Presentazione
Quando si ama davvero, è per sempre. « Vuoi sposarmi?» Abby non ha dubbi: è Travis
l’uomo che vuole accanto a sé per tutta la vita. Lui è l’unico in grado di leggerle dentro,
l’unico a sapere cosa c’è nel profondo della sua anima. « Sì.» La risposta di Travis arriva
direttamente dal suo cuore. Un cuore ferito. Un cuore che era chiuso in una corazza
impenetrabile finché non è arrivata lei, Abby. Timida e silenziosa, ma la sua insicurezza
nasconde in realtà un grande coraggio. Qualcosa di speciale unisce Abby e Travis.
Qualcosa di intenso e indescrivibile. Ma lei sa bene che i guai non sono mai troppo lontani
con un ragazzo come Travis nei paraggi. Per questo hanno davanti una sola scelta per
realizzare il loro sogno: volare a Las Vegas. Quando il fatidico momento si avvicina Abby e
Travis inaspettatamente sono nervosi. I loro dubbi si risvegliano all’improvviso: sono giovani
e si conoscono da pochi mesi. E soprattutto, lui è il ragazzo sbagliato per eccellenza e lei una
ragazza in fuga da sé stessa e da un segreto difficile da confessare. Eppure davanti
all’altare, mano nella mano, occhi negli occhi, non c’è più nulla da temere. Ci sono
solamente loro e tutto quello che li ha portati fin lì: quella scommessa da cui ogni cosa è
cominciata, i tentativi di stare lontani l’una dall’altro, le promesse disattese, la scoperta di
essere perdutamente innamorati. Finalmente sono marito e moglie, per sempre. Sono una
cosa sola. E quando il passato tormentato di Travis arriva a chiedere il conto, insieme
devono imparare ad affrontarlo. Abby è pronta a proteggere il loro amore contro tutto e
tutti e Travis sa come ricambiarla. Perché l’oceano è pieno di onde, ma c’è sempre un
porto sicuro a cui approdare. Jamie McGuire è la scrittrice del momento. Abby e Travis
ormai sono un fenomeno internazionale. Dopo il successo senza paragoni di Uno splendido
disastro e Il mio disastro sei tu, da mesi nelle classifiche in Italia, arriva una nuova
avventura per la coppia più tormentata e famosa del momento. Quando il sentimento
cresce fino quasi a far scoppiare il cuore, il presente non basta più a contenerlo. Si guarda al
futuro, a un legame che duri per sempre. Preparatevi: Abby e Travis vi invitano al loro
matrimonio.
Jamie McGuire, già autrice di tre romanzi entrati nei bestseller del « New York Times» ,
vive in Oklahoma con il marito e i figli. Reduce dallo strepitoso successo internazionale di
Uno splendido disastro, che è in procinto di diventare un film, e di Il mio disastro sei tu, torna
per svelarci il momento più appassionante della storia d’amore fra Abby e Travis.
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Un Splendido Disastro - Garzanti
NARRATORI MODERNI
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In copertina: © 2014, elmar schnuderl aka stry ch9ine. Art Diretion: ushadesign
Traduzione dall’inglese di
Adria Tissoni
Titolo originale dell’opera:
A Beautiful Wedding
© 2013 by Jamie McGuire
ISBN 978-88-11-14047-4
© 2014, Garzanti Libri s.r.l., Milano
Gruppo editoriale Mauri Spagnol
Prima edizione digitale: 2014
Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
A Deana e Selena
If I was drowning you would part the sea
And risk your own life to rescue me...
« Se io stessi per annegare tu divideresti il mare
e rischieresti la tua stessa vita per salvarmi...»
da Thank You For Loving Me
di Jon Bon Jovi
1.
L’ALIBI
ABBY
Lo sentii arrivare: un malessere ostinato e intenso che strisciava appena sotto la pelle. Più
cercavo di ignorarlo e più diventava fastidioso. Era come un prurito irrefrenabile, un urlo
che salisse in gola dal profondo. Secondo mio padre, il forte istinto di scappare quando la
situazione si fa critica era una specie di riflesso, un meccanismo di difesa innato negli
Abernathy. Lo avevo avvertito qualche istante prima che divampassero le fiamme e lo
avvertivo anche adesso.
Seduta nella camera di Travis, poche ore dopo l’incendio, avevo il cuore che mi batteva
all’impazzata e i muscoli scossi da spasmi. L’istinto mi diceva di guadagnare la porta, di
andarmene, di scappare, di rifugiarmi in qualsiasi altro posto ma non lì. Eppure, per la
prima volta in vita mia, non volevo andarmene da sola. Non riuscivo a concentrarmi su
quella voce che amavo tanto, la voce di Travis che mi raccontava quanta paura avesse
avuto di perdermi e quanto fosse stato vicino a fuggire dall’edificio quando invece era corso
nella direzione opposta, verso di me. Erano morte tante persone: molti sconosciuti dello
State, ma anche ragazzi che vedevo in mensa, in classe, agli altri incontri.
Noi in qualche modo ce l’eravamo cavata e ora ci trovavamo da soli a casa sua a
elaborare l’accaduto. Eravamo spaventati e ci sentivamo in colpa nei confronti di chi non ce
l’aveva fatta. Mi sembrava di avere i polmoni pieni di fiamme e di ragnatele, e non riuscivo
a togliermi dal naso l’odore acre di pelle bruciata. Era persistente e, malgrado mi fossi fatta
una doccia, lo avvertivo ancora, mischiato al profumo di menta e lavanda della saponetta
con cui mi ero strofinata per liberarmene. Altrettanto indimenticabili erano i rumori: le
sirene, i gemiti, le voci agitate e terrorizzate, le urla di quanti arrivavano sul posto per poi
scoprire che i loro amici erano ancora dentro. Erano tutti uguali: sporchi di fuliggine, con la
stessa espressione di sconcerto e di disperazione sul volto. Era stato un incubo.
Nonostante faticassi a concentrarmi, sentii Travis dire: « L’unica cosa di cui ho paura è
una vita senza di te, Pigeon» .
Eravamo stati fin troppo fortunati. Anche in quella stanza buia di Las Vegas, aggrediti
dagli scagnozzi di Benny, avevamo avuto la meglio. Travis era davvero invincibile. Ma far
parte del Cerchio e dare una mano a organizzare incontri in condizioni non sicure, causando
la morte di numerosi ragazzi... be’, quella era una sfida che neanche lui poteva vincere. La
nostra relazione aveva retto a tante avversità, però ora Travis rischiava il carcere. Forse non
lo sapeva ancora, ma era l’unico ostacolo che avrebbe potuto separarci. L’unico su cui non
avevamo alcun controllo.
« Allora non hai niente da temere» , dissi. « Siamo uniti per sempre.»
Lui sospirò e avvicinò le labbra ai miei capelli. Non credevo fosse possibile provare un
sentimento simile per una persona. Mi aveva protetto. Ora toccava a me farlo.
« Ecco» , mormorò.
« Cosa?»
« Nell’istante stesso in cui ti ho conosciuto, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo
bisogno. Ma non era qualcosa. Eri tu.»
A quelle parole mi sciolsi. Lo amavo. Lo amavo e dovevo fare tutto il possibile per
aiutarlo, a dispetto delle conseguenze, per quanto sembrasse assurdo. Dovevo convincerlo.
Mi appoggiai a lui, premendogli la guancia sul petto. « Siamo noi due, Trav. Niente ha
senso se non siamo insieme. Lo sai?»
« Ma se te lo sto dicendo da un anno! È ufficiale: ragazze stupide, incontri, separazioni,
Parker, Las Vegas... incendi persino... la nostra relazione può sopravvivere a tutto.»
« Las Vegas?» esclamai.
In quell’istante mi venne in mente l’idea più folle che avessi mai concepito, eppure
quando guardai nei suoi intensi occhi castani mi sembrò perfettamente logica. Quegli occhi
rendevano logica qualsiasi cosa. Aveva il viso e il collo ancora sporchi di sudore e di
fuliggine, il che mi ricordò quanto fossimo stati vicini a perdere tutto.
La mia mente era un turbine di pensieri. Bastava l’indispensabile: saremmo potuti uscire
nel giro di cinque minuti. Gli abiti li avremmo comprati là. Prima fossimo partiti, meglio
sarebbe stato. Nessuno avrebbe pensato che due persone prendessero un aereo subito dopo
una tragedia simile. Non aveva senso, ed era proprio per questo che bisognava farlo.
Dovevo portare Travis lontano per una ragione precisa e plausibile, malgrado sembrasse
una follia. Ma in fondo un po’ folli lo eravamo. E se gli investigatori avessero avuto la prova
che alcune ore dopo ci trovavamo a Las Vegas per sposarci, forse avrebbero messo in
dubbio la testimonianza delle decine di ragazzi che avevano visto Travis combattere a
Keaton Hall quella sera. Era un’assoluta pazzia, ma non sapevo che altro fare. Non avevo il
tempo di studiare un piano migliore. Avremmo già dovuto essere su quell’aereo.
Travis mi stava fissando in attesa, pronto ad accettare incondizionatamente qualsiasi cosa
mi fosse uscita dalle labbra. Maledizione, non potevo perderlo ora, non dopo tutto quello che
avevamo passato per arrivare fin lì. Chiunque avrebbe detto che eravamo troppo giovani
per sposarci, troppo imprevedibili. Quante volte ci eravamo feriti? Quante volte avevamo
litigato per finire a letto subito dopo? Però avevamo appena visto quanto fosse fragile la vita.
Chi sapeva quando sarebbe giunta la fine? Lo guardai, decisa. Travis era mio, e io sua. Se
avevo capito qualcosa, contava solo quello.
Travis s’incupì. « Sì?»
« Hai mai pensato di tornarci?»
Lui inarcò le sopracciglia. « Non penso sia una buona idea per me.»
Alcune settimane prima gli avevo spezzato il cuore. L’immagine di Travis che, dopo aver
capito che era finita, inseguiva l’auto di America era ancora vivida nella mia mente.
Voleva combattere per Benny a Las Vegas e io non ero disposta a tornarci, neanche per
amor suo. Lui aveva passato l’inferno lontano da me. Mi aveva supplicato in ginocchio di
non lasciarlo, ma io ero talmente determinata a non riprendere la mia vecchia vita in
Nevada che lo avevo piantato là. Ero un’emerita idiota a chiedergli di andarci ora. Mi
aspettavo quasi che mi mandasse al diavolo per il solo fatto di averglielo proposto, ma era
l’unico piano che avessi ed ero disperata.
« E se ci andassimo solo per una notte?» Una notte era tutto ciò che ci serviva. Ci bastava
essere da qualche altra parte.
Lui si guardò attorno, scrutando l’oscurità e cercando di capire che cosa volessi sentirmi
dire. Non avevo intenzione di comportarmi come quelle ragazze che, per mancanza di
sincerità, finiscono per creare spaventosi malintesi. Però non potevo nemmeno rivelargli il
vero motivo per cui glielo chiedevo. Non avrebbe mai accettato.
« Una notte?» Chiaramente non sapeva cosa dire. Forse credeva che lo stessi mettendo
alla prova, ma il mio unico desiderio era che mi rispondesse di sì.
« Sposami» , dissi senza esitare.
Lui aprì la bocca, esterrefatto. Passò un’eternità prima che le sue labbra si piegassero in
un sorriso e si avvicinassero alle mie. In quel bacio percepii un’ondata di emozioni diverse
ed ebbi la sensazione che la testa mi scoppiasse, tanto forti erano il sollievo e, nella stessa
misura, il panico. Avrebbe funzionato. Ci saremmo sposati, Travis avrebbe avuto un alibi e
sarebbe andato tutto bene.
Oh, cavolo.
Dannazione. Merda. Cazzo.
Stavo per sposarmi.
TRAVIS
Abby Abernathy era famosa per una cosa: la sua totale impassibilità. Poteva
commettere un crimine e sorridere come se niente fosse, senza lasciar trapelare nulla. Solo
una persona era in grado di scoprire il suo segno rivelatore, e a un certo punto aveva dovuto
decidere se volesse farlo davvero.
Quella persona ero io.
Abby aveva perso la sua infanzia e io mia madre, quindi al di là delle tante divergenze
c’era qualcosa che ci accomunava. Ciò mi aveva aiutato, e dopo essermi dedicato per
qualche mese all’impresa ero giunto a una conclusione: il segno rivelatore di Abby era il
fatto di non averne.
Forse a chiunque altro sembrerà assurdo, ma a me no: era stata proprio l’assenza di segni
rivelatori a tradirla. La serenità nello sguardo, la dolcezza del sorriso, la postura rilassata
delle spalle mi avevano fatto scattare un campanello d’allarme.
Se non l’avessi conosciuta bene, avrei pensato che fossimo giunti al lieto fine. Invece
sapevo che Abby stava architettando qualcosa. Seduto nel terminal in attesa di prendere
l’aereo per Las Vegas, con lei accoccolata contro di me, ero consapevole del fatto che
sarebbe stato facile fare finta di niente. Continuava a sollevare la testa, a fissare l’anello che
le avevo comprato e a sospirare. Una donna di mezza età di fronte a noi la osservava
sorridendo, probabilmente persa nel ricordo di un tempo in cui anche lei aveva tutta la vita
davanti. Non sapeva che cosa significassero davvero quei sospiri; io viceversa mi ero fatto
un’idea.
Era difficile essere felici per quanto stavamo per fare con l’immagine di tutti quei morti
in testa. O, meglio, sopra la testa: un televisore a muro stava trasmettendo il telegiornale
locale. Sullo schermo scorrevano le riprese dell’incendio e gli ultimi aggiornamenti.
Qualcuno aveva intervistato Josh Farney. Era coperto di fuliggine e aveva un aspetto
orribile, ma ero contento di vedere che se l’era cavata. Quando l’avevo incrociato prima
dell’incontro, era piuttosto sbronzo. Gran parte delle persone che frequentavano il Cerchio
arrivavano ubriache o facevano il pieno aspettando che io e il mio avversario ci
prendessimo a pugni. Quando però le fiamme avevano iniziato a diffondersi, l’adrenalina
era fluita a fiumi e anche i più brilli erano tornati in sé.
Come desideravo che non fosse successo! Avevamo perso così tanti compagni, e dopo
una sciagura del genere chi poteva aver voglia di pensare a sposarsi? Sapevo per esperienza
che spesso i ricordi di una tragedia vengono distorti. Associare quella data a un’altra che
avremmo festeggiato tutti gli anni era un modo per imprimercela indelebilmente nella
mente. Dannazione, stavano ancora estraendo i corpi e io mi comportavo come se fosse
una banale seccatura! C’erano genitori che non sapevano se avrebbero rivisto i loro figli.
Quel pensiero egoistico scatenò il senso di colpa, e il senso di colpa m’indusse a
dissimulare. Comunque, era un miracolo che ci sposassimo. Abby non doveva in alcun
modo sospettare che non fossi più che entusiasta dell’idea: conoscendola, avrebbe frainteso
e sarebbe tornata sulla sua decisione. Perciò mi concentrai su di lei e su quello che stavamo
per fare. Volevo essere superemozionato come qualsiasi futuro sposo: Abby non si
meritava niente di meno. Non sarebbe stata la prima volta che avrei ignorato qualcosa che
non riuscivo a togliermi dalla testa, e la prova stava proprio lì, rannicchiata accanto a me.
Sullo schermo la giornalista teneva il microfono con entrambe le mani davanti a Keaton
Hall. « “...di chi è la colpa?” si chiederanno le famiglie delle vittime. A te la linea, Kent» ,
concluse corrucciata.
D’un tratto mi venne la nausea. Tante persone erano morte e ovviamente avrebbero
cercato il responsabile. Era stata colpa di Adam? Sarebbe finito in prigione? O ci sarei finito
io? Strinsi Abby con forza e le baciai i capelli. Una donna dietro un banco impugnò un
microfono e iniziò a parlare, e il mio ginocchio prese a dondolare in modo incontrollabile.
Se non ci fossimo imbarcati subito, avrei trascinato via Abby e sarei corso con lei fino a Las
Vegas. Avevo quasi la sensazione che avrei fatto prima dell’aereo. La hostess ci diede le
istruzioni per l’imbarco. La sua voce si alzava e si abbassava leggendo l’annuncio che
probabilmente conosceva a memoria. Sembrava l’insegnante di Charlie Brown: annoiata,
monotona, indecifrabile.
L’unica cosa ad avere un senso era il pensiero che mi frullava in testa: sarei diventato il
marito della seconda donna che avessi amato in vita mia.
Era quasi l’ora. Maledizione. Merda, sì! Cazzo, sì!
Mi sarei sposato!
2.
IL RITORNO
ABBY
Fissai la pietra luccicante al mio dito e sospirai di nuovo. Non era il sospiro noncurante di
una giovane neofidanzata che osserva rapita il suo diamante. Si trattava piuttosto di un
sospiro di preoccupazione: un pensiero serio, cupo, che aveva scatenato tutta una serie di
pensieri seri e cupi, ma nessun ripensamento. Non riuscivamo a stare lontani l’uno dall’altra.
Quello che stavamo per fare era inevitabile, e Travis Maddox mi amava come la maggior
parte delle persone sogna di essere amata. Quel sospiro era carico d’ansia e di speranza per
il mio stupido piano. Volevo così tanto il bene di Travis che il mio desiderio era quasi
tangibile.
« Smettila, Pidge» , disse Travis. « Mi stai innervosendo.»
« È solo... troppo grosso.»
« È perfetto» , replicò appoggiandosi allo schienale. Eravamo seduti fra un uomo d’affari
che parlava piano al cellulare e una coppia di anziani. Un’addetta della compagnia, in piedi
dietro il banco d’accesso alla zona di imbarco, parlava in quella che sembrava una radio
CB. Mi chiesi perché non usassero un normale microfono. Chiamò alcuni nomi, poi
riagganciò l’apparecchio.
« Il volo dev’essere pieno» , osservò Travis. Teneva il braccio sinistro sullo schienale
della mia sedia e mi sfregava delicatamente la spalla con il pollice. Ostentava una finta
calma, ma il ginocchio che dondolava senza sosta lo tradiva.
« Il diamante è eccessivo. Ho la sensazione che potrei essere rapinata da un momento
all’altro» , dissi.
Lui scoppiò a ridere. « Prima di tutto, nessuno ti toccherà. Secondo, quell’anello era
destinato al tuo dito. L’ho capito quando l’ho visto...»
« Attenzione, messaggio per i passeggeri del volo American 2477 per Las Vegas: stiamo
cercando tre volontari disposti a imbarcarsi su un volo successivo. Offriamo in cambio un
voucher valido per un anno dalla data della partenza.»
Travis mi guardò.
« No.»
« Hai fretta?» chiese con un sorriso compiaciuto sul volto.
Gli diedi un bacio. « A essere sinceri, sì.» Con un dito gli tolsi dal naso un po’ di fuliggine
che gli era rimasta dopo la doccia.
« Grazie, tesoro» , disse stringendomi a sé. Si guardò attorno, fiducioso e soddisfatto.
Non lo vedevo così di buon umore dalla sera in cui aveva vinto la famosa scommessa, il
che mi fece sorridere. Che fosse sensato o no, era bello sentirsi tanto amati, perciò decisi
che avrei smesso di cercare scuse. Nella vita c’erano cose peggiori del fatto di trovare
l’anima gemella troppo presto, e a ogni modo che cosa significava troppo presto?
« Una volta mia madre mi ha parlato di te» , aggiunse Travis guardando dalla finestra
alla nostra sinistra. Fuori era ancora buio. Qualsiasi cosa vedesse, non si trovava al di là di
quel vetro.
« Di me? Ma è... impossibile!»
« Non proprio. È successo il giorno della sua morte.»
Sentii una scarica di adrenalina che sembrò defluire verso le dita delle mani e dei piedi.
Travis non mi aveva mai parlato di sua madre. Tante volte avrei voluto affrontare il
discorso, ma ricordavo la sensazione terribile che provavo quando qualcuno mi chiedeva
della mia, perciò non l’avevo mai fatto.
« Mi ha detto di cercare una ragazza difficile da conquistare, una ragazza per cui valesse
la pena di lottare» , affermò.
Un po’ in imbarazzo, mi chiesi se mi stesse dando della rompiscatole. In realtà lo ero, ma
non era quello il punto.
« Ha detto di non smettere mai di combattere. Aveva ragione.» Travis fece un respiro
profondo e quel pensiero sembrò sedimentarsi nella sua mente.
All’idea di essere la donna di cui parlava sua madre, mi sentii accettata come mai mi era
successo in vita mia. Diane, morta ormai da quasi diciassette anni, mi fece sentire più
amata di quanto avesse fatto mia madre.
« Tua mamma mi piace» , dichiarai appoggiandomi al suo petto.
Lui abbassò lo sguardo e mi baciò i capelli. Non riuscii a vederlo in volto, ma capii dalla
voce quanto fosse commosso. « Anche tu le saresti piaciuta. Non ho dubbi.»
L’assistente parlò di nuovo alla radio CB. « Attenzione, messaggio per i passeggeri del
volo American 2477 per Las Vegas: tra poco inizieranno le operazioni di imbarco.
Cominceremo dalle persone che hanno bisogno d’assistenza e da quelle con bambini piccoli,
poi sarà la volta dei passeggeri della prima classe e della business.»
« E quelli spaventosamente stanchi?» fece Travis alzandosi. « Cavolo, mi serve una Red
Bull. Forse saremmo dovuti partire a mezzogiorno invece di anticipare il volo.»
Inarcai un sopracciglio. « Ti dà fastidio che abbia fretta di diventare la signora Maddox?»
Lui scosse la testa, aiutandomi ad alzarmi. « No, accidenti. Sono ancora sotto shock, se
vuoi sapere la verità. Il fatto è che non voglio che tu faccia tutto in fretta solo perché temi di
cambiare idea.»
« Forse temo che la cambierai tu.»
Travis si corrucciò e mi prese tra le braccia. « Non puoi pensare una cosa del genere.
Dovresti sapere che non c’è niente che io desideri di più.»
Mi alzai in punta di piedi e gli sfiorai le labbra con un bacio. « Penso solo che ci stiamo
preparando a salire su un aereo per Las Vegas per sposarci, tutto qui.»
Travis mi strinse a sé e mi baciò con passione dalla guancia alla clavicola. Ridacchiai
quando mi solleticò il collo e risi ancora più forte quando mi sollevò da terra. Mi diede un
ultimo bacio prima di prendere la borsa e di condurmi per mano in fila.
Mostrammo le carte d’imbarco e percorremmo la passerella telescopica mano nella
mano. Le assistenti di volo ci guardarono e ci rivolsero un sorriso d’intesa. Travis superò i
nostri posti per farmi entrare, sistemò la borsa nella cappelliera e si buttò sul sedile accanto
a me. « Forse dovremmo cercare di dormire durante il viaggio, ma non so se ci riuscirò.
Cazzo, sono troppo su di giri.»
« Hai appena detto che ti serviva una Red Bull.»
La sua fossetta si accentuò quando sorrise. « Smetti di prestare ascolto a tutto quello che
dico. Probabilmente nei prossimi sei mesi non sarò molto razionale mentre elaborerò il fatto
di aver ottenuto tutto ciò che desideravo.»
Mi scostai per guardarlo negli occhi. « Trav, se ti stai domandando perché ho tanta fretta
di sposarti... be’, quello che hai appena detto è una delle ragioni.»
« Sì?»
« Sì.»
Sprofondò sul sedile e mi appoggiò la testa sulla spalla, strofinandosi un paio di volte sul
mio collo prima di rilassarsi. Avvicinai le labbra alla sua fronte e guardai dal finestrino, in
attesa che gli altri passeggeri si sistemassero e pregando tra me e me che il pilota decollasse
subito. Non ero mai stata tanto orgogliosa della mia straordinaria impassibilità. Avrei voluto
alzarmi, gridare a tutti di sedersi e al pilota di partire, invece evitai persino di dimenarmi e
riuscii a rilasciare ogni muscolo del corpo.
Travis allungò la mano e intrecciò le dita con le mie. Il suo alito mi scaldava la spalla, e
da lì il calore si diffondeva dappertutto. A volte avrei voluto perdermi in lui. Pensai a quello
che sarebbe potuto succedere se il mio piano non avesse funzionato: Travis arrestato,
processato e, nel peggiore dei casi, condannato al carcere. All’idea che saremmo potuti
restare separati a lungo, la promessa di vivere con lui per sempre non mi sembrò più
sufficiente. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e una mi sfuggì, rigandomi la guancia.
L’asciugai in fretta. La stanchezza mi rendeva sempre più emotiva, maledizione.
Gli altri passeggeri riponevano i bagagli e si allacciavano le cinture con gesti meccanici,
ignari del fatto che la nostra vita stesse per cambiare per sempre.
Mi girai per guardare dal finestrino. Qualsiasi cosa pur di distrarmi dal pensiero ossessivo
di decollare quanto prima. « Forza» , mormorai.
TRAVIS
Era facile rilassarsi con la testa appoggiata sul collo di Abby. I suoi capelli odoravano
vagamente di fumo e aveva le mani gonfie e arrossate per aver tentato di aprire la finestra
dello scantinato. Scacciai quell’immagine dalla testa: le chiazze di fuliggine sulla sua faccia,
gli occhi spaventati, rossi e irritati per il fumo, messi ulteriormente in risalto dal mascara
sbavato. Se non fossi tornato indietro, forse non ce l’avrebbe fatta. La vita senza Abby non
era vita. Non volevo neanche immaginare che cosa avrebbe significato perderla. Passare
da un incubo a un sogno era un’esperienza sconvolgente, ma lì accanto a lei, mentre l’aereo
ronzava e l’assistente di volo snocciolava impassibile gli annunci di bordo, la transizione fu
piuttosto semplice.
Le presi la mano e intrecciai le dita con le sue. Lei mi premette la guancia contro la testa
tanto delicatamente che, se avessi prestato attenzione alle istruzioni riguardo a quale corda
tirare per gonfiare il giubbotto di salvataggio, mi sarei perso quell’impercettibile
manifestazione d’affetto.
In pochi mesi soltanto, quella donna minuta seduta accanto a me era diventata il mio
mondo. Pensavo a quanto sarebbe stata bella con l’abito da sposa, immaginavo di tornare a
casa e di vederla trasformare il nostro appartamento, di comprare la nostra prima
macchina, di fare con lei tutte quelle cose noiose che fanno le coppie sposate, come lavare i
piatti e la spesa. Me la figuravo sul palco il giorno della consegna del diploma. E, una volta
trovato lavoro, avremmo messo su famiglia. Nel giro di tre o quattro anni, magari.
Venivamo entrambi da famiglie problematiche, ma sapevo che Abby sarebbe stata una
madre meravigliosa. Pensavo al giorno in cui mi avrebbe detto di essere incinta e mi
sentivo già un po’ emozionato.
Non sarebbe stato tutto rose e fiori, ma era proprio nei momenti duri che davamo il
meglio di noi, e ne avevamo passate abbastanza da sapere che eravamo in grado di
superarli.
All’idea di un futuro in cui Abby avrebbe portato in grembo nostro figlio mi rilassai
contro la stoffa ruvida del sedile e mi addormentai.
Che cosa ci facevo lì? L’odore di fumo mi irritava il naso e le urla in lontananza mi
gelavano il sangue nelle vene, malgrado avessi il viso madido di sudore. Mi trovavo di nuovo
nel ventre di Keaton Hall.
«Pigeon?» urlai. Tossii e socchiusi gli occhi, come se in quel modo potessi vedere meglio
nell’oscurità. «Pigeon!»
Avevo già provato quella sensazione. Il panico, l’adrenalina pura di quando hai davvero
paura di morire. La morte era a un soffio da me, ma non pensai come sarebbe stato soffocare
o bruciare vivi. Pensai solo a Abby. Dov’era? Stava bene? Come potevo salvarla?
Mi apparve davanti una porta, illuminata dalle fiamme che avanzavano. Girai la maniglia
e mi precipitai in una stanza di tre metri per tre. Vidi solo quattro pareti di mattoni di
cemento. E una finestra. Contro il muro in fondo, alcune ragazze e un paio di ragazzi
cercavano di raggiungere l’unica via d’uscita.
Derek, uno studente della mia confraternita, stava sollevando una ragazza che tentava
disperatamente di aprire la finestra. «Ci arrivi, Lindsey?» Grugniva e aveva il respiro
affannoso.
«No! Non ci arrivo!» urlò lei annaspando. Indossava una maglietta rosa della Sigma
Kappa, fradicia di sudore.
Derek fece un cenno all’amico. Non conoscevo il suo nome, ma seguiva il corso di studi
umanistici con me. «Solleva Emily, Todd! È più alta!»
Todd si chinò e intrecciò le dita, ma Emily si era appiattita contro il muro, paralizzata dal
terrore. «Emily, vieni qui.»
Lei contrasse il volto, spaventata come una bambina. «Voglio mia mamma!» frignò.
«Vieni qui, cazzo!» le ordinò Todd.
Dopo un istante Emily trovò il coraggio, si staccò dal muro e posò il piede sulle mani di
Todd. Lui la sollevò, ma neanche lei raggiunse la finestra.
Lainey guardò l’amica allungarsi, notò le fiamme sempre più vicine e chiuse le mani a
pugno all’altezza del petto. Le strinse con tanta forza che le tremarono. «Non mollare,
Emily!»
«Proviamo da un’altra parte», dissi, ma gli altri non mi ascoltarono. Forse avevano già
tentato in diverse direzioni e quella era l’unica finestra che avevano trovato. Corsi nel
corridoio buio e mi guardai attorno. Era un vicolo cieco. Nessuna via di fuga.
Tornai dentro cercando di escogitare qualcosa. I mobili addossati ai muri erano coperti da
teli impolverati che alimentavano le fiamme, formando una via che arrivava dritto alla stanza
in cui ci trovavamo.
Feci qualche passo indietro e mi girai verso i ragazzi. Avevano gli occhi sgranati e si
erano rifugiati contro il muro. In preda al terrore, Lainey stava cercando di arrampicarsi sui
mattoni di cemento.
«Avete visto Abby Abernathy?» chiesi. Non mi sentirono. «Ehi!» gridai di nuovo. Nessuno
mi prestò attenzione. Mi avvicinai a Derek e gli urlai in faccia. «Ehi!» Lui fissò inorridito il
fuoco alle mie spalle, come se fossi trasparente. Guardai gli altri. Non mi vedevano
nemmeno.
Sconcertato, mi avvicinai al muro e spiccai un balzo cercando di raggiungere la finestra.
Un istante dopo mi ritrovai inginocchiato sul terreno, all’esterno, e guardai Derek, Todd,
Lainey, Lindsey ed Emily, ancora dentro. Tentai di aprire la finestra, ma quella non si mosse
di un millimetro. Continuai a provare, illudendomi che da un momento all’altro si sarebbe
spalancata e che avrei potuto salvarli.
«Aspettate!» gridai. «Aiuto!» gridai di nuovo sperando che qualcuno sentisse.
Le due ragazze si abbracciarono ed Emily iniziò a piangere. «È solo un brutto sogno. È
solo un brutto sogno. Svegliamoci! Svegliamoci!» ripeteva.
«Prendi un telo, Lainey!» ordinò Derek. «Arrotolalo e caccialo sotto la porta!»
Lei si precipitò a toglierne uno da un tavolo. Lindsey la aiutò e poi la guardò infilarlo
freneticamente sotto la porta. Indietreggiarono entrambe e la fissarono.
«Siamo in trappola», disse Todd a Derek.
Questi incurvò le spalle. Lainey gli si avvicinò e lui le prese le guance sporche tra le mani.
Si guardarono negli occhi mentre il fumo nero s’insinuava sotto la porta e filtrava nella
stanza.
Emily balzò verso la finestra. «Sollevami, Todd! Voglio uscire! Voglio andarmene di qui!»
Lui la guardò saltare con un’aria sconfitta.
«Mamma!» strillò Emily. «Mamma, aiutami!» I suoi occhi erano puntati sulla finestra ma
guardavano un punto al di là delle mie spalle.
Lindsey tese le braccia verso l’amica, che però non si lasciò toccare. «Ssst...» disse allora
cercando di confortarla da dove si trovava. Si coprì la bocca con le mani e iniziò a tossire.
Guardò Todd con le guance rigate di lacrime. «Moriremo.»
«Non voglio morire!» urlò Emily continuando a saltare.
Mentre il fumo riempiva la stanza, tempestai di pugni la finestra. L’adrenalina doveva
essere alle stelle perché non sentivo l’impatto della mano contro il vetro, nonostante
picchiassi con tutte le mie forze. «Aiutatemi! Aiuto!» urlai, ma non arrivò nessuno.
Il fumo raggiunse la finestra e prese a mulinare. I colpi di tosse e le urla cessarono.
Spalancai gli occhi e mi guardai attorno. Ero sull’aereo con Abby, aggrappato ai
braccioli, tutto teso.
« Travis? Sei sudato» , mi disse lei sfiorandomi una guancia.
« Torno subito.» Mi slacciai la cintura, corsi in fondo all’aereo, spalancai la porta della
toilette e la chiusi alle mie spalle. Aprii il rubinetto e mi spruzzai un po’ d’acqua sul viso, poi
mi guardai allo specchio osservando le gocce scorrere lungo la mia faccia e cadere sul
piano.
Erano là per causa mia. Sapevo che Keaton Hall non era un posto sicuro e che in quel
seminterrato c’era troppa gente, ma avevo lasciato che succedesse. Avevo contribuito ad
ammazzare decine di persone e adesso mi trovavo su un aereo diretto a Las Vegas. Che
cazzo mi aveva preso?
Tornai al mio posto e riallacciai la cintura.
Abby mi fissò, notando subito che qualcosa non andava. « Che c’è?»
« È colpa mia.»
Lei scosse la testa. « No, non fare così» , disse a voce bassa.
« Avrei dovuto dire di no. Insistere per trovare un luogo più sicuro.»
« Non potevi sapere cosa sarebbe successo.» Si guardò attorno per accertarsi che
nessuno sentisse. « È terribile, spaventoso, ma non eravamo in grado di impedirlo. Non
possiamo cambiare le cose.»
« E se mi arrestassero, Abby ? Se finissi in prigione?»
« Ssst» , fece lei, ricordandomi Lindsey che cercava di confortare Emily nel sogno.
« Non accadrà» , sussurrò. Aveva uno sguardo fermo, deciso.
« Forse dovrebbe.»
3.
UN UOMO FORTUNATO
ABBY
Quando atterrammo all’aeroporto internazionale McCarran, Travis si era finalmente
rilassato, appoggiato alla mia spalla. Le luci intense di Las Vegas erano visibili già da dieci
minuti: ci guidavano come un faro verso tutto ciò che odiavo e nel contempo desideravo.
Travis si sollevò lentamente e diede una rapida occhiata dal finestrino prima di baciarmi
la spalla. « Ci siamo?»
« Evviva! Pensavo che ti fossi riaddormentato. Sarà una giornata lunga.»
« Come potrei dormire dopo quel sogno?» replicò lui stirandosi. « Non so nemmeno se lo
voglio.»
Gli strinsi la mano. Detestavo vederlo così turbato. Anche se non aveva intenzione di
parlarmene, non ci voleva molto a capire che cosa avesse sognato. Mi chiesi se i
sopravvissuti di Keaton Hall sarebbero riusciti a chiudere gli occhi senza rivedere il fumo e
le facce terrorizzate. L’aereo arrivò al gate, la scritta ALLACCIARE LE CINTURE DI
SICUREZZA si spense con un ding e le luci della cabina si accesero invitando i passeggeri
ad alzarsi e a recuperare i bagagli a mano. Avevano tutti fretta, anche se per scendere
ciascuno avrebbe comunque dovuto aspettare il proprio turno.
Fingendomi paziente, rimasi seduta a guardare Travis che si alzava per prendere la borsa.
La maglietta si sollevò mettendo in mostra gli addominali, che si allungarono e si
contrassero quando tirò giù il bagaglio.
« Hai portato un vestito?»
Scossi la testa. « Ho pensato che ne avrei trovato uno qui.»
Lui annuì. « Sì, scommetto che ne avranno parecchi. A Las Vegas c’è di certo una scelta
più ampia che a casa nostra.»
« È quello che mi sono detta.»
Travis mi tese la mano e mi aiutò a fare i due passi che mi separavano dal corridoio.
« Sarai splendida, qualunque cosa ti metterai.»
Gli diedi un bacio sulla guancia e presi la borsetta proprio mentre la fila cominciava a
muoversi. Seguimmo gli altri passeggeri lungo la passerella e poi nel terminal.
« Mi sembra un déjà-vu» , sussurrò Travis.
Avevo la stessa impressione. Le slot machine ammaliavano la gente con le luci colorate
e le loro false promesse di fortuna e lauti guadagni. L’ultima volta che eravamo stati lì
avevamo notato subito le coppie intenzionate a sposarsi e mi domandai se noi fossimo
altrettanto riconoscibili.
Quando superammo il ritiro bagagli, Travis mi prese per mano e seguì le indicazioni
TAXI. Le porte automatiche si aprirono e uscimmo nell’aria notturna del deserto. Era secca
e ancora soffocante. La inalai, lasciando che Las Vegas saturasse interamente il mio corpo.
Sposare Travis era la cosa più facile e nello stesso tempo più difficile che avessi mai
fatto. Perché il mio piano funzionasse, dovevo risvegliare quella Abby che era stata
plasmata dal lato più oscuro della città. Se Travis avesse capito che lo facevo per ragioni
diverse oltre a quella di legarmi a lui, mi avrebbe fermata, e Travis non era affatto un
ingenuo. Peggio ancora, mi conosceva meglio di chiunque altro e sapeva di che cosa ero
capace. Se fossi riuscita a sposarlo e a tenerlo fuori di prigione a sua insaputa, sarebbe stato
il migliore bluff della mia vita.
Avevamo evitato la coda delle persone in attesa dei bagagli, ma trovammo lo stesso una
lunga fila ai taxi. Sospirai. A quell’ora avremmo già dovuto essere in procinto di sposarci.
Era buio, ma dall’incendio erano passate più di cinque ore. Non potevamo permetterci altre
attese.
« Pidge?» Travis mi strinse la mano. « Tutto bene?»
« Sì» , risposi scuotendo la testa e sorridendo. « Perché?»
« Sembri... un po’ tesa.»
Feci un rapido controllo: la postura, l’espressione facciale, qualsiasi indizio che potesse
tradirmi. Avevo le spalle tanto contratte che quasi mi sfioravano le orecchie, perciò mi
sforzai di rilassarle. « Mi sto solo preparando.»
« A toglierti il pensiero?» chiese lui inarcando impercettibilmente le sopracciglia. Se non
lo avessi conosciuto così bene, non me ne sarei neanche accorta.
« Trav» , dissi cingendogli la vita con le braccia. « È stata una mia idea, ricordi?»
« Come l’ultima volta che siamo venuti qui. E tu sai com’è finita, vero?»
Scoppiai a ridere e subito dopo mi sentii malissimo. La ruga verticale che gli si formava
sulla fronte quando si adombrava divenne più netta. Per lui era così importante! Mi amava
profondamente, ma quella sera era diverso. « Ho fretta, sì. Tu no?»
« Sì, ma c’è qualcosa che non va.»
« Sei solo nervoso. Smetti di preoccuparti.»
I suoi lineamenti si distesero e si chinò per darmi un bacio sulla testa. « Okay. Se dici che
stai bene, ti credo.»
Dopo quindici lunghi minuti avevamo guadagnato la testa della fila. Un taxi accostò al
marciapiede e si fermò. Travis aprì la portiera e io m’infilai sul sedile posteriore,
spostandomi per fargli spazio.
Il tassista si voltò a guardarci. « Toccata e fuga?»
Travis sistemò l’unica borsa che avevamo di fronte a sé, sul fondo dell’auto. « Viaggiamo
leggeri.»
« Al Bellagio, per favore» , dissi con calma, frenando l’agitazione.
Una canzone allegra, che ricordava un po’ una musica da circo e di cui non capii le
parole, ci accompagnò dall’aeroporto fino allo Strip. Le sue luci ci accompagnarono per
chilometri prima di arrivare all’albergo.
Quando lo raggiungemmo, notai un fiume di persone sui marciapiedi. Persino a quell’ora
erano gremiti di scapoli, donne con bambini addormentati nei passeggini, persone con
addosso costumi che si facevano fotografare per soldi e uomini d’affari in cerca di svago.
Travis mi mise un braccio sulle spalle e io mi appoggiai a lui, sforzandomi di non
guardare per l’ennesima volta l’orologio.
Il taxi imboccò la rotonda del Bellagio e lui si allungò per pagare il conducente. Poi
prelevò la borsa e mi attese. Sgattaiolai fuori, afferrai subito la sua mano e misi piede
sull’asfalto. Nonostante fossero le prime ore del mattino, la gente faceva la coda per
prendere un taxi e andare in un nuovo casinò, mentre altri rientravano in albergo
barcollando e ridendo dopo una lunga notte di bevute.
Travis mi strinse la mano. « Siamo proprio qui.»
« Sì!» esclamai trascinandolo dentro. Il soffitto era incredibilmente ornato. Tutti nell’atrio
se ne stavano col naso in su.
« Cosa stai...?» chiesi voltandomi. Travis si faceva tirare mentre osservava rapito le
decorazioni.
« Guarda, Pidge! È... Uau!» esclamò meravigliato davanti agli enormi fiori multicolori
che pendevano dal soffitto.
« Sì!» convenni rimorchiandolo fino al banco. « Abbiamo prenotato una stanza» , dissi.
« E dobbiamo riservare una cappella per sposarci.»
« Quale?» domandò l’uomo.
« Una qualsiasi. Che sia carina, però. Aperta ventiquattr’ore su ventiquattro.»
« Si può organizzare. Dopo il check-in, il concierge prenoterà per voi la cappella, gli
spettacoli e tutto ciò che desiderate.»
« Fantastico!» esclamai girandomi per rivolgere a Travis un sorriso trionfante. Lui stava
ancora fissando il soffitto. « Travis!» dissi tirandolo per un braccio.
Lui si voltò e si riscosse dal suo stato di trance. « Sì?»
« Puoi andare dal concierge per organizzare la cerimonia?»
« Sì? Voglio dire, sì, certo. Dove?»
Scoppiai a ridere. « In un posto vicino, aperto tutta la notte. Di classe.»
« Afferrato» , rispose. Mi diede un bacetto sulla guancia e si avviò con la borsa verso il
banco del concierge.
« Il nome è Maddox» , dissi tirando fuori un pezzo di carta. « Questo è il numero di
conferma.»
« Ah, sì. La suite Luna di miele è disponibile, se desiderate qualcosa di meglio.»
Scossi la testa. « Va bene così.» Travis era dall’altra parte della sala, intento a parlare
con l’uomo al banco. Stava guardando un opuscolo e sorrideva beato mentre il concierge gli
mostrava le varie cappelle.
« Ti prego, fa’ che funzioni» , mormorai.
« Come dice, signora?»
« Oh, niente» , risposi mentre l’impiegato riprendeva a digitare al computer.
TRAVIS
Abby si protese verso di me sorridendo quando la baciai sulla guancia, poi tornò a
occuparsi della stanza mentre io andavo dal concierge per riservare una cappella. Guardai
la mia futura moglie: le sue gambe lunghe, con quelle zeppe, sembravano ancora più belle.
La camicetta, leggera e ampia, era trasparente solo quel tanto da lasciar intravedere, con
mia somma delusione, il top che aveva sotto. Portava i suoi occhiali da sole preferiti e il
cappello floscio che adorava, da cui spuntavano alcune lunghe ciocche color caramello,
lievemente ondulate perché non si era asciugata i capelli col phon. Mio Dio, era così sexy !
E non doveva nemmeno sforzarsi. Tutto ciò che desideravo era essere dentro di lei. Adesso
che eravamo fidanzati, non mi sembrava più un pensiero tanto meschino.
« Signore?» fece il concierge.
« Oh, sì» , risposi lanciando un’ultima occhiata a Abby prima di rivolgergli la mia
attenzione. « Mi serve una cappella. Aperta tutta la notte e di classe.»
Lui sorrise. « Certo, signore. Ne abbiamo diverse proprio qui, al Bellagio. Sono
assolutamente splendide e...»
« Non avete per caso un Elvis, vero? Pensavo, visto che ci sposiamo a Las Vegas, che
dovremmo essere uniti in matrimonio da lui o almeno invitarlo, capisce?»
« No, signore, mi dispiace, le cappelle del Bellagio non offrono un sosia di Elvis. Però
posso fornirvi alcuni numeri a cui potrete richiederne uno per la cerimonia. Naturalmente,
se preferite, c’è anche la cappella Graceland, famosa in tutto il mondo. Hanno pacchetti
che comprendono anche un sosia di Elvis.»
« È di classe?»
« Sono sicuro che sarebbe di vostro gradimento.»
« D’accordo, quella. Il prima possibile.»
Il concierge sorrise. « Avete premura, eh?»
Feci per ricambiare il sorriso, ma mi accorsi di averne già uno idiota stampato sulle
labbra. « Vede quella ragazza laggiù?»
Lui le diede un’occhiata rapida, rispettosa. Mi piacque. « Sì, signore. È un uomo
fortunato.»
« Sì, accidenti. È possibile fissare il matrimonio fra due o tre ore? Avrà bisogno di un po’
di tempo per comprarsi qualcosa e prepararsi.»
« È molto premuroso, signore» , osservò. Premette qualche tasto, afferrò il mouse, lo
mosse un po’ e cliccò un paio di volte. Il sorriso lasciò il posto a un’espressione concentrata,
ma non appena ebbe finito s’illuminò di nuovo. La stampante ronzò e poco dopo mi porse un
foglio. « Ecco, signore. Congratulazioni.» Mi fece un saluto beneaugurante e io ricambiai
con la sensazione che mi avesse appena dato un biglietto vincente della lotteria.
4.
TRE ORE
TRAVIS
Abby mi prese per mano e mi trascinò attraverso il casinò, verso gli ascensori. La seguii
strascicando i piedi, cercando di dare un’occhiata in giro prima di salire. Erano passati solo
pochi mesi dall’ultima volta che eravamo stati a Las Vegas, ma adesso era tutto meno
snervante. Eravamo qui per una ragione di gran lunga migliore. Ciò nonostante, Abby era
molto seria e non voleva lasciarmi il tempo di ambientarmi fra i tavoli. Odiava Las Vegas,
e per un buon motivo, il che mi indusse a chiedermi di nuovo perché avesse scelto proprio
quel posto. Ma, visto che il suo obiettivo era diventare mia moglie, non mi sarei messo a
discutere.
« Trav» , disse, irritata. « Gli ascensori sono proprio... qui...» Mi diede ancora un paio di
strattoni per condurmi alla meta.
« Siamo in vacanza, Pidge. Rilassati.»
« No, stiamo per sposarci e abbiamo meno di ventiquattr’ore per farlo.»
Premetti il pulsante e mi spostai con Abby ai margini della calca. Non mi sarei dovuto
stupire nel vedere tanta gente rientrare quasi all’alba, ma perfino uno studente scatenato
come me restava colpito da Las Vegas.
« Ancora non ci posso credere!» esclamai. Avvicinai le sue dita alle labbra e le baciai.
Abby stava guardando i numeri decrescere sopra le porte dell’ascensore. « Lo hai già
detto.» Mi guardò e fece un mezzo sorriso. « Credici, tesoro. Siamo qui.»
Gonfiai il petto, pronto a emettere un lungo sospiro. Non ricordavo l’ultima volta in cui mi
ero sentito così rilassato e tranquillo, forse perché non mi era mai successo prima. Mi
sembrava strano provare quelle sensazioni considerato quello che avevamo passato al
campus, e nello stesso tempo sentendomi oppresso da un simile senso di colpa. Il fatto di
essere al settimo cielo e, l’attimo successivo, di sentirmi un criminale era un’esperienza
sconcertante e inquietante.
Le porte dell’ascensore si socchiusero e poco dopo si aprirono lentamente, lasciando
uscire le persone. Io e Abby entrammo con la nostra piccola valigia. Una donna aveva con
sé una borsetta enorme, un bagaglio a mano grande due volte il nostro e un trolley che
avrebbe potuto tranquillamente contenere due bambini.
« Si trasferisce qui?» chiesi. « Figo!» Abby mi diede una gomitata nelle costole.
La donna guardò a lungo prima me, poi Abby e infine rispose con un accento francese:
« No» . Dopodiché distolse lo sguardo, chiaramente infastidita dal fatto che le avessi parlato.
Ci scambiammo uno sguardo e Abby sgranò gli occhi, come per dire: “Cavolo, che
stronza!”. Mi sforzai di non ridere. Accidenti se amavo quella donna, e mi piaceva il fatto di
sapere cosa pensava senza bisogno che aprisse bocca.
La francese mi fece un cenno con il capo. « Al trentacinquesimo, per piacere.» Andava
agli ultimi piani, naturalmente.
Quando le porte si aprirono al ventiquattresimo, mettemmo piede, un po’ disorientati,
sulla moquette dai disegni elaborati e cominciammo a girare in cerca della stanza. Alla
fine, in fondo al corridoio, Abby inserì la chiave elettronica e la estrasse velocemente.
La porta emise un clic e si accese una luce verde. Eravamo in camera.
Abby premette l’interruttore della luce, si sfilò la borsa dalla testa e la gettò sul letto kingsize sorridendomi. « Bella.»
Mollai il bagaglio per terra, lasciando che si rovesciasse, e la presi tra le braccia. « Ecco,
siamo qui. Quando dormiremo in quel letto, saremo marito e moglie.»
Abby mi fissò con uno sguardo intenso e pensieroso, poi mi mise una mano sulla guancia
accennando un mezzo sorriso. « Puoi dirlo forte.»
Non riuscii a capire che cosa avesse in testa, perché la preoccupazione scomparve quasi
subito dai suoi splendidi occhi grigi.
Si alzò in punta di piedi e mi sfiorò le labbra con un bacio. « A che ora è la cerimonia?»
ABBY
« Fra tre ore?» Mantenni un atteggiamento rilassato, malgrado la tensione. Stavamo
sprecando troppo tempo e non potevo in alcun modo spiegargli perché volessi togliermi il
pensiero il prima possibile.
Togliermi il pensiero? Era davvero così che la vedevo? Forse non era solo il fatto che
Travis avesse bisogno di un alibi credibile. Forse avevo paura che, se avessi avuto
l’occasione di riflettere su quello che stavamo per fare, sarei entrata nel panico.
« Sì» , rispose. « Ho pensato che avessi bisogno di tempo per comprarti un vestito, andare
dal parrucchiere e fare tutte quelle cose che fa una donna. Ho... ho sbagliato?»
« No, no, va bene. Credevo che sarebbe successo subito, appena arrivati. Ma hai ragione
tu.»
« Non andiamo al Red, Pidge. Ci sposiamo. So che non sarà in una chiesa, ma
immaginavo che...»
« Sì.» Scossi la testa e chiusi gli occhi per un secondo, dopodiché lo guardai. « Sì, hai
ragione. Scusa. Vado giù a cercare qualcosa di bianco, poi tornerò qui e mi preparerò. Se
non troverò niente, andrò al Cry stals. Là ci sono più negozi.»
Travis si avvicinò, fermandosi a pochi centimetri da me. Mi studiò per diversi istanti,
abbastanza a lungo da mettermi in agitazione. « Dimmi cosa c’è» , mormorò.
Per quanto mi sforzassi di trovare delle giustificazioni, mi conosceva tanto bene da sapere
che, sotto la mia impassibilità, nascondevo qualcosa. « Penso che quello che vedi sia
stanchezza. Non dormo da quasi ventiquattr’ore.»
Lui sospirò, mi baciò sulla fronte e andò al minibar. Si chinò e un attimo dopo si voltò,
tenendo in mano due lattine piccole di Red Bull. « Problema risolto.»
« Il mio fidanzato è un genio.»
Me ne porse una e mi prese tra le braccia. « Mi piace.»
« Che pensi che tu sia un genio?»
« Essere il tuo fidanzato.»
« Sì? Non abituartici. Fra tre ore ti chiamerò in modo diverso.»
« Il nuovo appellativo mi piacerà ancor di più.»
Sorrisi guardandolo aprire la porta del bagno.
« Mentre andrai in cerca del vestito, mi farò la doccia e la barba, poi troverò qualcosa da
mettermi.»
« Allora non ci sarai quando tornerò?»
« Vuoi che ci sia? È alla cappella Graceland, no? Pensavo che ci saremmo incontrati da
quelle parti.»
« Sarebbe bello se ci trovassimo poco prima alla cappella, vestiti e pronti per andare
all’altare.»
« Girerai da sola per Las Vegas per tre ore?»
« Sono cresciuta qui, ricordi?»
Lui rifletté per un istante. « Jesse lavora ancora come pit boss?»
Inarcai un sopracciglio. « Non lo so. Non l’ho sentito. Ma, se anche fosse, l’unico casinò a
cui mi avvicinerò è quello del Bellagio, e già così mi sembra di dover fare troppa strada per
arrivare a questa stanza.»
Travis annuì, apparentemente soddisfatto. « Ci vediamo là, allora.» Mi strizzò l’occhio e
chiuse la porta del bagno.
Presi la borsa e la chiave della stanza. Lanciato uno sguardo alla porta del bagno, afferrai
il suo cellulare dal comodino.
Cercai fra i contatti, trovai ciò che mi serviva e inviai il numero sul mio telefono,
cancellando subito il messaggio. Non appena posai il cellulare, la porta del bagno si aprì e
ricomparve Travis, avvolto solo in un asciugamano.
« La licenza matrimoniale?» chiese.
« Se ne occuperà la cappella, addebitandoci qualcosa in più.»
Lui annuì sollevato e si richiuse in bagno.
Uscii e mi diressi all’ascensore, memorizzando e poi chiamando il nuovo numero.
« Ti prego, rispondi» , mormorai.
Quando le porte si aprirono, vidi un gruppo di ragazze poco più vecchie di me.
Ridacchiavano e parlavano biascicando: alcune commentavano la serata trascorsa, altre
non sapevano se andare a dormire o restare alzate per non perdere il volo di ritorno.
« Rispondi, maledizione» , dissi dopo il primo squillo. Altri tre squilli e scattò la segreteria
telefonica.
« Sono Trent. Sapete cosa fare.»
« Uffa!» sbuffai. Le porte si aprirono al pianterreno e mi diressi decisa verso i negozi
dell’albergo.
Scartati i vestiti troppo elaborati o volgari e quelli adorni di pizzi o di perline, lo trovai:
l’abito che avrei indossato per diventare la signora Maddox. Era bianco, naturalmente, e mi
arrivava sotto il ginocchio. Piuttosto semplice, a dire il vero, tranne per la scollatura dritta e
un fiocco di satin bianco in vita. Rimasi davanti allo specchio a studiarne ogni linea e ogni
dettaglio. Era splendido, e anch’io mi sentivo tale. Di lì a un paio d’ore Travis Maddox ne
avrebbe passato al vaglio tutti i particolari.
Percorsi l’intero reparto veli. Dopo aver provato il quarto, mi scoraggiai. Erano articoli
troppo perbene, troppo candidi. Scorsi un’altra vetrina e mi avvicinai, sfiorando con le dita
le perle e le pietre dei vari fermagli per capelli. Erano meno delicati e... più come me.
Nonostante ce ne fossero tantissimi, alla fine la mia attenzione era sempre attirata dallo
stesso: un piccolo pettine d’argento abbellito da una miriade di strass di diversa dimensione
che formavano una farfalla. Senza sapere perché, lo presi, certa che era perfetto.
Le scarpe si trovavano in fondo al negozio. Non avevano un’ampia scelta, ma non ero un
tipo difficile e optai per il primo paio di sandali d’argento con il tacco alto che vidi. Due
cinghiette ricoprivano le dita, due la caviglia, e la fibbia era nascosta da una decorazione di
perline. Per fortuna c’era il mio numero. Ora mi mancava solo una cosa: i gioielli.
Scelsi un paio di orecchini di perle semplici ma eleganti, sulla cui chiusura c’era un
piccolo zircone di forma cubica, sufficientemente vistoso da essere adatto a un’occasione
speciale. Facevano parure con la collana. Nella vita non avevo mai voluto mettermi in
mostra, e il matrimonio non mi avrebbe cambiata.
Pensai alla prima volta che mi ero ritrovata davanti Travis. Era sudato e ansimante, senza
camicia, mentre io ero sporca del sangue di Marek Young. Quell’incontro risaliva ad
appena sei mesi prima e adesso stavamo per sposarci. E avevo diciannove anni. Soltanto
diciannove.
“Che cazzo sto facendo?”
Andai alla cassa e guardai spuntare dal registratore la ricevuta del vestito, delle scarpe,
del pettinino e dei gioielli, cercando di tenere a bada il panico.
La ragazza rossa dietro il banco la staccò e me la porse con un sorriso. « È un abito
meraviglioso. Ottima scelta.»
« Grazie» , risposi. Non so se ricambiai il sorriso. Mi allontanai, stordita, stringendo il
sacchetto al petto.
Dopo aver fatto un salto veloce in gioielleria a prendere una fede di titanio nero per
Travis, guardai il cellulare e lo rimisi in borsa. Ero a buon punto.
Quando entrai nel casinò, la borsa iniziò a vibrare. Mi misi il sacchetto fra le gambe e
cercai il telefono. Squillò due volte, e a quel punto le mie dita presero a muoversi
freneticamente, arraffando e spostando gli oggetti nella borsa per trovarlo in tempo.
« Pronto?» strillai. « Trent?»
« Abby ? Va tutto bene?»
« Sì» , mormorai sedendomi per terra vicino a una slot machine. « Stiamo bene. E tu?»
« Sono con Cami. È piuttosto sconvolta per l’incendio. Ha perso alcuni dei suoi clienti
abituali.»
« Oddio, Trent, mi dispiace tanto. Non ci posso credere. Non mi sembra vero» , risposi
sentendo un groppo in gola. « C’erano tanti ragazzi. Probabilmente i loro genitori non lo
sapranno ancora» , osservai avvicinando la mano al viso.
« Sì» , disse Trent sospirando con un’aria stanca. « Laggiù è come una zona di guerra.
Cos’è questo rumore? Sei in una sala giochi?» Aveva un tono indignato, come se conoscesse
già la risposta e non riuscisse a credere che fossimo così insensibili.
« Cosa?» feci. « Dio, no. Noi... noi abbiamo preso un aereo per Las Vegas.»
« Cosa?» replicò furibondo. O forse solo perplesso, non ne ero sicura. Trent aveva un
carattere impetuoso.
Trasalii avvertendo il tono di disapprovazione nella sua voce, consapevole che quello era
solo l’inizio. Ma avevo un obiettivo. Dovevo mettere da parte i miei sentimenti finché non
avessi ottenuto quello per cui ero andata fin lì. « Stammi solo a sentire. È importante. Non
ho molto tempo e mi serve il tuo aiuto.»
« D’accordo. Per cosa?»
« Non parlare. Ascolta e basta. Me lo prometti?»
« Abby , smettila con questi giochetti. Dimmi che cazzo c’è.»
« Ieri sera c’erano un sacco di persone all’incontro. E molte sono morte. Qualcuno finirà
in galera per questo.»
« Pensi che toccherà a Travis?»
« A lui e a Adam, sì. Forse anche a John Savage e a chiunque altro verrà ritenuto
coinvolto. Grazie a Dio Shepley non era in città.»
« Cosa facciamo?»
« Ho chiesto a Travis di sposarmi.»
« Oh... okay . In che modo lo aiuterà questo?»
« Siamo a Las Vegas. Se possiamo provare di essere partiti poche ore dopo l’incendio per
sposarci, anche se qualche studente ubriaco testimonierà che Travis era all’incontro, forse
sembrerà abbastanza strano da far nascere un ragionevole dubbio.»
« Abby !» esclamò lui con un sospiro.
Soffocai un singhiozzo. « Non dirlo. Se pensi che non funzionerà, non dirlo, va bene? È
l’unica idea che mi è venuta in mente, e se lui scopre perché lo faccio si tirerà indietro.»
« Ovviamente. Abby, so che hai paura, ma è una follia. Non puoi sposarlo per tenerlo
lontano dai guai. E in ogni caso non funzionerà. Siete partiti solo dopo l’incontro.»
« Ti ho chiesto di non dirlo.»
« Scusami. Neanche lui vorrebbe che lo facessi. Vorrebbe che lo sposassi perché lo
desideri. Se lo scoprisse, gli spezzeresti il cuore.»
« Non preoccuparti, Trent. Funzionerà. Almeno Travis avrà una possibilità. Perché questa
è una possibilità, giusto? Sempre meglio di niente.»
« Immagino di sì» , rispose, sconfitto.
Sospirai e annuii coprendomi la bocca con la mano. Le lacrime mi offuscarono la vista,
trasformando il pavimento del casinò in un caleidoscopio di colori. Una possibilità era
sempre meglio di niente.
« Congratulazioni» , disse.
« Congratulazioni» , gli fece eco Cami in sottofondo. Aveva una voce stanca e rauca, ma
era sincera.
« Grazie. Tienimi aggiornata. Fammi sapere se qualcuno fa domande alla confraternita o
se senti di qualche indagine.»
« Certo... Sai, è maledettamente strano che il primo a sposarsi sia il nostro fratello più
piccolo.»
Scoppiai a ridere. « Fattene una ragione.»
« Vaffanculo. E ricorda, ti voglio bene.»
« Anch’io, Trent.»
Tenni il telefono in grembo tra le mani, osservando la gente che mi fissava. Vedendomi
seduta per terra, restavano tutti perplessi, ma non abbastanza da chiedermi che cosa fosse
successo. Mi alzai, presi la borsa e il sacchetto e feci un respiro profondo.
« Ecco che arriva la sposa» , dissi muovendo i primi passi.
5.
SCOPERTA
TRAVIS
Mi asciugai, mi lavai i denti, m’infilai un paio di pantaloncini, una maglietta e le Nike. Ero
pronto. Cavolo, era bello essere un uomo! Non riuscivo a immaginare di impiegare
mezz’ora ad asciugarsi i capelli per poi bruciacchiarli con un aggeggio rovente e di passare
quindici o venti minuti a truccarsi prima di vestirsi. Chiavi, portafoglio, telefono e via. Abby
aveva detto che sotto c’erano dei negozi, ma mi aveva fatto chiaramente capire che non ci
saremmo dovuti vedere prima della cerimonia, perciò mi diressi verso lo Strip.
Anche se vai di fretta, quando le fontane del Bellagio si attivano a suon di musica, non
puoi non fermarti ad ammirarle. Mi accesi una sigaretta e feci un tiro appoggiando le
braccia sull’ampio gradino di calcestruzzo che contornava lo spiazzo. Guardare i giochi
d’acqua accompagnati dalla musica mi ricordò l’ultima volta che ero stato lì in compagnia
di Shepley , in attesa che Abby battesse alcuni veterani a poker.
Shepley. Caspita, ero così contento che non fosse venuto all’incontro. Se lo avessi perso, o
se lui avesse perso America, non so se io e Abby saremmo stati lì. Una tragedia simile
avrebbe cambiato le dinamiche della nostra amicizia. Shepley non sarebbe potuto restare
vicino a me o a Abby senza America e lei non l’avrebbe fatto senza Shepley. Abby non
sarebbe rimasta senza America. Se non avessero deciso di trascorrere le vacanze di
primavera dai genitori di lui, forse starei piangendo la scomparsa di Shep anziché
prepararmi alle mie nozze. La sola idea di chiamare zio Jack e zia Deana per dar loro la
notizia della morte del figlio mi scatenò un brivido gelido lungo la schiena.
Scacciai quel pensiero, ricordandomi degli istanti in cui ero rimasto davanti a Keaton
Hall, in attesa di chiamare mio padre, con il fumo che usciva dalle finestre. Alcuni vigili del
fuoco gettavano acqua all’interno con una manichetta, altri portavano fuori i sopravvissuti.
Ricordavo bene l’angoscia di dover informare mio padre che Trent era disperso e
probabilmente morto. Di dovergli spiegare che, in mezzo a tutta la confusione, era scappato
nella direzione sbagliata, mentre io e Abby ce l’eravamo cavata. L’idea di quello che
sarebbe potuto succedere a lui e alla nostra famiglia mi fece star male. Papà era l’uomo più
forte che conoscessi, ma non avrebbe sopportato la perdita di un’altra persona cara.
Alle superiori Jack e mio padre erano i due piccoli boss della città, la prima generazione
veramente tosta di Maddox. Nelle cittadine universitarie quelli del posto le davano oppure le
prendevano. Jim e Jack Maddox non erano mai rientrati nella seconda categoria. Avevano
persino conosciuto e sposato le uniche due ragazze del college in grado di tenere loro testa:
Deana e Diane Hempfling. Sì, due sorelle, il che rende me e Shepley cugini per parte di
madre e di padre. Probabilmente era stato un bene che Jack e Deana si fossero fermati al
primo figlio, visto che la mamma aveva avuto cinque maschi turbolenti. Statisticamente,
dopo avrebbe dovuto avere una femmina, e non so se il mondo avrebbe retto una Maddox.
La rabbia e l’aggressività unite agli estrogeni? Avrebbe combinato disastri.
Dopo la nascita di Shepley, zio Jack si era calmato. Shepley era un Maddox, ma aveva
preso il carattere della madre. Io, Thomas, Ty ler, Tay lor e Trenton perdevamo facilmente
le staffe, come papà; Shepley invece era calmo. Era sempre stato il mio migliore amico, e
io il suo. Per me era come un fratello che vivesse sotto un altro tetto. Un fratello vero, per
quanto fosse più simile a Thomas che al resto di noi. Però avevamo tutti lo stesso DNA.
La fontana si spense e io mi allontanai, notando l’insegna del Cry stals. Se avessi fatto in
fretta, forse Abby sarebbe stata ancora nei negozi del Bellagio e non mi avrebbe visto.
Accelerai il passo schivando turisti molto ubriachi o molto stanchi. Imboccati una scala
mobile e un ponte, mi ritrovai nel centro commerciale multipiano. C’erano cilindri di vetro
contenenti piccole trombe d’acqua colorate, negozi esclusivi e la solita folla eterogenea.
Famiglie e spogliarelliste insieme. Succedeva solo a Las Vegas.
Feci un salto in un negozio di abbigliamento senza avere fortuna e proseguii finché non ne
vidi uno di Tom Ford. In dieci minuti trovai e provai l’abito grigio perfetto, ma ebbi
difficoltà con la cravatta. « Fanculo» , bofonchiai portando il vestito e una camicia bianca
button-up alla cassa. Chi aveva detto che lo sposo doveva indossare la cravatta?
Uscendo dal centro commerciale, scorsi un paio di Converse nere in una vetrina. Entrai,
le provai e sorrisi. « Le prendo» , dissi alla commessa. Lei ricambiò il sorriso con uno
sguardo che sei mesi prima mi avrebbe eccitato. Quando una donna mi guardava così, di
solito significava che, se avessi voluto infilarmi nelle sue mutande, avrei avuto vita facile.
“Portami da te”, diceva quello sguardo.
« Ottima scelta» , osservò in tono svenevole, provocante. Aveva i capelli scuri, folti e
lucenti, che le arrivavano quasi ai fianchi. Era una ragazza piccola e sofisticata, una bellezza
asiatica fasciata da un abito aderente, con tacchi vertiginosi. E aveva due occhi vivi,
calcolatori. Era esattamente il genere di sfida che il vecchio Travis avrebbe raccolto con
piacere. « Si ferma molto a Las Vegas?»
« Solo un paio di giorni.»
« È la prima volta che ci viene?»
« La seconda.»
« Oh, stavo per offrirmi di mostrarle la città.»
« Tra un paio d’ore mi sposerò con queste scarpe addosso.»
Quella risposta cancellò ogni traccia di desiderio. Mi sorrise amabilmente, ma ormai
aveva perso qualsiasi interesse. « Congratulazioni.»
« Grazie» , dissi prendendo la ricevuta e il sacchetto.
Uscii sentendomi molto meglio che se fossi andato lì con degli amici e mi fossi portato
quella ragazza in albergo. Un tempo non conoscevo l’amore. Era fantastico tornare a casa
da Abby ogni sera e vedere nei suoi occhi quello sguardo accogliente, affettuoso. E non
c’era niente di più bello che escogitare nuovi modi per farla innamorare. Adesso vivevo per
questo, ed era molto più appagante.
In un’ora avevo comprato l’abito e la fede d’oro per Abby ed ero tornato in camera. Mi
sedetti sul letto, presi il telecomando e accesi il televisore prima di slacciarmi le scarpe.
Sullo schermo comparve una scena familiare: Keaton Hall ancora fumante, cordonato dal
nastro giallo, con i mattoni attorno alle finestre anneriti e il terreno circostante saturo
d’acqua.
Il giornalista stava raccogliendo la testimonianza di una ragazza in lacrime. La sua
compagna di stanza non era più tornata e lei stava ancora aspettando di sapere se fosse
morta. Non riuscii più a reggere. Mi coprii la faccia con le mani e appoggiai i gomiti sulle
ginocchia. Presi a tremare tutto, piangendo per i miei amici e per gli sconosciuti che
avevano perso la vita. Chiesi perdono all’infinito per essere stato io ad attirarli là e per il
fatto di essere un fottuto bastardo ad avere scelto di rimanere con Abby anziché
consegnarmi alla polizia. Esaurite le lacrime, m’infilai nella doccia e restai sotto l’acqua
bollente finché non ritrovai quello stato d’animo in cui Abby desiderava che fossi.
Non voleva vedermi fino a poco prima della cerimonia, perciò mi rimisi in sesto, mi
vestii, mi spruzzai un po’ di acqua di colonia, mi allacciai le scarpe nuove e uscii. Prima di
chiudere la porta, diedi un’ultima occhiata alla stanza. Quando vi avrei rimesso piede, sarei
stato il marito di Abby, ed era l’unico pensiero che rendesse sopportabile il senso di colpa.
Sentii una scarica di adrenalina in corpo e il cuore prese a battermi forte. Di lì a poche ore
sarebbe iniziata la mia nuova vita.
Preso l’ascensore, seguii la moquette dai disegni vistosi fino al casinò. L’abito nuovo mi
faceva sentire un dio e la gente mi guardava, chiedendosi dove andasse quell’idiota di
bell’aspetto con un paio di Converse. Quando fui a metà casinò, notai una donna seduta per
terra con accanto un sacchetto. Piangeva parlando al cellulare. Mi bloccai di colpo. Era
Abby .
Mi spostai istintivamente di lato, nascondendomi dietro una fila di slot machine. Con la
musica, i bip e il brusio, non sentivo che cosa stesse dicendo, ma il sangue mi si gelò nelle
vene. Perché piangeva? Con chi si stava sfogando? Non voleva sposarmi? Avrei dovuto
affrontarla? Oppure aspettare e sperare che non annullasse tutto?
Abby si alzò e prese ad armeggiare con le borse. Avrei voluto precipitarmi da lei per
aiutarla, ma avevo paura. L’idea che in quel momento potesse dirmi la verità mi
terrorizzava, perché non volevo saperla. Il mio sporco egoismo alla fine prevalse e lasciai
che si allontanasse.
Non appena fu scomparsa, mi sedetti sullo sgabello di una slot machine e presi le
sigarette dalla tasca interna. L’estremità della sigaretta sfrigolò quando l’accesi e al primo
tiro divenne rossa. Che cosa avrei fatto se avesse cambiato idea? Avremmo superato una
crisi del genere? Qualunque fosse la risposta, avrei dovuto trovare una soluzione. Anche se
non avesse più voluto sposarmi, non potevo perderla.
Rimasi seduto a lungo a fumare e a infilare banconote nella slot machine mentre una
cameriera mi offriva drink gratuiti. Al quarto la mandai via. Ubriacarmi prima del
matrimonio non avrebbe risolto un accidenti di niente. Forse per questo Abby aveva avuto
un ripensamento. Amarla non bastava. Dovevo crescere, cazzo, trovarmi un lavoro vero,
smettere di bere e di fare a pugni, controllare la mia maledetta rabbia. Lì, da solo al casinò,
giurai a me stesso che avrei fatto tutti quei cambiamenti a cominciare da subito.
Il telefono emise un segnale acustico: mancava solo un’ora alla cerimonia. Mandai un
messaggio a Abby temendo la sua risposta.
Mi manchi.
ABBY
Sorrisi guardando il cellulare. Il messaggio era di Travis. Digitai la risposta, pur sapendo
che le parole non sarebbero riuscite a esprimere quello che provavo.
Anche tu.
–1 ora. Sei pronta?
Non ancora. Tu?
Sì cavolo. Sono un potuto schianto. Quando mi vedrai mi sposerai subito.
Potuto?
Fottuto* è il maledetto correttore automatico. Vuoi una foto?
No! Porta male!
Sei Tredici fortunato. Porti bene.
Stai per sposarmi. Quindi a te non porto bene. E non chiamarmi così.
Ti amo tesoro.
Anch’io. A presto.
Nervosa?
Certo. Tu no?
Solo per paura che ci ripensi.
Non ci ripenso.
Vorrei poterti dire quanto sono felice.
Non ce n’è bisogno. Lo so.
Posai il telefono sul piano del bagno e mi guardai allo specchio, passandomi il rossetto
sulle labbra. Dopo essermi sistemata un’ultima ciocca, mi avvicinai al letto dove avevo
lasciato il vestito. Non era quello che avrei scelto a dieci anni ma era stupendo, come ciò
che stavamo per fare. E come il motivo per cui lo facevo. Mi venivano in mente ragioni
molto meno nobili per sposarsi. Inoltre, ci amavamo. Sposarsi così giovani era tanto
terribile? Non eravamo certo i primi.
Scossi la testa cercando di placare il turbine di pensieri contrastanti. Perché tutti quegli alti
e bassi? Stava accadendo, ed eravamo innamorati. Era una follia? Sì. Era sbagliato? No.
Mi infilai il vestito e chiusi la cerniera mettendomi davanti allo specchio. « Molto
meglio» , dissi. Per quanto bello fosse nel negozio, senza il trucco e l’acconciatura non
rendeva. Con le labbra rosse e il mascara, il look era completo.
Infilai il pettinino con la farfalla di strass alla base delle ciocche ribelli che componevano
il mio chignon laterale e indossai i sandali. La borsa, il telefono, l’anello di Travis. Il resto
l’avrei trovato alla cappella. Il taxi mi stava aspettando.
Migliaia di donne si sposavano ogni anno a Las Vegas, ciò nonostante tutti mi guardarono
quando attraversai il casinò vestita da sposa. Qualcuno sorrise, qualcun altro si limitò a
osservare, ma io mi sentii a disagio. Quando mio padre aveva perso l’ultima partita, la
quarta di fila, e aveva dichiarato pubblicamente che era colpa mia, ero stata oggetto di
attenzioni sufficienti per due vite. Da poche parole dettate dalla frustrazione era nato
« Tredici fortunato» , e io mi ero ritrovata sulle spalle un fardello incredibile. Anche quando
mia madre aveva deciso di lasciarlo e, tre anni dopo, ci eravamo trasferite a Wichita,
ricominciare sembrava un’impresa impossibile. Riuscivo a godermi un paio di settimane di
anonimato prima che un reporter locale scoprisse la mia identità e venisse a cercarmi
davanti a scuola. Bastava che una compagna antipatica passasse un’ora su Google il venerdì
sera e la stampa tornava a interessarsi a me. Per questo mi ero rovinata la seconda parte
delle superiori, nonostante la presenza della mia loquace e grintosa amica.
Quando io e America eravamo partite per il college, mi ero riproposta di diventare
invisibile e fino al giorno in cui avevo conosciuto Travis avevo apprezzato immensamente il
fatto di vivere nell’ombra.
Abbassai lo sguardo di fronte alla miriade di occhi che mi osservava e mi chiesi se stare
con Travis mi avrebbe sempre messa così in vista.
6.
DEAD OR ALIVE
TRAVIS
La portiera della limousine sbatté con violenza alle mie spalle. « Oh, cazzo. Mi scusi. Sono
nervoso.»
L’autista fece un cenno noncurante. « Non c’è problema. Sono ventidue dollari, per
favore. Tornerò a prendervi dopo.»
L’auto era nuova, bianca. A Abby sarebbe piaciuta. Gliene diedi trenta. « Allora sarà qui
tra un’ora e mezzo, giusto?»
« Sì, signore! Non sono mai in ritardo!»
Si allontanò e io mi girai. La cappella, tutta illuminata, splendeva contro il cielo del
mattino. Mancava forse mezz’ora all’alba. Sorrisi. Abby avrebbe gradito.
La porta d’ingresso si aprì e uscì una coppia di mezza età. Lui era in smoking e lei
indossava un abito da sposa enorme. Una donna piccola con un tailleur rosa li salutò e un
istante dopo mi notò.
« Travis?»
« Sì» , dissi abbottonandomi la giacca.
« È adorabile! Mi auguro che la sua sposa la apprezzerà!»
« È più bella di me.»
La donna scoppiò in una sonora risata. « Sono Chantilly. Mando avanti le cose qui.»
Appoggiò le mani chiuse a pugno sui fianchi. Era più larga che alta e aveva gli occhi
nascosti da folte ciglia finte. « Entri, caro! Entri! Entri!» disse spingendomi dentro.
L’addetta al banco mi rivolse un sorriso e mi porse un sottile fascio di carte. Sì, volevamo
un DVD. Sì, volevamo i fiori. Sì, volevamo Elvis. Barrai tutte le caselle, scrissi i nostri nomi
e i dati e restituii i documenti.
« Grazie, signor Maddox» , disse lei.
Avevo le mani sudate. Non riuscivo a credere di essere lì.
Chantilly mi diede un colpetto sul braccio. Be’, più sul polso, perché arrivava al massimo
fin lì. « Da questa parte, mio caro. Può rinfrescarsi e aspettare la sposa qui. Come si
chiama?»
« Uh... Abby...» risposi superando la porta che aveva aperto. Mi guardai attorno notando
il divano e lo specchio circondato da un’infinità di grosse lampadine. La carta da parati era
fin troppo elaborata ma graziosa. Tutto sembrava pulito e di classe, proprio come
desiderava Abby .
« La avvertirò quando arriva» , disse Chantilly ammiccando. « Ha bisogno di qualcosa?
Vuole un po’ d’acqua?»
« Sì, ottima idea» , risposi mentre mi sedevo.
« Torno subito» , replicò lei in tono cantilenante chiudendo la porta. La sentii canticchiare
in corridoio.
Mi appoggiai al divano ripensando agli ultimi momenti e chiedendomi se Chantilly si
fosse appena tracannata un 5-hour ENERGY o se fosse esuberante di natura. Nonostante
fossi immobile, il cuore mi batteva forte nel petto. Per questo esistevano i testimoni: perché
gli sposi avevano bisogno di qualcuno che li calmasse prima della cerimonia. Avrei voluto
che Shepley e i miei fratelli fossero lì con me. Mi avrebbero preso per il culo
all’inverosimile, aiutandomi a non pensare al rimescolio allo stomaco.
La porta si aprì. « Ecco qui! Desidera altro? Mi sembra un po’ nervoso. Ha mangiato?»
« No. Non ne ho avuto il tempo.»
« Oh, non possiamo permettere che svenga davanti all’altare! Le porto un po’ di
formaggio e dei cracker, e magari anche un po’ di frutta?»
« Uh, sì, grazie» , dissi, vagamente sconcertato dal suo entusiasmo.
Uscì e rimasi di nuovo solo. Reclinai la testa studiando il disegno della carta da parati fin
nei minimi particolari. Ero grato di qualsiasi cosa mi impedisse di guardare continuamente
l’orologio. Sarebbe arrivata? Strinsi con forza gli occhi, scacciando quei pensieri.
Abby mi amava e avevo fiducia in lei. Sarebbe arrivata. Maledizione, quanto avrei voluto
che i miei fratelli fossero lì! Cotto com’ero, stavo uscendo di testa.
ABBY
« Ma come siamo belle!» esclamò la tassista quando m’infilai sul sedile posteriore.
« Grazie» , risposi, sollevata di essere uscita dal casinò. « Alla cappella Graceland, per
favore.»
« Voleva iniziare la giornata già sposata o che?» scherzò lei sorridendomi nello
specchietto retrovisore. Aveva i capelli grigi corti e un sedere che debordava dal sedile.
« Volevamo solo farlo il più presto possibile.»
« È incredibilmente giovane per avere tutta questa fretta.»
« Lo so» , risposi guardando Las Vegas sfrecciare dal finestrino.
Lei schioccò la lingua. « È piuttosto nervosa. Se avesse qualche ripensamento, me lo dica.
Non ho problemi a tornare indietro. Va tutto bene, tesoro.»
« Non sono nervosa perché mi sposo.»
« No?»
« No, ci amiamo. Non è questo che mi crea tensione. Desidero solo che lui stia bene.»
« Teme che possa ripensarci lui?»
« No» , dissi scoppiando a ridere. Incrociai il suo sguardo nello specchietto. « È sposata?»
« Lo sono stata un paio di volte» , rispose strizzandomi l’occhio. « La prima cerimonia si è
svolta nella sua stessa cappella. Come Bon Jovi.»
« Ah, sì?»
« Conosce Bon Jovi? Tommy used to work on the docks!» cantò.
Rimasi sbalordita. « Sì, so chi è!» esclamai, divertita e grata della distrazione.
« Io lo adoro. Ecco! Ho il CD.» Lo inserì e per il resto del viaggio ascoltammo i suoi più
grandi successi. Wanted Dead or Alive, Always, Bed of Roses. Quando accostammo davanti
alla cappella, stava finendo I’ll Be There for You.
Presi un biglietto da cinquanta. « Tenga il resto. Bon Jovi è servito.»
Lei me lo diede lo stesso. « Niente mancia, tesoro. Mi ha lasciato cantare.»
Chiusi la portiera e la salutai mentre si allontanava. Travis era già arrivato? Mi avvicinai
alla cappella e aprii la porta. Mi accolse una donna con un’acconciatura enorme e troppo
rossetto sulle labbra. « Abby ?»
« Sì» , risposi sistemandomi nervosamente l’abito.
« È uno schianto. Mi chiamo Chantilly e sarò una dei vostri testimoni. Mi dia le sue cose.
Le metterò da parte e saranno al sicuro finché non avrete terminato.»
« Grazie» , risposi guardandola prendere la mia borsetta. Qualcosa frusciò quando si
incamminò, ma non riuscii a capire cosa fosse. « Oh, aspetti! C’è...» esclamai mentre si
riavvicinava porgendomi la borsetta. « C’è l’anello per Travis, qui dentro. Mi scusi.»
I suoi occhi si ridussero a due sottilissime fessure quando sorrise, il che mise ancor più in
evidenza le ciglia finte. « Va tutto bene, cara. Faccia solo un bel respiro.»
« Non mi ricordo neanche come si fa» , dissi infilandomi l’anello sul pollice.
Lei mi tese la mano. « Mi dia la fede e anche il suo anello. Ve li consegnerò entrambi
quando sarà il momento. Tra poco arriverà Elvis, che l’accompagnerà all’altare.»
La guardai, perplessa. « Elvis?»
« The King, ha presente?»
« Sì, so chi è, ma...» M’interruppi mentre mi toglievo l’anello con un piccolo strattone e
glielo posavo sul palmo, accanto a quello per Travis.
Chantilly sorrise. « Può usare questa stanza per rinfrescarsi. Travis la sta aspettando e da
un momento all’altro arriverà Elvis. Ci vediamo all’altare!»
Mi guardò mentre chiudeva la porta. Io mi girai e sussultai vedendomi riflessa
nell’enorme specchio alle mie spalle. Era contornato da enormi lampadine rotonde, come
quelli che usavano le attrici nei camerini di Broadway. Mi sedetti davanti alla specchiera e
mi osservai. Ero proprio quello? Un’attrice?
Lui mi stava aspettando. Travis era davanti all’altare, in attesa che lo raggiungessi perché
unissimo per sempre le nostre vite.
E se il mio piano avesse fatto fiasco? Se lui fosse finito in prigione e tutto questo non fosse
servito a niente? Se non avessero mai indagato sul suo conto e si fosse rivelato tutto inutile?
Non avrei avuto neanche la scusa di averlo sposato ancor prima di raggiungere l’età legale
per bere alcolici allo scopo di salvarlo. Ma mi serviva una scusa se lo amavo? Perché la
gente si sposava? Per amore? Quello tra noi non mancava. All’inizio ero così sicura di tutto.
Ero certa di tante cose. Adesso non più. Non ero più certa di niente.
Pensai all’espressione di Travis se avesse scoperto la verità e alla sua reazione se mi fossi
tirata indietro. Non avrei mai voluto fargli del male e avevo bisogno di lui, perché era una
parte di me. Di quelle due cose ero sicura.
Bussarono alla porta e per poco non caddi in preda al panico. Mi girai e mi aggrappai allo
schienale della sedia. Era di metallo bianco e, tra i vari ghirigori, formava un cuore nel
centro.
« Signorina?» chiese Elvis con una voce profonda del Sud. « È ora.»
« Oh» , risposi piano. Non so perché. Non poteva sentirmi.
« Abby ? Il suo Burning Love la sta aspettando.»
Alzai gli occhi al cielo. « Ho bisogno... solamente di un minuto.»
Dall’altra parte della porta ci fu qualche istante di silenzio. « Va tutto bene?»
« Sì» , risposi. « Solo un minuto, per favore.»
Di lì a poco bussarono di nuovo. « Abby ?» Era Chantilly . « Posso entrare, tesoro?»
« No. Mi dispiace, no. Va tutto bene. Mi serve solo un po’ di tempo e poi sarò pronta.»
Dopo altri cinque minuti udii battere tre volte sulla porta e a quel punto la fronte mi
s’imperlò di sudore. Era una bussata familiare. Più forte e decisa.
« Pidge?»
7.
GIOCA E VINCI
TRAVIS
La porta si spalancò. « È qui! L’ho appena accompagnata nella saletta perché si
rinfreschi. È pronto?»
« Sì!» esclamai balzando in piedi. Mi asciugai le mani sudate sui pantaloni e seguii
Chantilly prima in corridoio e poi nell’atrio. Lì mi fermai.
« Da questa parte, caro» , disse lei invitandomi a raggiungere la porta a due battenti della
cappella.
« Dov’è?» chiesi.
Chantilly indicò la stanza. « Là dentro. Non appena sarà pronta, inizieremo. Ma lei,
tesoro, deve aspettarla all’altare.»
Aveva un sorriso dolce e paziente. Immaginai che fosse abituata a trattare con persone di
ogni genere, dagli ubriachi agli agitati. Diedi un’ultima occhiata alla porta dietro cui si
trovava Abby e seguii la donna nella cappella mentre mi dava tutte le istruzioni. In
quell’istante un uomo con due grosse basette e un costume da Elvis spalancò la porta con
fare teatrale, increspò le labbra e prese a canticchiare Blue Hawaii.
« Amico, a me piace tanto Las Vegas! E a te?» chiese imitando alla perfezione Elvis.
« Oggi sì» , risposi sorridendo.
« Non si può chiedere di meglio! La signora Chantilly ti ha detto tutto quello devi sapere
per diventare un marito a tutti gli effetti?»
« Penso di sì.»
Mi diede una pacca sulla schiena. « Non ti preoccupare, te la caverai alla grande. Vado a
prendere la tua signora. Torno in un lampo.»
Chantilly ridacchiò. « Oh, quell’Elvis!» Dopo un paio di minuti controllò l’orologio e
s’incamminò verso la porta.
« Succede sempre» , mi rassicurò l’officiante.
Trascorsi altri cinque minuti, Chantilly fece capolino. « Travis? Credo sia un po’...
nervosa. Vuole parlarle?»
Fanculo. « Sì» , dissi. Se prima la navata della cappella mi era sembrata corta, adesso mi
parve lunga un chilometro. Raggiunsi la porta e sollevai la mano. Mi fermai, feci un respiro
e bussai un paio di volte. « Pidge?»
Dopo un’eternità, Abby rispose: « Sono qui» . Sebbene fosse soltanto a pochi centimetri
da me, mi sembrò lontanissima, come il mattino in cui mi ero portato a casa quelle due
ragazze dal bar. Al solo pensiero provai una fitta allo stomaco. Non mi sentivo più
nemmeno lontanamente quello di una volta.
« Stai bene, piccola?» chiesi.
« Sì. È solo che... ho fatto tutto di corsa. Ho bisogno di un momento per riprendere fiato.»
Sembrava che non stesse affatto bene, ma ero deciso a mantenere il controllo, a
combattere il panico che di solito mi induceva a fare stupidaggini. Dovevo essere l’uomo
che Abby si meritava. « Sei sicura che non ci sia altro?»
Lei non rispose.
Chantilly si schiarì la voce e si torse le mani, cercando di trovare parole incoraggianti.
Dovevo entrare in quella stanza.
« Pidge...» iniziai, poi mi interruppi. Quello che avrei detto avrebbe cambiato tutto, ma
l’idea di fare la cosa giusta per Abby prevalse sul mio smisurato egoismo. « So che sai che
ti amo. Quello che forse non sai è che non c’è niente che desideri di più che diventare tuo
marito. Ma se non sei pronta ti aspetterò, Pigeon. Non vado da nessuna parte. Intendo dire
che, sì, voglio farlo, ma solo se lo vuoi anche tu. Sappi che puoi aprire questa porta ed
entrare nella cappella oppure prendere un taxi e tornare a casa. Comunque vada, io ti
amo.»
Dopo un altro lungo silenzio capii che era giunto il momento. Presi una busta vecchia e
logora dalla tasca interna della giacca e la tenni con entrambe le mani. Vidi gli svolazzi
dell’inchiostro sbiadito e li sfiorai con la punta di un dito. « Alla futura signora Maddox» ,
aveva scritto mia madre. Mio padre me l’aveva data quando le cose tra me e Abby si erano
fatte serie. L’avevo presa in mano solo una volta chiedendomi cosa dicesse, ma non avevo
mai rotto il sigillo. Quelle parole non erano rivolte a me.
Mi tremavano le mani. Non avevo idea di cosa ci fosse scritto, ma dovevo dargliela ora e
speravo che mia mamma potesse aiutarmi, ovunque si trovasse. Mi chinai e infilai la busta
sotto la porta.
ABBY
Pidge. Un tempo, sentendo quella parola, alzavo gli occhi al cielo. Non sapevo perché
Travis avesse iniziato a chiamarmi così e non m’interessava. Ora quello strano soprannome
pronunciato dalla sua voce profonda e roca mi trasmise un senso di serenità assoluta. Mi
alzai, mi avvicinai alla porta e vi posai sopra la mano. « Sono qui.»
Sentivo il mio respiro: lento e sibilante, come se dormissi. Ero completamente rilassata.
Le sue parole affettuose mi avevano avvolta in una sorta di coperta confortevole. Non
importava che cosa sarebbe successo a casa, purché fossi stata sua moglie. Allora capii
che, anche se l’avessi fatto solo per salvarlo, ero lì per sposare l’uomo che mi amava più di
quanto qualsiasi altro uomo avesse mai amato una donna. E anch’io lo amavo,
infinitamente. Volevo essere lì, nella cappella Graceland, con quell’abito addosso. L’unico
posto più bello della stanza in cui mi trovavo era davanti all’altare, al suo fianco.
In quell’istante vidi comparire un rettangolo bianco accanto ai miei piedi.
« Cos’è?» domandai chinandomi a raccogliere la busta. La carta era vecchia, ingiallita.
Era indirizzata alla futura signora Maddox.
« È da parte di mia mamma» , rispose lui.
Restai senza fiato. Avevo quasi timore ad aprirla. Era rimasta chiusa, custodita con cura
per così tanto tempo...
« Aprila» , mi esortò Travis, come se mi avesse letto nel pensiero.
Infilai con attenzione il dito sotto il lembo sperando di non rovinarla troppo, ma invano.
Estrassi il foglio ripiegato in tre e in quel momento il mondo si fermò.
Non ci conosciamo, ma so che devi essere molto speciale. Oggi non potrò guardare il mio
bambino prometterti il suo amore, tuttavia ci sono alcune cose che ti direi se fossi lì.
Prima di tutto, grazie perché ami mio figlio. Di tutti i miei ragazzi, Travis è il più sensibile.
E anche il più forte. Ti amerà con tutto il cuore a patto che tu glielo permetta. A volte le
tragedie della vita ci cambiano, ma certe cose restano.
Un figlio senza una madre è una creatura molto strana. Se Travis assomiglia un po’ a suo
padre, e so che è così, è un abisso di fragilità dietro una corazza di aggressività verbale e di
finta indifferenza. Un Maddox ti farà impazzire ma, se starai al suo fianco, alla fine ti seguirà
ovunque.
Vorrei poterci essere più di ogni altra cosa. Vedere il suo volto quando farà quel passo.
Trovarmi lì con mio marito e vivere questa giornata con tutti voi. Penso che sia una delle
cose che mi mancherà di più. Ma non sono io la protagonista oggi. Se stai leggendo questa
lettera, significa che mio figlio ti ama. E quando un Maddox si innamora, è per sempre.
Ti prego, dà un bacio al mio bambino per me. Il mio augurio è che litighiate solo per poter
stabilire chi dei due è più bravo a perdonare.
Con affetto
Diane
« Pigeon?»
Tenni la lettera stretta al petto con una mano e aprii la porta con l’altra. Travis era teso
per la preoccupazione, ma nel momento in cui i nostri sguardi si incrociarono ogni ansia
svanì.
Quando mi vide, restò sbalordito. « Sei... non penso che esista una parola per descrivere
quanto sei bella.»
I suoi occhi dolci dalle ciglia folte placarono la mia agitazione. I tatuaggi erano nascosti
dall’abito grigio e dalla camicia bianca. Mio Dio, era perfetto. Sexy, coraggioso, affettuoso
e... mio. Tutto quello che dovevo fare era arrivare all’altare. « Sono pronta.»
« Cosa dice?»
Soffocai a stento un singhiozzo e gli diedi un bacio sulla guancia. « Questo è da parte
sua.»
« Sì?» fece mentre un bel sorriso gli illuminava il volto.
« Ti ha inquadrato alla perfezione, anche se non è riuscita a vederti crescere. È una
donna splendida, Travis. Vorrei averla conosciuta.»
« E io vorrei che avesse conosciuto te.» Tacque pensieroso, poi sollevò le mani. La
manica si scostò leggermente mettendo in mostra il tatuaggio con la scritta PIGEON.
« Dormiamoci sopra. Non devi decidere ora. Torniamo in albergo, ci pensiamo e...»
Sospirò lasciando cadere le braccia. « Lo so. È una follia. Lo desideravo così tanto, Abby.
Ma possiamo...»
Non sopportavo di vederlo così angosciato. « Tesoro, smettila» , dissi sfiorandogli le
labbra con le dita. « Smettila e basta.»
Lui mi guardò, in attesa.
« Solo per essere chiari, non uscirò di qui finché non sarai mio marito.»
All’inizio aggrottò la fronte, dubbioso, poi abbozzò un cauto sorriso. « Ne sei sicura?»
« Dov’è il mio bouquet?»
« Oh!» esclamò Chantilly, distratta dai nostri discorsi. « Eccolo, mia cara.» Mi porse un
bouquet perfettamente rotondo di rose rosse.
Elvis mi offrì il braccio e io lo presi. « Ci vediamo all’altare, Travis» , disse.
Lui mi afferrò una mano, mi baciò le dita e tornò veloce da dov’era venuto, seguito da
Chantilly che ridacchiava.
Quel lieve contatto non mi bastò. D’un tratto mi venne la frenesia di raggiungerlo e
accelerai il passo. Dalle casse non si diffuse una marcia nuziale ma Thing for You, la
canzone che avevamo ballato alla mia festa di compleanno.
Mi fermai e lo guardai, scorgendo infine le Converse nere abbinate all’abito grigio. Travis
sorrise quando capì che le avevo notate. Feci un passo, e un altro ancora. L’officiante mi
indicò di rallentare, ma era impossibile. Non avevo mai sentito un bisogno tanto disperato di
essere accanto a Travis, e lui probabilmente provava le stesse emozioni. Elvis non aveva
percorso neanche metà corridoio quando Trav decise che l’attesa era finita e si avviò verso
di noi. Allora presi il suo braccio.
« Uh... te l’avrei portata.»
Travis fece un mezzo sorriso. « Era comunque già mia.»
Mi aggrappai al suo braccio e percorremmo il tratto restante insieme. La musica cessò e
l’officiante ci fece un cenno.
« Travis... Abby .»
Chantilly mi prese il bouquet e si mise in disparte.
Ci tenemmo stretti con le mani tremanti. Eravamo tutti e due così nervosi e felici che era
quasi impossibile stare fermi.
Desideravo tanto sposarlo, eppure non c’era modo di fermare il tremore. Non ho idea di
cosa disse esattamente l’officiante. Non ricordo che faccia avesse né come fosse vestito,
rammento solo la sua voce profonda, nasale, con un accento del Nordest, e Travis che
teneva la mia mano tra le sue.
« Guardami, Pidge» , disse sereno.
Lo feci e mi persi nei suoi occhi sinceri e adoranti. Nessuno, neanche America, mi aveva
mai guardato con tanto amore. Quando lui sorrise, intuii che anch’io dovevo avere la stessa
espressione.
Mentre l’officiante parlava, Travis mi osservò da capo a piedi: il viso, i capelli, il vestito.
Studiò persino le scarpe. Poi si chinò fino ad avvicinarmi le labbra al collo e inspirò.
L’officiante tacque.
« Voglio ricordare tutto» , spiegò Travis.
Lui sorrise, annuì e continuò.
Scattò un flash e sussultammo. Travis guardò dietro di sé, fece un cenno al fotografo e mi
fissò. Avevamo entrambi un sorriso melenso, ma non m’importava di essere assolutamente
ridicola. Era come se stessimo per tuffarci da un’altezza vertiginosa in un fiume profondo
che formava una meravigliosa cascata, come se stessimo viaggiando sull’ottovolante più
grande ed emozionante dell’universo.
« Il vero matrimonio inizia molto prima del giorno delle nozze» , esordì l’officiante. « E
tutti gli sforzi che comporta continuano ben oltre la fine della cerimonia. Per decretare
l’unione legale bastano un breve istante e una penna, ma perché un matrimonio resista e
duri per sempre ci vuole un’intera vita d’amore, d’impegno, di perdono e di compromessi.
Penso, Travis e Abby, che abbiate appena dimostrato di cosa sia capace l’amore in un
momento di tensione. Il cammino che vi ha portato in questa cappella rappresenta il vostro
passato, e il viaggio che compirete insieme verso il futuro si farà ogni giorno un po’ più
chiaro.»
Travis avvicinò la guancia alla mia tempia. Ero contenta che mi toccasse ogni qual volta
ne aveva l’occasione, ovunque fosse. Se avessi potuto abbracciarlo senza interrompere la
cerimonia, lo avrei fatto. Le parole dell’officiante divennero indistinte. In un paio di
circostanze Travis parlò e lo feci anch’io. Gli infilai l’anello al dito e lui s’illuminò.
« Con questo anello ti sposo» , dissi ripetendo le parole dell’officiante.
« Ottima scelta!» esclamò Travis.
Quando toccò a lui, sembrò avere qualche difficoltà, dopodiché m’infilò due anelli al dito:
quello di fidanzamento e una fede d’oro semplice.
Avrei voluto soffermarmi un attimo a pensare al fatto che mi aveva preso anche una
vera tradizionale, magari anche dirgli qualcosa, ma avevo la sensazione di essere in un altro
mondo. Più cercavo di vivere il presente, più tutto sembrava accadere velocemente.
Forse avrei dovuto prestare attenzione al contenuto delle promesse nuziali, ma l’unica
cosa che avesse un senso era la voce di Travis.
« Sì, altroché» , disse sorridendo. « E ti prometto di non partecipare più a nessun incontro
di boxe, di non bere troppo, di non giocare d’azzardo, di non tirare pugni per rabbia... e di
non farti mai più piangere lacrime amare.»
Quando venne il mio turno, tacqui per qualche istante. « Prima che ti faccia le mie
promesse, voglio solo dirti che sono supercaparbia. Sai già che non è facile starmi vicino e
più di una volta hai detto che ti faccio impazzire. Sono sicura che in questi ultimi mesi di
follia avrei fatto diventare matto chiunque con la mia indecisione e la mia insicurezza. Ma
voglio che tu sappia che, qualsiasi cosa sia l’amore, è questo il sentimento che provo per te.
All’inizio eravamo grandi amici, abbiamo cercato di non innamorarci e invece è successo
lo stesso. Se non sei con me, la vita non ha senso. Faccio parte di te. Sono con te. Saremo
anche impulsivi e completamente pazzi a trovarci qui alla nostra età, sei mesi dopo esserci
conosciuti, e tutta questa storia potrebbe rivelarsi uno splendido disastro, ma va bene così se
sono con te.»
« Come Johnny e June» , osservò Travis con gli occhi leggermente lucidi. « Da qui la
strada è tutta in salita, però so che ne apprezzerò ogni momento.»
« Vuole...» fece per dire l’officiante.
« Sì» , risposi.
« Bene.» Fece una risatina. « Ma devo dirlo.»
« L’ho già sentito una volta, non ho bisogno di risentirlo» , replicai sorridendo senza mai
distogliere lo sguardo da Travis. Lui mi strinse le mani. Ci ripetemmo altre promesse e a
quel punto l’officiante tacque.
« È fatta?» domandò Travis.
L’officiante sorrise. « È fatta. Siete sposati.»
« Davvero?» chiese inarcando le sopracciglia. Sembrava un bambino la mattina di
Natale.
« Adesso può baciare la...»
Travis mi prese tra le braccia e mi strinse con forza, baciandomi dapprima con passione,
poi con più calma e dolcezza.
Chantilly batté le mani piccole e grassocce. « È stato proprio bello! La migliore
cerimonia della settimana! Adoro quando c’è qualche fuoriprogramma.»
« Signora Chantilly e signor King, vi presento la signora e il signor Maddox» , affermò
l’officiante.
Anche Elvis batté le mani e Travis mi prese in braccio. Io afferrai il suo volto e mi
avvicinai per baciarlo.
« Sto cercando di non fare come Tom Cruise!» esclamò Travis, raggiante. « Adesso
capisco perché è saltato sul divano e ha preso a pugni il pavimento. Non so descrivere
quello che provo! Dov’è Oprah?»
Scoppiai in una risatina stridula. Aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro e
sono sicura che in quel momento anch’io dovevo avere un’aria beata. Mi posò a terra e
guardò gli altri.
Sembrava vagamente sconvolto. « Uau!» strillò agitando i pugni davanti a sé. Altro che
imitazione di Tom Cruise! Rise e mi baciò di nuovo. « Lo abbiamo fatto!»
Risi insieme a lui. Mi prese ancora tra le braccia e notai che aveva gli occhi lievemente
velati di lacrime.
« Mi ha sposato!» disse a Elvis. « Ti amo, piccola!» gridò abbracciandomi e
baciandomi.
Non sapevo che cosa aspettarmi, ma sicuramente non una scena del genere. Chantilly,
l’officiante ed Elvis sghignazzavano, in parte divertiti, in parte stupefatti. Il flash del
fotografo continuava scattare: sembrava fossimo circondati da un’orda di paparazzi.
« Ci sono alcune carte da firmare, alcune foto da fare e poi potrete passare alla fase “e
vissero felici e contenti”» , affermò Chantilly. Si girò e ci rivolse un sorriso tutto denti
porgendoci un foglio e una penna.
« Oh!» esclamò. « Il bouquet. Serve per le foto.»
Mi porse i fiori e ci mettemmo in posa. Mostrammo gli anelli, ci facemmo ritrarre fianco
a fianco, faccia a faccia, mentre spiccavamo un salto, ci abbracciavamo, ci baciavamo...
A un certo punto Travis mi prese in braccio. Dopo aver firmato in fretta il certificato di
matrimonio, mi condusse per mano alla limousine in attesa.
« È successo davvero?» chiesi.
« Sì, accidenti!»
« Ho visto un paio di occhi lucidi là dentro.»
« Pigeon, ora sei la signora Maddox. Non sono mai stato più felice in vita mia!»
Un sorriso m’illuminò il volto. Scoppiai a ridere e scossi la testa. Non avevo mai visto un
pazzo scatenato tanto affettuoso. Mi buttai tra le sue braccia premendo le labbra sulle sue.
Prima, nella cappella, avevo sentito la sua lingua in bocca e non vedevo l’ora di ricambiare.
Travis mi infilò le dita fra i capelli e io mi misi a cavalcioni su di lui, puntando le
ginocchia sul sedile di pelle. Armeggiai con la cintura mentre Trav si chinava per premere
il pulsante che sollevava il divisorio.
Imprecai contro i bottoni della sua camicia, poi lottai impaziente con la lampo. La sua
bocca era dappertutto: mi baciava dietro l’orecchio, mi sfiorava il collo con la lingua, mi
mordicchiava la clavicola. Con un solo movimento mi stese sulla schiena e allungò la mano
sulla mia coscia, afferrandomi le mutandine con un dito. In pochi secondi me le ritrovai
appese a una caviglia. Prese quindi ad accarezzarmi l’interno della gamba, fermandosi
nella zona dove la pelle è più delicata.
« Tesoro» , mormorai prima che mi tacitasse con un bacio. Respirava in modo affannoso
e mi stringeva a sé come se fosse la prima e l’ultima volta.
Poco dopo si mise in ginocchio esibendo gli addominali e il petto scolpiti, coperti di
tatuaggi. Contrassi istintivamente i muscoli, ma lui mi prese la gamba destra fra le mani e la
divaricò con dolcezza. Lo guardai mentre mi baciava appassionatamente le dita dei piedi, il
tallone, il polpaccio, il ginocchio, risalendo pian piano. Sollevai i fianchi ma Travis indugiò a
lungo sulle cosce, molto più paziente di me.
Quando raggiunse infine le mie parti più sensibili, infilò la mano tra il vestito e il sedile
afferrandomi per il sedere e tirandomi leggermente verso di sé. Tutto il mio corpo si sciolse
e nel contempo si irrigidì. Travis provava la stessa sensazione ma evidentemente si stava
trattenendo: voleva riservare il meglio per la nostra prima notte di nozze. Le ginocchia mi
tremavano e si piegavano, e un attimo dopo lo afferrai dietro le orecchie.
Lui si interruppe un istante, solo per sussurrare il mio nome sulla mia pelle umida. Mi
sentii venir meno, chiusi gli occhi ed ebbi l’impressione di perdermi in un’estasi totale.
Gemetti, e i suoi baci divennero ancora più ardenti. Poi Travis si contrasse e avvicinò
ulteriormente il mio corpo alla sua bocca.
Ogni secondo era sempre più intenso, come se fossimo dilaniati dal desiderio di
abbandonarci e nello stesso tempo di fermare quel momento. Alla fine, quando non potei
più aspettare, mi allungai e lo premetti contro di me. Lanciai un grido e lo sentii sorridere,
sopraffatto dalle ondate di piacere che mi scuotevano.
Mi ero distratta a tal punto che non mi resi conto di essere arrivata al Bellagio finché non
udii la voce dell’autista attraverso l’altoparlante. « Scusatemi, signora e signor Maddox, ma
siamo al vostro albergo. Volete che faccia un altro giro sullo Strip?»
8.
FINALMENTE
TRAVIS
« No, ci dia solo un minuto» , risposi.
Abby era semisdraiata sul sedile di pelle nera della limousine con le guance rosse e il
respiro affannoso. Le baciai la caviglia, le sfilai le mutandine dalla scarpa e gliele porsi.
Caspita, quant’era bella! Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso mentre mi abbottonavo
la camicia. Si rimise gli slip rivolgendomi un ampio sorriso. L’autista bussò sulla portiera.
Lei mi fece un cenno e io gli confermai che poteva aprirla. Gli porsi una banconota di
grosso taglio e presi in braccio mia moglie. Attraversammo l’atrio e il casinò in pochi istanti.
Forse penserete che fossi vagamente motivato a tornare in camera: be’, per fortuna tenevo
in braccio Abby , perché in quel modo riuscivo a nascondere l’erezione.
Lei ignorò le decine di persone che ci fissarono quando entrammo nell’ascensore e mi
stampò un bacio sulla bocca. Il numero del piano mi uscì attutito dalle labbra quando lo
comunicai alla coppia divertita vicino alla pulsantiera, ma con la coda dell’occhio vidi che
avevano premuto il tasto giusto.
Non appena mettemmo piede in corridoio, il cuore prese a battermi all’impazzata.
Raggiunta la porta, armeggiai un po’ per reggere Abby e recuperare nel contempo la
chiave dalla tasca.
« Faccio io, tesoro» , disse estraendola e baciandomi mentre apriva la porta.
« Grazie, signora Maddox.»
« Non c’è di che» , rispose sorridendo, con le labbra vicine alle mie.
Andai dritto verso il letto e ve l’adagiai sopra. Abby mi guardò mentre si sfilava le
scarpe. « Questo togliamolo di mezzo, signora Maddox. È un vestito che proprio non voglio
rovinare.»
La feci voltare e le abbassai lentamente la cerniera, baciando ogni centimetro del suo
corpo. Ne conoscevo già tutti i particolari, ma sfiorare e assaporare la pelle della donna che
era da poco diventata mia moglie era un’esperienza completamente nuova. Provai
un’eccitazione che non avevo mai avvertito prima.
Il vestito scivolò a terra e io lo raccolsi, gettandolo sullo schienale di una sedia. Abby si
slacciò il reggiseno e lo lasciò cadere, al che infilai i pollici nei suoi slip di pizzo. Sorrisi.
Glieli avevo già tolti una volta.
Mi chinai per baciarla dietro l’orecchio. « Ti amo così tanto» , bisbigliai sfilandole
lentamente le mutandine, che le scesero sulle caviglie. Lei se le tolse e le scostò con un
calcio. La abbracciai, inspirai profondamente e accostai la sua schiena nuda al mio petto.
Dovevo averla, stavo impazzendo dal desiderio, ma avrei fatto tutto con calma. Avevamo
una sola prima notte di nozze e volevo che fosse perfetta.
ABBY
Mi venne la pelle d’oca. Quattro mesi prima Travis mi aveva preso qualcosa che non
avrei mai donato a un altro uomo. Lo desideravo tanto che non avevo neanche avuto il
tempo di agitarmi. Ora, la prima notte di nozze, sapendo che cosa sarebbe accaduto e
quanto lui mi amasse, ero più tesa di quella volta.
« Questo togliamolo di mezzo, signora Maddox. È un vestito che proprio non voglio
rovinare» , disse.
Feci una risatina, ricordandomi il cardigan rosa sporco di sangue e il giorno in cui avevo
visto Travis in mensa.
« Ho rovinato parecchie maglie» , mi aveva detto con quel sorriso e quelle fossette
irresistibili. Lo stesso sorriso che avrei voluto odiare, le stesse labbra che ora mi sfioravano
la schiena.
Travis mi spinse in avanti e io salii a quattro zampe sul letto. Mi voltai a guardarlo, in
attesa, sperando che ci salisse anche lui. Mi fissò mentre si toglieva la camicia, si sfilava le
scarpe e lasciava cadere per terra i pantaloni. Scosse la testa, mi girò sulla schiena e mi si
mise sopra.
« No?» domandai.
« Preferisco guardare mia moglie negli occhi anziché essere creativo... almeno
stanotte.»
Mi scostò una ciocca dal viso e mi baciò sul naso. Era buffo quando si controllava,
meditando come e cosa fare. Non appena ci infilammo sotto le lenzuola, fece un profondo
respiro.
« Signora Maddox?»
Sorrisi. « Sì?»
« Niente. Volevo solo chiamarti così.»
« Bene. Direi che mi piace.»
Lui mi scrutò in volto. « Sicura?»
« È una vera domanda? Perché non saprei in quale altro modo dimostrartelo dopo averti
promesso che resterò con te per sempre.»
Lui tacque e s’incupì. « Ti ho visto» , disse, la voce quasi ridotta a un sussurro. « Nel
casinò.»
Tornai indietro con la mente, pensando che avesse incontrato Jesse in compagnia di una
donna che mi assomigliava. La gelosia poteva giocare brutti scherzi. Proprio quando stavo
per rispondere che non avevo visto il mio ex, Travis riprese a parlare.
« Sul pavimento. Ti ho visto, Pidge.»
Mi sentii male. Mi aveva visto piangere. Come avrei fatto a spiegarglielo? Non potevo.
L’unica soluzione era creare un diversivo.
Sprofondai la testa nel cuscino e lo guardai dritto negli occhi. « Perché mi chiami Pigeon?
Voglio dire, qual è la vera ragione?»
La domanda parve coglierlo alla sprovvista. Attesi, nella speranza che si scordasse il
discorso precedente. Non volevo mentirgli spudoratamente né ammettere quello che avevo
fatto. Né quella sera né mai.
Dal suo sguardo capii che mi avrebbe permesso di cambiare argomento. Sapeva che
cosa stavo facendo e mi assecondava. « Sai che animale è?»
Annuii in modo impercettibile.
« I colombi sono bestie maledettamente in gamba. Sono fedeli e si legano a vita al loro
compagno. La prima volta che ti ho visto, nel Cerchio, ho capito chi eri. Sotto quel cardigan
abbottonato e sporco di sangue c’era una ragazza che non si sarebbe mai bevuta le mie
stronzate. Avrei dovuto conquistarti. Tu avevi bisogno di una ragione per fidarti di me. Te
l’avevo letto negli occhi, e quella sensazione mi è rimasta finché non ti ho rivisto in mensa.
Ho cercato di ignorarlo, ma fin da allora sapevo che tutti i casini, tutte le scelte sbagliate
erano briciole che ci avrebbero aiutato a trovare la strada per stare insieme, per arrivare a
questo momento.»
Rimasi senza fiato. « Ti amo così tanto.»
Era steso fra le mie gambe e lo sentivo contro le cosce, a pochi centimetri soltanto da
dove lo desideravo.
« Sei mia moglie.» Quando disse quelle parole, il suo sguardo fu pervaso da un senso di
pace. Mi ricordò la sera in cui aveva vinto la scommessa per cui mi sarei dovuta trasferire
a casa sua.
« Sì, adesso ti tocca per forza stare con me.»
Lui mi baciò sul mento. « Finalmente.»
Mi penetrò con delicatezza e chiuse gli occhi per un istante prima di guardarmi di nuovo.
Prese quindi a muoversi lentamente, ritmicamente, baciandomi a intermittenza sulla bocca.
Per quanto fosse sempre stato attento e gentile, l’inizio del rapporto era un po’ delicato.
Aveva capito che per me era un’esperienza nuova, nonostante non glielo avessi mai detto.
L’intero campus sapeva delle sue conquiste, ma con me non aveva mai fatto sesso sfrenato
come si raccontava facesse con le altre. Si era sempre dimostrato tenero, affettuoso e
paziente. E quella sera non faceva eccezione; anzi, forse lo era ancora di più.
Mi rilassai e mi spinsi contro di lui. Travis allora mi afferrò per l’incavo del ginocchio e
mi tirò leggermente, fermandosi quando fui all’altezza del suo fianco. Mi penetrò di nuovo,
stavolta più in profondità. Sospirai e avvicinai il mio corpo al suo. Nella vita c’erano cose
peggiori della prospettiva di sentire il corpo nudo di Travis Maddox contro e dentro il mio
per il resto dei miei giorni. Molto, molto peggiori.
Mi baciò, assaporando le mie labbra, e mormorò qualcosa. Mentre si muoveva e si
aggrappava a me, desiderandomi, mi sollevò l’altra gamba e mi avvicinò le ginocchia al
petto. Gemevo e mi dimenavano, incapace di trattenermi. Finii per conficcargli le unghie
nella schiena. Tenevo le punte delle dita premute contro la sua pelle sudata e sentivo i suoi
muscoli contrarsi e rilassarsi.
Le sue cosce mi sbattevano contro le natiche. Poi Travis si mise a sedere dritto,
sollevandomi le gambe e appoggiandomi le caviglie sulle sue spalle. A quel punto spinse
con più forza e, malgrado sentissi un po’ male, provai una scarica di adrenalina che esaltò
ulteriormente il piacere.
« Oddio... Travis» , sussurrai. Dovevo dire qualcosa, qualsiasi cosa pur di dare sfogo alle
sensazioni che mi saturavano.
Lui si contrasse e prese a muoversi in modo più veloce e costante, tanto che la nostra
pelle si coprì di sudore agevolando i movimenti.
Travis lasciò andare le mie gambe e si mise di nuovo sopra di me, scuotendo la testa. « È
incredibile» , mormorò. « Vorrei che durasse tutta la notte ma...»
Gli avvicinai le labbra all’orecchio. « Voglio che tu venga» , dissi terminando quella
semplice frase con un tenero bacio.
Rilassai i fianchi divaricando ancor di più le ginocchia fin quasi a premerle contro il letto.
Travis mi penetrò con più forza, gemendo via via che accelerava il ritmo. Mi afferrai un
ginocchio e me lo avvicinai al petto. Il dolore era così piacevole, una specie di droga: lo
sentii aumentare finché tutto il mio corpo fu pervaso da brevi ma violenti fremiti. Cacciai
un gemito forte, incurante di chi potesse sentirmi.
Anche lui gemette in risposta. Ora i suoi movimenti si erano fatti più lenti ma più vigorosi.
« Oh, cazzo! Ah!» gridò infine, scosso da tremiti e contrazioni, posando la fronte sulla mia
guancia.
Esausti, non dicemmo una parola. Travis tenne la guancia contro la mia e dopo un ultimo
spasmo sprofondò la faccia nel cuscino.
Lo baciai sul collo sentendo il sapore salato della sua pelle.
« Avevi ragione» , dissi.
Incuriosito, si scostò per guardarmi.
« Sei stato il mio ultimo primo bacio.»
Sorrise, premette le labbra sulle mie e nascose la faccia nell’incavo del mio collo.
Respirava ancora in modo affannoso ma riuscì ugualmente a bisbigliarmi con dolcezza:
« Cazzo, quanto ti amo, Pigeon» .
9.
PRIMA
ABBY
Un ronzio mi riscosse dal sonno profondo. Le tende impedivano completamente al sole di
entrare, tranne per una sottile striscia lungo i bordi. Le coperte e le lenzuola del nostro letto
king-size giacevano in parte per terra. Il vestito da sposa era caduto dalla sedia
raggiungendo i vari pezzi dell’abbigliamento di Travis, sparsi per tutta la stanza, e vedevo
solo una delle mie scarpe.
I nostri corpi erano avvinghiati: dopo aver consumato per la terza volta il matrimonio,
eravamo crollati per lo sfinimento.
Di nuovo quel ronzio. Era il mio telefono sul comodino. Mi allungai sopra Travis, lo aprii
e vidi il nome di Trent.
Adam arrestato. John Savage nell’elenco dei morti.
Non diceva altro. Mi sentii male mentre cancellavo il messaggio, temendo che Trent
fosse stato così conciso perché la polizia era già andata da Jim per dirgli che Travis era
coinvolto. Guardai l’ora sul telefono. Le dieci.
John Savage era una persona in meno su cui avrebbero indagato e un morto in più che
avrebbe alimentato il senso di colpa di Travis. Cercai di ricordare se lo avessi visto dopo che
era scoppiato l’incendio. Aveva perso i sensi. Forse non si era mai ripreso. Pensai alle
ragazze spaventate che io e Trent avevamo incontrato nel corridoio del seminterrato. A
Hilary Short, conosciuta al corso di calcolo, che sorrideva in compagnia del suo nuovo
ragazzo vicino al muro di fronte a me, cinque minuti prima che si propagassero le fiamme.
Ma mi sforzai in ogni modo di non pensare alla lista dei morti e ai nomi che conteneva.
Forse sarebbe stato giusto che ci punissero tutti. In verità, ciascuno di noi era responsabile,
perché ci eravamo comportati da incoscienti. C’era un motivo se i vigili del fuoco non
autorizzavano certi eventi e se si adottavano determinate precauzioni. Noi le avevamo
ignorate. Accendere la radio o il televisore senza sentir parlare della tragedia era
impossibile, perciò evitavamo di farlo. Ma tutta quell’attenzione da parte dei media
significava che gli investigatori sarebbero stati ancor più risoluti a trovare i colpevoli. Mi
chiesi se si sarebbero accontentati di Adam o se sarebbero andati a caccia di altre teste. Se
fossi stata la madre di uno studente morto, forse neanch’io mi sarei fermata a lui.
Però non volevo che Travis finisse in prigione per l’irresponsabilità altrui e, giusto o
sbagliato che fosse, punirlo non sarebbe servito a riportare in vita nessuno. Avevo fatto il
possibile per proteggerlo e avrei negato fino alla morte che quella sera si trovasse a Keaton
Hall.
Molti avevano fatto di peggio per la persona amata.
« Travis» , dissi scuotendolo leggermente. Era steso con la faccia in giù e la testa sotto il
cuscino.
«Uggghhh», gemette. « Vuoi che prepari la colazione? Ti vanno le uova?»
« Sono le dieci passate.»
« È pur sempre ora del brunch.» Quando non risposi, insistette. « D’accordo, un sandwich
alle uova?»
Tacqui e lo guardai con un sorriso. « Tesoro?»
« Sì?»
« Siamo a Las Vegas.»
Lui sollevò di scatto la testa e accese la lampada. Quando alla fine ricordò le ultime
ventiquattr’ore, estrasse la mano da sotto il cuscino e mi cinse con un braccio attirandomi a
sé. Si sistemò tra le mie cosce e mi baciò dolcemente, affettuosamente, indugiando con le
labbra sulle mie finché le sentii tutte calde e formicolanti.
« Posso ugualmente farti avere le uova. Chiamo il servizio in camera?»
« A dire il vero abbiamo un aereo da prendere.»
Lui si rabbuiò. « Fra quanto?»
« Il volo è alle quattro. Dobbiamo lasciare la stanza alle undici.»
Travis si accigliò e guardò la finestra. « Avrei dovuto prenotare una notte in più.
Dovremmo starcene a letto oppure rilassarci in piscina.»
Lo baciai sulla guancia. « Domani abbiamo lezione. Risparmieremo e andremo da
qualche parte in un altro momento. A ogni modo, non voglio passare la luna di miele a Las
Vegas.»
Lui fece una smorfia di disgusto. « E io sicuramente non voglio passarla in Illinois.»
Annuii. Aveva ragione, ma l’Illinois non era il primo posto che mi era venuto in mente
quando avevo pensato alla luna di miele. « St Thomas è splendida. Non serve neanche il
passaporto.»
« È un’idea fantastica. Ma, visto che non combatterò più, dovremmo risparmiare il più
possibile.»
Sorrisi. « Davvero non lo farai?»
« Te l’ho detto, Pidge. Quando ho te, non mi serve altro. Tu hai cambiato tutto. Tu sei il
domani. Tu sei l’apocalisse.»
Storsi il naso. « Non mi piace molto quella parola.»
Travis sorrise e rotolò sul letto, scostandosi solo di pochi centimetri. Rimase steso sul
ventre, infilò le mani sotto di sé, all’altezza del petto, e posò la guancia sul materasso. Restò
così a guardarmi negli occhi per un istante.
« Hai detto una cosa durante la cerimonia... che eravamo come Johnny e June. Non ho
capito a chi ti riferissi.»
Lui fece un sorrisetto. « Conosci la storia di Johnny Cash e June Carter?»
« Non molto.»
« Anche lei ha combattuto con le unghie e con i denti. Litigavano e lui ha fatto un sacco di
stupidaggini. Però hanno trovato un’intesa e passato il resto della vita insieme.»
« Ah, sì? Scommetto che lei non aveva un padre come Mick.»
« Non ti farà più del male, Pigeon.»
« Non puoi promettermelo. Non appena mi trasferisco da qualche parte, ricompare.»
« Be’, avremo un lavoro regolare, saremo al verde come tutti gli altri studenti del college,
perciò non avrà motivo di venire in cerca di soldi. Ci servirà ogni centesimo. È un bene che
abbia ancora qualcosa da parte per tirare avanti.»
« Hai idea di che lavoro cercare? Io pensavo di fare la tutor di matematica.»
Travis sorrise. « Saresti perfetta. Io potrei farlo per scienze.»
« Sei molto bravo in quella materia. Posso prepararti una lettera di referenze.»
« Non penso valga se è scritta dalla moglie.»
Battei le palpebre. « Oddio, che assurdità!»
Lui scoppiò a ridere. « Vero? Però mi piace, cazzo. Mi prenderò cura di te, Pidge. Non
posso prometterti che Mick non ti ferirà più, ma farò di tutto per impedirglielo. E se dovesse
succedere ti sarò sempre vicino con il mio amore.»
Abbozzai un vago sorriso e mi sollevai per toccargli la guancia. « Ti amo.»
« Idem» , rispose senza indugio. « Ma prima era stato un buon padre?»
« Non lo so» , risposi guardando il soffitto. « Penso di sì, ma come può saperlo una
bambina? Me lo ricordo bene. Beveva e giocava, però quando gli andava per il verso giusto
era buono. Generoso. Molti dei suoi amici erano padri... Lavoravano anche loro per la
mafia, ma avevano figli. Erano disponibili e non s’infastidivano se Mick mi teneva con sé.
Passavo molto tempo dietro le quinte e vedevo cose che in genere ai bambini sono precluse,
perché a quel tempo mi portava quasi dappertutto.» Sentii un lieve sorriso incresparmi le
labbra e una lacrima scendermi sul viso. « Sì, immagino lo fosse, a modo suo. Gli volevo
bene. Ai miei occhi era perfetto.»
Travis mi sfiorò la tempia con un dito, asciugandomi la lacrima. « Non piangere, Pidge.»
Scossi la testa cercando di apparire noncurante. « Vedi? Riesce ancora a farmi del male,
anche quando non c’è.»
« Io ci sono» , rispose Travis prendendomi la mano tra le sue. Mi stava ancora fissando
con la guancia appoggiata sulle lenzuola. « Hai scombussolato il mio mondo e mi hai dato
l’occasione di ricominciare daccapo... È stata davvero un’apocalisse.»
Mi accigliai. « Non mi piace lo stesso quel termine.»
Lui si alzò e si avvolse il lenzuolo attorno alla vita. « Dipende da come la vedi.»
« No, non direi» , ribattei guardandolo avviarsi in bagno.
« Faccio in cinque minuti.»
Mi stirai, allungandomi in ogni direzione, poi mi misi a sedere sul letto e mi ravviai i
capelli con le dita. Sentii lo sciacquone e poi il rubinetto. Non stava scherzando. Avrebbe
davvero fatto in cinque minuti e io ero ancora a letto, nuda.
Infilare i vestiti nella borsa fu un’impresa, ma alla fine ci riuscii. Travis riemerse dal
bagno e, quando ci incrociammo, mi sfiorò le dita.
Dopo essermi lavata i denti e pettinata, mi vestii e alle undici lasciammo la stanza.
Travis scattò alcune foto del soffitto dell’atrio con il cellulare e, prima di metterci in coda
per il taxi, ci guardammo attorno un’ultima volta. Faceva caldo anche all’ombra e sentivo
già i jeans appiccicarsi alle gambe.
Il cellulare mi vibrò in borsa. Controllai subito i messaggi.
La polizia se n’è appena andata. Sono stati da papà e da Tim ma ho detto che eravate a Las
Vegas per sposarvi. Credo l’abbiano bevuta cazzo.
Davvero?
Sì! Dovrebbero darmi un Oscar. Solo perché tu lo sappia.
Tirai un immenso sospiro di sollievo.
« Chi era?» chiese Travis.
« America» , risposi infilando il telefono in borsa. « È incazzata.»
« Immagino» , rispose con un sorriso. « Dove si va? In aeroporto?» s’informò
tendendomi la mano.
La presi e gliela girai quel tanto da vedere il mio soprannome tatuato sul polso. « No,
penso che prima dovremmo fare un pit stop.»
Lui inarcò le sopracciglia. « Dove?»
« Vedrai.»
10.
TATUATA
ABBY
« Che vuoi dire?» fece Travis sbiancando in volto. « Non siamo qui per me?»
Il tatuatore ci fissò, meravigliato del suo stupore.
Per tutto il tragitto Travis aveva immaginato che gli offrissi un nuovo tatuaggio come
dono di nozze. Quando avevo comunicato al tassista la destinazione, non gli era venuto in
mente che avessi intenzione di farmene uno io. Diceva di volersi tatuare ABBY da qualche
parte, ma dato che aveva già PIGEON scritto sul polso lo ritenni eccessivo.
« Adesso tocca a me» , dissi rivolgendomi al tatuatore. « Come si chiama?»
« Griffin» , rispose lui in tono monocorde.
« Bene. Voglio scrivere SIGNORA MADDOX qui.» Mi toccai il fianco destro in basso,
in un punto dove il tatuaggio non sarebbe risultato visibile neanche con il bikini. Travis
sarebbe stato l’unico beneficiario. Una bella sorpresa ogni volta che mi avrebbe spogliato.
Lui s’illuminò. « SIGNORA MADDOX?»
« Sì, in questo carattere» , aggiunsi indicando un poster plastificato sul muro che illustrava
alcuni tatuaggi.
Travis sorrise. « È adatto a te. Elegante ma non troppo elaborato.»
« Esatto. Può farlo?»
« Certo. Ci vorrà circa un’ora. Ci sono due persone prima di voi. Viene due e cinquanta.»
« Due e cinquanta? Per un paio di scarabocchi?» esclamò Travis restando a bocca
aperta. « Che cazzo, amico?»
« Griffin» , precisò lui, imperturbabile.
« Lo so ma...»
« Non c’è problema, tesoro» , osservai. « A Las Vegas costa tutto di più.»
« Aspettiamo di tornare a casa, Pidge.»
« Pidge?» fece Griffin.
Travis lo fulminò con gli occhi. « Sta’ zitto» , lo ammonì guardandomi. « A casa
risparmieremo duecento dollari.»
« Se aspetto, non lo farò.»
Griffin alzò le spalle. « Allora forse dovrebbe aspettare.»
Squadrai torva entrambi. « Non ho intenzione di aspettare. Voglio farlo.» Estrassi il
portafoglio e cacciai in mano a Griffin tre banconote. « Perciò prenda i miei soldi» ,
affermai e, rivolgendomi a Travis, aggiunsi: « E tu taci» .
Lui sembrò soppesare le parole prima di aprir bocca. « Ma... sentirai male.»
« Io? O tu?» replicai sorridendo.
« Tutti e due.»
Griffin prese i soldi e scomparve. Travis iniziò ad andare su e giù, nervoso come un
padre in attesa del parto. Sbirciava in corridoio e riprendeva a camminare. Era tenero e nel
contempo irritante. A un certo punto mi pregò di rinunciare, poi restò colpito e commosso
dalla mia determinazione.
« Si abbassi i jeans» , mi disse Griffin preparando gli strumenti.
Travis lo fissò con sguardo assassino, ma lui era troppo impegnato per accorgersene.
Mi sedetti sulla poltrona e Griffin premette alcuni pulsanti. Mentre questa si reclinava,
Travis si avvicinò allo sgabello al mio fianco. Era agitato.
« Trav» , dissi sottovoce. « Siediti.» Gli tesi la mano e lui me la prese, sedendosi. Mi
baciò le dita e mi rivolse un sorriso dolce ma teso.
Proprio quando pensai che non ce l’avrebbe più fatta ad aspettare, il cellulare mi vibrò in
borsa.
Oddio. E se fosse stato un altro messaggio di Trent? Travis stava già prendendo il
telefono, grato della distrazione. « Lascia, Trav.»
Lui guardò il monitor accigliandosi e io trattenni il fiato. Poi me lo porse. « È Mare.»
Glielo strappai di mano e, se non fosse stato per il freddo del disinfettante che Griffin mi
passava sul fianco, avrei provato un senso di sollievo. « Pronto?»
« Abby ?» disse America. « Dove sei? Io e Shepley siamo appena arrivati a casa. La
vostra macchina non c’è.»
« Oh» , risposi in un tono più alto del solito. Non avevo ancora intenzione di dirglielo e non
sapevo come darle la notizia, ma ero sicura che mi avrebbe detestata, almeno per un po’.
« Siamo... a Las Vegas.»
America scoppiò a ridere. « Ma dai.»
« Sono seria.»
Tacque all’istante e poi parlò con una voce così acuta che sussultai. « PERCHÉ siete a
Las Vegas? L’ultima volta non ti sei divertita molto!»
« Io e Travis abbiamo deciso di... Ci siamo sposati, Mare.»
« Cosa! Non è divertente, Abby ! Sarà meglio che si tratti di uno scherzo!»
Griffin mi applicò la carta transfer sulla pelle e la premette. Dallo sguardo, capii che
Travis avrebbe voluto ucciderlo perché mi aveva toccata.
« Sei sciocca» , risposi, ma quando l’apparecchio iniziò a ronzare mi contrassi tutta.
« Cos’è questo rumore?» chiese America, furente.
« Siamo in un negozio di tatuaggi.»
« Stavolta Travis si fa tatuare il tuo vero nome?»
« Non esattamente...»
Travis stava sudando. « Tesoro...» disse, corrucciato.
« Ce la faccio» , dichiarai fissando un punto sul soffitto. Quando Griffin mi toccò la pelle
con le dita, trasalii ma cercai di non irrigidirmi.
« Pigeon» , insistette Travis in tono vagamente disperato.
« Va tutto bene» , replicai scuotendo la testa. « Sono pronta.» Allontanai il telefono
dall’orecchio paventando sia il dolore sia l’inevitabile predica.
« Ti uccido, Abby Abernathy !» strillò America. « Ti uccido!»
« Tecnicamente ora sono Abby Maddox» , precisai sorridendo a Travis.
« Non è giusto!» gemette lei. « Dovevo essere la tua damigella d’onore. Accompagnarti
a fare spese, organizzare l’addio al nubilato, tenerti il bouquet!»
« Lo so» , dissi guardando il sorriso di Travis svanire mentre trasalivo di nuovo.
« Non c’è bisogno che tu lo faccia, sai» , mi fece presente lui aggrottando la fronte.
Gli strinsi le dita. « Lo so.»
« Lo hai già detto!» ribatté secca America.
« Non sto parlando con te.»
« Oh, sì che stai parlando con me» , sbottò. « Altroché, se stai parlando con me. Non ti
perdonerò mai!»
« Sì che lo farai.»
« Tu! Sei una... Sei crudele, Abby ! La migliore amica peggiore del mondo!»
Scoppiai a ridere e Griffin scostò la mano sbuffando.
« Mi scusi.»
« Chi era?» chiese brusca America.
« Griffin» , risposi come se niente fosse.
« Ha finito?» domandò lui a Travis.
« Continui» , gli rispose con un cenno.
Lui si limitò a sorridere e proseguì. Mi irrigidii di nuovo.
« Chi diavolo è Griffin? Fammi indovinare: hai invitato al tuo matrimonio un emerito
sconosciuto e non la tua migliore amica?»
Sussultai, sia per il tono acuto di America sia per gli aghi che mi perforavano la pelle.
« No. Non è venuto al matrimonio» , la informai trattenendo il fiato.
Travis sospirò e si agitò sulla sedia stringendomi la mano. Aveva un’aria afflitta e non
potei fare a meno di sorridere. « Dovrei essere io quella nervosa, ricordi?»
« Scusami. Non penso di farcela» , ammise angosciato. Allentò la stretta e guardò
Griffin. « Fa’ in fretta, d’accordo?»
L’uomo scosse la testa. « Sei coperto di tatuaggi e non riesci a guardare la tua ragazza che
si fa fare una semplice scritta. Dammi un minuto, amico.»
Lui si adombrò ancora di più. « Moglie. Lei è mia moglie.»
A quelle parole sentii America strillare. « Ti stai facendo un tatuaggio? Che ti succede,
Abby ? Hai respirato fumi tossici in quell’incendio?»
« Trav ha il mio nome sul polso» , risposi guardandomi la chiazza nera sul fianco. Griffin
avvicinò la punta dell’ago alla mia pelle e io strinsi i denti. « Siamo sposati. Anch’io volevo
qualcosa.»
Travis scosse la testa. « Non era necessario.»
Socchiusi gli occhi. « Non cominciare.»
Lui sorrise e mi rivolse uno sguardo dolcissimo, adorante.
America scoppiò in una risata vagamente folle. « Ti ha dato di volta il cervello.» Doveva
dire qualcosa. « Quando tornerai a casa, ti farò ricoverare in manicomio.»
« Non è così assurdo. Ci amiamo. Viviamo insieme praticamente da un anno, anche se
con qualche pausa. Perché no?» D’accordo, non era proprio un anno... ma ora non aveva
importanza. Non era il caso di fare i pignoli e di offrirle altri spunti.
« Perché hai diciannove anni, idiota! Perché sei scappata e non lo hai detto a nessuno e
perché io non sono lì!» urlò.
Per un istante mi vennero dubbi e sensi di colpa. Per un istante riaffiorò la paura di aver
appena commesso un errore madornale, ma non appena guardai Travis e vidi l’immenso
amore nei suoi occhi ogni timore svanì. « Mi dispiace, Mare, devo andare. A domani,
okay ?»
« Non so se vorrò vederti domani! Non penso di voler mai più vedere Travis!»
« A domani, Mare. So che non vedi l’ora che ti mostri l’anello.»
« E il tatuaggio» , disse in tono malizioso.
Porsi il telefono a Travis. Griffin m’inflisse un’altra ondata di dolore e d’ansia con i suoi
aghi. Travis si cacciò il telefono in tasca e mi prese la mano tra le sue, chinandosi per
accostare la fronte alla mia.
Il fatto di non sapere che cosa aspettarmi mi aveva aiutato, ma sentivo lo stesso un forte
bruciore. Trasalivo quando Griffin tracciava le parti più spesse delle lettere e mi rilassavo
ogni volta che allontanava l’apparecchio per togliere l’inchiostro in eccesso.
Dopo qualche altra protesta di Travis, esclamò: « Fatto!» . Sussultammo entrambi.
« Grazie a Dio!» dissi lasciando cadere la testa sulla poltrona.
« Grazie a Dio!» mi fece eco Travis sospirando e dandomi dei colpetti affettuosi sulla
mano.
Guardai quelle splendide linee nere sulla pelle rossa e irritata: SIGNORA MADDOX.
« Uau!» esclamai sollevandomi sui gomiti.
Il cipiglio di Travis cedette subito il posto a un sorriso trionfante. « È magnifico.»
Griffin scosse la testa. « Se chiedessi un dollaro per ogni uomo tatuato che porta qui la
moglie e sta peggio di lei... be’, non dovrei più tatuare nessuno in vita mia.»
« Dille solo che precauzioni deve usare, sapientone.»
« Vi stampo le istruzioni e vi do una pomata alle vitamine A e D alla cassa» , rispose
divertito Griffin.
Continuavo a fissare la scritta elegante sulla mia pelle. Eravamo sposati. Ero una
Maddox, come tutte quelle persone meravigliose che avevo imparato ad amare. Avevo una
famiglia. Sebbene i suoi membri fossero uomini impulsivi, matti e adorabili, erano miei. E
io appartenevo a loro, come loro a appartenevano a me.
Travis allungò la mano e si guardò l’anulare. « L’abbiamo fatto, tesoro. Non riesco
ancora a credere che tu sia mia moglie.»
« Credici, invece» , risposi raggiante.
Indicai la sua tasca e protesi il palmo. Lui mi porse il cellulare e io fotografai il mio
nuovo tatuaggio. Poi mi aiutò ad alzarmi, attento a non toccarmi il fianco destro. Provavo
fastidio ogni volta che i jeans sfregavano sulla pelle infiammata.
Dopo una breve sosta alla cassa, Travis mi lasciò andare per il tempo necessario ad
aprire la porta, dopodiché uscimmo e ci avvicinammo a un taxi in attesa. Il cellulare squillò
di nuovo. Era America.
« Vuole proprio farti sentire in colpa, eh?» disse vedendomi togliere la suoneria. Non ero
nello stato d’animo di sopportare un’altra lavata di capo.
« Terrà il broncio per ventiquattr’ore dopo aver visto le fotografie, poi non ci penserà
più.»
« Ne sei sicura, signora Maddox?»
Ridacchiai. « Smetterai mai di chiamarmi così? L’avrai detto un centinaio di volte da
quando siamo usciti dalla cappella.»
Lui scosse la testa aprendomi la portiera del taxi. « Smetterò quando mi sarò convinto che
è vero.»
« Oh, è sicuramente vero. I ricordi della prima notte di nozze lo dimostrano.» Mi spostai
sul sedile e lo guardai sistemarsi al mio fianco.
Si appoggiò a me e mi sfiorò la pelle sensibile del collo con il naso fino a raggiungere
l’orecchio. « Altroché.»
11.
VERSO CASA
TRAVIS
Abby guardava Las Vegas sfrecciare via al di là del finestrino. Mi bastava vederla per
aver voglia di toccarla e, adesso che era mia moglie, il desiderio era ancora più forte. Però
cercavo in ogni modo di non indurla a pentirsi della sua decisione. La capacità di mantenere
il controllo era sempre stata il mio superpotere, ma ora ero pericolosamente vicino a
comportarmi come Shepley .
Incapace di trattenermi, le sfiorai impercettibilmente il mignolo. « Guardando le foto del
matrimonio dei miei, pensavo che la mamma fosse la sposa più bella. Ma dopo aver visto te
nella cappella ho cambiato idea.»
Lei osservò le nostre dita e intrecciò le sue con le mie, poi mi guardò. « Quando dici
queste cose, Travis, mi fai innamorare di nuovo.» Si accoccolò contro di me e mi baciò
sulla guancia. « Vorrei averla conosciuta.»
« Lo vorrei anch’io.» Tacqui, chiedendomi se dire quello che avevo in mente. « E la
tua?»
Abby scosse la testa, abbandonandosi fra le mie braccia. « Prima che ci trasferissimo a
Wichita, non era poi un granché. E dopo la sua depressione è peggiorata. Ha
semplicemente rinunciato a vivere. Se non avessi conosciuto America, sarei rimasta sola.»
Mentre la tenevo tra le braccia, pensai che avrei voluto stringerla anche allora, quando
aveva sedici anni, e ancor prima, da bambina. Erano successe tante cose da cui non avevo
potuto proteggerla.
« Io... io so che non è vero, ma Mick mi ha ripetuto tante volte che l’ho rovinato. Che li ho
rovinati tutti e due. Ho questa paura irrazionale di fare lo stesso a te.»
« Pigeon» , la rimproverai baciandole i capelli.
« È strano però, eh? Quando ho iniziato a giocare, la sua fortuna è svanita. Ha detto che
gliel’avevo portata via, come se avessi un simile potere su di lui. In ogni caso una frase del
genere crea un bel po’ di problemi a un’adolescente.»
Il dolore nel suo sguardo scatenò in me una scintilla familiare, ma la soffocai subito con
un respiro profondo. Anche se forse mi sarei sempre infuriato vedendola stare male, non
aveva certo bisogno di una testa calda al suo fianco. Le serviva un marito comprensivo.
« Se avesse avuto un pizzico di buon senso, ti avrebbe trasformata nel suo talismano anziché
nella sua nemica. In realtà ha perso lui, Pidge. Tu sei la donna più incredibile che io abbia
conosciuto.»
Lei si rosicchiò le unghie. « Lui non voleva che fossi il suo talismano.»
« Puoi sempre essere il mio. In questo momento mi sento fortunatissimo, cazzo.»
Abby mi diede una gomitata amichevole nelle costole. « Allora facciamo in modo che
sia sempre così.»
« Stanne certa. Tu ancora non lo sai, ma mi hai appena salvato.»
Nei suoi occhi ci fu un lampo. « Lo spero» , disse premendo la guancia contro la mia
spalla.
ABBY
Travis mi stringeva a sé, lasciandomi andare solo quando avanzavamo. Non eravamo
l’unica coppia a scambiarsi effusioni in attesa di fare il check-in. Stavano per terminare le
vacanze di primavera e l’aeroporto era gremito.
Ottenute le carte d’imbarco, ci mettemmo in coda per i controlli di sicurezza. Quando
toccò a noi, Travis continuava a far scattare il metal detector, perciò l’agente gli chiese di
togliersi l’anello.
Travis obbedì malvolentieri. Superati i controlli, ci sedemmo su una panchina a rimetterci
le scarpe e lui mormorò un paio di imprecazioni incomprensibili, dopodiché si rilassò.
« È tutto a posto, tesoro. È tornato al tuo dito» , osservai ridacchiando per quella reazione
esagerata.
Travis non rispose e si limitò a baciarmi sulla fronte prima che ci incamminassimo verso
il cancello. Gli altri studenti di ritorno dalle vacanze sembravano sfiniti e contenti tanto
quanto noi. Notai varie coppie che sbarcavano tenendosi per mano con la stessa espressione
euforica e nervosa che avevamo io e Travis all’arrivo.
Gli sfiorai le dita.
Lui sospirò.
Quel comportamento mi colse alla sprovvista. Aveva un’aria cupa, angosciata. Più ci
avvicinavamo al cancello, più rallentava il passo. Ero preoccupata delle reazioni che
avremmo dovuto affrontare una volta a casa, ma soprattutto temevo le indagini. Forse stava
pensando la stessa cosa e non voleva parlarmene.
Al gate undici si sedette accanto a me, tenendomi per mano. Dondolava il ginocchio e
continuava a tormentarsi le labbra. Ogni volta che muoveva la bocca, la barba di tre giorni
si contraeva. O era in preda a un attacco di panico o si era bevuto un’intera caffettiera a
mia insaputa.
« Pigeon?» disse infine.
Grazie a Dio aveva deciso di parlarne.
« Sì?»
Rifletté e sospirò di nuovo. « Niente.»
Di qualsiasi cosa si trattasse, volevo chiarire. Ma, se non era preoccupato per le indagini o
per le conseguenze dell’incendio, non avrei di certo sollevato l’argomento. Ci eravamo
appena seduti quando iniziarono le operazioni di imbarco della prima classe. Restammo con
tutti gli altri, in attesa del turno dell’economica.
Travis continuava a spostare il peso da un piede all’altro, a sfregarsi la nuca e a
stringermi la mano. Voleva chiaramente dirmi qualcosa. Era tormentato, ma non sapevo
che altro fare oltre a ricambiare la sua stretta.
Quando ci mettemmo in coda, lui esitò. « Non riesco a scrollarmi di dosso questa
sensazione» , disse.
« Di che si tratta? È qualcosa di brutto?» chiesi, d’un tratto nervosa. Non sapevo se si
riferisse all’aereo, a Las Vegas o al fatto di tornare a casa. Passai al vaglio tutto ciò che
sarebbe potuto andare storto fra il nostro passo successivo e il rientro.
« Ho la sensazione assurda che, quando saremo a casa, mi sveglierò. Come se tutto
questo fosse stato un sogno.» Aveva lo sguardo perso, angosciato.
Con tutte le ragioni concrete di preoccupazione che poteva avere, temeva di perdermi,
proprio come io temevo di perdere lui. In quel momento capii che avevamo fatto la cosa
giusta. Sì, eravamo giovani e pazzi, ma ci amavamo immensamente. Eravamo più vecchi
di Romeo e Giulietta, e anche dei miei nonni. Forse ci eravamo appena lasciati l’infanzia
alle spalle, ma c’erano persone più grandi di noi che non avevano ancora messo la testa a
posto. Nemmeno noi l’avevamo fatto, però eravamo insieme, e questo bastava.
A casa tutti sarebbero stati convinti che prima o poi ci saremmo lasciati, avrebbero atteso
l’inevitabile logoramento di una coppia sposatasi così giovane. Mi sentii male al solo
pensiero delle occhiate, delle chiacchiere e delle maldicenze. Forse ci sarebbe voluta
un’intera vita per dimostrare che il nostro matrimonio sarebbe durato. Avevamo commesso
tanti errori e ne avremmo fatti altri in futuro, ma per noi c’erano buone probabilità.
Avevamo già mostrato a tutti che si sbagliavano.
Tra ansie e rassicurazioni, alla fine gli gettai le braccia al collo e gli sfiorai le labbra con
un bacio. « Su di noi mi gioco il nostro primo figlio. Ecco quanto sono sicura.» Era una
scommessa che non avrei potuto perdere.
« Non puoi esserne tanto certa» , replicò.
Aggrottai la fronte e accennai un sorriso. « Ci stai?»
Lui si rilassò, prese la sua carta d’imbarco dalla mia mano e la porse all’assistente.
« Grazie» , disse lei passandola nel lettore e restituendogliela. Ripeté la procedura con la
mia e, come avevamo fatto meno ventiquattr’ore prima, ci avviammo mano nella mano
lungo la passerella.
« Stai alludendo a qualcosa?» domandò d’un tratto Travis bloccandosi. « Non sarai... È
per questo che hai voluto sposarti?»
Scoppiai a ridere e scossi la testa, tirandolo. « Dio, no. Penso che il passo che abbiamo
appena fatto sia già abbastanza grande.»
Lui annuì. « Concordo, signora Maddox.» Mi strinse la mano e salimmo sull’aereo che ci
avrebbe riportati a casa.
12.
ANNIVERSARIO
ABBY
L’acqua mi imperlava la pelle, mescolandosi alla lozione solare ed esaltando
l’abbronzatura del ventre. Il sole picchiava sulle nostre teste e su quelle delle altre persone in
spiaggia, sollevando onde di calore dalla sabbia fra un telo colorato e l’altro.
« Signora» , disse il cameriere chinandosi per servirci i drink. Era madido di sudore ma
sorridente. « Li metto sul conto della stanza?»
« Sì, grazie» , risposi prendendo il margarita alla fragola ghiacciato e firmando la
ricevuta.
America prese il suo drink e mescolò i cubetti con la cannuccia. « È un paradiso.»
Ce lo meritavamo, un assaggio di paradiso, per rifarci dell’ultimo anno. Dopo essere stati
a decine di funerali e avere aiutato Travis a superare il senso di colpa, avevamo dovuto
affrontare gli interrogatori della polizia. Gli studenti presenti all’incontro non avevano fatto il
suo nome parlando con gli inquirenti, ma erano corse delle voci e ci volle parecchio tempo
prima che l’arresto di Adam placasse le famiglie delle vittime.
Inoltre, fu necessaria un’intensa opera di convincimento per evitare che Travis si
costituisse. Gli unici deterrenti furono, a quanto pare, il fatto che lo avessi supplicato di non
lasciarmi sola e la prospettiva che Trent venisse accusato di depistaggio delle indagini. I
primi sei mesi di matrimonio furono tutt’altro che facili e passammo molte lunghe notti a
discutere di cosa fosse giusto fare. Forse sbagliavo a voler impedire a tutti i costi che finisse
in carcere, ma non m’importava. Non lo ritenevo più colpevole di chiunque si fosse recato
in quel seminterrato quella sera. Non mi sarei mai pentita della mia decisione, come del
fatto di aver mentito spudoratamente guardando i detective negli occhi per salvarlo.
« Sì» , dissi osservando l’acqua lambire la sabbia e ritirarsi. « Dobbiamo ringraziare
Travis. Si è chiuso in palestra dalle dieci del mattino fino a sera, accaparrandosi il maggior
numero di clienti possibile. È tutto merito suo. Di certo non saremmo venuti qui con quello
che guadagno io come tutor.»
« Ringraziarlo? Quando mi ha promesso un matrimonio vero, non pensavo che intendesse
un anno dopo!»
« America» , la rimproverai voltandomi. « Più viziata di così non si può! Siamo su una
spiaggia di St Thomas a bere margarita ghiacciati.»
« Però questo mi ha lasciato un po’ di tempo per organizzare il tuo addio al nubilato e il
rinnovo delle promesse» , osservò bevendo un sorso.
Sorrisi. « Grazie. Dico sul serio. Ed è l’addio al nubilato più bello nella storia degli addii al
nubilato.»
Harmony ci raggiunse e si sedette sulla sdraio accanto, con i capelli castani corti che le
brillavano al sole. Se li scosse per togliersi il sale. « L’acqua è così calda!» esclamò
inforcando un paio di enormi occhiali da sole. « Laggiù c’è un tizio che sta insegnando ai
ragazzini ad andare sul windsurf. È incredibilmente sexy .»
« Allora forse riuscirai a convincerlo a farci uno strip, dopo?» osservò impassibile
America.
Kara si accigliò. « America, no. Travis andrebbe su tutte le furie. Abby non è
propriamente nubile, ricordi?»
America scrollò le spalle chiudendo le palpebre dietro gli occhiali. Io e Kara ci eravamo
avvicinate molto da quando avevo lasciato lo studentato, ma lei e America non andavano
tanto d’accordo, forse perché erano abituate tutt’e due a dire quello che pensavano.
« Daremo la colpa a Harmony » , suggerì America. « Travis non può prendersela con lei.
Ha un debito a vita con Harmony da quando lo ha lasciato entrare alla Morgan Hall la sera
in cui avevate litigato.»
« Questo non significa che io voglia diventare oggetto della sua furia» , replicò lei
rabbrividendo.
« Sai che non perde le staffe da parecchio tempo. Adesso sa controllare la rabbia» ,
scherzai.
Io e Harmony avevamo frequentato insieme due corsi quel semestre e, quando l’avevo
invitata a casa nostra a studiare, Travis l’aveva riconosciuta come la ragazza che lo aveva
lasciato entrare nel pensionato. Il fratello di Harmony apparteneva alla sua stessa
confraternita, la Sigma Tau, perciò lei era una delle poche studentesse carine del campus
con cui non fosse andato a letto.
« Travis e Shepley arriveranno domani pomeriggio» , disse America. « Dobbiamo
festeggiare stasera. Non penserai che Travis se ne starà seduto a casa da solo a far niente,
vero? Usciremo e ci divertiremo come pazze, che ti piaccia o no.»
« Mi sta bene» , risposi. « Solo niente strip. E non voglio fare troppo tardi. A questo
matrimonio ci saranno degli invitati. Non ho intenzione di presentarmi con i postumi di una
sbronza.»
Harmony sollevò la bandierina accanto alla sedia e il cameriere arrivò quasi all’istante.
« Desidera, signorina?»
« Un piña colada, per favore.»
« Certo» , disse lui allontanandosi.
« Questo posto è strepitoso» , osservò America.
« E ti chiedi perché abbiamo dovuto risparmiare un anno intero per venirci.»
« Hai ragione. Non avrei dovuto fare commenti. Trav voleva che avessi il meglio,
capisco. E mamma e papà sono stati grandi a pagarmi il viaggio. Altrimenti non ce l’avrei
fatta.»
Ridacchiai.
« Avevi promesso che sarei stata la tua damigella e avrei potuto fare tutto quello che non
ho fatto un anno fa. Be’, per te questo è il regalo di matrimonio e di anniversario insieme,
per me quello di compleanno. Se proprio vuoi saperlo, se la sono cavata a buon mercato.»
« È sempre troppo.»
« Abby, ti amano come una figlia. Papà è entusiasta all’idea di accompagnarti all’altare.
Lascia che lo facciano senza rovinargli tutto» , replicò America.
Sorrisi. Mark e Pam mi consideravano parte della famiglia. Dopo che Mick mi aveva
messo in pericolo l’anno prima, Mark aveva ritenuto che avessi bisogno di un nuovo padre e
si era autoproclamato tale. Se mi serviva un aiuto per pagare la retta universitaria o i libri, o
perfino un nuovo aspirapolvere, lui e Pam si presentavano alla mia porta. Il fatto di darmi
una mano era anche una scusa per venire a trovarci, ed era chiaro che ne erano molto
contenti.
Perciò non avevo solo il turbolento clan dei Maddox su cui contare, ma anche loro due.
Se prima non avevo nessuno, adesso facevo parte di due straordinarie famiglie, per me
molto importanti. All’inizio avevo provato un senso d’angoscia. In passato non avevo mai
avuto tanto da perdere. Con il tempo, tuttavia, mi ero resa conto che la mia nuova famiglia
sarebbe sempre stata presente e che dalle sventure poteva nascere il bene.
« Perdonami. Cercherò di accettarlo con garbo.»
« Grazie.»
« Grazie!» esclamò Harmony prendendo il drink dal vassoio. Firmò la ricevuta e iniziò a
sorseggiare il cocktail alla frutta. « Sono così eccitata al pensiero di questo matrimonio!»
« Anch’io» , le fece eco America guardandomi torva. Aveva stentato a perdonarmi per
essermi sposata senza di lei. E a dire il vero speravo che non mi ripagasse con la stessa
moneta. Ma lei non aveva in programma di sposarsi a breve.
Mare e Shepley avevano iniziato a cercare un appartamento ma poi erano giunti alla
decisione che, pur stando insieme, lei sarebbe rimasta alla Morgan e lui si sarebbe trovato
una stanza all’Helms, lo studentato maschile. Mark e Palm erano più contenti di questa
soluzione. Anche se adoravano Shepley, temevano che le difficoltà della vita vera, fra il
lavoro e le bollette da pagare, li avrebbero distolti dagli studi. America faceva già fatica alla
Morgan.
« Spero che vada tutto liscio. Detesto l’idea di comparire davanti a tutta quella gente che
ci fissa.»
America scoppiò in una risata. « Anche senza Elvis, sono sicura che sarà splendido.»
« Non posso ancora credere che Elvis fosse presente alle tue nozze» , osservò Harmony
ridendo.
« Non quello morto» , precisò Kara, impassibile.
« Stavolta non è stato invitato» , dissi osservando i ragazzini che prendevano lezioni di
windsurf.
« Com’è stato sposarsi a Las Vegas?» chiese Harmony .
« È stato...» iniziai a rispondere, ripensando alla nostra partenza, quasi un anno prima.
« Snervante e angosciante. Ero preoccupata. Ho pianto. Ma direi che è stato tutto perfetto.»
Harmony aveva un’aria disgustata e nel contempo stupita. « A quanto pare, sì.»
TRAVIS
« Fanculo» , dissi, per nulla divertito.
« Ma dai!» esclamò Shepley, scosso dalle risate. « Dicevi sempre che ero io quello al
guinzaglio.»
« Fanculo» , ripetei.
Shepley spense il motore. Aveva parcheggiato la Charger in fondo al posteggio di Cherry
Papa, dove si esibivano le spogliarelliste più grasse e volgari della città. « Non te le porterai
mica a casa.»
« L’ho promesso a Pidge. Niente spogliarelliste.»
« E io ti ho promesso un addio al celibato.»
« Amico, andiamo a casa. Ne ho abbastanza, e domani mattina devo prendere un
aereo.»
Shepley s’incupì. « Le ragazze hanno passato la giornata in spiaggia a St Thomas e adesso
probabilmente staranno festeggiando in un club.»
Scossi la testa. « Non andiamo nei locali se non siamo insieme. Lei non lo farebbe.»
« Sì, se avesse organizzato tutto America.»
Scossi di nuovo la testa. « No, cazzo, non lo farebbe. Non entro in quel locale. O scegli
qualcos’altro o mi riporti a casa.»
Shepley sospirò e mi lanciò un’occhiata furtiva. « Che mi dici di quello?»
Seguii il suo sguardo, puntato sull’isolato seguente. « Un albergo? Shep, ti voglio bene, ma
non è un vero addio al celibato. Sono sposato. E, anche se non lo fossi, non farei sesso con
te.»
« Lì c’è un bar. Non è un club. È concesso dalla tua lunga lista di regole matrimoniali?»
« Rispetto solo mia moglie. Comunque sì, idiota, possiamo andarci» , risposi accigliato.
« Grande!» esclamò sfregandosi le mani.
Attraversammo la strada e Shepley aprì la porta. Era buio pesto.
« Uh...» feci.
Le luci si accesero all’improvviso. I gemelli, Tay lor e Ty ler, mi gettarono una manciata
di coriandoli in faccia. Nello stesso istante partì una musica assordante e poi vidi la cosa
peggiore che avessi visto in vita mia: Trenton in tanga, tutto coperto di glitter, con una
parrucca gialla da pochi soldi, e Cami che rideva come una matta, incoraggiandolo.
Shepley mi spinse in mezzo alla sala. Papà era in piedi da un lato, accanto a Thomas.
Stavano tutti e due scuotendo la testa. Dall’altro lato c’era zio Jack; il resto del locale era
occupato dai miei compagni della Sigma Tau e dai giocatori della squadra di football.
« Avevo detto niente spogliarelliste» , protestai guardando sbigottito Trenton danzare al
ritmo di una canzone di Britney Spears.
Shepley scoppiò a ridere. « Lo so, fratello, ma a quanto pare lo spogliarello è avvenuto
prima che arrivassimo.»
Era orrendo. Pur non volendo, lo osservai disgustato farsi strada a spintoni nella sala. Tutti
i presenti lo incitavano. Al soffitto erano appesi seni di cartone e accanto a mio padre, su un
tavolo, c’era persino una torta con le tette. Ero stato a diversi addii al celibato, ma quello si
meritava il primo premio del cattivo gusto.
« Ehi» , fece Trenton, sudato e senza fiato, scostandosi alcune ciocche finte dalla faccia.
« Hai perso una scommessa?» chiesi.
« In effetti.»
Tay lor e Ty ler erano dalla parte opposta della sala: si battevano le mani sulle ginocchia,
piegati in due dalle risate, e non riuscivano quasi a respirare.
Gli diedi una pacca sul culo. « Sei sexy , fratello.»
« Grazie» , rispose. La musica ricominciò e Trenton mi sfiorò ancheggiando. Lo
allontanai con uno spintone e lui continuò imperterrito a ballare intrattenendo gli invitati.
Guardai Shepley . « Voglio vedere come lo spiegherai a Abby .»
Sorrise. « È tua moglie. Glielo spiegherai tu.»
Nelle ore seguenti bevemmo e chiacchierammo, guardando Trenton fare l’idiota davanti
a tutti. Mio padre, come previsto, se ne andò presto insieme agli altri miei fratelli: aveva un
aereo da prendere. Il mattino dopo saremmo partiti tutti per St Thomas per il rinnovo dei
voti matrimoniali.
Nell’ultimo anno Abby aveva fatto la tutor e io il personal trainer nella palestra locale.
Pagati le rette scolastiche, l’affitto e le spese dell’auto, eravamo riusciti a mettere da parte
qualcosa per andare a St Thomas e fermarci un paio di giorni in un bell’albergo. C’erano
diverse cose che avremmo potuto fare con quei soldi, ma America continuava a parlarne e
non ci avrebbe permesso di rinunciare all’idea. Quando i suoi genitori avevano fatto a noi il
regalo di matrimonio/anniversario e a lei quello di compleanno, avevamo cercato di
rifiutare, ma America aveva insistito.
« D’accordo, ragazzi. Domani mattina sarà dura se non vado a casa.»
Tutti protestarono e mi derisero dandomi del cagnolino al guinzaglio e del rammollito, ma
in realtà si erano abituati al nuovo e più mite Travis Maddox. Non tiravo un pugno da quasi
un anno.
Sbadigliai e Shepley mi diede una pacca sulla spalla.
« Andiamo.»
Tornammo a casa in silenzio. Non so che cosa pensasse, ma io non vedevo l’ora di
raggiungere mia moglie. Era la prima volta che ci separavamo da quando eravamo sposati.
Shepley si fermò e spense il motore. « Proprio davanti a casa, sfigato.»
« Ammettilo. Ti manca.»
« L’appartamento? Sì, un po’. Ma mi mancano anche i tuoi incontri e la valanga di soldi
che guadagnavamo.»
« Sì, a volte anche a me. A domani.»
« Sarò qui alle sei e trenta.»
« A dopo.»
Shepley si allontanò e io salii lentamente i gradini, cercando le chiavi. Detestavo tornare
a casa quando Abby non c’era. Era sempre stato duro da quando l’avevo conosciuta, ma
forse adesso lo era ancora di più, perché Shepley e America non erano lì a stuzzicarmi.
Infilai la chiave e aprii la porta, chiudendola alle mie spalle e gettando il portafoglio sul
piano della cucina. Avevo già portato Toto alla pensione, dove sarebbe rimasto durante la
nostra assenza. C’era troppo silenzio. Sospirai. L’appartamento era cambiato molto
nell’ultimo anno. I poster e le insegne dei bar erano spariti, rimpiazzati da quadri e nostre
fotografie. Non era più la casa di uno scapolo, era diventato un nido grazioso.
Andai in camera, mi spogliai, restando solo con i miei boxer Calvin Klein, e m’infilai
sotto la trapunta floreale verde e blu, un altro oggetto che non sarebbe mai entrato in casa se
non fosse stato per Abby. Avvicinai il suo cuscino e vi appoggiai la testa. Aveva il suo
profumo.
La sveglia segnava le due del mattino. Di lì a dodici ore sarei stato con lei.
14.
L’ADDIO AL NUBILATO
ABBY
Le clienti sedute ai tavoli laterali del ristorante iniziarono a strillare e per poco non li
ribaltarono per scappare con i loro figli. Alcuni bicchieri si ruppero e le posate caddero
tintinnando. Una lampada di vetro a forma di ananas si rovesciò, rotolò e si fracassò per
terra.
America alzò gli occhi al cielo vedendole ammassarsi un po’ più in là. « Santo cielo,
gente! È solo un po’ di pioggia!»
Il personale si affrettò a srotolare i teli della veranda.
« E tu che brontolavi perché non avevamo la vista sull’oceano» , osservò scherzosamente
Harmony .
« Sì, e adesso quelle troie snob non sorridono più, vero?» commentò America annuendo
e guardando divertita le sei bionde raggruppate, tutte fradicie.
« Smettila, Mare. Hai bevuto qualche bicchiere di troppo» , dissi.
« Sono in vacanza ed è un addio al nubilato. È giusto bere.»
Le diedi un colpetto affettuoso sulla mano. « Certo, se non avessi le sbronze cattive.»
« Fanculo, stronza, non ho le sbronze cattive.»
La guardai truce, al che mi strizzò l’occhio e sorrise.
« Stavo scherzando.»
Harmony lasciò cadere la forchetta sul piatto. « Non ce la faccio più. E adesso che si
fa?»
Con un sorriso malizioso, America estrasse un quadernetto ad anelli dalla borsa. Incollate
sulla copertina c’erano alcune lettere di polistirolo che componevano i nomi TRAVIS &
ABBY e la data del nostro matrimonio. « Adesso si fa un gioco.»
« Che gioco?» chiesi, sospettosa.
Lei aprì il quaderno. « Dato che Cami ci raggiungerà solo domani, ti ha preparato
questo» , rispose girandolo perché leggessi le parole scritte davanti. « Il gioco si chiama
Cosa direbbe tuo marito? Ne ho sentito parlare. È superdivertente, anche se in genere
riguarda il futuro marito» , aggiunse dimenandosi eccitata sulla sedia. « Allora... Cami ha
fatto alcune domande a Travis la scorsa settimana e mi ha dato il quaderno.»
« Cosa?» strillai. « Che genere di domande?»
« Tra poco lo scoprirai» , disse chiamando il cameriere, che portò un vassoio pieno di
bicchierini di gelatina colorata.
« Oddio!» esclamai.
« Se sbagli, bevi. Se azzecchi, beviamo noi. Pronta?»
« Sì» , risposi guardando Kara e Harmony .
America si schiarì la voce tenendo il quaderno davanti a sé. « Quando Travis ha capito
che eri tu quella giusta?»
Riflettei per un istante. « La sera del poker a casa di suo padre.»
« Errrr!» America fece un verso gutturale orrendo. « Quando si è reso conto di non
essere alla tua altezza, cioè la prima volta che ti ha visto. Bevi!»
« Noo!» esclamò Harmony portandosi la mano al petto.
Presi un bicchierino di plastica e buttai giù il contenuto. Era buono. Non mi dispiaceva
affatto sbagliare.
« Seconda domanda» , proseguì America. « Qual è la cosa che preferisce di te?»
« La cucina.»
« Errr!» America rifece quel verso. « Bevi!»
« Fai schifo a questo gioco» , osservò Kara, palesemente divertita.
« Magari lo faccio apposta! Sono buoni!» replicai tracannando un altro bicchierino.
« Vuoi sapere la risposta di Travis? La tua risata.»
« Uau» , feci, sorpresa. « Che cosa affettuosa!»
« Qual è la parte che preferisce del tuo corpo?»
« Gli occhi.»
« Ding, ding, ding! Esatto!»
Harmony e Kara batterono le mani e io feci un inchino. « Grazie, grazie. Adesso bevete
voi, brutte stronze.»
Scoppiarono a ridere e obbedirono.
America voltò pagina per leggere la domanda seguente. « Quando desidera avere un
figlio?»
« Oh» , sospirai. « Tra sette... otto anni?»
« Un anno dopo il diploma.»
Kara e Harmony fecero la stessa faccia, piegando le labbra in una O.
« Bevo» , dissi. « Ma dovremo approfondire il discorso.»
America scosse la testa. « È un gioco prematrimoniale, Abby. Dovresti essere molto più
preparata.»
« Sta’ zitta e continua.»
« In realtà, non può star zitta e continuare» , osservò Kara.
« Un’altra domanda» , fece America. « Quale pensi sia stato per lui il momento più bello
del vostro rapporto?»
« La sera in cui ha vinto la scommessa e mi sono trasferita a casa sua?»
« Esatto anche questo!» esclamò.
« È così dolce. Non posso berla» , protestò Harmony .
« Butta giù! Dimmi la prossima» , affermai sorridendo.
« Qual è una cosa che gli hai detto che non dimenticherà mai?»
« Uau. Non ne ho idea.»
Kara si protese. « Tira a indovinare.»
« La prima volta che gli ho detto che lo amavo?»
America socchiuse gli occhi, riflettendo. « Tecnicamente non è corretto. In base alle sue
parole, è stato quando hai detto a Parker che amavi lui!» America scoppiò a ridere, imitata
da tutte noi. « Bevi!» Girò un’altra pagina. « Qual è l’unico oggetto di cui Travis non può
fare a meno?»
« La moto.»
« Esatto!»
« Dove siete andati la prima volta che siete usciti?»
« Da Pizza Shack.»
« Esatto!» disse di nuovo America.
« Chiedile qualcosa di più difficile, altrimenti ci massacra» , le suggerì Kara bevendo un
altro bicchierino.
« Mmm...» fece America sfogliando il quaderno. « Oh, ecco. Qual è la cosa che Abby
preferisce di te?»
« Che razza di domanda è?» obiettai. Loro mi guardarono, in attesa. « Mmm... la cosa
che preferisco di lui è come mi tocca quando stiamo seduti vicini, ma scommetto che avrà
detto i tatuaggi.»
« Accidenti!» commentò America. « Esatto!»
Bevvero e io battei le mani per celebrare la mia piccola vittoria.
« Ancora una» , disse America. « Secondo Travis, qual è il regalo che preferisci tra quelli
che ti ha fatto?»
Riflettei per alcuni istanti. « Facile. L’album di foto che mi ha regalato quest’anno per San
Valentino. E ora bevete!»
Risero di nuovo e, malgrado toccasse a loro bere, lo feci anch’io.
Harmony si pulì la bocca con il tovagliolo e mi aiutò a raccogliere i bicchierini vuoti sul
vassoio. « Adesso qual è il programma, Mare?»
Lei si dimenò, chiaramente eccitata dalla proposta che stava per avanzare. « Ci facciamo
un giro nei locali, ecco qual è.»
Scossi la testa. « Assolutamente no. Ne abbiamo già parlato.»
Lei s’imbronciò.
« Ti prego» , dissi. « Sono qui per rinnovare i voti, non per divorziare. Fatti venire un’altra
idea.»
« Perché, non si fida di te?» osservò America, la voce ridotta quasi a un gemito.
« Se davvero ci volessi andare, ci andrei. È solo che rispetto mio marito e preferisco
andare d’accordo con lui piuttosto che starmene seduta in un locale pieno di fumo e di luci
che mi danno il mal di testa. Travis si farebbe mille domande e io voglio evitarlo. Finora ha
funzionato.»
« Io rispetto Shepley , ma vado nei locali senza di lui.»
« Non è vero.»
« Solo perché finora non ho voluto farlo. Stasera invece mi va.»
« Be’, a me no.»
America si adombrò. « Bene. Piano B. Una partita a poker?»
« Molto divertente.»
Harmony s’illuminò. « Stasera ho visto un volantino di una proiezione cinematografica a
Honey moon Beach! Metteranno uno schermo proprio sull’acqua.»
America fece una smorfia. « Che noia!»
« A me sembra un’idea simpatica. Quando comincia?»
Harmony guardò l’orologio e s’incupì. « Tra quindici minuti.»
« Ce la possiamo fare!» esclamai afferrando la borsa. « Il conto, per piacere!»
TRAVIS
« Datti una calmata, amico» , fece Shepley osservando le mie dita che tamburellavano
nervosamente sul bracciolo di metallo. Nonostante l’atterraggio fosse stato tranquillo, per
qualche motivo non ci lasciavano ancora scendere. Aspettavamo tutti rassegnati quel tenue
ding diventato sinonimo di libertà. Il segnale che invitava a slacciare le cinture di sicurezza
induceva la gente a balzare in piedi, recuperare in fretta i bagagli e mettersi in fila. Io però
avevo un motivo più che concreto per andare di corsa, perciò quell’attesa fu
particolarmente snervante.
« Perché cazzo ci impiegano tanto?» chiesi, forse a voce un po’ troppo alta. Una donna
davanti a noi con un bambino piccolo si voltò a guardarmi. « Mi scusi» , dissi. Lei tornò a
girarsi, indispettita.
Guardai l’orologio. « Faremo tardi.»
« No» , replicò Shepley con il suo solito tono calmo e rasserenante. « Abbiamo ancora
molto tempo.»
Mi allungai per guardare il corridoio, come se servisse a qualcosa. « Gli assistenti di volo
non si sono mossi. Aspetta, uno è al telefono.»
« È un buon segno.»
Mi misi dritto sul sedile e sospirai. « Faremo tardi» , ripetei.
« No. Il punto è che senti la sua mancanza.»
« Sì» , ammisi. Sapevo di essere patetico, ma non tentai nemmeno di nasconderlo. Era la
prima volta che io e Abby non passavamo la notte insieme da quando ci eravamo sposati,
ed era stato triste. Dopo un anno aspettavo ancora con gioia di vederla svegliarsi il mattino.
Shepley scosse la testa in segno di disapprovazione. « Ti ricordi quando mi coprivi di
insulti perché mi comportavo così?»
« Tu non amavi le tue ragazze come io amo lei.»
Shepley sorrise. « Sei proprio felice, vero?»
« La amo ancora come un anno fa. Come papà dice di avere amato mamma.»
Shepley sorrise e fece per rispondere, ma in quel momento si udì il segnale delle cinture
di sicurezza. Scattarono tutti in piedi, presero i bagagli e si piazzarono nel corridoio.
La madre di fronte a me sorrise. « Complimenti» , disse, « mi sembra che lei abbia
capito molto più di tanta gente.»
La coda iniziò a muoversi. « Non direi. È che abbiamo già avuto parecchie lezioni dure.»
« Questo è un bene» , osservò conducendo il figlio verso l’uscita.
Scoppiai a ridere, pensando a tutti i problemi e a tutte le delusioni, ma quella donna aveva
ragione. Se dovessi rifarlo, preferirei soffrire all’inizio anziché avere la vita facile prima e
passare le pene dell’inferno dopo.
Ci precipitammo al ritiro bagagli, recuperammo le borse e uscimmo in cerca di un taxi.
Restai stupito nel vedere un uomo con un abito nero e una lavagnetta bianca che portava
scritto in pennarello rosso CERIMONIA MADDOX.
« Ehi!» esclamai.
« Il signor Maddox?» chiese con un ampio sorriso.
« Siamo noi.»
« Sono Gumbs. Da questa parte.» Prese la borsa più grossa e ci condusse fuori, a una
Cadillac Escalade nera. « Siete al Ritz-Carlton, vero?»
« Sì» , confermò Shepley .
Caricammo il resto dei bagagli e ci sedemmo sul sedile centrale.
« Fantastico!» esclamò Shepley guardandosi attorno.
L’autista partì, risalendo e discendendo colline, curvando di qua e di là, sempre sulla
corsia di sinistra. Era disorientante perché il volante si trovava invece al solito posto.
« Sono contento di non aver noleggiato un’auto» , dissi.
« Sì, la maggior parte degli incidenti qui è causata dai turisti.»
« Ci credo» , osservò Shepley .
« Non è difficile. Basta ricordare che si è vicinissimi al marciapiede.» Gumbs lo indicò
con la mano.
Proseguì facendoci fare un breve giro turistico, mostrandoci questo e quello. Le palme
mi facevano sentire fuori dal mio elemento, ma le auto parcheggiate a sinistra mi
turbavano proprio. Le colline erano tanto alte che sembravano toccare il cielo, tutte
costellate di macchioline bianche, presumibilmente case.
« Quello è Havensight Mall» , ci spiegò Gumbs. « Dove attraccano le navi da crociera,
vedete?»
Scorsi le grandi navi ma non riuscivo a distogliere lo sguardo dal mare. Non avevo mai
visto un’acqua di un blu così limpido. Non per niente lo chiamavano blu caraibico. Era
incredibile. « Quanto manca?»
« Siamo quasi arrivati» , rispose Gumbs con un sorriso allegro.
Come a un segnale convenuto, la Cadillac si fermò per dare la precedenza, dopodiché
imboccammo un lungo viale d’accesso. Facemmo una seconda sosta alla guardiola della
sicurezza, poi, non appena ci lasciarono passare, percorremmo un altro lungo viale fino
all’ingresso dell’albergo.
« Grazie!» esclamò Shepley. Lasciò la mancia all’autista, prese il cellulare e toccò
veloce lo schermo. Il telefono emise il rumore di un bacio: molto probabilmente era
America. Lesse il messaggio e annuì. « Pare che noi due andremo nella stanza di Mare.
Loro si prepareranno nella tua.»
Feci una smorfia. « Ma è... strano.»
« Penso che non vogliano ancora farti vedere Abby .»
Scossi la testa sorridendo. « L’ultima volta è andata così.»
Un addetto dell’albergo ci accompagnò a un golf cart e ci condusse al nostro edificio. Lo
seguimmo fino alla stanza ed entrammo. Era molto... tropicale. Un tropicale elegante, nello
stile del Ritz-Carlton.
« Perfetto!» disse Shepley contento.
Mi accigliai. « La cerimonia è tra due ore. Devo aspettare due ore!»
Lui alzò un dito, toccò lo schermo del telefono e sollevò lo sguardo. « No. Potrai vederla
quando sarà pronta, come da sua richiesta. Evidentemente anche lei sente la tua
mancanza.»
Sfoderai un sorriso tutto denti. Non potei farne a meno. Abby aveva avuto quell’effetto su
di me diciotto mesi prima, lo aveva ora e lo avrebbe avuto sempre. Presi il cellulare.
Ti amo, tesoro.
Oddio sei qui! Anch’io ti amo!
A presto.
Ci puoi scommettere il culo.
Scoppiai in una sonora risata. Avevo detto che per me Abby era tutto e lei negli ultimi
trecentosessantacinque giorni mi aveva dimostrato che non mi sbagliavo.
Qualcuno bussò alla porta e andai ad aprire.
« Ciao, faccia di culo!» esclamò Trent illuminandosi.
Risi e scossi la testa, invitando i miei fratelli a entrare. « Venite, cavernicoli. Ho una
moglie che mi aspetta e uno smoking con il mio nome sopra.»
15.
E VISSERO FELICI E CONTENTI
TRAVIS
Un anno dopo aver atteso Abby all’altare a Las Vegas, mi ritrovai ad attenderla di nuovo,
stavolta in un gazebo davanti alle acque blu di St Thomas. Mi sistemai la cravatta, lieto di
aver avuto la bella idea di non indossarla la volta precedente, ma anche di non essermi
dovuto preoccupare della creatività di America.
Da un lato c’era una fila di sedie addobbate con fiocchi porpora e arancione, dall’altro
l’oceano. Una stuoia bianca avrebbe condotto Abby fino a me e, ovunque guardassi,
c’erano fiori porpora e arancione. Avevano fatto un ottimo lavoro. Continuavo a preferire la
prima cerimonia, ma capivo che quello era probabilmente il vero sogno di una ragazza.
D’un tratto il vero sogno di un uomo si materializzò dietro un gruppetto di piante: Abby
era sola, a mani vuote, con un velo fluente, mosso dal vento, puntato sui capelli
semiraccolti. Indossava un abito bianco lungo, aderente e lievemente lucido. Forse di satin.
Non lo sapevo e non m’importava. Riuscivo a pensare solo a lei.
Saltai i quattro gradini del gazebo e corsi da mia moglie, raggiungendola in prossimità
dell’ultima fila di sedie.
« Oddio! Mi sei mancata da morire» , dissi stringendola.
Lei mi affondò le dita nella schiena. Era la sensazione più piacevole che avessi provato
negli ultimi tre giorni, da quando l’avevo abbracciata per salutarla.
Abby non disse niente, si limitò a ridacchiare nervosa, ma sapevo che anche lei era
contenta di vedermi. L’ultimo anno era stato così diverso dai primi sei mesi della nostra
relazione! Lei si era dedicata completamente a me e io a essere l’uomo che si meritava. Il
nostro rapporto era migliorato, e la vita era bella. All’inizio avevo temuto che succedesse
qualcosa di brutto, che Abby mi venisse portata via, ma superato quel momento avevamo
iniziato una nuova vita.
« Sei un incanto» , affermai scostandomi per guardarla meglio.
Lei mi toccò il petto. « Neanche tu sei tanto male, signor Maddox.»
Dopo qualche bacio, qualche abbraccio e qualche aneddoto sulle nostre rispettive feste –
ben poco movimentate, a quanto pareva, a parte lo strip di Trent – gli ospiti cominciarono
ad arrivare.
« Credo significhi che dobbiamo andare ai nostri posti» , suggerì Abby. Non potei
nascondere la delusione. Non volevo più restare senza di lei neanche per un secondo. Mi
sfiorò il viso e si alzò in punta di piedi per baciarmi sulla guancia. « Ci vediamo tra un
istante.»
Si allontanò, sparendo dietro gli alberi.
Tornai al gazebo e in breve tutte le sedie furono occupate. Stavolta avevamo davvero un
pubblico. Pam era seduta fra gli invitati della sposa in prima fila, con la sorella e il cognato.
Alcuni miei compagni della Sigma Tau stavano in ultima fila, insieme al vecchio socio di
mio padre, a sua moglie e ai figli, al mio capo Chuck e alla sua ragazza del momento, ai
quattro nonni di America e ai miei zii Jack e Deana. Papà sedeva in prima fila tra gli invitati
dello sposo, a far compagnia alle ragazze dei miei fratelli. Shepley era il mio testimone e
assistente, e accanto a lui c’erano gli altri testimoni, Thomas, Tay lor, Ty ler e Trent.
Ci ritrovavamo tutti un anno in più sulle spalle, ne avevamo passato tante, e in certi casi
avevamo perso molto, eppure ci eravamo riuniti per festeggiare un evento felice per i
Maddox. Sorrisi e feci un cenno agli uomini che mi stavano vicino. Costituivano sempre
quella fortezza inespugnabile che ricordavo dall’infanzia.
Guardai gli alberi in lontananza, in attesa di mia moglie. Sarebbe comparsa da un
momento all’altro e tutti avrebbero potuto vedere quello che avevo visto io un anno prima,
restandone meravigliati come era successo a me.
ABBY
Dopo un lungo abbraccio, Mark mi guardò. « Sei splendida. Sono così fiero di te, tesoro.»
« Grazie di esserti offerto di accompagnarmi all’altare» , dissi, un po’ imbarazzata. Al
pensiero di tutto quello che lui e Pam avevano fatto per me mi vennero le lacrime agli
occhi. Le soffocai prima che mi rigassero le guance.
Mark mi diede un bacio sulla fronte. « Siamo felici che tu faccia parte della nostra vita,
piccola.»
Iniziò la musica e lui mi porse il braccio. Lo presi e percorremmo un marciapiede breve
tutto sconnesso, fiancheggiato da fitti alberi in fiore. America temeva che piovesse, ma il
cielo era quasi terso e il sole splendeva.
Mark mi condusse alla fine del viale, svoltammo l’angolo e ci mettemmo dietro Kara,
Harmony, Cami e America. Tutte tranne Mare indossavano miniabiti di satin porpora senza
spalline. La mia migliore amica invece era vestita d’arancione. Erano meravigliose.
Kara mi fece un sorrisino. « Direi che lo splendido disastro si è trasformato in uno
splendido matrimonio.»
« I miracoli accadono» , risposi ricordando la conversazione che avevamo avuto una vita
prima.
Lei rise annuendo e strinse il piccolo bouquet tra le mani. Girò l’angolo e scomparve
dietro le piante, seguita da Harmony e Kara.
America si voltò e mi gettò un braccio al collo. « Ti voglio bene!» esclamò stringendomi.
Mark accentuò la presa e io feci altrettanto con il bouquet.
« Ci siamo, piccola.»
Il pastore invitò tutti ad alzarsi. Vidi i volti dei miei amici e della mia nuova famiglia, ma
solo quando notai le guance bagnate di Jim Maddox rimasi senza fiato e faticai a mantenere
il controllo.
Travis si avvicinò e Mark posò le mani sulle nostre. In quell’istante mi sentii
incredibilmente al sicuro, sostenuta da due degli uomini migliori che conoscessi.
« Chi dà in sposa questa donna?» chiese il pastore.
« Io e sua madre.» Restai sbalordita da quelle parole. Per tutta la settimana aveva fatto le
prove ripetendo: « Io e Pam» . A quel punto non riuscii più a trattenere le lacrime, che mi
sgorgarono dagli occhi e mi inumidirono le guance.
Mark mi diede un bacio e si allontanò. Io rimasi là con mio marito. Era la prima volta che
lo vedevo in smoking. Si era rasato e tagliato i capelli. Travis Maddox era il classico
bell’uomo che ogni ragazza sognava, ed era mio.
Mi asciugò delicatamente le guance e poi salimmo sul gazebo, mettendoci davanti al
pastore.
« Siamo qui riuniti per celebrare il rinnovo delle promesse...» iniziò a recitare questi, ma
la sua voce si confuse con il rumore dell’oceano che si frangeva sugli scogli.
Travis si avvicinò e mi strinse la mano. « Felice anniversario, Pidge» , mormorò.
Lo guardai negli occhi, pieni d’amore e di speranza come un anno prima. « Uno in meno,
ma l’intera vita davanti» , sussurrai di rimando.
SOMMARIO
1. L’ALIBI
ABBY
TRAVIS
2. IL RITORNO
ABBY
TRAVIS
3. UN UOMO FORTUNATO
ABBY
TRAVIS
4. TRE ORE
TRAVIS
ABBY
5. SCOPERTA
TRAVIS
ABBY
6. DEAD OR ALIVE
TRAVIS
ABBY
7. GIOCA E VINCI
TRAVIS
ABBY
8. FINALMENTE
TRAVIS
ABBY
9. PRIMA
ABBY
10. TATUATA
ABBY
11. VERSO CASA
TRAVIS
ABBY
12. ANNIVERSARIO
ABBY
TRAVIS
14. L’ADDIO AL NUBILATO
ABBY
TRAVIS
15. E VISSERO FELICI E CONTENTI
TRAVIS
ABBY
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I libri di Jamie McGuire in ebook
JAMIE McGUIRE
Il vero fenomeno del passaparola
I LIBRI DI JAMIE McGUIRE IN EBOOK
Uno splendido disastro
Camicetta immacolata e coda di cavallo Abby
Abernathy sembra la classica ragazza timida e
studiosa. Ma in realtà è una ragazza in fuga:
dalla sua famiglia, da un padre in cui ha
smesso di credere. Travis Maddox di notte
guida troppo veloce sulla sua moto. Dietro di
sé ha una scia di adoratrici disposte a tutto per
un suo bacio. C’è una definizione per quelli
come lui: Travis è il ragazzo sbagliato.
Il mio disastro sei tu
Travis ha vent’anni e non conosce l’amore.
Provare dei sentimenti significa diventare
vulnerabili. E Travis ha scelto di essere un
guerriero. Finché un giorno incontra Abby
Abernathy. E la sua armatura di ghiaccio si
scioglie come neve al sole. Abby è diversa, è
taciturna. Ma Travis riesce a vedere dietro il
suo sorriso quello che nessuno sembra notare.
Un segreto che per Abby pesa come un
macigno.
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Uno Splendido Disastro - Garzanti
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