ANTONIO CASOLARI LAZZARO SPALLANZANI E LOUIS PASTEUR LA TEORIA DELLA GENERAZIONE SPONTANEA E’ STATA CONFUTATA DA SPALLANZANI, NON DA PASTEUR INDICE Premessa … 7 Introduzione… 15 Nota biografica su Lazzaro Spallanzani…17 Nota biografica su Louis Pasteur… 23 CAPITOLO 1 _ La teoria della generazione spontanea… 27 CAPITOLO 2 _ La sterilità e la generazione spontanea … 37 CAPITOLO 3 _ Turbervill Needham…45 CAPITOLO 4 _ Lazzaro Spallanzani…49 4.1 _ La termoresistenza microbica… 51 4.2 - La sterilità delle infusioni……53 4.3 _ La ‘forza vegetatrice’… 57 4.4 – L’ultima obiezione di Needham… 59 4.5 -_ I microscopi… 63 4..6 _ La teoria della generazione spontanea é confutata… 69 CAPITOLO 5 _ Sterilizzazione e pastorizzazione…71 CAPITOLO 6 _ Pasteur e la generazione spontanea… 77 CAPITOLO 7_ Osservazioni alle esperienze di Pasteur… 83 7.1 _ Impiego di una sola soluzione colturale… 85 7.2 _ La soluzione impiegata da Pasteur é acida… 87 7.3 _ Eucarioti e procarioti… 93 7.4 _ Fermentescibilità della soluzione di Pasteur… 97 7.5 _ La soluzione impiegata da Pasteur non é sterile…100 7.6 _ Perché un trattamento di 2-3 minuti a 100°…103 7.7 _ Contaminazione dell’aria…109 7.8 _ Particelle solide disseminate nell’aria…113 7.9 _ Esperienze con ‘aria calcinata’… 117 7.9.1 _ Aria ‘calcinata’ e urina…124 7.9.2 _ Aria ‘calcinata’ e latte… 125 7.10 _ Palloni a collo ritorto… 127 7.11_Termoresistenza delle mucedinées’… 139 7.12 _ ‘Gas, fluid diverses’…141 7.13 _ Appert…143 7.14 _ ‘…nutrition des mucedinées’…145 7.15 _ Observation verbales… 147 7.16 _ Premio Alhumbert… 149 CAPITOLO 8 _ Storia della scienza, whig o anti-whig… 151 CONCLUSIONI…159 Tabella 1 … 165 Bibliografia…167 APPENDICI Attribuzioni della ‘confutazione’a Pasteur…175 Contestazioni ad alcuni testi di storia della scienza…181 F. Crick…181 J. Rostand…183 W. Bernardi…186 In copertina: Batterio anaerobio Clostridium botulinum, a 1.250 ingrandimenti. Disegni ed elaborazioni al computer: Laura Botti. Ai miei Genitori, scandianesi PREMESSA A metà degli anni ’70 un amico di Reggio Emilia, biologo anche lui, mi lasciò in custodia per qualche tempo le Opere di Lazzaro Spallanzani. Alcune parti mi sorpresero in modo particolare, perché mi resi conto con entusiasmo, che Spallanzani aveva sperimentato - per la prima volta forse, nella storia della scienza – la resistenza dei microrganismi al calore. Ero in grado di avere un’opinione piuttosto precisa in merito, visto che stavo facendo determinazioni di resistenza microbica al calore da una quindicina d’anni, impiegando microrganismi diversi, e le diverse tecniche sperimentali. Lavoravo al Centro Studi sulla Sterilizzazione, di cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche aveva dotato la Stazione Sperimentale di Parma. Tuttavia, in quegli anni ero molto preso, affondato, nello studio di una teoria che potesse spiegare molti aspetti proprio della resistenza microbica agli agenti fisici e chimici. E così rimandai l’approfondimento delle esperienze di Spallanzani. Alcuni anni or sono, rilessi i Pensieri di un biologo di Jean Rostand; rimanendone una seconda volta molto colpito. Ciò che m’indusse a ritornare ad un secondo Rostand: Lazzaro Spallanzani e le Origini della Biologia Sperimentale. Di nuovo rimasi affascinato dalla perizia che Spallanzani dimostrò nel fare esperienze che potessero confutare la dottrina della generazione spontanea. Mi convinsi, rileggendo Rostand, che Spallanzani aveva davvero eseguito osservazioni fondamentali, per la soluzione della questione. Sembrava però che il suo competitore principale, Turbervill Needham, i suoi contemporanei e lo stesso Rostand, tra gli altri, non se ne fossero resi completamente conto. In più, lo stesso Rostand, pur profondendo lodi senza fine all’operato del nostro grande scienziato, attribuiva il merito di aver confutato la tesi della generazione spontanea, al suo connazionale Pasteur. Eppure, scorrendo i cenni che Rostand faceva alle esperienze del grande chimico-biologo francese, mi sorse qualche dubbio. É chiaro che non ci si può avvicinare all’operato del grande Pasteur, se non con estremissima cautela. Prima andai quindi a leggermi la traduzione delle sue opere curata dal nostro famoso biologo O. Verona (Opere di Louis Pasteur, UTET, 1972); poi cercai le opere originali. All’Institut Pasteur di Parigi, trovai la raccolta delle Opere curata dal nipote Pasteur Vallery-Radot, pubblicata nel 1922. Stampai tutto ciò che mi pareva più interessante. Più avanti, recuperai tutta l’opera; e lessi quanto Pasteur aveva sperimentato per confutare la generazione spontanea. É forse inutile dire che mi convinsi in modo definitivo – seppure non senza esitazione - che tutte le esperienze intraprese da Pasteur per confutare la generazione spontanea, erano sbagliate. Pasteur aveva fatto esperienze inutili, proprio come sostenevano alcuni suoi competitori al premio Alhumbert – tuttavia inascoltati dall’Académie des Sciences. Aveva cercato di dimostrare, senza peraltro riuscirci, che erano nell’aria, i microrganismi che crescevano nelle infusioni degli eterogenisti. Alcune esperienze erano piuttosto spettacolari, e si prestavano parecchio ad incantare i presunti savants dell’epoca, che riuniva alla Sorbona (1864), o alla Société chimique de Paris (1861), sorprendendo la loro inesperienza, e conquistandoli alla sua convinzione personale. Diversi storici, oltre a Pasteur stesso, avevano affermato che non esisteva alcuna esperienza che potesse confutare definitivamente la generazione spontanea. Eppure, intuivo che Spallanzani aveva risolto il problema; ma come, con quale esperimento? Dopo qualche tempo, compresi finalmente che tale esperimento era proprio l’aver eseguito quella prima determinazione di resistenza dei microrganismi al calore: aveva ottenuto lo splendido risultato, che dopo 45 minuti di trattamento termico, le sue infusioni erano divenute sterili. Ecco qual' era l’experimentum crucis che aveva eseguito Spallanzani; quell’esperimento giudicato impossibile. Aveva dimostrato che esisteva la sterilità, e che tale condizione si manteneva nel tempo. La sterilità, infatti, é incompatibile con la generazione spontanea; non sarebbe possibile per definizione, mantenere sterile un substrato - adatto allo sviluppo microbico - se da un momento all’altro potesse crescervi – spontaneamente o no – anche un solo microrganismo. Le due condizioni biologiche sono assolutamente incompatibili: o sterilità o generazione spontanea. Non esiste prova migliore dell’innammissibilità della generazione spontanea. Valevole ovunque, e in ogni tempo storico. Concettualmente e in sostanza inequivocabile. Dunque Spallanzani aveva confutato davvero in modo ‘inequivocabile’ la dottrina della generazione spontanea. Non so se lui n’ebbe la completa consapevolezza. Ma é certo molto probabile. Visto che con le sue esperienze aveva inseguito le obiezioni di Needham una dopo l’altra, istituendo tutte le esperienze più appropriate, in modo che non rimanessero dubbi sulla completa disfatta dell’inglese e della sua teoria. Furono piuttosto i suoi contemporanei, e gli sperimentatori dell’800, Pasteur compreso, oltre agli storici della scienza dell’epoca – a partire almeno dal 1870 (Strick, 2003) - e i nostri contemporanei, a non aver capito il risultato ottenuto da Spallanzani. Rostand, ad esempio, non era l’unico biologo, né l’unico storico della scienza a ritenere che invece il merito della confutazione della generazione spontanea andasse a Pasteur; anzi, da una breve inchiesta ho potuto facilmente verificare come in pratica la totalità delle enciclopedie, dei testi scolastici, di quelli di storia della biologia e della microbiologia; di storia della scienza, fossero tutti della stessa opinione di Rostand (in Appendice é riportata una breve raccolta di affermazioni in tal senso, tratte da una varietà di testi a grande diffusione, scolastici, universitari, scientifici,ecc.). Ma Pasteur, non aveva proprio data nemmeno una seconda soluzione al problema?Allora, ripresi a leggere e riflettere. Stranamente, pareva che nessun microbiologo si fosse presa la responsabilità di analizzare da vicino le esperienze dello Spallanzani; e nemmeno avesse notato che quelle di Pasteur, erano così vacue, così senza senso; e così evidentemente errate. Erano citate le 'magistrali’ esperienze di Pasteur con i palloni a collo di cigno, senza spiegare perché con queste esperienze si dovesse ritenere che la generazione spontanea fosse definitivamente confutata. Come se i lettori fossero in grado di comprendere, autonomamente, indipendentemente dalla loro preparazione, questo grande mistero, dei lunghi colli ritorti. Quando invece, a ben (microbiologicamente) vedere, tali esperienze non provavano nulla. La ragione, sottintesa da chi affermava che Pasteur aveva confutata la teoria della spontaneità dell'insorgenza dei microrganismi, con le sue 'magistrali’ esperienze, era che Pasteur aveva dimostrato, secondo costoro, che i microrganismi erano nell'aria; ed era dall'aria, e da tutto ciò che poteva venire a contatto con l'aria, che i microrganismi entravano nei dispositivi sperimentali utilizzati dai sostenitori dell'eterogenesi e/o dell'abiogenesi, traendoli in inganno, viziando le loro esperienze, promuovendo sviluppi microbici da contaminazione; ma non per spontaneismo. Allo stesso tempo, sembrava che nessuno si fosse mai chiesto: ma come mai i microrganismi sono presenti nell'aria, da dove provengono? Saranno pur nati da qualche parte. Hanno origine proprio nel fango, nelle sostanze vegetali e animali in decomposizione, e sono trasportati dopo nell'aria, sollevati dal terreno ad opera del vento? Ma in queste sostanze organiche in decomposizione, hanno origine spontaneamente o da genitori uguali a loro? Insomma, apparentemente non ci si era resi conto che, anche se si fosse dimostrato che con un’elevata probabilità era proprio l’aria contaminata da microrganismi ad inficiare le esperienze dei cultori della generazione spontanea, questi 'contaminanti’ dovevano pur aver avuto origine da qualche parte. E l’alternativa persisteva intatta. Quindi, l'eventuale dimostrazione della presenza dei microrganismi nell'aria, cui Pasteur aveva dedicato circa un lustro di esperimenti, non confutava assolutamente niente; spostava solamente il problema, fisicamente e logicamente. Nella letteratura scientifica, non c'era un’analisi corretta, puntuale degli esperimenti dei due studiosi; ma si trovavano solo deformazioni degli aspetti sperimentali – forse per insipienza –delle esperienze di Spallanzani; e addirittura cecità, impreparazione professionale e culturale; gregarismo; mancanza della capacità di un minimo esercizio logico, verso i risultati ottenuti da Pasteur. Decisi così che avrei dovuto esprimere questa mia opinione; che avrei potuto osare, visto che per la mia più che trentennale attività di ricerca sulla microbiologia della sterilizzazione con quasi qualunque mezzo fisico (dal calore, alle radiazioni ultraviolette, alle radiazioni ionizzanti da cobalto-60) e chimico (iodio, bromo, cloro; disinfettanti; antimicrobici, conservanti; ecc.); oltre che di studio dei fattori chimicofisici che condizionano lo sviluppo microbico (pH, acidità, attività dell'acqua e pressione osmotica, temperatura, componenti nutrizionali solubili, inibitori diversi, ecc.), potevo ritenere di aver acquisito le conoscenze e l’esperienza necessarie e sufficienti. Inoltre, attribuire al mio concittadino Spallanzani un merito supplementare, mi faceva particolarmente piacere: non che fosse proprio necessario, visto che é famoso dall’Alaska alla Nuova Zelanda; ma visto che gli spettava anche questo merito, perché non cercare di restituirglielo? Ma l’icona Pasteur é piuttosto intoccabile; lo strapotere degli storici della scienza, anche. Ecco perché ho scritto tutto ciò che segue. Antonio Casolari Nota - Per facilitare la comprensione dei principali fenomeni connessi all’attività microbica, così spesso richiamati nel testo, sono stati aggiunti, in Appendice, brevi Appunti di microbiologia (con frequenti richiami alla microbiologia alimentare, per diversi aspetti, particolarmente prossima ai temi trattati), che potrebbero costituire utili riferimenti. Note biografiche. Spallanzani e Pasteur: due modi differenti di fare scienza. Spallanzani studia un numero straordinario di fenomeni; verifica le sue osservazioni confrontando fra loro una quantità di soggetti, d’organismi diversi, e ripete le sue osservazioni un numero infinito di volte. Pasteur si accontenta di poche osservazioni, anche una sola, in una sola circostanza, collega fra loro le osservazioni di altri studiosi, fidandosi di un fiuto per la verità dei fatti, del tutto singolare; dice del resto: “Il caso favorisce solamente le menti preparate.”. (Geison, 1995). Lazzaro Spallanzani. Lazzaro Spallanzani é nato a Scandiano di Reggio Emilia, nel 1729, da Lucia Zigliani e Gian Nicola, noto giureconsulto. Dopo gli studi di filosofia al Collegio dei Gesuiti di Reggio Emilia, é avviato agli studi di giurisprudenza, che però abbandona nel 1752. Si dedica agli studi di matematica e fisica, incoraggiato dalla cugina, la famosa Laura Bassi (fisica, matematica e filosofa all'Università di Bologna). Nel 1754 insegna filosofia e letteratura nello stesso Collegio di Reggio. “ .. dal 1757 al 1759, dai ventotto ai quarant'anni, Spallanzani insegnò fisica, prima all'Università di Reggio, poi in quella di Modena. A Reggio tenne la cattedra di fisica e matematica per sei anni accademici, dal 1757-58 al 1762-63, insegnando contemporaneamente il greco al Seminario Collegio; a Modena fu dal 1763 al 1769 lettore di filosofia all'Università e insegnante di greco e matematica nel Collegio San Carlo. .. dimostrandosi un newtoniano convinto.” (Cavazza, 2000). Nel 1760 inizia gli studi di biologia, dedicandosi agli animaletti delle infusioni. La sua prima pubblicazione sull'argomento ('Saggio di osservazioni microscopiche concernenti il sistema della generazione, dei Signori di Needham e Buffon', del 1765) gli procura subito il consenso e la stima degli studiosi europei, con molti dei quali entra in contatto epistolare. Gli vengono offerte diverse cattedre Universitarie, ma preferisce restare a Modena, vicino ai suoi (Castellani, 1978). Nel 1770 é chiamato a ricoprire la cattedra di Scienze Naturali all'Università di Pavia. Qui compirà la maggior parte delle sue ricerche. Ebbe riconoscimenti e fama considerevoli. Fece parte di pressoché tutte le Accademie d'Europa. Nel 1796 gli fu offerta la cattedra di Storia Naturale a Parigi, ma Spallanzani rifiutò per l'età avanzata. In tutta la sua attività di studio, Spallanzani cercò sempre di riprodurre artificialmente i fenomeni naturali, al di fuori dell’organismo, isolandone gli aspetti chimici e fisici, come a dimostrare ch'erano separati da ipotesi che li caratterizzassero come propri di un non ben identificato principio vitale, biologico. Come metodo generale, Spallanzani confidò costantemente nella molteplicità dei soggetti, impiegando diversi animali, diverse modalità di ricerca, e una quantità 'esagerata’ (Hunter) di ripetizioni. Le sue principali osservazioni scientifiche possono essere considerate le seguenti: 1 – Confutazione della teoria della generazione spontanea degli infusori. 2 – Resurrezione dei rotiferi, dei tardigradi e delle anguilline, dopo completa disidratazione. Altri autori avevano osservato che i rotiferi possono ritornare vitali, dopo protratta essiccazione. Spallanzani ha dimostrato che non si tratta di vita 'latente', interrotta, ma di vera morte: “..rimane tolta per intero la vita..”; infatti prova che tali organismi ritornano vitali anche dopo esposizione, disidratati, a diversi fattori letali, quali congelamento, vuoto, canfora, fumi di zolfo, olio, aceto, inchiostro, urina, acquavite, vetriolo. Tale resurrezione può essere ripetuta fino a 15 volte. Diversi autori hanno dimostrato, fin dopo la metà del 1900, che organismi microscopici possono essere essiccati, o mantenuti in aria liquida per diverso tempo, e poi riprendere vitalità dopo molti anni con la reidratazione o con il ritorno a temperatura ambiente. Per i microrganismi, la liofilizzazione e la conservazione allo stato congelato, e la persi-stenza della vitalità sono assolutamente comprovate. Spallanzani aveva ragione. 3 - Rigenerazione di tessuti negli animali: Con un'ampia serie di esperienze, osserva che si rigenerano naturalmente, dopo asportazione, le zampe e la coda del girino; la testa delle lumache; gli arti del tritone: nelle zampe, in cui Spallanzani conta 99 ossa, si rigenerano tutte le ossa, i tendini, le ghiandole, i vasi, i nervi. 4 – Circolazione sanguigna (1768). Spallanzani descrive i movimenti di allungamento (diastole) e accorciamento (sistole) cardiaco; il passaggio del sangue dalle arterie alle vene, tramite i capillari; descrive gli eritrociti e scopre i leucociti; rileva che nella salamandra é possibile interrompere l'aorta per 20 ore con legatura, quindi riattivarla; tritoni e rane sono più sensibili all'ablazione del cervello che del cuore. 5 – Digestione (1780). La digestione artificiale era stata già tentata da Réaumur. Spallanzani estrae il succo gastrico dallo stomaco – a digiuno, quando nelle 'galline d'india’ e nelle oche ce n'è di più - pone il succo a contatto con carne o con frumento, lo tiene sotto le ascelle, al caldo, e scopre che i succhi gastrici digeriscono gli alimenti. La digestione avviene anche in vitro, senza il concorso di misteriose forze vitali. I succhi sono attivi anche a 10°, di più a 22° e fino a 40-45°. Dimostra l'azione dei succhi gastrici anche negli uccelli da preda – civetta, gufo, falco, aquila - oltre a cornacchia, gatto, cane , rane, salamandre; e se stesso: inghiotte tubicini di legno contenenti pezzetti di carne, recuperandoli, e analizzandone il contenuto. 6 - Animaletti spermaticì, o spermatozoi. Comincia a studiarli sul serio dal 1771: quelli di cavallo, toro, coniglio, montone, uomo, carpa, rana, rospo, tritone. I risultati che ottiene non sono particolarmente brillanti; sono soprattutto una preparazione alle successive esperienze di fecondazione artificiale. 7 – La fecondazione artificiale (1770-1780). Spallanzani studia e realizza le prime fecondazioni artificiali. Comincia con le rane verdi, poi i rospi, la rana arborea, il rospo verde, i tritoni (salamandre acquatiche); poi una cagna; mette a contatto il liquido seminale dei maschi con le uova, o i genitali delle femmine, e ottiene lo sviluppo degli organismi completi. Pochi anni dopo, altri eseguiranno la fecondazione artificiale nella specie umana. Spallanzani stabilisce diverse caratteristiche del liquido spermatico (diluizione attiva, temperatura/tempo e vitalità, ecc.). “L'esperienza della fecondazione artificiale .. era facile a concepirsi; il difficile era di tradurla in pratica in modo chiaro e dimostrativo: questo fu il grande merito di Spallanzani.” (Rostand, 1963). 8 - Esperienze sugli uccelli notturni: dimostrò che non é vero che gli uccelli notturni riescono a vedere nel buio: possono vedere con una luce molto debole, insufficiente per gli occhi umani, ma non nel buio totale. SCOPRÌ invece che i pipistrelli era come vedessero nel buio più assoluto, grazie ad un organo nuovo, non ancora descritto. Centocinquant’anni dopo (1920) si scoprirà che i pipistrelli emettono un ultrasuono che, riflesso dagli ostacoli, viene percepito dagli orecchi, segnalandone la presenza. 9 - Respirazione: scopre che tutti i tessuti respirano; il polmone é importante perché nel polmone avviene lo scambio gassoso: ma la respirazione é un fenomeno generale dei tessuti animali: uomo, lombrico, ape, farfalla, tritone, lucertola, pesci, rane, cavallette, gamberi, sanguisughe, uccelli, mammiferi; la respirazione avviene in tutti i tessuti di tutti gli animali. 10 - Ibernazione: marmotte, ricci, pipistrelli, topi muschiati, porcospini, topi quercini, ghiri, con il raffreddamento dell'atmosfera, si ibernano. Spallanzani osservò che non hanno il sangue eccessivamente freddo, ma comunque a temperature che sarebbero letali in condizioni di vita normali; nell'ibernazione si ha un rallentamento degli scambi gassosi, fino a non potersi più essere messo in evidenza; alcuni animali ibernati possono sopravvivere per un certo tempo nel vuoto, in atmosfera d'azoto, a 12°C, ecc. 11 - Resistenza animale al freddo di rondini, passeri, fringuelli, cardellini, picchi verdi, e tendenza alla migrazione. 12 - Luminescenza nelle lucciole, nelle meduse; osserva che la luminosità perdura dopo la morte dell'animale; ritorna dopo umidificazione. PRIME esperienze fatte sulla LUCE animale. 13 - Elettricità animale nelle torpedini. 14 - Geologo, petrografo e vulcanologo, é considerato uno dei fondatori della vulcanologia. Rivela ai turchi l'esistenza di una miniera di rame nell'isola di Chalki, e una di ferro nell'isola dei Principi. Fa un'ascensione sull'Etna durante un'eruzione, fino al cratere. Misura la temperatura della lava. Descrive per primo l'ossidiana. Spallanzani muore a Pavia nel 1799. Louis Pasteur Pasteur nasce nel 1822 a Dole, nel dipartimento del Jura, Francia orientale. Dal 1829 al 1848 frequenta i normali corsi di studio ad Arbois e poi a Besancon. Dal 1849 al 1854 insegna chimica alla Facoltà di scienze di Strasburgo; per 2 anni come supplente, poi come titolare. In seguito (1854-1857) si trasferisce alla facoltà di scienze di Lille, dove comincia ad occuparsi di questioni microbiologiche. Come sono scolpiti nella cappella sepolcrale all'Institut Pasteur di Parigi, i suoi maggiori campi di ricerca furono: (1) la disimmetria molecolare (1848); (2) le fermentazioni (1857); (3) la generazione spontanea (1862); (4) gli studi sul vino (1863); (5) le malattie del baco da seta (1865); (6) gli studi sulla birra (1871); (7) le malattie virulente; (8) i vaccini-virali; (9) la profilassi della rabbia (1885). 1 - Isomeria ottica dei tartrati. Dal 1849 al 1857 Pasteur si dedica allo studio dell'isomeria ottica dell'acido tartarico e dell'asimmetria dei cristalli di tartrato in relazione alla loro attività ottica. 2 – Fermentazione alcoolica (1856), lattica (1857), acetica (1861). Nel 1857 intraprende l'attività sperimentale sulle malattie del vino e del sidro che si trasformano in aceto, determinando gravi danni all'economia nazionale; scopre che l'agente dell'acetificazione é il Mycoderma aceti; standardizza il processo di acetificazione. Ottiene la stabilizzazione del vino (1865) mediante il modesto trattamento termico di pochi minuti a 50-60°C (detto in seguito pastorizzazione). Nello stesso periodo comincia a studiare il fenomeno della generazione spon-tanea. 3 – Insegnamento. Dal 1857 sarà direttore scientifico all'Ecole Normale di Parigi, per una decina d'anni; quindi insegnerà Chimica alla Sorbona per almeno sette anni. Dal 1865 al '70, dirige il Laboratorio di chimica fisiologica all'Ecole Normale. 4 – Malattie del baco da seta. Dal 1865 al 1870 si occupa delle malattie del baco da seta, che stavano provocando danni enormi all'economia nazionale, soprattutto al sud della Francia. Scopre che un corpuscolo microscopico, presente nel baco da seta e nella farfalla, si trasmette tramite le uova, infettando generazioni successive (più tardi si é scoperto trattarsi non di un batterio, ma di un protozoo); trova il sistema di controllare la malattia. 5 – La birra. Studia la possibilità di migliorare la produzione della birra (1871), evitandone l'alterazione per acidificazione e putrefazione. 6 – Malattie infettive. Il concetto di malattia provocata e diffusa dai microrganismi nei prodotti semplici, quali il vino, l'aceto, la birra, e poi nel baco da seta, lo inducono a considerare allo stesso modo le malattie degli animali di maggiori dimensioni e l'uomo stesso. Dal 1877 al 1895 si dedica allo studio dell' eziologia e della profilassi di alcune malattie infettive, tra le quali il carbonchio nelle pecore, la cancrena gassosa, il colera dei polli, l'osteomielite, le infezioni puerperali, l'erisipela dei maiali, ed infine l'idrofobia. Davaine aveva visto (1850) nel sangue delle pecore morte di carbonchio, dei bacilli che riteneva responsabili della malattia. Koch ne aveva viste le spore, che resistevano nel terreno, infettando le pecore al pascolo. Pasteur e collaboratori isolano il batterio (Bacillus anthracis) e si accorgono che i polli infettati con il batterio sopravvivono quando la loro temperatura si eleva verso i 42-43°. Con diversi passaggi a tali temperature, la virulenza delle colture in effetti si attenua. Vengono compiute le prime prove di immunizzazione delle pecore, con risultati positivi. Del tutto simili i risultati con le colture di colera dei polli, che attenuate, seppure diversamente, perdono la virulenza, e proteggono i polli da infezioni con ceppi virulenti. Si configura il principio dell'immunizzazione; e si conferma il principio dell'origine microbica delle malattie. Pasteur intraprende gli studi sulle malattie umane. Nel 1884 Pasteur presenta i principi generali della vaccinazione contro le malattie virulente. Nel 1885 esegue la prima vaccinazione antirabbica sull'uomo, con esito favorevole. La gloria di Pasteur é alle stelle. Viene fondato un Centro antirabbico a Parigi, denominato Institut Pasteur. 6 – Institut Pasteur. Dal 1888 alla sua morte (1895) dirige l' Institut Pasteur di Parigi. Capitolo 1. La teoria della generazione spontanea. Per secoli si era pensato che molti animali nascessero dalla materia inanimata; ossia non da entità preformate come semi, uova, ecc., ma dal nulla, da una specie di assemblaggio spontaneo delle molecole organiche liberate nell’ambiente dagli organismi vegetali e animali in decomposizione. Ne era sorta la teoria della cosiddetta generazione spontanea. L’origine della teoria può essere fatta risalire ai pensatori greci, ma probabilmente veniva ipotizzata anche molto tempo prima. Sembra sia stato Anassimandro (611-547 ac) a far riferimento per primo alla generazione spontanea, con chiarezza, affermando che gli organismi acquatici emergevano da materia organica inanimata. Dello stesso parere pare fossero Anassimene (588-524 ac) e Xenofane (576-480 ac), con l’aggiunta che nel processo dovesse intervenire anche un’abbondante esposizione solare. Pare che tale opinione fosse condivisa anche da Parmenide (544- ). In vario modo, Empedocle (495-435), Democrito e Anassagora ritenevano possibile la generazione degli organisni da materiali non più vitali. Aristotele (384-322 ac) condivideva la tesi della spontaneità, e nella sua ‘Historia animalium’ sosteneva che i molluschi e tutti gli animali non-copulanti si riproducevano appunto da materiale organico in putrefazione, che conservava ancora una specie di calore vitale, essenziale alla ricostituzione di organismi viventi [Cutler, 2002; Wilkins, 2004]. Sempre nella Storia degli animali, scrisse “.. alcuni animali nascono dai loro genitori, altri crescono spontaneamente .. da materiale terrestre o vegetale in putrefazione, e fra questi gli insetti; mentre altri si generano all’interno di animali, dalle secrezioni di diversi organi…Tutti i testacei crescono per generazione spontanea nel fango; .. le ostriche e le conchiglie nei fondali sabbiosi, le ascidie e i cirripedi nelle cavità delle rocce .. alcuni insetti nascono sulle foglie cadute, generalmente in primavera.. ma anche d’inverno, .. altri nel pelo degli animali, o nelle loro carni, .. altri negli escrementi all’interno degli animali (elminti e vermi intestinali) o all’esterno; .. ci sono delle triglie che saltano fuori dal fango e dalla sabbia;.. alcuni pesci nascono spontaneamente, non da uova o copulazione;”.(Aristotele, Libro V, cap. 1, 15, 19, 32). Teofrasto (circa 370-288 ac) indica nella sua ‘Historia plantarum’, che una delle modalità di generazione delle piante é quella spontanea; che però si verificherebbe per le erbe e le piccole piante annuali e solo occasionalmente nelle piante di maggiori dimensioni; in sostanza, non ne é molto convinto. Lucrezio (95-55 ac) scrisse nel ‘De Rerum Natura’ :” .. nihil posse creare de nihilo..” (De Rerum Natura, I, 153-154), ma anche “... nunc etiam existunt animalia terris, imbribus et calido solis concreta vapore.” (De rerum Natura, V, 747-748). Ovidio (43 ac – 17 dc) e Plinio (23-79 dc) pare fossero convinti che le rane – come qualsiasi altro animale – potessero nascere dalle paludi con vapori malsani e gli insetti dall’ambiente umido delle grotte. Luciano (117-180) riteneva che le mosche fossero generate dal corpo umano. Pomponio Mela (.. 40 ) affermava che dalle acque del Nilo nasceva ogni tipo di animale, dai pesci ai coccodrilli, ai grandi selvatici. Ancora nel 1500, van Helmont (1579-1644), che mise sossopra il mondo dell’alchimia e della chimica del tempo, e che godeva di un’enorme reputazione in Europa, riteneva che le rane, le lumache e le sanguisughe si generassero spontaneamente; addirittura diede la ricetta per la generazione dei sorci: “.. bisogna mettere una camicia sporca dentro un vaso contenente del grano, ed entro circa 21 giorni il puzzo prodotto dalla camicia, mischiato all’odore del grano, avrebbe trasformato il grano stesso in sorci.”. Addirittura Harvey (1578-1657) il cui ‘Exercitatio anatomica de cordis et sanguinis motu’ (1648) é ancora considerato un testo esemplare di fisiologia sperimentale, affermava categoricamente che la ‘sponte nascentia’ é una delle due modalità con le quali si generano gli animali (la seconda, era dai genitori). Secondo Descartes (1596-1650) gli animali e i vegetali inferiori, oltreché la vita stessa, si originavano per effetto del calore sui materiali organici in putrefazione, con un processo esclusivamente fisico di accumulazione e organizzazione. Maupertius (1698-1759) vi aggiunge una specie di memoria, immanente nella compagine molecolare degli organismi in decomposizione, che ne dirige la strutturazione in nuovi organismi. Kircher (1601-1680) ipotizzava che le molecole fossero attratte le une alle altre, da una specie di energia vitale, persistente anche nei materiali non più vitali. La Chiesa si é sempre schierata per la generazione spontanea, dato che nella Bibbia [Libro dei Giudici 14:8] si riferisce di api nate dalla carogna di un leone. Era anche molto diffusa la sciocca convinzione religiosa, che ogni vivente avesse origine da altri organismi necessariamente non più vitali: “Il seme deve morire prima che possa dare origine alla nuova piantina.” (S. Paolo, lettera ai Corinzii); ancor oggi può accadere di sentir ripetere questa citazione, soprattutto in occasione di cerimonie funebri di rito cattolico; la qualcosa é con molta evidenza un’idiozia, poiché da un seme morto, non crescerà mai una piantina nuova; chiunque può comprenderlo. Ma le tradizioni sono sradicate sempre con molta difficoltà. Nel Medioevo dominavano ancora le tesi di Aristotele; la dottrina della Chiesa non incoraggiava certo l’indagine sperimentale. E così accadde che la teoria della generazione spontanea, giunse ancora vitale dopo circa 2000 anni, ai piedi della rivoluzione scientifica del 17° secolo. Francesco Redi [1626-1697] intraprese nel 1668 una serie magistrale – e allo stesso tempo elementare - di esperienze, che confutarono per la prima volta la tesi della generazione spontanea, almeno negli insetti: “Cominciai col pensare che i vermi che si trovavano così spesso sulle carni in decomposizione, derivavano dalle mosche.” E cominciò le osservazioni i cui risultati furono pubblicati poi nelle ‘Esperienze intorno alla generazione degli insetti’ (1688). Fig.1_ L’esperienza di F. Redi: le larve delle mosche si sviluppano nelle ‘fiasche’ aperte, ma non in quelle protette con garza dall’accesso delle mosche. Redi dimostrò infatti che le larve non avevano origine dalla carne in decomposizione, come si riteneva correntemente, ma dalle uova che vi erano state deposte sopra dalle mosche. Le esperienze di Redi furono di esemplare semplicità e chiarezza (Fig. 1), e forse rappresentano davvero l’inizio della biologia sperimentale. Redi apprestò due serie di fiasche a collo largo, e in fiasche diverse aveva introdotto carni di pesce, di anguille, di serpi o di vitello, come substrato per lo sviluppo delle larve; in una delle due serie di fiasche il collo era chiuso con carta o con garza (velo di Napoli), in modo che le mosche non riuscissero a raggiungere le carni in putrefazione; nell’altra serie, le fiasche erano lasciate aperte, all’aria. Le mosche, richiamate dal puzzo delle carni in putrefazione, ebbero accesso solo a questa seconda serie di fiasche aperte, e sul materiale in decomposizione deposero le uova: solo in questa serie di recipienti si svilupparono le larve; nelle fiasche protette dall’accesso delle mosche, le carni andarono in putrefazione, ma non vi crebbero sopra le larve di mosca. Redi eseguì lo stesso tipo di esperimenti con una trentina di insetti, ottenendo sempre risultati inequivocabili e dello stesso tipo; provò naturalmente anche con le api: le larve non crebbero nelle fiasche contenenti interiora di bovini ma protette dall’accesso degli insetti. Scrive così Redi: “ Io mi sento inclinato a credere che tutti quei vermi si generano dal seme paterno; e che le carni e l'erbe e l'altre cose tutte .. non facciano altra parte .. se non d'apprestare un luogo.. in cui dagli animali .. sieno portati .. i vermi, o l'uova o l'altre semenze dei vermi.. i quali in esso trovano sufficiente alimento per nutricarsi; e se in quello non son portate dalle madri queste suddette semenze, niente mai, e replicatamente niente, vi s'ingeneri e nasca.” (Redi, in Esperienze, pag.16). Tuttavia, più in là, Redi sembra ammettere che in certe condizioni, le larve degli insetti possono formarsi all'interno di frutti e galle, per trasformazione diretta del materiale vegetale in animale: “ .. per me stimerei .. che quell'anima e quella virtù, la quale genera i fiori ed i frutti nelle piante viventi, sia quella stessa che generi ancora i bachi di esse piante. .. nei ricci legnosi del cerro, né ricci stellati della quercia, nelle galluzze della foglia del leccio si vede evidentissimamente, che la prima e principale intenzione della natura é formare dentro di quelle un animale volante. ” (Redi, in Esperienze, pag.129). Allo stesso modo, Redi riteneva potessero formarsi i parassiti all'interno dell'organismo animale. Redi riteneva altresì che la biogenesi potesse dirsi omogenesi, quando nella generazione del nuovo organismo venivano attraversate le stesse fasi di sviluppo del genitore; eterogenesi, invece, quando il discendente attraversava fasi di sviluppo differenti dall'organismo parentale. Il termine eterogenesi venne in seguito applicato costantemente alla dottrina della generazione spontanea che sosteneva l'insorgenza dei nuovi organismi, da materiale biologico non necessariamente dello stesso tipo – di qualunque origine appunto – in decomposizione, o comunque non più vitale. Lo schema sperimentale ideato da Redi é di tale semplicità e chiarezza, e i risultati furono talmente dirimenti, che in seguito, nello studio della generazione spontanea, lo schema dei vasi aperti e dei vasi chiusi venne costantemente adottato, seppure con qualche modificazione. Swammerdham [1637-1680] e Vallisneri [1631-1730], nel XVII° secolo, e poi Reaumur [1683-1757] nel XVIII°, continuarono il lavoro del Redi, ottenendo analoghi risultati [Rostand, 1963]. Con lo sviluppo del microscopio da parte di Leeuwenhoek (1632-1723), era stata evidenziata l’esistenza di nuove forme di vita, e nessuno sapeva da dove potevano trarre origine questi organismi microscopici, detti infusori (il termine di infusori venne dato da Ledermuller (1719-1769), nel 1763, agli organismi, soprattutto protozoi, che popolano le infusioni). Muller (1730-1784) e Gleichen (1717-1783), illustri micrografi tedesci, ritenevano che gli infusori provenissero dalle molecole organiche delle infusioni (“ex moleculis brutis”) per aggregazione spontanea (Rostand, 1963). Secondo Buffon (1707-1788) gli animali erano costituiti da molecole indistruttibili, che si separavano una dall’altra con la decomposizione degli organismi e in condizioni favorevoli si aggregavano nuovamente, formando i “..’prima stamina’ of all animals and vegetable bodies , simple, uniform, common to all, and consequently to be found in a certain quantity in every portion of food, aliment or nutritive juice; ..” (Needham, 1748, p. 633). I sostenitori della generazione spontanea, come Buffon, erano dunque sostenitori della teoria embriologica della epigenesi, ossia della formazione graduale degli organismi, a partire da materiale organico privo di qualunque struttura particolare; da molecole liberatesi da organismi non più vitali, che conservavano la proprietà di privilegiare l’esistenza, aggre-gandosi con altre simili molecole: “.. corruptio unius est generatio alterius”, secondo un adagio del tempo (Needham, 1748, p. 638). Lamarck (1744-1829) credeva nella generazione spontanea: “.. In the waters ..very small masses of mucilagineous matter were collected. Under the influence of light, certain elements, caloric and electric entered these little bodies. These corpuscles become capable of taking in and exhaling gases; vital movements began, and thus an elemental plant or animal sprang into existence. Possibly higher forms of life, such as infest the intestines, originate in this way. Nature is thus always creating.” (1802)(da Wilkins, 2004). Riferendosi alle esperienze di Redi, Joblot (1645-1716) cercò di dimostrare che gli infusori si accrescevano solamente in recipienti contenenti soluzioni portate all’ebollizione e tenuti aperti all’aria, ma non in quelli chiusi ermeticamente (Doetsch, 1976). Tuttavia, un buon numero di noti studiosi sposarono la tesi della generazione spontanea, guidati dal grande Buffon che sviluppò diversi aspetti della teoria, in senso meccanicistico; tesi che si associava facilmente con quella dell’epigenesi, sostenuta da Harvey a metà del 1600. Un gruppo più sparuto di scienziati, come Bonnet (1720-1793), Haller (1708-1777), Reaumur (1683-1757) e altri, si professavano preformisti (Adams, 1929; Doetsch, 1976; Strick, 2003; Wilkins, 2004). Buffon e Needham (1713-1781) dubitavano che la tecnica sperimentale di Redi fosse applicabile con vantaggio agli organismi microscopici, e contestavano le osservazioni di Jablot. Needham cercò di esaminare la questione mediante una serie di osservazioni sperimentali. I risultati ottenuti da Needham, discepolo prediletto di Buffon, pubblicati nel 1748 nelle Phylosophical Transactions of the Royal Society, rivitalizzarono la dottrina della generazione spontanea. L’esame delle esperienze condotte tra il 1750 e il 1850 in merito alla valutazione della teoria della generazione spontanea, costituiscono un buon esempio della necessità di un’analisi whig (vedere cap. VII sulla storiografia whig) per individuare il valore probante delle attività sperimentali; e per converso, dell’errore compiuto da una schiera di storici della scienza, con una valutazione anti-whig delle stesse esperienze. Farley, che é un convinto sostenitore della storiografia scientifica antiwhig, concorda sulla circostanza che l’attività sperimentale su tale argomento é addirittura paradigmatica in relazione alla visione whig (‘..this controversy provides a paradigmatic case of whig historiography of science.” (Farley, 1974-77) Molti storici si sono occupati della questione; si può senz’altro affermare che tutti riconoscono i meriti di Spallanzani; ma la quasi totalità afferma che le sue esperienze furono incomplete, e che sono state le magistrali esperienze eseguite da Pasteur ad aver sconfitto definitivamente la teoria della generazione spontanea (vedere più avanti un breve elenco dell’interminabile numero di pubblicazioni che fanno tale affermazione). Non si può trascurare la circostanza emblematica, in relazione a quanto detto sopra, che tra questi sedicenti ‘storici della scienza’ ci sono anche biologi, come il famoso Jean Rostand (1894-1977) o il nostro contemporaneo altrettanto famoso E.O. Wilson (1929) – che però non erano/sono microbiologi – e che entrambi concordano sulla prevalenza determinante delle esperienze di Pasteur nella soluzione della questione. Inutile dire che invece sono le esperienze di Spallanzani ad avere tutte le richieste caratteristiche, anche e soprattutto alla luce delle conoscenze attuali – quindi da un punto di vista strettamente whig – tanto che si deve affermare che é stato Spallanzani a dimostrare senza ombra di dubbio la insussistenza della teoria della generazione spontanea. Naturalmente, é solo l’esame delle esperienze eseguite dai due che può provarlo, dimostrarlo alla luce delle conoscenze attuali – ossia é solo il modo whig di analizzare la storia della scienza, che può dire una parola definitiva sulla questione, come verra dimostrato di seguito. Le sperimentazioni eseguite allo scopo di verificare la tesi della generazione spontanea hanno caratteristiche di carattere pratico, quali l’impiego di infusioni di vegetali e di carni, o altre soluzioni impiegate come substrati colturali; processi di pastorizzazione o sterilizzazione; flaconi da laboratorio aperti o chiusi; ecc., proprie del laboratorio microbiologico e della pratica tecnologica. E quindi possono essere analizzate vantaggiosamente sulla base delle attuali conoscenze di microbiologia, ed in particolare di microbiologia alimentare. Nota. I diversi autori fanno riferimento a recipienti di vetro di diversa forma, palloni, fiasche, bevute, flaconi, ecc.; nel seguito si farà riferimento per semplicità prevalentemente a palloni di vetro, con una capacità di circa 300 ml, provvisti di un’apertura a collo non troppo largo, tale da poter essere chiusa agevolmente per fusione del vetro. Capitolo 2. Sterilità e generazione spontanea Diversi autori, Pasteur compreso, avevano affermato che non é possibile dimostrare sperimentalmente se la generazione spontanea può o non può verificarsi. E si sono così affezionati al concetto che l’esperimentum crucis non é individuabile (Huxley, 1870; Farley, 1974; Strick, 1997; Harris, 2002). Pasteur, ad esempio, scrive: “ .. la question des générations dites spontanées .. il est impossible, dans l’état actuelle de la Science, de prouver, a priori, que la manifestation de le vie ne peut avoir lieu de prime-saut, en dehors de toute vie antérieure semblable. ” (Pasteur, p. 459). E ancora: “ .. je n’ai pas la prétension d’établir que jamais il n’existe de générations spontanées. .. on ne peut pas prouver la négative. ” (Pasteur, p. 295). Ma molti ripetono questo stesso tipo di convinzione: “.. the question was not resolvable by experimental means ..” (Child, 1864;_ from Farley, 1977, p. 123). “.. Not that there was ever an experimentum crucis that settled he matter once and for all; ..” (Harris, 2002, Prefazione). Al contrario, si può ragionevolmente ritenere che tale possibilità esista, e consista propriamente nella dimostrazione che é raggiungibile quella condizione biologica che definiamo come sterilità, e che come tale perdura indefinitamente nel tempo. Tale possibilità é unica, certo; nessun’altra prova scientifica può raggiungere lo stesso risultato, lo stesso valore probante. Sterilità significa assenza di microrganismi vitali. É facilmente comprensibile che sarebbe impossibile raggiungere e preservare la sterilità di un substrato, se i microrganismi fossero indistruttibili, e soprattutto se nuovi microrganismi fossero in grado di generarsi autonomamente nei substrati sterilizzati, da un giorno all’altro; se si potessero formare a partire dai materiali costitutivi la sostanza organica sterilizzata, non più vitale; o in qualunque altro modo possa essere immaginato. In tal caso infatti, l’emersione spontanea di microrganismi da qualunque mezzo sterilizzato, comporterebbe l’immediata perdita della sterilità. Per sua stessa definizione, la sterilità coincide appunto con il raggiungimento della distruzione di tutti i microrganismi, la realizzazione della condizione dell’assenza di microrganismi vitali; una condizione che é tale se é permanente nel tempo. La sterilità, come ogni altra condizione, deve assumere un valore scientificamente attendibile, per poter rappresentare un valore probante. Le caratteristiche della sterilità sono definite dalla termomicrobiologia, più spesso detta termobatteriologia, poiché sono i batteri gli organismi microscopici che sono capaci di resistere alle temperature più elevate, e per i tempi di trattamento più lunghi. Come indicato più specificamente in Appendice, la distruzione dei microrganismi per effetto di qualunque agente fisico o chimico, ha andamento esponenziale; esattamente come la maggior parte, se non proprio la totalità, dei fenomeni fisici e chimici. Si può ritenere infatti ragionevole che la morte delle cellule microbiche – entità le cui caratteristiche sono esclusivamente fisiche e chimiche – debba avvenire per effetto di fenomeni sia fisici sia chimici. Per qualsiasi fenomeno che abbia carattere esponenziale, non esiste un punto d’arrivo, finale, definitivo; ma solamente una condizione di probabilità ridotta quanto si vuole, che il fenomeno avvenga ancora. Quindi, il fatto che l’andamento di morte delle cellule sia esponenziale, comporta necessariamente, matematicamente, che non esista un punto finale, una condizione di assenza assoluta di elementi vitali in un’operazione di sterilizzazione. Ma cosa significa assenza assoluta di microrganismi vitali? Anche in questo caso, come appunto in qualunque altro, le possibilità di accertamento della realtà sono inevitabilmente soggette alle leggi della statistica. Non possiamo affermare che una condizione é vera oppure non é vera in assoluto, in ogni circostanza; possiamo solamente, esclusivamente affermare che un evento ha una probabilità X o Y di verificarsi. La realtà é costituita da eventi che si verificano con probabilità molto elevata. Eventi molto improbabili, praticamente non fanno parte della realtà. Ci si può chiedere quanto elevata debba essere la probabilità che un evento si verifichi, perché possa costituire la realtà; ugualmente, ci si può chiedere quanto debba essere improbabile un evento, perché si possa considerarlo praticamente impossibile. Molto semplicemente, riteniamo correntemente che sia poco probabile un evento, se si produce una volta su cento – diciamo che si presenta con una probabilità dell’1%. Molto probabile, al contrario, sarà un evento che si verifica molto frequentemente, con elevata probabilità, quasi nel 90% dei casi, o più. Tali valori percentuali di probabilità sono comunque relativamente elevati, perché rappresentano le situazioni, gli eventi che accadono o non accadono correntemente, quotidianamente o quasi, e quindi rappresentano la realtà come la conosciamo direttamente. Ma ci sono eventi che hanno una probabilità molto diversa di verificarsi; e in particolar modo, una probabilità molto ridotta di accadere. Se un evento si verifica con una probabilità sufficientemente bassa, allora possiamo affermare che l’evento é non solo molto improbabile, ma addirittura impossibile. Possiamo affermare, ad esempio, che la probabilità di vedere un incidente, percorrendo in auto 100 chilometri di strada, é compresa – per ipotesi - tra lo 0.5 e il 2%, ossia é probabile che si veda se si percorrono 200 chilometri, oppure se ne vedano due in solo 100 chilometri. Possiamo al contrario affermare che é estremamente improbabile che una persona si metta a volare semplicemente agitando le braccia come fosse una tortora; tanto é vero che non ne abbiamo mai vista una volare. In questo caso, se nessuno ha mai visto una persona volare, possiamo tentare di dare un valore numerico alla probabilità che praticamente corrisponde all’impossibilità che una persona si metta a volare. Trascurando le fantasie eventualmente trasmesseci dal passato – che sono del tutto non-verificabili – possiamo affermare che non si é mai visto nessuno dei circa 6 miliardi di abitanti del pianeta, volare. Quindi, possiamo affermare che semmai una persona può volare, potrà farlo al massimo con una probabilità inferiore ad uno (quella persona che non si é mai vista volare) su 6 miliardi. Allo stesso modo, tale ridottissima probabilità che questo evento si verifichi, ci autorizza a ritenere che nella realtà nessuno di noi possa volare. Ossia, un evento molto improbabile, si deve ritenere praticamente impossibile. Tutte le nostre conoscenze si basano su questi valori di probabilità. Gli eventi molto probabili sono gli eventi che avvengono; gli eventi molto improbabili, sono quelli che non avvengono mai. La stesso criterio generale vale per la sterilizzazione. La sterilità é tanto più probabile quanto minore é la probabilità di ritrovare un elemento non sterile, tra quelli assoggettati ad un processo di sterilizzazione. Nella pratica, possiamo riscontrare ad esempio, che dopo aver sottoposto ad un determinato trattamento termico 100 bottiglie di latte, 10 di queste in pochi giorni di permanenza alla normale temperatura dell’ambiente, mostrano il latte cagliato, con separazione di siero, svolgimento di bollicine di gas, che in qualche caso determinano addirittura l’esplosione della bottiglia. Potremo dire che il trattamento termico applicato é stato sufficiente solamente per sterilizzare 90 bottiglie su 100. Aumentando il tempo di trattamento di poniamo 10 minuti – oppure la temperatura di cinque gradi – possiamo ad esempio verificare che nessuna delle 100 bottiglie di latte si altera: tutte e 100 risultano sterili. Ma se invece che 100 bottiglie, ne trattiamo mille, in queste ultime condizioni, ci accorgiamo che non abbiamo aumentato abbastanza la temperatura, o il tempo di trattamento, perché 5 bottiglie su 1000 si guastano nel corso della permanenza in magazzino. Possiamo allora aumentare ancora o il tempo o la temperatura di trattamento, o entrambi, e verificare che in queste ultime condizioni risultano tutte sterili non solo le 10.000 bottiglie di latte, ma anche tutte le 100.000 bottiglie che assoggettiamo successivamente a quest’ultimo trattamento. In quest’ultimo caso diremo quindi che la probabilità che vi siano bottiglie non-sterili é inferiore a 1/100.000, visto che non ne abbiamo riscontrata nessuna non-sterile su appunto cento mila. Tale probabilità si esprime abitualmente come pari a 10-5 , che corrisponde appunto a 1/100.000 (5 é il logaritmo decimale di 100.000). Possiamo affermare anche che quest’ultimo trattamento é sufficiente per ottenere la sterilità? Non necessariamente, poiché potrebbe non bastare per sterilizzare un milione di bottiglie. Il numero di bottiglie che risultano non sterili potrebbe essere di 9 bottiglie su un milione, ossia un valore appena inferiore a 1/100.000, e pari a 0.9/100.000. Poiché un’efficiente industria per la produzione del latte in bottiglia, può sottoporre a steriliz-zazione 100 mila bottiglie al giorno, ciò che corrisponde a un milione di bottiglie in 10 giorni, 10 milioni di bottiglie in 100 giorni, e quasi 30 milioni di bottiglie all’anno, ne deriva che potrebbero non risultare sterili 9x30=270 bottiglie all’anno. Se i microrganismi sopravvissuti in queste 270 bottiglie sono patogeni, e i consumatori non si accorgono di questa mancanza di sterilità e consumano il latte di queste bottiglie non sterili, potrebbero tutti o in parte manifestare segni di intossicazione. Certo, il consumatore può sentirsi protetto da quest’eventualità, considerando che gli Istituti preposti al controllo delle bottiglie di latte, non si lasciano sfuggire un errore di questa grandezza. Eppure, se un laboratorio di controllo, analizza 100 bottiglie al giorno, e le condizioni operative dell’ipotetico produttore sono tali da consentirgli di avere 9 bottiglie non-sterili su un milione, ossia in dieci giorni di produzione – come nell’esempio proposto – é molto probabile che le solo 100 bottiglie analizzate risultino sterili, visto che le unità non sterili potranno essere non più di 9, in media, ogni milione di unità. Non solo; i controlli risulteranno negativi con elevata probabilità anche in 10 giorni di analisi, quando saranno controllate 1000 bottiglie, poiché la probabilità che sia riscontrato un elemento difettoso sarà pur sempre pressappoco di 1 a 1000 (1000/1.000.000); e così via. Ed é abbastanza probabile che risultino sterili per almeno 100 giorni di analisi (10 mila bottiglie). Quindi, la probabilità che un laboratorio di controllo ritrovi un difetto di sterilità del tutto infrequente, é piuttosto ridotto. Tuttavia, si consideri che nessun produttore responsabile produrrebbe bottiglie di latte che abbiano subito un trattamento così modesto, da non assicurare che la frazione di bottiglie non-sterili sia inferiore a 9 su 1 milione di bottiglie. Nella pratica usuale, la sterilizzazione comporta un trattamento termico di entità minima, effettuato a temperature abbastanza elevate da non danneggiare significativamente il prodotto, in grado di ridurre la probabilità di non sterilità a valori molto inferiori a 10-12 , ossia, nell’esempio proposto, ad una sola bottiglia non sterile ogni mille miliardi di bottiglie. Il nostro produttore, che sterilizza circa 30 milioni di bottiglie all’anno, ha dunque la probabilità di mettere in commercioo una sola bottiglia non sterile ogni 100 mila anni all’incirca di attività. Questa probabilità di fallimento della sterilizzazione é talmente bassa, che coincide con l’impossibilità pratica che ci sia in commercio una bottiglia non sterile. A ciò si aggiunga, come indicato nell’Appendice di microbiologia, che nella realtà i trattameni di sterilizzazione dei prodotti alimentari sono molto più energici di quello minimo – pari a 3 minuti a 121°C - che riduce la probabilità di sopravvivenza microbica a 10-12 - in realtà tale valore di sopravvivenza si riferisce alle spore del batterio più termoresistente tra quelli patogeni – ma é di un tempo compreso tra 2.5 e 5 volte maggiore - che comporta una probabilità di sopravvivenza del Clostridium botulinum ulteriormente ridotta fino a valori inferiori a 10-30 , ciò che corrisponde approssimativamente alla probabilità che vi possa essere un campione non sterile in una massa di materiale equivalente a quella solare. Anche se si tien conto solamente della quantità di materiale sterile prodotto nella pratica in più di cent’anni di attività produttiva (ci sono almeno un centinaio di aziende che producono qualche decina di milioni di unità di pro-dotto all’anno), ci si convince agevolmente che la probabilità di fallimento della sterilità é davvero bassissima, e quindi l’assenza di generazione spontanea, é talmente improbabile (talmente inferiore a 10-16 , corrispondente ad un trattamento minimo per una sopravvivenza microbica pari o superiore almeno a 10 -12 x 102 anni x 102 produttori ) da dover esser considerata senz’altro impossibile. Una probabilità così ridotta, corrisponde infatti all’impossibilità che l’evento non-sterilità possa verificarsi. Si é affermato quindi il concetto che la sterilità consista nella totale distruzione dei microrganismi, e nella sua durata indefinita. In ordine alla questione della probabilità che possa verificarsi un evento di spontanea insorgenza di microrganismi, da materiale appunto non più vitale, e sterile, se tale evento non si é mai verificato in un numero così elevato di occasioni – ossia in più di dieci milioni di miliardi di occasioni - é inevitabile infatti dedurne che tale probabilità é talmente ridotta, da coincidere in pratica con l’assoluta impossibilità. La sterilità e la generazione spontanea sono due condizioni biologiche assolutamente antitetiche, che non possono coesistere; né teoricamente, né praticamente. Quando insorgesse una delle due condizioni, verrebbe necessariamente, per definizione, a cessare l’altra: o sterilità, o germinazione spontanea. Sono due condizioni assolutamente e inequivocabilmente inconciliabili. Esiste dunque la possibilità di confutare definitivamente e ine-quivocabilmente la tesi della generazione spontanea; esiste dunque la possibilità di individuare l’experimentum crucis che risolve definitivamente la questione. Se si può dimostrare sperimentalmente che la sterilità é raggiungibile – ecco appunto l’experimentum crucis – si dimostra altresì che la generazione spontanea é impossibile. Ne consegue direttamente che la confutazione della tesi della generazione spontanea può avvenire in un solo modo: con la dimostrazione sperimentale che la sterilità é raggiungibile, e che perdura indefinitamente nel tempo. Capitolo 3. Turbervill Needham Le esperienze di Needham, sono divenute iconiche, e si può affermare che la teoria stessa della generazione spontanea ne ha tratto il vigore simbolico fondamentale che le é proprio. Turbervill Needham fece nel 1745 le seguenti osservazioni: mise del brodo di montone in un flacone di vetro, lo tenne per pochi minuti su cenere calda, quindi lo conservò a temperatura ambiente (era estate). Dopo quattro giorni, Needham trovò il liquido torbido; lo osservò al microscopio e lo trovò affollato da organismi microscopici : ” .. My phial swarm’d with life..”, (Needham, 1748, p. 638). Tali organismi erano del tutto simili a quelli che potevano riscontrarsi in analoghi flaconi non prima tenuti su cenere calda. Ripetuta la prova con substrati diversi, il risultato era sempre lo stesso. Needham, da sperimentatore inesperto, pensava che il calore della cenere calda avesse ucciso tutti i microrganismi dei suoi flaconi. Dunque, cominciò a sostenere che gli organismi che crescevano nei suoi flaconi in pochi giorni a temperatura ambiente, erano sorti per un certo tipo di auto-assemblaggio di molecole liberate nei flaconi dai materiali scaldati, che si andavano decomponendo. Needham si era proposto di dimostrare che gli organismi microscopici (animalcula) che crescevano nei suoi flaconi erano prodotti da sostanza organica senza vita, che si riorganizzava, riprendeva a vivere, spontaneamente; e non si trattava invece di comuni organismi che entravano nei flaconi dall’ambiente esterno. Per dimostrarlo, le esperienze di Needham avrebbero dovuto avere due caratteristiche assolutamente determinanti dal punto di vista metodologico, per poter affermare con soddisfacente probabilità che eventuali emersioni di microrganismi si producevano per generazione spontanea: (a) le infusioni avrebbero dovuto essere private completamente dei microrganismi contenuti naturalmente nelle infusioni, e presenti sulle pareti interne dei flaconi; occorreva dunque che il trattamento termico fosse di entità sufficiente alla distruzione di tutti i microrganismi presenti all’interno dei flaconi; (b) i flaconi avrebbero dovuto esser chiusi in modo assolutamente sicuro, per avere la certezza che l'interno dei flaconi era completamente isolato da eventuali influenze esterne, e i microrganismi non sarebbero potuti entrare nelle infusioni dall’ambiente circostante, nel corso del magazzinaggio a temperatura ambiente, successivo al trattamento termico. Needham é apparentemente consapevole dell’importanza delle due condizioni sperimentali, e annota: “.. besides the precautions I took .. no supposed germs might either be conveyed through the air or the water, or remain adhering to the substances infused; I have often, for the purpose, made use not only of the broths, immediately closed up in a phial, but also of pure animal substances, such as urine, blood, etc., with the same success; and in these I believe, no one will suppose that germs, eggs or spawn, are precontained, if care is taken to close the phials immediately.” (Needham, 1748, p. 660). Egli riteneva che il trattamento termico che applicava alle infusioni potesse essere sufficiente per distruggere tutti i microrganismi: “I neglected no precautions, even as far as to heat violently in hot ashes the body of the phial; that if any thing existed, even in that little portion of air which filled up the neck, it might be destroyed, and lose its productive faculty.” (Needham, 1748, p. 638). In realtà non aveva definito sperimentalmente l’entità del trattamento termico necessario alla distruzione dei microrganismi; aveva trascurato così di eseguire una prova preliminare assolutamente indispensabile. Allo stesso modo, riteneva che i flaconi fossero chiusi a sufficienza: “.. in a phial, closed up with a cork so well masticated, that my precautions amounted to as much as if I had sealed my phials hermetically. I thus effectually excluded the exterior air.. “ (Needham, 1748, p. 637); ma non aveva dimostrato sperimentalmente che la chiusura che applicava ai suoi flaconi era veramente ermetica. E così, malgrado avesse compreso l’importanza delle due condizioni fondamentali per ottenere risultati ottimali dalle sue esperienze, non portò a termine correttamente né l’applicazione di un trattamento termico efficace alle sue infusioni, né realizzò l’ermeticità della chiusura degli stessi flaconi; tant’è vero che scrisse: ”..upon three or four scores of different infusions of animals and vegetables substances.. all which constantly give me the same phenomena with little variations, and uniform in their general results,..phials closed or not closed, the water previously boiled or not boiled, the infusions placed upon hot ashes.. (or not).. appeared so nearly the same, that I neglected every precaution of this kind, as plainly unnecessary.” (Needham, 1748, p. 639). Affermazioni di questo tipo dimostrano incontestabilmente che sia il sistema di chiusura dei flaconi, sia il trattamento termico applicato da Needham, furono entrambi insufficienti, visto che i risultati ottenuti hanno messo in evidenza l’incompletezza di entrambi. Needham semplicemente assunse erroneamente che entrambi fossero efficaci, senza provarlo. Comunque, il difetto di chiusura e di riscaldamento sono talmente condizionanti da invalidare completamente sia i risultati ottenuti con le sue esperienze, sia ovviamente la teoria che Needham ne aveva trat-ta. Le dichiarazioni di Needham possono rappresentare solamente la prova incontestabile, invece, che sia la chiusura dei flaconi, sia il trattamento termico applicato alle sue infusioni erano inadeguati. Ne consegue direttamente che le esperienze classiche di Needham, non avevano dimostrato che la generazione spontanea poteva avvenire, se non altro nelle condizioni sperimentali messe in atto. Al più dimostravano che in un substrato, un’infusione di carne o di vegetali, esposto all’aria, si sviluppavano sempre microrganismi. Si può annotare, anche, che Needham usa molto spesso il singolare, nella descrizione delle sue esperienze (Needham, 1748); ossia parla di phial, non di phials, come se avesse impiegato in ogni sua esperienza, un solo flacone per volta. Eppure le esperienze di Redi, che Needham conosceva, in cui venivano impiegati diversi elementi sperimentali, fiasche, e una trentina di insetti differenti, avrebbero potuto costituire un riferimento chiaro della forza probante derivante dalla molteplicità degli elementi sperimentali. L’aver trascurato l’effetto statistico che sarebbe potuto emergere dall’impiego di una molteplicità di phials, collega curiosamente Needham a Pasteur, in qualche modo; anche quest’ultimo usò ad esempio una sola soluzione colturale di riferimento, e non sempre abbondò con gli elementi sperimentali. É certo che la microbiologia sperimentale doveva cominciare pressappoco così, ossia con l’evidenziare anzitutto che i microrganismi potevano accrescersi in ambienti artificiali, definiti, in determinate condizioni sperimentali, quali ad esempio le infusioni di vegetali o di carni tenute all’aria. In un secondo momento, doveva essere verificata sperimentalmente la possibilità di applicare con efficienza sia il trattamento termico, sia l’isolamento dell’ambiente sperimentale dall’esterno; opportunità sfuggita di mano a Needham. Needham ha ottenuto solamente la primissima fase; ossia come realizzare l’accrescimento dei microrganismi in ambienti circoscritti appositamente: i flaconi di vetro contenenti infusi di vegetali o di carni. Spallanzani ha mostrato subito dopo, che chiudendo ermeticamente i flaconi contenenti infusi sterilizzati termicamente, lo sviluppo microbico non avveniva. La seconda fase é determinante, nella storia della microbiologia, sia perché (1) dimostra che la generazione spontanea non esiste; sia perché (2) ha fornito la base sperimentale e concettuale indispensabile perché la microbiologia potesse sviluppare la tecnica di coltivazione programmata dei singoli microrganismi, previa sterilizzazione delle soluzioni colturali; sia anche (3) perché l’aver individuato la possibilità di distruggere i microrganismi, apre la strada alle tecniche di protezione igienica dei materiali più diversi, oltre che ai processi di disinfezione, asepsi, ecc. “ .. Nessun altro scienziato ha servito più (di Spallanzani) la medicina, senza essere medico.” (Dechambre; da Rostand, p. 188). Capitolo 4. Lazzaro Spallanzani, sperimentatore. “Il y avait alors en Italie l’un des plus habiles physiologistes dont la science puisse s’onorer, le plus ingénieux, le plus difficile à satisfaire, l’abbé Spallanzani.” (Pasteur, 213, 297). “Vous passez pour le meilleur observateur de l’Europe. Toutes vos experiences ont été faites avec la plus grande sagacité. Quand un homme tel que vous annonce qu’il a ressuscité des morts, il faut l’en croire..” (Voltaire, 1776). Fig. 2. Rappresentazione semplificata della prova di resistenza microbica al calore, eseguita da Spallanzani. Palloni scuri: sviluppo microbico; palloni chiari: sterili. 4.1 - La termoresistenza microbica. Spallanzani sembra proprio aver intuito qual’era la questione centrale che avrebbe potuto portare alla soluzione della disputa sull’origine dei microrganismi, poiché ideò ed eseguì il primo esperimento di sterilizzazione. Come sua abitudine, frammentò il problema in più parti da analizzare separatamente. Cominciò con l’eseguire una rudimentale determinazione di resistenza dei microrganismi al calore; la prima, nella storia della scienza. É stato il primo passo, indispensabile per comprendere il significato della sterilizzazione. Invece di un solo substrato colturale, come fece Pasteur cento anni dopo, ne impiegò da otto a undici, ognuno ottenuto con un tipo diverso di vegetale, tra cui: “fagioli bianchi, veccia, formento saraceno, orzo, granturco, semi di malva e semi di bietole” (Saggio , p. 14), oltre a tuorlo d’uovo. Fuse alla fiamma il collo dei flaconi di vetro contenenti gli infusi di tali vegetali – per proteggerli da contaminazioni esterne (pare che da tempo gli studiosi fossero tutti d’accordo nel ritenere che nell’aria c’erano sospesi microrganismi) - e poi li pose a bollire per tempi crescenti, da 0.5 a 60 minuti - con incrementi di 0.5 minuti, almeno per i tempi brevi - quindi li incubò a temperatura ambiente. Spallanzani osservò così che già mezzo minuto di ebollizione era sufficiente per inattivare gli organismi microscopici di dimensione “massima, mediocre e piccola” (Opuscoli, p. 30); ossia, verosimilmente protozoi, alghe, lieviti, muffe, che erano gli organismi definiti “d’ordini superiori”, secondo il suggerimento di Bonnet (Opuscoli, p. 30); mentre due minuti erano risultati senza alcun effetto sugli “.. Animaletti infinitamente piccoli, che chiamerò d’ultimo ordine.” (Opuscoli, p. 30). Lo spettacolo che si presentò a Spallanzani analizzando la situazione al microscopio, lo sorprese. Poté osservare infatti che la sopravvivenza microbica diminuiva all’aumentare del tempo di ebollizione, per circa mezz’ora: “...La bollitura di mezz’ora non si oppose al nascimento degli animaletti d’ultimo ordine..” (Opuscoli, p. 33). Spallanzani segnala nel testo che la frequenza della sopravvivenza microbica diminuiva con l’aumentare del tempo di trattamento, pur senza darne valutazioni numeriche . Ciò non può meravigliare, poiché non si conosceva ancora la legge di decadimento esponenziale della vitalità cellulare, definita con maggiore precisione solo poco meno di 200 anni dopo (intorno al 1910). Dopo 45 minuti e oltre, in nessuna delle infusioni riscontrò più sviluppo microbico. Quindi, i substrati bolliti per 45 minuti e oltre, erano risultati sterili: “.. la bollitura di tre quarti d’ora .. ebbe la forza di rendere affatto sterili di Animaletti tutte sei le infusioni.” (Opuscoli, p. 33). Questo fu il risultato fondamentale; di valore epocale. Dimostrava ch’era possibile ottenere ambienti circoscritti, privi di microrganismi. La sterilità; la sterilizzazione. Una condizione protetta dall’ambiente esterno, che permaneva durevolmente priva di microrganismi, in un ambiente circostante in cui la probabilità di contaminazione era elevatissima. Una quantità innumerevole di condizioni di interesse medico-sanitario ne sarebbero derivate, a cominciare dal secolo successivo, e a partire dal suggerimento che un ambiente sterile veniva contaminato dal contatto con l’esterno, con tutto ciò che non era naturalmente sterile, come l’aria, possibile veicolo di fermenti, di organismi capaci di alterare i vini, di infestare le colture di bachi da seta, di far ammalare le pecore, ecc. Il suggerimento che tra i primi, fu raccolto da Pasteur. 4.2 _ La sterilità delle infusioni Spallanzani fa osservare che le infusioni, molto probabilmente raggiunsero temperature superiori a 100°C, perché aveva osservato che dopo pochi minuti molti flaconi esplodevano rivelando una pressione interna elevata, cosicché fu indotto a reperire flaconi con un maggiore spessore di vetro. Infatti, essendo le infusioni chiuse in recipienti a volume fisso (i flaconi di vetro con il collo saldato alla fiamma) la temperatura doveva essere determinata dall’equazione di stato (Castellan, 1972): PV = nRT come era già noto a quel tempo: “.. noto essendo già ai fisici, che l’acqua ove bolla in un vaso chiuso acquista maggiore intensità di calore, di quello faccia bollendo in vaso aperto.” (Opuscoli.., 1776, p. 34). Si può stimare – sempre tenendo conto dell’equazione indicata sopra e dall’effetto sterilizzante del tempo di trattamento che in 45 minuti di ebollizione sia stata raggiunta dalle sue infusioni una temperatura compresa tra 112° e 118°C, probabilmente intorno a 116°C. In ogni caso, i microrganismi che si accrescevano dopo tratta-menti pari e inferiori a 30 minuti, non potevano che essere, con assoluta certezza, cellule vegetative di spore batteriche sopravvissute al trattamento termico e germinate. Nessun microrganismo che non sia un batterio sporigeno può sopravvivere a trattamenti termici di tale entità. E una volta sopravvissute, le spore batteriche non possono sottrarsi al ciclo biologico della germinazione e dell’accrescimento vegetativo, quando si trovano in ambiente favorevole. Con riferimento alle esperienze di Needham, e visto che gli organismi microscopici di maggiori dimensioni erano così termolabili da essere inattivati in soli 0.5 minuti di ebollizione, Spallanzani annotò che l’eventuale sviluppo di tali organismi nelle infusioni bollite non poteva che essere dovuto alla loro penetrazione nei flaconi, dopo la cessazione della bollitura. Egli era indotto a ritenere così che il trattamento termico applicato da Needham dovesse essere equivalente a meno di mezzo minuto di ebollizione. Tuttavia, se i flaconi di Needham erano chiusi in modo talmente inefficace che gli organismi degli ordini superiori erano potuti entrare nei flaconi dall’esterno durante il raffreddamento (‘post process contamination’) (Lopez, 1987) possibilità ben considerata da Spallanzani, che riteneva inefficienti le chiusure dei flaconi con tappi di sughero, permeabili - allora sarebbero potuti entrare organismi di qua-lunque dimensione, e a maggior ragione quelli ‘infinitamente piccoli’, dell’ultimo ordine. I microrganismi presenti nei flaconi di Needham erano pressoché gli stessi: “.. microscopical animals of most dimensions, from some of the largest I had ever seen, to some of the least.” (Needham, 1748, p. 638), independentemente dal trattamento applicato ai flaconi: “..phials closed or not closed, .. boiled or not boiled,..placed upon hot ashes…(or not)..” (Needham, 1748, p. 639). Avendo Spallanzani dimostrato che occorrevano almeno 45 minuti di ebollizione per sterilizzare le infusioni, con la massima probabilità i flaconi di Needham non erano stati sterilizzati, visto che non li aveva davvero scaldati poi troppo a lungo: “ .. infusions (were) placed upon hot ashes..”; ma nemmeno avevano raggiunto i 100° per il breve tempo necessario all’inattivazione degli organismi di maggiori dimensioni, visto che nelle infusioni erano ancora presenti e vitali. Infine, poiché la flora microbica era la stessa sia nei flaconi chiusi che in quelli aperti, riscaldati o non riscaldati (Needham, 1748, p. 639), allora non é più possibile decidere se la flora microbica era derivata da insufficiente riscaldamento o ricontaminazione; o da entrambe le cause. Questa opinione di Spallanzani corrisponde totalmente ai criteri che attualmente sono adottati nella diagnosi microbiologica applicata ai risultati dell'analisi dei fallimenti della sterilità dei materiali assoggettati a trattamenti termici di sterilizzazione. Si può concludere che le esperienze di Needham furono apprestate ed eseguite in modo così imperfetto, che non é nemmeno possible stabilire se i flaconi furono scaldati inadeguatamente, o inadeguatamente chiusi; o avevano entrambi i difetti. L’esecuzione del trattamento termico é descritta in modo così approssimato, che si é portati a credere che con elevata probabilità i flaconi furono anzitutto scaldati in modo insufficiente. Ne deriva infine che Needham dimostrò una sola cosa: che nelle infusioni i microrganismi di molti – se non tutti – i tipi più diversi, potevano benissimo svilupparsi. Le esperienze di Needham non dimostrarono affatto che gli organismi microscopici potevano generarsi spontaneamente; ma solamente che nelle soluzioni, o infusioni non sterilizzate e nemmeno protette dalla contaminazione ambientale, se lasciate a se stesse, in pochi giorni si sviluppa- vano microrganismi. La conseguenza immediata é che la teoria sostenuta da Needham e Buffon era immediatamente e completamente confutata dai risultati sulla resistenza microbica al calore, ottenuti da Spallanzani. In assenza delle esperienze di Spallanzani, che dimostrarono la termolabilità degli organismi degli ordini superiori e la necessità di 45 minuti all’ebollizione in ambienti ermetici e a volume fisso, per raggiungere la sterilità, si sarebbe potuto continuare a ritenere qualunque riscaldamento, di qualunque entità, applicato a flaconi qualsivoglia, come capace di produrre flaconi sterili, cosicché i microrganismi che fossero cresciuti negli infusi si sarebbe continuato a credere che si fossero sviluppati per generazione spontanea. Ma dopo le osservazioni di Spallanzani, non sarebbe più stato possibile: i flaconi sperimentali avrebbero dovuto necessariamente essere sterilizzati e protetti dall'ambiente esterno, mediante chiusura ermetica, perché le esperienze pro o contro la generazione spontanea potessero essere attendibili. Quindi queste prime esperienze di Spallanzani dimostrarono che quelle di Needham non significavano nulla, in relazione alla tesi della generazione spontanea. E conseguentemente, che la tesi stessa propugnata da Needham e Buffon non essendo sostenuta da alcuna prova sperimentale valida, era una pura ipotesi; senza basi scientifiche; nient'altro che un “ .. puro, pretto lavoro di fantasia ..” (Opuscoli, pag.24) come dirà più tardi Spallanzani, a proposito della ‘forza vegetatrice’, quell'altro ipotetico attributo della natura, che Needham sosteneva essere presente nelle sostanze organiche. Batteri: cellule vegetative e cellule con spore (sporangi). 4.3 _ La ‘forza vegetatrice’non esiste. Dopo questa prima indicazione fondamentale sul tempo richiesto per sterilizzare le infusioni, Spallanzani ripeté l’esperienza di riferimento pubblicizzata da Needham a sostegno della tesi della generazione spontanea, prendendo però due accorgimenti importanti: chiuse ermeticamente i flaconi con i substrati colturali, mediante fusione alla fiamma dell’apertura (Spallanzani aveva precedentemente sperimentato l’inadeguatezza della chiusura con turaccioli di bambagia, di sughero, di legno, di carta, ecc.) (Saggio, p. 134); e trattò le soluzioni per un’ora, per essere certo di sterilizzarle. In nessuno dei 19 substrati colturali così trattati si svilupparono infatti microrganismi durante l’incubazione a temperatura ambiente: la generazione spontanea non avveniva in nessuna delle infusioni. Dopo aver quindi dimostrato sperimentalmente che in ambienti sterilizzati non si sviluppavano microrganismi – proprio perché la generazione spontanea non esiste bisognava anche dimostrare che le infusioni erano rimaste sterili non perché erano divenute inadatte allo sviluppo microbico per effetto del trattamento termico – ossia per effetto della distruzione della fantomatica forza vegetatrice ipotizzata da Needham - ma perché i microrganismi non si generavano per nulla, partendo da substrati colturali sterilizzati. Scrive Needham a proposito della forza vegetatrice: “É certo che c'è una forza vegetatrice in ogni punto microscopico di materia, in ogni filamento visibile da cui sia costituita la tessitura dell'animale e della pianta. É probabile che ogni sostanza animale o vegetale proceda, seppure con velocità diversa, verso un condizione di primitiva risoluzione verso una forma di principio comune, fonte di ogni cosa, una specie di seme universale; da cui gli atomi costituenti si riorganizzano, riformando nuovi esseri vitali..” (Needham, 1748).Per accertare l'eventuale presenza della forza vegetatrice, Spallanzani trattò all’ebollizione per 0.5, 1, 1.5, e 2 ore, sette infusioni, che poi pose ad incubare a temperatura ambiente. I flaconi però non li chiuse ermeticamente, ma “ .. solo con lenti turaccioli .. giacchè .. erami prefisso .. di cercare se l’azione del bollire a lungo protratta indebolisca o distrugga il potere delle materie infuse in ordine al produrre gli Animaletti; la qual cosa se é vera, deve succedere tanto né vasi aperti, quanto né chiusi.” (Opuscoli, p. 16). In tutte le infusioni si svilupparono microrganismi. Spallanzani provò anche a tostare, arrostire, carbonizzare le diverse semenze e il tuorlo d’uovo impiegati per le infusioni, ma sempre i microrganismi si accrescevano negli infusi che ne otteneva. Se ne doveva dedurre così che negli infusi sterilizzati, non si erano determinate condizioni fisico-chimiche inadatte all’accrescimento microbico; e allo stesso tempo, che non esisteva nessuna forza vegetatrice che fosse in grado di attivare e sostenere l’accrescimento cellulare – come sosteneva Needham – e che potesse essere danneggiata dal trattamento termico di sterilizzazione. Corpo fruttifero di Aspergillus, con catenelle di spore (conidi). 4.4 _ L’ultima obiezione di Needham. Rimaneva solamente da dimostrare che nelle esperienze eseguite da Spallanzani per saggiare la termoresistenza microbica e la sterilizzabilità delle infusioni – che peraltro rimanevano adattissime allo svi-luppo microbico – non si erano create altre condizioni ambientali eventualmente capaci di impedire lo sviluppo microbico. Il sospetto, manifestato da Needham, era che l’atmosfera all’interno dei flaconi ermetici fosse stata resa inadatta allo sviluppo microbico, probabilmente per effetto di una diminuzione della concentrazione di ossigeno, avvenuta a causa del trattamento termico. Questa ultima obiezione di Needham é all’ origine delle incertezze che persistettero negli studiosi contemporanei, ma anche fino a quelli di metà '800, sulla confutazione definitiva della teoria della generazione spontanea da parte di Spallanzani. Anche Pasteur accennerà alla non completa irragionevolezza di coloro che ritenevano fosse proprio per effetto di una tale modificazione dell'atmosfera all'interno delle fiasche sperimentali sterilizzate, che i microrganismi non si erano accresciuti nelle infusioni di Spallanzani. Tale modificazione veniva fatta risalire esplicitamente - da Pasteur – (Pasteur, pag. 215-217) alla diminuzione della concentrazione di ossigeno nello spazio di testa delle fiasche sterilizzate, dovuta a fenomeni di ossidazione di componenti delle infusioni, promossa da un trattamento termico protratto per 45 minuti. In realtà, come ora ben sap-piamo, i trattamenti termici di sterilizzazione non determinano la completa scomparsa dell’ossigeno dall’aria rimasta all’interno dei recipienti riscaldati, anche se le temperature di trattamento sono ben più elevate di quelle raggiunte nelle esperienze di Spallanzani (Lopez, 1987; Hamblin et al., 1987; Bertoli, 1990; Whiting & Naftulin, 1991). In più, il collo d’apertura dei flaconi impiegati da Spallanzani nelle prove di resistenza termica, era stato chiuso per fusione del vetro, dopo averlo stirato sempre alla fiamma fino alle dimensioni di un capillare e aver atteso che la pressione atmosferica interna ai flaconi si fosse equilibrata con quella esterna, e quindi avesse lo stesso contenuto di ossigeno. Si può ricordare, a proposito della pratica attuale di sterilizzazione, che le confezioni sono chiuse ermeticamente a caldo, con poco spazio di testa, sotto vuoto, come si dice abitualmente, e comunque evitando nella massima misura possibile che rimanga ossigeno all’interno. Quindi, se in simili condizioni si ritrova ancora ossigeno nello spazio di testa, nei flaconi di Spallanzani dovevano esserne rimaste quantità molto importanti. Comunque, é ben noto ai tecnologi alimentari che a seguito di errori nel trattamento di sterilizzazione – consistenti in tempi e/o tempera-ture di trattamento inferiori al dovuto – vi sono diverse spore bat-teriche che sopravvivono e inducono in tempi brevi di magazzinaggio la completa alterazione dei prodotti trattati. Tra i batteri che più spesso si rendono responsabili di tali fenomeni di sopravvivenza e alterazione, ve ne sono di capaci di svilupparsi in assenza di ossigeno – batterio di riferimento il Clostridium sporogenes – e altri capaci di svilupparsi sia in assenza che in presenza di ossigeno, come il batterio aerobio- anaerobio facoltativo Bacillus stearothermophilus. Entrambi sono in grado di svilupparsi negli alimenti confezionati sotto vuoto e che abbiano subito trattamenti di sterilizzazione anche di poco inferiori al necessario (Richards, 1968; Stumbo et al., 1950; Pflug and Odlaug, 1978; Stumbo, 1983; Casolari, 1994). Senza dubbio, i flaconi di Spallanzani devono aver raggiunto temperature intorno a 115 - 118°C, dopo 30-60 minuti di ebollizione; però non rimasero che pochi minuti a tali temperature; si può quindi presumere che in ogni caso le concentrazioni di ossigeno all’interno dei flaconi potessero consentire lo sviluppo dei microrganismi sia anaerobi che aerobi-facoltativi, con accettabile probabilità. Né si può sospettare che un elevato contenuto residuo di ossigeno abbia potuto impedire lo sviluppo microbico. Pasteur stesso dichiarerà apertamente, a suo tempo, che l'ossigeno non aveva avuto certamente alcuna influenza sui risultati ottenuti da Spallanzani e quelli che stava ottenendo – nei primi decenni dell'800 – Appert, affermando che l'ipotesi di Gay-Lussac, che era di quel tipo, era del tutto errata: “…l’absence de l’oxygène n’est pas comme le pensait Gay-Lussac, une condition nécessaire de l’inaltérabilité des conserves d’Appert.“ (Pasteur, pag. 217, 300). Eppoi, come dice Pasteur stesso, le esperienze di Schwann (1810-1882) con aria calcinata, dimostrando che l’assenza di sviluppo microbico poteva esserci sia in assenza che in presenza di ossigeno, avevano convincentemente: “ .. donné raison à Spallanzani contre Needham.” (Pasteur, pag. 300). Tuttavia, Pasteur non riconobbe mai, esplicitamente, che Spallanzani aveva confutato la generazione spontanea; anche se, superata dunque quest'ultima obiezione di Needham, la conclusione doveva risultare del tutto evidente. Né apparentemente riconobbe mai esplicitamente, Pasteur, che le centinaia, migliaia di tonnellate di prodotti alimentari prodotte nei primi decenni dell’Ottocento da Appert, secondo il metodo di Spallanzani, dimostravano incontrovertibilmente che la generazione spontanea non esisteva. Spallanzani comunque aveva già dimostrato in esperienze precedenti, che anche una rarefazione dell’aria – una concentrazione di ossigeno nettamente inferiore a quella atmosferica - non era in grado di impedire lo sviluppo microbico (Saggio, 1745, p. 135-136). Si può aggiungere infine, l’opinione ancora diffusa tra gli astrobiolo-gi, che l'origine abiologica – nel brodo inorganico primordiale - della vita sulla terra sia avvenuta in atmosfera riducente (Oparin, 1832; Urey, 1952; Harada & Fox, 1965; Crick, 1983). Colonie adiacenti di Penicillium crustosum; ben visibili zone di reciproca inibizione dello sviluppo. 4.5 _ I microscopi É stato sostenuto da diversi autori che Spallanzani disponeva di un microscopio nettamente meno potente di quello di Needham, e che da questo sia dipesa la discordanza tra i loro risultati: “Spallanzani, not Buffon and Needham, was the technically handicapped party in this debate…” (Sloan, 1992). Si potrebbe sospettare ragionevolmente che osservazioni di questo tipo possano essere avanzate solo da storici incompetenti. Prima di tutto, Spallanzani ha usato sia “ .. microscopj che dir sogliamo levenoecchiani, o sia formati di una sola lente..sia microscopi composti .. lavoro di peritissimo artefice .. ” (Saggio, p. 142). Egli dedica un’intera pagina degli ‘Opuscolì (p. 32) ad affermare che aveva acquisito una considerevole esperienza in ‘molti, e molti anni ‘ di eserciziosu i Microscopj’; che era perfettamente in grado di distinguere il moto browniano delle particelle (un movimento involontario che hanno le particelle microscopiche sospese in acqua) dal movimento volontario degli organismi infinitamente piccoli (Opuscoli, p. 34) che ora chiamiamo batteri. Inoltre, nel 1700, con i microscopi si ottenevano ingrandimenti di 100-150 diametri (Stein, 1931; Sloan, 1988; Casida, 1976). Come ben noto ai microbiologi, i batteri del genere Bacillus sono visibili con gli attuali microscopi, anche senza contrasto di fase, a 100 ingrandimenti. Casida (1976) poi ha dimostrato che batteri come E. coli, Bacillus e Arthrobacter possono essere visti con un microscopio di Leeuwenhoek a 100-150 diametri (verifica effettuata con una copia del microscopio originale di Leeuwenhoek, messagli temporaneamente a disposizione dalla American Society for Microbiology) altrettanto bene quanto si possono osservare ora con un corrente microscopio composto, senza l'utilizzo del condensatore. Posso testimoniare di aver verificato personalmente la visibilità dei batteri anche a solo 100x in microscopi d’uso corrente, senza utilizzare il contrasto di fase. Come riportato più sopra, Spallanzani fa notare come già mezzo minuto di ebollizione nelle condizioni sperimentali adottate: ' .. sia stato fatale agli animali di statura massima, mediocre e piccola .. quando il bollore di due minuti era stato innocente riguardo agli animaletti infinitamente piccoli, che chiamerò dell'ultimo ordine.” (Opuscoli, p. 30). E li vede, “col microscopio” (Opuscoli, p. 29) tali organismi 'menomissimi, infinitamente piccoli’, tanto che “ .. differiscono fra loro nella forma e nella grandezza.” (Opuscoli, p. 31); “ .. animaletti tanto esili, che sembravano punti .. immagini il lettore di avere due laghi, in un de' quali nuotino pesci d'ogni grandezza, cominciando dalle balene , e venendo giù per gradi d'impicciolimento fino ai più minuti, e nell'altro lago nuotino sol-tanto pesciolini niente più grandicelli delle formiche, ed avrà una sensibile idea degli animali .. che mi apparvero..” (Opuscoli, p. 30). Quindi, poiché é fuori dubbio che Spallanzani ha avuto a che fare con i batteri, é anche fuori dubbio che disponeva di microscopi che gli consentivano di vedere tali organismi; non solo, ma anche di percepirne le diverse grandezze e forme; e quindi i microscopi di Spallanzani erano dotati di idonei ingrandimenti e sufficiente potere di risoluzione. Ne consegue che l'ipotesi – soprattutto, ma non solo, di Sloan - che il disaccordo tra le osservazioni di Needham e Spallanzani possa essere attribuito alla diversa qualità dei loro microscopi, e soprattutto a sfavore di Spallanzani, é piuttosto improbabile; soprattutto, infine se si tien conto dell’abilità di osservatore, di: “ .. chi per molti, e molti anni si esercita su i Microscopj, ed ha fatto uno studio particolare, e ben lungo intorno a questi diversi ordini d'infinitamente piccoli.” (Opuscoli, p. 32). Comunque, i risultati delle esperienze di Needham e Spallanzani potevano essere giudicati positivi o negativi, con la semplice osservazione dei flaconi ad occhio nudo, poiché le infusioni sterili rimangono limpide, mentre quelle nelle quali si sono accresciuti i microrganismi, contengono almeno da alcune centinaia di migliaia a oltre un miliardo di cellule/g e quindi sono molto torbide. Le soluzioni torbide per effetto dello sviluppo microbico, hanno anche caratteristiche addizionali rivelatrici di tale condizione, quali odori sgradevoli, sviluppo di bolle di gas e schiume superficiali, modificazione (generalmente aumento) dell’acidità, ecc. Le sospensioni che contengono meno di 3x105 batteri/g, all’incirca, non sono torbide, quindi non riconoscibili come contenenti microrganismi vivi se guardate ad occhio nudo; ma anche con il microscopio a 100x-200x - soprattutto se di un tipo primitivo sono difficilmente riconoscibili. Quindi le soluzioni non torbide sono con molta probabilità giudicate sterili, sia ad occhio nudo che all’osservazione microscopica. Nella figura di seguito si possono osservare: da sinistra a destra: bevuta con substrato colturale sterile; bevuta con accrescimento di muffe in superficie, e soluzione pressoché limpida; bevuta con sviluppo di microrganismi diversi, e soluzione quindi torbida. Bevuta con soluzione colturale sterile (limpida); con vegetazione micotica superficiale; con sviluppo microbico deciso (torbida). Inoltre, poiché le infusioni non erano acide, il livello di contaminazione non poteva per alcun motivo arrestarsi a poche centinaia di migliaia di cellule / ml, ma doveva raggiungere necessariamente i livelli che sono comunemente raggiunti nelle colture batteriche, intorno a un miliardo di cellule batteriche / ml (come nella bevuta (3) della figura); tale concentrazione comporta un livello estremo di torbidità inconfondibilmente riconoscibile come accrescimento microbico. Infine, ma della massima importanza, i risultati ottenuti da Spallanzani non richiedono alcun esame microscopico, per essere interpretati. Essi sono interamente, inequivocabilmente interpretati in base alle nozioni fondamentali della termomicrobiologia, ossia della branca che studia l’effetto delle alte temperature sulla vitalità dei microrganismi. Le infusioni, chiuse ermeticamente in contenitori ‘rigidi’ (i vasi di vetro), quando sono stati mantenuti per tempi lunghi all’ebollizione, hanno certamente raggiunto temperature molto più elevate dei 100° dell’ebollizione – quindi pressioni elevate come dimostra il fatto che “ .. i vasi, dopo l’aver provato il bollore dell’acqua per pochi minuti, cominciavano l’uno or l’altro a scoppiare, e per avere de vasi un numero sufficiente alle mie esperienze, posso dire che me ne andarono a male per ben due terzi. Vetri più acconci a resistere al fuoco mi riuscì ad avere in appresso, i quali perciò potei soggettare più a lungo all’ebollizione .. altrimenti si era sicuro di vedere scoppiare tutti i vasi.” (Opuscoli, p. 33). É del tutto probabile che entro i 30-45 minuti di ebollizione, siano state effettivamente raggiunte temperature intorno a 115° 118°C, in accordo con l’equazione di stato: T = P*V/n*R Spallanzani ne é ben consapevole: “.. noto già essendo ai fisici che l’acqua ove bolla in un vaso chiuso acquista maggiore intensità di calore, di quello faccia bollendo in un vaso aperto.” (Opuscoli, p. 34). Ne consegue che la temperatura é andata aumentando minuto dopo minuto fino a 115° almeno, e che i microrganismi che crescendo hanno intorbidato le infusioni trattate meno di 45 minuti dovevano essere senza ombra di dubbio cellule vegetative derivate da spore batteriche germinate, poiché solo le spore batteriche possono sopravvivere a temperature così elevate (Stumbo, 1973; Lopez, 1987; Casolari, 1988). Tutti gli altri microrganismi sono distrutti da trattamenti a temperature di 70-90°C, anche per tempi brevissimi; e comunque nessun microrganismo non-sporigeno é in grado di sopravvivere alla temperatura di 100°C in soluzioni ad elevatissimo contenuto d'acqua, quali erano le infusioni di Spallanzani. La resistenza microbica al calore aumenta in condizioni di disidratazione parziale o totale. Ma la constatazione che dopo solo mezzo minuto di permanenza alla temperatura di ebollizione, i microrganismi di maggiori dimensioni, d'ordini superiori, non sono più risultati vitali, dimostra che le infusioni avevano un contenuto acquoso elevatissimo, come ci si aspetta da semplici infusioni di materiali organici i più vari. Esaminando il tipo di organismi sopravvissuti nei vasi tenuti all’ebollizione per meno di 45 minuti, Spallanzani li distingue in animaletti e germi. Egli ritiene che la funzione dei germi possa essere di generare glì animaletti dell’ultimo ordine, che attualmente chiamiamo cellule batteriche vegetative. Si direbbe quindi che Spallanzaini identifichi i germi con le spore batteriche. Tale ipotesi sembra confermata dalle argomentazioni che espone sulla probabilità che gli organismi dell’ultimo ordine siano penetrati nei vasi dall’esterno, invece che essere sopravvissuti al trattamento termico. Poiché gli animaletti hanno una certa dimensione seppure minima, anche i germi debbono avere una certa dimensione; e siccome l’aria, l’acqua e sostanze odorose – certamente di dimensioni inferiori sia ai germi che agli animaletti – non sono penetrate all’interno dei vasi – come ha direttamente sperimentato - nemmeno i germi e gli animaletti sono potuti entrare all’interno dei vasi. Inoltre, siccome negli infusi chiusi in scatole con l’apertura saldata con lo stesso metallo – e quindi in ambiente con porosità certamente superiore a quella del vetro - non si sono accresciuti microrgani-smi dopo 45 minuti di trattamento all’ebollizione, evidentemente i germi non sono penetrati nemmeno nelle scatole di metallo. Conseguentemente, conclude Spallanzani, tali animaletti potrebbero derivare dai germi originariamente presenti negli infusi, che “.. per un dato tempo resistano alla violenza del fuoco, ma infine soccombano.” (Opuscoli, p. 42). Attualmente, tali germi, unità resistenti al calore, e che danno origine con la germinazione a cellule vegetative, sono chiaramente identificabili con le spore batteriche. Si potrebbe quindi sostenere che Spallanzani ha per primo individuato – o almeno ipotizzato fondatamente – la possibile presenza le spore batteriche. Ciononostante, il significato delle sue esperienze - e massime del valore straordinario che ebbe in tutta l’evoluzione della biologia sperimentale, la possibilità di ottenere e mantenere la sterilità dei substrati colturali – forse sfuggì ai contemporanei; e sicuramente non fu compreso – o evidenziato - dagli sperimentatori del secolo successivo, Pasteur compreso. Infatti Pasteur si affannò a cercare di dimostrare che nell’aria c’erano dei microrganismi. Mentre non era al di fuori dei flaconi sperimentali che si doveva cercare la soluzione del problema della generazione spontanea; ma al loro interno. Anche i sostenitori della generazione spontanea, gli eterogenisti, ritenevano che proprio all’interno delle infusioni si realizzassero le condizioni chimico-fisiche necessarie all’insorgenza di microrganismi nuovi; non all’esterno. 4.6 _ La generazione spontanea é confutata Ci sono almeno due motivi forti per ritenere che Spallanzani abbia confutato definitivamente la teoria della generazione spontanea: la dimostrazione dell'erroneità delle esperienze di Needham sulle quali si basava la teoria, e la dimostrazione che la sterilità può essere conseguita e mantenuta nel tempo. Spallanzani ha infatti ripetuto la classica esperienza di Needham, della carne scaldata in un ampolla e in cui erano cresciuti una quantità di microrganismi, dimostrando che le condizioni sperimentali da lui applicate erano almeno doppiamente errate, sia per l'insufficienza del trattamento termico, sia per la mancanza di chiusura ermetica delle ampolle. Lo dimostrò impiegando non una sola, bensì diciannove infusioni di materiali diversi. Tutte le altre obiezioni le aveva ribattute, dimostrando sia che i microrganismi potevano ac-crescersi anche a tensioni ridotte di ossigeno; sia che le chiusure delle ampolle potevano divenire ermetiche solo saldandone il collo di vetro alla fiamma; sia che il trattamento necessario per sterilizzare le ampolle era di almeno 45 minuti all'ebollizione, effettuando la prima determinazione di resistenza dei microrganismi al calore. In più, si può affermare che Spallanzani dimostrò in modo incontrovertibile e definitivo, che la generazione spontanea non avveniva, provando che un gran numero di soluzioni nutritive erano sterilizzabili e si conservavano sterili, seppure in condizioni fisico-chimiche peraltro adattissime alla crescita microbica. La sterilità é una condizione di estrema importanza, primaria, basilare: confuta, sì, la generazione spontanea; ma ha consentito di fondare l’esercizio pratico della microbiologia: solo impiegando substrati colturali sterili é stato possibile coltivare i microrganismi in laboratorio, individuare mezzi fisici e chimici per proteggerci dalla loro attività invasiva; riconoscere praticamente quelli patogeni; saggiarne la diffusione e la resistenza nell’ambiente esterno; la possibilità di fermarli, distruggerli, per migliorarci l’esistenza quotidiana; ha consentito di fondare il concetto e la pratica dell’asepsi, della disinfezione, della sterilizzazione dei materiali chirurgici e dei dispositivi della clinica medica che hanno salvato milioni di vite; non ultimo, ha consentito l’affermazione dell’industria della conservazione dei farmaci e degli alimenti, che in tal modo sono diventati disponibili indipendentemente dalle distanze delle zone di produzione. Le opinioni di diversi studiosi sono esplicite, in merito al significato determinante rivestito dalla sconfitta della teoria della generazione spontanea in relazione allo sviluppo della microbiologia e della medicina. Dice Farley: “Tyndall thought that it was only through the complete elimination of the spontaneous generation viewpoint that medicine could hope to conquer disease.” (Farley, 1974). Si può riaffermare quindi, a proposito di Spallanzani, che: “Nessuno scienziato ha servito di più la medicina, senza essere medico.” (Duchambre, da Rostand, 1963, p. 188). Lo sviluppo della microbiologia sperimentale non é immaginabile, se non fosse stata definita la possibilità di ste-rilizzare. Capitolo 5. Sterilizzazione e pastorizzazione "Sterilization is the removal of all life of any kind from an object or material." (Richards, 1968). Si può affermare con accettabile approssimazione che nessun microrganismo sopravvive alla sterilizzazione; e più precisamente, che la probabilità di sopravvivenza delle spore dei batteri più resistenti al calore – che sono gli organismi più resistenti al calore in assoluto - é compresa tra 10-5 e 10-12 , vale a dire che dopo un trattamento convenzionale di sterilizzazione con Fo = 10 (il valore di Fo indica il tempo in minuti di trattamento reale alla temperatura di riferimento di 250°F = 121.1°C; il trattamento reale é comprensivo dei contributi termici dovuti al tempo di salita della temperatura per il raggiungimento di quella di steriliz-zazione e dei contributi dovuti al tempo di permanenza a temperature letali, nel corso del raffreddamento), una sopravvivenza potenziale di 10-5 e 10-12 significa che non si possa escludere che meno di una unità su centomila unità – o meno di una su mille miliardi di unità – rispettivamente, possa essere non sterile. La termoresistenza di alcune specie di spore batteriche é talmente elevata, che per raggiungere livelli di probabilità di sopravvivenza intorno a 10-5 e 10-12 di tali spore, occorrerebbero trattamenti termici più elevati di quelli adottati nella pratica; ma tali trattamenti determinerebbero un peggioramento della qualità dei prodotti, che li renderebbe tanto meno appetibili al consumatore quanto più protratto fosse il trattamento di sterilizzazione. Quindi nella pratica si sceglie un compromesso accettabile – risultato sperimentalmente accettabile (quello che le migliaia di miliardi di unità prodotte in quasi 200 anni di sterilizzazione pratica testimoniano) – applicando temperature comprese tra 118° e 145°, per tempi compresi all'incirca tra 20 minuti e 2.4 secondi, rispettivamente. L'entità dei trattameti termici di sterilizzazione applicati abitualmente determina un livello di distruzione degli eucarioti – lieviti, muffe, protozoi – e delle cellule vegetative batteriche, tale da ridurre la probabilità di sopravvivenza intorno a valori di molto inferiori a 10-40 , ciò che significa una probabilità di sopravvivenza della Salmonella typhi, o del Vibrio colerae, inferiore a una cellula in una massa di prodotto superiore ad almeno 10 milioni di masse solari. La sterilizzazione distrugge irreversibilmente la capacità di ri-produzione. L’incapacità di riproduzione é il criterio stesso della morte microbica. In un prodotto sterile, tutte le molecole organiche costitutive del materiale biologico originario rimangono pressoché intatte, e assolutamente disponibili per la neoformazione di organismi nuovi, tanto é vero che i prodotti sterili sono in grado di sostenere lo sviluppo microbico – sostenere, non significa assolutamente generare con il massimo vigore. La dimostrazione incontrovertibile la si può ottenere inoculando qualsiasi microrganismo nel prodotto sterilizzato. Una condizione di questo tipo può verificarsi quando il contenitore del prodotto sterilizzato é portatore anche solamente di perdite microscopiche di ermeticità, che consentono a microrganismi dell’ambiente esterno di entrare a contato con il prodotto. Il prodotto si trasforma letteralmente in un completo substrato colturale per lo sviluppo del microrganismo che lo contamina, che si accresce nei brevissimi tempi canonici di 2448 h a temperature prossime a 30°, alterando completamente il prodotto, ossia ingenerando fenomeni putrefattivi, fermentativi, ecc. Ma un prodotto sterile rimane indefinitamente inalterato e privo di microrganismi vitali, in assenza di macro- e/o micro-perdite di ermeticità, che ne promuovano la contaminazione da parte dell’ambiente esterno. Ne sono la riprova sperimentale, pratica, se occorresse, i miliardi di tonnellate di prodotti alimentari sterilizzati, messi in commercio dai tempi di Appert (dal 1810 circa). Sterilità e generazione spontanea sono dunque due condizioni biologiche assolutamente antitetiche: non possono coesistere. La prima esclude la seconda, poiché la sterilità é impensabile in presenza di generazione spontanea, perché la sterilità non sarebbe né ottenibile né mantenibile se i microrganismi non potessero essere distrutti, se potessero recuperare la loro vitalità – o se comparissero microrgani-smi di nuova generazione – nei materiali sterilizzati. Le spore batteriche sono le forme biologiche più resistenti al calore. Sulla base delle attuali conoscenze sulla sterilizzazione e la fisiologia microbica (Richards, 1968; Stumbo et al., 1950; Pflug & Odlaug, 1978; Stumbo, 1973; Casolari, 1988; Casolari, 1994) tutti i microrganismi sono distrutti se mantenuti per un tempo pari o superiore a tT compreso tra 1.4 ore e 2.4 secondi a temperature (T) comprese tra 112°C e 145°C, rispettivamente, secondo la relazione: tT = tTr * 10 (Tr-T)/z [1] (dove la temperature di riferimento Tr = 121.1°C = 250°F, e z = 10°C = 18°F, e t é in minuti). I trattamenti di sterilizzazione adottati nella pratica sono di entità tale da ridurre la probabilità di sopravvivenza microbica a valori inferiori al livello di rilevabilità dei metodi analitici. Quindi, a tutti gli effetti pratici, la sterilizzazione equivale alla completa distruzione dei microrganismi presenti nel materiale trattato, visto che la presenza eventuale di unità non sterili é talmente ridotta, da rendere praticamente impossibile rilevarla analiticamente. I trattamenti di sterilizzazione debbono essere applicati a materiali previamente chiusi in contenitori ermetici (all’acqua, all’aria, e ai microrganismi, ovviamente). Ciò comporta direttamente che i prodotti sterilizzati possono essere conservati inalterati indefinitamente; almeno finché non viene a mancare l’ermeticità del contenitore (per rottura, danneggiamento, corrosione con perforazione del metallo, ecc.), che protegge il materiale dalla contaminazione ambientale. Infatti, il prodotto sterile non contiene sostanze che inibiscano lo sviluppo microbico (altrimenti non avrebbe senso sterilizzarli; basterebbe aggiungere un’ adeguata concentrazione di antimicrobico); cosicché se il prodotto viene contaminato, con l’apertura o la perdita di ermeticità del contenitore, é inevitabilmente alterato dai microrganismi che vi si sviluppano in brevissimo tempo a temperatura ambiente. La differenza tra sterilizzazione e pastorizzazione é di fondamentale importanza. La condizione biologica raggiunta con la pastorizzazione é del tutto differente; completamente diversa. In accordo con le direttive della International Dairy Federation (1994) lo scopo della pastorizzazione non é infatti di distruggere la totalità dei microrganismi presenti in un substrato – come per la sterilizzazione - ma solamente “ .. di ridurre il numero dei microrganismi di alterazione.” (IDF, 1994). Tale risultato é raggiungibile con trattamenti di 30 minuti a 63°C oppure 15 secondi a ~72°C. (IDF, 1994), o equivalenti: t = 237.9 – 3.3 * T [2] Tenendo conto che un trattamento di sterilizzazione richiede l’esposizione del materiale ad una temperatura di 121.1°C per 10 minuti – o ad una temperatura e per un tempo equivalenti, secondo l’equazione [1] – si può ottenere, sempre dall’equazione [1], che si potrebbe avere teoricamente lo stesso risultato, ossia lo stesso livello di sterilità, solo se il trattamento avesse la durata di un anno e mezzo circa alla temperatura di pastorizzazione di 72°C. All’opposto, si otterrebbe lo stesso risultato dei 15 secondi a 72° - ossia un effetto pastorizzante – in 3 milionesimi di minuto se la temperatura applicata fosse quella di sterilizzazione di riferimento, ossia 121.1°C, invece di 72°. Appare ovvio quindi come trattamenti di entità così modesta come quelli di pastorizzazione, che sono all’incirca un milionesimo di volte meno efficaci dei trattamenti di sterilizzazione, non possano distruggere che una minima parte dei microrganismi presenti in un substrato; e in ogni caso non distruggono assolutamente le spore batteriche, che sono gli organismi più resistenti al calore. La pastorizzazione distrugge solamente una frazione delle cellule microbiche più sensibili al calore. Infatti, il numero di microrganismi che sopravvivono alla pastorizzazione é generalmente compreso tra 10 e 10,000 cellule per grammo di prodotto (pari a 10 mila, 10 milioni di batteri per litro, rispettivamente). La pastorizzazione, comunque, non elimina necessariamente le ascospore termoresistenti delle muffe del tipo Byssochlamys, Neosartorya e Talaromyces (Pitt & Hocking, 1987), e le spore batteriche di Sporolactobacillus, Alicyclobacillus, Bacillus macerans e B. polymyxa [Vaughn et al., 1952; Casolari e Giannone, 1966; Cerny et al., 1984; Doores e Whestoff, 1981; Pitt & Hocking, 1985; Pieckova e Samson, 2000]. Ne consegue che i substrati solamente pastorizzati, non sono stabili se mantenuti a temperatura ambiente; possono essere alterati – per effetto dello sviluppo dei microrganismi – in 2-4 giorni. Per evitarne l’alterazione microbica, i prodotti pastorizzati debbono essere trattati con pratiche tecnologiche aggiuntive, quali l’essere acidificati o essere naturalmente acidi quanto basta; oppure essere conservati a temperature di refrigerazione, oppure essere congelati; essere concentrati, o aggiunti di zucchero – come le confetture, le marmellate, le gelatine di frutta – o essere abbondantemente salati, oppure essiccati; essere aggiunti di sostanze antimicrobiche; oppure assoggettati a fermentazione. Quindi la differenza fondamentale tra sterilizzazione e pastorizzazione é che la prima comporta la completa distruzione dei microrganismi; mentre la pastorizzazione reduce solamente il numero dei microrganismi vitali. I substrati sterilizzati non si alterano microbiologicamente anche se mantenuti indefinitamente a temperatura ambiente; i substrati pastorizzati, sono invece molto alterabili a temperatura ambiente, e quindi per mantenerli inalterati necessitano di interventi supplemen-tari. Un'altra differenza importante, ancorché ovvia, dopo quanto é stato detto, é che nei prodotti pastorizzati sono contenuti una varietà e un numero di microrganismi vitali non indifferente. Nei prodotti acidi, concentrati, essiccati, refrigerati e congelati, i microrganismi sopravvissuti alla pastorizzazione, rimangono vitali per tutto il tempo in cui permangono tali condizioni - acidità, ridotto contenuto acquoso, o congelamento – che ne impediscono lo sviluppo. Taluni possono svilupparsi in tempi lunghi di permanenza a temperature di refrigerazione. Vento tra i Penicillium, come tra gli alberi. Capitolo 6 . Pasteur e la generazione spontanea Pare che a metà dell’800 la teoria della generazione spontanea non godesse di un gran credito: “By the ends of the 1850 there was virtual unanimity in the Académie des Sciences in Paris that spontaneous generation did not exist.” (Harris, 2002, p. 101). Però, un membro dell’Accademia, Félix Pouchet (1800-1872), direttore del Museo di Storia Naturale di Rouen, aveva presentato (1855) all’Accademia stessa una memoria sull’evidenza sperimentale della generazione spontanea, ottenuta con infusioni di fieno. Nel 1859 Pouchet pubblicò addirittura un volume – ‘Hétérogénie, ou traité de la génération spontanée’ - interamente dedicato a sostenere la tesi della generazione spontanea. Nel 1860, una serie di cinque contributi di Louis Pasteur (1822-1895), di tenore completamente opposto, uscirono a stampa sulla rivista di grande credito scientifico, i Comptes Rendus. Nello stesso anno, l’Académie des Sciences istituì il premio Alhumbert di 2500 franchi sul tema: “Essayer par des expériences bien faites de jeter un nouveau jour sur la question des générations dites spontanées.” (Pasteur, p. 636). Si riaprì così una nuova stagione di attività sperimentale tesa ad approfondire la questione della generazione spontanea. Le esperienze eseguite da Pasteur, contrariamente all’opinione corrente degli storici della scienza, che evidentemente hanno analizzato il problema da un punto di vista non-whig (vedere cap. VII), sono tutte assolutamente sbagliate, come le esperienze di Needham, anche se per motivi differenti. Pasteur eseguì le sue esperienze un secolo dopo Needham e Spallanzani; ma ciononostante, conferì loro un orientamento del tutto diverso. Pasteur non aveva una sua idea propositiva in merito alle esperienze da eseguire per dimostrare inconfutabilmente che la generazione spontanea non si verificava. Si interessava alla teoria della spontaneità solamente perché intendeva dimostrare che gli agenti della fermentazione erano nell'aria e da lì, contaminando i diversi materiali, ne provocavano poi la fermentazione. Intendeva provare che gli oppositori di tale ipotesi (tra i quali Liebig, Lavoisier, Gay-Lussac .), che sostenevano come gli agenti microbici visibilmente presenti nei prodotti fermentati erano un prodotto della fermentazione, invece che gli agenti causali, avevano torto. Questo, era l'in-teresse predominante di Pasteur. In realtà tale evenienza, anche qualora fosse stata dimostrata sperimentalmente, avrebbe avuto un interesse esclusivo in relazione all'origine dei microrganismi delle fermentazioni; ma nessuno in relazione alla generazione spontanea. E ciò indipendentemente dalla sua volontà di propugnare, verbalmente e per iscritto, la coincidenza dei due fenomeni: se si dimostra che i microrganismi sono nell'aria, si dimostra altresì che non nascono spontaneamente dai materiali fermentescibili; questa era la tesi corrente a metà dell’Ottocento; e ciò avrebbe comportato parimenti, che l'insorgenza spontanea dei microrganismi in generale, non sussisteva. Ne consegue che le esperienze di Pasteur non sono organizzate in maniera idonea a dimostrare direttamente l’insussistenza della generazione spontanea; ma piuttosto indirettamente, attraverso vari tentativi di accreditare la tesi della presenza nell’aria dei microrganismi; quegli stessi microrganismi che gli eterogenisti vedevano moltiplicarsi nelle loro infusioni. Pasteur quindi non ha condotto a termine esperienze intese a dimostrare direttamente che la generazione spontanea non avveniva correntemente, o non era avvenuta in tempi prebiologici. Pasteur ha eseguito tutta una serie di esperienze, tese alla dimostrazione che nell'aria c'erano microrganismi, al duplice scopo di dimostrare (1) che gli altri studiosi – gli eterogenisti e non, contemporanei e non – si erano sbagliati, perché gli organismi che crescevano nelle loro infusioni erano sempre dovuti al contatto diretto o indiretto con l’aria, con la polvere, con il mercurio (contaminato), e comunque con l'ambiente esterno alla più intima struttura sperimentale; alla contaminazione ambientale, insomma: “.. j'ai la prétension de démontrer avec rigueur que dans toutes les expériences où l'on a cru reconnaitre l'existence de générations spontanées .. l'observateur à été victime d'illusions ou de causes d'erreur qu’il n'a pas apercues ou qu’il n'a pas su eviter.” (Pasteur, p. 295). Nemmeno Spallanzani, secondo Pasteur, aveva risolto il problema: “ .. Needham ne pouvait .. abandonner sa doctrine en presence des traveaux de Spallanzani ..” (Pasteur, p. 297). Pasteur pensa ai 45 minuti necessari alla sterilizzazione, che alterano, secondo Needham, la condizione dell'atmosfera all'interno dei palloni: “ .. nous allons voir les objections de Needham légitimées..” (Pasteur, p. 298). Anche senza un motivo chiaro, dichiarato, scrive poco dopo, dimosrando di non aver capito nulla: “ .. Spallanzani n'avait pas trionphé des objections de Needham..” (Pasteur, p. 302); e ciò a conferma che non voleva riconoscere (vedere di seguito a pag.63), o non aveva compreso, il potere risolutivo, probante, delle esperienze di Spallanzani. (2) “ .. Mais quel besoin avais-je donc de m'attacher à cette étude?.. un besoin impérieux.” (Pasteur, p. 303). Pasteur sperava soprattutto di accreditare ‘imperiosamente’ la sua tesi sulla natura e l’origine delle fermentazioni; per cui se gli organismi delle fermentazioni si fossero originati eterogenicamente, la sua tesi avrebbe avuto scarsa, nessuna attendibilità; ma se i microrganismi o loro precursori, o germi, si fosse potuto dimostrare che provenivano dall’aria, allora avrebbe potuto sostenerne con maggiore credibilità la sua tesi; consacrarla come un dato di fatto. Coniugò strettamente l'obiettivo che gli interessava maggiormente – ossia la necessità di dimostrare l'origine aerea degli agenti della fermentazione – con l'ipotesi che tale realtà avrebbe dimostrato conseguentemente errate – per effetto di avvenuta contaminazione ambientale - le esperienze degli studiosi sulla generazione spontanea; e allo stesso tempo ancora, avrebbe dimostrato la falsità della dottrina stessa. “ Au point où je me trouvais de mes etudes sur les fermentations, je devai donc me former une opinion sur la question des générations spontanées. J’y rencontrerais peut-etre une arme puissante en faveur de mes idées sur les fermentations proprement dites. Les recherches j’ai maintenant à rendre compte n’ont été par conséquente qu’une digression oblijé de mes études sur les fermentations.” (Pasteur, p. 224). Ma tale consequenzialità non era per nulla giustificata. Dimostrare che le osservazioni sulla presunta generazione spontanea di microrganismi erano dovute alla contaminazione aerea, sarebbe stata comunque una osservazione utile da contrapporre all'interpretazione degli eterogenisti; una possibile dimostrazione dell'erronea conduzione delle loro esperienze; ma non una dimostrazione che l'eterogenia in se stessa non poteva verificarsi. Le due realtà erano piuttosto indipendenti, anche se fra loro sussisteva ovviamente una relazione, soprattutto per quanto atteneva alle modalità di attuazione delle occasioni sperimentali. Da Redi a Spallanzani, il rilievo che rivestiva la probabilità della contaminazione ambientale nella progettazione e nella conduzione dell'attività sperimentale, era già stato definito con l'apprestamento di recipienti, aperti e chiusi con carta o garza (Redi doveva semplicemente isolare il materiale sperimentale dagli insetti, che hanno un diametro minimo intorno al mil-limetro); e da Spallanzani, aperti e completamente chiusi, ermeticamente, per fusione del collo di vetro dei palloni (Spallanzani doveva isolare gli infusi dai microrganismi, che hanno un diametro minimo intorno al millesimo di millimetro). Spallanzani aveva dimostrato errata l'esperienza iconica di Needham, proprio rifacendola ma con palloni ermeticamente chiusi per fusione del vetro alla fiamma, invece che chiusi con tappi di sughero. Il problema della presenza dei microrganismi nell'aria non era quindi più in discussione. Mancava una dimostrazione sperimentale, diretta, forse; ma non una serie di esperienze che inducessero a ritenere che tale contaminazione fosse reale, visto che: “ .. La plupart des naturalistes .. admettaient l'ancienne hypothese de la dissemination aérienne des germes..” (Pasteur, p. 304). Pasteur, invece di ripercorrere in qualche modo l’esperienza di Spallanzani, modificandone eventuali aspetti che poteva ritenere migliorativi, adottò – forse proprio perché gli agenti delle fermentazioni di cui si stava occupando crescevano più selettivamente in substrato acido - condizioni sperimentali che forse riteneva potessero soddisfare entrambe le sue necessità, ma che nella pratica diminuivano la probabilità di accrescimento microbico in generale, e dei microrganismi più comuni soprattutto, che avrebbero potuto eventualmente crescere spontaneamente. Infatti, i procarioti, i comuni batteri, sono organismi enormemente più semplici degli eucarioti di immediato suo interesse, quali sono i lieviti, gli agenti primi della fermentazione vinaria, ecc. Dedicandosi caparbiamente all’ esecuzione di esperienze che avrebbero dovuto dimostrare la presenza nell'aria degli agenti microbici delle fermentazioni, non avrebbe potuto dimostrare direttamente l’inconsistenza pratica della dottrina della generazione spontanea. Sembra piuttosto ipotizzabile, che Pasteur presumesse di individuare la condizione fondamentale, l'experimentum crucis, capace di confutare definitivamente la generazione spontanea, nella realizzazione di una condizione sperimentale molto particolare, che discendeva direttamente dalle dichiarazioni di Needham (vedere p. 103). Ciononostante, nell’impostazione delle sue esperienze compì tutta una serie di errori fondamentali, ponendosi fin dall’inizio nella condizione di esplorare il comportamento di una frazione limitata della flora microbica; e malauguratamente, di una frazione con caratteristiche tali, ben delimitate – gli eucarioti - non riferibili al comportamento più generale degli organismi microscopici più comuni e più diffusi, anche se del massimo interesse per lo studio delle fermentazioni. Conseguentemente, qualunque risultato avesse ottenuto con le sue esperienze, non avrebbe potuto essere considerato auto-maticamente la prova di un comportamento più generale, che avrebbe dovuto essere invece necessariamente riferibile alla maggior parte della popolazione microbica, se non proprio alla totalità di procarioti ed eucarioti. Ma cercando di dimostrare solamente che nell'aria c'erano microrganismi, non avrebbe comunque dimostrato alcunché in relazione alla generazione spontanea. Pasteur aveva assunto insomma una definita posizione ideologica, che intendeva affermare e difendere ad ogni costo. Era anche credente, e in quel periodo la teoria della generazione spontanea era considerata una forma di materialismo (Harris, 2002). Certamente, Pasteur sapeva bene che l’Académie des Sciences era unanimemente avversa alla dottrina della generazione spontanea (Farley, 1974; Harris, 2002); “... a panel unanimously unsympathetic to spontaneous generation from the outset. ” (Farley & Geison, 1974). Annota infatti con soddisfazione Pasteur: “ ... dit M. Flourens (forse il più importante membro dell’Académie) ... Pasteur met ensemble de l’air et des liqueurs putrescibles et il ne se fait rien. La génération spontanée n’est donc pas. Ce n’est pas comprendre la question que de douter encore.” (Pasteur, p. 351). In più, oltre ad essere affette da questo vizio di impostazione generale, di fondamentale importanza, la descrizione delle sue esperienze sollevano dubbi su molti altri aspetti, connessi alle modalità di esecuzione, oltre che all’interpretazione dei risultati, in diretta relazione con il loro valore probante. Pasteur intraprese le sue sperimentazioni, all’età di 37 anni: “..aveva appena cominciato ad affrontare problemi di natura bio-logica .. ”, ( Farley e Geison, 1974; Narashiman, 2001), quali la produzione e la stabilizzazione dell’aceto e del vino, oltre che la fermentazione alcolica. É probabile che a tale condizione si possano far risalire alcune scelte basilari, erroneamente da lui effettuate, come la scelta di un substrato colturale acido, e l’orientamento sperimentale alla dimostrazione della contaminazione aerea come causa prima dei processi fermentativi, più che all’individuazione di evidenze utili per una verifica frontale, diretta, della dottrina della generazione spontanea. Capitolo 7. Osservazioni alle esperienze di Pasteur. Le esperienze di Pasteur sono riportate in tre gruppi di pubblicazioni: 5 rapporti presentati all’Accademia delle scienze di Parigi nel 1860 (Comptes rendus de l’Académie des sciences, 1860, pp. 187-209), e nove pubblicazioni – le cosiddette Mémoires - riportate sia negli Annales des sciences naturelles, 4° ser., XVI, p. 5-98, nel 1861, sia negli Annales de chimie e de physique, 3° ser., LXIV, p. 5-110, nell’anno successivo. Di seguito sono analizzate le principali condizioni sperimentali, che apparentemente privano di ogni valore probante le esperienze eseguite da Pasteur in merito alla confutazione della teoria della generazione spontanea: (i) impiego di un solo substrato di riferimento; (ii) impiego di un substrato acido, inadatto allo sviluppo della totalità dei microrganismi; (iii) un substrato non sterile, ma solo pastorizzato; (iv) erronea identificazione della contaminazione aerea con la teoria della spontaneità; e diverse altre. 7.1 _ Impiego di una sola soluzione colturale. Il primo errore di Pasteur é stato quello di aver usato quasi costantemente un solo substrato per la coltura dei microrganismi. La probabilità dell’accrescimento dei microrganismi dipende in misura rilevante dall’ambiente in cui vengono a trovarsi. Variazioni delle condizioni biofisiche ambientali influiscono sulla velocità di sviluppo e in molti casi anche sul tipo di sviluppo; si possono fare poche generalizzazioni. Si conoscono microrganismi dalle più varie esigenze nutrizionali. L’acqua é indispensabile; nell’acqua debbono essere contenuti macroelementi diversi, quali carbonio, azoto, fosforo, potassio e magnesio, ma anche microelementi quali ferro, zinco, rame, manganese, e talvolta calcio. Tutti questi elementi minerali sono richiesti in tracce anche per la crescita delle piante, quindi gli infusi di vegetali generalmente li contengono tutti. Alcuni gruppi microbici sono incapaci di utilizzare l’azoto inorganico; altri crescono soddisfacentemente solo in presenza di sali di ammonio o meglio aminoacidi, ma non sono in grado di utilizzare i nitrati. Per l’accrescimento di ogni microrganismo é necessario che siano presenti determinati componenti nutritivi (Guirard & Snell, 1981), oltre che definite condizioni biofisiche (Costilow, 1981). I microrganismi richiedono per l’accrescimento una fonte di energia e composti accessori. Il glucosio é la fonte di carbonio più comunemente e facilmente utilizzata; ma diversi microrganismi hanno esigenze molto particolari per altri composti organici. Alcuni microrganismi necessitano addirittura di composti organici complessi, quali le vitamine (più spesso tiamina, biotina), ecc. Non mancano microrganismi capaci di accrescersi in substrati sintetici di composizione molto semplice. Variando le condizioni colturali, si può quindi ottenere lo sviluppo di gruppi diversi di microrganismi (Onions et altri, 1981; Banwart, 1981; Shapton & Shapton, 1991), o impedirlo. La maggior parte dei microrganismi é comunque in grado di accrescersi nei substrati d'uso generale, che sono substrati non acidi, con pH prossimo alla neutralità; vanno impiegati ad una tensione di ossigeno intermedia, e a temperature prossime a 28°C. Gruppi particolari di microrganismi preferiscono – e taluni esigono – substrati acidi, e/o ridotte tensioni di ossigeno, e/o elevata pres-sione osmotica; temperature molto elevate (superiori a 55°C), oppure molto basse (inferiori a 12°C). Basando tutte le sue argomentazioni sui risultati ottenuti usando un solo substrato guida, in pratica,in tutte le sue esperienze, Pasteur non ha tenuto conto di aver escluso dalla possibilità dell’accrescimento, una grande quantità di microrganismi diffusissimi nell'ambiente esterno, che si sarebbe potuta verificare con probabilità molto più elevata, impiegando una molteplicità di substrati nutritivi, di differente composizione. Lui stesso ne é consapevole. Infatti inizia l’esposizione delle sue osservazioni dicendo, nella prima sua pubblicazione: “Les recherches dont j’ai l’honneur de communi-quer les resultats à l’Académie ne s’appliquent encore qu’à un seul liqueur … Je vais étudier d’autres liqueurs .. “ (Pasteur, pp. 187-191). In realtà, Pasteur compirà solo occasionalmente delle esperienze con pochi altri substrati colturali; descriverà soprattutto quelli eseguiti impiegando urina; pochissime osservazioni eseguite con latte e la sua soluzione dopo neutralizzazione (Pasteur, p. 253); lasciando intendere di aver usato anche acqua di pepe, e di barbabietole, ma equiparandone molto vagamente i risultati a quelli ottenuti con la sua soluzione di riferimento, e difficilmente caratterizzabili fisico-chimicamente. La sua soluzione di riferimento, che chiama Eau sucrée albumineuse, é costituita da : 10 g di saccarosio e 0.2 – 0.7 g di un derivato del lievito di birra, disciolti in 100 g d’acqua (Pasteur, p. 188). Tale soluzione aveva un contenuto elevato di saccarosio (circa 10 volte quello impiegato correntemente) e tale da diminuire seppure in misura molto ridotta il valore di attività dell’acqua (˜ 0.994) che é più comunemente impiegato nei comuni substrati colturali per la generalità dei microrganismi. Ma soprattutto sarebbe stato più opportuno utilizzare il glucosio, al posto del saccarosio, poiché il glucosio é assimilato dalla quasi totalità dei microrganismi; contrariamente a quanto avviene per il saccarosio. Nella stessa soluzione, il contenuto proteico é invece scarso, quando si consideri che il più semplice terreno colturale d’impiego generale, contiene intorno allo 0.8% di peptone (American Society of Microbiology, 1981, “Manual of methods for general bacteriology”). Se Pasteur avesse impiegato un infuso vegetale, avrebbe soddisfatto con maggiore probabilità le necessità fisiologiche della maggior parte dei microrganismi, poiché, date le caratteristiche fisiologiche dei vegetali, tutti i componenti chimici richiesti dai microrganismi sarebbero stati presenti con elevata probabilità nei loro infusi. Si può anche ricordare, a titolo di confronto, che invece di un solo terreno colturale, come fece Pasteur, Spallanzani impiegò addirittura 19 infusioni (Saggio, p. 137), per confutare l'esperienza fondamentale eseguita da Needham. 7.2. La soluzione impiegata da Pasteur é acida Il substrato di riferimento impiegato costantemente – ed erro-neamente - da Pasteur é acido (Pasteur, pp. 233, 247, 248, 250, 350, 357), ossia ha pH basso. Non é possibile sapere qual'era il reale valore di pH, ma si può ragionevolmente ritenere, in base al tipo di microrganismi che crescevano in quell'ambiente, che fosse prossimo a 4,0. Come é ben noto, soprattutto ai microbiologi ed ai tecnologi alimentari, l’acidità di un substrato é una condizione fisico-chimica della più elevata rilevanza in relazione alla possibilità di sviluppo del più ampio gruppo di microrganismi: “The control of pH, temperature and oxygen supply, is critical with every bacterial culture “ (Costilow, 1981); “Hydrogen ions concentration is among physico-chemical factors of major concern affecting microbial growth.” (Casolari, 1989); “..there are always at least three factors controlling microbial growth: the pH, the water activity and temperature.” (Robert & Jarvis, 1983). Infatti, pressoché tutti i microrganismi sono in grado di svilupparsi nei substrati cosiddetti d’impiego generale, che hanno appunto un pH prossimo alla neutralità, e quindi non sono acidi. Mentre solamente pochi gruppi microbici – detti acidofili e/o acidotrofici – ed in particolare gli eucarioti aerobi che appartengono alla categoria dei lieviti e delle muffe, possono crescere nei substrati acidi. Nella Tab. 1 é riportato un elenco dei microrganismi - sia procarioti sia eucarioti che sono incapaci di crescere in ambienti con pH = 4 (il pH della soluzione di Pasteur non é noto). L’ambiente acido non é privilegiato nemmeno dagli eucarioti del gruppo dei protozoi (Tremaine and Mills, 1991; Baldwin and Campbell, 2001). La soluzione impiegata da Pasteur era acida e lo riconosce lui stesso; non solo, ma ne rivendica l’idoneità a dimostrare ciò che lui stesso intende dimostrare; tanto che a Meunier, che gli contesta giustamente i risultati delle sue esperienze come dovuti alla natura stessa della sua soluzione, Pasteur risponde: “Je le crois bien: c’est là un résultat qui m’appartient et que je revendique.” (Pasteur, p. 350), affermando almeno in apparenza una precisa consapevolezza dei vantaggi offerti da tale tipo di soluzione; aggiungendo che ha anche fornito una ‘formule generale’ mediante la quale preparare soluzioni ‘à réaction légèrment acide..’ di modo che si possano ottenere risultati analoghi ai suoi. Pasteur infatti sapeva benissimo – o quantomeno aveva avuto la possibilità di constatare – che in ambienti neutri o alcalini – come il latte e come la sua soluzione aggiunta di carbonato di calcio - non si ottenevano gli stessi risultati che producevano le soluzioni leggermente acide come la sua, se non si variavano opportunamente alcune condizioni sperimentali, quale ad esempio l’entità del trattamento termico: “ .. les infusions à réaction légèrment acides n’exige qu’une température de 100°, ou inférieure de 100°, et que les liquides neutres, au mieux très légèrement alcalins, doivent etre portés, comme le lait, à plus de 100°.” (Pasteur, p. 352). Ma in più, Pasteur aveva potuto annotare la diversità dei tipi di microrganismi che si accrescevano nelle soluzioni non acide, rispetto a quelli che si sviluppavano nella sua soluzione: ” Je n’ait jamais vue former dans le lait ainsi traité (portato ad alta temperatura) autre chose que des vibrions et des bacteriums, aucune mucédinée, aucune torulacée, aucune ferment végétale. ” (Pasteur, p. 255); ossia aveva visto crescere, nel latte trattato ad alta temperatura, batteri di vario tipo, ma non lieviti e muffe. E ancora: “ .. j’ai reconnu que l’on peut faire produire des vibrions, à l’aide de l’eau de lévure sucrée . . il suffit de faire bouillir la liqueur à 100° en présence d’un peu de carbonate de chaux, qui rend la liqueur neutre ou légèrement alcaline. ” (Pasteur, p. 356). La conseguenza più diretta dell’acidità della sua soluzione colturale é che i microrganismi che vi si accrescevano erano quasi esclusivamente lieviti e muffe. Infatti Pasteur descrive gli organismi che crescono nei suoi recipienti sperimentali, come muffe: “.. penicillium, des ascophora, des aspergillus..” (Pasteur, p. 189), muffe e lieviti: “.. les mucoracées, les torulacées, les mucédinées..” (Pasteur, p. 244); in qualche occasione: “des vibrions”, da assimilare a batteri necessariamente acidotrofi, probabilmente acetobatteri e gluconobatteri, che sono generalmente mobili, come lui li descrive. Usando la sua soluzione acida, Pasteur scelse di impedire che nella sua soluzione crescessero – spontaneamente o no - la maggior parte dei microrganismi più comuni, la generalità dei batteri, i procarioti. Quando Pouchet gli obiettò che nella sua (di Pasteur) soluzione non crescevano i più comuni protozoi, “ciliated infusoria, kolpodes, vorticelles” (Pasteur, p. 311), Pasteur rispose semplicemente che nei suoi flaconi crescevano i microrganismi che si accrescevano quando i flaconi erano lasciati all’aria aperta, senza nessun trattamento preliminare (Pasteur, p. 311), confermando così che nella sua soluzione i microrganismi di quel tipo non erano comunque in grado di svilupparsi – indipendentemente dal trattamento di ebollizione applicato - e che comunque non tutti i microrganismi potevano svilupparvisi. Pasteur sapeva dunque benissimo che nella sua soluzione non crescevano diverse categorie di microrganismi, quali la maggior parte dei batteri e i protozoi; ma non prese provvedimenti. Sapeva benissimo che sia la sua soluzione neutralizzata con carbonato, sia il latte, contengono microrganismi che si possono distruggere solamente innalzando la temperature oltre i 100° e che quindi in tali ambienti si accrescono una maggiore quantità di microrganismi, con ogni probabilità provvisti anche di più elevata resistenza termica (gli sporigeni). Quindi non si può immaginare che Pasteur non avesse compreso che per dimostrare l’infondatezza della tesi della generazione spontanea, si sarebbero dovute adottare condizioni sperimentali idonee allo sviluppo della maggior parte possibile di microrganismi. Eppure, continuò a fare esperienze con la sua soluzione acida di riferimento, in cui crescevano un numero minore di gruppi microbici (quasi solamente lieviti e muffe); non solo, ma decisamente differenti da quelli più comuni – i batteri - che si accrescevano quasi esclusivamente negli ambienti non acidi. Pare che già Leeuwenhoek avesse notato che gli animalculi morivano, se nella soluzione veniva aggiunto dell’aceto (Stein, 1931). In ogni caso, Spallanzani aveva osservato che l’acqua salata, l’aceto, l’inchiostro, il brandy e l’alcool di vino, erano fatali agli animalculi (Opuscoli, p. 102). Lo stesso Pasteur aveva osservato che aumentando l’acidità in un succo di pera non crescevano più i batteri, ma solo gli agenti della fermentazione alcolica, i lieviti: “ Le jus sucré des poires, par example, donnerà toujours des bacteriums mélés à la levure, mais il ne furnirà que de la levure si l’on à le soin de le rendre préalablement un peu acide..” (Pasteur, pag.152). Forse il desiderio di dimostrare che gli agenti delle fermentazioni alcolica, lattica, ecc., provenivano dall’aria ambiente era per Pasteur talmente pressante, che prevaleva sullo scopo – seppure complementare - di voler confutare anche la generazione spontanea. Si é detto più sopra, infatti, che egli voleva dimostrare errata la tesi della generazione spontanea, ma quasi esclusivamente per poter rafforzare la sua proposta – peraltro corretta – che le fermentazioni erano determinate da microrganismi che con l'aria si depositavano sulle materie organiche fermentescibili, e non che i microrganismi erano prodotti dal processo di fermentazione, come sostenevano i suoi oppositori. Pasteur sperimentava dunque come se la dottrina della generazione spontanea fosse confutabile dimostrando sperimentalmente che nell'aria c'erano microrganismi, appunto; mentre avrebbe in tal modo provato solamente che gli eterogenisti stavano commettendo degli errori sperimentali, non impedendo con la necessaria cura la contaminazione delle loro infusioni da parte dell'ambiente esterno. Pasteur dice che quando le infusioni bollite sono lasciate all’aria, si popolano di ‘infusoires et moisissures’; e che tali vegetazioni sono un pò diverse da quelle che si formano nelle infusioni non previamente bollite. Afferma che i germi di tali vegetazioni non possono che venire dall’aria, perché l’ebollizione distrugge quelli che sono naturalmente presenti nell’infuso e sulle pareti interne del flacone. In realtà, Pasteur non ha dimostrato sperimentalmente che il calore uccide i microrganismi; egli assume che accada, sulla base di una quantità di osservazioni che lo inducono a supporlo. Suppo-sizione però che é contraddetta dalla constatazione che la semplice ebollizione per 2-3 minuti può non privare della vitalità una quantità di microrganismi, anche nelle infusioni acide. Pasteur trascura di confrontare l'entità del debole trattamento termico che applica alla sua soluzione, con i 45 minuti che Spallanzani aveva stabilito come necessari per sterilizzare le infusioni vegetali. O meglio, ha addirittura verificato che nei substrati non-acidi (latte e la sua soluzione previamente neutralizzata con carbonato di calcio) i trattamenti termici di 2-3 minuti all'ebollizione non sono assolutamente sufficienti per stabilizzarli (impedire che vi crescano microrganismi); ma Pasteur non ne discute, non ne approfondisce il significato, che avrebbe invece potuto assumere un valore determinante, per modificare l'impostazione generale delle sue esperienze, qualora ne avesse riconosciuta la portata più generale, il coinvolgimento generale, complessivo, in relazione alla popolazione microbica nella sua totalità. Pasteur tiene vincolata (volontariamente?) la sua serie di esperienze ad una limitata frazione soltanto del multiforme complesso dei microrganismi. .3 _ Eucarioti e procarioti Si può ritenere particolarmente rilevante la circostanza che, impiegando una soluzione acida, Pasteur consente lo sviluppo quasi esclusivo di lieviti e muffe, ossia di organismi eucarioti. Gli eucarioti hanno una struttura molto più complessa dei batteri (Singleton e Sainsbury, 1995); quindi gli eucarioti avrebbero potuto non svilupparsi spontaneamente, ma avrebbero potuto farlo però i procarioti, che sono di struttura e composizione molto più semplice degli eucarioti (questi ultimi comparvero sul pianeta circa due miliardi di anni dopo i proca-rioti). Nella soluzione di Pasteur si sviluppano talvolta anche procarioti, ma poco frequentemente e in ogni caso sono un gruppo molto limitato di batteri, appunto quei pochi che riescono a crescere in ambiente acido: qualche batterio lattico, oltre a batteri acidofili mobili (dovrebbero essere acetobatteri e/o gluconobatteri, che sono generalmente mobili). Negli eucarioti (alghe, funghi e muffe, protozoi) i cromosomi sono separati dal citoplasma da una speciale membrana nucleare, e contengono tipicamente istoni; la membrana citoplasmatica contiene steroli; i mitocondri sono generalmente presenti; nel citoplasma i ribosomi sono del tipo 80S; la parete cellulare contiene cellulosa o chitina – ma mai peptidoglicani; i composti di riserva apparentemente non sono mai costituiti da poli-ß-idrossibutirrato; i flagelli e le ciglia, quando presenti, sono organelli strutturalmente molto complessi (Singleton e Sainsbury, 1995). Protozoi e batteri (eucarioti e procarioti), a ˜ 400 ingrandimenti. Nei procarioti (i batteri), invece, i cromosomi fluttuano liberi nel citoplasma, non sono contenuti in un nucleo con propria membrana; la membrana citoplasmatica non contiene steroli; non ci sono mitocondri; i ribosomi sono del tipo 70S; la parete cellulare é tipicamente presente e contiene peptidoglicani o pseudomureina; i materiali di riserva comprendono gene-ralmente poli-ß-idrossibutirrato; i flagelli sono relativamente semplici; i procarioti sono i soli capaci di fissare l’azoto atmosferico e si accrescono anche in ambiente esclusivamente minerale (Singleton e Sainsbury, 1995). La diversità tra le due categorie di microrganismi é tale, che davvero la generazione spontanea avrebbe comunque potuto presentarsi nei più semplici, elementari procarioti, e non presentarsi del tutto nei più complessi eucarioti. In tale eventualità, la scelta di Pasteur dell’uso di una soluzione colturale acida, che consente lo sviluppo assolutamente prevalente di eucarioti, e solo di una minima frazione dei procarioti (appunto i generi: Lactobacillus, Gluconobacter, Acetobacter) gli ha sottratto completamente la possibilità di provare alcunché in merito alla probabilità che la generazione spontanea potesse manifestarsi nei microrganismi più diffusi nell’ambiente. Come dire che lo scopo delle esperienze di Pasteur, in relazione alla possibilità di confutare la generazione spontanea, é dunque completamente fallito sin dall’origine. Le condizioni sperimentali che ha adottate erano invece adatte piuttosto alla dimostrazione che sono i lieviti (eucarioti), gli agenti delle fermentazioni alcoliche, che andava studiando; proprio ciò che gli premeva massimamente di dimostrare. Ma non altro. Penicillium viridicatum (muffa, eucariote), a 400 ingrandimenti. 7.4 _ Fermentescibilità della soluzione di Pasteur Pasteur definisce un'infinità di volte la sua soluzione di riferi-mento, come un substrato dei più adatti allo sviluppo microbico:“.. une seule liqueur, mais des plus altérables.“ (Pasteur, p. 187). Non é vero che la soluzione impiegata da Pasteur sia una delle più alterabili, nel senso che lui attribuisce a questo termine e al fenomeno cui intende fare riferimento. Pasteur infatti intende affermare, con tale definizione, che la sua soluzione é la più adatta a mettere in evidenza l’accrescimento di qualsiasi microrganismo. Le soluzioni più alterabili sono invece quelle nelle quali la probabilità di sviluppo microbico é la più elevata, naturalmente; ossia quelle soluzioni nelle quali possono svilupparsi davvero pressoché tutti i microrganismi, o quantomeno il maggior numero possibile dei tipi più comuni di microrganismi. Tali soluzioni – dette comunemente d'impiego generale - debbono rigorosamente avere un pH prossimo alla neutralità; non debbono essere acide, come invece é la soluzione impiegata da Pasteur. Nelle soluzioni acide, può svilupparsi solo un numero ridotto di microrganismi: prevalentemente eucarioti (lieviti e muffe) e pochi gruppi batterici. Ad esempio, nei prodotti con pH < 4.6 si sviluppano prevalentemente microrganismi provvisti di scarsissima resistenza al calore, quali soprattutto i più comuni lieviti e le muffe, fatta eccezione per le ascospore di poche specie fungine (Neosartoria fischeri, Byssochlamis fulva e B. nivea, Paecilomyces, Talaromyces), le spore di rari batteri sporigeni (Bacillus macerans, Bacillus polymyxa, clostridi butirrici, Sporolactobacillus e Alicyclobacillus) [Vaughn et al., 1952; Casolari e Giannone, 1966; Doores e Whestoff, 1981; Cerny et al., 1984; Pitt & Hocking, 1985; Pieckova e Samson, 2000]; ma nessun batterio dei più comuni (Enterobacteriaceae, Bacillaceae, ecc.) e dei più resistenti al calore (Bacillaceae, Clostridium). La stabilizzazione dei substrati acidi, ottenibile con l’applicazione del calore, é meno problematica che per i substrati non-acidi, data la relativa prevalenza degli organismi termolabili nei mezzi acidi. Bastano minori trattamenti termici, ottenuti con la pastorizzazione per 30 minuti a 65° oppure 15 secondi a 72°C (IDF, 1984), come visto più sopra; o comunque con trattamenti termici di entità all'in-circa 20 milioni di volte inferiori a quella della sterilizzazione . Anche la radioresistenza é generalmente meno elevata; per cui bastano minori dosi di radiazioni ionizzanti, ottenute con la radio-pastorizzazione, o radurizzazione, ossia con l’applicazione di solo 0.1 – 0.3 gray, che sono almeno 10 volte inferiori ai trattamenti di radio-sterilizzazione (Casolari, 1988). Quindi, da un punto di vista strettamente microbiologico, la soluzione di Pasteur, che é acida, non é affatto delle più alterabili; anzi. É alterabile solamente da quel limitato numero di microrganismi che sono capaci di svilupparsi in ambiente acido, quali i lieviti e le muffe appunto, e con minore probabilità da uno sparuto gruppo di batteri. Certo, le spore fungine sono molto rappresentate nell’ambiente aereo, e di conseguenza inquinano con elevata frequenza i materiali esposti all’aria. Ma le muffe non sono considerate agenti di fermentazione; anche perché le muffe notoriamente si sviluppano solamente in presenza di ossigeno, mentre la fermentazione é comunque un’attività metabolica che si sviluppa – per definizione - in assenza di ossigeno. Le muffe hanno assoluta necessità di ossigeno per svilupparsi; solo una ridotta frazione di specie sono in grado di accrescersi a ridotte tensioni di ossigeno . I lieviti sono invece generalmente considerati gli agenti d’elezione delle fermentazioni, vista la loro diretta attività nella fermentazione alcolica, indispensabile alla preparazione del vino e della birra; e costituiscono la flora prevalente nei succhi di frutta e comunque negli ambienti acidi (Beuchat, 1978; Banwart, 1981; Casolari, 1989). Negli ambienti con pH prossimo alla neutralità, si accrescono soprattutto, e più rapidamente, i batteri; ma anche, praticamente, tutti i microrganismi. Inoltre, dicendo che un substrato é dei più alterabili, pare si sottintenda anche che é di quelli in cui i microrganismi si ac-crescono nel minor tempo; mentre anche questo non corrisponde per nulla alla realtà, perché sia le muffe che i lieviti – eucarioti privilegiati in ambiente acido - crescono piuttosto lentamente, e comunque in un tempo più lungo che i batteri. In substrati di impiego generale, in cui si sviluppano ovviamente anche muffe e lieviti, i batteri si sviluppano completamente – con evidente attività fermentativa - in 24-48 ore; mentre lieviti e muffe si sviluppano con la massima evidenza solo in 4-5 giorni. 7.5 _ La soluzione impiegata da Pasteur non é sterile. Un altro serio errore di Pasteur é relativo al trattamento termico applicato ai suoi flaconi. “Henry Milne-Edwards…argued that there was no proof that high temperatures destroyed the germs of infusions ..” (Farley, 1974, p. 93). Pasteur invece ha scritto: “En faisant bouillir, j’ai detruit les germes qui pouvaient exister dans le liquide et à la surface des parois du vase .” (Pasteur, pp. 341, 343), in realtà senza averlo mai dimostrato sperimentalmente. Pasteur avrebbe dovuto trarre profitto dalle modalità di sperimentazione di Spallanzani: per dimostrare che il calore distrugge i microrganismi, Spallanzani ha sottoposto le sue infusioni contaminate a tempi crescenti di trattamento all'ebollizione; non ad un solo trattamento. Così Spallanzani di-mostrò incontrovertibilmente l'effetto letale del calore. Mentre Pasteur impostò le sue esperienze su una sola condizione sperimentale, comunque poco probante, e non in modo da dimostrare una gradualità di effetti, che avrebbe avuto invece un accettabile valore scientifico. Ai suoi competitori non riconosceva di aver distrutto i microrganismi con il trattamento termico che avevano applicato alle loro infusioni: “ le docteur Schwann penchait à croire que, par la chaleur, il détruisait des germes; .. mais ce n’était là qu’une hypothèse.“ (Pasteur, p. 218); costoro, Schwann, Schulze e Schroeder: “.. n’avaient pas plus de preuves à l’appui de leur opinion que ceux qui pensaient que cela pouvait etre un gas, un fluid, des miasmes.. “ (Pasteur, p. 222); ma solo di aver distrutto “.. un principe inconnu qui était la condition de la vie dans les infusions ..” (Pasteur, p. 222). Insomma riservava alle sue esperienze la discoperta di questa realtà, senza tuttavia disporre nulla di più di una ulteriore ipotesi, esattamente come per i suoi competitori; senza una sua prova sperimentale. Certo, si può presumere che ne avesse una consapevolezza non disgiunta da personale esperienza, visto che ben sapeva tra l’altro che il vino poteva essere stabilizzato con un trattamento di pastorizzazione a 50°C (Pasteur, p. 351). Ma si trattava comunque sempre di ipotesi verosimili; non di prove sperimentali. Non aveva mai eseguita una valutazione di resistenza termica di microrganismi, come aveva fatto Spallanzani. Egli comunque, supera queste mancanze, con le sue opinioni personali. La sua soluzione acida é trattata costantemente per solo 2-3 minuti all’ebollizione (Pasteur, pp. 188, 234, 235, 237, 249, 253, 260, 310, 313, ecc.); era pastorizzata, e quindi non sterile, ma solamente stabilizzata. La stabilità microbiologica ha solo l’apparenza della sterilità, in quanto in un prodotto sterile i microrganismi non si sviluppano perchè non sono più vitali, sono stati distrutti; mentre in un prodotto pastorizzato, stabilizzato perché acido, non si sviluppano, malgrado siano sopravvissuti al trattamento termico, perché non sono in grado di accrescersi in ambiente acido. Il fatto che un semplice trattamento di pastorizzazione comporti la stabilità, ossia la non-alterabilità di una soluzione acida, é nozione ben acquisita da tempo in tecnologia alimentare: ".. pH is the most important factor that determines the degree of thermal processing needed to achieve product stability because of the inhibitory effect of acidity on survival and outgrowth of microorganisms." (Lopez, 1987). La resistenza microbica al calore é generalmente minore in ambiente acido, che in ambiente prossimo alla neutralità; e i microrganismi acidofili, inoltre, sono distrutti molto facilmente dal calore: non resistono a temperature di pastorizzazione (63° – 72°C), salvo poche eccezioni. I protozoi non sopravvivono se trattati a temperature superiori a circa 70°C (Rose and Sifko, 1999; ICMSF, 1999; Fujino et al., 2002). Comunque, diversi microrganismi formano spore capaci di resistere ai trattamenti all’ebollizione applicati da Pasteur, anche in ambienti acidi - e tra questi: Bacillus macerans, B. polymyxa, Clostridium pasteurianum, Cl. butyricum, Sporolactobacillus, Alicyclobacillus, e ascospore di Paecilomyces, Byssochlamys, Neosartoria, Talaromyces , ecc. [Vaughn et al., 1952; Casolari e Giannone, 1966; Cerny et al., 1984; Doores e Whestoff, 1981; Pitt & Hocking, 1985; Pieckova e Samson, 2000]. Questi stessi microrganismi sono capaci di accrescersi in ambienti acidi (a pH < 4). Quindi, la sopravvivenza e il conseguente sviluppo di microrganismi di questo tipo avrebbero necessariamente indotto Pasteur ad ammettere erroneamente l’esistenza della generazione spontanea. Eventualità che sarebbe stata invece assolutamente eliminata da un corretto trattamento di sterilizzazione, poiché nessuno di tali microrganismi avrebbe potuto sopravvivere al trattamento di riferimento – come d’uso corrente - di 10 minuti a 121°C, o ad uno equivalente. Secondo diversi Autori, Pasteur a volte riferiva solo i risultati delle esperienze che erano favorevoli alla sua tesi (Farley e Geison, 1974; Geison, 1995). In realtà, nei suoi lavori ci sono tracce di atteggiamenti laconici, come quando dice: “ .. je ne publiai pas ces expériences; les con-séquences qu’il fallait en déduire étaient trop graves.. “ (Pasteur, p. 236); quindi non é da escludere che abbia avuto risultati anomali dovuti all’accrescimento di microrganismi resistenti al calore e capaci anche di crescere in ambiente acido, ma che non ne abbia fatto cenno. In ogni caso, una quantità di spore batteriche sono in grado di sopravvivere a trattamenti termici di 2-3 minuti all’ebollizione, anche in ambiente acido. La distruzione di tali spore richiede temperature e tempi d’applicazione ben più elevati. Quindi, le soluzioni di Pasteur non erano sterili. Mentre solo partendo da soluzioni sterili, si sarebbe potuto dimostrare che la generazione spontanea non esiste. Ossia impiegando soluzioni/infusioni del tutto prive di organismi vitali. 7.6 _ Perché un trattamento di solo 2-3 minuti a 100° Pasteur intende suggerire che Spallanzani non aveva in realtà superate del tutto le obiezioni di Needham: “Les résultats des experiences de Spallanzani sur le point le plus délicate de la question conservaient donc aux objections de Needham toute leur valeur.“ (Pasteur, p. 215). E quale sarebbe questo punto più delicato, secondo Pasteur? É l’entità del trattamento termico necessario per sterilizzare le infusioni, ossia i 45 minuti all’ebollizione in recipiente ermetico. Scrive infatti Pasteur: “.. cette durée obbligée d’une température de 100° pendant trois quarte d’heure ne justifiaitelle pas les craintes de Needham sur une altération possible de l’air des vases?“ (Pasteur, pag 215). Questa osservazione di Pasteur é talmente fragile e inconsistente, che non varrebbe la pena di considerarla ulteriormente, anche perché Pasteur sapeva benissimo che la quantità di ossigeno rimasta all’interno dei flaconi sterilizzati non aveva certo alcun peso sulla inalterabilità delle infusioni sterilizzate. Infatti proprio lui rimprovera a Gay-Lussac di aver compiuto l’errore di aver attribuito all’assenza di ossigeno la causa della stabilità sia delle infusioni di Spallanzani, sia delle conserve di Appert: “ .. Non, l’absence de l’oxygène n’est pas, comme le pensait Gay-Lussac, une condition nécessaire de l’inaltérabilité des conserves d’Appert.“ (Pasteur, pag.300). Eppoi, perché era stato proprio Pasteur ad aver rilevato che vi erano nell’ambiente sia microrganismi che si sviluppano in presenza di ossigeno (gli aerobi), ma anche microrganismi che si accrescevano invece in assenza (anaerobi) di ossigeno (Pasteur, p. 136, 148, 159). Tuttavia questa stessa osservazione potrebbe avere un rilievo determinante, per giustificare l’atteggiamento di Pasteur nei confronti dell’impiego della sua soluzione acida – cui non ha mai rinunciato – che gli consentiva appunto di ottenerne la stabilità, ossia solo una apparente sterilità, senza applicare i 45 minuti all’ebollizione, ma solo 2-3 minuti. Pasteur riteneva insomma che l’obiezione di Needham non avrebbe più avuto senso in rapporto ad un trattamento di solo 2-3 minuti all’ebollizione, molto inferiore a quello rimproverato a Spallanzani. Infatti Needham stesso aveva scritto che avrebbe ritirato tutte le sue obiezioni, se Spallanzani avesse trattato termicamente le sue infusioni per un tempo sufficiente solo alla brinatura di un uovo: “ .. qu’il les plonge ensuite dans l’eau bouillante pendant quelques minutes, le temps seulement qu’il faut pour durcir un oeuf de poule .. s’il ne trouve à l’ouverture de ses vases .. rien de vital ni aucun signe de vie, .. j’abandonne mon système et je renonce à mes idées.” (Needham, in Nouvelles recherches sur les découvertes microscopiques, etc.', p. 216-218_ da Pasteur, p. 215). Questa affermazione di Needham non aveva alcun senso, dopo che Spallanzani aveva dimostrato che occorrevano 45 minuti all'ebollizione in un vaso ermetico, per ottenere la sterilità, e non solamente un trattamento all'ebollizione per il breve tempo necessario alla brinatura d'un uovo di gallina. Ma data questa asserzione del fautore primo della risorta teoria della generazione spontanea, che se dopo un tempo brevissimo di ebollizione non fossero più cresciuti microrganismi, si sarebbe addirittura dichiarato vinto, battuta definitivamente la sua teoria, e avrebbe abbandonato le sue idee, Pasteur colse l’occasione all’istante. É possibile che siccome stava lavorando alla stabilizzazione dell’aceto e del vino, gli sia capitato di osservare che le soluzioni acide erano stabilizzabili in una manciata di minuti all’ebollizione, invece che in tempi lunghi. Scelse così di battere la generazione spontanea secondo le indicazioni dello stesso Needham; ossia operando con una soluzione stabilizzabile in pochi minuti a 100°, ossia con una soluzione acida, che non richiedeva 45 minuti di ebollizione per essere privata dell’accrescimento microbico. Forse aveva capito che Spallanzani aveva dato una risposta definitiva al problema; e l’aveva data appunto mediante un trattamento termico definitivo, che aveva prodotto la sterilità delle infusioni comuni, non acide. E che quindi l'obiezione di Needham era priva di qualsiasi valore. Sapeva anche che l'obiezione di Needham in relazione alla presenza o assenza di ossigeno era ininfluente sul significato delle esperienze di Spallanzani (che comunque aveva realizzato nelle sue esperienze condizioni sia di maggiore sia di minore tensione di ossigeno). L’unico modo per ottenere lo stesso risultato di Spallanzani, era di percorrere la stessa strada, senza che fosse una mera sovrapposizione di esperienze; ma solo una buona imitazione del risultato finale: l'assenza di sviluppo microbico in soluzioni apparentemente sterili (quelle di Pasteur) e chiuse ermeticamente, appunto facendo riferimento alla dichiarazione definitiva di Needham. Pasteur non solleva mai la questione della differenza tra i 45 minuti ritenuti necessari da Spallanzani, e i suoi soli 2-3 minuti a 100°. Solo operando con una soluzione acida – e Pasteur se ne convinse vieppiù con il procedere delle sue osservazioni – si potevano mimare le esperienze di Spallanzani, riducendo però a solo poco tempo all’ebollizione, il trattamento termico, come richiedeva la dichiarazione di Needham. Riducendo il tempo d’ebollizione a 2-3 minuti – il tempo per brinare un uovo di gallina - le in-dicazioni di Needham sarebbero state rispettate – in quanto non si sarebbe più potuta sollevare la questione della modificazione dell'aria all'interno dei palloni sperimentali - e quindi, conseguentemente, la tesi della generazione spontanea sarebbe stata confutata: parola di Needham; quindi, definitivamente; quindi, si sarebbe dovuta allo stesso tempo accettare necessariamente la sua ipotesi che i fermenti non si formavano spontaneamente dalle soluzioni in fermementazione; ma erano nell'aria, da cui contaminavano le soluzioni fermentescibili. Si può ritenere ragionevolmente – anche perché diversamente non é individuabile alcun altro motivo – che fu per questa ragione che Pasteur non abbandonò mai la sua soluzione di riferimento, acida appunto. E ciò, malgrado avesse constatato che nel latte e nella sua soluzione dopo neutralizzazione cresceva un numero maggiore di microrganismi, e di tipi differenti da quelli che si sviluppavano nella sua soluzione acida, ecc. ecc. E quindi dopo aver capito – perché dubitarne? – che sarebbe stato più opportuno, più razionale impiegare una soluzione, un’infusione non acida, per poter affermare veramente che i microrganismi più comuni – i microrganismi in generale - non si formano spontaneamente. Non si può dubitare che Pasteur non si sia reso conto – tra l’altro diversi suoi competitori glielo avevano fatto rilevare – che nella sua soluzione si sviluppavano solo certi gruppi microbici; ma non i più diffusi; e avesse anche capito che erano meno resistenti al calore di quelli che si sviluppavano nel latte e nella sua soluzione neutralizzata (Pasteur, p. ). E che quindi a ben vedere i 45 minuti di Spallanzani erano probabilmente indispensabili, per sterilizzare – questa volta sì, non pastorizzare – infusioni neutre. Ma si lasciò tentare dalla sirena di Needham, che gli semplificava le cose: senza perdere troppo tempo a sbrogliare la matassa, per confutare la teoria della generazione spontanea sarebbe bastato individuare condizioni sperimentali che consentissero di negare lo sviluppo microbico anche impiegando un trattamento termico di soli pochi minuti all’ebollizione, quanto basta per far sodo un uovo. Senza fermarsi troppo a considerare che la dichiarazione di Needham a proposito della richiesta di far bollire le infusioni quanto basta per far sodo un uovo, “.. pour durcir un oeuf de poule..“ , era priva di qualsiasi sostegno teorico e sperimentale: era dovuta esclusivamente ad un gesto privo di qualsiasi giustificazione razionale, ma semplicemente dovuta ad un tentativo di contrastare le osservazioni di Spallanzani, a qualsiasi costo, perché dimostravano la insussistenza della sua teoria, oltre che l’erroneità delle sue – di Needham - esperienze. Una pura invenzione, istintiva, primitiva, irrazionale, l'obiezione di Need-ham. Anche perché, alla fine, il risolvere la questione in fretta avrebbe consentito a Pasteur di vedersi attribuire il merito della confutazione della teoria della generazione spontanea, sotto l'ombrello della dichiarazione di Needham, assieme ai 2500 franchi del concorso Alhumbert. In alternativa, bisognerebbe ammettere che Pasteur non aveva compreso il significato definitivo delle esperienze di Spallanzani – anche se teneva appeso sul caminetto dell’appartamento in cui abitava all’Institut Pasteur di Parigi, un gran ritratto di Spallanzani, difronte al suo (Caullery, 1939, da Rostand, 1963). Né avrebbe colto il significato – benché molto esplicito – dell’argomentazione finale di Needham. Ma allora, non avrebbe nemmeno compreso il significato della differenza tra i risultati che otteneva con le soluzioni neutre, e quelli che produceva la sua soluzione acida, benché dichiarasse che la diversità dei tipi microbici che crescevano nelle soluzioni neutre, così come la maggiore entità del trattamento termico necessario per la loro stabilizzazione, dipendeva appunto dall’acidità degli uni, e dalla neutralità o alcalinità degli altri. É più ragionevole pensare che Pasteur non fosse un allocco; e quindi che possa corrispondere alla realtà l’interpretazione suggerita più sopra, di adesione alla affermazione di Needham, che risolveva in fretta, e in una volta sola il suo problema dell’origine delle fermentazioni, così strettamente legato alla questione della generazione spontanea. Non sembra nemmeno irragionevole pensare che Pasteur si sia permesso un tale comportamento, ben sapendo che alcuni suoi competitori Pouchet, Musset, Joly - (Farley & Geison, 1974) l’ avrebbero potuto ritenere non corretto; che però non lo avrebbero sospettato tutti coloro che in fondo non comprendevano qual’era la sostanza della materia trattata; tutti coloro che non erano in grado di valutare se le sue esperienze avevano veramente dimostrato qualcosa. L’opinione pubblica, poi, che lui istruiva personalmente con dichiarazioni inequivocabili nel corso di incontri pubblici, alla Sorbona e alla Societé de chimie, comunque seguiva inevitabilmente l’opinione sua e della Académie des Sciences, tanto favorevole a Pasteur. L’Académie infatti, gli attribuì la palma della vittoria del premio Alhumbert , prima ancora (Farley & Geison, 1974) di esaminare le esperienze dei competitori: “Le prix Alhumber est accordé à l’unanimité au travail de M. Pasteur sur les ‘Corpuscules organisés qui existent dand l’atmosphère’ “ . (Pasteur, p. 636). Ne deriva pertanto che, a parte l'intenzione dichiarata – ed erronea - di voler confutare la tesi della generazione spontanea mediante la dimostrazione della contaminazione aerea, le esperienze basate sull’unicità del substrato colturale, la sua acidità e il trattamento termico impiegato, siano condizioni assolutamente non-adatte all’esame della possibilità che possa verificarsi la generazione spontanea dei più comuni microrganismi. 7.7 _ Contaminazione dell’aria Scrive Pasteur: “Il y à donc dans l’air, à toutes les époques de l’année, des corpuscules organisés. Sont-ce des germes féconds de productions végétales ou d’infusoires? Voilà bien la question à résoudre.” (Pasteur, pag 188). La questione, in realtà, non é poi così importante. Dopo qualche pagina, Pasteur ricorda come era opinione diffusa che l’aria fosse naturalmente contaminata da microrganismi: “ .. tout le monde admet que la plus petite quantité d’air commune mise au contact d’une infusion, y détermine en peu de temps la naissance de mucédinées au d’infusoires." (Pasteur, p. 198). Già van Leeuwenhoek, duecento anni prima aveva affermato che “.. gli animalculi potevano essere trasportati .. dalle particelle di polvere, per azione del vento ..“ (Stein, 1931). E con questo termine generico di animalculi, si comprendono tutti i microrganismi. Spallanzani, riferendosi alla condizione dei vasi di infusioni bollite, in cui crescevano tuttavia i microrganismi, scriveva: “ .. quantunque dentro a vasi levata sia la speranza di qualunque seminale principio, nell'atto che investiti sono dal fuoco, pure in progresso di tempo può ella novellamente risorgere, creata e rinvigorita da altri semi là dentro di fresco per ventura portati dal favorevol soccorso dell'aere esterno .. ” (Saggio.., 1765, pag, 130). Astier e coll. lo avevano sostenuto nel 1813. Scrive ancora Pasteur: ".. exist-t il des germes dans l’air? Personne ne le nie, parce que l’on comprend qu’il ne peut pas en ètre autrement.“ (Pasteur, p. 225). Eppure, malgrado appunto fosse convinzione diffusa che l'aria trasportasse microrganismi, pare mancasse la dimostrazione sperimentale di tale occorrenza. Dunque, o Pasteur era in grado di dimostrare sperimentalmente, indubitabilmente tale presenza, oppure non poteva che ripetere le osservazioni dei suoi contemporanei e competitori, aggiungendo presunzioni a presunzioni, ma nessuna prova incontestabile. Scrive Pasteur, a proposito degli studiosi suoi contemporanei: “.. Schwann (1810-1882), Schulze (1815-1873) et Schroeder (1810-1885) n’avait fait que démontrer l’existance dans l’air atmosphérique d’un principe inconnu qui était la condition de la vie dans le infusions. Ceux qui affirmaient que ce principe n’était autre chose que des germes, n’avaient pas plus de preuves à l’appui de leur opinion, que ceux qui pensaient que cela pouvait ètre un gas, un fluide, des miasmes, etc., .. “ (Pa-steur p. 222). Ma questa stessa considerazione può essere riferita anche a Pasteur: egli ammonticchiò una massa di osservazioni dello stesso tipo di quelle dei suoi contemporanei, che suggeriscono la presenza di un quid nell’atmosfera, che é distrutto dal calore, trattenuto per filtrazione su cotone, ecc., che con elevata probabilità é costituito dai microrganismi che crescono nelle infusioni. Ma non l’ha dimostrato scientificamente; anche se ha continuato ad affermarlo spesso, forse per convincerne i suoi lettori e i suoi uditori. Non solo. Ma afferma che tutta la sua attività sperimentale é consistita nel cercare di dimostrare che l'aria trasporta microrganismi: “Tout le progrés de mon travail est là. Soit une infusion organique qui à subi l’ébullition. Exposé à l’air elle s’altère .. il est prouvé par mes expériences que son altération est uniquement due à la chute des particules solides que l’air charrie toujours. ” (Pasteur, p. 310); il che non é vero, perché non l’ha dimostrato; ha solo fatto delle osservazioni che inducono a supporlo. E subito dopo riconferma, come a convincere anche se stesso: “ Rien, rien autre est la cause de la vie dans les infusions qui ont été portées à l’ébullition.” (Pasteur, 310). Spallanzani esponeva lo stesso concetto cent'anni prima: “ .. suggellate ermeticamente le bocce .. sien le materie bollite .. tai bestioluzze mai non s'ingenerano, qualora almeno non s'introduca nuov'aria dentro ai vaselli.” ('Saggio..', 1765, p. 140). Per quanto riguarda le osservazioni di Pasteur, é chiaro che tale affermazione potrebbe valere al massimo, e comunque, se riferita alla sua soluzione acida; e quindi agli eucarioti solamente, e a nient’altro; non certo alla totalità degli organismi microscopici. Esercitando un certo grado di vuoto mediante una pompa ad acqua, Pasteur raccoglie su ovatta attraversata da volumi d’aria differenti, una quantità di polvere da esaminare al microscopio. Assieme a granuli d’amido, frammenti di silice, frustoli vegetali ed altro, vi sono delle particelle la cui ‘forme et structure’ é simile a quella delle particelle organizzate che vede nella sua soluzione. Stabilire con certezza se tali corpuscoli microscopici siano le particelle biologiche che danno origine alle productions vegetales e agli infusori, é veramente di primaria importanza. Ma un pò sconsolato, Pasteur afferma: “ Peut-on dire: celui-ci est une spore, celui-là est un oeuf? .. la spore de telle moisissure et l'oeuf de tel infusoire? Vraiment je ne le crois pas. On peut affirmer la ressemblance parfaite.., mais voilà tout. ” (Pasteur, p. 306). Invero, se non si risolve questa questione, serve a poco presumere che tali corpuscoli siano i progenitori dei – oppure gli stessi - microrganismi che Pasteur vorrebbe dimostrare siano presenti nell’aria. La sola rassomiglianza formale e dimensionale tra queste particelle e alcune strutture delle productions vegetales, non rappresenta una dimostrazione della corrispondenza tra le due. E Pasteur lo annota anche più avanti. Ma intanto afferma che tali particelle sono ‘probablement (non con certezza) les spores des mucédinées’, poiché vi assomigliano in tutto e per tutto. Tuttavia, non é possibile dire nulla di più; vale a dire che non si può affermare che le siano veramente. Pasteur annota nelle Mémoires che l’unico modo (“.. ce qu’il y aurait le mieux de faire et le plus direct …”) (Pasteur, p. 233) per essere certi che tali particelle sono germi di organismi inferiori, vitali, fertili, sarebbe di seguirne lo sviluppo al microscopio. Ma tale osservazione Pasteur non ha potuto farla, poiché il dispositivo che aveva fatto costruire a tale scopo, non gli é mai stato consegnato. Quindi, la prova indiscutibile che le particelle di polvere simili alle productions vegetales, ne sono i germi, i primordi, Pasteur non l’ha ottenuta, stando alla sua stessa dichiarazione. Pasteur continua caparbiamente, tuttavia, a mettere in atto esperienze che dovrebbero consentire alla fine di dimostrare comunque la presenza nell’aria dei germi che crescono nelle infusioni, e che gli eterogenisti sono indotti invece a sostenere siano microrganismi generatisi spontaneamente. Ma non ne portò la prova. E anche se l’avesse dimostrato, avrebbe solamente gettato le basi dell’aerobiologia; ed individuata una “puissante” argomentazione a favore della sua prediletta tesi sulla diffusione aerea degli agenti biologici responsabili delle fermentazioni. Non avrebbe provata comunque l’inesistenza della generazione spontanea. La sterilità, é la sola alternativa alla generazione spontanea: o l’una o l’altra; i due fenomeni sono i soli completamente incompatibili. Solo la sterilità é la prova definitiva dell'inesistenza della generazione spontanea. 7.8 _ Particelle solide disseminate nell’aria Pasteur intende dimostrare che la distribuzione della contaminazione aerea non é continua, ma quantizzata; che possono esserci certi volumi d’aria che non contengono microrganismi; se ci sono condizioni atmosferiche e/o ambientali che inducono a supporre che la contaminazione aerea non sia 'continua’, allora i differenti risultati sperimentali, in accordo con tali presunte differenze, proverebbero che é appunto la diversa contaminazione aerea a determinare la variabilità dei risultati; e che quindi esistono nell’aria tali contaminanti. L’ipotesi è veramente acutissima. Ma tuttavia non scientificamente sufficiente. Cioè Pasteur procede di supposizione in supposizione. Non dà prove irrefutabili, come pretende. Ma solo deduzioni, anche se non prive di una loro logicità e probabilità. Pasteur stesso dice che tali osservazioni “ tendent à prouver..”; non che lo provino direttamente. “Pasteur fornisce i numeri per ogni esperimento, ma é consapevole della loro debolezza statistica..” (Harris, 2002). In fondo, Pasteur ha fornito solo singoli punti di contaminazione differente: 2 flaconi da una terrazza dopo la pioggia; 4 dalla stessa terrazza dopo una “.. violente ondée à très grosses gouttes de pluie..” (Pasteur, p. 269); 6 da una zona del laboratorio; 10 dalle “caves de l'Observatoire” (Pasteur, p. 274); 11 dal cortile in una giornata di vento; 20 dalla campagna; 20 dal Jura, e 20 in prossimità della mère de glace. I risultati ottenuti da queste esposizioni all'aria sembrano davvero influenzati dai diversi livelli di contaminazione, che Pasteur suggerisce come dovuti alle condizioni ambientali. Tuttavia, sono osservazioni singole. Avrebbe almeno dovuto ripetere le prove, un sufficiente numero di volte, quanto poteva bastare per trarne un’inferenza attendibile statisticamente; insomma un risultato scientifico, probante. Quindi, che si tratti di densità microbica o di qualunque altra cosa, atta a favorire – o determinare – lo sviluppo microbico, apparentemente diminuisce al variare delle condizioni ambientali. Ma solo deduttivamente, ipoteticamente. Pasteur non precisa per quanto tempo ha tenuto aperti i flaconi [“ont recu de l’aire”] nelle diverse località e condizioni; quindi le proporzioni di substrati alterati non rispecchiano con certezza le diverse altezze, purezza dell’aria, o condizioni differenti. Tredici palloni aperti sul ghiacciaio, ma che sono rimasti aperti tutta la notte nella camera d’albergo ('le petit auberge de Montanvert') in cui Pasteur ha dormito: solo in 10 c’è stato sviluppo microbico. Abbastanza pochi – osserva Pasteur stesso con sorpresa - visto che nella stanza la contaminazione dell’aria doveva essere piuttosto normale, dato che tale stanza doveva essere abitualmente frequentata – come indicato da Pasteur – da diversi ospiti e di diversi Paesi. Supposizioni, sempre supposizioni. Pasteur afferma “.. les poussières en suspension sont l’origine exclusive, la condition première et necessaire de la vie dans les in-fusions, …». Ma non ha fatto una osservazione precisa sulla densità della ‘poussière’ nelle diverse località nelle quali ha tenuto aperti i flaconi. Ha solamente osservato minore frequenza di flaconi sterili, in una unica esposizione di 20 flaconi; una osservazione che potrebbe avere lo stesso valore di una valutazione quantitativa, se fossero stabilite con una certa precisione le condizioni operative adottate, e massime se i palloni fossero stati tenuti aperti per tempi crescenti - ad esempio - prima di essere richiusi; e se la frequenza della contaminazione fosse aumentata in qualche modo all’aumentare del tempo di apertura all’aria; in tal modo avrebbe potuto verificare, che veramente a 2000 metri d'altezza i suoi vasi si contaminavano di meno; mentre in pianura, si contaminavano di più; ecc., ecc. Invece, in tutti questi tipi di prove, si capisce benissimo che non ha fatto ripetizioni; ha aperto 4 palloni dopo la pioggia, e 2 sono risultati contaminati; ne ha esposti 6 dopo un pioggia violenta, e solo 2 sono risultati contaminati; e lo stesso nelle prove di aperture in campagna e in alta montagna. Senza metodo ‘scientifico’. Questi risultati sono di incerta accettabilità, anche se non del tutto prive di una certa aura statistica; ma lo scopo dichiarato era di dimostrare che la generazione spontanea non poteva verificarsi, soprattutto perché più che farne una questione statistica, Pasteur affermava che i risultati negativi erano una prova che la generazione spontanea non avveniva, mentre i vasi positivi erano stati contaminati dai microrganismi dell’aria. E i suoi competitori sostenevano invece che i microrganismi che erano cresciuti nei vasi positivi derivavano da generazione spontanea; mentre in quelli rimasti negativi non dovevano evidentemente esserci condizioni fisicochimiche favorevoli alla generazione. L’ambiguità rimaneva totale. Oggi sappiamo che Pasteur aveva in qualche misura ragione. Ma in ogni caso le sue esperienze non potevano essere accettate come una prova; potevano essere presentate a presumibile conferma di un’ipotesi, solamente. Dunque le affermazioni di Pasteur non sono supportate da osservazioni sperimentali sufficientemente attendibili; sono solo indicazioni troppo sparse, non organizzate in modo da poterne trarre indicazioni statisticamente valide, scientificamente convincenti, probanti. Eppoi, era pur sempre Pasteur che dava una spiegazione dei risultati, partendo dal presupposto che i microrganismi erano nell'aria; mentre era questa ipotesi, che doveva essere dimostrata. Insomma, si rimaneva nel campo delle ipotesi. Inoltre sembra che neppure Pasteur fosse poi talmente sicuro del significato dei risultati che aveva ottenuto – malgrado le altisonanti dichiarazioni - tanto che non accettò mai di ripetere lo stesso tipo di esperienze sui Pirenei, in contraddittorio con Pouchet, che aveva invece ottenuto risultati completamente differenti (Farley, 1974; Geison, 1995; Harris, 2002). Infine, Pasteur ha fatto delle osservazioni anche alzandosi con l'aerostato; ma ci dice che tali risultati in qualche modo preliminari (Pasteur, pag.275), gli avevano consigliato di condurre le prove in campagna e in montagna, preferibilmente; si può immaginare quindi, che i risultati ottenuti non fossero poi stati soddisfacenti, e secondo la sua abitudine (Gerald e Geison, 1974; Geison, 2002 ), non ce li illustri proprio per questo. Pasteur non amava discorrere dei suoi risultati negativi. 7.9 _ Esperienze con aria ‘calcinata’. Per aria calcinata, Pasteur intende l’aria ambiente passata attraverso un tubo di platino scaldato al color rosso ( ˜ 900 – 950°C ?). Pasteur intende dimostrare che l’aria calcinata non contiene più microrganismi; almeno di quelli che crescono nella sua soluzione acida: ”On fait bouillir le liquide pendant deux ai trois minutes, puis on le lasse refroidir, .. il se remply d’aire brulé.. Le ballon placé .. à une temperature constante de 28 à 32°, peut y demeurer indefiniment sans que son liquide éprouve la moindre altération.” (Pasteur, p. 188). Questa é la prima descrizione delle esperienze con palloni contenenti la sua soluzione, che risultano stabili nel corso del magazzinaggio, quando la depressione interna formatasi con l’ebollizione, sia stata eliminata con aria calcinata. La soluzione che impiega usualmente é mantenuta all’ebollizione per 2-3 minuti e fatta raffreddare tenendo collegato il collo d’apertura ad un tubo di platino arroventato, che avrebbe la funzione di sterilizzare l’aria ambiente che entra nel pallone riequilibrando la depressione che si forma all’interno del pallone per effetto del raffreddamento della soluzione. Quindi il pallone é chiuso per fusione del vetro del collo d’apertura. Tale soluzione é stabile per 4-6 settimane a temperature di magazzinaggio intorno a 30°. Essendo la soluzione acida, non meraviglia che bastino 2-3 minuti di ebollizione per inattivare i microrganismi all’interno del pallone. Infatti, con tale trattamento termico viene distrutta la maggior parte dei microrganismi capaci di svilupparsi in ambiente acido (lieviti, muffe, batteri acidofili), perché tali microrganismi sono poco-nulla resistenti a temperature prossime a 100°C. Fig. 2 - Dispositivo impiegato da Pasteur per dimostrare che l’aria ‘calcinata’ non contiene microrganismi. Ovviamente, la soluzione privata di microrganismi acido-trofi non deve essere ricontaminata nel corso del raffreddamento con aria calcinata. Nel dispositivo rappresentato in Fig.2, la frazione di tubazione che va dal collo assottigliato e allungato del pallone sino all'uscita dell'aria dal tubo di platino arroventato, dovrebbe essere sanificata dal passaggio del vapore che si libera dalla soluzione nel corso dei 2-3 minuti di ebollizione. É piuttosto improbabile che il semplice attraversamento di un tubo metallico al calore rosso, comporti la distruzione dei microrganismi dell’aria, anche se quelli del tipo capaci di crescere in ambiente acido, sono poco resistenti al calore. Solitamente, i dispositivi utilizzati per sterilizzare fluidi, hanno una struttura che comporta percorsi molto complessi, allo scopo di favorirne il contatto con l'agente letale. Nel caso specifico, non va trascurato il fatto che il platino al calore rosso potrebbe catturare l'ossigeno dell'aria (“The heated metal (platinum) absorb oxygen...” (The Merk Index, 1983), riducendone il contenuto all'interno dei palloni termosaldati con aria calcinata. Dal testo non si ricava se l’aria che attraversa il tubo di platino arroventato, é raffreddata prima che raggiunga la soluzione, oppure se la raggiunge quando é ancora a temperatura elevata. Se é a temperatura molto elevata, potrebbe contribuire a sanificare le pareti interne della tubazione che precede il pallone con la soluzione. Se invece l’aria calcinata é raffreddata – come farebbe supporre una particolare indicazione della Figura (Fig. 10, in Pasteur, p. 234), raffigurante una pioggia d'acqua sul tubo di vetro che esce dal cilindro di platino al calor rosso – allora la parte di tubazione che sta tra il dispositivo di raffreddamento e la soluzione, potrebbe aver subito solamente il trattamento termico operato dal vapore. Se tale trattamento non fosse stato sufficiente, e l'aria calcinata raggiungesse già a temperatura insufficientemente bassa la soluzione, si avrebbe come conseguenza inevitabile che la soluzione sarebbe certamente insemenzata di microrganismi presenti all’interno del dispositivo, trascinati per effetto del passaggio appunto dell’aria calcinata ma raffreddata. Al contrario, il dispositivo impiegato precedentemente é modificato in modo che consenta di introdurre nella soluzione un tubicino di vetro contenente un batuffolo di cotone caricato con polvere, raccolta filtrando un certo volume d’aria. L’introduzione del tubicino contenente le particelle di polvere avviene con le modalità seguenti. Pasteur lava il dispositivo, nel tratto che si trova tra il tubo di platino portato al calore rosso e la chiusura del flacone contenente la soluzione non alterata, facendo 10-12 volte il vuoto e togliendolo con aria calcinata. Quindi rompe la punta saldata del flacone, attraverso il tubo di gomma, e fa scivolare nel pallone il tubicino con il cotone arricchito delle polveri trattenute dall’aria. I microrganismi si sviluppano in pochi giorni. Se l’aria calcinata fosse stata talmente calda da sterilizzare le pareti interne del dispositivo, avrebbe inattivato anche – con probabilità veramente molto elevata - buona parte delle particelle, se non proprio tutte - presenti nel tubicino carico di polvere. Dispositivo con tubetto di raccolta della contaminazione aerea. Pasteur precisa: “…sans introduire autre chose que ces poussiéres.” (Pasteur, p. 238), come se l’aria calcinata avesse sterilizzato solo la parte di dispositivo a monte del tubicino con le polveri, e non le polveri stesse. Ma é impensabile che l’aria calda abbia sterilizzato il dispositivo, e abbia invece lasciato intatte le polveri sul batuffolo di cotone. I lavaggi non hanno sterilizzato le pareti interne dello strumento, né le pareti esterne del tubicino con cotone; anche perché con l’alternarsi di vuoto e rottura del vuoto, i microrganismi raccolti sul cotone si saranno certamente dispersi ogni volta all’intorno, estendendo, e non riducendo, la contaminazione all’interno del dispositivo. Se ne dovrebbe dedurre che l’aria calcinata poteva anche essere molto calda, ma non in grado di distruggere i microrganismi raccolti sull’ovatta. Ma se non era calda quanto basta per distruggere i microrganismi raccolti sull'ovatta, non era nemmeno in grado di distruggere gli altri microrganismi dello stesso tipo presenti all'interno del dispositivo. Ora, nell’apparecchio con tubo di platino portato al calore rosso, Pasteur dice che tutte le parti attraversate dall’aria sono state portate al calore rosso : “.. toutes les parties on étè portées au rouge” (Pasteur, p. 234). Ossia quest'aria calcinata doveva essere priva di particelle capaci di crescere nella sua soluzione acida. Sembra impossibile che tutte le parti in vetro abbiano potuto raggiungere temperature molto elevate; anche perché le parti in gomma si sarebbero probabilmente bruciate. E le connessioni di gomma sono indispensabili per l'apprestamento del dispositivo, così come raffigurato. L’aria, per quanto riscaldata dal tubo di platino al calore rosso, non poteva portare al rosso anche le parti in vetro, che hanno una temperatura di fusione ( ˜ 1000°C), seppure di poco, superiore a quella del platino (900-950°C-?-). Ora, se gli eucarioti presenti all’interno dell’apparecchiatura non fossero stati distrutti, l’aria passata attraverso il tubo di platino al rosso ed entrata poi nel pallone che si andava raffreddando, avrebbe certamente trasportato dei microrganismi dalle pareti interne del dispositivo, alla soluzione nutritiva. Se la temperatura dell’aria era sufficientemente elevata, può aver sterilizzato le pareti interne del dispositivo – ferme restando le incertezze sui tubi di gomma – ma deve necessariamente aver distrutto anche gli eucarioti presenti sul batuffolo di cotone carico di polvere. Ma Pasteur non dice che il cotone si sia bruciato al passaggio dell’aria calcinata; quindi l’aria calcinata non doveva essere a temperatura molto alta. Anche se tutto il dispositivo é stato lavato 10-12 volte (Pasteur, p. 239), per allontanare i microrganismi contaminanti le pareti interne del dispositivo, non si può credere che abbia avuto la richiesta - e necessaria - efficacia. In ogni caso, non può esserne certo per volumi capaci di contenere poche centinaia di microrganismi. Insomma, o l’aria calcinata era ancora a temperatura molto elevata quando raggiungeva la soluzione nutritiva, e quindi avrebbe distrutti i microrganismi presenti all’interno dell’apparecchiatura, compresi quelli contenuti nel batuffolo di cotone, ma allora Pasteur non avrebbe dovuto rilevare alcuno sviluppo microbico dopo l’operazione; oppure l’aria calcinata non era a temperatura sufficientemente elevata per distruggere i microrganismi presenti all’interno dell’apparecchio, così come quelli presenti sul batuffolo di ovatta, e allora si giustifica lo sviluppo microbico riscontrato; sviluppo, che in tal caso sarebbe stato determinato sia dalle particelle presenti sul cotone, sia dai microrganismi contaminanti l'interno del dispositivo sperimentale. In questo caso, però, se nella soluzione sono entrati sia gli organismi presenti sul batuffolo di ovatta, sia quelli presenti sulle pareti interne – non sanificate – del dispositivo sperimentale, Pasteur non ha dimostrato che quelle particelle presenti nell'aria e raccolte su cotone, molto simili a quelle che si sviluppavano nella sua soluzione, erano in realtà le stesse, o quantomeno dello stesso tipo, e vitali. Ha rilevato solamente che nella sua soluzione in qualunque modo inoculata – con organismi raccolti su cotone, o presenti all'interno dell'apparecchiatura e trasportati dalla corrente d'aria calcinata - si accrescono microrganismi. E che quindi l’aria calcinata non impediva lo sviluppo microbico. Per provare che il cotone servito per raccogliere la polvere e i microrganismi non ha alcuna influenza sull’esito delle esperienze col dispositivo di Fig. 3, Pasteur sostituisce il cotone con fibre di amianto (Pasteur, p. 190). Nella soluzione inoculata con amianto caricato di polvere e inserito nel tubicino di vetro, Pasteur ha osservato sviluppo microbico in pochi giorni; come nella prova con cotone. Ma il risultato delle prove con amianto calcinata, prima o dopo caricamento con la polvere dell’aria, entrambe con esito negativo, potrebbe essere dovuto addirittura ad un’azione inibente dell’amianto calcinato. L’amianto non ha inibito lo sviluppo microbico, prima di essere calcinato. Ma l’amianto calcinato potrebbe averlo inibito. Pasteur avrebbe dovuto dimostrare che in presenza di amianto calcinato – nel suo ambiente acido - i microrganismi possono accrescersi; ma non lo ha fatto. Come prova di controllo, avrebbe dovuto inoculare i microrganismi nella sua soluzione contenente amianto calcinato. La forma più comune di amianto, la chrysotile, é attaccata dagli acidi (Merk Index, 1983); e non é noto se la miscela di amianto calcinato, in soluzione acida, inibisce i microrganismi. É però noto che l’amianto non é innocuo, per le cellule ( U.S. Dept. of Health and Human Services, 2001), tanto che l’EPA lo ha classificato come carcinogeno (Second Annual Report on Carcinogens, NTP 81-43, Dic. 1981). In ogni caso, osservando i microrganismi crescere nella soluzione inoculata con il cotone che ha raccolto la polvere dell’aria, Pasteur non dimostra in modo incontrovertibile che sono i germi dei microrganismi presenti nella polvere, che si moltiplicano. Per quanto piuttosto ragionevole sia tale ipotesi – però alla luce delle conoscenze attuali - potrebbero tuttavia essere ancora le particelle inerti che danno origine spontaneamente a nuovi microrganismi, coadiuvate dalle altre particelle di polvere. I germi riscontrati tra la polvere dell’aria raccolta su cotone, potrebbero essere incapaci di generare microrganismi in generale, ossia in infusioni con pH prossime alla neutralità; ma ancor meno nella sua soluzione acida, senza il contributo di altri componenti della polvere. O quantomeno, tali obiezioni avrebbero potuto essere fatte dagli eterogenisti. Quindi, i risultati presentati da Pasteur non sono probanti. Pouchet, Schwann e Mantegazza non hanno ottenuto lo stesso risultato di Pasteur (Pasteur, p. 235); nei loro palloni crescevano microrganismi, anche dopo la sostituzione con aria calcinata. Però Pasteur impiegava una soluzione nutritiva acida; mentre gli altri usavano soluzioni non acide, e quindi alterabili da un gran numero e tipo di microrganismi, che le condizioni operative descritte per il dispositivo ad aria calcinata non potevano distruggere. Questo potrebbe significare quindi che la temperatura in uscita dal tubo di raffreddamento era sì elevata, ma non quanto sarebbe stato necessario per inattivare microrganismi termoresistenti (spore batteriche, ascospore, clamidospore); ma allora permangono le incertezze sul livello di distruzione che può essersi determinato anche sulla popolazione degli organismi acidofili presenti sul batuffolo di cotone, e in specie sulle ascospore di muffe termoresistenti del tipo Talaromyces, Byssochlamys, Neosartoria, ecc. Non si può escludere che siano stati ottenuti risultati variabili; e che Pasteur abbia comunicato solo quelli favorevoli alla sua tesi. Pare del resto, che solo nel 10% delle sue esperienze Pasteur abbia ottenuto i risultati a lui favorevoli (Geison, 1995), e ne abbia reso conto. In tutte le esperienze condotte con aria calcinata, l'incubazione é sempre stata fatta in presenza di ossigeno. Tale condizione di aerobiosi, favorevole soprattutto a lieviti e muffe, non ha certamente consentito lo sviluppo di eventuali anaerobi, soprattutto del tipo capace di crescere in ambiente acido, quali i clostridi butirrici, o i Bacillus di tipo macerans e polymyxa; ciò che rappresenta un'ulteriore limitazione al già scarso valore probante di queste esperienze. 7.9.1_ Aria calcinata e urina. Pasteur dice che le due prove: urina raffreddata con aria calcinata e, dopo, alterata se inoculata con il tubicino di cotone contenente la polvere, dimostrano che i microrganismi sono nell’aria (Pasteur, pag.252). Niente affatto. Questa non é una dimostrazione; é solamente un’illazione di Pasteur. Anzitutto l’urina impiegata da Pasteur era acida, e quindi ogni deduzione può rapportarsi esclusivamente ai microrganismi acidotrofi, eucariotici, e soprattutto lieviti e muffe; secondariamente, la polvere trattiene certamente particelle che sembrano organizzate, come dice Pasteur; ma solo questo si può dire; anzi, come lui stesso afferma, la presenza di particelle molto simili a quelle organizzate non autorizza a ritenere che siano i germi degli organismi che crescono nelle infusioni, e che siano vitali. Eppoi, valgono sempre le osservazioni discusse nel paragrafo precedente, sulla temperatura dell’aria calcinata e la incerta probabilità di sanificazione delle pareti interne delle tubazioni. Il fatto che introducendo nell’urina l’amianto calcinato e quindi privato dei microrganismi – come presume Pasteur (pag.193) - non si abbia sviluppo microbico non costituisce una prova in bianco completa. Nell’amianto calcinato potrebbero essere presenti sostanze in grado di inibire lo sviluppo microbico. Quindi, come già indicato, Pasteur avrebbe dovuto inseminare le polveri contenenti presumibilmente microrganismi nei palloni contenenti amianto calcinato, per fare questo controllo; che non ha fatto. Le stesse osservazioni di carattere generale, esposte nel capitolo precedente, si applicano ovviamente a queste sperimentazioni con urina. 7.9.2 _ Aria calcinata e latte. Ma il latte, trattato nello stesso dispositivo e con le stesse modalità, si caglia: pieno di “bacterium termo.. vibrio lineola .. et bacterium… », ma nessun eucariote: « …aucune mucedinée, aucune torulacée, aucune ferment vegetale.” (Pasteur, p. 253259). Occorre portare il latte a 110° per 1-2 minuti, perché non ci sia più alterazione. Lo stesso risultato, dopo ‘prolongé’ trattamento a 100°. Il motivo, dice Pasteur, é che “ces liquides sont trés faiblement acides, tandis que le lait est alkalin.”. Infatti, si producono gli stessi vibrions nella sua soluzione acida aggiunta di ‘carbonate de chaux que rends la liqueur neutre ou légèrment alcaline”. Quindi la differenza é dovuta all’alcalinità del latte. Non é che il latte perda la capacità di lasciar crescere i microrganismi; poiché inoculato con la polvere su amianto, i microrganismi crescono. A parte le incertezze che possono emergere in relazione alle esperienze eseguite con latte, che sono descritte molto incompletamente, le stesse osservazioni di carattere generale, esposte nel capitolo precedente, si applicano ovviamente anche a queste bozze di sperimentazioni. 7.10 _ Palloni a collo ritorto (avec curbures). Pasteur appresta palloni di vetro contenenti acqua di lievito, acqua di lievito zuccherata, urina, succo di bietole, acqua di pepe, poi stira alla fiamma il collo dei palloni, in modo da curvarlo in vario modo (vedere figura 4); porta il liquido all'ebollizione per pochi minuti, fino a far uscire il vapore dall'estremità dei colli ricurvi, e quindi lascia che si raffreddino all'aria, senza nessuna precauzione (Pasteur, p. 260). Esperienza di Pasteur: impiego di palloni a collo ritorto. Una serie di egual numero di palloni di controllo, subiscono l'allungamento e la flessione del collo, e sono lasciati esposti liberamente all'ambiente esterno, ma senza essere previamente bolliti. Gran parte – non tutti - dei palloni bolliti rimangono privi di sviluppo microbico. I palloni di controllo, sono tutti invasi da vegetazioni microbiche. Poiché tutta la serie parallela di vasi a collo ritorto, nei quali il liquido colturale non é stato bollito, va soggetta in pochissimi giorni a sviluppo microbico, contrariamente a quanto é accaduto nei vasi in cui la soluzione é stata bollita, é evidente anzitutto che l'ebollizione é stato il fattore determinante il risultato: l'ebollizione infatti ha distrutto semplicemente i microrganismi presenti nelle soluzioni nutritive, per cui senza ebollizione c'è stato lo sviluppo dei microrganismi naturalmente presenti nella soluzione, mentre dopo l'ebollizione, essendo distrutti i microrganismi originariamente presenti nelle soluzioni nutritive, non c'è stato sviluppo microbico. Tutto qui. A prima vista, l'esito di questa esperienza é indubitabilmente questo. Del resto, tutti gli studiosi che si sono occupati del problema della generazione spontanea, Pasteur compreso, per iniziare le loro esperienze con soluzioni prive di microrganismi vitali – almeno apparentemente – bollivano le loro soluzioni, per eliminare i microrganismi naturalmente presenti nelle soluzioni o infusioni, e pareti interne dei palloni di vetro sperimentali. Quindi non ci si può meravigliare del risultato ottenuto con i palloni a collo ritorto. Una seconda conclusione, altrettanto immediata, é necessariamente che nel liquido dei palloni in cui non si sono accresciuti microrganismi, l'aria rientrata dall'esterno con il riequilibrarsi della depressione interna con la pressione esterna, é priva di microrganismi capaci di crescere in quelle soluzioni. Si potrebbe dire che si é trattato di aria sanificata, al posto di sterile, perché sterile sappiamo – dai capitoli precedenti che non é. Pasteur affida un notevole valore probante a questo tipo di esperienze: “Le grand intérét de cette méthode, c’est quelle achève de prouver sans réplique que l’origine de la vie , dans les infusions qui ont été portées à l’ébullition, est uniquement due aux particules solides en suspension dans l’air.» (Pasteur, p. 263). Nell'opinione della storiografia ufficiale, e prima di tutto nell'opinione dell'Académie de France, se corrispondeva al vero – in accordo con l'affermazione di Pasteur - che i microrganismi erano nell'aria, allora bisognava considerare falsa l'alternativa posta da chi non condivideva l'opinione di Pasteur, ossia che i microrganismi si generavano autonomamente dai materiali in fermentazione, e quindi che in pratica l'eterogenia non esisteva. Ma tale corrispondenza non poteva essere così immediata. Anzitutto perché l'esperienza dei palloni con il collo ritorto non dimostrava per niente che i microrganismi sono nell'aria; ma non dimostrava neppure in alcun modo né che i microrganismi erano nell'aria perché ivi generati spontaneamente, né perché erano stati generati nell'aria da riconoscibili genitori. Anche sotto le suole delle scarpe ci sono microrganismi; ma non per questo possiamo decidere che si sono originati sotto le suole spontaneamente, né per qualche tipo di naturale derivazione genitoriale. Pasteur, per dimostrare che avevano torto i suoi contemporanei propensi a ritenere i materiali in fermentazione responsabili della produzione spontanea, autonoma dei lieviti, si era proposto di provare sperimentalmente che, al contrario, gli agenti delle fermentazioni, i lieviti, erano nell'ambiente esterno, nell'aria. Essendo provato – secondo Pasteur – che i microrganismi erano nell'aria, veniva confutata automaticamente la possibilità alternativa. Ma non si teneva conto, che era stato Pasteur stesso a porre quell'alternativa, in contrapposizione con gli eterogenisti. E ciò malgrado fosse convinzione universale che nell'aria c'erano microrganismi, come si é visto nei paragrafi precedenti. E non sarebbe servito a nulla provarlo sperimentalmente, perché l'alternativa sarebbe sopravvissuta: infatti, nell'aria, nascono spontaneamente, tali organismi, oppure da genitori regolari? Se Pasteur avesse posto l'alternativa in questi termini: 'se i microrganismi sono apportati dalle Drosofile (gli insetti del vino) sui materiali in fermentazione, allora i microrganismi non si generano con modalità spontanee nei materiali in fermentazione’, forse che avremmo ritenuta confutata la spontaneità dell'origine dei microrganismi, qualora ci avesse dimostrato che davvero i microrganismi erano nelle zampette delle Drosofile? Certamente no. Infatti, se nella realtà i lieviti erano gli agenti delle fermentazioni, presenti naturalmente nell'ambiente esterno, rimaneva intatto il quesito: ma nell'ambiente esterno, dove zampettano le drosofile, si generano spontaneamente, oppure da bravi genitori ? Il richiamo esercitato dal risultato di questa esperienza sugli osservatori ingenui e incompetenti (soprattutto gli storici e/o filosofi della scienza, quindi) é forse dovuto anche al sospetto – mitizzato da Needham in poi – che qualora anche in presenza di ossigeno atmosferico non ci fosse stato accrescimento nelle soluzioni bollite, allora si sarebbe raggiunta la prova definitiva che la generazione spontanea non esisteva. La questione di una influenza dell'ossigeno atmosferico sulla probabilità della spontanea generazione di organismi, aveva fatto mettere in discussione – già da parte di Needham - le osservazioni di Spallanzani, lasciando intendere che se le ampolle avessero contenuto una quantità sufficiente di ossigeno, la generazione spontanea si sarebbe manifestata. Lo stesso Pasteur, invece, aveva ritenuto tale obiezione infondata, affermando che Gay-Lussac era in errore, quando aveva creduto di individuare nell’assenza di ossigeno la causa della inalterabilità delle infusioni di Spallanzani e delle conserve di Appert, perché subito dopo i trattamenti termici di sterilizzazione, c'era certamente ossigeno in entrambe le circostanze: “ ..Le resultat (di Schwann) .. repondait à toutes les craintes de ce dernier (Needham) sur l’altération possibile de l’air dans les expériences de Spallanzani; cela détruisait enfin l’assertion de Gay-Lussac sur le role de l’oxygène dans les procédes de conserves d’Appert .. ” (Pasteur, pag.217). Quindi, i palloni con i colli ritorti stavano a dimostrare chiarissimamente – almeno secondo Pasteur - che anche in presenza di ossigeno, non si aveva generazione spontanea. All'incirca cent'anni prima, Spallanzani aveva effettuate esperienze di sterilizzazione di infusioni in atmosfera ricca di ossigeno, quando chiuse i palloni alla normale pressione atmosferica, saldandone il collo alla fiamma, tanto che dopo pochi minuti all’ebollizione, diversi palloni esplodevano, e dovette sostituirli con altri di vetro molto più resistente (Spallanzani 1776, p. 26); e c’era stato sviluppo microbico anche dopo circa mezz’ora di trattamento all’ebollizione; non dopo solo 2-3 minuti. Pasteur ha dichiarato che anche tra i vasi a collo ritorto, (l’esperienza spettacolare che aveva presentato all’uditorio della Sorbona) ce n’erano una frazione che a volte erano contaminati da microrganismi: “..je n’ai jamais dit que dans la séries de mes expériences avec matras à col recourbés ou sinueoux, cent expériences sur cent réussissent.” (Pasteur, p. 351). Ovviamente, Pasteur metteva l’accento solamente sui risultati che confortavano la sua opinione, contraria alla generazione spontanea (Farley & Geison, 1974; Geison, 1995). E continuava a ripetere, a corollario di ogni sua esperienza, che la conseguenza diretta dei risultati ottenuti era che i microrganismi provenivano dall’aria ambiente; evidentemente per radicare il concetto che gli premeva affermare. A Pasteur comunque non sfugge che i risultati di questa esperienza dimostrano che l'aria entrata nei palloni é sostanzialmente priva di microrganismi capaci di svilupparsi nelle soluzioni impiegate: ”.. S'il n'y a pas d'altération du liquide, c'est évidemment que le volume d'air introduit ne renfermait rien qui peut amener l'altération de la liqueur.” (Pasteur, p. 313). Ma siccome intende dimostrare che i microrganismi nell’aria ci sono, comunque, argomenta opportunamente sul motivo per cui nonostante la presenza di microrganismi nell'aria, non c'è stato sviluppo nei palloni a collo ritorto; ossia é accaduto quanto ci si sarebbe aspettati, se l'aria entrata a contatto con la soluzione, fosse stata per davvero precedentemente sanificata. Pasteur si trova quindi nella necessità di giustificare questa presunta sanificazione, e lo fa sostenendo che i microrganismi dell’aria prima raggiungono il liquido ancora caldissimo, quando la velocità di aspirazione dell’aria ambiente che entra nei palloni per compensare la rarefazione interna dovuta all’ebollizione é molto elevata per effetto del gradiente di pressione, e qui sono inattivati per l'alta temperatura della soluzione; poi, quando anche la velocità di rientro dell’aria é rallentata per il minore gradiente termico e pressorio tra interno ed esterno dei palloni, i microrganismi sono catturati sulle pareti dei colli allungati, per un fenomeno puramente fisico di adesione: “.. l’air rentrant trés lentement laissait tomber ses poussiéres à l’ouverture du col, ou les déposes en route sur les parois intérieures.” (Pasteur, p. 190). A prima vista questo meccanismo di sanificazione sembra possibile, se non proprio probabile. Tuttavia, sorgono subito delle incertezze sul fatto che i germi raggiungano la soluzione solo quando la temperatura é ancora talmente elevata da inattivarli, e nessuno – o quasi - la raggiunga quando la temperatura si é già abbassata a valori non più letali. Anche perché non tutti i germi hanno la stessa, identica resistenza al calore, che si può ragionevolmente ritenere che sarà invece – per qualunque cluster di particelle – distribuita normalmente attorno a determinati valori medi. Inoltre, non si vede da quale principio potrebbe dipendere questa coincidenza tra violenza dell’aspirazione ed effetto letale determinato nei confronti dei microrganismi; si tratterebbe di una coincidenza quantomeno molto incerta, se non del tutto improbabile. Insomma, poiché l’aspirazione per il riequilibrio della pressione interna del pallone diminuisce con una certa gradualità e non d’un sol tratto, non si vede come l’accesso dei microrganismi alla soluzione debba interrompersi invece con elevata probabilità – d'un sol tratto - con elevato esito favorevole, anche se non del 100% dei casi, esattamente dopo che la temperatura della soluzione non é più a valori letali per la totalità della flora microbica capace di crescere nella soluzione. In realtà, se nei palloni a collo ritorto, che hanno aspirato una certa quantità di aria, non si é avuto sviluppo microbico, ciò significa anzitutto – prioritariamente, esclusivamente - che i microrganismi non sono nell’aria; ossia il significato dell’assenza di accrescimento dei microrganismi é solamente che ciò che é venuto a contatto con la soluzione nutritiva non conteneva microrganismi capaci di svilupparsi in quella stessa soluzione, cioè in ambiente acido e in presenza di ossigeno. Si può anche ritenere che il processo di sanificazione dell'aria, suggerito da Pasteur, possa essere avvenuto nella realtà; ma non é stato dimostrato. Pasteur svolge la sua argomentazione partendo dalla ferma convinzione che i microrganismi sono nell’aria; ed é chiaro che data questa premessa, per l’assenza di accrescimento nei palloni a collo ritorto si deve trovare una giustificazione in un meccanismo del tipo da lui indicato, o in varianti diversamente probabili. Ma se non c’è stato accrescimento nella soluzione nutritiva che é stata a contatto con l’aria ambiente, il significato immediato, incontrovertibile, é che tale aria non era sicuramente contaminata. E non si può sostenere in alcun modo invece, che tale aria era contaminata. Quando si eseguono valutazioni di sterilità, nei laboratori microbiologici, se le soluzioni adatte allo sviluppo microbico venute a contatto con materiali diversi, non risultano contaminate, se non presentano sviluppo microbico, ciò significa necessariamente che nel prodotto esaminato NON ci sono microrganismi. Perché nei palloni di Pasteur il significato dovrebbe essere l’opposto? Non c’è alcun motivo. Per dimostrare che i microrganismi sono nell’aria, bisogna dimostrare al contrario che nelle soluzioni nutritive, nelle infusioni esposte all’aria – in opportune condizioni - i microrganismi si sviluppano; ma non che NON si sviluppano. Se nei palloni ritorti di Pasteur fosse entrata aria comunque sterilizzata - con raggi ultravioletti, ad esempio, di origine solare - il risultato sarebbe stato lo stesso: nella sua soluzione NON si sarebbero sviluppati microrganismi, ovviamente. Quindi, l’esperienza dei palloni con i colli ritorti non ha alcun senso; é assolutamente inutile, priva di significato, poiché non consente di dimostrare se l’aria esterna é sterile oppure contaminata (o eventualmente sanificata lungo il percorso dall'esterno all'interno del pallone contenente la soluzione nutritiva, come propone Pasteur) visto che in entrambi i casi, il risultato sarebbe stato identico: assenza di sviluppo microbico. Insomma, Pasteur avrebbe dovuto affermare, visto che le soluzioni contenute nei palloni a collo allungato e ritorto non hanno mostrato accrescimento microbico, che l’aria entrata nei palloni con il riequilibrarsi della depressione interna con la pressione esterna, era priva di microrganismi: assenza di accrescimento microbico nella soluzione, significa necessariamente e solamente, esclusivamente assenza di microrganismi in ciò che é venuto a contatto con la soluzione, ossia l’aria esterna, in questo caso. Null'altro. L’argomentazione di Pasteur é tautologica; essendo convinto che l’aria sia contaminata, cerca di dimostrare che é davvero contaminata, ipotizzando che i microrganismi – che Pasteur ipotizza ci siano, ma non lo ha mai dimostrato - siano stati distrutti a contatto con la soluzione bollente, o siano adesi alle pareti interne dei colli ritorti; cercando così di dimostrare che l’aria venuta a contatto con la sua soluzione é priva di microrganismi – visto che i microrganismi non si sono accresciuti – perché l'aria raggiunge sì la soluzione, che però non é raggiunta dai microrganismi durante il raffreddamento. Invece, non ci sono alternative possibili: se nella sua soluzione non si sono accresciuti i microrganismi, si può affermare solamente, esclusivamente, senza alternative, che l’aria entrata non conteneva microrganismi. Non si possono fare ipotesi credibili, per dimostrare che il risultato avrebbe dovuto essere diverso da quello che é stato, e così capovolgerne il significato. Amenoché non lo si dimostri visibilmente, sperimentalmente, che una parte dei microrganismi sono stati distrutti a contatto con la temperatura elevata della soluzione e del collo ritorto, e che un'altra frazione é stata intrappolata nel collo ritorto, per adesione, o altro meccanismo. Ma questi eventi non sono stati dimostrati; solo ipotizzati. Lo sviluppo microbico in una certa percentuale dei palloni (Pasteur dice che l’assenza di accrescimento non é del 100%; ma non specifica valori percentuali definiti), prima o dopo scuotimento, potrebbe sempre derivare – come sostenevano gli eterogenisti – da generazione spontanea. Gli eterogenisti infatti sostenevano che nei palloni nei quali non c'era stato sviluppo microbico, le condizioni fisico-chimiche non erano evidentemente idonee alla generazione spontanea; semplicemente. E non del tutto a torto, o comunque non senza motivo, visto che la soluzione di Pasteur era acida, favorevole quasi esclusivamente all'accrescimento degli eucarioti, organismi molto più complessi dei batteri – procarioti - che possono essere ritenuti certamente più adatti a formarsi spontaneamente. Il fatto poi, che agitando bruscamente (“très brusque agitation”, Pasteur, p. 262) dopo qualche tempo i flaconi a collo allungato, si siano sviluppati i microrganismi, potrebbe esser imputato semplicemente ad uno scambio di aria indotto tra interno ed esterno del flacone, e quindi inquinamento della soluzione da parte di aria esterna contaminata, come di norma – oggi si sà - o per circostanze diverse (ad esempio, trascinamento da parte dell’aria di contaminazioni presenti sulle mani di chi agita i palloni), non ultima la contemporanea introduzione di particelle di diversa natura, la sola miscela capace – potrebbero affermare gli eterogenisti – di sostenere la generazione spontanea dei microrganismi. Pasteur scrive che l'esperienza dei palloni a collo ritorto si può ripetere anche impiegando latte come mezzo di rivelazione dei microrganismi; ma le modalità che dice di aver seguito per realizzare la prova, non sono tanto convincenti, né apparentemente le stesse impiegate con le altre soluzioni acide, anche perché la compensazione della depressione interna dopo il trattamento termico, avverrebbe mediante aria calcinata, non aria ambiente: “.. laisser le ballon se refroidir pendent qu’il y rentre de l'air calciné.” (Pasteur, pag.262). In ogni caso rimane evidente – solamente e sicuramente - che se il latte sterilizzato é rimasto senza accrescimento microbico, e quello non-sterilizzato é stato invaso da microrganismi, il trattamento termico ha distrutto i microrganismi presenti nel latte prima del trattamento. Nient’altro. Come mai la tesi di Pasteur possa aver ricevuto tanto credito, non é immediatamente evidente. Soprattutto considerando che egli propone tutta una serie di ipotesi, che possono trovare spazio solamente in alternativa all’evidenza, e cioè che l’assenza di sviluppo, corrisponde necessariamente all’assenza di microrganismi nell’aria; la sua é tutt’altro che una dimostrazione sperimentale della presenza di microrganismi nell’aria; é solo l’elaborazione di una sua convinzione aprioristica. Basterebbe il solo buon senso per convincersi che se nei palloni a collo ritorto non c'è stato accrescimento microbico, l'aria entrata nei palloni era priva di microrganismi. A questa spiegazione del risultato, si aggiunge quella altrettanto ovvia, che se c'è stato sviluppo microbico in tutte le unità sperimentali non bollite – di contro all'assenza di sviluppo in quelle bollite – si é indotti a ritenere, necessariamente, inevitabilmente, che il risultato consegue alla distruzione dei microrganismi contenuti naturalmente nelle soluzioni impiegate, determinata dal trattamento all'ebollizione. Tutte le altre ipotesi che si possono formulare, sono gratuite; non dimostrate dalla risultanza sperimentale. Chiarissimo. Incontrovertibile, sulla base del tipo di esperienze esaminate. Perché allora un così cospicuo numero di storici osannano la magistrale esperienza dei palloni a collo ritorto? Viene da chiedersi, ancora una volta, se tali storici possiedono le conoscenze necessarie per comprendere i risultati sperimentali che si ottengono in ambiti così diversi – quali sono le scienze biologiche, ad esempio, ma non solo, ovviamente – da quelli che sono i loro parametri colturali. L’opinione espressa dalla maggior parte dei sedicenti storici della scienza su risultati di questo tipo, opinione che é addirittura opposta a quanto indica anche il solo buonsenso, ne rappresenta di per sé una deludente dimostrazione di totale impreparazione culturale. Anche nelle esperienze con i palloni a collo ritorto persistono comunque le condizioni sperimentali pregiudiziali dell'impiego di soluzioni acide, incubate in aerobiosi, adatte pressoché esclusivamente all'accrescimento degli eucarioti e pochissimi gruppi batterici aerobi. In più, nei vasi a collo ritorto non si sarebbero accresciuti, se fossero stati sospesi nell'aria, né i microrganismi aerobi, né gli anaerobi, né i facoltativi – ossia la grande maggioranza dei microrganismi – che, come é noto, non sono in grado di accrescersi in ambiente acido e aerato; ma avrebbero potuto costituire un buon gruppo di organismi capaci di generarsi autonomamente, spontaneamente. Lo stesso può dirsi in merito alla generazione spontanea che potrebbe aver avuto luogo nella soluzione di Pasteur; ossia non avrebbero potuto svilupparsi né i microrganismi aerobi, né gli anaerobi, né i facoltativi – ossia la grande maggioranza dei microrganismi – che, come é noto, non sono in grado di accrescersi in ambiente acido. Insomma non pare corrispondente alla realtà la dichiarazione di Pasteur d'essere proprio riuscito ad ‘acculer’ (Pasteur, p. 264, 311) – come ripete almeno due volte, forse un pò impietosamente - i partigiani della generazione spontanea. La danza dei palloni a collo ritorto, sotto la luna. 7.11 _ Termoresistenza delle mucedinées. Pasteur ha compiuto un tentativo – mal riuscito, anche questo - di determinare la resistenza delle spore di mucedinee al calore (per ‘mucedinées’, Pasteur intende “penicillium, ascophora, aspergillus…autres genres, moisissures diverses..” – pag.189). Pasteur ha lasciato cadere un tubicino con amianto caricato di polvere o di spore di mucedinées, preventivamente trattato a temperature comprese tra 120° e 132°C, nella sua solita soluzione acida, o in latte o in urina – tutti substrati non alterati da tempo, poiché la depressione interna ai palloni bolliti era stata compensata con aria calcinata - rilevando lo sviluppo soprattutto di miceli fungini dopo tempi diversi di sosta a temperature intorno a 30°. Stando a quanto risulta dalle sue dichiarazioni, in aria secca – o nel vuoto (?) – le 'mucedinées' sopravvivono anche per una ora a 120-125°; trenta minuti a 127-132° sono loro letali (Pasteur, p. 287). In acqua, invece, non sopravvivono, se portate anche solo qualche minuto a 100° (Pasteur, p. 208, 209). Figura 3. Dispositivo impiegato da Pasteur per la valutazione della termoresistenza delle ‘mucedinées’. . Il dispositivo impiegato é quello della Figura 3. L'ambiente disidratato sarebbe stato realizzato ponendo tra il condotto dell'aria calcinata e il tubo di vetro a forma di U, contenente un tubicino con le spore su fibre di amianto, e immerso nel bagno termostatico, un secondo tubo ad U contenente una miscela disidratante (“ .. desséchant a ponce sulfurique..”, p. 282). É estremamente improbabile che tale dispositivo abbia potuto determinare la disidratazione delle polveri e delle spore fungine. Inoltre, come risulta anche dallo schema della Fig. 3 (Figura 28 nelle Opere di Pasteur, p. 281), e come dichiara esplicitamente più avanti Pasteur: “..Un thermomètre donnerà la température exacte du bain.” (Pasteur, p. 309), il termometro era immerso nel bagno termostatico, erroneamente, invece che a contatto con le mucedinées alloggiate nel tubicino posto dentro il tubo ad U immerso nel bagno riscaldante. Una corretta disposizione del termometro é assolutamente indispensabile per ottenere una valutazione esatta delle temperature cui erano state sottoposte le mucedinées. L’aver invece immerso il termometro nel bagno termostatico, é un errore talmente grossolano, da inficiare del tutto l’esperienza. Da questo tentativo di determinazione della termoresistenza delle mucedinées, Pasteur ha ovviamente tratto valori di temperature letali del tutto sbagliati, di nessun interesse. 7.12 _ ‘Gas, fluid diverses,.. Pasteur ha scritto: “Gas, fluides divers, électricité, magnétism, ozone, choses connues ou choses occultes , il n’y a absolument riens dans l’air atmosphérique ordinaire qui soit la condition de la putréfaction ou de la fermentation des liquides que nous avons étudiés...“. (Pasteur, p. 191, 263, 310); ma non ha mai dimostrato sperimentalmente che fluidi diversi, elettricità, magnetismo, ozono – e ancor meno cose note e occulte, ovviamente – possano influire sulla putrefazione e la fermentazione. Ha evidentemente voluto sgombrare d’un sol colpo il campo da un bel gruppo di ipotetiche influenze da fattori fisici e chimici, per poter affermare con maggior nettezza che nell’aria c’erano microrganismi; ancora una volta, pur senza averlo dimostrato. 7.13 _ Appert Pasteur non tenne conto dei quasi 50 anni di esperienza di Appert (1810), che dimostravano quanto fosse elevata la probabilità che avessero successo gli esperimenti dell’industria conserviera, che: “... performed on an enormous scale every day .. Meat, fruits, vegetables, the very materials of the most fermentable and putrescible infusions, are preserved to the extent.. of thousands of tons every year, by a method which is a mere application of Spallanzanis experiment. .. By this method they may be kept for years without putrefying, fermenting, or getting mouldy.” (Huxley, 1870); e i tempi di trattamento applicati dall’industria conserviera erano dell’ordine di grandezza dei 45 minuti e oltre, individuati da Spallanzani; e non di 2-3 minuti all’ebollizione! Pasteur non intende giustificare esplicitamente la sua scelta di un così breve trattamento termico. E nemmeno, ovviamente, spiegare che la sua scelta non é dovuta solamente al vantaggio sperimentale immediato, pratico; ma alla complicazione di dover affrontare un quadro microbiologico più esteso, e certamente non scevro di difficoltà supplementari. Anche perché forse un tale tipo di riconoscimento avrebbe comportato direttamente un confronto con Pouchet e la sua infusione di fieno, non sterilizzabile in soli 2-3 minuti. Pasteur non ha mai voluto confrontarsi con questa situazione. A p. 216, Pasteur scrive che “Appert appliqua à l’économie domestique les résultats des expériences de Spallanzani effectuées selon la méthode de Needham.” Tale affermazione é assolutamente errata, visto che Needham nemmeno chiudeva i suoi flaconi sperimentali, mentre Appert li chiudeva bene, ed ermeticamente, come aveva fatto Spallanzani. Dopo le prime esperienze, Needham invece non scaldava nemmeno più i suoi recipienti sperimentali, dicendo che scaldate o non scaldate le sue infusioni davano gli stessi risultati. Insomma, Pasteur non aveva compreso il significato delle esperienze di Spallanzani; o non voleva riconoscerne la forza probante. Inoltre, mentre negli infusi di Needham si sviluppavano costantemente tutti i possibili microrganismi, tanto da indurlo a proporre e sostenere la tesi della generazione spontanea; i prodotti di Appert rimanevano invece sterili; proprio come gli infusi di Spallanzani; non quelli di Needham! . 7.14 _ ‘Sur la nutrition des mucedinées’ . Pasteur mostra che le vegetazioni microbiche hanno luogo anche in soluzioni minerali (Pasteur, P. 287-294). Gli eterogenisti sostenevano generalmente che la generazione spontanea aveva luogo in substrati di materiale organico senza più vita. Alcuni, come Pouchet, non credevano nell'abiogenesi, ossia nella generazione di microrganismi a partire da soluzioni esclusivamente minerali (Pouchet, 1859_ da Geison, 1995); ma altri non negavano questa possibilità. Qualche eterogenista poteva sostenere che la cenere del lievito di birra, derivava pur sempre da organismi viventi. E tale cenere, Pasteur l’ha sempre messa nei suoi terreni minerali. E comunque, anche queste sue soluzioni inevitabilmente contenevano un certo numero di cellule microbiche, anche se probabilmente meno di centomila cellule per centimetro cubo, visto che a concentrazione inferiore o uguale a tale valore non é rilevabile alcuna torbidità. Quindi la esclusiva mineralità di tale soluzione poteva essere messa in discussione. La soluzione sarebbe stata perfettamente minerale, solo se fosse stata filtrata a-microbicamente. Quale poteva essere l'effetto di tale contenuto biologico della soluzione minerale, dal punto di vista della dottrina eterogenista? Secondo Pouchet, l'eterogenesi poteva aver luogo anche a partire da organismi vivi (Geison, 1995). E in ogni caso, dopo ebollizione, una certa frazione di tali organismi non era più vitale. Quindi, il fatto che anche nella soluzione minerale di Pasteur crescessero le mucedinées, non é una prova contro la spontaneità di una generazione, che avvenisse per attivazione da cellule batteriche vive, o non più vitali. 7.15 _ da ‘Observations verbales…’ Sangue e orina di cane, non preventivamente bolliti, sono risultati stabili in palloni con i colli ritorti. Quindi non c'era stata generazione spontanea, secondo Pasteur. A parte le incertezze che può suscitare la possibilità di effettuare sterilmente un prelievo di sangue e di orina da un cane, anche in questo caso Pasteur presenta un singolo evento, un'osservazione isolata, non una serie di eventi appropriatamente organizzati, che possano nel loro insieme convalidare la situazione descritta, sostenuta. E inoltre, Pasteur non riferisce di aver eseguito la prova di controllo, indispensabile per confermare il risultato di sterilità dei prelievi; avrebbe dovuto seminare microrganismi in quel sangue e quell’orina, per accertare che non sussistevano impedimenti fisici e/o chimici allo sviluppo microbico. In più, tali impedimenti potevano non sussistere per lo sviluppo di microrganismi inoculati, ma solo – o esclusivamente – per il manifestarsi spontaneo dello sviluppo microbico. Come é ben noto oggi, qualunque agente fisico o chimico letale, é tanto più efficace quanto minore é la concentrazione microbica. Ad esempio, la relazione che intercorre tra numero minimo di cellule Nm necessario perché ci sia accrescimento (Campanini e al., 1977) é tanto maggiore quanto minore é il pH della soluzione: Nm = e A ( B – pH) in cui il valore di A dipende dal tipo di microrganismo, e il valore di B corrisponde al pH al quale anche una sola cellula può svilupparsi (valore compreso generalmente tra 6.5 e 7.5). 7.16 _Premio Alhumbert Pasteur non convinse del tutto gli studiosi suoi contemporanei. Convinse molti ‘spettatori’, estranei, della ricerca scientifica. E ovviamente, gli storici della scienza, che sono generalmente privi delle conoscenze necessarie per analizzare con la dovuta accuratezza le esperienze scientifiche, si accodarono all’atteggiamento prevalente. Farley e Geison (1974), Geison (1995) e Harris (2002) esaminano tutta una serie di circostanze di ordine sociologico, politico e culturale, che hanno caratterizzato l'atteggiamento sia di Pasteur, sia dell'Accademia di Francia, in merito alla generazione spontanea. Motivi che non hanno nulla a che vedere con il valore scientifico delle esperienze di Pasteur, quello che Harris definisce il valore probante delle esperienze. Non sono mancate, in proposito, le rogazioni di qualche membro della stessa Accademia, che ha cercato di imbandire con una veste scientifica, le conclusioni del grande, infallibile Pasteur. Si é così indotti a ritenere che già a partire dalla attribuzione del premio Alhumbert, da parte degli Accademici di Francia, non sia stato colto, determinato, il valore probante appunto, delle esperienze descritte nelle famose Mémoires. Anche Huxley, nel 1870, é abbagliato dalle descrizioni che Pasteur fa delle sue esperienze, e così non vede che in realtà il loro valore scientifico é del tutto inesistente. Gli aspetti tecnici esaminati, che apparentemente inficiano completamente le esperienze di Pasteur, si contrappongono di conseguenza all'opinione espressa dai componenti il comitato dell'Accademia di Francia, per l'attribuzione del Premio Alhumbert a Pasteur. Tale comitato era costituito da 5 membri: Claude Bernard (1813-1878) (fisiologo; riteneva che il processo di fermentazione non richiedesse l'azione di microrganismi), Coste (scopritore della vescicola germinativa dell'uovo dei mammiferi), Milne-Edwards (zoologo), Brongniart (botanico, studioso di piante fossili) e Flourens (una specie di segretario perpetuo dell'Accademia). Pare che nessuno di loro credesse nella generazione spontanea – seppure privi della competenza necessaria; alcuni di loro addirittura si espressero pubblicamente a favore di Pasteur, prima di aggiudicare il Premio (Harris, 2002). Accadde così che Bernard e Coste furono sostituiti da due chimici, che sembravano meno ‘partigiani’: Dumas e Balard. Con la relazione del 1862, a firma di Milne-Edwards, Flourens, Brongniart, Coste e Claude Bernard, il premio Alhumbert é attribuito a Pasteur, perché il suo lavoro “.. renferme un noimbre considérable d'expériences originales et remarquables par leur précision..” e dopo che la Commissione ha avuto l'opportunità di “ .. constater l'exactitude des résultats et d'admirer l'habilité expérimentale bien connue de leur autor.” (Pasteur, p. 636). Quindi, un branco di imbecilli che non avevano capito niente di niente. Nella relazione del 1865, a firma Flourens, Dumas, Brongniard, Milne-Edwards e Balard, dove si riferisce di una seconda convocazione della Commissione, a seguito delle istanze di Pouchet, Joly e Musset, si afferma ancora che “.. les faits observés par M. Pasteur et contestés par MM. Pouchet, Joly et Musset, sont de la plus parfaite exactitude.”. Confermando così la tesi che un branco di imbecilli si è reso responsabile dell’opinione dell’Académie. A questo punto, le voci discordi furono in buona parte zittite; e in ciò favorite dalla impreparazione culturale degli stessi studiosi che cercavano di contestare il risultato dell'Accademia. Gli storici, già a cominciare dal XIX° secolo, si sono lasciati coinvolgere dall’aura corretta che santificava l’icona Pasteur (basti ricordare, per l’impreparazione microbiologica che hanno dimostrato, biologi della vaglia di Huxley e Rostand, ad esempio. Capitolo 8. Gli storici della scienza, whig , o anti-whig “ ..sperimentando di nuovo .. insegnommi quanto sia facile ad un filosofo andar errato..” (Spallanzani, 1765, p. 117). Un’annotazione su questo argomento é assolutamente necessaria, poiché il tema della generazione spontanea coinvolge precise competenze, del tutto trascurate da - o comunque assenti in - coloro che, nelle veci di storici della scienza, si sono prodotti in attribuzioni tecnicamente sbagliate sul merito relativo che ebbero i due seppur famosissimi studiosi, Lazzaro Spallanzani (1729-1799) e Louis Pasteur (1822-1895), nella confutazione della millenaria teoria della generazione spontanea. É vero, che già gli storici della scienza del secolo scorso e ancora prima, ci hanno tramandato l’errore dell’aver attribuito a Pasteur tutto il merito della confutazione, tratti in inganno forse dall'attribuzione del premio Alhumber da parte dell'Académie de Paris, aprioristicamente contraria (Farley, 1974) alla tesi della generazione spontanea. Ma allo stesso tempo, e successivamente, hanno certamente influito sull'atteggiamento degli storici della scienza una evidente incapacità di analizzare le osservazioni sperimentali dell’uno e dell’altro, oltre ad una forma molto diffusa di deteriore gregarismo e di colpevole disinformazione. Lo scopo degli storici della scienza era correntemente individuato – in accordo con quanto riteneva Auguste Comte (1798-1857) – con l'annotazione del processo di accumulazione delle conoscenze valide, senza dimenticare che lungo il percorso si sono verificati errori e confusioni, e senza trascurare di identificarli chiaramente come tali (Brush, 1974). Tali valutazioni possono derivare solo dalla approfondita conoscenza della ‘verità’ scientifica attuale. É accaduto invece nei primi decenni del 1900, che la teoria della storiografia scientifica si sia modellata su basi nuove, a dir poco, incomplete; conseguentemente gli storici aderenti a questa visione moderna del fare storia della scienza, hanno perso di vista, colpevolmente, l'obiettivo di una attribuzione corretta dei meriti corrispondenti alle acquisizioni sperimentali dei singoli studiosi. La teorizzazione più recente di questo nuovo modo di fare storia della scienza, dev'essere fatta risalire al testo di un peraltro ignobile sconosciuto, Butterfield 'The Whig Interpretation of History', del 1931, nel quale l'autore applica i termini whig e whiggish alle elaborazioni storiche che hanno come riferimento la situazione corrente, presente (da cui il termine presentismo, usato in alternativa a whig e whiggish): “ It is part and parcel of the whig interpretation of history that it studies the past with reference to the present” (Butterfield, 1931, pag.10). Butterfield ha applicato tale espressione, facendo riferimento alla consuetudine degli storici costituzionalisti inglesi di considerare gli eventi storici nell’ottica di una progressiva estensione dei diritti umani, per la quale i migliori, i liberali forward-looking, whigs appunto, dovevano continuamente lottare contro i backward-looking, conservatori (Meyr, 1990). Si può facilmente essere d'accordo con Hyman (1996) quando ritiene che la “complete elimination of whiggism is impossible.”. Molto probabilmente la storia non può essere perfettamente neutrale, in questo senso. É difficilmente pensabile che si possa evitare un certo atteggiamento whig, nell'analisi degli eventi storici. Ogni generazione scrive di storia inevitabilmente in termini delle acquisizioni ultime; il non confrontarsi con la situazione culturale del presente, precluderebbe dopotutto la possibilità di descrivere correttamente l'ininterrotto flusso di idee e di eventi sperimentali che ha condotto alle realizzazioni del presente. Gli storici della scienza, moderni, anti-whig, condividono, con Butterfield anche una particolare avversione all'attenzione per le grandi figure di studiosi che hanno contribuito maggiormente al progresso scientifico (Jardine, 2003); e tendono a non metterle in evidenza, in proporzione all'entità del loro personale contributo ideativo, sia teorico che sperimentale. Anche se é perfettamente condivisa l'opinione che “ Le idee e i concetti scientifici sono fondamentalmente opera di singoli individui .. e il successo del nostro mondo (Occidentale) dipende, ormai da secoli, dalle realizzazioni di geni isolati.” (Mendelsshon, 1981). Malgrado ciò, si é sempre più diffuso da allora, da parte degli storici della scienza, l'impiego dei termini whig e whiggish, con sapore piuttosto denigratorio di atteggiamento sempliciotto, campagnolo - Whig era in origine il Country Party (i Tory, il Court Party), divenuto nel 19° secolo Liberal Party (i Tory, il Conservative Party; i Whig avevano però ottenuto l' Habeas Corpus, nel 1679) – quello che guarda a grandi panoramiche di storia della scienza, spesso piuttosto trionfalistiche, agiografiche. Si é correntemente inclini, infatti, ad individuare e privilegiare gli eventi che hanno concorso alla formazione delle conoscenze attuali, soprattutto in relazione alle personalità che più si sono distinte nel progresso della scienza; e quindi la cui attività di studio ha prodotto risultati validi tuttora; piuttosto che rivolgere l'attenzione – se non occasionalmente - agli studiosi che hanno prodotto risultati non più validi al presente. Si direbbe infatti più che legittima la curiosità prevalente verso quegli aspetti delle attività sperimentali e di pensiero che hanno preparato la condizione attuale del sapere scientifico. D'altra parte, “Non vi é un campo più conservatore della scienza, poiché ogni mutamento presuppone necessariamente le conoscenze precedenti, e la scienza cresce come un albero, anello dopo anello.” (Holton, 1996). Ed é inevitabile che “Il metodo scientifico dirige gli sforzi umani.. perché convoglia i nostri progressi su quelle strade che hanno una ragionevole probabilità di condurci dove speriamo di arrivare.” (Mendelsson, 1981). Tuttavia, é anche fuori dubbio che per discutere l'attività dei ricercatori, o semplicemente studiosi del passato, occorre avere una buona conoscenza dei valori e delle idee scientifiche del presente; molto più che dei problemi contestuali da cui erano afflitti gli studiosi nel loro lavoro quotidiano, e ai quali si dedica prevalentemente la storiografia anti-whig (Brush, 1974). Comunque, il punto di vista whig, é stato assunto in senso così dichiaratamente spregiativo dalla storiografia ufficiale, che “.. nessuno vuol passare per whiggish.” (Wilson & Ashplant, 1988). Ernst Mayr (1990) rilevava come nella critica recente dei libri e degli articoli di storia della scienza gli autori siano sempre accusati di aver scritto storia whig. Da un certo tempo, i diversi autori temono talmente l’epiteto whig, di sapore decisamente infamante, che preferiscono non esprimere opinioni sul passato, piuttosto che sentirselo appioppare. Le giustificazioni dell'atteggiamento anti-whig, però, sembrano abbastanza inconsistenti. Si é piuttosto indotti addirittura a sospettare che la posizione della storiografia nonwhig, anzi anti-whig, sia imputabile direttamente ad una malcelata incapacità degli storici di definire il valore delle scoperte scientifiche, così come delle teorie scientifiche e degli uomini di scienza. Le valutazioni di merito infatti, si possono fare solamente tenendo presente le conoscenze attuali, ossia da un punto di vista propriamente whig; poiché é del tutto impossibile stabilire quanto sia stata foriera di progresso scientifico qualunque osservazione, scoperta, teoria, senza poterla confrontare con le acquisizioni sopravvissute, con le conoscenze scientifiche correnti, che sono necessariamente le più avanzate culturalmente. A tale impossibilità consegue direttamente che non si può rendere giustizia giusta a quei ricercatori che hanno raggiunto risultati preminenti, perché non vengono distinti da coloro che non hanno apportato che modesti o nessun contributo allo sviluppo scientifico reale. Tale considerazione é apparentemente così ovvia, che diversi storici ribelli non condividano questo moderno, anti-whig modo di fare storia della scienza. Harrison (1987), ad esempio, annotando che l’interpretazione whig della storia, che valuta il passato nei termini delle conoscenze presenti, é derisa dai nuovi storici della scienza, afferma che la loro interpretazione anti-whig é pedante, oltre a mancare di dare rilievo ai portati della ricerca sperimentale di successo. Poiché é indubbio che i migliori conoscitori degli eventi scientifici siano i diretti cultori dei diversi rami della scienza, ci si chiede dunque se debbano essere gli stessi scienziati a scrivere la storia della scienza; o se invece chiunque, anche se non é versato profondamente nella materia, possa essere autorizzato a farlo impunemente. C'è addirittura chi ha proposto di definire scienza-storia quella scritta dagli scienziati e storia della scienza quella scritta dai soliti storici (Debus, 1971). Ovviamente, gli scienziati sono scandalizzati dalla possibilità che la storia della scienza possa essere gestita da storici, che sono naturalmente privi della necessaria preparazione scientifica. Tuttavia, gli storici moderni continuano correntemente a stigmatizzare la scienza-storia con la sprezzante qualifica di interpretazione whig della storia della scienza (Brush, 1995). Gli storici della scienza tendono dunque a svalutare, sdrammatizzare il contenuto tecnico degli eventi scientifici e di coloro che li hanno prodotti. Ma non potrebbe essere altrimenti, dato per certo che non ci si può aspettare che gli storici della scienza posseggano quelle conoscenze tecnico-scientifiche che sono prerogative esclusive dei singoli studiosi. Però, una storiografia cosiffatta, anti-whig, non potrebbe facilmente essere definita in qualche modo inutile? Sembra infatti del tutto ovvio, che una valutazione del contributo personale dei ricercatori al progresso delle conoscenze scientifiche, possa essere fatta solamente da chi le conoscenze scientifiche necessarie le possiede; da chi é in grado di ricostruire, per mezzo delle sue specifiche competenze, il filo logico, e consequenziale che unisce le conoscenze attuali a quelle storicamente precedenti. Ossia, il valore delle osservazioni scientifiche conseguite nel passato nel campo della fisica, della biologia, della medicina, della chimica, ecc., può essere determinato solamente, esclusivamente da esperti nel campo appunto della fisica, della biologia, della medicina, della chimica, ecc. Al contrario, una circostanza singolare sembra giustificare l’atteggiamento antiwhig degli storici della scienza: sono formati generalmente negli Istituti universitari di Filosofia. Sembra che ci si sia dimenticati per strada – ulteriore cecità apparente della filosofia – che dall'inizio della rivoluzione scientifica, non spetta più alla filosofia cercare di interpretare il mondo sensibile, bensì a questo nuovo, rivoluzionario istituto che é la scienza sperimentale, quella tattile, positiva, strumentale. Non spetta più ad Aristotele stabilire quante zampe possiedono le mosche – dichiarando poi , come infatti fece, che ne avevano solo quattro invece che le note sei gambette (Mendelsshon, 1981) - o se la vita può generarsi spontaneamente, o per mezzo di uova. Come dice Comte, con la legge dei tre stadi, lo sviluppo dell'evoluzione storico-sociale attraversa tre fasi: quella teologica o fittizia, in cui prevalgono spiegazioni favolistiche dei fenomeni, con categorie antropomorfiche coinvolgenti varie divinità e pratiche misticomagiche; quella metafisica o astratta, nella quale le spiegazioni dei fenomeni e del fine ultimo delle cose sono entità astratte, invenzioni filosofiche; e quella scientifica o positiva, infine, nella quale alla fantasia e al ragionamento si sostituisce l'analisi dei fatti e la ricerca non più del loro fine ultimo, ma delle leggi che possono dar conto dei fatti, collegandoli fra loro, e possano consentire previsioni . Ora, tra le prerogative del terzo stadio non c'è posto per la logica astratta, in quanto la scienza, ogni scienza, si costruisce da sé i propri procedimenti metodologici e la propria logica. In ogni caso, é anche assolutamente improbabile che i filosofi, siano allo stesso tempo esperti di chimica, o fisica, o biologia, medicina, ecc., per definizione, per attribuzione automatica, self-attribution. Esperti di filosofia potranno avere delle nozioni – comunque approssimate - di queste materie, ma non sono assolutamente in grado di possedere queste materie così diverse dalla loro specializzazione, come invece le possono avere con maggiore, infinitamente maggiore probabilità, i ricercatori in ambito fisico, chimico, biologico, ecc. In ogni ambito della ricerca scientifica poi, le singole specializzazioni sono così differenziate, in relazione alle tecniche sperimentali e alle organizzazioni teoriche prevalenti cui fanno riferimento, che solo gli specialisti sanno come destreggiarsi per riconoscerne il valore. Quindi, la storia della scienza possono farla solamente gli esperti nei diversi campi del sapere scientifico; non solo; ma solo gli esperti di quel particolare settore di cui si sono occupati i diversi ricercatori. Nemmeno un biologo, ad esempio, é necessariamente in grado – per effetto della sola professionalità di biologo - di valutare l’operato di un microbiologo, o di un biochimico, o di un biofisico, soprattutto quando questo operato si dispiega in dettagli tecnici propriamente famigliari solo agli specialisti di un campo particolare della biologia, di coloro che affondano la mente e le mani quotidianamente nella materia. I sedicenti storici della scienza – che poi sarebbero al massimo, conoscitori di storia della filosofia - non avendo le conoscenze necessarie e indispensabili per fare delle valutazioni scientifiche, possono solo occuparsi dei pettegolezzi, delle situazioni di contorno agli eventi storici che esaminano, delle diatribe tra sperimentatori che competevano fra loro, degli aspetti politici e sociali; delle influenze esercitate dalle reciproche amicizie e posizioni di potere; insomma degli aspetti folkloristici delle situazioni storico-scientifiche. D’altra parte, essendo gli storici della scienza soprattutto impossibilitati ad esaminare con competenza l’operato degli scienziati, hanno ben volentieri ripiegato sulla posizione anti-whig, perché una tale scelta non implica giudizi di merito – del resto impossibili per loro da formulare essendo loro incompetenti – ma solo elaborazioni di situazioni politiche e sociali, vacue, come é appunto il chiacchiericcio obnubilato dei filosofi. Certo, non sarebbe male se tali autoqualificantisi storici della scienza lasciassero esaminare ed esporre la storia della scienza, agli studiosi che sanno di cosa parlano, quando abbiano voglia di farlo. Si potrebbero evitare, con maggiore probabilità, incomprensioni e malintesi, come é avvenuto per Spallanzani e Pasteur, in relazione alla dottrina della generazione spontanea. O più propriamente, forse si dovrebbero davvero elaborare due tipi di storia della scienza: una, scritta dagli storici anti-whig, che si occupa delle circostanze politicosociali nelle quali si é svolto il lavoro scientifico; l'altra, scritta dagli studiosi delle singole specializzazioni, volta all'evidenziazione della rilevanza delle opere e dei protagonisti, in relazione a ciò che costituisce la conoscenza scientifica presente. A riprova della manifesta incompetenza diffusa tra gli storici della scienza, sono annotate in Appendice (p. 187 e segg.), brevemente, le prime, e più immediate osservazioni che si possono fare ad un testo di un biofisico, a quello di un biologo e a quello di uno storico, tutti e tre in veste di storrici della scienza – nessuno di loro provvisto delle necessarie cognizioni sugli infusori, e la microbiologia in generale, in relazione alla specifica deformazione e disinformazione di cui possono divenir portatori, nel riferire e discutere le sperimentazioni condotte da Spallanzani e da Pasteur, a proposito della generazione spontanea degli infusori appunto. CONCLUSIONI Si può affermare con assoluta tranquillità che le esperienze di Needham, sulle quali si basò la teoria della generazione spontanea, furono senza significato alcuno. Le esperienze di Needham mancarono su due fronti essenziali: l’inefficienza/assenza di un trattamento termico in grado di azzerare la inevitabile contaminazione iniziale delle infusioni; così come la mancanza di un’efficiente protezione degli elementi sperimentali, nei confronti della contaminazione ambientale. Spallanzani, pur accreditando inizialmente le esperienze di Needham come probanti la spontaneità della generazione, ne dimostrò l'assoluta erroneità di impostazione, individuando appunto nella necessità di un trattamento termico e di una chiusura dei palloni sperimentali all’ingfluenza ambientale, che fossero assolutamente efficaci, le prerogative inevitabili per esperienze tese alla dimostrazione di una tale teoria. Poi condusse le esperienze probanti definitivamente la reale insussistenza della teoria della generazione spontanea, mediante quell'experimentum crucis, consistente nel conseguimento della sterilità delle infusioni. Infatti, la sterilità è assolutamente incompatibile con la generazione, spontanea o non spontanea, ovviamente, di microrganismi. Nessun’altra esperienza si rendeva più necessaria a riprova del risultato. Malgrado ciò, la teoria sopravvisse e fu oggetto di discussioni durate più di 150 anni, fino agli inizi del Novecento, coinvolgendo eminenti studiosi, tra i quali lo stesso Pasteur, che venne a trovarsi al centro stesso dell’interminabile disputa. Nel novembre del 1863, Flourens, membro autorevole e molto ascoltato dell’Académie de France, si é così espresso: “Gli esperimenti di Pasteur sono decisivi. Se la generazione spontanea avvenisse veramente, di cosa sarebbe necessario disporre per ottenere gli animalculi? Aria e un liquido putrescibile. Pasteur ha messo assieme l’aria e un liquido putrescibile, e non é successo niente. Dunque la generazione spontanea non esiste.” (Farley, 1974). Come dire, che la stupidità può raggiungere vertici sorprendenti. Flourens si riferisce ovviamente all’esperienza dei palloni con i colli ritorti. Tale considerazione derivava direttamente dal sospetto ingenerato da Needham che i palloni di Spallanzani rimanessero sterili perché non contenevano abbastanza ossigeno; quell’ossigeno che i fenomeni di ossidazione a carico degli infusi avrebbero sottratto ai palloni per effetto del trattamento termico di 45 minuti. Tale opinione persisteva, malgrado Spallanzani stesso avesse dimostrato sperimentalmente che (1) i microrganismi si accrescevano anche a ridottissime tensioni di ossigeno (Saggio, p. 136); (2) che anche chiudendo i palloni a pressione atmosferica – e quindi alla massima tensione di ossigeno – i microrganismi non si sviluppavano nelle infusioni sterilizzate. Inoltre, quando Gay-Lussac raccolse la stessa ipotesi dell’influenza determinante dell’assenza di ossigeno sulla stabilità delle conserve di Appert e quindi dei palloni di Spallanzani, Pasteur stesso lo contraddisse, come si é ricordato sopra, affermando che la stabilità dei palloni di Spallanzani non dipendeva dallo scarso contenuto di ossigeno (Pasteur, pag. 217, 300). Probabilmente Pasteur averva capito tutto, ma egocentrico com’era, evitò di confessarlo, cercando di appropriarsi lui stesso della soluzioone della disputa. In ogni caso, l’affermazione di Flourens esprimeva l’opinione corrente. In realtà conteneva più di un errore, tra i quali: (1) già a quel tempo si sapeva che esistevano microrganismi capaci di svilupparsi in assenza di ossigeno, quindi avrebbe potuto esserci sviluppo microbico anche a ridotte tensioni di ossigeno; (2) la soluzione di riferimento usata da Pasteur – quella appunto tanto putrescibile, come affermava lui stesso – era invece acida, quindi adatta a mettere in evidenza l’accrescimento dei soli eucarioti, ma non certo della maggior parte dei microrganismi più semplici – i procarioti, i batteri - e che con maggiore probabilità avrebbero potuto andare soggetti a generazione spontanea; (3) dimostrare che nell’aria c’erano microrganismi non era per nulla equivalente a dimostrare che non esisteva la generazione spontanea: infatti, tali microrganismi presenti nell’aria, nascevano – e dove ? – spontaneamente, o da genitori dello stesso tipo e natura? Il dilemma rimaneva assolutamente intatto. Anche se Pasteur avesse dimostrato che l’aria trasportava microrganismi, non avrebbe quindi provato nulla, in relazione alla generazione spontanea. (4) le modalità con le quali Pasteur aveva messo a contatto l’aria con la soluzione putrescibile non erano tali da dimostrare che l’aria fosse contaminata; tanto é vero che fosse stata l’aria sterile o fosse stata contaminata, in entrambi i casi non ci sarebbe stato sviluppo microbico; quindi l’esperienza dei palloni con il collo ritorto non provava assolutamente nulla, e tantomeno che l’aria fosse contaminata, visto che rimasero per la gran parte senza sviluppo microbico. Ma Pasteur stesso affidava un enorme valore probante a tale esperienza; seppure erroneamente. Tutte le esperienze eseguite da Pasteur, e descritte nelle famose Mémoires, hanno teso a dimostrare l’origine aerea della contaminazione; lo afferma lui stesso (Pasteur p. 310), come si é visto sopra. Attribuirono erroneamente un valore probante definitivo a tale esperienza, anche una quantità di studiosi del tempo, seguiti a ranghi ristretti dagli storici della scienza; insomma, tutti vittime della loro incompetenza. Anche se potrebbe sembrare talmente evidente la mancanza di consequenzialità tra presenza di microrganismi nell’aria, e negazione della generazione spontanea, che il più semplice esercizio di logica avrebbe dovuto rivelarla (questa mancanza di logica afflisse anche i filosofi (?)-storici; come mai? Smarrirono il loro strumento fondamenbtale, la logica, per strade ignote!) Pasteur, era pressato dalla necessità di dimostrare che gli agenti della fermentazione erano microrganismi (lieviti) provenienti dall'aria, e non erano semplicemente un prodotto dei materiali in fermentazione, o comunque organismi che si formavano con diverse modalità, ma eterogenicamente, come sostenevano i suoi contemporanei più famosi, tra i quali Liebig, Schwann, Lavoisier e altri. Provando sperimentalmente che gli agenti della fermentazione provenivano dall’aria, poteva sembrare che venisse screditata automaticamente l’ipotesi alternativa, quella cioè che si generassero spontaneamente. Mentre nella realtà, anche dimostrando che gli agenti della fermentazione provenivano dall’aria, non si dimostrava né che nascessero spontaneamente da qualche parte, né che nascessero non-spontaneamente. Semplicemente, il problema rimaneva esattamente nelle condizioni di partenza. Solamente veniva contraddetta l’opinione degli antagonisti di Pasteur, che tali microrganismi fossero originati dai succhi in fermentazione. Tuttavia, Pasteur alimentò vigorosamente l’opinione di una esatta corrispondenza tra dimostrazione dell’origine aerea dei microrganismi, a contestazione della teoria della generazione spontanea. Malgrado la contraddizione fosse non solo evidente, ma addirittura lampante, i suoi uditori e lettori gli credettero, si accodarono. Sia all’Académie de France, sia all’esterno, la generalità degli studiosi e degli storici della scienza; con qualche rara, inascoltata diserzione. Comunque, poiché l'obbiettivo primario della sperimentazione di Pasteur rimaneva la necessità di dimostrare qual'era la natura e l'origine degli agenti della fermentazione, che veniva studiata nelle soluzioni zuccherine dei succhi di frutta (d'uva, soprattutto), Pasteur compì diversi errori sperimentali, come quello di basare tutte le sue osservazioni, praticamente su una sola soluzione, acida, per di più, adatta allo studio degli agenti delle fermentazioni – i lieviti, e gli eucarioti in generale - ma inadatta, assolutamente inadatta a rilevare il comportamento dei procarioti. Quando invece erano proprio i procarioti, gli organismi unicellulari assolutamente più semplici e più diffusi, che avrebbero potuto generarsi spontaneamente con probabilità estremamente più elevata. Oltre a questo errore basilare, gli errori sperimentali di Pasteur furono molteplici: esecuzione di esperienze tendenti a testimoniare i motivi che potevano essere ritenuti alla base dei fallimenti sperimentali di molti eterogenisti – ossia la contaminazione dei loro dispositivi ad opera dell’aria; scarsa evidenza sperimentale, per effetto dell'impiego di un'unica soluzione; impiego di una soluzione solo pastorizzata, non sterile, e quindi contenente microrganismi vitali, ossia una condizione sperimentale in ogni momento contestabile dagli eterogenisti; incertezze determinanti sulle esperienze con aria calcinata; inutilità delle osservazioni eseguite con i palloni a collo ritorto; ecc. Tra gli studiosi dell'800 che non ritennero probanti le esperienze di Pasteur, vanno ricordati Pouchet, Joly e Musset, secondo i quali, giustamente, le esperienze di Pasteur non dimostravano 'assolutamente nulla‘ (Pouchet e altri, 1864). Bastian (1837-1915) continuò a contestare le esperienze di Pasteur fino al 1905 (Harris, 2002). Ma l'attribuzione del Premio Alhumbert ebbe ovviamente un certo peso, anche per la notorietà e credibilità di alcuni membri della Commissione dell'Accadémie de France (soprattutto Flourens, Milne-Edwards e altri), così come una specie di consacrazione di Pasteur da parte di Huxley nel 1870. Certamente, Pasteur aveva ragione, nel ritenere che l'aria fosse un veicolo di contaminazione microbica. Solamente, non era stato in grado di dimostrarlo in modo convincente; e soprattutto, non esisteva comunque alcuna dipendenza diretta tra questa realtà e la teoria della generazione spontanea. Il successo della sua teoria, che le malattie erano provocate da germi, e non viceversa, comportò che venisse accreditata la sua affermazione sulla naturale presenza dei microrganismi nell'ambiente, ritenendola automaticamente – anche se irrazionalmente - la negazione della generazione spontanea. Questa convinzione, si diffuse non sulla base di un esame accurato del valore probante delle esperienze di Pasteur; bensì come conseguenza forse del successo della teoria dell'origine microbica delle malattie. Gli storici non seppero districare la materia; anche perché gli storici generalmente non posseggono per nulla la competenza specifica per effettuare i necessari approfondimenti. In realtà la confutazione della teoria della generazione spontanea dei microrganismi, é stata dimostrata sperimentalmente, definitivamente, nell'unico modo possibile, cento anni prima di Pasteur, da Lazzaro Spallanzani. C’era un solo modo possibile per confutare inequivocabilmente la teoria della generazione spontanea: dimostrare che era possibile ottenere la sterilità e che tale sterilità durava indefinitamente nel tempo. In tal caso infatti, si dimostrava che la sostanza organica inanimata, non più vitale, non si ricostituiva in altre forme di vita, ed in particolar modo nella forma di quegli organismi microscopici – e soprattutto procarioti - che la teoria della generazione spontanea asseriva potessero organizzarsi in assenza di cellule vitali dello stesso tipo. Un cesto di alloro per Lazzaro Spallanzani Tabella 1. Valori di pH che limitano l’accrescimento microbico (Singleton & Sinsbury, 1995; I.C.M.S.F., 1996) Principali microrganismi incapaci di svilupparsi a pH = 4 : Acidaminococcus sp. , Aeromonas sp. , Azotobacter sp. , Bacillus alcalophilus, B. amylolyticus, B. anthracis, B. brevis, B. cereus, B. circulans, B. firmus, B. licheniformis, B. megatherium, B. mycoides, B. pumilus, B. sphaericus, B. thuringiensis, B. stearothermophilus, B. subtilis, Campylobacter jejuni, Chromobacterium sp. , Clostridium sporogenes, Cl. botulinum type A, B, and F, Cl. perfringens, Derxia sp. , Desulfobacter sp. , Desulfosarcina sp. , Desulfuromonas sp. , Erwinia carotovora, Jantinobacterium sp. , Leuconostoc cremoris, Listeria monocytogenes, L. enterocholitica, Micrococcus sp. , Micrococcus lysodeikticus, Proteus vulgaris, Pseudomonas aeruginosa, Rhizobium sp. , Salmonella choleraesuis, Serratia marcescens, Streptococcus faecalis, Streptococcus lactis, Vibrio parahaemolyticus, Yersinia, Xanthobacter sp. ; Schizosaccharomyces octosporus, Halomyces spp. (4,5). Principali microrganismi con pH ottimale prossimo alla neutralità (il valore di pH é tra parentesi): Bacillus cereus (6 - 7), Bacillus spp. (6-7), Brucella sp. (7,3 - 7,5), Campylobacter (6,5 - 7,5), Clostridium botulinum (7,2), Clostridium perfringens (7,2), Escherichia strains (6 - 7), Listeria monocytogenes (7,0), Plesiomonas sp. (7,0), Salmonella sp. (7 - 7,5), Staphylococcus sp. (6 -7), Streptococcus sp. (7,0), Vibrio colerae (7,0), Vibrio parahaemolyticus (7,8 - 8,6), Vibrio vulnificus (7,8), Yersinia enterocolitica (7,2); Aspergillus flavus (5 - 8), Aspergillus parasiticus (5 8), Fusarium sp. (5 - 8), Penicillium citreonigrum (5 - 6,5), Penicillium citrinum (5 7), Penicillium islandicum (5-9), Penicillium verrucosum (6 - 7). Bibliografia Adams, E., 1929, Lazzaro Spallanzani, The scientific Monthly 29, 258-537. Appert, N., 1810, L'art de conserver, pendant plusieurs années, les substances animales et végétales. Chez Patris, Paris . Bada, J. 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VIII, Garzanti, Milano. “(Pasteur) Dimostrò con semplicissimi esperimenti che le sostanze organiche imputridiscono perché contaminate da organismi microscopici (‘germì) sempre presenti nell’aria, demolendo così definitivamente il concetto di generazione spontanea.” ENCICLOPEDIA AMERICANA – International Edition, vol. 21, 1974, American Corporation: “By elegant and dramatic experiments, Pasteur demonstrated that .. spontaneous generation does not occur.” (R.J. Dubos, The Rochefeller Institute). Krasner, R.I., 1995, “Pasteur: High priest of microbiology.”, ASM news, 61(11), 575-579. “Pasteur delivered the final blow to the concept of spontaneous generation. Biology students perhaps associate Pasteur more with disproving spontaneous generation than they do with his research on rabies; …”. ENCICLOPEDIA HOEPLI, 1965, vol. V, U. Oepli editore, p. 496. “(Pasteur) Si dedicò (1860-1862) allo studio della teoria della generazione spontanea, demolendola completamente.” AMBASCIATA DI FRANCIA IN CANADA (Internet): “Pasteur delivered the fatal blow to the doctrine of spontaneous generation,..” IL LIBRO DI BIOLOGIA. Isaac Asimov, 1987, Zanichelli ed., Bologna, p. 152: “.. Pasteur demolì definitivamente la teoria della generazione spontanea.” ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI, 1992, RIZZOLI, MILANO: “(Pasteur) dimostrò ancora una volta che la vita nasce solo dalla vita e che la generazione spontanea, problema dibattuto fin dal XVII secolo, é una favola.”; p. 383. INFOSCIENCE_Portraits. (da Internet) : “Mais le 7 avril 1864, Pasteur donne une conférence à la Sorbonne. Ses expériences conquiérent le public, la commission d’experts et le medias. Pouchet est vaincu et avec lui la thèse de la generation spontanée.” INSTITUT PASTEUR (Internet, Portail) : “Pasteur..anéantit la doctrine de la generation spontanée… Pasteur pouvait affirmer, par les experiences les plus variées, dans son mémoire de 1862, que :- les poussiéres de l’atmosphère renferment des germes d’organismes ‘inférieures’ toujours prets à se développer et à se multiplier; les liquides les plus putrescibles restent inaltérés si on à la précaution de les mettre à l’abri du contact de ces germes.». INSTITUT PASTEUR de LILLE (Internet): “Pasteur.. anéantit la doctrine de la generation spontanée. “ KOFOID, C.A., 1923, Pasteur and the science of biology, The Scientific Monthly 16(6), 658-662: “.. his disproof of the dogma of spontaneous generation..” (p. 658); “ ..Pasteur proved beyond a shadow of a dubt…” (p. 660). LAZZARO SPALLANZANI A MONTEBABBIO. G. Montorsi Messori, Castellarano, 1986: “.. Pasteur (1822-1895), dimostrando l’insussistenza della generazione spontanea ..”; p. 2. MICROBIOLOGIA, 1982, Pelczar, M.J., Reid, R.D. & Chan E.C.S., Zanichelli Ed., Bologna, p. 24: “Louis Pasteur … eseguì esperimenti che posero termine per sempre al concetto di genera-zione spontanea..” MICROSOFT ENCARTA, 1993-2002, vers. 12.0.0.0602: “Dimostrazione della falsità della generazione spontanea. Pasteur con alcuni esperimenti cruciali riuscì a dimostrare che l’antica teoria non aveva alcun fondamento. Questi risultati dieero origine ad un’aspra polemica con il biologo francese Felix Pouchet, che si concluse con l’accettazione dei risultati di Pasteur da parte dell’Académie des Sciences.” Morris, H., 2004, in 'Man of science-Men of God': “ L. Pasteur is one of the greatest names in the history of science...because .. his conclusive demolition of the then prevalent evolutionary concept of spontaneous generation. ” NUOVA ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI, 1979, MONDA-DORI, MILANO, VOL. II, p.30: “.. Louis Pasteur che, con una serie di esperimenti impostati accuratamente e realizzati con apparecchiature appositamente studiate, fece per sempre tramontare il pensiero che, per duemila anni circa, il grande Aristotele aveva sostenuto.”. NUOVA STORIA UNIVERSALE GARZANTI. Dizionario di storia, 2005, vol. IV, UTET, pag.54: “.. confutando la teoria della generazione spontanea, (Pasteur) studiò l’origine delle malattie..” NUOVO DIZIONARIO ENCICLOPEDICO SANSONI, 1987, Ed. Le Lettere, Firenze, p. 1563: “ (Pasteur) Dimostrò l’infondatezza della tesi della generazione spontanea, scoprì i metodi della sterilizzazione…”. NUOVA ENCICLOPEDIA UTET, 2002, Utet, Torino, p. 1002: “.. Pasteur mostrò che la generazione spontanea era sostanzialmente un artefatto.” Tyndall, J., 1878, Spontaneous generation, The Nineteenth Century, 3, 26 - from Farley, 1977, pag.100: “.. clearness, strength and caution with consummate experimental skill for their minister were rarely more strikingly displayed than in this imperishable essay.” SCIENCE, (1960), 132:950. “PASTEUR and Modern Science” by René Dubos, 1960, Doubleday, New York: “The unchallenged evidence of his experiments overtrew the theory of spontaneous generation - a triumph that gave rise to modern microbiology.” STORIA DELLA BIOLOGIA. Duris P. & Gohau, G., 1999, G. Einaudi ed., Torino, p.91: “Infine, nel 1864, le conclusioni definitive di Pasteur sul problema della generazione spontanea.”. STORIA della MICROBIOLOGIA, Bruno Pacifici (Internet): “Il passo successivo verso la definitiva confutazione della teoria della generazione spontanea fu intrapreso dal chimico e microbiologo francese Louis Pasteur … con alcuni esperimenti cruciali riuscì a dimostrare che l’antica teoria non aveva alcun fondamento.” Swazey & Reeda, 1978, “Louis Pasteur: Science and the application of science.” Ch. 2, 1-19: “.. a solid disproof of spontaneous generation .. “ . THE NATIONAL HEALTH MUSEUM (Internet). “He (Pasteur) debunked the widely accepted myth of spontaneous generation.” (Seung Yon Rhee). “Pasteur had both refuted the theory of spontaneous generation and convincingly demonstrated that microorganisms are everywhere – even in the air.”(Russell Levine and Chris Evers). UNIVERSO . ENCICLOPEDIA DE AGOSTINI, 1963, NOVARA, p.354: “A conclusione di lavori che sono un modello di perspicacia scientifica e di ingegnosità sperimentale, Pasteur giunse ad escludere totalmente la generazione spontanea..”. WIKIPEDIA, l’Enciclopedia libera (Internet) : “L’Accademia delle Scienze di Parigi offrì un premio..vinto nel 1864 da Louis Pasteur , che attraverso un semplice esperimento (matracci a collo d’oca) riuscì a confutare la teoria della generazione sponta-nea.” CONTESTAZIONI ad alcuni testi di storia della scienza. L'analisi, seppure approssimata, delle imprecisioni, degli errori più o meno grossolani ampiamente disseminati nei testi di alcuni autori che hanno scritto sulla - accennato alla - generazione spontanea, dovrebbe apportare un ulteriore contributo alla comprensione degli eventi descritti nel testo. Francis Crick. Francis Crick fu insignito del premio Nobel nel 1962, assieme a J.D. Watson e M.H. Wilkins, per aver individuato la struttura a doppia elica del DNA. Scrive, in 'Origine della Vita’ (1983): “Fino alla fine del secolo scorso si credeva che la vita potesse iniziare de novo, qua e là, nelle paludi, nelle infusioni, nella carne in putrefazione e in altri ambienti adatti. Esistono frequenti resoconti su larve, mosche e anche topi generati in questo modo. Le esperienze iniziali di Redi, Joblot e Spallanzani misero in dubbio queste tesi (della generazione spontanea); il lavoro accurato ed elegante di Pasteur dimostrò che tutti quei resoconti erano quasi certamente falsi. Pasteur confutò una per una tutte le obiezioni sollevate dai critici, con ingegnosi perfezionamenti delle sue apparecchiature. Dimostrò al di là di ogni dubbio che, in un sistema inizialmente sterile, non poteva apparire alcun segno di vita, anche in una delle soluzioni più ricche e appetitose, anche se c'era libero accesso all'aria , purché si facesse in modo che nessuno dei microrganismi in essa presenti raggiungessero i recipienti di incubazione.” Si deve rilevare che più che mettere in dubbio la tesi della generazione spontanea, soprattutto Redi e Spallanzani, la confutarono, il primo con riferimento agli insetti, il secondo, ai microrganismi. L’ignoranza diCrick sull’argomento è vergognosa; ancor più in relazione alla ‘doverosa’ necessità per uno scvienziato, di acquisire informazioni ‘certe’, prima di esprimere opinioni. - Pasteur, non 'dimostrò', né 'confutò' alcunché; - Né 'dimostrò al di là di ogni dubbio...’; - né la sua (di Pasteur) soluzione era 'sterile', ma solo pastorizzata; - né era ‘una delle soluzioni più ricche e appetitose’, ma una soluzione nutritiva qualsiasi. Insomma, una vera messe di misinterpretations. O meglio si potrebbe dire di disinformazione, tratta certamente da qualche ‘dotto’ testo di microbiologia o biologia, ma sempre imperfettamente informato. In ogni caso, qualunque osservazione sull'operato di Pasteur essendo comunque riferibile quasi esclusivamente agli eucarioti, non ha rappresentato per nulla la confutazione di una tesi – quella di Needham – ormai svincolata dagli organismi di maggiori dimensioni, e dedicata a quelli microscopici; e tra questi, a quelli che con maggiore probabilità avrebbero potuto originarsi spontaneamente, perché di più semplice struttura e composizione, ossia i procarioti. Jean Rostand. Osservazioni ad alcune affermazioni di Jean Rostand, tratte dal volume 'Lazzaro Spallanzani e le origini della biologia sperimentale', Einaudi ed., Torino, 1963. 1 – “ .. Nell’aria contenuta nelle bottiglie di Spallanzani, probabilmente l’ossigeno era scomparso: ..” (p. 40) L’ossigeno non scompare nemmeno nelle conserve confezionate sotto vuoto e sterilizzate (vedere più sopra, paragrafo 'Contro l'ultima obiezione di Needham'). Eppoi, Spallanzani aveva sperimentato la capacità dei microrganismi di crescere anche a ridottissime tensioni di ossigeno (Spallanzani, ‘Saggio..1765, p. 135-136). Anche Pasteur sosterrà e dimostrerà (come aveva già fatto anche Spallanzani) che l’ossigeno non influisce sull’assenza di accrescimento microbico sia nelle esperienze di Spallanzani, che nelle preparaziponi sterilizzate di Appert (Pasteur, pagg. 217, 300), contraddicendo esplicitamente Gay-Lussac. 2 – “ Noi sappiamo oggi ..che certi germi non possono svilupparsi che in presenza d’ossigeno.. e che questi germi resistono ad una temperatura molto alta, quella di ebollizione.” (p. 40). E’ vero che ci sono sporigeni aerobi molto termoresistenti; ma i microrganismi provvisti della più elevata resistenza al calore sono aerobi-anaerobi facoltativi (Bacillus stearothermophilus), e anaerobi, ossia capaci di svilupparsi a tensioni di ossigeno veramente ridotte (Clostridium sporogenes, Cl. thermosaccharolyticum, Desulfotomaculum nigrificans, ecc.). Inoltre, la temperatura di 100°C non é per nulla elevata; le spore dei batteri indicati sopra sono in grado di resistere per più di una decina di minuti a 120-130°C, ciò che equivale a 5-10 ore a 100°C. 3 – “ .. Se fosse stato possibile far rientrare l’ossigeno privo di germi nelle bottiglie scaldate di Spallanzani, esse si sarebbero senza dubbio popolate di animaletti..” (p. 40). Rostand persiste nell’erronea convinzione denunciata sopra, addirittura scrivendo ‘senza dubbio’; la qual cosa é assolutamente errata, considerate le condizioni di sterilità raggiunte con i trattamenti termici applicati da Spallanzani; anche se nei palloni di Spallanzani fosse stata introdotta aria sterile, non sarebbe accaduto nulla, visto che i palloni erano sterili. 4 – “ .. Spallanzani, anche quando scaldava a lungo le sue infusioni, non le scaldava ancora abbastanza. Per distruggere certi germi molto resistenti, bisogna superare ampiamente il punto di ebollizione, praticando il riscaldamento sotto pressione.” (pag.40). Rostand sembra riveli di non aver letto, o non aver compreso, le esperienze di Spallanzani. Spallanzani infatti ha trattato le sue infusioni più di qualunque altro studioso della generazione spontanea, compresi Pasteur e Bastian un secolo più tardi. In particolare, é riuscito a raggiungere addirittura la condizione di ‘sterilità’ di almeno sei tipi differenti di infusioni. E in più, Rostand non si é accorto che Spallanzani ha proprio trattato al calore sotto pressione le sue infusioni – come Rostand dice che avrebbe dovuto fare - tanto che dopo pochi minuti di riscaldamento non pochi palloni esplodevano, e per continuare le sue esperienze aveva dovuto procurarsi palloni di vetro più resistente appunto alle elevate pressioni che si possono raggiungere in 45 minuti di ebollizione in contenitore rigido, per effetto della stessa equazione di stato: P. V. = n.R.T . Con tali osservazion i, Rostand dimostra un livello di ignoranza – biologica e chimico-fisica – che sorprende come abbia potuto esercitare la professione di sperimentatore. 5 – “ .. le esperienze di Spallanzani hanno aperto la via in cui si impegnò un secolo più tardi il grande Pasteur.” (p. 41). Non corrisponde al vero. Pasteur intraprese, con le sue esperienze, un percorso diverso, suo malgrado: infatti non solo non dimostrò nulla al riguardo della generazione spontanea, ma cercò di dimostrare che nell’aria c’erano microrganismi, della qual cosa tutti gli studiosi erano convinti / consapevoli, almeno da 200 anni. Ma non dimostrò se tali microrganismi si erano originati spontaneamente o in altro modo. 6 – “ .. Pasteur, con una dimostrazione sperimentale di tutto ri-gore, estese l’ omne vivum e vivo ai ... microbi e fermenti organiz-zati… Pasteur fece guerra alla… generazione spontanea...perché esperienze d’una semplicità e d’una ingegnosità ammirevoli gli facevano vedere senz’ombra di equivoco l’impossibilità di ottenere in assenza di una vita anteriore, un prodotto organizzato..” (p. 44). Anzitutto, Pasteur ebbe pochissimo a che fare con i batteri, nelle esperienze che intraprese per dimostrare – almeno nominalmente – la falsità della generazione spontanea (in realtà, intraprese solo per dimostrare che era l’aria che trasportava gli agenti delle fermentazioni che stava studiando). Pasteur scelse erroneamente condizioni sperimentali che lo portarono ad osservare quasi esclusivamente il comportamento di lieviti e muffe. Gli unici batteri che vide saltuariamente erano con la massima probabilità dei lattobacilli, degli acetobatteri e dei gluconobatteri (questi ultimi due gruppi, tipici dell'aceto), una parte minimissima dell’ampio spettro delle specie batteriche. Il resto sono esclusivamente chiacchiere di un incompetente. W. Bernardi. Dal Testo di W. Bernardi: “Spallanzani e la controversia sulla generazione spontanea: nuove prospettive di ricerca.”, in 'LA DI-SFIDA DELLA MODERNITÀ._ Atti del Convegno internazionale di Studi nel bicentenario della morte di Lazzaro Spallanzanì a cura di W. Bernardi e M. Stefani, p. 37-61; L.S.Olschki ed., Firenze, 2000. All'inizio dell'articolo, W. Bernardi (nel seguito WB) si sofferma ad annotare che Spallanzani non aveva letto molti autori, quando cominciò a sperimentare: “bagaglio bibliografico abbastanza modesto” (p. 38); “la sua padronanza della bibliografia sull'argomento sarebbe sempre rimasta piuttosto inadeguata” (pag.39). Da annotazioni di questo tenore, poste appunto all’inizio del testo, sembra quasi emergere l’intenzione di segnalare una presunta impreparazione dello Spallanzani all'attività sperimentale. Spallanzani espresse esplicitamente l’intenzione di “porsi, come ricercatore, di fronte al microscopio o al fenomeno da osservare spoglio di idee preconcette e di ipotesi precostituite..” (Castellani, 1978); in modo da potersi trovare “..come tavola rasa.. per essere più adattato nel ricevere le immagini.. senza preoccupazioni delle altrui invenzioni.” ('Opuscoli..', 1776, vol. II, p. 24). Il che vuol dire quasi sempre, che é meglio sperimentare, farsi delle idee, e poi leggere per confrontarsi, e riprendere eventualmente le sperimentazioni, modificandone i parametri, ecc. Le opinioni degli scienziati sono concordi su questi temi: “Penso che sia molto più interessante vivere senza sapere, piuttosto che avere risposte che potrebbero essere sbagliate.” (Feynman, 2002). Ma non va trascurata una serie importante di circostanze: “ .. dal 1757 al 1759, dai ventotto ai quarant'anni, Spallanzani insegnò fisica, prima all'Università di Reggio, poi in quella di Modena. A Reggio tenne la cattedra di fisica e matematica per sei anni accademici, dal 1757-58 al 1762-63, insegnando contemporaneamente il greco al Seminario Collegio; a Modena fu dal 1763 al 1769 lettore di filosofia all'Università .. dimostrando una larga conoscenza degli autori contemporanei – 'Spallanzani possedeva le opere di molti di questi autori (era un newtoniano convinto) - e insegnante di greco e matematica nel Collegio San Carlo. ” (Cavazza, 2000). Chiunque potrebbe liberamente sospettare (Bernardi a parte) che Spallanzani s'era fatta una preparazione di base piuttosto succulenta, prima di dedicarsi anima e corpo alla sperimentazione scientifica. Ma se a qualcuno rimanesse qualche dubbio, suggerisco di rileggersi la relazione della Cavazza (2001). In ogni caso, posso garantire in tutta modestia che una buona preparazione di fisica e matematica, é la più eccellente preparazione possibile per dedicarsi all'attività scientifica, anche nel campo della biologia, visto che: “.. il libro della Natura é scritto in lingua matematica..” (Galilei, 1632). WB richiama (pag.38) l'attenzione del lettore – e lo fa ripetutamente – sulla particolarità che Spallanzani avrebbe mutato “.. paradigma interpretativo quasi a metà del programma di ricerca..”; e lo fa notare, come se fosse una condizione piuttosto disdicevole. Ma questo mutamento di opinione non é una particolarità, ma l'essenza stessa del lavoro scientifico; é nella sostanza, nella natura stessa della scienza, la capacità – si dovrebbe dire il dovere – di cambiare la propria visione del mondo appena le nuove acquisizioni lo richiedono. Anche Malebranche aveva cambiato opinione, come dice WB stesso a p. 48; anche Needham lo ha fatto, come riportato a p. 50. Dunque perché dovrebbe assumere carattere di scorrettezza, imperfezione professionale, se é Spallanzani, a cambiare opinione; e a maggior ragione se lo fa durante lo sviluppo delle sue ricerche, come é doveroso per ogni studioso farlo, a seguito di nuove acquisizioni? WB lamenta (p. 38) che Spallanzani “.. pubblicò solamente i risultati conclusivi ai quali era pervenuto.” Ma tutti facciamo così. Che senso avrebbe, pubblicare gli innumeri passi falsi, i tentativi, i risultati parziali, lungo il percorso verso il risultato che ci convince, che ci pare definitivo? A beneficio di chi? Degli storici? Suvvia, lasciamo perdere. Sono i risultati sperimentali definitivi, quelli che contano; quelli che scorrono nei testi pubblicati. Scrive Charles Gillespie: “science is nothing until reported” (Geison, 1995). Ma si può addirittura citare il motto della Royal Society di Londra, fondata (1660) con lo scopo di 'Improving Natural Knowledge’, che fà: “Nullius in verba”, a significare la singolare autorità del testo scritto. Perché é il testo ultimo, pubblicato, quello di riferimento, quello che conta. WB classifica (pag.38) come improvvisato microscopista, lo Spallanzani che muove le prime lenti lungo il suo glorioso percorso. Quando si comincia, sempre si improvvisa. Importante, non fare troppe fesserie, e non 'improvvisare' tutta la vita; ma dimostrare che dopo un pò di tempo, si é imparato molto; come fece Spallanzani. Spallanzani però dedica un’intera pagina degli ‘Opuscoli…’ (p. 32) ad affermare che aveva acquisito una considerevole esperienza in ‘molti, e molti anni’ di esercizio su i Microscopi; che era perfettamente in grado di distinguere il moto browniano delle particelle (un movimento involontario che hanno le particelle microscopiche sospese in acqua) dal movimento volontario degli organismi infinitamente piccoli (Opuscoli, p. 34) che ora chiamiamo batteri. E comunque, secondo Castellani (1978) “ .. quando iniziò le sue ricerche sugli infusori..dimostrò non solo di possedere una notevole padronanza del microscopio... perfettamente avvertito dei tranelli in cui la poco perfezionata ottica delle lenti poteva far cadere il microscopista malaccorto.” Sembra probabile che “ .. l'iniziazione dello Spallanzani alla microscopia sia avvenuta nell'ambito stesso del Collegio, a Reggio, .. ad opera di qualche 'padre' esperto dilettante della materia.. In almeno tre occasioni Spallanzani fa riferimento ai 'padri’ in relazione alla microscopia ..”; quindi nei sette anni che precedono l'inizio delle sue ricerche sulle infusioni. Alla faccia dell'improvvisazione, verrebbe da dire! WB sostiene (pag.39) che “.. Spallanzani aveva letto poco, .. nel complesso la sua padronanza della bibliografia sull'argomento sarebbe sempre rimasta piuttosto inadeguata.” Non si capisce come WB possa definire inadeguata la padronanza della bibliografia da parte di Spallanzani, quando Spallanzani ci ha mostrato di essere il migliore ricercatore d'Europa. Sono piuttosto propenso a ritenere che Spallanzani avesse la cultura scientifica necessaria e sufficiente, visto che ha 'scoperto in qualche anno più verità di tutte le Accademie in mezzo secolo.’ (Bonnet). Eppoi, Feynman suggerisce, un pò sottovoce – le parentesi sono sue - : “(Nessuno capisce il mondo in cui viviamo, ma alcuni se la cavano un pò meglio.)” (Feynman, 1999). Spallanzani, sembra proprio uno di costoro. WB, P. 41: “Spallanzani credeva di aver avuto partita vinta con Needham. ….In realtà però Spallanzani non aveva né fatto nuove scoperte sperimentali né introdotto procedimenti dimostrativi risolutivi.” Qui il WB dimostra esplicitamente di non aver capito nulla della vicenda culturale di Spallanzani. Allora bisognerà ricordare a WB che Spallanzani, a proposito di generazione spontanea: (a) - Aveva confrontato l'efficienza delle differenti modalità di chiusura dei contenitori sperimentali, nei riguardi della probabilità di contaminazione delle infusioni sterilizzate, da parte dell'aria. Tale verifica ha un carattere così essenziale, in relazione alle esperienze istituite dai vari studiosi della generazione spontanea, che ancora Pasteur, un secolo dopo, attribuirà a contaminazioni aeree le origini degli insuccessi sperimentali della maggior parte degli eterogenisti. ( b ) – Aveva dimostrato, applicando il vuoto ai palloni sperimentali, che gli infusori potevano accrescersi ugualmente, anche a ridotte tensioni di O2. Anche questa osservazione é di grande importanza, visto che proprio le incertezze e le incomprensioni su tale condizione trascinerà la questione della generazione spontanea da Needham fino al secolo successivo. ( c ) - Aveva dimostrato che l'esperienza di Needham era completamente sbagliata sterilizzando 19 infusioni diverse, chiuse ermeticamente – e quindi era completamente sbagliata anche la dottrina della generazione spontanea degli infusori che ne derivava. ( d ) – Osservato l'effetto letale del calore sugli infusori: “ .. un più che sensibil grado del primo (il calore del fuoco) che riscaldi alquanto il liquore li fa basire, e in brevissimo tempo li ammazza.” (p. 54 del 'Saggio..”). Osservazione che condurrà Spallanzani a dimostrare qual’era la resistenza termica dei microrganismi, eseguendo la prima valutazione della loro resistenza al calore, nella storia della biologia, e scoprendo la possibilità di rendere sterili le soluzioni acquose. Scoperta di enorme importanza teorica e pratica, che ha reso possibile concepire la disinfezione, l’asetticità, la sterilizzazione dei substrati colturali impiegati per la coltivazione dei microrganismi, la conservazione inalterata di medicinali e di prodotti alimentari, ecc. ecc. (e) – Aveva dimostrato che gli infusori si riproducevano solamente in determinati intervalli di temperatura; e che se la temperatura era sufficientemente bassa, non erano più vitali: “ .. gli animali delle infusioni son ben valevoli a tollerare l'acuto freddo, fino a un certo prefisso grado; pur questo agendo su loro con più efficacia, perdono infine ogni moto, e periscono.”. ('Saggio...', p. 53). Credo si dovrebbe riconoscere, che non é poco. WB scrive a p. 41-42: “Spallanzani non fece quello che ogni storico coscienzioso deve fare. ..riservandosi per un momento successivo (che non venne mai) il compito di fare qualche modesto aggiornamento bibliografico di storia della scienza.” A tale considerazione si potrebbe obiettare che: (1) Spallanzani non é uno storico; gli scienziati più che la storia della scienza, sono interessati alla scienza tout-court; (2) se avesse fatto un aggiornamento successivamente , per quale motivo lo avrebbe dovuto fare modesto? (3) In ogni caso, tale aggiornamento, non sarebbe stato di storia della scienza; non era uno storico della scienza, per fortuna sua e nostra, lo Spallanzani. WB dice (p. 42) che Spallanzani era stato preceduto da diversi studiosi. Ad es. Leeuwenhoek, che aveva (i) espressa un'opinione contraria alla generazione spontanea: “non aveva avuto esitazioni ad affermare..”; (ii) aveva confrontato cosa accade di diverso, incubando una provetta aperta e una chiusa ermeticamente (senza sterilizzarle!). Ora, un'opinione qualsiasi, non ha certo gran valore; anche se espressa in barba all'incertezza che dovrebbe contraddistinguere un'opinione espressa ai bordi della conoscenza. L'esperimento di Leeuwenhoek poi, almeno quale descritto da WB, vale ben poco, direi. Cosa ne parla a fare, WB? Solo per tentare di sminuire ciò che ha fatto Spallanzani? La scienza si fa con infinite ripetizioni, con infiniti cambiamenti di condizioni sperimentali; non con una provetta soltanto! Quando WB scrive (p. 43): “..come i batteri, che si sviluppano anche in assenza di ossigeno.” Sembra tradire una precisa lacuna di fisiologia microbica. Non é che i batteri si sviluppino anche in assenza di ossigeno; semplicemente, ci sono batteri che necessitano una tensione di ossigeno piuttosto elevata, batteri che possono crescere in assenza di ossigeno, e batteri facoltativi. E quelli che si sviluppano in assenza di ossigeno, sono gli anaerobi, appunto quelli che forse si svilupparono nelle provette di Leeuwenhoek. E comunque, se l'ossigeno era stato “consumato dalla flora aerobica ..” tale consumo si realizza con l'accrescimento, necessariamente (l' O2 non é utilizzato per fare un giro in giostra) e quindi si rivela con un aumento nel numero dei microrganismi, cui corrisponde un aumento della torbidità della soluzione; che certamente potrà essere accresciuta, dallo sviluppo successivo degli anaerobi. Leeuwenhoek non se n'è accorto? Nella stessa pagina, WB scrive: “… una fermentazione anaerobica..”. La fermentazione é sempre anaerobica. Come ha ben dimostrato Pasteur, la fermentazione é la vita in assenza di ossigeno; o più da vicino, consiste nella demolizione del glucosio (dei carboidrati), in assenza di ossigeno, e con liberazione, invece che di acqua e anidride carbonica come prodotti finali, di alcole, acido lattico, altri acidi organici, ecc. WB, ancora nella stessa pagina: “senza avvertirne il carattere .. favorevole ad un'interpretazione di tipo spontaneistico.”. Non avrebbe nemmeno dovuto porsi tale problema. Leeuwenhoek non aveva sterilizzate le provette, quindi non c'era nulla che potesse far pensare allo spontaneismo, all'insorgenza di alcunché di vivo da materiale non più vitale. Leeuwenhoek voleva solamente stabilire in quale delle due (alla faccia della statistica!) provette si sarebbero accresciuti più in fretta i microrganismi: “..where .. animalcules would first appear..”. Solamente questo, pare. Nella stessa pagina, WB sembra mettere sullo stesso piano le esperienze di Redi e quella di Leeuwenhoek, che “.. non potevano essere messe in discussione .. ”; la qual cosa non mi pare accettabile; i vasi aperti e chiusi di Redi, hanno un senso ben più ampio e preciso: accesso agli insetti da un lato, e accesso solo all'aria nell'altro; l'esperienza di Leeuwenhoek ha dimostrato - forse - solamente che ci sono microrganismi che crescono più lentamente, a ridotte tensioni di ossigeno. Ma in verità, cosa mai si può dire, di un'osservazione basata su DUE provette! Proprio senza confronto immaginabile con le 'sperienze moltissime' ( di questo è fatta la scienza) fatte da Spallanzani (p. 137), “.. or levando del tutto l'aria, ora mettendo nel voto a macerarsi i legumi, or escludendo dà vasi l'entrata all'aere estrinseco, or finalmente questi esponendo quando alcuna cosa, e quando in tutto il cimento del fuoco.”. E queste sono solo esperienze preparatorie al famoso experimentum crucis che demolì in modo inappellabile Needham e la sua ipotesi di generazione spontanea degli infusori. Questo é il modo di lavorare, che consente di distinguere un vero ricercatore, da un Leeuwenhoek qualsiasi! WB, p. 44. Ancora a proposito dell'esperienza di Leeuwenhoek: “.. nascevano anche in assenza di ogni contatto con l'esterno ..”. Non é il contatto con l'esterno, che ha rilevanza; se nei recipienti c'è ossigeno, perché sono stati chiusi all'aria, il contatto con l'esterno non c'è, ma é avvenuto precedentemente, quanto basta. Nell'aria c'è abbastanza O2 anche per aerobi stretti come muffe e lieviti. Inoltre, diversi aerobi crescono anche a tensioni ridottissime di ossigeno; il Penicillium expansum, ad esempio, cresce anche ad una tensione di ossigeno del 2.1% soltanto; la Byssochlamys fulva cresce anche in presenza di solo lo 0.3% di O2 ; per diverse muffe é addirittura più importante il contenuto di ossigeno disciolto nel substrato, che non quello atmosferico (Pitt & Hocking, 1985). Quindi il contatto con l’esterno, non é così essenziale. WB, p. 45. “.. aveva chiuso un recipiente con una pelle di canguro, vi aveva rinvenuto dentro 'quelque chose de vivant' ed aveva concluso...”. Idiozie, per favore. O l'esperienza non ha alcun senso, oppure WB non ha riportato i dettagli indispensabili per la definizione dell'esperimento. Eppoi, tutta qui l'evidenza sperimentale dei 12 autori cui fa riferimento WB, che avrebbero risolto tutti i problemi legati alla generazione spontanea, prima, molto prima di Spallanzani? Tanto che Spallanzani: “..non aveva fatto altro che ripetere cose già ampiamente dette e ridette nell'ambito della controversia sulla generazione spontanea che si era sviluppata in tutta Europa. Sarebbe bastato .. andare a rileggersi .. I problemi si trovavano tutti squadernati.. e tutte le possibili soluzioni erano state sviscerate..”? Se gli esempi più qualificanti di tale squadernamento sono le due più che miserrime e penose osservazioni riferite da WB, quella di Leeuwenhoek e quella di Huygens, si può comprendere perché la “Comunità scientifica europea proclamò la sua (di Spallanzani) vittoria e lo consacrò come uno dei suoi protagonisti indiscussi.” (Rostand, 1963)! Perché Spallanzani aveva davvero mostrato come si fa scienza, come si deve procedere per cercare di comprendere come vanno le cose a questo mondo, prima e meglio di molti altri. WB, p.45. “.. sigillare ermeticamente alla fiamma ...come aveva sperimentato per primo Leeuwenhoek.” Ma non si può prendere in considerazione ciò che é stato fatto per caso da Leeuwenhoek, e ciò che ha invece fatto per sperimentazione accurata, Spallanzani; che ben sapendo qual'era il problema da affrontare, sperimenta diversi tipo di chiusura (bambagia, tela, carta, sughero, legno), fino a trovare quello ottimale, che risponde all'esigenza di ermeticità, ossia la saldatura alla fiamma. Spallanzani non ha dubbi sul fatto che l'aria sia contaminata: “ Che nell'ampio corpo dell'aria che respiriamo non solamente soggiorni un aggregato grandissimo di particelle terrestri, ac-quee, sulfuree, metalliche, saline e simili, ma che vi alberghino ancora, ... vuolsi dedurre assai fermamente rinchiuder l'aria dentro il suo seno fecondi semi di animaletti, .. gli é manifesto che i microscopici animaletti .. non possan .. che frammischiarsi .. mediante il commercio dell'aria esterna coll'interiore dei vasi. ” ('Saggio..', p. 130, 132). Ed é appunto per questo che esamina l'efficienza dei turaccioli di diverso tipo; sceglie l'ermeticità per fusione del vetro; sperimenta la capacità dei microrganismi di accrescersi anche senz'aria; e finalmente dimostra, con 19 'bocce' – non due provette che l'esperimento di Needham é errato. E ne fa la diagnosi certa: o Needham non ha trattato termicamente a sufficienza le sue 'bocce', o “.. (lo che per me credesi più probabile) non fosse escluso onninamente l'ingresso all'aria esterna.” ('Saggio..', p. 138). Spallanzani aveva infatti verificato ripetutamente, che se dopo la bollitura si determinavano nelle bocce delle “.. fenditure atte a concedere l'entrata all'aria, spesso avveniva che ridonavansi alle infusioni gli animaletti.” ('Saggio..', p. 138). Insomma, Spallanzani aveva determinato sperimentalmente che la necessaria ermeticità dei palloni poteva essere ottenuta solamente per fusione del vetro, e non con altri tipi di chiusura. Un conto é arrivarci per caso (Leeuwenhoek) e un altro per aver esaminato a fondo il problema. WB a p. 45: “.. come si poteva far entrare aria dentro le ampolle, evitando l'accesso ..”. Ma non si tratta di far entrare aria continuamente, dentro le ampolle; basta che siano chiuse all'aria, o ad una suficiente tensione d'ossigeno, e quindi chiuse ermeticamente. Il problema non é l'accesso continuo, ma la presenza di O2 e la chiusura ermetica, seguita da sterilizzazione. Solo questo ha importanza. WB a Pag.46, riferisce che un certo Cestini: “.. fu lui infatti ad introdurre nella storia della microbiologia la tecnica della bollitura dei preparati organici sottoposti ad osservazione microscopica.”. A chiarimento, l'autore cita da una lettera a Vallisneri, che il Cestini fece 'dare un bollore ad una porzione della medesima acqua, e dopo freddata misi in fusione..'. Ma malgrado l'acqua sia stata fatta raffreddare (e aggiunta di corallina?) non si sviluppano microrganismi. Ma di che pasticcio si tratta? Vale proprio la pena di parlarne, difronte alle esperienze chiare, rigorose, coscienziose, innovative, panoramiche dello Spallanzani? WB scrive a p. 46: “Finché si era trattato della generazione degli insetti, non c'era stato nessun bisogno di controllare le sostanze 'prima’ dell'inizio degli esperimenti..”. Non é vero. Anche i materiali impiegati da Redi avrebbero potuto essere contaminati prima dell'esecuzione dell'esperimento; come é ovvio. Forse che le carni non venivano infatti contaminate da uova di insetti, normalmente, tanto da aver suggerito la tesi della generazione spontanea, ciò che ispirò al Redi l'opportunità di fare la sua celebre verifica sperimentale? Senza contare che se le carni non fossero state controllate prima di essere introdotte nelle fiasche di Redi, l'esperimento non avrebbe dimostrato incontrovertibilmente quanto invece ha dimostrato; quindi si deve ritenere che Redi abbia certissimamente controllate le carni prima di utilizzarle. Contrariamente, la sua esperienza non avrebbe avuto alcun valore. WB a P. 46: ”L’unico sistema era quello di sterilizzare prima le sostanze, e di garantirne il confinamento dopo. ” Non é vero. L’esatta successione delle due operazioni é basilare, essenziale: la sterilizzazione DEVE essere eseguita su sostanze già PRIMA confinate, chiuse in un contenitore ermetico; e solo dopo che sono state chiuse, si possono sterilizzare, e la sterilità allora perdura indefinitamente. Anche nello sterilizzatore continuo, la soluzione vi é completamente confinata; il confezionamento asettico successivo, mantiene soltanto il confinamento. WB a P. 53: “ .. Needham si era preoccupato subito di mettere a punto le condizioni tecniche indispensabili per garantire la correttezza e la conclusività delle osservazioni. …”. Come ampiamente dimostrato più sopra, ossia, come risulta chiarissimamente dalla lettura della stessa opera di Needham (1748), quella che WB chiama la preoccupazione di Needham é un disastro tecnico-sperimentale: non ha saputo curare assolutamente l’impianto sperimentale: non ha trattato a sufficienza le infusioni e non ha chiuso ermeticamente i contenitori dei suoi infusi; lo ha diagnosticato subito Spallanzani: “Ma dubito bene, e grandemente ne dubito, o non la tenesse per tanto tempo sotto le ceneri ardenti,.. oppur da quella (lo che per me credesi più probabile) non fosse escluso onninamente l'ingresso all'aria esterna..”.(‘Saggio…’, p. 138). Insomma, come dimostrato più sopra, Needham non ha dimostrato niente; ha pasticciato delle esperienze, senza comprendere la lezione di Redi; ha solo dimostrato (involontariamente) che i microrganismi crescono negli infusi di vegetali e di carne, abbandonati a loro stessi, in boccie aperte all’aria. Come dire che nelle pozzanghere rimaste nel terreno dopo la pioggia, a ben guardare, dopo qualche giorno, anche Leeuwenhoek individuerebbe delle bestiole naviganti. WB, p. 55: “ .. Il risultato era apparso in modo inequivocabile favorevole alla soluzione della generazione spontanea: ..”. Come dimostrato sopra, Needham, al contrario, non aveva dimostrato assolutamente nulla e tanto meno a sostegno della teoria della generazione spontanea, come é ovvio, dati gli errori fondamentali, basilari, inammissibili, di cui ha farcito le sue esperienze. A p. 51, WB sembra accreditare vigorosamente l'esperimento (l'unico?) di Baker, teso a dimostrare che gli infusori (non é specificato se gli infusori volanti - simpatica invenzione di Baker- o quelli acquatici, altra invenzione del caudato) non “si trovavano nelle sostanze in infusione” ma “ (o almeno la maggior parte) penetrassero dall'esterno dentro il liquido”. Tuttavia, contrariamente alle intenzioni – pare che il sunnominato volesse solamente “..escludere la possibilità che le uova degli infusori si trovassero preventivamente dentro le sostanze poste a macerare..” - gli infusori sono cresciuti, pare, anche nel recipiente coperto con mousseline. Quindi, quest’esperienza (?), non ha dimostrato assolutamente nulla! Non aveva a che fare con insetti, costui, come era invece accaduto al Redi, bensì con infusori, che hanno dimensioni alcune migliaia di volte inferiori; ma non glielo aveva detto nessuno? Anche nelle fiasche di Redi coperte con tela, le carni erano andate in putrefazione, così da richiamare gli insetti che tuttavia non riuscivano ad entrare; ma nessuno può aver dubitato che nelle carni putrefatte, ci fossero microrganismi (che qualcuno riteneva si fossero generati spontaneamente, e qualcuno no). Redi confidava proprio nella putrefazione delle carni, perché fossero attirati i suoi insetti. L'esperimento di tale Baker é una totale buffonata. Non fa conto di perderci altro tempo. WB, p. 57. L'obiezione ultima di Needham era che l'aria rimasta all'interno delle bocce, necessaria a “..corrompere le parti della materia e a prepararle e a disporle ad animarsi in viventi, rimane inetta a tal opera per ragion del fuoco..” ('Saggio ...', p. 140). “.. alla quale (a tale obiezione) Spallanzani pensava di essere in grado di replicare..”(WB, p. 57). Spallanzani non solo pensava di essere in grado di replicare, ma ha replicato. Spallanzani si chiede come possa accadere che la rarefazione dell'aria possa impedire l'accrescimento dei microrganismi: “.. come non possano eglino nascere, essendo nati,.. in altra rarefazione di aria, equivalente alla sottrazione di nove pollici di argento vivo.”. ('Saggio...', p. 141), visto che lo aveva già dimostrato precedentemente. E come oggi possiamo confermare, Spallanzani aveva assolutamente ragione. WB alle pp. 55-56: “ .. Spallanzani non aveva detto niente di nuovo.. nel proprio ‘Saggio di osservazioni microscopiche.'. Spallanzani aveva realizzato solo un esperimento negativo, la cosiddetta confutazione dell’esperimento di Needham.”. WB, ritorna (si veda p. 41, sopra) sulla stessa musica: Spallanzani non ha scoperto niente! Ma WB crede davvero, che siano professionalmente incapaci tutti i biologi che riconoscono in Spallanzani il fondatore della biologia sperimentale ? Invero, Spallanzani aveva (SOLAMENTE, fino a quel momento) dimostrato CHE LE ESPERIENZE DI NEEDHAM ERANO DEL TUTTO SBAGLIATE, e quindi CHE LA DOTTRINA DELLA GENERAZIONE SPONTANEA, CHE SI REGGEVA SU QUELLE esperienze, ERA ANCH'ESSA DEL TUTTO SBAGLIATA. Non é proprio poco, visto che é di ciò che si sta trattando! WB a p. 56: ” .. Spallanzani non lo fece…perché se si aprivano le ampolle con le infusioni sterilizzate c’era il rischio di ritrovarsi le infusioni piene di vita,..”. Ovvio. Ma quello non era un rischio. Se le avesse aperte, non avrebbe più dimostrato nulla. Anche oggi, in ogni parte del mondo, come si apre un prodotto sterile, un farmaco, un dispositivo di clinica medica , un alimento, qualsiasi cosa, senza adottare precauzioni particolarissime, si determina la contaminazione del materiale che prima era sterile! (Questo WB non capisce proprio nulla di microbiologia. Ma allora perché si è cimentato con questo problema?) Eppoi, non c’è contemporaneità tra contaminazione, e sviluppo microbico, come sembra presumere WB , con il suo ‘c’era il richio di ritrovarsi le infusioni piene di vita’. Deve trascorrere un certo tempo, prima che i microrganismi possano riempire di vita le infusioni. WB a pag.57: “ .. se avesse cercato di far refluire nelle ampolle aria filtrata attraverso garze e batuffoli di cotone, ..”. Spallanzani aveva già in precedenza saggiato l'efficienza filtrante di batuffoli di bambagia, di tappi di carta, ecc. ('Saggio ..', p. 134). Sapeva benissimo a cosa potevano servire. Ma non si trattava di ciò che intendeva dimostrare. Verrebbe voglia di suggerire, molto modestamente, a WB di cercare di seguire più attentamente Spallanzani nelle sue esperienze; potrebbe forse riuscire a comprendere come mai, Spallanzani é arrivato dove non era ancora arrivato nessuno. WB: “Ma la possibilità di sperimentare forme di confinamento relativo.. apparve subito impossibile tecnicamente. “. In verità, come ripetutamente indicato più sopra, Spallanzani riferisce di aver risolto il problema a pagina 134 del 'Saggio’, visto che tappi di bambagia, di legno, di carta non servivano a confinare quanto era necessario, ma solo la chiusura per fusione del vetro, dava garanzie di ermeticità, di confinamento. WB, nella Nota 32, a pag.57: “ .. tant'è vero che in molti casi si poteva portare a contatto dell'aria comune un'infusione bollita, senza che si sviluppasse nessuna traccia di microrganismi.”. Ma non si sviluppava nessun microrganismo – e quindi nessuna traccia - perché l'aria venuta a contatto con la soluzione, evidentemente NON conteneva microrganismi; se li avesse contenuti, ci sarebbe stato sviluppo! La consequenzialità é talmente evidente! Quindi, quell'aria, non era aria comune, visto che non conteneva microrganismi. (L'esperienza di Pasteur é analizzata in dettaglio alle pp. 121-131) WB a p. 59: “ ..Nonostante le pretese di Spallanzani.. la controversia sulla generazione spontanea non era ancora chiusa...fino all’intervento di Pasteur del 1861, nessuno fu infatti in grado tecnicamente di garantire le tre condizioni fondamentali che.. erano state considerate da tutti i ricercatori come una condicio sine qua non per ottenere risultati rigorosi e universalmente accettabili: 1) la perfetta asetticità dei recipienti e delle sostanze organiche contenute; 2) la tenuta stagna dei recipienti rispetto a possibili contamina-zioni esterne; 3) la libera circolazione dell’aria all’interno dei recipienti.” (p. 59) Non sono del tutto d’accordo sulla natura delle condizioni fondamentali da rispettare nelle esperienze sulla generazione spontanea. Tali condizioni sono formulate da WB, e sono invenzione sua (ma WB capisce veramente m olto poco di microbiologia), forse. Mi pare infatti che non si accordino con precise circostanze. La ‘ perfetta asetticità dei recipienti e delle sostanze organiche contenute’, ad esempio, può realizzarsi esclusivamente in recipienti ermetici; non sono due condizioni separabili; l’asetticità di una qualsiasi unità é perfetta, solo se l’unità é separata dall’ambiente in modo certo. Altrimenti non esiste l’asetticità , perfetta e/o imperfetta che possa essere (si veda il Cap. II). La libera circolazione dell’aria, poi, non può esserci in recipienti ermetici, a tenuta stagna. O i recipienti sono aperti, e allora l’aria circola liberamente; o sono chiusi ermeticamente, e allora l’aria non vi circola dentro liberamente. Può esserci, dentro, o non esserci; nient’altro. Comunque: A: Spallanzani é stato l’unico ricercatore in più di cent’anni di esperimenti sulla generazione spontanea e oltre, ad aver realizzato la forma perfetta di ‘asetticità’ di contenitori e contenuto, mediante la sterilizzazione. E poté realizzarla perché aveva in precedenza determinata la resistenza dei microrganismi al calore; prima determinazione nella storia della scienza. Determinazione indispensabile per poter definire ‘sterilità’ una qualsiasi condizione derivante da un trattamento termico. Le altre seguirono a più di 150 anni di distanza. B: Spallanzani aveva realizzato la perfetta ermeticità dei palloni sperimentali, mediante fusione del vetro. Aveva precedentemente saggiato il grado di ermeticità ottenibile con bambagia, legno, sughero, carta, ecc., senza soddisfazione ('Saggio..', 1765, p. 134). C: Quando all’interno dei recipienti c’è aria, non importa proprio nulla, assolutamente, che circoli o non circoli. C’è, e questo basta. Basta sperimentarlo praticamente. Nei laboratori microbiologici, tutti i giorni, i microrganismi si coltivano in recipienti rigorosamente fermi. E in ogni caso, la libera circolazione dell’aria all’interno dei recipienti, come indica WB, non é in alcun modo una condizione necessaria, fondamentale. Spallanzani aveva precedentemente dimostrato, con esperienze appositamente istituite, che i microrganismi potevano svilupparsi anche a ridottissime tensioni di ossigeno: “Il successo di queste esperienze mostrava chiaro che alla produzione degli animaletti…non richiedeasi il soccorso dell’aria esterna.” (Saggio, p. 86). Ma é anche probante, se vogliamo, la posizione assunta molto esplicitamente da Pasteur stesso in merito, quando contraddisse l’opinione di Gay-Lussac, affermando che la presenza/assenza di ossigeno all’interno dei palloni di Spallanzani, così come nelle conserve di Appert, non era di alcun interesse in relazione alla stabilità delle soluzioni sterilizzate. Pasteur inoltre, non fu assolutamente in grado di ‘garantire tecnicamente’ le suddette tre condizioni fondamentali, almeno per quanto attiene la perfetta asetticità: le sue soluzioni NON sono sterili; ma solo pastorizzate; quindi contengono microrganismi vivi. Altro che 'asetticità! Quindi le condizioni sperimentali adottate da Pasteur non rispettavano le tre condizioni suggerite sopra da WB. (il ché pare ovvio, vista l’insipienza di WB). WB a p. 59: “ .. Spallanzani…con la sterilizzazione ad alta temperatura dei campioni aveva distrutto l’ossigeno contenuto nei recipienti. ”. NON é ASSOLUTAMENTE VERO. IN OGNI CASO NESSUNO LO HA MAI DIMOSTRATO. In ogni caso oggi sappiamo che con la sterilizzazione non 'si distrugge' l'ossigeno - si vedano le osservazioni riportate più sopra al paragrafo ”Contro l’ultima obiezione di Needham”, p. 64. E ancora, Pasteur stesso riconoscerà che tale obiezione – avanzata anche da Gay-Lussac – é di nessuna rilevanza – come dimostrato sperimentalmente anche da Pasteur stesso (Pasteur, Opere, pp. 217, 300). WB, stessa pagina:“.. Pasteur .. realizzò esperimenti con recipienti aperti, ma sterili, .. in due modi: 1) sterilizzando l’aria .. facendola passare attraverso un tubo metallico incandescente; 2) facendo rientrare aria normale .. attraverso i famosi colli di cigno, che fermavano nelle loro anse le spore ed i batteri contenuti nell’aria.” (pag.59). I recipienti di Pasteur non erano sterili: erano solamente pastorizzati. Quindi contenevano microrganismi vivi, con elevata probabilità. Pasteur non lo ha mai dimostrato di aver sterilizzato l’aria per attraversamento del tubo di platino al calor rosso; l'esperienza dei palloni con i colli ritorti, non ha dimostrato nulla (ulteriori osservazioni, al paragrafo 'Esperienze con aria calcinata’, p. 105). Inoltre: (I) Pasteur stesso sosteneva – contro le indicazioni di Gay-Lussac – che l’ossigeno non aveva nessuna influenza sulla stabilità delle infusioni, così come nelle (II) conserve di Appert; inoltre, Spallanzani lo aveva già dimostrato, che (III) in assenza di ossigeno, i microrganismi crescevano nelle sue infusioni; (IV) nella sterilizzazione non viene distrutto tutto l’ossigeno, anzi, solo una piccola parte (vedere paragrafo citato). Spallanzani aveva fatto anche trattamenti termici dopo aver allungato i colli dei palloni, lasciata equilibrare la tensione interna con l‘esterna, e quindi li aveva chiusi: giusto per avere più aria all’interno dei palloni; (V) nella dottrina della GS non si faceva cenno se il fenomeno avveniva in presenza o in assenza d’aria (i miasmi delle paludi, non sono molto ossigenati; i materiali in putrefazione non sono ossigenati. Si ritiene infine che la vita abbia avuto origine in ambienti primigenii riducenti, non ossigenati) (Urey, 1952; Harada e Fox, 1965 Hoehlert, T. e al., 2001; Bada e Lazcano, 2003; Bartzev, 2003; Leonard, 2004; Le-man e l., 2004). L’assenza di sviluppo microbico nei palloni di Pasteur con collo ritorto, dimostrano anzitutto che quell’aria non conteneva microrganismi, visto che era entrata aria all’atto della compensazione della depressione interna provocata dall’ebollizione; allo stesso identico modo in cui nelle prove di sterilità di qualsiasi materiale, l’assenza di sviluppo nei terreni colturali inoculati, DIMOSTRA la sterilità dei materiali stessi, e NON la loro contaminazione. Se l’aria rientrata nei palloni a collo ritorto fosse stata previamente sterilizzata - per filtrazione amicrobica, per azione delle radiazioni ultraviolette o ionizzanti, ecc. – il risultato sarebbe stato identico: assenza di sviluppo. Dunque, un’esperimento il cui risultato é identico, sia con aria inquinata che con aria sterile, non dimostra niente, assolutamente niente. E meno che meno che l’aria sia contaminata! É un esperimento inutile. Pasteur ci ricamò sopra una favola per allocchi, perché intendeva convincere a tutti i costi gli altri, di quanto era lui convinto; ma non che lo avesse dimostrato. Certo, sappiamo che l’aria é contaminata, ma Pasteur non l’ha dimostrato, e tantomeno con l’esperienza dei palloni a collo ritorto. Né in alcun altro modo. Si potrebbe infine suggerire a WB, che l’esito dell’esperienza con i palloni a collo ritorto, potrebbe significare anzitutto che nelle soluzioni bollite, non c’è stato sviluppo microbico, per un semplicissimo motivo: perché con l’ebollizione sono stati distrutti i microrganismi presenti nella soluzione e capaci di crescervi; infatti, nei cosiddetti palloni a collo ritorto ‘di controllo’, c’è stato sviluppo proprio perché le soluzioni sperimentali non erano state pastorizzate. E in ogni caso, Pasteur non ha per nulla dimostrato né che i microrganismi erano nell'aria perché vi si erano generati lì spontaneamente, né perché vi erano derivati lì da riconoscibili genitori. Anche sotto le suole delle scarpe ci sono microrganismi; ma non per questo possiamo decidere che si sono originati lì spontaneamente o per naturale derivazione genitoriale. WB a pag.61: “ .. la controversia sulla generazione spontanea .. Era stata chiusa da Pasteur nel segno di Redi e di ..”. Nella realtà, Pasteur non ha chiuso niente, né nel segno di Redì né di nessun altro. Pasteur non é nemmeno riuscito a dimostrare che nell’aria c’erano microrganismi; ma solo a ipotizzarlo. Né é riuscito a confutare la generazione spontanea. Addirittura riteneva che fosse impossibile confutarla con esperienze dirette (see below), anzi era addirittura possibilista “ .. je n’ai pas la prétention d’établir que jamais il n’existe de générations spontanées.” (Pasteur, p. 295). Credeva nell’abiogenesi, tanto che nel 1883 ammise di aver tentato ripetutamente, 30 anni prima, di imitare la natura, cercando di ricreare i principi essenziali della vita, in laboratorio (Farley e Geison, 1974, p. 195; Geison, 1995). Neppure Redi, era del tutto convinto che la generazione spontanea non avvenisse, visto che riteneva che per alcuni organismi, quali vermi e larve d’insetti chiusi nelle galle, potesse verificarsi (Redi, 1668, p. 92, 116). Considerazione finale. Nello svolgimento della sua relazione, sembra quasi che WB si proponga di sminuire l'importanza dell'attività di Spallanzani, come potrebbe risultare molto evidente anche dalle citazioni che seguono, tratte appunto dalla sua relazione: “.. il senso..del naturalista scandianese, resta impenetrabile... persiste un'ampia zona d'ombra .. (pag.37) ..repentino e totale rovesciamento di posizioni .. lo scienziato scandianese mutò paradigma interpretativo quasi a metà del programma di ricerca .. Spallanzani non solo non ritenne di doversi giustificare .. pubblicò esclusivamente ..con una decisione improvvisa .. un bagaglio bibliografico modesto .. L'improvvisato microscopista .. (p. 38) .. Spallanzani non aveva letto .. padronanza .. sempre rimasta inadeguata .. il nome del naturalista aretino non compariva mai ..(pag 39) .. la teoria di Needham era rimasta falsificata: almeno nelle intenzioni di Spallanzani .. costretto a fare una scelta di carattere minimalistico .. imbarazzo di uno scienziato ..(p. 40) .. Spallanzani credeva di aver avuto partita vinta con Needham. .. In realtà però Spallanzani non aveva né fatto nuove scoperte sperimentali né introdotto procedimenti dimostrativi risolutivi. .. non aveva fatto altro che ripetere cose già ampiamente dette e ridette .. sarebbe bastato andare a rileggersi le opere degli autori .. un momento successivo (che non venne mai) .. (p. 41) .. Spallanzani non aveva detto niente di nuovo ..(p. 55) .. Spallanzani aveva realizzato solo un esperimento negativo .. (p. 56) .. Spallanzani non aveva letto il libro .. (p. 57) .. non sapeva come fare a trovare .. (p. 60). “ La relazione di WB contiene una quantità così imponente di imprecisioni e di malintesi, tanto da suscitare fortemente il sospetto, di una sua insufficiente conoscenza della microbiologia e della fisiologia microbica. Inoltre, WB avvicina ogni tanto alla figura del nostro, una seppur breve serie di piccoli sconosciuti di nessuno spessore scientifico, studiosi (quando di studiosi si tratta) di trascurabile (Needham) o nessun (Cestini, Baker e altri) valore, almeno per quanto attiene la questione della generazione spontanea. Vien da chiedersi come mai si sia cimentato con un argomento che conosce in modo così incompleto; e soprattutto, cosa si proponeva di ottenere cercando di mettere in cattiva luce lo Spallanzani. Si sente quasi la necessità di ricordare che lo stesso Pasteur aveva appeso all’Istituto Pasteur, “ .. nel suo studio, sul caminetto, un ritratto di Spallanzani, proprio di fronte al suo .“ (Caullery, 1939); infatti Pasteur ammirava lo Spallanzani: “ Il y avait alors en Italie l'un des plus habiles physiologistes dont la science puisse s'honorer, le plus ingénieux, le plus difficile à satisfaire, l'abbé Spallanzani.” (Pasteur, Oeuvres completes, p. 213). Voltaire, contemporaneo di Spallanzani, scrisse: “ .. é stato necessario che Spallanzani, il miglior osservatore d'Europa, dimostrasse in modo inequivocabile l'inconsistenza delle esperienze di questo imbecille di Needham ..” (da Rostand, p. 42). Sono d’accordo sull’’imbecille’, e non solo rivolto a Needham. É piuttosto difficile ritenere che WB possa comprendere l'opera di Spallanzani, più di quanto l’abbia capita Pasteur, viste le innumerevoli imprecisioni – e solo in parte esaminate sopra – di cui é fittamente farcita la sua relazione. É anche piuttosto dubbio che WB possa vantare una perspicacia superiore a quella di Voltaire. Insomma, leggendo la relazione di WB al Convegno di Studi nel bicentenario della morte di L. Spallanzani, potrebbe sembrare non inconsistente la larvata intenzione di WB – che però doveva essere del tutto involontaria - di proclamare festosamente una specie di ulteriore morte del nostro Grande studioso scandianese.