“Famiglia Chiesa domestica. Una casa per riconoscersi e amare” Giornata Regionale di Studio Riflessione Pastorale a cura di don Giovanni D’Annunzio Il mio compito è dedurre ed enucleare alcune linee che possano guidare l’azione pastorale delle famiglie e con le famiglie, a partire dall’esperienza vissuta ai Prati di Tivo. 1. Qualche suggestione riportata dal Convegno. a) La prima è legata alla relazione di Vivaldelli che ha fatto cogliere come, nella vita della prima comunità cristiana, la testimonianza di Gesù Risorto era tutta centrata nella quotidianità della vita domestica. All’inizio dell’avventura cristiana, infatti, non esistevano le chiese, al centro c’era la “domus”. Dove sono lo sposo, la sposa, i figli: lì c’è la presenza del Risorto. b) Don Giorgio Mazzanti dava ulteriore forza a quest'affermazione sottolineando come Gesù, figlio di Dio venuto a salvare tutti gli uomini, se n'è stato 30 anni a casa. E lì ha lavorato, ha fatto la vita di famiglia, è stato figlio, è stato sottomesso. In questo modo il Signore ci ha fatto cogliere che, - come don Giorgio diceva per avere un amore universale bisogna avere un amore reale. Ciò si realizza nell’amare qualcuno, in una casa dove ti giochi nella quotidianità. c) E’ conseguente la proposta dei coniugi Moia: la casa luogo privilegiato della Pastorale familiare. 2. L’orizzonte nel quale muoverci Le suggestioni mi inducono a fare alcune premesse teologiche a quanto dirò in seguito. Con queste intendo indicare l’orizzonte nel quale siamo chiamati a muoverci per rispondere al compito che la famiglia cristiana ha nel mondo di oggi. 1) La prima premessa è a livello antropologico, ha il suo fulcro nella differenza sessuale. Conosciamo la realtà culturale nella quale le nostre famiglie vivono; essa costituisce la sfida di oggi. Nel rapporto uomo-donna, dall’uno contro l’altro, dall’uno accanto all’altro, bisogna entrare nella dinamica dell’uno per l’altro per arrivare in quello che mi sembra essere lo specifico del cristiano: l’uno nell’altro. La rivelazione della vita trinitaria lo esige. In questa luce che i coniugi cristiani sono chiamati a vivere per “mostrare al mondo” il mistero nascosto nella differenza sessuale. 2) La seconda premessa è ecclesiologica ed ha come fulcro la ministerialità e il rapporto che c’è tra il sacerdote e la coppia. Nel documento “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio” del 1975, al numero 32 viene affermato che l’Ordine e il Matrimonio hanno come finalità diretta la costruzione e dilatazione del popolo di Dio. La domanda è d’obbligo: abbiamo assimilato questa verità? La costruzione e la dilatazione del popolo di Dio esigono la presenza di queste due ministerialità. 1 Una esperienza illuminante in tal senso è la nascita della Chiesa Cattolica in Corea, dove il sacerdote non è stato presente durante la prima evangelizzazione. Il catechismo della Chiesa cattolica al n.1534 recita “due Sacramenti, l’Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui; se contribuiscono anche alla salvezza personale questo avviene attraverso il servizio degli altri; essi conferiscono una missione particolare alla Chiesa essendo a edificazione del popolo di Dio”. Tale correlazione è fondamentale perché la chiesa risplenda nella sua bellezza. Qui ho l’occasione di ribadire con forza un mio pensiero: dovremmo far sì che in ogni parrocchia ci sia il consiglio pastorale parrocchiale e dentro questo consiglio ci deve essere almeno una coppia. Se voi già ne fate parte benissimo, se no, andate dal vostro parroco e proponeteglielo. Don Sergio Nicolli affermava che fino ad oggi la Chiesa ha camminato con una sola gamba, da questo momento in poi dovrebbe camminare con due gambe, quindi il sacerdote, il ministro, ma anche la coppia. 3) Da quanto detto fin qui scaturisce l’ultima premessa: essa ha come fulcro il rapporto matrimonio e verginità. Purtroppo abbiamo troppo distinto l’uno dall’altro. Nel progetto di Dio l’uno è al servizio dell’altro, sono due facce di un’unica medaglia. Allora qui c’è da rivedere tantissimo. Siamo in un seminario e mi auguro che la formazione per i seminaristi possa trovare una dimensione familiare. Dovremmo fare in modo che loro abbiano un’esperienza profonda di famiglia prima che escano sacerdoti. Lungo questi ultimi secoli, abbiamo un po’ troppo distinto il sacerdote dagli sposati a danno dell’uno e dell’altro. I sacerdoti lontano dagli sposati non riescono a vivere una vita profondamente umana e cristiana. E anche gli sposi per mia esperienza – sono 25 anni che lavoro in questo campo – se non sono in rapporto con i vergini, non fanno un cammino in profondità nella vita spirituale. Prendiamo le coppie che volano alto sono quelle che vivono a contatto con i vergini perché i vergini puntano direttamente su Dio, per la loro vocazione, e quindi aiutano gli sposati nel cammino spirituale. Anche i vergini sono continuamente rigenerati dalla donazione totalitaria degli sposati. L’orizzonte teologico-spirituale al quale riferirsi e tendere è quello del “come in cielo così in terra”. Dobbiamo prendere consapevolezza che la nostra vita di cristiani è una vita immersa nel Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo. La Trinità in noi, noi nella Trinità è questo lo specifico dell’esistenza cristiana. E’ la nostra casa: quella del Padre, dove Gesù ci ha preparato un posto. Lì c’è un Padre che ama sempre, c’è un Figlio che accoglie l’amore e poi c’è lo Spirito Santo che è questo amore-comunione che procede dal donarsi e dall’accogliersi del Padre e del Figlio. Detto con Sant’Agostino, “l’amante, l’amato, l’amore”: l’amante chi ama sempre, l’amato chi è amato e poi c’è l’amore che è lo Spirito Santo. La vita trinitaria allora diventa principio, fonte e modello della vita cristiana e specialmente della vita di ogni famiglia cristiana. Questo significa che dentro la nostra casa ci deve essere qualcuno che è sorgente d’amore, prende l’iniziativa perché se non c’è nessuno, la casa è praticamente in pericolo, la famiglia finisce. 2 Poi è importante anche lasciarsi amare. Voi pensate uno magari ha l’influenza e sta a letto e bisogna portargli il caffè, bisogna portargli il giornale. Non puoi fare più niente. Allora è importante lasciarsi amare. Certe volte è più difficile. E poi c’è la reciprocità, è l’amore che viene e va e apre alla società e alla chiesa. In questo modo si vive quella spiritualità di comunione che Giovanni Paolo II ha indicato essere la via della chiesa del nuovo millennio. Nel n. 43 della Novo Millennio ineunte egli ci dice che è questa la sfida di oggi, fare della Chiesa la casa, la scuola della comunione. Il papa indica l’itinerario concreto da fare: bisogna guardare prima il mistero della Trinità, e poi vedere l’altro come uno che mi appartiene, vedere nell’altro il positivo, far spazio all’altro, in modo da portare i pesi degli altri. Solo facendo in questo modo si può vincere tutte quelle realtà che poi generano competizione, arrivismo, diffidenza e gelosia. E conclude dicendo: “Non ci facciamo illusioni: Senza questo cammino spirituale a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita”. 3. La vita domestica incarnata nell’arcobaleno dell’amore familiare Da questi presupposti scaturiscono le linee pastorali che vengo a presentare. Per introdurle mi servo di una immagine: quella dell’arcobaleno. Come la luce attraversando un prisma si rifrange nei sette colori dell’arcobaleno, così l’amore che è il principio costitutivo della vita cristiana e della vita di ogni famiglia, impattando con la vita quotidiana illumina e colora le varie dimensioni e i vari aspetti di essa. Resto nell’immagine del settenario. Voglio evidenziare che le mie sono delle indicazioni che servono da stimolo per un’azione pastorale sempre più incisiva e concreta. Andiamo a vedere come la vita domestica si incarna nell’arcobaleno dell’amore familiare. 1) Il primo aspetto è la comunione dei beni materiali e spirituali. Il dovere di sedersi insieme: occasione per la comunione d’anima. Ho usato questo termine che è caro ad gruppo di spiritualità famigliare che tutti conosciamo. Bisogna avere il coraggio di sedersi. In famiglia si parla di economia, di sport, e di tante altre cose; perché non parlare di Dio che è il Vero Bene? Penso che proprio questo distingua una famiglia cristiana. Leggere gli avvenimenti alla luce della fede, comunicarsi i sentimenti profondi che suscitati nel proprio cuore,certamente aiuta a vivere nel soprannaturale e a crescere i figli in un clima di fede. La comunione d’anima, è la linfa vitale che rinnova continuamente le relazioni coniugali e familiari. La correzione reciproca è un ulteriore strumento per la crescita della comunione. Occorre avere il coraggio di mettersi l’una di fronte all’altro per dirsi le cose nella verità per rimuovere ciò che ostacola la piena comunione. Invece spesso le coppie si trascinano dietro problemi non risolti. Questo appesantisce il clima di comunione. Occorre fermarsi e risolvere il problema, nella carità estrema. 3 In questa dinamica si fa l’esperienza della estrema ricchezza della reciprocità uomo-donna, grazie alla quale ognuno costruisce l’altro e lo fa crescere in pienezza. Siccome la comunione è una realtà divina, mi sembra importante proporre alle coppie la risonanza della Parola di Dio della domenica. Occorre trovare nel corso della settimana o appena si rientra della Celebrazione Eucaristica domenicale il tempo per scambiarsi le impressioni suscitate dall’ascolto della Parola. E’ un modo immediato per vivere la educazione permanente alla fede, ma soprattutto per alimentare la vita divina tra i componenti la famiglia. Una trattazione a parte meriterebbe la riflessione sul rapporto coi beni materiali e la loro gestione. Come qualche vescovo fece notare nel corso del Concilio Vaticano II: dobbiamo sentirci fortemente interpellati e inquietati che la parte ricca del globo è abitata soprattutto da noi cristiani. E siamo noi quelli pur rappresentando il 20 per cento della popolazione mondiale consumiamo l’80 per cento delle risorse di tutta l’umanità. I nostri missionari continuamente ci stimolano a renderci più consapevoli di questo scandalo e attenti nel promuovere stili di vita alternativi. Educarci all’essenzialità ed educare al necessario ecco uno stile di vita da promuovere nelle nostre famiglie. In ognuna non deve mancare: una voce in bilancio per chi ha più bisogno. 2) Un secondo aspetto è La custodia dell’ordine e dell’armonia. La centralità della casa nella vita e nell’attività della famiglia, allora. Essa è il luogo della Presenza del Risorto, ce lo ricordava Mons. Bonetti, l’anno scorso, nella sua relazione al convegno regionale, “Voi sposi, mettete mai un mazzo di fiori a Gesù Risorto che vive nella vostra casa, grazie al vostro amore reciproco? –diceva- Se non li mettete, vuol dire che non credete alla Sua Presenza tra voi; proseguiva – “come in Chiesa si mettono i fiori perché Gesù è presente nell’Eucaristia, nella casa, Chiesa domestica, bisogna mettere i fiori per la presenza del Risorto.” La casa è il vero “scrigno” della vita familiare: in essa si vivono i momenti più sacri dell’esistenza umana. In essa Dio realizza la sua storia di salvezza con ciascuno membro della famiglia. L’arredamento allora diventa specchio dell’amore reciproco e della Presenza del Signore: se è così risulta accogliente e ciascuno, entrando, si sentirà a proprio agio. Essendo lo scrigno della vita familiare, la casa è anche luogo della festa e della memoria. Oggi si tende a vivere tutti i momenti “fuori casa”; dal compleanno dei figli, all’anniversario di Matrimonio, alle ricorrenze dolorose. Bisogna riscoprire e coltivare il valore del vivere questi momenti nella propria casa, preparandoli e costruendoli, magari, tutti insieme. 3) Amore per la vita nella corporeità: salute e malattia. 4 Era impressionante quella preghiera che è stata riportata al nostro convegno, un bambino chiedeva: “Fa’ o Signore che io diventi una tv così i miei genitori mi guarderanno”. E’ fondamentale la relazione educativa: è facile generare un figlio ma accompagnarlo ad essere persona è una fatica continua e richiede il tempo, il contatto fisico, la tenerezza: don Bosco soleva dire “educare è un fatto del cuore”. Ad esempio, mi ricordo a casa mia c’erano gli sguardi, le carezze dei miei nonni. Chi le fa più le carezze? Oggi i bambini sono nervosi, scattano facilmente. La tenerezza è una dimensione fondamentale della vita familiare. C’è anche un benessere fisico rigenerante per il perdono offerto e ricevuto. Momento importante e unificante nella vita di famiglia è quello della mensa. La vita frenetica porta spesso a scegliere delle scorciatoie: molte giovani coppie si appoggiano volentieri alla casa dei genitori dell’uno e dell’altro. Risolvono certamente un problema di gestione, ma a quale prezzo? Spesso ascoltando delle coppie viene fuori il fatto che lei non riesce a parlare più con il marito perché spesso, per i pasti, si va a casa dei suoceri. Alcuni matrimoni sono finiti per questo motivo. Il pasto è un momento importantissimo. Gesù, vedendo Zaccheo sul sicomoro gli dice: “Zaccheo, scendi perché oggi devo venire a casa tua”. E proprio lì, nella casa, durante un pranzo che Zaccheo si converte. Il pranzo non è soltanto per nutrirsi, è prima di tutto un momento di comunione. Da qui l’attenzione a viverlo come tale, cosicché la casa non diventi un albergo: i figli crescono guardando i genitori. Non facendo l’esperienza piena di vita di famiglia, i giovani quando formeranno la loro, troveranno difficoltà. Un’altra dimensione fondamentale di questo aspetto è quella del significato cristiano della malattia e della morte e la memoria dei defunti. Sappiamo come oggi si tende a scansare la sofferenza in ogni sua forma. Per noi cristiani invece questi momenti della vita sono altrettanti gradini per salire a Dio. E la morte è una nascita. Infatti la chiesa colloca la memoria dei santi nel giorno della loro morte terrena. Se qualche tempo fa il tabù era la nascita – la famosa cicogna – oggi il tabù è la morte, la si vuole nascondere, allontanare. Valerio Volpini già direttore de L’Osservatore Romano, viveva con il padre. Una sera, mentre scriveva un articolo, sentiva suo padre che nel corridoio recitava il Rosario. Fu sorpreso dal fatto che detta la prima parte dell’Ave Maria, facesse un momento di silenzio e riprendeva recitando di nuovo “Ave Maria”. Pensò si trattasse di un effetto della sclerosi, ma non era così, capì subito che il suo papà si fermava perché la seconda parte dell’Ave l’avvertiva recitata dalla moglie che stava già in Paradiso. Infine voglio sottolineare la vacanza di famiglia come momento unico per recuperare energie fisiche e spirituali. Darsi degli spazi per stare insieme come famiglia e tra famiglie. Ho potuto costatare personalmente la positività di vacanza vissuta come famiglie e tra famiglie. Può diventare un luogo non solo di crescita umana e spirituale, ma anche l’occasione per aggregare altre famiglie. 4) L’amore eleva, si fa preghiera personale, familiare e celebrazione comunitaria. 5 Abbiamo bisogno di segni e di richiami. E’ perciò consigliabile avere nella casa l’Angolo della preghiera. Si tratta di predisporre una mensola, con una Bibbia aperta, o un’immagine sacra, una corona del Rosario. Così un altro momento da cogliere è quello dei pasti. Benedire la Mensa per cogliere tutto come dono di Dio e per fare della vita un ringraziamento. Ricordo a Teramo avevo lanciato 20 anni fa, proprio questa iniziativa e c’è stata in una famiglia un ragazzino che, a chi iniziava prima a mangiare senza aver fatto la preghiera, gli metteva una tassa, la quota la metteva in un salvadanaio e la dava poi ai poveri. Pregare è bello e soprattutto i bambini ci tengono molto. Quindi voi cominciate, date il buon esempio. Un altro momento da valorizzare è quello della sera, prima accompagnare a letto i propri figli: la preghiera serale e la benedizione dei figli. Molto semplice e facilmente utilizzabile è lo schema approntato dalla Comunità di Caresto. L’esperienza mi dice che una volta iniziato, sono i bambini stessi a richiedere, ogni sera, la benedizione ai propri genitori. Anche la preghiera di coppia è da coltivare e alimentare. Ritengo che bisogna ogni tanto trovare dei momenti, magari mano nella mano, dire delle piccole invocazioni, leggere un brano delle Sacre Scritture, pregare anche spontaneamente. Occorre inventarsi questi brevi momenti di intimità anche spirituali. Recentemente un esperto venuto da noi ha invitato le coppie a trovare occasioni per andare a mangiare una pizza da soli. Non bisogna avere paura di creare disagio nei figli che aspettano a casa. Essi capiranno: sono nati proprio dall’intimità d’amore dei genitori e sanno che la loro forza è proprio nel perdurare e nel crescere di quell’amore. E poi la preghiera in famiglia. Tempo fa , ho curato la stampa di un opuscolo in cui spiegavo alle famiglie: cos’è la preghiera, quando pregare, come pregare, dove pregare. Quando pregare : la mattina, ai pasti, la sera, ai compleanni, negli anniversari, alle nascite, ai battesimi, nelle scelte importanti, quando c’è la morte di qualcuno, nei momenti gioiosi, nella malattia, nella casa nuova, durante le faccende di casa, ad anno nuovo. Vedete è sempre possibile. Come pregare? Valorizziamo le preghiere conosciute; oppure si prende un Salmo, si legge, si ripete; poi qualcuno sottolinea un versetto, un altro dona la sua anima e si conclude con un Padre Nostro. Oppure prendendo una pagina del Vangelo. Trovo molto utile e interessante il testo “Pregare in famiglia” – di mons. Fiordelli, vescovo emerito di Prato – ogni giorno viene proposto un brano, una riflessione e una preghiera. Infine non è da trascurare l’invito di pregare il Rosario in famiglia che Giovanni Paolo II ha riproposto con forza a tutta la Chiesa. La preghiera certo va alimentata dall’Ascolto della Parola, perché non fare la “lectio divina” sui testi che sono nel nuovo rito del matrimonio? Le coppie che la fanno, sono entusiaste. La ricchezza della Scrittura diventa preghiera e poi vita concreta. Ogni famiglia vive occasioni di festa, momenti difficili e momenti di sofferenza. Sono altrettanti appuntamenti da cogliere e vivere nella fede e nella preghiera. Momento fondante dell’esperienza familiare resta senz’altro l’Eucaristia domenicale. Vi consiglio di rileggervi la relazione dei coniugi Moia. La famiglia riesce a vivere bene la Messa in Chiesa solo se sa viverne le dimensioni nel 6 quotidiano: l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo, la fraternità e la memoria.Un bambino come fa a capire il “memoriale”? Non è un semplice ricordo di quello che è avvenuto. Invece il memoriale è un avvenimento di salvezza avvenuto una sola volta nel tempo che si dilata e quindi arriva fino ad oggi. Siamo contemporanei di quello che è avvenuto. Allora è importante che si viva la memoria a casa. Quando sono stato in Venezuela mi facevano sempre impressione le foto dei genitori esposte in grande evidenza nelle case di italiani. E’ fondamentale alimentare la spiritualità coniugale in un cammino fatto insieme ad altre famiglie. Si potrebbe fare qualche ritiro in un pomeriggio di domenica, magari nella propria casa. Potrebbe intervenire anche un sacerdote disponibile. 5) Una casa aperta: testimonianza e missione. La famiglia è il luogo privilegiato e irrinunciabile dell’educazione alla fede. E’ lì che si scopre e si accoglie la vita come vocazione all’amore. Bella, in questo senso, la testimonianza di Mons. Ghidelli che porta al dito gli anelli dei suoi genitori dai quali è formato l’anello episcopale. Il padre di San Gabriele, era vedovo e aveva tanti figli; seppur impegnato come giudice dello stato pontificio, non rinunciava al rapporto con ciascuno di essi. Ogni sera, a cena, li ascoltava singolarmente. Mi impressionava il fatto che egli continuava a scrivere al figlio già religioso e prossimo al sacerdozio dandogli indicazioni e consigli. Non ha smesso mai di essere padre. Claudio Risè nel suo libro “Il padre assente inaccettabile”, afferma che nella società contemporanea è scomparso il padre. Solo recuperando questa presenza si può sperare in un futuro migliore. La famiglia che vive la fede è aperta e quindi apre la sua casa ad altre famiglie. Ci sono famiglie che aprono le loro case per pregare insieme ad altre famiglie. Così va sempre più diffondendosi la prassi di accogliere nella propria casa e accompagnare i fidanzati durante l’itinerario di preparazione al matrimonio. In diocesi svolgo un incontro mensile di spiritualità coniugale con delle coppie. Ad alcuni fidanzati ho detto: “Perché non venite all’incontro con le famiglie così vedete come vivono, come hanno vissuto il fidanzamento, come vivono il rapporto con i loro figli? Venite e vedete con i vostri occhi”. A Gesù, quando gli chiedi “dove abiti” dice “vieni e vedi”. Noi cosa diciamo ai fidanzati? Dobbiamo dare risposte concrete. Quindi dobbiamo prepararci meglio a questa sfida. Un’altra attenzione che deve sempre più crescere è quella nei confronti delle coppie in difficoltà. Occorre una“discreta ingerenza”. Sicuramente voi sposati avete delle antenne più sensibili , il più delle volte, quando arriva il sacerdote è troppo tardi. Attraverso l’accoglienza e la condivisione delle proprie esperienze e delle proprie difficoltà si può aiutare a superare quelle inevitabili strettoie che la vita coniugale e di famiglia presentano. Quello che fa paura ai giovani è il “per sempre”.Purtroppo è un fatto culturale e sociale a cui dobbiamo reagire insieme. 7 Un’opportunità importantissima è quella data dalla preparazione al Battesimo dei figli. Gli incontri nelle case sono vere occasioni per allacciare e intrecciare relazioni veramente costruttive e avviare rapporti per un cammino di fede. Si potrebbe consegnare anche il Catechismo dei Bambini e trovare il modo di presentarlo in varie riprese. 6) Il mondo nella dell’equilibrio casa, la casa nel mondo: comunicazione Quello della comunicazione e del rapporto coi mass-media è un capitolo importantissimo. Intanto possiamo raccogliere la testimonianza dei coniugi Moia sull’informazione positiva. Essi prendono spunto da un articolo, da un programma televisivo per dialogare con i loro figli. I Moia naturalmente sono giornalisti, anche noi, nel nostro piccolo, possiamo intervenire. Intanto possiamo valorizzare Sat 2000: i nostri vescovi hanno fatto uno sforzo anche finanziario per dare questa possibilità di avere una televisione alternativa. Io suggerirei “Formato Famiglia”, un programma tutto in centrato su questo tema e poi alle ore 21 “TG tg” riprende quello che hanno detto i telegiornali con un approfondimento critico. Inoltre invito a raccogliere una proposta che è partita da Trento: “Spegni la tv e accendi la famiglia”; in diocesi abbiamo già rielaborato questo opuscolo, e lo abbiamo dato a decine e decine di famiglie, con esiti abbastanza positivi. Ne consegno una copia ai responsabili regionali. Potrebbe essere una proposta da realizzare nella regione ecclesiastica: una volta all’anno, per una settimana, spegnere la tv e fare qualcosa di alternativo ogni giorno. Ad esempio una sera si potrebbe giocare, in un’altra pregare o ritagliare le fotografie del giornale nelle quali vengono espresse situazioni che vorremmo cambiare. Ogni sera qualcosa di alternativo. Il sussidio contempla un questionario di verifica sia per figli, sia per i genitori. Al termine dell’esperienza si riaccende la TV con regole nuove, precise e condivise. 7) Luogo della crescita umana e cristiana. In Luca 2, 51-52 leggiamo: “partì pure con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Questa icona ci offre i seguenti spunti: 1. L’importanza di approfondire la comprensione della vocazione di sposi e di genitori oggi. So che parecchie coppie, anche qui presenti, hanno scoperto la vera natura del matrimonio quando sono entrati in rapporto con dei fidanzati e con altre coppie sposate ed insieme hanno percorso un cammino. Solo lì hanno scoperto la ricchezza del sacramento già ricevuto. Giovanni Paolo II ha detto: Famiglia diventa ciò che sei. Quindi la vocazione degli sposi e dei genitori è un evento dinamico. Poi per quanto concerne l’aspetto nuziale, si richiede un capovolgimento sostanziale per voi sposi ma anche per noi sacerdoti. 8 2. Attenzione all’attività scolastica dei figli e il rapporto con le agenzie educative. Il padre dovrebbe ogni giorno chiedere al figlio: “Com’è andata oggi?” Se non ha tempo per vederlo, gli telefona al pomeriggio. Se non lo fa è un’omissione grave, da andarsi a confessare. Ci sono delle famiglie che portano i figli in piscina, a musica, li portano di qua e di là, non ci stanno mai a casa. Ma tu ti rendi conto dove lo mandi tuo figlio? Il personale com’è? chi sono questi istruttori? 3. Attenzione all’insegnamento del magistero. Quì c’è una dicotomia profonda. La Chiesa dice una cosa e noi non siamo a quell’altezza. Allora dovremmo di più documentarci. Pensate alla bioetica. Nella tensione a vivere queste dimensioni dell’amore mi sembra si trovi il segreto per realizzare un vero cammino formativo degli operatori di pastorale famigliare all’altezza dei tempi. E’ quanto ho proposto nel laboratorio di studio che ho diretto al convegno nazionale e riportato nel n.3 dei quaderni CEI 2005. A conclusione voglio parteciparvi di una esperienza di Missione riguardante la pastorale familiare. Ero parroco a Bellante , parrocchia estesa su 20 chilometri e formata da 10 centri. Per essere vicino alle famiglie, ogni anno inventavo un’iniziativa pastorale. Nell’ultimo anno della mia presenza lì, era in corso il pellegrinaggio dell’Icona della Santa Famiglia. Ogni sera, mi recavo in una casa dove c’erano bambini fino alla terza media, alcuni li avevo battezzati. Davanti alla Icona della S. Famiglia recitavamo il Rosario e poi facevo la catechesi sul silenzio, la preghiera in famiglia, l’educazione dei figli ed il lavoro. Mi sono accorto che non era una catechesi solita in cui tu parli e gli altri non possono intervenire, ma tutti potevano prendere la parola. Così c’era un dialogo bellissimo. Quando il vescovo mi ha detto: “tu devi lasciare la parrocchia, per lavorare a tempo pieno per la pastorale famigliare”, mi dispiaceva interrompere questa iniziativa. L’ho comunicato al Vescovo il quale mi ha detto: “quello che hai fatto in parrocchia fallo in diocesi”. L’ho preso in parola, dal 27 febbraio 2004 sono missionario in Diocesi. Naturalmente ho iniziato dalla mia famiglia.Quando sono stato ordinato, ho fatto la scelta di vivere il mio sacerdozio insieme con altri. Attualmente siamo in tre e siamo famiglia: facciamo ogni giorno la spesa, ci cuciniamo noi; preghiamo insieme e condividiamo le gioie e le fatiche pastorali.Una vita simile a quella della Santa Famiglia , composta da tre consacrati Giuseppe, Maria e Gesù. In quella prima sera dopo la preghiera, non c’è stata una catechesi, ma noi sacerdoti abbiamo donato alle famiglie presenti la nostra esperienza di vita che dura ormai da 30 anni. Il passaggio dell’Icona ha fatto sentire le famiglie protagoniste. Sono state loro a portarla di casa in casa, loro hanno accolto le altre a casa, loro hanno fatto pregare, loro hanno evangelizzato famiglie che generalmente non frequentano la Chiesa. E’ una piccola esperienza,ma proietta una luce su come vivere insieme oggi la “missione”. (trascrizione sintetizzata della conversazione, rivista dal relatore) 9