// L’Editoriale
L’Editoriale
di Maria Luisa Mastrogiovanni
mafia, politica, ambiente:
un’impresa in attivo
E
lsa Valeria Mignone, sostituto procuratore della Repubblica presso la DDA
(dipartimento distrettuale antimafia) ci
accoglie nel suo piccolo ufficio al secondo
piano della Procura di Lecce, in fondo a sinistra sempre dritto, alla fine di un corridoio
dove armadi e pavimenti traboccano di
fascicoli.
La stanza di cinque metri per cinque (a
dir molto) è sgombra di mobilio, se non fosse
per l’indispensabile: una scrivania, due sedie
poste di fronte, due armadi, pc. Ma sono elementi di arredo che quasi non si notano, perché sommersi dai faldoni.
Dietro i faldoni e dietro la scrivania, la
sostituta procuratrice. Si alza e ci porge la
mano, sorridente.
Minuta, anzi, piccola piccola, dall’aspetto fragile e dal fisico scattante e nervoso, è
disarmante nella trasparenza con cui dice
quello che pensa. E’ il suo coraggio, che è
disarmante. Tanto che spesso durante la
registrazione, le ricorderemo: guardi che
stiamo registrando, questo lo scriviamo.
E lei, ferma: certo.
Di tanto in tanto chiama la sua segretaria,
una sorta di angelo custode silenzioso e quieto, dal passo leggero, con bellissimi capelli
candidi trattenuti da un fermaglio nero.
Rimarrà anche lei, insieme alla magistra-
E
//
ta che rilascia un’intervista fiume per tutto il
pomeriggio, fino alle 19.30, a disposizione,
oltre ogni abnegazione ragionevole per un
dipendente pubblico.
Alle 19.30, quando andiamo via, la magistrata china di nuovo il capo sui faldoni:
«Stasera niente palestra, domani ho udienza.
Ora finisco di studiarmi il fascicolo e poi a
casa, a ripetere stanotte diritto privato con
mia figlia, ché fra poco ha l’esame». Problemi
di conciliazione lavoro-famiglia anche per una
delle più alte cariche della Procura leccese.
Per 12 anni si è occupata di reati
ambientali, pubblico ministero nei processi
più importanti della Procura, in cui si è
scontrata con l’inadeguatezza delle norme
che in tema di ambiente prevedono un solo
strumento, l’articolo 53 bis (traffico illecito
di rifiuti) attraverso il quale incardinare il
reato penale, altrimenti tutto si riduce ad
un’ammenda pecuniaria. Quando non alla
prescrizione.
Inadeguatezza delle norme significa che
chi sversa nell’ambiente fusti di pcb, sostanza altamente cancerogena, e li sversa perfino nelle discariche autorizzate, come è successo a Burgesi, nella maggior parte dei casi
rimarrà impunito.
Il responsabile della discarica Burgesi
sommario
VEDIAMOCI CHIARO
29
33
04
COPERTINA // INCHIESTA //FENOMENI IN CRESCITA.
LA VIOLENZA, NEL SALENTO, È DI CASA
di Laura Leuzzi
10
INCHIESTA // DONNE OMICIDE
di Barbara Melgiovanni
SUL COMODINO E NELLA BORSA DI...
di Adriana Poli Bortone
35
OROSCOPO
a cura di Iuly Ferrari
36
SAPERE, SENTIRE, VEDERE
a cura di Flavia Serravezza
46
CONTROCANTO ospita Francesco Ria:
Ritorno al futuro. In rosa
(continua a pag. 2 dello speciale “Rifiuti S.p.A.”)
il mensile del salento
Anno VI - n. 55 - Marzo 2009
Iscritta al numero 845 del Registro
della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004
EDITORE:
Nerò Comunicazione - Casarano - P.zza A. Diaz, 5
DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni
HANNO COLLABORATO:
Mario Maffei, Laura Leuzzi, Francesco Ria, Flavia Serravezza,
Barbara Melgiovanni, Ada Martella, Giancarlo Colella
FOTO:
Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia
REDAZIONE:
p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238
E-mail: [email protected]
IDEE DAL TACCO
ALMANACCO SALENTINO, QUESTIONE DI LOOK
infatti, Grecolini, fu condannato a otto mesi
di detenzione proprio a seguito del ritrovamento dei fusti di pcb all’interno della discarica autorizzata, ma dimostrare l’aggravante
della condotta mafiosa è difficile, nonostante la ditta interessata al trasporto fosse proprio quella legata ai Rosafio di Taurisano,
imparentati con esponenti della Scu.
E’ tanto difficile dimostrare l’aggravante
mafiosa che i Rosafio, ad oggi, non sono stati
condannati per traffico illecito di rifiuti né è
stata riconosciuta finora l’aggravante del
comportamento mafioso, perché all’epoca
del ritrovamento dei fusti del pcb nella discarica di Burgesi, non era ancora in vigore
l’articolo 53 bis. Si potè condannarli per
danneggiamenti e reati minori.
CULTURA&PERSONE
14
17
REPORTAGE // BASTA POCO PER UN SORRISO
REPORTAGE // DUE SETTIMANE, UNA VITA.
IN CAMERUN
PUBBLICITÁ:
[email protected] - tel. 3939801141
Unione Stampa Periodica Italiana
Tessera n° 14705
STAMPA:
Stab. grafico della CARRA EDITRICE Z. I. - Casarano (Le)
DISTRIBUZIONE:
Italian Services Group - Lecce
0832.242214 - 348.0039271
22
SOCIETÀ // SE FOSSI LEI
di Laura Leuzzi
ABBONAMENTI:
15,00 Euro per 10 numeri
c/c n. postale 54550132 - intestato a Nerò Comunicazione
P.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - [email protected]
27
LIBRI // BILANCIO: FEMMINILE SINGOLARE
IL PROSSIMO NUMERO IN EDICOLA IL 1º APRILE 2009
//Copertina //Fenomeni in crescita //Violenze sulle donne
di LAURA LEUZZI
[email protected]
I CONTORNI DELLA VIOLENZA DI GENEREIN PUGLIA
E NEL SALENTO. IN MANCANZA DI DATI CERTI,
DI STRUTTURE DI ASSISTENZA ADEGUATE,
DELLA GIUSTA CONSAPEVOLEZZA DA PARTE
DELLE DONNE. TROPPO DA DIRE E TROPPO DA FARE.
A COMINCIARE DA UN PASSO SEMPLICE
EPPURE COMPLICATO: INDIVIDUARE GLI ABUSI
la violenza,
nel salento,
è di casa
L
a percezione che abbiamo oggi della violenza sulle donne è di un fenomeno in
preoccupante ascesa. Il clamore mediatico che si scatena ad ogni nuovo caso,
accompagnato spesso da reazione xenofobe,
contribuisce ad infondere negli animi femminili una sensazione di insicurezza ed una
paura diffusa dell’altro.
A differenza di ciò che avviene su scala
nazionale, in particolari contesti metropolitani, nel Salento non ci sarebbe un fenomeno
“violenza di genere”. I dati forniti dalla
Questura e dall’unico centro antiviolenza, privato (di pubblici non ce ne sono), non hanno
registrato negli ultimi tempi un incremento
degli episodi. Ciò perché, nel Salento, la violenza è soprattutto di tipo domestico. Un
“fatto privato” che si consuma tra le mura di
casa.
L
Quando si parla di violenza, infatti, non ci
si riferisce necessariamente alla violenza sessuale o a quella fisica: barbare, evidenti,
estreme. La violenza di genere – quella di un
uomo verso una donna – ha più volti. Tra essi,
ci sono quelli sottili della violenza psicologica ed economica.
Forme di sopruso che si consumano quotidianamente; abusi che neppure vengono
percepiti come tali, perché considerati “normali” del rapporto uomo-donna, in una condizione di tolleranza della prevaricazione
spaventosa, perché diffusa in tutti gli strati
della società. Perché difficile da estirpare.
Eppure oggi le donne sarebbero più consapevoli e più portate a denunciare il torto
subìto (da questo deriverebbe la percezione
dell’incremento dei reati di genere). Alcune lo
fanno. Ma sono troppo poche.
il tacco d’Italia
4
Marzo 2009
vittime del “malamore”
“Le donne hanno più confidenza col
dolore. Del corpo, dell’anima. E’ un
compagno di vita. […] Ci si vive, è normale. Strillare disperde le energie,
lamentarsi non serve.
Trasformarlo, invece: ecco cosa
serve. Trasformare il dolore in forza.
Ignorarlo, domarlo, metterlo da qualche
parte perché lasci fiorire qualcosa. E’
una lezione antica, una sapienza muta e
segreta: ciascuna lo sa”. Così scrive nel
libro “Malamore” Concita De Gregorio,
giornalista, direttora de “L’Unità”, donna,
mamma di quattro figli. Le donne sarebbero così abituate al dolore, da non farci
caso. Sarebbero assuefatte alle prevaricazioni degli uomini da non riconoscerle
più. Oppure da considerarle manifestazioni della debolezza maschile; le
donne, in quel caso, si lascerebbero
sopraffare in nome di una maggiore
forza femminile. “Sarò capace di gestire
la tua ira – penserebbe la donna secondo De Gregorio – perché ne conosco l’origine e ti so fragile”.
// NON SI DICE IL PECCATO
NÉ IL PECCATORE
Nel Salento e in Puglia non esiste un
monitoraggio completo della violenza di
genere, punto di partenza necessario per
poter conoscere l’entità del fenomeno e dunque contrastarlo. I dati disponibili sono quelli raccolti, sul campo, dalla Questura e dal
centro antiviolenza privato “Renata Fonte”,
che però non possono fornire un quadro
esaustivo.
Inoltre gli enti coinvolti, come Questura,
carabinieri, ospedali, consultori, Osservatori,
istituzioni, non fanno rete e non comunicano
tra loro. L’unica indagine ufficiale pertanto è
quella, condotta su scala nazionale, dall’Istat
nel 2006.
La ricerca condotta su donne dai 16 ai
70 anni, fotografa una situazione allarmante: 7 milioni 134mila donne hanno subìto
violenza psicologica; 2 milioni 77mila hanno
fatto i conti con comportamenti persecutori
(stalking); un milione 400mila sono state
vittime di violenza sessuale prima dei 16
anni; 690mila l’hanno ricevuta dal proprio
partner e, al momento dell’aggressione, avevano figli.
Il Rapporto fornisce un ulteriore dato:
nonostante sia aumentata la percentuale di
donne che denunciano violenze o tentate violenze, il sommerso resta elevatissimo. Le
donne che, dopo aver subito una violenza,
preferiscono tacerla sono il 96%, nel caso di
abusi compiuti da un non partner e il 93%
nel caso di abusi compiuti dal partner.
Praticamente tutte.
In Puglia la situazione è pressappoco la
stessa. Il 24,9% delle donne ha subìto violenza fisica e sessuale; il 5,3% di esse l’ha
subita prima dei 16 anni. Solo il 10,8% ha
denunciato l’abuso, se compiuto dal partner; appena il 5,4%, se compiuto da un non
partner.
violenza salentina. troppi casi taciuti
La violenza sulle donne non è facilmente
catalogabile. Essa rientra nell’ambito dei
reati alla persona che non vengono classificati in base al genere della vittima.
Stando ai dati forniti dalla Questura di
Lecce, nel 2008 nella provincia salentina si
sono verificati due casi di violenza sessuale
accertati: il primo nei confronti di una cittadina di nazionalità somala, da parte di un
gruppo di giovani due dei quali minorenni; il
secondo ai danni di una donna albanese e
delle figlie ad opera del marito.
Più alto è il numero di querele sporte da
donne per violenza di altro tipo (principalmente fisica ed economica); in genere vengono denunciati ex compagni che non corri-
spondono gli assegni di mantenimento o non
rispettano le condizioni sull’affidamento dei
figli. Ne arrivano cinque o sei al mese ma
spesso vengono ritirate.
Il numero di violenze denunciate alle
autorità non fornisce un’immagine esaustiva
dei maltrattamenti nei confronti delle donne:
essi sono molto più numerosi, totalmente trasversali per ambiente, strato sociale, età
della vittima e dell’aggressore, e restano
nella maggior parte dei casi taciuti.
La denuncia penale della violenza scatta d’ufficio, a prescindere dalla volontà
della donna, se la vittima riporta lesioni che
determinano una prognosi superiore a 20
giorni.
NELLO SCORSO ANNO IN PROVINCIA DI LECCE SI SONO VERIFICATI DUE
CASI DI VIOLENZA SESSUALE ACCERTATA. GLI EPISODI DI MALTRATTAMENTI
DI ALTRO TIPO SONO PIÙ NUMEROSI: IN UN MESE PRESSO
LA QUESTURA NE VENGONO SEGNALATI IN MEDIA CINQUE O SEI.
ELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI LE QUERELE VENGONO RITIRATE
Antonino Cufalo questore di Lecce
l’unica strada è la collaborazione
Dott. Cufalo, lei si è
insediato da poche settimane presso la Questura
leccese. Che situazione ha
trovato circa l’attenzione
del territorio al tema della
violenza sulle donne?
“Il tema è affrontato
con molta sensibilità; lavorerò affinché non si abbassi
mai la guardia verso questo
tipo di reati. Dovunque io
abbia lavorato, ho sempre riservato grande spazio al contrasto della violenza alle donne e ai
minori”.
In che modo crede di contrastarla?
“Lavorando di concerto con il territorio in
// I VOLTI DELLA VIOLENZA
La violenza sulle donne comporta un
abuso di potere da parte dell’uomo ed assume forme differenti che non sempre è facile
identificare; ciò in particolar modo quando il
sopruso si consuma negli ambienti domestici
(la maggior parte dei casi), per cui si fa passare la prevaricazione come “normale” del
menage familiare.
Esistono cinque tipi di violenza di genere.
Per violenza fisica si intendono maltrattamenti fisici più o meno gravi (spintoni, percosse, mutilazioni di arti, ecc); la violenza sessuale è l’imposizione di pratiche sessuali indesiderate; quella psicologica consiste nello svalutare la donna, manipolarla, indurla ad una condizione di paura (in questa tipologia rientra lo
stalking); la violenza economica viene eserci-
un’attività combinata tra enti ed istituzioni e
riservando grande attenzione alla formazione. Ciò
già avviene presso la Questura di Lecce: il personale della Squadra Mobile viene costantemente
aggiornato e formato con corsi specifici organizzati a livello nazionale”.
Crede che in Provincia di Lecce esista un
fenomeno legato alla violenza di genere?
“Non credo si possa parlare di fenomeno. Le
violenze che vengono compiute nei confronti delle
donne si consumano in buona parte tra le mura
domestiche e non per strada. Ad ogni modo, lavoreremo per combattere anche quella piccola percentuale di abusi ad opera di sconosciuti. E’
importante assicurare alle donne protezione dentro e fuori casa”.
tata tramite la privazione economica da parte
del partner; quella sui luoghi di lavoro si
manifesta sotto forma di violenza sessuale o di
mobbing (manipolazione psichica mirata a
sminuire il ruolo professionale della donna).
// STALKING. C’È IL DECRETO
Il termine inglese “stalking” indica tutti gli
atteggiamenti persecutori nei confronti di
una donna, che generino nella vittima o nei
suoi congiunti stati di ansia e paura tali da
cambiarne le abitudini di vita.
Il decreto legge sulla violenza sessuale
recentemente approvato (20 febbraio) definisce le pene per i responsabili di stalking:
reclusione da sei mesi a quattro anni a
seconda della gravità del reato.
che cosa fa la regione…
PER CONTRASTARE LA VIOLENZA SULLE DONNE, LO SCORSO NOVEMBRE,
LA REGIONE HA PRESENTATO UN PROGRAMMA TRIENNALE IN QUATTRO
PUNTI: DAL MONITORAGGIO DELL’ESISTENTE, ALLA CREAZIONE DI RETE
TRA SERVIZI AL REINSERIMENTO IN SOCIETÀ DELLE DONNE MALTRATTATE.
A DISPOSIZIONE CI SONO 10 MILIONI DI EURO
on la legge 17/2003 e le successive linee
guida attuative contenute nella legge
19/2006, la Regione stabilisce la nascita di
centri antiviolenza sul territorio pugliese, ma
non li finanzia e rimanda alla programmazione finanziaria dei Piani di zona e, quindi, al
capitolo Servizi sociali.
Lo scorso 25 novembre, giornata contro
la violenza di genere, l’assessorato regionale
alle Pari Opportunità (assessora Elena
Gentile) ha presentato il “Programma regionale triennale 2009-1011 per prevenire e
contrastare il fenomeno della violenza contro
le donne”.
Il Piano mette a disposizione 10 milioni
di euro per interventi di prevenzione, informazione e sensibilizzazione, incentivi alle assunzioni, realizzazione di strutture dedicate ed
C
“La pubertà”.
Edvard Munch, 1895
...e che cosa fa la provincia
TRACCIARE UN QUADRO INDICATIVO DELLA VIOLENZA DI GENERE
NELLA PROVINCIA DI LECCE NON È SEMPLICE: NEL TERRITORIO
SALENTINO NON ESISTONO CENTRI DI ASCOLTO ANTIVIOLENZA NÉ CASE
RIFUGIO, PREVISTE PER LEGGE. NON ESISTONO NEPPURE DATI SUL FENOMENO
onostante siano previsti per legge fin dal
2003, in provincia di Lecce (così come in
provincia di Foggia) non esistono centri antiviolenza. Ne abbiamo chiesto conto all’assessora provinciale al ramo, Loredana Capone,
Servizi sociali e Pari opportunità, ma non ha
saputo darci motivi plausibili del perché. La
Capone rimanda tutta la responsabilità alla
Regione, dicendo che la Provincia ha presentato alcuni progetti e che dalla Regione non
ha avuto risposte. In realtà riguardo alle future iniziative l’assessora ha dimostrato di non
N
DUE ANNI FA LA PROVINCIA
PRESENTÒ IN REGIONE
IL PROGETTO DI UN CENTRO
RESIDENZIALE PER DONNE
ABUSATE, MA NON EBBE
ALCUNA RISPOSTA. AD OGGI
ANCORA NON SE NE SA NULLA.
LOREDANA CAPONE:
“REALIZZEREMO DIECI CENTRI
IN TUTTO IL SALENTO”
il tacco d’Italia
avere nel cassetto una pianificazione chiara:
non si sa come realizzare i centri antiviolenza, con quanti soldi e come gestirli.
Immagina addirittura dieci centri antiviolenza, un numero che ci appare sovradimensionato rispetto alle reali esigenze del territorio,
quando ne basterebbe uno, ma subito e ben
funzionante.
Serve maggiore informazione perché le
stesse donne riconoscano la violenza quando
la subiscono (quella domestica, quella psicologica, quella economica); serve assistenza
psicologica alle donne e ai loro familiari, perché sappiano come aiutare chi nella loro
famiglia subisce violenza e la spingano a trovare la forza a denunciare; serve un coordinamento tra le Istituzioni che si occupano di
violenza, dalla Questura alle Asl, perché si
abbia una mappatura del fenomeno, anche
statistica, ad oggi inesistente. A chi ha subito violenza o ai familiari che vogliono aiutare
chi la subisce e si aspettano un supporto
dalla Istituzioni, che cosa risponde l’assessore Capone?
M.L.M.
6
Marzo 2009
alloggi per l’emergenza abitativa.
In Puglia sono presenti infatti solo cinque case rifugio di carattere residenziale,
undici centri di ascolto e 31 èquipe integrate per l’assistenza. Numeri colpevolmente
bassi rispetto alla portata del fenomeno.
La Provincia di Lecce, assieme a quella di Foggia, è addirittura sprovvista di case
rifugio e centri antiviolenza che pure
dovrebbero essere ubicati in ciascuna provincia, secondo quanto disposto dalle linee
guida attuative della legge regionale
17/2003.
Ciò significa: assoluta inadeguatezza a
fornire un conforto alle donne in difficoltà.
Di conseguenza, l’urgente esigenza di
interventi concreti e di una rete capillare di
servizi.
Le linee di intervento previste dal
piano regionale sono quattro: il monitoraggio dei servizi e delle strutture esistenti sul territorio regionale; l’elaborazione di
accordi di programma tra amministrazioni; il potenziamento delle èquipe e della
rete di assistenza; il reinserimento della
donna nel mondo del lavoro.
DOPO IL SUCCESSO
DELLA PASSATA EDIZIONE,
LA CONSIGLIERA DI PARITÀ
ORGANIZZERÀ ANCHE
PER QUEST’ANNO CORSI
DI AUTODIFESA RIVOLTI
ALLE DONNE. SI TERRANNO
A LECCE, NARDÒ E CASARANO
E SARANNO GRATUITI. OBIETTIVO:
RIDARE SICUREZZA ALLE DONNE
In Provincia vi sono due strutture di assistenza pensate per la cittadine extracomunitarie. Il primo dei due, un centro residenziale
nato nel 2000, fa capo al progetto Libera
contro la tratta delle donne extracomunitarie
ed ha seguìto, fino ad oggi, oltre 2mila casi di
donne.
Il secondo, nato da pochi mesi, ha sede
presso l’Ipab (Istituto di pubblica assistenza
e beneficenza) di Lecce ed è un centro italoalbanese, realizzato nell’ambito del programma Interreg Italia-Albania. Si occupa dell’assistenza e del rientro delle donne albanesi in
patria.
Benché si tratti di due iniziative lodevoli
nei confronti delle cittadine extracomunitarie, persiste la carenza di strutture pubbliche
per la protezione ed il soccorso di quelle
donne che sono quotidianamente vittime di
violenza. Abbiamo chiesto il perché di questa
mancanza a Loredana Capone, assessora
provinciale alle Pari Opportunità. Ecco che
cosa ci ha risposto.
Loredana Capone assessora Pari Opportunità Provincia di Lecce
siamo in attesa
Assessora, quali iniziative ha messo in atto la
Provincia di Lecce a contrasto della violenza sulle
donne?
“Abbiamo svolto un’intensa attività di informazione. Con la Commissione
provinciale per le Pari
opportunità, la consigliera
di Parità e la Fidapa (Federazione italiana donne,
arti, professioni e affari) di Lecce abbiamo pubblicato un opuscolo contenente le misure da
adottare in caso di violenza. Inoltre abbiamo attivato due centri contro la violenza e la tratta delle
immigrate”.
Qual è l’impegno economico per la gestione
di tali strutture?
“Il centro antiviolenza Italia-Albania, nato
con finanziamenti Interreg, ha un costo di
100mila euro all’anno.
A questi fondi vanno aggiunti 25mila euro
destinati a promuovere attività di reinserimento
delle donne in Albania. Per ‘Libera’, finalizzato al
contrasto della tratta, Palazzo dei Celestini ha
stanziato 120mila euro nel co-finanziamento
Provincia-Ministero”.
Perché la Provincia di Lecce è sprovvista
degli obbligatori centri antiviolenza?
“Due anni fa abbiamo presentato alla
Regione il progetto di un centro residenziale
antiviolenza ma non abbiamo ottenuto risposta.
Inoltre ho proposto di inserire nell’ambito del
Piano strategico di Area Vasta la realizzazione di
dieci centri di ascolto sparsi sul territorio
provinciale”.
In che cosa consistono questi progetti?
“Per il centro residenziale, previsto a Lecce,
abbiamo chiesto alla Regione un finanziamento
di 500mila euro necessari per dotarsi di un’èquipe qualificata e gestire la residenzialità. Di centri
dislocati sull’intero territorio provinciale ne abbiamo immaginati cinque di dimensioni maggiori e
cinque minori; non conosciamo l’entità del finanziamento necessario, ma se la Regione dovesse
dare l’ok, i Comuni potrebbero presentare i progetti esecutivi e poi siglare le convenzioni per la
gestione”.
Serenella Molendini consigliera provinciale e regionale di Parità
fare rete per cambiare la mentalità
Consigliera, che cosa
ha fatto il suo Ufficio per
combattere la violenza di
genere?
“Abbiamo cercato di
contrastare l’idea radicata
nella nostra cultura, secondo la quale la violenza sulle
donne è normale. In occasione del 25 novembre
abbiamo inviato a tutti i Comuni le richiesta di
approvazione di un ordine del giorno per affermare l’azione di ‘non violenza’ sulle donne”.
Come è stata recepita?
“Diversi Comuni hanno programmato momenti di riflessione su questo tema. E’ stato un piccolo ma significativo passo; è necessario continuare
a stimolare la riflessione all’interno dei consigli
comunali e provinciali. Abbiamo partecipato alla
pubblicazione di un libretto informativo sulla violenza di genere”.
Quanto conta l’attività di sensibilizzazione?
“Ci credo molto. Non è vero che la donna è
naturalmente vocata alla sopportazione. Proprio
per combattere questo preconcetto, l’anno scorso
ho promosso dei corsi di autodifesa per le dipendenti della Provincia”.
Quali risultati hanno ottenuto?
“Le donne hanno vissuto con piacere la pos-
il tacco d’Italia
7
Marzo 2009
sibilità di raccontarsi e di sentirsi più sicure.
Abbiamo così deciso di riproporre l’esperienza in
tre territori della Provincia: nella città di Lecce in
collaborazione con l’istituto ‘De Pace’, a Nardò in
collaborazione con la Commissione Pari
Opportunità comunale; a Casarano in collaborazione con il Comune e con il Tacco d’Italia.
Dobbiamo programmare un’azione a 360 grandi
contro la violenza di genere e lavorare sull’immagine della donna in pubblicità”.
In Provincia di Lecce non esiste un centro
antiviolenza. C’è stata scarsa attenzione politica
verso il tema degli abusi sulle donne?
“La Provincia ha fatto ciò che ha potuto.
Purtroppo negli ultimi anni gli enti locali hanno
avuto scarsa disponibilità economica; il
Programma triennale regionale ci permetterà di
realizzare interventi necessari che fino ad oggi
sono mancati. Le Province potranno fare la loro
parte, anche per monitorare il fenomeno”.
Perché ad oggi non esistono dati provinciali
sul fenomeno della violenza di genere?
“Purtroppo non esistono neppure dati regionali. Anche sotto questo punto di vista bisogna
fare sistema: coordinare e mettere in relazione i
dati raccolti da più enti, come la Questura, i carabinieri, tutti gli ospedali della Provincia di Lecce, i
consultori. Bisogna monitorare per capire ed
intervenire”.
insieme nel nome di renata fonte
IL CENTRO ANTIVIOLENZA RENATA FONTE, GESTITO DALL’ASSOCIAZIONE
DONNE INSIEME, È L’UNICA STRUTTURA DI ASCOLTO PER LE DONNE
IN TERRITORIO SALENTINO. MA È PRIVATA. SERVE UN BACINO D’UTENZA
CHE COINCIDE CON L’INTERA PROVINCIA
’unico centro antiviolenza presente sul territorio provinciale è un centro privato.
Intitolato a Renata Fonte, è nato nel
1998 a Lecce per iniziativa dell’associazione
femminile Donne Insieme; presidente, Maria
Luisa Toto.
Nel 2004 il centro ha potuto godere di
una convenzione con il Comune di Lecce (sindaca Adriana Poli Bortone) che ha riconosciuto alla struttura un rimborso spese mensile
pari a 700 euro. Allo scadere della convenzione, nel 2008, il Comune (sindaco Paolo
Perrone) non l’ha rinnovata; da allora la struttura si mantiene con risorse proprie e continua a fornire servizi in forma volontaria e
totalmente gratuita.
Quante donne. In dieci anni di attività il
centro Renata Fonte ha dato ascolto e conforto a circa mille donne. Solo nell’ultimo
L
anno le chiamate sono state 500, la metà del
totale; “ciò perché – spiega la presidente Toto
– è cresciuta la consapevolezza delle donne,
che oggi più di ieri si convincono a chiedere
aiuto”.
Delle 500 donne che nell’ultimo anno
hanno segnalato al centro un abuso subìto,
300 hanno chiesto un colloquio presso la
struttura; in 200 hanno poi intrapreso il percorso di assistenza legale e sostegno psicologico fino alla denuncia dell’aggressione alle
forze dell’ordine.
Quali violenze. Circa la metà dei casi
segnalati al centro si riferiscono a stalking e
violenza psicologica; il 30% a violenza fisica;
il 20% a violenza sessuale. Nel 40% dei casi,
l’abuso si accompagna ad episodi di violenza
economica. L’80% delle violenze avviene in
ambiente domestico.
IN DIECI ANNI DI ATTIVITÀ LA STRUTTURA PRESIEDUTA DA MARIA LUISA
TOTO HA RICEVUTO MILLE SEGNALAZIONI DI VIOLENZA SULLE DONNE.
500 SOLO NELL’ULTIMO ANNO. L’80% DEGLI ABUSI AVVIENE IN FAMIGLIA,
MA LE GIOVANI DONNE COMINCIANO A SENTIRSI INSICURE ANCHE
IN ALCUNE ZONE DELLA CITTÀ DI LECCE. IL CENTRO RICEVEVA 700 EURO
AL MESE DAL COMUNE DI LECCE (SINDACA POLI).
PERRONE HA CHIUSO I RUBINETTI
Maria Luisa Toto
presidente centro antiviolenza Renata Fonte
non è un percorso facile
Presidente, nel
Salento esiste un fenomeno di violenza sulla
donne?
“Non parlerei di
‘fenomeno’ di violenza,
come può accadere in
contesti metropolitani in
altre zone d’Italia, dove
la violenza viene perpetrata da sconosciuti. In Salento la violenza è
principalmente di tipo domestico. Tuttavia
cominciano ad arrivare segnalazioni di giovani
donne che non si sentono sicure in alcune
zone della città di Lecce: l’area alle spalle del
cinema Massimo e le strade che da lì conducono al centro storico”.
La violenza domestica è più difficile da
denunciare?
“Oggi si registra un leggero incremento
delle denunce. Purtroppo i casi non segnalati
sono ancora la maggioranza; le donne vivono
una condizione di sottomissione; ciò che è più
allarmante è che in molti casi esse tendano a
tacere per proteggere i propri compagni”.
Che cosa spinge una donna a denunciare
l’abuso?
“Spesso è l’amore per i figli. Una donna
tace finché la violenza sia compiuta solo nei
suoi confronti; ma se essa si rivolge anche
verso i figli, la donna trova la giusta forza per
venire allo scoperto e chiedere aiuto”.
Come procedete quando vi arriva una
richiesta di aiuto?
“Il primo contatto è quello telefonico. La
donna telefona alla nostra struttura
(800.098822; 0832.305767) o al numero
verde nazionale 1522 e ci racconta la sua storia. Successivamente ha luogo il primo colloquio personale. La nostra èquipe è interamente composta da donne: avvocate, psicologhe,
psicoterapeute, assistenti sociali, operatrici
socio-assistenziali, educatrici, tutte volontarie.
In molti casi,la donna ha bisogno di essere
accompagnata in Pronto soccorso o presso le
forze dell’ordine. Denunciare alle autorità un
abuso non è semplice. Una volta sporta la
denuncia, si dà il via all’iter legale; le nostre
avvocate assistono gratuitamente le donne
anche in tribunale”.
// IL “NO ALLA VIOLENZA”
IN UN’ANFORA
Udi Macare Salento è il gruppo salentino
dell’Udi (Unione donne italiane). Si è costituito
nell’aprile del 2006 su volontà di sette donne
ed ora conta 52 iscritte. Responsabile è Enza
Miceli.
Negli anni Udi Macare ha portato avanti
numerose battaglie in nome della parità di
diritti tra uomo e donna e sempre con grande
successo.
Per questo ha voluto che una tappa della
“Staffetta contro la violenza sulle donne” toccasse anche il Salento. La manifestazione ha
coinvolto vari centri della Provincia e concluso
il giro salentino nella città di Lecce.
Simbolo della staffetta è un’anfora a due
manici, che ricorda la forma del corpo di
donna, strumento quotidiano del lavoro femminile. L’anfora accoglie di tappa in tappa i messaggi di carta che le donne le vogliono affidare. Partita da Niscemi, dov’è stata assassinata
Lorena, la Staffetta si concluderà a Brescia,
dov’è stata sgozzata Hiina, portando con sé
iniziative pubbliche come dibattiti, mostre,
seminari, proiezioni video.
Enza Miceli, responsabile Udi Macare Salento
//Inchiesta //La violenza è di casa //Donne dentro
donne omicide
foto di Francesco Martino da www.flickr.com
di BARBARA MELGIOVANNI
STORIE DI DONNE CHE HANNO SBAGLIATO PER AMORE. PER PROTEGGERE I PROPRI COMPAGNI,
PER RESTARE AL LORO FIANCO, PER INSEGUIRE UN ALTRO UOMO. QUANDO, NELLA LOTTA INTERIORE
TRA LA PULSIONE AL PIACERE E LA PULSIONE ALLA DISTRUZIONE, È QUESTA AD AVERE LA MEGLIO
econdo alcuni studi le donne che
amano siano naturalmente più
portate ad uccidere. Sarebbero
quelle donne che non vedono altro se
non il proprio sentimento e che sono
spinte dal desiderio di viverlo fino in
fondo. In maniera totale e spaventosa.
E’ difficile immaginare una donna
nei panni di un’assassina, ruolo opposto
rispetto a quello tradizionalmente ritenuto femminile, perché crudele, violento, irrazionale.
Eppure non è raro venire a cono-
S
scenza di crimini passionali, spesso
definiti di “ordinaria follia”, motivati da
quella “insana passione” che sarebbe
presente negli autori del gesto. E nelle
autrici.
I delitti passionali maturano all’interno di un disagio relazionale inespresso, ma crescente, che esplode. Spesso
sono la conclusione di amori infelici o
non corrisposti.
Il motivo conduttore più vistoso dei
delitti passionali è dunque l’amore. Per
questo si dice che la donna concepisca
il tacco d’Italia
10
Marzo 2009
l’omicidio prima nel cuore e poi nella
testa. Dal momento in cui lo sguardo si
posa sulla vittima, fino all’uccisione,
l’unico sentimento è l’amore. Un amore
respinto, tradito, sciupato da litigi e
incomprensioni, che si può controllare
e conservare solo attraverso la morte.
E’ il binomio Eros-Thanatos di cui parlavano i greci, quella strettissima relazione tra la pulsione al piacere e la pulsione alla distruzione. Una dura lotta interiore in cui a spuntarla è spesso l’istinto di uccidere.
// LA “MIA” LUCIA
“L’infermiera killer”, l’hanno definita.
Lucia Bartolomeo, 35enne di Taurisano, è
ormai stata etichettata come l’adultera che
ha ucciso il marito, Ettore Attanasio, anche lui
di Taurisano, di qualche anno più grande.
L’avrebbe fatto per liberarsi del coniuge e
poter vivere la sua storia d’amore con un
altro uomo.
I fatti risalgono al 2006. Da allora le cronache locali hanno riempito pagine su pagine della sua storia. Lo scorso 12 febbraio la
Corte d’Assise ha emesso il suo verdetto:
ergastolo per il reato di omicidio volontario
aggravato dalla premeditazione e dai motivi
futili ed abietti.
Con l’aiuto di Rovena Bartolomeo, sorella
maggiore di Lucia, abbiamo tentato di tracciare un ritratto della donna e degli ultimi
mesi di vita accanto al marito, rendendoci
conto che ciò che possiamo fornire è solo un
ritratto “di parte”. Non vogliamo scagionarla;
non è compito nostro. Ma presentare l’immagine che di lei hanno i suoi cari; un’immagine che spesso è sfuggita alle pagine e pagine
di cronaca locale.
“Siamo sorelle ma diverse per carattere e
temperamento – dice Rovena -. Lei ha dimostrato sin dall’infanzia mitezza e pacatezza
LUCIA BARTOLOMEO È STATA CONDANNATA ALL’ERGASTOLO
PER AVER UCCISO IL MARITO. LA SORELLA ROVENA LA DESCRIVE
DIVERSAMENTE DA COME È STATO FATTO FINORA: “MITE E PACATA,
DALL’ATTEGGIAMENTO SILENZIOSO E L’INDOLE ALTRUISTA”
d’animo, un atteggiamento silenzioso ed
un’indole molto altruista”.
Dopo il diploma Lucia ha lavorato come
commessa e, prima di diventare infermiera,
ha prestato servizio di assistenza domiciliare
a due anziani, essendo sempre molto amata
dai pazienti che ha accudito. “Una donna di
cuore – commenta la sorella - che lascia il
segno negli animi di chi la incontra. Una
donna a cui ci si affeziona subito, perché è
dolce e si fa voler bene”.
A 13 anni conobbe Ettore Attanasio, il suo
primo e unico fidanzato, all’epoca già maggiorenne, e decise di crescere con lui.
Il loro rapporto durerà 18 anni: dopo
dieci anni di fidanzamento decideranno di
sposarsi.
Rovena lo descrive come una persona
irruente, dominatrice della personalità, meno
appariscente di Lucia e molto possessivo nei
suoi confronti.
“Negli ultimi tempi – riferisce Rovena –
sia Ettore sia Lucia avevano scoperto degli
interessi al di fuori del matrimonio. Lei aveva
trovato chi la facesse sentire amata ed anche
lui aveva intrapreso un’altra relazione”.
IN CARCERE È FATTO SU MISURA DEGLI UOMINI.
LE DONNE, SE CI ENTRANO, DEVONO RINUNCIARE
ALLA FEMMINILITÀ. SI VIVE ASPETTANDO: LA POSTA,
LA VISITA, LA DOCCIA, L’ORA D’ARIA.
POI CI SONO I PROGETTI, COME “MADE IN CARCERE”,
CHE AIUTANO AD EVADERE. COL PENSIERO
// IL CARCERE NON
È PER LE DONNE
“Nella Casa di Borgo San
Nicola. Con le donne, nel carcere” è un libro ed un documentario. Un’insieme di riflessioni,
brani e pensieri in libertà, nato
dall’idea di tre donne: Caterina
Gerardi, fotografa e operatrice
culturale; Sandra Del Bene, psicologa e psicoterapeuta, e
Rosamaria Francavilla, operatrice culturale.
E’ il risultato di un laboratorio di scrittura che Rosamaria
Francavilla ha realizzato con le donne del
carcere di Borgo San Nicola, a Lecce.
Raccoglie interviste, colloqui, incontri con le
detenute e con il personale che opera nella
struttura.
Il fine è far conoscere le problematiche
che ogni giorno le donne in carcere devono affrontare e come, attraverso l’utilizzazione di azioni psicologicamente gratificanti e socialmente rilevanti, riescano ad
inserirsi in una logica di rieducazione e di
recupero.
Ma Lucia ha preferito non separarsi da
Ettore perché, nel frattempo, lui si era
ammalato.
I suoi disturbi secondo le ricostruzioni di
Rovena, cominciarono nell’ottobre 2005, sette
mesi prima della morte. Fatica a respirare.
Radiografie, poi nuovi accertamenti.
I primi di maggio Ettore non riusciva nemmeno più a guidare; sdoppiamento della vista,
allucinazioni e difficoltà respiratorie. “Si è
spento pian piano - dice Rovena -. Lucia si è
limitata a stargli accanto, somministrargli le
flebo prescritte dal medico, combattendo
anche contro di lui che non voleva curarsi”.
Ciò che accadde poi è risaputo: la mattina del 30 maggio Ettore era morto.
Rovena afferma che Lucia, svegliandosi, lo
trovò senza vita accanto a lei. I giudici affermano che fu lei a determinarne il decesso.
Dunque, l’ergastolo. Per omicidio volontario premeditato; ancora più grave perché
causato da motivi futili: liberarsi del marito
per poter vivere accanto ad un secondo
uomo.
L’amore, ancora una volta, sarebbe alla
base del gesto insano.
Tutto ha inizio
nella primavera del
2005. Le mani che
scrivono sono quelle
di Sandra; l’occhio
che riprende è della
videocamera di Caterina; la sensibilità
estetica e la profonda umanità sono quelle di
Rosamaria, che ha colto luci, angoli e figure
capaci di esprimere emozioni.
Le maggiori adesioni agli incontri si sono
registrate tra le detenute dell’Alta Sicurezza.
Mogli, sorelle, figlie di uomini già sottoposti a
regime carcerario o che avevano problemi
con la giustizia. In carcere per amore, quindi,
per aver deciso di non tradire l’uomo che
amano o hanno amato. Una complicità scandita dal ritmo lento di un cuore che tra il parlare ed il tacere, ha preferito tacere. Un cuore
il tacco d’Italia
11
Marzo 2009
che per la legge porta la macchia indelebile
del favoreggiamento.
Ma “il carcere non è per le donne” è la
frase che una delle intervistate ripete continuamente; una frase nella quale si concentra
tutto il dolore della situazione di detenute.
Il carcere è un’istituzione maschile, pensata per gli uomini e regolata su di loro. E’ difficile per una donna, ancor più che per un
uomo, dover fare i conti con una vita che,
fuori, continua, con figli che vanno a scuola,
maturano lontano, da soli.
Esistenze sospese, ferme in uno spazio
immobile, in un tempo che è quello infinito
dell’attesa.
A Borgo San Nicola si vive aspettando: la
posta, il giorno del colloquio, il momento
della doccia, l’ora d’aria, la data del processo, il giorno della telefonata. Che la vita prima
o poi ricominci.
“made in carcere”.
evadere restando
dentro
Le lunghe ore di attesa vanno occupate in
qualche modo. Pensare fa male. Avere troppo
tempo è una condanna più dura della detenzione in se stessa.
“Made in carcere” è nato con lo scopo di
alleviare, se si può, la permanenza delle
donne nel carcere leccese di Borgo San
Nicola. Un marchio di abbigliamento ed
accessori che nasce in un laboratorio tutto al
femminile, che ha luogo all’interno della casa
circondariale. Qui, si pensano, si cercano, si
trasformano e si producono prodotti eco-solidali, tramite materiale di scarto.
Amministratrice unica di “Officina Creativa”,
Luciana Delle Donne ha il merito di aver creato
all’interno del carcere di Lecce il laboratorio
dove si confezionano le borse.
L’abbiamo incontrata e le abbiamo chiesto le motivazioni alla base di questa iniziativa ed i risultati riscontrati.
Luciana Delle Donne
LUCIANA DELLE DONNE:
“L’IMMOBILITÀ DEL CARCERE
È UNA PALESTRA DI VITA PER CHI,
ABITUATO A CORRERE
E SOVRAPPORRE EMOZIONI
ED AZIONI, ARRIVA LÌ
E SE HA BISOGNO ANCHE SOLO
DI UNA PENNA DEVE CHIAMARE:
‘AGENTEEE’ ED ASPETTARE”
amministratrice Officina Creativa, responsabile progetto “Made in carcere”
Perché nasce
“Made in carcere”?
“Il desiderio è diffondere un nuovo stile
di vita ed una nuova
filosofia: quella della
seconda opportunità.
Una doppia vita a tessuti ed oggetti ed
un’altra chance alle
detenute.”
E’ stato difficile
portare avanti un progetto così particolare?
“Inizialmente è stato atroce, per via
della burocrazia necessaria alla sicurezza del
luogo ed anche per via dell’atteggiamento di
chiusura delle detenute. Con le braccia conserte, dichiaravano tutte di non aver mai toccato ago e filo. Nemmeno mi guardavano
negli occhi. Poi, la mia tenacia, ma anche la
mia rigidità hanno fatto capire loro che non
scherzavo, e che potevo dare loro una chance solo se collaboravano.”
Qual è la dimensione della criminalità
al femminile oggi?
“Il rapporto tra i detenuti uomini e
donne è circa uno a dieci: 100 donne e
1000 uomini”.
La filosofia della seconda opportunità,
per cui nulla si getta, serve per sensibilizzare gli altri o le stesse detenute?
“Entrambe le parti. Il riutilizzo del materiale è un messaggio molto più ampio che
serve per promuovere un nuovo modello di
comportamento dimostrando che la filosofia
della ‘decrescita serena’ si può realizzare
con successo attraverso l’utilizzo degli scarti.
Infatti, oltre ad acquisire la capacità di riciclare ciò che gli altri buttano, si realizzano
delle borse bellissime; le detenute rivivono
una seconda vita di evasione”.
Come può un’esistenza vissuta con
dinamicità, in movimento, abituarsi alla vita
immobile del carcere? “Made in carcere”
ha aiutato le donne a sentirsi non prigioniere?
“Tutti i manufatti ‘Made in carcere’
nascono dalla voglia di far evadere i pensieri
con creatività, e comunicare all’esterno la
voglia di riscatto. Le detenute sono consapevoli di aver compiuto un reato, ma sono
desiderose di recuperare.
L’immobilità del carcere è una palestra
di vita per chi, abituato a correre e sovrapporre emozioni ed azioni arriva lì e se ha
bisogno anche solo di una penna deve chiamare: ‘Agenteee’ ed aspettare.
Attraverso quest’iniziativa loro stesse
diventano responsabili dell’attività, delle
consegne e non si sentono più soggetti
passivi”.
Quali sono gli obiettivi inseguiti da
Officina Creativa?
“La cooperativa si propone come un
incubatore che permetta a giovani e persone disagiate di crescere e di individuare il
loro potenziale di azione. Ciò attraverso
diversi progetti che fino ad oggi si sono rivelati estremamente interessanti. Altri sono in
cottura; ci auguriamo di realizzarli al più
presto.”
//Reportage //Mutilazioni genitali //Missione in Africa
Tutti insieme sullo scuolabus. Conduce alla capitale da più villaggi
Cucina del Cren, Centro nutrizione della missione a
Sabou. Lì si fornisce un pasto al giorno a mamme e
bambini, che percorrono anche 100 kilometri a piedi,
per recarvisi dai propri villaggi
Ospedale Boussè, a 100 kilometri dalla capitale Ouagadougou.
La cucina usata dalle mamme che accudiscono i figli ricoverati
Gioia nei volti dei
più piccoli. La consegna del materiale
scolastico
La festa del villaggio. E’ il ringraziamento della gente
del posto per aver ricevuto il materiale scolastico
basta poco
per un sorriso
U
CASARANO-BURKINA FASO
CON UNA MISSIONE
PRECISA: DONARE
ALLE DONNE DEL POSTO
UN COLPOSCOPIO
PER LA DIAGNOSI
DELLE NEOPLASIE
AL COLLO DELL’UTERO
na missione sanitaria non è solo un
dovere. Un viaggio in Africa, nel
Burkina Faso, uno degli Stati più poveri al mondo, arricchisce e cambia profondamente chi lo compie. Il fine è donare un po’
di se stessi, delle proprie competenze professionali, del proprio sapere ed anche
delle proprie possibilità economiche ad
una popolazione che si trova in condizioni
elementari di sussistenza. Ma, al termine
del viaggio, si torna più ricchi di quando si
è partiti. Si torna con qualcosa in più: la
consapevolezza che basta poco per far sorridere un bambino. Dei quaderni, delle
penne e poco più. Che basta poco per far
sorridere le donne e gli anziani: un po’ di
tempo e la voglia concreta di rendersi utili.
il tacco d’Italia
14
Marzo 2009
Il dono e la riconoscenza. Come non accettare
un regalo fatto col cuore?
REPORTAGE DI UN VIAGGIO, NEI LUOGHI
E NEL TEMPO. UN’ESPERIENZA
PROFESSIONALE ED UMANA
La missione umanitaria “Medici in Burkina
Faso”, condotta dal 10 al 26 novembre
scorso in quella regione dell’Africa centrale
da Leda Schrinzi e Roberto Lupo, medici e
soci del Lions clus di Casarano, è stata questo. Principalmente una missione medica: è
servita a portare un colposcopio, lo strumento per il rilevamento delle neoplasie
femminili, in Burkina, dove il 40 per cento
delle donne è infibulato; è servita ad insegnare le norme elementari dell’igiene personale; a donare materiale scolastico,
indumenti e cibo. Ma è stata anche una
esperienza umana indimenticabile, che ha
insegnato l’essenzialità, l’accoglienza e la
gratitudine. Basta poco per vedere sorridere chi non ha niente.
Tutti in attesa. La fila per la vaccinazione anti-polio ai bambini a Sabou
(in piena savana)
La consegna del
colposcopio
all’ospedale
Soukà a
Ouagadougou,
l’unico nell’intero Burkina
Faso, che permette di verificare la presenza
di patologie
femminili. Il
40% delle donne
è infibulato
La mensa. Le mamme cucinano per i bambini; le ciotole
colorate disposte per terra sono per loro
Eppur si muove. Le autoambulanze made in Burkina
// IL PROGETTO
“I Lions italiani contro le malattie killer
dei bambini” è un progetto nazionale cui
aderiscono 356 club in tutto. Attualmente è
una onlus, con proprio comitato operativo, di
cui fa parte anche Leda Schrinzi, socia del
Lions Club di Casarano.
Il progetto nasce da un accordo di collaborazione sottoscritto con i 14 Lions Club del
Distretto 403A, che comprende i Lions della
fascia centrale dell’Africa. Ciò garantisce continuità e coinvolgimento in sede locale.
Le attività umanitarie sono state concentrate in Burkina Faso, uno degli Stati più
poveri del mondo, con un sistema istituzionale relativamente stabile ed affidabile che ha
permesso di stipulare una convenzione con il
Ministero della Sanità burkinabè; grazie al
sostegno dei Lions club locali è stato possibile elaborare un protocollo d’intesa con la
Fondazione Soukà, che gestisce un ospedale
in Ouagadougou, la capitale.
Il club di Casarano ha preso parte al progetto tramite la partecipazione dei soci medici Leda Schrinzi, specialista in Igiene, e
Roberto Lupo, specialista in Ginecologia ed
esperto in Colposcopia. In Burkina essi hanno
svolto attività di promozione e verifica della
campagna di vaccinazione atta a ridurre l’alto indice di mortalità infantile; diagnosi e
Il miglio fermentato. Le donne preparano la poltiglia
benaugurale in occasione di particolari cerimonie; il
rito vuole che tutti la bevano dalla stessa ciotola.
Serve a rendere saldo il legame tra chi vi prende parte
cura presso il villaggio Saboù; collaborazione
con la struttura sanitaria della fondazione
Soukà; rifornimenti agli orfanotrofi di Ziniarè,
Kisitò, Nanorò e al Centro di recupero educazionale e nutrizionale (Cren) di Saboù; promozione e verifica della realizzazione di pozzi
per il rifornimento di acqua potabile di alcuni dei 52 villaggi adottati dal progetto; sviluppo del partenariato con i Lions burkinabè.
Uno dei pozzi donati dai Lions: ce ne sono 12
in tutto il Burkina
La donazione di un colposcopio, presidio sanitario per la diagnosi precoce delle
neoplasie del collo dell’utero della sfera
genitale femminile e la realizzazione di un
corso di addestramento all’uso della metodica diagnostica attraverso conferenze e
dimostrazioni pratiche (tenute da Roberto
Lupo) sono stati due momenti di grande
importanza.
LA NOSTRA MISSIONE È EDUCARE ALL’IGIENE
Leda Schirinzi,
specialista in
Igiene, socia
del Lions Club
di Casarano
“Il nostro compito non poteva
essere completo senza considerare
anche l’aspetto di educazione alla
salute dell’infanzia, l’aspetto igienico-sanitario delle strutture in cui i
bambini vengono ospitati (scuole ed
orfanotrofi), l’aspetto legato alla
nutrizione. L’aiuto alla gente del
posto non è solo portare conoscenza o strumenti, ma attraverso l’educazione migliorare la qualità della
vita e ridurre la mortalità infantile.
In due occasioni abbiamo programmato quest’impegno: la visita
nella scuola materna e primaria di
Tampouy gestita dalle suore di
Santa Maria Goretti, dove abbiamo
collaborato ad insegnare ai bambini
i primi rudimenti dell’igiene, come
ad esempio l’abitudine a lavarsi le
il tacco d’Italia
15
Marzo 2009
mani prima di mangiare.
Inoltre abbiamo dispensato il
cibo valutandone l’aspetto nutrizionale: un unico pasto composto da
una polenta di miglio con fagioli,
sali di potassio ed olio di palma.
In un’altra occasione abbiamo
visitato un orfanotrofio a Gorom
Gorom, al confine con il Mali, gestito dalle suore e sotto la tutela di
una Organizzazione benefica italiana. Benché la struttura si presentasse piuttosto confortevole, i bambini,
tutti di età compresa tra pochi mesi
e tre anni, non erano ben accuditi
dal punto di vista igienico; erano
insufficienti o addirittura assenti
salviette o quant’altro fosse utile ad
interrompere la catena di contagio
delle malattie respiratorie”.
//Reportage //Barbara Toma //Arte in Africa
Colleghi danzatori
I bambini del villaggio
Una tipica cabina telefonica in Camerun: un ombrellone e sotto un uomo
che fa usare il suo cellulare!
Un tipico negozio. C’è di tutto
due settimane, una vita. in camerun
DIARIO FOTOGRAFICO DI UN VIAGGIO IN AFRICA E DENTRO DI SÉ
ue settimane sembrano molto brevi
nel quotidiano; in Camerun sono
abbastanza per segnare a vita.
Questo è il primo insegnamento che
Barbara Toma, coreografa leccese di nascita e milanese di adozione, e Valentina
Sordo, attrice di Lecce, hanno potuto fare
grazie al bando “Movin’up” pubblicato in
collaborazione da Gai (Associazione per il
circuito dei giovani artisti italiani),
Ministero per i Beni culturali e Parc
(Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte con-
D
temporanee).
Rivolto ai giovani creativi tra i 18 e i
35 anni, “Movin’up” ha premiato due progetti salentini, entrambi di donne: quello
di teatro presentato da Emilia Taurisano; e
quello di teatro e danza di Barbara e
Valentina.
Che hanno potuto realizzare lo spettacolo “Freedom” alla prima edizione del
Fipa, il Festival internazionale organizzato
dall’associazione culturale Mvet Oyeng. In
Camerun.
Il secondo insegnamento che hanno
il tacco d’Italia
17
Marzo 2009
tratto dalla loro permanenza sotto il sole
africano è che il tempo è relativo. Il terzo,
che i contatti umani sono importanti quanto il lavoro.
Il soggiorno delle due salentine in Africa
è durato dal 22 novembre al 4 dicembre:
15 giorni a contatto con la generosità ed il
calore degli indigeni.
Il festival è stato un successo; è già prevista una partecipazione delle due leccesi
all’edizione 2010.
Intanto l’Africa, con i suoi colori ed i
suoi sapori, è entrata nella loro pelle.
HO CAPITO QUANTO SONO VIZIATA
iamo atterrate a Yaundè. La
“S
capitale del Camerun ha un
aeroporto piccolo; sembra quello di
Barbara Toma,
coreografa
e ballerina
Brindisi prima della ristrutturazione.
Non si vede un solo bianco in giro
(d’altronde non ne abbiamo visti
molti in tutto il soggiorno). In alcuni
villaggi eravamo le uniche; ci chiamavano ‘le blanche’. Faceva caldissimo. E sopratutto: non c’era nessuno ad aspettarci. La mia conoscenza dell’Africa è iniziata cosi:
con l’attesa.
Clementine, l’organizzatrice del
Fipa, ci è venuta a prendere con tre
ore e mezzo di ritardo. Il tempo in
Camerun è dilatato; non abbiamo
mai fatto nulla all’orario previsto.
Tante le immagini indimenticabili. Le moto anni ‘80, i colori, le
baracche per strada, la confusione.
Tavoli e sedie di plastica, tovaglie
di plastica, le stazioni di pullman
che sembrano un mercato.Gente
che urla, gente che ti insegue,
gente che ti offre cibo. Si fa il
biglietto e si aspetta che il pullman
si riempia (concetto molto diverso
dal nostro: non si fanno entrare
Kruda. Barbara Toma durante lo spettacolo
tante persone quanti sono i posti;
si fanno entrare tante persone
quante ne entrano!).
Il rito della danza degli scimpanzé. La cena a casa del ministro.
Tutte quelle facce nuove. I viaggi in
mototaxi in due o tre con valigie
appresso (dopo ho scoperto quanto
fosse pericoloso: il Camerun è stato
colonia sia inglese sia francese; il
risultato è che guidano sia a destra
sia a sinistra!).
Gli enormi pesci arrosto contornati da aipim e banane; mangiare
tutti insieme dai vassoi, con le
mani; ho capito quanto sono viziata: in Camerun non conoscono lo
spreco; tutto quello che si ordina si
finisce e tutto ciò che viene offerto
si deve accettare. Non esistono le
piccole porzioni.
Due settimane senza acqua:
solo un secchio a testa al giorno,
pieno di moscerini morti, per doccia, shampoo e lavaggio vestiti.
Senza specchi. Senza elettricità.
Senza wc. Senza poter scegliere
che cosa mangiare. Difficile ma bellissimo. Lo rifarei subito”.
Donne viste così da vicino da mostrarsi
nella loro parte interiore. Indagate, analizzate,
sentite tanto a fondo da sembrare deformate
dall’occhio della telecamera. Barbara Toma è al
lavoro ad un progetto che la vedrà impegnata
fino a maggio 2010. L’idea è quella di rappresentare la donna contemporanea in chiave
documentaristica.
Nella speranza di ottenere una fotografia
della condizione femminile odierna, Barbara ha
deciso di dedicare il suo lavoro all’incontro con
tante donne diverse e creare per ognuna di loro
un piccolo solo, un ritratto.
Sarà la somma di tutti i ritratti nati da questi incontri la nuova produzione della compa-
//SONO KRUDA
gnia “robabramata”, che si avvarrà della collaborazione della regista-attrice Milena Costanzo.
La stessa Costanzo ha definito il fine dell’operazione: “formare un gruppo enorme – ha detto una rete in comunicazione di voci. Voci che formano un coro. Un coro dal quale emerga la verità, così com’è, senza giudicare, senza elevare o
abbassare, così come stanno le cose”.
L’indagine guarda le donne da vicino; le
avvicina al punto da sfuocare il corpo, da entrarci dentro e deformarlo. E’ a quel punto che il
ritratto diventa un insieme di immagini surreali,
di colori e suoni.
Gli studi per ritratti hanno le coreografie di
Barbara Toma; in scena Valentina Sordo; produzione “robabramata” con il sostegno di PiM spazio scenico Milano.
il tacco d’Italia
19
Una cantante
Le prove. Un allenamento arrangiato
Si fa quel che si può. Barbara si prepara per lo
spettacolo nel “camerino”
Barbara Toma ha debuttato sulle scene italiane nel 2001 al Crt Teatro dell’arte di Milano con
lo spettacolo “Kruda”, un assolo di denuncia
della violenza sulle donne. Nel racconto, strettamente autobiografico, la voce di una donna si
trasforma nella voce di tutte le donne. Lo spettacolo è accompagnato da stand informativi di
organizzazioni che si battono per i diritti delle
donne e che aiutano le vittime di violenze. Lo
spettacolo è andato in scena in 13 città diverse
e si è poi trasformato in una performance di 20
minuti che viene ancora proposta in giro per i
teatri. Sempre con successo.
//DOCUMENTARIO DONNA
Locale tipico. A pranzo con i colleghi registi
“Affollati” viaggi in pullman
Mototaxi in due. Piuttosto rischioso
Affetto vero. Barbara e la big maman
Marzo 2009
Valentina ed una sua giovane amica
Ph: Marco Maraca
Job meeting & Trovolavoro.it.
Chi cerca e chi offre futuro
incontro domanda-offerta
di lavoro. reale e virtuale
Ph: M. Maraca
Il 26 febbraio, Lecce ha ospitato per la prima volta una
tappa del network Job
Meeting & Trovolavoro.it,
finalizzato all’incontro tra
domanda e offerta di lavoro.
La manifestazione si è svolta
presso il PalaItalgest della
Provincia di Lecce ed ha
visto la partecipazione di un
grande numero di aziende
locali, nazionali e internazionali, Istituzioni e realtà dell’alta formazione.
Risultato: circa 1.800 visitatori, laureati e laureandi di
tutte le aree disciplinari,
provenienti dall’intera
Regione ed, in particolare,
dalla penisola salentina.
Numeri che vanno considerati secondo una doppia
chiave di lettura: la soddisfazione per il successo della
manifestazione; l’amarezza
per l’enorme bisogno di
occupazione.
Adriana Margiotta, dirigente Servizio
Formazione Provincia di Lecce
Il job meeting ha registrato
un afflusso di giovani superiore ad ogni più rosea
aspettativa. Questo è certamente un successo per gli
organizzatori. Ma non è
anche un elemento di amarezza?
“Bisogna analizzare il risultato
in maniera critica. Se il job meeting fosse stato collocato in
zone con un basso tasso di disoccupazione, avremmo detto
che tutti gli intervenuti, vi
hanno preso parte per conoscere gli imprenditori o per cambiare lavoro. Ma il grande afflusso che il job-meeting di Lecce
ha riscontrato è un dato che
mette in luce la grande disparità che persiste fra le offerte di
lavoro e chi invece il lavoro lo
cerca.
Non immaginavamo un tale successo, ma siamo contenti perché la provincia non è soltanto
il soggetto che si occupa del
matching dell’incontro domanda-offerta di lavoro ma di una
più articolata azione di accoglienza ed orientamento al lavoro. E, in tal senso, un evento
come questo è davvero utile”.
Per ottenere questo risultato avete svolto anche un
attività di contatto diretto
con i giovani attraverso la
loro iscrizione ai centri per
l’impiego?
“Abbiamo instaurato un contatto diretto tramite Puglia
Impiego; da oltre un mese sul
sito di Puglia Impiego si dava
notizia del job meeting. Inoltre,
l’azienda a cui ci siamo affidati
per quest’iniziativa, la Cesop
comunication, ha inviato delle
brochure a laureati e laureandi”.
Job-meeting &
Trovolavoro.it è un tour che
si svolge in tutta Italia.
Lecce è stata la prima tappa.
Come ha risposto?
“Lecce è stata la prima tappa di
un tour che proseguirà in altre
nove città d’Italia. Per noi è
stato un importante momento
di protagonismo, perché riteniamo che l’Ente Provincia con
i servizi per l’impiego debba
assolvere a questa funzione
anche di animazione del territorio”.
Pugliaimpiego.it registra un
numero altissimo di contatti
giornalieri. Il successo continua?
“Sembra incredibile ma i numeri parlano chiaro: 400mila contatti giornalieri, con 9mila pagine scaricate. Pugliaimpiego è
l’undicesimo centro per l’impiego e, forse, è quello che funziona meglio”.
Oltre all’incontro fisico di
domanda e offerta di lavoro
presso il centro per l’impiego ce n’è anche uno virtuale.
“E’ il nostro modo per portare i
centri per l’impiego a casa delle
persone. Anche se, come il job
meeting ha dimostrato, il contatto interpersonale ha una
grande importanza”.
L’Editoriale
// L’Editoriale
mafia, politica, ambiente:
un’impresa in attivo
I principali processi, l’analisi della connivenza tra Pubblica amministrazione e mafia, il traffico illecito di rifiuti, l’indifferenza dei
Comuni che non si costituiscono parte civile nei processi, l’inesistenza dei controlli, l’inadeguatezza dell’ordinamento giuridico, la
falsificazione delle analisi, il monopolio della gestione delle discariche e dei depuratori. Tanto rumore per nulla: si potrebbe riassumere così il lavoro della magistratura leccese in tema ambientale, così come emerge dai verbali della Commissione parlamentare
d’inchiesta a cui nel febbraio del 2008 riferirono Cataldo Motta, ora procuratore capo e Elsa Valeria Mignone, sostituta procuratrice. Con profonda amarezza, ma senza smettere di indignarsi, Mignone spiega alla Commissione come per 12 anni abbia combattuto i reati ambientali in Salento e perché sia passata alla DDA (dipartimento distrettuale antimafia). «Ho chiesto il trasferimento
per non finire in analisi», dichiarerà alla Commissione. «Perché dell’ambiente non importa a nessuno». Un quadro dipinto con l’accetta, quello che la sostituta procuratrice Elsa Valeria Mignone traccia nell’intervista che pubblicheremo nel prossimo numero.
di MARIA LUISA MASTROGIOVANNI
lsa Valeria Mignone, sostituto procuratore della Repubblica presso la DDA (dipartimento distrettuale antimafia) ci accoglie nel suo piccolo ufficio al secondo piano
della Procura di Lecce, in fondo a sinistra sempre dritto, alla fine di un corridoio dove armadi e pavimenti traboccano di fascicoli.
La stanza di cinque metri per cinque (a
dir molto) è sgombra di mobilio, se non fosse
per l’indispensabile: una scrivania, due sedie
poste di fronte, due armadi, pc. Ma sono elementi di arredo che quasi non si notano, perché sommersi dai faldoni.
Dietro i faldoni e dietro la scrivania, la
sostituta procuratrice. Si alza e ci porge la
mano, sorridente.
Minuta, anzi, piccola piccola, dall’aspetto
fragile e dal fisico scattante e nervoso, è disarmante nella trasparenza con cui dice quello che pensa. E’ il suo coraggio, che è disarmante. Tanto che spesso durante la registrazione, le ricorderemo: guardi che stiamo registrando, questo lo scriviamo.
E lei, ferma: certo.
Di tanto in tanto chiama la sua segretaria,
una sorta di angelo custode silenzioso e quieto, dal passo leggero, con bellissimi capelli
candidi trattenuti da un fermaglio nero.
Rimarrà anche lei, insieme alla magistrata che rilascia un’intervista fiume per tutto il
pomeriggio, fino alle 19.30, a disposizione,
E
L’INADEGUATEZZA DELLE
NORME CHE IN TEMA
DI AMBIENTE PREVEDONO
UN SOLO STRUMENTO,
L’ARTICOLO 53 BIS (TRAFFICO
ILLECITO DI RIFIUTI)
ATTRAVERSO IL QUALE
INCARDINARE IL REATO
PENALE, ALTRIMENTI TUTTO
SI RIDUCE AD UN’AMMENDA
PECUNIARIA. QUANDO
NON ALLA PRESCRIZIONE
oltre ogni abnegazione ragionevole per un
dipendente pubblico.
Alle 19.30, quando andiamo via, la magistrata china di nuovo il capo sui faldoni:
«Stasera niente palestra, domani ho udienza.
Ora finisco di studiarmi il fascicolo e poi a
casa, a ripetere stanotte diritto privato con
mia figlia, ché fra poco ha l’esame». Problemi
di conciliazione lavoro-famiglia anche per una
delle più alte cariche della Procura leccese.
Per 12 anni si è occupata di reati ambientali, pubblico ministero nei processi più
importanti della Procura, in cui si è scontrata
con l’inadeguatezza delle norme che in tema
di ambiente prevedono un solo strumento,
il tacco d’Italia
2
Marzo 2009
l’articolo 53 bis (traffico illecito di rifiuti)
attraverso il quale incardinare il reato penale,
altrimenti tutto si riduce ad un’ammenda
pecuniaria. Quando non alla prescrizione.
Inadeguatezza delle norme significa che
chi sversa nell’ambiente fusti di pcb, sostanza
altamente cancerogena, e li sversa perfino
nelle discariche autorizzate, come è successo
a Burgesi, nella maggior parte dei casi rimarrà
impunito. Il responsabile della discarica
Burgesi infatti, Grecolini, fu condannato a otto
mesi di detenzione proprio a seguito del ritrovamento dei fusti di pcb all’interno della discarica autorizzata, ma dimostrare l’aggravante
della condotta mafiosa è difficile, nonostante
la ditta interessata al trasporto fosse proprio
quella legata ai Rosafio di Taurisano, imparentati con esponenti della Scu. E’ tanto difficile
dimostrare l’aggravante mafiosa che i Rosafio,
ad oggi, non sono stati condannati per traffico
illecito di rifiuti né è stata riconosciuta finora
l’aggravante del comportamento mafioso, perché all’epoca del ritrovamento dei fusti del
pcb nella discarica di Burgesi, non era ancora
in vigore l’articolo 53 bis. Si potè condannarli
per danneggiamenti e reati minori. Si è riusciti solo a sequestrare i camion mentre il
Prefetto (si legga pag. 5), in attesa della conclusione del processo penale a loro carico (in
cui è contestato il traffico illecito di rifiuti e il
comportamento mafioso), ha negato – come
impone la legge - il certificato antimafia alla
loro società, la Geotec (con le conseguenze di
ricorsi e cavilli descritte a pag. 5 e con il risultato che, pagata dai Comuni, la Geotec trasporta ancora rifiuti).
I processi per reati ambientali. I principali processi in atto in tema di reati ambientali sono quelli a carico della Ecolio e degli
esponenti della famiglia dei Rosafio (si legga
a pag. 4).
Esemplari, gli altri due processi, relativi al
depuratore di Casarano e a quello di Ugento al
servizio delle marine, si sono recentemente
conclusi con la sentenza di primo grado.
Esemplari perché dimostrano come dopo anni
di indagine e nonostante le responsabilità
penali riconosciute, la magistratura non riesca
ad incidere sul tessuto sociale: sentenze clamorose, nella sostanza, perché confermano la
responsabilità penale degli imputati ma inoffensive, nei fatti, perché si tratta di condanne
lievi che saranno sicuramente prescritte.
Dimostrano, in ogni caso, come ai reati penali in tema di ambiente concorrano una serie di
soggetti, tra i quali la Pubblica amministrazione è primus inter pares. E dimostrano come
alla fine è difficile che qualcuno paghi.
Per il depuratore di Casarano è stato condannato a sei mesi di reclusione Vito Fusillo,
in qualità di amministratore unico e legale
rappresentante della ditta cui l’Acquedotto
pugliese aveva appaltato i lavori di manutenzione del depuratore che sversa nei terreni
liquami provenienti dalla fognatura, dando
origine ad un lago maleodorante (la famigerata “vora”); per il depuratore di Ugento a servizio delle marine è stato condannato al solo
pagamento di un’ammenda di cinquemila
euro il sindaco Eugenio Ozza, sebbene nella
sentenza si riconosca la sua piena responsabilità penale (si legga a pag. 6).
“La pubblica amministrazione è “permeabile” alla mafia”. La magistrata nella
relazione alla Commissione parlamentare
d’inchiesta sui rifiuti traccia un quadro a tinte
fosche, un urlo muto alla Munch, eterno e
senza speranza: in Provincia di Lecce, dice,
esiste una forte permeabilità degli Enti pubblici alle pressioni mafiose, una connivenza
che, anche se si riesce a dimostrare, non
porta ad una pena certa, sia perché in tema
di ambiente non è prevista la responsabilità
penale dell’Ente, sia perché nella maggior
parte dei casi i reati arrivano a prescrizione:
«Quando sono passata alla DDA - riferisce la
Mignone nel 2008 alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti - la domanda
che mi ero posta nel corso di quegli anni era
se vi fosse o meno una certa infiltrazione
malavitosa nel ciclo dei rifiuti. (…) L’interesse
IN PROVINCIA DI LECCE ESISTE UNA FORTE PERMEABILITÀ
DEGLI ENTI PUBBLICI ALLE PRESSIONI MAFIOSE,
UNA CONNIVENZA CHE, ANCHE SE SI RIESCE A DIMOSTRARE,
NON PORTA AD UNA PENA CERTA, SIA PERCHÉ IN TEMA
DI AMBIENTE NON È PREVISTA LA RESPONSABILITÀ PENALE
DELL’ENTE, SIA PERCHÉ NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI I REATI
ARRIVANO A PRESCRIZIONE
della criminalità non è arrivato a concepire
una gestione diretta dei rifiuti, ma questi personaggi, quando hanno bisogno di finanziarsi,
se sono a conoscenza delle imprese che
devono smaltire rifiuti pericolosi, si dichiarano disponibili a sottrarre e smaltire il carico».
In un solo caso la Procura ha contestato l’aggravante delle modalità mafiose associandolo al 53 bis, cioè il reato per traffico illecito di
rifiuti: si tratta come detto del processo in
atto in cui è imputato Gianluigi Rosafio,
parente di un noto esponente della Sacra
Corona unita e all’epoca dei fatti amministratore pro tempore della Geotec, l’azienda che
ancora oggi si occupa del servizio di raccolta
dei rifiuti urbani per alcuni Comuni della
Provincia di Lecce, tra cui Casarano (si legga
a pag. 5).
Non solo permeabilità degli Enti pubblici
alle pressioni mafiose, ma anche connivenza
e diffusa illegalità, totale assenza di controllo
da parte degli organismi che dovrebbero farlo
– Comuni, Provincia, Asl, Arpa -, disinteresse
dei cittadini che contribuiscono a creare discariche all’aperto. Dati inquietanti che emergono dai verbali della commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti in cui riferono
nel 2008 la Mignone e Cataldo Motta, procuratore capo a Lecce.
Altro dato inquietante, come fu definito
dallo stesso presidente della Commissione,
LA PROVINCIA DI LECCE
DETIENE IL POCO INVIDIABILE
PRIMATO REGIONALE
DELLA PRESENZA
DI DISCARICHE ABUSIVE.
SONO STATE RILEVATE 340
DISCARICHE, RISPETTO
ALLE 179 DELLA PROVINCIA
DI BARI, GRANDE IL DOPPIO
RISPETTO A QUELLA DI LECCE.
NON SI CONOSCE IL NUMERO
DELLE CAVE DISMESSE,
PERCHÉ A NESSUNO INTERESSA
il tacco d’Italia
3
Marzo 2009
Camillo Piazza (Verdi): «La provincia di Lecce
detiene il poco invidiabile primato regionale
della presenza di discariche abusive. Sono
state rilevate 340 discariche, rispetto alle
179 della provincia di Bari, grande il doppio
rispetto a quella di Lecce». I cittadini, con i
loro comportamenti irresponsabili, sono elemento insostituibile dunque di un sistema
oleato in cui a pagare sono tutti e a guadagnarci in pochi (l’abbiamo spiegato nello
scorso numero. In questo numero del Tacco,
altro caso esemplare preso in esame, la discarica di Cavallino). A pagare penalmente
nessuno (proviamo a spiegarlo in questa
seconda puntata).
Nel settore dell’ambiente infatti non esiste la responsabilità penale a carico dell’Ente
ed è difficile incardinare i reati.
Una frustrazione, questa, della quale
insieme a Cataldo Motta riferì alla
Commissione parlamentare d’inchiesta sui
rifiuti lo scorso anno, quando uno dei componenti della Commissione (senatore Piglionica,
Ulivo) chiese se non provassero un certo
“fastidio” nel lavorare «a processi che quasi
certamente finiranno per non avere alcun
seguito» e il procuratore capo rispose «fastidio è un eufemismo».
La stessa Mignone ammise alla
Commissione parlamentare di aver preferito il
trasferimento alla DDA perché «non volevo
finire in analisi, dopo aver attestato, in 12
anni di attività nel campo dei rifiuti, l’assoluta incapacità di incidere preventivamente sul
territorio: ho accusato un assoluto fallimento
in questo campo.
Sia pure dal punto di vista «formale», con
soddisfazione, i processi, risultavano tutti
positivi per la pubblica accusa, avevano
un’incidenza sul territorio praticamente pari
allo zero».
E’ da qui che parte l’intervista alla
Mignone, da quattro anni alla DDA, dopo un
passato professionale da don Chisciotte dell’ambiente. Intervista che leggerete nel prossimo numero.
Perché, come abbiamo scritto nella prima
parte di questo speciale “Rifiuti S.p.A.”, nell’interesse di tutti, continuiamo a scavare. E’
un’affermazione ma anche un appello.
//Rifiuti S.p.A. //Il lavoro della Procura //Ecolio e Rosafio
rifiuti pericolosi:
i processi penali in corso
Ph: Roberto Rocca
di MARIA LUISA MASTROGIOVANNI
processi più importanti in atto per reati
ambientali sono quelli a carico dei Rosafio
e della Ecolio di Presicce e Melendugno,
ditta che può smaltire il percolato, la sostanza putrida che producono i rifiuti lasciati a
marcire.
I
//I ROSAFIO
Un grande processo in tema ambientale è
quello in cui sono imputati i Rosafio di
Taurisano, come detto, imparentati con esponenti di spicco della Scu.
E’ contestato il reato di traffico illecito di
rifiuti (ai sensi dell’articolo 53 bis) e l’aggravante delle modalità mafiose, perché secondo l’accusa prelevavano rifiuti speciali e pericolosi da alcune imprese e li smaltivano
come reflui provenienti da civili abitazioni.
Nel processo si parla di ecomafia perché –
sostiene l’accusa – “con minacce riusciva ad
imporre la sua gestione anche agli impianti
di depurazione”.
Rosafio – secondo l’accusa – smaltiva
come reflui di insediamenti civili tutti i reflui
di lavorazioni in alluminio, che sono rifiuti
tossici e pericolosi, e li smaltiva in impianti
autorizzati. Agli impianti di depurazione spetta il controllo sul tipo di rifiuto; ma la firma
sul documento dell’entrata del rifiuto in discarica è, per la Procura, uno scarabocchio
illeggibile; tuttavia nel momento in cui sono
stati rinviati a giudizio i soggetti che erano
preposti alla firma, in dibattimento non è
stato concesso al pubblico ministero di chiedere agli ufficiali verbalizzanti di chi fosse
quella firma, quindi la pubblica accusa non
ha possibilità di accertare chi l’abbia apposta. L’accusa ha evidenziato, con l’intervento
dei Carabinieri, che i Rosafio prendevano i
rifiuti dalla marmeria e li smaltivano negli
impianti di depurazione, con codici attribuibili solo a reflui di civili abitazioni.
Per ora la Procura è riuscita a sequestrare 40 camion della Rosafio srl.
Ciononostante l’attività imprenditoriale
dei Rosafio continua.
Ugento, 11 febbraio 2009. Le ruspe in azione nella ex discarica Burgesi portano alla luce il telone di
polietilene che potrebbe essere stato usato per impermeablizzare il terreno e sistemarvi sopra i fusti di
pcb. Ciò confermerebbe quanto denunciato dall’imprenditore Colitti: il sito non venne bonificato e i
rifiuti tossici, anziché essere smaltiti, vennero occultati nel terreno
Un altro processo penale a carico dei
Rosafio riguarda lo smaltimento illecito di
pcb, poli cloruro bifenile, una sostanza altamente tossica e cancerogena, talmente nociva che ancora ad oggi non si conosce quanto tempo impieghi per essere assorbita dal
terreno e dall’uomo e quali conseguenze provochi. Dalle indagini sono emerse delle foto
da cui si deduce che i camion di Rosafio alle
sette di mattina entrano nella discarica di
Burgesi (e non si sa perché) carichi, con le
gomme basse, e ne escono scarichi. A quale
fine entra in discarica un camion che ha
reflui liquidi? La motivazione che adducono
gli imputati è il prelievo di percolato, un rifiuto che viene prodotto nella discarica e deve
essere smaltito in impianti appositi. In realtà
le foto dei camion con le gomme basse in
entrata e alte, scariche in uscita, dimostrerebbero il contrario.
Per capire come mai i Rosafio e la
Geotec, la ditta la cui proprietà è da far risalire ai Rosafio, continuino a lavorare nonostante tutto con le pubbliche amministrazioni, leggete a pag. 5.
La prossima udienza a carico dei
Rosafio si terrà il 27 marzo prossimo.
il tacco d’Italia
4
Marzo 2009
//LA ECOLIO
Nell’impianto di Melendugno furono scoperti e poi sequestrati fusti pieni di caprolattame, rifiuto pericoloso della Enichem. Un
rifiuto che è andato in giro per l’Italia per 20
anni, da quando è stata chiusa la Enichem,
che nessuno ha voluto e che il Salento si è
trovato a smaltire illegalmente. Tutto questo
secondo l’accusa avviene con la complicità
degli enti che autorizzano, anche se «non
potrò mai dimostrarlo a livello giudiziario», ha
dichiarato la Mignone nel 2005 a Paese
Nuovo”. La Provincia aveva dato l’autorizzazione alla ditta di Melendugno a smaltire una
serie di codici a-specifici (indicati nel catalogo europeo come una sorta di contenitore in
bianco), in questi codici a-specifici loro
hanno fatto rientrare il caprolattame. Ma
dimostrare l’illegittimità di quella autorizzazione provinciale sarà battaglia difficile per la
magistrata, anche se il codice a-specifico
non si poteva estendere alla ricezione del
caprolattame, andato in giro 20 anni per
l’Italia proprio perché non si conosce il modo
corretto per smaltirlo.
La prossima udienza si terrà il 13 marzo
prossimo.
//Giustizia amministrativa //Appalti e ricorsi //Monopoli
LA GEOTEC STA CERCANDO
DI DIMOSTRARE CHE I SUOI
LEGAMI CON LA MAFIA SONO
ORMAI SCIOLTI: HA SOSTITUITO
GLI AMMINISTRATORI, CAMBIATO
COMPAGINE SOCIALE E SEDE
LEGALE. PER IL TAR
NON BASTA. MA L’EPILOGO
È PARADOSSALE: CONTINUA
A LAVORARE PER I COMUNI
l caso della Geotec è esemplare di un
meccanismo che abbiamo ampiamente
spiegato nello scorso numero del Tacco:
attraverso un sistema di ricorsi e appelli i privati pongono le pubbliche amministrazioni in
un vicolo cieco: è necessario che il servizio
continui, perché siamo in emergenza-rifiuti e
perché non si può interrompere un pubblico
servizio come la raccolta e lo smaltimento
degli stessi. E chi può garantire la prosecuzione del servizio? Guarda caso il privato che tra
ricorsi, sospensive e appelli, continua a lavorare e a incassare il denaro pubblico. Questo
però è un caso paradossale, perché la ditta
in questione non ha il certificato antimafia, la
persona che gestiva la società è imputato per
traffico illecito di rifiuti con l’aggravante del
comportamento mafioso ed è imparentato
con Pippi Calamita, noto esponente della
Sacra Corona, all’ergastolo. Nei suoi ricorsi e
appelli al Tar e al consiglio di Stato, la Geotec
sta cercando di dimostrare che i suoi legami
con la mafia sono ormai sciolti: ha sostituito
gli amministratori, cambiato compagine
sociale e sede legale. Ma per il Tar non basta.
I fatti: nel 2005 l’Ato Le3 pubblica un
bando (presidente l’allora sindaco di Taviano
Giuseppe Tanisi) per la raccolta dei rifiuti solidi urbani a Casarano, vinto dall’associazione
temporanea d’impresa Geotec - ambiente e
Universal service. La Geotec vince anche i
bandi per la raccolta dei rifiuti a Ruffano,
Taurisano e in una decina di paesi del basso
Salento. Ma, poco tempo dopo, il Prefetto di
Lecce comunica all’Ato Le3 che la Prefettura
ha dato alla ditta “l’interdittiva”, cioè non le
ha rilasciato la certificazione antimafia perché in alcuni processi penali, a Gianluigi
Rosafio di Taurisano, a cui l’amministratore
pro tempore della società aveva dato ampi
poteri gestionali, viene contestata la contiguità con un noto esponente della Sacra Corona
Unita, cosiddetto Pippi Calamita, suo suocero.
I
Geotec e casarano:
QuanDo lo stato
è in una morsa
Casarano.
Un cassonetto per la raccolta
dei rifiuti solidi urbani.
Del servizio si occupa ancora
la Geotec
Inoltre lo stesso Rosafio è rinviato a giudizio
per reati ambientali (ai sensi del 53 bis) con
l’aggravante di modalità mafiose. L’Ato revoca
l’incarico e indice una nuova procedura negoziata d’urgenza per l’affidamento dei servizi,
invitando altre ditte ed escludendo la Geotec
e la Universal service. Geotec, difesa dal
numero uno degli amministrativisti leccesi,
l’avvocato Pietro Quinto, impugna la revoca
dinanzi al Tar; impugna anche l’interdittiva
del Prefetto (cioè, come detto, il documento
attraverso il quale il Prefetto nega il certificato antimafia) e l’indizione della gara mediante procedura negoziata.
Il Tar di Lecce dà la sospensiva accogliendo le ragioni della Geotec salvo poi respingerne il ricorso nel merito. In tale sentenza il
tribunale amministrativo aveva dato ragione
nel merito del ricorso, ad Ato e Prefettura,
così confermando il rischio di infiltrazioni
mafiose nella Geotec. Questo perché, dopo le
verifiche effettuate e nonostante i cambi
societari, i nuovi responsabili non risultavano
il tacco d’Italia
5
Marzo 2009
avere un patrimonio tale da poter sostenere
l’investimento dell’acquisto delle nuove
quote societarie (si veda a pag. 28 la pubblicazione della sentenza del Tar del 20/1/09).
In sostanza: non si capiva da dove avessero
preso i soldi per potersi mettere in affari con
la Geotec. A quel punto la Geotec fa appello
al Consiglio di Stato che il 20 febbraio scorso in via cautelare sospende l’efficacia della
sentenza del Tar.
Risultato del sistema di sospensive e
ricorsi: ad oggi a Casarano i rifiuti vengono
ancora raccolti dalla Geotec e il Comune
deve pagare, tra raccolta e smaltimento, tre
milioni e 100 mila euro l’anno, cifra nel bilancio comunale.
L’epilogo: se nei processi penali a carico
dei Rosafio, il pubblico ministero non riuscirà
a mantenere l’aggravante della mafiosità e
resterà solo il 53bis contro la Geotec, questa
otterrà il certificato antimafia. E tutto continuerà come se nulla fosse accaduto.
M.L.M.
//Casi esemplari //Sentenza di primo grado //Eugenio Ozza
Depuratore Di uGento:
conDannato il sinDaco oZZa
AUTORIZZÒ L’ATTIVAZIONE DEL DEPURATORE DI UGENTO
AL SERVIZIO DELLE MARINE NONOSTANTE QUESTO MANCASSE
DI 1.500 METRI DI TUBATURE E NON AVESSE L’AUTORIZZAZIONE
DELLA PROVINCIA
Eugenio Ozza
l depuratore di Ugento al servizio delle
marine non avrebbe dovuto funzionare
quei tre mesi d’estate di cinque anni fa. Il
motivo? Non aveva l’autorizzazione necessaria che avrebbe dovuto rilasciare la Provincia.
E quell’autorizzazione la Provincia non poteva rilasciarla perché il depuratore era incompleto: mancavano un kilometro e mezzo di
condutture, un collettore necessario per collegare il depuratore al canale di bonifica
“Colatisi Risetani”.
Nonostante questo il sindaco Eugenio
Ozza con un’ordinanza contingibile e urgente
per i tre mesi estivi affida la gestione del
depuratore all’ufficio tecnico comunale,
I
adducendo lo stato di emergenza ambientale creatasi nel Comune di Ugento durante il
periodo estivo, a causa dell’accresciuta
richiesta da parte dei villeggianti di smaltire i
reflui dei pozzi neri.
Così il Comune autorizza tre ditte che ne
avevano fatto richiesta, a smaltire i liquami
nel depuratore. Si tratta delle ditte Molle
Giovanni di Ugento, Piccinni Rocco di Gemini
e Rosafio Rocco di Taurisano (si legga a pag.
4 e 5 per capire chi sono i Rosafio), che da
agosto a novembre del 2003 sversarono nel
nuovo depuratore poco più di 15mila tonnellate di liquami. Tanto si evince sia dalle bolle
di consegna delle ditte ai tecnici comunali
sia dal sopralluogo ordinato dal pm, nel
corso del quale furono fotografate le vasche
ricolme di 15mila tonnellate di liquami.
Il giudice Silvio Piccino nella sentenza di
primo grado evidenzia la cronologia dei fatti:
il 16/7/2003 la Provincia aveva risposto al
Comune (che sollecitava l’attivazione del
depuratore), che era necessario, prima,
adempiere agli obblighi di legge. Tra questi
obblighi, appunto, il completamento delle
condutture mancanti. Nonostante questo il
22/7/2003 l’utilizzo del depuratore venne
autorizzato mediante un’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco, giustificata con
l’emergenza relativa allo smaltimento dei
liquami durante il periodo estivo. Appare
dimostrato, si legge nella sentenza, come
l’impianto non potendo essere utilizzato
come depuratore, fungeva da impianto di
smaltimento dei rifiuti. La vasca di ossidazione, progettata per la produzione di fanghi
attivi necessari per il processo di depurazione, veniva utilizzata per lo stoccaggio e il
deposito di liquami lì trasportati su ruota.
Il giudice non riconosce il carattere di
eccezionalità e urgenza dell’ordinanza perché è nota e costante negli anni, dice, l’attitudine del Comune di Ugento alla ricezione
turistica, per cui il sindaco avrebbe potuto
il tacco d’Italia
6
Marzo 2009
pensarci per tempo. Il pm Guglielmo Cataldi
aveva chiesto per Ozza tre mesi e 10 giorni di
reclusione, oltre al pagamento di un’ammenda di 5.000 euro. Difeso da Friz Massa, Ozza
è stato condannato a pagare l’ammenda
pecuniaria, e gli è stata riconosciuta la piena
responsabilità penale del reato ascrittogli.
TRE DITTE, AUTORIZZATE
DAL COMUNE, SVERSARONO
OLTRE 15.000 TONNELLATE
DI LIQUAMI NEL DEPURATORE.
ERANO LE DITTE: MOLLE
GIOVANNI DI UGENTO,
PICCINNI ROCCO DI GEMINI
E ROSAFIO ROCCO
DI TAURISANO
//IL CAPO D’IMPUTAZIONE
Imputato del reato di cui all’art. 51/1°
comma in relazione agli articoli 27 e 28 del
dlgs 22/97 perché nella qualità di sindaco
del Comune di Ugento, adottando l’ordinanza
contingibile e urgente n. 31 del 22/7/2003,
recante oggetto “affidamento provvisorio
gestione nuovo depuratore”, adducendo lo
stato di emergenza ambientale creatasi nel
Comune di Ugento nel periodo estivo, ordinava l’attivazione del nuovo depuratore di
Ugento in via provvisoria fino al 30/9/2003,
con affidamento della gestione diretta e personale dell’U.T.C. del Comune di Ugento, con
ciò consentendo l’esercizio dell’impianto di
depurazione a “servizio delle marine di
Ugento” – da ritenersi impianto di smaltimento rifiuti – in assenza dell’autorizzazione prevista dagli articoli 27 e 28 del dlgs n. 22/97,
poiché detto impianto riceveva e manteneva
in stoccaggio rifiuti liquidi senza la prevista
autorizzazione.
M.L.M.
//Rifiuti S.p.A. //La discarica che nacque in “sanatoria” //Bomba ecologica
Ph: Roberto Rocca
Ugento, Burgesi.
Una pala al lavoro nella discarica.
Pubblica dal 2002
burGesi è pubblica e la bonifica
si sta Già paGanDo:
così lo stato paGa più volte
di MARIA LUISA MASTROGIOVANNI
ello scorso numero del Tacco abbiamo
spiegato il meccanismo attraverso il
quale la discarica privata Burgesi
diventa pubblica e come la prima convenzione del 1992 venga rinnovata dieci anni dopo,
nel 2002, aggiungendovi alcuni passaggi o
modificandone altri, quindi facendola passare come una “estensione” di quella precedente, sebbene le integrazioni di fatto ne cambino sostanzialmente le condizioni di partenza
e sarebbe stato logico indire un nuovo
bando. In quel rinnovo, il Comune di Ugento
“acquisisce” la titolarità pubblica del III lotto,
quello in funzione e per il quale è stato sventato il rischio che venisse realizzato un
“sopralzo”, cioè un aumento della capienza.
Perché accade questo?
Accade perché il Commissario delegato
all’emergenza, all’epoca Raffaele Fitto, in una
“nota” (n. 4287/CD del 21/7/2001) richia-
N
PERCHÉ BURGESI È DIVENTATA PUBBLICA DAL 2002?
CHI CI GUADAGNA ALLA FINE? L’ABBIAMO CHIESTO
ALLA SOSTITUTA PROCURATRICE MIGNONE, CHE CI HA FORNITO
LA SUA INTERPRETAZIONE CHE PERÒ PUBBLICHEREMO
NEL PROSSIMO NUMERO. IL NOSTRO RISCONTRO
NELLA CONVENZIONE: I CITTADINI STANNO GIÀ PAGANDO,
OGGI, LA BONIFICA CHE VERRÀ ESEGUITA DALLA MONTECO
FRA MOLTI ANNI
ma all’obbligo di assicurare la titolarità pubblica della discarica, titolarità che si acquisisce a seguito di una delibera di Consiglio
comunale (n.12 del 30/7/2001).
Quali sono le conseguenze di questa
“acquisizione”?
Le conseguenze sono che poiché la discarica è pubblica, il Comune dovrà accollarsi
il tacco d’Italia
7
Marzo 2009
i costi di bonifica, dopo aver già pagato il
prezzo più alto, in termini economici, di danni
ambientali e alla salute.
Tuttavia, nella convenzione, c’è scritto
che i costi di bonifica saranno a carico della
Monteco.
Come è possibile questa contraddizione?
E’ possibile perché in un passaggio enig-
Ph: Roberto Rocca
La “proteste di Capodanno”. I cittadini occupano la discarica per vedere con i propri occhi in quali
condizioni si trovi
PROPRIO COME UN TERRENO, LA DISCARICA VA CURATA GIORNO
DOPO GIORNO, TRAMITE OPERAZIONI SPECIFICHE: CAPTAZIONE
DEL BIOGAS, RICOMPATTAZIONE DEI RIFIUTI,
IMPERMEABILIZZAZIONE, ECCETERA. SE NON VIENE GESTITA
IN MANIERA CORRETTA, NEPPURE LA BONIFICA POTRÀ ESSERE
ESEGUITA COME RICHIEDEREBBE. IL RISULTATO?
UN DANNO AMBIENTALE INEVITABILE
ni sono di poco conto; ma il problema
ambientale sarà successivo, perché se non
viene gestita in maniera corretta non potrà
essere bonificata come richiederebbe.
Proprio come un terreno, la discarica va curata giorno dopo giorno. Ogni giorno bisogna
eseguire determinate operazioni: captazione
Ph: Roberto Rocca
matico (art.2), è specificato che “in ordine
alla chiusura e post-gestione (che dura 30
anni, è scritto nella convenzione, ndr) del III
lotto della discarica il concessionario (cioè la
Monteco) dovrà riscuotere e accantonare le
relative aliquote tariffarie per utilizzarle
all’occorrenza nella esecuzione delle attività
richieste dalle fasi in parola”. Fuori dal burocratese, significa che nella tariffa è compresa
anche l’aliquota relativa alla bonifica.
Insomma: i cittadini dell’Ato Le3 stanno già
pagando, oggi, la bonifica che in futuro, chissà quando, verrà eseguita dalla Monteco e
sulla bontà della quale, come spiega la sostituta procuratrice Mignone, non ci sono controlli. Perché se il privato non “accantona” le
somme che saranno destinate alla bonifica,
come è scritto debba fare, perché, ad esempio, i costi negli anni saranno lievitati e avrà
dovuto far fronte all’emergenza, chi pagherà?
Probabilmente succederà che, come spesso
accade, il pubblico pagherà lo stesso servizio
più volte. (si legga a pag. 24 lo stralcio della
convenzione relativa ai costi della bonifica).
E chi pagherà se il privato non bonificherà correttamente la discarica, con i soldi dei
cittadini già incassati negli anni?
In realtà per una discarica che non viene
gestita in maniera corretta, le contravvenzio-
del biogas, ricompattazione dei rifiuti,
cospargimento, impermeabilizazione fatta
come si deve, eccetera, altrimenti inneschi
una bomba ecologica.
Anche se è una discarica pubblica, nessuno andrà mai a verificare, tranne nel caso
in cui ci sia un esposto dei cittadini che
lamentano cattivi odori.
Le bonifiche, dunque, se la discarica non
è gestita correttamente, e Burgesi non lo è
stata, dato che gli amministratori sono stati
condannati a 8 mesi di reclusione proprio
perché erano state riscontrate una serie di
gravi effrazioni (si legga lo scorso numero del
Tacco), sono di fatto impossibili.
Un esempio lampante di questa situazione è la Saspi, dove un tempo confluivano i
rifiuti di Lecce: una discarica non bonificata.
Non si può bonificare una discarica che è
stata mantenuta per una vita in piedi in
maniera selvaggia.
In conclusione: la cattiva manutenzione
della discarica, che negli anni non è gestita
“come un giardino”, fa si che sia impossibile
la successiva bonifica, perché non si ha contezza di quanto accumulato. Così, le aliquote
accantonate negli anni da parte del gestore
che le riscuote sotto forma di tasse ai cittadini e che sono finalizzate alla bonifica, difficilmente verranno spese per quello scopo.
Perché, se è vero che la bonifica è
responsabilità del gestore è anche vero che,
poiché la discarica è di “titolarità pubblica”,
sarà il Comune a piangersi i costi reali e finali di una bonifica non fatta o fatta male.
Magari attingendo ad ulteriori fondi per l’emergenza o chiedendo aiuto alla Unione
europea.
Presenti anche di notte. Alcuni manifestanti fuori dal cancello della Monteco. Vogliono saperne di più e
né il freddo né l’ora tarda li ferma
il tacco d’Italia
8
Marzo 2009
//Stoccaggio fantasma //Omicidio Basile //Esclusivo
Edificio pericolante. Il centro di stoccaggio chiuso dal Comune perché in stato di abbandono
IL CENTRO DI STOCCAGGIO
DI UGENTO, MAI ATTIVATO, È NATO
IN UNA ZONA SOTTOPOSTA
AL PRIMO E PIÙ ANTICO
DEI VINCOLI PAESAGGISTICI,
QUELLO CHE TUTELA LE OPERE
D’ARTE DELLA NATURA.
OLTRE IL DANNO LA BEFFA:
SEI MILIARDI DI SOLDI PUBBLICI
PER REALIZZARE UN IMPIANTO
CHE È SERVITO SOLO
AD AUMENTARE LO SCEMPIO
AMBIENTALE DI BURGESI
la cappa cHe soffoca il salento
bbiamo continuato ad indagare per cercare di capire che cosa abbia comportato, per Ugento e per l’intero Salento, la
non attivazione di un Centro di raccolta per lo
stoccaggio di rifiuti provenienti da raccolta
differenziata. La nostra indagine non è finita.
Vi presentiamo intanto i primi risultati: i conteggi, carte alla mano, come sempre, di
quanto il Comune avrebbe guadagnato grazie
alla vendita di servizi ad altri Comuni e ai privati e grazie alla vendite delle materie prime
raccolte: carta, plastica, metalli, vetro. I calcoli sono contenuti all’interno del progetto,
redatto dai tecnici comunali. Per il progetto il
Comune chiese una consulenza gratuita alla
stessa Monteco, dirimpettaia del Centro di
stoccaggio. I calcoli del piano economico
sono prudenziali, perché all’epoca, era il
1998, si stimò una raccolta differenziata del
20% (a Ugento in realtà ancora oggi è del
10%). Diamo subito le cifre: il Comune avrebbe guadagnato mezzo miliardo di lire l’anno,
quasi tre miliardi dal 2002 ad oggi. Come
detto, i calcoli sono prudenziali. Si sarebbero
potuti triplicare.
Va da sé che la non attivazione del Centro
di stoccaggio abbia comportato un aumento
dei rifiuti conferiti nella discarica di Burgesi.
Quindi, sicuramente ci ha guadagnato la
Monteco: negli anni la discarica è aumentata
in estensione e volumetria: ha raccolto il
doppio dei rifiuti che era programmata ad
accogliere. Lo stato di emergenza-rifiuti ha
creato, come abbiamo spiegato, un corto circuito in base al quale gli unici a guadagnarci
sono i gestori delle discariche e tutti i privati
che vi ruotano attorno erogando servizi di
vario tipo (dalla raccolta rifiuti urbani alla
A
raccolta dei rifiuti gettati ai margini delle
strade). L’unico a perderci è lo Stato che
finanzia la sopraelevazione delle discariche
per accogliere più rifiuti, che finanzia le bonifiche di discariche contaminate dai privati.
Anche nel caso di Burgesi e di Ugento è così:
non ci ha guadagnato il Comune, non ci
hanno guadagnato i cittadini. Perché?
// BURGESI? MA QUALE DISCARICA, È UN “QUADRO NATURALE”.
LO DICE LA LEGGE
Studiando il progetto, poi, abbiamo scoperto che sia Burgesi, sia il Centro di stoccaggio, sono nati in una zona sottoposta a ben
due vincoli: uno (minore) è un vincolo legato
al “ripopolamento faunistico” (la legge regionale 10/84) per l’esercizio della caccia.
L’altro è il vincolo paesaggistico ai sensi della
legge 1497 del 1939. Non è una legge qualunque ma “la” legge, la prima e più importante in tema di vincoli ambientali, quella
che tutela le “opere d’arte della natura”. Vale
la pena riportare il primo articolo:
Art. 1 legge 1497 del 1939
Sono soggette alla presente legge a
causa del loro notevole interesse pubblico:
1) le cose immobili che hanno cospicui
caratteri di bellezza naturale o di singolarità
geologica;
2) le ville, i giardini e i parchi che, non
contemplati dalle leggi per la tutela delle
cose d’interesse artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza;
3) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente
valore estetico e tradizionale;
4) le bellezze panoramiche considerate
come quadri naturali e così pure quei punti di
vista o di belvedere, accessibili al pubblico,
dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
Leggere il testo di questa legge fa male al
cuore. Si rimane attoniti. Sono sottoposti al
vincolo di questa legge le bellezze naturali
come Capri e la costiera amalfitana, per dirne
una. Soprattutto rimane di sasso chi si è
recato in quei luoghi e sa essere tra i più belli
del Salento, con fenomeni di carsismo, di
rocce affioranti, di declivi di serre, di varietà
di flora, unici. Fenomeni di rara bellezza,
“quadri naturali”, appunto, descritti anche
nello studio di impatto ambientale allegato
al progetto del Centro di stoccaggio.
Come abbiamo scritto nello scorso numero, i terreni dove nacque Burgesi, l’unica discarica in Italia nata abusivamente e poi
“sanata” previo pagamento di una tassa,
furono acquisiti in blocco e proprio lì, guarda
caso, la Regione trovò esservi il posto ideale
per farvi nascere una discarica. Proprio lì, nel
bel mezzo di un “quadro naturale”. Più scaviamo “nell’affare rifiuti” e più troviamo una
fitta ragnatela che mette d’accordo interessi
privati e mala gestione o scarso controllo
pubblico. Più tracciamo il profilo di un “sistema”, di una cappa sotto la quale casualmente tutto va nel posto in cui è stabilito che
vada (anche la discarica, che deve nascere
nella zona sottoposta a vincolo paesaggistico, nasce). Di “sistema”, parlava Peppino.
Che la notte prima di morire non potè fare a
meno di fare un sopralluogo presso quel centro di stoccaggio mai nato.
M.L.M.
//Stoccaggio fantasma //Omicidio Basile //Esclusivo
stoccaGGio fantasma:
la storia, i mancati GuaDaGni
COME BURGESI, È NATO IN UNA ZONA SOTTOPOSTA A VINCOLO PAESAGGISTICO. SECONDO
IL PIANO ECONOMICO DI PROGETTO IL COMUNE AVREBBE POTUTO GUADAGNARE, ALL’INIZIO,
MEZZO MILIARDO DI LIRE L’ANNO. I GUADAGNI SAREBBERO POI AUMENTATI. TUTTI I COMUNI
DELL’ATO LE3 VI AVREBBERO CONFERITO I RIFIUTI PROVENIENTI DALLA RACCOLTA DIFFERENZIATA.
CI AVREBBE GUADAGNATO IL COMUNE. MA È ANDATO TUTTO IN MALORA
di GIANCARLO COLELLA
er conoscere lo spessore della saggezza
popolare salentina è sufficiente rovistare tra le numerose pubblicazioni esistenti sui proverbi dialettali locali. Sulle pagine di questi libri non c’è sfaccettatura dell’esistenza umana che non sia stata fotografata
con la tipica ironia e sagacia dei salentini.
Pregi e difetti dell’umanità vengono analizzati da diverse angolazioni finendo col fornire al
lettore un filo conduttore che aiuta, sia pure
da un particolare punto di vista, a capire la
filosofia esistenziale del popolo salentino. Un
popolo mite, generoso, passionale, buono, a
volte anche troppo, quasi fatalista, ma sempre perspicace, sottile, in grado di vedere e
capire anche quando sembra distratto e
superficiale.
Ma proprio distratto e superficiale sembra essere stato il popolo di Ugento e Gemini
in questi ultimi anni del nuovo millennio in
cui all’osservatore esterno non possono essere sfuggiti due elementi vistosi che hanno
caratterizzato la vita di questo Comune: l’alto tasso di disoccupazione e, di conseguenza,
di emigrazione che si registra in questo periodo e lo spreco di denaro nel settore delle
opere pubbliche. Il primo dato è meno visibile, tranne che non si vada a spulciare il registro comunale dell’Aire (Anagrafe Italiani
Residenti all’Estero) per apprendere che gli
ugentini che risiedono lontano dalla loro
terra per motivi di lavoro sono oltre 3.000,
pari a più del 23 % della popolazione totale.
Un dato che pone Ugento al primo posto tra
i comuni leccesi per il rapporto tra cittadini
emigrati e cittadini residenti. Un dato tanto
più eclatante se si considera che Ugento,
dopo Lecce e Nardò, è il Comune con il feudo
più grande e probabilmente anche con il lito-
P
rale più esteso (circa 12 chilometri). L’altro
aspetto che balza agli occhi dell’osservatore
è la leggerezza con cui in questo Comune si
spendono i soldi della collettività senza poi
trarne alcun vantaggio. E qui non può mancare la citazione di un detto, che a dire il vero
non è solo salentino, che spesso viene citato
di fronte ai casi di spreco di denaro pubblico:
“Tanto paga Pantalone!”, la maschera nella
quale spesso il pubblico riconosce i suoi
pregi e i suoi difetti. I casi di sperpero di
denaro pubblico che ad Ugento richiamano
questo detto non sono pochi, dai numerosi
interventi sul porto di Torre San Giovanni, che
pur ammontando globalmente a milioni di
euro non hanno mai risolto il problema della
sicurezza delle imbarcazioni, a quelli sul
il tacco d’Italia
10
Marzo 2009
palazzetto dello sport, fino alle spese legali
che il Comune sopporta e che si aggirano
intorno ai 300mila euro l’anno. “Tanto paga
Pantalone!”. Ma l’elemento emblematico in
questo senso risulta essere il “Centro di raccolta, prima lavorazione e stoccaggio per
materiali provenienti dalla raccolta differenziata di rifiuti urbani”, una struttura costata
a “Pantalone” (a noi tutti) quasi 6 miliardi di
lire, mai messa in funzione e lasciata andare
in malora.
Una vicenda che ha dell’assurdo, per la
quale ci sono stati anche risvolti giudiziari,
della quale si stava interessando Peppino
Basile prima di essere barbaramente trucidato la notte tra il 14 e 15 giugno 2008 e che
merita di essere raccontata.
la storia Del centro
Di stoccaGGio
La storia ha inizio il 13 novembre 1997,
quando il Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti solidi urbani nella regione Puglia,
dottor Salvatore Di Staso (all’epoca
Presidente della Giunta Regionale Pugliese),
invitava il comune di Ugento a predisporre un
progetto per la costruzione di un “centro di
raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei
materiali provenienti dalla raccolta differenziata” operata nei 24 comuni del bacino di
utenza LE/3. L’amministrazione comunale
diede incarico al tecnico comunale che predispose il progetto per un impianto, che
ancora oggi risulta essere all’avanguardia nel
settore, che è stato completato nel 2002 e,
stranamente, non è mai entrato in funzione.
Nello scegliere la zona su cui realizzare
l’impianto il Comune probabilmente effettuò
una ricerca accurata. Alla fine si andò a scegliere una zona che, come si legge negli atti
del progetto, “è sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi della legge n.1497 del 1939.
Si tratta di una zona definita “oasi di protezione, zone di addestramento cani, zone
umide, zone a gestione sociale”, con vincoli
naturalistici archeologici ed architettonici.
Una scelta incomprensibile, così come
incomprensibile rimane il fatto che il terreno
su cui è stato realizzato l’impianto, pur risultando terreno agricolo, sia stato pagato ai
proprietari, di cui al momento non si conosce l’identità, 200 milioni per poco più di un
ettaro di superficie utile che risulta così utilizzata:
Area complessiva
mq
12.742
Area parcheggi, spazi
di manovra e ricezione
mq
5.581
Aree a verde
mq
3.478
Aree di stoccaggio
residui prodotti
mq
1.765
Servizi (riserva idrica,
cabina elettrica,
depuratore)
mq
117,4
Capannone lavorazione
e uffici
mq
1.794,7
IL COMUNE AVREBBE
GUADAGNATO MEZZO MILIARDO
DI LIRE L’ANNO SOLO
VENDENDO SERVIZI
PER LA RACCOLTA
DIFFERENZIATA E VENDENDO
LE STESSE MATERIE PRIME:
VETRO, CARTA PLASTICA
METALLI. DAL 2002, ANNO
IN CUI FU COLLAUDATO,
AD OGGI, QUASI TRE MILIARDI
DI MANCATO GUADAGNO
regione Puglia”, dell’Ordinanza del
Commissario Delegato recante “Disposizioni
in materia di rifiuti urbani, di rifiuti speciali,
rifiuti da imballaggio secondario e terziario”,
oltre che di “raccolta differenziata delle frazioni di vetro e plastica, di carta e cartoni e
alluminio contenuti nei rifiuti urbani”. In base
al decreto legislativo n. 22/97 (decreto
Ronchi) ai Comuni competeva la “gestione
(raccolta, trasporto, recupero e smaltimento)
dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilabili agli
urbani, finalizzata alla riduzione dello smaltimento ed al recupero di materiale ed energia”. Appare chiaro sin da allora che la soluzione del problema dei rifiuti passa inevita-
Il progetto, comunque, venne sviluppato tenendo conto della normativa di settore
ed in particolare del “Piano Regionale per lo
smaltimento dei rifiuti”, delle “direttive CEE”,
del “Programma per l’emergenza rifiuti nella
il tacco d’Italia
11
Marzo 2009
bilmente attraverso la raccolta differenziata.
Lo stesso Decreto stabiliva gli obiettivi minimi di raccolta differenziata che entro il
15/02/1999 erano fissati al 15 % del totale
dei rifiuti, per passare al 25 % entro il
15/02/2001, fino ad arrivare al 35 % a partire dal 15 /02/2003. Il Piano di adeguamento al decreto Ronchi per il bacino di
utenza LE/3 prevedeva due interventi localizzati sul territorio di Ugento: a) un centro di
raccolta, prima lavorazione e stoccaggio di
materiali da raccolta differenziata, da 20 tonnellate al giorno, da realizzare a breve termine (entro il 31/12/1999. E’ il centro di cui
stiamo parlando); b) impianti di selezione del
rifiuto tal quale (residuale da raccolta differenziata) per la separazione del materiale
combustibile e una linea di compostaggio da
50 tonnellate al giorno.
Le ordinanze del Commissario delegato
avevano chiarito che era fatto obbligo ai sindaci di attivare ed intensificare il servizio di
raccolta differenziata, determinando anche il
rapporto tra la carta, il vetro e i metalli, intimando il conferimento dei materiali presso
l’impianto di Ugento. Il punto di partenza
erano i dati relativi al 1996 che vedevano per
il bacino di utenza LE/3, comprendente 24
comuni con una popolazione complessiva di
264.770 abitanti, una produzione complessiva annua di rifiuti pari a 7.470 tonnellate
circa. La composizione dei rifiuti veniva così
catalogata:
Frazione
tonnellate/anno
Vetro
Plastiche
Frazione organica
Carte e cellulosici
Metalli
Sottovaglio o altro
5.976
7.470
37.350
14.940
3.735
5.229
8%
10 %
50 %
20 %
5%
7%
Su questi dati erano stati elaborati gli
obiettivi della raccolta differenziata che puntavano al recupero ed al riciclo di consistenti quantità di elementi dalla cui vendita ne
sarebbe derivato un concreto guadagno, sia
in termini di risparmio del costo del servizio
di raccolta dei rifiuti per i cittadini sia in termini di disponibilità finanziaria concreta per
il comune di Ugento che ospitava l’impianto
sul suo territorio.
Questi erano gli obiettivi della raccolta
differenziata a breve ed a medio termine, la
prima a partire dal 31/12/1997 e la seconda a partire dal 31/12/1999.
Frazione
ACQUA MINERALE BURGESI
Breve termine
(31/12/97)
Medio termine
(31/12/99)
Vetro Tonn. 143 2.4% 286 4.8%
Plastica
187 2.5% 374 5.0%
Carta
598 4.0% 1.196 8.0%
Metalli
45 1.2%
90 2.4%
Totale
973 10.1% 1.946 20.2%
Le previsioni, dunque, attestavano i risultati della raccolta differenziata, considerato il
sistema più economico e meno inquinante, al
10.10% del totale dei rifiuti entro il
31/12/1997 ed al 20.20% entro il 31/12/99.
Oggi, a distanza di 10 anni, la raccolta
differenziata nel comune di Ugento si attesta
intorno al 10 %, per cui il 90 % dei rifiuti prodotti da questo comune continuano ad essere conferiti nella discarica Burgesi avendo
come conseguenza un aumento del costo del
servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti
per i cittadini di Ugento ed un aggravamento
del livello di inquinamento, le cui conseguenze ancora non siamo in grado di quantificare,
ed un aumento degli introiti della Monteco.
La potenzialità dell’impianto in questione, comunque, si attestavano intorno alle 20
tonnellate al giorno di rifiuti da lavorare, con
possibilità di raddoppio della quantità, ossia
di arrivare a 40 tonnellate al giorno.
Ciò significa che l’impianto avrebbe potuto accettare anche rifiuti provenienti da altri
Nel Basso Salento circolano bottiglie di
acqua con una “misteriosa” etichetta:
ambiti e lavorandoli avrebbe consentito un
ulteriore guadagno al Comune di Ugento che
rimane titolare dell’impianto stesso.
Le cose purtroppo sono andate diversamente, l’impianto non è mai entrato in funzione, il Comune di Ugento non ha mai incassato
un centesimo, i cittadini continuano a pagare
di più mentre avrebbero potuto pagare di
meno e continuiamo a chiederci: perché il
comune di Ugento non ha mai attivato tale
impianto? A chi è convenuto che quest’impianto andasse in malora? Ai cittadini no di
certo dato ché, tra l’altro, non attivando la
struttura si sono perduti quei posti di lavoro
che erano stati previsti. All’ambiente no di
certo.
Ma quali erano i costi di esercizio annui
e quali i rientri che avrebbe prodotto l’impianto?
Questi i costi di esercizio:
Personale
Costi energetici
Acquisto prodotti
per il consumo
Costi servizio
per il consumo
Costi manutenzione
ordinaria
Smaltimento residui
Totale costi di esercizio
£. 375.000.000
£. 110.000.000
£.
9.000.000
£.
33.000.000
£. 34.000.000
£. 30.000.000
£. 591.000.000
Questi sono i rientri annui:
Ricavi da tariffa
Ricavi da vendita beni
Ricavi da vendita servizi
Totale rientri
il tacco d’Italia
12
£. 256.000.000
£. 204.950.000
£. 604.500.000
£. 1.065.450.000
Marzo 2009
“Acqua Burgesi”. Si tratta di una bella provocazione per chi vive attorno alla discarica
Burgesi di Ugento, quella che, a detta del
sindaco Eugenio Ozza, ha sempre smaltito
correttamente i rifiuti di 26 comuni. Talmente
bene che si può anche bere l’acqua della
falda che passa proprio sotto la discarica.
Le bottiglie sono state distribuite nei bar
di Presicce, ma i Carabinieri si sono allarmati: cosa contengono le bottiglie? Che vorrà
dire acqua Burgesi? E così, il 4 marzo scorso, dalla preoccupazione sono passati ai
fatti. I Carabinieri hanno sequestrato una
bottiglia: vorranno forse portarla alla magistrata Donatina Buffelli che sta indagando
sulla discarica?
POCO PIÙ DI UN ETTARO
DI TERRENO AGRICOLO
FU PAGATO DAL COMUNE
200 MILIONI. UNA CIFRA
FUORI MERCATO.
PER FARVI NASCERE
IL CENTRO DI STOCCAGGIO
Insomma, dati alla mano, il Centro di
raccolta, prima lavorazione e stoccaggio
per materiali provenienti dalla raccolta differenziata di rifiuti urbani realizzato dal
Comune di Ugento, mai attivato e lasciato
andare alla malora, vittima di devastazioni
vandaliche che lo hanno pressochè distrutto
avrebbe fatto guadagnare alle casse del
comune di Ugento la bellezza di
474.450.000 lire l’anno. Una somma considerevole che avrebbe consentito non solo di
garantire ai cittadini di Ugento di non dover
pagare la tassa sui rifiuti, ma avrebbe consentito all’amministrazione di incamerare
somme di denaro utilizzabili per gli usi ritenuti più impellenti.
Se avesse iniziato a lavorare alla fine del
2002, quando fu collaudato, ad oggi il
Comune avrebbe guadagnato quasi tre miliardi di vecchie lire (2.846.700.000), considerando sempre una minima raccolta differenziata. Perché, se poi si fosse dato da fare, sensibilizzando i cittadini e facendo comprendere loro che tanto più riciclavano rifiuti tanto
meno avrebbero sborsato di tassa sui rifiuti, i
guadagni si sarebbero moltiplicati.
Ma il comune di Ugento ha preferito
rinunciare a queste entrate e far continuare a
pagare ai cittadini.
“Tanto paga Pantalone”.
//Rifiuti S.p.A. //Monopoli //Cavallino
IL “RE DELLA DISCARICA”
STORIA DI UNA DISCARICA CHE POTEVA ESSERE PUBBLICA, REALIZZATA CON FONDI PUBBLICI,
PER FAR GUADAGNARE AL MASSIMO LO STATO MA CHE È STATA FATTA DAI PRIVATI
E CHE FA GUADAGNARE SOLO LORO
di ADA MARTELLA
Ph: Marco Maraca
l “re della discarica” è Gaetano Gorgoni, ex
deputato, ex sottosegretario, ex sindaco
per un decennio, attuale vice-sindaco di
Cavallino, dove c’è una delle discariche più
grandi e complesse del Salento. È qui a
Cavallino, nel suo regno, che il business dei
rifiuti arriva a cifre esorbitanti. La discarica
serve il bacino più grande del Salento: 27
comuni, incluso il comune capoluogo, per un
totale di 480mila abitanti. Ogni giorno arrivano in discarica, gestita da una triade di
imprenditori capeggiata dai Montinaro, circa
500 tonnellate di rifiuti al giorno. In virtù
della convenzione firmata tra i privati e il
Comune, le entrate degli imprenditori sono
quasi di 13 milioni di euro all’anno (69 euro
a tonnellata). Il Comune, a sua volta, dovreb-
I
be percepire come ristoro ambientale poco
più di 1 milione di euro all’anno (circa 7
euro a tonnellata).
Gaetano Gorgoni, da giovane milita nel
Msi, poi uomo del partito Repubblicano, ora
in quota Forza Italia, è stato e continua ad
essere un politico della vecchia guardia
ancora attore principale, della prima ed ora
della seconda repubblica. È il “re” assoluto
del paese di quasi quattordici mila anime
alle porte di Lecce, l’unico vero avversario
negl’anni di un’altra regnante della politica
salentina, Adriana Poli Bortone imperatrice
bizantina, sindaca e ora vicesindaca di
Lecce. Entrambi conservano il posto di potere sotto le mentite spoglie della carica di
vicesindaco e assessori alla Cultura. Ma i due
veterani della politica non possono essere
vice di nessuno. Gorgoni si può dire che sia
stato un precursore, o forse l’unico amministratore salentino che nei quindici anni di
emergenza rifiuti, ossia di anarchia nel gestire il sistema di trattamento e smaltimento
della monnezza, ha lottato con le unghie e
con i denti perché la situazione non gli scappasse di mano o, peggio, avvenisse senza la
certezza di avere un ruolo di primo piano
nella pianificazione a monte e nella gestione
a venire del business dei rifiuti. Non è un
caso, infatti, che il sistema di discarica a
Cavallino è, tra tutti quelli presenti sul territorio, il più complesso ed anche l’unico ad
avere completato la costruzione degl’impianti prima di tutte le altre Ato.
Intervistare Gaetano Gorgoni è come
chiedere udienza ad importante personalità.
Nel moderno quanto anonimo palazzo comunale di Cavallino lui occupa ancora la poltrona (in senso letterale) del sindaco, con la
segretaria personale, la sala d’attesa e la sua
stanza che è la stessa da oltre dieci anni,
allestita come quella di un prefetto borbonico: i broccati color oro e rosso cardinale per
il tacco d’Italia
14
Marzo 2009
LA DISCARICA SERVE
IL BACINO PIÙ GRANDE
DEL SALENTO: 27 COMUNI,
INCLUSO IL COMUNE
CAPOLUOGO, PER UN TOTALE
DI 480MILA ABITANTI.
ANDRÀ A REGIME IL 9 MARZO
QUANDO LA TARIFFA
RADDOPPIERA’:
DA 69 A 111 EURO
le tende e le rifiniture, le poltrone di pelle
nera, i mobili in legno pregiato, i quadri con
paesaggi salentini fin de siècle, i trofei e le
sculture a testimonianza delle tante onorificenze ricevute negl’anni. Gorgoni è seduto
dietro la pesante scrivania, alle sue spalle la
foto incorniciata di uno stemma patrizio dove
campeggia il nome della casata: Gorgoni,
forse è lo stesso stemma che è inciso sull’anello d’oro di antica fattura che porta al dito.
Il giorno dell’intervista la gentile segretaria
personale si scusa più volte per l’attesa, ma
“il sindaco e gli assessori sono in udienza dal
vicesindaco”, ossia da Gorgoni stesso. È
anche da questi particolari che s’intuisce chi
comanda. Sembra un patrizio romano, di
quelli che hanno guadagnato il titolo nobiliare in virtù delle campagne di conquista.
Gorgoni ha conquistato le cave dismesse di
Cavallino che ora sono le fosse della più
grande discarica della Provincia di Lecce. Ha
conquistato il parco commerciale della
Carrefour et altri che assicura vantaggi fiscali ed economici al Comune (così come la discarica) oltre che migliaia di posti di lavoro. In
paese, al tempo dell’apertura dei grandi
supermercati, erano affissi manifesti dove
l’allora sindaco Gorgoni avvisava che i moduli per le richieste di lavoro potevano essere
ritirati negl’uffici del Comune. Come un gran-
Le colline di rifiuti. Sono anche ricoperte di verde
de padre ha sistemato buona parte delle
famiglie del paese. “Quando io ho preso
Cavallino nel 1992”, ricorda Gorgoni, “era un
comune con il bilancio dissestato, con decine
di miliardi di debiti ed erano in vendita tutti
gli immobili”.
L’ex onorevole è una delle memorie storiche del Salento, sin dai tempi della Cassa del
Mezzogiorno a cui tutti i parlamentari locali,
incluso lui, andavano a battere cassa, per
arrivare ad oggi, lì dove i soldi a pioggia arrivano dalla Comunità Europea che li destina
alle aree disagiate.
È con lui che ricostruiamo la storia della
discarica di Cavallino, una storia esemplare
per capire che cosa ha significato e significa
per il Salento il business dei rifiuti. È un ulteriore tassello, che si aggiunge alle vicende già
note della discarica Burgesi di Ugento, grazie
al quale diventa sempre più chiaro che “il
sistema emergenza” in Salento ha implementato il Pil (prodotto interno lordo) della monnezza, equamente distribuito nelle varie parti
in perfetta connivenza: privati (sempre gli
stessi), amministrazioni e avvocati.
Siamo negl’anni Novanta e mentre tutto il
Salento annaspa e si arrangia nell’intricata
questione dello smaltimento dei rifiuti,
Gorgoni prende la situazione in mano e decide per sé di costruirne una tutta sua con un
bando che ne prevede la costruzione a totale carico economico del privato che vince.
Domando: “La discarica è pubblica?”, risponde: “No, non è pubblica, è di Cavallino”.
Sembrerebbe quasi che volesse dire, per
estensione di concetto, che la discarica è
sua. Come è suo il Castello, in parte sua resi-
GAETANO GORGONI: “A CAVALLINO ERA PREVISTA UNA DISCARICA
TAL QUALE DI VECCHIO TIPO. MI RIFIUTAI DI FARLA AL PUNTO DI
PERDERE I FINANZIAMENTI, 7MILIARDI DI LIRE. ALCUNI ANNI
DOPO IL COMMISSARIO STRAORDINARIO DISTASO STANZIÒ
ALTRI 2MILIARDI PER IL PRIMO STRALCIO DELLA DISCARICA.
LI RIFIUTAI NUOVAMENTE”
denza privata, intorno al quale una viabilità
un poco bizzarra costringe a circumnavigare
la piazza impedendo che il traffico arrechi
disturbo alle finestre di casa. Ma questa,
come quella della grande distribuzione (leggasi Carrefour), è un’altra storia.
La personale decisione di Gorgoni di fare
una discarica tutta “sua” è frutto di una vera
e propria disputa tra lui e la Regione. Nei
primi anni Novanta la Regione aveva già individuato in Cavallino uno dei siti idonei ad
ospitare la discarica a servizio dei comuni del
nord Salento, in seguito alla disponibilità
offerta dall’allora sindaco Corallo. Non è difficile immaginare la fibrillazione che viene a
crearsi sia tra i privati sia tra gli amministratori che fanno a gara per ospitarne una, poiché discarica significa business sicuro. In
virtù di questa pianificazione di massima, nel
1994 il prefetto Catenacci, il primo commissario straordinario per l’emergenza rifiuti,
stanzia sette miliardi di lire e ordina che
venga costruita la discarica. Ed è qui che
entra in scena Gaetano Gorgoni sindaco dal
1992, il quale non obbedendo all’ordinanza
del prefetto rifiuta anche i sette miliardi. Dice
Gorgoni: “Era prevista una discarica tal quale
il tacco d’Italia
15
Marzo 2009
di vecchio tipo e io non ero assolutamente
d’accordo. Mi rifiutai di farla al punto di perdere i finanziamenti e di essere accusato di
omissioni di atti d’ufficio. Poi ancora nel
1996-97 furono stanziati altri 2 miliardi, dall’allora Presidente Distaso, commissario
straordinario, perché facessi il primo stralcio
per costruire la discarica e fosse possibile
l’uso immediato delle cave già individuate.
Ancora una volta preferii perdere il finanziamento e nuovamente fui accusato di omissione di atti d’ufficio, ma questa volta Distaso
decise di nominare commissario ad acta il
mio segretario comunale perché facesse il
bando di gara”.
Gaetano Gorgoni è politico d’altri tempi,
un condottiero che non si lascia intimidire
neppure dall’ordinanza di un emissario dello
Stato, del Commissario straordinario delegato direttamente dal Consiglio dei Ministri per
far fronte all’emergenza rifiuti. Lui si ribella
perché non vuole a casa sua una discarica
dove si butta il rifiuto “tal quale”, ne vuole
una moderna. Ma la storia non gli darà ragione: anche la “sua” sarà una discarica “tal
quale”, malgrado le intenzioni, malgrado l’insubordinazione.
//Rifiuti S.p.A. //Il sistema dell’emergenza //Monopoli privati
Negli anni le balle non smaltite tornano ad essere mucchi informi di rifiuti che appestano l’ambiente
a storia della discarica di Cavallino è
speculare rispetto a quella di Burgesi.
Esemplari di un sistema perverso che,
come abbiamo denunciato lo scorso numero, in Puglia, in Salento, come in Campania,
giustifica con l’emergenza una gestione
anarchica del ciclo dei rifiuti, in deroga a
qualunque legge comunitaria, nazionale,
ambientale.
Ne è la prova, a Ugento, l’esistenza di
una bomba ecologica come Burgesi, nata “in
sanatoria” in una zona sottoposta a vincolo
paesaggistico e definita dalla legge “quadro
naturale” di rara bellezza. Ne sono la prova
le sue varie sopraelevazioni nonostante fosse
dichiarate più volte esaurita.
Ne è la prova, a Cavallino, il rilascio di
una valutazione di impatto ambientale da
parte della Regione che tuttavia certificava
la non corretta gestione della discarica.
Due discariche che dovevano nascere e
rimanere pubbliche, ma che nascono private e acquisiscono titolarità pubblica con
tutto ciò che ne consegue. Ossia: i guadagni sono tutti dei privati, i costi di bonifica
sono tutti del pubblico. Un sistema che
lungi dal trovare una soluzione ambientale
ed economica vantaggiosa per i cittadini,
ad oggi non sta facendo altro che far passare un monopolio da un gruppo di imprenditori locali al gruppo Marcegaglia, che ha
vinto tutti i bandi che trasformeranno le
cave, almeno nelle intenzioni, da contenitori di monnezza a impianti all’avanguardia e
la monnezza in oro. Oro che appesentirà le
loro tasche quando dalla monnezza si otterrà energia. E ai cittadini, ancora una volta,
toccherà contare i cocci.
M.L.M.
L
el 1998 Mentre il Salento rimane
fermo all’era primitiva del prendo il
sacchetto e lo butto in una delle tante
cave dismesse, Gorgoni, messo alle strette
dalla Regione, emana il bando per la realizzazione di un sistema di smaltimento con
prerogative moderne, che preveda la separazione del secco/umido e trattamento dell’umido. Ad aggiudicarsi il bando è la triade di
imprenditori privati: Montinaro, Palumbo e
Calò che creano la società “Monticava” che
poi cambierà nome in “Ambiente e
Sviluppo”.
N
CAVALLINO E LE S
STORIA DELLA DISCARICA DAL 1998 AL 2009. SULLA CARTA
VA TUTTO BENE E IL COMUNE “NON CACCIA UNA LIRA”. MA LE BALLE
DI RIFIUTI SI ACCUMULANO E ATTORNO ALLA CITTÀ FORMANO
COLLINETTE ALTE DIECI METRI. IL RACCONTO DI COME TRASFORMARE
UN’IDEA VINCENTE IN UN VUOTO A PERDERE. COSI’ I CITTADINI
PAGANO PER INTERO UN SERVIZIO CHE NON C’E’ E IL PRIVATO
CI GUADAGNA. SEMPRE
“Proposi alle imprese la realizzazione a
loro spese della discarica, e il costo più il
guadagno che lo ricavassero dalla gestione
per una durata di dieci anni. Noi non abbiamo cacciato una lira per la discarica”, racconta il vicesindaco, “l’umido viene separato
dal secco, che va imballato, avviato alla biostabilizzazione, da lì la produzione di balle di
cdr. Anche se nel 1998 non si sapeva ancora
cosa sarebbe successo, se avrebbero deciso
per i termovalorizzatori o i termodistruttori o
per la produzione di cdr”.
E fin qui, almeno sulla carta, va tutto
il tacco d’Italia
16
Marzo 2009
bene: niente più discarica tal quale, in sincronia perfetta con il decreto Ronchi del
1997 ma anche in forte anticipo rispetto alle
previsioni del Piano Regionale dei Rifiuti
redatto nel 2001 come prima stesura da
Raffaele Fitto, quale Commissario straordinario all’emergenza. La lungimiranza di Gorgoni
a guardarla con il senno del poi sembra quasi
magia: nel Piano di Fitto a Cavallino è prevista una discarica di soccorso, un impianto di
biostabilizzazione e l’impianto di produzione
di cdr, in una parola tutto ciò che era stato
già deciso con piglio autoritario da Gorgoni a
NEL 2002 IL CONSIGLIERE ANTONIO CAPONE CHIEDE LA RESCISSIONE DEL CONTRATTO, PREVISTA DALLA CONVENZIONE. PERCHÉ
ESISTONO GRAVI E COMPROVATI MOTIVI, CERTIFICATI
DA PROVINCIA E REGIONE. MA TUTTO VA A VANTI
UE BALLE
di ADA MARTELLA
Ph: Marco Maraca
totale carico dei privati, in barba alle ordinanze e ai miliardi disposti dalla Regione
perché ci si avviasse ad una gestione pubblica dello smaltimento dei rifiuti. È pur vero
che la struttura commissariale per l’emergenza rifiuti aveva, nelle linee generali, previsto
la produzione di cdr ma nel 1998 la programmazione e la localizzazione sul territorio degli
impianti non esisteva.
Già nel 1999 viene firmata la
Convenzione (documento a pag. 27) tra il
Comune di Cavallino e la società “Ambiente e
Sviluppo”, guidata dai Montinaro. Gli aggiudicatari si impegnano a progettare, costruire e
gestire una discarica controllata di prima
categoria, un impianto di selezione del rifiuto tal quale e di un impianto pilota per il
trattamento di igienizzazione della frazione
organica. L’importo delle opere previsto è
poco più di 16 miliardi di lire, a totale carico della società privata.
Sempre secondo la Convenzione, la
società “Ambiente e Sviluppo” deve percepire
come tariffa 108.000 lire per tonnellata di
rifiuto smaltito, oltre Iva e tassa ecologica
(oggi sono 69 euro). Mentre i benefici economici, i cosiddetti ristori ambientali, che la
società deve corrispondere al Comune sono:
“lire 8 per kg di rifiuto conferito, di cui 2
quale costo socio ambientale e lire 6 per
utilizzo infrastrutture, ed offerta di lire 6
per kg di rifiuto conferito quale vantaggio
economico (royalty)”, che oggi equivalgono a
7 euro a tonnellata .
il tacco d’Italia
17
Marzo 2009
Nel 2000 la discarica entra in funzione
con l’accordo che la gestione dell’Ati
“Ambiente e Sviluppo” debba cessare nel
2010, data entro la quale i tre imprenditori
prevedono di ammortizzare le spese e di guadagnarci, in virtù della tariffa di 108mila lire
a tonnellata di rifiuto smaltito, la quale cifra
deve garantire i servizi sopracitati ossia separazione e igenizzazione. (Stante ai conti fatti
in apertura, la società “Ambiente e Sviluppo”
avrebbe ammortizzato il costo delle opere in
poco meno di un anno).
Ma la storia vera racconta ben altro,
come sanno molto bene i cittadini di
Cavallino, San Donato, Lizzanello e San
Cesario (Comuni che distano neanche un chilometro dalla discarica).
Molto presto la puzza insopportabile
appesta tutto il circondario, così come
aumentano in altezza le colline di rifiuti che
arrivano fino a dieci metri di altezza fuori
DOVEVA ESSERE REALIZZATA
DAL COMUNE CON SOLDI
PUBBLICI MA LA DISCARICA
VIENE COSTRUITA
DA MONTINARO, CALÒ
E PALUMBO CON 16 MILIARDI
DI LIRE. AMMORTIZZATI
IN UN ANNO. IL RESTO È TUTTO
GUADAGNO
terra. La discarica predisposta da Gorgoni
non riesce a garantire il servizio che fu stipulato per convenzione e che però viene pagato oltre centomila lire per tonnellata.
Già nel 2002, ad appena due anni dall’entrata in funzione della discarica, il consigliere
d’opposizione, Lorenzo Capone (An), in un
Consiglio comunale apposito chiese la rescissione del contratto stipulato con i titolari della
discarica. La rescissione del contratto è,
ovviamente, prevista anche nella Convenzione
tra il Comune e la società “Ambiente e
Sviluppo”, nel paragrafo c) dell’articolo 4: “In
caso di gravi e reiterate infrazioni alle norme
di legge ed al presente contratto di concessione”. Per quel che riguarda la discarica di
Cavallino, il consigliere aveva ragione: il caso
sussiste, comprovato dalla Provincia di Lecce
e dal dirigente regionale del settore ecologia,
come vedremo più avanti.
Sempre in quegl’anni nasce il comitato
“Libero Movimento Spontaneo di cittadini”,
guidato dal giovane ma combattivo Salvatore
De Mitri, che ne chiede l’immediata chiusura,
vengono raccolte quasi duemila firme di protesta. I cittadini non chiedono solo la chiusura della discarica ma anche il monitoraggio
per valutare i casi di tumore che dal 2000
sembrano essere in aumento. Il pediatra di
Cavallino, il dottor Casile, denuncia pubblicamente l’insorgenza di faringite cronica nei
bambini da quando è in funzione la discarica.
Cos’è che non ha funzionato? Non doveva trattarsi di una discarica moderna, con
tanto di separazione e trattamento di biostabilizzazione che rende inerte il rifiuto? Perché
la discarica che per contratto doveva esaurirsi nel 2010 è già stracolma dopo due anni?
Perché aumentano le colline di rifiuti che
hanno cambiato il panorama di Cavallino?
Ecco cosa dice Gorgoni: “La discarica era
IL PEDIATRA DI CAVALLINO, IL DOTTOR CASILE, DENUNCIA
PUBBLICAMENTE L’INSORGENZA DI FARINGITE CRONICA
NEI BAMBINI DA QUANDO È IN FUNZIONE LA DISCARICA
già esaurita perché mancava il secondo anello della filiera, ossia la biostabilizzazione e la
produzione di cdr. I gestori della discarica
hanno dovuto buttare le balle in discarica,
invece che biostabilizzarle e poi trasformarle
in cdr, per cui c’è stato un anticipato ricolmamento della discarica rispetto alle previsioni.
Devo però dire che la previsione originale
della discarica non copriva interamente i
dieci anni, ma era previsto che all’esaurimento della prima ne venisse realizzata
un’altra, che è poi quella di soccorso in fase
di completamento e che sarà pronta tra qualche giorno. Quando abbiamo visto che la discarica stava per esaurirsi abbiamo chiesto
alla Regione l’autorizzazione ad attrezzare
delle piattaforme sulle quali depositare le
balle, che sono le famose collinette alte sino
a dieci metri fuori terra. Una parte di queste
collinette sono state svuotate e trasferite
nell’impianto di Massafra con il costo di
due milioni di euro, da parte della Regione,
ma solo un quarto dell’esistente, i tre quarti sono ancora lì e speriamo che posano
LA DISCARICA DOVEVA
ESAURIRSI NEL 2010
MA DOPO DUE ANNI
È GIÀ STRAPIENA.
LA MOTIVAZIONE
DI GORGONI: MANCA
LA BIOSTABILIZZAZIONE
E LA PRODUZIONE DI CDR
il tacco d’Italia
18
Marzo 2009
essere rimossi con l’entrata in funzione
dell’impianto di produzione di cdr”.
In verità nella convenzione firmata nel
1999 non si fa menzione di una seconda discarica, come afferma Gorgoni, che debba
supportare la prima fino all’esaurimento previsto per il 2010. Mentre invece si parla di
trattamento di igienizzazione della frazione
organica, ossia la biostabilizzazione che in
realtà non è mai avvenuta perché i tre biotunnel sperimentali non bastano a trattare la
quantità di tonnellate che ogni giorno arrivano da tutti e 27 i comuni dell’Ato Le/1, il più
importante per numero di abitanti: 480mila.
Già nel dicembre del 2003, il
Commissario straordinario all’emergenza
rifiuti, Raffaele Fitto, è costretto a bloccare la
separazione del secco dall’umido per via
dello stoccaggio all’aria aperta di migliaia di
balle formate dalla frazione secca compressa. Balle depositate lì per anni senza una
destinazione certa e che “causano la grave
situazione igienico-sanitaria” (Commissione
Ambiente della Provincia di Lecce). Dunque
la società “Ambiente e Sviluppo” non ha mai
biostabilizzato e ha creato balle senza sapere che fine fargli fare: si può considerare questo un servizio di smaltimento completo per
cui i cittadini pagano l’intera somma?. È in
questo modo che la discarica di Gorgoni,
nata per essere moderna, è a tutti gl’effetti
una discarica tal quale, dove viene buttato il
rifiuto senza essere trattato che è più nocivo
ed occupa più volumetria. Malgrado l’ordinanza di Fitto, la società continua a separare
il secco che causa lo stoccaggio delle balle in
LA REGIONE HA PAGATO
DUE MILIONI DI EURO
PER SPOSTARE PARTE
DELLE COLLINE DI RIFIUTI
DA CAVALLINO A MASSAFRA.
LA MAGGIOR PARTE
SONO ANCORA LÌ
“stile Campania”: Gorgoni e il gestore della
discarica chiedono in Regione l’approvazione
ad ampliare la piattaforma per ospitarle.
Ecco come si esaurisce anzitempo la discarica. Ecco come si instaura un sistema che
ha poco di virtuoso: un sindaco autoritario
(Gorgoni) non obbedisce agl’ordini della
Regione, da cui rifiuta l’aiuto economico, 9
miliardi, per fare una discarica pubblica, ma
fa un bando per farne una cosiddetta moderna che sia totalmente in mano ai privati (i
Montinaro che hanno il monopolio sui rifiuti),
ne accetta la tariffa che però non garantisce
il servizio. Di tutto ciò incolpa la Regione per
non aver predisposto la costruzione, questa sì
con i soldi pubblici, del secondo anello della
filiera che non era certo prevista nel 1998,
anno del bando di Gorgoni, ma solo delineata nella prima stesura del Piano regionale dei
Rifiuti di Fitto del 2001, definitivamente
licenziato nel 2004. E ancora: il Comune di
Cavallino nel 2004, tramite il progetto della
“Sviluppo e Ambiente” chiede il V.I.A (valutazione d’impatto ambientale) alla Regione per
la costruzione di una discarica di servizio
soccorso, ossia quella di cui parla Gorgoni
quando dice che era già prevista una seconda discarica. Mentre i cittadini continuano a
pagare una tassa per un servizio che non c’è,
la Regione predispone anche economica-
mente ciò che Gorgoni aveva deciso. Ma i
passaggi formali per l’autorizzazione non
sono cosa semplice.
Nell’ottobre del 2004 i componenti della
Commissione Ambiente ed Ecologia della
Provincia di Lecce presieduta dal presidente
Nicolino Sticchi, dietro pressione di tutte le
lamentele, vanno in visita alla discarica
accompagnati da Calò (uno dei tre gestori).
Viene in seguito stilato un documento inquietante (per la lettura integrale si veda a pag.
25) in cui la Commissione accerta la cattiva
gestione e il mancato servizio siglato dalla
convenzione e per cui viene pagata la tariffa
stabilita. Il presidente della Commissione,
Nicolino Sticchi, certifica che la biostabilizzazione non è mai avvenuta e che “le modalità
di gestione del ciclo di trattamento dei rifiuti
non rispondono ai migliori sistemi previsti”.
Basterebbero queste due sole note per ottenere la rescissione del contratto, come chiese il consigliere Capone già nel 2002 senza
essere ascoltato.
Inoltre, la certezza che la discarica non
sia gestita correttamente è stata formalizzata
anche dalla determinazione del dirigente
regionale del settore ecologia del 22 settembre 2005. La Determinazione regionale è
la risposta alla richiesta di Procedura di
Valutazione di Impatto Ambientale per la dis-
carica di servizio-soccorso proposta da
“Ambiente e Sviluppo” tramite il Comune di
Cavallino. Limongelli, dirigente del settore
ecologia, trae le stese conclusioni del collega
Nicolino Sticchi della Provincia: nella discarica di Cavallino non è mai stata effettuato il
processo di biostabilizzazione, necessario per
ottenere il permesso di costruire una discarica di soccorso che può ricevere solo rifiuti
biostabilizzati. Così come non si può fare una
valutazione dell’impatto ambientale se non si
conoscono i dati della biostabilizzazione.
Questa è una testimonianza del paradosso amministrativo: sia la Provincia sia la
Regione accertano la non correttezza della
gestione, ma la Regione rilascia ugualmente
il Via per la discarica di soccorso ben
sapendo che si tratterà di una discarica tal
quale. Non bisogna dimenticare che il
Salento, come la Puglia, è in emergenza
ambientale, ogni autorizzazione avviene sotto
il ricatto di quest’ultima.
A fronte di ciò, il vicesindaco Gorgoni
parla di sopravvivenza e di miracoli: “Siamo
riusciti a sopravvivere sino ad oggi andando
in sopraelevata, poi abbiamo occupato lo
spazio laterale alla discarica, se non avessimo fatto così l’Ato Lecce/1 sarebbe stata
sommersa dai rifiuti come Napoli. E siamo
riusciti a tenerci sino ad oggi facendo mira-
LA SOCIETÀ “AMBIENTE E SVILUPPO” NON HA MAI
BIOSTABILIZZATO E HA CREATO BALLE SENZA SAPERE
CHE FINE FARGLI FARE: SI PUÒ CONSIDERARE QUESTO
UN SERVIZIO DI SMALTIMENTO COMPLETO PER CUI I CITTADINI
PAGANO L’INTERA SOMMA?COSÌ LA DISCARICA DI GORGONI,
NATA PER ESSERE MODERNA, È A TUTTI GLI EFFETTI
UNA DISCARICA TAL QUALE
il tacco d’Italia
19
Marzo 2009
SIA LA PROVINCIA SIA LA REGIONE ACCERTANO LA NON
CORRETTEZZA DELLA GESTIONE, MA LA REGIONE RILASCIA
UGUALMENTE IL VIA PER LA DISCARICA DI SOCCORSO BEN
SAPENDO CHE SI TRATTERÀ DI UNA DISCARICA TAL QUALE
coli. Nel frattempo la Regione ha dato il via
alla realizzazione degli impianti. Adesso c’è il
problema della rimozione di tutte quelle balle
di secco che noi in tutti questi anni abbiamo
dovuto accumulare intorno alla discarica e
che rappresentano le colline che si vedono
all’orizzonte. A me competeva solo la discarica, i successivi passaggi di trattamento, biostabilizzazione e produzione cdr, non competevano a noi, li doveva fare la Regione, che
ha ritardato”.
I miracoli, però, costano. La prima
sopraelevazione della discarica di Cavallino
costa circa 1 milione e duecentomila euro, a
carico della Regione, mentre i cittadini dei 27
comuni continuano a pagare la stessa tariffa
di sempre.
Tornando alla storia, nel 2005 Gorgoni è
talmente arrabbiato con la Regione, per via
delle lentezze amministrative, che con nota
datata 24 agosto trasmette una missiva finalizzata “... ad avvertire che il comune di
Cavallino sta esaminando la possibilità di
procedere, utilizzando ogni mezzo che la
legge gli consente, alla chiusura dell’impianto in quanto la discarica non è più idonea a
ricevere i rifiuti, meno che mai rifiuti “tal
quale”, perché produttivi di emissioni nauseabonde che rendono inaccettabile la vivibilità dei paesi circostanti”.
L’onorevole Gorgoni minaccia guerra:
chiuderà la “sua” discarica che riceve i rifiuti
di 27 Comuni, incluso il Comune capoluogo,
se la Regione non pone subito rimedio,
ammettendo di fatto che la “sua” discarica è
mal gestita e provoca seri problemi. La
Regione prontamente risponde e stanzia
soldi pubblici per la discarica di soccorso,
per l’impianto di biostabilizzazione (quella
vera) e l’impianto di produzione di cdr, con
un ritardo che Gorgoni ancora denuncia: “Le
collinette che hanno cambiato il panorama di
Cavallino sono il risultato dell’inefficienza
regionale. A me il finanziamento per la discarica di servizio soccorso me lo ha fatto
Vendola nel 2006 e che sarà pronta solo in
questi giorni, il 9 marzo per l’esattezza”.
In tutto questo scarica barile di colpe, chi
ci guadagna? Certamente la società
“Ambiente e Sviluppo” che si aggiudica,
senza bando, la gestione della discarica di
servizio soccorso, realizzata con fondi pubblici, che verrebbe in aiuto al suo sistema di
smaltimento che non ha seguito modalità
corrette. Non ci guadagnano i cittadini che
hanno pagato una tariffa che non ha mai
garantito un corretto servizio, ma che ha prodotto danni ambientali accertati almeno per
quel che riguarda la puzza che li ha appestati per anni. Non ci guadagna lo Stato che si
trova a pagare due, tre volte per un servizio
che non è stato mai garantito, e che perde un
guadagno che è in mano all’oligopolio dei
privati.
È lo Stato, infatti, per voce della
Protezione Civile, che nel 2005 si trova
costretta a sborsare 2 milioni di euro per trasferire parte delle balle, solo un quarto, farle
trattare e poi smaltire nel termovalorizzatore
di Massafra del gruppo Marcegaglia, lo stesso che ha vinto la quasi totalità dei bandi per
l’impiantistica regionale. Lo stesso che (in
società con Palumbo e Albanese) gestirà l’impianto di produzione di cdr di Cavalino e che,
per contratto, brucerà nel proprio termovalorizzatore di Massafra quelle balle di cdr, vendendo allo Stato l’energia prodotta ad un
prezzo sei volte maggiorato perché trattasi di
energia da fonti rinnovabili.
E sarà ancora lo Stato che dovrà pagare
per il trasporto, il trattamento e lo smaltimento degl’altri tre quarti di balle stoccate a
Cavallino. Con un facile conto: se per un
quarto di balle sono stati spesi 2 milioni di
euro, per smaltire tre quarti ne occorrono sei
di milioni, ma è un calcolo per difetto perche
nel frattempo il numero delle balle è senza
dubbio aumentato.
Lo Stato che perde lì dove i privati, supportati dall’autorevolezza di Gorgoni, hanno
guadagnato senza garantire servizi ma arrecando danni ambientali incalcolabili. Chi
può, infatti, calcolare i danni se in tutti questi decenni i controlli sono stati pochissimi e
mai resi pubblici?
Chiedo dei controlli effettuati negl’anni
nella discarica di Cavallino.
“Non ci sono stati mai problemi”, dice
Gorgoni, “solo denunce per mal’odori, solo piccole questioni marginalissime, nessun superamento di limiti previsti dalla legge. In alcuni
periodi, e solo con un cero vento, che coincidevano con movimentazione di materiale. Se
si fosse operato per tempo tutto questo non
sarebbe successo”. Le analisi sono visionabili? “Le ha le Asl. A noi le hanno comunicato
qualche volta ed erano tutte a posto”.
Queste invece le parole del presidente
il tacco d’Italia
20
Marzo 2009
della Commissione Ambiente della Provincia
di Lecce, Nicolino Sticchi (documento integrale a pag. 25): “i risultati delle ultime analisi datate 2004 e fornite dalla società
“Ambiente e Sviluppo” lasciano alquanto
perplessi!”.
Allora, parliamo di benefici. Quanto ha
guadagnato il Comune come ristoro ambientale in tutti questi anni? “Non sono cose che
possono interessare, mi sembra 2 lire a chilo,
attualmente non so. Lo deve chiedere al mio
ragioniere”, risponde sbrigativamente il vicesindaco Gorgoni che sembra considerare di
secondaria importanza il doveroso, per legge,
ristoro alla comunità che subisce la vicinanza di una discarica, per di più mal funzionante. Ma è scritto nero su bianco, nella
Sentenza del Tar numero 4467 del maggio
2008 (si veda finestra a pag. 21): “il Comune
di Cavallino dichiara di percepire 900.000
euro l’anno come royalty finalizzata alla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio
artistico e ambientale del Comune”. (La cifra
è inferiore a quella stimata dai nostri conteggi fatti in base alle tariffe scritte nella
Convenzione, vedi finestra pag. 22).
Gaetano Gorgoni durante l’intera intervista non ha mai messo in discussione la correttezza della gestione di “Ambiente e
Sviluppo”, semmai parole di soddisfazione,
minimizzando il problema della puzza, non
citando la preoccupazioni di medici come il
pediatra dottor Casile, il resoconto della
commissione Ambiente della Provincia, la
determinazione del dirigente regionale settore ecologia, dimenticando l’opposizione del
consigliere Capone, sorvolando sulle proteste
dei cittadini. Quasi come fosse cosa sua, una
ditta comunale e non di pertinenza dei privati che la gestiscono dal 2000.
Assomiglia molto alla triste storia della
Copersalento, il famigerato sansificio che dal
2005 brucia Cdr (Combustibile da rifiuto) di
cui non si conosce la provenienza e la qualità, malgrado le forti proteste dei cittadini,
malgrado le denunce di medici, pediatri, farmacisti circa l’aumento di patologie tumorali. Anche in questo caso, il sindaco di Maglie
Antonio Fitto, la città che ospita l’inceneritore sotto mentite spoglie, ha sempre difeso
l’attività della ditta anche di fronte all’evidenza: l’Arpa (l’associazione regionale per
l’ambiente), durante il primo vero controllo
effettuato nel luglio del 2008, ha rilevato
valori di diossina nell’aria 420 superiori al
limite massimo consentito. Fitto ha preso le
parti della Copersalento, come fosse cosa
sua, come fosse una ditta comunale e non a
gestione e profitto di privati. Ma questa è
un’altra storia.
//Rifiuti S.p.A. //Cavallino e le sue balle //Giustizia amministrativa
ANCHE IL TAR DEL LAZIO
Dà RAGIONE A GORGONI:
LA DISCARICA è DI CAVALLINO
L
a discarica è di Cavallino, incluso i
benefici economici che ne derivano
dalla gestione. Lo ha stabilito la sentenza del Tar del Lazio il 5 marzo 2008, accogliendo il ricorso 97/2007 presentato dal
Comune di Cavallino contro: il Commissario
delegato all’Emergenza Rifiuti, il Ministero
dell’Interno, il Consiglio dei Ministri, la
Regione Puglia, la Provincia di Lecce, l’Anci,
e tutti e 27 i Comuni dell’Ato Le/1.
La ragione del contenzioso è la proprietà
degl’impianti e la titolarità delle concessioni, grazie alle quali il Comune incassa ogni
anno 900.000 euro di royalty. Il caso di
Cavallino è singolare perché come dice lo
stesso ex sindaco: “La discarica non è pubblica. È di Cavallino”. Dunque neanche la
creazione dell’Ato in forma giuridica, come
consorzio dei 27 Comuni che pagano la tariffa che consente al Comune di riscattare la
proprietà totale della discarica al termine dei
10 anni previsti in convenzione, è in grado di
pretendere nulla.
A rompere gli equilibri è stato il decreto
189/Cd/R del 2006 del Commissario delegato all’emergenza, Vendola, con il quale veniva
NEANCHE LA CREAZIONE
DELL’ATO IN FORMA
GIURIDICA, COME CONSORZIO
DEI 27 COMUNI CHE PAGANO
LA TARIFFA CHE CONSENTE
AL COMUNE DI RISCATTARE
LA PROPRIETÀ TOTALE
DELLA DISCARICA AL TERMINE
DEI 10 ANNI PREVISTI
IN CONVENZIONE, È IN GRADO
DI PRETENDERE NULLA
stabilito che la proprietà degl’impianti e la
titolarità delle concessioni fossero trasferite
nelle mani dell’Ato Le/1. Questo passaggio di
consegne avrebbe comportato la perdita
delle royalty annuali.
Gorgoni subisce il decreto come un vero
esproprio “delle utilità patrimoniali legittimamente acquisite dal Comune e destinate al
benessere della collettività”, e così ingaggia
la battaglia, con l’ausilio dell’avvocato
il tacco d’Italia
21
Marzo 2009
Sticchi Damiani. Battaglia che vince nell’arco
di appena un anno e che lo conferma l’unico
“re della discarica” di tutto il Salento.
A. Mar.
//Rifiuti S.p.A. //Il volume d’affari //Conti in tasca
QUANTI SOLDI GIRANO
TRA LE MANI DI MONTINARO,
PALUMBO E CALò
102 MILIONI DI EURO. E’ IL RICAVO DEI GESTORI DELLA DISCARICA IN NOVE ANNI. 11 MILIONI
IL “RIMBORSO” PER CAVALLINO. ALTRI OTTO MILIONI DI FONDI PUBBLICI PER SMALTIRE
LE BALLE ACCUMULATE
//I COSTI
//I BENEFICI
20 milioni di euro, questa la cifra per la
piattaforma di trattamento e smaltimento di
rifiuti solidi urbani di Cavallino. La prima ad
aver completato gli impianti (discarica di servizio soccorso, biostabilizzazione, impianto di
produzione di Cdr) e che entrerà a regime il
9 marzo di quest’anno. Venti milioni di soldi
pubblici, come spiegano dall’ufficio tecnico
della Regione, poiché in parte derivano dai
fondi Por e in parte sono anticipati dai privati che si sono aggiudicati l’appalto ma che
rientreranno della cifra con la nuova tassa a
carico dei cittadini.
16 miliardi delle vecchie lire, è la cifra
stanziata dalla società “Ambiente e Sviluppo”
(Montinaro, Palumbo e Calò) per la costruzione della prima discarica avviata nel 2000. La
copertura della cifra è garantita dalla tassa
pagata dai cittadini.
1 milione e 300mila euro è il costo
sostenuto dalla Regione per sopraelevare la
discarica, esaurita ad appena due anni dall’entrata in funzione.
2 milioni di euro che la Protezione Civile
ha speso per trasferire, trattare e bruciare
le balle di rifiuti stoccati a Cavallino nel termovalorizzatore di Massafra. Solo un terzo
delle balle.
6 milioni di euro è la cifra stimata per
smaltire i tre quarti di balle che ancora
giacciono a Cavallino, formando le collinette
di rifiuti non trattati alte sino a 10 metri fuori
terra. Anche in questo caso si tratterà di fondi
pubblici.
A fronte di tutta la puzza sopportata dai
cittadini sia di Cavallino sia dei paesi limitrofi la discarica, ci sono anche i benefici economici per Cavallino, quale Comune che la
ospita. Secondo la Convenzione siglata nel
1999 la società “Ambiente e Sviluppo” deve
versare al Comune di Cavallino circa 7 euro a
tonnellata. Ogni anno vengono conferite in
discarica 182.500 tonnellate.
1 milione e quasi 300mila euro all’anno
di benefici per il Comune di Cavallino. Più di
11 milioni in nove anni.
La prima discarica chiude l’8 marzo, ma
la società continuerà a gestire quella di servizio soccorso. Possiamo però fare un conteggio di massima circa ricavi di questi 9 anni di
gestione: la società “Ambiente e Sviluppo”
riceve 69 euro a tonnellate dai 27 Comuni
del bacino Le/1 (480.000 abitanti), come
stipulato dalla Convenzione. Dato che sono
circa 500 le tonnellate giornaliere che arrivano in discarica, il conto di massima è presto fatto.
NEL BUSINESS DEI RIFIUTI
UN CAPITOLO IMPORTANTE È
QUELLO DELLA LOBBY TOGATA,
CHE HA TRATTO GIOVAMENTO
DAL REGIME DI EMERGENZA,
DURATO 15 ANNI, IN MATERIA
DI SMALTIMENTO RIFIUTI
il tacco d’Italia
22
Marzo 2009
12 milioni e 600mila euro all’anno di
introito per “Ambiente e Sviluppo” (con solo
un anno di gestione, pari a circa 24 miliardi
delle vecchie lire di entrate, la società
“Ambiente e Sviluppo” dovrebbe aver ammortizzato la spesa molto prima dei 10 anni previsti per convenzione).
110 milioni di euro, la cifra stimata per i
nove anni di gestione.
Da questa cifra bisogna sottrarre, almeno
sulla carta, il ristoro ambientale che la società avrebbe dovuto versare al Comune e cioè:
poco più di 11 milioni di euro in nove anni.
101.835.000 euro, questa è la stima di
quanto la società “Ambiente e Sviluppo” ha
percepito in questi anni solo per la gestione
del bacino Le/1.
Non bisogna dimenticare che i Montinaro
hanno gestito anche le discariche di Ugento e
di Poggiardo.
A onor del vero, agl’oltre cento milioni di
euro percepiti dalla triade di imprenditori in
un decennio solo per la gestione della discarica di Cavallino, bisogna sottrarre anche gli
onorari degli avvocati. Gli avvocati che hanno
difeso gli interessi di chi ha sempre detenuto
il monopolio sui rifiuti contro il nuovo monopolio che porta il nome del gruppo
Marcegaglia, che ha vinto i bandi della quasi
totalità degl’impianti pugliesi e salentini. Nel
business della monnezza un capitolo importante è quello della lobby togata: anch’essa
ha tratto giovamento dal regime di emergenza, ossia dell’anarchia di questi ultimi quindici anni in materia di smaltimento dei rifiuti.
A. Mar.
// COME SI PAGA LA BONIFICA DI BURGESI
L’art.2 della nuova convenzione del 2002 tra Monteco e Comune di Ugento prevede che la Monteco accantoni le quote per la “postgestione” trentennale della discarica. Negli articoli successivi si dice esplicitamente che la bonifica è a suo carico ma in questo modo,
con l’accantonamento delle quote, sono i cittadini a pagare la bonifica, già oggi e in anticipo.
il tacco d’Italia
24
Marzo 2009
// LE PECCHE DELLA DISCARICA DI CAVALLINO
Riportiamo integralmente il resoconto di Nicolino Sticchi, presidente della Commissione Ambiente della Provincia di Lecce, redatto all’indomani del sopralluogo effettuato dalla Commissione nella discarica di Cavallino il 6 ottobre 2004. Le osservazioni riportate da Sticchi denunciano la cattiva gestione della discarica, l’assenza di prove scientifiche che il trattamento di biostabilizzazione promesso sia mai avvenuto, la difficoltà di reperire risorse esterne per il trasferimento e trattamento delle balle di rifiuti. Infine, Sticchi, ironizza sulle analisi della
qualità dell’aria prodotte dalla società “Ambiente e Sviluppo”: sono talmente perfette da dubitare che siano credibili, poiché non spiegano
come mai l’aria intorno a Cavallino sia appestata dalla puzza.
il tacco d’Italia
25
Marzo 2009
il tacco d’Italia
26
Marzo 2009
// LA CONVENZIONE DI CAVALLINO
Riportiamo la prima pagina della Convenzione firmata nel 1999 tra il Comune di Cavallino e la società “Monticava” (in seguito prenderà il
nome di “Ambiente e Sviluppo”), che si è aggiudicata il bando di gara per: la costruzione della discarica, un impianto di separazione seccoumido e un impianto pilota per la biostabilizzazione.
In questa pagina si parla di cifre. Compare la tariffa che i Comuni dell’Ato Lecce/1 devono versare alla società per ogni tonnellata di rifiuto smaltito (108.000lire/ton) e i benefici economici, come ristoro ambientale, che il Comune di Cavallino deve percepire dalla società
(14lire/kg).
il tacco d’Italia
27
Marzo 2009
// SENTENZA DEL TAR: “LA GEOTEC È ANCORA A RISCHIO INFILTRAZIONI MAFIOSE”
Alcuni stralci della sentenza del 20/1/09 n.78/09 del Tar di Lecce, terza sezione.
Con questa sentenza si rigetta nel merito il ricorso della Geotec spiegando ampiamente come la sostituzione degli amministratori e l’entrata in scena di nuovi soggetti nella compagine societaria non escluda il rischio di infiltrazioni mafiose, perché da verifiche svolte non si
può risalire all’origine dei capitali cui hanno attinto per acquistare le quote societarie. Infatti tali soggetti risultano o disoccupati o ex dipendenti della Geotec.
- avvalendosi della facoltà di cui all’art. 10, comma 8, del D.P.R. n. 252/1998, GEOTEC aveva chiesto alla Prefettura di
rivedere l’informativa antimafia, adducendo di avere posto in essere una serie di misure tese a recidere i supposti legami con la
malavita organizzata. In particolare, considerato che la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa era stata desunta principalmente dalla presenza nell’organico aziendale di un soggetto (il sig. Rosafio Gianluigi, al quale l’amministratore pro tempore di
GEOTEC aveva rilasciato una procura speciale, implicante un ampio potere gestionale) sospettato, sia per ragioni di parentela, sia
perché rinviato a giudizio per reati ambientali (ma con l’aggravante di aver agito per agevolare l’organizzazione mafiosa) di essere
contiguo ad un noto esponente della Sacra Corona Unita, la società aveva dapprima revocato la procura speciale e in seguito licenziato il dipendente, la di lui moglie e la di lui sorella (vietando loro l’ingresso nei locali aziendali, inibendo agli altri dipendenti di
avere contatti con tali soggetti e comunicando la revoca della procura agli istituti di credito con cui la società intratteneva rapporti
negoziali) e aveva altresì trasferito la sede in altro Comune. Poiché la Prefettura non aveva ritenuto sufficienti tali misure, confermando l’interdittiva, la società aveva adottato ulteriori e rilevanti modifiche all’assetto aziendale (era stata revocata la carica di
amministratore al sig. Alessandro Strafino ed era stato nominato un nuovo amministratore unico; i soci, signori Strafino e Ponzetta,
avevano ceduto il proprio pacchetto azionario, uscendo definitivamente dalla società).
4.4. Ora, nel caso di specie, si è verificato proprio un evento del genere. In effetti, il provvedimento impugnato è stato formato in un momento storico in cui la Prefettura di Lecce e le Forze di Polizia che hanno preso parte al procedimento erano a conoscenza dell’avvenuta trasformazione della compagine sociale di Geotec, tanto da avere avviato accertamenti patrimoniali a carico
dei nuovi soci; gli esiti di tali accertamenti iniziali, cristallizzati negli atti di cui il Tribunale ha tenuto conto in sede cautelare (nonché, si deve presumere, in altri atti che non sono stati messi a disposizione dell’Avvocatura erariale in quanto coperti dal segreto
istruttorio), sono stati ritenuti sufficienti dalla Prefettura a far presumere ancora sussistente il pericolo di infiltrazione mafiosa.
Peraltro, come è logico che accada, gli accertamenti patrimoniali non sono stati mai interrotti e ciò proprio perché le indagini sulla
criminalità organizzata sono in continua evoluzione, dovendo le Forze di Polizia scovare anche e soprattutto i “prestanome” dei soggetti che fanno parte dei sodalizi criminali (ossia coloro che consentono ai mafiosi di intestare i beni a persone incensurate, in modo
da sottrarli ai sequestri e alle confische disposti dall’Autorità giudiziaria).
Per cui, per un verso gli atti relativi a queste indagini patrimoniali sono continuamente aggiornati, per altro verso può accadere che i documenti rappresentativi di questi accertamenti vengano formati in un momento successivo a quello in cui il giudice
amministrativo è chiamato a delibare in sede cautelare la legittimità di un’interdittiva antimafia.
4.5. Nel presente giudizio, è accaduto che alla camera di consiglio del 30 gennaio 2008 la Prefettura ha sostenuto che GEOTEC era ancora soggetta al tentativo di infiltrazione mafiosa, e ciò sul presupposto della fittizietà della cessione delle quote azionarie da parte dei signori Strafino e Ponzetta; la fittizietà è stata desunta da vari elementi riferiti a ciascuno dei nuovi soci, ma, in
quel momento, non sono stati forniti sufficienti elementi probatori che confermassero le suddette asserzioni (sul punto vedasi la
motivazione della citata ordinanza cautelare n. 72/2008).
Successivamente, però, la difesa erariale ha depositato gli atti relativi agli accertamenti patrimoniali effettuati soprattutto
sul conto del sig. Negro, i quali erano stati avviati sin dalla fine del 2007. I dati contenuti nella documentazione suppletiva si riferiscono tra l’altro ad anni ormai trascorsi ed essi riguardano il reddito complessivo dichiarato dai componenti il nucleo familiare del
sig. Negro nel periodo in questione.
Pertanto, quella che all’epoca della pronuncia cautelare era una mera illazione della Prefettura, si è successivamente rivelata un’affermazione del tutto verosimile, corredata di elementi fattuali indiscutibili (almeno ai fini del raggiungimento della soglia
di rilevanza di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998).
In effetti, il reddito del sig. Negro e della di lui consorte (quale risulta dagli atti de quibus, ed in particolare dalle note della
D.I.A. di Lecce prot. n. 125/LE/H44/ 1216 e della Questura di Lecce prot. n. Q2.2./08 del l’1.4.2008) è del tutto sproporzionato
rispetto all’impegno che lo stesso sig. Negro aveva assunto in sede di acquisto delle quote societarie di GEOTEC.
Ugualmente non adeguato alla situazione personale dell’interessato appare l’impegno economico sostenuto per l’acquisto
delle quote di GEOTEC da parte del sig. De Filippis, il quale, dalla citata nota della D.I.A. di Lecce, risulta essere stato:
- dipendente della società dal 1999 al 2001 e poi dall’1.6.2002 al 19.12.2003;
- dipendente della società GEOTEC Costruzioni S.r.l. dal 4.1.2005 al 7.3.2005;
- ufficialmente disoccupato nei restanti periodi presi in esame.
Né gli altri componenti il nucleo familiare del citato sig. De Filippis appaiono in possesso di adeguata capacità finanziaria
(i dati di cui alla nota della D.I.A. non sono stati contestati dalle ricorrenti, per cui di essi il Tribunale può tenere conto ai fini della
decisione).
4.6. Pertanto, il Tribunale ritiene che la fittizietà della cessione delle quote societarie della ricorrente GEOTEC sia correttamente desumibile dalla situazione patrimoniale del sig. Negro e del sig. De Filippis, il che è di per sé sufficiente a sorreggere il
provvedimento impugnato.
il tacco d’Italia
28
Marzo 2009
// MIGNONE: “IN PROVINCIA DI LECCE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE È PERMEABILE ALLA MAFIA”
Acuni stralci della relazione di Elsa Valeria Mignone, sostituto procuratore della Repubblica e di Cataldo Motta, procuratore capo, alla
Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti, 1° febbraio 2008. Cataldo Motta e la Mignone evidenziano come il vero problema nel
settore dello smaltimento illecito dei rifiuti non sia tanto da ascrivere al coinvolgimento della criminalità, quanto al "sistema" della pubblica amministrazione che rilascia autorizzazioni allo smaltimento dichiarando il falso.
il tacco d’Italia
29
Marzo 2009
il tacco d’Italia
30
Marzo 2009
il tacco d’Italia
31
Marzo 2009
//
SOMMARIO
PARTE I
02
EDITORIALE // MAFIA, POLITICA, AMBIENTE: UN’IMPRESA IN ATTIVO
di Maria Luisa Mastrogiovanni
04
RIFIUTI PERICOLOSI: I PROCESSI PENALI IN CORSO
di Maria Luisa Mastrogiovanni
05
GEOTEC E CASARANO: QUANDO LO STATO È IN UNA MORSA
di Maria Luisa Mastrogiovanni
06
DEPURATORE DI UGENTO: CONDANNATO IL SINDACO OZZA
di Maria Luisa Mastrogiovanni
07
BURGESI È PUBBLICA E LA BONIFICA SI STA GIÀ PAGANDO:
COSÌ LO STATO PAGA PIÙ VOLTE
di Maria Luisa Mastrogiovanni
09
LA CAPPA CHE SOFFOCA IL SALENTO
di Maria Luisa Mastrogiovanni
10
STOCCAGGIO FANTASMA: LA STORIA, I MANCATI GUADAGNI
di Giancarlo Colella
14
IL “RE DELLA DISCARICA”
di Ada Martella
16
CAVALLINO E LE SUE BALLE
di Ada Martella
21
ANCHE ILTAR DEL LAZIO DÀ RAGIONE A GORGONI: LA DISCARICA È DI CAVALLINO
di Ada Martella
22
QUANTI SOLDI GIRANO TRA LE MANI DI MONTINARO, PALUMBO E CALÒ
di Ada Martella
PARTE II
23 DOSSIER // I DOCUMENTI ORIGINALI E INEDITI PIÙ SCOTTANTI
I pareri degli addetti ai lavori e dei giovani,
in cerca di occupazione, presenti alla manifestazione
e’ importante
guardarsi
in faccia
e’ necessario
mettersi
in gioco
Elisabetta Salvati,
presidente Aforisma
Antonio Micozzi,
responsabile selezione di Agente di attività finanziaria per
il gruppo BPP
“Il job meeting ha
rappresentato
anche un momento di aggregazione e
socializzazione. Un aspetto importante
che prescinde dal dato occupazionale.
Un numero perfettamente in linea con
quello registrato in città come Verona.
Al Nord Est, come al Sud i ragazzi
hanno bisogno di un contatto diretto
con le aziende, per poter guardare in
faccia chi sono i responsabili delle
risorse umane che cestinano i loro
curricula. Il Job meeting compie quest’anno vent’anni; un traguardo
importante che, però, gli organizzatori, per via di questo stato di crisi,
hanno deciso di non festeggiare”.
“Sono colpito dal modo con cui i
ragazzi hanno risposto, numerosi fin
dalla prima ora del mattino.
Nell’immaginario comune la Banca è
sempre un punto d’arrivo.
Stiamo promuovendo la figura dell’agente di attività finanziaria, un lavoratore autonomo dietro la guida di
una banca, un modo per dare una
speranza a coloro che vogliono concretizzare le proprie ambizioni.
La prospettiva di un lavoro e di uno
stipendio sicuri sono ancora dominanti rispetto alla volontà di mettersi in gioco”.
Circa 1.800 visitatori tra laureati e laureandi
in diverse discipline. Aziende locali, nazionali
ed internazionali. I numeri del Job meeting
parlano chiaro: la Puglia ha bisogno di occupazione
Stefano
Ingrosso,
laureato in
Scienze e
Tecnologie per
l’ambiente
“Spero che il curriculum venga valutato da qualcuno, in modo tale che
qualche contatto ci sia”.
Fiorella Ciliatti,
laureata (laurea
triennale) in
Economia
“Il job meeting mi
dà la possibilità di
fare pubblicità a
me stessa.”
Assessore, c’è dell’amarezza
nel constatare il grande successo di una manifestazione
come il job meeting?
“Purtroppo sì; il successo del
job meeting è sintomo di un
grande bisogno di lavoro. I
ragazzi ci chiedono di non essere lasciati soli. Questa giornata
seppur molto bella, non deve
finire qui; dobbiamo analizzare i
dati ad essa relativi, vedere quali
competenze avevano i partecipanti, quale titolo di studio, che
cosa hanno proposto loro le 15
imprese locali e le sette nazionali. Solo in tal modo sapremo,
come ente locale, come sostenere chi cerca lavoro, come gestire
i centri per l’impiego, i progetti
formativi, i tirocini retribuiti.
Naturalmente abbiamo l’esigen-
Ph: M. Maraca
Ph: M. Maraca
Luigi Calò; dida: Luigi Calò, assessore
provinciale Politiche del Lavoro
“Spero di trovare
lavoro, ovviamente. Mi sembra tutto
ben organizzato;
sono tutti gentili e
disponibili”.
Guido De Blasi,
ragioniere perito
commerciale, stuAntonella Fedele,
dente presso la
laurea in Scienze e
Facoltà di
Tecnologie per l’amEconomia di
biente
Lecce
“Sono delusa, perché
“Oltre che chiedemanca l’azienda a cui re un lavoro vero e proprio, bisogna
avevo pensato di
proporsi; dunque non solo chiedere
lasciare il mio curri- un lavoro ma dire ciò che si sa fare”.
culum: Italgest green”.
Agnese Mancino,
laureata in
Maria Giovanna
Scienze e
De Leo,
Tecnologie per
laureata in biotecl’ambiente
nologie industriali
“Svolgo uno stage
“A Lecce è il primo
presso un’azienda,
incontro tra laureama aspiro a trovare
ti e mondo del
lavoro. Sono contenta, ma anche scolavoro”.
raggiata”.
il successo
del job meeting:
gioia e dolore
za di essere supportati in questo
dai fondi Por. I ragazzi sono la
vera ricchezza del nostro territorio: 1500 laureati iscritti come
disoccupati nei centri per l’impiego.”
La risposta che i giovani
hanno dato è che la loro
generazione, fatta di precariato, non si arrende.
Inoltre i laureati, solo se
costretti, si piegano a lasciare il Salento per cercare
lavoro altrove.
“L’attaccamento dei ragazzi alla
loro terra è molto forte.
Nonostante la sofferenza della
partenza, un’esperienza di lavoro fuori casa è positiva, perché
porta a migliorare il profilo professionale. Ma è lo stesso territorio a non poter vivere senza
giovani. La strategia va ricercata
in una strategica programmazione economica. Stanno per
partire i finanziamenti del 2013
che riservano grande spazio al
sistema della formazione, all’implementazione dei servizi per
l’impiego, alle politiche d’inclusione sociale. Speriamo di sfruttarli al meglio”.
Giuseppe De los
Reyes
Gabriele Greco,
laureato Scienze
alimentari
“Una sola azienda
ha rispondenze
con il mio titolo di
studio”.
//Società //Il lato femminile degli uomini //8 marzo
Meglio donna.
Dustin Hoffman nel film “Tootsie”,
1982, di Sydney Pollack.
Per sfondare in televisione
il suo personaggio ricorse
allo stratagemma di fingersi donna
se fossi
LEI
ECCO QUALI PANNI
VESTIREBBERO,
SE RINASCESSERO
DONNE, ALCUNI
VIP UOMINI
DI CASA NOSTRA
di LAURA LEUZZI
[email protected]
“S
e rinascessi donna, chi ti piacerebbe essere?”. Lo abbiamo chiesto, “a brucia
pelo”, ad alcuni volti noti salentini, rigorosamente di sesso maschile. Questi, vincendo un certo imbarazzo, e solo dopo aver confessato di trovare difficile pensare se stessi in sembianze femminili, ci hanno dato le loro risposte. Che non
hanno mancato di sorprenderci. Se rinascessero donne, gli uomini salentini vorrebbero essere donne di potere, di scienza, di alto valore intellettuale. Bando alla
cura delle apparenze e alla civetteria tradizionalmente attribuite (spesso proprio
dagli uomini) al gentil sesso, dunque. I “nostri” vip hanno fatto
nomi importanti. La più gettonata? Rita Levi Moltalcini.
ortone
Adriana Poli B
Cento anni il mese prossimo, donna di cultura, Nobel per
la medicina, senatrice a vita. Della serie: la vera bellezza è
quella interiore. Ma saranno stati sinceri?
Angelo Minenna,
segretario PdCi, Ugento
Ho sempre apprezzato tre tipi di donne, una diversa dall’altra. La prima è Cornelia, la madre dei
Gracchi, due tribuni della plebe romani che volevano distribuire la terra ai contadini ed ai veterani; l’ho
ammirata per le sue virtù morali e per come, in mezzo
a mille difficoltà, ha saputo mantenere salde moralità
ed integrità crescendo bene i propri figli. La seconda
donna è Mata Hari, famosa spia durante la prima guerra mondiale, donna estremamente bella, ricca di fascino, abile e con una vita movimentata e avventurosa. Se
dovessi guardare al presente direi, senza dubbio,
Adriana Poli Bortone: energica, determinata, ostinata,
intelligente e, anche lei, molto affascinante... tanto da
sembrare che per lei il tempo e gli anni non
passino mai.
Cornelia
Mata Hari
Cosimo Lupo:
“Se fossi nato donna
Sergio Blasi,
sindaco di Melpignano
avrei voluto essere Nilde Iotti,
la signora della Repubblica.
Ha mantenuto sempre forte
la fiducia nelle sue idee,
ma non le ha mai usate per piegare la ragione degli altri”
Se rinascessi donna, vorrei essere Rita Levi
Montalcini almeno per quattro ragioni. La
prima è la sua longevità, che non è un
elemento di poco conto. La seconda
motivazione è che ha saputo conciliare
la passione per la scienza con quella per
la cultura e con la ricerca per il bene dell’umanità. La terza ragione è che nei campi
in cui si è applicata ha saputo raggiungere livelli altissimi, come il premio Nobel. La quarta è che nell’ultima parte della sua vita si è dedicata ad un grosso impegno come quello della politica; componente secondo me di grande importanza perché
nella politica fatta bene, per il bene
comune ed il reale interesse per la
collettività, si misura il valore di una
persona. Se rinascessi donna sarei la
Montalcini, per tutta questa serie di
passioni elencate; praticarle è indiRita Levi Montalcini
spensabile nel corso di una vita.
Giuseppe Miggiano,
regista, compagnia
Calandra, Tuglie
Di donne eccezionali ce ne
sono state tante, straordinarie in ogni campo, ma io, fin
da piccolo, ho invidiato
Brigitta. Sì, quella di Walt
Disney, innamorata di
Paperone. Una tipa così tenace da non scoraggiarsi mai
davanti all’impossibile, così
sicura di raggiungere prima
o poi la sua meta che nessun fallimento potrà intaccare il suo sogno. Persino
Don Chisciotte alla fine si è
arreso; Brigitta no.
Comincerà in eterno le sue
storie a fumetti con la convinzione di riuscire a conquistare il suo amore e
niente e nessuno potrà fermarla.
Antonio Torretti,
responsabile vendite e comunicazione, società cooperativa Agricola
Nuova Generazione, Martano
Rinascerei Mina, la cantante che ha reso unico il modo di comunicare
con la musica, al di là dell’attuale mania di presenzialismo. E’ riuscita a
far parlare di sé, continua a far parlare di sé, e continuerà sempre a
farlo.
L’essenza è ciò che conta: una
grande voce, una grande personalità, anche non davanti agli schermi.
L’arte del canto allo stato puro, le
idee musicali innovative al passo
con i tempi, il sistema di essere senza comparire.
Donna, cantante e grande comunicatrice: Mina, nonostante l’addio alle
scene nel 1978, è rimasta salda nella memoria del pubblico, attraverso
il duplice appuntamento discografico annuale, i programmi radiofonici
e le rubriche sulla stampa, ma soprattutto perché abita ancora tutti i
palcoscenici mentali di chi apprezza la sua musica.
Mina
Cosimo Lupo,
editore, Copertino
Se fossi nato donna avrei voluto essere Nilde Iotti, la
signora della
Repubblica. E’ stata
una donna di parte,
eppure tutti hanno
riconosciuto la sua
imparzialità. Non è
una contraddizione:
Nilde Iotti
quando l’essere di
parte significa schierarsi non per convenienze, ma per ideali, la dimensione del dialogo acquista un peso maggiore rispetto
allo scontro ed è conseguentemente inevitabile che
si cerchi la verità senza pretendere di imporla. La
sua imparzialità non è mai stata neutralità. Ha mantenuto sempre forte la fiducia nelle sue idee, ma non
le ha mai usate per piegare la ragione degli altri. Mi
piace ricordare un suo intervento all’assemblea
costituente: “Dal momento che alla donna è stata
riconosciuta, in campo politico, piena eguaglianza,
col diritto di voto attivo e passivo, ne consegue che
la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti i campi
della vita sociale e restituita ad una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la
sua dignità di cittadina.”
Fredy Franzutti,
coreografo compagnia Balletto del Sud, Lecce
Se rinascessi donna, vorrei rinascere donna di potere e non donna
“bambolina” al fianco di un uomo. Mi piacerebbe essere Rita Levi
Montalcini, vera incarnazione del principio secondo il quale il potere
sta nella conoscenza. La sua grande forza sta nel risultare estremamente
attraente utilizzando solo doti intellettuali. La Montalcini ha saputo mettere da
parte il lato estetico, per valorizzare quello interiore, del pensiero e del sapere.
La sua carriera è andata di pari passo con la ricerca e con lo studio. E’ questo il
mio ideale di donna.
Vincenzo Barba,
deputato PdL, Gallipoli
Premesso che nascere donna sarebbe un'esperienza dello spirito assai complessa, dal momento che nessun
essere sulla terra è complesso quanto le donne, devo anche aggiungere che mi risulta davvero difficile pensare
alle fattezze che dovrei assumere se rinascessi sotto sembianze femminee. Ma poiché mi piace questo gioco propostomi da "Il Tacco d'Italia", dirò subito che se dovessi rinascere donna per interpretare un importantissimo
ruolo sociale e politico, mi piacerebbe rinascere con la grande forza morale di Margaret
Thatcher, una donna che ho ammirato molto per la sua grande competenza che l'ha portata a trasformare l'Inghilterra in un vero Stato liberale, eliminando con riforme di stampo liberista sacche di inefficienza e cumuli di privilegi che rallentavano e ingolfavano il
Paese anglosassone. Ma giacché il vostro giornale mi dà la possibilità di giocare a questo gioco divertente dirò da subito che, senza ombra di dubbio, mi piacerebbe rinascere con il fascino e la grande capacità di coinvolgimento che aveva, ed ha tuttora una donna che avrei voluto tanto conoscere ed avere: Edwige Fenech. Una
donna dallo sguardo magnetico che dava senso a tutte le cose sulle quali si
posava. Quale uomo dotato di senno non avrebbe voluto intrattenersi con lei?
Dico: povero colui che non ha mai pensato di fermarsi con lei a bere un buon
caffè e a parlare di tutto, vedendo ciò che vedeva dinanzi a sé e sperando di
cher
vedere ciò che non si vedeva.
Margaret That
Vincenzo Barba:
“Mi piacerebbe rinascere
Pasquale Gaetani,
consigliere provinciale An,
presidente Fondazione
Notte di San Rocco,
Ruffano
con la grande forza morale
di Margaret Thatcher. Ma,
giacché mi date la possibilità
di giocare, propongo anche
un secondo nome:
Edwige Fenech”
Hannah Arendt
Cosimo Scarcella,
docente Storia e Filosofia, Melissano
Nonostante mi sembri una domanda metafisica,
quasi extravagante, provo a rispondere.
Sarei felice di nascere Hannah Arendt, filosofa e
storica tedesca, per la sua razionalità “femminile”: lucida e travagliata, vera anche se contraddittoria, soprattutto perché totalmente umana. Ha
vissuto una vita completa, unificando in mirabile
fusione la poliedricità delle esperienze umane.
Tuttavia, non mi è facile pensarmi donna.
Francesco D’Agata,
responsabile provinciale Italia dei valori, Lecce
Sono tante le grandi donne del passato e del presente che mi vengono in mente, ma poiché viviamo
in tempi in cui c’è bisogno di speranza per un futuro senz’altro migliore, mi balza alla mente Michelle
LaVaughn Obama, moglie del neopresidente
degli Usa, prima first lady afroamericana, e
non perché è “bella, simpatica, abbronzata”,
come “qualcuno”
da Arcore, sarcasticamente ironizzava, riferendosi
alle doti del marito. Nel nuovo
ruolo da first lady,
dovrà affiancare quotidianamente l’uomo più
potente del mondo in scelte difficili ed affrontare, quasi in prima persona, le nuove sfide
che riguarderanno il mondo intero, affinché
possano essere mantenute le promesse di un
cambiamento per una politica di pace, sviluppo ecosostenibile e libera dagli schemi precostituiti della storia recente.
Michelle LaVaughn Obama
Edwige Fenech
Ho appena finito di leggere la trilogia
“Millennium” di Stieg
Larsson e, senza
ombra di dubbio,
se nascessi donna
mi piacerebbe
rinascere con le
fattezze di
Liesbeth
Salander, l’eroina di quei tre
bellissimi gialli
che affascinano
e coinvolgono il
lettore dalla prima all’ultima pagina.
Coraggio, indipendenza, eccezionale spirito di osservazione della
realtà, spiccatissimo senso della giustizia, vitalità, difesa dei più
deboli e degli indifesi, una femminilità forte ma mai ostentata: sono
queste le doti che mi hanno affascinato e conquistato al punto di
scegliere Liesbeth come personaggio femminile che in una futura
ipotetica esistenza potrei essere.
La cosa strana è che trattandosi di un personaggio della letteratura
e non della storia non esiste un’immagine fotografica o pittorica
che lo possa identificare. Eppure, grazie al fascino che questo personaggio ha esercitato sulle mie letture e alla sapiente penna dello
scrittore, sono riuscito a costruirmi un disegno tutto mio, un quadro,
una fotografia che rende questa donna un’immagine in grado di saltare visivamente da una pagina all’altra. Anzi, vi dirò di più, su
Facebook mi sono iscritto al gruppo “Fan di Liesbeth Salander”.
Dario Fai,
dermatologo, Parabita
Ho sempre sognato di avere la
stessa cultura scientifica e sperimentale di Marie Curie, la madre
della radioattività, che rivoluzionò le scoperte fisiche e scientifiche con i suoi lavori sul radio,
che integrò con le scoperte del
marito Pierre Curie sulla piezoelettricità per misurare la radiazione dell’uranio. Passare alla
storia con la nomea di scienziata significherebbe eternarsi nei
secoli sui libri di fisica, chimica e storia. Il suo merito fu
riuscire a conciliare il suo impegno scientifico con il suo
ruolo di madre: fece crescere due figlie una delle quali
vinse anche il premio Nobel per la chimica.
//Libri //Quaderni di parità //Bilancio di genere
bilancio:
femminile
singolare
LA PROVINCIA DI LECCE È L’UNICA IN PUGLIA AD AVER ELABORATO UN BILANCIO DI GENERE, OVVERO
L’ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN UN’OTTICA DI GENERE. ESSO COSTITUISCE IL TERZO VOLUME
DELLA COLLANA “QUADERNI DI PARITÀ” A CURA DELL’UFFICIO DELLA CONSIGLIERA DI PARITÀ.
ANCHE LA COLLANA È UN PRIMUM IN REGIONE
i intitola “Bilancio di genere della Provincia di
Lecce” il terzo volume della collana “Quaderni di
Parità”, a cura dell’Ufficio della consigliera di
Parità (editore Nerò Comunicazione - Il Tacco d’Italia).
Dopo “Le dinamiche dell’occupazione femminile nel
Salento” e “Universo Lavoro: prove tecniche di trasparenza”, incentrati principalmente sul rapporto donnalavoro, in cui vengono messe in evidenza rispettivamente le condizioni lavorative delle donne e le strategie per
la loro emersione dall’irregolarità, l’ultimo volume tocca
S
Serenella Molendini
PER STATUTO,
LA PROVINCIA DI LECCE
GARANTISCE IN GIUNTA
UNA PRESENZA
FEMMINILE PARI ALMENO
AL 30%. QUANTO ALLE
DIPENDENTI DELL’ENTE
IL BILANCIO DI GENERA
PARLA CHIARO: MOLTISSIME
IMPIEGATE E POCHISSIME
DIRIGENTI, CON TANTO
DI DIFFERENZA RETRIBUTIVA
TRA UOMO E DONNA
la tematica delle strategie di genere degli enti pubblici,
ovvero tutte quelle misure in ambito occupazionale che
tengano conto delle differenze tra uomo e donna.
La Provincia di Lecce è la prima in Puglia ad aver elaborato e pubblicato uno studio di tal tipo.
Partendo dalla definizione di “bilancio di genere”
abbiamo chiesto a Serenella Molendini, consigliera di
Parità della Provincia di Lecce, come è nata l’idea di realizzarlo e di illustrarcene il contenuto.
Consigliera, che cos’è un bilancio di
genere?
“E’ uno strumento di analisi che permette di
esaminare l’attività di un’amministrazione pubblica in un’ottica di genere e, di conseguenza, di
avere un quadro completo delle conseguenze
che le scelte di governo degli enti possono produrre sulla popolazione maschile e femminile”.
Significa che le scelte di un ente hanno
impatto diverso su uomini e donne?
“Certamente. Uomo e donna hanno ruoli
diversi in ogni ambito. Pertanto le scelte politiche di un’amministrazione pubblica hanno un
impatto diverso sulla popolazione maschile
rispetto a quella femminile. Il bilancio di genere
nasce per ottenere una lettura profonda del
ruolo delle amministrazioni rispetto alle differenze di genere”.
Come è nata l’idea di realizzarlo?
“L’abbiamo fatta nostra nella rete nazionale
di consigliere di Parità. Con il bilancio di genere
si sono già cimentate altre consigliere provinciali; è addirittura nata una rete delle città e delle
Province che lo hanno adottato; capofila è la
Provincia di Genova. Crediamo molto in questo
il tacco d’Italia
27
Marzo 2009
strumento perché solo adottando un’ottica di
genere nella rendicontazione della spesa pubblica, si può progettare l’innalzamento della qualità
della vita in Puglia e nel Salento. Ad oggi, la
Provincia di Lecce è l’unica in Puglia ad aver elaborato questo documento”.
Perché avete definito il bilancio “numero
zero”?
“Perché è l’indicazione di una metodologia.
Ciò che consegniamo è un’esatta fotografia del
bilancio di genere nella Provincia di Lecce. Ci
siamo serviti di un team di ricerca molto preparato: tre esperti ed otto stagisti laureati”.
Quale metodo avete usato per realizzare l’analisi?
“Abbiamo portato avanti indagini tramite
focus ed interviste per capire ciò che le donne
chiedono alla politica, alle istituzioni, alla sanità,
e per far emergere la diversità di esigenze tra
generi. Inoltre abbiamo approfondito tutte le
azioni messe in atto dalla Provincia, dividendole
in direttamente ed indirettamente inerenti il
genere e neutre, cioè valide per uomini e donne.
Un’indagine ha riguardato il ruolo di promozione delle politiche di genere da parte della
Provincia nei confronti degli enti locali e dei
Comuni. Ci siamo resi conto di quanto sia
bassa la rappresentanza di genere nelle
amministrazioni comunali: ci sono solo due
donne sindaco, Sandra Antonica a Galatina
ed Ada Fiore a Corigliano d’Otranto, e poche
donne assessore. La Provincia, in compenso,
ha adottato uno Statuto estremamente innovativo per favorire la presenza delle donne”.
In che cosa consiste?
“Nel garantire all’interno della Giunta
una rappresentanza di genere di almeno il
30%; infatti il presidente Pellegrino ha nominato un’assessora esterna per raggiungere la
percentuale stabilita. Altrettanto ha fatto
Vendola a livello regionale. Dal libro emerge,
però, un altro dato emblematico rispetto
alle dipendenti della Provincia: a fronte di
moltissime impiegate esistono pochissime
dirigenti; persiste, inoltre, anche presso l’ente provinciale un gap retributivo tra uomo e
donna”.
A parità di competenze e di mansioni
esercitate, le donne vengono retribuite
meno degli uomini?
“Le donne hanno meno possibilità degli
uomini di usufruire di accessori come gli
straordinari; non perché ciò venga loro
negato ma perché, una volta terminato l’orario di lavoro, hanno necessità di tornare a
casa per dedicarsi alle mansioni di cura che
ricadono necessariamente sulle loro spalle.
Se si considerano questi aspetti, il nostro
territorio ha molto da lavorare per colmare
le differenze di genere”.
Qual è, in sintesi, l’idea di base del
volume?
“E’ impensabile continuare a credere
che la politica sia neutra. E’ necessario
prendere atto delle differenze tra uomo e
donna e programmare di conseguenza l’attività di ogni ente pubblico”.
il lavoro non è donna
a collana “Quaderni di
Parità” realizzata
dall’Ufficio della consigliera di Parità della Provincia
di Lecce è una assoluta novità in Puglia. La Provincia
salentina è infatti la prima su
scala regionale ad aver intrapreso un’attività di analisi
della realtà occupazionale
femminile e ad aver reso noti
i risultati di tali studi. I volumi
inquadrano la condizione
della donna da un punto di
vista scientifico, utilizzando
come fonti dirette gli Uffici
dell’Istat, i Centri per l’impiego, l’Ufficio Statistico della
Provincia di Lecce,
l’Osservatorio provinciale sull’occupazione femminile.
Per via di tale scientificità
dell’approccio e per il merito
di aver intrapreso un’indagine
finora mai realizzata,
l’Università di Bari, nella persona del docente Federico
Pirro, ha chiesto di utilizzare i
“Quaderni di Parità” come
libri di testo universitari.
“Le dinamiche dell’occupazione femminile nel
Salento” è il primo volume
della collana. Contiene i
dilemmi del binomio donnalavoro ma anche prospettive
di sviluppo. Le donne della
provincia di Lecce, si legge,
L
sarebbero le pugliesi che
meglio riescono a concretizzare i propri obiettivi professionali. Nonostante ciò esse
sono costrette a fare i conti
con le difficoltà di conciliazione dei tempi lavorativi e familiari, con la insufficienza di
strutture pubbliche a supporto della famiglia, come asili
nido, case di cura e di riposo
(ciò spesso induce all’abbandono del lavoro). In ambito
strettamente lavorativo, le
donne devono combattere
quotidianamente con la competizione maschile: anche a
parità di titolo di studio e di
competenza resta una sostanziale differenza tra le
il tacco d’Italia
retribuzioni di uomo e donna;
a questa inoltre risulta più
difficile sfondare il cosiddetto
“tetto di cristallo”, ovvero
occupare le posizioni aziendali più alte.
Il secondo volume,
“Universo Lavoro: prove tecniche di trasparenza”, si concentra principalmente sul
lavoro femminile irregolare. Il
metodo scelto è quello biografico, basato sulle narrazioni dirette delle donne. Dai
racconti riportati emerge il
conflitto, tutto femminile, tra
il desiderio di lavorare e il
rispetto
28
Marzo 2009
delle aspettative sociali
relative alle attività di cura
nei confronti di figli e, spesso,
di genitori anziani.
L’Osservatorio sull’occupazione femminile, presente in
Provincia presso l’Ufficio della
Consigliera di Parità – propone Molendini nella presentazione del volume - può essere
il fulcro attraverso il quale far
passare le politiche per l’emersione del lavoro femminile
irregolare e la creazione di
una rete di istituzioni che
lavori concretamente all’elaborazione di misure a vantaggio delle lavoratrici.
Almanacco salentino
INDOVINA CHI E’?
Gallipoli.
Una Caremma sul tetto
(foto di maxroll42,
tratta da www.flicr.com)
COME TRADIZIONE VUOLE
La soluzione a pag. 38
caremma sui tetti.
santu lazzaru per strada
Tutto ha inizio con la Caremma, il fantoccio dalle sembianze di donna anziana
(e anche un po’ bruttina) che compare, a
fine Carnevale, sui tetti delle città.
A partire dal mercoledì delle Ceneri,
giorno dopo il martedì grasso (ovvero l’api-
ce dei bagordi carnascialeschi), la vecchia
sdentata e vestita a lutto puntella (a dire il
vero, sempre meno) comignoli e camini,
ricordando che la Quaresima (da cui
Caremma) è tempo di astinenza e sofferenza.
Ma Quaresima è anche beneficienza.
Un’altra tradizione tipicamente salentina legata a questo periodo è infatti “U
Santu Lazzaru”, un corteo che prende il
nome dal famoso canto ispirato alla passione di Cristo (“Santu Lazzaru”, appunto)
che, per la verità, assume la forma della
“cantilena” ripetitiva, o come si dice del
“tira ‘ntrame” (talmente noiosa da divenire
di difficile ascolto). Il corteo è composto
da musicisti, devoti, e tutti coloro che vi
vogliano prendere parte e si muove, ogni
venerdì di Quaresima, in giro per masserie
e borghi. Scopo della processione è raccogliere viveri (ma oggi anche offerte in
denaro) da destinare ai bisognosi. Mentre
passa per le strade, il corteo intona il
canto tipico ed allieta gli “spettatori” che
in cambio offrono da bere e da mangiare.
Anche questo rito, in tal modo, si trasforma
in occasione di festa.
// Questione di look
La saggezza popolare insegna che di galli in un pollaio ce ne deve essere uno. Solo in tal modo le scelte possono essere condivise dalla maggioranza. Ma
stavolta non si parla di galli.
La candidatura di Loredana Capone allo scranno più
alto di Palazzo dei Celestini, promossa dall’uscente
Giovanni Pellegrino come “la più naturale”, non ha
messo d’accordo subito tutte le anime del Pd. E se
la deputata Teresa Bellanova non ha esitato a caldeggiare la “promozione” della vice, Gianna
Capobianco, assessora alla Programmazione economica, ha frenato, suggerendo il ricorso alle
Primarie. In pochi le hanno dato retta e la Capone è
rimasta l’unica candidata del Pd.
Insomma, niente di nuovo sul fronte provinciale.
È giunta l’ora, ad ogni modo, di mettersi a lavorare
seriamente sul programma elettorale e di finirla,
prima possibile, con i batti-becchi.
Almanacco salentino
ACCADDE UN ANNO FA
LA RICETTA DEL MESE
Futti mariti per le più Furbe
circuito settimana santa
“Il Salento è una terra di forte spiritualità e gli eventi religiosi tramandati dalla tradizione sono una risorsa da valorizzare anche sotto l’aspetto
della promozione del nostro territorio”. Con questa motivazione Maria
Rosaria Manieri, assessora provinciale al Turismo e Marketing territoriale,
motivò l’anno scorso l’adesione della Provincia di Lecce al progetto “La
Settimana Santa in Puglia: i Luoghi della Passione”. Promosso dalla
Regione, il progetto aveva lo scopo di promuovere i riti e gli eventi del
periodo pasquale sull’intero territorio regionale.
Il progetto di comunicazione e di promozione turistico-religiosa venne pubblicizzato in occasione della Bit di Milano 2008 presso gli stand espositivi
della Regione, delle Province di Bari e di Lecce e del Touring Club Italiano.
Il materiale informativo fu inoltre distribuito presso l’aeroporto di Bari
palese nel periodo dal 20 febbraio al 25 marzo prossimo. Ne fu data notizia anche su testate giornalistiche quali i “Viaggi di Repubblica” e la rivista
“Qui Touring” del Touring Club Italiano.
IL RIMEDIO DELLA NONNA
a cura di
NINA RIZZELLO
Confidenze tra donne.
La civetteria e la vanità
non sono cose di oggi.
Hanno sempre contraddistinto l’universo femminile.
Anche un po’ di anni fa le
donne erano alla ricerca
del giusto sistema per
avere una pelle liscia e
luminosa.
Il rimedio più conosciuto ed anche più utilizzato era elementare ma
efficace. Consisteva nel
cospargere, prima di andare a dormire, dell’olio d’oliva su guance, naso e su
quella che oggi chiamiamo
“zona T”, all’incrocio del
naso con la fronte. Forse il
cuscino avrà avuto da
lamentarsi, la pelle di
certo no.
Un metodo assai più
“di nicchia”, che le donne
rivelavano con più reticenza, prevedeva che la
sostanza applicata su viso
fosse l’albume d’uovo.
Lo si sbatteva in una
ciotolina tramite una forchetta, fino a renderlo una
schiuma e successivamente si applicava sulla zona
da trattare, dove formava
una leggere patina bianca.
Risultato: pelle liscia mai
vista.
Preparazione
Per poter preparare dei buoni “Futti mariti” bisogna partire
da una premessa: erano un escamotage inventato dalle donne
per due ragioni. La prima: comportavano una spesa irrisoria, dunque permettevano di intascare dal marito buona parte dei soldi
destinati alla spesa. La seconda: si preparavano in pochi minuti,
quindi la donna poteva trascorrere l’intera mattina sull’uscio di
casa a chiacchierare con le vicine e dedicarsi alla cucina solo
pochi istanti prima del rientro del compagno.
La preparazione è semplicissima: basta mischiare tutti gli
ingredienti tra loro; aumentare le dosi di mollica di pane e formaggio se si preferisce maggiore consistenza. Una volta che l’impasto è pronto, disporli a cucchiaiate in una padella con del
sugo e cuocere per alcuni minuti. Sembreranno degli involtini dal
sapore molto difficile da definire.
a proposito
di donne
a cura di
ROCCO PREITE
“La donna che nu bbitte
mai lu mare, quannu lu vitte
disse ca è piscina; quannu
vitte le barche navigare, disse
ca suntu ale de gaddhina”.
La donna che non aveva
mai visto il mare (perché era
di costumi morigerati ed aveva
trascorso tutta la vita in casa),
quando lo vide per la prima
volta pensò fosse una piscina.
E quando vide la barhe che
navigavano, le scambiò per ali,
aperte, di galline.
“Fiju meu ca te mmariti,
quannu ‘a scegli, varda la
razza, cu nnu cacci le corna
comu la cozza”.
Consigli del padre al figlio:
“Quando scegli la donna che
sarà tua moglie, stai bene
attento a conoscerne la famiglia di provenienza; perché, se
non dovesse essere seria,
potresti ritrovarti con le corna,
come le lumache”.
“Lu presciu te la donna è
lu capellu, l’aria tu trainieri è
lu cavallu”.
La migliore qualità in una
donna sono i bei capelli (che
devono essere lunghi, perché
segno di femminilità); ciò che
dà aria (cioè sostentamento)
al guidatore del traino (l’aratore) è il cavallo.
PILLOLE DI SAGGEZZA
seGreti Femminili
per una pelle
di pesca
Ingredienti
mollica di pane
Uovo
formaggio grattugiato
Prezzemolo
sale
sugo di pomodoro
In occasione di inchieste speciali (come l’edizione che avete tra le vostre mani), il Tacco aumenta il numero delle pagine ma anche il suo prezzo
di copertina a 3,50 euro. Si tratta di un aumento giustificato dalla complessità del lavoro giornalistico svolto e dai maggiori costi di stampa. Ai
nostri abbonati garantiamo comunque l’invio della rivista, indipendentemente dal prezzo di copertina. Per questo raccomandiamo ai nostri lettori
di sottoscrivere subito l’abbonamento a 10 edizioni, alla vecchia tariffa di 15,00 Euro per 10 numeri del Tacco d’Italia.
ABBONAMENTO IN PROMOZIONE:
ABBONAMENTO SOSTENITORE:
€15,00
€100,00
Pagamento con bollettino postale intestato a: Nerò comunicazione - Piazza Diaz, 5 - Casarano - C/C 54550132
VISTI DA VICINO
// Sul comodino e nella borsa di... //Adriana Poli Bortone
manca il tempo.
ma non le medicine
per l’otite
di ADRIANA POLI BORTONE
Adriana Poli Bortone
“
re 1.00 circa. Finalmente approdo nella mia camera da
letto. Accendo quasi contemporaneamente la vecchia abatjour e (l’altrettanto vecchia) televisione, per cercare di orientarmi nella camera - disseminata di pile di libri e carte - e per carpire qualche notizia utile, residuo della giornata appena passata, o
anticipazione di quella futura. “Fratelli d’Italia”, di Ferruccio
Pinotti, attende indisturbato sul comodino. Rimarrà indisturbato,
almeno per stasera: “Storie interotte - Il SUD che ha fatto ‘Italia”
(di Barca- D’Antone - Quaglia) ha priorità assoluta. Poche pagine, e
la stanchezza ha la meglio: anche oggi, i miei buoni 400 km li ho
percorsi, in lungo e largo per la Puglia.
Un bicchiere d’acqua (usando il bellissimo bicchiere di carta
che mia nipote Fanny ha decorato per me, con scritte e disegni di
suo pugno), e le immancabili medicine per l’orecchio: compagne
di una vita. Intanto di fronte a me scorrono le immagini di una tv
“tradizionale”: niente satellite, niente digitale, niente dvd; solo la
cara vecchia Rai (Tg1, Tg Parlamento, Fuori Orario), o Canale 5 (se
non è infestato dal “Grande Fratello”), o qualche rete locale –
anche se spesso si vedono male, e a volte sono mal viste. Volume
al limite (e d’altronde, con l’ovatta nelle orecchie, non si sente un
gran che), per la gioia della famiglia. Mi addormento così, esausta,
tentando con le ultime forze di programmare la giornata che sta
per cominciare. Sono le 2 passate. Il mio fisico chiede venia.
O
Ore 6.40. Suona la sveglia, una vecchia sveglietta di plastica
rossa dal suono implacabile. Con addosso ancora il pigiama, “rinforzato” da una vecchia e calda giacca da camera, spengo la tv
(rimasta inesorabilmente accesa e a tutto volume per le quattro
ore del mio riposo), mi armo di carte e giornali del giorno prima,
recuperate in giro per la stanza, e scendo al piano inferiore. Qui la
temperatura è più confortante. Carico il tavolino di carte e mi
metto subito al lavoro, tentando di recuperare le letture passate
indenni dal giorno precedente. Il tempo per un caffè, adesso, non
c’è. Ci pensiamo più tardi. Leggo, penso, scrivo. E il tempo passa in
fretta. Alle 8 arriva il caffè, portato dalla buona Lyuba, il cui sguardo mi ricorda che è ora di prepararsi per uscire. Ritorno in camera,
depositando nuovamente carte e cartelline. Uno sguardo fugace al
comodino. Devo ricordarmi di cambiare le pile alla lampadina
tascabile. Recupero le medicine per l’orecchio, che metto subito in
borsa: senza, potrei impazzire. Nella borsa ho anche: telefonino e
caricabatterie, varie agendine telefoniche, varie agende, una
penna, l’ombrello, un mini porta-trucchi, il portafogli, una spilletta
“Io amo Sud”, le medicine per l’otite e le pastiglie per la gola. Non
ho invece le chiavi di casa, che preferisco tenere nel cappotto.
il comodino di adriana Poli Bortone. ordinato ed essenziale. sopra c’è:
una vecchia abat jour, una pila di libri (in evidenza: “fratelli d’italia” e
“Quanto conta la massoneria?”, di ferruccio Pinotti), una piccola collezione di libricini antichi, una sveglietta in plastica rossa, una lampadina
tascabile, una bottiglia di acqua naturale, con annesso bicchiere di plastica (personalizzato dalla nipotina), un “manuale della felicità”, le medicine per l’orecchio.
la borsa (griffata fendi) di adriana Poli Bortone. Contiene: telefonino e
caricabatterie, numerose agende e agendine telefoniche, portafogli e
porta-trucchi, ombrello, una spilletta con su scritto “io amo sud”, due
scatole di medicinali (quelli immancabili per l’otite e le pastiglie Benagol
per la gola).
“
//Oroscopo //Il segno del mese //Ivan De Masi
Pesci
Ivan De Masi, vicepresidente Italgest
(20 febbraio-20 marzo)
//meGlio lo sport
SOTTO IL CIELO DEL SALENTO
a cura di IULY FERRARI
// Ariete (21.3-20.4)
Dimostrerete grinta in campo
lavorativo ed intraprendenza in
quello sentimentale.
Marzo è il mese di grandi battaglie, che vincerete senza troppi
problemi. Potrete decidere di
convolare a nozze.
// Toro (21.4-20.5)
Belle gratificazioni nella carriera e, dunque, belle soddisfazioni economiche. Fate attenzione
ai colpi di vento. L’affettività
sarà alle stelle.
// Gemelli (21.5-21.6)
Sarà per voi un mese di grandi
relazioni, nuovi incontri e
nuove collaborazioni. Mercurio
vi inciterà all’associazionismo
e vi condurrà ad una decisione
importante: una convivenza?
// Cancro (22.6-22.7)
on sarà un marzo facile. Il mese inizia, per te, con la Luna “traversa”.
L’opposizione Urano- Saturno non ti
agevolerà; anzi ti creerà non poche difficoltà. La tua energia psichica, caro Ivan, è
molto provata. Il consiglio è: abbandona
gli impegni, evadi, trova nuovi svaghi. Non
è il caso di applicarti troppo in iniziative
troppo ambiziose. Prenota un viaggio rassicurante, distensivo, emotivamente ricostituente e dimentica per un po’ gli impegni
più grandi di te.
Non cedere alle lusinghe di chi ti vuole
sempre in prima linea e ritagliati del
tempo che sia tutto tuo.
Prova a vivere alla giornata, non fare progetti a lungo termine.
Una volta tanto, prova a non sentire il
peso di una figura più grande al tuo fianco; cerca di staccartene e di guardare a
te. Ciò ti restituirà più consapevolezza e
serenità. Scegli uno sport all’aria aperta:
N
pratica il calcio oppure il calcetto; anche
la pallamano può fare al caso tuo.
Distendi la mente ed il corpo in lunghe
passeggiate. Esercitati nella pittura e nelle
arti visive. Anche il ricamo può fare al caso
tuo. Ti darà tempo per pensare e intanto
per liberarti dai pensieri delle ultime settimane.
// Vergine (24.8-22.9)
// Sagittario (23.11-21.12)
Sarete poco comunicativi o fin
troppo aggressivi. Prendetevi una
vacanza per smaltire lo stress.
Favorite gite di piacere, sport,
attività all’aria aperta per far
sbollire la vostra irruenza.
Avrete voglia di novità, ma avvertirete un po’ di stanchezza.
Vivrete un’altalena di emozioni
che si concluderà con l’appagamento emotivo. Quindi, resistete.
La Luna e Venere vi premieranno.
Vivrete un mese di alti e bassi.
La Luna “storta” inciderà su
tensioni familiari e vi renderà
più capricciosi del solito. Non
vi arrabbiate troppo, come al
solito; il vostro stomaco vi ringrazierà.
// Bilancia (23.9-22.10)
// Capricorno (22.12-20.1)
Sarà per voi un mese di conquiste in campo familiare e personale. Senso della famiglia e della
tradizione, voglia di casa, di valori semplici. Buono l’aspetto patrimoniale.
Un’insolita voglia di trasgressione
vi travolgerà senza lasciarvi scelta.
Cederete alle pulsioni di tipo sessuale e vi sentirete pieni di vita.
La sfera lavorativa resterà, comunque, il vostro interesse principale.
// Scorpione (23.10-22.11)
// Acquario (21.1-19.2)
// Leone (23.7-23.8)
Conquiste erotico-sessuali vi
attendono; la vostra fama di
“conquistatori” non si smentirà.
Sarà la primavera, ma sarete
naturalmente portati alla “caccia”. Attenzione ai tradimenti:
potreste non riuscire a
nasconderli.
Vi sentirete pieni di energie e carichi di voglia di fare. Ma,allo stesso
tempo, potreste vivere dei momenti di “down” dai quali, ad ogni
modo, vi riprenderete senza troppi
traumi. Non vi arrendete e guardate avanti: avete ancora molti progetti da portare a compimento.
Questo mese vi metterà a dura
prova ma riuscirete ad oltrepassare ostacoli di vario tipo
con coraggio e lealtà. Potreste
vivere una situazione emotiva
conflittuale. Lavorate sodo per
controllare i nervi.
il tacco d’Italia
35
Marzo 2009
Sapere, sentire, vedere
a cura di FLAVIA SERRAVEZZA
MUSICA MAESTRO MUSICA MAESTRO MUSICA MAESTRO MUSICA MAESTRO MUSICA MAESTRO
[email protected]
triace. sebben che siamo donne
Triace è il progetto musicale
nato intorno alle voci salentine di
Alessia Tondo, Emanuela Gabrieli e
Carla Petrachi, note al grande pubblico della musica popolare per
essere tra le protagoniste dell’annuale Concertone della Notte della
Taranta. Filo conduttore del loro
primo lavoro, dal titolo “Sebben che
siamo donne” (Anima Mundi, 2008),
è la condizione della donna lavoratrice, sia essa una mondina o una
tabacchina del Salento. Partendo
proprio da “Sebben che siamo
donne”, la prima canzone di lotta
proletaria al femminile composta
tra il 1900 e il 1914, i 12 brani tradizionali del disco tracciano un percorso in cui emergono i sentimenti
affini tra le donne lavoratrici, vittime
del lavoro nei campi, dei soprusi
padronali e del dovere di essere
mogli e madri. Le musiche, affidate
a Giorgia Santoro (flauto), Adolfo La
Volpe (chitarra) e Vito De Lorenzi
(percussioni), mettono insieme tradizione e sperimentalismo (dalle
incursioni jazz fino a toccare il dub),
dando vita a un prodotto originale e
di grande interesse.
tutti amici di alessandra
Tra le voci più graffianti e
interessanti dell’edizione 2008
del programma tv “Amici” c’è
quella di Alessandra Moroso, 21
anni, di Galatina (www.alessandraamoroso.it). Tre brani inediti
interpretati dalla giovane cantante salentina, “Find a way”,
“Immobile” e “Stella incantevole”, fanno ora parte della compilation di Amici 8, intitolata
“Scialla” (Sony Music). Il cd è
doppio disco di platino con
oltre 140mila copie vendute.
il tacco d’Italia
36
dani silk.
ad un passo da sanremo
Non ce l’ha fatta per una
manciata di voti. La corsa
della cantante salentina Dani
Silk a Sanremofestival.59, il
concorso on line dedicato ai
giovani artisti voluto da Paolo
Bonolis per la scorsa edizione del Festival (17-21 febbraio) si è fermata a un
passo dal traguardo. Il suo
inedito, dal titolo “Sentire”,
dopo aver superato la fase
semifinale delle selezioni,
non è rientrato tra i dieci
brani finalisti. Tuttavia
Daniela Martines (in arte
Dani Silk), classe 1981, originaria di Galatina, si è fatta
apprezzare da un vasto pubblico di navigatori che hanno
cliccato e votato il video
della sua canzone, ancora
disponibile sulla piattaforma
www.sanremo.rai.it (oppure
su Youtube). È sfumato così,
almeno per quest’anno, il
sogno di esibirsi sul palco
dell’Ariston ma per la cantautrice che appartiene alla scuderia reggae di Treble (Lu
Professore, storico fondatore
Marzo 2009
e produttore dei Sud Sound
System), la carriera è tutta in
ascesa.
Pur avendo iniziato da
poco (circa due anni) a dedicarsi professionalmente al
canto, Dani si sta già facendo notare per la pulitissima
voce, cristallina, quasi di seta
(“silk”, appunto) e per i suoi
testi introspettivi. Si ispira
alla musica pop italiana
d’autore, al reggae giamaicano e alle melodie della musica tradizionale salentina. Ha
esordito discograficamente
nel 2007 incidendo per una
nota etichetta reggae italiana, One Love, cantando in
“Dimme Percene” (in dialetto
salentino) insieme a Treble.
Con lui ha prodotto una serie
di singoli di successo come
“Polvere e silenzio” che è
entrato a far parte della
colonna sonora del film “Fine
Pena mai”. Dani ha partecipato anche ad importanti
festival di musica etno e reggae e ora sta lavorando a un
album di inediti.
Sapere, sentire, vedere
C’è anche una salentina
fra i sei giovai pugliesi che,
dopo aver superato le dure
prove selettive, stanno frequentando il prestigioso
master in “Gestione della
produzione cinematografica e
televisiva” alla Luiss Business
School di Roma. Marianna
D’Ambra, 25 anni, di
Casarano, partecipa ai corsi
con altri 21 studenti di tutta
l’Italia. Il master le permetterà di entrare in contatto con
alcuni dei gruppi più importanti del settore dell’audiovisivo (Albatross; Disney-ABC
International Television;
Editoriale DUESSE; Lux vide;
NBC Universal Global
Networks Italia S.r.l.; RAI
Corporation; Rizzoli
Audiovisivi; Universal Pictures
International Italy).
Attrice e assistente di
produzione, Marianna ha partecipato a numerosi laboratori teatrali e di training attoriale ed è stata protagonista
di diversi spettacoli. Per il
cinema, ha interpretato un
piccolo ruolo nel film
“Ovunque sei” di Michele
Placido.
Laureata col massimo dei
voti presso l’Università La
Sapienza di Roma in Saperi e
tecniche dello spettacolo, si
è specializzata nel settore
della produzione cinematografica e dopo aver lavorato
per alcune pubblicità è stata
assistente di produzione sul
set del nuovo film “Il grande
sogno” di Michele Placido, in
uscita prossimamente nelle
sale cinematografiche.
voGlia di ciciri e tria
Il trio di comari salentine
tutto casa e chiesa, le Ciciri e
Tria, sarà presto sul grande
schermo. Uscirà ad aprile in
Germania e successivamente
anche in Italia, infatti, il film
“Maria, non gli piace”, una
commedia della regista tedesca
Neele Leana Volmar, con Lino
Banfi che interpreta un oriundo
pugliese emigrato in Germania
e che in Italia organizza il
matrimonio della figlia con un
tedesco. Annarita Luceri,
Francesca Sanna e Carla Calò
interpretano, neanche a dirlo, il
ruolo delle comari pugliesi e
bigotte che spettegolano durante la cerimonia. “Abbiamo girato
alcune scene a Gravina di
Puglia, nel mese di novembre –
racconta Annarita – e ci siamo
divertite da morire. Oltre a Lino
Banfi, abbiamo avuto l’onore di
conoscere un altro grande attore pugliese, Sergio Rubini,
anche lui recita nel film ed è
una persona squisita”. Ma le
novità non finiscono qui. A ottobre riparte Zelig Off e potremo
rivedere le Ciciri in una veste
inedita, sempre con sketch
legati a vizi e virtù della loro
terra natìa.
CIAK, SI GIRA
SU E GIÙ DAL PALCO
cinema
e teatro.
una salentina
in luiss
A REGOLA D’ARTE
Francesca Carallo. Una scultura luminosa
Un anello disegnato da Wanda Romano
il desiGn è donna
Torna anche quest’anno, a Lecce (castello
Carlo V) la rassegna che sottolinea il contributo
femminile nel campo della creatività artistica.
Una storia ormai consolidata attraverso una
serie di mostre che in questi ultimi nove anni è
stata testimone e portavoce dell’inarrestabile
successo per qualità e ampiezza della creatività
femminile locale, nazionale e internazionale.
Nelle passate edizioni, l’indagine nei territori
della pittura, scultura, installazione si è dilatata
all’esperienza della video-arte, della fotografia,
del cinema. In tutto, fino ad oggi, si sono alternate sul palcoscenico di Aw oltre un centinaio di
artiste appartenenti a varie latitudini, generazioni, maturità, tendenze.
A quest’ampia panoramica del mondo creativo delle donne si vuole aggiungere in occasione
il tacco d’Italia
37
Marzo 2009
del decimo compleanno di Aw, un’indagine nei
territori del design, attraverso una campionatura
di artiste nel confronto di territori, generazioni,
linee di ricerca.
E “Creatività nomade. Aspetti del design contemporaneo femminile” è il titolo della mostra di
quest’anno, che vedrà alla ribalta una decina tra
designer pugliesi e di area nazionale, negli spazi
prestigiosi del castello cinquecentesco di Carlo V
a Lecce. La mostra, promossa dall’Assessorato
alla cultura della città di Lecce è a cura di
Marina Pizzarelli, storica dell’arte e critica d’arte,
e ospiterà nel corso della sua durata (dal 15
marzo al 15 aprile), diverse iniziative culturali
come workshops, convegni, dibattiti sulle problematiche del design contemporaneo e dei suoi
rapporti con la produzione industriale.
X edizione di Art Woman 2009: Creatività
nomade. Aspetti del design contemporaneo
femminile
Lecce, Castello Carlo V dal 15 marzo al 15 aprile
//Controcanto
di FRANCESCO RIA*
ritorno al Futuro. in rosa
FRANCESCO RIA È UNO DEI TANTI “CERVELLI” CHE LA REGIONE PUGLIA HA FINANZIATO CON IL PROGETTO “RITORNO
AL FUTURO” PER CONSEGUIRE UN MASTER AL NORD O ALL’ESTERO, A CONDIZIONE DI RITORNARE NELLA PROPRIA TERRA
D’ORIGINE. FRANCESCO È UN FISICO, LAUREATO GIOVANISSIMO ALL’UNIVERSITÀ DI LECCE. ORA FREQUENTA UN MASTER
SULLE APPLICAZIONI FARMACEUTICHE E SANITARIE DELLE SCIENZE PRESSO LA FONDAZIONE ISTUD. IL SUO STAGE
È PRESSO LA SORIN BIOMEDICA CARDIO DI SALUGGIA (VERCELLI), LA PRIMA AZIENDA AL MONDO PER LA PRODUZIONE
E VENDITA DI VALVOLE CARDIACHE. LÌ STA TOCCANDO CON MANO IL FUTURO, DAVVERO. ED È DONNA
F
ine pausa pranzo. Come al solito sono a mensa con
le quattro donne del settore in cui lavoro. Squilla il
telefono, rispondo e rientro in ufficio con qualche
minuto di ritardo. Il mio capo mi richiama e cerco di giustificarmi: “Scusa Giuliana, era la Direttora del mensile
per il quale collaboro”. “Ah! Ma allora sei circondato! Hai
tutti superiori donne” – chiosa sorridendo “e com’è la tua
Direttora?”. Rispondo: “Un po’ come te: mite in pace e
dura in guerra”. Mi viene spontaneo parafrasare ciò che
Primo Levi pensava dell’Armata Rossa che liberò il campo
nel quale era prigioniero. Penso ad una battuta e niente
più. Invece le donne al lavoro, e forse nella vita, sono proprio così. Credo. Lo sono sempre state. Non so se sia un
fatto di “evoluzione” come dicono i biologi o un fatto di
“adattamento sociale” per dirla con gli studiosi delle
vicende umane. So che quando ognuno fa il proprio dovere un capo o una collega donna rappresentano l’immagine della serenità, ma come qualcuno sgarra iniziano i
dolori. Poi penso al mio master: 33 partecipanti, oltre 20
donne. Poi penso al recente passato politico e a come si
sia stati miti anche in guerra: a come non ci si sia indignati a sufficienza mentre si annullavano e si mortificavano le più elementari norme di correttezza, di onestà, di
democrazia. E penso che, forse, qualche donna in più
avrebbe reso meno agevole commettere tutto ciò. E poi
penso che forse, d’ora in avanti, non ci sarà più spazio per
le mezze misure. Che il mondo sarà conquistato da chi è
in grado di decidere, di valutare, di prendere decisioni
anche scomode. Da chi è sempre stato più disponibile al
sacrificio. Dalle donne, insomma. Così disposte al sacrificio da non avere dubbi quando si tratta di scegliere tra un
figlio e una promozione. E poi penso che ho affrontato gli
studi e le loro difficoltà, spesso grazie al sogno di una
F
buona posizione, di un lavoro gratificante una volta terminata l’università. E penso a quanto deve essere difficile
abbandonare o trascurare questo sogno per chi decide di
non trascurare la famiglia. A quanto sia difficile conciliare le due cose. A quanta naturalezza nel non far pesare a
nessuno queste scelte. Anzi. Spesso chi le prende è di
supporto a chi si trova a valutare opzioni meno decisive e
drammatiche. E mi disturba sentire che servono più
donne nei luoghi del potere con quel tono da Processo di
Biscardi con il quale ormai si affrontano questi temi. Ma
il commento delle mie colleghe all’ennesima fesseria
fatta dal responsabile dell’altro settore mi richiama al
mio computer e ad un interminabile documento. Per altri
due minuti. Fino a quando l’altra collega non ci saluta: ha
chiesto un permesso perché il marito è rimasto con l’auto in panne e deve andare a raccattarlo prima che la figlia
esca da danza. La mia vicina di scrivania, però, mi regala
un momento di orgoglio maschile. Ha le braccia a pezzi
perché ha passato il fine settimana ad aiutare il compagno nel trasportare i mattoni che serviranno per pavimentare la loro nuova casa. Eh Eh! Almeno in questo noi uomini non abbiamo problemi. Ma dura solo un attimo perché
capisco subito che ormai l’invasione di campo è totale.
Ormai le donne fanno tutto ciò che facevano gli uomini.
Chissà quando gli uomini riusciranno a fare tutto ciò che
fa una donna. Forse è chiedere troppo. Forse, basterebbe
fermarsi a riflettere su come diamo per scontate tante
cose che in realtà non lo sono. Non credo sia una richiesta eccessiva se pensiamo che, in fondo, dopo aver lavorato, tirato avanti la famiglia, consolato i mariti, rimproverato i figli, le donne sono sempre pronte ad illuminare le
nostre giornate con i loro sorrisi.
*fisico, pubblicista
CHI HA FIRMATO CONTROCANTO
Vincenzo Magistà
direttore “TgNorba”
Rosanna Metrangolo
caporedattore “Nuovo Quotidiano di Puglia”
Marco Renna
“Studio 100 Lecce”
Mimmo Pavone
direttore responsabile “Il Paese nuovo”
Vincenzo Maruccio
giornalista “Nuovo Quotidiano di Puglia”
Tonio Tondo
inviato “La Gazzetta del Mezzogiorno”
Roberto Guido
direttore “quiSalento”
Lino De Matteis
caposervizio “Nuovo Quoti-diano di Puglia”,
vicepresidente regionale Assostampa
Renato Moro
capocronista “Nuovo Quotidiano di Puglia”
Gabriella Della Monaca
coordinatore TG NORBA GRANDE SALENTO
Luisa Ruggio
redattrice Canale8, scrittrice
Walter Baldacconi
direttore responsabile Tg Studio 100
Paola Ancora
addetta stampa Ministero delle Politiche agricole
Michele Mauri
direttore editoriale L’ATV
Antonio Silvestri
addetto stampa Inps Lecce
Dionisio Ciccarese
presidente homepage Group, società di consulenza di comunicazione strategica ed editrice di
grandi giornali e siti internet
Nunzio Pacella
addetto stampa Apt di Lecce
Loredana Di Cuonzo
giornalista pubblicista dirigente scolastico
Istituto d’arte “G. Toma” Galatina-Nardò
Giancarlo Minicucci
direttore Il Nuovo Quotidiano di Puglia
Vaileth Sumuni
Luigi Russo
giornalista, presidente CSV Salento
indovina chi è
“bestiario pubblico. ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”
il tacco d’Italia
38
Marzo 2009
Scarica

Rifiuti SpA - Il Tacco d`Italia