Unità Operativa di Recupero e Rieducazione Funzionale
Ospedale Infermi - Rimini
Direttore U.O. dott. Riccardo Galassi
Approccio al paziente afasico
Informazioni per i familiari e per gli operatori sanitari
Realizzato da: Log. Fiammetta Battisti
Servizio di Logopedia
Ospedale Infermi - Rimini
SOMMARIO
Introduzione ……………………………………………………………………………………………. pag. 5
Cos’è l’afasia? …………………………………………………………………………………………… pag. 7
Cosa non è l’afasia ……………………………………………………………………………………. pag. 7
Le cause dell’afasia …………………………………………………………………………………… pag. 7
Il linguaggio delle persone afasiche ……………………………………………………………. pag. 8
Disturbi che possono accompagnare l’afasia ………………………………………………... pag. 9
Come si cura l’afasia? ………………………………………………………………………………... pag. 11
Come facilitare la comunicazione con le persone afasiche? ............................... pag. 11
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Approccio al paziente afasico
Ero afasica.
Non mi ci volle molto tempo per capire la mia malattia.
Un giorno arriva una parola e poco dopo se ne va. A volte non ne ricordo l’uso, maledette.
Le ricordo rievocandole, e sono già volate via. Allora ecco che ne arrivano altre, ma anche
queste, a loro volta, scompaiono. Il vuoto non è la parola in sé, è la fonetica delle parole.
Cerco a tentoni i vari suoni nel fondo della mia mente. Ma è pallido, indistinto questo
sedimento che si rifiuta di emergere.
Ogni tanto spuntano delle parole, o forse è solo il loro ricordo. Le posso pronunciare in
silenzio, in questo silenzio nuovo e mio, dolce e aggressivo.
Da “ il tempo di Blanca” di Marcela Serrano
INTRODUZIONE
Non è compito facile occuparsi di un paziente afasico, soprattutto nelle prime giornate
dopo l’insorgenza del disturbo.
Pur commettendo degli errori, può non averne piena coscienza e, accorgendosi che gli
altri non lo capiscono, reagire con manifestazioni di rabbia e di disperazione.
Non dobbiamo però credere che sia impossibile entrare in contatto con lui: se l’afasico
non coglie il significato del nostro linguaggio intuisce dai nostri gesti, dalle nostre
espressioni mimiche, dal tono della voce la disponibilità nei suoi confronti e, soprattutto
quando parliamo di qualcosa che lo riguarda personalmente, riesce a cogliere molto bene
il senso del discorso, anche se ci rivolgiamo ad una terza persona, tagliandolo fuori dalla
conversazione.
Scopo di questo opuscolo vuole proprio essere quello di informare i familiari del
soggetto afasico e gli operatori sanitari che operano nelle prime fasi della malattia sulle più
adatte modalità comunicative di approccio del paziente durante la fase acuta.
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U.O. Recupero e Rieducazione Funzionale - Rimini
“E' cosa ben certa che non ci sono uomini così idioti e stupidi, o addirittura
insensati, i quali non sappiano combinare insieme diverse parole e comporre un
discorso per farsi intendere; e che al contrario non c'è altro animale, per quanto
perfetto e felicemente nato, che faccia la stessa cosa”
Cartesio
L’uomo ha una capacità intellettiva unica, che consiste nella possibilità di combinare
parole o segni per esprimere i propri pensieri; gli animali sono in grado di esprimere
sentimenti e passioni, fra l’altro in numero limitato, ma non idee astratte, poiché la loro
conoscenza si limita agli oggetti concreti e presenti ai loro sensi.
Pertanto, il principale fattore che distingue l’uomo dagli animali è rappresentato proprio
dal linguaggio.
L’essere umano possiede, a differenza degli animali, un apparato vocale e
un’organizzazione cerebrale che gli permettono non solo maggiori possibilità articolatorie,
ma anche lo sviluppo di concrete capacità linguistiche.
Il cervello umano è composto da due parti, chiamate emisferi.
Ogni parte controlla attività diverse, ma in certi casi è necessaria la partecipazione di
entrambi.
Il controllo dei movimenti da parte del cervello funziona in maniera incrociata:
l’emisfero sinistro controlla il braccio e la gamba destri, mentre l’emisfero destro è
responsabile dei movimenti della parte sinistra del corpo.
L’emisfero sinistro è anche responsabile del linguaggio, nelle sue varie forme:
espressione, comprensione, lettura e scrittura.
Nella maggior parte dei casi, le persone adulte che subiscono danni all’emisfero sinistro
manifestano disturbi di linguaggio.
Una perdita totale o parziale del linguaggio dovuta a una lesione cerebrale
viene definita con il termine di “afasia”
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Approccio al paziente afasico
Cos’è l’afasia?
L’afasia è un disturbo di comunicazione generalmente causato da un ictus, cioè dal
mancato apporto di sangue al cervello. Quando la lesione coinvolge aree specializzate per
il linguaggio, generalmente localizzate nella metà sinistra del cervello, compare l’afasia.
Pensate a cosa accade quando una lampada non funziona più come prima; la spina è
ben collegata alla rete, la lampadina è a posto, ma la lampada a volte si accende, a volte
no.
Il problema è nel passaggio della corrente dalla rete alla lampada, è un problema di
collegamento: nell’afasia non è più garantito il collegamento fra parole e significati e,
quindi, la possibilità di esprimere i nostri pensieri.
Fra tutte le disabilità legate all’ictus, l’afasia è forse la più crudele perché isola
l’individuo, rimanendo invisibile agli occhi degli altri.
“La cosa che è cambiata in me…non era solo l’afasia…non potere parlare…era proprio
anche tutto legato. Io a un certo momento.. io dicevo mah… sapevo fare certe cose…
adesso no. Chi sono? Nessuno.. ecco questo senso di non essere nessuno.”
Un paziente afasico
Cosa non è l’afasia?
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Non è una malattia mentale o un disturbo psicologico
non è un disturbo dell’udito
non è un disturbo delle corde vocali
non è un disturbo di articolazione
non è un disturbo di ritmo del linguaggio (es: balbuzie)
non è mancanza di “volontà” da parte del paziente
Le cause dell’afasia
Le lesioni cerebrali che causano afasia possono essere dovute a varie cause:
 Disturbo cerebrovascolare (ictus, emorragia cerebrale)
 Trauma cranico (causato da cadute accidentali, incidenti stradali)
 Tumori
 Ascessi cerebrali (infezioni che si sviluppano all’interno del cranio)
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Il linguaggio delle persone afasiche
E’ raro trovare afasici che non capiscono o non dicono più niente. A seconda del tipo e
della gravità della lesione, i pazienti possono manifestare diversi problemi, anche associati.
 Spesso hanno l’impressione di conoscere molte parole pronunciate dall’interlocutore,
ma non sono in grado di capirle con certezza;
 hanno difficoltà a capire parole e frasi lunghe e complesse;
 utilizzano una parola al posto di un’altra, ad esempio,
 sostituendola con una appartenente alla stessa classe semantica: “tavolo” invece di
“sedia”,
 distorcendola fino al punto che la parola stessa non sia più riconoscibile: “ombello”
invece di “ombrello” o addirittura “cospivo” al posto di “lampada”;
 alcuni pazienti producono solo serie sillabiche senza senso (“di di di”), oppure parole
stereotipate (“perché”), oppure parole inesistenti (“posetti”), ripetute senza variazioni
in ogni situazione e con normale prosodia, come se parlassero normalmente;
 fanno fatica a costruire delle frasi complete (“l’acqua prima … l’acqua … sapone … pelle
… pennello … e dopo … macchinetta con lama …”) o al contrario producono frasi più o
meno lunghe, ma senza senso (“e questo cosa devo andare a scuola per questo, è un
angelo, cos’è, è un cenanchero, un tanghero che fa fumare”);
 non riescono a trovare le parole che dicono di avere “sulla punta della lingua”, a
evocare il nome di oggetti dei quali conoscono l’uso corretto, a chiamare i familiari con
il loro nome;
 hanno bisogno di molto tempo per recuperare le parole che vogliono esprimere; una
volta recuperate e magari anche ripetute parecchie volte, può loro capitare di perderle
di nuovo;
 alcuni afasici riescono a produrre solo forme di linguaggio automatico (saluti,
completamento di frasi, preghiere, parolacce, bestemmie …);
 la difficoltà comunicativa di questi pazienti non si limita al linguaggio orale, ma
coinvolge anche altre funzioni linguistiche quali la lettura, la scrittura e il calcolo.
“Mi portarono il giornale insieme alla colazione: il gesto di sempre, sul vassoio di
sempre. Lo presi per la forza della più innocente delle abitudini. Lo scrutai attentamente.
Vedevo le lettere, ma erano come disegni. Segni grafici senza significato. Vedevo
l’immagine delle singole lettere, ma messe insieme non significavano niente, non mi
dicevano niente. Le lettere mi confondevano la vista e l’immagine si perdeva.”
Da “ il tempo di Blanca” di Marcela Serrano
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Approccio al paziente afasico
Disturbi che possono accompagnare l’afasia
 Paralisi o paresi di una metà del corpo (di solito, la metà destra): emiparesi
 Ridotta sensibilità di una metà del corpo (di solito, la metà destra), che coinvolge
anche il volto e determina difficoltà a controllare la perdita di saliva
 Difficoltà di deglutizione: disfagia
 Limitazioni del campo visivo: emianopsia
 Rallentamento motorio: inerzia
 Difficoltà nella pianificazione ed esecuzione dei gesti quotidiani: aprassia
 Disturbi della memoria e dell’attenzione
 Fluttuazioni dell’umore, depressione, ansia
 Disturbi del riconoscimento di oggetti percepiti con il tatto, la vista, l’udito: agnosia
 Scarsa consapevolezza del disturbo linguistico e/o motorio: anosognosia
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Nell’ambito dei disturbi che possono accompagnare l’afasia, merita un approfondimento
la disfagia, cioè la difficoltà di deglutizione.
Questa, infatti, può essere presente nei pazienti colpiti da ictus e può avere una
evoluzione positiva spontanea, per cui, soprattutto nelle prime settimane, è importante
adottare opportune strategie alimentari e comportamentali per evitarne le complicanze.
E’ importante seguire le indicazioni dello specialista (medico foniatra) e del personale
sanitario, in relazione alla scelta della consistenza degli alimenti e alla densità delle
bevande.
Rammentare che, fra i liquidi, l’acqua è l’agente più a rischio, perché inodore e insapore,
ma è comunque quella meno pericolosa, se inalata, fra tutte le bevande.
Alimenti da evitare se è presente disfagia
 Gli alcolici
 Le minestrine con pastina
 Il minestrone con pezzi di verdura
 I legumi interi (piselli, fagioli, fave, lenticchie…)
 Le verdure fibrose (spinaci, fagiolini …)
 Le zuppe (pane o fette biscottate e latte, minestra con crostini....)
 Il riso
 La frutta secca
 In generale, i cibi a doppia consistenza, quelli cioè che hanno sia elementi liquidi che
solidi
Comportamenti facilitanti l’alimentazione
 Assicurarsi sempre che il paziente sia sufficientemente attento, interrompendo la
somministrazione di alimenti ai primi segni di stanchezza
 Il paziente deve mangiare seduto con comodo appoggio degli avambracci e piegare la
testa verso il torace durante la deglutizione
 Non deve parlare mentre mangia
 Deve mangiare lentamente e piccole quantità di cibo alla volta
 Deve evitare di consumare il pasto in ambienti rumorosi (sia per la presenza di altre
persone, che per la presenza della televisione o della radio), poiché possono distrarre il
paziente che deve invece concentrarsi sul pasto
 Ogni tanto, deve eseguire dei colpi di tosse, per eliminare l’eventuale
presenza di cibo in gola
 Somministrare l’acqua (se permessa) con un cucchiaino, per controllarne la quantità
 Bere (se permesso) solo alla fine del pasto
 Se possibile, somministrare i farmaci tritati e mescolati in un cibo semisolido
 Alla fine del pasto, rimanere in posizione seduta per almeno 20 minuti
 Non lasciare da solo il paziente quando consuma il pasto
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Approccio al paziente afasico
Come si cura l’afasia?
 L’afasia non è una malattia e non si può curare con i farmaci
 Esiste un margine di recupero spontaneo nei primi mesi successivi all’evento
 Dopo la diagnosi fatta dal medico, il logopedista valuta le abilità linguistiche e
comunicative residue, sia impiegando test appositamente studiati, sia utilizzando
l’osservazione diretta dei comportamenti comunicativi e, nel caso in cui ritenga
opportuno l’intervento riabilitativo, si occupa della programmazione e dell’attuazione
del trattamento stesso
Come facilitare la comunicazione con le persone afasiche?
 Assicurarsi di avere l’attenzione della persona afasica prima di iniziare a comunicare
con lui/lei
 sedersi di fronte alla persona afasica mentre gli si parla, in modo che possa vedere le
labbra e l’espressione del viso dell’interlocutore
 rivolgersi direttamente alla persona afasica, quando si deve comunicare su argomenti
relativi alla sua persona, e solo successivamente agli altri interlocutori
 non alzare la voce; l’afasico non è sordo e non è demente: l’uso di un tono di voce
troppo alto distorce il messaggio e provoca fastidio
 chiarire fin dal primo approccio con la persona afasica la propria figura professionale,
motivandone la presenza e spiegandone il ruolo
 agire con rispetto e sensibilità nei confronti della persona afasica; il timore di una
prognosi infausta unitamente alla perdita di autosufficienza favorisce la comparsa di
uno stato depressivo
 incoraggiare ogni tentativo di autonomia manifestato dalla persona afasica nelle sue
attività di vita quotidiana, suggerendo soluzioni pratiche ai problemi di comunicazione,
di deambulazione, di alimentazione e di igiene personale e in particolare incoraggiando
tutte le modalità comunicative (parola, scrittura, gesti, espressioni del volto)
 modificare il proprio modo di comunicare, adattandolo alle condizioni del nostro
interlocutore, ad esempio usando frasi brevi, ripetendo il proprio messaggio più volte,
parlando pacatamente, introducendo delle pause tra le frasi, segnalando in anticipo
ogni cambio di argomento
 evitare la visita alla persona afasica di parenti e amici, bensì fare in modo che ad
assisterlo siano sempre gli stessi (e pochi) familiari; la presenza al letto del paziente di
più persone (che finiscono per colloquiare tra loro escludendo l’afasico) crea tensione e
disorienta il paziente stesso; inoltre, nessuno auspicherebbe per se stesso la situazione
di mostrarsi a conoscenti, amici e parenti nelle condizioni in cui si trova il paziente
afasico.
Salvaguardiamo, dunque, non solo la salute, ma anche la dignità della persona
 evitare che l’ambiente in cui vive l’afasico sia rumoroso; infatti, il paziente anziano in
generale, ma l’afasico in particolare, subisce il disturbo dato da tutti i rumori ambientali
di sottofondo (tv accesa, ad esempio) che abbassano la sua soglia attentiva e, di
conseguenza, riducono la sua capacità comunicativa
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Approccio al paziente afasico
 non scandalizzarsi se la persona afasica si esprime con imprecazioni e parolacce, si
tratta di automatismi involontari non controllabili
 non spaventarsi per eventuali “reazioni catastrofiche”: l’afasico piange, si arrabbia,
rifiuta qualsiasi approccio. Si tratta di reazioni comuni e giustificabili: in tal caso,
l’atteggiamento migliore è quello di tranquillizzare e rasserenare il paziente
 è importante porre attenzione al contesto in cui si svolge la conversazione (i temi
trattati devono essere legati a una realtà immediatamente percepibile dalla persona
afasica) e alla struttura del discorso che deve essere chiara e comprensibile;
ad es. chiedendo all’afasico di sedersi per pranzare quando davanti a lui la tavola è
apparecchiata, si facilita la comprensione del messaggio con l’ausilio del contesto
 rispettare i tempi comunicativi del paziente, evitando di stimolarlo continuamente a
parlare, o parlando al suo posto, bensì aspettare la sua risposta alla richiesta fatta,
considerando il fatto che i suoi tempi possono essere più lunghi del normale.
Intervenire con aiuti solo se necessario e se richiesto dalla persona stessa
 rispettare il ritmo sonno-veglia del paziente, ha più bisogno di riposo che di
stimolazioni
 evitare di richiedere la ripetizione di parole o frasi da parte del paziente: la ripetizione è
un metodo di apprendimento, ma l’afasico non è un bambino che debba apprendere il
linguaggio, bensì un adulto che ha perso una competenza acquisita
 incoraggiare l’afasico a sviluppare, se necessario, un linguaggio non verbale utile a
comunicare i propri bisogni:
-come richiesta specifica, indicando con la mano gli oggetti su cui vuole attirare
l’attenzione o, se possibile, mimando le azioni,
-come risposta alla domanda dell’interlocutore, che non deve contenere una richiesta
multipla;
ad esempio, invece di chiedere “hai fame o sete?” è corretto formulare due richieste
separate del tipo “hai fame?” o “hai sete?” attendendo una risposta ad ogni singola
domanda, risposta che può essere espressa anche con il solo cenno del capo
 non rivolgersi a lui come se fosse un bambino (cantilene, uso di vezzeggiativi, ecc.) in
quanto si rischia di umiliarlo
 adottare una diversa modalità comportamentale in base alla capacità comunicativa del
paziente:
 se produce poche parole ma sufficientemente informative, cercare di ricostruire il
suo pensiero anche utilizzando domande a cui l’afasico possa rispondere si/no
(afasia non fluente: disturbo prevalentemente espressivo),
 se parla fluentemente, ma fornisce uno scarso contenuto comunicativo, cercare di
contenere la sua produzione bloccandola e cercare di capire il significato del
messaggio dalle espressioni del viso, dal tono della voce, dai gesti, trascurando le
parole senza senso e facendo domande mirate (afasia fluente: disturbo
prevalentemente di comprensione),
 se mostra una buona comprensione della lettura, utilizzare messaggi o parole scritti
 non pretendere che ogni parola sia prodotta correttamente, non fare troppe correzioni
sugli errori di pronuncia o grammaticali; l’importante è capire ciò che l’afasico vuole
dire.
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Approccio al paziente afasico
“C’è la televisione, che ho sempre odiato, e le visite, che detesto ancora di più. Hanno
tutti la tendenza a parlare più forte del normale, come se il fatto che io non possa
rispondere implichi che sono anche sorda. Parlano velocemente e forzatamente, non
reggono le mie risposte fatte di silenzi. Mi parlano con un tono falsamente entusiasta,
come se volessero convincermi che la vita va avanti come prima. Cercano di non venire da
soli, così è tutto più sopportabile. Si fanno domande e si danno risposte tra di loro. Ma la
cosa più tremenda è quando assumono toni di voce infantili, come se fossi regredita a
quello stato o fossi addirittura oligofrenica …”
Da “ il tempo di Blanca” di Marcela Serrano
“Per l’afasico non esiste nulla di analogo alle rampe per l’uso della sedia a rotelle. Senza
rampe per la comunicazione, l’afasico è escluso dalla vita sociale della comunità”
(Kagan, 1993)
Lo scopo di questo opuscolo è anche quello di invitare ciascuno di noi a
diventare una sorta di “rampa comunicativa” per la persona afasica.
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U.O. Recupero e Rieducazione Funzionale - Rimini
P.S. i testi di questo opuscolo sono liberamente tratti da:
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“Manuale di Neuropsicologia” a cura di Denes - Pizzamiglio
“La riabilitazione neuropsicologica” a cura di Mazzucchi A.
“L’afasia: un problema invisibile” a cura di Associazione Alias
“L’afasia: una malattia della famiglia” a cura di Associazione Alias
“L’afasia, che cos’è” a cura di Comunità Svizzera di lavoro per l’Afasia
“Consigli pratici per l’assistenza al paziente afasico” a cura di Maria Teresa Scarpa
“Approccio al paziente afasico: aspetti assistenziali” a cura di S.Troiani
“Il rapporto tra infermiere e paziente afasico”, in Rivista dell’infermiere a cura di

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“La disfagia: un quadro multidisciplinare” a cura di Oskar e Antonio Schindler
“Comportamento non verbale e comunicazione” a cura di Ricci Bitti & Cortesi
“La comunicazione non verbale” a cura di Bonaiuto & Maricchiolo
“Il corpo e il suo linguaggio” a cura di Argyle M.
“La comunicazione come processo sociale”, a cura di Ricci Bitti & Zani

Bonazzi S.
Per informazioni:
Unità Operativa di Recupero e Rieducazione Funzionale
Ospedale “Infermi” di Rimini
Segreteria: tel. 0541/705222
Logopedista Fiammetta Battisti: tel. 0541/705185
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