il senso:
“Idee - Progetto in sviluppo”.
Tradotto: è una proposta strategica già
strutturata nelle sue linee essenziali,
che va però via via sviluppata e concretizzata nel tempo, se del caso modificandola in itinere.
Non ci sono ancora i cartelli di lavori in
corso, ma il progetto di massima è
stato depositato.
Alcuni punti significativi della proposta
Pur se illustrato in termini molto comprensibili nelle slides di presentazione, che si possono agevolmente
scaricare dal sito web dell’AAS 3
(ass3.sanita.fvg.it), il progetto è piuttosto articolato e non sintetizzabile in
poche battute.
Va comunque detto che tra quanto
espresso dal D.G. Benetollo nell’intervista sopra riportata e quanto illustrato nel Piano per il riordino dell’Ospedale
di Gemona vi è una buona coerenza e
questo depone senza dubbio a favore
della serietà della proposta.
Venendo ai suoi contenuti, si indicano
qui solo alcuni punti significativi che la
caratterizzano.
Si parte dalla constatazione che i successi della Medicina e della Chirurgia
moderne sono dovuti principalmente
alla super-specializzazione, che richiede professionisti sempre più competenti.
E’ per questo che ogni struttura sanitaria (sia essa ospedaliera o territoriale: Gemona, San Daniele, Tolmezzo,
Codroipo, i singoli Punti salute), deve
oggi essere caratterizzata in maniera
chiara e riconoscibile, così da risultare
“attrattiva” sia per i pazienti, che per i
migliori professionisti.
L’ipotesi riorganizzativa prevede una
serie articolata di funzioni, di cui si segnalano qui solo alcune che paiono di
particolare interesse:
un centro di Day Surgery polispecialistico (vedi box)
un centro Riabilitativo articolato
in: riabilitazione ortopedica, riabilitazione neurologica, riabilitazione cardiologica
un centro di Esercizio fisico per pazienti affetti da malattie croniche
che comprende anche un centro
di medicina dello sport.
Il Pronto soccorso viene ridefinito
come Punto di primo intervento che
garantisce la copertura sulle 24 ore,
con un medico esperto sempre presente e un’ambulanza.
In questo servizio è prevista la possibilità di ricoverare pazienti e di fare le
analisi di urgenza.
Si prevede che a riorganizzazione completata il numero del personale rimarrà
inalterato mentre saranno necessarie
rilevanti modifiche alla struttura edilizia.
L’impressione che si coglie da queste
prime indicazioni è che la sfida del
“nuovo corso” sia quella di operare un
salto di qualità dell’Ospedale di Gemona verso un’offerta specializzata,
in grado di attrarre competenze mediche ed utenti da un’area anche più vasta di quella della sola AAS 3.
Sarà interessante verificare nel tempo
se e come a tali premesse seguiranno
anche i fatti.
Come pure sarà interessante verificare
le reazioni a questa proposta di riorganizzazione di Sindaci, Comitati di difesa, addetti ai lavori, cittadini….
Per aggiornamenti seguiteci sul sito web di
Pense e Maravee: www.pensemaravee.it
Day surgery
Con questo termine si intende la possibilità clinica, organizzativa ed amministrativa di effettuare interventi
chirurgici in regime di ricovero limitato alle sole ore del giorno o con
un pernottamento.
L’Unità di Day Surgery, che è altra
cosa dal più conosciuto Day Hospital, è un complesso medico chirurgico ad impronta polispecialistica, in
grado di offrire nel più breve tempo
possibile una qualificata prestazione
chirurgica a Pazienti selezionati per i
quali la degenza clinica prolungata in
ospedale non è indispensabile.
I Pazienti usufruiscono in tale modo di
una prestazione chirurgica rapida, mirata e in condizioni di assoluta sicurezza.
>
6
Vantaggi:
La “chirurgia di un giorno” presenta dei vantaggi, rispetto al ricovero tradizionale, che vanno a diretto beneficio dei pazienti, quali:
• la possibilità di mantenere immutate le proprie abitudini di vita;
• il ridotto periodo di degenza
• la presenza dei familiari sul posto;
• il ridotto rischio di infezioni per l’assenza dei “germi da ospedale”;
• la scarsa incidenza di complicazioni;
• la riduzione fin quasi all’azzeramento delle liste d’attesa.
Principale aspetto psicologicamente positivo del sistema Day Surgery è, per
il paziente, l’eliminazione della preoccupazione connessa al ricovero e la certezza dell’immediato ritorno a casa (al massimo entro la giornata successiva).
PRESIDIO OSPEDALIERO PER LA SALUTE
GEMONA DEL FRIULI
piano Terra
idee progetto
in sviluppo
piano Primo
piano Secondo
piano Terzo
>
7
ambiente>
politica>
politica>
Il “Sito della memoria”
coperto dalla pedana
Monumento ai Caduti
di Taboga
a cura della redazione
Lettera di Graziano Busettini
Dopo anni o decenni che ci pensavo, questo 25 aprile mi sono deciso
a inviarvi questa mia proposta, nella speranza di trovarvi d'accordo
e che possiate sollevare il tema o addirittura farvi promotori di una
iniziativa.
Da sempre, fermo al semaforo di Taboga, guardando il monumento
lì collocato, mi rattrista e mi innervosisce leggere quelle 4 righe, grondanti retorica e che non dicono niente di cosa sia successo:
L’Amministrazione comunale che ha voluto questa piazzetta pavimentata con le pietre antichei, ne autorizza ora la copertura.
Cose strampalate accadono a Gemona. Nel 2011 l’Amministrazione
comunale affida alla ditta Copetti Spa il recupero delle pietre presso
il magazzino comunale e la loro trasformazione in lastre di spessore
di 6 cm adatte alla pavimentazione che sarà poi compiuta dalla
ditta che ha realizzato i lavori di “Urbanizzazione primaria del Capoluogo – Via Caneva – da Piazza Garibaldi al sedime dell’ex Chiesa
di Madonna delle Grazie”.
Stiamo parlando di pietre antiche alcune in pietra rossa di Sant’Agnese, che, pur non essendo ancora state catalogate, un tempo
avrebbero potuto far parte del campanile di San Giovanni, risalenti
al 1488, anno della sua edificazione. Queste pietre sono state faticosamente recuperate dai volontari tra le macerie all’indomani del
terremoto del ’76.
Già nel 2011 l’utilizzo di quelle pietre per la pavimentazione della
piazzetta aveva generato dissensi; oggi la loro copertura con una pedana che ospiterà i tavolini del nuovo bar appena aperto, ha messo
in evidenza una palese contraddizione.
Nelle intenzioni dell’Amministrazione, l’uso delle pietre “è un modo
per valorizzare un patrimonio dimenticato” – dichiarava allora l’assessore Fabio Collini.
Evidentemente non ci sono idee molto chiare sulla valorizzazione del
patrimonio dimenticato se prima viene utilizzato per una pavimentazione e a distanza di 4 anni viene ricoperto. Questo “fà e disfa”
pesa inoltre sulle casse comunali in un periodo di particolari ristrettezze: il solo recupero, trasporto e taglio delle pietre è costato
19.200 euro ai quali vanno aggiunti i costi della posa in opera.
La valorizzazione del centro storico resta un “buco nero” che nessuna Amministrazione comunale è ancora riuscita ad affrontare seriamente; non se ne vede ancora la luce.
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8
*Strappati al vostro focolare* (Immagine un po' d'altri tempi, ma insomma...passabile) *Barbaramente trucidati* (Questo è vero, ma
perchè e da chi?) *Donaste le vostre vite* (Ma scherziamo? Quei poveretti non volevano donare proprio per niente la loro vita*, *figurarsi*...*sono stati presi di forza e fucilati) e men che meno *Per la
gloria della Patria *(Gloria? Gloria? Quale gloria scusa?...).
Ma, a parte la retorica patriottarda, che spero non essere il solo a trovare insopportabile, chi legge quelle parole non riceve alcuna vera informazione sull'accaduto...scatta il verde, metti la prima, riparti e non
hai imparato niente.
E questo non rende giustizia ai poveri martiri. Proporrei, con modica
spesa, magari con un crowfunding, se il Comune di Gemona non ci
sta, di cambiare la scritta ad esempio così:
Fucilati innocenti
per rappresaglia
dai nazifascisti in fuga
Cartolibreria Coccinella sas
di Marina Lepore & C:
Via Dante Alighieri 213
Gemona del Friuli
tel/fax 0432 981305
Lorenzo la talpa
di Lorenzo Londero “flec”
cosa pubblica>
Note sul 25 Aprile a Gemona
A Gemona, la Festa del 25 Aprile (Liberazione
dal nazifascismo) di quest'anno sarà ricordata anche per i seguenti episodi inusuali:
a) il primo manifesto diffuso dall'Amministrazione comunale conteneva due errori: 69°
anniversario e Venerdì 25 Aprile; errori poi rimediati con l'affissione del secondo manifesto, che ricordava correttamente la ricorrenza
del 70° anniversario della Liberazione nella
giornata di Sabato 25 Aprile 2015;
b) il discorso commemorativo svolto da Lodovico Copetti (giovane segretario della sezione ANPI di Gemona-Venzone) al termine
della cerimonia di Piazza del Municipio; pubblichiamo volentieri questo testo segnalandone l'elevata carica ideale e il significativo
richiamo di importanti personaggi, locali e
nazionali, della Resistenza;
c) lo spiacevole episodio riferitoci dalla signora Piera Londero, che ha scritto quanto
segue: «Alla cerimonia del 25 Aprile, su mia
richiesta di cantare o suonare BELLA CIAO, il
Sindaco di Gemona ha esordito: “Qui non si
suona e non si canta quella canzone fin
quando organizzo io la cerimonia.” Preciso
che sono iscritta all'ANPI (ndr: Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia) con grande orgoglio anche per onorare mia zia omonima
che, da partigiana, ha collaborato con i suoi
compagni a liberare l'Italia dall'oppressore.
La risposta del Sindaco mi ha profondamente
offesa perché o il Sindaco non conosce la
storia o è privo di sensibilità.»
stato cantato in grandi manifestazioni pubbliche organizzate a Parigi, in Spagna e
perfino in Asia ad Hong Kong;
- è stato cantato nella sede della Camera dei
Deputati nel corso della celebrazione dei
70 anni dalla Liberazione alla presenza del
Capo dello Stato, dei Presidenti di Camera
e Senato e di una folta delegazione di partigiani provenienti da tutta Italia;
- è stato cantato dal sindaco di Udine Furio
Honsell, assieme a centinaia di cittadini
confluiti in piazza Libertà a Udine (città decorata con medaglia d'oro al valor militare
per la Resistenza di tutto il Friuli) per la Festa del 25 Aprile.
Ci piace ricordare al sindaco Urbani che il
noto canto partigiano BELLA CIAO:
- è apprezzato, come inno alla Libertà, in
tante parti del mondo e, recentemente, è
Auspichiamo che anche Gemona, a partire dalla sua Amministrazione comunale, riscopra la
bellezza di BELLA CIAO, canto di lotta per la
libertà e contro l'oppressione dei popoli.
Discorso di Lodovico Copetti per il 70° anniversario della Liberazione
Autorità civili e militari, Associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, concittadine e concittadini.
Settant’anni fa assistemmo ad una gloriosa e grandiosa pagina
di storia: la Resistenza che portò alla liberazione dell’Italia
dalla dittatura nazi-fascista e aprì le porte alla democrazia. Gemona, il nostro paese, venne invece liberato il 28 aprile mentre
Udine attese sino al 1 maggio la Liberazione.
Fin dalla sera dell’8 settembre 1943 Ivanoe Bonomi, Alessandro
Casati, Alcide De Gasperi, Mauro Scoccimarro, Pietro Nenni e
Ugo La Malfa si riunirono a Roma, in rappresentanza di sei partiti antifascisti e costituirono il primo “Comitato di Liberazione
Nazionale” (C.L.N.), struttura politico-militare che durante la
guerra di Liberazione avrebbe caratterizzato la Resistenza italiana contro l’occupazione tedesca e le forze della Repubblica
di Salò. In maniera non dissimile nella nostra Gemona si riunirono i primi nuclei di resistenti, già il 9 settembre 1943, attorno
all’abile figura di don Alberto Pancheri “Ettore” e dei quali vogliamo ricordare Ezio Bruno Londero “Nino” qua oggi presente.
Anche a Gemona venne costituito il C.L.N. locale composto dai
rappresentanti dei vari partiti; tra i suoi esponenti vogliamo ricordare il nome dell’Avvocato Onorevole Luciano Fantoni che ne
ricoprì la carica di Presidente.
La lotta di Liberazione vide in prima linea militari, civili, intellettuali, operai e contadini. Anche la nostra città e i nostri cittadini seppero dare il loro contributo in modo esemplare. Ricordiamo, oltre ai caduti che oggi onoreremo nei vari cippi del
territorio comunale, anche la medaglia d’oro al valor militare
Pierino Celetto “Mazzini” caduto eroicamente il 29 settembre
1944 a Forame di Attimis, senza dimenticare due combattenti al-
leati che hanno contribuito alla liberazione di
Gemona: lo scozzese sir
Thomas MacPherson,
scomparso lo scorso novembre e il neozelandese
Frank Gardner.
Gemona, in quegli anni
era un paese molto diverso da oggi, se pensiamo alle azioni condotte dai partigiani, sono certo che nei vostri, nei nostri pensieri
ci vengono in mente le figure di molti giovani, uomini e donne,
non dimentichiamolo, che ebbero il coraggio di mettere a repentaglio la propria vita (e a volte anche quella dei familiari)
compiendo una scelta difficile ma sicuramente piena di speranza!
Troppo spesso si dimentica che i protagonisti della Resistenza
furono i giovani.
Piero Calamandrei, rivolgendosi agli studenti universitari di
Milano nel 1955 e parlando della Costituzione ricordava loro che
«dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi: caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento,
morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per
le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la
giustizia potessero essere scritte su questa carta».
I giovani che combatterono il nazifascismo fecero una scelta di
campo, esprimendo un giudizio negativo sull’esperienza vissuta
9
>
dall’Italia e diventando i leader dell’antifascismo, affiancandosi ai vecchi protagonisti sconfitti da Mussolini, ma ereditandone i valori. Questo fu anche possibile perché gli “anziani
combattenti” seppero riconoscere l’importanza di passare il testimone e aiutare, con la loro esperienza, a fare crescere una
nuova classe dirigente.
Dove sono oggi i giovani? Sarebbe disonesto non riconoscerne
la presenza in politica e nella società civile, ma oggi, la loro presenza è davvero il frutto di un responsabile “passaggio del testimone” o solamente un “mero ringiovanimento” o ancora il
frutto di una “rottamazione” della classe politica precedente?
Se proviamo ad immaginare l’Italia di qui a qualche anno non
possiamo, non posso, non vederla se non guidata da una nuova
classe dirigente che, a tutti i livelli e in maniera collaborativa con
le generazioni precedenti, nello spirito della Resistenza, sappia
avere il coraggio di assumersi una responsabilità rischiosa ma
certamente piena di speranza.
Ricordiamo gli insegnamenti di due grandi figure, due grandi testimoni come Enzo Biagi: «25 Aprile. Una data che è parte es-
senziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita.» E
Sandro Pertini: «Oggi la nuova Resistenza in che cosa consiste.
Ecco l’appello ai giovani: di difendere queste posizioni che noi
abbiamo conquistato; di difendere la Repubblica e la democrazia. E cioè, oggi ci vogliono due qualità a mio avviso cari
amici: l’onestà e il coraggio. E quindi l’appello che io faccio ai
giovani è questo: di cercare di essere onesti, prima di tutto: la
politica deve essere fatta con le mani pulite. Se c’è qualche
scandalo. Se c’è qualcuno che da’ scandalo; se c’è qualche
uomo politico che approfitta della politica per fare i suoi sporchi interessi, deve essere denunciato!»
Ai giovani e ai meno giovani, buon 25 Aprile a tutti!
Viva la Costituzione: fulgida gemma nata dalla lotta partigiana
e che va difesa e attuata e non svilita e calpestata, Viva la Repubblica Italiana: antifascista e antirazzista figlia della lotta di
liberazione.
Viva la Resistenza! Viva la Liberazione!
Onore a tutti i caduti per la libertà!
Plauso al Sindaco Paterson Itoe Mukete
di Resiutta (UD) è da oggi cittadino italiano
...che, così, ha festeggiato e motivato il 70°
anniversario della Liberazione.
E' stato sicuramente un bel modo di festeggiare il 70esimo anniversario della
Liberazione con il conferimento della cittadinanza italiana. Paterson Itoe Mukete
è da oggi cittadino italiano, uno splendido esempio di integrazione. Dopo aver
lasciato il Camerun tanti anni fa, ha trovato un posto dove sentirsi a casa, dove
poter mettere su famiglia e far nascere
due splendide principesse anche loro finalmente italiane. Forse ci dimenti-
La Vita
Cattolica
specialmente in questo momento così
difficile, portare qualche esempio positivo, troppo spesso leggiamo notizie negative,
siamo
bombardati
da
informazioni che vorrebbero instaurare
un clima di tensione fra le categorie sociali più in difficoltà, solo per vendere
qualche copia in più dei propri giornali o
solo per riuscire ad accaparrarsi qualche
voto in più alle prossime elezioni. Ma
questo non è lo spirito che ci hanno lasciato chi, oramai settanta anni fa’,
hanno lottato e perso la propria giovane
vita per rendere il nostro Paese, un Paese
libero dalla tirannia, un Paese che sa
dare le risposte in termini di giustizia sociale, di libertà e di accoglienza. Ed è cosi
che si rende onore a tutti coloro che
hanno aiutato la nostra nazione a diventare un posto migliore, non basta un grazie alle forze alleate e ai nostri partigiani
solamente il 25 Aprile ma bisogna dimostrare ogni giorno della propria vita che il
loro sacrificio non è stato inutile.
“Tre profughi in ogni paese”
Secondo il settimanale del Friuli “La Vita Cattolica” del 23.04.2015,
«Tutti i cristiani dei paesi friulani dovrebbero
sollecitare i loro sindaci ad accogliere tre o quattro profughi. Solo se diffusa, l'accoglienza
che possiamo dare sarà dignitosa. Del resto
quando c'è stato il terremoto non è avvenuta
la stessa cosa?».
> 10
chiamo troppo facilmente della fortuna
di esser nati in Italia, e siamo nati qui non
per merito, e ora la fortuna che abbiamo
avuto è giusto donarla a chi nella vita è
stato meno fortunato. Abbiamo regalato
un libro fondamentale che troppe volte
dimentichiamo, la Costituzione Italiana,
e durante la cerimonia ho voluto leggere
un articolo per me fondamentale nella
mia vita da uomo e da Amministratore,
l’Art. 3 cita testualmente : “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso , di razza, di lingua , di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali. E` compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Trovo giusto,
Questa è la principale proposta contenuta
nell'opuscolo intitolato “Comunità cristiane testimoni e accoglienti. Per una spiritualità delle migrazioni”; tale opuscolo, realizzato dal Vicariato urbano di Udine, sarà distribuito a
fine giugno a tutte le parrocchie della città.
Fra le proposte pratiche vanno segnalate
«quella di inserire nel consiglio pastorale parrocchiale un rappresentante degli immigrati, op-
pure coinvolgerli in momenti celebrativi significativi dell'anno, o favorire l'integrazione
dei bambini negli oratori con animatori formati».
Si ritiene che i temi e le proposte formulate in
quest'opuscolo non potranno lasciare indifferenti la Comunità di Gemona, nella sua
espressione civile (Comune) e religiosa (Parrocchie e Congregazioni).
società >
ricchezza
La
dell’accoglienza
L
Sono una volontaria, non sono legata ad alcuna organizzazione e vorrei raccontare la
storia di alcune persone arrivate da molto
lontano. Mi piacerebbe soprattutto segnalare situazioni, atteggiamenti e scelte
che mi indignano profondamente come
cittadina di un paese democratico e come
cittadina del mondo, condizione comune a
tutti ma che, purtroppo, una campagna
mass- mediale martellante ed infarcita di
molteplici pregiudizi ci ha fatto dimenticare, inducendo paura delle diversità, chiusura
e, a volte, atteggiamenti razzisti sia espliciti che “striscianti”, poco visibili, “mascherati” da buon senso” e sostenuti da argomentazioni facilmente criticabili e “smontabili”, perché non basate su fatti reali, ma
su informazioni parziali e distorte. Abito in
un piccolo paese, Resiutta e, dal maggio
2011, ho avuto la fortuna di incontrare
delle persone che mi hanno insegnato
davvero molto e con cui è nato un rapporto di fiducia ed amicizia profonda. Dapprima è arrivato un gruppo di una ventina di
persone: ragazzi e ragazze, donne e uomini, profughi dalla Libia, dopo il “cosiddetto “tsunami arabo”, sistemati dalla Protezione Civile in uno degli alberghi del paese; questo primo gruppo era costituito
per la maggior parte da somali e da alcuni
ivoriani. In seguito, nel 2012 e nel giugno
del 2014 sono arrivati altri ragazzi provenienti da diversi paesi dell’Africa, da cui hanno dovuto scappare, quasi tutti, a causa della guerra, lasciandosi alle spalle dolori e perdite terribili; altri, in numero minore, a
causa della fame e della mancanza di prospettive di sopravvivenza per loro e per le
loro famiglie. Pur essendo giovani hanno dovuto affrontare prove molto difficili ed hanno vissuto sofferenze atroci. Hanno attraversato diversi paesi derubati, spesso
dalle stesse polizie ed eserciti, del poco che
portavano con sé. La loro meta era la Libia
e per arrivarci hanno dovuto attraversare il
deserto, su camionette sovraccariche. In
molti sono morti in incidenti o per gli stenti. Quasi tutti quelli che sono arrivati in Libia dove cercavano un lavoro, prima del
Festa fatta nel 2011 poco dopo l’arrivo dei
migranti a Resiutta, è il 1° luglio, giorno
della festa dell’indipendenza della Somalia.
2011, sono stati imprigionati ed hanno vissuto periodi, anche lunghi, nelle disumane
carceri di Gheddafi, ammassati in spazi ridottissimi: donne, bambini, uomini in condizioni igieniche precarie e malnutriti. Sono
stati imprigionati solamente per “il delitto”
di non essere in possesso dei documenti.
Chi è riuscito ad uscire vivo dal carcere ha
poi trovato condizioni di lavoro molto dure,
considerati anche i maltrattamenti dei libici
verso gli “africani”, situazione ulteriormente aggravata in seguito all’accordo
sulle espulsioni tra Italia e Libia. Quando è
scoppiata la guerra civile, in seguito alla
“primavera araba”, sono stati “imbarcati”
dall’esercito di Gheddafi e hanno dovuto affrontare il terribile viaggio nel Mediterraneo.
Attualmente le condizioni in Libia sono
ancora peggiorate. Quando sono arrivati nel
mio paese, dopo aver raccolto generi di prima necessità (vestiti, ecc., ed in questo il
paese è stato generoso), abbiamo iniziato ad insegnar loro l’ italiano. Abbiamo cominciato piano, piano e, nel tempo passato con loro, abbiamo cominciato a conoscere “spezzoni” delle loro storie di vita.
Quello che dall’inizio mi ha indignato è stato l’atteggiamento di chiusura più o meno
esplicita e decisamente insensibile che ho
sentito intorno alla loro presenza soprattutto, e credo che questo non sia in alcun
modo giustificabile, di alcuni operatori
che li hanno presi in carico; fortunatamente solo pochi casi isolati, ma non per
questo meno gravi. Ritengo che in un paese democratico (ma forse, in questo caso,
non serve neanche scomodare la “democrazia”e può bastare l’aggettivo “umano”)
chi si prende cura di persone che hanno subito ferite profonde e traumatiche, dovrebbe , oltre ad essere preparato e competente, avere un atteggiamento di rispetto e di riconoscimento dell’altro, degli
altri come persone degne e non come
“scarti umani” (v Z. Bauman) Questo dovrebbe far riflettere quegli amministratori
che, di fronte ad una richiesta di “accoglienza”, si trincerano dietro scuse come
l’assenza di strutture in cui ospitarli ( ma-
gari senza aver realmente verificato tutte le
possibilità), o cercando in ogni modo di evitare gli incontri ed i contatti tra gli “ospiti”
africani e gli abitanti, favorendo “separatezza” più che inclusione ed evitando le occasioni che potrebbero creare scambio e positiva contaminazione. Purtroppo la memoria storica è diventata evidentemente
molto labile, perché, non troppi anni fa, da
questi paesi la gente era costretta dalla miseria ad emigrare per vivere ed in molti ricordano l’amarezza ed il dolore dell’esser
lontani dalla propria terra in condizioni dure,
trattati male, denigrati e variamente “denominati” in modo dispregiativo.
Peccato, perché la loro temporanea presenza potrebbe essere una formidabile
occasione di conoscenza di terre lontane e
costituire una possibilità notevole di arricchimento umano.
La nostra esperienza ci porta ad affermare
che è così: un ragazzo somalo ed uno maliano sono stati invitati da un’insegnante di
lettere della Secondaria di 1° in due classi
3^ a fare una lezione di geografia sul loro
paese ed a raccontare la loro storia; sono
stati, per gli studenti, momenti particolarmente significativi e coinvolgenti perchè
questi ragazzi, questi uomini e donne con
la sfortuna di essere nati nella parte “sbagliata” del mondo sono una testimonianza
profonda di vita: sono riusciti a non impazzire, pur vivendo situazioni estreme e
dolorosissime, dimostrando una notevole
capacità di “resilienza”. Hanno molto da insegnarci e credo che abbiamo molto da imparare…Troppo spesso il nostro senso di
umanità è “appannato”. Eppure la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, datata 10 dicembre 1948, recita come prima
frase del Preambolo:
“Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia
umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà,
della giustizia e della pace nel mondo;..”
Dovremmo più spesso ricordarcene.
Antonella Bruzzo
11
>
a Dichiarazione Universale dei diritti
dell’uomo, datata 10 dicembre 1948, recita come prima frase del Preambolo:
“Considerato che il riconoscimento della
dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed
inalienabili, costituisce il fondamento
della libertà, della giustizia e della pace
nel mondo...”
Gianluca Solera
(1966, Riva del Garda) è
autore del libro Riscatto
Mediterraneo. Voci e luoghi
di dignità e resistenza (2013)
una sua intervista è apparsa
in P&M Marzo 2015.
Blog: gianlucasolera.it
Je suis Bardo
I commenti di Gianluca Solera dopo
l’attentato al Museo del Bardo di Tunisi
avvenuto il 18 marzo scorso
a cura di
Élia Beacco
società >
L
a Tunisia, unico paese ad essere uscito in piedi dall’ondata di rivolte popolari
che ha scosso alcuni paesi arabi a partire dal 2010, rappresenta un’eccezione. Eccezione intollerabile per chi vuole instaurare un regime di terrore facendo
saltare tutti gli equilibri e generare caos
e disperazione. Al momento dell’attacco,
nel Parlamento - che si trova accanto al
museo - si stava discutendo una legge contro il terrorismo.
Perché questo colpo al “grembo” della primavera araba?
L’attacco è stato un atto politico pianificato. Inizialmente attribuito all’ISIS, è
stato condotto molto probabilmente da
Ukba ibn Nafaa gruppo del “ramo tunisino” di Al Qaeda nel Maghreb islamico. Gli
uomini armati erano diretti al Parlamento dove si stava discutendo la riforma della Legge sul Terrorismo nell’intento di
riequilibrarne alcuni effetti (abusi antidemocratici praticati in nome della guerra al terrorismo). Quando gli uomini armati
si sono resi conto di non poter entrare nel
Parlamento si sono nascosti nel Museo
dopo aver sparato contro i passeggeri del
bus turistico. Pertanto l’operazione era stata inizialmente rivolta contro il Parlamento, espressione della democrazia. E
non contro gli infedeli, i non-musulmani tema tanto caro alla propaganda ISIS.
>
12
Quali sono le azioni più efficaci che la società civile e i Paesi occidentali dovrebbero
intraprendere per legittimare le aspirazioni
dei giovani arabi e proteggere le forze democratiche in queste aree?
Bisogna promuovere la giustizia “di transizione” nei paesi della Primavera araba.
L’unica nazione in cui tale processo è stato attivato è la Tunisia, con l’istanza «Vérité et Dignité»; ma questo processo è minacciato dall’intenzione di sostituirlo con
«Riconciliazione Nazionale» che sembra
più un’amnistia generalizzata, senza identificazione delle responsabilità personali. In Egitto o in Libia non è stato possibile nemmeno questo e solo pochi hanno
pagato per gli omicidi di massa commessi durante le rivoluzioni o per la depredazione sistematica del tesoro pubblico.
Bisogna promuovere politiche di redistribuzione sociale ed investimenti in
aree periferiche e poco sviluppate piuttosto che intraprendere grandi opere
pubbliche. Lo scorso autunno in Egitto
sono rimasto scioccato dai manifesti
esposti lungo i viali principali (sponsorizzati da esponenti politici locali e uomini
d’affari) che affermavano: «Il sogno degli
egiziani? Il nuovo canale di Suez! ». Non
la salute, non l’occupazione, non maggiore
istruzione ma il Canale di Suez! E gli egiziani sono stati invitati a prestare allo Stato i propri risparmi per questo!
È necessario rilanciare il dialogo con i
gruppi islamici non jihadisti, sfidandoli nell’arena democratica e mantenendo centrale nel dialogo l’obiettivo dell’unità nazionale, al di là di tutte le appartenenze
ideologiche. Credere che le forze laiche siano gli unici portatori dei valori universali
in quei paesi significa minare la legittima
possibilità di presenza di una forza politica di ispirazione religiosa nel contesto democratico.
Bisogna chiedere la moratoria del debito
per colmare con risorse pubbliche il divario
sociale ed economico che sta disintegrando quelle società; rivedere le politiche di austerità imposte dai creditori internazionali per facilitare il rimborso del
debito estero; migliorare la sicurezza
senza danneggiare le libertà fondamentali
dei cittadini (poter esprimere il dissenso
e la critica alle politiche governative).
Il 18 Marzo 2015 è stato certamente un
brutto giorno per la Tunisia. Ma concentrarsi solo sulle misure di sicurezza contro il terrorismo islamico e su risposte di
tipo militare significa rimanere prigionieri di un “cerchio maledetto”.
È la mancanza di politiche proattive per la
democrazia e la giustizia sociale sulle
sponde del Mediterraneo che non aiuta a
sradicare la rabbia dai giovani né a distoglierli dalla forza seduttiva delle organizzazioni terroristiche.
di Sandro Cargnelutti
parte 2^
società>
Le
memorie
di Dante Petuelli
1917 Militari austriaci scendono
lungo il Canal del Ferro con bovini
requisiti alla popolazione locale.
(fonte archivio R.G./O.N.B.)
Da Caporetto al Piave
Riprendiamo il racconto tratto
dalle Memorie di Dante Petuelli,
iniziato nel precedente numero di
Pense e Maravee. Lo abbiamo lasciato sulle Alpi Giulie, alpino
della compagnia denominata “Dei
briganti”, anno 1916. Accompagniamo il suo racconto fino alla
fine della prima quella mondiale.
In corsivo sono riportati i riassunti
che lo scrivano ha sintetizzato, per
ragioni di spazio.
Gennaio 1917. Abbiamo preso posizione in prima linea, a quota 1840 sul
Monte Cregnedul (gruppo dello Iôf
Fuart). In quella circostanza ha assunto il comando della Sezione il Tenente
Conte Cesco di Prampero Ufficiale valoroso e di nobilissimo cuore, che in
poco tempo abbiamo avuto modo di apprezzare le sue alte vesti. Il resto dell’inverno e dell’estate trascorse, senza
gravi incidenti, salvo qualche attacco dimostrativo. Si lavorava continuamente
e avevamo trasformato la posizione in
una inespugnabile fortezza.
Qualcosa di importante però stava per
accadere.
24 ottobre 1917, Caporetto. Gli austriaci in accordo con la Germania decisero di raccogliere tutte le loro scorte e quelle reperite sul territorio invaso e lanciare una formidabile offensiva: il 24 ottobre 1917 nella zona di Caporetto, le nostre truppe dopo una tenace resistenza, sotto le velenose granate a gas asfissiante furono costrette
a ripiegare dopo accaniti combattimenti, sul fiume Piave.
27 ottobre 1917. La sera ci fu ordinato
di abbandonare la posizione sulle Alpi
Giulie e marciare in ritirata. Immenso fu
il dispiacere nel dover abbandonare le
nostre fortificazioni, costruite con tanti sacrifici. Ci siamo caricati armi e munizioni e abbiamo iniziato la marcia, co-
La prima parte
dell’articolo si può
leggere sul sito
www.pensemaravee.it
nella Sezione
Memoria/Racconti
steggiando le vette delle montagne, fra
le tenebre e sotto una pioggia torrenziale. Discesi a Chiusaforte e passato
il Ponte del Tagliamento, ci siamo
schierati su quelle sponde, nei pressi
di Villa di Verzegnis. Durante la marcia
durata quasi due giorni, abbiamo visto
una moltitudine di popolo composto la
maggior parte di vecchi e bambini,
che avevano abbandonato i loro villaggi
e le loro case, per sfuggire al nemico,
e stanchi, inzuppati e affamati, seguivano il nostro esercito per cercare
ospitalità entro la nuova frontiera della Patria.
5 Novembre 1917. La sera ci fu ordinato
di ritirarci fino al Piave attraverso la val
d’Arzino. Ci seguivano altre forze armate
di diversi corpi, che provenivano da diverse zone del fronte Carnico. Durante
quella torride giornate, ero preoccupato
per la sorte della mia famiglia.
Durante gli spostamenti incapparono
in truppe nemiche a Pielungo, tentarono di sfondare, ma dopo una notte di
combattimenti e dopo aver esaurito
munizioni e viveri si arresero. Raggruppati e sotto scorta raggiunsero a
piedi Gemona.
“Arrivati a Gemona, nei pressi della stazione ferroviaria incontrai con grande
piacere mio fratello Paolo, che stava osservando se in quell’ interminabile corteo di prigionieri ci fossi anche io. Ci siamo abbracciati e con gioia ho appreso
che tanto la mamma, che gli altri fratelli
si trovavano a casa.
La prima fuga. Mi consigliò di fuggire a
casa come avevano fatto anche altri.
Desideravo vedere e salutare la mamma, ho ascoltato quel consiglio e al momento opportuno, mi sono allontanato inosservato.
Arrivato a casa, ci siamo abbracciati affettuosamente contenti di ritrovarci
tutti salvi in quelle disgraziate giornate. Mi sono subito sfamato e in meno
di due ore mi sono coricato e non mi
sono svegliato 18 ore dopo. Ho trascorso tre giorni a casa nell’incertezza
della situazione in cui mi trovavo.
Al quarto giorno mi fu riferito che il
comando Austriaco aveva pubblicato
una ordinanza di presentarsi entro
ventiquattro ore, pena severe sanzioni.
Consapevole del trattamento che usavano verso i prigionieri, decisi di presentarmi, anche per sottrarmi a barbare vendette…
Il giorno dopo mi sono portato sotto la
21
>
loggia del Municipio che era il punto indicato di raccolta.
Ci siamo trovati una ventina fra i quali diversi miei amici, in maggioranza alpini.
Alla volta di Lubiana. Accerchiati dalle
sentinelle, dopo circa un’ora ci fecero
partire a piedi per Udine.
I miei famigliari, Informati della partenza, mi portarono una scorta di viveri
in modo che non cominciassi il giorno
stesso a soffrire la fame.
All’imbrunire siamo arrivati a Udine, al
Teatro Cecchini, in un casermaggio indecente. Il mattino successivo, si raggiunse Gorizia, e dopo passata un’altra
notte in una caserma, arrivammo a
San Daniele del Carso. Durante quei tre
giorni, solo a Gorizia abbiamo ricevuto una piccola razione di pane e un cazzuolo di acqua di radici.
Non mi sfugge la scena che si svolse a
S. Daniele del Carso, abbandonati entro un recinto di campagna, con un freddo e un vento indiavolato. Per resistere al freddo fummo costretti a fare
fuoco, con cartone catramato trovato
sul posto, e col grasso di questo fumo
eravamo trasformati nell’aspetto in
veri marocchini e in mancanza di acqua
calda e sapone, abbiamo conservato
quella fisionomia per diverso tempo.
15 Novembre 1917. Ci fecero proseguire
con la tradotta fino a Lubiana. Ci portarono sul castello, che funzionava come
centro di raccolta di prigionieri. Abbiamo
trovato li, un piccolo esercito di affamati.
I prigionieri vennero poi trasferiti in Un-
gheria a lavorare nei campi, sostituendo gli uomini ungheresi che erano
partiti per la guerra (che cortocircuito!).
Ma il nome di Dante non era nell’elenco. Lui e altri alpini furono accompagnati a Udine per un “servizio speciale”. Vennero poi trasferiti, con la tradotta e camion, a Pasiano di Pordenone
sede del comando militare. In testa un
solo pensiero: fuggire alla prima occasione. Vennero trattati come prigionieri “speciali” per una settimana.
24 novembre 1917. Al 9° giorno fummo
chiamati in tre al comando. Un burbero Colonnello ci chiese, se eravamo disposti a fare un corso di istruzione per
svolgere un delicato incarico: recarsi
dentro le linee italiane per raccogliere
informazioni, a fronte di una generosa ricompensa. In caso di un nostro
mancato ritorno, avrebbero considerato
responsabili le nostre famiglie.
Fu un istante di sdegnosa riflessione.
Un solo sguardo ci bastò per rifiutare
decisamente. Sentita la risposta, il colonnello ci gettò fuori dalla porta, con
esclamazioni di offesa e di minaccia. Ordinò l’immediato trasferimento a Udine sotto buona scorta e poi a Lubiana.
In meno di un’ora ci fecero partire con
la scorta di due poliziotti a cavallo che
con la frusta ci obbligavano a seguirli
di corsa. Per diversi chilometri abbiamo
resistito, fintanto che sfiatati e stanchi,
neanche la frusta riusciva a farci proseguire a quella velocità.
Fu una serata terribile che non potrò più
dimenticare. Arrivammo a Codroipo
esausti dalla stanchezza, tanto che si
convinsero anche loro che non c’era più
modo di farci proseguire. Erano le dieci di sera, quando si sono decisi di consegnarci a quel comando.
Ci cacciarono a passare la notte nelle
carceri (locali in una cella buia e fetente,
dove ci siamo abbandonati a terra
semi svenuti). All’alba svegliandoci,
ci siamo trovati in uno stato pietoso, tutti impastati di sudiciume, in una cella
usata come latrina.
Fortuna volle che un loro commilitone
fosse del luogo. Riuscirono così a procurarsi divise, cibo e vino per loro e diversi fiaschi di vino per i carcerieri che
in questo modo acconsentirono all’operazione.
Ripartimmo con un gruppo di prigionieri
Russi stremati dai patimenti, tanto è
vero durante il percorso cascavano
svenuti dalla debolezza. Quelli che erano più in forza, compresi noi, reggevano quelli che non potevano camminare…
Si arrivò a tarda sera a Udine e passammo la notte nuovamente al Teatro
Cecchini. La mattina ci portarono alla
stazione per raggiungere in tradotta Lubiana, via Pontebba. Prima di salire sul
convoglio, il mio amico decise di tentare
la fuga, mi salutò e sparì inosservato. Lo
vidi comparire poco dopo, scortato da
due poliziotti con la frusta.
Concordarono un’altro tentativo di
fuga non appena il treno avesse rallentato. Le guardie si accorsero che il
1917 Militari a Caporetto. (fonte "La voce del Gattopardo")
Aprile 1918 veduta di Gemona dalla Stazione.
In basso a sinistra si intravedono dei militari austriaci.
>
22
pane, necessario per la fuga era stato
trafugato e iniziarono a “menar colpi di
bastone all’impazzata a tutti”. Giunti a
Gemona alle 8 di sera, al momento propizio, Dante si dette alla fuga.
La seconda fuga. Camminavo nella più
profonda oscurità, tanto che dimenticavo pure che in quei paraggi passava
il canale della Roggia, e vi piombai dentro all’insaputa. Uscito grondante, ripresi la marcia di corsa e in pochi minuti arrivai a casa, portando alla mamma una gradita sorpresa. Nel vedermi
in quello stato, si abbandonò in sospiri di compassione. In quella notte non
mi fu possibile prendere sonno, pensando al pericolo trascorso e a quale
sorte sarebbe toccata all’altro mio
amico. Mi resi conto che era la notte fra
il 19 e il 20 Dicembre, a soli 29 giorni
dall’ultima partenza. Ho ripercorso tutte le avventure trascorse durante quel
breve periodo. Quel mio arrivo fu tenuto
segreto, tanto che trascorsi diverse
settimane rinchiuso in camera all’insaputa di tutti. Con l’avanzarsi del
tempo, sempre più frequenti si facevano le visite dei poliziotti per requisire tutto ciò che trovavano; controllavano
qualunque vano, perfino le fogne nere,
per cercare se fossero nascosti viveri,
biancheria e rame chè a loro tutto serviva. Il pericolo di essere sorpreso e catturato, si faceva sempre più serio, fintanto che verso i primi di marzo, fui costretto a ritirarmi in montagna e calarmi appena a tarda sera a passare la notte. Con quella prudenza sono riuscito
a portarmi ai primi di giugno. Un giorno, mi hanno informato che il comando distrettuale aveva deliberato la concessione di un permesso agricolo a favore di tutti i prigionieri Gemonesi
evasi, e che fu affidato l’incarico di fare
la lista e raccoglierli al Sacerdote Gemonese Monsignor Dilena. In buona
fede, mi sono portato da lui a costituirmi e mi dichiarò libero. In circostanza di quello, trovai occupazione a
lavorare la terra per le famiglie di contadini che mi compensavano con vitto
e qualche sacco di patate per la famiglia. Dopo tre settimane di liberà fummo invitati tutti a presentarsi al comando per un controllo.
La terza fuga. Sospettando un tranello,
ho rifiutato di presentarmi. Quelli che si
sono presentati sono stati trattenuti e
fatti partire per i campi di concentramento. Dopo questo rifiuto è iniziato per
me un vero calvario e più ancora per mia
madre. Tutti i giorni e così pure anche
la notte venivano a cercarmi e non potendo mai sorprendermi minacciavano
la mamma, per sapere dove mi trovavo
e lei insisteva dicendo che non lo sapeva. Mi ero ritirato nuovamente in
montagna e la notte dormivo in qualche fienile. Con tutto ciò, mi sono incontrato lo stesso due volte con i poliziotti che, non essendomi fermato alla
loro intimazione, mi presero a fucilate.
Fortunatamente senza colpirmi. Si era
arrivati in autunno, lottando con la più
nera miseria. I raccolti li requisivano ancora nei campi. Si invocava l’aiuto di Dio,
perché venisse scongiurata la sentenza che aveva pronunciato il famigerato
Colonnello Crevato, comandante del
distretto di Gemona che voleva vederci tutti morti di fame. Mi cibavo con qualche ciotola di zuppa di verdura e qualche patata portata nel luogo indicato dal
mio fratello minore. Si andava avanti di
giorno in giorno come i condannati a
morte che attendono la grazia Sovrana.
Ottobre 1918, il Piave. Cominciammo a
scorgere una nuova intensità di movimento e pochi giorni dopo iniziammo
a riudire l’eco di una nuova grande battaglia, accompagnato a un grande
sconvolgimento militare. L’ora della
riscossa era suonata. Le nostre valorose
armate avevano iniziato sul Fronte del
Piave una formidabile offensiva, e, con
aspri combattimenti, riuscirono a sfondare il fronte, disperdendo quell’esercito Austro Ungarico, che era uno fra i
più potenti del mondo. In pochi giorni
l’esercito liberatore aveva riacquistato
le terre che un anno prima aveva abbandonato e tutto il territorio che ci apparteneva per il compimento dell’Unità della Patria. E’ impossibile poter
descrivere con quale vibrante entusiasmo abbiamo accolto l’arrivo delle
nostre prime truppe a Gemona e il
riapparso Tricolore della Patria Vittoriosa. Il giorno 4 Novembre 1918 fu firmato il Trattato di Armistizio, che consacrava la nostra Vittoria. In quel trattato fu imposta la consegna immediata di tutti i prigionieri di Guerra Italiani.
Successivamente Dante si recò al Centro di Raccolta di Mirandola. Durante la
permanenza si ammalò di influenza
bronco polmonare che non guarì del
tutto. Al termine dei quaranta giorni riprese servizio al Battaglione Gemona.
Il 1^ maggio 1919 gli fu consegnata la
licenza illimitata. A causa di quella
malattia mai guarita passò molto tempo in ospedale lontano dai suoi cari.
Morì nel 1945, in primavera.
23
>
Cartolina di Gemona con soldati austro germanici, spedita il 19 febbraio 1918. (archivio Lodovico Copetti)
Dedichiamo questa storia ai giovani caduti su tutti i fronti della Prima guerra
mondiale e agli alpini uccisi da fuoco
amico. Un grazie a Noemi Petuelli, figlia
di Dante, per averci “prestato” i Diari.
cultura>
a cura della redazione
Abbiamo chiesto ad
Aluisi Tosolini, coordinatore
nazionale delle Scuole per la
Pace e a Federico Pirone,
coordinatore regionale degli
Enti Locali per la Pace
e i Dititti Umani, un bilancio
dell’esperienza in Friuli
Venezia Giulia.
dalla Grande Guerra alla Grande Pace
I
l 17 e 18 aprile 2015 le scuole italiane
si sono incontrate nelle trincee della
prima guerra mondiale e hanno trasformato i luoghi di quella immane tragedia in un grande laboratorio di pace.
Oltre 3500 studenti provenienti da 90
scuole, 68 città, 15 regioni, e oltre 200
istituzioni e associazioni si sono incontrati a Udine nella mattinata di venerdì che è stata un susseguirsi di laboratori in Municipio, al Centro
culturale delle Grazie, all’istituto Zanon, al Percoto, al Malignani, allo Stellini e al Paolino D’Aquileia, oltre che al
Palamostre. Fino alle 15, quando da
piazza XXVI Luglio è partita la Marcia
per la Pace e le migliaia di giovani
hanno attraversato il centro della città
>
24
per continuare la manifestazione in
Castello.
Sabato, sfidando la pioggia, il freddo e
il vento hanno dato vita a una straordinaria iniziativa di pace nelle trincee
della prima guerra mondiale del Carso,
i luoghi delle battaglie più lunghe e
orribili del primo grande massacro del
‘900. Muniti di bandiere della pace e
dei diritti umani, dell’Europa e dell’Onu si sono infilati nelle trincee infangate del monte Sabotino e del San
Michele, del Kolovrat e del Brestovec,
sono andati da Monfalcone ai cimiteri
di Redipuglia. Sotto una pioggia battente hanno ascoltato le storie dei giovani trucidati in quei luoghi e hanno invocato la pace per tutti quelli che oggi
sono sotto le bombe; hanno condiviso
una grande pagnotta di pane e hanno
riflettuto, hanno suonato, cantato e urlato con tutto il fiato in gola. A cento
anni dalla Dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, i ragazzi e le ragazze
hanno concluso il loro Meeting nelle
trincee della grande guerra con una Dichiarazione di Pace all’Europa e al
mondo.
Il Meeting di Pace nelle trincee della
Grande Guerra è parte integrante del
Programma nazionale di Educazione
alla Cittadinanza Democratica “Dalla
Grande Guerra alla Grande Pace”
(anno scolastico 2014-2015) disponibile sul sito:
www.lamiascuolaperlapace.it
Aluisi Tosolini
Qual è il bilancio dell’iniziativa e come si svilupperà il progetto?
Dal punto di vista dell’iniziativa del Meeting
delle Scuole di Pace il risultato è stato molto positivo, abbiamo avuto 3.500 studenti provenienti da tutta Italia che si sono incontrati
a Udine.
La città di Udine si è aperta alla partecipazione
e si è prestata alla massima collaborazione;
ha messo a disposizione ad esempio 10 grande sale in cui si sono potuti svolgere i 10 incontri da 400-500 persone ciascuno durante
i quali ogni scuola ha avuto la possibilità di
esprimersi, parlare, cosa impossibile da fare
per 3.500 tutte insieme. Tutte le scuole hanno vissuto questo momento non come un
evento a sé stante ma come un momento conclusivo di un loro percorso. I dieci laboratori
sono stati molto belli e vissuti in modo molto intenso e tutte le scuole hanno potuto portare la loro esperienza e presentare il loro lavoro fatto durante l’anno. Ciò è molto importante perchè è molto forte la richiesta di
protagonismo da parte delle scuole e ha fatto sì che l’ evento fosse costruito grazie all’apporto di tutti i partecipanti.
Il momento della Marcia nella città di Udine,
nonostante il brutto tempo, il concerto e
l’accoglienza in Duomo sono stati momenti
molto importanti e di una grande valenza simbolica; le scuole che abbiamo sentito di diverse parti d’Italia sono state davvero molto
contente.
Una valenza simbolica ancora più grande è stata la presenza nelle trincee, i 6 luoghi nei quali si sono suddivisi i partecipanti e hanno vissuto esperienze diverse; per i ragazzi sono stati momenti di altissima intensità emotiva, nonostante le difficoltà dovute al maltempo.
Dal punto di vista del Coordinamento della
Rete delle Scuole di Pace italiane l’esito è stato assolutamente positivo, l’evento ha avuto
aspetti di partecipazione altissima; il numero dei partecipanti, ad esempio, è stato superiore a quello dell’anno precedente ad Assisi. Forse ci saremmo attesi una maggiore partecipazione da parte delle scuole friulane.
C’è stata una grandissima accoglienza da
parte del Comune di Udine ma anche nei diversi luoghi di attività nelle trincee. Io ho partecipato ad esempio nel sito delle trincee del
Comune di Sagrado, lassù in cima al monte
dove si trova una piccolissima casetta, tutto
il paese ha lavorato e partecipato all’accoglienza di 400 studenti; hanno montato il ten-
done, hanno fatto da mangiare per tutti, è stato un momento veramente stupefacente da
questo punto di vista.
Coloro che hanno lavorano all’organizzazione
forse hanno rilevato diversi aspetti che potevano essere migliorati; ma dal punto di vista degli studenti noi abbiamo raccolto moltissime testimonianze di ragazzi e ragazze
che hanno detto che è stata un esperienza
fortissima sul versante emotivo. L’educazione si costruisce anche attraverso questi
aspetti.
Come proseguirà il Progetto?
Il percorso non è ancora completamente definito e non ricalcherà necessariamente le
stesse azioni e modalità di quest’anno; ad
esempio non credo che il Meeting verrà fatto
il prossimo anno in Friuli Venezia Giulia, forse
si faranno dei meeting più piccoli per preparare il 2017 e 2018.
Dal punto di vista didattico il percorso si sta
costruendo su diverse tappe; una di queste
è la realizzazione dell’atlante delle guerre. Oltre a ciò stiamo lavorando per costruire a livello anche universitario un percorso di Scuola di formazione estiva sulla guerra e la pace.
Come ci si avvicinerà al 2018?
L’insieme di queste cose è in fase di discussione e di costruzione in una serie di incontri che svolgono a Udine con tutti i promotori del progetto e con i quali ci stiamo preparando a partecipare con l’appoggio della Regione Friuli Venezia Giulia.
Infine stiamo già lavorando allo scopo di allargare il progetto ai Paesi confinanti perché
vogliamo arrivare al 2018 con una grande manifestazione di pace europea.
Federico Pirone
Assessore alla Cultura del Comune di Udine e Coordinatore
Regionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani
Qual è il bilancio dell’iniziativa e come si svilupperà il progetto?
“Nell’ambito delle iniziative per il centenario della prima guerra mondiale il Meeting delle
scuole per la pace ha rappresentato un evento unico in Italia perché ha dato voce ai giovani
e non è stato pensato per loro, ma con loro. Sono stati gli stessi studenti, infatti, insieme agli
insegnanti, i veri protagonisti di queste giornate con le loro riflessioni e i loro punto di vista.
La ricorrenza della Grande guerra rischia di amplificare la retorica delle celebrazioni e delle
generalizzazioni, lasciando sullo sfondo il perché sono avvenute tragedie di questa portata
e senza offrire una reale occasione di riflessione sulla nostra contemporaneità, ancora segnata
da pesanti conflitti. Con il Meeting, invece, partendo proprio dalle nuove generazioni e dai
luoghi della Prima Guerra Mondiale, Udine e l’intera nostra regione, hanno ribadito la necessità di mettere in crisi la cultura della guerra e raccontare il valore positivo della pace. Da
questi luoghi può ripartire un bellissimo messaggio di fiducia e di speranza del futuro per tutto
il Paese, nel segno dell’Europa, della pace e della centralità della cultura dei giovani.
Questa regione che un secolo fa, suo malgrado, fu protagonista di quella carneficina che fu
la Prima Guerra Mondiale, sarà il luogo dove promuovere i valori della convivenza e della pace
nati dall’antifascismo. Non aspetteremo che i giovani diventino adulti per dare loro voce e metterli in condizioni di esprimersi; grazie a loro Udine diviene capitale nazionale della pace e
lancia un messaggio indirizzato a tutta l’Europa.
Udine si candida, infatti, a fare del capoluogo friulano la capitale della pace e sede del Meeting europeo dei giovani nel novembre 2018.
Il percorso di avvicinamento al Meeting, iniziato un anno e mezzo fa, verrà proseguito nelle
scuole di tutta Italia e non solo, e sarà preparato insieme alle comunità locali; sarà un’occasione importante per consolidare il rapporto tra gli enti locali e la società civile, promuovendo
politiche della pace e progetti educativi, formativi e partecipativi che coinvolgano i cittadini,
con particolare attenzione al ruolo dell’Europa.
Il percorso di avvicinamento alla pace non è più rinviabile; conoscere e prendere consapevolezza è necessario perchè ciò che oggi ci sembra quasi impossibile non solo è avvenuto,
ma se non ci impegniamo quotidianamente nei confronti della pace, potrebbe anche ripetersi.”
Riflessioni, video, laboratori e ricerche prodotti dalle scuole in ottobre saranno presentati a
Roma nel corso di un incontro già programmato dal Presidente del Senato Pietro Grasso.
Le trincee che i giovani visiteranno nel corso della manifestazione – ha scritto nel suo
messaggio ai giovani il Presidente della Repubblica Mattarella manifestando il suo apprezzamento per l’iniziativa – sono state teatro di disperazione e lutti, oltre che di abnegazione e di eroismo personali. Dobbiamo fare memoria della nostra storia per affrontare con maggiore coscienza il nostro futuro. Sono proprio le vicende del
Novecento, e poi l’interdipendenza nella società globale di oggi, a chiederci di tracciare e di percorrere con impegno le vie della pace».
25
>
Pedagogista, Dirigente scolastico del Liceo
Scientifico e Musicale “A. Bertolucci” di
Parma. Membro della Commissione Interculturali del Ministero della Pubblica Istruzione. Autore di pubblicazioni in ambito pedagogico-didattico, geopolitico, di pubblicazioni multimediali, gestione di percorsi elearning.
Collabora con la rivista “La tecnica della
scuola”, la rivista “CEM mondialità”, Scuola
Italiana Moderna, Scuola e Didattica della
casa editrice La Scuola di Brescia.
cultura>
La storia di Gaetano
È
il 10 ottobre del 1899 e in una cittadina della Sicilia Orientale, Avola, in
provincia di Siracusa, nasce Gaetano.
E’ il quinto di otto fratelli, quattro femmine e quattro maschi. Come tanti ragazzi del Sud, nel 1915, deve abbandonare gli studi perchè viene chiamato
alle armi durante la prima guerra mondiale. Prima di partire per il fronte, a
questi ragazzini, lo Stato Italiano deve
“ insegnare” a combattere; vengono
quindi mandati a Firenze in una caserma sul Lungarno, vicino alla Biblioteca Nazionale. In questo luogo, parte
dei ragazzi provenienti dall’ Italia Meridionale sono addestrati e poi divisi
nei singoli reparti a seconda delle capacità che vengono rilevate e delle attitudini che loro dimostrano. Gaetano è
assegnato al corpo dei bersaglieri.
Nella caserma fra il personale di sartoria lavora un altro ragazzo più giovane di Gaetano, Giuseppe, anche lui
venuto dal Sud come apprendista
sarto, il suo talento è così grande che
il suo padrone lo ha portato con sè in
Toscana per dare una mano alla realizzazione delle divise da mandare al
fronte con i soldati.
Giuseppe è nato il 10 luglio del 1902
a Catania; è andato via di casa perché
non ha accettato il secondo matrimonio
di suo padre dopo la morte della mamma. Ha cercato un lavoro ed è diventato un bravissimo apprendista sarto.
Fra Gaetano e Giuseppe nasce una forte amicizia tanto che Gaetano prima di
partire per il fronte fa una promessa all’amico. Se alla fine della guerra si fossero ritrovati sani e salvi Gaetano avrebbe presentato una delle sorelle a Giuseppe e sicuramente, a lui, una di loro sarebbe piaciuta e l’avrebbe sposata.
Gaetano parte per il fronte nel 1917;
dopo la disfatta di Caporetto viene inviato sul fronte del Piave, dove per il
suo coraggio viene nominato caporale.
Al termine della guerra riprende gli
studi e nel 1920 ottiene l’abilitazione e
l’assegnazione del posto d’insegnamento a Lauco in Carnia. Qui conosce
una collega gemonese e la sposa. Nel
1928 viene trasferito a Turriaco, in provincia di Gorizia, dove la sua vita si svi-
>
26
Ad uno dei laboratori del Meeting
della Pace dedicati alle scuole primarie, i bambini di Gemona hanno
raccolto il testimone passatogli da
una classe quinta di Turriaco:
una storia bellissima
da raccontare ai gemonesi
I ragazzi della 4A di Ospedaletto
luppò in diversi ambiti fino a divenire primo sindaco del secondo dopoguerra.
Non dimentica però la promessa fatta a Giuseppe e quando ritorna in Sicilia lo cerca finché finalmente lo trova.
Giuseppe, finito il suo lavoro di sartoria legata alla grande guerra, è ritornato
a Catania e con le sue capacità ha
aperto un laboratorio di taglio e cucito
di lusso nella centrale via Etnea .
Fra le quattro sorelle Giuseppe s’innamora e sposa Grazia che porta con sè
a Catania. Da lei avrà due figli Corrado
e Celestino. Ma la fortuna non accompagna il giovane siciliano che morirà all’età di 30 anni. La giovane vedova non
può crescere i due bambini e Gaetano
che ormai vive a Turriaco con sua moglie e la figlia Annamaria, prende con sè
il primogenito di Giuseppe e lo cresce
come figlio suo in Friuli Venezia Giulia.
La numerose esperienze di vita e le
immagini della guerra vissuta portano
Trench Art
Per “Trench Art” s’intende una serie di
lavori manuali realizzati dai soldati al
fronte della prima guerra mondiale. Si
tratta di bossoli di cannone provenienti dal fronte italiano, da quello austriaco e da quello francese: i soldati hanno
trasformato quel che restava degli ordigni in vasi, tazze, scaldini, cimeli, in cui
venivano incisi vari motivi floreali, o venivano trasformati in piccoli manufatti di
bigiotteria.
Questo soldato ha preso il
proiettile di un
cannone svuotato, del peso
di 17 libbre, circa 8 kili e con
l’aiuto della
baionetta da-
Gaetano a convincersi che solo valori
come la tolleranza, la solidarietà e la
pace possano aiutare gli uomini; così
nell’aprile del 1949 partecipa come relatore e testimone di questi valori al congresso mondiale per la pace di Parigi.
Questo semplice ragazzo siciliano del
‘99 ha fatto della sua vita una testimonianza di pace e il comune di Turriaco
è sempre stato riconoscente a lui ed ai
suoi insegnamenti tanto che alla sua
morte, il 9 maggio del 1953, volle
mettere una manciata di terra dentro la
sua bara. Così il paese per cui egli
fece tanto lo accompagna nel suo posto nel cimitero di Gemona dove la
moglie volle fosse seppellito.
Gaetano Bellomia ragazzo del ’99
proveniente dal Sud Italia per combattere sul fronte Del Piave durante la
prima guerra mondiale è stato il primo
sindaco di Turriaco, una cittadina del
Nord Est.
tagli in dotazione
dall’Esercito Italiano ha inciso dei
fiori e delle foglie,
realizzando così
un vaso da fiori
(portato a casa
alla fine della
guerra, e gelosamente custodito
dalla sua famiglia). Capovolgendo il vaso si
possono notare stampate nel fondo il
peso del proiettile i fori di spinta per
svuotare la bomba dell’esplosivo e del
detonatore; le prove d’incisione della
punta della baionetta, la data di costruzione del proiettile, fuso nel settembre del 1913 e lo stemma Sabaudo
che ne attesta l’origine italiana.
Sezione AFDS di Gemona
Un po’ di storia
e alcune novità
di Marta Musina
Rappresentante dei donatori di Gemona del Friuli
Con il rinnovo del Consiglio Direttivo
della Sezione AFDS di Gemona è nata
l’esigenza, alla luce dei recenti
cambiamenti in ambito sanitario che
la nostra Regione sta affrontando,
di illustrare la storia e le attività della
nostra Sezione.
I PRIMI PASSI
Dopo la Seconda Guerra Mondiale alcuni altruisti gemonesi crearono il primo nucleo di
donatori volontari pronti a collaborare con
l’Ospedale San Michele in caso di richiesta
di sangue per le emergenze. Era il 1948 e allora la trasfusione veniva effettuata in modo
diretto tra donatore e ricevente; solo nel 1950
venne introdotta la donazione indiretta che
garantiva una maggiore sicurezza.
Con l’aumentare delle iscrizioni i Donatori
gemonesi aderirono all’AVIS (Associazione
Italiana Volontari Sangue) e il 28 ottobre
1958 l’ autonomia decisionale e operativa
del gruppo portò alla costituzione dell’AFDS (Associazione Friulana Donatori
Sangue) alla quale aderirono anche gran
parte delle sezioni della provincia di Udine.
Nel 1959 la Sezione AFDS di Gemona del
Friuli inizia ufficialmente la sua attività.
In questo periodo viene fondata anche la
FIDAS, la Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue. Gli anni successivi
videro una lenta ma consistente crescita del
Lo stesso soldato ha realizzato un
bracciale, con una fascetta che legava
la sua baionetta al fucile. Ha tagliato
il metallo dandogli una forma di una
fibbia e con un chiodo ha creato una
piccola cornice, incidendo infine in
stampatello maiuscolo la frase “ RICORDO DEL CARSO”. Per dare una
maggiore stabilità nella chiusura del
bracciale ha storto un piccolo chiodo
come un ribattino dandole una forma
a “ELLE” rovesciata e modellato un piccolo passante in rame.
numero degli iscritti, distribuiti in tutte le
fasce d’età ed in tutte le frazioni del Comune
soprattutto nella zona di Campolessi.
ANNI ‘70
Negli anni ’70 si concretizza il programma
di potenziamento e riorganizzazione del nostro ospedale con la creazione di nuovi reparti: Ostetricia e Ginecologia, Pediatria e
Traumatologia. Aumenta l’utenza e, di conseguenza, la domanda di sangue, plasma
ed emoderivati.
In questo periodo la nostra Sezione inizia
un’opera di sensibilizzazione rivolta agli studenti delle scuole superiori gemonesi. Nel
1975 Gemona ospita il XVII Congresso Provinciale nei locali della scuola di Via Dante.
Il terremoto del 6 maggio 1976 mette a
dura prova la sopravvivenza dei donatori
gemonesi che però non si arrendono e, consci del momento, della necessità di rimanere
uniti e soprattutto consapevoli dell’importanza del dono, contribuirono in modo
decisivo a salvare molte vite.
L’ ospedale viene irrimediabilmente danneggiato dal sisma, così come la sede della Sezione ma le attività continuano in altri
luoghi…in tenda o in baracca. Ad inizio luglio 1981 venne istituito il Centro Raccolta
Sangue presso le sedi provvisorie dell’Ospedale San Michele.
ANNI ‘80
Per la nostra Gemona si avvia il complesso
e straordinario processo di ricostruzione. I
lavori per la ricostruzione dell’Ospedale terminano nel 1985 e, nel 1987, la nuova assemblea poté tenersi presso l’aula magna
del rinnovato nosocomio in cui la Sezione
aveva la sua nuova sede. Proprio per valorizzare l’opera di rinascita e ricostruzione
di Gemona la nostra cittadina ospita il XXIX
Congresso Provinciale del 1986.
ANNI ’90 e NUOVO MILLENNIO
Il numero dei donatori è sempre in crescita: nel 1999 la Sezione conta ben 800 soci
di cui 670 donatori attivi con un totale di
700 donazioni.
Gli anni ‘90 hanno portato molti cambiamenti nell’ambito delle trasfusioni con la
possibilità di prelievo non solo per il sangue
ma anche per il plasma e la plasmaféresi.
Nel 2009 la nostra Sezione spegne le can-
deline dei cinquanta anni di attività. Nello
stesso periodo nasce il gruppo Collinare
Nord che riunisce, nel segno dell’amicizia e
del mutuo sostegno, le sezioni di ArtegnaMontenars, Buja, Gemona del Friuli, Forgaria, Majano, Osoppo, Ragogna, San Daniele, Susans, Treppo Grande e Val del Lago.
L’anno scorso la nostra Sezione ha festeggiatoi suoi cinquantacinque anni di vita associativa ritrovandosi ad operare in una realtà culturale e sociale molto diversa da
quella degli anni precedenti.
Durante l’ultima Assemblea il Presidente Renato Copetti ha illustrato l’andamento delle donazioni per l’anno 2014. Abbiamo
portato a termine un’importante opera di
sensibilizzazione nelle scuole gemonesi
(ISIS D’Aronco, ISIS Magrini-Marchetti) organizzando anche la donazione in autoplasmoteca per gli studenti. A dicembre
2014 si contavano 841 iscritti di cui 500 attivi per un totale di 627 donazioni, i nuovi
donatori sono stati 46.
Ma, al dilà dei numeri, ciò che ci impone una
riflessione è il fatto che l’80% dei donatori
gemonesi non usufruisca del Centro Trasfusionale del nostro Ospedale, recandosi
altrove per la donazione.
Ci rattrista vedere che la popolazione gemonese, considerando lo stato dei fatti, non
concretizzi la volontà di sostenere l’operatività del Centro Trasfusionale. La sua attività, infatti, è possibile solo se giustificata
da un numero di donazioni sufficientemente consistente.
Quale futuro quindi per il Centro Trasfusionale dell’Ospedale San Michele?
Per ora resterà aperto ogni sabato dalle h.
8:00 alle h. 10:30 ma a livello di direzione
sanitaria, visti i numeri, si è già paventata
l’idea di istituire le donazioni su chiamata.
Riteniamo questa opzione una sconfitta non
solo per noi donatori ma per l’intero complesso del gemonese, oltre che per il nostro
Ospedale.
Le giustificazioni da noi ipotizzate riguardano i ritardi nella consegna domiciliare dei
referti, le lunghe attese per la donazione,
il personale carente in numeri.
Come risposta a questo possiamo dire
che non è compito della nostra Sezione fare
politica e prendere decisioni a livello sanitario o aziendale.
Quello che possiamo dire è che, come Sezione, ci siamo battuti e ci batteremo sempre per la vittoria dell’altruismo e del dare
gratuito al di là delle file, dei tempi, dei ritardi, della politica e dei costi.
La nostra attività dipende ovviamente dalla partecipazione e dal sostegno di tutti. Per
questo chiediamo a voi lettori, ringraziando “Pense e Maravee” per lo spazio concessoci, di partecipare alle nostre attività
in modo attivo e ad incrementare le donazioni presso il Centro Trasfusionale dell’Ospedale San Michele.
27
>
società>
cultura>
Elementi sotterranei
foto Marco Iob
60 writers e street artists da tutto il mondo per la decima
edizione di “Elementi Sotterranei” il Festival Internazionale
di street art che dal 29 maggio al 7 giugno, ha coinvolto Gemona.
2000 metri quadrati di cemento trasformati in opere artistiche
sul tema proposto per quest'anno: ENERGIE, ovvero le risorse
che l'uomo ha a disposizione per lo sviluppo del pianeta.
Laboratori didattici e creativi per bambini, workshop di graffiti
e pittura, proiezioni, concerti, incontri e iniziative culturali
si sono susseguiti durante tutta la settimana; vi proponiamo
qualche...effetto.
Oscar Francescutto / Matite
Volanti - Urban Sketchers.
foto Cinzia Fragnoli
>
28
Lamps!
Lamps!
Lamps!
Lamps!
Segnalazioni, lettere, immagini
Lamps!
Incontro>
INES 2015
Da venerdì 19 a domenica 21
giugno si terrà a Trieste
INES Incontro Nazionale
dell’Economia Solidale 2015.
È una fiera/convegno che si svolge ogni anno
in un luogo diverso: quest’anno il Forum beni
comuni ed economia solidale FVG si è candidato ad organizzare INES nella nostra regione, a Trieste presso l’ex OPP di San Giovanni.
alternativa all’economia dominante. All’appuntamento ci sarà tutto questo variegato
mondo: aziende produttrici, GAS, associazioni e gruppi, consumatori consapevoli …
una bella occasione per conoscere queste vivissime realtà.
una straordinaria possibilità di incontro,
ascolto e riflessione grazie a relatori particolarmente significativi tra cui Euclides Mance,
filosofo brasiliano ed esponente di punta dei
movimenti che in Sudamerica si ispirano ai
principi del “buen vivir” e di “pacha mama”.
Tre giorni - aperti a tutti - di seminari, laboratori, buone pratiche, tavole rotonde sui temi
dell’economia solidale e del come farla diventare sempre più importante quale risposta
L’incontro nazionale sarà preceduto (da mercoledì 17 a venerdì 19 mattina) dalla scuola “I
DIALOGHI DI SAN GIOVANNI” rivolta innanzitutto ai promotori dell’economia solidale:
Programmi dettagliati su:
incontronazionale.economiasolidale.net
www.forumbenicomunifvg.org
desbassafriulana.wordpress.com
la “lectio magistralis” di Euclides Mance, filosofo brasiliano
ed esponente di punta dei movimenti che in Sudamerica si ispirano
ai principi del “buen vivir” e di “pacha mama”;
aree espositive dove si incontreranno produttori, consumatori e altre buone
pratiche cercando di favorire la costituzione distretti e filiere di economia solidale;
una serie di seminari (Colloqui INES) nei quali si affronteranno
le diverse tematiche dell’economia solidale;
una tavola rotonda dal titolo “Sconfinamenti” dedicata alla presentazione
di esperienze internazionali di economia solidale;
Euclides Mance
Trekking
Sci alpinismo
Alpinismo
Running
Free climbing
Gemona del Friuli
Via Roma 150
tel: 0432.981367
[email protected]
29
>
informazione pubblicitaria
Laboratorio sci-tennis
Assistenza post-vendita
una tavola rotonda dal titolo “Rapportarcisi” nella quale saranno presenti
anche politici ed amministratori pubblici, per capire assieme un diverso
rapporto fra economia solidale e istituzioni pubbliche.
Lamps!
Lamps!
Lamps!
Lamps!
Lamps!
Cultura>
La Poesia di Olivia
Il 6 giugno, per il terzo anno consecutivo, si
è tenuta a Gemona la così detta ‘Festa dell’Amicizia – Gemona capitale della diaspora
Macedone’. I festeggiamenti iniziati di buon
mattino, sono continuati per tutto il giorno,
tra piatti tipici Macedoni, musica, folklorismi
e tornei di calcetto.
Un momento di festa e di unione che, anche
In diagonale
quest’anno ha contribuito ad avvicinare la
numerosa comunità macedone locale, ai gemonesi.
La gemonese Olivia Rossi, ha voluto dedicare, per l’occasione, una sua poesia, perché
come scrive l’autrice ‘qualsiasi amicizia merita d’esser celebrata con buoni sentimenti’.
Noi la pubblichiamo volentieri:
Sperato futuro mio
è del tuo il realizzato.
Sono base e tu all’altezza:
nell’incontro diagonale è il testimone.
Accendi la “primavera”
in qualsiasi ambiente
informazione pubblicitaria
per tutto l’anno e in ogni
>
momento della giornata
30
Olivia Rossi: gemonese classe
’72, di professione infermiera,
scrive poesie e aforismi per passione. Si diletta in arte visiva, ha
partecipato alla maratona poetica
‘Notturni di versi’ 2014 a Portogruaro. Si definisce impegnata sul
lavoro, disimpegnata nell’arte,
non ha per il momento pubblicazioni al suo attivo. Amici e artisti
la incoraggiano ritenendo la sua
una ‘forma di contenuto sociale’.
Lamps!
Lamps!
Lamps!
Lamps!
Lettera>
La Sacra Sindone
Spettabile Pense e marave
Sono un vecchio friulano
di Gemona partito con la famiglia nel 1963, emigrato a
Torino per cercare di migliorare il proprio tenore di vita.
Pochi mi conosceranno ma
sono il figlio di Toni Turi, il
Sartor di Plovie e nipote di
Mariute e di Pierino.
Sono andato in pensione
dopo 35 anni di lavoro e ora,
da 17 anni, DIACONO permanente della diocesi di Torino
e collaboratore dell’Arcivescovo di Torino Mons. Cesare
Nosiglia.
Vi scrivo ora in occasione
dell’ostensione della Sindone esposta a Torino dal 19
Aprile al 24 Giugno, che avrà
il suo momento culminante il
21 Giugno con la visita di
Papa Francesco.
In questi giorni cosi’ importanti, con le migliaia di
pellegrini che arrivano a Torino a venerare la Sindone,
io avendo la possibilità di
andare spesso in Cattedrale,
osservo i volti di queste per-
sone che soffermandosi davanti al sacro lino offrono al
mio sguardo espressioni varie: incredulita’, misticismo,
curiosità. Alcuni pregano in
silenzio altri piangono. Moltissime sono le persone in
carrozzella che vengono per
pregare davanti alla Sindone, forse perché in quell’immagine di un uomo sofferente trovano conforto.
Sono tantissime le persone
di altre religioni che si fermano davanti alla Sindone
con espressioni di curiosita’,
di silenzio, di emozioni a vedere quel volto martoriato
dalla cattiveria dell’uomo.
Pochi giorni fa sono arrivati a Torino oltre 7000 giovani da diverse diocesi d’Italia per fare una notte bianca
di preghiera e di visita ai luoghi sacri della storia di San
Giovanni Bosco, nella ricorrenza dei 200 anni della sua
nascita. La nottata si é conclusa con il cammino verso
la cattedrale dove c’è stato il
momento di preghiera davanti al telo sindonico.
Laboratorio>
Molti dunque sono attratti
da questa immagine, sentono, percepiscono qualcosa
di misterioso e si interrogano nel profondo. Sono interessati e provocati, anche
la semplice curiosita’ e’ lecita e buona. C’e’ nell’immagine sindonica il mistero, la
domanda più’ profonda e lacerante sul senso della vita.
Tutti possono ricevere qualcosa da questo incontro. Perche’ su quel Telo si vede un
uomo colpito con violenza,
un corpo flagellato, umiliato
e tutto questo fa parte all’esperienza di tutti, credenti
e non credenti. Chi non ha
subíto o inferto colpi lungo il
corso della sua esistenza,
nelle relazioni umane e nella
societa’. Chiunque puo’ immedesimarsi in quell’immagine e intravedere il racconto
dell’esperienza di milioni di
persone colpite, umiliate,
abbandonate e puo’ vederlo
a prescindere alla fede.
Ho potuto notare dell’ostensione del 2010 leggendo nel libro delle firme i
pensieri che in migliaia
hanno lasciato dopo la visita. Sfogliando e leggendo
le varie dediche, mi ha colpito il fatto di non aver trovato nessuna preghiera di richiesta di guarigione o
difficolta’ della vita. Erano
tutte frasi di commozione, di
gioia, in qualche caso di
pianto, di partecipazione e
sempre di gratitudine.
La parola piu’ ripetuta
scritta e ridotta e’ stata GRAZIE. Come dire che chi va alla
Sindone intravede nel Telo
un segno di cio’ che davvero
si desidera.
Vi invio poi un inserto
della “Stampa” di Torino,
con articoli e fotografie che
spiegano molto bene tutto
quello che si vuol sapere
sulla Sindone.
Cordiali saluti a tutti voi
friulani di Gemona e friulani
del mondo.
Giacomino Turi
Diacono permanente della Diocesi di Torino
La vignetta di Cristiana>
Ritorna il LAB
Prenderà inizio il 23 luglio
prossimo, a Gemona del Friuli,
il 53esimo LAB internazionale
della comunicazione.
Il tema scelto per il 2015 è
CIBO, GUSTO PAESAGGIO.
VOCAZIONI D'ITALIA, continuando
un percorso fatto dal Lab negli
ultimi tre anni e iniziato con
Slow Food e Carlo Petrini.
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Lamps! - Pense e Maravee