“Famiglia Chiesa domestica. Una casa per riconoscersi e amare”
Giornata Regionale di Studio
Riflessione Pastorale
a cura di don Giovanni D’Annunzio
Il mio compito è dedurre ed enucleare alcune linee che possano guidare l’azione
pastorale delle famiglie e con le famiglie, a partire dall’esperienza vissuta ai Prati
di Tivo.
1. Qualche suggestione riportata dal Convegno.
a) La prima è legata alla relazione di Vivaldelli che ha fatto cogliere come, nella
vita della prima comunità cristiana, la testimonianza di Gesù Risorto era tutta
centrata nella quotidianità della vita domestica. All’inizio dell’avventura cristiana,
infatti, non esistevano le chiese, al centro c’era la “domus”. Dove sono lo sposo,
la sposa, i figli: lì c’è la presenza del Risorto.
b) Don Giorgio Mazzanti dava ulteriore forza a quest'affermazione sottolineando
come Gesù, figlio di Dio venuto a salvare tutti gli uomini, se n'è stato 30 anni a
casa. E lì ha lavorato, ha fatto la vita di famiglia, è stato figlio, è stato
sottomesso.
In questo modo il Signore ci ha fatto cogliere che, - come don Giorgio diceva per avere un amore universale bisogna avere un amore reale. Ciò si realizza
nell’amare qualcuno, in una casa dove ti giochi nella quotidianità.
c) E’ conseguente la proposta dei coniugi Moia: la casa luogo privilegiato della
Pastorale familiare.
2. L’orizzonte nel quale muoverci
Le suggestioni mi inducono a fare alcune premesse teologiche a quanto dirò in
seguito. Con queste intendo indicare l’orizzonte nel quale siamo chiamati a
muoverci per rispondere al compito che la famiglia cristiana ha nel mondo di
oggi.
1) La prima premessa è a livello antropologico, ha il suo fulcro nella differenza
sessuale. Conosciamo la realtà culturale nella quale le nostre famiglie vivono;
essa costituisce la sfida di oggi.
Nel rapporto uomo-donna, dall’uno contro l’altro, dall’uno accanto all’altro,
bisogna entrare nella dinamica dell’uno per l’altro per arrivare in quello che mi
sembra essere lo specifico del cristiano: l’uno nell’altro. La rivelazione della vita
trinitaria lo esige.
In questa luce che i coniugi cristiani sono chiamati a vivere per “mostrare al
mondo” il mistero nascosto nella differenza sessuale.
2) La seconda premessa è ecclesiologica ed ha come fulcro la ministerialità e il
rapporto che c’è tra il sacerdote e la coppia.
Nel documento “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio” del 1975, al
numero 32 viene affermato che l’Ordine e il Matrimonio hanno come finalità
diretta la costruzione e dilatazione del popolo di Dio.
La domanda è d’obbligo: abbiamo assimilato questa verità? La costruzione e la
dilatazione del popolo di Dio esigono la presenza di queste due ministerialità.
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Una esperienza illuminante in tal senso è la nascita della Chiesa Cattolica in
Corea, dove il sacerdote non è stato presente durante la prima evangelizzazione.
Il catechismo della Chiesa cattolica al n.1534 recita “due Sacramenti, l’Ordine e
il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui; se contribuiscono anche alla
salvezza personale questo avviene attraverso il servizio degli altri; essi
conferiscono una missione particolare alla Chiesa essendo a edificazione del
popolo di Dio”.
Tale correlazione è fondamentale perché la chiesa risplenda nella sua bellezza.
Qui ho l’occasione di ribadire con forza un mio pensiero: dovremmo far sì che in
ogni parrocchia ci sia il consiglio pastorale parrocchiale e dentro questo consiglio
ci deve essere almeno una coppia. Se voi già ne fate parte benissimo, se no,
andate dal vostro parroco e proponeteglielo.
Don Sergio Nicolli affermava che fino ad oggi la Chiesa ha camminato con una
sola gamba, da questo momento in poi dovrebbe camminare con due gambe,
quindi il sacerdote, il ministro, ma anche la coppia.
3) Da quanto detto fin qui scaturisce l’ultima premessa: essa ha come fulcro il
rapporto matrimonio e verginità. Purtroppo abbiamo troppo distinto l’uno
dall’altro. Nel progetto di Dio l’uno è al servizio dell’altro, sono due facce di
un’unica medaglia. Allora qui c’è da rivedere tantissimo. Siamo in un seminario e
mi auguro che la formazione per i seminaristi possa trovare una dimensione
familiare. Dovremmo fare in modo che loro abbiano un’esperienza profonda di
famiglia prima che escano sacerdoti. Lungo questi ultimi secoli, abbiamo un po’
troppo distinto il sacerdote dagli sposati a danno dell’uno e dell’altro. I sacerdoti
lontano dagli sposati non riescono a vivere una vita profondamente umana e
cristiana. E anche gli sposi per mia esperienza – sono 25 anni che lavoro in
questo campo – se non sono in rapporto con i vergini, non fanno un cammino in
profondità nella vita spirituale.
Prendiamo le coppie che volano alto sono quelle che vivono a contatto con i
vergini perché i vergini puntano direttamente su Dio, per la loro vocazione, e
quindi aiutano gli sposati nel cammino spirituale.
Anche i vergini sono continuamente rigenerati dalla donazione totalitaria degli
sposati.
L’orizzonte teologico-spirituale al quale riferirsi e tendere è quello del “come in
cielo così in terra”. Dobbiamo prendere consapevolezza che la nostra vita di
cristiani è una vita immersa nel Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo. La
Trinità in noi, noi nella Trinità è questo lo specifico dell’esistenza cristiana. E’ la
nostra casa: quella del Padre, dove Gesù ci ha preparato un posto. Lì c’è un
Padre che ama sempre, c’è un Figlio che accoglie l’amore e poi c’è lo Spirito
Santo che è questo amore-comunione che procede dal donarsi e dall’accogliersi
del Padre e del Figlio. Detto con Sant’Agostino, “l’amante, l’amato, l’amore”:
l’amante chi ama sempre, l’amato chi è amato e poi c’è l’amore che è lo Spirito
Santo.
La vita trinitaria allora diventa principio, fonte e modello della vita cristiana e
specialmente della vita di ogni famiglia cristiana.
Questo significa che dentro la nostra casa ci deve essere qualcuno che è sorgente
d’amore, prende l’iniziativa perché se non c’è nessuno, la casa è praticamente in
pericolo, la famiglia finisce.
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Poi è importante anche lasciarsi amare. Voi pensate uno magari ha l’influenza e
sta a letto e bisogna portargli il caffè, bisogna portargli il giornale. Non puoi fare
più niente. Allora è importante lasciarsi amare. Certe volte è più difficile.
E poi c’è la reciprocità, è l’amore che viene e va e apre alla società e alla chiesa.
In questo modo si vive quella spiritualità di comunione che Giovanni Paolo II ha
indicato essere la via della chiesa del nuovo millennio. Nel n. 43 della Novo
Millennio ineunte egli ci dice che è questa la sfida di oggi, fare della Chiesa la
casa, la scuola della comunione. Il papa indica l’itinerario concreto da fare:
bisogna guardare prima il mistero della Trinità, e poi vedere l’altro come uno che
mi appartiene, vedere nell’altro il positivo, far spazio all’altro, in modo da portare
i pesi degli altri. Solo facendo in questo modo si può vincere tutte quelle realtà
che poi generano competizione, arrivismo, diffidenza e gelosia. E conclude
dicendo: “Non ci facciamo illusioni: Senza questo cammino spirituale a ben poco
servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati
senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita”.
3. La vita domestica incarnata nell’arcobaleno dell’amore familiare
Da questi presupposti scaturiscono le linee pastorali che vengo a presentare.
Per introdurle mi servo di una immagine: quella dell’arcobaleno.
Come la luce attraversando un
prisma
si rifrange nei sette colori
dell’arcobaleno, così l’amore che è il principio costitutivo della vita cristiana e
della vita di ogni famiglia, impattando con la vita quotidiana illumina e colora le
varie dimensioni e i vari aspetti di essa. Resto nell’immagine del settenario.
Voglio evidenziare che le mie sono delle indicazioni che servono da stimolo per
un’azione pastorale sempre più incisiva e concreta.
Andiamo a vedere come la vita domestica si incarna nell’arcobaleno dell’amore
familiare.
1) Il primo aspetto è la comunione dei beni materiali e spirituali.
Il dovere di sedersi insieme: occasione per la comunione d’anima. Ho usato
questo termine che è caro ad gruppo di spiritualità famigliare che tutti
conosciamo. Bisogna avere il coraggio di sedersi. In famiglia si parla di economia,
di sport, e di tante altre cose; perché non parlare di Dio che è il Vero Bene?
Penso che proprio questo distingua una famiglia cristiana. Leggere gli
avvenimenti alla luce della fede, comunicarsi i sentimenti profondi che suscitati
nel proprio cuore,certamente aiuta a vivere nel soprannaturale e a crescere i figli
in un clima di fede.
La comunione d’anima, è la linfa vitale che rinnova continuamente le relazioni
coniugali e familiari.
La correzione reciproca è un ulteriore strumento per la crescita della
comunione. Occorre avere il coraggio di mettersi l’una di fronte all’altro per dirsi
le cose nella verità per rimuovere ciò che ostacola la piena comunione. Invece
spesso le coppie si trascinano dietro problemi non risolti. Questo appesantisce il
clima di comunione. Occorre fermarsi e risolvere il problema, nella carità
estrema.
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In questa dinamica si fa l’esperienza della estrema ricchezza della reciprocità
uomo-donna, grazie alla quale ognuno costruisce l’altro e lo fa crescere in
pienezza.
Siccome la comunione è una realtà divina, mi sembra importante proporre alle
coppie la risonanza della Parola di Dio della domenica. Occorre trovare nel
corso della settimana o appena si rientra della Celebrazione Eucaristica
domenicale il tempo per scambiarsi le impressioni suscitate dall’ascolto della
Parola. E’ un modo immediato per vivere la educazione permanente alla fede, ma
soprattutto per alimentare la vita divina tra i componenti la famiglia.
Una trattazione a parte meriterebbe la riflessione sul rapporto coi beni materiali e
la loro gestione. Come qualche vescovo fece notare nel corso del Concilio
Vaticano II: dobbiamo sentirci fortemente interpellati e inquietati che la parte
ricca del globo è abitata soprattutto da noi cristiani. E siamo noi quelli pur
rappresentando il 20 per cento della popolazione mondiale consumiamo l’80 per
cento delle risorse di tutta l’umanità. I nostri missionari continuamente ci
stimolano a renderci più consapevoli di questo scandalo e attenti nel promuovere
stili di vita alternativi. Educarci all’essenzialità ed educare al necessario ecco uno
stile di vita da promuovere nelle nostre famiglie. In ognuna non deve mancare:
una voce in bilancio per chi ha più bisogno.
2) Un secondo aspetto è La custodia dell’ordine e dell’armonia.
La centralità della casa nella vita e nell’attività della famiglia, allora. Essa è il
luogo della Presenza del Risorto, ce lo ricordava Mons. Bonetti, l’anno scorso,
nella sua relazione al convegno regionale, “Voi sposi, mettete mai un mazzo di
fiori a Gesù Risorto che vive nella vostra casa, grazie al vostro amore reciproco?
–diceva- Se non li mettete, vuol dire che non credete alla Sua Presenza tra voi; proseguiva – “come in Chiesa si mettono i fiori perché Gesù è presente
nell’Eucaristia, nella casa, Chiesa domestica, bisogna mettere i fiori per la
presenza del Risorto.”
La casa è il vero “scrigno” della vita familiare: in essa si vivono i momenti più
sacri dell’esistenza umana. In essa Dio realizza la sua storia di salvezza con
ciascuno membro della famiglia.
L’arredamento allora diventa specchio dell’amore reciproco e della Presenza del
Signore: se è così risulta accogliente e ciascuno, entrando, si sentirà a proprio
agio.
Essendo lo scrigno della vita familiare, la casa è anche luogo della festa e della
memoria. Oggi si tende a vivere tutti i momenti “fuori casa”; dal compleanno dei
figli, all’anniversario di Matrimonio, alle ricorrenze dolorose. Bisogna riscoprire e
coltivare il valore del vivere questi momenti nella propria casa, preparandoli e
costruendoli, magari, tutti insieme.
3) Amore per la vita nella corporeità: salute e malattia.
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Era impressionante quella preghiera che è stata riportata al nostro convegno, un
bambino chiedeva: “Fa’ o Signore che io diventi una tv così i miei genitori mi
guarderanno”.
E’ fondamentale la relazione educativa: è facile generare un figlio ma
accompagnarlo ad essere persona è una fatica continua e richiede il tempo, il
contatto fisico, la tenerezza: don Bosco soleva dire “educare è un fatto del
cuore”.
Ad esempio, mi ricordo a casa mia c’erano gli sguardi, le carezze dei miei nonni.
Chi le fa più le carezze? Oggi i bambini sono nervosi, scattano facilmente. La
tenerezza è una dimensione fondamentale della vita familiare. C’è anche un
benessere fisico rigenerante per il perdono offerto e ricevuto.
Momento importante e unificante nella vita di famiglia è quello della
mensa. La vita frenetica porta spesso a scegliere delle scorciatoie: molte
giovani coppie si appoggiano volentieri alla casa dei genitori dell’uno e dell’altro.
Risolvono certamente un problema di gestione, ma a quale prezzo? Spesso
ascoltando delle coppie viene fuori il fatto che lei non riesce a parlare più con il
marito perché spesso, per i pasti, si va a casa dei suoceri. Alcuni matrimoni sono
finiti per questo motivo. Il pasto è un momento importantissimo. Gesù, vedendo
Zaccheo sul sicomoro gli dice: “Zaccheo, scendi perché oggi devo venire a casa
tua”. E proprio lì, nella casa, durante un pranzo che Zaccheo si converte. Il
pranzo non è soltanto per nutrirsi, è prima di tutto un momento di comunione.
Da qui l’attenzione a viverlo come tale, cosicché la casa non diventi un albergo: i
figli crescono guardando i genitori. Non facendo l’esperienza piena di vita di
famiglia, i giovani quando formeranno la loro, troveranno difficoltà.
Un’altra dimensione fondamentale di questo aspetto è quella del significato
cristiano della malattia e della morte e la memoria dei defunti. Sappiamo
come oggi si tende a scansare la sofferenza in ogni sua forma. Per noi cristiani
invece questi momenti della vita sono altrettanti gradini per salire a Dio. E la
morte è una nascita. Infatti la chiesa colloca la memoria dei santi nel giorno della
loro morte terrena. Se qualche tempo fa il tabù era la nascita – la famosa cicogna
– oggi il tabù è la morte, la si vuole nascondere, allontanare. Valerio Volpini già
direttore de L’Osservatore Romano, viveva con il padre. Una sera, mentre
scriveva un articolo, sentiva suo padre che nel corridoio recitava il Rosario. Fu
sorpreso dal fatto che detta la prima parte dell’Ave Maria, facesse un momento di
silenzio e riprendeva recitando di nuovo “Ave Maria”. Pensò si trattasse di un
effetto della sclerosi, ma non era così, capì subito che il suo papà si fermava
perché la seconda parte dell’Ave l’avvertiva recitata dalla moglie che stava già
in Paradiso.
Infine voglio sottolineare la vacanza di famiglia come momento unico per
recuperare energie fisiche e spirituali. Darsi degli spazi per stare insieme come
famiglia e tra famiglie. Ho potuto costatare personalmente la positività di vacanza
vissuta come famiglie e tra famiglie. Può diventare un luogo non solo di crescita
umana e spirituale, ma anche l’occasione per aggregare altre famiglie.
4) L’amore eleva, si fa preghiera personale, familiare e celebrazione
comunitaria.
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Abbiamo bisogno di segni e di richiami. E’ perciò consigliabile avere nella casa
l’Angolo della preghiera. Si tratta di predisporre una mensola, con una Bibbia
aperta, o un’immagine sacra, una corona del Rosario.
Così un altro momento da cogliere è quello dei pasti. Benedire la Mensa per
cogliere tutto come dono di Dio e per fare della vita un ringraziamento.
Ricordo a Teramo avevo lanciato 20 anni fa, proprio questa iniziativa e c’è stata
in una famiglia un ragazzino che, a chi iniziava prima a mangiare senza aver fatto
la preghiera, gli metteva una tassa, la quota la metteva in un salvadanaio e la
dava poi ai poveri. Pregare è bello e soprattutto i bambini ci tengono molto.
Quindi voi cominciate, date il buon esempio.
Un altro momento da valorizzare è quello della sera, prima accompagnare a letto
i propri figli: la preghiera serale e la benedizione dei figli. Molto semplice e
facilmente utilizzabile è lo schema approntato dalla Comunità di Caresto.
L’esperienza mi dice che una volta iniziato, sono i bambini stessi a richiedere,
ogni sera, la benedizione ai propri genitori.
Anche la preghiera di coppia è da coltivare e alimentare. Ritengo che bisogna
ogni tanto trovare dei momenti, magari mano nella mano, dire delle piccole
invocazioni, leggere un brano delle Sacre Scritture, pregare anche
spontaneamente. Occorre inventarsi questi brevi momenti di intimità anche
spirituali. Recentemente un esperto venuto da noi ha invitato le coppie a trovare
occasioni per andare a mangiare una pizza da soli. Non bisogna avere paura di
creare disagio nei figli che aspettano a casa. Essi capiranno: sono nati proprio
dall’intimità d’amore dei genitori e sanno che la loro forza è proprio nel perdurare
e nel crescere di quell’amore.
E poi la preghiera in famiglia. Tempo fa , ho curato la stampa di un opuscolo
in cui spiegavo alle famiglie: cos’è la preghiera, quando pregare, come pregare,
dove pregare. Quando pregare : la mattina, ai pasti, la sera, ai compleanni, negli
anniversari, alle nascite, ai battesimi, nelle scelte importanti, quando c’è la
morte di qualcuno, nei momenti gioiosi, nella malattia, nella casa nuova, durante
le faccende di casa, ad anno nuovo. Vedete è sempre possibile. Come pregare?
Valorizziamo le preghiere conosciute; oppure si prende un Salmo, si legge, si
ripete; poi qualcuno sottolinea un versetto, un altro dona la sua anima e si
conclude con un Padre Nostro. Oppure prendendo una pagina del Vangelo. Trovo
molto utile e interessante il testo “Pregare in famiglia” – di mons. Fiordelli,
vescovo emerito di Prato – ogni giorno viene proposto un brano, una riflessione
e una preghiera.
Infine non è da trascurare l’invito di pregare il Rosario in famiglia che Giovanni
Paolo II ha riproposto con forza a tutta la Chiesa.
La preghiera certo va alimentata dall’Ascolto della Parola, perché non fare
la “lectio divina” sui testi che sono nel nuovo rito del matrimonio? Le coppie che
la fanno, sono entusiaste. La ricchezza della Scrittura diventa preghiera e poi
vita concreta.
Ogni famiglia vive occasioni di festa, momenti difficili e momenti di
sofferenza. Sono altrettanti appuntamenti da cogliere e vivere nella fede e nella
preghiera.
Momento fondante dell’esperienza familiare resta senz’altro l’Eucaristia
domenicale. Vi consiglio di rileggervi la relazione dei coniugi Moia. La famiglia
riesce a vivere bene la Messa in Chiesa solo se sa viverne le dimensioni nel
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quotidiano: l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo, la fraternità e la memoria.Un
bambino come fa a capire il “memoriale”? Non è un semplice ricordo di quello
che è avvenuto. Invece il memoriale è un avvenimento di salvezza avvenuto una
sola volta nel tempo che si dilata e quindi arriva fino ad oggi. Siamo
contemporanei di quello che è avvenuto. Allora è importante che si viva la
memoria a casa. Quando sono stato in Venezuela mi facevano sempre
impressione le foto dei genitori esposte in grande evidenza nelle case di italiani.
E’ fondamentale alimentare la spiritualità coniugale in un cammino fatto
insieme ad altre famiglie. Si potrebbe fare qualche ritiro in un pomeriggio di
domenica, magari nella propria casa. Potrebbe intervenire anche un sacerdote
disponibile.
5) Una casa aperta: testimonianza e missione.
La famiglia è il luogo privilegiato e irrinunciabile dell’educazione alla fede. E’ lì
che si scopre e si accoglie la vita come vocazione all’amore. Bella, in questo
senso, la testimonianza di Mons. Ghidelli che porta al dito gli anelli dei suoi
genitori dai quali è formato l’anello episcopale. Il padre di San Gabriele, era
vedovo e aveva tanti figli; seppur impegnato come giudice dello stato pontificio,
non rinunciava al rapporto con ciascuno di essi. Ogni sera, a cena, li ascoltava
singolarmente. Mi impressionava il fatto che egli continuava a scrivere al figlio già
religioso e prossimo al sacerdozio dandogli indicazioni e consigli. Non ha smesso
mai di essere padre.
Claudio Risè nel suo libro “Il padre assente inaccettabile”, afferma che nella
società contemporanea è scomparso il padre. Solo recuperando questa presenza
si può sperare in un futuro migliore.
La famiglia che vive la fede è aperta e quindi apre la sua casa ad altre
famiglie. Ci sono famiglie che aprono le loro case per pregare insieme ad altre
famiglie. Così va sempre più diffondendosi la prassi di accogliere nella propria
casa e accompagnare i fidanzati durante l’itinerario di
preparazione al
matrimonio.
In diocesi svolgo un incontro mensile di spiritualità coniugale con delle coppie.
Ad alcuni fidanzati ho detto: “Perché non venite all’incontro con le famiglie così
vedete come vivono, come hanno vissuto il fidanzamento, come vivono il
rapporto con i loro figli? Venite e vedete con i vostri occhi”.
A Gesù, quando gli chiedi “dove abiti” dice “vieni e vedi”. Noi cosa diciamo ai
fidanzati? Dobbiamo dare risposte concrete. Quindi dobbiamo prepararci meglio
a questa sfida.
Un’altra attenzione che deve sempre più crescere è quella nei confronti delle
coppie in difficoltà. Occorre una“discreta ingerenza”. Sicuramente voi sposati
avete delle antenne più sensibili , il più delle volte, quando arriva il sacerdote è
troppo tardi. Attraverso l’accoglienza e la condivisione delle proprie esperienze e
delle proprie difficoltà si può aiutare a superare quelle inevitabili strettoie che la
vita coniugale e di famiglia presentano.
Quello che fa paura ai giovani è il “per sempre”.Purtroppo è un fatto culturale e
sociale a cui dobbiamo reagire insieme.
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Un’opportunità importantissima è quella data dalla preparazione al Battesimo dei
figli. Gli incontri nelle case sono vere occasioni per allacciare e intrecciare
relazioni veramente costruttive e avviare rapporti per un cammino di fede. Si
potrebbe consegnare anche il Catechismo dei Bambini e trovare il modo di
presentarlo in varie riprese.
6) Il mondo nella
dell’equilibrio
casa,
la
casa
nel
mondo:
comunicazione
Quello della comunicazione e del rapporto coi mass-media è un capitolo
importantissimo.
Intanto possiamo raccogliere la testimonianza dei coniugi Moia sull’informazione
positiva. Essi prendono spunto da un articolo, da un programma televisivo per
dialogare con i loro figli. I Moia naturalmente sono giornalisti, anche noi, nel
nostro piccolo, possiamo intervenire.
Intanto possiamo valorizzare Sat 2000: i nostri vescovi hanno fatto uno sforzo
anche finanziario per dare questa possibilità di avere una televisione alternativa.
Io suggerirei “Formato Famiglia”, un programma tutto in centrato su questo tema
e poi alle ore 21 “TG tg” riprende quello che hanno detto i telegiornali con un
approfondimento critico. Inoltre invito a raccogliere una proposta che è partita
da Trento: “Spegni la tv e accendi la famiglia”; in diocesi abbiamo già
rielaborato questo opuscolo, e lo abbiamo dato a decine e decine di famiglie, con
esiti abbastanza positivi. Ne consegno una copia ai responsabili regionali.
Potrebbe essere una proposta da realizzare nella regione ecclesiastica: una volta
all’anno, per una settimana, spegnere la tv e fare qualcosa di alternativo ogni
giorno. Ad esempio una sera si potrebbe giocare, in un’altra pregare o ritagliare
le fotografie del giornale nelle quali vengono espresse situazioni che vorremmo
cambiare. Ogni sera qualcosa di alternativo. Il sussidio contempla un questionario
di verifica sia per figli, sia per i genitori. Al termine dell’esperienza si riaccende la
TV con regole nuove, precise e condivise.
7) Luogo della crescita umana e cristiana.
In Luca 2, 51-52 leggiamo: “partì pure con loro e tornò a Nazareth e stava loro
sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. Gesù cresceva
in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.
Questa icona ci offre i seguenti spunti:
1. L’importanza di approfondire la comprensione della vocazione di sposi
e di genitori oggi.
So che parecchie coppie, anche qui presenti, hanno scoperto la vera natura del
matrimonio quando sono entrati in rapporto con dei fidanzati e con altre coppie
sposate ed insieme hanno percorso un cammino. Solo lì hanno scoperto la
ricchezza del sacramento già ricevuto. Giovanni Paolo II ha detto: Famiglia
diventa ciò che sei. Quindi la vocazione degli sposi e dei genitori è un evento
dinamico. Poi per quanto concerne l’aspetto nuziale, si richiede un
capovolgimento sostanziale per voi sposi ma anche per noi sacerdoti.
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2. Attenzione all’attività scolastica dei figli e il rapporto con le agenzie
educative.
Il padre dovrebbe ogni giorno chiedere al figlio: “Com’è andata oggi?” Se non ha
tempo per vederlo, gli telefona al pomeriggio. Se non lo fa è un’omissione grave,
da andarsi a confessare. Ci sono delle famiglie che portano i figli in piscina, a
musica, li portano di qua e di là, non ci stanno mai a casa. Ma tu ti rendi conto
dove lo mandi tuo figlio? Il personale com’è? chi sono questi istruttori?
3. Attenzione all’insegnamento del magistero.
Quì c’è una dicotomia profonda. La Chiesa dice una cosa e noi non siamo a
quell’altezza. Allora dovremmo di più documentarci. Pensate alla bioetica.
Nella tensione a vivere queste dimensioni dell’amore mi sembra si trovi il segreto
per realizzare un vero cammino formativo degli operatori di pastorale famigliare
all’altezza dei tempi.
E’ quanto ho proposto nel laboratorio di studio che ho diretto al convegno
nazionale e riportato nel n.3 dei quaderni CEI 2005.
A conclusione voglio parteciparvi di una esperienza di Missione riguardante la
pastorale familiare.
Ero parroco a Bellante , parrocchia estesa su 20 chilometri e formata da 10
centri. Per essere vicino alle famiglie, ogni anno inventavo un’iniziativa pastorale.
Nell’ultimo anno della mia presenza lì, era in corso il pellegrinaggio dell’Icona
della Santa Famiglia. Ogni sera, mi recavo in una casa dove c’erano bambini fino
alla terza media, alcuni li avevo battezzati. Davanti alla Icona della S. Famiglia
recitavamo il Rosario e poi facevo la catechesi sul silenzio, la preghiera in
famiglia, l’educazione dei figli ed il lavoro. Mi sono accorto che non era una
catechesi solita in cui tu parli e gli altri non possono intervenire, ma tutti
potevano prendere la parola. Così c’era un dialogo bellissimo. Quando il vescovo
mi ha detto: “tu devi lasciare la parrocchia, per lavorare a tempo pieno per la
pastorale famigliare”, mi dispiaceva interrompere questa iniziativa. L’ho
comunicato al Vescovo il quale mi ha detto: “quello che hai fatto in parrocchia
fallo in diocesi”. L’ho preso in parola, dal 27 febbraio 2004 sono missionario in
Diocesi.
Naturalmente ho iniziato dalla mia famiglia.Quando sono stato ordinato, ho fatto
la scelta di vivere il mio sacerdozio insieme con altri. Attualmente siamo in tre e
siamo famiglia: facciamo ogni giorno la spesa, ci cuciniamo noi; preghiamo
insieme e condividiamo le gioie e le fatiche pastorali.Una vita simile a quella della
Santa Famiglia , composta da tre consacrati Giuseppe, Maria e Gesù.
In quella prima sera dopo la preghiera, non c’è stata una catechesi, ma noi
sacerdoti abbiamo donato alle famiglie presenti la nostra esperienza di vita che
dura ormai da 30 anni.
Il passaggio dell’Icona ha fatto sentire le famiglie protagoniste. Sono state loro a
portarla di casa in casa, loro hanno accolto le altre a casa, loro hanno fatto
pregare, loro hanno evangelizzato famiglie che generalmente non frequentano la
Chiesa.
E’ una piccola esperienza,ma proietta una luce su come vivere insieme oggi la
“missione”.
(trascrizione sintetizzata della conversazione, rivista dal relatore)
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