Una storia che vede legata l'isola d'Ischia con le regioni Liguria e Sicilia
Liguria, Sicilia, ISCHIA: uno strano triangolo
di Vincenzo Belli
Se per caso vi è capitato sott’occhi il contenuto
della piccola Guida di personaggi isolani
pubblicata ne La Rassegna d’Ischia1, avrete visto
che, dato il suo mestiere, Andrea Belli, mio padre,
foriano, l’Italia l’aveva girata parecchio. Quello
che non vi compare è che, ancora brigadiere,
fosse al comando della stazione dei Carabinieri
di Gratteri (Pa), un piccolo paese arrampicato
sulle Madonie, ad una trentina di chilometri da
Cefalù e ad una novantina da Palermo2.
Allora a quel paesino si arrivava in ferrovia
fino a Lascari, e di lì vi si giungeva a dorso di
quadrupede.
A questo punto vi starete convincendo che
voglio raccontarvi la storia della mia famiglia:
vi prego credermi, non è così, ma tutti questi
riferimenti topografici, e certamente anche quelli
familiari, servono ad introdurre una storia che
vede legate le regioni e località in epigrafe, molti
secoli prima che un giovane graduato dell’Arma
dei Carabinieri, di carnagione scura, dal sorriso
smagliante3, e con sottili baffetti neri, mettesse
piedi a Gratteri.
Quello che inoltre non si apprende nel citato
riferimento è che il nostro brigadiere, quando era
ormai divenuto tenente, poté prendere in moglie
la figlia maggiore del medico condotto di quel
paese; ragione per la quale io sono stato portato
a nascervi; quello che invece vi si legge è che la
carriera di mio padre terminò a Genova, dove col
grado di tenente colonnello aveva comandato il
gruppo esterno dell’Arma.
Qui si chiude la premessa, con la presentazione
dei vertici del triangolo della nostra storia,
non proprio nell’ordine in cui ora li abbiamo
toccati, ma nell’ordine esattamente inverso
- Liguria, Sicilia, Ischia -, giungendo
all’Ischia maggiore del viaggio che stiamo
per intraprendere, passando dalla Sicilia, e
proprio dalle Madonie, toccando piccoli paesi,
1 Belli Vincenzo – Andrea Belli, in “Piccola guida di
Personaggi Isolani”, La Rassegna d’Ischia, n. 2/2002,
pp.47-48.
2 In linea d’aria sono circa 15 e 63.
3 Quei dintazzi janchi, diceva mia nonna, con quel
risentimento istintivo che ogni futura suocera nutre nei
confronti del futuro genero.
come Gratteri, Isnello, Lascari, ed altri maggiori
come Petralia Soprana e Sottana, Castelbuono,
Caltagirone, ed altri ancora, provenendo da
Ventimiglia in Liguria.
Uno strano triangolo
Come detto, uno strano triangolo, che mi ha
attratto non solo per i personali legami ai suoi
vertici, ma principalmente per aver trovato un
Ventimiglia, signore a vario titolo dei paesi
siciliani ora menzionati, signore di Ischia
Maggiore.
I Ventimiglia ed Ischia
Il collegamento fra la famiglia Ventimiglia
ed Ischia è presente in tutta la letteratura che
si interessi della Sicilia nei secoli XIII e XIV;
valgano per tutti i seguenti riferimenti4:
- Un documento storico del 1300 chiama «il
Conte Arrigo Ventimiglia, Signor d’Ischia
Maggiore, della Contea di Geraci, di Petralia
Soprana e Sottana, Caronia e Gratteri5».
- Due diplomi del 28 giugno 1300, pel conte
Arrigo Ventimiglia, signor d’Ischia Maggiore,
della contea di Geraci, di Petralia soprana e
disottana, Caronia e Gratteri. Ibid, fog, 79 a t, ed
80, e duplicati a fog. 47 a t. e 486 (probabilmente
l’ibid. si riferisce ad una collocazione presso
l’ASNA (r. archivio): reg. 1299-1300, C; cosa che
però non mi è ancora riuscito di confermare.
Questo Arrigo è Enrico (*1230 c. + 1308) figlio
del conte Filippo, ed il documento citato contiene
tutti gli elementi di presente interesse; rilevante
è che si distingua l’Ischia maggiore dal Castello.
Senza voler mettere insieme la storia di questo
casato, è però necessario indicare come venisse
4 I Ventimiglia furono anche interessati allo sfruttamento
dell’allume nella nostra isola.
5 Cappello P. – Belmonte Mezzagno Cenni Storici, 31 Pp,
(S.I.D.), p. 7. File pdf dalla Rete.
6 Amari Michele – La Guerra del Vespro Siciliano o
un periodo delle Istorie Siciliane del secolo XIII, Parigi,
Baudry. Libreria Europea, II Ed. (1843). File pdf da Google
Books - Amari Michele – Un periodo delle Istorie Siciliane
del secolo XIII, Palermo, Poligrafia Empedocle, 1842, p.
194. File pdf da Google Books.
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in Sicilia e come venisse insignita della signoria
della nostra isola7.
Per mettere subito in evidenza la rilevanza della
famiglia Ventimiglia, ed avere una conferma di
tutti i titolidi cui ancora si fregiava nel XVIII
secolo, è bene rileggere un gustoso brano in cui
Ceva Grimaldi, autore di una nota raccolta di
memorie napoletane8, parla delle ambasce di un
erede settecentesco di questo casato:
… Il titolo Altezza s’apparteneva ai Sovrani….
Formata da Carlo di Borbone, la monarchia
delle due Sicilie…, si dispose che il titolo d’Altezza
si riserbava ai Principi del sangue Reale, e
che veruno più nel regno poteva farne uso per
qualunque concessione o diritto.
Vigendo tali disposizioni avvenne, che in
7 Mi si perdoni se continuo ad indicare Ischia come la
nostra isola, senza dire della Sicilia la mia isola, visto che
vi son nato, ma la storia personale mi vede più legato alla
prima, di dove scrivo, che non alla natale.
8 Ceva Grimaldi Francesco – Memorie Storiche della Città
di Napoli dalla sua fondazione sino al presente, Napoli,
Stamperia e Calcografia Vico Freddo Pignasecca 15, (1857).
File pdf da Google Books.
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Sicilia fu dedicato un libro al conte Ventimiglia
Marchese di Giraci, il di cui autore trattavalo
col titolo d’Altezza9, ed il vice Re lo impedì
– Offesosene il Conte suddetto dissimulò;
ma venuto in Napoli nel 1769 l’Imperatore
Giuseppe II, sotto il titolo di Conte Falkestein
per visitare sua sorella Maria Carolina regina
di Napoli, egli fu sollecito a presentarglisi, e
lo pregò, cooperarsi per la conservazione dei
suoi antichi titoli e prerogative, esponendogli
che dagli antichi Sovrani era stato riconosciuto
Giovanni Ventimiglia con dignità di 1° Conte
d’Italia, di primo signore dell’una e dell’altra
Sicilia, e principe del Sacro Romano Impero
col titolo di Altezza, e con la potestà di batter
moneta, imprimendovi il suo nome ed effigie,
e tante distintissime prerogative….e tutto
ciò in considerazione che i progenitori di sua
famiglia erano antichi possessori con dominio
assoluto della contea di Ventimiglia, Lozano
e marchesato della Marca, e delle Alpi in
Lombardia: che la sua famiglia si trapiantò
in Sicilia per volere di Federico II Imperatore,
che dette per moglie al suo antenato Guglielmo
Ventimiglia nel 1242 sua sorella Elisabetta, che
dotò con la contea di Giraci in Sicilia, composta
dei feudi di Geraci, Castelbuono, Pollina, s.
Mauro, e d’Ischia in Napoli; e che sette volte s’era
apparentato con famiglie sovrane; e che perciò
veniva aggiunto sugli indirizzi ai Ventimiglia:
Normanno, Svevo, Aragona. Ed infine che la
sua famiglia aveva preso nome dallo stato di
Ventimiglia d’Italia che possedeva, quando che
l’origine di essa l’ha dai Lascaris Imperatori di
Costantinopoli, Duchi di Sassonia ec.
L’Imperatore l’intese, e freddamente gli
disse: ma voi con chi credete di parlare? E
quello scaltramente gli soggiunse: col Conte
di Falkestein che à tali aderenze in Napoli
da farmi ottenere la sospirata grazia;
e l’imperatore
risposegli che si sarebbe
adoperato per contentarlo… Infatti il Re
Ferdinando IV condiscese alle generose premure
dell’Imperatore, e tollerò che il conte Ventimiglia
avesse continuato ad usare del titolo d’Altezza
e degli altri della sua famiglia e cioè Conte
(per la Dio grazia) di Ventimiglia, Normanno,
Svevo, ed Aragona, marchese di Geraci 1° Conte
9 Si tratta con ogni evenienza del tomo quartodecimo
di Opuscoli di autori siciliani, tomo terzodecimo e
quartodecimo, la cui copertina è visibile in figurs, anche se
vi è una differenza fra la data del 1767 per l’episodio narrato
dal Ceva Grimaldi e quella della pubblicazione di questo
lavoro, il 1773.
d’Italia e primo Signore dell’una e dell’altra
Sicilia, Principe del Sacro Romano Impero,
grande di Spagna, principe di Castelbuono,
marchese di Malta, Montesarcio, e Lozano,
duca di Ventimiglia, Conte d’Ischia maggiore,
Procida, Lementini, barone di S. Mauro Pollina,
Buonanotte, Rupa, Calabrò, Rovitello, Miano,
Tavernola, Piacabiana, Mili ecc. ecc. ecc.
Questi eccetera nascondono certamente anche
Gratteri, Isnello, Lascari10… Occorrerebbe anche
vedere se altri possano incrementare il nutrito
elenco dei titoli dei Ventimiglia nel 1769, ed
oltre.
Non è mia intenzione districare il groviglio
genealogico che emerge dalle tante letture
sull’argomento, nelle quali vi sono poche
concordanze e tanti distinguo11.
Raccolgo di seguito alcuni brani, principalmente
per il riferimento a documenti datati.
- … Si stabilirono in questo tempo alcuni dei
Conti di Ventimiglia nel regno di Sicilia, dove
postisi a servire il Re Manfredo, v’acquistarono
10 Nome tanto vicino a quel Lascaris da meritare una
particolare attenzione: il paese ebbe questo nome per
iniziativa del barone Gaetano Ventimiglia di Gratteri con
atto del 26 febbraio 1693 per notar Giacomo Neglia di
Cefalù, a ricordo della sua antenata
11 La figura qui riportata è una raccolta di varie tracce
genealogiche di questo complesso casato.
signorie principali, trasmesse ai loro posteri,
e discendenti. Vi si stabilì tra gli altri il Conte
Enrico, figlio…..[del] Conte Filippo …Questo
si prova con un obbligo fatto nel regno di
Napoli lì 21 novembre dell’anno 1261 da detto
Conte Filippo suo padre, per cui confessando
di aver ricevuto in prestito dal Conte Enrico di
Ventimiglia Conte d’Isola Maggiore12 suo figlio
trecento lire genovine, gl’ipoteca il luogo del
Conio nella…valle d’Oneglia13.
- … lì 24 gennaio, e l’anno terzo del Re
Manfredo, …detto Conte (qualificato altresì
Conte d’Isola Maggiore)…aveva fatto acquisto
da Oddone ed Uberto….fratelli degli stessi
Conti di Ventimiglia, del castello e Castellania
del Maro, situato in Marchia Albinganae, in
contrata vallis Unliae, per il prezzo di mille cento
e dieci lire moneta di Genova. In conformità di
che nel mese d’agosto 1263 non essendo ancora
tal somma stata pagata, il medesimo Enrico
intitolato Vigintimiliorum et Ysclae Maioris
Comes, si confessò poi debitore verso Oddone,
Oberto e Manfredo di Ventimiglia fratelli, di
12 Così viene spesso tradotto dal latino il nome Yscla, Isla,
sempre seguito dall’aggettivo Maggiore
13 Baudi di Vesme C. e Al. – Monumenta Historiae Patriae
Edita Iussu Regis Caroli Alberti Scriptores, Augustae
Taurinorum, E Regio Typographeo, (1839), pp. 641-642
(21/11/1261).
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cinquantasette oncie d’oro, venitre tureni, ed
alquanti grani, dovuti per il castello del Maro
da essi a se venduto, la qual somma promise
pagare per tutto il detto mese14…
- … Quanto al contado d’Isola Maggiore scrive
il Marchese di Gerace15… essergli pervenuto per
via di donne, ed avere dal Re Manfredo l’anno
1258 avuto in ricompensa de’ suoi buoni servizi
altri feudi16…
Come si vede, il legame con Ischia inizia ben
prima di quanto sinora visto, e certamente prima
del 1258.
Quanto segue serve solo a mostrare come
nel casato dei Ventimiglia si distribuissero le
proprietà fra i numeroso figli illegittimi di un
Francesco che si vantava dei titoli17: signore di
Gerace, Castelbuono, Iscla maggiore, Pollina,
Molisano, Grattero, Monte S. Angelo, Malveyo,
Tusa, Caronia, Castelluzzo, S. Mauro, le
due Petraglie, Grange, Sperlinga, Pettineo,
Raccalivano ed altre terre in Sicilia, oltre quelle
che aveva nella diocesi d’Albenga…
Il medesimo lasciò a Manuele che era il
primogenito… i contadi di Gerace e d’Iscla
maggiore con le due Petraglie ed in sue lettere
egli si firma: Franciscus Dei gratia Comes
Ventimilii, Giracii, et Isclae maioris… titoli che
compaiono anche nel suo sigillo in cera rossa ove
si legge la stessa scritta18.
Da pubblicazione di Emanuele e Gaetani F. M.19
emerge che il legame con ISCHIA, maggiore e
minore, e PROCIDA, passa per il matrimonio
di una Elisabetta, - discendente da Aldoino o
Alboino, longobardo, e sposo di una Guerrera
Craon e Barnavilla: questo Aldoino20 era Conte
delle due Ischia, Procida, e Lementini in Calabria
– con Arrigo o Enrico Ventimiglia, figlio di
Guglielmo, passato in Sicilia nel 1242: questo
14 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit. pp. 641-642
(24/01/1262).
15 Titolo acquisito successivamente dalla casata
16 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit., pp. 641-641 (1258).
17 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit., pp. 753-754 (1333).
18 V. Antista G. - Architettura e Arte di Geraci (XI-XVI
sec.), dic. 2009. p. 39, nota 41. File pdf dalla rete.
19 Emanuele e Gaetani F. M. – Della Sicilia Nobile, Palermo,
Pietro Bentivegna, nella Stamperia de’ Santi Apostoli, parte
seconda, (1757). File pdf da Google Books. - Emanuele e
Gaetani F. M. – Della Sicilia Nobile, compimento della parte
seconda, Palermo, Pietro Bentivegna, nella Stamperia de’
Santi Apostoli, parte seconda, (1759). File pdf da Google
Books.
20 Si conosce il suo testamento steso nel 1232, con molto
anticipo sulla sua morte.
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La Rassegna d’Ischia n. 2/2015
spiega il per via di donne di Baudi di Vesme21.
La casata dei Ventimiglia, oltre ai titoli ricevuti
da Elisabetta, comitissa di Ischia etc., acquista
poi quelli siciliani.
Come si rileva da quanto precede, Arrigo
sarebbe figlio, una volta di Guglielmo, un’altra
di Filippo, ma è veramente difficile seguire
l’intrecciarsi dei casati e la descrizione che ne
viene fatta dai vari autori, spesso in disaccordo
fra loro: se si tiene presente il documento fatto
nel regno di Napoli il 21 novembre dell’anno
1261, si dovrebbe dar credito alla paternità di
Filippo22.
Due Castelli
Oggi Gratteri conta poco più di mille abitanti,
e niente, a prima vista, fa supporre un passato
storicamente rilevante: il legame con i Ventimiglia
trova, per chi lo cercasse, una conferma nelle
tombe che si trovano nell’abside della Matrice
vecchia23, la cui facciata guarda il monte S. Vito,
sulla cui cima si ergeva il castello, oggi non più
rintracciabile, con le cui rovine venne costruita la
Matrice nuova24; altre testimonianze si trovano
nella Chiesa del Convento di S. Maria del Gesù.
La posizione del castello era particolarmente
felice25, poiché il monte presenta una parete quasi
verticale nel lato occidentale, un’altezza massima
di 666 m, ed è circondato da un modesto corso
d’acqua, oggi ricoperto, il Crati, un torrente che
scendendo da Pizzo Dipilo attraversa l’abitato, e
che passa anche per la vicina Isnello.
Vi si giungeva per tre porte e tre ponti, una
delle quali è quella di Fantina, ed una galleria
sotterranea vi perveniva passando sotto la
21 Baudi di Vesme C. e Al. – op. cit., pp. 641-641 (1258).
22 Nella figuea precedene si è presentato un genealogico
mediato fra le varie e spesso discordi informazioni che si
sono raccolte.
23 La vecchia chiesa del paese, accanto a quella che era
la casa dei miei nonni, dove sono nato nel lontano 1934.
Nell’abside si trovano le tombe di Elisabetta Filangieri,
contessa di Gratteri e sposa di Lorenzo Ventimiglia, morta
nel 1550, e di Gaetano Ventimiglia, barone di Gratteri,
morto nel 1724.
24 Non è forse fuor di luogo ricordare che la casa di zie
materne, il cui orto di stendeva alla pendice del rilievo di S.
Vito era da quel lato separato dall’abitazione da un fossato,
con tanto di ponte levatoio in ferro, la cui manovra a mano
era oggetto di gare a tempo con i miei fratelli.
25 In Emanuele e Gaetani F. M. – op. cit. ,p. 67, parlando
della lotta fra Francesco Ventimiglia ed un Centelles,
napoletano, nei primi decenni del 1400, si dice: restò il
Ventimiglia spogliato di gran parte delle sue ereditarie
Terre….fuorché del Castello, e Terra di Gratteri fortissima
di sito, dentro la quale erasi egli rinchiuso, e del Castello
della Roccella, che soli poté mantenere…
Matrice vecchia; edificato fra il VII e l’VIII
secolo, passò ai Ventimiglia nel 1258; nella storia
del paese è protagonista di assedi.
I suoi ruderi servirono in gran parte, come
detto, come materiale da costruzione della nuova
chiesa madre del paese.
Lasciando da parte la Liguria e Genova, con i
suoi tanti castelli, anche la piccola Gratteri aveva
il suo, che con le sue mura abbracciava la parte
antica del paese, così come la lontana Ischia
minore, un altro legame fra questi lontani paesi,
oltre a quello di comuni signori, anche se ben
presto questi conservarono solo il titolo sull’Isola
maggiore.
Conclusioni
Un notevole insieme di signori, con quello dei
Ventimiglia in un piano particolare, attraverso
titoli conservati e rivendicati fino al secolo
XVIII, lega Ischia, Sicilia26 e Liguria: se ne è
approfittato per gettare un rapido e meravigliato
sguardo al paesello natio, e ad Ischia, di dove
giungono queste brevi note, e precisamente da
Forio.
Vincenzo Belli
Altre testimonianze
Nondimeno, l’interesse del Ventimiglia per l’isola
d’Ischia, oltre che per l’importante ruolo strategico
militare, e per la ricca marineria commerciale che
ospitava, era dovuto alle miniere di allume che vi si
trovavano, e che fornivano un reddito netto di 300 onze
d’oro annue, materia prima l’allume indispensabile
per la concia delle pelli e alla raffinazione dei panni
nell’industria laniera e esportato sino nelle Fiandre:
«Le prime testimonianze certe sulla presenza di
un’industria dell’allume all’isola d’Ischia risalgono
al Duecento, ma non mancano riferimenti a tempi
precedenti, come si ricava dagli atti processuali del
1271, riguardanti la rivendicazione fiscale delle
miniere di allume e di zolfo sfruttate abusivamente
da Guido de Burgundio de Castronovo, castellano
di Ischia. Secondo tutti i testimoni, le miniere erano
demaniali, o della curia imperiale, sin dal tempo
del conte Enrico (II di Ventimiglia, III di Geraci);
l’anziano Stefano Calillo, in particolare, dichiara che
le miniere erano imperiali dal tempo degli imperatori
prima, del conte Enrico poi, come lui stesso aveva
veduto circa 80 anni prima. Per cui Cestari le considera
attive intorno al 1191, ai tempi di Guglielmo III, di
Tancredi e di Arrigo VI2».
La contea di Ischia
(da Wikipedia alla voce “Enrico II di Ventimiglia”)
Nel 1270 è occupata dagli Angioini anche l’isola
d’Ischia, con le fortezze di Ischia Maggiore e Girone,
e i casali di Forio, Mezzavia, Moropano, Eramo,
Fontana e Campagnola. Soltanto al 9 luglio 1287 la
contea d’Ischia ritornava in mano degli Aragonesi,
alleati di Enrico II di Ventimiglia, che vi nominavano
il castellano Galcerando de Monteolyo con la
guarnigione di 39 balestrieri e 26 lancieri. L’isola
d’Ischia era poi restituita formalmente da re Giacomo
II d’Aragona a Carlo II d’Angiò alla fine del 1293, ma
l’isola rimase in potere di Federico II d’Aragona e di
Enrico II di Ventimiglia sino al settembre del 1299. A
quel tempo, Enrico di Ventimiglia espresse il proposito
di tornare fedele alla Casa d’Angiò, e quindi il conte di
Ischia e Geraci richiese all’Angioino la conferma dei
propri vassallaggi. Il 28 luglio 1300 il re angioino gli
confermò tutti i beni posseduti in Sicilia, la contea di
Geraci, le due Petralie, Caronia e Gratteri, ma non la
contea d’Ischia. Intendeva infatti rispettare l’impegno
assunto con gli Ischitani di mantenere l’isola nel
demanio regio. Promise in cambio al Ventimiglia di
compensarlo con altre terre per la perdita d’Ischia, se
entro Natale gli fosse tornato fedele, ma il conte non
acconsentì.
Il titolo di conte d’Ischia, che vediamo assunto da
Enrico almeno dall’anno 1260, fu molto prestigioso e
antico, essendo un titolo di origine bizantina, risalente
al VII secolo, tenuto dalla famiglia magnatizia
napoletana dei Milluso, tra X e inizio XII secolo,
prima di passare ai normanni signori di Geraci1.
26 Vedi anche Fodale S. - L’appartenenza d’Ischia alla
Sicilia durante la guerra del Vespro (1287-1299), in Atti
del Primo Colloquio di Studi per il 17° centenario di S.
Restituta, a cura del Centro Studi su l’isola d’Ischia, 1989;
testo trascritto in La Rassegna d’Ischia pp. 22-26, n.2/2003.
Enrico Ventimiglia
(da S. Fodale, L’appartenenza d’Ischia alla Sicilia…. op. cit.)
Nell’isola d’Ischia, tornata angioina, si erano
concentrate le forze navali. Erano presenti Giacomo
II re d’Aragona, alleato di Carlo II d’Angiò, e
l’ammiraglio Ruggero Loria . Dall’isola fu fatto partire
nell’agosto 1300 Pietro d’Alamanno, con l’incarico
di recarsi a Palermo, per trattare la liberazione e il
2 Giuseppe Pipino, Oro e Allume nella storia dell’isola
d’Ischia, “La Rassegna d’Ischia”, 30 (2009), pp.18-35.
1 Regii Neapolitani archivi monumenta, pp. 338-344.
La Rassegna d’Ischia n. 2/2015
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riscatto degli ischitani che vi erano tenuti prigionieri.
Intanto Enrico Ventimiglia aveva manifestato il
proposito di tornare fedele alla Casa d’Angiò. Chiese
a Carlo II la conferma dei propri possedimenti. Il 28
luglio 1300 il re gli confermò tutti i beni posseduti in
Sicilia, la contea di Geraci, le due Petralie, Caronia
e Gratteri, ma non la contea d’Ischia. Intendeva
infatti rispettare l’impegno assunto con gli isolani
e mantenere quindi Ischia nel demanio regio.
Promise in cambio al Ventimiglia di compensarlo
adeguatamente per la perdita d’Ischia, se entro Natale
gli fosse tornato fedele.
Enrico I (* 1226 + 1266), Conte di Ventimiglia
(titolare), 1° Conte di Geraci e di Ischia Maggiore,
Signore di Gangi e delle Petralie (1258), Signore di
Gratteri ed Isnello (o Asinello), Capitano Generale
degli Eserciti di Re Manfredi, Vicario del Regno a
Napoli (dalla Rete).
Primo esponente del lignaggio ligure dei conti di
Ventimiglia dotato di domini territoriali in Sicilia.
L’insediamento nell’isola avviene a metà del XIII
secolo attraverso il matrimonio con Isabella Candida,
secondogenita di Aldoino, conte di Ischia e signore
di Geraci, e di una discendente della famiglia dei
Cicala, signori di Polizzi e di Collesano. Le famiglie
di entrambi i genitori erano fortemente radicate
nel territorio madonita, anche se, all’epoca del
matrimonio, i territori di Geraci erano stati revocati al
demanio regio. Nel 1258 Enrico viene però investito
dal re Manfredi delle Petralie con il grande feudo di
Bilici, di Gratteri e della foresta regia di Caronia,
insediandosi stabilmente nel territorio su cui potevano
ЛИПУЧИЕ СНЫ (Sogni moschicidi)
di Alexandre Urussov
Michail Talalay dell’Accademia delle Scienze di
Mosca, il 19 marzo 2015 ha presentato a Napoli, Palazzo Serra di Cassano dell’Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici, il libro (un romanzo e tre
racconti) “Sogni moschicidi” di Alexandre
Urussov, pubblicato dalla casa editrice Aletheia
di San Pietroburgo.
Presente l’autore che ha parlato sia del romanzo sia di cinquantesimo anniversario della sua
attività di scrittore-dissidente (1965-2015). La
manifestazione è stata presieduta da Matteo
D’Ambrosio; hanno partecipato l’Associazione
culturale Maxim Gorkij e il collettivo Russkij
Mir dell’Università Orientale.
14
La Rassegna d’Ischia n. 2/2015
gravare le rivendicazioni della moglie. Queste, però
non sono testimoniate se non nel 1271, in epoca
angioina, quando Isabella viene designata come
“comitissa Geracii”, titolo mai portato da Enrico e
dal figlio Aldoino, che si fregiavano invece di quello
di “comes Iscle maioris”, derivato dall’eredità dei
Candida. Probabilmente, il titolo rivendicato è una
contaminazione della qualifica comitale dei Candida
relativa ad Ischia con la denominazione di “contea”
attribuita alla circoscrizione pubblica in cui erano
stati inclusi i domini geracensi tornati al demanio.
Pietro Monti
Ischia, archeologia e storia
Durante la spedizione pisana a favore di Corradino,
sostenuta anche da Enrico dei Ventimiglia, primo
conte di Geraci, già capitano generale nell'esercito di
Manfredi, tre galee pisane s'accostarono all'Isola, e
gli uomini dell'armata navale, servendosi dei vascelli,
occuparono il borgo di mare; non riuscendo a piegare
gli Ischitani ad acclamare Corradino, contro l'invasore
re Carlo, per vendetta operarono spaventosi massacri:
incendiarono le case, le galee, i vascelli tirati a secco
sulla spiaggia, fino a giungere allo stupro di cento
fanciulle . Ciò nonostante, re Carlo, dopo la battaglia
di Tagliacozzo (1268), volle spiegazioni dettagliate
dei responsabili della resa, ed ordinò una inchiesta
generale: per questo furono chiamati in causa
rappresentanti di vari casali dell'Isola e di altri paesi
vicini, i quali confermarono pubblicamente la loro
fedeltà al nuovo re.
*
Napoli – Nello scavo della metropolitana di Napoli (Piazza Municipio) sono state trovate altre
imbarcazioni che, insieme agli altri relitti portati
alla luce nel 2003 e nel 2005, fanno pensare ad
una vera e propria flotta di Neapolis.
Le imbarcazioni probabilmente affondarono a
causa di violenti mareggiate che dovettero colpire il porto. Si potrà accertare, appena ultimati gli
scavi, con quali legni furono costruite anche se in
teoria il tipo di legname dovrebbe avere caratteristiche resinose che resistono all’acqua salmastra.
La particolarità delle imbarcazioni è quella di avere l’estremità “a specchio”. Non si hanno tracce di
eventuali carichi e al momento non si conosce il
tipo di navigare, a remi o a vele. Secondo l’archeologa Daniela Giampaola “si tratta di due relitti
che sembrano databili tra la fine del II secolo
dopo Cristo e gli inizi del III secolo dopo Cristo”.
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Liguria, Sicilia, ISCHIA: uno strano triangolo