redenzione ANNO 61° n° 8 speciale 2010 Editrice Periodico della Piccola Opera della Redenzione - Basilica Maria SS. Consolatrice del Carpinello - Visciano - NA Raccolta di Testimonianze Pontefici, Cardinali, Vescovi e Sacerdoti parlano di Padre Arturo TARIFFA ASSOCIAZIONE SENZA FINI DI LUCRO. “POSTE ITALIANE S.P.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 2 DBC” - Napoli Periodico della Piccola Opera della Redenzione LER Contenuto www.c-mdr.org Aut. Trib. Napoli n. 3757 del 27/5/1988 - Direzione, Redazione e Distribuzione: Visciano (NA), Tel 0818299205 Direttore editoriale: P. Vito Terrin Direttore responsabile: Mario Fabbrocini Stampa: Tipo-litografia “Graficanselmi snc” Marigliano (NA) Tel. 081 841 1176 2 “Fede e Amore fanno camminare le pietre...” P. VITO TERRIN........................................................... pag.3 “Ho visto Pio XII parlare ai bambini” S.S. PIO XII ...................................................................... 6 “Giovanni XXIII, il papa buono” S.S. GIOVANNI XXIII...................................................................7 “Non è piccola... è una grande Opera...” S.S. PAOLO VI .............................................................................8 “Apparso e scomparso come un’alba radiosa...” S.S. GIOVANNI PAOLO I ...................................................10 “Cristo Redentore vi ha condotto per mano...” S.S. GIOVANNI PAOLO II ..................................................12 “Se la nostra fede fosse più grande...” S.E. CARD.E GIUSEPPE CAPRIO ........................................14 “Una catena di miracoli della carità...” S.E. CARD. ALFONSO LOPEZ T. .........................................16 “Dal Carpine di Visciano veglierà sempre la Madonna...” S.E. MONS. ADOLFO BINNI ...............................................18 “Amare Dio ed amarlo nel prossimo: nei bambini” S.E. MONS. ADOLFO BINNI ...............................................19 “Deve essere un prete di eccezione questo Padre Arturo...” S.E. MONS. MATTEO G. SPERANDEO .................................22 “In Padre Arturo nulla è mediocre...” S. E. MONS. GUERINO GRIMALDI .....................................24 “Padre Arturo alla Provvidenza ha prestato le sue mani...” S. E. MONS. GUERINO GRIMALDI .....................................25 “Quaranta anni di servizio e di apostolato sono tanti...” S. E. MONS. GIUSEPPE COSTANZO ....................................28 “Da 60 anni una continua offerta di sé con Cristo...” S.E. MONS. UMBERTO TRAMMA.........................................30 “E’ la santità che rende bella la Chiesa...” S.E. MONS. UMBERTO TRAMMA ........................................31 “Padre Arturo da lassù continuerà a vegliare sulla sua Opera” S.E. MONS. BENIAMINO DEPALMA ....................................34 “E un giorno camminarono addirittura le pietre...” S.E. MONS. ANDREA RUGGIERO .......................................38 “Si può dire che in lui la parola diventa carne...” S.E. MONS. BRUNO SCHETTINO.........................................40 “Che sia la strada di Dio, lo dicono le Opere” S.E. MONS. RAFFAELE MACARIO .......................................43 “È veramente grande, nobile e santa la Piccola Opera ...” S.E. CRISTOFORO D. CARULLO .........................................44 “Non gli poteva bastare né una Parrocchia né una diocesi...” S. E. MONS. ALDO DEL MONTE .........................................45 “Scherzi della Divina Provvidenza!” MONS. ANIELLO MARANO.................................................46 “Padre Arturo e il suo amore per i sacerdoti” MONS. ANIELLO MARANO ................................................47 “Mi sembra ancora di sentire l’eco della coroncina della Provvidenza” DON FRANCESCO IOVINO ................................................49 “L’uomo giusto al momento giusto...” DON MARCO ACIERNO .....................................................50 “Digitus Dei est hic” PROF. DON ANTONIO ESPOSITO .......................................52 “C’era sempre ad attenderlo lo stesso stormo di ragazzi...” DON LUIGI MOLA .............................................................54 “Pensava di portare un oblato, ma ci ha portato il Vesuvio! ...” DON LORENZO FERRARAZZO ............................................56 “Bastava la sua presenza per suscitare iniziative a getto continuo...” DON LUIGI LOVAZZANO ...................................................58 “Don Arturo non era mai stanco” DON PERINO MANGIAROTTI .............................................60 P. Vito Terrin, Superiore Generale dei Missionari della Divina Redenzione FEDE E AMORE V fanno camminare le pietre! arie volte ho letto e riletto testimonianze, messaggi e discorsi vari raccolti durante tanti anni di storia, la maggior parte di essi già frutto di un meraviglioso lavoro di raccolta e presentazione fatto dal carissimo Mons. Mario Fabbrocini (fra l’altro autore dell’articolo con i dati storici di questa pagina); egli, era ed è stato uno tra i primissimi orfanelli di padre Arturo. Tante cose mi vengono alla mente, moltissima la commozione, alla fine dei conti fa sempre bene ricordare la storia di questa famiglia religiosa, che da molti anni è anche la mia famiglia. La mente è oggi più che mai esuberante di gioia: tante storie meravigliose, ricordi, emozioni, affetti si incrociano affacciandosi come un gran giardino di fiori. Ognuno dei tanti scrittori ha sottolineato diversi aspetti, quasi un insieme di fotografie, di questo grande uomo di Dio che è stato Padre Arturo. Al presentarvi questa prima collezione di ricordi, ho pensato a una idea che riassumesse quasi lapidariamente il “vulcano di virtù e opere” che abbiamo conosciuto, ma alla fine con facilità ho scelto il tema “delle pietre che camminano”. “Se avrete fede come un piccolo granello di senapa…… potrete spostare le montagne!!” Così aveva assicurato Gesù, e Padre Arturo al dire sì alla Sua chiamata, l’ha preso in parola; non si trattava di un gioco di magia, né di delirio di grandezza, ma l’effetto sicuro della forza della carità. I BIMBI ABBANDONATI HANNO BISOGNO DI UNA CASA ACCOGLIENTE, PER FARE LA CASA CI VOGLIONO LE PIETRE, E LE PIETRE DI TUFO SI TROVANO A TUFINO, conclusione: c’è bisogno di spostare montagne di pietre da Tufino a Visciano e qui interviene la fede di quel piccolo grande uomo. Fede che ha saputo contagiare a tantissimi, migliaia e migliaia, come ricordano tanti testimoni oculari. La preparazione e motivazione è stata fatta con un triduo di preghiere, il rosario recitato e “Cantato” per le strade del paese, una grande celebrazione alla vigilia con la confessione e la comunione di tantissimi specialmente, uomini di tutte le età; e già, questo infatti ci ricorda che P. Arturo non pensava solo alle costruzioni fisiche di edifici, ma anzitutto alla COSTRUZIONE DEL REGNO DI DIO, la Chiesa di Cristo. E il giorno stabilito, l’11 aprile del 1948 (questa fu la prima di quattordici marce delle pietre susseguitesi lungo gli anni), tutta la gente del paese dopo aver partecipato alla Santa Messa, si dirige a Schiava (Tufino). Ma non c’erano solo viscianesi, infatti arrivarono persone da Baiano, Schiava, Avella Sperone, Casamarciano, Nola, Domicella… 25.000 pietre camminavano su per la montagna tra canti e la recita del santo rosario. “Aiutati che Dio ti aiuta”, ci dice il proverbio antico, e il canto spagnolo si intitola “Tu, pones lo demas”, (tu ci metti il resto), sì, infatti ci voleva il proprio contributo di sacrificio e buona volontà, il proprio atto di fede manifestato con il segno. La fede allora non è magia, non si tratta di dire parole magiche, ma di esprimere fiducia totale con l’adesione piena del proprio sì. Tu porta i tuoi quattro pani con i due pesci, riempi le giare di acqua, lancia la rete…. che poi al risultato ci pensa Lui. Padre Arturo ci ha sempre creduto, anzi ha aiutato tantissimi altri a crederci e i frutti sono alla vista: migliaia di bocche sfamate, tante case costruite, tanti cuori consolati…. Oggi tocca a noi non solo esaltare il suo operato ma fare la nostra parte, dare il nostro contributo. PADRE ARTURO P Apostolo della Gioventù arlare di Padre Arturo, significa parlare di un uomo di Dio che seppe farsi dono generoso per i fratelli bisognosi specialmente per i fanciulli poveri, orfani e abbandonati. La sua azione si inserisce nel messaggio vivo della Divina Redenzione che tutto e tutti redime. 4 • L’INFANZIA Facendo un salto nel tempo fino al 8 agosto 1914, ci riportiamo alla nascita del fondatore, ai suoi genitori Luigi e Chiara Fusco, nonché ai suoi fratelli Pietro, Angelo e Maria, nel verdeggiante paese di Visciano in provincia di Napoli. Una sensibilità precoce caratterizza la sua infanzia e gli fa sorgere il desiderio di trovare posto nel Seminario Vescovile di Nola. Nel suo animo adolescente si cominciarono successivamente ad avvertire i primi fremiti missionari che gli ispirarono di passare al Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano. di diventare missionario svanì: il medico del PIME sentenziò che il giovane chierico per ragioni di salute non poteva andare in terra di missione. Non mancarono in quel frangente braccia paterne ad accoglierlo. Con animo aperto il seminarista si sentì confortato e accolto da Monsignore Egisto Melchiorre Vescovo di Tortona, già vescovo di Nola, che aveva avuto l’opportunità di incontrare ed apprezzare il giovane Arturo. • A TORTONA La sua permanenza a Tortona, valse a confermare i suoi orientamenti spirituali, attraverso i contatti molteplici con • IL SOGNO MISSIONARIO alcuni grandi apostoli di quel Ma il sogno di Padre Arturo momento. Ebbe l’opportunità di conoscere di persona San Luigi Orione; più volte visitò i luoghi di San Giovanni Bosco, dal quale trasse l’amore per la gioventù. Don Calabria, oggi santo, fu la sua guida spirituale e fu anche il primo ad incoraggiarlo nella realizzazione del sogno apostolico di aiutare i ragazzi bisognosi delle regioni meridionali, dove emergeva più forte il bisogno. Dopo la sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 12 marzo 1938, nel Santuario del Sacro Cuore di Stazzano (AL), fece partecipe dei suoi propositi il Vescovo Mons. Melchiorre, che pensò di trovarsi davanti ad una bella illusione giovanile. Padre Arturo chiese, allora, al suo Vescovo un periodo di riposo nel suo paese natio. Nel contempo chiese al Signore “un segno della sua volontà” perché, travolto dalle esistenze in frantumi di tantissimi ragazzi, orfani della “camminare”, un segno d’amore che si ripete per ben 14 anni lungo questi anni. Pochi anni dopo sorgevano in vari paesi della Campania altri istituti che accoglievano i • UN SEGNO DI DIO più bisognosi (bambini, giovani, Il segno arrivò: i tedeschi diversamente abili, anziani…), nella loro ritirata, con la “linea che si sono trasformati in segno gotica”, divisero l’Italia in due della Divina Provvidenza. parti, così Padre Arturo non potè più ritornare a Tortona. • LE FAMIGLIE Fu in quel Natale 1943, che RELIGIOSE sbocciò la Piccola Opera della Padre Arturo si accorse che, Redenzione e la sua casa pater- perché questo seme d’amore na si aprì al primo bambino as- potesse germogliare, aveva bisetato di famiglia e di cure. Fu sogno dell’impegno di anime il primo di una schiera intermi- devote che dedicassero la pronabile, sparsa in tante nazioni e pria vita al servizio dei fratelli. che nel corso degli anni ha tro- Guidato, quindi, dallo Spirito vato posto nella grande famiglia Santo fondò due Congregazioni disegnata dalla Provvidenza. Religiose: Le Piccole Apostole Già da suoi inizi l’opera fu della Redenzione (1948) e i Misaffidata alla materna protezio- sionari della Divina Redenzione ne della Vergine Consolatrice (1954). del Carpinello, titolo con il qua• IMPEGNO MISSIONARIO le la Madonna viene venerata, Lo Spirito Santo continuò a da vari secoli, a Visciano, infatti guidare Padre Arturo ispirandola fervente devozione di Padre lo perché l’Opera divenisse MisArturo verso la Madre Celeste sionaria, infatti nel 1971 partiha fatto si che essa divenisse la rono i primi missionari verso la guida del suo operato. Colombia dove ora centinaia di • LE PIETRE bambini, di giovani, di anziani CAMMINANO bisognosi, vengono accolti dalCosì, grazie al dono del pri- le suore e dai Missionari. Pochi mo appezzamento di terra do- anni dopo Padre Arturo aprì altri nato a Padre Arturo da Mons. istituti di accoglienza in GuateCamerlengo, vescovo di Nola, mala, El Salvador, in India, in inizia la costruzione del Villag- Messico, in Perù e in Costa Rica. gio del Fanciullo che fu inaugu• RITORNO ALLA CASA rato nel novembre 1949, un foDEL PADRE colaio d’amore che fu costruito Il 3 novembre 2006 il Pagrazie alla prodigiosa “Marcia dre Celeste ha voluto aprirgli delle Pietre”, un pellegrinaggio le porte del suo regno glorioso d’amore e penitenza, promosdove ora gode delle beatitudini so da Padre Arturo, attraverso eterne, del premio eterno che si il quale furono portate le pietre è meritato, con una vita santa di tufo a piedi, da Schiava (ca. interamente dedicata all’annuncinque chilometri da Visciano), cio della Divina Redenzione, a per la costruzione del Villaggio. tutte le genti e in particolare Ogni volta che Padre Arturo coalla gioventù più povera ed abstruiva un nuovo istituto a Vibandonata. sciano, le pietre cominciavano a guerra, sentiva l’urgenza d’iniziare la sua opera e allo stesso tempo non voleva, in nessun modo, disubbidire al suo Superiore. N La bianca e soave figura di Pio XII è apparsa in mezzo a loro. Il suo volto celestiale sorride: le braccia sono aperte per stringerli tutti a sé. Nei suoi occhi si legge la commozione e la gioia dell’incontro. Poi il Papa comincia a parlare. I bimbi sono avvinti da un fascino misterioso: tacciono ed ascoltano. Allora ho chiuso gli occhi e mi sono portato lontano lontano nello spazio e nel tempo, laggiù nella Galilea. Gesù è stanco dopo una faticosa giornata apostolica e siede sulle sponde del Giordano. Un gruppo di fanciulli gli corre incontro. I discepoli, seccati, vorrebbero rimandarli indietro. Ma Gesù interviene e li lascia avvicinare: «Lasciate che i pargoli vengano a me». Si intrattiene con loro, li abbraccia e li benedice «perché è di essi il Regno dei Cieli». Riapro gli occhi e vedo, al posto di Gesù, il Papa. 6 I l 23 marzo 1960 Padre Arturo, insieme ai Vescovi Mons. Adolfo Binni, Mons. Francesco Orlando, Mons. Matteo Sperandeo e Mons. Raffaele Macario ed a centinaia di orfanelli e benefattori, è andato ad incontrare Sua Santità, Giovanni XXIII nell’Aula delle Benedizioni. Uno degli orfanelli, Pietro Auletta, così si rivlolse al Santo Padre: el mese di aprile del 1953 Padre Arturo portò a Roma la prima pietra dell’erigendo Villaggio del Sorriso di Visciano perché il papa Pio XII la benedicesse. L’entusiasmo e la commozione di quella giornata sono stati consegnati alla “storia” dalla bellissima cronaca che ci ha lasciato Padre Arturo. «È una bella giornata di primavera. Nello spazioso cortile del Belvedere, una moltitudine di bimbi fremono nell’attesa di vedere il Papa. Migliaia di voci argentine si incrociano e si diffondono per il cielo azzurro. Improvvisamente il mormorio si trasforma in una esplosione di entusiasmo incontenibile: Viva il papa... viva il papa! Sono circa sessantamila piccoli acclamanti che agitano, festosamente, rami fioriti di pesco e di olivo. È una visione d’incanto! “Giovanni XXIII, il papa buono” «Figlioli, diceva, amatevi gli uni gli altri. Non è, forse vero che l’amore reciproco spinge i fanciulli e le fanciulle più fortunati a venire in soccorso di tanti e tanti bambini che dovrebbero crescere anch’essi sani e felici ed invece cadono vittime delle malattie e della fame, che non hanno un tetto per ripararsi né abiti per coprire i loro fragili corpicini e nemmeno un padre ed una madre che abbiano cura di loro?». Il Padre di tutti non poteva dimenticare i piccoli sofferenti, gli orfanelli, i derelitti. Sono i suoi prediletti come lo erano per Gesù. E li raccomanda all’amore ed all’aiuto dei fanciulli più fortunati, più felici. Il Papa ha terminato e lentamente la sua mano diafana traccia il segno della Croce sui sessantamila bimbi presenti. Ma il suo pensiero vola a tutti i fanciulli d’Italia e del mondo, ai fanciulli cui manca il sorriso e l’affetto dei genitori, per dir loro che li vuole bene, tanto bene perché Egli è Gesù. Il cortile del Belvedere è ormai deserto. La fontana lancia in alto i suoi freschi zampilli, che si riversano, scherzosamente, nell’ampia coppa, contenti di far conoscenza con l’affascinante cielo primaverile. Anch’io sono ricolmo di gioia perché ho visto il papa parlare ai bambini». Beatissimo Padre, Perdoni il mio dire; io così piccolo no avrei mai osato sperare di trovarmi in persona davanti a Vostra Santità. Il cuore mi batte forte … In tutta la mia vita mai dimenticherò quest’ora solenne di grande gioia. Oggi si ripete al vivo una dolce scena del Vangelo quando Gesù ebbe a dire: “Lasciate che i bimbi vengano a me”. Noi piccoli, spinti dal desiderio di vedere da vicino e di stringerci attorno a Gesù, che vive nel Papa, abbiamo fatto bussare alla porta di questa grande casa ed anche Vostra Santità, come fece Gesù, ha esaudito l’umile supplica di padre Arturo, nostro direttore, ed ha allargato le sue braccia per accogliere noi piccoli. La carità di Cristo avvicina il grande Padre con l’ultimo dei figli. Nella gioia dell’attesa abbiamo tanto ringraziato il Buon Gesù ed ora ho l’onore di ringraziare commosso Vostra Santità, anche a nome dei miei fratellini. Siamo più di mille, dai tre anni ai diciotto, accolti nello otto case della Piccola Opera della redenzione, ove abbiamo ritrovato l’affetto della mamma e la cura amorosa del babbo che più non aveva- mo. Mentre noi piccoli frequentiamo la scuola elementare, i grandi studiano e imparano l’arte per avviarsi alla vita. Tra noi poi è il gruppo scelto dei fortunati apostolici e dei chierici, che si preparano ad essere sacerdoti, educatori degli orfani. Formiamo una sola grande famiglia nelle braccia della divina Provvidenza, sotto il manto della Madonna del Carpinello. In questo momento i nostri cuori battono all’unisono di amore riconoscente e siamo sicuri che la nostra presenza ha recato gioia al Suo cuore paterno, che predilige i sofferenti, i poveri, i piccoli, gli orfani. La gioia di Vostra Santità, sarà ancora più grande se vorrà degnarsi di vedere in ognuno di noi quello che vogliamo essere oggi, quello che vorremmo essere domani: gli araldi di Gesù, i difensori della Chiesa, i fervorosi praticanti della dottrina cattolica. Santità, con questa promessa ho l’ardire anche di presentarle un dono, che le farà piacere. È un tesoro spirituale. Per Vostra Santità abbiamo offerto fioretti e sacrifici per la riuscita del Concilio Ecumenico. La Benedizione che vostra Santità si degnerà darci ci farà partire con una nuova fiamma che ci impegnerà a pregare di più ogni giorno il Signore, secondo tutte le sua Apostoliche intenzioni. Il Santo Padre si è intrattenuto affabilmente col piccolo Auletta, interessandosi della famiglia originaria, dei suoi propositi, del suo avvenire. Col Fondatore Padre Arturo poi, dopo aver ringraziato dei doni, ha avuto un breve colloquio. L’Augusto Pontefice volle essere messo al corrente dello sviluppo della Piccola Opera, del suo nascere, dei progetti dell’avvenire e si compiaceva del bene che s’era fatto e di quello che il Fondatore si proponeva di compiere in favore dei piccoli, aggiungendo per tutti una parola di lode e d’incoraggiamento perché più copiosa fosse la messe. Infine il Sommo Pontefice volle dare a tutti una particolare benedizione perché il Signore per “i diletti figli fosse largo di celesti favori”. S.S. GIOVANNI XXIII S.S. PIO XII “Ho visto Pio XII parlare ai bambini” S.S. PAOLO VI “non è piccola... è una grande Opera...” Papa Montini ha avuto una particolare benevolenza nei confronti di Padre Arturo e della sua Opera. Vogliamo qui ricordare, per ringraziarlo ancora e benedirlo, i tre incontri ufficiali che ebbe con la stessa Piccola Opera della Redenzione. I l primo avvenne il 10 maggio del 1964, all’inizio del suo pontificato e nel 20° anniversario dell’Opera. Ai mille e più ragazzi, sacerdoti e suore dell’Opera, presenti in S. Pietro, Papa Montini, nell’elencarne la presenza, all’imponente ovazione che ne seguì, esclamò: «non è piccola... è una grande opera. Il 28 aprile del 1971 avvenne il secondo incontro, molto più significativo perché in occasione della partenza del primo gruppo di Missionari della Divina Redenzione e delle Piccole Apostole della Redenzione nelle terre del Sudamerica: in Colombia. «Vogliamo accompagnare -disse il Papa con un particolare augurio, il piccolo gruppo -quattro Missionari della Divina Redenzione e cinque Apostole della Redenzione -, che partono per Bogota per dedicarsi ai ragazzi senza casa di quella grande città, con servizi generali, gruppi famiglia, centro scolastico, sportivo, di addestramento professionale. La vostra generosità ci commuove! Non solo per il ricordo tuttora vivo che conserviamo del nostro viaggio in Colombia, ma perché vediamo in voi lo spirito della primitiva Chiesa, l’ansia di portare alle anime la salvezza di Cristo. E voi vi dedicherete ai prediletti del Signore, quei fanciulli e adolescenti che Egli amava accarezzare sulle teste arruffate, tenendoli presso di sé e presentandoli come il modello per entrare 8 nel Regno dei Cieli. Vi aspetta una missione ardua, difficile, delicata, è vero specialmente agli inizi, ma non vi mancheranno le soddisfazioni spirituali che vi auguriamo grandi e profonde. Nell’ora del distacco dalla Patria, sappiate che il Papa vi segue, prega per voi e vi incarica di portare il suo saluto e la sua carezza a quei carissimi ragazzi infelici. E tutti vi benediciamo, unitamente ai vostri Superiori qui presenti e alla vostra intera Congregazione”. L’ultimo incontro fu per ricordare trent’anni di vita della Piccola Opera: il 22 maggio del 1974 Paolo VI ai 1500 ragazzi convenuti da tutte le Case dell’Opera, rivolse il suo paterno saluto: “Adesso ci sembra degno di particolare menzione, per il numero e la qualità e per il significato, il pellegrinaggio indetto dalla Piccola Opera. E’ diventata una grande Opera e sappiamo che varca i confini anche del Paese e anche quelli del mare, per arrivare dall’altra parte delle rive dell’Atlantico. E quindi siamo molto lieti di questa espansione, anche perché è opera relativamente giovanile, la Piccola Opera della Redenzione. Che cosa si può trovare di più bello di questo? Anche per notizie degli altri qui presenti, diremo che si tratta di un pellegrinaggio di 1500 persone, la maggior parte delle quali sono ragazzi assistiti nei vari Istituti, insieme con i sacerdoti, bravi sacerdoti e le religiose, ottime religiose, che sono i loro educatori e li guida il Vescovo di Nola, nella cui Diocesi ebbe inizio quest’opera assistenziale e con gli altri Vescovi che abbiamo testè nominato. Il momento di quest’incontro è l’espressione di gratitudine a Dio per gli inizi della Piccola Opera, a Visciano di Nola nel Natale del 1943 e per la sua progressiva affermazione, fino a giungere alla lontana Colombia per la cura dei ragazzi più abbandonati di quella Nazione che è a noi tanto cara. Lode, quindi, all’Istituzione che ha rinnovato e prolungato nella società, nata dalle rovine del dopo guerra, una tradizione che nobilita la storia delle regioni d’Italia. Vediamo tante cose che si spengono, che cadono, che appassiscono quasi sotto il sole bruciante dei tempi moderni. Ma vediamo anche questi fenomeni: vengono su dei nuovi germi, dei nuovi fiori, dei nuovi rami nella vita della Chiesa. E siamo tanto felici di vedere nell’opera che abbiamo no- minato, la Piccola Opera della Redenzione, proprio uno di questi segni di vitalità della Chiesa, di gioventù del Cristianesimo, di voglia di vivere che ha ancora questa nostra fede e di esprimersi non soltanto con le parole e con il nome scritto sopra un registro di appartenenza ma con le opere e con le opere di carità, che attestano davvero che Cristo è vivente nella sua Chiesa. Carissimi, siamo felici di salutarvi e di benedirvi e di incoraggiarvi. Vorremmo dire: state uniti, amate questa vostra Opera e ancora di più accrescete le sue fila e accrescete i suoi meriti e fate davvero che nella Piccola Opera della Redenzione quasi venga delineata al mondo moderno questa misteriosa ma presente figura che è quella del nostro Signore Gesù Cristo. Siate voi i suoi testimoni, siate voi quelli che presentano al mondo moderno come Cristo è vivo, ieri, oggi e sempre”. Questi i ricordi che l’Opera conserva di Paolo VI. Ricordi di un Padre che resteranno indelebili nella memoria e soprattutto nel cuore di Padre Arturo, di tutti i ragazzi, sacerdoti, suore e amici della Piccola Opera della Redenzione. 29 settembre 1983. GIOVANNI PAOLO I “Apparso e scomparso come un’alba radiosa...” P apa Giovanni Paolo I è stato molto vicino al cuore di Padre Arturo, anche per il legame che unisce le Piccole Apostole della Redenzione con la famiglia di Albino Luciani, in quanto Madre Rosa Fontanive, che succederà poi alla cofondatrice Madre Anna Vitiello, è cugina del pontefice. Nel registro delle visite illustri quando era Patriarca di Venezia, alla fine della sua visita a Visciano, volle scrivere il suo autografo; “Benedicendo di gran cuore Padre Arturo e tutti i suoi collaboratori compreso le buone suore, faccio voti che il Signore continui ad aiutare la provvidenziale Piccola Opera della Redenzione. Visciano 1.10.1975. | Card. Albino Luciani, Patriarca di Venezia”. Dopo l’elezione di Papa Luciani, Padre Arturo in una ventina di giorni scrisse una breve biografia di Giovanni Paolo I dal titolo “Giovanni Paolo I, il Papa del sorriso”, ma mentre stava per inviare alla stampa l’opuscolo, si diffuse la drammatica notizia della morte improvvisa del papa, avvenuta la notte del 28 settembre, in seguito ad un infarto miocardico acuto, dopo trentatré giorni di pontificato. Della biografia vennero stampate e pubblicate tre edizioni. Ecco la presentazione scritta da Padre Arturo. Caro Papa Luciani, 10 da giorni meditavo di scrivervi una lettera quasi a giustificarmi. Appena siete asceso al Sommo Pontificato ebbi l’ispirazione di preparare un vostro profilo biografico, arricchendolo con alcuni aneddoti più espressivi della vostra vita. Non per esibizionismo né tanto meno per presunzione, ma con semplicità, per un bisogno del cuore, anche perché la nostra famiglia dei Missionari della Divina Redenzione e delle Apostole della Redenzione ha come programma quello di amare e far amare la Chiesa e il Papa. Appena ebbi la sorte di conoscervi la prima volta, nella stazione di Padova, fui conquistato ed ammirato della vostra semplicità ed umiltà. Eravate già Vescovo di Vittorio Veneto, ma vi presentavate come un semplice prete, senza alcun segno esteriore, umile, modesto, affabile. Questa prima ammirata impressione si confermò, negli incontri che ebbi con voi a Vittorio Veneto e a Venezia, come pure a Pompei, ma soprattutto quando vi degnaste di fare una visita alla nostra Opera ed al nostro Santuario, il 1 ottobre del 1975 a Visciano di Nola. Erano già pronte le bozze di stampa e stavamo aspettando il discorso che avreste pronunciato mercoledì 27 settembre per chiudere l’opuscolo. Avevo anche pensato di scrivervi per chiedervi quasi scusa per aver osato tanto, ben conoscendo il vostro animo umile e schivo di qualsiasi pubblicità. Dicevo tra me: il Cardinale Albino Luciani ha scritto tante lettere a santi ed illustri personaggi defunti, come potrò io osare scrivere una lettera al Santo Padre felicemente regnante? Come l’accoglierà? La gradirà? Ed ecco la sorpresa che ha lacerato i nostri cuori. Questa mattina, 29 settembre, festa dei santi Angeli Michele, Gabriele e Raffaele, la radio diffonde nel mondo il triste, incredibile annunzio della vostra partenza per il Cielo. Quando tutti dormivano, nel silenzio, senza disturbare nessuno, avete spiccato il volo per la Patria. Come un’alba radiosa siete apparso e scomparso. Il mondo che aveva già imparato a volervi bene non voleva credere alla triste notizia. Ed il cordoglio è stato tanto più profondo, quanto più inaspettato. Noi, i più umili, i più piccoli, i fanciulli, i giovani, i più poveri, noi della povera gente del popolo, avevamo avvertito una forza misteriosa che si sprigionava dal vostro “sorriso tanto amabile”. Tutti ci siamo accorti, come per incanto, che eravate già entrato nei nostri cuori, che facevate già parte della nostra famiglia. La vostra bontà, la vostra semplicità, la vostra sincerità, la vostra umiltà, hanno rivelato a noi il volto autentico del Vangelo. Tutti noi abbiamo compreso che ci volevate bene: che eravate un padre buono, che sapeva comprende- re, amare, compatire, aiutare, calarsi nelle nostre necessità; avvertire i nostri dolori, assumere su di sé le nostre croci, per unirle alla sua già tanto pesante. In un mondo dove domina la violenza, l’angoscia, l’odio e la sfiducia, avete fatto brillare raggi luminosi di speranza e di un avvenire migliore. Fedele rappresentante visibile di Gesù avete ripresentato viva l’immagine di Lui “mite ed umile di cuore”. Avete iniziato il vostro servizio pontificale come il buon Pastore che va in cerca delle sue pecorelle, animato dal desiderio di conoscerle, di raggiungerle tutte, di dare la forza ai deboli, di curare le inferme, di fasciare quelle ferite, di riportare all’ovile le disperse ed andare in cerca delle smarrite. In appena trentatré giorni di pontificato avete dato prova di saper giungere con la vostra parola semplice e suadente, da vero catechista, diritto al cuore di tutti. E vi siete conquistata la simpatia di tutti: grandi e piccoli, credenti e laici, di qualsiasi razza e colore. Con il vostro sorriso e con la vostra serenità avete insegnato a tutti che il cristiano deve vivere di fede, deve essere forte nelle tribolazioni, che non deve abbattersi dinanzi al dolore, lieto nella speranza, deve, invece, saper sorridere». GIOVANNI PAOLO II “Cristo Redentore vi ha condotto per mano...” S Nel 40° anno di fondazione della Piccola Opera della Redenzione, nel 1983, Padre Arturo condusse centinaia di orfanelli assistiti nelle 14 case (da Marostica - Vicenza a S. Severo-Foggia) ed ex-alunni, insieme ad una folla di viscianesi e benefattori in udienza da Giovanni Paolo II che li accolse con gioia, pronunciando un lungo e bellissimo discorso che trascriviamo: ono assai lieto di incontrarmi, quest’oggi, con voi cari alunni ed ex alunni della Piccola Opera della Redenzione, la quale a quaranta anni dalla sua fondazione a Visciano, in diocesi di Nola, intende ricordare con questo pellegrinaggio alla memoria degli Apostoli e dei martiri tale felice ricorrenza, che cade significativamente nell’anno Santo della Redenzione. A tutti do il mio cordiale benvenuto e tutti saluto nel nome del Signore; rivolgo un pensiero particolarmente all’affettuoso Padre Arturo D’Onofrio, Fondatore e Superiore Generale della benemerita Piccola Opera, la quale ha già visto sorgere nel suo seno due Congregazioni religiose: i Missionari della Divina Redenzione e le Piccole Apostole della Redenzione. Anche a questi Missionari e queste Apostole, insieme alla Cofondatrice madre Anna Vitiello, vada il mio saluto e il mio grato apprezzamento per la generosa attività che essi svolgono in Italia e nell’America Latina in favore dei ragazzi e dei giovani. Alla luce del motto programmato: “Amare e far amare Gesù, la Chiesa, il Papa le anime con Maria, per Maria e in Maria”, la vostra Opera, in questi quarant’anni di vita, ha promosso la formazione di circa 25.000 ragazzi orfani, abbandonati e poveri, qualificando schiere di tipografi, saldatori, tornitori, aggiustatori meccanici, fabbri, fresatori, elettricisti, bobinatori, elettromeccanici, tecnici della radio-tv, falegnami, sarti, calzolai, marmisti ecc. Fa piacere anche sapere che la vostra 12 Opera ha preparato per la Chiesa 41 sacerdoti di cui 24 sono al servizio di varie Diocesi e gli altri svolgono il loro specifico apostolato tra i giovani. E questo è un bilancio importante che lascia ben sperare per il futuro dei vostri Istituti sorti per la gloria di Dio e per il servizio dell’uomo. Auspico che questo binomio continui ad essere sempre la nota distintiva del vostro esistere ed operare in seno alla Chiesa ed alla società. Al saluto ora espresso, aggiungo una parola di compiacimento a quanti sono responsabili ed impegnati nella direzione ed animazione dei vostri Istituti: le lodi a voi, alunni ed ex-alunni, che oggi affollate questa aula, testimoniando il vostro entusiasmo e con la vostra fede la vitalità e la bontà dei principi e dei metodi educativi a cui si ispirano le vostre scuole. Voi avvertite che la Scuola vi ha dato qualcosa in più di una semplice istruzione, vi ha acceso nel cuore ideali chiari, forti e vitali; vi ha resi coscienti dei doveri che vanno oltre a quelli personali e professionali, perché vi ha sensibilizzati nei confronti delle grandi cause della giustizia e della fratellanza sociale; vi ha dato la sicurezza della vostra vocazione cristiana e della “speranza che non delude” (S. Paolo ai Romani, 5,5). La ricorrenza dei quaranta anni della vostra Opera che prende nome e si ispira alla Redenzione, costituisce, inoltre, per voi un motivo speciale per celebrare il Giubileo della Redenzione in piena consonanza con la vostra specifica spiritualità. Cristo Reden- tore che vi ha condotti come per mano, in questi anni della vostra nascita e del vostro sviluppo, vi conceda di vivere in profondità le esigenze di quest’anno di grazia e di misericordia, di penitenza e di riconciliazione. La Croce che occupa nel vostro animo un posto eminente sia il vessillo che illumini i vostri passi. Sappiate riconoscere in essa l’incontro della colpa con l’innocenza, della crudeltà con la bontà, della morte con la vita, lo strumento di liberazione dalla schiavitù del peccato e di esaltazione ai fulgori della grazia santificante. E’ in essa che prende luce e si attua il mistero della penitenza e della riconciliazione. A queste realtà sublimi l’Anno Santo vuol richiamare le menti ed i cuori dei fedeli. Per rispondere adeguatamente a questo messaggio occorre ristabilire il Sacramento della Penitenza, nuovi rapporti con Dio e far nascere amichevoli e pacifiche relazioni con i fratelli. Occorre estirpare dall’animo le radici dell’odio che inaridisce il cuore e dissecca le sorgenti dell’amore e del bene. È necessario tornare all’ideale evangelico di quell’eroica carità che Cristo non ebbe timore di proporre ai suoi seguaci: “Io vi dico amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano” (Mt 5,44) Queste parole dimostrano come la riconciliazione sia una necessità costituzionale del regno di Dio. Nessuno si può qualificare cristiano se non sa vincere il male col bene. (Rm 12,21)”, e se non è in grado di diffondere la bontà, la generosità, la magnanimità. Carissimi Fratelli e Sorelle, accogliete questi pensieri e queste esortazioni con lo stesso affetto col quale ve li ho comunicati. E portateli nel vostro cuore sempre. La Vergine santissima che voi venerate sotto il titolo di Maria SS Consolatrice del Carpinello, vi assista e vi ottenga dal suo Figlio Gesù Redentore dell’uomo, di tradurre in pratica i vostri buoni propositi e le vostre sante aspirazioni per il futuro. Sia Ella, ancora e sempre, in mezzo a voi come nel cenacolo per infondervi luce e conforto. Con questo augurio e con questa preghiera vi imparto la benedizione Apostolica che volentieri estendo a tutti i vostri famliari e a quanti vi sono cari. Giovanni Paolo II S.E. CARDINALE GIUSEPPE CAPRIO “Se la nostra fede fosse più grande...” I Dal discorso dell’Eminentissimo Cardinale Giuseppe Caprio il 21 aprile 1985 in occasione della riapertura del Villaggio del Fanciullo di Visciano, gravemente danneggiato nel terremoto del 1980 naugurando il nuovo Villaggio del Fanciullo, ricostruito dopo la drammatica sua distruzione provocata dallo spaventoso terremoto del 23 novembre 1980, compiamo un atto che si iscrive nella storia della Piccola Opera della Redenzione come nuovo documento della Divina Provvidenza della quale la Piccola Opera è vivo ed inconfondibile segno. Lo conferma il più autorevole dei testimoni, il carissimo Padre Arturo, che si è fatto umile e docile strumento della volontà di Dio, fondando, organizzando, animando la Piccola Opera della Redenzione. Egli ha tante volte ripetuto soprattutto nei momenti più difficili, che il Signore non si è mai lasciato vincere in generosità e che se la nostra fede fosse più grande, potremmo infinitamente, ottenere di più. Con questi sentimenti di abbandono Egli ha guidato e guida la Piccola Opera, cosciente che essa appartiene a Dio. Abituati ad ammirare l’intelligenza e l’industria umana, potremmo essere tentati di tessere l’elogio delle capacità di un uomo, che, con la sua indefessa laboriosità ha saputo valutare, programmare, organizzare e condurre iniziative socialmente utili, quali sono quelle che caratterizzano la Piccola Opera. Ma ciò facendo certamente mortificheremmo l’autentico significato di ciò che Egli ha fatto e non lo troveremmo consenziente al nostro elogio, perché questo non corrisponderebbe alla verità delle intenzioni che hanno motivato la sua fatica. Padre Arturo con la sua grande famiglia che forma la Piccola Opera, sa che tutto è dovuto all’infinita e provvida bontà di Dio nella quale Egli ed i suoi Figli hanno creduto con il coraggio dell’obbedienza della fede. La Piccola Opera 14 è espressione del Suo sacerdozio per mezzo del quale Egli ha insegnato e praticato la verità dell’amore. Chi non ha dimestichezza con l’infinita carità di Dio e misura la realtà sui risultati dell’operosità umana non condividerà certo questo linguaggio. Ma esso è l’unico per giustificare l’intensità e la continuità di opere tanto generose, che superano i limiti della mera filantropia. I prodigi della carità cristiana sono il segno palpitante della essenzialità della fede, perché nel nome di Dio, per chi crede, tutto è possibile. In una indimenticabile udienza del 22 maggio 1947, il Santo Padre Paolo VI, con la sua autorità pontificia riconosceva la vera identità della Piccola Opera della Redenzione, confermando il suo inserimento nella dinamica della vita ecclesiale. E con felicissime espressioni, ne delineava le caratteristiche che hanno fondamento nel mistero esistenziale della Chiesa, Corpo mistico di Cristo. Paolo VI, tessendo la lode di un Istituto che “ha rinnovato e prolungato nella società nata dalla rovina del dopoguerra una tradizione che nobilita la storia d’Italia”, constatava che spesso “vediamo tante cose che si spengono e cadono, che appassiscono quasi sotto il sole bruciante dei tempi modernità ma insieme vediamo che vengono su “ dei nuovi fiori, dei nuovi rami nella vita della Chiesa”. Per questo esprimeva la sua felicità nel vedere che la Piccola Opera della Redenzione è proprio uno di questi segni della vitalità della Chiesa, di gioventù del Cristianesimo, di voglia di vivere che ha ancora questa nostra fede e di esprimere non soltanto con le parole, ma con le opere, con le opere di carità che attestano davvero che Cristo è vivente nella Chiesa”. Sottolineando le prerogative della carità cristiana, più recentemente, nel suo memorabile incontro del 30 gennaio 1984 con i rappresentanti della Piccola Opera, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha integrato il riconoscimento ecclesiale di questa, proponendola come mezzo di evangelizzazione della carità di Cristo Redentore alla cui Croce si ispira il carisma della sua azione pastorale. Diceva il Santo Padre “La Croce che occupa nel vostro animo un posto eminente sia il vessillo che illumina i vostri passi”. Tanti alti attestati hanno il loro riscontro nel contenuto e nelle finalità dell’azione apostolica della Piccola Opera della Redenzione. Essa è stata voluta e vive per dare qualcosa di più di una benevola assistenza e di una strumentale preparazione professionale agli indigenti ed agli abbandonati. Con una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione cristiana, la Piccola Opera ha iniziato i suoi fanciulli alla realtà della vita, provvedendo alla formazione della loro personalità e sostenendoli fino al momento della maturità che consente ad essi di inserirsi responsabilmente nella vita sociale, con il coraggio della fede, l’entusiasmo della speranza e la disponibilità dell’amore verso il prossimo. Iscrivendo l’odierna cerimonia negli annali dell’ormai lunga vita, non possiamo dimenticare le Piccole Apostole della Redenzione ed i Missionari della Divina Redenzione, che, sentendo il fascino di un carisma loro proposto in nome di Dio da Padre Arturo, hanno consacrato la loro vita al suo servizio apostolico. Essi costituiscono l’argomento più tangibile che Dio ha prediletto la Piccola Opera facendola strumento della sua Provvidenza. Nella tanto feconda attività missionaria che si va diffondendo nelle regioni dove è più forte il bisogno della solidarietà cristiana, essi portano le certezze attinte qui presso il Santuario di Maria SS.ma Consolatrice e le testimoniano con la loro vita, offerta per il bene degli umili ed emarginati perché questi conoscano la gioia della speranza. S.E. CARDINALE ALFONSO LOPEZ TRUJILLO 16 “Una catena di miracoli della carità...” Sua Eminenza Cardinal Alfonso Lopez Trujillo già Arcivescovo di Medellin H o avuto l’allegria di visitare in questi giorni l’opera ammirevole della comunità dei Missionari della Divina Redenzione, fondata in Italia nel 1943. Erano i tempi della seconda guerra mondiale con le sue lamentevoli sequele. I bambini con le loro case distrutte erano vittime di così grande tragedia. Un sacerdote il P. Arturo D’Onofrio si decise a fondarla. Oggi si tratta di una famiglia religiosa fiorente che tiene un insieme di servizi per l’infanzia e la gioventù degni di ogni lode. L’Archidiocesi di Medellin ha avuto la fortuna di vedere questa catena di miracoli della carità. Come hanno fatto, in così poco tempo, questi apostoli ha realizzare tanto? È la domanda che si fa chi viene condotto a visitare le grandi installazioni, passando per il laboratori professionali, con grandi macchine di vario tipo. Sono molti i milioni investiti in questa cittadella, strumento di redenzione, dei bambini e giovani che in altro modo sarebbero divorati, distrutti dal mostro di una società ingiusta abituata a convivere senza rimorsi di coscienza con questa orrenda situazione. I religiosi della Divina redenzione hanno altri centri di maggiori proporzioni in altri luoghi, colpiti dalla miseria in Medellin; come nell’Aldea Paolo VI. Però molto più che le aule, i laboratori e dormitori o i vari campi da gioco di questa cittadella che copre una vasta estensione di territorio di Itagui, a chi visita colpisce l’atmosfera che vi si respira, la dedicazione dei sacerdoti giustamente ottimista verso i poveri. Non c’è in essi vanagloria alcuna. Semplicemente vedono la mano della Provvidenza per mezzo dei loro benefattori all’estero e in Colombia. E la allegria che si respira e si affaccia negli occhi dei bambini che prima mendicavano o gironzolavano per le strade della città. Con ragione si legge in uno dei muri dell’Hogar, “I BAMBINI SONO IL SORRISO DI DIO”. È la presenza del Signore che permette questa esperienza. C’è la sensazione di una casa, di una grande famiglia. Il padre D’Onofrio viene con frequenza dall’Italia dove la comunità ha varie feconde opere. Egli continua a sognare nuovi progetti in questa scelta per i poveri, fuori da posture che non sia secondo il vangelo. Va seminando futuro, perché c’è anche il seminario minore con più di cento seminaristi, che rappresentano belle speranze vocazionali. Ci sono altre opere grandi in Medellin, e in altre città, come “Città Don Bosco” dei Padri salesiani delle quali parlerò in altra occasione; continua ad assaltarmi questo interrogativo: Cosa fanno istituzioni con grandi possibilità economiche? Perché è ancora così grande il problema dei “GAMINES”? perché non si applica in maniera più efficiente la legislazione esistente in difesa dei derelitti della famiglia e dell’infanzia? Si dice che “l’Istituto del “Bienestar Familiar” è diventato un istituzione troppo fiscalizzatrice piuttosto che promotrice e a tutela come indicherebbe il suo nome. Continua quindi grande la sfida della carità e l’organizzazione per il bene di questi fanciulli e giovani le cui vite si spengono schiacciate dalla miseria e i cui cuori si illuminano quando la Chiesa si affaccia loro con il suo vangelo dignificante. S.E. MONS. ADOLFO BINNI “Dal Carpine di Visciano veglierà sempre la Madonna...” S.E. Mons. Adolfo Binni, Vescovo di Nola in occasione del decennio dell’Opera, 2 ottobre 1953 “Il Regno dei Cieli è simile ad un granello di senape, che l’uomo prese e seminò nel suo campo. Questo seme è più piccolo di qualsiasi altro, ma quando è cresciuto è più grande delle altre erbe e diventa quasi un albero, così che gli uccelli dell’aria vanno a riposarsi sui suoi rami (Mt.13,31-32)” C osì per tutte le opere di Dio, grani disseminati dal vento dello Spirito per i solchi della vita. Su di essi potrà infuriare l’inverno ventoso e diaccio, ma da essi a primavera, infallibilmente, sorgerà l’arbusto turgido di gemme. Così per la PICCOLA OPERA DELLA REDENZIONE di don Arturo D’Onofrio. Il piccolo seme, a dieci anni di distanza, è un ramoso albero, su cui, a frulli, si posano, pigolando, gli uccelli. Era così freddo il dicembre del ‘43! Freddo sui ruderi sterposi e per le campagne desolate: sulla terra e per i cieli, freddo nei cuori. In quel Natale neppure sul Presepio brillò una luce calda. Se l’oscurità si fosse macchiata di candore, dal cielo sarebbe venuta fuori l’offesa del fuoco distruttore. Ma sul solco che la spada approfondiva e che era macchiato di sangue, un piccolo prete gettò il seme e si raccolse in preghiera. Poi si guardò attorno. Buio come in una gola di lupo, silenzio come di tomba. Solo, lontano e vicino, un singhiozzar di bimbi. Ma ecco un fruscio lieve come di brezza, una carezza sulla fronte fredda come di madre. E pur nell’oscurità, egli, il piccolo prete, vide il profilo di un carpine, l’unico arbusto dalle foglie sottili rimasto per stormire. E sull’albero vide la figura di una Donna in veste screziata: la Madonna che sempre veglia e pensa ai passerotti, che, nelle sere di inverno pigolano, sempre più piano perché non hanno pane e sentono freddo. Fu allora che gettò il seme: la Madonna del Carpinello benediceva.. 18 Stanchezza e delusioni? Diffidenza e incomprensioni? Spine di maligni e morsi ingrati? Si e tanti. Ma anche incoraggiamenti e aiuti; sorrisi di gratitudine e benedizioni di madri, e soprattutto, una folla di bimbi, ieri tristi sul marciapiede vizioso, oggi felici sotto un tetto accogliente, stretti intorno ad un focolare caldo. Son passati dieci anni. Il periodo dell’infanzia è chiuso. Comincia quello della giovinezza. Bambini che piangono e parlano ce ne saranno sempre a Visciano e a S. Paolino, tra le braccia delle timide Suorine, ma accanto ad essi, gli implumi pigolanti a Torre, a Marigliano... altrove ci saranno i giovani dal cuore santo e dal braccio robusto. Sono i figli di don Arturo e numerosa, sana e felice auguriamo la figliolanza con la benedizione dei patriarchi al figlio prediletto che lasciano il ramo e si diffondono per il sereno sulle ali che pietà di Sacerdote e carità di fratelli, hanno reso robuste per la conquista della virtù del pane nella nobiltà del lavoro, santificato dalla preghiera. E su quelli che pigolano nel nido e su quelli che volano e cantano, dal Carpine di Visciano, veglierà sempre la Madonna, perché nessun incidente violi la culla o spezzi l’ala dei suoi protetti. E vicino alla Madre che veglia, il piccolo Sacerdote che pregando, gettò il seme nella preghiera otterrà che ai figli mai manchi il pane e il tetto e ai benefattori la gioia di aver dato anime generose e preziose energie alla Chiesa ed alla Patria. “Amare Dio ed amarlo nel prossimo: nei bambini” S S.E. Mons. Adolfo Binni, già Vescovo di Nola in occasione della lettura del decreto di erezione canonica della congregazione dei Missionari della Divina Redenzione, 30 dicembre 1968 ia ringraziato il Signore, perché in mezzo a questo tempo di materialismo, ha saputo suscitare anime generose per dedicarsi completamente al Suo servizio. Sia ringraziato il Signore, il quale, in tempi tristi, ci allieta, col farci vedere che il buon seme non si è perduto, ma si trova nella profondità dei solchi scavati da quelli che ci hanno preceduti e che ora fioriscono in virtù di tante grazie che il Signore ha voluto concedere a quanti si sono dichiarati più vicini a Lui nell’esercizio del ministero. Cari figliuoli, non soltanto grazie a Dio, ma grazie a tutti quelli che si sono occupati e preoccupati perché fosse lieta questa giornata. Grazie ai miei Ecc. mi Vescovi, che mi hanno preceduto, i quali sono stati sempre larghi di affetto, di aiuto, di incoraggiamento, anche quando giorni tristi gravavano nei primi tempi della Istituzione. Io li sento vicini questi Spiriti di miei Ecc. mi Vescovi, che mi hanno preceduto, sento che sono nel mio spirito, li sento commossi come me, li vedo come me dinanzi a voi, mentre cercano di trovare in fondo all’animo parole che possono tradurre in forma discreta quanto l’affetto cela nelle riposte anime nostre. Sia ringraziato anche il gruppo degli Ecc.mi Vescovi che sono stati sempre vicino a Padre Arturo, e quando parve distaccarlo dalla Diocesi, per farlo entrare in un’altra Congregazione, e quando tempeste, momenti di agitazione e di preoccupazioni hanno reso, anzitempo canuta la sua testa. Sì proprio così. Ogni qual volta sentiva che vi era qualche cosa di insolito che poteva dirsi una tempesta che poteva sconvolgere i piani dettati dallo Spirito Santo, Egli ha fatto ricorso ai Vescovi, suoi fratelli, per età e specialmente per dedizione completa alla causa di Cristo, nostro Signore, e la parola di questi Apostoli, mandati dal Signore per custodire e vigilare il gregge di Dio, lo ha rimesso nel solco, e anche se qualche volta visibilmente piegato dalla violenza della tempesta ha saputo rialzare il corpo, l’anima di fronte a Dio Onnipotente, nel- S.E. MONS. ADOLFO BINNI 20 la certezza di una speranza, che mai vien meno. Io so d’interpretare il pensiero dei miei cari Sacerdoti, che sono stati sempre vicini a Padre Arturo, lo hanno considerato uno di loro, ma come uno migliore di loro. L’hanno considerato come un Sacerdote che non ha avuto soltanto delle grazie, ma dei carismi, dei quali Egli ha fatto un uso sapiente per poter cercare di trasformare la grazia che gl’inondava il cuore in opere di carità. I Sacerdoti si sono sempre stretti intorno a don Arturo. Ha avuto bisogno di qualche cosa? Essi si sono dimostrati pronti e generosi né poteva essere diversamente. La Diocesi di Nola così gloriosa non aveva fatto questa esperienza di poter dare anima a una congregazione religiosa maschile; questa è la prima volta. E il Sacerdote eletto è stato scelto dal loro grembo: ecco perché la loro gioia, la gioia del Vescovo, di don Arturo è un un’unica gioia, quella di poter rinnovare, con slancio, ogni giorno più rinnovato, a gloria di Dio e per la santificazione delle anime. Certo D. Arturo non aspettava la giornata di oggi. Se ritorniamo col pensiero a 20-25 anni fa quando Egli muoveva i primi passi incerti, anche in questa nuova attività e la confrontiamo con quella di oggi, Egli ha modo di poter giungere le mani e di mettere le ginocchia per terra e dire: grazie, Signore, perché dal nulla hai voluto che sorgessero le opere buone e non per il ministero di un sacerdote, le cui braccia sono così leggere, ma specialmente per l’abbondanza della tua grazia nella quale noi crediamo, nella quale abbiamo sperato, con la quale noi vogliamo cercare di bruciare di carità tutto il mondo. Perché l’Opera che oggi s’inaugura ha queste tre caratteristiche e io credo che siano un poco comuni sempre, ogni qualvolta ci sia una festa di questo genere. Avere una grande fede: Credere, credere: certe opere non si fanno se non c’ è la fede, se non ci si crede, ma credere che Dio ha parlato, che la sua voce è stata deposta in fondo al nostro cuore e che, se diamo una corrispondenza generosa quel piccolo germe diventerà arboscello in un primo tempo, poi una pianta su cui verranno i piccoli e i grandi per potersi dissetare e per potersi sfamare. E tanti ne sono venuti vicino a questa fontana questa polla d’acqua sorgiva per poterne bere, sentirne la gioia di essere vicini a un’anima sulla quale la grazia di Dio discende ogni giorno, con l’abbondanza dei suoi tesori. E’ veramente una consolazione quando si vede Sacerdoti che ci credono, nel mondo, perché sanno che tutto quello che avviene, non avviene per opera umana ma per opera di Colui nelle cui mani sono le sorti dei popoli, per opera di colui che è il vero gigante della storia il quale tutto raccoglie: dolori e lacrime, ma anche gioie con le quali forma una bevanda che deve dissetare quanti vorranno berne, desiderosi di verità, di carità, di bontà. E non solo una grande Fede ha animato il ministero di don Arturo D’Onofrio ma anche una grande speranza. Ha guardato lontano e ha visto che nell’orizzonte c’erano i disegni di Dio, i segni dei tempi, e ha visto che tra questi segni dei tempi ce ne stava uno che lo riguardava. Egli ha sperato nell’aiuto di Dio che mai vien meno, quando con umiltà si chiede quello che è scritto nella sapiente sua direttiva. Ma oltre tutto questo, Egli ha amato, egli ha amato con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente Dio, da cui sapeva che discendono tutte le benedizioni e al quale Egli ha fatto risalire sempre ogni onore e ogni gloria con umiltà e santità. Egli ha amato in nome di Dio, anche il prossimo e si è curvato nelle miserie umane. Amare Dio ed amarlo nel prossimo: nei bambini. I bambini sono la cosa più gioiosa, più lieta, più ricca di speranza: ma i bambini buoni. Quando si vedono dei bambini che crescono sul marciapiede, che s’insozzano l’anima e il corpo, le manine gentili e riempiono di brutti fantasmi gli occhi che dovrebbero essere teneri. Che tristezza! Che melanconia! Questa tristezza, questa melanconia l’ha intesa D. Arturo; e allora, credendo nella chiamata del Signore, sperando negli aiuti di Dio e anche dei buoni, confortato da una carità che vince i tempi e rompe tutti gli orizzonti della terra, Egli si è accinto all’opera. E i frutti? Voi non ne rappresentate che parte, ma li conoscete i frutti. Quanti ne sono stati salvati di bambini. Quanti bambini dalle mamme sono stati condotti e posti nelle sue braccia! Quanti bambini hanno pianto le prime lacrime sul suo petto, come su quello di una mamma: quanti bambini! Io li vedo con gli occhi della fantasia a torme, a centinaia a migliaia che vanno, che vengono, nelle tante Case della Provvidenza che Dio fa costruire a Don Arturo con ritmo così incessante, che qualche volta il Vescovo ha dovuto richiamare alla prudenza: egli, forse imprudente, non lui, perché lui sapeva qual era il piano di Dio e sapeva leggere in questo piano con quegli occhi che la fede rende lucidi e la speranza anima a conquiste maggiori. Sulla sua fronte noi abbiamo scritto che Egli è un sacerdote privilegiato, perché ha chiamato intorno a sé tanti altri Sacerdoti, ne ha fatto una schiera e con questa schiera Egli seguiterà a lavorare, come ha lavorato per la gloria di Dio. Ne ha fatto una schiera ed ha detto venite con me, venite dietro di me, io vi precederò, lavoriamo insieme. Parlarvi del Sacerdote: ma vi parlo di D. Arturo. Leggete sulla fronte di questo Sacerdote, leggete nel suo animo, ed ecco le virtù che dobbiamo cercare di praticare. Io non vi avrei detto tutto se non vi avessi, sia pure per un istante, richiamato alla memoria la dolcissima Vergine Maria, Regina del Carpinello. Ci pensate? Proprio qui vicino era stata scavata una fossa e una mano pia e gentile aveva messo in quella fossa l’immagine della Madonna. Per quanto tempo? Gli uomini non sanno niente di quello che avviene dentro e fuori di noi. Il Signore ci ha segnato la data della nostra santificazione, attraverso tutte le vicende che ci possono capitare. Ebbene, venne un giorno, in cui un giovane sacerdote aveva bisogno di una Mamma: di quale Mamma? La Mamma del cielo!. E Gli dissero che proprio nel paese natio c’era questa Mamma venuta dal cielo e stava sotto l’ombra di una pianta. La ricercò, la trovò, chiese la benedizione e lanciò l’Opera. Quando la fiducia è nel nome di Maria giunge certamente a glorioso porto ed è giunto a glorioso porto nel nome di Maria. Il Sacerdote venuto qui ha girato l’Italia, è andato sotto gli alberi dove l’umanità piange le lacrime più calde nella speranza di giorni migliori e lì non ne ha trovato una di immagine, ma tante immagini e le ha distribuite; e ha detto a quelli a cui le aveva distribuite: alzatela e portatela non solo come orifiamma ma come certezza di vittoria: vincerete. S.E. Mons Matteo Guido Sperandeo 22 “Deve essere un prete di eccezione questo Padre Arturo...” S.E. Mons. Guido Sperandeo I l 12 marzo tra i Gamines di Colombia Padre Arturo celebrerà il suo quarantesimo di sacerdozio. Saremo in tanti, in quel giorno sacerdoti e laici, piccoli e grandi ad essergli spiritualmente vicini per cantare insieme il Te Deum a Cristo Signore per il dono inestimabile e mai sufficientemente apprezzato del sacerdozio; per la scelta che Egli, Sacerdote Eterno costantemente e misteriosamente fa di alcuni, costituendoli, per la Grazia dell’Ordine Sacro, Suoi ambasciatori e dispensatori nel mondo, dei Suoi doni di luce, di grazia e di salvezza. Saremo, in quel giorno, ugualmente in tanti a ridire a Padre Arturo il nostro grazie affettuoso e sentito per averci resi partecipi in un notevole arco di tempo, quarant’anni, delle ricchezze del Suo sacerdozio, vissuto sempre in umiltà e dedizione generosa, e non di rado, eroica, alla causa di Dio e delle anime. Han fatto bene, perciò, i cari giovani aspiranti dell’Istituto S. Giuseppe di Frattocchie, che alimentano “La Fiaccola”, a raccogliere tra i numerosi conoscenti, amici, ammiratori di Padre Arturo, ricordi, testimonianze, flash sulla Sua vita sacerdotale, per offrirli, per la lieta circostanza, come fresco e significativo omaggio di affettuosa e commossa riconoscenza. Nell’ottobre del 1970 ho avuto la ventura di accompagnare Padre Arturo nel suo primo viaggio in America Latina. La sera del 24 avremmo dovuto giungere alle 20, ora locale, New York. L’aereo, un Jumbo della Pan American, fece molto ritardo, sicche al Kennedy atterrammo oltre la mezzanotte. Nello scendere dall’aereo Padre Arturo mi dice: chissà se qualcuno degli amici che ho avvertito si farà trovare. Invece là trovammo tutta la bella schiera dei giovani, antichi alunni della Piccola 0pera. Con loro c’era anche il sig. Enrico Marzullo, fratello del defunto Preside Giuseppe, grande amico e ammiratore di Padre Arturo con la gentile signora Teresa. L’accoglienza fu straordinariamente calda e festosa; si leggeva evidente sul volto di quei giovani, che erano ad attendere da molte ore, la gioia di rivedere e riabbracciare Padre Arturo. A quella scena i coniugi Marzullo, che per la prima volta vedevano Padre Arturo si commossero. E don Enrico mi sussurrò all’orecchio: ma deve essere un prete di eccezione questo Padre Arturo, che riscuote tanta simpatia e suscita tanto entusiasmo! Certo, un prete di eccezione: pio, umile, generoso. Nel febbraio 1977 Padre Arturo mi offre in omaggio la sua ultima pubblicazione, uscita appena dalla Tipografia, Cinque minuti con te, brevi riflessioni per ogni giorno di Quaresima. Devo ricoverarmi per accerta- menti al Gemelli e porto con me il libro. Un caro dottore che viene a visitarmi, attratto, forse, dalla bella e significativa copertina prende tra le mani il libro, e mi chiede dell’Autore. Do brevi notizie su Padre Arturo e sulla sua Opera.”Posso tenerlo per qualche giorno?” “Lo prenda pure! “ Dopo pochi giorni ritornando per la visita ed avendo tra le mani il libro, il dottore mi dice: “Monsignore, l’ho letto, mi è piaciuto, mi ha fatto tanto del bene”. “Ma quel Padre Arturo, per scrivere queste belle cose e a quel modo, deve essere un prete che veramente ci crede e che sente tutta la gioia di essere sacerdote”. Soggiunsi: E da quaranta anni quella fede e quella gioia, il Fondatore della Piccola Opera della Redenzione, l’effonde nell’animo di quanti a Lui si avvicinano. Per una così ricca messe di bene siamo tutti grati al Signore e alla Celeste Madre Consolatrice del Carpinello e largamente debitori a Padre Arturo con l’affetto di sempre. Mons. Guerino Grimaldi Vescovo di Nola L a prima volta che ho incontrato Padre Arturo ero vescovo di Nola. Avevo sentito parlare di lui, del suo apostolato di carità e delle prime realizzazioni assistenziali attuate in Colombia. Fu un incontro indimenticabile nel quale Padre Arturo mi affascinò col calore della sua ricca umanità con la semplicità e la naturalezza con cui parlava di Dio e della sua Provvidenza. Riportai da quell’incontro la convinzione, confermata e radicatasi poi dalla lunga e familiare conoscenza, di aver incontrato un uomo che vive di Dio e con Dio. Padre Arturo è la viva testimonianza quasi esteriore e visibile, che un sacerdote o vive di Dio oppure non ha ragione di essere. Non si può non essere colpiti, sconcertati da un prete come Padre Arturo che vive profondamente il contatto con Dio e irradia con tutti i suoi gesti il sopranaturale. In Padre Arturo nulla è mediocre: non il suo impegno sacerdotale, non il suo zelo apostolico, non la sua fiducia nella Divina Provvidenza, non la tenerezza del suo amore alla Madonna, non il suo ardore di carità. Così fragile nel suo fisico da non concedergli per poche ore e pochi spazi nella sua azione apostolica, eppure così forte da offrire ogni giorno la testimonianza di una vivacità e di una vitalità da scoraggiare anche un giovane. A lui il tempo non è mai sufficiente, come non sono mai sufficienti gli spazi per le sue opere e per la sua carità. Quanti sognano la necessità di declericaliz- zare il sacerdozio cattolico, auspicando la rottura o la scomparsa di una casta in cui i preti sarebbero chiusi o ibernati nel corso di una storia trionfalistica in contrasto con lo spirito del Vangelo e a vantaggio di una Chiesa terrena e potente, dovrebbero confrontarsi con Padre Arturo per comprendere chi è veramente un sacerdote che vive di Dio. Un uomo che incarna il divino e nel divino incarna le sue opere di carità; un testimone di un mondo di valori che sono la traduzione viva del Vangelo. E’ vero che i preti mediocri rovinano il mondo, ma è anche vero che preti come Padre Arturo lo salvano. E’ vero che le infedeltà dei preti compromettono la Chiesa, ma è anche vero che preti come Padre Arturo la gratificano e la santificano ed obbligano a ringraziare il Signore che sempre dona alla sua Chiesa preti come Padre Arturo. Un sacerdote è un segregato per il Vangelo ma non è separato dal mondo. Per questo motivo P. Arturo vive da fratello tra i fratelli, ha fatto la scelta evangelica dei più poveri di cui condivide le speranze e le gioie, le tristezze e le angosce e li promuove spiritualmente e materialmente. Autentica trasparenza di Cristo, ne testimonia la presenza come colui che serve. Vive la sua conformità a Cristo, sostanziandola di preghiera. Padre Arturo vive intensamente la sua vita di preghiera quasi come una necessità fisica e la trasmette agli altri, coinvolgendoli. Il suo instancabile servizio di carità di- La sua preoccupazione fondamentale non sono le sue opere, e sono tante, ma quella di condividere e partecipare alla vita di Dio, di convivere con Lui. Chiamato da Dio ad un grande ideale di bene, ha seguito il dipanarsi di questa chiamata e si è adoperato a realizzarla lavorando instancabilmente e rivoltando la storia degli ultimi verso la piena redenzione. Avvicinandolo si ha l’impressione che egli abbia una percezione sensibile di Dio, col quale ha una continua ed ininterrotta memoria effettiva di amore. Ho avuto il dono singolare di seguire per circa un mese Padre Arturo in una delle sue visite in Colombia. In quella terra piena di contrasti e di diffuse povertà la sua attività si centuplica. Si resta stupiti dinanzi ad un impegno apostolico che assorbe tutte le ore del giorno e buona parte di quelle della notte. Il “mistero di Padre Arturo non si trova nelle sue forze fisiche, che non possiede, nelle sue qualità culturali che non sono eccezionali, ma nella presenza di Dio, che lo ha afferrato e per cui egli vive”. “Padre Arturo alla Provvidenza ha prestato le sue mani...” C hi avvicina P. Arturo non può sottrarsi alla convinzione di trovarsi dinanzi a un sacerdote che vive di fede, di fiducia nella Divina Provvidenza ed irradiante ed operosa carità. Un sacerdote che dona la certezza espressa nella vita, che la fede non è una virtù bendata né la speranza una incoscienza o la carità uno sciocco lasciarsi portar via dal sentimento o dalla commozione. La sua vita apostolica si svolge non appoggiata su motivi o fiducie umane, ma sulla strada indicata dalla Provvidenza e segnata dai passi di Cristo. Chi non crede si affanna a costruire opere, che portano sempre i segni caduchi dei limiti umani. Padre Arturo, sorretto e guidato dalla sua fede, senza rinnegare la bontà di qualsiasi sforzo umano, con lo sguardo aperto e largo, cerca la mano redentrice del Cristo per lavorare con Lui e nel suo nome all’avvento di un regno di verità e di amore. E’ significativo che la sua Congregazione si chiami “Piccola Opera della Redenzione”. Le sue iniziative nascono dalla fede, sono limpide anche alla sorgente, rispondono S. E. MONS. GUERINO GRIMALDI S. E. MONS. GUERINO GRIMALDI 24 “In Padre Arturo nulla è mediocre...” venta in lui un avvenimento misterioso! per la grazia di Dio e la presenza operante di Cristo Signore. S. E. MONS. GUERINO GRIMALDI sempre alla coerente risposta che in tutta la sua vita ha dato con fedeltà alla missione affidatagli dal Signore. Sempre proteso in avanti nell’additare compiti nuovi e impegnativi alla sua Congregazione, e sorretto dalla certezza che è lo Spirito Santo che fa la storia, ma esige la docilità e la collaborazione degli uomini. E’ questa una lezione essenziale ed attuale che P. Arturo dona a tutti noi, che prima di agire pretendiamo di essere assicurati oltre che sul valore personale del bene, anche sul suo pieno trionfo. Se credere importa il possesso anticipato di Dio, esso non è mai un possesso pacifico o un quieto abbandono, ma comporta sempre una sfida e una prova contro tutto quello che ci circonda perché per un credente non c’è nulla di arbitrario quaggiù, se lo stesso peccato, il più stolto arbitrio nostro, viene ordinato dal Signore al nostro bene. La presenza del Signore non è mai una promessa d’esenzione dalle prove, né un’assicurazione all’inerzia, ma una certezza che tutto finirà bene perché il Signore opera nella storia. Per questo P. Arturo moltiplica le sue iniziative, suscita energie, allarga gli orizzonti apostolici della sua Congregazione, perché nella Chiesa, che è il campo di tutto il bene, il bene che si desidera, che si vuole, che si soffre, che si spera ogni parola, ogni gesto, ogni volto sia accogliente verso chiunque è di buona volontà e verso chiunque ha bisogno di amore, di verità, di pace. Egli si lascia interrogare dalla sua stessa fede, che lo spinge ad operare oltre ogni calcolo umano per raggiungere i bisogni spirituali e materiali dei fratelli. Nessuno può essere indifferente di fronte ai fratelli che hanno bisogno di amore e di verità e non hanno da mangiare, tanto meno un sacerdote che deve essere il cuore e la mano della Provvidenza. Dio non ha mani perché vuole che gli uomini Gli prestino le loro: Padre Arturo alla Provvidenza ha prestato le sue mani ed il suo cuore di sacerdote. A contatto immediato degli umili e dei bisognosi, egli offre la testimonianza di quanto, secondo il Vangelo, sia grande il posto che occupano nella vita, soprattutto dei ragazzi, anche le necessità materiali e come non occuparsene voglia dire fraintendere e fermarlo sulla strada di ogni elevazione umana e cristiana. La carità che anima tutta la Piccola Opera di Padre Arturo nasce dall’amore di Cristo Redentore e si irradia verso i bisognosi e i più deboli e indifesi. I fatti sono là a testimoniarli: Padre Arturo e i suoi figli non hanno esitato a varcare l’Oceano, sorretti dalla loro fede e dalla protezione della Vergine Consolatrice del Carpinello, per annunciare il Vangelo ai poveri e testimoniare con le opere la carità di Cristo. L’attività di P. Arturo nasce dalla ricchezza della sua vita interiore, si nutre di preghiera e di amore alla Madonna e si muove nell’amore alla Chiesa e nell’unità profonda col Papa. E’ questo l’esempio che ogni giorno offre ai suoi figli, sono queste le grandi energie che egli vuole come anima della sua Congregazione. In questo modo egli esamina il bene nel nome del Signore. L’immagine della semina vuole esprimere la speranza, la continuità e la novità con cui egli ha costruito la vita della sua Congregazione e il suo modo di essere a servizio della Chiesa. Il cammino di una Congregazione non è mai definitivamente segnato: comunità di persone vive in una Chiesa in perenne confronto col mondo, deve offrire sempre risposte nuove a rinnovate esigenze. Essa però deve trovare il segreto della sua vitalità non solo nella freschezza con cui sa di volta in volta ripresentarsi, ma anche nella misura in cui riesce a vivere gli ideali e gli esempi del suo Fondatore e trovare in essi una fonte di arricchimento, un’esperienza su cui innestare la propria vita assumendola ed incarnandola nella sua azione. In tal modo, a somiglianza del piccolo seme evangelico potrà diventare albero rigoglioso per la gloria e la salvezza di tanti Fratelli. “Amare e far amare Gesù, la Chiesa, il Papa, le anime con Maria per Maria e in Maria” 26 Padre Arturo S. E. MONS. GIUSEPPE COSTANZO “ Quaranta anni di servizio e di apostolato sono tanti...” In occasione del 40” anno di fondazione della Piccola Opera della Redenzione 1943- 1983 , S.E. Mons. Giuseppe Costanzo, Vescovo di Nola, presentò al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II l’opera di Padre Arturo S antità! E’ con vivissima gioia che presento alla paternità vostra la comunità della Piccola Opera della Redenzione venuta ad implorare la parola e la benedizione del Papa in occasione del 40° anniversario della sua fondazione. La Piccola Opera è veramente un fiore di carità, il più bello sbocciato nell’antica e gloriosa Chiesa di Nola. Qui dove i secoli non hanno potuto cancellare l’immagine di S. Paolino, stabilitosi tra noi dalla lontana Gallia per farsi servo di Cristo e dei poveri, nel 1943 , per una divina ispirazione raccolta dal cuore grande di Padre Arturo D’Onofrio e dalla materna sensibilità di Suor Anna Vitiello, nasceva un’Opera, destinata ad espandersi e a varcare l’Oceano nel giro di pochissimi decenni. Erano anni grigi per la nostra Italia, segnata dai traumi del conflitto mondiale e, in particolare, per il Sud che aggiungeva nuovi problemi a quelli di sempre. Tra i tanti era particolarmente angoscioso e toccante il problema dei fanciulli orfani ed abbandonati. Essi reclamavano dalla Chie- 28 sa “madre” che essa diventasse per loro “famiglia” assicurando alle loro fragili esistenze, un sostegno, un’educazione, una speranza per il futuro. Tutto questo è stato la Piccola Opera in quarant’anni per ben 25.000 ragazzi. Nei loro volti già provati in tenera età dalle asprezze della vita, essa ha riconosciuto il volto di Cristo. L’accorata predilezione di Gesù per i fanciulli è diventata per essa imperativo di carità, di una carità operosa, oculata ed integrale, che ha mirato non soltanto a risolvere il problema della sopravvivenza, ma a plasmare degli uomini maturi, animati dalla fede e capaci di affrontare la fede. Per questi ragazzi l’evangelizzazione e la promozione umana sono state coniugate in un “Darei tutti i tesori del mondo per il sorriso di un bambino” Padre Arturo unico progetto pedagogico. Quaranta anni di servizio e di apostolato sono tanti. Essi portano la traccia di gioie e dolori senza numero, ma portano anche il segno evidente di una Provvidenza divina che è stata sempre prodiga di benedizioni. Ricorderò, soltanto, che molti ragazzi qui presenti hanno subito la prova dello spaventoso terremoto che il 23 novembre del 1980 e poi il 14 febbraio del 1981, scosse tragicamente le nostre terre seminando panico e lutto. E’ certo per la speciale protezione della Vergine Consolatrice del Carpinello che essi rimasero miracolosamente illesi. Ed è ancora per lo zelo suscitato dalla grazia delle anime di tanti buoni che il Villaggio del Fanciullo distrutto dal terremoto, si sia potuto ricostruire senza alcun contributo da parte dello Stato, con le offerte spontanee di benefattori, zelatori e zelatrici di cui è qui presente una eletta rappresentanza. Oggi nuovi orizzonti si aprono alla generosità della Piccola Opera. Se i bisogni sono tanti, in Italia e nel mondo, la carità sa anche farsi capace di inventiva e di iniziativa. E così accanto alle realizzazioni dell’America Latina specie l’assistenza ai fanciulli rimasti orfani a causa della guerriglia nelle zone montagnose del Guatemala, una espressione significativa di un nuovo campo di lavoro è il Centro medico psico - pedagogico “Maria SS. ma Annunziata” operante a Prata (AV) e che qui è rappresentato da un piccolo gruppo di fanciulli portatori di handicap. Santità! La Piccola Opera della Redenzione guarda in avanti con fiducia e disponibilità. Essa ha nel suo programma il tema della Redenzione, che per provvidenziale coincidenza è anche il tema di questo Anno Santo. Voglia il Signore renderla degna di questo programma. E la Santità Vostra alla quale tutti i membri della Piccola Opera guardano con particolare affetto e devozione di figli, voglia essere segno ed auspicio della grazia divina con il paterno incoraggiamento della sua apostolica benedizione. S.E. Mons. Umberto Tramma “Da 60 anni una continua offerta di sé con Cristo...” S.E. Mons. Umberto Tramma Vescovo di Nola “T utti i Sacramenti, come pure tutti i Ministeri ecclesiastici e le Opere di apostolato, sono strettamente uniti alla Sacra Eucarestia e sono ad essa ordinati. Infatti nella SS. Eucarestia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa. Per questo l’Eucarestia si presenta come fonte e culmine di tutta l’Evangelizzazione” In chi percorre con occhio stupito ed ammirato ciò che Padre Arturo D’0nofrio ha fatto dal dopo-guerra in poi in Italia, in America Latina, in India, nasce spontanea una domanda: come ha potuto questo piccolo Prete realizzare opere di carità di apostolato, di evangelizzazione così grandiose con mezzi di partenza umanamente così meschini? La risposta è contenuta nel brano del Decreto Conciliare “Presbyterorum Ordinis” (n.5) citato in apertura. Tutto è partito dall’Eucarestia celebrata con viva fede e prolungata efficacemente al di là della breve durata di un rito, in uno sforzo di assimilazione a Colui che è Sacerdote e Vittima del Sacrificio. Ecco perché la ricorrenza del 60° anniversario dell’0rdinazione presbiterale di P. Arturo è per tutti coloro che lo conoscono e l’ammirano, come pure per chi desidera seguirne lo spirito e l’esempio, una festa che potremmo chiamare “della fonte”. La fonte di tutta l’opera di P. Arturo è quella Messa che Egli, a ciò consacrato da Dio, mediante il Vescovo, ogni giorno rivive. Nell’Eucarestia ha trovato come nutrire in sé gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, “il quale, pur es- 30 sendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil.11,5-8). Tutto ciò è tanto più evidente se si considera che strettamente legato al dono di sé che fece nell’Eucarestia è il gesto che Gesù fece poco prima: “Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto” (Gv XIII,1-5). mente più sudici, ai quali come Cristo non disdegna di lavare i piedi. A giusto motivo, perciò, esplode, in questa circostanza da parte di noi tutti, la gioia, la festa, il ringraziamento a Dio. E’ da quella prima Messa che sono scaturite tutte le opere di bene compiute e le nuove che iniziano, ininterrottamente, con l’entusiasmo del sempre “Novello Sacerdote” padre Arturo. Pur nel rinnovato rito della Liturgia ogni giorno Egli ripete con il cuore e con l’azione le parole che allora disse la prima volta, gioiosamente: “Salirò all’Altare di Dio, a Dio che allieta la mia giovinezza”. Grazie, Signore, per il dono del presbiterato che concedesti a questo piccolo grande Uomo. Grazie perché, dopo sessanta anni Egli non ha cessato di trarre dalla celebra- Con particolare vibrazione questo grazie dal cuore della Diocesi di Nola che, per i misteriosi ghirigori della Sapienza divina è stata la culla, il luogo di nascita, di crescita e di sviluppo della grandiosa opera di P. Arturo. Ammiriamo in Lui un S. Paolino del XX secolo, che ha rinnovato, in chiave moderna lo spirito del grande Padre dei poveri, che, venuto da terre lontane, volle costruire proprio in questa città, il mirabile edificio del culto reso a Dio, attraverso le sacre celebrazioni e la splendida carità. Grazie, o sempre giovane P. Arturo. “E’ la santità che rende bella la Chiesa...” 28 marzo 1998 a Visciano nel santuario Basilica Maria SS.ma Consolatrice del Carpinello, celebrano la Messa giubilare con padre Arturo 150 sacerdoti, S.E. Mons. Schettitio Arcivescovo di Capua, S.E. Mons. Leonardi, già Vescovo di Cerreto Sannita, S.E. Mons. Pierro Arcivescovo metropolita di Salerno, S.E. Mons. Toppi, Arcivescovo-Prelato di Pompei, S.E. Mons. Andreotti Vescovo-Abate di Subiaco, S. E Mons. Cece, Arcivescovo di Castellammare - Sorrento. Presiede la concelebrazione il vescovo di Nola S.E. Mons. Tramma Il Concilio insegna “Il nostro Salvatore nell’ultima cena la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio Eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce” (SC,47). Non si tratta di un mero rituale, ma di una rinnovata offerta a Dio che il Cristo totale, cioè il popolo sacerdotale e il ministro sacro, ciascuno in maniera diversa in unione con Gesù fa della Vittima e di se stesso con Essa (LG, 11). E come l’offerta di Gesù al Padre fu un tutt’uno con l’offerta del suo servizio ai fratelli, rappresentata dall’eloquente simbolo della lavanda dei piedi, così la vita ed il ministero di Padre Arturo è da 60 anni una continua offerta di sé con Cristo al Padre nel sacrificio della Messa e nel servizio ai fratelli, specialmente agli ultimi, i più deboli, più bisognosi, quelli umana- zione eucaristica la luce, la forza, la ragione, la generosità, la fantasia, l’entusiasmo, la voglia, l’ansia di offrire a Te, attraverso l’offerta di sé a noi tutti. N ella storia della Chiesa fondata da Gesù con il suo Sangue e animata dal soffio poi dello Spirito Santo, accanto al mistero del suo rigoglioso sviluppo in mezzo ad un mondo ostile, insieme al sacrificio di tanti martiri, da Stefano diacono al vescovo Eunenio Bossilkov, ai missionari trucidati in questi ultimi anni, sussistono non poche ombre; oltre ai numerosi peccatori, per i quali appunto Gesù volle istituire il sacramento della Riconciliazione, dobbiamo registrare l’apatia di tanti S.E. Mons. Umberto Tramma 32 cristiani e di tante comunità ecclesiali. Non c’è da meravigliarsi come ha notato il Card. Sodano in una conferenza tenuta il 24 marzo scorso nel palazzo Lateranense. Anche un albero rigoglioso, può subire malattie; qualche ramo può seccare: dei parassiti possono insinuarsi nella sua corteccia e tentare di corroderne il tronco. Certo nella Chiesa fatta di uomini esiste il peccato, esiste l’errore, esiste il limite. Perciò si è parlato a ragione della necessità di una continua riforma della Chiesa. Bisogna distinguere ciò che è divino nella Chiesa, e quindi immutabile, da ciò che è umano e quindi caduco sempre necessario di rinnovamento. Lo stesso sviluppo della Chiesa comporta, da una parte, la continuità e la fedeltà alle proprie origini e, d’altra parte, uno sforzo di riforma, un continuo movimento di crescita per rispondere all’ideale tracciato da Cristo per la sua Chiesa. Ogni istituzione corre il rischio di non innovarsi se è inerte, se lascia che le sue strutture esterne ne offuschino l’aspetto originale. A dire di P. Congar, la prima condizione per una riforma senza scismi è data dal primato della carità. Occorre amare la Chiesa, la Chiesa concreta storicamente incarnata in un epoca ed in un territorio ed amare gli uomini. E’ la santità che rende bella la chiesa, come affermò il Papa Paolo IV ai tempi del Concilio di Trento: “Non bisogna riformare la Chiesa per mezzo dei cristiani, ma riformare i cristiani per mezzo della Chiesa”. E’ quanto fece san Francesco D’Assisi ed i grandi santi della cosidetta controriforma. Naturalmente tale riforma nasce dall’interno, dallo sforzo continuo di riprodurre in se “gli stessi sentimenti che furono di Gesù Cristo”. Deve fare i conti perciò con l’opposizione simile a quella che incontrò Geremia, che incontrò Gesù. Soprattutto, e sotto lo sguardo scettico, irridente e irritato di tutti coloro che intendono rimanere inchiodati alle posizioni di comodo conquistate e da cui non ci si vuole staccare. E’ la “Ignavia” di cui parlavo prima, uno dei peccati più gravi dei cristiani e a volte, delle stesse comunità ecclesiali. Come Gesù il vero riformatore non si limita alle parole, può dire, come disse Gesù “Le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo te- stimoniano di me”. (Gv 5, 36) In realtà sono appunto le opere che rendono sempre più irritati i cultori dell’ignavia, i precettori delle rendite di posizione, coloro che vivono in maniera distorta il brocardo citato: “Melior est conditio possidentis”, laddove Gesù sostiene: “Melior est conditio donantis”. A dispetto dei conservatori ad ogni costo, colui che dà vita a nuove opere concrete di carità, è il vero riformatore della Chiesa, perché rende sempre fecondo quest’antico tronco, liberandolo dai parassiti dell’immobilismo e del rachitismo spirituale. A questo punto, non dovrei dire altro: voi che mi ascoltate, eccellentissimi presuli, presbiteri, religiosi e religiose, popolo fedele, avete certamente compreso che questo lungo discorso aveva ed ha un preciso senso: descrivere ciò che in pochi anni questo piccolo, grande prete, di cui celebriamo il 60” di vita sacerdotale, ha saputo compiere qui in Nola, in Italia, nelle Americhe, in India e tra poco in Africa. Il doveroso rispetto della sua umiltà deve cedere il passo all’ammirazione, al ringraziamento, alla sperabile emulazione ed imi- tazione. L’ammirazione e il ringraziamento vanno innanzitutto diretti a Dio, fonte di ogni bene e santità. Torna opportuno osservare che p. Arturo potrebbe rispondere alla domanda che il prof. Enrico Medi poneva ai sacerdoti: “Come fate a vivere dopo aver celebrato la Messa? P. Arturo ha risposto e risponde: “Se io riproduco nel sacramento il Corpo dato e il Sangue versato, ho pensato di riprodurlo nella mia vita e con la mia vita”. Da questa messa, celebrata ormai da 60 anni, è nata la “Piccola Opera della Redenzione”: è una Messa vissuta. Perciò è a Dio che sale la nostra ammirazione e il nostro ringraziamento per quanto Egli ci ha donato in p. Arturo. Particolare riconoscenza va a Maria, la preziosa creatura da Dio associata all’amore redentore del Cristo ed alla perenne vitalità della Chiesa. Da questo colle impreziosito dalla sua presenza consolatrice è partito e ad esso sempre ritorna, come un figlio dalla mamma, p. Arturo nel suo vagabondare d’amore da un continente all’altro: il più recente viaggio si è concluso appena pochi giorni fa! L’emulazione e l’imitazione hanno come oggetto Lui, il Padre di quest’opera gran- de, che venne chiamata per sola umiltà “piccola”. Mi sia concesso, come indegno vescovo di questa diocesi, che ha avuto il dono di annoverare tra i suoi figli p. Arturo D’Onofrio, esprimere un augurio e una speranza: che ci rendiamo degni di tale dono; che il parassita dell’ignavia sia distrutto di mezzo alla nostra comunità ecclesiale, se mai avesse tentato di farvi il nido. Che non si affermi tra noi la comoda, ma condannata e condannabile, posizione di coloro che irridevano e perseguitavano Geremia, irrisero e perseguitarono Gesù. Al contrario, che questa diocesi, che da quasi due anni è in sinodo, si ponga davvero in cammino comunitario, seguendo lo spirito di questo suo grande figlio. Una parola mi consentite ancora, rivolta ai diretti discepoli del Padre, e alle figliole che hanno avuto, accanto al Padre, una Madre piccola e minuta anch’ella, ma grande nell’energia di carità, Madre Anna Vitiello. Anche voi siete un tronco, un tronco che affonda le sue radici nel Vangelo dell’amore e svetta nel tempo della chiesa, rigoglioso e fecondo. Non permettete che le strutture soffochino lo Spirito. Abbiate sempre vivo l’esempio dei vostri fondatori, abbiate il coraggio della fedeltà e del rinnovamento, della continuità e dell’ardimento, della tradizione e della proiezione! Sappiate essere, come Dio, bellezza sempre antica e senipre nuova. Mai la vostra consacrazione al Cristo ed alla Chiesa diventi un’incartapecorita gestione dell’esistente. Il parassita delle posizioni raggiunte e consolidate non si insinui nella corteccia di questo tronco mirabile che Dio stesso, attraverso l’umile e generoso strumento di chi fu all’origine storica della “Piccola Opera”, ha piantato ed ha trasformato da minuscolo granello di senape in albero da rami protesi al di là di monti e di oceani. E perché questo si realizzi, ricordate che tutto nasce sull’altare nella convinta, vissuta e fedele attualizzazione in voi del Corpo dato e Sangue versato, come fu ed è per questa Messa, la medesima che 60 anni fa p. Arturo celebrò la prima volta e che ogni giorno, come oggi celebra con lo stesso Spirito della prima volta. A Cristo, unico ed eterno Sacerdote, noi ci raccomandiamo per le mani e la voce e il cuore del Suo autentico Ministro, il sacerdote p. Arturo. S. E. MONS. Beniamino Depalma “Miei cari, Padre Arturo da lassù continuerà a vegliare sulla sua Opera” Omelia tenuta da sua Eccellenza Mons. Beniamino Depalma Arcivescovo, Vescovo di Nola nelle esequie di P. Arturo D’Onofrio, 5 Novembre 2006 V enerdì mattina, nelle prime ore del mattino è venuto finalmente lo sposo, tanto desiderato e tanto atteso. Venuto il Signore della vita, è venuto e ha trovato il suo discepolo con la lampada accesa e con l’olio. E’ venuto il Signore, l’ha preso e l’ha introdotto nella sala delle nozze, nella sala del banchetto. E’ venuto il Signore e l’ha portato con sé nella Santa Gerusalemme del Cielo, dove non ci sarà più né lutto né pianto ma ci sarà soltanto la gioia eterna. E’ venuto il Signore e da quel momento Padre Arturo vive accanto al suo Dio nelle sue mani, nella pace e nell’immortalità. E quando è entrato nel Regno di Dio, io credo che il Padre l’ha accolto con le parole che ci ha tramandato San Matteo nel capitolo 25: “Vieni benedetto del Padre, vieni per possedere il Regno che ti è stato preparato fin dalla fondazione del mondo, perché ho avuto fame e mi hai dato da mangiare, ho avuto sete e mi hai dato da bere, ero forestiero e mi hai accolto, ero in carcere e sei venuto a visitarmi. Tutte le volte che hai fatto queste cose al più piccolo, l’hai fatto a me.” Miei cari in questo pomeriggio, noi stiamo celebrando l’Eucaristia per dire grazie 34 al Signore, per il dono di questo uomo, di questo sacerdote, per il dono di questa vita riuscita e realizzata, perché una vita fondata sulla roccia. “Chi costruisce su di me, costruisce sulla pietra, anche se vengono le tempeste la costruzione resta in piedi”. Stiamo ringraziando il Signore per il dono di padre Arturo, una grande benedizione di Dio per questa nostra terra, per questa città, per la nostra Chiesa, per il mondo intero. La sua vita è stata una rivelazione del volto di Dio, incontrando lui, la sua umanità, noi abbiamo potuto incontrare la gloria del Signore, abbiamo avuto la sensazione di incontrare il passaggio del nostro Dio, nella sua semplicità c’era il riflesso della bellezza di Dio, nel suo cuore, un cuore grande, abbiamo sperimentato la misericordia e la tenerezza del Padre. La sua presenza in mezzo a noi, è stata un grande segno di speranza che ci ha aiutato tutti ad andare avanti, a guardare avanti. Nella sua persona Dio si è fatto vicino a noi, e noi lo abbiamo visto. La sintesi della vita di Padre Arturo, fratelli e sorelle, è stata quella parola che abbiamo ascoltato, poco fa, nel Vangelo. Padre Arturo un uomo che ha ascoltato, un uomo che ha amato Dio con tutto il cuore, con tutta la vita, con tut- te le forze, e partendo da Dio, soltanto da Dio, ha amato tutti gli uomini con lo stesso amore. Miei cari, padre Arturo un uomo che ha vissuto la sua vita teologale, fondata sulla fede, sulla speranza, sulla carità. Dio era per Lui il principio e la fine, Dio per padre Arturo era l’ambiente vitale nel quale viveva e si muoveva, tutta la sua esistenza si spiega soltanto dal senso profondo di Dio, della sua presenza, della sua vicinanza. Padre Arturo un uomo che ha conosciuto Dio, l’ha conosciuto e ne ha sperimentato la misericordia, l’amore, l’agape e Dio ha messo nel cuore di quest’uomo, di questo giusto, una grande passione, un grande fuoco. L’amore di Dio era infatti in quella vita e quella vita è esplosa, e noi abbiamo sperimentato, i frutti di questa esplosione. Padre Arturo partendo dal contatto con Dio è stato un uomo di speranza. Non si è mai fermato nemmeno di fronte alle più grandi difficoltà, perché la speranza non delude; l’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori, nel suo cuore. La sua speranza, non le certezze umane, non le sicurezze umane, la sua speranza la Parola di Dio, il suo amore, e la sua vicinanza. Padre Arturo a contatto con l’invisibile ha avuto una forza che è riuscita a contagiare uomini e donne vicini e lontani. Tanti hanno sperimentato la grandezza del suo cuore, la creatività della sua fantasia, l’amore sempre contagioso, l’amore sempre inventivo fino alla morte. Padre Arturo, un uomo che ha vissuto con tutto il cuore e le forze come discepolo della Provvidenza. Si è lasciato condurre dalla Provvidenza sempre, dai primi anni del suo ministero fino agli ultimi giorni. La Provvidenza gli ha aperto le strade, la Provvidenza gli ha aperto le frontiere e questo discepolo ha seguito passo passo il cammino che Dio gli indicava giorno per giorno, momento per momento. Padre Arturo non avrebbe mai immaginato di poter realizzare tutte quelle opere ma le ha realizzate perché si è messo sui passi di Dio. Padre Arturo ha avuto un grande dono, il dono della compassione di Gesù Cristo; questa compassione che l’ha portato a sentire il grido e l’invocazione dei poveri, di tanta gente, soprattutto dei bambini e dei giovani. Ha avuto il dono di commuoversi come Gesù Cristo. Ci sono tante pecore senza pastore e Padre Arturo si è messo a servire tutti i poveri, ha cercato tutti i poveri nei vari continenti, perché l’amore di Dio ormai lo dirigeva, poteva dire come San Paolo, “la Carità di Cri- S. E. MONS. Beniamino Depalma sto mi spinge al pensiero che uno è morto per tutti”. La compassione di Padre Arturo che significava tenerezza, amabilità, accoglienza, servizio, solidarietà, condivisione, promozione. Padre Arturo ha amato i poveri e ha promosso i poveri, dando ai ragazzi e ai giovani un futuro e una speranza. In mezzo ai poveri ai ragazzi Padre Arturo si sentiva felice, si sentiva realizzato e tutti hanno sentito il suo calore umano e in quel calore umano c’era il calore di Dio della Trinità Santissima. P. Arturo, fratelli e sorelle, un uomo, che si commuoveva perché ricco di grande vita interiore. Miei cari, se togliamo la spiritualità dalla vita di Padre Arturo, non potremmo spiegarci il miracolo del suo apostolato e della sua attività caritativa. E’ stata la vita interiore, la sua spiritualità, la base dalla quale sono venute fuori tutte quelle ricchezze presenti in tante parti del mondo. Padre Arturo aveva due bussole: l’Eucaristia e la Vergine Maria, queste due bussole lo hanno guidato tutti i giorni e tutti i momenti. Ma non soltanto l’Eucaristia celebrata, tutta la sua esistenza è stata una grande liturgia, la liturgia della vita. Partendo dalla celebrazione del Corpo spezzato e del Sangue versato l’Eucaristia gli dava la forza di andare avanti, di ricominciare sempre da capo nella giovinezza di sempre. Padre Arturo non è mai invecchiato, l’Eucaristia è stata la sua eterna giovinezza. Accanto all’Eucaristia, l’ha sostenuto nel suo cammino, l’immagine della Vergine Maria Consolatrice del Carpinello; presso la Madonna lui trovava il riposo delle sue fatiche, il sollievo delle sue sofferenze, la più grande gratificazione anche di fronte ai fallimenti e ai dispiaceri. La Vergine Maria, la madre, che vegliava sempre sulla sua vita. Miei cari fratelli e sorelle, Padre Arturo è stato consumato non tanto e non soltanto dalla malattia, padre Arturo è stato consumato dalla sua carità pastorale, una vita donata, spesa per tutti e sempre non chiedendo nulla assolutamente nulla, soltanto la gioia di rendere felice la gente. Poteva dire come Gesù, sono venuto per dare la vita e darla in abbondanza. Padre Arturo in questo momento è Lassù accanto al Padre, tutte le sue fatiche ormai sono finite, tutte le sue sofferenze si sono ormai concluse, 36 Padre Arturo è Lassù, presso il suo Dio quel Dio che ha amato con tutto il cuore con tutte le forze. Ma lo Spirito di Padre Arturo continua in mezzo a noi, deve continuare in mezzo a noi, perché quella sua esperienza non sia una esperienza vuota e sciupata. La sua esperienza deve continuare attraverso i suoi figli i Missionari della Divina Redenzione e le Piccole Apostole della Redenzione.. La sua esperienza, deve continuare in questa Città che gli ha dato il natale, e che amava immensamente, la sua esperienza deve continuare anche nelle nostra Chiesa, e in tutte le chiese dove lui ha pellegrinato. E quale è l’esperienza che ci lascia? Due parole soltanto: “il senso di Dio e il senso dell’uomo”. Ma il senso dell’uomo a partire dal senso di Dio, perché se togliamo Dio dall’uomo lo rendiamo povero, molto povero. L’uomo ha bisogno di altro, non soltanto di pane, non soltanto di casa, non soltanto di lavoro, l’uomo ha bisogno di altro, lo diceva Sant’Agostino, “Signore ci hai fatto per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”, Fratelli e sorelle, se vogliamo che Padre Arturo continui in mezzo a noi, il suo messaggio è: “Dio e l’uomo”, da non separare. Non basta Dio soltanto, non basta l’uomo soltanto. Dobbiamo fare sintesi, ce l’ha ricordato il Vangelo di oggi. Miei cari, Padre Arturo da Lassù continuerà a vegliare sulla sua Opera, e noi chiediamo a Padre Arturo che la sua Opera abbia il dono di giovani e di ragazzi pronti come lui a consumarsi per il bene dei fratelli. Che alla Piccola Opera sia dato il dono di numerose e forti vocazioni. Chiediamo a Padre Arturo che vegli su questa sua città; sugli abitanti di Visciano perché imparino da lui come si vive, e come si deve spendere la vita, perché Visciano impari a servire Dio e impari la solidarietà. Chiediamo a Padre Arturo che vegli sulla nostra Chiesa, su questa Chiesa che era la sua Chiesa, sulle Chiese dove sono presenti le sue opere. Che Padre Arturo ci dia un po’ del suo spirito, un po’ della sua esperienza spirituale. Padre Arturo, dopo che hai tanto lavorato, ora ti consegniamo nelle mani della Trinità. Possa tu essere felice per sempre nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito. Padre Arturo aveva due bussole: l’Eucaristia e la Vergine Maria S. E. MONS. Andrea Ruggiero “E un giorno camminarono addirittura le pietre...” S.E. Mons Andrea Ruggiero, già Vescovo di Nola in occassione del 65° anniversario di sacerdozio di Padre Arturo C aro P. Arturo, gli anni purtroppo passano rapidi e ci trasportano quasi senza accorgercene verso la conclusione, che ci farà incontrare col Cristo, sommo ed eterno Sacerdote. Con Lui offriremo in eterno al Padre, nello Spirito Santo, il sacrificio di lode. Sarà questa per noi la Gerusalemme celeste, adorna di gioielli preziosi, come la Sposa pronta per il suo Sposo. Il 12 marzo 2003 ricorrerà il 65° anniversario della tua Ordinazione Sacerdotale. In quel giorno i figli e le figlie, nati dal tuo ardente amore per la Chiesa e per le anime, pregheranno con te e per te sotto lo sguardo materno della Consolatrice del Carpinello. Sarebbe stata per me una grande gioia, come è già avvenuto in questi ultimi anni, starti vicino nella Celebrazione eucaristica per cantare insieme l’inno del cuore al Dio delle misericordie. Purtroppo io ti seguo a ruota nel numero degli anni e della vita e del sacerdozio e sono nella impossibilità fisica di venire a Visciano. Ma se il corpo invecchia, il cuore rimane vivo e memore. S. Paolino nel Carme di addio all’amico Niceta in partenza per la Dacia lontana, così scriveva: “Caritas Christi, bene fusa Caelis cordibus nostris, ita nectit intus, ut nec abiuncto procul auferamus orbe remoti” (C. XVII 289-292). “La carità di Cristo, felicemente infusa dal cielo, ci lega nei nostri cuori in modo che non veniamo distaccati neppure se separati in terre lontane”. E l’amore ricorda vincendo anche le distanze e corre a ritroso nel tempo. Nell’anno 1930/31 io ragazzo, entrai nel 38 seminario di Nola a frequentare la terza classe dell’allora ginnasio inferiore. E tu eri più avanti negli studi, giovane dalle idee chiare e dalla pietà fervorosa. Negli anni successivi ti conobbi meglio negli incontri del Circolo Missionario, che tu animavi sotto la guida prima di Mons. Masucci e poi di Mons. Esposito. E ricordo anche il tuo servizio di infermiere e di prefetto di camerata. Tra le altre caratteristiche della tua prima giovinezza ricordo, come fosse ora, il tuo passo veloce, come quello di uno scoiattolo, lungo le pendici di Cicala e dei Camaldoli. Appena ci era concesso un passeggio più lungo, tu eri pronto a scegliere la meta: i Camaldoli e Visciano. Ed allora noi, meno veloci di te, arrancavamo sulla mulattiera pietrosa e in meno di un’ora eravamo nel silenzio dell’Eremo. E tu eri contento di avercela fatta giungendo il primo. Mentre ti scrivo, oggi ripenso a quei volti sereni dei monaci, che ti conoscevano bene e mi sembra di vedere in essi un segno del cielo per te. Quel sacro monte del silenzio e della preghiera doveva nel cuore di Dio diventare per te la tappa finale di una corsa perenne per il mondo. Dopo qualche anno seppi che tu avevi lasciato Nola per entrare nel Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME), sognando di diventare missionario del Vangelo. Fu invece una tappa, non un punto di arrivo, perché, dissero i superiori, tu non avevi la tempra fisica del Missionario. Quei Superiori non s’accorsero che proprio l’ideale missionario era la volontà di Dio su di te, ma la via da percorrere era un’altra. Ed eccoti studente di Teologia a Tortona presso quel grande Vescovo Melchiori, la cui orma pastorale è ancora ben visibile nell’humus della Diocesi di Nola. E venne poi l’ordinazione sacerdotale a Tortona e i primi libri come quello, sul Maestro, che, ristampato, io ebbi la sorte di presentare qualche anno fa nella LER di Pompei. Ma neppure questa era la tua via, il Signore, ponendoti davanti alcuni esempi di sacerdoti piemontesi come don Bosco, Don Orione e Don Calabria, ti veniva plasmando per altre corse. Poi venne la guerra, la tua forzata presenza a Visciano, nella tua Diocesi di nascita, la tua Opera, piccola per te, ma grande per Dio. Così il Mistero, nascosto per te nel cuore di Cristo, prese contorni precisi e tu fosti Padre di innumerevoli figli e figlie. Proprio come Abramo, a cui Dio donò una discendenza di figli numerosi come le stelle del cielo. Lo Spirito Santo, mandato dal Padre e dal Figlio, si impadronì di te e fece di te un segno. Rileggo a questo punto il bellissimo inno liturgico della Pentecoste: “Veni, creator Spiritus” e trovo in esso una sequela assai ricca di termini liturgici e mistici per indicare l’azione dello Spirito nelle persone a cui il Padre vuol dare una missione da compiere. Te li enumero, ma tu potrai meglio di me controllarli nel testo liturgico: “Vieni, visita, riempi, arricchisci, accendi, infondi, rafforza, respingi il male, dona”. Tutti belli e tutti, presi nel loro insieme, ci danno gli aspetti svariati dell’azione dello Spirito, ma a me sembrano insufficienti a dire quello che avvenne in te. So che tu nella tua umiltà, non accoglierai come giuste le mie osservazioni, ma io vado avanti e non curo la tua… disapprovazione. Mi piace a questo punto, sarà forse una deviazione professionale, fare un riferimento letterario - filologico. Mi rifaccio nientemeno che al Carducci, il quale in una prosa veramente bella dal titolo: “Le risorse di S. Miniato al Tedesco”, ricorda il Comune della Toscana, dove ebbe il primo incarico di docente di retorica. Nel 1883, precisamente 26 anni dopo, ricordando l’anno 1856-57 della sua permanenza ivi, scriveva: “Come strillavano le cicale giù per la china meridiana di San Miniato al Tedesco nel luglio del 1857! Veramente per significare lo strepito delle cicale il Gherardini e il Fanfani scavarono dalla Fabbrica del mondo di Francesco Alunno il verbo frinire. E per una cicala, sola, che canti, amatrice solinga, sta. Ma quando le son tante a cantare tutte insieme, altro che frinire, filologi cari! Come, dunque, strillavano le cicale etc. etc.”. Fin qui la citazione, forse un po’ lunga, del Carducci. Di qui riparto anch’io per dire che è giusto usare quei termini suddetti per l’azione ordinaria dello Spirito Santo, ma quando si tratta di casi particolari come il tuo, mio caro D. Arturo, non bastano. Non basta dire che lo Spirito Santo infonde virtù, bisogna dire che lo spirito “inonda”con la sua carità. E la forza di questa inondazione di grazia ti travolse. Non contenne l’onda d’urto il lago del tuo cuore. L’onda tracimò o meglio ruppe gli argini della tua capacità ricettiva di grazia e cominciarono... i miracoli. Pochi orfanelli, raccolti nella casa paterna di Visciano, poi un gruppo di piccole donne, semplici, (senza cultura), ma capaci di amare i figli non partoriti da loro, poi alcuni giovani, poi preti, poi poveri, poi terre di missione, poi le favelas rigurgitanti di miserie, poi un Santuario svettante nell’azzurro del cielo, poi libri stampati per la elevazione del popolo, poi Piccole Apostole della Redenzione, poi Missionari della Redenzione, poi... poi... poi. E un giorno camminarono addirittura le pietre, mosse dai piedi della carità e divennero tempio della Vergine, la quale in un giorno, pieno di sole, ne prese il possesso scendendo dal cielo e resero Visciano quasi un ombelico del mondo. E tu, caro P. Arturo, stai là a guardare, a pregare, a soffrire. Sì, anche a soffrire, perché senza sofferenze non si donano luce e certezze ai figli e alle figlie. Quando i pellegrini giungono al colle di Maria del Carpinello, vanno in Chiesa a salutare la Mamma, poi si affacciano, discreti e timorosi, alla porta della sacrestia e chiedono: P. Arturo dov’è? E tu arrivi un po’ titubante su quelle gambe che hanno percorso il mondo e porti in mano un vecchio libro di piccole dimensioni, il libro che ricevesti dalla Chiesa quando ti ordinò suddiacono, che non hai lasciato mai e che raccoglie le preghiere più belle del prete e perciò si chiama Breviario. E col Breviario porti anche un’antica, pesante corona dai grossi grani, che si sentono fisicamente scorrere tra le dita intorpidite, mentre le labbra e il cuore dicono: Ave, Maria; Ave, Maria! E ancora porti la mano per donare e per ricevere, i verbi che hai coniugato per tanti anni, per ricevere senza chiedere e donare senza esserne richiesto. Vengo anch’io, oggi, 12 marzo 2003, per vederti e baciarti la mano. E dico: Grazie, o Dio, perché hai lasciato ancora tra noi quest’uomo e lo lascerai ancora per tanti anni! E’ l’augurio orante del tuo fratello Andrea. S.E. MONS. BRUNO SCHETTINO 40 “Si può dire che in lui la parola diventa carne, storia, popoli, poveri...” S.E. Mons. Bruno Schettino P arlare di Padre Arturo non è difficile né si ha la necessità di sforzarsi per ricordare memorie antiche. La sua bontà di cuore, quella sapienza che viene dall’essere in comunicazione col Signore, lo hanno reso sempre desto nell’attenzione di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo. Il tempo può anche invecchiare il corpo, ma affina lo spirito. Tutto quello che in gioventù poteva sembrare essenziale e di valida importanza, col passare del tempo, viene posto ai margini. Penso, senza ombra di sbagliarmi, che potrò vantarmi, insieme a tanti altri, di aver visto e conosciuto un santo. Questa asserzione non è autoritaria, ma parte da un fattore di esperienza e di conoscenza della bontà di Padre Arturo. La sua figura attraversa un arco di tempo molto lungo, con tutte le vicissitudini, i passaggi epocali e le varie transizioni. Certo che è passato del tempo da quando ha raccolto il primo orfanello, accogliendolo a casa e liberandolo dalla paura della guerra. Possiamo chiederci se avesse avuto un progetto pastorale a quei tempi a sfondo caritativo. Sicuramente no. Il Signore fa intravedere il bene da realizzare, lentamente dipana la trama degli avvenimenti attraverso le cosiddette cause seconde. C’è sempre la sofferenza di squarciare la cortina del dubbio, dei pregiudizi e guardare oltre, nel tempo futuro. Si intravede come un punto luminoso, ma distante nel tunnel della vita. C’è un’ansia nel cuore, quell’ansia missionaria che lo ha sempre distinto. Non poter partire, cercare di capire di più e meglio. Intravedere, ma non essere sicuri ancora della volontà di Dio. Con il passare del tempo tutte le tessere del mosaico si ricompongono in una grande unità armonica, in cui si esprime la compiutezza, l’euritmia, la bellezza che determina profondo e valido stupore. Dapprima no. Ma il Signore che conduce per mano ti parla attraverso il linguaggio dei fatti particolari, che hanno lo spessore di squarciare il chiaroscuro degli avvenimenti: rimane ancora di lui la nobile esperienza di accoglienza. Certo, oggi i bambini non sono posti più in un orfanotrofio. Sono pochi e la legislazione vigente lo proibisce, per privilegiare le case famiglia. Rimane la grande intuizione della Carità che non è ideologica, ma esperienziale, creativa perché fatta in nome di Dio e della Chiesa. Questa intuizione, questa proposta che diventa educativa e posta nel contesto di una società che allora attraversava i profondi turbamenti della seconda guerra mondiale con tutto il cumulo di sconfitte umane, morali e sociali. C’era l’aria di risveglio e la voglia di ricostruzione fisica e morale, ma sicuramente si era pionieri in questo esercizio. La Chiesa negli anni ‘90 come progetto pastorale ha parlato degli Orientamenti Evangelizzazione e Testimonianza della Carità. Questo progetto nelle tante modalità concrete già era stato anticipato da Padre Arturo. “Accogliere il povero, il malato, lo straniero, il carcerato è infatti fargli spazio nel proprio tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie, nella propria città e nelle proprie leggi. La carità è molto più impegnativa di una beneficenza occasionale: la prima coinvolge e crea un legame, la seconda si accontenta di un gesto. Sempre seguendo l’esempio di Gesù, il Vangelo della carità ci stimola non solo alle opere di misericordia corporale, per soccorrere le povertà materiali dei nostri fratelli, ma anche alle opere di misericordia spirituale, per rispondere alle povertà umane più profonde e radicali, che toccano lo spirito dell’uomo e il suo assoluto bisogno di salvezza e che oggi, in un paese come il nostro, sono anche socialmente le più diffuse e non di rado le più gravi (Evangelizzazione e Testimonianza della carità n.39). La fecondità delle opere, l’entusiasmo giovanile hanno sempre validamente, accompagnato questa attività. E’ da aggiungere che questa attività è caratteristica di una Chiesa che cercava di formulare risposte alle necessità del dopoguerra. Risente del clima tante volte pionieristico non avendo una consolidata cultura di solidarietà. Risente del clima di assistenzialismo, anche se questo è visto in una visione profondamente cristiana di amore gratuito, libero, formativo di una coscienza etica. Piuttosto è da rivedere il tutto alla luce della svolta antropologica determinata dal Concilio Vaticano II, per cui l’affezione al soggetto umano, alla sua storia diventa il criterio di un dialogo aperto alla fede nel Mistero, oltre che della Croce e della Resurrezione, ma anche di più del Mistero dell’Incarnazione, per cui vi è il recupero dell’umano e di tutta la sfera della storia salvata dall’amore gratuito di Cristo Gesù. Padre Arturo, nella sua visione globale storico-religiosa ha anticipato gli sviluppi successivi di una storia ricolma di tante verità sull’uomo. Vale la pena ricordare il proemio della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. Perciò essa si sente realmente ed intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia (GS n.1). In questa prospettiva Padre Arturo è un antesignano di questa cultura sociale e religiosa perché legge nel suo tempo quella che sarà la visione di una Chiesa non più piegata nel suo interno, su se stessa ma proiettata verso nuovi e più promettenti approdi nello spirito di una profonda carità solidale. “La solidarietà non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale inte- La sua non realizzata vocazione di missionario si è realizzata nelle tante missioni all’estero in cui l’evangelizzazione passa attraverso la testimonianza della carità. Si può dire che in lui la parola diventa carne, storia, popoli, poveri. L’ansia missionaria la concretizza con lo sguardo, il cuore, la passione per gli altri, i lontani. Cristo è risposta concreta e vera e questa risposta è annunciata con una modalità missionaria e caritativa. Ancora, oggi, le opere rivelano una vigorosa vitalità che rendono testimonianza di amore al suo fondatore. L’albero rigoglioso posto nel terreno fecondo ha dato frutti di bene sperati. Inoltre desidero ricordare con questo mio scritto, l’amore alla Vergine Santa nobile esempio di fedeltà e di amore al Signore. Non è pura e semplice devozione, ma è un principio che è radicato nell’esperienza del valore trinitario della fede, sul fondamento cristologico ed ecclesiologico. Forse con il popolo, aduso alla pietà popolare, Padre Arturo è sembrato usare toni dimessi e devozionali, per essere più accessibile e parlare al loro cuore, ma la sua devozione mariana forte, sentita, teologicamente motivata è stata sempre di grande spessore. Il Santuario con le opere annesse, con la devozione alla Madonna sotto il titolo di Consolatrice del Carpinello è la prova tangibile. I pellegrini oranti di Visciano e i tanti devoti vengono spesso al Tempio per pregare, implorare grazie, intercedere per i tanti sconfitti della storia. Padre Arturo sempre pronto ad accogliere, a pregare con loro, ad infervorarli con la sua voce, anche stridula ma ricolma di tanta ricca passione spirituale mariana. Le occasioni sono state sempre tante, dettate dalla inventiva e dalla paternità spirituale di Padre Arturo. Maria sicuramente è stata e rimane l’astro che ha guidato la sua vita, il suo apostolato, la sua fervida ricca carità di cui è stato mirabile testimone. Certo, averlo incontrato, è stata una grande grazia. Il suo fervore contagiava, la sua parola ti guidava, rischiarando le tenebre e il cammino di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Negli anni in cui ho svolto il mio apostolato parrocchiale alla Chiesa del Carmine in Nola, ho avuto tante occasioni per vederlo ed incontrarlo. Sempre parole di valido incoraggiamento di guida, di sostegno. Avrebbe desiderato che io fossi andato ad aiutarlo nella fondazione della missione in Guatemala. Mi chiamò per telefono e me lo chiese. Sinceramente sarei partito per questo scopo, ma c’era in atto la riparazione della Chiesa Parrocchiale del Carmine e vi era la grossa difficoltà della malattia mortale di mia sorella. Dovetti dire, con dispiacere che non era possibile. Pregai perché quella santa intenzione di Padre Arturo potesse andare avanti per altre strade. Aveva piacere quando i giovani del Carmine andavano a celebrazioni o anche a far visita alle opere di carità. Era sempre così attento ad incontrarli e a porgere loro l’invito a diventare sacerdoti per aiutare l’Opera e quindi anche le situazioni marginali della storia delle povertà. E’ inconcepibile pensare alla storia religiosa della Diocesi di Nola e non rifarsi ai personaggi che hanno giustamente incarnato lo spirito del popolo e la sua storia. Ancora oggi egli richiama il senso profondo dell’essere chiesa incarnata nel contesto di una realtà viva che continua e determina il futuro come grande passione di Dio per il suo popolo e grande risposta dell’uomo al suo Dio. “Quello che costa poco vale poco, quello che costa molto vale molto, quello che costa niente non vale niente” 42 Padre Arturo “Che sia la strada di Dio, lo dicono le Opere” S.E. Mons. Raffaele Maccario, Vescovo di Albano Laziale (RM) L a Piccola Opera della redenzione, con animo grato a Dio, ricorda i venticinque anni di Sacerdozio del proprio padre Fondatore il Padre Arturo. Essa è in grado di dire, più di ogni altro, quanto questi anni siano stati benedetti da Dio, e perciò fecondi di opere sante! A me torna gradito, dare testimoninaza dei primi anni della vita sacerdotale di Padre Arturo, perché sono, forse, l’unico a poterlo fare. Egli fu consacrato sacerdote il 12 marzo 1938 nel Seminario di Stazzano (Al) per mano di S.E. Mons. Egisto Melchiori, già Vescovo di Nola, ed io gli fui accanto in quell’ora solenne perché allora io ero Segretario e Cerimoniere del comune nostro Padre nel sacerdozio. Visse, poi, con me lassù gli anni duri della guerra e la nostra fu comunione di vita: stesso tetto, stessa mensa, stesso regolamento, perché entrambi Oblati Diocesani di Tortona. Sin dall’ordinazione si presentò come un sacerdote di vita interiore, di intelligenza capace di impegni nei più vari settori di apostolato, di dedizione completa spinta al di là delle stesse forze fisiche. Con la nostalgia mai sopita della prima vocazione, la missionaria, alla quale dovette rinunciare per motivi di salute, anelava sempre ad un campo più vasto di attività. E perché no anche con un pizzico di nostalgia per la terra natia (oh il ricco sentire dei meridionali!...), i suoi aneliti erano rivolti alla sua terra che Egli riteneva più bisognosa di soccorso, che non quella del nord. Il Signore, che pare faccia attendere... quando noi poveri uomini bruciamo dal desiderio di far presto, gli aprì infine nel 1943 la strada sognata, ed è quella che ora percorre. Che sia la strada di Dio, lo dicono le Opere, e lo dice quel consenso ottenuto di lasciare la Diocesi di Tortona, dopo non pochi dinieghi e prove a cui fu sottoposto da quel venerato Arcivescovo Mons. Melchiori L’augurio, che con cuore fraterno formulo per il caro Festeggiato in questa fausta ricorrenza! che Egli perfezioni sempre più la sua “oblazione” alla volontà di Dio, affinché il Signore sia libero di attuare in Lui il piano del suo amore infinito e di Lui si serva come di uno strumento completamente disponibile per la sua gloria. S.E. MONS. RAFFAELE MACARIO S.E. MONS. BRUNO SCHETTINO nerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo responsabili di tutti” (Sollecitudo rei socialis n.38). Dal suo profondo amore, sempre coltivato e profondamente espresso a Cristo Signore e alla Chiesa è scaturita la sua grande passione missionaria. “Andate e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mt.-16,15). S.E. Mons. Cristoforo Domenico Carullo, Arcivescovo Metropolita di Conza E’ veramente grande, nobile e santa la Piccola Opera della Redenzione, creata a favore dei fanciulli orfani, bisognosi ed abbandonati, da don Arturo D’Onofrio, provvidenziale apostolo di quella carità cristiana di cui tanto bisogno sente oggi il mondo torturato, dilaniato anzi da una tremenda bufera di egoismo e di odio. Sarebbe veramente un grave errore dimenticare che quelli che più sentono le spaventose conseguenze di tale bufera sono i fanciulli, che don Arturo accoglie con tanto fervore di carità, facendo loro trovare assieme a una adeguata sana istruzione, un’assistenza educativa, religiosa, morale in tutto corrispondente all’esigenza dei tempi. A tutti coloro che quindi cooperano con l’obolo ma soprattutto con la preghiera allo sviluppo di così bella benefica opera, non può mancare l’abbondanza di grazie e di benedizioni. Augurandomi di tutto cuore che il più lieto successo coroni la fatica e i sacrifici del carissimo don Arturo e plaudendo, ammirato e commosso, all’Opera medesima, la benedico affettuosamente, paternamente. 44 “E’ tutto Opera di Dio, io non ho fatto nulla” Padre Arturo “Non gli poteva bastare né una Parrocchia né una diocesi...” S. E. Mons. Aldo Del Monte, Vescovo di Novara I n un’occasione come questa, tanto ricca di grazia e di dinamicità, non posso dispensami dall’inviarle l’attestato della mia più viva partecipazione per il 40° di Messa di P. Arturo. Siamo stati intimi amici, abbiamo lavorato per alcuni anni insieme, presi dagli stessi ideali e intensamente consacrati alle medesime mete pastorali. Poi lo Spirito del Signore gli ha fatto prendere un’altra strada e di lì è nato l’albero ubertoso di opere e di frutti che voi ben conoscete e che la Chiesa benedice per la sua fecondità. Ma fin dal primo momento del distacco, fu per me molto facile presagire il futuro. Bastava leggere nell’interiorità di P. Arturo ed ivi si trovavano già in modo esplicito tutti i germi della Piccola Opera della Redenzione. Non gli poteva bastare né una Parrocchia né una diocesi, anche delle dimensioni di Nola o di Tortona; la sua carità aveva un altro appuntamento come i fatti hanno dimostrato. Per questo, con animo riconoscente al Signore, non posso rinunciare di essere spiritualmente con voi nel festeggiare questo anniversario. Mi sembra un modo di celebrare la misteriosa presenza dello Spirito nella Chiesa. Attraverso le persone che il suo Amore sceglie, Egli le va abbellendo, accrescendo e rinnovando in conformità all’ampiezza arcana dei suoi disegni. Collocarci in questo gioco di carità significa metterci nella spirale dell’opera creativa del Signore nella storia di oggi. Sono con tutti voi ed abbraccio fraternamente P. Arturo, camminando con voi, nella gioia, verso la casa del Signore. S. E. Mons. Aldo Del Monte S.E. Mons. CRISTOFORO DOMENICO CARULLO “È veramente grande, nobile e santa la Piccola Opera ...” MONS ANIELLO MARANO parroco di S. Francesco di Paola a Scafati “Scherzi della Divina Provvidenza!” P adre Arturo D’0nofrio? Chi non lo conosce? Ormai sono tanti, vicini e lontani, quelli che direttamente o per sentito dire, ne hanno avuto conoscenza. Dire di lui non è facile. pari ad affrontare le fatiche della vita missionaria. Certo egli è sulle orme dei grandi fondatori religiosi moderni: S. Giovanni Bosco, S. Giuseppe Cottolengo, il Beato Luigi Orione, S. Giovanni Calabria sono i suoi modelli. Egli è oggi il Fondatore dei Missionari e delle Piccole Apostole della Divina Redenzione, con case ormai sparse ovunque in Italia, in Colombia, in Guatemala, con centinaia di sacerdoti e suore, con i suoi venticinque viaggi a ritmo di due all’anno, nell’America Latina, con la visione nel cuore e negli occhi dell’India misteriosa, dove ha già fatto il suo primo viaggio, e di altri paesi latino americani, dove lo richiama la miseria e l’abbandono di tanti piccoli innocenti. Nelle sue opere rivive, in chiave e note meridionali, la vita, il santo attivismo, lo spirito d’amore verso Dio, il prossimo, i fanciulli abbandonati, i poveri, gli emarginati di ogni luogo o razza, le anime in generale, lo spirito di questi santi moderni, alla cui scuola è cresciuto e si è formato, avendo fatto i suoi studi teologici a Tortona oltre che presso il Pontificio Istituto per le Missioni Estere a Milano, dopo aver lasciato il Seminario di Nola per seguire la sua vocazione missionaria. Non a caso è vissuto a Tortona dove ha potuto conoscere personalmente don Luigi Orione, nella Diocesi retta da Mons. Egisto Domenico Melchiori, già Vescovo di Nola. La mia conoscenza di lui risale al 1938, quando piccolo seminarista a Nola, nel marzo di quello stesso anno, il Rettore Mons. Lorenzo Gargiulo, ce lo presenta novello sacerdote che, partito dal Seminario per essere missionario, è tornato a Visciano per la sua prima Messa. Il tono del Rettore è come sempre grave ma come non sempre laudativo nei riguardi del novello sacerdote, presentato a noi come esempio di perseveranza nella vocazione missionaria, anche se egli è stato giudicato non idoneo per le missioni, perché di gracile costituzione fisica ed im- 46 Scherzi della Divina Provvidenza! Come sempre, “la pietra rigettata dai costruttori è diventata testata d’angolo”. Tutto sembra fortuito nella sua vita, ma tutto è segnato nel libro di Dio a caratteri d’oro. “Gli uomini si agitano ma è Dio che li conduce”. Questa espressione di Fènelon apre il capitolo su Visciano del Numero speciale del primo decennio dell’Opera nel 1953: è fortuita la linea gotica che impedisce a Padre Arturo il ritorno al nord nel 1943, per cui nella sua casa patema di Visciano comincia a raccogliere bambini che la bufera della guerra ha lasciato abbandonati sulle strade dei nostri paesi. Non può abbandonarsi all’inerzia un apostolo, di fronte alla miseria del fratelli. Ed ecco la prima aula per i ricoverati, a destra del portone d’ingresso della Casa D’Onofrio, ecco la cucina con le suppellettili, le prime minestre per gli orfani e i derelitti: la cucina d’inverno e l’androne d’estate sono il primo refettorio. Al primo piano poi vi è una camerata, due stanze intercomuni- canti, dove dormono i primi orfani, vegliati da un cuore che li ama e da un grande crocifisso che pende dalle pareti. La mia prima esperienza di collaborazione con P. Arturo risale all’estate del 1944. Terminato il liceo, in attesa di iniziare il corso teologico, vado qualche settimana a Visciano, dove tornerò puntualmente ogni estate e donde riparto puntualmente ogni anno con la febbre. E’ colpa dell’acqua? Si beve infatti acqua di pozzo. Poi verrà altra acqua, quasi miracolosamente! L’Opera, ormai marcia a pieno ritmo verso i suoi cinquanta anni. Le origini sono affidate alla storia e sono scritte a lettere d’oro nel libro di Dio. Qualcuno mi ha chiesto: “Perché P. Arturo ha scelto la Colombia e il Guatemala per l’estensione della sua opera missionaria? Quale criterio lo ha ispirato?” “Certamente l’ispirazione è venuta da Dio”. Per il Guatemala è stato il terremoto del 1980. Per la Colombia, non altro che la mappa della miseria e dell’abbandono di tanta infanzia, oltre che il richiamo di qualche amico vescovo o sacerdote. E’ sempre il filo d’oro di Dio che lo conduce. “Padre Arturo e il suo amore per i sacerdoti” I cinquant’anni di sacerdozio di un confratello sono una meta desiderata a cui il tempo sospinge inesorabilmente e fa vedere sullo sfondo di una vocazione, vissuta in generosità e dedizione, alberi carichi di frutti. Che dire dei cinquant’anni di sacerdozio di un uomo della statura di Padre Arturo. Certo gli uomini, nello spirito non possono essere quantificati ma sono commensurabili solo nella luce di Dio e dell’eternità. Padre Arturo è stato per mezzo secolo, e continua ad essere un faro luminoso, un punto di riferimento, un incitamento un sacerdote esemplare non solo del clero diocesano e religioso ma di quanti hanno avuto la fortuna di avvicinarlo, di frequentarlo, nei suoi fittissimi rapporti. I sacerdoti si sono sentiti amici di lui, perché a tutti egli ha dato e sa dare la sua stima, la sua amicizia quasi esclusiva, di modo che nessuno si senta escluso e non apprezzato. In questa angolatura che mi piace vedere P Arturo, sacerdote di Cristo, amico di tutti i sacerdoti, che , nella stima e nella considerazione altissima che egli ha del suo sacerdozio, da a tutti il suo affetto e il suo amore, ai vicini e ai lontani. Tra le vicende di una vocazione missionaria non riconosciuta per la sua malferma salute, egli I primi insegnanti del seminario di Domicella, il primo da lui fondato sono i parroci e i sacerdoti del Vallo di Lauro. Egli retribuisce tutti con la sua presenza moltiplicata e costante nelle loro comunità, nel servizio della parola e di qualunque iniziativa apostolica. S’intrecciano amicizie ed aiuti reciproci, dialoghi, e progetti iniziative ed entusiasmi per l’avvento del regno di Dio e la salvezza delle anime. S’incominciano le tournèes sacerdotali ed i pellegrinaggi con mezzi fortunosi d’allora. P. Arturo è al centro di attività e uscite con i sacerdoti: meridionali intrecciano amicizie con quelli del nord: Tortona, Padova, Milano, il Veneto, la Pianura Padana diventano familiari e conosciute ai sacerdoti nolani, come a Padre Arturo. Incominciano i pellegrinaggi di Lourdes, prima con una , due vetture, poi con i treni speciali, dove i sacerdoti sono gli animatori e gli accompagnatori dei pellegrini. Incominciano i viaggi estivi dei sacerdoti in cerca di fraternità, di serenità, di esperienze pastorali: conosciamo così le missioni cattoliche per gli italiani all’estero, in Francia, in Germania, in Svizzera, nel Belgio, nel Lussemburgo. Con la Piccola Opera si va in Yugoslavia, in Grecia, In Austria. I santuari Mariani insegnano tappe di conoscenza e di amore delle glorie di Maria ed i cuori sacerdotali si aprono, si fondono, pregano, ritornano ritemprati per il lavoro pastorale. Mons. Binni e Mons Sperandeo ci accompagnano, si fanno fratelli con i fratelli, lasciano anch’essi da parte per un po’ di tempo le cure e le preoccupazioni del governo pastorale. E’ nato anche il “cenacolo sacerdotale”, che riunisce mensilmente i sacerdoti nell’eremo dei Camaldoli, per pregare, scaricarsi di tensioni, amarezze, incomprensioni. Il vescovo sa, si interessa discretamente, lascia fare , perché è sicuro di quel sacerdote. Alcuni prudenti brontolano, e temono. Ci sono animatori tra i sacerdoti, che a nome di padre Arturo, girano, ricordano gli impegni, invitano, organizzano. Padre Arturo anima, incoraggia, sta in un angolo, ma è sempre il regista. Frattanto crescono le sue case, anche di formazione di giovani leve, di chierici missionari della Divina redenzione, in Italia e all’estero, ma non passa occasione perché i suoi amici sacerdoti non siano presenti, invitati a predicare, aiutare, sentirsi collaboratori “esterni” di un Opera che è di Dio. Pagine inedite sono e saranno quelle dell’aiuto dato ai sacerdoti in difficoltà. I vescovi si sono sempre affidati a lui, per cui nessun sacerdote è rimasto abbandonato ed in balia di se stesso. Qualche viaggio lampo anche all’estero, visite anche notturne, preghiere ininterrotte e rosari innumerevoli, sono testimoni della sua ansia apostolica alla ricerca delle anime sacerdotali e dei pastori in pericolo. Che dire poi della sua passione per i sacerdoti e i chierici della sua congregazione, a cui trasmette il suo stile, il suo ardore, le sue aspirazioni. I suoi sacrifici sostenuti, le penitenze, sono espressioni autentiche di un cuore che ama chi è sacerdote di Cristo come lui, e a cui vuole trasfondere tutto se stesso. Quante lacrime nascoste! Sono giardini fioriti, sono schiere di apostoli generosi che vanno per il loro mondo, nel suo nome. È il suo, un amore contagioso e noi gli auguriamo che ancora “vivat, crescat, floreat, ad multos annos”. “Mi sembra ancora di sentire l’eco della coroncina della Provvidenza” E ro ancora seminarista di V ginnasio quando conobbi la prima volta Padre Arturo da vicino. Fu in una circostanza particolare, mio nonno era ammalato e P. Arturo venne a fargli visita durante le feste pasquali. L’incontro più lungo lo ebbi in (occasione del Novenario di S. Clemente Papa, protettore di Casamarciano (Na), predicato da Padre Arturo. Fu allora che conobbi la sua bontà di animo, il suo fascino di uomo di Dio. Fu proprio in questa occasione che Padre Arturo mi invitò a pregare per una sua intenzione particolare. Questa la scoprimmo appena qualche mese più tardi: Natale 1943, i miei parenti di Visciano mi dissero che Padre Arturo aveva ospitato nella sua casa paterna fanciulli orfani. Durante le mie vacanze in famiglia mi recavo spesso a Visciano per aiutare nelle mie possibilità la”Piccola Opera” nascente. la meditazione e la preghiera in comune. Ricordo tra questi il carissimo don Mario Fabbrocini, sempre intelligente e volenteroso; egli essendo più grandicello aveva il compito di assistere e guidare i bambini, lo faceva con tanta cura e buona volontà anche se aveva molto da studiare (lungo le passeggiate era ansioso di ripetere la sintassi latina). Facevamo la raccolta delle nocciuole, assegnavamo compiti ai bambini, si preparavano indirizzi di benefattori, ma soprattutto si pregava nella piccola Cappella allestita al piano superiore della casa paterna di Padre Arturo. Mi sembra ancora di sentire l’eco della coroncina della Provvidenza. Padre Arturo aveva fin da allora una certa predilezione per i piccoli, in modo particolare per quelli più pii che desideravano divenire sacerdoti. Li chiamava spesso a parte per La “Piccola Opera” è divenuta grande, le vocazioni crescono e si sviluppano per il bene della Chiesa. Vorrei rivolgere una esortazione ai giovani: siate riconoscenti a Padre Arturo ed assecondate i suoi desideri, sono gli stessi di Gesù. Siate suoi solerti imitatori. A Padre Arturo formulo l’augurio di poter ancora per molti anni continuare il suo zelo apostolico. Mi permetto di chiedergli una preghiera: ci ricordi nella santa Messa. “Ad multos annos”! Le vacanze volavano e bisognava ritornare al Seminario Regionale di Salerno. Padre Arturo si manteneva in contatto epistolare con me e venne anche nel nostro Seminario: per tutti era una festa sentirlo. Sono 40 anni che Padre Arturo è sacerdote, vissuto per i più piccoli, emarginati dalla società guidato da una stella: la Madonna del Carpinello. La sua messa mi sembra sempre come allora. DON FRANCESCO IOVINO Parroco di S. Erasmo Saviano (Na) MONS. ANIELLO MARANO parroco di S. Francesco di Paola a Scafati 48 alunno del seminario, nolano prima e del PIME poi, si ritrova a Nola dopo Milano e Tortona, a dover esercitare il suo ministero sacerdotale, chiamato dallo spirito di Dio, in circostanze che sembrerebbero fortuite ed occasionali, ma sono espressione della volontà Divina che si manifesta ed opera con lui ed in lui, facendolo diventare Padre non solo di tanti orfani ma di missionari e sacerdoti, che sulla sua orientano la propria vocazione, il proprio sacerdozio e la propria vita. A quanti sacerdoti e seminaristi egli si è rivolto per chiedere aiuto all’inizio della sua opera e a quanti egli dona sorrisi, consigli, incitamenti e soprattutto l’esempio della sua vita; nessuno sa dirgli no o rifiutargli qualche cosa. Sono sacerdoti, vescovi e cardinali, giovani che sognano una vita dedicata a Cristo: tutti l’ascoltano, l’ammirano, l’aiutano anche se non mancano quelli che lo considerano un sognatore. Tanti gli danno una mano, un po’ del loro tempo, nell’assistere i ragazzi, nel confessare, nel dirigere i primi ricoverati e le prime case. DON MARCO ACIERNO parroco di Polvica di Nola “L’uomo giusto al momento giusto...” S e, nel lontano 1945, all’indomani della seconda guerra mondiale, a qualcuno fosse venuta in mente l’idea di azzardare un bilancio, sia pure sommario, dei guasti materiali causati dall’orrendo conflitto, la cosa sarebbe riuscita umanamente impossibile. Più ancora restava impossibile valutare l’entità dei danni morali arrecati quasi all’intera umanità dall’egoismo cieco di pochi uomini folli, avidi del potere assoluto. Per fortuna la Divina Provvidenza all’appuntamento con la Storia non fa mai mancare uomini giusti al momento giusto in tutti i settori. Proprio sotto la guida illuminata di queste anime elette, veri profeti della moderna civiltà ebbe inizio la difficile opera della ricostruzione di una società ridotta ormai allo sfacelo. In questo periodo incerto e burrascoso, anche il napoletano ebbe il suo Apostolo, il suo Profeta, che per la malferma salute aveva dovuto rinunziare al progetto, tanto accarezzato, di partire come missionario del Vangelo in terre lontane: da Dio veniva prescelto adesso per un’opera ancora più difficile ed impegnativa. Dotato di chiaroveggenza, seppe andare al di là delle case distrutte e dei ponti saltati e, da vero uomo di Dio, si accorse che sotto la povertà e la miseria della nostra gente si nascondeva un urgente bisogno di fraterna carità. Spinto da un irrefrenabile amore verso i fratelli più bisognosi, incominciò a raccogliere sotto il tetto della sua casa paterna i primi fanciulli abbandonati ed orfani vittime innocenti della guerra fratricida. Raccolti nella tempesta queste schiere di 50 “Preghiamo figlioli, pregiamo!” Padre Arturo bimbi indifesi furono salvati dalla barbarie di una società, che ad essi, negli anni più delicati della vita aveva saputo offrire soltanto amarezze e dolori. E non fu tanto il pezzo di pane, procurato tra mille difficoltà o il tetto sicuro offerto con amore, quanto il calore umano di un affetto più che paterno a suscitare in tutti sentimenti di filiale riconoscenza verso l’infaticabile Apostolo. Furono essi, per primi, a chiamarlo padre, e tale resterà per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo, di ascoltarlo e di vederlo passare all’azione. 0ggi Padre Arturo D’Onofrio è conosciuto non solo nel Napoletano, in Italia buona parte dell’Europa ma anche oltre oceano, perché la carità di Cristo lo ha spinto nell’America Latina, nelle zone più povere del mondo. Varie volte aveva sentito parlare di una gravissima piaga sociale, forse la più vergognosa della storia contemporanea: i famosi “gamines” della Colombia, i figli di nessuno che vagano per le strade sotto lo sguardo indifferente del popolo benestante, incurati, disprezzati, che vivono nella miseria, la più squallida inventando mille stratagemmi per sopravvivere. Di fronte ad uno spettacolo di povertà così straziante Padre Arturo come Cristo ebbe compassione per questa turba di piccole anime afflitte e decise di partire. Si realizzava così nella sua vita l’antico sogno tanto vagheggiato. Oggi anche in quella lontana terra di missione, gli Istituti che accolgono questi bambini, tra i più emarginati si sono moltiplicati con ritmo vertiginoso, tra difficoltà gravissime e sono la testimonianza più bella dell’opera altamente sociale dell’apostolo instancabile. Ogni volta che penso a lui, e lo faccio spesso, sento un rimprovero per la mia vita sonnacchiosa e, a volte, poco impegnata. A me è piaciuto sempre immaginarlo come un solerte ed abile agricoltore continuamente attaccato all’aratro, scava solchi sempre nuovi, anche in terreni aridi e sassosi, con una vitalità sorprendente. L’unica cosa che costituisce motivo di grande preoccupazione è il fatto che alla sua opera vigorosa spesso mancano altre braccia altrettanto vigorose, sufficienti ad aprire i solchi da lui tracciati e seminati. Molti è vero, gli hanno dato una mano, quasi mai però si son lasciati prendere dallo stesso suo entusiasmo e dalla medesima fede. Veramente è stato così difficile tenergli il passo, anche fisicamente parlando. Di salute non certo prosperosa riesce a mantenersi in piedi abbastanza bene e ha la capacità unica nel suo genere di non stancarsi mai. Nel suo stile di vita c’ è tanto di don Bosco e di don Orione soprattutto, ma egli non è né l’uno né l’altro, egli è Padre Arturo, con una sua fisionomia tutta propria, con una spiritualità molto personale. Visciano, il piccolo, quasi sperduto, ma sempre pittoresco paese che l’ha generato, oggi è fiero di avere un figlio che ha reso celebre il suo nome nel mondo insieme alla devozione della carissima Madonna del Carpinello. La Piccola Opera della Redenzione, da lui fondata, oggi è diventata un albero gigantesco proprio come il famoso carpine, all’ombra del quale è nata e si è sviluppata; anche i “gamines” della Colombia come tanti passerotti impauriti bisognosi di cibo, di vestito, di casa e di tutto, finalmente hanno trovato un sicuro rifugio all’ ombra di quest’albero provvidenziale. Nel pomeriggio di Natale di alcuni anni fa Padre Arturo mi chiese di accompagnarlo nel carcere di S. Maria Capua Vetere per rendere una visita ad un vecchio ergastolano, suo conoscente. Io non dimenticherò mai quell’incontro tra il vecchio galeotto ed il padre buono. Le parole non mi consentono di tradurre bene il fremito di gioia e di commozione che investì l’anziano carcerato, tanto provato dalla sventura. Padre Arturo, ancora una volta era stato capace di riaccendere la speranza umana nel cuore del fratello sofferente. Quella volta ho capito il vero significato evangelico dell’ “ero carcerato e sei venuto a visitarmi”, come altre volte, in circostanze diverse, sempre guardando Padre Arturo, ho compreso l’ “ebbi fame e mi desti da mangiare”. PROF. DON ANTONIO ESPOSITO da Marigliano 52 “Digitus Dei est hic” M i si è chiesto un fllash, un pensiero, un ricordo, con particolare riferimento alla mia esperienza colombiana, quale mio modesto contributo alla celebrazione dei quarant’anni di sacerdozio di Padre Arturo. Lo faccio ben volentieri non solo per i vincoli di sincera amicizia e di cordiale collaborazione che mi legano alla Piccola Opera della Redenzione e al suo Fondatore, ma anche per una doverosa testimonianza alla verità, perché quando si è avuta la fortuna di incontrare un santo si ha il dovere di non nascondere la fiaccola sotto il moggio, ma di porla sul candelabro, perché faccia luce anche ad altri. C’è comunque l’imbarazzo della scelta, perché tantissimi sono i ricordi ancor vivi e le impressioni ancora fresche del mio viaggio in Colombia e tanti gli aspetti della figura e dell’opera di P. Arturo che meriterebbero di essere sottolineati. Mi sembra tuttavia che uno sia senza dubbio preminente e colga un fondamentale motivo ispiratore della sua vita, della sua spiritualità, della sua azione: Padre Arturo, uomo della Provvidenza, lo so che questa forse è una frase piuttosto squalificata per l’uso e l’abuso che se n’è fatto, lo so che in un certo senso ogni uomo è uomo della Provvidenza perché ognuno è oggetto dell’amore di Dio, su ognuno la Provvidenza ha un suo disegno. Ma è fuor di dubbio che ad alcuni uomini in particolare quella definizione conviene in un senso più proprio e più pieno. Di questi è P. Arturo, uomo della Provvidenza perché uomo che nella Provvidenza ha una illimitata fiducia che dalla Provvidenza è visibilmente aiutato e protetto, che della Provvidenza è docile e prezioso strumento. La grande fiducia di P. Arturo nella Divina Provvidenza è cosa notissima a chiunque ha avuto un qualche più breve e sporadico contatto con lui. Da questa fiducia è nata la Piccola Opera, questa fiducia la conserva; questa ha consentito a Padre Arturo di non scoraggiarsi e di non indietreggiare mai dinanzi a difficoltà e contrarietà di ogni genere, e meno che mai dinanzi a difficoltà di ordine economico, questa fiducia ha messo le ali alla Piccola Opera e l’ha trapiantata oltre oceano. L’avventura colombiana è certamente una di quelle audace permesse solo ai santi. La saggezza umana avrebbe consigliato di fronte ai tanti problemi che la Piccola Opera aveva e ha da risolvere in Italia di non moltiplicarli senza necessità, di rinunciare a sogni arditi e proibiti, di pensare piuttosto al consolidamento dell’Opera qui da noi ecc-ecc. Sono ragionamenti che ancora è possibile cogliere sulle labbra dei benpensanti. Ma i fatti sembrano dar ragione al coraggio di P. Arturo. I fatti vanno sempre più dimostrando la provvidenzialità dell’apertura colombiana della scelta missionaria che ha indubbiamente ossigenato e rivitalizzato l’Opera e da cui forse verrà la soluzione di alcuni problemi più urgenti ed assillanti primo tra i quali quello delle vocazioni. Questo spiega perché P. Arturo mai si sia pentito della sua decisione, se ne mostri anzi convinto ed entusiasta e ne tragga spesso motivo di consolazione e di incoraggiamento. Si direbbe anzi -e ne ho avuta la netta sensazione in terra colombiana-, che il suo cuore di Padre e di Apostolo batta particolarmente per quella porzione eletta della sua Opera. Ed intanto continua ad aver fiducia nella Provvidenza, questa fiducia si sforza di trasmetterla a quelli che lo avvicinano e principalmente a quanti lavorano nella Piccola Opera e per la Piccola Opera. Dio non si lascia vincere in generosità. Alla cieca fiducia riposta da P. Arturo nella Divina Provvidenza fa riscontro la particolarissima assistenza di cui egli è chiaramente oggetto. Già il fatto stesso che un uomo così minuto e che non dispone certo di una salute di ferro, che ormai ha i suoi non pochi anni e i suoi non lievi acciacchi, che si nutre di così poco e dorme ancor meno, riesca a trovare e a spendere tante energie, ad imprimere alle sue giornate un ritmo così intenso e stressante, a svolgere tanta mole di lavoro, da stancare ...chi gli sta vicino, e riesca a trovare persino il tempo di scrivere e di pubblicare, è un fatto che lascia stupiti e perplessi e che non sembra umanamente spiegabile. Bisogna conoscere che ‘digitus Dei est hic’. Questo vale ancor più per i periodi che P. Arturo trascorre in Colombia, dove la stessa scarsezza dei giorni a sua disposizione lo induce a moltiplicare, a spendersi senza riserve, in visita alle varie case dell’Opera e a benefattori, in ritiri, in incontri, in pratiche, nella soluzione di problemi di ogni genere. Al momento di ripartire per l’Italia ci si aspetterebbe di vederlo sfatto e stremato tirare un respiro di sollievo, e invece appare fresco come sempre e rammaricato semmai di dover lasciare i cari fratelli e figli di Colombia. Veramente ‘digitus Dei est hic’. Per non parlare di tanti piccoli episodi italiani e colombiani che potrebbero benissimo trovar posto in una fresca e fragrante raccolta di “fioretti”: improvvisi insperati soccorsi, pericoli scampati (ricorda, ad esempio, P. Arturo lo sganghera- to tassì di Bogotà il cui sportello posteriore si aprì in corsa in una curva e lui che vi era stipato contro rischiò di rovinare sulla strada?) ...sono episodi, di tanti dei quali siamo curiosi e meravigliati testimoni (ed altri ne sono ricordati in questa stessa pubblicazione ma i più rimangono forse noti ai due protagonisti, la Provvidenza e P. Arturo. Non c’è allora da meravigliarsi che un uomo sostenuto da tanta fede nella Provvidenza e da essa visibilmente assistito, sia diventato nelle sue mani un docile strumento per l’attuazione dei suoi disegni di amore. E qui non sono io a parlare. Parla da sé la Piccola Opera che è tutta un monumento della Divina Provvidenza che l’ha voluta e la sostiene per le necessità e la redenzione di tanta infanzia abbandonata, bisognosa di pane per il corpo e per lo spirito di tanti poveri ‘gamines’ da sottrarre ai pericoli della strada e da restituire alla loro dignità umana e cristiana. Il costante aiuto della Provvidenza da una parte e l’indiscussa e totale disponibilità di P. Arturo dall’altra hanno compiuto e vanno compiendo il miracolo: la grande “Piccola Opera”! A noi trarre da questa esemplare vicenda motivo di riflessione e stimolo ad avere anche noi più fede nella Provvidenza e a mettere più generosamente nelle sue mani il poco di cui disponiamo perché essa se ne serva per continuare a compiere i suoi prodigi. Don Luigi Mola di Tortona “C’era sempre ad attenderlo lo stesso stormo di ragazzi...” E bbi occasione di incontrare, la prima volta il Chierico Arturo D’Onofrio nell’aula scolastica di Teologia, nel Seminario Maggiore di Tortona. In quel Seminario io avevo fatto tutti i corsi regolari; lui invece veniva da Nola (seguendo il nuovo Vescovo Mons. Egisto Melchiori, che dalla stessa Nola era stato trasferito a Tortona). L’incontro, proprio perché era il primo, fu anche breve. Mi trovai davanti un volto nuovo, sereno e quasi gioioso, due occhi nuovi vivi e penetranti, un sorriso nuovo aperto e sincero... seguirono poche parole di saluto, e tutto finì lì. Ma l’impressione di quel giovane non rimase in superficie, anzi mi penetrò profondamente, tanto che ogni mattina, terminata la lezione, prima che egli uscisse dall’aula scolastica, cercavo sempre di incontrarlo, di vedere il suo volto (sempre eguale come la prima volta), di salutarlo magari con un semplice gesto senza parole. Mi bastava quel suo saluto, quel suo sorriso. Di giorno in giorno però una cosa mi colpiva: vedevo che quel chierico, maturava velocemente, diveniva adulto in tutto, per cui era facile il pronostico che ben presto la Chiesa avrebbe avuto un nuovo sacerdote secondo il cuore di Dio. Difatti in quel lontano 1938, essendo ambedue alunni dell’ultimo anno del corso teologico, fummo ordinati sacerdoti. 54 Da quel giorno poi, senza che l’amicizia perdesse nulla della sua profonda realtà spirituale,io presi la via normale di ogni sacerdote diocesano: vice-parroco, parroco... andando poi a finire direttore spirituale in Seminario; lui, invece, appartenendo alla famiglia dei sacerdoti oblati del Vescovo, iniziò un itinerario apostolico che ebbe subito del sorprendente. Gli venne affidato l’Ufficio Missionario Diocesano, e fu come se una carità cristiana passasse in tutte le Parrocchie. Dovunque si pregava, si lavorava, si raccoglievano offerte, si preparavano indumenti sacerdotali per i missionari... tanto che alla fine del primo anno già era in grado di allestire, al centro diocesano, una mostra missionaria che lasciò tutti veramente stupiti. Gli fu, quasi contemporaneamente affidata la Chiesa di S. Simone - annessa alla Casa oblatizia - perché desse inizio all’adorazione perpetua del SS. Sacramento; ed anche qui una nuova sorpresa: comparvero, immediatamente, numerose, le cosiddette “lampade viventi” per cui quella Chiesa, ogni giorno, risuonava di preghiere e di lodi eucaristiche. Potrei parlare di molte altre cose, ma bastano questi brevi cenni per capire quale zelo ardeva nell’anima di quel giovane prete. Da parte mia personale poi, avrei anche un ricordo particolare, poiché con la morte del vecchio parroco, fu proprio lo stesso padre Arturo a ricevere dal Vescovo l’incarico della reggenza e della preparazione (problema delicato) alla venuta del nuovo Parroco nel mio paese nativo (Brignano Frascata). E qui ci sarebbero tanti meravigliosi aneddoti da narrare sulla sua instancabile attività pastorale. Può bastare, credo, un solo e semplice cenno per l’idea di come P. Arturo aveva fatto presa su tutta la popolazione - circa mille anime -. Siccome quasi ogni giorno, faceva un viaggio dal mio paese alla città di Tortona (dove contemporaneamente portava avanti gli incarichi di cui dissi sopra), quando verso sera arrivava la ‘corriera pubblica’, c’era sempre ad attenderlo, un vero stormo di ragazzi che, accompagnandolo, pieni di gioia fino alla casa canonica, facevano ricordare sia pure in piccolo, gli incontri di don Bosco con i suoi ragazzi attorno a quel prete. Difatti, a memoria d’uomo, mai s’era visto un accorrere di gente alla Chiesa, come in quel periodo. Poi la reggenza finì e fu un vero schianto per tutti. Purtroppo finì presto, troppo presto, anche la permanenza di P. Arturo nella Diocesi di Tortona. E parve proprio un gioco della Provvidenza. Si era, infatti, nei terribili anni della guerra, quando P. Arturo chiedeva al Vescovo Mons. Melchiori di potersi recare nel suo paese di origine, Visciano, per motivi di famiglia. Ma se fu possibile l’andata da Tortona, non fu possibile il ritorno a Tortona per causa della famosa ‘linea gotica’ con cui i tedeschi avevano spaccato l’Italia in due pezzi. Così P. Arturo, vedendosi ormai preclusa la via per Tortona, chiese ed ottenne dallo stesso Vescovo Mons. Melchiori di poter rimanere nella sua terra, dove, essendo già passato il rullo compressore della guerra con tutte le sue rovine, restava da fare, per davvero, un mondo di bene. E a quel bene P. Arturo, rimboccandosi le maniche, subito collaborò apostolicamente dando vita alla Piccola Opera della Redenzione, che, a guisa di Albero Ubertoso, oramai stende i suoi rami un po’ dovunque. Apparve, quindi, evidente come, anche in questo caso, le vie del Signore sono sempre diverse da quelle degli uomini. E quella perdita (di Padre Arturo) che per la Diocesi di Tortona sembrava un male (lasciava, infatti, un grande vuoto), divenne un bene grande nella Chiesa. Pertanto, nel 40° anniversario di sacerdozio, per l’amico P. Arturo, non resta altro che assicurare preghiere “ut ad semper meliores fruges cotidie, Deo adjuvante, profìciat”. DON LORENZO FERRARAZZO da Tortona “Vostra Eccellenza pensava di portare un oblato, ma ci ha portato il Vesuvio! ...” U na gomitata e un invito perentorio. Vòltati, mi sussurra il compagno di banco, vòltati! Abbiamo un oblatino del Vescovo nella nostra classe. Mi voltai e vidi, per la prima volta, lo studente di prima teologia Arturo D’Onofrio con la classica fascia nera sulla talare di umile satin. Per un attimo incontrai il suo sguardo. Però, dico, ha degli occhi che guardano lontano! Sui banchi di scuola dal 1935 al 1938, la nostra conoscenza non poté superare i limiti di una fraterna simpatia. Solo pochi incontri sporadici, perché lo studente D’Onofrio abitava in una casa oblatizia e veniva in Seminario soltanto per la scuola. Nei brevi intervalli tra una lezione e l’altra spariva normalmente dalla circolazione per via di un’amicizia particolare che lo assillava, Proprio così. Appena fiutava qualche momento di tempo libero, scappava in Cappella e si acquattava nella penombra a bisbigliare. Francamente ho tentato di appurare se la sua amicizia particolare era col Signore o con la Madonna o con tutt’e due. Ma non ci sono riuscito, benché il suo bisbiglio concitato si sentisse agevolmente a tre banchi di distanza. Non ci sono riuscito perché il suo dialogo era sempre a tiro rapido. Come una mitragliera a quattro canne. Negli anni successivi mi sono convinto, con una punta d’invidia, che questo hobby della preghiera gli era entrata nel sangue 56 e gli sarebbe rimasto per tutta la vita. Fu subito dopo l’ordinazione sacerdotale che le nostre strade si incontrarono: Padre Arturo direttore dell’ufficio Buona Stampa; il sottoscritto direttore del settimanale diocesano. Lui era spesso con me nelle giornate organizzate per il giornale, per gli incontri con i delegati di zona, per le adunanze con i corrispondenti. Io gli davo una mano per le sue giornate della Buona Stampa e soprattutto per quelle giornate del Vangelo che lo avevano reso onnipotente in tutti gli angoli della Diocesi. Un giorno si recò dal Vescovo Mons. Melchiori. “Eccellenza, non si potrebbe aprire in città una libreria nostra per la diffusione delle buone letture? Ne sarei felice, rispose il Vescovo, ma siamo in tempo di guerra e non saprei come fare.” “Come fare” lo sapeva Padre Arturo. Nel giro di dieci giorni apriva i battenti una ‘Libreria della Buona Stampa’ tuttora fiorente. Intanto il Vescovo aveva istituito l’ufficio Catechistico e Padre Arturo ne fu il primo direttore. Così la sua qualifica di facchino del Vangelo” si integrava con l’annuncio della catechesi e l’organizzazione didattica della dottrina dei fanciulli in forma di vera scuola. Purtroppo i continui bombardamenti avevano ridotto le ferrovie in uno stato pietoso e i pochi treni che ancora viaggiavano a singhiozzo, tra un trasbordo e l’altro, erano in- fauste calamite per gli apparecchi da spezzonamento che seminavano bombe su tutti i veicoli in moto. Sul piano logistico restavano soltanto i mezzi biblici “beati pedes”. Tutto ciò non disarmava Padre Arturo che angariava affabilmente seminaristi e sacerdoti di passaggio, perché i vangeli ed i catechismi potessero affluire senza soste sulle strade della Diocesi. Naturalmente neanche il Vescovo riuscì a salvarsi. “Vostra Eccellenza -disse con una profonda genuflessione Padre Arturo - nelle Sue visite alle Parrocchie distribuisce medagline e ricordini. Ho fatto arrivare dei piccoli vangeli molto economici. Non sarebbe meglio che Vostra Eccellenza, se lo crede opportuno, distribuisse il Vangelo?” Da quel giorno anche il vescovo entrò nel numero dei “portatori” di Padre Arturo. Un bel giorno il Vescovo mi chiamò e mi disse: “Figliolo, mettiti al fianco di Padre Arturo D’Onofrio e cerca di inserirti nella direzione responsabile delle sue attività.” Sorpreso e sconcertato ebbi un abbozzo di reazione. “Non capisco, Eccellenza, con un prete che di giorno gira mezza diocesi e di notte dice tre rosari e scrive quattro circolari.. . che ci sto a fare?! Inoltre, perdoni Eccellenza, quando ha portato questo confratello da Nola, credo proprio che ci sia stato un errore: Vostra Eccellenza pensava di portare un oblato, ma ci ha portato il Vesuvio! Io non ce la faccio.” Fu allora che Mons. Melchiori mi confidò un suo segreto. Da molto tempo Padre Arturo insisteva per tornare tra i suoi e per fondare in Campania un opera di Redenzione a favore dei fanciulli più abbandonati. Il Vescovo aveva temporeggiato a lungo nel diniego, ma, mi diceva: “non si può recalcitrare all’azione dello Spirito Santo.” Fu così che Padre Arturo, dopo qualche mese partì per la sua terra. Una partenza senza ritorno. Dopo la guerra e le prime burrasche di assestamento, presi il treno e andai a cercare l’amico nella sua culla di Visciano ove rimasi qualche giorno suo ospite. Vidi la sua Opera già affermata e fiorente, i suoi fanciulli gioiosi, il primo gruppo di signorine collaboratrici in attesa di prendere il velo. Padre Arturo mi confidava le sue speranze: una congregazione femminile di anime consacrate a Dio e votate a testimoniare la Redenzione, di cui il primo gruppo era come il seme. -In un secondo tempo una congregazione maschile aperta a nuovi orizzonti di partecipazione e di servizio. -Un impianto tipografico per dare un mestiere ai suoi ragazzi e un contributo alla diffusione della verità. -una Casa Editrice e poi tante case per una risposta adeguata ai bisogni e alle richieste. Mi confidava le sue speranze come un invito alla preghiera ma sapevo che erano altrettanti contratti già conclusi con il Padre Eterno. Una di quelle sere ebbi un lungo colloquio con la collaboratrice di Padre Arturo che guidava il nucleo delle giovani aspiranti alla vita religiosa. La signora Maresca mi esponeva non le perplessità, ma le responsabili preoccupazioni per la famiglia religiosa che con lei stava per nascere. Le dissi che Torino aveva don Bosco, noi tortonesi avevamo don Orione, a loro era toccato Padre Arturo, ma in tutti operava lo stesso Spirito ed era giusto seguirlo. Io sono ancora dello stesso parere. La storia, finora, non mi ha smentito. DON LUIGI LOVAZZANO Vicario Generale di Albano Laziale “Bastava la sua presenza per suscitare iniziative a getto continuo...” A vevo spesso sentito parlare di P. Arturo D’Onofrio che dal capoluogo della Diocesi di Tortona animava molteplici attività, tra le quali ricordo in particolare la diffusione della buona stampa e l’apostolato per le Missioni. Ebbi poi la fortuna di essere suo modesto collaboratore dall’estate del 1942 all’agosto 1943 e cioè nell’ultimo periodo da lui trascorso nella Diocesi di Tortona; prima a Salice Terme e poi nella Parrocchia di S. Giovanni a Sale, dove egli fu successivamente Vicario Economo. Bastava la sua presenza quasi sempre limitata ai giorni festivi, per suscitare iniziative a getto continuo, specialmente a favore dei fanciulli e dei giovani. A Salice Terme, in un periodo di vivace crescita del paese già meta prestigiosa di cure termali e di villeggiatura, portò il fermento cristiano con azione decisiva e incisiva e con cuore di apostolo. Gli bastarono pochi mesi per dare alla Parrocchia un volto nuovo ed un avvio promettente in tutti i settori della vita religiosa. Si preoccupò di costituire con criteri moderni le classi di catechismo per i fanciulli e di provvedere all’animazione apostolica degli Aspiranti e dei giovani di Azione Cattolica per mezzo dei quali poteva esercitare una salutare influenza su tutta la popolazione. Ho incontrato a trent’anni di distanza Angiolino, uno di quegli aspi- ranti ormai cresciuto negli anni; ricordando con entusiasmo Padre Arturo non poté trattenere qualche lacrima di commozione. Nella Parrocchia di S. Giovanni a Sale, centro agricolo di una certa importanza e ambiente del tutto diverso, Padre Arturo ebbe occasione di manifestare la sua poliedrica capacità di impegno apostolico, che fu contrassegnata da due note dominanti: l’insegnamento religioso e la formazione spirituale dei giovani. Restarono memorabili le lezioni festive del catechismo agli adulti (ma vi partecipavano volentieri anche i fanciulli). Si svolgevano, come si usava un tempo durante le missioni al popolo, col metodo del dibattito tra maestro e discepolo. Naturalmente egli faceva da maestro e lo faceva con una tale perizia e con sì efficace prontezza di risposte illuminate ed illuminanti da subissare il misero sottoscritto che fungeva da discepolo e che, presumen- “E’ meglio educare i piccoli che castigare gli adulti” 58 Padre Arturo do di attingere alle fresche riserve di studi teologici, aveva talora la pretesa di saperla lunga. L’altro settore di rilievo fu quello della formazione dei giovani. Il segnale di partenza fu dato da un avvenimento pittoresco e clamoroso: in ventiquattro ore, sotto la sua direzione, un drappello di baldi giovani rasero al suolo alberi e coltivazioni di un orto di proprietà della Parrocchia e nel volgere di una settimana ne fecero uno splendido campo di gioco. Inoltre, tutte le stanze del piano terra della Casa canonica furono attrezzate ad aule catechistiche e a sale di riunione per le associazioni cattoliche. Non mancò neppure il teatrino e la filodrammatica! Erano soltanto le premesse, oggi si direbbe le strutture. Il resto come si può facilmente intuire venne pian piano con un lavoro delicato, assiduo, in profondità, che Padre Arturo portò avanti con una fermezza ed un’amabilità encomiabili. L’insegnamento religioso e l’educazione alla vita sacramentaria furono l’assillo costante della sua attività intesa a costruire nei giovani, una solida formazione per una vita impegnata nella testimonianza cristiana. Nel cuore dell’estate di quell’indimenticabile 1943, Padre Arturo si concede un breve periodo di riposo a Visciano e il Signore si serve della guerra e della ‘linea gotica’ per impedirgli di tornare a Tortona e per fargli realizzare a favore della gioventù abbandonata quell’Opera che da alcuni anni ha esteso la sua benefica influenza missionaria nella lontana Colombia. Al carissimo Padre Arturo, che celebra il 40 di sacerdozio, l’augurio cordiale che l’Opera sua cresca e si diffonda sempre di più. DON PIERINO MANGIAROTTI da Novi Ligure (Alessandria) “Don Arturo non era mai stanco... ” Q uando nacque P. Arturo il Vesuvio era sicuramente in eruzione. Ne ha portato nella sua vita l’esplosione e l’incandescenza. Esplosione per le cento iniziative che metteva in cantiere; incandescenza per il calore con cui le patrocinava e per lo spirito di fede che le sosteneva, per l’affetto umano che comunicava. Temperamenti meno esuberanti noi Oblati settentrionali -e Padre Arturo è stato con l’Ecc.mo Mons. Macario e Padre Tetoldi alla Direzione del sodalizio- lo tacciavano, sugli inizi, di “esagerato, però l’affermazione rientrava alla prova dei fatti. Don Arturo non era mai stanco, Don Arturo non trovava mai nulla di pesante. E dire che sotto Mons. Melchiori - Vescovo di santa memoria- esisteva il moto perpetuo: Azione Cattolica. pro-Seminario- Opere di zelo -Catechismo- Oratorio- il settimanale diocesano- la casa degli Esercizi- la preparazione delle visite pastorali. Sorrideva furbescamente e tirava via in 60 prima fila, aggiungendo semmai due corone del Rosario con l’anima gemella nella spiritualità: Padre Poggio, oppure concedendosi il lusso di portare in comunità l’ultima novità libraria perché la passione per i libri l’ha sempre contraddistinto, come ha sentito ‘a longe’ i problemi sociali e la loro urgenza all’orizzonte. Allorché è tornato a Visciano l’abbiamo rimpianto come si perde uno che sta nel tessuto più intimo della famiglia; però abbiamo previsto che il trapianto sarebbe stato sicuramente per il grande trionfo d’Iddio e della Madonna del Carpinello. “Redenzione “ mensilmente lo documenta. Dio prosperi la sua Congregazione e le sue attività e mantenga lui in salute. Noi ora ringraziamo il Signore di averlo avuto. Siccome quasi ogni giorno, faceva un viaggio dal mio paese alla città di Tortona (dove contemporaneamente portava avanti gli incarichi di cui dissi sopra), quando verso sera arrivava la corriera pubblica, c’era sempre ad attender lo stesso stormo di ra- gazzi che, accompagnandolo, pieni di gioia fino alla casa canonica, facevano ricordare sia pure in piccolo, gli incontri di don Bosco con i suoi ragazzi attorno a quel prete. Difatti, a memoria d’uomo, mai s’era visto un accorrere di gente alla Chiesa, come in quel periodo. Poi la reggenza finì e fu un vero schianto per tutti. Purtroppo finì presto, troppo presto, anche la permanenza di P. Arturo nella Diocesi di Tortona. E parve proprio un gioco della Provvidenza. Si era, infatti, nei terribili anni della guerra, quando P. Arturo chiedeva al Vescovo Mons. Melchiori di potersi recare nel suo paese di origine, Visciano, per motivi di famiglia. Ma se fu possibile l’andata da Tortona, non fu possibile il ritorno a Tortona per causa della famosa linea gotica con cui i tedeschi avevano spaccato l’Italia in due pezzi. Così P. Arturo, vedendosi ormai preclusa la via per Tortona, chiese ed ottenne dallo stesso Vescovo Mons. Melchiori di poter rimanere nella sua terra, dove, essendo già passato il rullo compressore della guerra con tutte le sue rovine, restava da fare, per davvero, un mondo di bene. E a quel bene P. Arturo, rimboccandosi le maniche, subito collaborò apostolicamente dando vita alla Piccola Opera della Redenzione, che, a guisa di albero ubertoso, ormai stende i suoi rami un po’ dovunque. Apparve quindi, evidente come, anche in questo caso, le vie del Signore sono sempre diverse da quelle degli uomini. La Piccola Opera della Redenzione Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” Mc 16,15 IN ITALIA Settore infanzia e fanciullezza Visciano • Villaggio del Fanciullo “Maria SS. Consolatrice del Carpinello” • Scuola Materna ed Elementare parificata Padova • Casa dell’infanzia • Scuola Materna “Madonna Consolatrice” Casamicciola d’Ischia (NA) • Casa Maria Immacolata “La Sentinella” Torremaggiore (FG): • Casa della Divina Provvidenza Nola (NA) • Istituto “S. Paolino” - Centro Medico psicopedagogico per bambini sub-normali medio lieve spastici Prata P.U. (AV) • Centro Medico psico-pedagogico per fanciulli minorati medio-lievi Settore adolescenti e giovani Torre Annunziata (NA) • Villaggio del Fanciullo “Maria SS.ma della Neve” - Centro Informatica Domicella (AV) • Casa “Sacro Cuore” - Centro di formazione di arti e mestieri per ragazzi disabili Crosara di Marostica (VI) • Istituto “S. Antonio”- Scuola Media Frattocchie (ROMA) • Casa “S. Giuseppe” - per giovani studenti 62 • Hogar S. Domingo Savio - Scuole superiori • Villaggio dei Ragazzi e Centro Tecnico: sei reparti con 350 allievi: tornitori, elettricisti, fresatori, aggiustatori meccanici, saldatori, falegnami. • Città dei Ragazzi, “Pablo VI” - Postulantato per le Piccole Apostole della Redenzione - 18 aule scolastiche con Kinder e Scuola Elementare e Internato per 120 ragazze. • Scuola di Baccellierato, con Laboratori - Centro Medico - Convitto per 150 Ninos - Mensa per 500 fanciulli indigenti. • Villaggio “S. Rosa” (Cúcuta), - Scuola Elementare per 300 bambini. • Parrocchia Nostra Signora Consolatrice del Carpinello Accoglienza per le vecchiette povere • Casa “Nostra Signora Consolatrice” - Dormitorio pubblico per gli anziani - Mensa per bambini poveri. Settore Religioso • Parrocchia “S. Maria Consolatrice” i Missionari assistono una popolazione di circa 20 mila anime. Settore gioventù e anziani Marigliano (NA) • Istituto “Anselmi”- Libreria Editrice Redenzione (LER) Visciano (NA) • Casa degli Anziani “Villa del Carpine” • Casa Soggiorno “Oasi di Maria” Napoli • Fondazione “Stefano Falco” • Casa di Accoglienza per Immigrati e Barboni. • Casa “Regina Mundi”, per ragazzi in difficoltà (Melito) Settore Religioso • Congregazione dei Missionari della Divina Redenzione • Congregazione delle Piccole Apostole della Redenzione • Parrocchia S. Maria Assunta in Cielo - Visciano-NA • Parrocchia S. Michele Arcangelo - Torre Annunziata-NA • Parrocchia S. Cosma e Damiano - Carbonara-NA • Parrocchia S. Nicola e Gregorio - Domicella-AV • Parrocchia a Montu di Beccaria - Tortona (AL) IN COLOMBIA Case per l’Assistenza ai ragazzi e ai giovani Medellin • Casa S. Inés - accoglienza dei bambini dell’Asilo • Casa S. Maria de Los Angeles - prima elementare • Hogar del Nino - Itaqui - dalla II alla V elementare Buenaventura • Nuova Fondazione diretta dalle Piccole Apostole che assistono 150 fanciulle tra le più povere - Mensa per oltre 200 fanciulli. Bogotà • Hogar della Niña Vera Cruz - Nuova Casa per 150 fanciulle diretta dalle Piccole Apostole della Redenzione • Istituto “S. Filippo” - Oratorio e Centro Formazione Professionale per persone diversamente abili Case di formazione • Emmaus - Seminario di Teologia. • Centro di Orientamento Vocazionale • Casa “Sacro Cuore” - Noviziato • Postulantato per gli studenti di Filosofia. • Casa “Nazareth” - Noviziato delle suore IN GUATEMALA • Hogar del Niño - Kinder e Scuola Elementare per 160 fanciulli - Mensa per 300 bambini. • Casa di Formazione Professionale “S. Giuseppe” - Seminario per i giovani da avviare al Sacerdozio religioso e missionario. • Scuole superiori professionalicon sei laboratori e mensa per i poveri. IN EL SALVADOR • Istituto S. Anna - Scuola Materna ed Elementare - Centro di assistenza per i colpiti dal terremoto e dalla guerriglia - Mensa per 100 fanciulli più poveri. IN INDIA • Noviziato “Our LadyPalai” - Kerala • Casa di Mannakanad - per bambini poveri. • Istituto S. Tommaso Apostolo per audiolessi • Casa di Formazione per Aspiranti e Postulante delle Piccole Apostole della Redenzione. • “M. Anna Vitiello Home” - Eluru - Adhra Pradesh • “Ft. Arturo D’Onofrio Home” Nimalgagiri IN MESSICO • Missione in Tlaxcala Apizaco (Puebla) • Casa di Accoglienza per adolescenti in difficoltà • Parrocchia Santa Maria - Huexoculco IN PERU • Parrocchia Nostra Signora Consolatrice del Carpinello, Tunal, Piura, diocesi di Chulucanas. • a Salitral, aspirantato delle Piccole Apostole della Redenzione • A Chulucanas - Casa di riposo per anziani IN COSTARICA • Parrocchia “La Cruz” stato di Guanacaste. La Santa Messa al Santuario Giorni Festivi: Giorni Prefestivi: Giorni Feriali: Adorazione: NUMERI UTILI www.c-mdr.org Visita il sito: www.santuario.c-mdr.org e avrai tutte le informazioni su questa suntuosa Basilica in onore di Maria SS. Consolatrice del Carpinello Visciano-NA PICCOLA OPERA DELLA REDENZIONE 80030 VISCIANO - C.C.P. 455808 - [email protected] 64