incontro
PERIODICO
TRIMESTRALE
R E A LTÀ
www.incontro alla realta.it
GRATUITO
ALL A
N.1 MARZO
2010
IN UN MONDO DI FUGGIASCHI (TUTTI INFATTI FUGGONO DI FRONTE ALL’INEVITABILITÀ DI STABILIRE UN SENSO PER LA VITA), LA PERSONA CHE PRENDE
LA DIREZIONE OPPOSTA SEMBRA CHE FUGGA. IL CRISTIANO È COLUI CHE AVANZA NELLA DIREZIONE OPPOSTA. PERCIÒ VA INCONTRO ALLA REALTÀ
(T.S. ELIOT)
L’INCONTRO DEL VESCOVO DI TORA
CON GLI UNIVERSITARI
DELLA ZONA NORD DI ROMA
GIORNATA UNIVERSITARIA
ALL’UPS
Giovani d’oggi. Identità e progetto di vita
SABATO 1° MAGGIO
INAUGURAZIONE DELLA NUOVA CHIESA
SANTA MARIA DELLE GRAZIE
Foto di Claudio Bonanno
ZONA CASAL BOCCONE
PADRE LUIGI AMICO DI DIO
AMICO DEGLI UOMINI
Anagni (FR) 18-10-1933 - Roma 16-02-2010
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PAG. 2
SOMMARIO
3
La comunità dei SS. Angeli Custodi ha
dato il suo ultimo affettuoso saluto a Padre
Luigi Affoni
4
L’Associazione “Amici di Villa Santa
Maria”
5
Testimonianza di un corista della Schola
Cantorum della parrocchia SS. Angeli
Custodi
6
Dio e tutte le sue creature, benedizione a
Sant’Eusebio di tutti gli animali
7
Santa Maria della Speranza, presentazione
del libro di Giancarlo Carlini
8
Cineclub S. Achille
8
Cineclub Chaplin ‘94 a San Crisostomo
9
S. Clemente Papa “Sophia” della Bellezza
9
San Mattia, conferenze del venerdì
10 Incontro a San Mattia: “Carita in Vetitate”
11 Quando le tue parole mi vennero incontro...
incontro
PERIODICO
12 Nella Rete senza Inganno, filtro libera
tutti
GRATUITO - ANNO 3
R E A LTÀ
N.4 /2006
ALL A
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13 Ugo Uva, una vita per l’arte
IN UN MONDO DI FUGGIASCHI (TUTTI INFATTI FUGGONO DI FRONTE ALL’INEVITABILITÀ DI STABILIRE UN SENSO PER LA VITA), LA PERSONA CHE PRENDE
LA DIREZIONE OPPOSTA SEMBRA CHE FUGGA. IL CRISTIANO È COLUI CHE AVANZA NELLA DIREZIONE OPPOSTA. PERCIÒ VA INCONTRO ALLA REALTÀ
Periodico gratuito
Direttore Responsabile:
Rossana Ansuini
Direttore:
Giovanni Sozi
Segreteria di Redazione:
Alessandro Candi,
Carlo Fiorini, Franco Pietrosanti,
Francesco Pandolfi.
Antonio Pasquale, Mauro Raffaeli
Redazione:
Franco Cardano, Giampiero Petrilli
Marco Stocchi, Bruna Cola
Ferruccio Croia, Giorgio Signori
Rosario Cuglietta, Mauro Fumanti,
Vito Puce, Vittorio Altomare
Cesare Masala, Antonio Zarola
Don Mimmo Monteforte
Sergio Buratti, Tina Riccardi, Licia Pasquale
Robertto Di Donato
Hanno partecipato a questo numero:
P. Mario Aceto - Luciano Tinto
Fernando Alliney - Lucilla Romano
Giorgio Signori - Roberto Di Donato
Franco Armeni - Don Mario Pio
Alessandro Candi - Rosalba Manes
Paola Pannicelli - Anna Carla Di Lazzaro
Valerio Acri - Mons. Vincenzo Josia
Daniele Nardi - Andrea Cinanni
Giuliano Vettorato - Francesco Pandolfi
Cico - Carla Calastri - Giovanni Pasquale
Cristina Civitani
Editrice
Associazione “Grazie al Cielo”
Via Peralba 16 - 00141 Roma
Reg. Trib. di Roma 563/07 del 17/12/2007
Pubblicità cell. 335 5844441
14 In occasione del 5° anniversario della morte
di Don Giussani
15 Il vescovo incontra gli universitari di Roma
nord
16 Essere preti oggi
16 Testimonianza di un seminarista
17 In libreria esce “Padre” di Massimo
Camisasca
18 Lucio Romano a San Ponziano
19 È possibile incontrare anche a Roma
l’esperienza dell’Associazione CILLA
20 Giornata universitaria all’UPS
21 Da Giovanni Sozi ancora un libro “Don
Salvatore Marsili”
22 Gita a Napoli
Stampa:
Capitolina ‘52 sas - Roma
web engineering
Marco Primarosa
Coordinatore editoriale
[email protected]
Cell. 333 4338502
23 AVSI in Kenya
24 Il Papa alla parrocchia S. Giovanni della
Croce a Colle Salario
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PAG. 3
La comunità dei SS. Angeli Custodi
ha dato il suo ultimo affettuoso saluto a Padre Luigi Affoni
di Padre Mario Aceto
Padre Luigi nasce ad Anagni (FR) il
18 ottobre 1933 da Francesco Affoni e
Manni Maria (deceduta il 6 gennaio
ultimo scorso all’età di 97 anni, con il
conforto dei santi sacramenti
amministrati dal figlio Padre Luigi).
All’età di 14 anni entra nel Seminario
Caracciolino di Anagni. L’11/12/1950 la
professione semplice dopo il Noviziato,
e il 31/10/1954 la Professione Solenne
ad Anagni, il 16/03/1957 l’Ordinazione
Sacerdotale a Roma - Chiesa SS. XII
Apostoli. Consegue il Baccellierato in
filosofia e teologia, la Licenza e Laurea
in Teologia presso la Pontificia
Università Angelicum, consegue il
Diploma in Pastorale all’Università
Lateranense. Dal 1963 al 1976 sostituto
parroco e in seguito Parroco dei SS.
Angeli Custodi, dal 1976 al 1988
Superiore Generale dei Caracciolini
(C.R.M.), nel 1976 apre la prima casa dei
caracciolini nel paese di Villa Santa
Maria, - patria di San Francesco
Caracciolo -; nel 1984 invia i primi
sacerdoti come missionari nella terra
d’Africa, Congo ex Zaire, come prima
esperienza missionaria dei suoi
confratelli. Dal 1988 svolge diverse
mansioni nella comunità dei SS. Angeli
Custodi seguendo il cammino di fede e di
formazione liturgica di diversi gruppi
parrocchiali, eccellente organista e
animatore della Schola Cantorum
parrocchiale perché le celebrazioni
liturgiche potessero essere espressione
vera e gioiosa per la gloria di Dio e la
santificazione del Suo popolo. Per circa
Padre Luigi Affoni durante il Capitolo Generale a Sacrofano.
30 anni direttore spirituale Nazionale
dell’Associazione dei Cuochi d’Italia,
che venerano come Patrono San
Francesco Caracciolo. La sua salute
malferma e sempre precaria e la malattia
lo hanno provato nel cammino della
perfezione verso la casa del Padre dove
fa ritorno il 16 febbraio 2010 alle ore
16,30 assistito amorevolmente dai suoi
confratelli e famigliari nella casa dei SS.
Angeli Custodi in Roma. Giovedì 18
alle ore 15,00 la comunità dei SS. Angeli
Custodi, i confratelli, i famigliari, una
rappresentanza dei Cuochi d’Italia con il
loro Presidente, il Sindaco di Villa Santa
Maria, alcuni membri dell’Associazione
villesi a Roma e tantissimi amici che
l’hanno amato e stimato sono intervenuti
al rito esequiale con l’animazione della
Schola Cantorum con grande
commozione. Il suo corpo riposa al
cimitero del Verano di Roma. Sua gioia
era il sostegno e lo sviluppo delle opere
missionarie, chi lo desidera può
ricordarlo partecipando a questo suo
sogno che è realizzazione dell’annunzio
evangelico.
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PAG. 4
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L’Associazione “Amici di Villa Santa Maria”
Ricorda Padre Luigi
di Luciano Tinto
Padre Luigi (il primo a destra) con l’associazione “Amici di Villa Santa Maria”
Grazie padre Luigi. Se tu, a suo tempo, non
fossi venuto a Villa S. Maria, probabilmente,
oggi non esisterebbe la nostraAssociazione.
Conobbi p. Luigi durante le ferie estive del
1977 a Villa S. Maria patria di San Francesco
Caracciolo, piccolo paese dell'Abruzzo
Frentano. Gli abitanti residenti sono circa
1600. Il paese è addossato ad una rupe rocciosa quasi irreale, che si protende altezzosa
verso il cielo, chiamata dai villesi: LA
PENNA. Nell'autunno del 1977 i pp.
Caracciolini presero possesso della
Parrocchia di Villa S. Maria e di quelle dei
Comuni dove S. Francesco aveva pregato. In
quel periodo vennero a Villa S. Maria p.Luigi
Affoni ed p. Giuseppe Lucarelli. Con la loro
presenza in paese maturò 1’idea di creare
un'aggregazione di cittadini villesi residenti a Roma.
I primi contatti avvennero alla presenza dei
seguenti concittadini : Giovanni e Romolo Di
Lello, Luigi Nardizzi, Pavia Michele, Mario
Impicciatore, Camillo Daniele, Bruno
Sabatini, Rocco Di Franco, Costantino Di
Sciullo, Alberto Franco Di Cicco, Luciano Di
Nardo, Mariella Di Cicco, Franco Palmieri,
Francesco Di Nino ed il sottoscritto.
Durante la fine del 1977 ed i primi mesi del
1978 ci furono diversi incontri; essi avvenivano, quasi sempre, ospiti del carissimo compianto amico Camillo Daniele, nei locali del
“piano bar" che Camillo gestiva, a
quell'epoca, presso l'hotel Maestoso in Via
Veneto.
II problema da risolvere era trovare i locali
dove riunire i futuri partecipanti alla nascente
associazione. Ricordo che si cercò nei vari
quartieri romani appartamenti da affittare per
stabilire l'ubicazione della nostra sede ma
ogni volta dovevamo tornare sui nostri passi
perché le disponibilità economiche non ci permettevano di sostenere quelle spese e fu allora che la figura di p. Luigi risultò determinante per la nostra nascita : p. Luigi decise di mettere a disposizione dell'Associazione i locali
della Parrocchia dei SS. Angeli Custodi a
Piazza Sempione.
Iniziò così la nostra vita associativa.
Ho voluto ricordare questi particolari per far
capire ai villesi che senza p. Luigi probabilmente l'Associazione difficilmente sarebbe
nata.
Confermata la sede, furono gettate le basi per
la costituzione di una aggregazione di concittadini e fu deciso di costituire l'Associazione
amici di Villa S. Maria e della Valle del
Sangro.
Dal 16 marzo 1978, giorno in cui i villesi si
ritrovarono per la prima volta nei locali
dell'Associazione, al 20 dicembre 2009,
P. Luigi è stato sempre presente in tutte le
occasioni di incontri creati per vivere in
comunione la vita associativa. Egli è stato il
nostro assistente spirituale dal primo giorno
.
della nostra costituzione e nostro Presidente
negli ultimi anni. Ormai p. Luigi viveva fra i
villesi e per i villesi; di essi conosceva un po'
tutto e di alcuni, spesso, anche i soprannomi.
Viveva con i cuochi villesi e con quelli di
tutta Italia. Fu nominato, infatti, direttore spirituale Nazionale dell'Associazione dei
Cuochi d'Italia. L'll ottobre 1986
l'Amministrazione comunale di Villa Santa
Maria deliberò di conferire a p. Luigi la cittadinanza onoraria del paese.
In possesso di "penna sopraffina", ha collaborato attivamente alla pubblicazione di articoli sul Notiziario La Penna dell'Associazione Amici di Villa S. Maria, ha curato
opuscoli e articoli per la preghiera personale
e comunitaria, ha diretto la pubblicazione del
periodo "Nyamilima", ha presentato alla
stampa una ricerca per la divulgazione e la
conoscenza dell'Ordine dei Chierici Regolari
Minori.
Padre Luigi, ritengo non sia mai tardi, dirti
con il cuore gonfio di gioia e di gratitudine , a
nome di tutti i villesi, soci e non della nostra
Associazione, che ti abbiamo voluto bene e
che ti vogliamo ringraziare per averci donato
la tua amicizia e la tua totale disponibilità,
insegnandoci ad amare ed a sopportare le
avversità come tu hai fatto durante la tua
grave malattia.
GRAZIE!
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PAG. 5
Testimonianza di un corista della Schola Cantorum
della parrocchia SS. Angeli Custodi
di Fernando Alliney
avvenivano tra i due. Dotati di spiccata cultura musicale, entrambi desideravano scegliere i brani che ritenevano più appropriati
all'occasione che si presentava. Per tutto il
tempo che li abbiamo avuti con noi, i partecipanti al coro hanno potuto godere di una sana
competizione tra i due. Erano però d'accordo
quando si trattava di riprendere un corista perché migliorasse la sua prestazione. Ogni
volta che inavvertitamente facevo il ”controcanto”, il Maestro Boschi mi riprendeva e
Padre Luigi, sempre presente alle prove, rideva sotto-sotto per questa mia debolezza che
dava tanto fastidio al maestro.
Ho conosciuto Padre Luigi quando, con la
mia famiglia, mi sono trasferito in questo
quartiere.Accadeva circa quarant'anni fa.
Cominciai a frequentare la Parrocchia dei SS.
Angeli Custodi e, sin dal primo momento, ho
apprezzato i canti che venivano eseguiti nelle
varie funzioni liturgiche, accompagnati sempre dall'organo.Amante del canto, volli conoscere chi suonava l'organo e così conobbi
Padre Luigi. Mi rimase impresso subito il suo
sorriso dolce ed ammiccante. Ero a conoscenza che aveva costituito un coro di parrocchiani, ma non entrai subito a farne parte per-
ché, per esigenze lavorative, passavo più
della metà del mio tempo fuori Italia. Quando
cambiai lavoro, decisi di entrare nel coro;
avevo una particolare predisposizione per il
“controcanto” e pensavo che ciò mi facilitasse l'apprendimento dei brani.
Entrai a far parte della Schola Cantorum lo
stesso anno in cui Padre Luigi scelse il
Maestro Boschi come direttore. I due hanno
portato avanti l'attività musicale della parrocchia per una quindicina d'anni.
Chi come me ha fatto parte del coro in quegli
anni, ricorderà con simpatia gli scambi che
Scopo principale del coro voluto da Padre
Luigi, era di accompagnare le principali funzioni liturgiche e di organizzare, per Natale,
un concerto per la comunità parrocchiale.
Padre Luigi era molto attento perché la
Schola avesse sempre a disposizione gli spartiti. Li preparava con puntuale precisione, in
particolare in occasione delle funzioni liturgiche e dei concerti.
Ricordo ancora l'emozione, non solo mia,
ma di gran parte dei fedeli che assistettero al
primo concerto di Natale che si fece con il
Maestro Boschi e la soddisfazione e riconoscenza che Padre Luigi volle esternare a tutto
il coro, al termine del concerto: sembrava
avesse ricevuto un regalo personale.
Più di una volta siamo andati a cantare fuori
Roma e in posti famosi, come a S. Pietro o ad
Assisi. Dovunque andavamo, Padre Luigi
era conosciuto, apprezzato, benvoluto e
garantiva, con la sua serenità, la buona riuscita delle varie iniziative. E' riuscito a mantenere unito il coro anche dopo la morte del
Maestro Boschi. Negli ultimi tempi, quando
la malattia lo ha costretto a ridurre al minimo
i suoi interventi, concordava con il nuovo
Maestro, Eduardo Notrica, i brani da preparare per le diverse occasioni.
E' stato un privilegio averlo incontrato e sono
certo che il mio pensiero sia condiviso da
tutti coloro che lo hanno conosciuto.
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PAG. 6
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Dio e tutte le sue creature
Grande festa a Sant’Eusebio all’Esquilino in occasione della festività di S. Antonio Abate
con la benedizione degli animali, gesto che si ripete dal 1437
di Lucilla Romano
Gli animali possono essere d'aiuto nel percorso spirituale di ognuno: attraverso di loro
si capisce, si sperimenta la gratuità
dell'amore divino. Scrive, infatti, Matteo nel
suo Vangelo: "Guardate gli uccelli del cielo:
non seminano e non mietono, né raccolgono
nei granai; eppure il Padre vostro celeste li
nutre" (6, 26). Come quella degli animali
così anche la nostra esistenza dipende inevitabilmente da un Altro, Colui che disegna il
nostro destino.
Il rapporto tra uomo e animali è stato voluto
da Dio sin dalla creazione: Egli ha affidato
gli animali adAdamo ed Eva perché li servissero, li ha poi salvati dal diluvio universale
insieme a Noè, i corvi hanno nutrito il profeta
Elia, una balena ha salvato Giona e come
dimenticare il bue e l'asino di Betlemme.
Anche lo scrittore Dino Buzzati nel racconto
Il cane che ha visto Dio sceglie come protagonista un animale che trasforma radicalmente un paese che si professava ateo. Alla
morte del suo padrone, un eremita che ogni
sera vedeva Dio, viene accolto dagli abitanti
del luogo lasciandoli, alla sua morte, notevolmente cambiati. Gli occhi di quel cane che
più di ogni altro aveva fatto esperienza di Dio
interrogavano nel profondo tutti i paesani.
È quindi possibile riconoscere la presenza di
Dio attraverso un animale che con la sua compagnia riempie di allegria le nostre case.
Sono, infatti, molti gli italiani che ospitano
nelle loro abitazioni cani, gatti, conigli, criceti, pappagalli o tartarughe. Anch'essi
hanno un santo protettore: l'egiziano
Sant'Antonio abate, festeggiato il 17 gennaio. In questa occasione vengono benedette le
stalle e tutti gli animali domestici. La scelta
di questo santo come protettore dei nostri
amici a due e quattro zampe riguarda una tradizione legata a lui e ai suoi monaci. Essi avevano, infatti, il permesso di allevare nei centri abitati dei maiali che venivano nutriti a
spese della comunità. Il loro grasso veniva
utilizzato per lenire le ferite dei malati affetti
dal fuoco di sant'Antonio, che prende nome
proprio dal monaco egiziano che visse tra il
III e il IV secolo d. C..
Questa festa è molto sentita in tutta Italia. Il
rito della benedizione degli animali è stato
celebrato anche nella parrocchia romana di
Sant'Eusebio all'Esquilino. Una folla composta da fedeli e animali domestici si è prima
radunata nella chiesa e poi nel sagrato dove
gli animali hanno ricevuto la solenne aspersione. Durante la Santa Messa le tre navate
erano letteralmente gremite, come una casa
quando c'è una festa e si sta un po' stretti. La
chiesa oltre ad essere la casa di Dio, ha ricordato nella sua omelia il parroco, don
Sandro Bonicalzi, è anche la casa dove tutti,
persone e animali, vengono accolti.
Gli animali con la loro gioia e con i loro
sguardi sono in grado di muovere qualcosa di
inaspettato nel cuore dell'uomo, di dar forma
con la loro semplicità a un volere divino,
come ricorda Buzzati nel suo racconto.
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Don Sandro durante la benedizione degli animali
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PAG. 7
Santa Maria della Speranza
Presentazione del libro “Risposta a: Inchiesta su Gesù” di Giancarlo Carlini
di Giorgio Signori e foto di Roberto Di Donato
È stata numerosa la partecipazione, oltre centocinquanta persone hanno risposto
all'invito, per la presentazione del libro "Risposta a: “Inchiesta su Gesù” di Giancarlo
Carlini il 24 gennaio alle ore 17,30, nella
Sala Convegni in Via F. Cocco Ortu, 19 nella
omonima Parrocchia.
Il Direttore Parroco SDB don Roberto
Colameo nella funzione di moderatore presenta ai convenuti l'autore, quale parrocchiano di lunga data, sottolineando come un
buon auspicio, per la divulgazione del libro,
la concomitanza odierna della ricorrenza
della memoria di San Francesco di Sales,
patrono dei giornalisti e della stampa.
Il libro è proprio una testimonianza della verità relativa alla figura di Gesù Cristo e del cristianesimo. Infatti l'opera confuta con argomentazioni documentate le tesi originali che
Augias presenta nel suo libro "Inchiesta su
Gesù".
Don Roberto Colameo cita la frase a pag
149 del libro di G. Carlini "Quando si segue,
però, una vera ricerca storica, si deve procedere con una analisi dettagliata, senza fare
congetture e soprattutto seguire un percorso
logico e congruente, cosa che Augias non,fa
e quindi cade ripetutamente in smentite che
rendono difficile credere alla sua tesi".
Questo per sottolineare come personaggi
noti, attraverso i mezzi di comunicazione di
massa, possano dire tutto quello che pensano, per il solo fatto di essere noti. Si crea così
nel lettore l'illusione di seguire fonti assolutamente vere che fuorviandolo, rendono credibili le tesi che tali autori affermano.
Egli ricorda inoltre, come si possa, estrapolando frasi fuori del contesto originale, far
credere che la Bibbia affermi cose esattamente opposte a quello che in realtà dice.
Questa metodica, con le sue conseguenze, è
smentita come evidenzia puntigliosamente
nel libro Giancarlo Carlini.
Il prof Giovanni Sozi letterato e illustre storico, ritiene che Carlini con il suo libro sia
davvero un esempio di come si possa dimostrare con i fatti che l'opera di Augias, che ha
venduto oltre seicentomila copie, non sia
altro che il frutto di una operazione commerciale molto redditizia e sapientemente architettata, ma non una ricerca storica come vorrebbe far credere. Il professore sottolinea
come l'opera di uno sconosciuto, quale
l'autore Giancarlo Carlini, dimostri che la
verità storica si possa porgere ad un pubblico
attento ed intelligente anche senza clamori e
sponsorizzazioni interessate al fine del mero
profitto.
Il prof. Giorgio Zevini, decano della
Facoltà di Teologia della Università
Pontificia Salesiana, nonché Assistente
Spirituale del Gruppo Parrocchiale Parola e
Vita, dove si approfondisce la "lectio divina", di cui l'autore è da oltre dodici anni un
assiduo frequentatore, conferma la bontà e
verità del testo e di averne seguito fin nelle
prime fasi la stesura, perché l'autore gliene
forniva copia man mano che scriveva per
riceverne giudizi di consenso. Anche per lui
l'opera presenta una serie di appunti ed analisi dettagliate con l'ausilio di documenti storici e soprattutto con una coerente logica che si
riscontra nei testi delle sacre scritture.
A questo punto l'autore ci racconta come è
nata l'ispirazione a scrivere il libro. Ricevuto
il libro di Augias in regalo dai suoi figli che
pensavano, come la maggior parte di tanti
altri di fargli una cosa gradita, hanno invece,
dopo un'attenta lettura, provocato una reazione a rispondere al libro in questione per
un desiderio di Verità della Parola e onore al
Vangelo. Giancarlo Carlini parte
dall'analisi della verità come viene considerata alla luce del relativismo moderno, che
sostiene l'esistenza di diverse verità. Egli
afferma e dimostra con esempi semplici che
la verità è una sola (obiettiva) mentre la percezione di essa può variare a seconda della
sensibilità di ciascun individuo (soggettiva).
Cioè, la verità può essere vissuta in modo
diverso da individuo ad individuo ma questo
non cambia il suo valore oggettivo.
L'autore argomenta e dimostra due tematiche
del suo libro. La prima riguarda la certezza
storica della redazione del Nuovo
Testamento databile nel I° secolo mediante il
metodo intrinseco dell'analisi storica dei contenuti alla luce di fatti realmente avvenuti e
spiega che Augias afferma, senza alcun
accenno di prova, che gli scritti sono stati
redatti nel II secolo da autori ignoti e non
testimoni oculari.
La seconda argomentazione riguarda la
risurrezione di Gesù che Augias spiega con
allucinazioni collettive di tutti i testimoni,
mentre Carlini spiega che essi non potevano
essere allucinati in quanto i fatti si riferiscono a momenti diversi e la manifesta difficoltà
nel riconoscimento del Risorto è la certezza
della buona fede dei testimoni. Infatti gli allucinati vedono immagini frutto della loro
mente che corrispondono esattamente a ciò
che essi conoscono. Quindi, se fossero stati
allucinati, avrebbero riconosciuto immediatamente quel Gesù che essi conoscevano e
non avrebbero mostrato nessuna difficoltà
come nei Vangeli, invece si legge.
A questo punto si apre un dibattito che, visto
l'interesse del pubblico, si accende con interventi interessanti da cui si percepisce la vulnerabilità del credente medio che ammette la
scarsa conoscenza religiosa. Precise e puntuali le risposte dell'autore che riesce con
grande capacità a renderle semplici, chiare
e comprensibili, non mancando anche di puntualizzare che la lettura del suo libro aiuta il
lettore, e dimostrando come alcuni degli argomenti discussi possano favorire la conoscenza degli aspetti più topici del cristianesimo.
In una considerazione finale alcuni presenti
dichiarano di aver letto in anteprima il libro
in questione rapportandolo a quello di
Augias e confermano che solo dopo aver
letto quest'ultimo hanno compreso appieno il
testo del noto scrittore constatando le sue
incongruenze ed illogicità.
Grande soddisfazione per l'autore al quale
sono stati espressi plausi e complimenti,
molte sono state le richieste del libro con
dedica e diversi inviti a riproporre in altre
sedi un'analoga presentazione.
PAG. 8
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CINECLUB S. ACHILLE
Via Gaspara Stampa
I film saranno proiettati ogni venerdì alle ore 18,00 e alle ore 21,00 nella sala Giovanni Paolo II
Per informazioni rivolgersi a Tina Riccardi tel. 068272506 o 347 6664193
Cineclub Chaplin ‘94 a San Crisostomo
Via Emilio De Marchi, 60 - Roma Tel. 0686802247
Il “Cineclub Chaplin” ritorna anche per questa stagione con tante novità per gli appassionati di
cinema e non solo... La stagione inizierà Domenica 8 Novembre con il film “Italians” alle ore 17:00, dove
potrete acquistare le tessere dell' Associazione Nazionale Circoli Cinematografici Italiani ed iscrivervi .
II prezzo delle tessere è di 35€ (per i minori di 26 anni 30€) consente l'accesso ad una delle proiezioni cinematografiche del martedì (16:30 e 20:30).
Continuano i festeggiamenti per il quindicesimo, anniversario del Cineclub Chaplin. 0ltre alle 25 proiezioni, anche quest'anno infatti Vi sarà offerto un terzo film gratuito. Vi aspettiamo numerosi!
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PAG. 9
S. Clemente Papa
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“In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio. C'è quasi una
specie di incarnazione di Dio nel mondo,
di cui la bellezza è il segno. II bello è la
prova sperimentale che l'incarnazione è
possibile. Per questo ogni arte di
prim'ordine è, per sua essenza, religiosa”.
Simone Weil
UN LAVORO DI COLLABORAZIONE •ricerca materiale-tecnica, per
l'acquisizione delle conoscenze pratiche e
teoriche dell'arte;
•ricerca spirituale-esegetica, attraverso la lettura meditata della Sacra Scrittura (Lectio
Divina) con l'ausilio dei testi patristici, per
l'interpretazione delle opere del passato e per
la creazione di opere attuali a soggetto sacro.
FINALIZZATO
-a risvegliare e maturare la sensibilità per la
bellezza e per l'arte, che ogni persona già possiede in germe;
-a guidare alla comprensione e alla esecuzione di opere a soggetto sacro.
ARGOMENTI DELLARICERCA
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Storia del disegno - disegno - storia del colore e della Luce pittura - pittura a tema con elaborazione di soggetti sacri.
Dal discorso agli artisti di Benedetto XVI,
21 novembre 2009:
"Una funzione essenziale della vera bellezza, già evidenziata da Platone, consiste
nel comunicare all'uomo una salutare
"scossa" che lo fa uscire da se stesso, lo
strappa alla rassegnazione, all'accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo "risveglia" aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e
della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l'alto. “
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Calendario delle conferenze del III trimestre 2010
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Incontro a S. Mattia: Parliamone insieme “Caritas in Veritate”
di Alessandro Candi
Mi è stato affidato un incarico che
sinceramente ritengo impegnativo, perché il
“capo” mi ha imposto al massimo una pagina
di spazio per trasmettere al lettore le
sensazioni ed i contenuti degli incontri tenuti
presso la parrocchia di San Mattia dal rev.
Prof. Manlio Sodi (S.D.B.), il 13 gennaio ed
il 10 febbraio u.s., sul tema: l'Enciclica
“Caritas in Veritate”.
Dopo il saluto di ringraziamento e di ben
venuto all'indirizzo del prof. Sodi, il parroco
mons. Vincenzo Josia ha salutato la nutrita
assemblea raccoltasi nella chiesa grande,
scusandosi per il freddo che, pur con
l'immissione di aria calda, si faceva sentire;
fatta una preghiera di introduzione e
affidando alla Santa Madre tutti i presenti, ha
lasciato la parola a don Manlio Sodi.
Dopo le cordialità di rito il Professore è
immediatamente entrato in tema
riallacciando le fila del discorso iniziato a
novembre, partendo dal punto in cui ci aveva
lasciati trattando sull'Eucaristia, da quel
luogo, Emmaus, dove i due discepoli
riconobbero il Signore, e ricordando che il
progetto della Diocesi per l'itinerario
formativo di quest'anno ha come titolo: ”Si
aprirono loro gli occhi, lo riconobbero, lo
annunziarono”. C'è da dire che ascoltare don
Manlio è un piacere, sa metterti a tuo agio,
conducendoti nel profondo degli argomenti
non forzandoti o imponendoti il suo modo
interpretativo ma proponendoti una lettura
che serve da spunto per la più profonda e
personale indagine e riflessione. Rappresentare un'Enciclica dello spessore della
Caritas in Veritate non è certo cosa che si
possa fare in poche ore e di sera, con la
stanchezza di un'intera giornata sulle spalle,
ma lui ha saputo introdurla con la stessa
abilità con cui una guida ti conduce alla
scoperta di un grande monumento:
illustrando dapprima l'insieme e poi via via
alcuni punti salienti della struttura, fino ad
arrivare ai dettagli. Per quanto mi sarà
possibile, prenderò a riferimento quanto mi
ha colpito dei due incontri e cercherò di
riportarlo ai lettori. Innanzi tutto la
raccomandazione fatta all'uditorio che credo
debba essere ribadita: procuratevi una copia
dell'Enciclica leggetela ma soprattutto
meditatela attentamente. Questo non è,
infatti, un libricino solo da leggere, direi
piuttosto usando un esempio a me consono,
da “digerire” (La Parola è nutrimento per il
cristiano). Il Santo Padre sta tracciando un
percorso importantissimo. Già nella prima
Enciclica usava uno dei due termini: Caritas,
“Deus Caritas Est”, Dio è Carità; nella
seconda invece “Spe Salvi” “Siamo fatti
salvi nella speranza” e dunque un ulteriore
approfondimento. Oggi torna di nuovo il
termine “Caritas” ma questa volta esplicitato
dal termine “Veritas” e, badate bene, Caritas
in Veritate e non “Veritas in Caritate”, perché
non è un gioco di parole, ma un vero e
proprio percorso che trova la sua logica
esplicitata dalle ultime due righe della prima
pagina:” Sullo sviluppo Umano Integrale
nella Carità e nella Verità”. Sviluppo umano
integrale, quando parliamo di politico, di
sociale, di economico, dell'ecologico stiamo
parlando sempre dello sviluppo umano,
perché nell'Enciclica, e non poteva essere
diversamente, la Persona è al centro.
Procediamo con ordine. La parola
SVILUPPO è fondamentale, quasi magica,
dice vita, vitalità e quindi si ripete
costantemente lungo tutto il percorso
dell'Enciclica, come le parole “la persona”,
“l'uomo”, “la donna”, da qui si comincia a
vedere il senso dato dal Papa all'Enciclica,
tutti gli aspetti dello sviluppo della persona a
360 gradi. “La Carità nella Verità è la
principale forza propulsiva per il vero
sviluppo di ogni persona e dell'umanità
intera” si legge nelle prime righe, un
concetto immediato e programmatico. Qual
è il senso della Carità, quando si opera nel
sociale, all'interno e alla luce della Verità?
Leggiamo nel testo” L'amore è una forza
straordinaria, che spinge le persone ad
impegnarsi con coraggio e generosità”. E il
Papa ci ammonisce subito:”Senza la verità,
la carità scivola nel sentimentalismo.
L'amore diventa un guscio vuoto, da
riempire arbitrariamente”, parole veramente
forti, perché la carità può scivolare nel
sentimentalismo se non c'è una veritas, e
tanto per far capire che il cammino della
Chiesa non è filantropia aggiunge: “Un
Cristianesimo di carità senza verità può
venire facilmente scambiato per una riserva
di buoni sentimenti, utili per la convivenza
sociale, ma marginali”. Per il cristiano
questo cammino nella verità ti porta ad agire,
certamente nella carità, ma una carità che
guarda il bene integrale della persona, ecco
un nuovo nucleo: senza verità, senza fiducia
e amore per il vero, non c'è coscienza e
responsabilità sociale… .La Differenza con
chi si espone in tanti servizi e in tanti
impegni, ma al di là della fede (il buon
filantropo) nel cristiano è in questa carità
illuminata dalla luce della ragione e della
fede. Questa è la marcia i più che ha il
cristiano,a livello di fede ha una verifica
costante, prima ancora che dai conti o dagli
applausi della gente, dalla coscienza. Ecco
dopo questa introduzione possiamo vedere
come è articolata l'Enciclica: il primo
capitolo fa un “sunto” della Dottrina Sociale,
riprendendo, in estrema sintesi, un grande
documento di Papa Paolo VI, la “Populorum
Progressio” (Progresso dei Popoli).
Sappiamo però che tutta questa attenzione al
sociale era iniziata ufficialmente con
l'Enciclica di Papa Leone XIII, “Rerum
Novarum” (Cose Nuove), prima vera
puntualizzazione del discorso sulle realtà
sociali fatto dal Magistero della Chiesa. Nel
corso delle decine di anni vari sono stati i
documenti che hanno trattato questi
argomenti, certamente quello molto forte è
stato quello di Paolo VI e poi c'è stato quello
di Giovanni Paolo II, la “Centesimus
Annus”, altrettanto forte e importante.
Torniamo al percorso dell'Enciclica, che
tratta nel Secondo capitolo “lo sviluppo
umano nel nostro tempo”; nel Terzo
capitolo”Fraternità, sviluppo economico e
società civile”; il Quarto capitolo parla di
”Sviluppo dei popoli, diritti, doveri,
ambiente”; il Quinto capitolo” La
collaborazione della famiglia umana”; il
Sesto capitolo”lo sviluppo dei popoli e la
tecnica”. Bellissima l'annotazione fatta su
alcuni elementi del secondo capitolo:
Benedetto XVI si rifà qui all'insegnamento
di Paolo VI: ”Paolo VI aveva una visione
articolata dello sviluppo. Con il termine
sviluppo voleva indicare l'obiettivo di far
uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla
miseria, dalle malattie endemiche e
dall'analfabetismo…Dal punto di vista
economico ciò significava la loro
partecipazione attiva e in condizioni di
parità al processo economico internazionale…..Dopo tanti anni, mentre guardiamo con preoccupazione agli sviluppi e
alle prospettive delle crisi che si susseguono
in questi tempi, ci domandiamo quanto le
aspettative di Paolo VI siano state soddisfatte dal modello di sviluppo che è stato
adottato negli ultimi decenni”. E qui la
positività dell'insegnamento del Santo Padre
“La crisi diventa occasione di discernimento
e di nuova progettualità”. Quando ci sono le
crisi è inutile piangersi addosso, la persona
illuminata dalla fede sa che la crisi è un
elemento che serve per giudicare la
situazione e per andare oltre.”Quando
l'incertezza diviene endemica, si creano
forme d'instabilità psicologica, di difficoltà a
costruire percorsi coerenti nell'esistenza,
compreso anche quello verso il matrimonio”. Qui l'Enciclica ci tocca come
persone, ci coinvolge come individui che
vivono le realtà delle famiglie, con i nostri
giovani, con le problematiche di tipo sociale
ed economico che ne condizionano
l'esistenza in modo serio, altro che
“bamboccioni”.
A causa dello spazio limitato abbiamo
dovuto dividere in due l'articolo, che
termineremo nel prossimo numero, ci
scusiamo per questo con i lettori e con
l'autore.
incontro alla realtà
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PAG. 11
Quando le tue parole mi vennero incontro ...
di Rosalba Manes
«Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu
la gioia e la letizia del mio cuore, perché io
portavo il tuo nome, Signore, Dio degli
eserciti» (Ger 15,16).
Come al profeta Geremia, anche a me la
Parola del Signore è venuta incontro riempiendo la mia vita di gioia e, sin da piccola,
come sole radioso, ha illuminato i miei passi
(cf. Sal ii9,io5). Come Geremia, anch'io l'ho
divorata, scorgendo in essa il filo rosso che
guidava la mia vita e leggendo tra le righe aneliti di cielo che mi facevano ardere il cuore.
Più la leggevo, più cresceva in me il desiderio
di dedicare completamente la mia vita al servizio di questa Parola. Come per il profeta
però anche per me la Parola di Dio non è stata
solo motivo di gioia, ma anche di solitudine e
incomprensione... L'incontro con la Parola
che ha spalancato l'orizzonte della mia vita è
avvenuto per me all'età di 17 anni, subito
dopo aver ricevuto il sacramento della cresima, quando, addolorata per le sofferenze interiori dei miei coetanei e provocata dal grido
che saliva dal loro cuore, andavo scoprendo
l'insufficienza delle parole del mondo, cariche di promesse allettanti, ma povere di compimento. Cercavo parole autentiche che scaldassero il cuore non con facili miraggi di felicità, ma stimolando la crescita umana, la
coscienza del dono della vita, promuovendo
il meglio delle proprie capacità. Leggendo la
Bibbia ritrovavo la vita dell'uomo, la mia stessa vita. Il mondo mi sembrava la distesa di
ossa inaridite di cui parla il profeta Ezechiele
(cf. Ez 37), una distesa non abbandonata a se
stessa però, ma al centro delle attenzioni di un
Dio che continua a chiamare, chiedendo
all'uomo di incoraggiare gli altri a ricevere lo
Spirito che dà la vita. Questo Spirito soffiava
per me ogni volta che "passeggiavo" tra le
pagine della Bibbia.
Da allora l'incontro con la Parola di Dio contenuta nella Scrittura è divenuto per me luogo
privilegiato dell'incontro con Gesù, Parola
vivente del Padre. Attraverso la Scrittura ho
imparato a riconoscerlo e ad amarlo come
Sposo del mio cuore, maturando il desiderio
di consacrare a Lui tutta la mia vita con vincolo sponsale. Così nel '96 ho intrapreso gli
studi di teologia mossa dal desiderio non solo
di crescere culturalmente e umanamente, ma
anche di approfondire la mia fede e conoscere più a fondo la Parola di Dio. Durante i
primi anni di studio, sotto la guida sapiente
del mio padre spirituale e nell'intimità della
preghiera, verificavo che il Signore prendeva
sempre di più il primo posto nella mia vita e
questo mi dava una gioia immensa. Capii che
mi chiamava ad appartenergli totalmente e
mi ritrovai a dirgli sì e a volergli consacrare
tutta me stessa. La conoscenza della straordinaria gratuità del suo amore mi spingeva a
volergli dare tutto e a trovare in lui il mio tutto. Mi aveva sedotta (cf. Ger 20,7) e non potevo resistergli... Volevo con tutta me stessa
essere testimone del suo amore nel "cuore
della chiesa mia madre", restando nel "chiostro" del mondo, vivendo, all'interno del tessuto sociale, la verginità come risposta al suo
amore infinito e prestandogli la voce perché
la sua Parola giungesse agli uomini. Non
appena conobbi il rito di consacrazione
nell'Ordo virginum me ne innamorai e le consacrate che conobbi le sentii subito sorelle.
Vedevo alcune più dedite alla contemplazione, altre più all'azione, ma tutte comunque
interessate ad "essere" più che a "fare", a rendersi testimonianza di fede, d'amore e di speranza per l'uomo d'oggi, e in questo mi ritrovavo perfettamente. Per la mia famiglia non
fu una scelta indolore. In un retroterra culturale dove la pienezza di una donna è la maternità, non era facile rinunciare al progetto di
generare figli. Ma il Signore ha rivelato pian
piano che la maternità non è legata solo alla
generazione biologica, ma soprattutto
all'accoglienza del prossimo e alla disponibilità del cuore a promuovere gli altri e la loro
più intima vocazione. La maternità di una
donna consacrata fiorisce dalla nuzialità col
Signore e consiste nell'essere vulnerabile alla
presenza del Signore e sensibile ai bisogni
dei fratelli, per generare il cuore di molti alla
vita nuova nello Spirito. Questo dà pienezza
e gioia al cuore! Per questo non posso far
altro che cantare per tutti i giorni della mia
vita le grandi cose che Dio ha fatto in me...
INAUGURAZIONE DEL NUOVO COMPLESSO PARROCCHIALE
DI S. MARIA DELLE GRAZIE A CASAL BOCCONE
SABATO 1 MAGGIO ORE 17,00
SUA EMINENZA IL CARD.
AGOSTINO VALLINI
VICARIO DEL S. PADRE PER LA
DIOCESI DI ROMA
PRESIEDERÀ LA LITURGIA DI
DEDICAZIONE
E CONSACRERÀ L'ALTARE
Deo Gratias
Alla celebrazione liturgica seguirà
un momento conviviale e di festa
Dall'incanto all'incontro…la
Chiesa in cammino eleva il suo
canto di speranza
Alle ore 21,00 in chiesa: musica
canto - letture
Un tempo di ascolto e di riflessione.
Al termine adorazione eucaristica di
ringraziamento.
Parrocchia s. Maria delle grazie a
Casal Boccone
V. L. Carrer 43
00139 Roma
Tel 0687133241
[email protected]
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dell'arredamento della chiesa e
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C/c postale 52889466 - intestato
alla parrocchia
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incontro alla realtà
Nella RETE senza INGANNO
Filtro libera tutti
di Paola Pannicelli
È una bella soddisfazione riuscire a trasformare in positivo l'esistente, soprattutto se le
cose con le quali abbiamo a che fare tutti i
giorni, volenti o nolenti, sono tanto potenti
da riuscire ad invadere il nostro modo di pensare, di lavorare, di entrare in relazione con
gli altri ... Di fatti il titolo che abbiamo scelto
mette in rilievo uno strumento, o per meglio
dire una tecnologia con la quale tutti abbiamo a che fare, a meno che non si possa decidere di andare a vivere in un eremo. Internet,
la Rete, il Web, costituiscono parti di un
Sistema di Comunicazione che offre possibilità di connessioni planetarie e quindi in un
certo senso, assolute.Alan Turing assieme ad
un prestigioso gruppo di scienziati lo aveva
intuito fin dai primi anni venti e quando a
Londra, in uno studio nei pressi di Bletchley
Park, venne terminata la costruzione del
primo cervello ad intelligenza artificiale, il
Colossus, sapeva anche che da quel momento tutto sarebbe stato diverso. Il Governo
inglese premeva e sosteneva gli scienziati
perché quella macchina dalle dimensioni
pachidermiche avrebbe consentito uno
scopo importantissimo ai fini militari: utilizzare un "codice" di trasmissione di informazioni impenetrabile dal nemico. Colossus
inviò infatti il suo primo messaggio nel 1939,
in piena emergenza bellica. E la Storia prese
un nuovo corso e di tale Storia noi tutti siamo
frutto. Churchill alla fine della Guerra chiese
la distruzione di Colossus e di tutto il lavoro
che ne aveva permesso la costruzione, aveva
timore di un uso indiscriminato del computer... !
Intervistiamo Don Alfredo Abbondi,
impegnato nella diffusione di Davide.it
Don Alfredo, Churchill aveva ragione? Le ragioni di Churchill possiamo immaginarle ma con la paura non si va da nessuna
parte, la ragione sta dalla parte del progresso,
della innovazione... Direi piuttosto che è
necessario esser realisti. Internet ha tante
opportunità positive come tante altre negative. Si tratta di usare la ragione. Bandire i coltelli per evitare che qualcuno si tagli è inutile
e controproducente; è indispensabile invece
imparare a usare i coltelli, correttamente e
senza correre rischi
Non guardare i pericoli è da sciocchi. Non
usare le protezioni, pure!
Per questo è importante Davide. it ?
Davide è uno strumento che protegge la navigazione internet, per grandi e piccini!
Serve a fare quello che normalmente faccia-
mo nella vita di tutti i giorni: ci vacciniamo,
stiamo attenti che la casa non prenda fuoco,
prima di attraversare la strada guardiamo se
arriva, qualcuno, ci mettiamo una maglia in
più se fa freddo. Davide dovrebbe essere il
default nella navigazione internet personale,
familiare, nelle scuole, sul lavoro.
II Team di Davide.it
Don Ilario Rolle, un parroco di Venaria
Reale, alle porte di Torino, da dieci anni lavora ad un sistema per la navigazione sicura: il
filtro Davide che sconfigge il gigante Golia,
cioè la rete mondiale del Web, proteggendo
l'utente dalla visione di siti inadatti ai minori
e sconsigliati anche agli adulti per il loro contenuto legato a pornografia, violenza, satanismo e magia.
"Però i filtri sono strumenti che possono
diventare addirittura diseducativi se letti in
chiave censoria o repressiva", spiega don
Rolle, presidente dell'Associazione
Davide.it Onlus. "E' necessario, invece,
avere un approccio diverso alle tecnologie e
ai pericoli ad esse connessi; solo in questo
modo i ragazzi possono condividere
l'esigenza di una protezione e accettare l'idea
di avere uno strumento che li tuteli quando
navigano sulla Rete. Quello che stiamo cercando di diffondere è un uso consapevole di
Internet e, più in generale, delle nuove tecnologie." Il filtro, aggiornato quotidianamente
da oltre mille volontari, è consigliato in primis a famiglie, Comuni, Scuole, Biblioteche
ed altre agenzie educative, ma anche alle
aziende e in generale a chi desidera una navigazione sicura. E' infatti utile anche per evitare danni al pc perché impedisce l'accesso a
virus, trojan, spyware e malware, spesso presenti su alcuni siti.
Inoltre Davide consente di agire sui portali di
video come Youtube, individuando quasi il
100 per cento dei contenuti illegali o nocivi.
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Ugo Uva una vita per l’arte
di Anna Carla Di Lazzaro
iezione, è un maestro alla scuola dei maestri."- L'architetto Rodolfo Grasso"....
emergeva così la personalità di un artista
attento all'uomo di oggi a cui offrire, senza
ricompense speciali, visioni e proposte esistenziali sinteticamente filtrate dalla sua sensibilità di profeta di idee."- Il critico d'arte
prof. Luigi Tallarico”.... Una pittura che ha
il grande merito di superare la fissità strutturale del cubismo, in nome della sintesi tra il
delicato sentimento platonico e la spiritualità
dinamica della visione.”
Ugo Uva, pittore, scultore, grafico, di origine
calabrese nasce nel 1927, cresce a Trieste e si
trasferisce a Roma ove vive da oltre 50 anni,
nello storico e gradevole quartiere di
Montesacro-Città Giardino. E'allievo degli
scultori Carlo Sbisà, Marcello Mascherini e
Tristano Alberti. Si laurea in scienze sociali a
Roma presso l’Università Internazionale
degli Studi Sociali "Pro Deo". Lavora nella
semplicità del suo studio, sia a Roma che a
Livorno, dove dal 1997 costituisce con altri
tre maestri dell'arte contemporanea un gruppo noto come G4, ove le quattro differenti
peculiarità di questi artisti, si accomunano
per diffondere il proprio messaggio corale.
Nella sua carriera artistica, si annoverano
molte mostre personali, collettive, premi,
titoli onorifici, riconoscimenti, in Italia e
all'estero. Accademico Tiberino ed emerito
della Dante Alighieri le sue opere di pittura e
scultura compaiono in numerose collezioni
private, Enti dello Stato, Enti Religiosi, e luoghi di Culto. Nel 1967 è ricevuto da Sua
Santità Paolo VI in udienza privata, per la
donazione di una sua opera (sbalzo su rame
rappresentante la Sacra famiglia). Molteplici
sono i soggetti sacri raffigurati del maestro
Ugo Uva, particolari le raffigurazioni di San
Francesco di Paola ( sua città natale ), di San
Giusto, patrono di Trieste (sua città adottiva
per crescita), e di Santa Giulia, patrona di
Livorno ( città adottiva per amicizia ). Molti i
ritratti, tra i quali, Sua Santità Giovanni
XXIII, Sua Santità Paolo VI, Sua Santità
Giovanni Paolo II, Sua Eminenza il
Cardinale Ugo Poletti, Sua Maestà la Regina
Elisabetta II, avv. Giovanni Agnelli, gov.
Guido Carli.
Scrivono di lui: - Il critico d'arte prof.
Giuseppe Selvaggi: ".... Questo di Ugo Uva
è canto dipinto con situazioni inedite nella
pittura di oggi, e per questo da gustare anche
come novità d'arte. Ugo Uva, su questa pro-
Cavallini
Ugo Uva
Deposizione
San Francesco di Paola
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incontro alla realtà
In occasione del 5° anniversario della morte di Don Giussani
Riportiamo alcuni passi dell’articolo di Massimo Camisasca (Avvenire 21-2-2010)
Chi sia stato don Giussani non è semplice
dirlo. Poche parole non bastano a
descriverne la ricchezza della personalità
poiché egli è stato un uomo poliedrico. Ci
avvicineremo percorrendo alcune strade
concentriche che hanno segnato la sua
esistenza. Egli è stato un lettore intelligente
e precoce di poesia e letteratura. Durante le
ore di lezione, citava a memoria intere poesie
di Pascoli, di Leopardi, di Ada Negri e di altri
autori a lui cari. Interessato al dramma
inevitabile dell'esistenza umana, era un
innamorato degli uomini: sempre desideroso
di imparare, di trovare la strada per entrare
dentro le loro vite, la loro mente e il loro
cuore. Le parole degli scrittori erano, tra le
altre, alcune vie di questo incontro. Era
sicuro di una cosa: ogni uomo, nel fondo del
suo essere, vive per le stesse esigenze di
verità, di giustizia, di bene, di felicità che
animano le ore dei suoi fratelli sulla terra.
Colpiva in don Giussani la sua passione
per la musica. Portava in classe grandi
grammofoni per farci ascoltare la Quinta o la
Settima di Beethoven, alcuni concerti di
Mozart, ci introduceva a Brahms, Schubert e
Chopin. Nella musica vedeva il segno
profondo della vita dell'uomo. Nei grandi
artisti, nella loro opera leggeva la solitudine
umana e, allo stesso tempo, la tensione verso
l'incontro con altri uomini. Don Giussani è
stato si un uomo curioso, che amava
conoscere, ma soprattutto l'amico che avresti
voluto trovare sul sedile accanto a te, durante
il viaggio della vita. Don Giussani è stato
soprattutto un grande educatore. La sua
preoccupazione era trasmettere ai ragazzi in
modo chiaro, affascinante e coinvolgente,
quello che gli sembrava la Chiesa non
riuscisse più a comunicare. Il patrimonio
vitale che costituisce l'anima di ogni civiltà
deve essere riscoperto e riguadagnato da
ogni generazione. Tutta la vita del sacerdote
lombardo è stata un'esistenza dedicata a
documentare il metodo della trasmissione
del cristianesimo. Una sintonia
impressionante con quello che sarà il
tentativo del Vaticano II, un concilio pastorale che non volle semplicemente riproporre
delle verità, ma soprattutto indicare una
strada per viverle. Egli non si stancò mai di
ripetere che seguire Cristo non è negare la
ragione, negare l'uomo, ma all'opposto è
esaltarlo. IL cristianesimo non è una
tradizione del passato, è una Persona
presente che entra nella vita, in forza della
ragione stessa del suo annuncio. Giussani era
fermamente convinto che solo dall'interno
del cristianesimo vissuto l'uomo scopre se
stesso e le sue attese più radicali. Nessuno
conosce l'uomo come Cristo, dirà la
costituzione del Concilio «Gaudium et spes»
(n. 22). Il suo tentativo è stato quello di
portare la tradizione vivente della Chiesa
negli ambienti della vita dell'uomo: nella
scuola, nell'università, nella famiglia e nel
lavoro. Don Giussani é stato un alto
cantore di Cristo. Già negli anni del
seminario iniziò con alcuni suoi compagni
un piccolo gruppo, lo «Studium Christi»: una
passione irrefrenabile per Gesù come
avvenimento presente. La fede è riconoscere
Cristo vivo qui ed ora, centro del cosmo e
della storia, una persona che vale la pena
seguire, che è luce che illumina la vita e
calore che riempie interamente il cuore. Le
parole della Scrittura erano spessissimo sulle
labbra di Giussani: egli la leggeva, la
meditava, ci si immedesimava. E
immedesimava chi lo ascoltava. Amava
tantissimo san Giovanni e san Paolo. Don
Giussani è stato un grande uomo di
cultura, un estimatore della ragione umana.
Durante le ore di lezione colpiva la forza
logica del suo parlare, la stringenza del suo
ragionamento. Egli non si stancò di
sostenere contro ogni riduzionismo che la
ragione è apertura alla realtà in tutti i suoi
fattori. Benedetto XVI in questi ultimi anni
ha invitato ad «allargare la ragione». Mi ha
fatto molto pensare a Giussani. La ragione
non è qualcosa che ci chiude in noi stessi ma
una finestra spalancata su una realtà nella
quale non si finisce mai di entrare.
Dall'incontro con Cristo nasce una cultura
nuova, chiamata ad incidere nell'ambiente in
cui vivono i cristiani. Essa divenne una delle
tre dimensioni che, insieme alla carità e alla
missione, costituì l'anima della nuova
Gioventù Studentesca nata intorno a
Giussani. Egli ci ha sempre educati alla
carità. Fin da piccoli andavamo nella Bassa
milanese per stare con i bambini
semplicemente, .per educarci al fatto che Dio
si è fatto uomo per stare con noi. Tutto nasce
dalla carità, dal nostro cuore che accetta di
condividere la sua vita con quella degli altri,
come Dio ha condiviso la nostra. Le opere di
carità nate da don Giussani sono tantissime:
scuole, opere di accoglienza, associazioni di
famiglie, iniziative missionarie.
È possibile incontrare
l'esperienza di CL
(Comunione e Liberazione)
anche a Montesacro:
- Presso la Parrocchia S. Alberto
Magno
Il lunedì ogni 15 giorni alle ore 21
c'è la Scuola di Comunità
(catechesi) sul libro di don
Giussani “ Si può vivere così?”.
Per informazioni rivolgersi al
Parroco don Donato Perron
Tel. 06 87148949
- Presso la Parrocchia SS. Angeli
Custodi
Giovedì ogni 15 giorni alle ore 21.
Per informazioni rivolgersi a
Tonino cell. 3334338502
www.incontro alla realta.it
incontro alla realtà
PAG. 15
Il vescovo incontra gli universitari
di Valerio Acri
Mons. Di Tora
A San Frumenzio Mons. Di Tora
per “la comunione e condivisione del vivere cristiano”
.
Nella serata del 26 febbraio scorso, la Casa di
accoglienza Mamre, inaugurata recentemente presso la parrocchia di San Frumenzio, ha
visto la presenza del Vescovo Ausiliario del
Settore Nord Mons. Guerino Di Tora, per
quello che è stato un momento di incontro e
di confronto con le realtà universitarie di
Roma.
II saluto introduttivo è stato riservato ai
sacerdoti che collaborano con la pastorale
universitaria "cercando di coordinare al
meglio l'opera delle parrocchie di questo
settore della diocesi di Roma." Dalle parole di Don Paolo è emerso il senso specifico di
questo, come degli analoghi incontri, tenutisi
presso le altre diocesi di Roma, tutti concepiti all'insegna "del desiderio di far assumere
agli universitari una consapevolezza
nuova e più forte di cosa significhi esser cristiani." In particolare, cosa voglia dire vivere ed esprimere la propria cristianità nei luoghi "non protetti' sul posto di lavoro o,
appunto, nell'ambito dell'università; cosa
comporti raffrontarsi con quel "substrato di
insofferenza, a volte di ostilità, oppure
anche di totale indifferennza nei confronti
della Chiesa, del cristiano, della figura
stessa di Gesù. "
Quindi l'intervento del Vescovo Di Tora, prezioso per la sua autorevolezza e funzionale a
"far cogliere ai giovani universitari la grazia della consapevolezza di essere cristiani
per poi rendersi pronti a testimoniarla,
per rendere Gesù incontrabile agli altri,
alla società nella quale viviamo e che noi
stessi, in tal maniera, contribuiamo a
migliorare." "Incontrarsi questa sera - ha
voluto sottolineare Mons. Di Tora, che ha
esordito rivolgendosi ai giovani accorsi con
la frase di Sant'Agostino "per voi sono
vescovo, con voi sono cristiano" - è importante nella prospettiva del conoscersi e confrontarsi, partendo dallo specifico
dell'essere universitari, uno specifico che
identifica questo vostro momento della
vita e, per alcuni di voi, è anche motivo
della presenza in questa magnifica città."
II Vescovo ha tenuto a precisare la natura di
un incontro - auspicandone in seguito altri non di formazione bensì maggiormente
rivolto alla relazionalità e alla condivisione
dei rispettivi percorsi di fede di fronte alle
problematiche del quotidiano. Obiettivo ultimo, sempre "quella crescita e quello sviluppo umano integrale" da perseguire
attraverso "un impegno a creare comunione, a trovare un cuore comune per superare la frammentarietà dei rapporti ed evitare la dispersività delle esperienze".
Tra i vari interventi delle rappresentanze universitarie, significativo quella di Francesca,
della comunità di Sant'Egidio, che ha evidenziato "il desiderio di impegnarsi affinché l'università diventi sempre più luogo
di formazione culturale interiore, nel
quale la presenza cristiana possa essere
segno di una concezione che mette prima
di tutto al centro la persona." Una testimonianza speciale è giunta infine da chi, avendo
vissuto l'università sessantottina, luogo di
contestazione e violenza, ha voluto condividere con i presenti "il sogno di poter riscoprire e modellare l’identità cristiane del
Paese attraverso un percorso che passi
proprio attraverso l'università".
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PAG. 16
incontro alla realtà
Essere preti oggi
Contributo per l’anno sacerdotale 2009-2010
di Mons. Vincenzo Josia parroco di San Mattia
Prefetto della X Prefettura
Alcuni anni fa, in un'assemblea di presbiterio
del settore Nord di Roma, fu fatto il bilancio
dell'anno pastorale con l'aiuto di un questionario inerente ai problemi della vita sacerdotale oggi.
Le domande riguardavano la vita dei presbiteri nella comunità parrocchiale, i rapporti
con i laici, con la prefettura, col vicariato.
Alcune domande erano infine di carattere personale, e riguardavano la vita spirituale, culturale del prete. Le risposte al questionario
potrebbero essere sintetizzate così:
In primo luogo: viene sottolineata la grande
gioia di essere preti. Una gioia non fatta di
esteriorità, ma che viene dal profondo della
convinzione della fede. Gioia che è nutrita
anche dal vedere la gente tornare ai valori
dello spirito. Gioia per la grazia ricevuta dal
Signore di essere suoi portavoce nel predicare "la novità" del vangelo agli uomini di oggi,
e per la donazione totale nel celibato per il
regno.
In secondo luogo: una grande varietà di opinioni sulle tante problematiche, varietà che
veniva giudicata come un fatto positivo, cioè
come il segno di partecipazione, del confronto, del non conformismo, del non appiattimento della mente. D'altronde, la diversità di
età, di formazione spirituale e di esperienze
pastorali, per forza conduce al confronto, alla
diversità non sostanziale, all'ascolto per
l'arricchimento reciproco.
Terza osservazione: È molto sentita nei preti
l'esigenza della presenza del vescovo nelle
parrocchie. È importante che egli stia con la
gente, si dice, che partecipi alle riunioni e alla
preghiera dei giovani, degli adulti, degli operatori pastorali.
Egli, che è il segno di Cristo-pastore, raccoglie nell'unità i vari carismi. Venendo nelle
parrocchie, oltre che incoraggiare i preti e i
laici, egli esercita realmente il suo munus di
pastore, nel nome di Cristo.
Quarta osservazione: C'è in tutti il desiderio
dichiarato della "comunione". Una comunione che riesca a superare le difficoltà di carattere e di vedute. D'altra parte, la carità che
viene predicata con tanta convinzione agli
altri, come non esercitarla con i compagni di
viaggio che vengono dati dalla provvidenza
come "prossimo"?
La comunione che vuole essere amicizia vera
nel Signore, porterà alla comunicazione.
Essa potrà anche essere vivace, a volte nervosa, sempre meglio dell'ipocrisia, del silenzio
o del velato disprezzo degli altri.
La comunione è l'essenza del Cristianesimo,
è alla base della vita della Grazia e quindi di
ogni vero apostolato, che voglia essere pieno
dei frutti che maturano per l'azione del Diocomunità di Amore, non per la bravura della
"nostra intelligenza" o dei nostri "piani pastorali".
Quinta osservazione: Non manca lo scoraggiamento. Quali le cause? Esse sono molteplici: la mole di lavoro, i tanti impegni quotidiani, la fatica per seguire tutto contemporaneamente; gli insuccessi, i pochi frutti visibili; a volte la cattiva volontà. Tutte cose che
fanno venir la voglia di lasciar tutto o di cercare un apostolato... specializzato.
Ma per reagire a queste tentazioni, occorre
razionalizzare il lavoro, far spesso autocritica, e soprattutto "fermarsi".
È una esigenza oggi più sentita che ieri: affinché non succeda che "per compiere le opere
di Dio - dato che è Dio che vuole che si operi il prete non finisca per abbandonare il Dio
delle opere".
Ed ora un cenno riguardo alla vita dei presbiteri fra di loro e in rapporto alla prefettura e al
vicariato.
Se in molte parrocchie si riesce a pregare
insieme, tra i preti, in poche si esprime la
volontà di programmare assieme. L'unico
momento comunitario e di dialogo resta solamente l'ora del desinare. La maggior parte dei
preti soffre nell'avvertire un certo disinteresse degli altri circa le proprie iniziative, ed allora è portato sempre di più a chiudersi nel suo
individualismo e nel suo isolamento dorato.
Succede lo stesso, o in misura maggiore nei
confronti della prefettura, ridotta a momento
fugace e inconcludente, che presto ha termine dopo la comunicazione degli avvisi.
Molti auspicano che ci sia maggiore serietà:
che la prefettura diventi veramente il
momento peculiare in cui si matura la fraternità sacerdotale, nella comunione della
Parola di Dio, della preghiera comune fatta
senza falsi pudori, dallo scambio diuturno
delle proprie esperienze e da un minimo di
programmazione almeno nelle linee fondamentali.
La gente farebbe meno lamentele per il fatto
che riscontra diversità tra parrocchie appena
confinanti... Forse sarebbe bene accogliere le
osservazioni del popolo che con un pizzico di
ironia spesso ripete: "mettetevi d'accordo
prima tra di voi".
Per quanto riguarda il Vicariato, alcuni
preti si dicono soddisfatti per gli ottimi rapporti di amicizia sacerdotale e di collaborazione con i responsabili di esso. Altri invece,
ne sottolineano gli aspetti burocratici.
Testimonianza di un seminarista
Cari amici,
sabato 16 gennaio, durante la messa prefestiva, sono stato ammesso agli Ordini
sacri. La liturgia della vestizione ha fatto
vedere plasticamente il significato di
questo passo: svestire l'uomo vecchio e
rivestirsi di Cristo, uomo nuovo. L'abito
nero col colletto, oltre a farmi sembrare
più magro, rappresenta simbolicamente
i tre consigli evangelici: il nero la povertà, il colletto bianco la castità, indossarlo... l'obbedienza.
Vorrei ringraziare tutti quelli tra voi che
mi sono stati vicini in questo momento:
chi è riuscito a venire qui a Roma, alcuni
facendo anche un grande sacrificio. Chi
mi ha raggiunto tramite e-mail, sms, lettera o telefono. E tutti per aver pregato
per me. A ognuno di voi devo qualcosa...
In paradiso ci sorprenderemo nello scoprire quanto i nostri destini sono legati!
Quante sono le persone che, a nostra insaputa, ci hanno sostenuto e a cui dobbiamo tante grazie ricevute...
Quando il giorno dopo l'ammissione sono andato all'Angelus in piazza san
Pietro quello che mi ha impressionato di
più è stato il sentirmi chiamare "padre"
dalla gente che nemmeno conoscevo...
Padre è il nome di Dio! Ho avvertito tutta la responsabilità di rappresentare Lui!
Nessun uomo ne è degno ed io meno degli altri. Se non fossi continuamente sostenuto dalla Sua grazia tutto questo mi
schiaccerebbe. Se insieme alla coscienza della mia miseria non crescesse contemporaneamente anche la coscienza
della Sua misericordia, non riuscirei più
a respirare. Ma non è solo la responsabilità che ho sentito. Ancor più forte è stata
la gioia di vedere come il Signore non abbandoni mai il suo popolo. Mi ha scelto
perché io sia nel mondo segno della Sua
vicinanza agli uomini. Vuole guardarli
con i miei occhi, parlare con la mia voce,
usare delle mie mani e dei miei piedi...
I1 "segno" del colletto, da questo punto
di vista, è un grande aiuto alla memoria,
innanzitutto mia. Mi ricorda chi sono, o
meglio, di Chi sono. Chi è colui che mi
ha chiamato e al quale appartengo.
Pregate per me perché non frapponga
nessun ostacolo alla Sua azione. Perché
mi doni l'umiltà e la mitezza. Perché non
sia più io a vivere, ma Lui in me.
Grazie ancora
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PAG. 17
In libreria esce “Padre” di Massimo Camisasca
Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della chiesa?
Presentiamo alcuni estratti del libro che traccia le linee di una riforma della vita sacerdotale
da Fraternità e Missione
Ci sono tanti problemi che vengono dal mondo, è vero, ma i più gravi ostacoli sono tra noi
e dentro di noi. Perché sono venuti meno formatori che sappiano condurre i giovani seminaristi alla conoscenza di sé e alla confidenza
in Dio? Perché ci si è illusi che bastassero le
scienze umane? Perché abbiamo preferito
creare dei patiti della liturgia, degli specialisti della preghiera, dei professionisti
dell'azione sociale, ma non dei veri uomini,
uomini maturi, uomini di Dio? Sono domande che riguardano, in un modo o nell'altro, tutti, ma che interpellano direttamente la
Chiesa e gli uomini che la governano.
Obbedienza
Senza obbedienza non c'è più la Chiesa.
Oggi, anche da parte di molti sacerdoti,
l'obbedienza è sentita come una virtù negativa, come una diminuzione della propria personalità. Occorre invece entrare in un'altra
visione delle cose. Attraverso l'obbedienza,
riconosco di essere parte di un popolo più
grande di me, guidato da Dio attraverso coloro che lui ha scelto. Innanzitutto Pietro e i
suoi successori, e i vescovi con lui.
Silenzio
L'agire, il fare, l'operare sono realmente una
fonte di alimentazione soltanto se, al fondo
del nostro essere, noi sappiamo nutrirci continuamente del rapporto con Dio. Altrimenti
l'azione ci svuoterà, ci stancherà e, dopo averci inebriato, ci distruggerà. Sono convinto
che questo sia un punto chiave, anzi, il punto
decisivo per una rinascita della vita sacerdotale.
Preghiera
Se penso a me stesso, scopro nel più profondo del mio io questa verità: «Non mi sono
fatto da me. Ho ricevuto la vita, la ricevo continuamente, ogni giorno». Quando vivo questa trasparenza di me a me stesso, comincio a
pregare. La preghiera, infatti, non è altro se
non la domanda che scaturisce dalla mia
coscienza di essere creatura, dal mio bisogno
di essere continuamente tratto dal nulla
all'esistenza. Pregare vuol dire innanzitutto
domandare, domandare a Dio ciò di cui
abbiamo bisogno.
Vita comune e amicizia
Gesù scelse alcuni con cui avere un più stretto rapporto. In mezzo ai suoi discepoli scelse
gli apostoli, a cui confidare interamente il
suo mistero. Nell'esperienza della comunità
apostolica troviamo di nuovo unite le due
caratteristiche dell'amicizia: il cielo e la terra. La comunità apostolica è la più alta scuola
di amicizia che la storia presenti. Al tempo
stesso, essa ha rappresentato per tutta la storia della Chiesa l'esempio più concreto e più
umano di amicizia.
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incontro alla realtà
Lucio Romano a San Ponziano
Presidente di Scienza&Vita e vicepresidente del Movimento per la vita
di Daniele Nardi
Teresa: “se accettiamo che una madre possa
sopprimere il proprio figlio, che cosa ci
resta?” Cioè: se non diciamo nulla, se non facciamo nulla per aiutare i più piccoli e deboli
(sono i concepiti, ma anche molto spesso le
loro madri schiacciate dalla solitudine se non
addirittura dalla pressione dell'ambiente)
come faremo ad avere l'energia e la forza
necessaria per cambiare il mondo”
Il 30 gennaio scorso la parrocchia di San
Ponziano a Monte Sacro alto ha aperto una
settimana dedicata alla vita ed alla famiglia
che è poi culminata nella XXXII Giornata
per la vita (7 febbraio). In apertura è stato proposto alla comunità ed al territorio un incontro con Lucio Romano, presidente di
Scienza&vita e vicepresidente del
Movimento per la vita, che ha illustrato, commentato e discusso con i presenti, il tema
della Giornata: “La forza della vita, una sfida
nella povertà”.
In questa occasione abbiamo incontrato
Romano: «Il titolo scelto dai vescovi italiani
è bellissimo e riesce a mettere in relazione i
temi bioetici sempre più al centro del dibattito sociale e culturale con la situazione economica italiana e mondiale, creando un collegamento positivo tra i figli e la speranza».
Insomma il diritto alla vita, che è la radice
della Giornata istituita dalla Chiesa italiana all'indomani dell'approvazione della
legge sull'aborto, non è un concetto teorico, ma incrocia temi molto concreti…
Noi proviamo dolore quando il nostro insistere nel proclamare la dignità piena della
vita anche appena concepita viene accusata
di astrattezza. Altri ci dicono sono i problemi concreti della gente. Date casa, lavoro,
sicurezza e vedrete che la vita sarà più rispettata. Eppoi la vita è di tutti non solo del concepito. Perché non vi impegnate per tutta la
vita, anche di coloro che sono già nati? Che
cosa fate concretamente per i figli che avete
fatto nascere, quando essi divengono ragazzi? Rispondiamo come La Pira. Accusato di
essere un visionario, replicava: io sono
anche un ragioniere, so fare i calcoli, sono un
costruttore della città. Così noi rispondiamo:
certo, la vita è tutta la vita, ci sono problemi
enormi generali. Cerchiamo di fare ciò che
possiamo anche in termini concreti per tradurre in azione l'annuncio: lo testimoniano le
case di accoglienza e gli oltre centomila bambini nati anche per il sostegno operoso dei
Centri di aiuto alla vita. Ma per risolvere i
problemi generali e di tutti è necessaria la
mobilitazione della intera società. Ci vuole
un edificio nuovo. Noi mettiamo la prima pietra. Ecco: la prima pietra di un generale rinnovamento civile e morale. Diceva Madre
Del resto la povertà è la privazione del
necessario. Cosa è più necessario della
vita?
Ancora Madre Teresa di Calcutta diceva che
il bambino non nato, minacciato di essere
abortito, è il più povero tra i poveri. L'uomo
comincia la sua esistenza nella nudità più
assoluta. Non possiede nulla se non la sua
qualità di essere umano. E' il totalmente
dipendente. La sua unica possibilità è
l'accoglienza e l'amore della mamma.
Ogni anno gli aborti sono 1.300.000 nei 27
Paesi dell'Unione europea; 130mila in Italia;
dicono 40 milioni nel mondo. Possiamo parlare di povertà e non pensare a loro? Per questo 32 anni fa fu istituita la Giornata della
vita. Nel corso dell'anno tante altre giornate
ecclesiali impegnano i credenti e i non credenti in un servizio di vario genere in favore
delle più diverse categorie di “poveri”. La
prima domenica di febbraio ha il compito specifico di ricordarci lui: il più piccolo e il più
povero.
Tanti anni sono passati, ma la Chiesa non si
rassegna alla assuefazione. Proprio per questo si scrisse allora, subito dopo
l'approvazione della ingiusta legge 194, che
la giornata avrebbe dovuti dimostrare che “la
Chiesa non si rassegna e non si rassegnerà
mai”, affinché nonostante la legge, a difendere la vita resti, almeno, il baluardo della
coscienza. E prenda vigore, ogni anno di più,
quella solidarietà concreta verso le madri in
difficoltà, che testimoniando con i fatti
l'amore alla vita, penetri nelle coscienze assopite e vi risvegli la forza della vita.
A rischio non c'è solo la vita nascente, ma
anche la fase opposta, come il caso di
Eluana Englaro ci insegna. Con
Scienza&Vita avete da poco concluso la
campagna “Liberi per Vivere”, una vasta
sensibilizzazione popolare per la vita e contro l'eutanasia. Come si può collegare questa campagna con la Giornata per la vita?
Nella ricchezza e nella povertà nessuno è
padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e a rispettarla. E' necessario
approfondire i temi del fine vita, anche per
favorire lo sviluppo di una cultura solidaristica con un'offerta positiva di assistenza e
aiuto per tutti coloro che sono in condizione
di grave disabilità fisica o in stato terminale.
“Liberi per Vivere” ci ha ricordato
l'importanza di guardarci attorno con maggiore attenzione, così da riconoscere la condizione di necessità di chi ci è accanto per
sostenerlo. Ci ha anche insegnato che non è
assolutamente pensabile abbandonare un
malato in ragione della precarietà economica. In questo senso la famiglia, e la rete di
relazioni che le gravita intorno, sono il primo
e insostituibile sostegno di ogni uomo.
Parliamo delle famiglie: questa crisi ha
molto inciso sui nuclei familiari, investendo in particolare quelli in cui ci si fa carico
di un disabile grave o in cui è in arrivo un
bambino non atteso.
E' ineludibile tradurre il messaggio culturale
in una effettiva “presa in carico” delle persone. La condivisione e la cura sono espressioni di una libertà che si coniuga con la responsabilità, senza derive eutanasiche, senza
abbandoni, senza inutili accanimenti. La
società deve recuperare la sua dimensione
solidale: avanzare insieme nel progresso, ma
con il passo del più debole, del più fragile.
IL SONDAGGIO
La Giornata per la vita può diventare
anche un modo per fare attività pastorale. A San Ponziano, ad esempio,
in preparazione dell'incontro con
Lucio Romano, gli adolescenti della
parrocchia hanno realizzato un
sondaggio per le strade e le scuole
(medie e licei) del quartiere.
Un'attività che ha impegnato per
alcune settimane i giovani
costituendo un'occasione di crescita
e di approfondimento attivo dei temi
“caldi” del diritto alla vita. Ma anche
un'attività che ci ha consentito di
trarre alcune importanti conclusioni.
Tra di esse, notevole è il fatto che, tra
gli intervistati “on the road”, l'81%
ritenesse che fin dal concepimento
nascesse una vita, ma allo stesso
tempo, il 41% di questi restava
favorevole all'aborto.
Per quanto riguarda il sondaggio
effettuato nelle scuole, è emerso che
quasi la totalità dei giovani non parla
di aborto o di altre tematiche inerenti
la vita, nella sua famiglia od
all'interno della sua cerchia di amici.
Insegnamenti di cui tener conto
parlando alla gente. Ma anche
parlando ai nostri giovani per i quali
forse ci sarebbe bisogno di ripartire
da un'alfabetizzazione della “vita”.
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È possibile incontrare anche a Roma l’esperienza dell’Associazione CILLA
In via Bovio 52 (zona piazzale Clodio) tel. 0639737671 cell. 328 6019591
di Andrea Cinanni
"La cosa che continua a provocarmi è che
l'oggetto della nostra opera non è solo la
persona malata e bisognosa ma anche quello che aiuta a dare una risposta al mio bisogno: perché il malato è bisognoso come
me, ha lo stesso bisogno mio di significato
nella vita". Questo è il senso della caritativa
espresso da Salvatore Albanese, presidente
nazionale dell'opera, condiviso dai 200
volontari della associazione Cilla che conta
in tutta Italia 24 case di accoglienza in cui
trovano ospitalità gli emigrati temporanei
per motivi di salute, i parenti ed i malati in
cura nei centri ospedalieri lontani da casa provenienti da altre città o da altre nazioni.
Don Sandro Bonicalzi, sacerdote della
Fraternità missionaria di San Carlo
Borromeo, divenuto nell'ottobre 2009 parroco della chiesa di Sant'Eusebio a Roma, è già
da tre anni assistente spirituale
dell'associazione Cilla. È lui che accompagna i volontari e li guida a dare un senso al
gesto che compiono. Per noi di Roma è stato
naturale seguirlo nell'intento di svolgere al
meglio il nostro compito.
La carità non è una cosa che si fa, la carità è
una cosa che è più grande di te. Alcuni dati
statistici mostrano che ogni anno
l'associazione Cilla ospita più di 3.000 persone, con 35.000 pernottamenti, e questo è
un trend in aumento costante. Dentro questa
crescita siamo realmente liberi, proprio perché poveri, in quello che facciamo.
L'aspetto educativo credo che sia la cosa più
importante della nostra opera oggi, perché
noi apparteniamo ad un'esperienza di fede
che educa alla carità ed in quest'opera capisci
che l'importanza del gesto, anche di caritativa, non è in primo luogo quello che fai, ma
per chi lo fai e soprattutto chi decidi di amare
in quello che fai. Se l'esperienza del movi-
mento non mi avesse insegnato ad appassionarmi all'uomo, il gesto resterebbe una cosa a
se stante, non diventerebbe mai un'opera,
cioè un tentativo stabile e strutturato di dare
risposta ad un bisogno.
Sto cominciando a capire cosa intendeva
san Paolo quando diceva "sperare contro
ogni speranza"; ogni mattina, quando mi
alzo, mi chiedo "ma come fa a stare in
piedi questa cosa? Poi arriva la sera e c'è
stato un incontro, un fatto, comunque è
accaduto qualcosa, che quel giorno mi ha
reso ragionevole che Gesù è una compagnia, che dà senso a ogni istante della mia
giornata e se questo non avviene, è solo perché non me ne ricordo, non perché non
accada.
Per cui “Cilla” oggi coincide con una formula molto semplice di missione, intesa come
passione a te stesso e a tutti perché sia più possibile, più facile incontrare Gesù, perché è lui
la risposta al bisogno umano vero. Noi aiutiamo a incontrarlo secondo la forma con cui
siamo stati incontrati noi, e la nostra forma è
un'amicizia all'opera. Cioè degli amici che
non sono amici per la pizza del sabato sera o
per la partita a ramino ma per la bellezza del
loro stare insieme si sentono di assumere un
rischio nella realtà.
E' questo che ci rende liberi dall'esito, non
perché siamo indifferenti a quello che capita
ma perché quello di cui abbiamo bisogno lo
abbiamo già. Lavoriamo perché
l'associazione cresca, perché quello che
abbiamo noi sia di tutti, perché è solo donando che ricevi di più di quello che hai.
Vogliamo rendere visibile quest'esperienza,
vogliamo soprattutto che il giudizio che noi
portiamo diventi un elemento di pacificazione e di miglioramento della società e quindi
per tutti.
E' per questo che l'ospite, la persona che noi
incontriamo è importante come lo sono i rapporti costruiti negli anni. Non è un progetto
che nasce a tavolino, ma è una passione che ti
anima tutti i giorni. Il punto non è aver un progetto in testa e realizzarlo ma amare talmente
se stessi ed essere talmente appassionati alla
realtà che tutto quello che ti capita diventa
occasione di incontro e di accoglienza
dell'altro. Questa voglia di andare a fondo
anche nel dolore e nel sacrificio personale di
tempo non viene fatto perché gli altri hanno
bisogno ma viene fatto perché la letizia di
ogni giorno sia sempre più grande e vera.
ASSOCIAZIONE CILLA ONLUS
Accoglienza del Malato e della sua Famiglia
senza scopo di lucro
La Storia dell'Associazione Cilla
Era il 1979 quando una giovane di Asti, che
doveva recarsi a Parigi per un grave problema dì salute, si rivolse ad un amico, il dott.
Rino Galeazzi. Questi organizzò una raccolta di fondi, accompagnò e seguì personalmente la donna.
In questa occasione il medico venne a contatto con le difficoltà delle persone che, per
motivi di salute, devono recarsi lontano da
casa; difficoltà logistiche, economiche, di
comunicazione con i sanitari.
Nasceva così I'Associazione Cilla, un tentativo di rispondere con solidarietà a chi vive
in solitudine, lontano dalla residenza abituale, il problema della malattia propria o di un
proprio familiare.
Da allora, grazie alla infaticabile opera di
Rino Galeazzi, è nata una vastissima rete di
solidarietà in gran parte d'Italia ed in numerosi paesi esteri che si è concretizzata nella
costituzione di "punti d'accoglienza" in
vari centri ospedalieri e nella gestione di
"Case Accoglienza" dove offrire una compagnia umana attraverso l'affronto dei bisogni quotidiani più elementari.
L'intervento dell'Associazione si propone
di:
•contribuire a risolvere i problemi legati al
soggiorno lontano dalla propria residenza;
•affrontare insieme le difficoltà dovute
all'estraneità dell'ambiente cittadino ed ospedaliero;
•aiutare a superare eventuali difficoltà di
comunicazione con i sanitari; curare i rapporti con ospedali e cliniche in città italiane o
estere.
Nel 1988 muore il dott. Galeazzi e di lì a
poco la responsabilità dell'Associazione
viene assunta dal dott. Salvatore Albanese,
un medico di Padova, città che dal 1990 è
diventata anche sede legale
dell'Associazione.
Cilla era il nomignolo con cui parenti ed
amici chiamavano Maria Letizia, figlia del
Dott. Galeazzi, morta tragicamente in un
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Giornata Universitaria all’UPS
Università Pontificia Salesiana
di Prof. Giuliano Vettorato
Mercoledì 10 marzo si è celebrato la
giornata Universitaria dell'UPS.
L'anno scorso s'era svolta in maggio ed
aveva avuto come tema “Il continente
africano, situazione e sfide”. Quest'anno sì è
voluto anticiparla per non finire troppo a
ridosso degli esami estivi. Così si è colta
quest'occasione per festeggiare anche don
Bosco, la cui festa cadendo nel pieno degli
esami invernali non riesce ad avere adeguata
attenzione.
Anche il tema è stato ispirato da D. Bosco:
Giovani d'oggi. Identità e progetto di vita.
L'università di don Bosco di fronte alla
sfida educativa. A trattarlo è stata chiamata
una figura rappresentativa della cultura
accademica italiana: la prof.ssa Anna
Oliverio Ferraris, docente di psicologia
dell'età evolutiva all'Università “La
Sapienza” di Roma.
Il suo intervento è stato preceduto, oltre che
dal saluto del Rettor Magnifico (d. Carlo
Nanni), da testimonianze di ex-allievi, che
hanno presentato il modo con cui la
formazione ricevuta all'UPS li ha resi
competenti nel loro lavoro, con lo scopo di
suggerire delle particolari attenzioni nella
formazione degli attuali studenti dell'UPS.
Ed essi hanno suggerito ai loro colleghi più
giovani di non perder tempo all'Università,
utilizzandolo per studiare e darsi una solida
formazione per il futuro. Formazione che
deve comprendere anche l'aspetto spirituale
e morale, per poter avere delle risorse in più
per essere “onesti cittadini e buoni cristiani”,
in un momento storico in cui non è facile
esserlo. D'altra parte è pure necessario essere
flessibili, pronti a cogliere le opportunità
professionali senza irrigidirsi nel proprio
campo, aprendosi alla diversità culturale,
che in questa università hanno già modo di
sperimentare, grazie alla copiosa presenza di
allievi di tutto il mondo.
D'altra parte l'Università deve offrire un
costante aggiornamento culturale e
professionale, avvalendosi soprattutto delle
immense possibilità offerte dall'informatica.
Ma nello stesso tempo deve coltivare una
relazionalità reale, entrando in contatto con
tutto il mondo, aprendosi al coordinamento
con altri e aumentando lo spazio delle
competenze trasversali. Inoltre deve
partecipare al dibattito politico e culturale in
atto sia nel paese che in tutto il mondo.
La prof.ssa Anna Oliverio Ferraris,
presentando la condizione dei giovani
oggi, ha focalizzato l'attenzione sulla
grande precarietà in cui si trovano a causa
della cristi economica, dei rapidi
mutamenti sociali e culturali in atto, della
rinuncia degli adulti ad educare e ad
essere testimoni. Questo può
demoralizzare i giovani e demotivarli, ma
in ogni tempo ci sono stati problemi. Anzi,
oggi, rispetto al passato, sono molto più
avvantaggiati. Si tratta di cogliere le
opportunità offerte e di non lasciarsi
ingannare dalle sirene di turno. Ella ha
messo soprattutto in guardia dai rischi della
pubblicità che manipola e dell'informazione
superficiale e spettacolare che trae in
inganno. Ecco allora che il compito della
scuola e dell'Università di dare una buona
base culturale per poter “processare” le
informazioni e non cessare mai di informarsi
ed essere critici, perché il cervello è un
organo dalle grandi potenzialità, che più
viene usato più rende. I giovani, inoltre,
devono saper cogliere le occasioni positive
offerte dalla società e non lasciarsi deviare
dalle tentazioni di scorciatoie illusorie. Anzi,
utilizzando il loro spirito critico e le loro
potenzialità positive, essere proattivi,
costruttori di un mondo e di una civiltà
migliore di quella che hanno trovato. Per
formarli a ciò, è decisivo il ruolo
dell'insegnante/formatore, che,
soprattutto nel periodo evolutivo, deve
essere anche un testimone ed educatore, se
vuole essere efficace.
La giornata si è conclusa con alcuni altri
momenti comunitari. Alle ore 12,00 la
Concelebrazione eucaristica, presieduta dal
Rettor Magnifico ed animata dall'equipe di
pastorale universitaria e dal coro
universitario, che ha rappresentato il clou
della giornata. Seguita da un Buffet
nell'Atrio, dove si sono confusi, in sana
allegria salesiana, docenti e allievi. Allegria
che è continuata con giochi di animazione,
che ha continuato ad alimentare lo spirito
della festa.
Sembra pertanto che siano stati centrati gli
obiettivi della giornata, che erano quelli di:
- realizzare un momento di apprendimento
ultra-disciplinare e ultra-curricolare;
- promuovere l'identità universitaria in
quanto tale;
- rimodulare la trattazione di un temaproblema nella linea del “metodo” generale
dell'università, cioè del sistema preventivo
salesiano (sia nello studio, sia nella pratica
educativa che in quella pastorale);
- in collegamento con la strenna del Rettor
Maggiore per quest'anno: “Nella linea di don
Rua, portare Gesù ai giovani”;
- approfondire le relazioni di conoscenza e
amicizia tra gli studenti delle varie facoltà;
- rinnovare l'attenzione tipica dell'UPS alla
condizione giovanile attuale e alle sfide che
essa rappresenta al mondo dell'educazione e
della cultura universitaria.
Sembra che i giovani che son riusciti a
partecipare a questo evento, nonostante le
avverse condizioni metereologi del mattino,
siano stati complessivamente contenti e
soddisfatti.
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PAG. 21
Da Giovanni Sozi ancora un libro “Don Salvatore Marsili”
La biografia e il pensiero del teologo-liturgo promotore del Concilio Vaticano II
di Francesco Pandolfi
Nel mese di novembre 2009 è uscito dalle
stampe un impegnato e avvincente libro ( il
23° per la precisione) scritto dal prof.
Giovanni Sozi, in collaborazione con la
prof.ssa Adele Colombo, dal titolo “DON
SALVATORE (MARINO) MARSILI” per le
edizioni Xrijses Gentes - Roma.
Dobbiamo subito stabilire con un po' di
rammarico che la nuova pubblicazione non
riguarda il nostro quartiere di Montesacro
ma il mondo intero; l'opera, infatti, è una
biografia accuratissima della vita del
sacerdote e abate benedettino don Salvatore
Marsili il quale contribuì alla promozione e
alla realizzazione, in stretta cooperazione
con il papa Giovanni XXIII, del Concilio
Vaticano II e della radicale riforma liturgica
che ha interessato l'intera Chiesa Cattolica.
Il libro ha preso spunto dall'incarico che il
Comune di Affile e l'Associazione M.llo
d'Italia Rodolfo Graziani, sempre di Affile,
hanno voluto affidare al prof. Sozi che, come
a molti noto, è originario di quella cittadina
della provincia di Roma e quindi conterraneo
del Marsili stesso.
Partendo dalla famiglia d'origine del
sacerdote agli inizi del trascorso Novecento,
l'autore narra l'infanzia del piccolo MarinoSalvatore, gli studi elementari, la vita nel
paese, il distacco dai genitori e la partenza
per il monastero nella lontana Abbazia
Benedettina di Finalpia, in Liguria. Ne
segue, poi, i successi e le difficoltà durante
gli studi inferiori e superiori, l'accompagna,
infine, attraverso la puntuale formazione
religiosa presso l'abbazia di S. Giovanni
Evangelista di Parma, in quella di S. Maria
Assunta di Praglia e all'Anselmiano di
Roma, fino all'ordinazione sacerdotale
avvenuta nel Sacro Speco di Subiaco nel
1933. Dopo la formativa esperienza tedesca
di S. Maria Laack, don Marsili collaborò
direttamente con Rivista Liturgica,
antesignana del rinnovamento liturgico in
Italia già da molti anni, con alcuni scritti che
lo proposero come astro nascente nella
materia che stava emergendo in seno alla
Chiesa.
Dopo la drastica interruzione dovuta allo
scoppio del secondo conflitto mondiale che
vide il monaco impegnato come cappellano
delle FF.AA. della Repubblica Sociale
Italiana, a fianco dello zio Maresciallo
d'Italia Rodolfo Graziani e le negative
conseguenze di essa, al Marsili furono
affidati incarichi di prestigio a livello
nazionale ed oltre; divenne professore
titolare dell'Anselmiano e fu il fondatore del
Pontificio Istituto Liturgico. Oltre alla
direzione di Rivista Liturgica, gli fu affidato
l'insegnamento presso la Pontificia
Università Lateranense, presso quella
Gregoriana ed altre prestigiose Università
cattoliche italiane. Negli anni 1960 fu
progettista-ideatore delle linee pro grammatiche del Concilio Vaticano II. Nel
1972 fu chiamato a reggere in qualità di
Abate la sua abbazia di Finalpia,
mantenendo sempre l'insegnamento e
partecipando comunque alle commissioni
liturgiche dell'Ordine Benedettino.
Dimessosi, poi, da abate, seguitò
l'insegnamento, la scrittura su Rivista, la
formazione dei religiosi/religiose, l'attività
pastorale, l'opera sacerdotale in modo
ammirevole. Si spense a 73 anni d'età, il
27.11.1983, nel suo monastero di Finalpia.
Il Marsili, - come ben afferma la coautrice
Adele Colombo - attraverso la teologia dei
misteri di O. Casel, approdò alla Teologia
liturgica perché la concepì fondata sul
retroterra biblico e, pertanto centrata su
Cristo e sul Mistero pasquale. A lui la
scoperta che la Pasqua di Cristo, in quanto
evento storico, continua come evento
memoriale nella Chiesa che agisce
storicamente e liturgicamente come Cristo e
nel suo Spirito, rendendo così presente
nell'Eucaristia il sacrificio storico di Cristo
per attualizzarlo unendovi il sacrificio
spirituale della Chiesa. Coerente nel
pensiero, come nella vita, il Marsili
evidenziò lo stretto rapporto tra storia della
r i v e l a z i o n e / r e d e n z i o n e e l i t u rg i a
sacramentale, tra il momento rive -
lativo/attuativo della salvezza nella
incarnazione del Verbo e l'attuazione come
Memoriale nella liturgia dell'Eucaristia che,
attingendo dal mistero pasquale, rende
presente il sacrificio storico di Cristo per
coinvolgervi la Chiesa.
Il testo del libro è molto suggestivo sia sotto
l'aspetto storico che in quello teologico. E',
insomma,un libro da leggere per una
formazione cristiana più profonda e
consapevole.
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incontro alla realtà
Gita a Napoli
di Cico
Una compagnia di universitari e giovani lavoratori guidati al loro Destino,
che si incontrano ogni mercoledì
alle ore 21,00 nei locali presso
la parrocchia SS. Angeli Custodi
Dal pullman tutti avevamo fatto caso a
quella bellissima cupola dorata che spuntava
all’improvviso a lato del ponte che stavamo
percorrendo, in mezzo ad un affastellamento
di palazzine disordinato e caotico come il
traffico di una soleggiante domenica
mattina, nell’immaginario collettivo
tipicamente napoletana.
Non sapevamo che quel ponte, dominando il
Rione Sanità permettendo di scavalcarlo
senza doverlo obbligatoriamente attraversare, è forse il principale responsabile del
degrado economico e sociale del quartiere;
né immaginavamo che sotto quella cupola
avremmo incontrato un popolo raccolto in
preghiera che mai ha rinunciato alla
Speranza, concreta, nel domani, ma il cui
presente è bene che passi alla svelta.
Abbiamo assaporato i vicoli del centro e le
meraviglie accatastate l’una all’altra dai
secoli, giusto il tempo necessario per subirne
tutto il fascino e andar via con una ammirata
malinconia. Giuliana e Massimo, con
l’entusiasmo e l’amore di giovani sposi ci
hanno scortato proprio nel Rione Sanità, a
casa loro; ci hanno aiutato nel destreggiarci
tra il chiasso dei motorini, delle macchine e
delle tante persone, centomila in pochi
isolati. Hanno mostrato la concretezza ed il
realismo che rendono genuina la vita del
Rione e ci hanno spiegato le motivazioni che
li hanno costretti a rimanere. E quelle
motivazioni risiedono nella certezza di
avere, pur in una condizione di apparente
degrado e disagio, tutto il necessario per
vivere e gioire. E quando manca tutto, il
napoletano grida al Santo Patrono per
eccellenza, l’amatissimo San Gennaro,
come un figlio piange per attirare
l’attenzione del genitore. Ed il genitore non
può non commuoversi davanti alle lacrime
del figlio, e si china sulla sua umanità
inquieta, come il Santo che tre volte l’anno
compie il miracolo dello scioglimento del
sangue come per dire: sono sempre qui, in
mezzo a voi. Spaccanapoli, piazza del
Plebiscito, il Castel dell’Ovo e poi di nuovo
sul pullman per tornare a Roma; Giuliana a
Massimo si sono dimenticati di raccontarci
delle opere di Carità nate intorno al Centro di
Solidarietà che li vede protagonisti! Che
strani questi napoletani, orgogliosi fino al
punto di far solo intuire quanto è grande il
loro cuore, lasciano parlare e rumoreggiare
solo la loro splendida città
VIAGGIO NEL QUARTIERE SANITÀ DI NAPOLI, DOVE DA UN DOPOSCUOLA
NATO NEL 1992 È SGORGATA UNA REALTÀ DI SOLIDARIETÀ E LAVORO.
COSÌ VITALE DA ESSERE RIUSCITA A PORTARE I TURISTI IN UNA ZONA OFF LIMITS
Qui, in un maestoso palazzo di proprietà
dei Padri Vincenziani c'è il Cds (Centro di
solidarietà) della Compagnia delle Opere
napoletana, guidato da un gruppo di persone che hanno sì incontrato sulla loro strada
don Giussani, con tutto quel che questo
significa, che operano ispirate dal senso
che ha l'esser cristiani nel mondo, che regalano se stesse al quartiere e all'uomo che
incontrano nei volti dei bambini e delle
famiglie che vi abitano, ma che di tutto questo hanno fatto anche un lavoro i vero, una
professione originale: le due cose si tengono insieme, l'una poggia sull'altra, diversamente non funzionerebbe. Cds lo dimostra
da anni, a partire dal 1992, quando i primi
ragazzini del posto iniziarono a bussare al
portone del palazzo chiedendo di entrare
per «vedere cosa ci fosse dietro quella
porta dove ogni giorno un ragazzo di nome
Ubaldo entrava per uscirne la sera». Fu il
primo, dopo di lui altri, molti altri. Un doposcuola che non è solo un "doposcuola". È
molto di più, è servizio vero e impegno con-
creto: in questi anni non è poco. Qui incontri Patrizia Flammia, presidente del centro,
Maria Assunta Prencipe, responsabile educativa della struttura, Mario Del Verme,
king maker delle due eccezionali polisportive che molti guardano ammirati, Giuliana
Mazzara, socia e lavoratrice della cooperativa "Rione Sanità". Perché non c'è soltanto il Cds, c'è anche un piccolo universo
che, sullo sfondo di certa particolare "solidarietà", offre occasioni di crescita professionale e culturale.
Come ad esempio fare turismo, qui alla
Sanità, cioè un'apparente contraddizione
in termini. È la stessa Giuliana a spiegarlo,
lei che, tecnicamente, è una guida turistica,
decisa però a sottrarsi al calvario della precarietà di un settore prigioniero di piccoli e
meno piccoli boss della politica e della
burocrazia: «Riuscire a far inserire tra gli
itinerari turistici alla Costa Crociere il percorso guidato alle meraviglie storicoculturali ed anche archeologiche della
Sanità non è stato facile.
Sono due le associazioni sportive che
fanno capo alla Cds, tutte e due diventate
un esempio da seguire, un modello da praticare non soltanto nel quartiere ma un po'
ovunque nella città: si chiamano "Polisportiva Europa" e "Polisportiva Verna", qualcosa come settecento ragazzini circa che vi
girano intorno, che si formano attraverso lo
sport, il calcio, la scherma, il judo ed altro.
Attorno alle polisportive lavorano altre 33
persone, 25 istruttori a governare quei settecento ragazzini tra i quali qualche campione già si comincia ad intravedere. È la
vita che va così, al Cds lo sanno bene.
Patrizia e Maria Assunta raccontano poi
com'è il rapporto con le istituzioni scolastiche, come funziona questo meccanismo
strano che ha fatto sì che nel mese di settembre di ogni anno ci sia sempre qualcuno, madre o padre, che bussa al portone
chiedendo di accogliere i propri figli: «È
passato il concetto che qui da noi i bambini
non vengono parcheggiati.
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AVSI in Kenya
Inaugurazione asilo Little Prince
di Scandella
Grande festa in Kenya, sabato 6 marzo, per
l’inaugurazione dell’Asilo Little Prince
nel quartiere di Kibera a Nairobi, accanto
alla bella omonima scuola elementare di
AVSI che, con il “nuovo nato” accoglie e fa
studiare 306 studenti ed è diventato un punto
di riferimento importante per le famiglie
della zona Inaugurato e benedetto dal
Nunzio Apostolico Alein Paul Lebeaupin,
il nuovo Asilo vanta tre grandi classi al pian
terreno che ospitano la “baby-class” (bambini tra i 3 e 4 anni), la nursery (bambini tra i
4 e i 5 anni) e la pre-unit (tra 5 e i 6 anni). Al
primo piano, inoltre, ci sono altre tre classi:
Come aiutare AVSI conto corrente intestato ad “AVSI”
Banca Popolare di Milano Agenzia 026 Piazza Duca D’Aosta, 8/2 Milano
IBAN IT61C0558401626000000019000
Pietro Sciumé responsabile AVSI di Roma con altri volontari nel gazebo presso P.zza Sempione
per far conoscere le attività dell’Associazione AVSI
.
una è un laboratorio d’informatica,
un’altra per l’arte e la musica e la terza per
attività didattiche per i bambini più grandi.
Da gennaio 2010 l’Asilo ha già raggiunto il
numero di 50 bambini iscritti, ma ha una
potenzialità di 90 ed è stato realizzato con
l’aiuto finanziario di AVSI , della
Cooperazione Italiana di Nairobi e da un
trust fund locale che da anni è impegnato nel
sostenere opere educative a favore dei bambini poveri delle baraccopoli. “All’inaugurazione erano presenti oltre a tutti i 300
bambini della scuola, anche 150 genitori,
un centinaio di invitati e naturalmente i
rappresentanti delle nostre cinque scuole
in Kenya – informa da Nairobi Leo
Capobianco, responsabile di AVSI – Con
loro c’erano anche alcuni partner locali, rappresentanti della Cooperazione Italiana e
diversi insegnanti di altre scuole.” Una giornata intensa e ricca di significato. “Alla mattina gli ospiti sono stati ricevuti dalle danze e
dai canti dei bambini – continua Leo
Capobianco - C’è stata la visita alla mostra,
allestita per narrare la storia della scuola e il
suo metodo educativo e il preside ha dato il
benvenuto a tutte le autorità presenti. I bambini hanno poi rappresentato la favola di
Narnia e, prima della benedizione del nuovo
Asilo, ci sono stati alcune testimonianze
degli ospiti, come la Cooperazione Italiana e
lo stesso Nunzio”. Un evento importante che
segna un nuovo traguardo per AVSI, i suoi
partner, insegnanti, collaboratori e tutte le
persone impegnate, insieme, nell’educazione delle nuove generazioni.
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incontro alla realtà
La visita pastorale del Papa alla parrocchia di
S. Giovanni della Croce a Colle Salario
di Carla Galastri
relazione, sapete tutto - Sì, il Segretario mi ha
raccontato”.
BENEDETTO, TU CHE VIENI NEL
NOME DEL SIGNORE
Con queste parole la parrocchia di San
Giovanni della Croce a Colle Salario ha voluto accogliere Benedetto XVI, venuto in visita
pastorale il 7 marzo scorso. La sua presenza è
stata una benedizione per tutti e ha portato
linfa nuova nella vita comunitaria. Tutti, dai
sacerdoti ai laici impegnati in parrocchia,
sono stati rinvigoriti da questa visita e con
nuovo slancio hanno ripreso le attività pastorali. Specialmente il nostro parroco, Padre
Enrico Gemma, che ha messo tanto amore in
tutto quello che c'era da fare e al quale siamo
tutti grati per aver permesso la visita del
nostro Pontefice.
In effetti, i preparativi per accogliere al
meglio il Papa sono stati lunghi e faticosi, ma
tutti abbiamo partecipato con gioia e condiviso, come si fa in famiglia, ogni dettaglio di
questa accoglienza, dalla preparazione delle
salette per la vestizione e la colazione al
coro, dal servizio d'ordine ai doni da regalare
al pontefice. Questo ci ha permesso di vivere
pienamente questo evento e ci ha dato, come
ci testimonia Antonio, il responsabile della
prima comunità neocatecumenale, “la misura
del significato della visita del Papa, per cui io
mi sento di ringraziare di cuore il parroco e i
sacerdoti.”
Quando Benedetto XVI ha varcato la soglia
della chiesa dopo aver baciato e accarezzato
ogni bambino che gli presentavano e stretto
centinaia di mani, tutte le fatiche sono state
ripagate. Il Papa non si è sottratto a nessuno,
ha ringraziato calorosamente il coro parrocchiale, è andato ad incontrare, dopo la Santa
messa, il consiglio pastorale e i collaboratori
laici che lo aspettavano in una sala accuratamente preparata per l'occasione. Ha sottolineato Padre Enrico che “durante la processione per entrare in chiesa il primo a rompere
il silenzio è stato proprio il Papa. - Certo,
dodici anni nel negozio...- sorpreso, ho
risposto - Santità, allora avete letto la nostra
Questa è l'immagine e il ricordo che il nostro
pontefice ha lasciato di sé: un padre amorevole, attento, conoscitore degli animi e della
storia della sua immensa diocesi. “Dalla televisione” ci ha raccontato Ivana, una catechista “si ha l'impressione di un uomo austero,
invece qui ho avuto modo di vedere una persona umile, semplice, che porta sulle spalle il
grande compito di testimoniare Gesù
Cristo”. “Sono rimasto colpito dalla semplicità della cerimonia” ha dichiarato una collaboratrice parrocchiale, “dalla familiarità con
cui si è svolto tutto. In quel momento il Papa
sembrava uno di noi”. Anche Mauro, focolarino, ci ha detto: “Della visita del Papa porto
in cuore la tenerezza con la quale il Santo
Padre si è attardato a salutare i bambini. Mi
ha molto commosso il suo fare.”
Indubbiamente Benedetto XVI ha portato
con sé lo spirito vivo della chiesa, che ha vivificato tutta la comunità. Ci racconta Marco, il
direttore del coro: “Lui, con la sua sola presenza, è riuscito a far germogliare quel seme
che io non sono stato in grado di far nascere,
cioè fare del coro una sola voce”. A questo
proposito, ha osservato Antonella: ”Credo
che la sua visita abbia compiuto dei piccoli
miracoli nel nostro quartiere e chissà quanti
semini ha sparso nei cuori di tante persone
che non si erano mai avvicinate alla nostra
parrocchia”.
“Dalla Sua omelia sul fico sterile” ha osservato Elena, una sorella del cammino neocatecumenale “tutti abbiamo ricevuto un monito
e un invito: il Signore ci dà un tempo per dare
buoni frutti, non indugiamo nel compiere le
buone opere che ci sono state affidate”. Per
questo quanto ci ha detto durante la celebrazione eucaristica sarà per noi uno stimolo a
fare sempre meglio:
“Vi esorto ora a fare di questa Chiesa un
luogo in cui si impara sempre meglio ad
ascoltare il Signore che ci parla nelle sacre
Scritture. Queste rimangono sempre il centro
vivificante della vostra comunità affinché
diventi scuola continua di vita cristiana, da
cui parte ogni attività pastorale”
Il momento dell'Eucaristia è stato particolarmente toccante: con i 30 fratelli che hanno
ricevuto la comunione dalle mani del Papa
c'eravamo tutti. Ognuno di loro in qualche
modo rappresentava un pezzo di parrocchia:
la Comunità di S. Egidio, la Caritas, il movimento dei Focolari, il cammino
Neocatecumenale, la Casa di Maria, il grup-
po S.A.C.R.I..il movimento Carismatico, i
catechisti, i ministri della Comunione, i giovani, i fedeli, i malati. Claudia ha vent'anni ed
è nella spiritualità della Casa di Maria; è stata
una dei lettori prescelti. Ci racconta con emozione: “Nel nostro cammino il papa e la
Madonna sono due figure importanti, e crediamo che la sua presenza sia stato un dono
di Maria. Ero molto agitata all'idea di leggere la Parola di Dio alla presenza del vicario
di Cristo, ma l'atmosfera di familiarità e il
silenzio che regnava in chiesa durante la celebrazione mi hanno tranquillizzata. Ma
soprattutto mi ha colpito la familiarità con la
quale ci ha trattato Benedetto XVI: quando ci
ha visto ha sorriso e ha esclamato: “Gioventù!”.
“La mia commozione nel ricevere
l'eucaristia dal Papa è stata grande” dice
Lia, che è nella Caritas “anche perché avevo
già avuto questo dono con Giovanni Paolo II.
In quel momento e dopo, sei diversa dentro,
hai tanta gioia nel cuore, vedi la chiesa di
Cristo riunita.”
Tale è il legame di fraternità che ci unisce in
una sola famiglia, perché è in Cristo Signore
ed “è ammirabile ai nostri occhi”. Su questa
strada ci ha incoraggiato a proseguire il Santo
Padre: “Sin dal suo nascere questa parrocchia
si è aperta ai movimenti ed alle nuove comunità ecclesiali, maturando così una più ampia
coscienza di Chiesa e sperimentando nuove
forme di evangelizzazione. Vi invito a proseguire con coraggio in questa direzione, impegnandovi, però, a coinvolgere tutte le realtà
presenti in un progetto pastorale unitario”.
Ed è esattamente quello che abbiamo avvertito tutti, come ci testimoniano Luigi e Mirella,
del Movimento dei Focolari: “Ora abbiamo
il dovere di testimoniare sempre più nel
nostro quartiere la presenza di Dio Amore a
prescindere dal movimento di riferimento,
perché la nostra appartenenza è alla chiesa
di Dio e i vari movimenti non sono altro che
un mezzo per diffondere l'amore universale
di Dio. Facciamo tesoro del dono che ci è
stato fatto con questa visita e continuiamo
nel nostro cammino accanto a tutti i fratelli
della nostra comunità, distinti ma uniti
nell'amore di Gesù”.
Quando il Santo Padre ci ha lasciati, avremmo voluto dirgli: “Maestro, è bello per noi
stare qui, facciamo tre tende” come i discepoli dissero a Gesù durante la sua
Trasfigurazione sul monte, perché ognuno di
noi ha sentito forte la presenza dello Spirito
di Cristo in mezzo alla Sua chiesa.
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Anno 7 Numero 24 (Marzo)