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CALENDARIO CLANDESTINO
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Azione Cattolica Giovani
21 – 28 luglio 2001
CampoScuola
dell’Azione Cattolica
settore Giovani
Capanna Scout “S. Ambrogio”, Mezzovico
Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
Introduzione
INDICE
1)
Introduzione
2)
Essere Animatore
3)
Preadolescenti e Adolescenti
di Maria Elena Mazzali
Conoscere l’oggetto del nostro operare,
ossia la Persona del Preadolescente e dell’Adolescente
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4)
5)
6)
pg. 7
di don Massimo
pg. 21
di Davide Ricciardi
pg. 25
di don Massimo
pg. 45
La comunicazione
Gruppo
Coesione
Conformismo e deviazionismo
Interazione e ruoli
Leadership del Gruppo
Gruppo nel contesto sociale
Conflitto
Condizioni quadro per la vita di gruppo
e per la conduzione dello stesso
•
•
•
•
pg. 5
Introduzione
La storia del pensiero filosofico e teologico
Il postmoderno
L’adolescente nel postmoderno
L’adolescente in Ticino
Elementi di dinamica e gestione del gruppo
Entrare in relazione con l’oggetto
•
•
•
•
•
•
•
•
di don Massimo
Fonti e Premessa
L’adolescenza: una novità del secondo cinquantennio del secolo scorso
Perché si può iniziare a parlare di preadolescenza e non più di infanzia?
Cenni al metodo educativo
Strada facendo, vedrai…
Compiti evolutivi dei preadolescenti
Dopo tanta fatica… fare della preadolescenza un’età felice e motivata
Compiti evolutivi degli adolescenti
A mo’ di conclusione
Adolescente e Adolescenza in Ticino
Situazione e contestualizzazione
•
•
•
•
•
pg. 2
La regola e la sua funzione
Una possibile regola
I ruoli
Alcune osservazioni sui mezzi
7)
La relazione con l’educando
di Francesca Bentoglio
pg. 51
8)
Dalla progettazione annuale all’unità didattica
di Davide De Lorenzi
pg. 53
•
•
9)
La progettazione
Dalla progettazione all’unità didattica
Bibliografia del CampoScuola
Opuscoli CS No. 2
pg. 60
1
Introduzione
CampoScuola 2001
INTRODUZIONE
Oggi come oggi, è difficile comunicare con i ragazzi e con i giovanissimi, anzi: ai nostri giorni,
forse, più che in altri tempi.
Eppure la preadolescenza (dagli 11 ai 13 anni) e l’adolescenza (a partire dai 14 anni fino a…)
non sono delle età destinate necessariamente al fallimento: si tratta, piuttosto, di età in cui la persona si apre al mondo che la circonda non più solo come luogo dal quale riceve la soddisfazione dei
propri bisogni, bensì come luogo in cui essa può farsi dono, assolvendo ad una missione nella Chiesa e ad un compito nel mondo.
Come mai, allora, la percentuale del “fallimento” è così elevata? Di fronte a questo dato di fatto, a questo “segno dei tempi”, l’unica opportunità è quella della rassegnazione? Ci possiamo accontentare solo di una “semina” di valori, senza prenderci cura della crescita di questi stessi valori
dentro la persona? Su quali aspetti puntare perché ci sia questa apertura generosa ma prudente verso
la Chiesa ed il mondo, verso la fede ed il servizio?
A queste e ad altre domande intendiamo rispondere con il CampoScuola per la formazione di
Animatori per Gruppi di Giovanissimi, un campo di formazione con quattro scopi principali:
•
•
•
•
provocare una presa di coscienza della situazione attuale;
contribuire ad una comprensione dei principali motivi che spiegano la situazione attuale;
fornire gli strumenti necessari per un intervento efficace sulla persona del “Giovanissimo” e sui gruppi di preadolescenti/adolescenti;
formare sia teoricamente che praticamente gli Animatori di Gruppi di Giovanissimi.
Il CampoScuola è residenziale: chi vi partecipa è invitato a rimanere tutta la settimana nella
Capanna S. Ambrogio a Mezzovico. Vi è però la possibilità di rientrare al proprio domicilio.
Il CampoScuola combina insieme la vita fraterna, la formazione specifica ma anche… il riposo
e la “vacanza”.
Il CampoScuola è a struttura modulare: vi è dunque anche la possibilità di prendere parte solamente a singoli moduli. I moduli attualmente previsti sono i seguenti:
•
•
•
MODULO 1: Conoscere il soggetto–oggetto (Persona)
Si vuole conoscere chi è il “soggetto” che evolve in queste fasce d’età; come si esprime;
quali sono le sue ricerche, le sue opportunità e le sue tentazioni. Lo si vuole anche considerare come “oggetto” della nostra attenzione di educatori e animatori. Si scoprirà, infine, che egli è Persona. Con esercitazioni.
Sabato 21 e domenica 22 luglio
MODULO 2: Entrare in relazione con l’oggetto
Conosceremo gli aspetti principali dell’entrare in relazione con l’oggetto della nostra attenzione, considerato sia nel suo aspetto personale che di gruppo.
Martedì 24 luglio, tutto il giorno
MODULO 3: Trasmettere i contenuti
Quali contenuti trasmettere all’oggetto e con quali tecniche didattiche si possono trasmettere, in modo tale che vengano colti ed assimilati. Con esercitazioni.
Venerdì 27 e Sabato 28 luglio.
Il CampoScuola è aperto a tutti gli operatori del settore: animatori, giovani, catechisti… a partire dai 17 anni.
Il CampoScuola è organizzato dall’Azione Cattolica Giovani, in collaborazione con la
Pastorale Giovanile Diocesana.
2
Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
Introduzione
CampoScuola 2001
1. Obiettivo generale
a. Preparazione tecnica dei Giovani per divenire animatori di gruppi giovanili,
parrocchiali o altro (preadolescenti: fino ai 14 anni ca.; adolescenti: dai 14
anni – dopo cresima)
b. Perfezionamento di Persone (Giovani, catechisti o altro) che già sono attivi
nell’ambito di una pastorale giovanile
c. Età minima: 17 anni
2. Obiettivi specifici
a. CONOSCERE IL SOGGETTO, L’OGGETTO, LA P ERSONA
i. Conoscenza dello sviluppo psico–sociale del preadolescente e
dell’adolescente (ME1);
ii. risorse e problematiche: adolescenza come un “momento d’oro” della
Persona (ME);
iii. “spiritualità” del ragazzo e come si attua (ME);
iv. situazione e contestualizzazione: il ragazzo e l’adolescenza in Ticino
(dMG)
v. Materiali: diversi libri sull’argomento; appunti Laim; riassunti delle
tavole rotonde CPG
b. ENTRARE IN RELAZIONE CON L’OGGETTO
i. La comunicazione interpersonale (DVD);
ii. elementi di dinamica e di gestione del gruppo (DVD);
iii. gestione dei conflitti (DVD);
iv. condizioni quadro per la conduzione di un gruppo (dMG)
c. TRASMETTERE I CONTENUTI
i. Metodologia e programmazione (Didattica): dagli obiettivi ai blocchi
strutturali fino alle unità didattiche (Dodo);
ii. analisi di guide, progetti, documentazione varia (Tutti)
3. Elementi caratteristici del CS
a. Vita di Campo (con attività spirituali e ricreative, oltre che formative e di lavoro sui contenuti)
b. Ateliers di approfondimento; tecnica del Mind–Mapping
c. Fornire una bibliografia e strumentazione
d. Elaborare, alla fine del CS, un documento riassuntivo di tutta la settimana
1
Sigle. ME: Maria Elena Mazzali; DVD: Davide Ricciardi; Dodo: Davide De Lorenzi; dMG: don Massimo Gaia.
Opuscoli CS No. 2
3
Introduzione
CampoScuola 2001
CAMPOSCUOLA 2001
Sa 21
1°
blocco
4
Do 22
Lu 23
Ma 24
Me 25
Gi 26
Conoscere
il soggetto,
…ateliers
l’oggetto,
la Persona
2°
blocco
Vacanza
…ateliers
con
lezioni
e…
Entrare in
relazione
con
l’oggetto
Vacanza
Vacanza
Vacanza
Opuscoli CS No. 2
Ve 27
3°
blocco
Trasmettere
i contenuti
Sa 28
con
lezioni
e…
CampoScuola 2001
Essere Animatore
ESSERE ANIMATORE
di don Massimo
“Essere Animatore” è il titolo di questo CampoScuola (CS). Esso è stato voluto ed organizzato
dall’ACG in collaborazione con la Pastorale Giovanile, proprio in vista della formazione di nuovi
giovani “Animatori”, che si prendano cura dei Ragazzi (preadolescenti) e dei Giovani (adolescenti)
che, con momenti diversi ed attività diverse ed in contesti diversi, sono in contatto con una proposta
cristiana forte (parrocchia, movimento, gruppi diversificati…).
Iniziamo con un brain–storming (una “tempesta di idee”) sul tema dell’Essere Animatore, cercando di descrivere con termini diversi ciò che ci sembra essere attinente questo tema.
Trasmettere & Testimoniare la fede
Libertà & Responsabilità
Animare
Gioia & Fatica
Formazione personale
Conoscenza personale
Essere
Animatore
Stimolare
Donare
Relazione
Aiutare per un rapporto con il Signore
Organizzare
Camminare insieme
EDUCAZIONE
ACCOMPAGNAMENTO
FORMAZIONE
Educare, Accompagnare, Formare sono i tre termini che possono descrivere lo stesso procedimento, colto però sotto aspetti diversi. L’ EDUCAZIONE, come dice il termine latino (lat. ex + ducere,
ossia tirare fuori), è un cercare di aiutare colui che ci troviamo di fronte, l’educando, a “tirar fuori”
tutte le sue potenzialità, affinché egli le metta in gioco e le faccia diventare parte integrante del proprio bagaglio personale. L’ACCOMPAGNAMENTO sottolinea più l’aspetto del “camminare insieme” a
colui che si vuole educare e formare: non basta dargli solo qualche indicazione o qualche nozione;
si tratta, piuttosto, di aiutare l’altro, facendo insieme il suo cammino. Il termine FORMAZIONE indica
piuttosto che si tratta, di fronte al formando, di aiutarlo ad “assumere su di sé una forma”, una forma che dia consistenza alla sua persona ed alla sua vita. La forma ideale da educare, cui accompagnare, secondo la quale formarsi e formare è la Persona di Gesù Cristo.
EDUCARE
ACCOMPAGNARE
FORMARE
Tirar fuori la „Forma“ di Cristo
Condurre alla „Forma“ di Cristo
Dare e darsi la „Forma“ di Cristo
Opuscoli CS No. 2
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Essere Animatore
CampoScuola 2001
Ma come educare, accompagnare, formare? Con quale stile? Qual è la giusta misura?
EDUCARE
Cavare con la tenaglia?
oppure
Porgere sul piatto d’argento?
ACCOMPAGNARE
Con il bastone da passeggio?
oppure
Con la frusta?
FORMARE
Con lo scalpello?
oppure
Con la carta vetrata e la pialla?
A tutte queste domande cercheremo di dare una risposta in questa settimana di lavoro e di studio. Questo è l’itinerario e le tappe che vi proporremo:
•
•
•
•
•
•
Conoscere l’oggetto: ossia la persona da educare, accompagnare, formare. Essa è il Preadolescente e l’Adolescente, di cui vanno conosciute le caratteristiche e le sfide tipiche della loro
età e del loro stadio evolutivo (MARIA ELENA ).
Conoscere il soggetto “in loco”: ossia conoscere un po’ meglio la realtà dei Ragazzi e dei
Giovani, nonché l’ambiente nel quale vivono il loro tempo e la loro crescita ( DON MAX).
Entrare in relazione con l’oggetto: ossia tutta la problematica della comunicazione (solo accennata) e della dinamica di gruppo, in quanto incontriamo, di norma, i Ragazzi ed i Giovani
in occasione della vita di gruppo (DAVIDE R.).
Le condizioni quadro per la vita di gruppo e per la conduzione dello stesso (DON MAX).
La relazione con la persona da educare: le coordinate del “rischio educativo” da affrontare
(FRANCESCA ).
Trasmettere i contenuti: ossia tutta la questione della programmazione di un cammino che dal
tema annuale scenda poi a prevedere l’organizzazione, la strutturazione, la conduzione dei
singoli incontri (DAVIDE DODO D.L.).
A tutti un buon cammino in questo CS!
don Massimo
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Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
PREADOLESCENTI E ADOLESCENTI
Preado e Ado
di Maria Elena Mazzali
Che avventura la vita!!!
Conoscere l’oggetto del nostro operare,
ossia la Persona del Preadolescente e dell’Adolescente
FONTI DELL’INFORMAZIONE
Quanto verrà esposto in questa relazione è tratto dalla frequenza al primo anno di corso nella facoltà Scienze dell’Educazione dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Pedagogia Generale (annuale), prof.sa Renata Viganò.
Testo di riferimento per questo tema:
-) N. GALLI, Educazione dei preadolescenti e degli adolescenti, Ed. La Scuola, Brescia 1994.
Bibliografia del corso, utilizzata qui per completare e arricchire il discorso:
- dispensa estratta da Pedagogia e Vita. La pedagogia e le scienze dell’educazione di Norberto GALLI, parla dell’impostazione epistemologica della pedagogia data da Casotti e Agazzi,
professori di pedagogia negli anni Cinquanta (per cui “fondatori”) all’Università Cattolica di
Milano. Molto interessante per comprendere l’impostazione personalista1 dell’educazione.
- N. GALLI, Educazione familiare alle soglie del terzo millennio, Ed. La Scuola, Milano
2000.
- L. PATI, Pedagogia della comunicazione educativa, Ed. La Scuola, Milano 2000.
- R. VIGANÒ, Psicologia ed educazione in L. Kohlberg. Un’etica per una società complessa,
Vita e Pensiero, Milano 1998.
Per chi ha già conoscenze filosofiche e desidera una lettura della società odierna, consiglio il testo seguente, al quale ho fatto più volte riferimento:
- G. REALE, Saggezza antica. Terapia per i mali dell’uomo d’oggi, Raffaello Cortina, Milano 1995 (Scienze e idee, 16).
PREMESSA
In questa presentazione cercheremo di dare una definizione di adolescenza e di capirne le caratteristiche. Probabilmente avrete l’impressione che non si dica nulla di nuovo. Infatti è così! Se siete
degli animatori con gli occhi ben aperti e vi soffermate a riflettere sulle vostre osservazioni, quanto
segue sarà un’esplicitazione delle vostre conoscenze. Si tratta dunque di mettere un po’ in ordine le
idee, darci un linguaggio comune ed alcuni concetti chiari. Consiglio quindi di rapportarvi costantemente alla vostra esperienza e, perché no, ai vostri ricordi, in modo che il modello scientifico sia
uno strumento d’interpretazione della realtà, una sorta di griglia da utilizzare per comprendere e valutare la realtà, tenendo sempre presente che essa ci supera e stupisce sempre!
1
Ad ogni scelta educativa è sottesa, in maniera esplicita ma più spesso, purtroppo, implicita, una determinata concezione di uomo, quindi una filosofia e una antropologia. Il personalismo concepisce l’uomo come spirito incarnato, come
persona, cioè come unità dinamica di spirito e corpo. Egli ha una doppia natura: razionale e spirituale, incarnata in una
realtà materiale: il corpo. A seguito di questo l’educazione assume una valenza maggiore rispetto al passato, infatti essa si rivolge ad un uomo che si può sviluppare solo per mezzo della relazione con l’altro, con un tu; inserito in un
contesto storico; capace di trascendere la realtà concreta.
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Preado e Ado
CampoScuola 2001
1. L’adolescenza: una novità
del secondo cinquantennio del secolo scorso
•
FRUTTO DELLA NUOVA CONDIZIONE SOCIO-ECONOMICO-CULTURALE
Nella prima metà del Novecento e nei periodi precedenti, gli studi scientifici non si sono preoccupati dell’adolescenza, tutta l’attenzione era rivolta all’infanzia. L’Ottocento è definito come il secolo della scoperta dell’infanzia. Il fatto di trascurare la suddetta età ha cause sociali, economiche e
culturali. Infatti, in passato, un ragazzo che aveva raggiunto la maturità sessuale era già inserito nel
mondo del lavoro, integrato nel mondo degli adulti, benché di fatto lui non lo fosse ancora. Si pensava quindi che non avesse delle caratteristiche proprie, degne di studio, ma che fosse semplicemente un adulto “poco sviluppato”. Solo con l’avvento di una società e cultura diversa, in cui
l’inserimento dei giovanissimi nel mondo del lavoro è posticipato, ha fatto maturare l’interesse nei
confronti dell’adolescenza. Questa “moratoria sociale”, quest’indugio nell’assumere un ruolo decisivo, nelle responsabilità, nel fare delle scelte vincolanti, porta con sé una serie di aspetti più o meno positivi. Propongo alcune frasi estratte dal testo di riferimento grazie a cui incominceremo a dare
una prima definizione di preadolescenza e adolescenza.
Preadolescenza:
Costituisce la prima parte dell’adolescenza.
Inizia con la pubertà, ma non si tratta unicamente di un fenomeno fisico e biologico.
Adolescenza:
Intervallo cronologico situato tra la pubertà e l’ingresso nella vita adulta.
Tipica delle società progredite sul piano economico.
Tempo di soggezione ai genitori e agli insegnanti, nel quale i ragazzi si dispongono a esercitare un mestiere o una professione e ad assumere le responsabilità dello stato adulto.
La società si è fatta sempre più esigente. Quanto più essa si specializza tanto più precise cognizioni e abilità tecniche postula dai giovani, obbligati ad essere dipendenti sotto i profili psicologico ed economico.
I soggetti in parola debbono da un lato prepararsi all’attività futura, per salire quanto più è
possibile nella scala sociale, in rapporto anche alle capacità e alle attitudini possedute; dall’altro
sottostare a individui adulti uguali a loro sotto gli aspetti mentale e sessuale ma socialmente dissimili, dei quali perciò malvolentieri accettano la guida.
Fenomeno culturale, in cui al soggetto è dato di esplorare ruoli diversi, prima di assumerne
alcuni di carattere stabile.
•
INCERTEZZA CRONOLOGICA E LESSICALE…
… da parte degli studiosi. Nonostante ciò possiamo dare questi riferimenti:
Iª Inf.
Preado.
Giovinezza
Anzianità
--------Ø--------Ø------Ø--------Ø------------Ø-----------------------------Ø--------------Ø-------------ß
Inf.
Ado.
Età adulta
Vecchiaia
0 3
11
14
18
30
65
75
8
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Preado e Ado
2. Perché si può iniziare a parlare di preadolescenza
e non più d’infanzia?
Sono molti gli aspetti propri di questo periodo illustrati dalle varie ricerche. Possiamo individuare cinque caratteristiche principali che segnano il passaggio dall’infanzia alla preadolescenza.
Durante il campo abbiamo compreso i seguenti punti tramite la tecnica dei post-it, rielaboro quanto
emerso, limitandomi a descrivere; quando parleremo di compiti evolutivi verranno approfondite le
implicazioni educative.
ü LE TRASFORMAZIONI BIOFISIOLOGICHE INDOTTE DALLA PUBERTÀ
Cominciano nelle ragazze tra gli undici e i dodici anni e nei ragazzi tra i dodici e i tredici, con
forti variazioni tra i sessi, correlate con la costituzione individuale, l’ambiente, la cultura. Riguardano i caratteri sessuali secondari (ad esempio la crescita dei seni per le ragazze o il cambiamento della voce per i ragazzi), e la maturazione dei rispettivi gameti femminili e maschili (con il conseguente primo ciclo mestruale per le ragazze o la prima polluzione notturna per i ragazzi). Le mutazioni
in atto dipendono dall’interazione degli ormoni e procedono per spinte alterne che riguardano ora il
peso, ora l’altezza.
Le ragazze maturano più in fretta, tanto che assumono presto l’aspetto dell’adolescente, mentre
i ragazzi conservano più a lungo quello del fanciullo. I due sessi hanno tratti differenziali non solo
nell’aspetto, ma anche negli interessi e nel modo di atteggiarsi, ecco perché in quest’età tendono a
separarsi maggiormente.
ü IL PASSAGGIO DALLA CONCRETA ALLA LOGICA ASTRATTO-FORMALE
Nell’infanzia il bambino riesce a ragionare su ciò che è concreto (oggetti, persone, animali…),
necessita di riferimenti ed esempi concreti. Nella preadolescenza avvengono mutamenti a livello
mentale, il pensiero evolve, vale a dire che in quest’età acquisisce la capacità di ragionare in maniera sostanzialmente diversa da quella di un bambino, avvicinandosi sempre più a quella di un adulto.
Aumentano le sue possibilità di generalizzare, ossia superare il contingente, la realtà concreta e di
cogliere i concetti; d’impiegare astrazioni ovvero staccarsi dal concreto e operare su simboli e mediante simboli (si pensi ad esempio al programma di matematica delle scuole medie); di comprendere meglio il concetto di tempo, di sapere cioè riferirsi tanto al passato quanto al futuro; di servirsi di
idee non legate a interessi personali e di trascendere le condizioni in cui è direttamente implicato.
Insomma inizia ad essere capace a costruire e comprendere teorie o concetti ideali astratti.
ü INCONTENIBILE BISOGNO DI MUOVERSI E DIVERTIRSI
Possiamo quasi parlare di “esplosione spazio-motoria”. I ragazzi, più ancora delle ragazze,
hanno bisogno di sprigionare le loro energie e fare sfoggio delle proprie capacità fisiche. Lo sport e
il gioco diventano ambiti importanti della maturazione, poiché danno loro l’occasione di mostrare le
proprie attitudini, mettersi alla prova e scoprire capacità e limiti del proprio corpo e della propria
volontà, formarsi un’idea positiva di sé, imparare a vivere con i coetanei.
ü GRADUALE ALLENTAMENTO DEI LEGAMI CON I GENITORI
E PIÙ STRETTI CON I COETANEI
Il preadolescente sente sempre più il bisogno di frequentare i propri coetanei per confrontarsi a
loro, giocare, parlare, scambiarsi esperienze. Per far questo ha bisogno di spazi e tempi posti al di
fuori della protezione domestica. Il vincolo genitori-figli non è certo messo in discussione, ma il ragazzo cerca momenti di autonomia in cui intrattenersi con compagni e amici. In quest’età, poi, inizia a prendere coscienza dei valori e degli insegnamenti che gli sono stati trasmessi dai genitori e
desidera “metterli alla prova”, cerca cioè delle conferme tramite il confronto con persone esterne alla famiglia. Grazie a questo processo matura la sua identità personale e progredisce sotto il profilo
psichico e sociale.
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Preado e Ado
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ü IL TRAPASSO DALLE IDENTIFICAZIONI ALL’IDENTITÀ
L’identificazione consiste nel porsi in sintonia di pensiero e di azione con un modello che attrae
e insieme sollecita. Il ragazzo imita questo modello e immagina il proprio futuro a sua “immagine e
somiglianza”. Questo avviene già a partire dall’infanzia… voglio fare il poliziotto come lo zio
Guendolfo, io da grande farò l’indiano, oppure è significativo l’esempio tragico di un bambino buttatosi dalla finestra perché si sentiva Superman.
Vi possono essere identificazioni con modelli idealizzati (Ken il guerriero, Dragon Ball), o persone che spiccano in un campo sociale (Ronaldo, Ricky Marty, Di Caprio), o persone del proprio
ambito (il papà, l’animatore Pincopallino, il vicino di casa con la moto potentissima, la professoressa di storia). L’ultimo tipo d’identificazione inizia a maturare verso la fine della preadolescenza: identificazione col modello personale-originale, che porterà poi allo sviluppo della propria identità.
Semplicemente il ragazzo s’immagina come vorrebbe essere e cerca di comportarsi in quella maniera. Gli elementi di questa sua personalità li trae da quel che lo affascina dei vari modelli che lo attraggono e da quel che conosce già di sé. Ci possono aiutare gli esempi del bullo o dell’ochetta piene di svenevolezze… oppure il giocherellone (il simpaticissimo tony di turno) o la “mammina”. Sarà nell’adolescenza che il ragazzo e la ragazza matureranno una vera e propria identità.
3. Cenni al metodo educativo: l’inizio di un lunghissimo discorso!!!
o Importanza dell’educazione
L’educazione è necessaria e fondamentale a partire dal grembo materno si potrebbe dire! Da
subito! Gli studi sulla neonatologia dimostrano che il bambino nel grembo materno “sente” ciò che
avviene attorno a lui. Senz’altro un bimbo ben accolto e amato gode già di qualche beneficio che va
ad arricchire la sua personalità. Se il bambino2 è stato ben seguito dai genitori e dagli altri adulti che
partecipano alla sua vita (maestri, parenti, amici di famiglia) dovrebbe arrivare alla preadolescenza
con tutte le carte in regola per affrontare le nuove e grandi sfide di quest’età.
Inoltre l’educazione in questo periodo è quanto mai importante per due motivi di fondo:
ü Incipiente maturazione del pensiero
ü Dilatarsi della sua sociabilità
Occasioni d’oro da cogliere al volo! Riflettete quanto estratto dal testo di riferimento:
“Il preadolescente comincia così a riflettere su ciò che vede e ascolta, legge e interpreta il
proprio vissuto, gode dei piaceri della mente, ossia della capacità di venire a capo di problemi, di
rispondere ad un quesito in modo personale, di proporre soluzioni alternative, di sperimentare i valori dell’altruismo, della solidarietà e dell’amicizia. Per ottenere questo ha però bisogno di un ambiente che, attraverso il confronto delle idee e delle opinioni, eserciti ed affini il pensiero formale
(…)”.
Certo sono delle belle parole, ma su al campo è stato giustamente obiettato che si parla di un adolescente ideale. Di fatto nella nostra società le domande vengono spesso soffocate e la vita viene appiattita alla semplice dimensione della concretezza e dell’immediato: sindrome di Peter Pan,
l’eterno bambino. Ebbene se educare significa “tirar fuori” e i preadolescenti hanno potenzialmente
le capacità suddette… a tutti noi animatori, ai genitori assennati, agli adulti maturi… buon lavoro!!!!
2
Qui s’intende un bambino senza patologie psicologiche e in un ambiente “normale”.
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Preado e Ado
o Educazione integrale
Ricordiamo in ogni momento, in ogni atto educativo che l’educando è PERSONA!!! Si aprirebbe un ampio e bellissimo discorso… Rimando alla nota 1 a pagina 7 ed alla bibliografia. Interessante notare che il nostro Papa ha un impostazione filosofica basata sul personalismo.
o La teoria focale di Coleman
Vedremo in seguito che gli adolescenti hanno molti ostacoli da superare, ma teniamo presente
questa teoria. I soggetti studiati assumono rispetto ai loro problemi atteggiamenti diversi variabili
con l’età e tali da attingere il massimo in fasi diverse del loro processo evolutivo.
Questo significa che il preado. e l’ado. affrontano un problema alla volta.
L’adulto ha pertanto il dovere di considerare il preado. e l’ado. con grande flessibilità mentale,
di conoscere le esigenze di coloro che vivono nella società d’oggi, d’impiegare metodi conformi alle loro esigenze, persuaso che quando i giovani hanno risolto i loro problemi in un determinato stadio evolutivo, hanno posto una valida premessa per affrontare nelle condizioni migliori quelli dello
stadio successivo.
o 2 errori da evitare: autoritarismo e permissivismo.
autorità
autonomia
tempo
Lo schema vuole rappresentare il concetto secondo cui l’autorità dell’educatore deve diminuire
nella misura in cui matura l’autonomia dell’educando. In teoria questa dovrebbe aumentare con
l’età, cioè man mano che lo stato (età adulta) dei due corrisponde. I due errori rappresentano estremità opposte nell’uso dell’autorità. L’autoritarismo sta nell’imporre senza motivare; non si riconosce l’alterità (l’essere diverso da me dell’altro) e si pretende da lui, usando anche maniere forti o
condizionamenti psicologici (ricatti, punizioni), che agisca secondo il proprio volere. Il permissivismo è il metodo del non intervento, del laissez-faire, in cui non si dà alcuna direttiva e si lascia il
ragazzo in balia di se stesso. In entrambi i casi l’educando non può capire quale sia il vero bene per
sé e quale sia il male. Nel primo l’idea che si fa passare è che il bene è quello che ti dico io e basta e
il male è disobbedire. Il ragazzo agisce in vista dell’evitamento della punizione e matura in sé la ri-
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Preado e Ado
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bellione. Nel secondo gli si fa intendere che non c’è un bene per lui, che può fare quello che vuole,
basta che non dia troppo fastidio. Sostanzialmente si esprime un disinteresse nei suoi confronti e
tenderà ad assumere atteggiamenti vistosi e provocatori per esternare il proprio malessere.
Bisogna sapersi muovere fra questi due poli estremi adattandosi alle situazioni e alla persona
che si ha di fronte. Riporto un estratto del testo di riferimento su cui è opportuno soffermarsi: “In
conclusione, l’educazione che sembra favorire una maturazione armonica e sociale nei preadolescenti è quella ferma, coerente e fondata soprattutto sul ragionamento e sulla discussione, e nella
quale l’autorità dei genitori (nel nostro caso animatori) si ponga con valori e modalità precise ma
liberata da ogni forma di autoritarismo sia sostanziale (nei contenuti) sia formale (negli atteggiamenti)”.
Parole chiave sono quindi: intenzionalità, autenticità, amorevolezza, comprensione, empatia,
coerenza… Riconoscere sempre che l’altro è mistero, persona diversa da me e teneramente amata
da Dio: Gesù è morto e risorto anche per quel desperados che mi fa ammattire!!! Sarebbe bello parlarne più a lungo!
Fondamentale è il RAPPORTO che si instaura e coltiva fra adulto e minore!!!
4. Strada facendo vedrai…
Nel lungo cammino verso l’età adulta il ragazzo deve affrontare numerosi ostacoli, chiamati
compiti di sviluppo:
“Problemi da risolvere e difficoltà da superare in un certo periodo dello sviluppo psichico in
modo che questo possa procedere normalmente. Essi sono sottesi da molteplici fattori interni ed esterni al soggetto: le sue capacità mentali e fisiologiche che maturano, le sue aspirazioni, i valori
personali e le forze ambientali che lo circondano”.
Ogni compito di sviluppo si trasforma in un compito educativo. Infatti occorre imprimere una
direzione al superamento di ogni ostacolo. Se ci rapportiamo alla teoria focale di Coleman, comprendiamo che un determinato compito di sviluppo viene affrontato per un certo periodo, poi pare
messo da parte, per poi riaffiorare dopo settimane o mesi. L’educatore deve cogliere quale sia la
preoccupazione del ragazzo in quel momento per poterlo sostenere e guidare in maniera opportuna.
Ancora una volta bisogna avere in chiaro qual è la meta che si vuole raggiungere, cioè a quale modello di uomo voglio tendere (attenzione a non fraintendermi, però! L’educazione non è deterministica, c’è sempre l’originalità e la libertà della persona!). Un esempio può chiarire tutto: fra i vari
compiti spicca il cambiamento del rapporto con i genitori. Consiglierò il ragazzo perché diventi
completamente autonomo, giudichi i propri genitori arretrati e decida tutto da sé? Oppure lo incoraggerò a dialogare con i suoi, cercare un confronto e vagliare le proprie decisioni tenendo conto di
quanto dicono, ben cosciente però dei propri desideri e della propria libertà?
I compiti di sviluppo si attuano in quattro aree diverse e tuttavia strettamente connesse (interpenetrazione delle aree), tanto che lo sviluppo in un’area comporta o “innesca” mutamenti anche in
un’altra.
1.
2.
3.
4.
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Sviluppo pubertario
Sviluppo cognitivo
Mutamenti nella sociabilità
Costruzione dell’identità
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5. Compiti evolutivi dei preadolescenti
In questo scritto mi limito ad elencarli, annotare i concetti principali e chiarire i termini difficili. Rimando a quanto detto al CampoScuola e al testo di riferimento (p. 35-94).
A. Adeguarsi al processo della propria maturazione sessuale
• influssi profondi della pubertà: i mutamenti del corpo e le funzioni inaugurate con la pubertà (mestruazioni e spermatogenesi) vengono vissuti con un certo disagio. È necessario
dunque che ragazzi e ragazze vengano preparati, dando spiegazioni sulle cause naturali e
sottolineando il valore, la bellezza e il senso di tali mutamenti.
• pubertà e identità di genere : l’essere uomo o donna è una categoria essenziale per strutturare un sentimento generale di identità. Ragazzi e ragazze si fanno via via più coscienti della
loro personalità, dissimile anche se complementare, quindi dei contegni diversificati che le
si addicono (qui è importante il fattore culturale).
B. Vivere il proprio corpo nella serenità e nel rispetto
• ansia immagine corporea: data dalla discrepanza fra l’immagine di sé e i modelli brillanti
che essi vorrebbero emulare. C’è inoltre il problema che la maturazione fisica procede a
spinte che ora mutano l’altezza, ora il peso. Bisogna rasserenarli, ascoltando i loro disagi,
ma ricordando loro che “sono di passaggio” (si pensi, ad esempio, al problema della voce
nei ragazzi). Nonostante ciò si può ricorrere al medico qualora i problemi fossero preoccupanti (è utile fin da subito, ad esempio, curare l’acne tipica di quest’età).
• governo stimoli fisici e psicoaffettivi: il problema della masturbazione. Il valore umano
della sessualità è tale, che ci deve spingere a parlarne con naturalezza. Occorre rispondere
alle domande e alle curiosità dei ragazzi, con chiarezza, nonché indicare loro uno stile di vita
pregno di valori positivi circa la sessualità (all’interno di un disegno più ampio). Si daranno
quindi le giuste motivazioni secondo cui l’autodisciplina sia un atto di libertà anziché di repressione dei propri impulsi.
C. Cogliere il senso dell’attrazione verso l’altro sesso
• attrazione psicosessuale
• rischi precoce erotizzazione : in una società afrodisiaca come la nostra, ragazzi e ragazze
tendono ad anticipare gesti d’affetto e modalità di rapporto proprie dell’innamoramento,
quando invece l’attrazione fra i due sessi è a quest’età infatuazione (verte prevalentemente
sull’esteriorità della persona). Ancora una volta occorre incontrare i ragazzi, ascoltarli e non
sottovalutare i loro “problemi di cuore”. Ma bisogna anche incoraggiarli a rapportarsi
all’altro (o altra) con gratuità, senza concentrare tutte le proprie attenzioni su uno (una), senza esclusivizzare il rapporto. Apertura e dono sono le parole chiave da supportare col valore
dell’amicizia, della serenità, della sincerità. Non è compito facile poiché tutte le riviste e i
programmi per teenagers dicono il contrario… Ma in quanto educatori dobbiamo proporre il
meglio per loro e sostenerli nel contingente.
D. Reputare il gruppo ambito privilegiato di socializzazione
• forte spinta alla socializzazione di gruppo: per sua natura il ragazzo cerca molto di più a
quest’età il gruppo. La presenza di un educatore e di un progetto educativo, fa
dell’esperienza del gruppo un elemento pregnante dell’identità del giovane. Infatti diventa
luogo di confronto, comunità in cui si cerca di vivere secondo i valori postulati, una seconda
casa in cui ci si sente accolti ed amati, una palestra d’amore in cui si impara a stare e collaborare con l’altro che è diverso da me… Il gruppo è scuola di vita!
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•
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importanza della coeducazione: nel gruppo ragazzi e ragazze possono incontrarsi, conoscersi e collaborare in un contesto ricco di valori (se vi è la mediazione di un educatore), tutto ciò li arricchisce profondamente.
E. Avvaloramento del nascente sentimento dell’amicizia
• bisogno d’intimità personale
• amicizia centrata più sul fare: nell’adolescenza sarà centrata più sull’essere. Diventano
sempre più importanti valori quali la fedeltà, la sincerità, la lealtà, la reciprocità. In quanto
educatori dobbiamo sollecitare i ragazzi a perseguire tali valori, soprattutto nei momenti in
cui l’amicizia attraversa momenti difficili.
F. Mettere a frutto il tempo libero
• funzione umanizzante e socializzante del tempo: nel tempo libero hanno l’occasione di
coltivare interessi, capacità, inclinazioni originali della loro persona. È bene incoraggiarli
nell’impegno fedele ad una attività (sport, strumento musicale, arte), senza disperdersi in
numerosi impegni che per finire li esauriscono. È importante far percepire loro la preziosità
del tempo, quindi invogliarli a non sciuparlo. Si apre un discorso ampio sulla solitudine di
fronte al computer…
• fruire con intelligenza della televisione
• tempo familiare: il ragazzo si fa sempre più restio a trascorre il proprio tempo in casa, con
la propria famiglia, ma è importante sottolineare la necessità e la bellezza di questo tempo,
soprattutto nelle feste e nelle vacanze.
G. Attendere alla progressiva scoperta di sé
• maturazione personalità
• curare scoperta di sé e degli altri
H. Avviare l’indipendenza emozionale dai genitori
• satellizzazione (il bambino è dipendente dai genitori e “gira” sempre attorno ad essi) e desatellizzazione: progressiva autonomia del ragazzo. Comporta maggiore responsabilità nelle
scelte e nel portarle a compimento. Richiede ai genitori fiducia, vigilanza, comprensione e
“misericordia”. Deve essere progressiva, si incomincia dalle piccole cose (paghetta, orari serali, frequenza al gruppo di amici) per poi arrivare alle scelte impegnative come l’indirizzo
scolastico dopo le medie.
• zona di libertà e orizzonti di senso: l’importanza del progetto e dello stile di vita di cui si
parlerà al prossimo capitolo.
I.
Partecipare all’attività scolastica per orientarsi verso la vita
• frequentare la scuola con profitto
• funzione orientativa della scuola
J.
Capire la struttura e il funzionamento della società civile
• scoperta della società e delle sue forme istituzionali
• educazione sociale e civica
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K. delineare una concezione axiologicamente informata: ricca di valori
• sviluppo morale: moralità convenzionale: in questa fase dello sviluppo morale (rimando
alla bibliografia R.VIGANÒ) il ragazzo comprende che esistono delle norme che reggono
l’ordine sociale, a cui bisogna attenersi. Solo in seguito potrà maturare moralmente e comprendere che tali norme declinano dei valori universali in un contesto particolare e sono volte a garantire il bene maggiore per il maggior numero di persone.
• istruzione e motivazione
L. Rielaborare i contenuti religiosi appresi
• risveglio religioso: momento in cui le credenze dell’infanzia, dipendenti dai genitori, vengono messe in crisi e sorgono le domande. Inoltre il passaggio al pensiero astratto lo porta a
preoccuparsi di realtà più ampie, delle ingiustizie sociali (la povertà, la discriminazione…),
della condizione umana (la nascita, la malattia, la morte, la sofferenza…). Tutto ciò esige
delle risposte che vanno oltre la semplice conoscenza scientifica (che viene data a scuola) e
richiedono il Trascendente. Gioca un ruolo importantissimo la famiglia: genitori atei, agnostici o per cui la fede è un aspetto marginale della vita, tenderanno ad escludere Dio dalle loro risposte o addirittura a soffocare le domande stesse, non dando alcuna risposta.
• ragioni antropologica e culturale
M. Promuovere nuove relazioni con l’adulto
• bisogno dell’adulto nel suo sviluppo: oggi giorno si assiste ad una socializzazione per fasce d’età; è sempre più raro che adulti ed adolescenti collaborino insieme. È necessario che
l’adulto accompagni i ragazzi, proprio nel senso di compagnia di vita! C’è infatti il pericolo
di delegare l’educazione a degli specialisti, a degli enti, quando invece essa è compito primario della famiglia. Ecco perché è molto importante il colloquio con i genitori dei ragazzi,
anche se talvolta può essere difficile (al campo, ricordate, ne abbiamo parlato a lungo!).
6. Dopo tanta fatica…
fare della preadolescenza un’età felice e motivata
In questo capitolo mi interessa attirare la vostra attenzione su alcuni elementi su cui occorre
piegarsi maggiormente in ambito educativo. Mi limito a darli come spunti di riflessione e, perché
no, discussione fra animatori.
• SOSTENERE LO SVILUPPO DEL PENSIERO
A quest’età il ragazzo incomincia a gustare i piaceri della mente.
Quanto più il preado., e in misura ancora maggiore l’ado., avranno potenziato le facoltà del loro
pensiero tanto meglio capiranno ciò che avviene in loro e fuori di loro e ne sapranno valutare gli eventuali risvolti. Ciò li renderà intimamente felici e soddisfatti.
• AFFINARE IL GUSTO DELLA RESPONSABILITÀ
Tutti hanno da sollecitarlo a farsi via via padrone delle sue azioni, affinché possa provare, almeno in
forme iniziali, il piacere di agire liberamente e perciò di sentirsi responsabile degli atti compiuti.
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• ESALTARE IL SENSO DELLA FESTA
Soprattutto nella festa l’individuo si distende e si diverte, si concentra e si eleva. Coglie cioè le
proprie dimensioni esistenziali in un’atmosfera di colore e di vivacità; torna alle radici del suo essere; fruisce dei doni della libertà, dell’ammirazione, dell’integrità, della speranza, della felicità, del
canto, della musica, della danza.
Senso e trasfigurazione della quotidianità.
Tra l’impegno e la fatica della quotidianità, la dolcezza e l’effervescenza della festa.
• GUSTARE LA GIOIA DEL DONARE
Nell’approssimarsi dell’età adulta, i giovani si devono convincere che la vita è vissuta
degnamente quando non è assorbita per intero dal lavoro e dal guadagno.
7. Compiti evolutivi degli adolescenti
Rappresentano la continuazione del cammino dei preadolescenti e possono essere riassunti in
quattro punti:
1.
2.
3.
4.
farsi una visione realistica dei genitori
aderire ad una costellazione di valori condivisi
identificazione sessuale
impegni scolastici e professionali: autorealizzazione
Leggendoli potremo scoprire di non aver superato qualche compito evolutivo e che in certi aspetti siamo ancora adolescenti… Sì, perché di fatto la maturazione della persona è un’avventura di
tutta una vita! Il confine fra adolescenza e giovinezza è labile ed ancora frutto di discussioni fra studiosi. Noi ci limitiamo ad asserire che vi sono aree dello sviluppo personale che posseggono caratteristiche adolescenziali (una certa immaturità, dunque) anche nella giovinezza, che possono maturare
col tempo o, in certi casi, rimangono tali anche in età adulta.
N. Definire la propria identità
• domanda fondamentale e integrità: la formazione di un’identità è fondamentale! Porsi la
domanda “chi sono io” e cercare di dare una risposta, non è affatto semplice. L’identità è
qualcosa di complesso; essa è costituita dalle mie caratteristiche naturali, originali,
dall’insieme di valori che ho interiorizzato, dalle mie esperienze passate, dalla mia formazione, dalla mia spiritualità, dal mio corpo… Eppure a tutto questo insieme di elementi occorre dare un’integrità, affinché di fronte alle scelte della vita quotidiana, specialmente nelle
difficoltà, si riesca ad essere coerenti con se stessi. Ad esempio se non ho dei valori precisi,
con quale criterio scelgo cosa è bene per me? Se un giorno mi comporto in un modo e quello
seguente in un altro, come posso costruire dei rapporti duraturi? Anche qui occorrerebbe un
lungo ragionare!
• 3 identità (professionale, di genere, ideologica): importantissimo quindi star vicini ai ragazzi nel momento della scelta degli studi ed aiutarli a perseguire i loro progetti professionali, anche quando attraversano momenti di fatica e sconforto. Al lavoro passeranno buona
parte della loro vita, per cui bisogna aiutarli a capire quali sono le loro doti, capacità, interessi, perché anzitutto il lavoro sia adatto alla loro persona e piaccia loro, li realizzi, nonostante i sacrifici che esso, comunque, comporta. Per le altre due componenti dell’identità rimando a quanto detto in precedenza.
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O. Rendersi autonomo dai genitori (p.to di vista emozionale e operativo)
• affrancamento = desatellizzazione : durante l’adolescenza si dovrebbe portare a compimento. Autonomia non significa anarchia dai genitori, bensì darsi personalmente delle regole.
Tali norme di vita sono state interiorizzate, fatte proprie, dal ragazzo nel corso di tutta la sua
vita, in particolare nella preadolescenza, per cui non dovrebbero discostarsi di molto dalle
figure significative del suo iter educativo. Certo che se c’è stata un’assenza da parte dei genitori e di altre figure educative (professori, animatori, sacerdoti, parenti, amici veri…) questa è stata rimpiazzata dalla cosiddetta cultura di massa: programmi tv, riviste, gruppo dei
pari…
• ambivalenze: quando invece i genitori non vogliono far crescere i figli per paura di perderli
(sono spesso meccanismi inconsapevoli) si hanno ambivalenze nei comportamenti, specie da
parte della mamma. Da una parte si pretendono da lui serietà e impegno, propri di una persona matura, e dall’altra si continua ad intervenire e giudicare pesantemente il suo operato;
si dice che è libero di scegliere, ma di fatto se non si è d’accordo con lui gli si tiene il muso e
si attuano ricatti affettivi; lo si incoraggia nel “far carriera” ma se appena deve star via qualche mese per degli studi o degli stages, crolla il mondo… Sono molti gli esempi legati alla
vita della compagnia: quante volte ci lamentiamo che “manca il ricambio”, ma appena c’è da
affidare una responsabilità ad un animatore più giovane tremiamo e preferiamo farlo noi? La
fiducia costa, ma bisogna passare di lì se vogliamo che i più giovani diventino solidi e, a loro volta, sostegno per altri!
P. Partecipare al gruppo di coetanei
• modalità di affiliazione al gruppo: di gruppi ve ne sono a iosa e ciascuno di noi partecipa a
più gruppi contemporaneamente. Questi possono essere informali (soci del bar, compagni
nel tempo libero…) e via via più formali: fondati su valori (amici veri), su attività in comune
(sport, banda di musica, arte), su una condivisione (studenti, colleghi…), fino ad un progetto
o addirittura statuto o missione (movimenti, associazioni, partito…). L’ideale è che nel
gruppo vi sia sempre un educatore che garantisca uno stile di vita del gruppo alto e pregno di
valori.
• problema del conformismo: confusione della propria identità con quella del leader che dà
lo “stampo” a tutto il gruppo (es. bande). Ci si appoggia alla forza del gruppo, lasciandosi
trascinare in esperienze e modi di fare che non appartengono alla propria identità: la persona
risulta indebolita, impoverita, strumentalizzata. Oggi è preoccupante il conformismo con la
cultura di massa che tende ad appiattire e banalizzare la vita, negando le domande fondamentali dell’uomo in vista di un consumismo ed edonismo idiota. Oppure si diffonde una
“spiritualità” fondata sull’irrazionalità (magia, occultismo, superstizione…).
Q. Coltivare l’amicizia giovanile
• l’amico non è il socio, sempre più interiorizzata
• amicizia eterosessuale: ah com’è difficile non confondere amicizia con innamoramento.
Anche questo è un discorso da approfondire, rimando al Campo Perfezionamento 2000
(Quaderni ACG No. 6)
• amore captativo (l’altro mi serve a soddisfare i miei bisogni, per questo lo amo… Ma quando non mi serve più… addio!) e amore oblativo (dono di sé)
R. Fruire educativamente del tempo libero
• problema dell’alienazione o socializzazione per età
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educazione al volontariato: il volontariato è proprio dell’età adulta, poiché richiede un impegno costante, serio e duraturo, a seguito di una scelta ben ponderata. Non si tratta di fare
del bene ogni tanto, ma esige motivazioni forti, tenacia, dono gratuito del proprio tempo,
progettualità. Insomma… carità (nel senso pieno della parola)! Ecco perché nell’adolescenza
si fanno le prime esperienze temporanee, che, forse, si tramuteranno in scelte definitive
nell’età adulta. Il volontariato può dare senso a tutta la vita ed è estremamente importante,
quindi va valorizzato e “pregustato” nel cammino formativo di tutti i gruppi ecclesiali. Ricordiamo che il servizio è elemento fondamentale della nostra identità di cristiani.
S. Frequentare la scuola con successo
• in funzione della professione
• il ruolo degli adulti: incoraggiare, orientare, fungere da modello.
T. Precisare le conoscenze socio-politiche: perché venga inserito nella società come me mbro
attivo e innovativo
• percezione del sé come cittadino
• educazione sociale e civica
• ruolo scuola, gruppo, mass media
• valori “politici”: libertà, democrazia, rispetto reciproco, dialogo…
U. Affinare il senso dei valori e il giudizio
• problema del relativismo odierno: pare che tutti abbiano ragione e torto al medesimo tempo, ma, ricordiamoci, la Verità si è rivelata: è Cristo, metro e giudice di ogni cosa. Se siamo
veri cristiani non possiamo dire altro! Primo maestro in educazione è Lui! Tutti i valori, tutto ciò che fa dell’uomo un Uomo, in tutta la sua dignità, bellezza, nobiltà, viene da Lui.
Bando allora al tiepido relativismo ed affermiamo che esiste la Verità. L’esempio di Pier
Giorgio Frassati può essere illuminante a tale proposito!
• importanza della discussione e dell’esperienza di comunità giusta: luogo in cui fare esperienza della giustizia.
V. Ripensare criticamente i valori religiosi
• età metafisica per eccellenza: età delle domande, dei radicalismi, degli entusiasmi, del fascino dell’Infinito, del Trascendente. L’adolescente vede la realtà, s’interroga, si scandalizza
per il male e l’ingiustizia, si stupisce davanti al bene. Dovrebbe essere così… se non gli è
stata prima inculcata l’indifferenza e l’apatia…
• indifferenti/credenti/contrari: attenzione attenzione: è in questa età che uno compie la propria scelta riguardo la fede e spesso tale scelta è influenzata dalla fede della famiglia.
Rimane tutta la libertà della persona (uno può convertirsi fino all’ultimo respiro!), ma è probabile che avvenga in questi anni la prima risposta che può plasmare tutta la vita.
• trapasso da una religione funzionale ed estrinseca ad una personale ed intrinseca: passaggio dal “credo perché mi è comodo, mi è stato imposto, così fan tutti in casa, così mi tengo buono Dio e forse ottengo anche qualcosuccia”, al “credo perché in quella Vita nuova in
Cristo riconosco il bene per la mia persona, la felicità e il senso della mia vita”. All’inizio
non sarà un’espressione così esplicita e razionale, ma si potranno cogliere i primi frutti di
una fede più matura… e dai frutti li riconoscerete!
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W. Conferire significato all’amore nascente
• educazione sessuale e progettualità: il disegno di Dio sull’unione tra uomo e donna è stupendo! Purtroppo si è caduti nell’errore di parlare per divieti, deturpando così la forza, la
gioia, la profondità di questo progetto divino. Nella nostra società che erotizza qualsiasi
prodotto da vendere, che ha scisso amore e sofferenza, lasciando ad intendere che quando
s’inizia a fare fatica vuol dire che non ci si ama più (non era il contrario?), in cui l’atto coniugale non è altro che la ginnastica più salutare, che -ahimè- non tutti riescono a fare, in cui
si fa sesso senza figli e si fanno figli senza sesso… Beh, in questa società occorre armarsi di
sapienza (ci sono tanti bei libri sulla dottrina della Chiesa in questo ambito), ed aiutare a riscoprire il valore di tutta la nostra persona e della sua integralità: spirito, anima e corpo.
X. Governare il conflitto psicosessuale
• una delle forze conflittuali più vigorose: “ci piacciamo, siamo insieme da un po’, siamo
seri, ci amiamo… e chi ce lo fa fare di aspettare dopo il matrimonio? Io desidero donargli
tutta me stessa!”. Siete educatori cattolici? Provate a rispondere a questa domanda con ragionevolezza e non da bigotti (si fa così perché l’ha detto il Papa, punto e basta!).
Y. Cogliere il significato del progetto e dell’ulteriorità
• doti progettive contro opportunismo: la misura della maturità di una persona, specialmente adolescente, sta nella sua capacità di comporre un progetto di vita e con volontà perseguire quegli obiettivi che gli permettono di compierlo. Avere una meta ti aiuta a scegliere la
strada giusta, senza lasciarti inghiottire dal traffico e dalle mille deviazioni.
• professionale e sponsale: i due grandi progetti della vita… in una parola sola: vocazione.
Z. Vedere nell’adulto un aiuto, non un ostacolo
• nociva alienazione dagli adulti: gli adolescenti, senza la guida di qualche adulto (maturo e
responsabile!), si lasciano facilmente assorbire dalla cultura di massa, rinunciando ad aspirare ai più alti ideali e piegandosi alla condizione di burattini delle mode e del mercato (palestra, touch touch nelle orecchie, cosmetici, vestiti usa e getta, scooter, cellulare trandy, software vari ed amici virtuali). Naturalmente io esagero… spero!
• evitare giovanilismo e paternalismo: il primo vede l’adulto atteggiarsi da adolescente per
farsi accettare e uniformarsi così a loro; il secondo vede l’adulto staccarsi e porsi al di sopra
per valore e sapienza all’adolescente. Adulto e adolescente hanno lo stesso valore in quanto
persone, il primo si fa guida al secondo solo perché ha maggiore maturità ed esperienza di
vita. L’adulto non deve sacrificare il suo “sapere” per farsi accettare, né usare il suo “sapere”
per annullare l’altro… deve usare il suo “sapere” con sapienza! Cioè per il bene di colui di
cui si è reso responsabile, in quanto suo educatore. Siate AUTENTICI. Educare comporta un
lavoro su se stessi, conoscersi sempre più, mettere alla prova le proprie certezze, trovare le
ragioni per cui si fa, si pensa, in un determinato modo… Con tanta misericordia verso se
stessi: non siamo perfetti, per cui possiamo sbagliare… Essere autentici significa saper
riconoscere i propri errori e, qualora fosse necessario, chiedere scusa.
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8. A mo’ di conclusione
L’educazione è un campo vasto e molto ricco, in cui un’affermazione chiama in causa molte
spiegazioni e concetti che si rifanno alle diverse scienze. Il mio contributo a questo CampoScuola
non ha l’ambizione di rispondere a tutte le vostre domande, tutt’altro: vuole far nascere altri quesiti
e soprattutto il desiderio di conoscere più da vicino quest’età ricca e per questo complessa che è
l’adolescenza. L’educazione è preziosissima e ci interpella con forza. Non possiamo lasciare le cose
al caso, affidarci semplicemente all’intuito. Dobbiamo cercare di osservare, capire, conoscere e pregare. Perché il nostro agire sia illuminato dall’intelligenza, sostenuto dalla Grazia, pregno d’amore.
Meta dell’educazione è aiutare i giovani a diventare LIBERI:
Liberi di…
Liberi da…
Liberi per…
Liberi con…
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scegliere e compiere il loro bene.
condizionamenti.
Amare.
chi li circonda: la libertà è un cammino che si compie fianco a fianco!
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Adolescenza e Adolescente in Ticino
ADOLESCENTE ED ADOLESCENZA IN TICINO
Situazione e contestualizzazione
di don Massimo
INTRODUZIONE
Partiamo da un principio di tripolarità, nel senso che quando si tratta di guardare la realtà occorre considerare il soggetto posto di fronte ad un oggetto: in questo considerare i due poli della
questione occorre tener presente anche il terzo “polo” della questione, ossia la relazione che sussiste tra i due poli come parte integrante della realtà da osservare. Se non si fa questo si corrono diversi rischi, non da ultimo quello di non riuscire a cogliere adeguatamente la realtà. Altri rischi
sono: se non si considera che i due poli sono in relazione, vi è la possibilità della distruzione di
uno dei due poli, oppure, altra possibilità, il collasso di uno dei poli su se stesso, oppure, infine come terza possibilità, entrambe le prospettive insieme.
Questo principio va tenuto presente al momento in cui si considera il rapporto che sussiste tra
persona e valori. Ogni persona e quindi anche ogni collettività deve avere – e di fatto ha – dei valori che la orientano nel suo camminare attraverso questa vita: senza di essi, la vita e la persona
stessa non hanno consistenza né trovano un significato al loro essere, esistere, agire, muoversi. Se
si considerano delle persone in un particolare periodo di tempo per comprendere come esse si pongono di fronte alla vita, occorre considerare la persona in sé e ciò che pensa, sente e fa in relazione
con i valori che la guidano e la muovono. In questo nostro considerare il preadolescente ed adolescente in Ticino, occorre che consideriamo il rapporto che si instaura tra le persone concrete sul
nostro territorio ed i valori che le guidano risp. che fungono da propulsore per la società in cui esse
vivono.
La crisi spirituale del
periodo moderno
„Forte sviluppo delle
Scienze Umane“
1300
1600
Crisi del valore
della Chiesa
Crisi del valore
di Gesù Cristo
Crisi dell’unicità
di Dio–Padre
„Crisi dei
valori oggettivi“
Esaltazione
della ragione
Valori
cristiani
Esaltazione
dello spirito
umano
1800
„TUTTO È
SPIRITO“
„TUTTO È
MATERIA“
1900
„TOTALITÀ–
RISMI“
Separazione tra Fede e Ragione
„Cogito, ergo sum“
Fede e Ragione
Ordine – „Ordo“
„Fede come
fatto privato“
2000
CRISI SPIRITUALE PROGRESSIVA .........................
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Adolescenza e Adolescente in Ticino
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LA STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO E TEOLOGICO
Proprio questo rapporto va compreso in profondità, in quanto è estremamente illuminante per
leggere la realtà in cui viviamo ed in cui vivono gli adolescenti che ci sono affidati. Una chiave di
lettura importante per comprendere il nostro passato, e quindi il nostro presente, è lo sviluppo del
rapporto tra fede e ragione (pensiero). Cfr. Schema a pg. 21. In sintesi:
•
•
•
L’equilibrio tra fede e ragione nel 1300: grazie a grandi autori (S. Tommaso d’Aquino, p.
es.) tra questi due aspetti vi era un sostanziale equilibrio, un ordine (lat. “ordo”). Questo
era forse per certi aspetti più a livello teoretico che non a livello pratico.
La scissione di Cartesio nel 1600: questo pensatore pone nel ragionamento, nel pensiero, il
fondamento dell’essere, della consapevolezza dell’essere (“Cogito, ergo sum” – “Penso,
dunque sono”). Tutto ciò che non è pensiero viene collocato nella sfera del “sentimento”,
cioè di ciò che non può essere provato scientificamente.
Le conseguenze di Cartesio a partire dal 1700: questa scissione operata da Cartesio porta
le sue gravi conseguenze a livello di pensiero, e, in seguito, anche a livello di vita concreta.
In particolare:
♦
Sviluppo delle scienze umane: che divengono una parte essenziale del modo di pensare,
ricercare e comprendere il reale; sono basate sull’esperienza, ossia sulla verifica sperimentale e sulla possibilità di ripetere l’evento.
♦
Scissione ragione e fede: la ragione ha il proprio metodo, e tutto ciò che può essere provato dalla ragione è vero; cioè che non è “ragionevole” (anche la fede e l’oggetto della
fede) viene relegato nel sentimento. Anche la fede, quindi, come tutti i sentimenti, diviene qualcosa di privato. Va progressivamente in crisi il valore della comunità ecclesiale; della figura di Gesù Cristo quale vero Dio e vero Uomo (diverse confessioni cristiane); della figura dell’unicità di Dio–Padre (diverse religioni oppure ateismo).
♦
•
Crisi dei valori oggettivi: i valori cristiani e la loro importanza per ciascun uomo/donna
non vengono più riconosciuti. Vi è un’esaltazione della ragione umana, e quindi dello
spirito umano, che sarebbe praticamente onnipotente. Nell’800 alcuni autori (p. es. Hegel) affermano che “tutto è spirito” e che lo spirito umano è la forma più alta di spirito
nel mondo. Altri autori, voltando la frittata, dicono che “tutto è materia”: sono aperte le
porte per le diverse costruzioni teoriche del mondo e della realtà umana (fascismo, nazismo, marxismo, comunismo), che non riconoscono più il fatto che nella realtà è già
scritta la sua identità (perché creata ad immagine di Dio). Per questo motivo, il gruppo
al potere può stabilire quali sono i valori importanti per la società.
Il periodo moderno (dal 1600 fino al 1900) è dunque caratterizzato da una crisi spirituale
progressiva.
IL POSTMODERNO
Date queste premesse, ecco che possiamo comprendere alcune delle caratteristiche principali
del tempo attuale. Siccome la parabola discendente della distanza tra fede e ragione ha raggiunto il
suo apice proprio nel periodo moderno, ecco che alcuni autori chiamano il tempo attuale periodo
postmoderno.
Alcune caratteristiche fondamentali:
♦
♦
22
pensiero debole: cioè con una visione laica, profana o atea della vita;
mancanza di valori assoluti: ci sono solo valori relativi, che scelgo a mio piacimento;
anche ai valori cristiani (rivelati da Dio e custoditi dalla Chiesa) viene tolta qualsiasi
pretesa di verità assoluta;
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♦
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Adolescenza e Adolescente in Ticino
“tutto è relativo” ossia “nulla è assoluto”: nulla e nessuno può avanzare la pretesa di
avere una verità assoluta (lat. “ab-solutum”, cioè sciolto da qualsiasi legame) e definitiva;
caduta dei valori tradizionali, con un’assenza di valori e, spesso, un vuoto a livello di
valori; d’altra parte c’è anche una ricerca di “sacro” per soddisfare il senso religioso:
una ricerca però fatta in modo distante ed indipendente dai canali tradizionali (Chiesa);
la fede “à la carte”: la fede è un fatto privato, e la si vive “se ti va”; ma anche i contenuti spesso sono scelti in base al proprio gusto, oppure facendo macedonie fra tutte le
religioni (sincretismi);
i valori sono ambivalenti: p. es. verità, libertà, giustizia e pace. Si tratta di valori non
necessariamente cristiani, che hanno una rilevanza anche per coloro che non hanno la
fede in Gesù Cristo. Il rischio è però quello che essi vengano interpretati secondo il proprio gusto, oppure seguiti solo finché fa comodo (cfr. la relazione di Vicente Espeche
Gil, El mundo en que vivimos, presso il FIAC 1997 a Buenos Aires).
frenesia: non si riesce più a trovare un’ancora di salvezza, per cui si continua a passare
da una cosa all’altra, senza riuscire a digerire ciò che viene vissuto;
le conseguenze del peccato originale: il cuore dell’uomo è davvero un cuore diviso, che
continua a bilanciarsi tra il buttarsi dentro il valore (buttarsi verso l’altro) ed il tirarsi
fuori da questo valore (chiudersi su se stesso). Questa tendenza è oggi spinta
all’eccesso, anche perché, per motivi culturali, i valori hanno perso la loro forza attrattiva. Diceva il card. K. Woytila al Papa Paolo VI: “Nella nostra epoca il peccato originale diviene il principio che organizza tutto il sistema di vita”. Frase forte!
L’ADOLESCENTE NEL MONDO POSTMODERNO
•
•
•
•
•
•
Se non trova una famiglia o un ambiente famigliare che trasmette dei valori autentici, egli
tende a chiudersi su se stesso e sui propri bisogni;
cresce forte il desiderio di divertimento, anche a costo della verità di se stesso e dell’altro,
in nome di una presunta libertà, quasi assoluta (soggettivismo e libero arbitrio);
si sviluppa la maturazione intellettuale (particolarmente educata dalla scuola), ma non una
maturazione affettiva né della volontà: si vivacchia, ricercando ciò che soddisfa i propri
bisogni con un’assenza di ideale/i e di valore/i che spingano verso una sintesi personale ed
originale;
la sessualità è molto accentuata, ma svincolata da regole e vissuta in modo banale ed egocentrico;
i numerosi mezzi (anche tecnologici) messi a disposizione dalla società vengono confusi
quali fini/obiettivi, invece di essere considerati quali strumenti verso altri fini più profondi.
Cfr. al riguardo la relazione di mons. A. Panizzolo al CIFS 1998.
L’ADOLESCENTE IN TICINO
•
In Ticino abbiamo, per ora, una
relativa stabilità del cattolicesimo
(a differenza della Svizzera interna fortemente confrontata ed influenzata dal protestantesimo); il
sentimento religioso non è però
necessariamente legato alle forme
tradizionali: pericolo di invadenza
e sviluppo delle sette e del satanismo;
Opuscoli CS No. 2
23
Adolescenza e Adolescente in Ticino
•
•
•
CampoScuola 2001
relativa stabilità della socialità:
J ritardo rispetto ai grandi paesi
industrializzati di ca. 10 anni; possibilità di
correre ai ripari con l’esperienza altrui;
L aumento della violenza nelle scuole e
nelle città;
J relativa stabilità famigliare;
L aumento delle situazioni di disagio, dovuto a situazioni famigliari instabili (aumentano i traumi, le difficoltà psicologiche,
le immaturità psicologiche, causa, spesso,
di posteriori malattie mentali);
J buona vicinanza dei sistemi scolastico,
professionale e militare;
L alto numero di suicidi tra i giovani.
predomina una mentalità fondamentalmente ancora segnata dai valori tradizionali, ma essi
sono spesso non più sentiti e vissuti come significativi (inerzia); spaccatura spesso tra le
generazioni a causa dei conflitti di valori;
si sviluppa una mentalità sempre più “ludica” (“Just feel”), del divertimento egocentrico,
con una chiusura progressiva su se stessi, con mancanza di senso, di prospettiva, di speranza e con tutte le difficoltà di relazione e di socialità che questo comporta. Si comincia a
sentire l’incidenza di questo décalage nella scelta dei valori a livello personale e comunitario.
IN SINTESI:
Il preadolescente, oggi ed anche in Ticino, rischia di entrare prestissimo nella mentalità dominante e nel modo di agire e atteggiarsi maggiormente in voga; l’adolescente, oggi, rischia di fissarsi
su posizioni assunte dalla mentalità e dai costumi dominanti, nonché rischia di fare scelte religiose
atee oppure agnostiche, ancora prima di aver veramente provato e sperimentato ciò che questo potrebbe significare per la sua vita.
Entrambi gli aspetti sono oggi dei condizionamenti estremamente pesanti, di fronte ai quali il
preadolescente e l’adolescente difficilmente riescono a sottrarsi se affidati a se stessi: se essi incontrano dei modelli autentici e dei formatori/educatori che li sanno accompagnare vi è qualche speranza in più di una riuscita. Ma, invero, fino a quando la persona è entrata nella sua età matura (fine
dell’adolescenza) non vi è nessuna garanzia di successo.
24
Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
ELEMENTI DI DINAMICA E GESTIONE DEL GRUPPO
GESTIONE DEI CONFLITTI
Entrare in relazione con l’oggetto
di Davide Ricciardi
PIANO DELL’ ESPOSIZIONE
0. La Comunicazione
1.
2.
3.
4.
Uno schema base
Le interferenze
Il rapporto tra Emittente e Destinatario
Ascoltare
1. Gruppo
a. definizione
i. letteraria
ii. sociologica
b. criteri di definizione
i. gradi e dimensioni
ii. fenomeno in divenire
iii. gli spazi
c. tipologia
2. Coesione
d. fattori di coesione
i. estrinseci
ii. intrinseci
iii. comuni
e. processo di identificazione
3. Conformismo e deviazionismo
f. resistenza alle deviazioni,
innovazione e normalizzazione
4. Interazioni e ruoli
g.
h.
i.
j.
categorie
ruoli
aree di ruolo
conflitti di ruolo
Opuscoli CS No. 2
5. Leadership nel Gruppo
k. autorità
l. funzioni
i. socio-operative
ii. socio-affettive
m. tipologia
6. Gruppo nel contesto sociale
n. In Group e Out Groups
o. resistenza, innovazione e
normalizzazione
p. principio di priorità
(non simultaneità)
q. spazio di confronto e attori
7. Conflitto
r.
s.
t.
u.
v.
w.
modalità di gestione
origine strutturale
piani
mediazione o terapia
retroscena
aree di conflitto
i. cfl oggettivi
ii. cfl di interessi
iii. cfl di rapporto
iv. cfl di valori
v. cfl di struttura
x. principi di soluzione
25
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
CampoScuola 2001
0. LA COMUNICAZIONE
In occasione del CS non abbiamo approfondito questo aspetto, pur fondamentale, del rapporto
educativo tra le persone e tra le persone di un gruppo. Ci accontentiamo qui di semplici riferimenti
schematici, rinviando ad altri momenti formativi l’approfondimento di questa tematica.
Canale di
trasmissione
MSG
DESTINATARIO
FONTE DI TRASMISSIONE
1. Uno schema base
Diamo qui di seguito uno schema fondamentale della comunicazione, con brevissime indicazioni
e specificazioni.
MSG
Veicolo di
trasmissione
Strumento di
ricezione
STRUMENTO DI RICEFONTE DI TRASMISSIONE
VEICOLO DI TRASMISSIONE
ZIONE
•
•
•
•
•
•
•
Si manifesta con segnali
(gesti) o con suoni/parole
(normalmente il 20/30%
della comunicazione):
individuare il destinatario
elaborare il messaggio
codifica del messaggio
accertarsi che il messaggio possa essere ricevuto
tramite gli strumenti
•
•
•
Deve essere adeguato al messaggio che devo
raccogliere
DESTINATARIO
•
•
•
Chi riceve il
messaggio:
decodificare
rielabora e integra nel vissuto
MESSAGGIO
CANALE DI TRASMISSIONE
•
•
•
•
•
•
•
26
•
Mezzo per trasportare un
messaggio scelto da chi
emette:
immagine (con tonalità,
colori e forme)
parola (con interruzioni,
intensità e sfumature)
comunicazione non verbale (prevalentemente gesti)
simboli (che si riferiscono
ad altro)
È qualunque suono o immagine che si vuole trasmettere ad un destinatario; come tale comprende
le seguenti possibilità:
informazione (contenuto)
immagine
testo
suono
gesto
•
•
•
•
Punto comune tra emittente e destinatario, che permette la comunicazione:
filo telefonico, cavo ottico, Internet
aria
piccione viaggiatore
…
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Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
2. Le interferenze
Sono i disturbi che intervengono nella comunicazione: esse possono intervenire a qualunque livello – magari anche contemporaneamente – della comunicazione (cfr. i diversi livelli segnalati nello schema della pag. 26).
3. Il rapporto tra la Emittente e Destinatario
Componente bilaterale di
intelligenza (“mente”)
E
•
•
•
D
Rapporto di empatia
(“cuore”)
Interesse reciproco alla
comunicazione
Maggiore è la presenza dei tre canali durante la comunicazione (mente, cuore ed interesse),
migliore è la qualità della relazione e quindi della comunicazione possibile.
Non esiste il prototipo di destinatario: occorre stare attenti a non accomunare tutti i destinatari
in una stanza, scrivendoci fuori “Destinatari”. Messaggio e linguaggio vanno adeguati al tipo di
destinatario che mi trovo di fronte.
Non è possibile non comunicare: anche il non voler comunicare è un messaggio che viene comunicato (“Non mi interessi…”). Ciò è una conseguenza del fatto che esistiamo e che siamo
tutti concatenati.
4. Ascoltare
L’ascolto non è facile né scontato. Esso presuppone:
•
un atteggiamento di tipo attivo (non indifferente, non passivo, non disinteressato);
•
di guardare in faccia colui che parla (sintonia razionale, emotiva, di motivazione);
•
di essere obiettivi nell’ascolto, o almeno cercare di esserlo;
•
scoprire l’idea di fondo che l’altro mi vuole comunicare, al di là delle parole e dei gesti che
egli usa;
•
ascoltare con attitudine critica.
Riflettete, gente...
Tra ciò che io penso,
ciò che io voglio dire,
ciò che io credo di dire,
ciò che io dico,
ciò che voi volete sentire,
ciò che voi sentite,
ciò che voi credete di capire,
ciò che voi volete capire,
e ciò che capite,
ci sono almeno nove possibilità di non capirsi…
Opuscoli CS No. 2
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Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
CampoScuola 2001
DINAMICA DI GRUPPO
In questa sezione, affrontiamo le dinamiche, i fenomeni e le caratteristiche fondamentali di un
“gruppo”: è un aspetto importante, perché nel nostro “essere animatori” entriamo in contatto con i
ragazzi prevalentemente tramite l’attività di gruppo. È dunque importante conoscere gli elementi
base che permettono una gestione della vita di gruppo e, tramite di essa, di influenzare il vissuto del
singolo ragazzo che ne fa parte.
1. IL GRUPPO
La parola “gruppo” (Gr) deriva dall’antico germanico *kruppa, che significa “insieme”. È un
insieme di persone che, in qualche modo, formano un tutto unico ed unitario, nel quale i singoli individui e le singole persone entrano in interazione reciproca oppure sono accomunati da un comune
interesse.
Il Gr è come un corpo: le parti sono interdipendenti, mobili ed intercambiabili le une con le altre.
È una potenza collettiva, in quanto il Gr è sempre più della somma dei singoli individui. Il Gr è ambivalente per l’individuo: da una parte può accoglierlo, rassicurarlo, sostenerlo, rafforzarlo, proteggerlo; dall’altra parte può anche minacciarlo, schiacciarlo, divorarlo, spersonalizzarlo. Ecco perché
STARE INSIEME con altri non significa ancora condividere, essere partecipi del vissuto e della comunione del Gr. In una moltitudine il singolo può sentire molta solitudine, se il Gr non è ancora in grado di accoglierlo e di relazionarsi con lui, né di creare la compartecipazione alla stessa esperienza.
A. DEFINIZIONE DEL
GR
Il Gr può essere definito in base a diversi criteri:
• secondo il grado di organizzazione e di funzione del Gr (dimensione strutturale);
• secondo il modo di interazione tra i membri ed il modo di distribuzione dei ruoli (dimensione
funzionale);
• secondo il modo in cui è vissuta la situazione di Gr, lo “stare insieme” (Gr di lavoro, Gr di
amici, ecc.: dimensione psicologica).
• Importantissima è la dimensione temporale ed evolutiva in ogni Gr, in quanto esso nasce, si
sviluppa, si mantiene o di disintegra e quindi termina.
B. CRITERI DI DEFINIZIONE DEL GR
Il Gr ha una storia, un’evoluzione: ogni fenomeno di Gr (contemplato dalla Dinamica di gruppo)
è legato ad un “divenire” che dipende:
• dal rapporto che l’uomo ha con i suoi simili (dimensione sociologica), con tutte le implicazioni derivanti dal sistema di valori, cui l’individuo ed il Gr fanno riferimento (e, riguardo
all’evoluzione, occorre ricordare che negli ultimi vent’anni c’è stata una profonda revisione
dei sistemi valoriali di riferimento);
• dal rapporto che la persona ha con il suo “SPAZIO DI VITA ”: occorre dunque valutare la persona che si muove nel proprio contesto particolare. Lo spazio di vita comprende tre dimensioni:
• la persona: cfr. al riguardo la sezione sul preadolescente e sull’adolescente (pg. 7–20);
• il Gr: come insieme di persone interdipendenti, come una sorta di vero e proprio organismo;
• lo spazio psicologico: ossia la trama dell’organizzazione della persona con il proprio
ambiente e delle interrelazioni fra le persone di un Gr. Le persone con le proprie idee,
desideri, valori, obiettivi, vissuti ed esperienze personali, carismi, azioni, nel Gr mettono tutto in comune. Il Gr, allora, delimita l’insieme dei modi di essere e di agire di tutte
le persone che ne fanno parte: lo spazio psicologico del Gr è ovviamente molto più ampio dello spazio psicologico personale.
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Opuscoli CS No. 2
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val
ori
me
nor
azioni
obiettivi
Considerando ora il Gr in situazione,
cioè “in azione”, nel proprio spazio psicologico si verrà a creare un sistema di
tensioni, sia positive che negative, cui
corrisponde un continuo gioco fra desideri e ed attese (del singolo e del Gr). La
condotta del Gr deve essere tale da saper
gestire queste tensioni e risolverle, nonché saper mantenere risp. ristabilire il
relativo equilibrio.
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
C. TIPOLOGIA
pi
carism
Noi ci occuperemo dei Gr cosiddetti
sco
i
“faccia a faccia”, ossia nei quali tutti i
membri esistono psicologicamente gli uni
per gli altri e si ritrovano in una situazione di potenziale interdipendenza ed interazione (gruppi inferiori ai cento membri). Non ci occupiamo dei gruppi più
Gruppo in SITUAZIONE
numerosi (masse), che hanno principi e
dinamiche proprie.
Per quanto riguarda i criteri distintivi del Gr, rapportiamo il Gr stesso alle sue componenti fondamentali, in quanto perché vi sia Gr occorre che esso si dia una struttura, la quale implichi, in maniera più o meno consapevole, uno scopo ed un vissuto comune. I criteri distintivi, che non sono né
radicali né esclusivi, si articolano:
2.
•
in rapporto all’organizzazione sociale:
• Gr istituzionale: la cui struttura proviene dall’organizzazione sociale data dalle condizioni sociali già costituite (famiglia, classe scolastica, ufficio, ecc.);
• Gr spontaneo: la cui struttura nasce da interessi comuni, occasionali oppure duraturi
(bocciofila, gruppo del calcio o delle carte, ecc.).
•
in rapporto alle norme ed alle regole costitutive del Gr:
• Gr formale: fondato su regole preesistenti ed esplicite;
• Gr informale: fondato su regole costituite occasionalmente, oppure in divenire, sia esplicite che implicite.
•
in rapporto agli obiettivi/scopi collettivi del Gr:
• Gr di base: il cui fine è lo “stare insieme” degli individui (il Gr stesso è considerato un
“fine”), che risultano così centrati nel Gr in base ad una prevalenza dei fattori affettivi;
• Gr di lavoro: il cui obiettivo è quello di realizzare un’azione (il Gr è sentito allora come
un “mezzo”), per cui gli individui rimangono centrati sul compito da svolgere, con una
prevalenza dei fattori operativi su quelli affettivi.
LA COESIONE
Ogni Gr ha un certo tipo di unità, una sua attrazione interna, frutto di un equilibrio, di una tensione tra le forze centrifughe e centripete. La coesione è una forza che mantiene unite le molecole
che compongono un corpo; oppure è il legame che mantiene degli individui uniti tra loro nel Gr oppure mantiene gli individui uniti alla regola del Gr.
Opuscoli CS No. 2
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Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
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D. I FATTORI DI COESIONE
I fattori di coesione sono molteplici, e possono essere suddivisi in comuni (ossia fattori che sono
comuni a tutti i membri del Gr), estrinseci (ossia fattori che contribuiscono a fare in modo che il Gr
stia insieme, anche se sono fattori esterni alla persona ed al Gr stesso; normalmente precedono
l’esistenza del Gr), intrinseci (ossia fattori interni alla persona ed al Gr stesso, che riguardano il suo
divenire).
COMUNI :
]) età
]) sesso
]) professione/formazione
]) ideologia/confessione
(politica, religione)
]) disposizione materiale del Gr
(di spazio e di tempo)
ESTRINSECI:
]) norme legali
]) pressione dell’opinione
pubblica
]) dipendenza gerarchica
INTRINSECI
]) Socio–affettivi: ossia elementi che rendono il Gr attrattivo, vale a dire motivazioni, emozioni, valori. Questi possono essere sia collettivi che individuali:
]) collettivi: gli elementi di coesione che legano i membri nei confronti del Gr e,
viceversa, del Gr verso i membri:
]) lo scopo e gli obiettivi comuni. Essi sono più o meno chiari secondo l’età
dei membri e la natura del Gr; sono vissuti in maniera esaltante da parte di
Gr nuovi o spontanei, in modo rituale da parte di Gr istituzionalizzati. La
forza di coesione dello scopo dipende dalla sua chiarezza e dal livello di aspirazione dei membri del Gr;
]) i mezzi e gli strumenti per raggiungere lo scopo. In modo particolare
l’azione collettiva, quale mezzo per raggiungere l’obiettivo comune e fonte
di soddisfazione per se stessa e con il sentimento di progresso;
]) l’appartenenza al Gr. In modo particolare grazie ai valori comuni ed ai
mezzi messi in gioco per il raggiungimento degli obiettivi: l’appartenenza al
Gr coinvolge soprattutto la sfera affettiva dei membri (in riferimento al bisogno di relazionarsi e di comunicare/comunicarsi in opposizione alla paura di
rimanere relegati nella solitudine).
]) individuali: gli elementi di coesione che legano un individuo agli altri individui del Gr:
]) le affinità interpersonali. L’attaccamento di una persona ad un Gr può
venire (in un primo tempo!) in gran parte da simpatie verso uno o più membri del Gr: conosco qualcuno che appartiene al Gr e mi “lascio tirar dentro”;
]) la soddisfazione di certi bisogni personali. In particolare eccone alcuni:
]) bisogno di dominazione o di dipendenza;
]) pulsioni aggressive;
]) desiderio di prestigio e di considerazione sociale;
]) desiderio di essere accolto, accettato;
]) esibizionismo.
Questi fattori di coesione intrinseci socio–affettivi individuali sono INDISPENSABILI: un Gr non può esistere senza di essi, ma sono ambivalenti e possono sia rafforzare, sia indebolire il Gr. Essi VANNO GESTITI, trovando il GIUSTO EQUILIBRIO. Se
essi hanno il sopravvento sui fattori di coesione intrinseci socio–affettivi collettivi,
il Gr è destinato alla disgregazione!!!
30
Opuscoli CS No. 2
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Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
]) Operativo–funzionali: con una coesione esercitata da:
]) dalla distribuzione e strutturazione dei ruoli. Questa distribuzione è strettamente dipendente dalle attività e dagli obiettivi del Gr, dai carismi dei singoli
membri: riguarda sia l’individuo singolo oppure dei sotto-gruppi (commissioni,
ecc.). Da questo dipendono le due dimensioni: orizzontale, per cui l’agire di un
membro condiziona gli altri e viceversa; verticale, per cui le persone hanno una
relazione sancita da un certa gerarchia (organigramma). Il Gr è tale solo se munito
di un sistema di ruoli interdipendenti e complementari.
]) dalla condotta del Gr e della leadership. Ogni membro esercita un’influenza
di intensità differenziata e variabile sul resto del Gr. Ma per esistere (!) un Gr ha
bisogno di una leadership, che va però intesa non come una “tirannia” o una
“dittatura”, bensì come una relazione di complementarietà con gli altri membri del
Gr. Il leader è un primus inter pares, con compito di coordinamento (più che di
fare), di catalizzazione, di autoregolazione del Gr.
Leader
Animatore
Ragazzo
Animatore
DIMENSIONE VERTICALE
Animatore
Animatore
Animatore
DIMENSIONE ORIZZONTALE
E. IL PROCESSO DI IDENTIFICAZIONE
L’insieme dei fattori di coesione (cfr. paragrafo D ) determina il processo di identificazione dei
membri al loro Gr e l’intensità del sentimento del “noi”. L’identificazione con il Gr si può poi concretizzare attraverso espressioni simboliche tangibili, p. es. nomi specifici, canti, divisa, simboli,
logo, ecc.
3. CONFORMISMO
E DEVIAZIONISMO
Si tratta di due atteggiamenti normali dentro la vita del Gr: sono due tendenze antitetiche, che,
paradossalmente, servono e contribuiscono al rafforzamento del Gr ed alla sua crescita, sempre che
il Gr sia in grado e capace di gestirle. Si tratta delle due tendenze che danno origine alle vere e proprie dinamiche di Gr.
CONFORMISMO: esso implica l’esistenza di norme e di modelli collettivi. Man mano che un sistema di comunicazione e di relazioni si instaura tra più persone, si assiste ad un’uniformizzazione degli atteggiamenti dei membri del Gr. Il conformismo tocca tutti i fattori affettivi e operativi della
coesione (cfr. paragrafo D).
DEVIAZIONISMO: ogni condotta che si discosta dalle norme già acquisite è una deviazione! Deviante è il membro del Gr che decide più o meno liberamente di trasgredire o di trasformare le nor-
Opuscoli CS No. 2
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Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
CampoScuola 2001
me del Gr, provocando reazioni più o meno violente da parte della maggioranza degli altri membri
del Gr.
C’è di norma una certa zona di tolleranza, che è però variabile a seconda di quanto è sentita
“grave” la deviazione da parte del Gr e dall’importanza della norma trasgredita per l’adesione, continuazione, sopravvivenza del Gr.
deviazione
tolleranza
(variabile a seconda di come la N
è sentita dal GR)
N
Forza
centrifuga
F.
(N)orma, è l’insieme delle regole accettate dal Gr. Nei nostri
Gr questa “norma” è idealmente la
“Norma”, ossia GESÙ CRISTO!
LA RESISTENZA ALLE DEVIAZIONI, INNOVAZIONE E NORMALIZZAZIONE
La resistenza alle deviazioni, sia da parte del Gr sia da parte del deviante, fa scattare un meccanismo di dialogo, in cui si cerca di ricomporre la devianza, in modo particolare nel ribadire la regola e
la norma che è condivisa dal Gr. Se la devianza è avvenuta su elementi che non erano ancora regolati dalla norma, vi è la possibilità di un’innovazione, che influisce in modo positivo sul Gr: da una
normalizzazione, decisa da tutto il Gr, può scaturire un progresso della norma, e quindi una crescita
di tutto il Gr!
Le pressioni esterne al Gr (la società, altri gruppi, ecc.) possono favorire o intralciare questo processo di devianza, innovazione e normalizzazione.
4. INTERAZIONE E RUOLI
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A
B
Unità–Azione
Unità–Risposta
L’interazione e le interazioni sono “la forza interna dell’azione collettiva, vista dalla parte di
coloro che vi partecipano” (cfr. Eubanck). Un’interazione ha luogo quando un’unità–azione, prodotta da un soggetto A (individuale o collettivo) agisce come stimolo che suscita un’unità–risposta
presso un altro soggetto B e/o viceversa.
• individuo ~ individuo
• individuo ~ GR
• GR ~GR
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Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
Le interazioni rispondono a sei diversi tipi
di problemi:
a. informazione (6, 7);
b. valutazione (5, 8);
c. controllo (4, 9);
d. decisione (3, 10);
e. tensione (2, 11);
f. integrazione (1, 12).
4. suggerire
5. dare un’opinione
6. dare un’informazione
Area operativa
H. I RUOLI
1. solidarietà
2. distensione
3. approvazione
Area socio–
affettiva positiva
G. LE CATEGORIE DELL’ INTERAZIONE
Area socio–
affettiva negativa
7. domandare
I singoli membri del Gr agiscono in manieun’informazione
ra differente attraverso le categorie d’intera8. domandare un’opinione
zione (paragrafo G). Proprio per questo, il ruolo del singolo dentro il Gr appare più carisma9. domandare un suggeriticamente, a seconda delle sue doti e capacità
mento
personali, che non istituzionalmente.
Chiaramente il ruolo del singolo membro
10. disapprovare
condiziona il Gr nelle diverse interazioni:
11. tensione
p.es. il membro che eserciterà molte interazio12. aggressività
ni di tipo 4 o 5 (suggerimenti ed opinioni) tenderà a provocare una diminuzione di questo
tipo di interazioni nel Gr; esso si orienterà,
allora, piuttosto, con questo membro del Gr,
verso interazioni del tipo 8 e 9 (domandare l’opinione e/o suggerimenti). Proprio in base a queste
routines dinamiche del Gr si può costatare i doni/carismi del singolo e, in base a questi, attribuirgli,
all’interno del Gr, un ruolo confacente. Solo a questo punto il ruolo può essere istituzionalizzato dal
Gr. Chiaramente nelle interazioni e nel riconoscimento, istituzionalizzazione e accettazione dei ruoli la COMUNICAZIONE (in quanto canali e strumenti) è fondamentale!!!
I.
LE AREE DI RUOLO
Ci sono tre aree di ruolo (secondo Benne e Sheats):
• Ruoli relativi al compito, miranti a facilitare e coordinare lo sforzo del Gr nella definizione
degli obiettivi e nel perseguimento degli stessi (p. es. coordinatore, segretario…). Sono ruoli
legati al “Fare pratico” ed alla gestione dell’attività del Gr.
• Ruoli relativi al mantenimento della vita del Gr. Due possono essere i tipi di preoccupazioni:
socio–affettive (sostenere il morale, ridurre i conflitti: stimolatore, mediatore, protettore); valorizzazione del Gr e dei suoi membri (interpretare i fenomeni che avvengono all’interno del
Gr: ‘analista’. ‘commentatore’). Sono ruoli che si occupano piuttosto “dell’Essere del Gr”: ciò
in quanto il soggetto dell’attenzione non è tanto il singolo quanto piuttosto il Gr.
• Ruoli individuali, concernenti soprattutto la soddisfazione dei bisogni individuali dei membri
(bisogno di dominare, di dipendere e rassicurarsi, di mettersi in mostra, di raccontarsi e svelarsi). Questi ruoli non riguardano direttamente la vita del Gr ma sono indispensabili
all’esistenza del Gr stesso. Sono i ruoli relativi al “Fare” ed “all’Essere” dell’individuo (non
del Gr!): bisogna vegliare all’equilibrio tra i ruoli dell’individuo ed i ruoli del Gr.
j.
I “CONFLITTI” DI RUOLO
L’assunzione e la distribuzione dei ruoli in un Gr richiede che vi sia una sorta di istituzionalizzazione. Vi sono infatti due rischi: 1. quello della concorrenza o dell’invidia da parte di un altro membro oppure che 2. il ruolo sia assunto da qualcuno che è incapace di gestirlo. La verifica e
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l’apportare dei correttivi a questo riguardo può portare nel Gr evoluzione e maturazione del Gr stesso; la loro mancanza può portare disequilibrio e disgregazione.
Nella distribuzione e nell’accettazione dei ruoli la comunicazione è essenziale: occorre prestare
attenzione agli atteggiamenti, ai canali, agli strumenti. La definizione e l’attribuzione dei ruoli è
spesso fonte di conflitti: essa va curata sin dall’inizio e va fatta in piena chiarezza, per evitare i malintesi. Una volta accettata dal Gr, essa va difesa e non continuamente messa in discussione.
Proprio perché questo equilibrio è così importante, è essenziale fare periodicamente delle verifiche: i membri del Gr devono imparare a dirsi gli uni gli altri ciò che si pensa e ciò che si sente. In
questo è importante che ognuno impari a lasciar dire e parlare l’altro finché basta (senza interrompere) e senza rimandare ulteriormente (o aspettare troppo), altrimenti il Gr cercherà il/i capro/i espiatorio/i. La verifica va fatta sugli obiettivi e sui mezzi, non sulle persone!
5. LA LEADERSHIP
NEL
GR
Il Gr necessita per assicurare il proprio mantenimento e la propria crescita di un leader. Egli
ha bisogno di autorità, che concerne sia il suo agire sia il suo rapporto con il Gr. L’esercizio
dell’autorità dipende però dalle norme collettive del momento (ossia attualmente riconosciute dal
Gr); dalle situazioni concrete; dalla personalità del leader.
K. L’ AUTORITÀ DEL LEADER
L’autorità del leader deve essere istituzionalizzata, altrimenti potrà sempre essere messa in discussione tutte le volte che il leader cercherà di svolgere il suo ruolo: il leader deve essere abilitato
dal Gr stesso ad esercitare la propria autorità. D’altra parte l’autorità conferita al leader deve avere
un carattere operativo e di efficacia, e sarà tanta quanta i membri del Gr accetteranno e concederanno. Non è mai un’autorità assoluta; riguarda solo il Gr e le sue finalità, attività: non è mai potere
sulle persone! È sempre meglio, del resto, l’autorevolezza all’autorità; il carisma al potere! Il Gr, da
parte sua, deve vedere l’autorità come una necessità del Gr, per la sua esistenza, per il conseguimento degli obiettivi, per la sua sopravvivenza e per il suo funzionamento.
Per noi cristiani, non dobbiamo mai dimenticarlo, Gesù Cristo ha indicato che la via della grandezza, dell’autorità, del potere va intesa nel senso del farsi piccolo, del servire nei confronti degli
altri: “Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro
servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio
dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per
molti” [Mt 20,16–28].
L. LE FUNZIONI DEL LEADER
Le funzioni del leader sono di due tipi, fondamentalmente:
]) socio–operative (pratiche): miranti a raggiungere gli obiettivi e realizzare i compiti del Gr:
]) operazioni concernenti l’informazione ed il metodo di lavoro:
]) definire (e richiamare) chiaramente l’obiettivo del Gr;
]) definire le tappe: programmazione del piano di lavoro (come preoccupazione);
]) porre le basi all’avvio del lavoro del Gr;
]) suggerire soluzioni in caso di difficoltà (almeno come presa di coscienza).
]) operazioni concernenti il coordinamento degli apporti e degli sforzi dei membri del Gr:
]) definire (e richiamare) il ruolo di ciascuno rispetto agli altri;
]) verificare e garantire i ruoli cammin facendo;
]) fare il punto della situazione dopo ogni tappa del lavoro.
]) operazioni concernenti la presa di decisione:
]) le decisioni prese vertono sui fini o sui mezzi (mai sulle persone!)
34
Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
]) socio–affettive (persone): miranti a monitorare e migliorare il clima psicologico del Gr. Il
mantenimento di un Gr non dipende unicamente da fattori tecnici e/o metodologici, ma anche
dal clima psicologico dello stesso!
]) interventi miranti a stimolare e sostenere:
]) incitare a partecipare attivamente (ev. per mezzo di gratifiche o di sanzioni?!?)
]) rassicurare i membri del Gr ed il Gr stesso nel caso di timori o di tensioni individuali o collettivi.
]) interventi miranti alla facilitazione sociale:
]) ristabilire o rinforzare la comunicazione, con la ricerca di un linguaggio comune,
con l’esternamento dei timori, dei desideri, dei pareri.
]) interventi miranti alla valutazione:
]) sondare l’evoluzione del livello di soddisfazione o di insoddisfazione individuale
e collettivo;
]) in caso di conflitti: localizzare le cause del conflitto e facilitarne la soluzione
(almeno a livello di presa di coscienza).
M.
LA TIPOLOGIA DEL LEADER
Riguardo alla figura del leader diverse tipologie sono possibili: esse hanno ovviamente delle conseguenze esplicite sul Gr nel suo insieme.
A. Tipo AUTORITARIO: influenza gli altri direttamente o tramite pressioni esterne, usando anche
delle intimidazioni o delle sanzioni quando il membro si oppone oppure diviene deviante. La
conseguenza è una grande distanza tra leader e Gr!
B. Tipo COOPERATIVO: coinvolge l’altro nella presa di decisione, almeno nella fase preparatoria
ed applicativa. Distanza meno importante tra leader e Gr!
C. Tipo MANOVRATORE: influenza l’altro direttamente, usando tecniche di manipolazione, ad insaputa dell’interpellato. È spesso una delle modalità di “riserva”, quando fallisce l’approccio di
tipo A (autoritario).
D. Tipo ELUCIDATORE: guida l’altro verso una presa di coscienza dei problemi e mira ad ottenere
una decisione collettiva. Si tratta di un’attitudine non direttiva nei confronti del Gr.
E. Tipo “LASCIAR FARE”: rifiuta l’autorità e non la usa, perché non vuole e non se la sente. Rischia di non interessarsi sufficientemente del Gr e di lasciare che le cose vadano da se stesse,
normalmente per il peggio.
Non esiste l’identikit del leader: è semmai importante la sua capacità di adattamento alla sua situazione, impiegando, di volta in volta, la tipologia che meglio vi si adatta. “Il capo è l’uomo della
situazione!” (Napoleone).
6. IL GR
NEL
CONTESTO SOCIALE
Un Gr (che chiamiamo qui IN
GROUP, considerandolo dal suo punto di
vista interno) nasce, si sviluppa e si mantiene in un tessuto sociale, caratterizzato da
altri Gr (che chiamiamo qui OUT GROUPS,
considerandoli esterni rispetto al Gr originario). Grazie a questo confronto il Gr evolve! Avviene, ad un livello più complesso, ciò che avviene tra individuo o Gr.
Opuscoli CS No. 2
TESSUTO SOCIALE
OUT
GR
OUT
GR
IN
GR
OUT
GR
OUT
GR
OUT
GR
OUT
GR
OUT
GR
35
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
N. IN
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GROUP E OUT GROUPS
La distanza tra IN GROUP e l’OUT GROUP dipende dal grado di somiglianza o di differenza esistente tra i gruppi, sia a livello di tratti categoriali (età, professione, gusti, ruoli, ecc.) sia a livello di
interessi ed obiettivi (valori, desideri, credo religioso o politico, ecc.). La molteplicità dei fattori in
gioco rende, spesso, la convivenza tra Gr particolarmente difficile.
Lo scontro con altri Gr è però, per certi versi, “naturalmente” obbligato: quando il mantenimento
ed il valore dell’IN GROUP sono messi in discussione da un OUT GROUP, all’interno dell’IN GROUP
scattano dei “meccanismi di difesa” tali da aumentare considerevolmente la coesione dei suoi membri (cfr. la sapienza popolare: due nemici possono accordarsi, a condizione che ci sia un terzo da
combattere insieme!). Occorre, dunque, per certi versi ricercare il confronto con altri OUT GROUPS,
perché esso permette una maggiore coesione interna all’IN GROUP, nonché una maggiore identificazione con esso.
OUT GR
IN GR
Meccanismi
di difesa
Poiché permette una
maggior identificazione all’IN GROUP da
parte dei suoi membri
Aumento
della coesione
IN GR
Ricerca del confronto!
36
io
mb
Sca
IN
GR
za
For uga
trif
cen
IN
GR
NORMALIZZAZIONE (R–I–N)
Fo
cen rza
trif
uga
O. RESISTENZA, INNOVAZIONE,
OUT
GR
OUT
GR
RESISTENZA
Le norme e la
tendenza al conformismo impediscono e ostacolano lo scambio e
quindi anche la
crescita. Il deviazionismo porta,
invece, ad un
confronto reciproco.
INNOVAZIONE
La tolleranza (nel
dialogo) permette
uno scambio ed
una condivisone.
Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
OUT
GR
Fo
cen rza
trip
eta
za
For eta
trip
cen
IN
GR
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
NORMALIZZAZIONE
Le innovazioni
reciprocamente
acquisite subiscono una focalizzazione
all’interno dei
rispettivi Gr.
P . PRINCIPIO DI PRIORITÀ (E DI NON SIMULTANEITÀ)
Il dialogo (con scambio ed innovazione) può avvenire solo ad un livello contemporaneamente,
secondo priorità che scaturiscono dal confronto stesso (priorità): non è possibile affrontare tematiche diverse allo stesso momento (non simultaneità). Una gestione simultanea di più processi porta
ad una deviazione incontrollata del Gr, fino a provocarne la disgregazione: ciò perché i membri del
Gr non riescono ad assimilare e far proprie le innovazioni.
IN GR
Norma 1
OUT GR
R-I-N
Norma 1
Norma 2
Norma 2
Norma 3
Norma 3
∆t
Q. SPAZIO DI CONFRONTO E ATTORI
Affinché il confronto tra I N GROUP e OUT GROUP possa essere positivo, ossia permetta una crescita di tutti, occorre definire precedentemente lo SPAZIO e gli ATTORI. La “tecnica” consiste nel paOK
OUT
2
OUT
2
IN
Sin
ton
ia
IN
Sca
mb
io
IN
OUT
1
OUT
1
OUT
1
OUT
2
∆t
Opuscoli CS No. 2
37
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
CampoScuola 2001
rare in precedenza il possibile, ed evitare i cosiddetti “errori prefabbricati”! Ogni attore deve riconoscersi in un Gr (cfr. ruolo!) e nello spazio–tempo, pena la sua deviazione!
NO!!!
Sca
mb
io
I
IN
OUT
1
OUT
1
OUT
2
OUT
2
I
OUT
1
OUT
X
Sin
ton
ia
OUT
1
OUT
2
OUT
X
IN
OUT
2
∆t
Quale ne è il motivo? Il processo R–I–N mette in gioco l’intero Gr: durante il processo è difficilissimo riposizionare la struttura del Gr, ma questo processo è possibile solo prima o dopo il processo stesso; durante il processo si può solo cercare di tappare le falle! I membri del Gr sono “deboli”
durante il processo (per pressioni esterne: stress, stanchezza; o per pressioni interne: scarsa disponibilità ad accettare il confronto, disidentificazione, calo dell’autostima, ecc.); ragion per cui occorre
cercare di non colpirli dove non se l’aspettano, ossia nei loro punti deboli.
7. IL CONFLITTO
Il conflitto (Cfl) è: fastidioso, minaccioso, distruttivo, doloroso…?!?
R. MODALITÀ DI GESTIONE
Per gestire un Cfl ci sono tre modalità diverse. Il Cfl può essere:
A. evitato, ciò che è pressoché impossibile, vista la molteplicità delle variabili in gioco;
B. contenuto, a lungo andare, però, il suo contenimento ne provoca un ampliamento incontrollabile; può essere usato solo come soluzione temporanea e provvisoria (“cerotto”);
C. affrontato e risolto, che è l’unica via percorribile!!!
S.
ORIGINE STRUTTURALE DEL CFL
La divergenza di opinioni su un fatto (“oggetto”) viene trasformata in rimproveri verso l’altra
persona (“soggetto”). Invece di affrontare il problema comune, però, si identifica l’altra persona
come il problema stesso! Questa è una risoluzione distruttiva.
Risolvere il Cfl significa oggettivare il problema, senza attaccare la persona che ci sta di fronte
(desoggettivazione).
A
38
B
Risoluzione
distruttiva
Opuscoli CS No. 2
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Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
A
PROBLEMA
Risoluzione
costruttiva
B
A e B si assumono la responsabilità del problema
T. PIANI DEL
CFL
Il conflitto palese (oggettivo) risulta
spesso essere “la goccia che fa traboccare il
vaso”: una soluzione del Cfl palese implica
anche di affrontare i conflitti più profondi
(soggettivo), riguardanti la personalità ed i
suoi rapporti con sé e con gli altri. In una
gestione dei Cfl (mediazione) l’obiettivo è
comunque sempre quello di risolvere i Cfl
manifesti; come effetto complementare potrebbe succedere che la mediazione possa
avere degli effetti terapeutici a livello della
profondità della persona (che sono, di regola, di competenza degli specialisti).
Ecco qui di seguito alcuni esempi:
CFL PALESE
Una donna si lamenta del fatto che il marito solitamente non esaudisce le sue ‘piccole’ richieste, come per esempio riparare un tavolo
traballante. Dice che lo metterà a posto, poi però non lo fa.
CFL
di FONDO
Il motivo reale perché non lo fa è da ricercarsi nel fatto che il tavolo
traballante non gli dà fastidio, proprio non vede il motivo per cui il tavolo dovrebbe essere aggiustato. Ma egli non lo dice.
PROBLEMI di
PERSONALITÀ
Il motivo per cui il marito non lo dice sta nel fatto che lui vuole
sempre accontentare tutti. La frase «non ne ho voglia» non c’è
nella sua vita.
ESPERIENZE
del PASSATO
Opuscoli CS No. 2
Il tener conto delle proprie esigenze gli è stato fatto passare già nella infanzia. Allora valeva: «Non importa, lo fai e basta!» (esperienza
condizionante del passato).
39
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
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U. MEDIAZIONE E TERAPIA
Si tratta di due ambiti distinti, posti su due livelli diversi di approccio alla questione dei Cfl. La
mediazione si pone a livello di Dinamiche di Gr, e cerca di risolvere i problemi che si pongono nella gestione di questo tipo di problematiche; la terapia si pone, invece, ad un livello molto più profondo, in modo particolare a livello della personalità delle persone in Cfl (normalmente in un rapporto esclusivo tra terapeuta e paziente), oppure, in una terapia di Gr, a livello di problemi personali
e/o di relazione che vengono curati nel confronto diretto tra le persone del Gr terapeutico.
Si possono dare alcune indicazioni:
MEDIAZIONE
TERAPIA
Si tratta di conflitti
INTERPERSONALI
Si tratta di conflitti
INTRAPERSONALI
TUTTI i contendenti sono
coinvolti (ev. anche Gr)
In cura solo UNA persona
coinvolta nel Cfl
La STORIA PERSONALE degli
interessati vine presa in
considerazione per giungere a
una soluzione del Cfl
Il Cfl viene usato come segnale
di problemi più profondi
Scopo è la soluzione del
PROBLEMA del MOMENTO
Scopo è la soluzione del
PROBLEMA della PERSONALITÀ
V. I RETROSCENA DI UN CFL
W.
LE AREE DI CFL
Ci sono cinque aree di conflitto:
• Cfl oggettivi
• Cfl di interessi
• Cfl di rapporto
• Cfl di valori
• Cfl di struttura
40
L’ICEBERG
DEL CFL
CONFLITTO
OGGETTIVO
CONFLITTO
SOGGETTIVO
Interessi
Esigenze
Sentimenti ed emozioni
Problemi di rapporto
Problemi intrapersonali
Valori
Equivoci
Problemi di comunicazione
Informazioni
Modi di vedere
Condizioni strutturali
Accanto al conflitto palese vi è sempre
un’area nascosta, che dà adito al Cfl; p. es. la
condivisione di un alloggio fra studenti, che può
scatenare sentimenti ed interessi non sempre evidenti o esplicitati; la mania dell’ordine di una
persona (problemi intrapersonali). È vero che
molte cause di Cfl si sovrappongono le une le
altre. In linea di principio un ambito problematico passa in primo piano rispetto agli altri.
Quando uno degli ambiti passa in primo piano, gli altri piani si spostano automaticamente
nella sfera dei potenziali Cfl di fondo.
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1.
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
CFL OGGETTIVI
Sono causati da:
• carenza di informazioni;
• informazioni errate;
• diversa valutazione su ciò che è importante;
• diverso modo di procedere per la valutazione.
Possibili interventi:
• raggiungere un accordo per stabilire cosa è importante;
• mettersi d’accordo su come procedere per ottenere informazioni;
• sviluppare criteri comuni per la valutazione dei dati.
2.
CFL di INTERESSI
Sono causati da:
• concorrenza presunta o reale;
• interessi reali (contenuto);
• interessi sul procedimento;
• interessi psicologici.
Possibili interventi:
• rivolgere l’attenzione verso gli interessi e non verso le posizioni;
• cercare criteri oggettivi;
• sviluppare soluzioni ad ampio raggio che incontrino il consenso di tutte le parti;
• cercare strade per ampliare opzioni e risorse;
• concordare attività per soddisfare interessi di portata diversa.
3.
CFL di RAPPORTO
Sono causati da:
• sentimenti forti;
• percezioni errate oppure stereotipi;
• comunicazione carente e sbagliata;
• comportamento negativo o ripetuto.
Possibili interventi:
• tenere sotto controllo la manifestazione di sentimenti con il modo di procedere, le regole
di base, ecc.;
• favorire l’espressione dei sentimenti, riconoscendoli e prevedendo un procedimento a
questo scopo;
• chiarire le percezioni positive;
• migliorare la qualità e la quantità di comunicazione;
• impedire comportamenti negativi e reiterati modificando la struttura;
• incoraggiare atteggiamenti positivi per la risoluzione dei problemi.
4.
CFL di VALORI
Sono causati da:
• criteri diversi per la valutazione di idee e comportamenti;
• obiettivi esclusivi di valore intrinseco;
• diverse forme di vita, ideologia o religione.
Opuscoli CS No. 2
41
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
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Possibili interventi:
• evitare una definizione del problema con concetti di giudizio;
• permettere alle parti di acconsentire o rifiutare;
• creare sfere di influenza nelle quali predomini un insieme di valori;
• cercare obiettivi di ordine superiore che tutti condividono.
5.
CFL di STRUTTURA
Sono causati da:
• modelli di comportamento o di interazione distruttivi;
• controllo, rapporti di possesso o distribuzione di risorse disuguali;
• potere e autorità disuguali;
• fattori geografici, fisici o legati all’ambiente che ostacolano la collaborazione;
• costrizioni temporali.
Possibili interventi:
• definire con chiarezza i ruoli e modificarli;
• sostituire modelli di comportamento distruttivi;
• ridistribuire il possesso e il controllo delle risorse;
• avviare un procedimento che sia leale e accettabile da tutti;
• modificare lo stile della trattativa orientata alle posizioni con una orientata agli interessi;
• modificare il tipo di influenza delle parti (meno costrizione, più convinzione);
• modificare la sfera fisica e l’ambiente delle parti (vicinanza e distanza);
• diminuire la pressione esterna sulle parti;
• modificare le costrizioni temporali.
X. GLI 8+1 PRINCIPI DI SOLUZIONE
Non esistono delle ricette per la soluzione dei Cfl: per questo ci vuole molto buon senso e tanta
esperienza. Qui possiamo dare solo dei principi per la soluzione dei Cfl, ben sapendo che si tratta
poi di calarli nella realtà, secondo modalità che devono essere scelte tra le più adeguate alla situazione che si sta vivendo.
1. CFL A RIGUARDO DEGLI INTERESSI
Far riferimento agli interessi e non alle posizioni personali!
2. CFL A RIGUARDO DELLE P ERSONE
Distinguere la persona dal problema!
3. CFL A RIGUARDO DELLE OPZIONI
Pensare a diverse possibilità di azione prima di decidere che cosa fare concretamente. Riflettere non soltanto sul da farsi, bensì su una serie di possibili azioni e controazioni!
4. CFL A RIGUARDO DEI CRITERI
Badare che il risultato soddisfi criteri vincolanti per tutti!
5. CFL A RIGUARDO DELLA VERITÀ
Ci sono più verità: la tua, la loro e forse… un’altra (quella di Dio)!
6. CFL RIGUARDO AI M EZZI
Rispettare l’unione di mezzi e scopo, senza svincolarli dall’obiettivo!
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Opuscoli CS No. 2
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Opuscoli CS No. 2
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
43
Comunicazione – Dinamica e Gestione di gruppo
CampoScuola 2001
7. CFL RIGUARDO ALLE PREMESSE
Attenersi ai principi e costruire su questi la strategia d’azione. Perseguire soltanto quegli obiettivi che sono validi per tutti!
8. CFL RIGUARDO AL POTERE
Il potere è la capacità di raggiungere i propri obiettivi (come servizio al bene comune, dunque) e non la facoltà di punire gli altri!
9. AFFIDAMENTO E PREGHIERA
Nella metodologia cristiana, la risoluzione dei Cfl, in particolare di quelli più gravosi, viene
affidata, per il tramite della preghiera, allo Spirito Santo, perché interceda per noi e suggerisca, andando oltre la ottusità delle menti e la durezza dei cuori, delle soluzioni che siano veramente in vista del comune e di tutti!
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Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
Condizioni quadro per la vita di gruppo
CONDIZIONI QUADRO PER LA VITA DI GRUPPO
E PER LA CONDUZIONE DELLO STESSO
di don Massimo
LA REGOLA E LA SUA FUNZIONE
Nel capitolo sulla Dinamica di Gruppo, abbiamo già considerato l’importanza per il gruppo (Gr)
dell’esistenza di una regola, che sia condivisa e condivisibile da parte di tutti i membri del Gr stesso: essa permette ai membri ed al Gr di fissare in modo chiaro quelli che sono gli obiettivi, nonché i
mezzi e le strutture adatti e condivisi per conseguirli. Grazie alla regola il Gr può regolare le due
tendenze del conformismo e del deviazionismo: richiamando in modo opportuno la regola, ecco che
il Gr può stimolare i membri ad una maggiore coesione al Gr (conformismo); ma può anche regolare le tendenze che si oppongono alla coesione del Gr (deviazionismo “distruttivo”), nonché può approfittare di un’occasione di devianza “costruttiva” per crescere in quanto Gr ed in quanto persone
(cfr. al riguardo le pg. 31–32; nonché il capitoletto su Resistenza, Innovazione e Normalizzazione
alle pg. 36–37).
Considereremo qui, maggiormente in concreto rispetto a quanto fatto finora, le condizioni quadro per la gestione e la conduzione di uno dei nostri Gr di preadolescenti e di adolescenti che troviamo nelle nostre parrocchie e nelle nostre zone pastorali: diamo per scontato che il nostro obiettivo
principale con questi Gr è di portare i Ragazzi che ci sono affidati alla conoscenza di Gesù, conoscenza personale (rapporto con lui) ed eccelsiale (rapporto e vita nella Chiesa).
Ecco alcune concretizzazioni di quanto appreso in precedenza:
Possiamo inizialmente affermare, che per noi la Regola, la Norma, è Gesù Cristo stesso: ciò
che lui è, ciò che lui ha detto e ciò che lui ha fatto; noi siamo chiamati, infatti, a divenire suoi
seguaci. Dalla relazione personale di ciascuno con lui (“Ama Dio con tutte le forze”) nasce la
possibilità di vivere un’amicizia tra di noi (“Ama il prossimo tuo come te stesso”; cfr. Mc 12,
13–17).
•
La Regola deve essere condivisa: ossia tutti devono essere d’accordo di avere Gesù Cristo come punto di riferimento per la crescita personale e comunitaria. Tutti i membri del Gr, anche
la leadership, sono chiamati a volgersi alla Regola come comune denominatore.
•
Nel Gr ogni persona porta i propri doni ed i propri talenti, ma porta anche i propri difetti,
ossia aspetti del carattere e della personalità che non sono docili alla Regola: Nessuno è in
grado di aderire alla Regola in modo perfetto. Qui cominciano le due tendenze di conformismo e deviazionismo; qui iniziano anche la bellezza della vita di Gr ed anche i suoi problemi.
•
Nonostante le difficoltà personali e comunitarie, è essenziale che si ripeta, fondamentalmente,
l’adesione alla Regola. Anche quando si è sbagliato, occorre ribadire l’intento di ricominciare
ad aderire in modo più profondo, personalmente e comunitariamente, alla Regola.
•
Vivere la Regola al 100% non è possibile: ogni Gr deve darsi una (r)egola che si rifaccia alla
(R)egola e che, in qualche modo, ne rappresenta un compromesso ed una proposta vivibile e
condivisibile da parte di tutti i membri del Gr.
•
La mediazione della regola è quella di portare i Ragazzi, ed anche gli Animatori, ad approfondire la conoscenza di Gesù, la vera Regola. Attraverso la vita in comune, aiutiamo noi ed i
Ragazzi a crescere, dando loro anche la possibilità di diventare, a loro volta, Animatori.
•
La vita ci sorpassa sempre: la regola che ci siamo dati (approssimazione e compromesso) diviene sempre più esigente e si approfondisce sempre di più. In pratica, vi è sempre una “zona
non regolata” della vita di Gr, dove poi le passioni umane si situano e intervengono: è uno
spazio, questo, che si trova tra la regola posta in atto e la vita che si vive effettivamente; ed è
anche lo spazio della crescita personale e di Gr. Se paragoniamo la Regola ad un cerchio, la
regola è sempre un tentativo di “quadrare” il cerchio: di approfondimento in approfondi•
Opuscoli CS No. 2
45
Condizioni quadro per la vita di gruppo
norma 1
•
•
•
—>
R–I–N
—> norma 2
—>
CampoScuola 2001
R–I–N —>
norma 3
[...]
Norma (- Gesù Cristo)
mento (cfr. resistenza, innovazione, normalizzazione!) cerchiamo di far avvicinare la nostra
regola sempre di più alla vera Regola, che rimane l’orizzonte, l’ideale cui tendiamo, sia con la
nostra vita personale che con la vita di Gr. La regola, quindi, comprende due aspetti: da una
parte il Vangelo, che è e rimane l’unico punto di riferimento costante, dall’altra la vita che
viviamo in Gr, la quale mi e ci dice in quali ambiti ancora dobbiamo crescere.
La regola facilita la vita di Gr e la rende possibile, d’altra parte è scomoda: ci sarà un continuo confronto con essa, che a volte riuscirà, altre invece no (conformismo e deviazionismo).
È importante che, ogni volta che c’è una deviazione (di qualsiasi tipo), ciò sia detto e ribadito.
Se la deviazione è “costruttiva”, si entra nel processo di tipo “innovazione–normalizzazione”;
se la deviazione è “distruttiva”, invece, occorrerà che qualcuno nel Gr (leadership) ribadisca
la regola, a se stesso ed agli altri, per riorientare tutti verso di essa!
La devianza tende a mettere in discussione la regola, al punto tale che potrebbero – nei casi
gravi – anche convivere più regole. Deve essere chiaro ed evidente a tutti che vi è una sola
regola, come uno solo è Gesù Cristo, lo stesso ieri, oggi e sempre! (cfr. Eb 13,8).
I Ragazzi, in questo senso, divengono il termometro della coesione: nella misura in cui Leader
ed Animatori sono in grado di aderire alla regola e di avere una buona coesione tra di loro,
ecco che i Ragazzi cominceranno ad orbitare attorno a loro e saranno attratti centripetamente
verso la regola: la assimileranno, la faranno propria. Se questo non avviene, significa che,
all’interno del rapporto tra gli Animatori, oppure del rapporto tra gli Animatori ed i Ragazzi,
oppure nell’adesione degli Animatori alla regola ed alla Regola, qualcosa non funziona. Nella
misura in cui è forte la coesione tra gli Animatori, i Ragazzi satelliteranno, nella misura in
cui questo non avviene essi desatelliteranno, provocando anche la disgregazione del Gr!
Leader
Animatore
Coesione
N
(N)norma –
Gesù Cristo
Ragazzo
Forza
attrattiva
del Gr
46
Il dinamismo
della Regola
Opuscoli CS No. 2
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•
Condizioni quadro per la vita di gruppo
La “regola” deve prevedere tre ambiti, in particolare:
•
L’obiettivo: ossia la finalità per cui ci si incontra e verso il quale ci si orienta e si
vuole camminare.
•
I mezzi e le modalità: ossia le modalità concrete che si vogliono mettere in gioco in
modo tale da poter raggiungere gli obiettivi prefissati.
•
Una struttura ed i ruoli: ciò in vista di garantire l’efficienza dei mezzi e la possibilità
del cammino verso l’obiettivo.
UNA POSSIBILE REGOLA
Obiettivo (“Che cosa e perché lo facciamo?”)
“Investire valide energie pastorali a favore della gioventù, promuovendo
luoghi di aggregazione dove i giovani, dopo aver ricevuto la prima iniziazione
cristiana, possono sviluppare in un gioioso clima comunitario i valori autentici
della vita umana e cristiana” (Giovanni Paolo II, 27 agosto 2000).
Mezzi e modalità (“Come lo facciamo?”)
•
•
Orizzonte cristiano di vita e di crescita
Preghiera di gruppo e personale
•
•
•
Consapevolezza comune dell’obiettivo da raggiungere
Polarizzazione verso i Ragazzi (cfr. “Obiettivo”)
Apertura e accoglienza verso i Ragazzi indistintamente
•
•
•
•
•
•
Collaborazione e desiderio di collaborare
Condivisione delle gioie e dei problemi che si vivono insieme
Appoggio reciproco tra Animatori nei momenti di crescita dei Ragazzi
Fiducia, trasparenza, onestà, franchezza reciproche
Comunicazione aperta e franca reciproca tra gli Animatori
Rispetto reciproco delle persone e delle idee, nonché nei rapporti tra le
persone: ciò nel bene e nel male
Disponibilità alla crescita personale e di gruppo; alla discussione comune,
nonché a fare e ricevere della critica costruttiva
•
•
Valorizzazione delle persone e dei loro talenti
Struttura e Ruoli (“Chi fa che cosa”)
•
I settori dell’attività di gruppo
•
Le responsabilità
•
Le persone concrete
I RUOLI, LE RESPONSABILITÀ ED I COMPITI
I singoli membri del Gr sono diversi gli uni dagli altri, ma in più essi agiscono in maniera differente a seconda del ruolo che assumono all’interno del Gr (Leader, Animatore, Aiutoanimatore,
Ragazzo). Il Ruolo del singolo scaturisce soprattutto carismaticamente piuttosto che istituzionalmente: ciò che è certo è che il Ruolo del singolo condiziona tutto il Gr.
•
IL LEADER del Gr (è colui che ha la funzione di vegliare che la regola venga applicata, nonché di richiamare il singolo o il Gr quando la regola viene abbandonata. Questo compito è
un servizio, non una tirannia: anche il Leader, effettivamente, è sottoposto alla regola, né più
né meno degli altri! Gestisce i casi problematici ed i conflitti. Mantiene i contatti con le istituzioni cui il Gr si rifà, p. es. il parroco, il consiglio pastorale, l’associazione, il gruppo…
Opuscoli CS No. 2
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Condizioni quadro per la vita di gruppo
•
•
CampoScuola 2001
Gli ANIMATORI sono coloro che si occupano dei Mezzi/Strumenti e che con la gestione adeguata degli stessi cercano di avvicinare i Ragazzi, mediante la mediazione del “gioco”, alla
regola. Essi hanno una corresponsabilità con il Leader, che è un “primus inter pares”. Gli Animatori (o peggio ancora gli Aiutoanimatori, ossia coloro che si preparano a divenire Animatori) non sono gli schiavetti della situazione!
I RAGAZZI sono coloro che per motivi diversi (cfr. fattori di coesione intriseci socio–affettivi
individuali) entrano a far parte del Gr: essi vanno guidati, tramite i Mezzi, all’assimilazione
ed all’osservanza personale della Regola.
Alcuni concetti, che normalmente rischiano di subire delle malcomprensioni e provocare conflit-
ti:
•
•
•
La leadership è un ruolo: non aumenta il “lustro” di una persona! È solo un ruolo di servizio,
non di potere (cfr. il Vangelo: Mc 10,35–45)! Il leader più che autoritario deve essere autorevole! Per questo il ruolo del leader viene stabilito più che altro carismaticamente, piuttosto
che istituzionalmente: egli deve dimostrare con la vita di essere in grado di portare avanti la
regola per sé e per gli altri. È però vero che il ruolo di leader va istituzionalizzato: il leader
deve essere riconosciuto da tutti i membri del Gr.
La responsabilità è prima di tutto delega, coinvolgimento e condivisione! Non vuol dire fare
tutto da sé, né obbligare gli altri con autorità a fare tutto! La responsabilità è poi corresponsabilità, ossia collaborazione in comune, affinché venga sempre portato avanti e ricercato da
tutti (e non dal solo responsabile) il bene comune: il bene comune è il bene di tutti e non solo
il mio! Questo implica compromessi, rinunce e sacrifici, a volte!
Istituzione e Carisma: in un Gr, le persone che ne fanno parte, tendono, in modo naturale oppure in conseguenza del ruolo che rivestono, a spostarsi verso uno dei due pilastri fondamentali che reggono la vita di Gr: l’istituzione ed il carisma. L’istituzione è il ruolo che tende a
mantenere le strutture già condivise da tutto il Gr ed a verificare che le persone ed il Gr si
mantengano dentro “l’ortodossia” della regola, qualche volta anche irrigidendosi un po’ troppo sulle consuetudini e sulle posizioni già acquisite; il carisma è, invece, il ruolo che tende a
proporre la novità e l’innovazione, qualche volta anche perdendo un po’ di vista la centralità
della regola e l’importanza di una strutturazione.
Istituzione e Carisma sono due ruoli entrambi fondamentali, e del tutto complementari l’uno
all’altro. In effetti, l’istituzione, senza il carisma, rischia di diventare estremamente rigida e
fossilizzata sulle consuetudini, la tradizione, la ritualità dei gesti, il rispetto assoluto della regola; il carisma, senza l’istituzione, rischia di divenire costantemente deviante rispetto alla
regola del Gr stesso. La complementarietà è in vista di una crescita del Gr; per una fedeltà costantemente rinnovata degli ideali, degli obiettivi, dei mezzi e degli strumenti, delle attività.
Questo è anche lo stile della Chiesa universale!
CONTROLLO
ISTITUZIONE
CARISMA
NOVITÀ
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Opuscoli CS No. 2
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•
Condizioni quadro per la vita di gruppo
All’interno del gruppo degli Animatori, vanno poi suddivise le responsabilità per i singoli settori delle attività (mezzi e strumenti). Alcuni esempi:
•
responsabile attività diocesane;
•
responsabile liturgia;
•
responsabile riflessione e contenuti delle attività;
•
responsabile dell’attività tecnica/manuale;
•
responsabile delle attività ricreative;
•
responsabile spirituale (normalmente un sacerdote);
•
…
ALCUNE OSSERVAZIONI SUI MEZZI
Nell’ambito della propria regola, ogni Gr dovrebbe stabilire quelle che sono le modalità concrete
per cercare di raggiungere gli obiettivi che il Gr stesso si è prefisso. Diamo qui di seguito le categorie, senza pretesa di esaustività, che dovrebbero essere “regolate”.
•
•
•
•
Modalità e mezzi di comunicazione tra i membri: i quali devono essere condivisi ed accettati
ed usati da ciascuno e da tutti. Attenzione ai nuovi media, come Internet ed e–mail, perché al
momento non ancora tutti vi hanno accesso e poi poco si prestano per certi tipi di problematica. Questi mezzi sono particolarmente efficaci ed a buon mercato per la trasmissione delle
informazioni, ma sono poco o affatto adatti per la discussione–dialogo tra i membri. Può ev.
funzionare nel dialogo tra due persone che si conoscono bene, ma non funziona affatto per
una polemica tra numerosi membri del Gr. Vegliare, inoltre, che questi media non divengano
il sostitutivo del dialogo a quattr’occhi, solo perché sono più “comodi” rispetto alla fatica del
parlare faccia a faccia.
Modalità e frequenza di incontro: per i Ragazzi l’incontro è quindicinale, settimanale, mensile? E gli animatori ogni quanto tempo si incontrano per la programmazione, la preparazione e
la verifica? Orari? Luoghi?
La traccia ed i contenuti: con la strutturazione del cammino e programma annuale, nonché
settimanale; con un’occhio particolare alle seguenti tematiche:
•
Tema: che può essere una storia (in part. per i preadolescenti) oppure un canovaccio
libero ad impianto modulare (sopr. per adolescenti). È anche possibile prevedere momenti formativi specifici per i Ragazzi più grandi e/o Aiuto–Animatori.
•
Struttura della serata: con gioco, riflessione, discussione, attività pratica o creativa.
Importante stabilire, nella varietà, il “taglio della serata” (+ “scolastico” oppure + da
“divertimento”, ecc.), momento di convivialità. Attenzione alla varietà ed alla flessibilità.
•
Partecipazione alle attività diocesane: sia dell’Azione Cattolica Giovani che della
Pastorale Giovanile.
•
Attività extra, proprie del Gr: in modo particolare per favorire l’aggregazione,
l’amicizia, i rapporti con le famiglie, nonché per rispondere a certe esigenze o
“curiosità” dei Ragazzi.
•
Attività di servizio e/o caritativa: per aprire i Ragazzi anche verso la dimensione del
servizio e la disponibilità allo stesso (dentro e fuori la Chiesa). P. es.: animazione
della liturgia domenicale, partecipazione ad attività parrocchiali, zonali, diocesane;
ecc.
Modalità di vicinanza ai Ragazzi: riguardo all’atteggiamento educativo (durante la vita di Gr)
e di assistenza nei loro confronti (fuori della vita del Gr). Particolare attenzione riguardo alla
soluzione di problemi o situazioni particolari, nelle quali il Ragazzo può rivolgersi a persone
del Gr come punti di riferimento, se non addirittura come “ancore di salvezza” (scuola, lavoro, affetti, rapporto con i genitori, rapporti con il Gr o altri membri del Gr, ecc.).
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Condizioni quadro per la vita di gruppo
CampoScuola 2001
•
Modalità di verifica: in particolare riguardo all’andamento del Gr; nella riscoperta e
nell’approfondimento del senso di ciò che si sta facendo; nella soluzione dei problemi e dei
conflitti; nella correzione fraterna. Al riguardo ricordo il triplice livello indicato da Gesù per
la correzione del fratello: il primo passo tra te e tuo fratello, voi due soli; il secondo passo voi
due con un paio di testimoni; il terzo passo con l’assemblea; il quarto con “l’esclusione” del
recidivo, che per la comunità cristiana originaria avveniva solo per i peccati più gravi (cfr. al
riguardo la illuminante pagina di Mt 18,15–22). Noi siamo chiamati, all’interno dei nostri Gr a
far crescere le persone, che vanno accolte sempre per quello che sono ed accompagnate nel
loro cammino particolare. Al quarto punto non dovremmo mai giungere, dunque: vale per il
fratello e la sorella l’invito di Gesù: “Lo perdonerai settanta volte sette”, ossia… semprissimo!
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Opuscoli CS No. 2
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LA RELAZIONE CON L’EDUCANDO
La relazione con l’educando
di Francesca Bentoglio
APPUNTI tratti dal “Rischio educativo” di don Luigi Giussani e dalla lezione del Prof. Stanislaw Grygiel “L’Educazione è all’altro invisibile ma sempre presente”.
Due sono state le intuizioni alla base del cammino educativo di don Luigi Giussani, fondatore e
figura di riferimento per il Movimento di Comunione e Liberazione:
1.
2.
I contenuti della fede hanno bisogno di essere abbracciati ragionevolmente, debbono cioè
essere esposti nella loro capacità di miglioramento, illuminazione ed esaltazione degli autentici valori umani.
Quella presentazione deve essere verificata nell’azione, nell’esperienza.
Il rispetto di questo metodo ha caratterizzato fin dall’inizio il nostro impegno educativo, indicandone con chiarezza lo scopo: mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita. La Bibbia
invece della parola “razionalità” usa la parola “cuore”. La fede, dunque, risponde alle esigenze originali del cuore dell’uomo, uguale in tutti: esigenze di vero, di bello, di bene, di giusto, di amore, di
soddisfazione.
Il primo passo dell’educazione, allora, non è la domanda: cosa devo fare?
Grygiel in una lezione sull’educazione afferma che «Siamo nel mondo della “produttura”, dove
contano i prodotti: in questa società di funzionari sparisce la domanda: “Chi sei tu? Chi sono io?”.
Si espande, invece, un’altra domanda: “Cosa fai? Cosa vuoi fare nella tua vita?”. Essa rimanda tutti
coloro cui viene posta a qualche oggetto da fare e da mostrare come se fosse la loro identità.
L’uomo è funzionario e l’utilità della funzione surroga il senso della vita.
Che cosa è dunque l’educazione dell’uomo? Chi può essere educatore? La società delle funzioni
dà tante risposte, perché, avendo dimenticato che l’essere uomo è vocazione all’Invisibile (al Mistero) e non a questa o a quella professione, non sa porre correttamente queste domande. Tale società ha da chi mandare i giovani per imparare un mestiere ma non ha da chi mandarli a imparare
a essere uomini. (...) L’educatore non proclama qualche sistema. I sistemi non educano mai. Quando parliamo dell’educazione pensiamo alla presenza della persona alla persona; presenza, nella
quale l’altro traluce e chiama. In altri termini, l’educazione si compie nell’incontro».
La vera domanda è: “Che cosa sono?”. E la risposta: “Tu sei Grazia”, ossia il riconoscimento di
una pienezza, di una verità e di una forza, che abbiamo addosso, non nostra come origine, non come
frutto della nostra capacità, ma data, donata, incontrata; qualcosa che dobbiamo solo riconoscere e
cui dobbiamo solo aderire. Uno può essere sprovveduto, povero, complicato o fragile, ma la consapevolezza del “Che cosa sono?” è il punto di partenza.
II primo modo di muoversi verso l’altro è di com-muoversi, cioè di muoversi insieme alla Presenza che si è rivelata. Partire dal fatto che la definizione dell’uomo e del suo destino è Mistero. La
parola “mistero” indica qualcosa che io non posso possedere o misurare: quello che dobbiamo fare
cerchiamo di farlo, ma il punto di partenza, la nostra posizione è sempre volta a qualcosa d’altro,
disponibile ad essere corretta per penetrare maggiormente in una realtà più grande di noi “quanto il
cielo sovrasta la terra” (cfr. Is 55,9).
Non possiamo essere compiaciuti in niente di ciò che facciamo, secondo l’espressione di Gesù
nel Vangelo: “Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite - Siamo servi inutili -”
(cfr. Lc 17,10). L’unica cosa in cui possiamo essere compiaciuti è affermare Lui, tendere a Lui. Perciò siamo totalmente poveri, perché di fronte al mistero di Dio l’uomo è niente, e la sua consistenza
è rapportarsi, obbedirlo istante per istante. Noi non abbiamo la possibilità di definire quanto Dio
vorrà da noi nell’istante che sta per venire.
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La relazione con l’educando
CampoScuola 2001
Infatti, come ricorda il brano di Isaia, “le sue vie non sono le nostre vie e i suoi pensieri non sono i nostri pensieri” (Is 55,9).
Non dobbiamo avere paura dei “No” dei ragazzi e di dire “No” ai ragazzi, perché è così che si
diventa adulti. Fino a dieci anni il bambino mette nel suo sacco, sulle spalle, quello che di meglio ha
vissuto nella vita, quello che di meglio ha scelto nella vita. Ma ad un certo punto la natura dà al
bambino l’istinto di prendere il sacco e di metterselo davanti agli occhi. Il giovane rovista dentro il
sacco e paragona quel che vede dentro con i desideri del suo cuore e dice “è vero”, oppure “non è
vero”. E così con l’aiuto di una compagnia può dire: “Sì” oppure “No”.
È con povertà che stiamo di fronte ai ragazzi, certi che chi porterà a termine l’opera buona iniziata nel battesimo è Dio, ed è con grande gratuità che iniziamo le nostre attività facendo memoria
in ogni istante del grande amore di Dio verso di noi.
Di nuovo il Prof. Grygiel: «Dall’Invisibile (Dio) vengono educati Abramo e il suo figlio, Isacco, alle pendici del monte nel territorio di Moria. (…) Il dialogo costituisce il paradigma dell’edu–
cazione.
Isacco si rivolge ad Abramo: “Padre mio!”. Abramo risponde: “Eccomi, figlio mio!”. Il figlio,
dopo essersi accertato così della presenza del padre, riprende: “Ecco qui il fuoco e la legna, ma
dov’è l’agnello per l’olocausto?”. A questa domanda Abramo non è capace di rispondere, non perché non voglia spaventare il figlio, ma perché egli stesso non conosce la risposta. Infatti, Abramo
sa che deve sacrificare Isacco ma sa anche che da questo figlio nascerà il popolo.
Perciò crede e spera di poter trovare in Dio l’unità della risposta: “Dio stesso provvederà… figlio mio!”. Adesso, nella nuova situazione, tutti e due devono cercare il senso della loro vita, provveduto da Dio. L’uno e l’altro si affidano alla verità, la cui origine è divina.
L’uomo educa l’altro nella misura in cui gli si rivela. L’educatore si dona all’educando, gli si
affida; egli muore a sé. Però il morire non ha alcun senso, se accade fuori della speranza di poter
risorgere nell’altro, cui uno, morendo, si affida. L’uno educa l’altro. Tutto ciò vuol dire che il processo dell’educazione ha il carattere pasquale. C’è un passaggio dalla morte alla rinascita o, meglio, alla risurrezione spirituale.
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Opuscoli CS No. 2
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Dalla progettazione all’unità didattica
DALLA PROGETTAZIONE ANNUALE
ALL’UNITÀ DIDATTICA
Trasmettere i contenuti
di Davide (Dodo) De Lorenzi
Metodologia e programmazione (Didattica): dagli obiettivi ai blocchi strutturali fino alle unità
didattiche.
PIANO DELL’ ESPOSIZIONE
Il progetto
1. Introduzione: tracciare tra le stelle traiettorie di vita (sorpresa…)
2. Il “progetto”: la programmazione come definizione degli obiettivi in base alle
esigenze del gruppo, caratteristiche componenti (ragazzi e animatori)
3. La scelta del “tema”: l’attenzione annuale, la parola chiave, il fil rouge. La definizione di un oggetto bussola.
Dal progetto alla programmazione annuale
4. Il piano annuale: frequenza incontri, calendario
5. Divisione in blocchi o momenti – in base al tema scelto. Articolazione dell’anno
in blocchi strutturati (obiettivi e temi di ogni blocco)
6. Possibili cicli e alternanze: il calendario liturgico, i tempi forti, momenti alternativi nella vita del gruppo (attività ricreative, uscite, appuntamenti diocesani)
Dalla programmazione annuale all’unità didattica (UD)
7. La definizione degli obiettivi generali e specifici e dei temi di ogni incontro
(UD)
8. La programmazione di un’UD (teoria)
9. La pianificazione di un incontro (pratica) – la traccia di una “serata tipo”
Come si tiene un incontro? Qualche suggerimento e stimolo
10. Ritmi e contenuti dell’UD: ocio alla routine, ocio al déjà vu, ocio al “faso tutto
mi”.
11. Stupire con effetti speciali – meglio sperimentare che annoiare
12. Gli animatori e i ragazzi – evitare lo “stile conferenza”; puntare sul coinvolgimento. Il socio-costruttivismo
Ruolo degli animatori
13. Progettare insieme – dividere il lavoro
14. Sfruttare talenti e carismi di ognuno – ma evitare le figure stereotipate
15. La vita oltre il gruppo
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Dalla progettazione all’unità didattica
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LA PROGETTAZIONE
Preparare un cammino annuale è un po’ come
guardare un cielo stellato… All’inizio c’è una
sensazione di smarrimento, di confusione, perché
ci troviamo di fronte ad un infinito incontenibile:
anche nella programmazione, soprattutto al momento in cui bisogna iniziare ad avventurarsi in
questo momento fondamentale dell’attività del
gruppo, ci può essere questo tipo di sentimento!
Ma poi ci si accorge che guardare il cielo non
è poi una cosa così incomprensibile: si può cominciare ad intravedere dei disegni, dei raggruppamenti, dei punti di riferimento, ed allora anche
nel cielo stellato si può cominciare ad orientarsi.
Possiamo cominciare a tracciare una sorta di
carta stellare: con delle linee indico delle traiettorie tra le stelle e così facendo comincio, a partire dai primi orientamenti e punti di riferimento
(la Stella polare, l’Orsa minore), a tracciare delle
costellazioni, cui posso anche dare un nome
(Orsa maggiore). A partire da questa mappa stellare, posso allora cominciare ad orientarmi anche
nel cielo reale.
Nella progettazione si tratta di cogliere l’essenziale, trasmettendo i valori in cui crediamo ai ragazzi, senza che essi si perdano nella complessità del reale, ma, anzi, abbiamo delle griglie interpretative del reale stesso: occorre insegnare loro tra le varie stelle della vita a tracciare traiettorie di vita
(e non di morte!).
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Opuscoli CS No. 2
CampoScuola 2001
Dalla progettazione all’unità didattica
Non si può “inscatolare tutto”: a differenza della scuola, per la quale è essenziale raggiungere
determinati obiettivi cognitivi. Nel nostro caso e nel nostro progetto di gruppo c’è qualcosa di più,
c’è una prospettiva in più: un desiderio di condividere gli orizzonti (“Orizzonti d’azzurro”), i quali
sono più da intravedere e da cogliere che da inscatolare.
La nostra è una vocazione, non solo un compito istituzionale: non siamo professionisti, né abbiamo (e nemmeno dobbiamo avere) una formazione psico–pedagogica. Ciò che ci viene chiesto rientra, invece, dentro un amore, quello di Dio, che ci precede e che ci chiede di dare e comunicare il
tesoro che noi stessi abbiamo ricevuto.
Con queste premesse, siamo pronti per partire…
DALLA PROGETTAZIONE ANNUALE ALL’ UNITÀ DIDATTICA
Ciò che intendiamo svolgere in questo momento di studio è la modalità concreta con cui si tratta
di snocciolare il messaggio che si vuol comunicare, in modo tale che esso possa essere trattato, discusso ed assimilato da ognuno. In particolare ci occuperemo di come si può passare dalla fase di
progettazione annuale all’unità didattica che si svolgerà nel corso di una serata particolare della
vita di gruppo.
SI PARTE DAL “PROGETTO”
La programmazione intende pervenire ad un “Progetto”: la programmazione è da intendere innanzitutto come un giungere alla definizione degli obiettivi dell’itinerario, che occorre stabilire tenendo
conto delle esigenze del gruppo e dalle caratteristiche dei componenti (Animatori e Ragazzi).
La programmazione conosce dunque una serie di tappe successive:
• 1. CONOSCENZE PRELIMINARI. Esse comprendono l’insieme delle competenze e delle conoscenze dell’animatore o del gruppo
di animatori, il loro modo di essere e fare; un cammino di fede
vissuto; le conoscenze catechetiche; la sensibilità verso gli altri
e la capacità di ascolto; una base psico–pedagogica. Attenzione: l’animatore ideale non esiste, perché nessuno può dirsi perfettamente competente!!! Ognuno si mette a disposizione per
quello che è, con i propri talenti ed i propri limiti.
• 2. ACCERTAMENTO INIZIALE. Si tratta di comprendere il contesto nel quale si tratterà di agire: la
parrocchia, il gruppo e le sue caratteristiche, le biografie dei ragazzi del Gr. A partire da questa fase preliminare si può avere un quadro del contesto dentro il quale si progetta il cammino.
• 3. PROGRAMMAZIONE DIDATTICA. È un’azione molto complessa che deve coordinare diverse
dimensioni: programmare significa anticipare mentalmente l’insieme delle azioni educative e
delle relazioni dei ragazzi e del gruppo, tenendo conto delle condizioni entro cui si svolge
l’atto formativo–educativo. Qui vengono posti gli obiettivi, né troppo alti né troppo bassi; essi
sono:
• generali, se riguardano l’insieme del cammino formativo (p. es. il cammino annuale)
e possono essere di tutti i tipi, anche affettivi. P. es.: la “costellazione dell’amicizia” (non tutto il cielo!) con tutte le sue tappe ed aspetti, fino all’amicizia cristiana ed
all’amicizia per eccellenza, ossia quella di Gesù per noi.
• specifici, se riguardano singole attività; possono essere spesso indicazioni di tipo cognitivo o di tipo metodologico. P. es.: per vedere la costellazione dell’amicizia, ci
serviremo del telescopio, che sono i brani del vangelo che parlano dell’amicizia o
che rappresentano dei bei quadri di amicizia.
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Dalla progettazione all’unità didattica
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•
socio–affettivi: se riguardano la vita del gruppo, l’insieme delle dinamiche relazionali
ed i processi psico–affettivi, questi ultimi punti centrali della vita di gruppo. P. es.: la
stella del vivere insieme, della bellezza, del camminare insieme, dell’imparare a
camminare insieme con le proprie gambe.
• 4. REALIZZAZIONE DIDATTICA. È la fase ultima, che comporta il passaggio alla pratica del progetto educativo, quindi con la definizione dei piani e degli strumenti per il conseguimento degli obiettivi.
COSTRUIRE IL “PROGETTO”
•
L’ATTENZIONE ANNUALE: è la scelta del tema annuale, da affrontare durante tutto l’anno. Serve
come una sorta di “trait d’union” o “fil rouge” generale, che permette di compiere un itinerario, di sviscerare, attraverso tappe successive, un argomento specifico (p. es. l’amicizia, la fede, Gesù…). Attenzione (ocio!): il tema deve corrispondere agli interessi dei ragazzi, alla loro
età, alla loro situazione, ai loro interessi. Si corre purtroppo sempre il rischio che il tema diventi ripetitivo o peggio ossessivo…
A questo livello, dunque, si fissano gli obiettivi annuali.
• COS ’È UN PROGETTO? Più che di capire cos’è, si tratta piuttosto di comprendere come costruirlo. La proposta è quella di partire dalla progettazione annuale per giungere alla strutturazione in blocchi ed
infine alle singole unità
didattiche.
• LA PROGRAMMAZIONE
ANNUALE: ossia la stesura del piano annuale e Settembre-ottobre
In un mondo di maschere
del calendario annuale
(9 mesi).
Ho degli amici?
Novembre-dicembre
◊ Si tratta innanzitutto
di fissare la scadenza Gennaio-febbraio
Chi trova un amico…
degli incontri (settimanale, quindicina- Marzo
Gesù amico di ogni uomo
le, mensile).
La vera amicizia
Aprile
Un esempio di Piano annuale–Blocchi
Tema: L’amicizia
CIAO!!
Sono il tuo
scheletro
Maggio
Colorati d’amicizia
Giugno
Colora con l’amicizia
Un esempio di Blocco
Tema: L’amicizia a scuola – 4 incontri
OBIETTIVI
GENERALI
TEMI
Far riflettere i ragazzi su come è L’amicizia come viene vissuta a
vissuta o su come è possibile vi- scuola? Esperienze dei ragazzi
vere l’amicizia a scuola
Difficoltà nel vivere l’a. a scuola
Bellezza e potenzialità
Invitare alla testimonianza
Suggerimenti e conclusioni
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Opuscoli CS No. 2
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◊
Dalla progettazione all’unità didattica
Tenendo poi conto delle vacanze scolastiche ed estive si valuta il numero prevedibile di
incontri durante l’anno. Si ottiene una prima griglia, uno “scheletro” del piano annuale.
Ero stufo di
essere scarno
◊
◊
◊
◊
◊
In base al tema scelto
si tratta di programmare una serie di
blocchi o momenti
tematici, che trattano
aspetti particolari del
tema scelto: un anno
potrebbe essere diviso
in 5, 6 o 7 blocchi. Cfr. l’esempio a pg. 28.
Per ogni blocco gli animatori definiscono una specie di scaletta che comprende: il titolo del
blocco, la sua durata, l’elenco dei temi da trattare nel blocco, gli obiettivi generali del
blocco intero. Di ogni blocco si fissano gli obiettivi e si comincia a pensare al concreto
dell’attività. Cfr. l’esempio a pg. 28.
Si può tenere conto di diverse possibilità per la progettazione sia del piano annuale che del
singolo blocco: il calendario liturgico, i tempi forti (avvento, natale, quaresima, pasqua),
momenti alternativi nella vita di gruppo (attività, uscite, appuntamenti diocesani). P. es.
l’Azione Cattolica Italiana divide il cammino annuale dei Giovanissimi secondo il calendario liturgico, per permettere ai ragazzi di misurarsi con il “Tempo della Chiesa” e le feste
forti: tempo d’Inizio, di Avvento, di Pace, di Quaresima, di Pasqua, d’Estate.
◊ Si passa poi dai blocchi alle singole unità didattiche, con i temi e
gli obiettivi di ogni singolo incontro: il nostro piano si affina sempre
di più. Questo lavoro di fissazione degli obiettivi e dei contenuti per
ogni serata può anche essere svolto cammin facendo. Non si tratta
però di un vuoto formalismo, ma è un mezzo per sempre aver bene
in chiaro ciò che si vuole fare e ottenere.
◊ In questa fase viene il bello! Gli animatori devono proporre attività efficaci, non ripetitive: ma studiarle prima “a tavolino” non è sempre evidente! Non ci sono al riguardo “ricette”, ed è per questo che
solo l’esercizio sul terreno e lo scambio di esperienze sono veramente utili e fonte di “sapere concreto”.
Rimangono aperte tante domande: come strutturare, come alternare, quali attenzioni, come
progettare una serata, che cosa è veramente importante, quali errori evitare?
Qualche stimolo:
∗ Gli animatori possono dividersi la responsabilità
delle serate, ma è importante che tutto sia condiviso;
∗ partendo da tema ed obiettivi, costruire una traccia
della serata;
∗ evitare la routine, prevedere novità; stupire con effetti speciali e in ogni caso… è meglio sperimentare
che annoiare! Ricercare un giusto equilibrio fra
conformismo e novità;
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Dalla progettazione all’unità didattica
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∗
il gruppo non è la scuola! Anzi: il gruppo è un ambito aggregativo esterno al
mondo scolastico e non ne
deve quindi riprodurre le
modalità; semmai deve inserire novità e freschezza
nella vita degli Ado e Preado; il gruppo è scuola di
vita;
∗ evitare di fare l’animato–
re “ganassa” e “monopoliz–
zatore”: se c’è, “fatelo fuori!” (per modo di dire…);
∗ i ragazzi sono al centro
dell’attenzione, non gli animatori! Quindi tutto deve
essere costruito in loro funzione;
∗ per gli animatori vanno
trovati altri momenti di svago e divertimento e coesione; l’animatore si “anima” e
diverte nell’animare;
ai ragazzi non si tratta tanto di dare la nostra sapienza, ma di costruire con loro qualcosa e aiutarli a scoprire la ricchezza dello stare insieme con Gesù (“socio–
costruttivismo”: ossia la conoscenza viene raggiunta insieme, l’animatore dà le basi,
perché il processo assimilativo possa avvenire); occorre farli camminare, perché non
posso camminare io per loro;
∗ costruire e progettare insieme è una sfida, ma ne vale la pena, perché le diverse personalità e carismi degli animatori arricchiscono il gruppo. Che sfida, ma cosa c’è di
più bello? Comunicare ad altri ciò che io stesso ho ricevuto, vissuto gratis!
∗
E ALLORA?
Ti senti inadeguato?!? Bene, sei sulla strada giusta!
sufficienza sei e sarai un buon animatore. Intanto incola tua spina nel Signore, in modo tale che egli possa
di te!!!
Se senti la tua inmincia ad inserire
operare per mezzo
E RICORDA...
Animatori non si nasce,
ma si diventa
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A capissi più
nient!!!!
CHE casott!!!
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Dalla progettazione all’unità didattica
Sei fatto per volare!
Sei fatto per volare con gli altri!
Sei in questo mondo, ma tocchi con l’anima l’immenso che ci sovrasta!
E allora?!? BUON CAMMINO!!!
La vita
L’ È
bela!!!
… l’È
bell…
issimaaaa
!!!!!!!!
Ma che
bell!!!!
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Dalla progettazione all’unità didattica
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BIBLIOGRAFIA DEL CAMPOSCUOLA
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GALLI, N.,
Educazione familiare alle soglie del terzo millennio, Ed. La
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Pedagogia e Vita. La pedagogia e le scienze dell’educazione,
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LAIM , Claudio,
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Psicologia ed educazione in L. Kohlberg, Un’etica per una società complessa, Vita e Pensiero, Milano 1998.
60
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