Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l’Ottocento Comune di Livorno Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento di Rosa Distaso Comune di Livorno Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Volume promosso da Ufficio Piani e Programmi Complessi Cura Editoriale Ufficio URP-Pubblicazioni-Rete Civica P.zza del Municipio 1 -57123 Livorno e-mail. [email protected] Livorno in internet: www.comune.liorno.it Referenze iconografiche e fotografiche Fonte "la vecchia livorno" http://lavecchialivorno.blogspot.it Biblioteca Labronica "F.D. Guerrazzi", Livorno Grafica Xerox Spa Stampa Centro Stampa del Comune di Livorno, giugno 2013 Si ringraziano la Comunità dei PP. Cappuccini di Livorno, l'Architetto Riccardo Ciorli dell'Archivio di Stato di Livorno e tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione del volume. P er parlare di Borgo dei Cappuccini, dobbiamo parlare di Livorno; ma Borgo non è semplicemente uno dei quartieri della città. Come evoca il termine stesso, Borgo dei Cappuccini è un piccolo paese all'interno della città. O almeno lo è stato fino a poco tempo fa. Se chiediamo ad un borghigiano, che magari inizia ad avere qualche filo di grigio tra i capelli, qual è la caratteristica di Borgo dei Cappuccini, la risposta quasi unanime è "Non c'è bisogno di andare a giro, qui trovi tutto". Colori, odori, sapori di un tempo, nemmeno troppo lontano, che fanno parte di questa città e che non devono andare perduti. L'Amministrazione comunale ha voluto contribuire al recupero ed al rilancio di Borgo dei Cappuccini, inserendo nell'ambito del PIUSS1 "Livorno città delle opportunità" l'operazione "PIR (Piano Integrato di Recupero) dei Borghi". Una serie di interventi di riqualificazione urbana, miglioramento della sosta e della mobilità, di creazione di un sistema di informazione di comunicazione e sicurezza, che potranno essere il volano per un rilancio economico, commerciale e turistico, del Borgo. Il presente opuscolo vuole essere un omaggio a Borgo dei Cappuccini ed alla sua gente; ma anche a Livorno tutta. Una ricerca tutta nuova, all'interno della storia della città, a partire dalle notizie, poche e scarne, che riguardano la nascita di uno dei primi sobborghi di Livorno, già presente in nuce prima della venuta dei Padri Cappuccini da cui poi prese il nome. Un percorso che dai tempi lontani arriva ai nostri giorni. Un ricordare, per scoprire e ritrovare, per conservare e migliorare ciò che Borgo è stato ed è oggi. Professoressa Giovanna Colombini Assessore alla Promozione dei Saperi Assessore delegato al PIUSS Comune di Livorno 1 PIUSS (Piani Integrati di Sviluppo Urbano Sostenibile) sono lo strumento grazie al quale la Regione Toscana ha dato attuazione all'Asse V del Programma Operativo Regionale "Competitività regionale ed occupazione" (POR CReO) finanziato sul Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) 2007 - 2013. Livorno e Pier Paolo Pasolini " Livorno è la città d'Italia dove, dopo Roma e Ferrara, mi piacerebbe più vivere. Lascio ogni volta il cuore sul suo enorme lungomare, pieno di ragazzi e marinai, liberi e felici. Si ha poco l'impressione di essere in Italia. Intorno, nelle fabbriche dei quartieri verso il Nord, ferve un lavoro che non ha un'aria familiare, e per questo è tanto più amica, rassicurante. Livorno è una città di gente dura, poco sentimentale: di acutezza ebraica, di buone maniere toscane, di spensieratezza americanizzante. I ragazzi e le giovinette stanno sempre insieme. Il problema del sesso non c'è, ma solo una gran voglia di fare l'amore. Le facce, intorno sono modeste e allegre, birbanti e oneste. Pei grandi lungomari disordinati, grandiosi, c'è sempre un'aria di festa, come nel meridione: ma è una festa piena di rispetto per la festa degli altri" Pier Paolo Pasolini Pubblicato su la rivista "Successo" - 1959 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Capitolo 1 Livorno e il suo territorio dal Quattrocento al Settecento Livorno: un "posto di mare" dalla giovane storia, dalla posizione contesa dalle più grandi potenze d'Italia e d'Europa, un fortilizio in difesa del potere di altri, una "città delle nazioni", che vissero e prosperarono in armonia, un popolo marinaro, vassallo, che nei secoli ha costruito nel proprio carattere generosità a costo della vita, forza, grande cuore, allegria nonostante tutto e una grande voglia di vivere. Ed è di Livorno e del suo popolo che si deve raccontare, attraverso il suo passato, per giungere a raccontare la storia di Borgo Cappuccini. A chi proviene da nord, lungo la Via Vecchia di Livorno, e si dirige verso sud, costeggiando le mura Lorenesi, giungendo al porto di Livorno la città appare subito con il suo passato di castello fortificato sul mare con la Fortezza Vecchia e la mastodontica torre detta il Maschio della Contessa Matilde. Proseguendo si costeggia la Vecchia Darsena, il Ponte Nuovo, per arrivare lungo gli Scali Novi Lena alla Nuova Darsena e alla "Porta a Mare", di recente realizzazione. Di fronte alla "Porta a Mare" si apre Piazza Mazzini, un tempo chiamata Piazza di Marte perché adibita alle esercitazioni dei soldati. Oggi è uno spazio verde dove gli abitanti di Livorno, di Borgo Cappuccini e turisti possono passeggiare e godere il fresco dei grandi alberi. Inoltrandosi alle spalle di Piazza Mazzini per le vie di Borgo Cappuccini si respirano da sempre l'aria salmastra e i profumi del mare. Chi arriva in Borgo ha subito l'impressione di essere in un paese brulicante di persone attive e sorridenti; tutti si conoscono e di tutti si conosce la storia. Le costruzioni sono piccole e molte case, nella parte più vecchia, hanno i soggiorni che si aprono sulla strada e da sempre le anziane donne del quartiere passano parte dei tiepidi pomeriggi a "chiacchera" sedute "fori dell'uscio". Nel Borgo si sente il brusio costante della sua gente operosa; le vie sono piene di "botteghe" di tutti i generi, dove si possono trovare i "bachini di sego" per l'esca delle canne dei pescatori, un ottimo 5&5 (pane e torta di farina di ceci), la buona frittura di pesce, la "mesticheria" che vende di tutto, dai casalinghi ai detersivi, ai giocattoli; insomma, le categorie di negozi, in Borgo, ci sono veramente tutte: quando entri in Borgo, trovi tutto, non hai bisogno di uscirne. La storia di Borgo Cappuccini è strettamente legata, nella buona e nella cattiva sorte, a quella della città. La nascita di Borgo Cappuccini è stata determinata dalla presenza del mare, la sua gente è nata su queste rive ed è cresciuta respirando il mare, da queste rive ha tratto sostentamento, su queste rive ha lasciato il sudore e la fatica di tanti, tra marinai e operai del mare, perché anche chi non navigava, lavorava per quelli che partivano sui grandi "legni" dal porto di Livorno. Un rione, quello di Borgo, fatto di uomini con la pelle bruciata dal sole e dal sale, fatto di donne in attesa, donne forti che solcavano il mare con lo sguardo, uno sguardo che andava lontano all'orizzonte, nella speranza di vedere "piccoli fazzoletti bianchi sventolare", le vele che riportavano a casa i loro cari. Per capire lo sviluppo delle aree cittadine extra mura, come nel caso di Borgo Cappuccini, bi- 7 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento sogna dire che - come risulta dalle antiche carte geografiche - nel 1421 il mare si inoltrava in buona parte di Piazza Mazzini e invadeva completamente la zona, dove ora è il Cantiere AzimutBenetti nell'area della "Porta a Mare". Il litorale, quindi, nei secoli si è spostato di circa 570 metri. Ciò spiega anche il sorgere del quartiere della Venezia1. La presenza degli scogli sulla costa di Livorno contribuì probabilmente al non espandersi dei sedimenti sabbiosi dell'Arno, ma concorse all'interramento delle paludi presenti. Su questi depositi di sabbia e detriti, nel XVII secolo fu possibile costruire la Venezia. L'aria malsana infestava Livorno perché i "marazzi", cioè le paludi, cominciavano a Stagno e si insinuavano minacciose in tutta la zona nord, ma anche nella parte sud di Livorno c'erano zone paludose. Questa vicinanza procurò malattie e febbri malariche che decimavano la popolazione e l'età media di sopravvivenza in quel periodo era di cinquant'anni. La bonifica delle paludi della costa sud fu eseguita in parte attraverso due grandi opere volute dal Granduca Ferdinando I, nel 15902. La prima fu la costruzione del Lazzaretto di San Rocco, nell'odierna area della "Porta a Mare", circondato da "fossi" intersecati che asciugarono le paludi. A San Rocco giungevano le navi che provenivano da terre lontane e che avevano patente brutta, cioè potevano portare persone e merci pestifere: pertanto, persone e merci dovevano effettuare un necessario isolamento, che a volte era anche di quaranta giorni, detto quarantina. Tutto questo formava un cordone sanitario per evitare che la peste mietesse ancora più vittime. La seconda opera, nel 15913, fu lo scavo della Nuova Darsena, che il Granduca Ferdinando I affidò al Cav. Antonio Martelli, il quale in otto mesi, per mezzo di palafitte e cassoni di ferro per sostenere i muri, delimitò un'area quadrata. Alla costante presenza del Granduca, nel giro di cinque giorni e cinque notti fu scavata la darsena. Allo scavo presero parte contadini, marinai, soldati, schiavi che si alternavano al lavoro; gli 8 abitanti di Livorno in quelle notti dormirono ben poco perché il lavoro era scandito dal suono incessante di chiarine e di trombe. Furono estratti innumerevoli cassoni pieni di acque putride miste a fango, terra e scogli, ma alla fine il mastodontico lavoro creò una darsena capace di ospitare fino a sessanta galere. La nuova darsena fu messa in comunicazione con la vecchia e riempita dal mare davanti al popolo esultante. Per tornare allo sviluppo di Borgo Cappuccini, nel Cinquecento era impensabile che quelle zone fuori il castello e le sue mura si popolassero in modo consistente e ci fosse pertanto un considerevole sviluppo urbanistico, che iniziò solo dopo il restauro del porto e al rifiorire, di conseguenza, dell'economia livornese. La connotazione di autosufficienza del Borgo e di una sorta d'indipendenza dalla città è nata probabilmente per il fatto che i primi agglomerati urbani nacquero fuori dalle mura incentivati dall'economia prevalente della zona, che era imperniata sulle attività marittime che riguardavano non solo il lavoro dei marinai e dei barcaioli, ma anche le manifatture inerenti a quelle attività. Provando a descrivere come poteva essere il territorio intorno ai primi decenni del Cinquecento e a disegnare i contorni di un embrionale Borgo Cappuccini, dal momento che ancora non c'erano né la nuova Darsena, né il nuovo Lazzaretto di San Rocco e che il terreno era paludoso, bisognava spostarsi dietro l'odierna Piazza Mazzini, dove allora iniziavano a estendersi terreni incolti e deserti. Proseguendo verso i colli livornesi, si trovano tracce di proprietà costituite da poderi, ancor prima del 1582, anno in cui quel luogo avrebbe ospitato il convento dei Padri Cappuccini. Più ci si allontanava dal mare, più era possibile incontrare poderi e minuscoli gruppi di case. È molto probabile che il popolarsi di quei luoghi sia cominciato prima nelle campagne piuttosto che in prossimità del mare; inoltre, fino al 15604 i "barbareschi" (musulmani d'Africa) compivano ancora numerose scorrerie quando riuscivano a sfuggire al controllo e sbarcavano sui nostri lidi, inoltrandosi anche attraverso le campagne per compiere ruberie di ogni sorta. Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento La vecchia via di Montenero e la devozione alla Madonna Il lavoro della campagna era molto duro perché nel terreno, composto di tufo arenario, gli agricoltori trovavano ogni sorta di residui organici provenienti sia dal mare sia dalle paludi e più ci si avvicinava ai monti e più era arido5. Nel luogo dove è sorto Borgo Cappuccini passava una delle direttrici o strade maestre della città antica: quella di Montenero. Per andare al colle di Montenero - dal XIV secolo luogo di culto dedicato a S. Maria delle Grazie - si passava lungo una località detta "Erbuccia", di cui si hanno notizie nelle delibere del Consiglio della Comunità già nel 1531 e nel 1538. La località Erbuccia era situata sul prolungamento di via dell'Ambrogiana e, più precisamente, dove fu costruita nel XIX secolo Villa Fabbricotti6. Il luogo, quindi, era già noto ai livornesi prima dell'insediamento dei Padri Cappuccini avvenuto nel 1582, poiché la strada era già tracciata come via che portava a Montenero. Vale la pena riportare com'era descritta questa proprietà nel 1686: Luogo detto Erbuccia con casa da padrone e da lavoratore, confina: strada di Montenero, beni fratelli Parenti, beni Daniel Medina, stiora 2300 p. 19 […] confina strada di Montenero, Rio Maggiore, strada che va a Salviano, beni Lodovico e fratello Balbiani, beni Filippo Parenti, San Michelino. La proprietà di Dionigi di Giovanni del herbuccia uno delli antiani della città di Livorno […] una casa sotto suo nome con orto, cellieri …cò nà bottega di pizzicagnolo […] Dionigi di Gio dell'erbuccia era un antiano della Comunità ed anche capitano, ospitava nel suo palazzo le adunanze del Consiglio: à dì 21giugno 1570. Coadunati […] in Palazzo del Cap/no Dionigi di Gio dell'erbuccia uno dell'antiani […] Dai registri delle delibere del 1608: 23 ottobre 1608. Coadunati […] Priore Oratio Erbucci Gonfaloniere […]7. La località Erbuccia era sul prolungamento di via dell'Ambrogiana, che era conosciuta da prima del 1582 come strada "dell'Imbragiana", detta anche via dell'Erbuccia8 ed era nei pressi delle case del fanale, luogo di antica denominazione che si trovava sull'angolo di Via Rosa del Tirreno, presso la Cappella del Fanale detta del Castinelli; qui c'era anche la fonte del Fanale che forniva acqua alla Doccia da prima del Settecento, come la fonte di Santa Chiara9. La Doccia era un getto di acqua corrente che si trovava sul fosso del Lazzaretto di San Rocco e serviva per approvvigionare le navi di acqua potabile; questo getto era alimentato da due fonti di acqua buona: una proveniva dalla fonte del Fanale e l'altra dalla fonte di Santa Chiara. La strada che portava il condotto fino al getto era la Via del condotto alle navi, oggi via delle Navi10. In località (o vicolo) Santa Chiara, si trovava l'omonima fonte, a cui si accedeva dall'odierna Via Verdi, e attraverso un condotto veniva convogliata l'acqua alla Doccia, traversando quella che diverrà poi Piazza Mazzini11. Sulla strada tracciata più che altro da religiosi e devoti che si recavano a Montenero esistevano piccoli gruppi di case. Nel 146012 l'Arcivescovo di Pisa Giuliano Ricci affidò la Sacra Immagine della Madonna di Montenero ai Gesuati, assegnando anche un terreno boschivo a Montenero. I frati, con l'aiuto della beneficenza, costruirono la Chiesa e un piccolo convento, dove sorgeva un antico oratorio. Il Santuario assunse l'attuale aspetto nel Settecento ed è oggi meta di pellegrinaggi da tutta Italia. La devozione dei livornesi si è manifestata costante nei secoli: ne sono testimoninanza gli ex-voto conservati nella Galleria del santuario. La strada di Montenero era frequentata anche da erboristi e botanici, poiché sul colle si trovavano molte erbe assai rare e preziose per le produzioni naturali. Pier Antonio Micheli, perlustrando tutto il monte, vi trovò l'Erba Oricella (Lichen Graecus, Polipoides tintorius) che nella Repubblica Fiorentina veniva usata per colorare i panni di lana e di seta color violetto. Sembra che il segreto di questa erba l'abbia portato, dal Levante a Firenze, Bernardo detto de' Rucellai cioè dell'Oricella, però molti credevano che la 9 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento proprietà dell'erba di cambiare colore, se bagnata con le urine (da verde diventa viola), l'avesse scoperta proprio lui. Nel Trattato delle Pietre, Padre Agostino del Riccio afferma che alle pendici di Montenero, quindi sul litorale livornese, si poteva trovare il corallo rosso, però non grosso come quello della Barberia (regioni del nord Africa Marocco, Tunisia, Algeria). Anche Luca Ghini e Luigi Anguillara, due restauratori della Botanica, fecero studi soprattutto sulle erbe rare di Montenero. Tiberio Scali, botanico livornese, scrisse il Catalogo dei Frutti, e Piante le più rare osservate nella spiaggia di Livorno ec. Il popolo livornese ha sempre avuto nel cuore tre cose: il mare, Livorno e la Madonna di Montenero. Dal lontano giorno in cui la Sacra Immagine della Madonna si trovava a Montenero, gli sparuti abitanti di quella zona videro passare più di una processione, che attraversando la "strada maestra di Montenero" e passando per la località dell'Erbuccia, si inoltrava nelle campagne per raggiungere il Santuario. Molte furono le occasioni in cui il popolo livornese si è rivolto supplichevole a quel colle. Ed è verso Montenero che volsero più volte lo sguardo "i villani" e Bettino Ricasoli, quando nel 1496 Livorno fu assediata, da terra e dal mare, dall'imperatore Massimiliano d'Asburgo che aveva formato una lega insieme a Venezia, al Duca di Milano e a Genova. Questo è forse uno dei passi più significativi della storia della nostra città, perché le gesta della sua popolazione hanno scolpito nel DNA la generosità, l'eroismo e il coraggio, dimostrando fedeltà e attaccamento alla propria terra. L'atto di valore e di fedeltà, di cui furono protagonisti i "villani" di Livorno, fece sì che i fiorentini concedettero che sullo stemma, di quella che poi divenne una città, ci fosse l'iscrizione FIDES . I "villani", o contadini, risiedevano nelle campagne intorno a Livorno, sicuramente anche in quelle che poi divennero il Borgo dei Cappuccini. Una testimonianza in questo senso è l'iscrizione che si trova in una delle tante bellissime ville che si incontravano sulla via che saliva a Montenero, precisamente nella villa Dupouy poi di proprietà De Paoli, detta la casa rossa o del villano. L'iscrizione dettata dall'Avvocato Mangini 10 dice: In queste mura, dove è fama vivesse il valoroso capo dei villici invitti, che difesero Livorno contro Massimiliano austriaco nel 1496…14. Furono questi già stanchi lavoratori della terra che Bettino Ricasoli reclutò per far fronte all'assedio. Nella difesa del castello, i villani erano sul bastione che si trovava tra la Rocca Vecchia e la Torre triangolare della Porta a Terra, costituendo praticamente un'avanguardia, poiché Bettino Ricasoli preferì schierare le truppe esperte in posizione arretrata. I villani, ritti sul terrapieno del bastione, erano spavaldi davanti al nemico che avevano di fronte e che li derideva; Ricasoli li incitò dicendo: combattete da forti!. In rada, schierata davanti al porto di Livorno, c'era la flotta della lega che contava più di trenta bastimenti, più altre piccole imbarcazioni che portavano munizioni e soldati. I fiorentini avevano assoldato una piccola flotta dai francesi composta da sei galere e due galeotte; quando i livornesi la videro arrivare, disperarono che riu scisse ad entrare in porto e per la prima volta volsero lo sguardo verso Montenero, cercando la protezione della Beata Vergine: in un attimo si alzò un furibondo libeccio e la piccola flotta, col mare grosso e a forza di colpi di remi, riuscì ad evitare le navi della lega e, spinta dal vento, entrò in porto perdendo solo una galeotta che si arrese al nemico. L'imperatore Massimiliano assediò il castello con 7000 soldati e dispose le tende dell'accampamento sotto le mura; per la seconda volta i livornesi volsero lo sguardo verso Montenero, cercando la protezione della Beata Vergine: all'improvviso si aprirono i cieli e caddero piogge torrenziali che durarono per diversi giorni, tanto che le tende dell'accampamento nemico non reggevano più il peso dell'acqua. L'imperatore, stanco per la malasorte che si accaniva inspiegabilmente, sferrò l'attacco definitivo da terra e da mare; la battaglia durò per ore, ma la resistenza, anche degli eroici villani, fu più forte dell'assalto e trionfò. Gli aggressori stanchi non rispondevano più agli ordini e arretrarono, così non restò che suonare la ritirata, e i livornesi ringraziarono ancora una volta la Madonna di Montenero. L'assedio però continuava e Bettino Ricasoli poteva calcolare dalla quantità dei viveri rimasti quando sarebbero capitolati. L'unica speranza, pensava il Ricasoli, era che si Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento levasse un bel libeccio a disperdere le navi nemiche, così che potesse arrivare un po' di aiuto via mare. Ancora una volta la preghiera fu esaudita; la notte del 14 novembre del 1496 ad un tratto si levò un libeccio fortissimo, una vera e propria tempesta, che fece strappare gli ormeggi alla flotta nemica, disperdendola e fracassando le grosse galere di Venezia sugli scogli di Sant'Jacopo in Acquaviva; la caracca genovese "Selvaggia" entrò dalla parte del Marzocco, mentre la capitana genovese "Grimalda" fu spinta alla bocca del porto e fatta prigioniera, mentre altre navi affondavano a est. La galeotta francese, che in precedenza si era arresa al nemico, fu recuperata dai marinai livornesi che, con grande abilità, incuranti del mare grosso e del vento, remarono a fianco della galeotta scortandola in porto, lasciando allibiti i marinai francesi. Tutti gli sguar- di, dopo quest'ultimo episodio, si levarono verso Montenero e ringraziarono per la protezione. I villani livornesi avrebbero potuto chiedere ed avere dell'oro in cambio del loro tributo alla causa di Firenze, ma nel Medioevo era tradizione erigere una statua a chi si era contraddistinto in modo eccezionale con gesta di grande rilevanza, quindi, sostenuti anche da Bettino Ricasoli, i villani chiesero ed ottennero una statua che li ricordasse a Livorno. Il disegno della statua fu affidato a Romolo Tadda e rappresentava un villano vestito dei suoi poveri panni con in braccio un palo e un cagnolino ai piedi che stava a significare la fedeltà alla Repubblica di Firenze. Nel piedistallo della statua c'era una fonte, detta "Fonte del Villano", che nel tempo andò trascurata e ben presto crollò e non fu mai più ricostruita15. L'arrivo dei Frati Cappuccini a Livorno Il Granduca di Toscana, Cosimo I de' Medici e i figli Francesco e Ferdinando I, che regnarono dopo di lui, resero Livorno la "Rosa del Tirreno"16. Cosimo sognava di dare splendore e prosperità sia a Pisa che a Livorno, ma fu quest'ultima a diventare non solo il grande porto che Cosimo sognava, ma una delle più importanti città commerciali d'Europa. Cosimo pensò ad ampliare il castello, aprì un arsenale e una fabbrica di ancore e un ospedale militare. Per far sì che Pisa tornasse ad essere parte attiva del commercio, fece scavare il "Fosso dei Navicelli", la via d'acqua che collegava i commerci più importanti della Toscana. Iniziò anche i lavori del grande porto con tre moli che aveva in mente, ma non lo vide terminare, lo porterà a termine il nipote Cosimo II17. Francesco I de' Medici fu Granduca di Toscana dal 1574 al 1578. Livorno si preparava sempre di più a diventare una città, l'importanza dei suoi traffici commerciali e marittimi erano agevolati anche dai privilegi che la famiglia de' Medici volle adottare, per ripopolare un luogo per tanto tempo afflitto da malattie, fame e peste. Fu allora che il Vicario Generale dell'Ordine dei Frati Cappuccini inviò una richiesta ai Rappresentanti del Comune, chiedendo licenza di poter venire ad abitare nella giurisdizione e nostro Capitanato facendo uno ospizio nel luogo dove S.A.S. farebbe grazia poiché tutto il popolo ed il Consiglio, per ciò che ne aveva udito, se ne contenterebbero18. Così il Consiglio Comunale deliberò il 23 novembre del 1578 di accogliere la richiesta dei Padri Cappuccini, riportando a S.A.S. la supplica dei Frati di poter abitare nel luogo ove sorgeva la Chiesa e romitorio di S. Jacopo in Acquaviva che distintamente domandavano il luogo, e la Chiesa di S. Jacopo d'Acquaviva, dove […] vi erano e sono memorie registrate appresso di essi, esservi dimorato, et habitato insieme col Beato Giovanni della Cella il nostro Padre S. Francesco, cioè nell'anno 1208 distintamente, come anco dice il Magrì di Trapani Agostiniano in un 'suo libbro intitolato - Discorso Cronologico dell'Origine di Livorno in Toscana nel detto anno […]. Nel 1575 i Padri Agostiniani si erano trasferiti ad officiare in Livorno, in quel momento la Chiesa e il romitorio di S. Jacopo erano stati concessi ai Greci, arrivati nel 1572 per iniziare i loro commerci e per officiare le loro funzioni religiose19. 11 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Il Granduca Francesco I non concesse ai Padri Cappuccini di dimorare a S. Jacopo, poiché giudicò che per loro non fosse un posto sicuro a causa dell'aria malsana (vi erano paludi) e delle incursioni dei pirati, tanto che in quel luogo aveva fatto erigere una torre di avvistamento dietro l'abside della Chiesa. Volle, invece, che il convento e la Chiesa sorgessero più vicino alla città e donò loro un terreno in località Frecciano, presso la località degli "Erbbucci" sulla strada di Montenero, in pratica a metà strada fra S. Jacopo e le mura. Dalle memorie del Convento abbiamo la conferma di come quella zona fosse alquanto popolata: Volse il medesimo Serenissimo spontè dare ai Cappuccini, altro sito megliore, e fù questo medesimo più commodo alla Città, più decoroso, per esser anco su la strada di Monte Nero, e di miglior aria, come anco sempre più si vede, e si gode in tutto senza paragone superiore a tutto il piano di Livorno, in oggi accresciuto al sommo, e di abitazioni, e di ville, di horti, vigne, giardini, poderi e coltivazioni e soprattutto di habitanti, che li più frequenti, sani, e salvi sono qui attorno, non ostante le tre vaste Cure di preti, che vi sono di Salviano Lantignano e S. Jacopo d'Acquaviva […]20. Nel 1582 (data impressa a fuoco sull'architrave della Chiesa) il Granduca Francesco, oltre ad aver fornito i materiali ed attrezzature per costruire il convento e la Chiesa, volle tenere per sé e per i suoi discendenti il "Dominio" sul mantenimento del convento stesso e delle necessità dei religiosi21. Alla morte di Francesco non era stato ancora deciso quanto terreno assegnare al convento dei Padri Cappuccini. A Francesco successe il fratello Ferdinando I, il quale si recò al convento e con magnanimità disse ai frati: Padri miei pigliate pur quanto terreno volete adesso per l'orto e per il bosco, perché verrà tempo che ogni palmo di esso si venderà a caro prezzo22. I frati scelsero un grande pezzo quadrato che si estendeva a sinistra e a destra del convento. Una parte la destinarono alla coltivazione dell'orto con due pozzi per l'irrigazione, mentre nell'altra parte, più estesa, fu piantato un bosco con cipressi e lecci. Il terreno fu suddiviso in viali spaziosi e ben presto gli alberi procurarono ombra 12 e frescura. Il terreno non era facile da coltivare e inizialmente Ferdinando, che si recava spesso di persona a seguire i lavori presso il convento, procurò che, per facilitare la crescita degli alberi da bosco (specie dei lecci), al loro piede si mettesse del buon vino rosso e il sangue di "bestia grossa" e che in estate la ciurma di una galera si recasse sul posto per annaffiare . Nel Seicento i frati circondarono il convento di un muro a loro spese con le offerte ricevute, mentre, a spese del Granduca Ferdinando II, nel 1653 il bosco fu recintato da un muro e una piccola parte fu lasciata ad uso dei frati che avevano recintato anche l'orto. Il bosco dei Cappuccini fu lasciato ad uso di tutte le persone che volevano godere dell'ombra e del fresco nelle calde e afose giornate, dato che nei dintorni non c'era luogo più adatto23. Una curiosità interessante che contribuì a far conoscere i frati laici cappuccini fin dalla fondazione del loro convento a Livorno fu l'attività detta della cerca, che era una questua effettuata dai frati girando presso i casolari dei dintorni e i villaggi vicini, per raccogliere alimenti non deperibili e vestiario da distribuire poi ai più bisognosi. Il Granduca assegnò una piccola stanza buia detta Ospizio, adatta per i prodotti della cerca, al lato della Pieve di S. Antonio sulla strada che portava alla Biscotteria; in basso c'era anche, sotto una terrazza, il ricovero per l'asino che serviva per la "cerca" fuori città. I frati mantennero l'Ospizio fino al 170424. È nel convento dei Cappuccini di Livorno che morì un insigne Padre Cappuccino: Felice Casati. Egli fu rammentato dal Manzoni per la sua dedizione, nel Lazzaretto di Milano, durante l'epidemia di peste del 1630. Padre Felice, che si occupava non solo dei poveri malati, ma anche dell'organizzazione del Lazzaretto, si ammalò e guarì continuando l'opera di assistenza. Per questi suoi meriti raggiunse le più alte cariche dell'Ordine e, mentre si recava a piedi da Milano verso Roma, si ammalò d'infezione intestinale presso Livorno e nel convento dei Padri Cappuccini morì il 5 maggio 165625. Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento 1606: Livorno viene proclamata Città Nel 1590 Ferdinando I, avendo bisogno di mano d'opera specializzata per costruire navi e per accrescere la città, emise un bando che si perfezionò nel 1591 (le leggi Livornine), che garantiva, a chi fosse venuto a stabilirsi a Livorno e qui avesse svolto la propria attività e mestiere, immunità da tasse e libertà. I mestieri richiesti erano: […] manifattori di sartie, calafati, maestri d'ascia, legnaiuoli d'ogni sorta, muratori, scarpellini, marangoni, pescatori, marinai, fabbri e d'ogni altro mestiere manuale, fuorchè braccianti e vangatori […]26. La nuova città, che fu terminata dopo quindici anni dalla posa della prima pietra, nacque in origine su disegno di Bernardo Buontalenti, con il quale collaborarono Claudio Cogorano, Giovanni Medici (fratello del Granduca), Giovanni e Antonio Cantagallina, Alessandro Pieroni e Antonio Mazzenta. Nella città fortificata erano state aperte alcune porte: la Porta a Pisa, la Porta dei Navicelli, la Porta Colonnella, la Porta Nuova e infine la porta doganale dei Cappuccini27. La "Porta ai Cappuccini" prese il nome dal convento che si trovava lungo la strada maestra che iniziava dalla Porta e conduceva a Montenero. A causa dell'aria malsana delle paludi, a nord di Livorno molto prossime alla città, gli abitanti erano spesso malati e la peste faceva il suo ingresso anche tre o quattro volte ogni secolo. Il flagello, ovviamente, comprometteva l'aumento demografico ed economico ed anche per supplire a ciò furono emanati i privilegi concessi dal Granduca. Il Mediterraneo era solcato dalle navi degli avventurieri inglesi e olandesi, con i quali il Granduca strinse accordi commerciali28. Ogni "Nazione" venne a Livorno con le proprie rappresentanze. La Nazione Inglese è stata molto importante e la sua presenza contribuì proficuamente allo sviluppo del commercio. La comunità inglese già nel 1646 aveva a Livorno il suo cimitero, situato proprio in quello che ora è il Borgo dei Cappuccini: Qui (sulla strada degli spalti) in località "Fondo Magno" fu eretto nel 1646, il Cimitero Inglese; nei documenti dello stesso anno: Beni del Cavalier Adami venduti per farvi il Cimitero Inglese. Per andare all'antico Cimitero, si doveva passare dalla Porta ai Cappuccini, per via Crimea, che era detta allora Via del Cimitero Inglese ed iniziava dove oggi si trova Piazza S. Pietro e Paolo. Via Crimea (che oggi è una parte dell'attuale via S. Carlo) proseguiva per via della Pace (una parte dell'odierna via Verdi, detta via degli Elisi dopo il 1838). Si arrivava al Cimitero anche dalla Porta a Pisa, seguendo la Regia via degli Spalti fino a via della Pace. Nel 1817 via S. Carlo non aveva ancora un nome ed era detta strada sterrata nel sobborgo della Crimea tra il Borgo dei Cappuccini e la via delle Spianate, al ponte del Fedi. Sul terreno di fronte al cimitero sorgeva nel 1845 la Chiesa Anglicana e nella stessa via e nello stesso anno la Chiesa Presbiteriana29. Il Vivoli ci dice anche: Poiché ivi di recente è stato eretto un Cimiterio, il quale è quello degli Inglesi Protestanti stabiliti in Livorno! […] Poche umili case rurali di contadini, erette sulle avanzate fondamenta delle fabbriche antiche, gli sorgono appresso30. Già prima della metà del Seicento la zona cominciava quindi a prendere la forma di un Borgo. Provenendo dalle campagne dell'attuale zona del Borgo i contadini, passando dalla Porta ai Cappuccini, portavano i prodotti della terra e gli animali al mercato della città. Il mercato era dislocato nelle piazzette, ma specie nella piazzetta del Villano31 (all'incirca tra le odierne via Fiume e via Pietro Tacca)32, chiamata anche "dei cavoli" e "della Pescheria Vecchia". Le vendite si svolgevano anche sotto le logge della Piazza D'Arme (piazza Grande) con grande disagio per l'ordine, per cui nel 1634 fu presa la decisione di affidare all'ing. Cantagallina il compito di aprire il mercato in una piazza poco distante, chiamata poi Piazza "dell'erbe" o "dei viveri", l'attuale Piazza Cavallotti33. Se immaginassimo di scattare una foto di ciò che appariva alla vista di chi entrava in città dalla porta ai Cappuccini, oltre alla nuova darsena che ospitava all'ormeggio tante galere e legni grandi e piccoli, si vedevano due delle meraviglie di Livorno: il "Fanale" e la "Torre del Marzocco". 13 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento La prima, con la sua luce, indicava il cammino e l'approdo sicuro ai naviganti diretti a Livorno; quella luce si vedeva a distanza anche là dove il mare non c'era ed era quindi uno dei primi punti di riferimento anche per gli abitanti più distanti dalla costa. Costruito nel 1303 dalla Repubblica di Pisa in un breve tempo di pace, "il Fanale" (danneggiato durante la seconda guerra mondiale e ricostruito) è una struttura composta da due torri sovrastanti che a tutt'oggi segnala la presenza del porto ai naviganti. Nel Regolamento Mediceo del 1565 viene riportato un episodio relativo a questo faro: in quell'anno era tale la miseria che attanagliava Livorno che non c'era più olio neppure per illuminare il Fanale di notte; spesso era acceso solo qualche ora, oppure rimaneva spento per mancanza d'olio, pertanto il regolamento pose una severissima regola: […] ivi considerato di quanta importanza sia alle Navi, Navilij, e Barche che surgono in detto Porto (di Livorno) di notte, che la Lanterna del Fanale stia accesa, ordinorno che il Provveditore della Dogana sia tenuto, et debba haver cura del detto Fanale… e providdono che la Guardia di esso non possa in alcun modo friggere né per se, né per altri alcuna quantità di pescie in detto Fanale, sotto pena di Scudi 10 d'oro per qualunque volta, e della perdita del luoco34. È evidente che il Fanalaio (così era chiamato), avendo in dotazione un po' di olio per accendere il faro, spesso condivideva con altri poveri miserabili questo piccolo tesoro per cuocere quello che il mare elargiva gratuitamente. L'altra torre, quella del "Marzocco" è una delle più belle mai costruite, elogiata come un'opera d'arte. Nel 1423 i fiorentini, padroni di Livorno, per mostrare la loro potenza e ricchezza, anche in mare, costruirono questa magnifica torre di avvistamento di fronte al porto, probabilmente su disegno del Ghiberti. La torre prende il nome dal leone che regge lo scudo gigliato di Firenze; il leone era in bronzo sormontato da una banderuola e fu abbattuto da un fulmine nel 1737. Ogni lato della torre, di pianta ottagonale, riportava incisi in alto i nomi dei principali otto venti ai quali ogni lato era esposto: Mezzodì, Iscilocho, Levante, Grecho, Tramontana, Maestro, 14 Ponente, Gherbino35. Costruita in marmo bianco del Monte Pisano (probabilmente marmo delle cave di Carrara), aveva la particolarità di essere dotata di un ingegnoso sistema per raccogliere l'acqua potabile per il consumo di chi la abitava: infatti, un canaletto, che scendeva dalle pareti di marmo, raccoglieva l'acqua piovana, ma anche le rugiade portate dai venti che si posavano sulle lisce facciate; il tutto era convogliato in una cisterna sottostante. Come si può vedere anche dalle antiche stampe, la Torre del Marzocco fu costruita in mezzo al mare, ma, con il suo progressivo interramento, ora si trova sulla costa36. Il territorio intorno al convento dei Cappuccini nei primi anni del Seicento continuava a popolarsi. Vi si trovavano povere case, perlopiù abitate da gente di umile estrazione. L'aumento della popolazione, a Livorno, era dovuto all'arrivo di tutti quelli che, sostenuti dai privilegi concessi con le Leggi livornine, svolgevano un mestiere utile alle richieste del Granducato e qui si potevano stabilire con le loro famiglie. Molti erano i pescatori, i barcaioli ed altri artigiani, sicuramente gente di poca disponibilità economica, che, per poter beneficiare dei privilegi, come richiesto dal bando, dovevano acquistare un bene stabile nel Capitanato di Livorno, oppure depositare 500 scudi per ogni capo famiglia al Monte della Pietà di Pisa, deposito di cui avrebbero potuto ritirare l'interesse maturato del 5% all'anno. Sicuramente il lavoro non mancava, dato che anche lo stesso Granduca s'impegnava a trovare per tutti una sistemazione37. Le abitazioni più grandi e migliori nella città erano dei ricchi commercianti, fra cui molti provenienti da Nazioni straniere. I commercianti stranieri aumentarono in modo esponenziale, dopo l'invito del Granduca e allettati dal porto franco già dichiarato da Cosimo I38. Ben presto la città giunse a saturazione e iniziarono a nascere in modo naturale i Sobborghi, come quello dei Cappuccini. Molte erano le case con bottega, ma si trattava di piccole attività che pian piano scomparvero con l'urbanizzazione del Borgo. Il territorio del futuro Borgo, avendo sane caratteristiche ed una buona posizione logistica di vicinanza al mare, si prestava ad accogliere coloro Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento che esercitavano le arti marinaresche ed i mestieri collegati. Nel 1606 la miseria era ancora tanta, che Antonio Benci, il quale aveva tremila staia di pinoli in una pineta di Castiglione della Pescaia, chiese al Granduca di portarli a Livorno o a Pisa per poter beneficiare dell'esenzione della dogana e delle tasse come merce "forestiera"; in cambio avrebbe fatto schiacciare i pinoli ai poveretti della città e dei sobborghi: Niccolò Benci devoto servo di V.A. […] e quest'anno si trova in magazzino in detto luogo meglio di 3 mila staja di pinocchj da stiacciare in detto luogo da gente forestiera […] gli fussi fatto gratia, che egli potessi far condurre in Pisa, o Livorno come mercantia forestiera, et di fuori delle 100 miglia, per potere godere quel benefitio nella detta Dogana […] e gli farebbe quivi stiacciare a benefitio de' poveri di questa Città, pur che detta mercantia non pagassi gabella né a Livorno, né a Pisa […]. Il Granduca concesse al Benci il permesso per i pinoli e ugualmente concesse al Cav. Iacopo Spini ed ad altri interessati la privativa per distillare l'acquavite con un nuovo strumento di loro invenzione39. Nella seconda metà del Seicento la popolazione continuò a crescere, insediandosi, possibilmente, sempre più in prossimità della città e del porto; dalla strada maestra dei Cappuccini, si intersecavano altre strade verso la campagna, che in quel periodo era già popolata (come confermato dalle memorie del convento), quali via Cecconi, detta "Dietro il Bosco dei Cappuccini" che anticamente faceva parte della via di Monte Nero e della via Vecchia di Monte Nero40; via San Carlo, dopo la costruzione del convento dei Padri Cappuccini, si chiamava "Dietro i Cappuccini" e successivamente strada sterrata nel sobborgo della Crimea tra il Borgo dei Cappuccini e la via delle Spianate al ponte del Fedi, ed era parte di via Crimea, in quanto, fino al 1828 non aveva un nome41; Corso Mazzini, che prima del 1696 era una parte di via delle Spianate che partiva da via dei Condotti Vecchi (l'odierna via Sant'Andrea) ed arrivava a piazza di Marte (odierna piazza Mazzini)42. L'"arte dell'arrangiarsi" È evidente che erano un po' i tempi "dell'arrangiarsi", i mestieri e le attività s'inventavano. Nel 1609, era divenuto Granduca Cosimo II figlio di Ferdinando I, che teneva molto in considerazione Livorno, ma anche la coltura delle ostriche che crescevano abbondantissime nei "fossi" dove scorreva acqua di mare limpidissima. Le ostriche erano quasi infestanti, tanto che alcuni pescatori se ne lamentavano perché intralciavano la pesca. Il Granduca nel 1619 ne inviò 200.000 in "bariglioni" a Roma al Console, a suo cognato Arciduca Leopoldo e ai Duchi di Modena e di Mantova43. Proprio nel Borgo, in via della Casina, tratto di strada compreso tra "la Casina delle Ostriche" e Borgo dei Cappuccini situata sugli attuali scali Manzoni44, praticamente all'altezza dell'Istituto di S. M. Maddalena, sorgeva la famosa Casina delle Ostriche, una specie di "trattoria" dove si consumavano frutti di mare, come telline, arselle, ostriche, e il famoso cacciucco. Era frequentata da nobili e signori del tempo; ci andò nel 1769 il Granduca Pietro Leopoldo, poi l'Imperatore Giuseppe II e nel 1796 gli amici ci portarono il generale Napoleone Bonaparte45. Fra leggenda e realtà sta l'origine degli Arrisi'atori, cioè coloro che Arrisiavano che rischiavano. Sembra fossero una sorta di corsari - niente di più facile a quei tempi a Livorno - che riuscivano ad abbordare le navi anche durante una tempesta che avrebbe fatto paura al più navigato dei lupi di mare. Erano imbarcati su barche a 12 remi (oggi i gozzi ne hanno 10) chiamate gozzi e vogavano al ritmo del timoniere, il più in gamba di tutti, colui che conosceva la costa palmo a palmo e che guidava il suo equipaggio al recupero dei legni in difficoltà ad entrare in porto. Gli Arrisi'atori erano una razza a parte, gente dura, abituata al pericolo e spesso a vedere la morte sulla faccia delle grandi onde che li sommergevano nella pazza corsa contro il mare. 15 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento L'obiettivo di ogni gozzo era quello di arrivare per primo a recuperare la nave e portarla in porto, in modo da aggiudicarsi il diritto di scaricare le merci che erano a bordo. Per questo motivo si accendevano delle gare di forza contro il tempo e contro il mare, a colpi di remi e muscoli. Un membro dell'equipaggio, che non vogava, stava di sentinella e scrutava l'orizzonte in attesa di scorgere una nave; appena la avvistava faceva ai suoi compagni un cenno convenuto ed allora si scatenava un vero e proprio assalto ai gozzi che in pratica partivano quasi tutti insieme; era poi l'abilità e il coraggio a decretare il vincitore. I Borghi che hanno una tradizione storica negli Arrisi'atori sono quelli del Borgo dei Cappuccini, della Venezia e di San Jacopo, tutti rioni che affacciavano sul mare. C'è chi ancora, attraverso i racconti tramandati nelle famiglie, sa di aver avuto un antenato Arrisi'atore. Sicuramente gli Arrisi'atori di Borgo dei Cappuccini abitavano nelle vicinanze della Darsena, o magari chissà si arrangiavano in qualche magazzino… Le "Nazioni" a Livorno Nel Seicento Livorno era porto franco e, in conseguenza del Motuproprio del Granduca Ferdinando I del 10 febbraio 1591, era una città in espansione demografica ed in crescita di importanza come scalo del Mediterraneo. Le "Nazioni" venute a Livorno per i loro commerci e per stabilirvisi con grandi vantaggi46 la trasformarono in una delle più importanti città cosmopolite, dove s'integrarono diverse culture, lingue, usi e costumi. La meravigliosa contaminazione che ne seguì fece di Livorno e dei suoi abitanti un colorato mondo, dove fiorirono mercati dalle "mille e una notte", dove per le strade si sentivano i profumi dei cibi arricchiti dalle spezie e dove nacquero varianti gastronomiche che divennero la sua "tradizione". Per le strade, le fogge degli abiti connotavano la provenienza, ma ben presto si "confusero", adottati con semplicità da chi ne voleva far sfoggio; le case e i loro arredamenti, ricchi o modesti che fossero, portavano il tratto distintivo di chi le abitava. Entrare nella città e passare nella via principale, che accede al porto, era uno spettacolo di colori di stoffe, tendaggi, suppellettili, illuminati dal fioco sussulto di lanterne, testimoni di amene e lontane frontiere. Per conoscere meglio la natura della popolazione di Livorno, non si può non parlare delle "Nazioni" che tanta importanza hanno avuto nel suo sviluppo e nella sua espansione urbanistica. I commercianti stranieri erano ovviamente benestanti. 16 La Nazione Greca, presente in Livorno già invitata da Cosimo I per armare le sue galere dell'Ordine di Santo Stefano, era costituita da gente di mare, abile, coraggiosa e dotata di capaci nocchieri e si stabilì presso il borgo di San Jacopo in Acquaviva, officiando le proprie funzioni religiose nella chiesa dei Padri Agostiniani che si erano trasferiti in città, per poi costruire la nuova chiesa della Beata Vergine Annunziata in via della Madonna (già via dei Greci)47. La Nazione Inglese era presente nel Borgo (via Verdi), col suo cimitero e le chiese Protestante e Scozzese, dal 1646. La Nazione Armena costruì la sua chiesa in via della Madonna. La Nazione Francese aveva una cappella dedicata a San Luigi nella chiesa della Madonna del Carmine dei Padri Francescani in via della Madonna. La chiesa della Madonna del Carmine ospitava anche altari della Nazione Portoghese e della Nazione Olandese e Fiamminga che poi costruì la bellissima chiesa, detta degli Olandesi, sugli scali omonimi. La Nazione Ebrea a Livorno è stata ed è a tutt'oggi la più rappresentata. A Livorno non c'è mai stato un ghetto ebraico, anche se tendenzialmente gli ebrei preferivano abitare vicini. Le loro abitazioni si concentrarono nella parte meridionale della città, dove fu costruita una magnifica Sinagoga, la più bella d'Europa, distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e poi ricostruita Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento negli anni cinquanta del Novecento su progetto di Angelo Di Castro, con una architettura nuova, inedita per forma e tecnica. La Nazione Siro-Maronita officiava nella chiesa di Santa Caterina, nella Venezia. La Nazione Turco-Ottomana ebbe un cimitero detto "Campaccio dei Turchi" in prossimità del Lazzaretto di San Rocco. I nomi illustri legati alle Nazioni sono conosciuti e ricordati dai livornesi: le famiglie greche Maurogordato, Palli (famosa esponente, la poetessa Angelica), Rodocanacchi e Bartolomeo Volterra del Zante che Cosimo I nominò Governatore48; gli inglesi Tobia Smollett, il capitano Robert Dudley, Lord Byron e il poeta Percy Bysshe; gli armeni con il console Kirakos Mirman e il nobile Gregorio De Ghirac Mirman. Sulla via di Montenero sorgevano delle bellissime ville con questi nomi, una in particolare quella detta del Buffone, in quanto la acquistò Antonio Buffone mercante, era antica e sembra sia stata costruita dai Medici e data alla Famiglia Mirman49. Note 1 Giacinto Nudi, Storia urbanistica di Livorno. Dalle origini al secolo XVI, Venezia, Pozza, 1959, p. 13, nota 9. 23 Ibidem, p. 77. 2 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno di Gesù Cristo 1840, Tomo III, Livorno, Sardi, 1844, p. 177. 25 F. Pera, op. cit., pp. 89-90. 3 Ibidem, pp. 186-188; Giuseppe Piombanti, Guida storica ed artistica della città e dei dintorni di Livorno, II ed., Livorno, Tip. Giusti-Fabbreschi, 1903, pp. 331-332. 4 G. Nudi, op. cit., p. 89. 5 G. Piombanti, op. cit., p. 64. 6 Aldo Del Lucchese, Stradario storico della città e del Comune di Livorno, Livorno, Belforte grafica, 1975?, p. 36. 7 Ibidem, p. 121. 8 Ibidem, p. 7. 9 Ibidem, p. 39. 10 Ibidem, p. 26. 11 Ibidem, p. 103. 24 F. Terreni, op. cit., p. 27. 26 Ibidem, pp. 78-80. 27 G. Piombanti, op. cit., pp. 22-23. 28 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno di Gesù Cristo 1840, Tomo IV, Livorno, Sardi, 1846, pp. 9-10. 29 A. Del Lucchese, op. cit., pp. 28, 52, 103. 30 G. Vivoli, op. cit., Tomo II, p. 138, nota 24. 31 G. Piombanti, op. cit., p. 325. 32 A. Del Lucchese, op. cit., pp. 84, 102-103, 121.. 33 G. Piombanti, op. cit., p. 325. 34 G. Vivoli, op. cit., Tomo II, p. 359, nota 48. 35 Ibidem, p. 297. 36 Ibidem, pp. 198-199. 12 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno di Gesù Cristo 1840, Tomo II, Livorno, Sardi, 1843, p. 229. 37 F. Pera, op. cit., pp. 78-80. 13 G. Piombanti, op. cit., p. 22. 39 G. Vivoli, op. cit., Tomo IV, p. 16, note 25 e 26; pp. 68-69. 14 Ibidem, p. 401. 40 A. Del Lucchese, op. cit., p. 32. 38 G. Piombanti, op. cit., p. 19. 15 G. Vivoli, op. cit., Tomo II, pp. 437-457. 41 Ibidem, pp. 28, 32, 103. 16 A. Del Lucchese, op. cit., p. 98. La Rosa del Tirreno era l'immagine di una pianta di rosa sulla moneta detta "pezza" (e sue divisioni) che rappresentava la prosperità di Livorno. Fu coniata dalla zecca di Firenze per la città di Livorno dal 1665 al 1726. 42 Ibidem, p. 52. 43 Giuseppe Vivoli, Guida di Livorno antico e moderno, Firenze, Vallecchi, 1956. 17 G. Piombanti, op. cit., p. 19. 45 G. Piombanti, op. cit., p. 128. 18 Francesco Terreni, I Cappuccini e la Chiesa della SS. Trinità in Livorno, Livorno, Stella del Mare, 1999. 19 Ibidem, p. 17. 20 Ibidem, pp. 19-20. 21 Ibidem, p. 20. 22 Francesco Pera, Curiosità livornesi inedite o rare, rist. anastatica, Livorno, Bastogi, 1971. 44 A. Del Lucchese, op. cit., p. 22. 46 A tutti Voi Mercanti di qualsivoglia Nazione, Levantini, Ponentini, Spagnuoli, Portoghesi, Grechi, Tedeschi, Italiani, Ebrei, Turchi, Mori, Armeni, Persiani, dicendo ad ognuno di essi salute. Cfr. G. Vivoli, op. cit., Tomo III, pp. 190-191. 47 Ibidem, p. 48; G. Piombanti, op. cit., p. 19. 48 G. Vivoli, op. cit., Tomo III, p. 48, nota 45; p. 103. 49 G. Piombanti, op. cit., p. 401. 17 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Una pianta di Livorno del XVIII secolo. Un'altra pianta di Livorno in un'acquaforte del XVIII secolo. A sud della cinta muraria i terreni su cui sorgerà Borgo dei Cappuccini 19 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Litografia del XIX secolo che riproduce una veduta generale della città e del porto di Livorno nel Seicento; sulla destra in basso si nota il Lazzeretto di S. Rocco. La pianta topografica della città di Livorno, il porto e i dintorni, in un'acquaforte del XIX secolo. Si nota l'inizio dell'espansione dei sobborghi. 20 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Il Lazzeretto di S. Rocco in un'acquaforte colorata del XVIII secolo. Nel 1799 nei pressi del Lazzeretto di S. Rocco si accampa un corpo di truppe russe al comando del generale Principe Volchonschj. 21 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento La città di Livorno con il porto e il Fanale in primo piano. Acquaforte del XVIII secolo. La Torre del Marzocco in un'altra acquaforte colorata del XVIII secolo. 22 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Un'acquaforte risalente al XIX secolo rapprensenta una veduta del Cimitero degli Inglesi. Una foto della statua del Villano. 23 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Capitolo 2 Tra sobborghi e Borghi dal Settecento all'Ottocento Il commercio in Livorno era un commercio di "deposito" (porto franco); di conseguenza i traffici portuali erano maggiori in periodo bellico e minori in tempo di pace. Livorno si dichiarava città neutrale nel 1718, confermandosi nel 1739 e nel 1757. I Livornesi facevano da "prestanome" per la proprietà delle merci di questa o quella nazione, in modo che fossero protette da eventuali aggressioni da parte dei nemici1. Alla fine del Settecento, Livorno risultava il secondo porto del Mediterraneo dopo Marsiglia; la sua fortuna prosperava, i servizi commerciali erano ottimi: basti citare la stanza dei cassieri, una "stanza", dove si equilibravano debiti e crediti fin dal 1703. La città ospitava diciassette consolati e sotto il controllo governativo vi erano pubblici pesatori e sensali. Aveva anche molte stamperie che pubblicarono le prime edizioni dell'Encyclopédie di D'Alembert e Diderot e Dei delitti e delle pene di Beccaria. Si costituisce anche la "Compagnia di commercio toscana", la quale faceva anticipazioni sulle merci alle fabbriche e ai possidenti dello stato, nonché piccole assicurazioni sulle regole di altre compagnie2. Le condizioni degli abitanti della campagna, però, non erano delle migliori. Su loro gravavano anche tasse pesanti: nel 1737, risulta che già subissero una tassa esosa per mantenere una "squadra di sbirri" a protezione delle loro case, aumentata per costituire lo stipendio fisso ad un medico, prima gratuito. Quando portavano i prodotti agricoli e gli animali in città, che erano liberi da tasse daziarie, dovevano comunque pagare la tassa alla comunità, ma gli effetti di questi soldi non ricadevano su di loro poiché le campagne non erano oggetto di lavori pubblici, compreso il rifacimento delle strade in condizione disastrose3. Sempre in quest'anno, i privilegi vennero rinnovati, ma c'erano anche tasse che non si potevano evitare, come le tasse suntuarie, ovvero le tasse sui beni di lusso, come la tassa sulle Parrucche e quella sul Piè Tondo; quest'ultima era la tassa sui cavalli e i muli dei privati, ma i contadini certo non li usavano per andare a passeggio, bensì per lavoro4. Le vie del Borgo Nel sobborgo dei Cappuccini nacquero altre strade, sempre in "campagna", come via Cavalletti che prese il nome da una famiglia che vi abitava, si estendeva fino a corso Mazzini (questa strada arrivava fino all'odierno Viale Italia con il nome di via dei Cavalleggeri già dal 1722); il vicolo dei Vetrai a cui si accedeva dalla via degli Archi, si chiamava così perché c'erano due fabbriche di oggetti in vetro da prima del 25 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento 1776; via dei Carrozzieri preesistente al 1828. Si chiamò via Ginesi; la via degli Archi che prima si chiamava via del Palandri5. Nel 1743 furono istituiti i Curatori di strade, segno che da quel momento le strade di campagna passarono a carico della Comunità. A conferma che in queste vie esistevano abitazioni o ville in quello che diventerà il Borgo dei Cappuccini, vi sono i cognomi delle famiglie che avevano possedimenti in queste zone; spesso, infatti, le strade prendevano il nome dai proprietari terrieri e in questa zona alcuni erano Balbiani, Cavalletti, Ginesi, Mayer, Mirman, Parenti, Palandri6. Erano due cittadini estratti a sorte, che per un periodo sorvegliavano e provvedevano a quanto occorreva alle vie maestre fuori dalla città, facendo anche proposte. Queste strade erano la strada da Porta Pisana a Ponte Arcione, la strada di Montenero, quella dei Condotti, delle Colline, di Salviano, la via dietro ai Cappuccini, e quella di Marina per i Cavalleggeri7. Una visita speciale e qualche divertimento… anche per il popolo La dinastia Medici si era conclusa nel 1737 con l'infelice governo di Gian Gastone. divertimento che in loro onore dette il ricco negoziante armeno Conte David Sceriman […] Il Granducato di Toscana passò alla dinastia lorenese con Francesco Stefano (futuro Francesco II Imperatore) che regnò fino al 1765. Egli non si preoccupò molto della Toscana, tanto che la visitò solo una volta e affidò la reggenza a Marc Beauvau Principe di Craon. Un altro divertimento lo offrì la Nazione Olandese: una partita di calcio, dove le due squadre vestivano rispettivamente di raso giallo e raso verde. Singolare la descrizione che ne fa il Vivoli, traducendo da un testo in latino le dinamiche del gioco e dimostrandosi niente affatto un tifoso: Nel 1739, in occasione della sua unica visita insieme alla moglie Maria Teresa, che nel 1740 avrebbe ereditato la corona d'Austria, la città di Livorno preparò dei festeggiamenti fiabeschi, ai quali contribuirono tutte le Nazioni presenti. Uno degli spettacoli fu il Palio dell'Antenna: Nelle ore pomeridiane, dal Bastione della Canaviglia della Fortezza Vecchia, furono spettatori di una corsa di barchette, con salita di montatori sopra un antenna, Il Calcio è una specie di giuoco di palla; questa può essere di panno o pelle ripiena di lana o cotone, e i giuocatori sono molti divisi in due schiere disposte una di fronte all'altra; gittata la palla non è respinta, ma ognuno procura farla passare al di dietro dei propri compagni, mentre gli avversari si adoperano rapirla a forza per conseguire in vantaggio della propria insegna questo risultato. Vi furono anche incontri di Palla a Corda dove giuocavasi al volano con la racchetta8. La terra si "squote" Martedì 16 gennaio 1742 alle ore 7 la terra cominciò a tremare a Livorno, ma il peggio non era ancora arrivato: In questo fatale sabato 27 verso mezzogiorno, il tempo quieto e sereno divenne a un tratto nuvoloso ed oscuro per subito voltarsi di moderato borea in austro violento; e il mare placido cambiò minaccioso più che per 26 tempesta, a causa di scomposto moto, per cui ora gonfio nascondeva le punte elevate degli scogli, ora nabissato ne scuopriva le radici. Nello stesso tempo gli animali famigliari dell'uomo invasi da subito spavento fuggirono le domestiche dimore stranamente correndo per le aperte vie; i rinchiusi con furia cozzavano a rompere i legami, a superare i ripari; tutti con alte e lamentevoli grida; gli uccelli cadevano stramazzati per le strade e Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento per i campi. Contandosi una mezz'ora dalle ore dodici del giorno si udì un fremito d'aria veloce e terribile, dalla parte di mare fra Ponente e Maestrale e subito seguitò un moto orrendo di terra nella direzione da Levante a Ponente, prima ondulatorio, poi sussultorio che terminò in vorticoso. Tale si fu lo strabalzamento della terra e degli abitatori, tanto rovinoso scroscio accompagnò la tremenda commozione che l'urlo disperato della moltitudine fece credere consumato il destino di Livorno. Il medico Giovanni Gentili nelle sue scientifiche osservazioni afferma che la durata della spaventosa catastrofe fu di trentadue minuti secondi9. Nessuna descrizione di questo evento è adeguata come quella di Giuseppe Vivoli. La città ebbe, oltre che numerosi morti e dispersi, molti danni e distruzioni. Tutte le case della campagna e del colle di Montenero offrirono riparo e sostentamento ai profughi della città, si scavò sotto le macerie e si allestirono tende di fortuna nelle piazze, si accesero fuochi perché ci si potesse riscaldare, si valutarono i danni e si tennero chiusi tutti gli edifici lesionati, come il Duomo, dando inizio subito ai restauri; furono messe a disposizione le milizie affinché non ci fossero furti, ma non ce ne fu bisogno, perché in quel momento non si verificarono. In quell'occasione i livornesi supplicarono che la Beata Vergine di Montenero fosse traslata a Livorno. I Padri Teatini, ai quali dal 1688 era stata affidata la cura della Chiesa de del convento di Montenero, portarono la Sacra Immagine in processione verso Livorno; arrivati al convento dei Padri Cappuccini acconsentirono a che fosse ospitata in quella chiesa per tre giorni. L'Immagine della Beata Vergine, portata a Livorno, vi rimase fino all'8 febbraio. Da quel giorno, il popolo livornese ha fatto un voto alla Madonna di Montenero che rispetta ancora oggi il 27 gennaio di ogni anno. Il convento dei Cappuccini, che non era stato lesionato col primo terremoto, subì gravi danni con quello che si verificò il 23 giugno dello stesso anno10. Porte aperte e Guglie Nel Settecento, l'incremento demografico già avviato nel secolo precedente continuò ed a Livorno si insediarono diverse case mercantili straniere, Greche, Inglesi, Svizzere ed Alemanne. Di conseguenza si pose il problema della costruzione di nuove abitazioni. Le mura di Livorno, con bastioni e "orecchioni", rendevano impossibile un'ulteriore edificazione, che per di più era proibita sulle "guglie", cioè sulla striscia di tolleranza dalle mura, che era di 450 metri, corrispondenti al limite di tiro dei cannoni11. Per cercare di supplire alle conseguenze dell'aumento della popolazione, con due "motupropri" furono emanate facilitazioni per edificare un sobborgo con case per marinai e pescatori; dopo la valutazione di proposte nella zone a nord e a sud della città, la decisione cadde sulla zona di Borgo San Jacopo. La scelta portò, però, un misero risultato, perché nelle case costruite dal Governo nel 1760 c'erano solo 64 abitanti, quasi tutti tessitori di velluti. Con la progressiva crescita della popolazione, ci furono corse all'edificazione selvaggia: per poter avere sempre più locali da affittare, le case esistenti furono sopraelevate senza controllo delle fondazioni. La campagna iniziava ad essere abbastanza popolata e i rapporti con la città si intensificarono, per cui fu presa la decisione di lasciare aperte le porte anche di notte, come si era deciso di fare anche a Firenze12. Pietro Leopoldo, che regnò fino al 1790, con Motuproprio del 15 dicembre 1776 consentì di edificare nello spazio delle Guglie che circondava la città. L'unico divieto rimase per la strada che portava ai Cavalleggeri, ma questo fu provvidenziale poiché permise in seguito di creare il viale della passeggiata a mare13. Le nuove costruzioni sorsero principalmente a ridosso delle porte principali della città, quella Nord e quella a Sud. L'edificazione risultava di- 27 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento sordinata e senza controllo, per cui le case seguivano in pratica il perimetro, che in alcuni punti era sporgente e in altri rientrante. La Porta a Pisa e la Porta ai Cappuccini costituivano un asse Nord-Sud; nei loro pressi i nuovi numerosi edifici si svilupparono secondo un ordine a raggiera. Nel 1777 Pietro Leopoldo consentì che si co struisse anche sugli spalti, cioè sulle fortificazioni, tanto che furono rilasciate delle concessioni per la costruzione di varie fabbriche, come quella per un complesso di mulini ad acqua. Tre anni dopo viene concessa a Paolo Baretti, fratello del console sardo Giuseppe, l'autorizzazione alla costruzione di un bagno di acqua salsa nella zona del Forte dei Cavalleggeri. Questa attività, negli anni a venire avrebbe costituito a Livorno una fiorente attività economica14. Nel nascente sobborgo dei Cappuccini, i Padri Cappuccini furono esortati dall'Arcivescovo di Pisa ad occuparsi di insegnare la dottrina cristiana agli abitanti nei pressi del convento, anche se la giurisdizione parrocchiale era quella di San Jacopo. Per incentivare la partecipazione alle lezioni di dottrina si istituirono dei premi e le doti per le ragazze più povere, per cui venivano utilizzati dei fondi del Patrimonio ecclesiastico. Per ottenere la dote le ragazze dovevano essere nate o residenti a Livorno da alcuni anni, di buoni costumi e aver frequentato i corsi di dottrina. Successivamente, nel 1839, le doti furono distribuite direttamente dalla Parrocchia della SS. Trinità dei Padri Cappuccini attraverso un sorteggio, mentre in seguito furono assegnate da una commissione composta da esponenti ecclesiastici, delle Confraternite e del Governo (deputati nominati dalla Prefettura). Questo metodo fu adottato fino all'inizio della prima guerra mondiale, dopo di che l'assegnazione delle doti fu competenza dell'Opera Pia dei Sussidi Dotali della Congregazione di Carità del Comune di Livorno15. Nel 1780-85 ci fu un aumento considerevole degli abitanti delle campagne, soprattutto a sud e sud-est, quindi nel sobborgo dei Cappuccini furono costruite molte nuove abitazioni, anche se rurali, e si aprirono altre strade, dove prima c'erano orti, per creare nuovi collegamenti. Ad agevolare le costruzioni nelle campagne intervenne un regolamento comunale del 20 marzo 1780, nel quale Pietro Leopoldo concesse agevolazioni nelle tasse, facendone pagare 1/30 in campagna e 29/30 in città, in considerazione del fatto che nelle campagne non c'erano servizi - come il lastrico nelle strade -, i traffici commerciali erano penalizzati dalla distanza e, per usufruire dei benefici del porto franco, le merci dovevano essere depositate nei magazzini dei bastioni della città16. Nascita del Borgo dei Cappuccini Borgo Cappuccini […] è strada anteriore al 1694, già strada Maestra dei Cappuccini… Da prima del 1781 si chiamò via di Montenero17. to del 1785 si cita la strada di Montenero come una strada calcata e logorata da un'infinità di vetture di villeggianti, o di devoti che vanno a quel Santuario. Nel 1781 si può identificare quel Sobborgo con il nome che porta ancora oggi: Borgo dei Cappuccini. Si può immaginare come doveva essere trafficata la strada di Borgo e anche lo stato in cui era. In quel periodo nei poderi del piano e a Montenero si costruivano sempre di più ville e case signorili. La moda aristocratica di allora "imponeva" la villeggiatura; lo stesso Goldoni, imperniò su questa moda tre delle sue commedie, proprio ambientate a Livorno, tanto che in un documen- 28 Da una Pianta di Livorno e del suo porto si potevano contare, nelle parti sud e sud-est nel raggio di un chilometro e mezzo dai bastioni, circa 130 edifici di cui molti rurali18. Nel 1793 Livorno è città neutrale. Con la terza occupazione francese del 1800, le costruzioni si intensificano nei sobborghi. Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento In quello dei Cappuccini, lungo la strada che porta tutt'ora quel nome, sorgevano lunghe file di case, fino al convento dei Padri Cappuccini, ed anche sulle strade secondarie, fino a congiungersi con i piccoli sobborghi di Valsovano (l'attuale quartiere di Colline, che prendeva il nome dalla villa omonima) e di Salviano19. Nel periodo della dominazione napoleonica non ci sono grandi novità urbanistiche, ma grazie ai francesi si acquisirono un organizzato servizio postale e una corretta progettazione tecnica per l'utilizzo razionalizzato delle strade come vie di comunicazione. Nel 1810 Napoleone decretò la soppressione degli ordini monastici e i Padri Cappuccini dovettero evacuare il convento, ma vi rientrarono nel 1814 nel giorno della festa di San Francesco. Nel 1827 il Borgo dei Cappuccini contava ca. 9.500 abitanti. La dinastia dei Lorena era tornata a governare in Toscana nel periodo della restaurazione e Leo poldo II, Granduca dal 1824, decise di cedere gratuitamente il resto degli spalti per le nuove costruzioni e nel 1834 decretò l'ampliamento della cinta daziaria, che andò ad inglobare i due sobborghi a nord e a sud, ormai molto estesi, evitando così il contrabbando fra la città ed i sobborghi che era molto diffuso. La necessità di mettere in comunicazione i due sobborghi con la città fu alla base del grande progetto del direttore delle Regie Fabbriche Cambray-Digny. Il progetto prevedeva l'abbattimento del Casone, fortificazione che ormai non era più necessaria, e la costruzione di un ponte sul fosso Reale che collegava, secondo il "cardo" del Buontalenti, la parte nord con la parte sud. Il fosso Reale fu rettificato e nello spiazzo lasciato dal Casone nacque l'attuale Piazza Cavour e più avanti Piazza San Pietro e Paolo con la nuova omonima chiesa. Nei decenni successivi il territorio del Borgo dei Cappuccini si ampliò notevolmente poiché vi si respirava aria buona, in quanto non c'erano mai state paludi e il terreno di buona qualità era molto produttivo. Vi si potevano ammirare trentasei ville circondate da orti, giardini e vigne20. Il Borgo tra industrie e scuole Nella seconda metà dell'Ottocento varie industrie si svilupparono nella città. I maggiori insediamenti si registrarono nella zona nord-est della città, mentre nel Borgo dei Cappuccini, dove risultava risiedere il ceto più abbiente, sorgevano industrie di birra, candele e carta colorata. Le industrie dei sobborghi producevano per le necessità non solo delle città, ma esportavano anche in tutta la Toscana21. Dopo l'Unità d'Italia, nel 1866, Luigi Orlando ottenne le concessioni per avviare la costruzione di un moderno cantiere navale, nella zona in cui sorgeva il Lazzaretto di San Rocco. Il Cantiere dei Fratelli Orlando rompeva il monopolio delle costruzioni degli arsenali militari di Venezia, Taranto e Napoli e fu quindi il primo cantiere gestito da privati, che osò intraprendere la costruzioni di navi in ferro. I livornesi sanno quanto lavoro ha dato il Cantiere Navale alla città, sia direttamente sia nell'indotto. Durante la seconda guerra mondiale fu distrutto completamente dai bombardamenti alleati e dalle mine tedesche22, con gravi danni anche alla popolazione che viveva nelle vicinanze di un obiettivo tanto sensibile. Nel dopoguerra, dopo la ricostruzione, il lavoro del Cantiere contribuì molto all'incremento dell'economia di Borgo Cappuccini. L'indole imprenditoriale marinara di Livorno e del Borgo dei Cappuccini è rappresentata da una grande famiglia di "marinai": i Neri, che hanno portato il nome di Livorno a livello nazionale ed internazionale grazie all'innovazione tecnologica che hanno sempre perseguito nella propria attività, a partire dal 1905. I Neri hanno inoltre avuto una parte importante nella restituzione a Livor- 29 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento no della tradizione del "Palio Marinaro", tanto che, per onorarli, i gozzi del Borgo Cappuccini hanno preso il nome di membri della famiglia. Già nel Settecento il Comune di Livorno manteneva scuole elementari, maschili e femminili e nei principali sobborghi; due si trovavano nel sobborgo dei Cappuccini. Nel 1833 Enrico Mayer, coadiuvato da alcune signore, apriva un asilo infantile in via degli Asili in Borgo Cappuccini, seguendo il metodo del sacerdote Ferrante Aporti, che fondò il primo asilo infantile in Italia; gli asili di Mayer nel 1900 contavano 276 maschi e 247 femmine. Nel 1836 nasceva, per le bambine povere, il Pio Istituto di Santa Maria Maddalena per volontà del Parroco di San Pietro e Paolo, Don Giovanni Quilici, e successivamente un convitto per signorine e a parte un asilo infantile solo femminile. Dal 1766 l'istruzione Nautica per la Marina Mercantile ha avuto una grande tradizione a Livorno, che tutt'ora è mantenuta con la presenza in Piazza Giovine Italia dell'Istituto Tecnico e Nautico, che nel 1923 è stato intitolato al Capitano di Fregata Alfredo Cappellini23. Nel 1903 veniva fondato l'Asilo Santo Spirito delle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice, che nacque come asilo per le bambine bisognose, ma ben presto divenne anche scuola elementare ed educandato nel 1915, mentre nel 1925 aprivano la scuola media e la Scuola Magistrale. L'Istituto Santo Spirito è presente ancora oggi sul territorio di Borgo Cappuccini per l'esattezza in corso Mazzini e si occupa ancora di istruzione in modo attuale e brillante. In via Cecconi sorse nel 1888 l'Istituto Sacro Cuore delle Suore della Congregazione Domenicana di S. Caterina da Siena, che da sempre si occupa di educazione e nei tanti anni della sua esistenza ha formato tante giovani24. Le Scuole Elementari Comunali, che nel 1872 erano 25, aumentarono negli anni tanto che nel 1881 erano 96. La fine dell'Ottocento vide la costruzione, oltre che delle scuole Giuseppe Micheli a San Marco e delle scuole Antonio Benci sul Fosso Reale, anche delle Scuole Carlo Bini nel Borgo dei Cappuccini che a tutt'oggi sono le Scuole Primarie del rione25. In Borgo Cappuccini, esattamente nel Corso Mazzini, in una elegante palazzina era presente dagli anni sessanta del Novecento la Scuola Ebraica, un tempo in via dei Lanzi. La Scuola Ebraica aveva classi di Scuola Materna, Elementare e Media, chiuse intorno al 1987. Le peripezie dei frati Cappuccini Il Borgo dei Cappuccini, al momento dell'ampliamento della cinta daziaria del 1834, veniva inglobato al suo interno e la Chiesa della SS. Trinità dei PP. Cappuccini, per effetto della nuova divisione territoriale il 3 giugno 1836, con Decreto del Vescovo Mons. Raffaello de Cubbe, diventava Parrocchia Indipendente, occupandosi anche dei fedeli della Parrocchia di San Jacopo rimasta fuori dalla cinta daziaria. Le vie assegnate, nel 1837, furono: le vie di Borgo Cappuccini e di Borgo San Jacopo, il Largo Bella Vista, Corso Reale, via Giulia, via del Condotto alle Navi, via Genesi, Orto Palandri, via del Fanale, via degli Ebrei, via delle Colombe, oltre un ampio territorio di campi e orti e altre vie che portavano il nome di chi vi abitava26. Già durante la soppressione degli Ordini Mona- 30 stici da parte di Napoleone, i Padri Cappuccini dovettero lasciare il convento. Ciò purtroppo accadde anche dopo l'Unità d'Italia: il 2 luglio 1866 nel convento arrivarono un rappresentate del Prefetto e due assistenti per inventariare i mobili e i volumi della biblioteca, una delle più ricche anche di testi antichi. Stilarono un elenco degli arredi e di tutti i libri e misero i sigilli al locale della biblioteca. Il Governo italiano il 7 Luglio del 1866 soppresse le Corporazioni Religiose e si appropriò dei loro beni. I Cappuccini lasciavano per la seconda volta il convento, del quale rientreranno in possesso solo nel 1870. Per riscattarlo, insieme al bosco e all'orto, dovettero pagare a rate una forte somma di denaro, aiutati dalla Generosità dei Signori Gustavo Molfino e Tommaso Pate27. Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Il Borgo dei Cappuccini tra caffè, passeggio e carrozze Nonostante l'abolizione del porto franco che fu decisa nel 1865 e attuata nel 1868, Livorno doveva fare i conti con una economia che cambiava, procurando un rallentamento sia economico che demografico durato fino al momento in cui si reimpostò un'economia non più basata sulle regole del porto franco. Per il "decoro civico dei magnati della città"28 fu deciso di realizzare una "passeggiata a mare" e di rivitalizzare l'economia cittadina con iniziative varie. Nel 1871 nella piazza di Marte (ora Piazza Mazzini), adibita un tempo alle esercitazioni militari, venne allestita una "fiera" permanente ad opera di un gruppo di commercianti, molto frequentata, specie nel periodo estivo, perché offriva svago e divertimento. Illuminata a gas - Livorno già dal 1802 aveva l'illuminazione a riverbero e quella pubblica fu installata prima che in molte altre città importanti quali Milano, Firenze e Venezia29 - ospitava botteghe di ogni tipo, spettacoli musicali, teatrini e lotterie, passeggiando tra fiori e boschetti arricchiti da getti d'acqua30. In Borgo Cappuccini, come in città, sorgevano ovunque molte " botteghe del caffè". Livorno era stata la prima nell'importazione di questo prodotto e già nel 1703 era stata data a G. Stefano Maronita la concessione di vendere per tre anni le "bevande di caffè, cioccolata e erba the"31. In un orto compreso tra la via dei Carrozzieri e via degli Asili, sorgeva l'Arena Garibaldi. Fu pensata e voluta da Antonio Morgantini e progettata dall'Ingegner Bani con due logge e una terrazza scoperta. Costò 100.000 lire e fu inaugurata il 1 luglio 1863 dalla compagnia livornese del Cav. Ernesto Rossi. Sembra però che non abbia fatto buoni affari, neppure quando, alla morte del Generale Garibaldi ne prese il nome. Nel 1891 chiudeva e iniziavano i lavori per la sua trasformazione più tardi in Politeama Garibaldi; ma l'opera non venne mai completata rimanendo in abbandono32. Nel 1871 un tale di nome Capuzzo otteneva a Livorno la concessione per il servizio Omnibus (dal francese "voiture omnibus" vetture per tutti). Si trattava di grandi carrozze con tanti posti a sedere tirate da cavalli; era il servizio precursore degli autobus e venne dapprima pensato per portare chi non aveva la carrozza privata, come i turisti in giro per la città e sulla passeggiata a mare. Una delle linee dell'Omnibus andava dalla stazione ferroviaria a piazza Mazzini. Il 22 maggio del 1881 si inaugurava il tram a cavalli su ferrovia. Le vetture erano 15 con 48 cavalli e collegavano la città alla zone a nord-est ed a sudovest, alla passeggiata, per proseguire verso sud fino a San Jacopo. Nel 1891, percorrendo l'antica via delle Guglie, si collegava anche alla Barriera Maremmana a sud e più tardi, nel 1895, alla Barriera Roma fino alle pendici di Montenero. In pratica la città, con i suoi sobborghi vecchi e nuovi, era tutta collegata dalla rete tramviaria. Gli Omnibus rimasero in servizio, per le zone non raggiunte dai tram. Di grande importanza per i lavoratori era il collegamento alla fabbrica della "Vetreria italiana": agli operai fu consentita una riduzione sul prezzo del biglietto, facilitando in tal modo la possibilità di usufruire da quel momento del servizio pubblico di trasporto. Nel 1897 il tram diventava elettrico33. In Borgo Cappuccini la via Genesi, esistente dal 1828, prese dal 1872 il nome di via dei Carrozzieri, perché qui esistevano delle fabbriche di carrozze34. 31 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Conclusione Chi scrive è stata testimone della vita del Borgo dei Cappuccini per sedici anni di lavoro. Ne rimane un ricordo indelebile di gioventù e di entusiasmo trasmesse da quel luogo. In Borgo non solo ci si conosceva da sempre, ma esisteva ciò che purtroppo viene a mancare sempre di più nella società odierna, "il buon vicinato". Chi abitava in Borgo, pian piano riceveva la solidarietà e la generosità, tipiche livornesi, di chi abitava vicino e non era difficile vedere qualcuno che ti porgeva una "zuppierina" del buon mangiare livornese, facendotene dono con un sorriso e tanta semplicità. Il profumo dei nostri buoni "desinà e cena", a certe ore del giorno e del pomeriggio, invadeva le vie e se ti trovavi a passare in estate, quando le finestre erano aperte, potevi sentire l'allegro tintinnio delle posate e le voci delle famiglie riunite. Al mattino le donne uscivano presto di casa per fare la spesa, perché la qualità di ciò che si comprava era irrinunciabile, così chi prima arrivava poteva scegliere. Nel percorrere il loro abituale tragitto andando per botteghe, si prendevano un po' di tempo per loro, fermandosi a parlare con la conoscente o l'amica di sempre magari per fare "un pezzo di strada insieme" e andare a bere un bel cappuccino "al vetro" e a leggere "il giornale", sì perché al mattino le frequentatrici dei bar del Borgo, erano le donne, amiche e vicine di casa. Spesso dalle finestre si vedevano penzolare i "panierini" che servivano alle anziane per ritirare la spesa messa dentro dal buon bottegaio, dopo aver letto il biglietto inviato per il solito mezzo. La vita in Borgo era come il ripetersi delle rime di un'appassionata ed antica poesia. Note 1 Lando Bortolotti, Livorno dal 1748 al 1958. Profilo storico-urbanistico, Firenze, Olschki, 1977, p. 4. 18 L. Bortolotti, op. cit., p, 30, nota 3 e p. 31. 2 Ibidem, p. 12, nota 3. 20 Ibidem, pp. 68-72. 3 Giuseppe Vivoli, Annali di Livorno dalla sua origine sino all'anno di Gesù Cristo 1840, Tomo V, Livorno, Sardi, 1856, pp. 25-26. 4 Ibidem, p. 18, nota 1. 5 Aldo Del Lucchese, Stradario storico della città e del Comune di Livorno, Livorno, Belforte grafica, 1975?, pp. 24, 22, 121. 6 G. Vivoli, op. cit., Tomo V, p. 60. 7 Ibidem, p. 93. 8 Ibidem, pp. 39, 44. 9 Ibidem, p. 68. 19 Ibidem, p. 38. 21 Ibidem, p. 75. 22 Da Il nuovo piano regolatore del porto di Livorno" Avvio per la variante del piano strutturale del Comune di Livorno -Autorità Portuale, del 4 dicembre 2008, pp. 17-19. 23 Giuseppe Piombanti, Guida storica ed artistica della città e dei dintorni di Livorno, II ed., Livorno, tip. Giusti-Fabbreschi, 1903, pp. 253, 255-57. 24 Cfr.http://www.sacrocuorelivorno.it/ e http://www.comune.livorno.it/_livo/uploads/santo_spirito.pdf . 25 G. Piombanti, op. cit., p. 254. 10 Ibidem, p. 85. 26 F. Terreni, op. cit., pp. 123-124. 11 L. Bortolotti, op. cit., p. 14 . 27 Ibidem, pp. 131-132. 12 Ibidem, pp. 14-19. 28 L. Bortolotti, op. cit., p. 86. 13 Ibidem, p. 20. 29 Ibidem, pp. 142-143. 14 Ibidem, p. 22 30 G. Piombanti, op. cit., p. 111. 15 Francesco Terreni, I Cappuccini e la Chiesa della SS. Trinità in Livorno, Livorno, Stella del Mare, 1999. 31 L. Bortolotti, op. cit., pp. 115-116 e nota 1 p. 115. 16 L. Bortolotti, op. cit., pp. 29-31. 33 L. Bortolotti, op. cit., pp. 253-258. 17 A. Del Lucchese, op. cit., p. 20. 34 A. Del Lucchese, op. cit., p. 22. 32 32 G. Piombanti, op. cit., pp. 354-355. Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Il "Fanale". Costruito nel 1303 dalla Repubblica di Pisa e ripristinato dopo i danni subiti durante la seconda guerra mondiale, è composto da due torri sovrastanti e a tutt'oggi segnala la presenza del porto ai naviganti. 33 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Torre del Marzocco. Costruita dai Fiorentini nel 1423 in marmo bianco, probabilmente su disegno del Ghiberti, prende il nome dal leone che regge lo scudo gigliato di Firenze; di pianta ottagonale, ogni lato riportava inciso il nome del vento a cui era esposto. Via Verdi, un tempo via della Pace nella parte Nord e via degli Elisi nella parte sud; sulla sinistra la chiesa Valdese costruita nel 1845. 34 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Via Verdi in un'immagine dei primi del Novecento. Chiesa della SS. Trinità. La chiesa dei Padri Cappuccini, la cui presenza ha dato origine al nome del Borgo, fu consacrata nel 1606 e nuovamente nel 1738 dopo lavori di ampliamento. 35 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Chiesa di San Giorgio. Consacrata nel 1844, si trova all'interno del Cimitero Inglese situato in via Verdi. Chiesa Valdese. Situata in via Verdi, fu la Chiesa Presbiteriana Scozzese fino ai primi del Novecento. 36 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Corso Giuseppe Mazzini, già Corso Umberto dal 1871. Nel 1696 faceva parte di via delle Spianate, che andava da via dei Condotti Vecchi (via Sant'Andrea) fino a piazza di Marte (piazza Mazzini). Piazza Mazzini. Fu denominata Piazza di Marte fino al 1872 perché era usata dai soldati per le esercitazioni; la parte della piazza più vicina alla nuova Darsena serviva da deposito per i legnami da costruzione per piccole navi. 37 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Piazza Mazzini, negli ultimi decenni dell'Ottocento, con l'Eden, una "fiera" permanente, illuminata a gas, con botteghe di ogni tipo, musica, lotterie e teatrini, tra fiori e boschetti arricchiti da getti d'acqua. Incrocio di Borgo dei Cappuccini con via San Carlo detta "4 canti". Borgo dei Cappuccini, prima via di Montenero e poi strada Maestra dei Cappuccini, partiva dalla porta ai Cappuccini che si apriva in direzione sud. 38 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Borgo dei Cappuccini nella parte più a sud, all'angolo con piazza Gavi, dove sorge la Chiesa della SS. Trinità dei Padri Cappuccini. La palazzina, quasi per ultima sulla sinistra, con la facciata che in alto porta un frontale settecentesco, è una villa suburbana, testimonianza della crescita della città, anche aristocratica, fuori dalle mura. Borgo dei Cappuccini negli anni sessanta-settanta del Novecento. 39 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Piazza San Pietro e Paolo prende il nome dall'omonima Chiesa sorta nel 1829. In questa zona, dopo l'abbattimento della caserma del Casone, nell'odierna Piazza Cavour, fu costruito un ponte di congiunzione con la città murata, da cui si poteva raggiungere il sobborgo dei Cappuccini. Via Roma in un'immagine dei primi del Novecento, fuori dalla Barriera Maremmana. 40 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Chiesetta di San Michele Arcangelo. Eretta nel 1703, con il contributo dei Cassieri di Livorno, era la prima stazione di venerazione della Madonna. Oggi si trova alla congiunzione di via Roma con viale N. Sauro. Via Roma alla congiunzione con Via Cecconi; entrambe le strade erano anticamente dette "Via di Montenero" 41 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Barriera Maremmana, eretta nel 1835 nell'attuale Piazza Matteotti (già Piazza Roma). Barriera Roma. Eretta nel 1889 alla fine della via omonima poneva fine alla città nei pressi dei Cimiteri della Misericordia. 42 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Ponte Nuovo. Costruito nel 1846 dall'ing. Pardossi ad una sola arcata e con un dosso elevato, fu denominato "Ponte dei sospiri" per la fatica che i carrettieri facevano sia in salita che in discesa; la seconda arcata, che eliminò il dosso, fu costruita nel 1888. Scali Adriano Novi Lena. Noti per le molte cantine, vi erano ormeggiate le barche dei pescatori e si noleggiavano imbarcazioni per andare a pescare o per giri turistici. 43 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Scali Cialdini. Conosciuti come scali dei renaioli, che con i becolini (imbarcazioni fluviali a vela latina) trasportavano la rena dell'Arno attraverso il canale dei Navicelli, scaricandola su uno spiazzo apposito. Canale dei Francesi. Scavato dalle truppe francesi nel 1799, collegava il Pamiglione con la Darsena Nuova. 44 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Il Cantiere Navale Luigi Orlando fu costruito a partire dal 1886 dalla famiglia Orlando, dove prima sorgeva il Lazzaretto di San Rocco. Lo spettacolare varo di una grande nave al Cantiere Orlando. 45 Livorno e i suoi sobborghi: storia di Borgo dei Cappuccini tra il Quattrocento e l'Ottocento Indice Capitolo 1 Livorno e il territorio dal Quattrocento al Settecento La vecchia via di Montenero e la devozione alla Madonna L'arrivo dei Frati Cappuccini a Livorno 1606: Livorno viene proclamata Città L'"arte dell'arrangiarsi" 7 9 11 13 15 16 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Le "Nazioni" a Livorno • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Capitolo 2 Tra sobborghi e Borghi dal Settecento all'Ottocento Le vie del Borgo • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Una visita speciale e qualche divertimento… anche per il popolo La terra si "squote" • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Porte aperte e Guglie • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Nascita del Borgo dei Cappuccini Il Borgo tra industrie e scuole • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Le peripezie dei frati Cappuccini • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Il Borgo dei Cappuccini tra caffè, passeggio e carrozze Conclusione 25 25 26 26 27 28 29 30 31 32 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • 47 Finito di stampare nel mese di giugno 2013 presso il Centro Stampa del Comune di Livorno