C.I.R.S.F.I.D
Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Research Centre of History of Law,
Philosophy and Sociology of Law,
Computer Science and Law
Elementi di deontologia forense
Principi e problemi
legati al mezzo informatico
1
Aspetti critici
-
Divieto di pubblicità.
Il sito internet dello studio.
Le consulenze on line.
Incompatibilità con attività di giornalista
professionista.
2
Deontologia forense, professione di avvocato ed
internet
Processo di trasformazione della professione forense, avviato
dai recenti interventi normativi.
- Posizione dell'Unione europea sulle professioni intellettuali,
ritenute assoggettabili alla normativa sulle attività
d'impresa nel settore dei servizi intellettuali.
- Da ultimo, la Direttiva sul commercio elettronico, n.
2000/31/CE dell'8 giugno 2000, all'art. 8, dedicato alle
"Professioni regolamentate", impegna gli Stati europei a
provvedere "affinché sia autorizzato l'impiego di
comunicazioni commerciali che costituiscono un
servizio della società dell'informazione o ne sono parte,
fornite da chi esercita una professione regolamentata"
3
Deontologia forense, professione di avvocato ed
internet
L'Ordine degli Avvocati di Milano, il 2 ottobre 2000, ha fornito
alcune importanti interpretazioni, in materia di consulenze
legali on line.
Internet è stato definito come "vero e proprio luogo di
incontro cui ciascuno può accedere tramite il proprio
computer".
Il superiore principio è coerente con l'attuale processo di
trasformazione della professione forense, avviato dai recenti
interventi normativi.
Nel succitato parere del Consiglio dell'Ordine di Milano venivano
evidenziati i 2 più frequenti quesiti che interessano la materia in
oggetto:
1) apertura di un "sito Internet" da parte degli avvocati;
2) offerta di consulenza cosiddetta "on-line".
4
Deontologia forense, professione di avvocato ed
internet
In relazione al sito internet il Consiglio ha ritenuto opportuno ribadire
alcuni punti, e in particolare:
a) non può essere consentita l'indicazione nominativa dei clienti,
neppure nel caso esista il loro consenso;
b) quanto alle "specializzazioni", si ricorda che non può il collega autoattribuirsi qualificazioni positive che non derivino da titoli di studio
(laurea) o di carriera universitaria (titolare di cattedra in materia
giuridica).
E' consentito all’avvocato indicare i settori del diritto nei quali opera
prevalentemente (esempio: civile, penale, amministrativo, tributario,
fallimentare, diritto del lavoro ecc.), evitando peraltro un'elencazione di
tutto lo scibile e di tutte le "materie", che costituirebbe vanteria
reclamistica da evitare.
5
Deontologia forense, professione di avvocato ed
internet
•
Assai più delicato il problema di cui al punto 2: consulenze on line
•
Esso si riferisce a una situazione esplosa negli ultimi anni e in relazione alla quale
non è possibile trovare una specifica disciplina nel codice deontologico né
specifiche decisioni o pareri da parte dei vari consigli dell'ordine.
•
E’ da tenere presente innanzitutto che caratteristica di Internet è l'aver creato un
vero e proprio "luogo di incontro" cui ciascuno può accedere tramite il proprio
computer, ma tale contatto, così come l'eventuale successivo negozio che ne derivi
(sia esso di compravendita, di mandato, di consulenza professionale), scaturisce
sempre da un'iniziativa dell'utente
•
Sotto questo punto di vista, da ritenersi essenziale, il CDO ritiene che l'offerta
di consulenza "via Internet" debba essere tenuta distinta dalla pubblicità
vietata dal codice deontologico, in quanto la pubblicità prevede un'esibizione
del prodotto, del servizio reclamizzato, tramite manifesti o tramite mezzi di
comunicazione di massa (giornali, radio, tv), esibizione che è imposta, spesso
(come negli spot televisivi), in modo disturbante a chi su quel veicolo cerca
tutt'altro.
6
Deontologia forense, professione di avvocato ed
internet
Sotto questo profilo ritiene il CDO che, una volta entrato in vigore l'articolo
17 del codice deontologico, nel rispetto dei principi di correttezza, lealtà
e soprattutto di decoro professionale, che non possono subire variazioni
nel tempo, l'offerta di consulenze legali via Internet non
rappresenti qualcosa di radicalmente diverso rispetto, per
esempio, all'invio, certamente deontologicamente lecito nei
limiti di cui si è già detto, di brochures, posto che queste non
sono altro che una vera e propria dichiarazione di disponibilità
(e di volontà) del collega, che le invia, a essere contattato dai nuovi
clienti, per offrire loro la propria consulenza legale.
Che poi quest'ultima avvenga personalmente, a mezzo telefono,
lettera, fax o e-mail, appare a questo consiglio assolutamente
indifferente da un punto di vista deontologico.
7
Deontologia forense, professione di avvocato ed
internet
Resta invece da escludersi la possibilità di consulenza da
parte di colleghi tramite "siti Internet" gestiti da
terzi ("società di servizi", associazioni ecc...).
Naturalmente deve, a maggior ragione, essere
scrupolosamente rispettata la dignità professionale e il
divieto di accaparramento di clientela.
E, dunque, da una parte devono essere evitate "vanterie"
sulla rapidità o qualità della consulenza, sulle
percentuali di vittorie delle cause, così come ogni "garanzia
di risultato"; è da ritenersi vietata l'offerta di consulenze
gratuite, ma anche l'indicazione specifica delle tariffe che si
intendono applicare, salvo le stesse non si sostanzino in un
semplice richiamo a quelle forensi in vigore.
8
La posizione del Consiglio dell’Ordine milanese
• In conclusione, le consulenze legali on line e le informazioni
sull'attività degli studi legali, contenute in uno strumento qual è Internet,
non costituiscono illecito disciplinare, sulla base dell'attuale codice
deontologico, anzi, esse si pongono in assoluta coerenza con
l'evoluzione della professione forense, come risulta dalla normativa
comunitaria.
• A supporto di questa ultima argomentazione, arriva, finalmente, una
specifica disposizione da parte del Consiglio Nazionale Forense Italiano,
che nella recente seduta del 26/10/2002 ha recepito tutte le superiori
disposizioni (!!!).
• Invero, in tale seduta il CNF ha disciplinato e modificato l'art. 17 del
codice deontologico forense rendendo così pacifica e regolare la
consulenza a mezzo internet.
9
Il codice deontologico forense
Approvato dal Consiglio Nazionale
Forense nella seduta del 17 aprile 1997
con modifiche introdotte il 26 ottobre
2002
10
Il codice deontologico forense
ART. 17. - Informazioni sull’esercizio
professionale.
È consentito all’avvocato dare informazioni
sulla propria attività professionale, secondo
correttezza e verità, nel rispetto della dignità
e del decoro della professione e degli
obblighi di segretezza e di riservatezza.
11
Il codice deontologico forense
L’informazione è data con l’osservanza delle disposizioni che
seguono.
I - Quanto ai mezzi di informazione:
A) Devono ritenersi consentiti:
– i mezzi ordinari (carta da lettere, biglietti da visita, targhe);
– le brochures informative (opuscoli, circolari) inviate anche
a mezzo posta a soggetti determinati (è da escludere la
possibilità di proporre questionari o di consentire risposte
prepagate);
– gli annuari professionali, le rubriche, le riviste giuridiche, i
repertori e i bollettini con informazioni giuridiche (ad es. con
l’aggiornamento delle leggi e della giurisprudenza);
– i rapporti con la stampa (secondo quanto stabilito dall’art.
18 del codice deontologico forense);
12
Il codice deontologico forense
– i siti web e le reti telematiche (Internet),
purché propri dell’avvocato o di studi legali
associati o di società di avvocati, nei limiti
della informazione, e previa segnalazione al
Consiglio dell’ordine.
Con riferimento ai siti già esistenti l’avvocato è
tenuto a procedere alla segnalazione al
Consiglio dell’ordine di appartenenza entro
120 giorni.
13
Il codice deontologico forense
B) Devono ritenersi vietati:
– i mezzi televisivi e radiofonici (televisione e radio);
– i giornali (quotidiani e periodici) e gli annunci pubblicitari in genere;
– i mezzi di divulgazione anomali e contrari al decoro (distribuzione di
opuscoli o carta da lettere o volantini a collettività o a soggetti
indeterminati, nelle cassette delle poste o attraverso depositi in luoghi
pubblici o distribuzione in locali, o sui parabrezza delle auto, o negli
ospedali, nelle carceri e simili, attraverso cartelloni pubblicitari,
testimonial, e così via);
– le sponsorizzazioni;
– le telefonate di presentazione e le visite a domicilio non
specificatamente richieste;
– l’utilizzazione di Internet per offerta di servizi e consulenze
gratuite, in proprio o su siti di terzi.
C) Devono ritenersi consentiti se preventivamente approvati dal Consiglio
dell’ordine (in relazione alla modalità e finalità previste): – i seminari e i
convegni organizzati direttamente dagli studi professionali.
14
Il codice deontologico forense
II - Quanto ai contenuti della informazione:
A) Sono consentiti e possono essere indicati i seguenti dati:
– i dati personali necessari (nomi, indirizzi, anche web, numeri di
telefono e fax e indirizzi di posta elettronica, dati di nascita e di
formazione del professionista, fotografie, lingue conosciute, articoli e
libri pubblicati, attività didattica, onorificenze, e quant’altro relativo alla
persona, limitatamente a ciò che attiene all’attività professionale
esercitata);
– le informazioni dello studio (composizione, nome dei fondatori anche
defunti, attività prevalenti svolte, numero degli addetti, sedi secondarie,
orari di apertura);
– l’indicazione di un logo;
– l’indicazione della certificazione di qualità (l’avvocato che intenda fare
menzione di una certificazione di qualità deve depositare presso il
Consiglio dell’ordine il giustificativo della certificazione in corso di
validità e l’indicazione completa del certificatore e del campo di
applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato).
15
Il codice deontologico forense
B) È consentita inoltre l’utilizzazione della rete Internet e del sito
web per l’offerta di consulenza, nel rispetto dei seguenti
obblighi:
– indicazione dei dati anagrafici, p. Iva e Consiglio dell’ordine di
appartenenza;
– impegno espressamente dichiarato al rispetto del codice
deontologico, con la riproduzione del testo, ovvero con la
precisazione dei modi o mezzi per consentirne il reperimento o la
consultazione;
– indicazione della persona responsabile;
– specificazione degli estremi della eventuale polizza assicurativa, con
copertura riferita anche alle prestazioni on-line e indicazione
dei massimali;
– indicazione delle vigenti tariffe professionali per la
determinazione dei corrispettivi.
16
Il codice deontologico forense
C) Devono ritenersi vietati:
– i dati che riguardano terze persone;
– i nomi dei clienti (il divieto deve ritenersi sussistente anche con il
consenso dei clienti);
– le specializzazioni (salvo le specifiche ipotesi previste dalla legge);
– i prezzi delle singole prestazioni (è vietato pubblicare
l’annuncio che la prima consultazione è gratuita);
– le percentuali delle cause vinte o l’esaltazione dei meriti;
– il fatturato individuale o dello studio;
– le promesse di recupero;
– l’offerta comunque di servizi (in relazione a quanto disposto dall’art.
19 del codice deontologico – divieto di accaparramento di clientela - ).
III - È consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto,
che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo
lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal
senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi.
17
Il decreto Bersani
Testo del decreto-legge coordinato con la legge di conversione
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 dell'11 agosto 2006 - Supplemento
Ordinario n. 183
(*) Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri
corsivi
TITOLO I
MISURE URGENTI PER LO SVILUPPO, LA CRESCITA E LA PROMOZIONE DELLA
CONCORRENZA E DELLA COMPETITIVITA', PER LA TUTELA DEI
CONSUMATORI E PER LA LIBERALIZZAZIONE DI SETTORI PRODUTTIVI.
Art. 2.
Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi
professionali
1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà
di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti
un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione
delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente
decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che
prevedono con riferimento alle attività libero professionali e
intellettuali:
a) l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire
compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti;
18
Il decreto Bersani
b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa
i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche
del servizio offerto, nonche' il prezzo e i costi complessivi delle
prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del
messaggio il cui rispetto e' verificato dall'ordine;
c) il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo
interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni
tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo
all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il
medesimo professionista non può partecipare a più di una
società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o
più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria
personale responsabilità.
19
Il decreto Bersani
3. Le disposizioni deontologiche e pattizie e i
codici di autodisciplina che contengono le
prescrizioni di cui al comma 1 sono
adeguate, anche con l'adozione di misure a
garanzia della qualità delle prestazioni
professionali, entro il 1° gennaio 2007. In
caso di mancato adeguamento, a decorrere
dalla medesima data le norme in contrasto
con quanto previsto dal comma 1 sono in
ogni caso nulle.
20
Società multiprofessionali
Quindi da oggi anche gli avvocati
potranno costituire società
multiprofessionali in aggregazione con
altri professionisti.
Il che significa che insieme alla
consulenza legale il cliente potrà avere
anche quella economica e quella
“d’immagine”
21
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
Consiglio Nazionale Forense
Roma, 4 settembre 2006
Osservazioni sulla interpretazione e applicazione del d.l.
4 luglio 2006, n. 223 (in G.U. n. 153 del 4 luglio 2006),
coordinato con la l. di conversione 4 agosto 2006, n. 248
(in G.U. n. 186 dell’11 agosto 2006 – Suppl. Ord. n. 183)
recante: «Disposizioni urgenti per il rilancio economico
e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della
spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e
di contrasto all’evasione fiscale».
22
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
La nuova disciplina – al di là delle sue connotazioni di
politica istituzionale e di politica del diritto, oltre che
di carattere strutturale che investono direttamente
la nostra professione – involge aspetti civilistici e
aspetti deontologici riguardanti tra l’altro la
determinazione del compenso professionale, il
patto di quota lite, la pubblicità informativa, le
associazioni e le società professionali.
23
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
La nuova disciplina dovrebbe avere natura transitoria, tenendo
conto di tre fattori:
(i) le prossime pronunce della Corte di Giustizia europea
riguardanti la legittimità delle tariffe obbligatorie quale
compenso per l’attività stragiudiziale forense e la legittimità del
divieto della libera negoziazione del compenso professionale
forense;
(ii) l’eventuale pronuncia della Corte costituzionale, ove essa
fosse investita della questione di costituzionalità dell’art. 1 della
l. di conversione e dell’art. 2 del decreto legge in epigrafe;
(iii) l’esito del processo di riforma della disciplina forense, che si
avvierà con la ripresa autunnale dinanzi alle Camere, con gli
esponenti governativi, anche sulla base degli esiti del Congresso
di Roma.
24
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
2. Norme legislative e norme deontologiche
La premessa dell’analisi muove da un presupposto fondamentale: la coesistenza
di norme di legge e di norme deontologiche; le norme di legge possono
abrogare norme deontologiche (come quelle forensi) aventi natura di norme
primarie, ma di origine consuetudinaria; in ogni caso, anche se si potesse
sostenere la loro equiparazione totale, si dovrebbe applicare il principio della
posteriorità della nuova disciplina rispetto alla normativa deontologica (che data,
nella sua ultima versione, dal 27 gennaio 2006).
Le due categorie di norme non sono però tra loro sovrapponibili, in quanto la
legge ordinaria, come quella in esame, ha effetti erga omnes, mentre le norme
deontologiche riguardano soltanto i soggetti esercenti l’attività professionale
forense.
In più, le norme deontologiche, per loro natura, possono essere più restrittive
delle norme ordinarie, in quanto riflettono valori etici il cui ambito di
applicazione può essere più ampio di quello della norma ordinaria.
25
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
4. Disciplina delle tariffe professionali
Dal Decreto Bersani deriva che gli accordi relativi ai compensi
professionali dal punto di vista civilistico possono essere svincolati dalle
tariffe fisse o minime (art.2 c.1 lett.a)), mentre rimangono in vigore le
tariffe massime.
Il fatto che le tariffe minime non siano più “obbligatorie” non esclude
che – sempre civilisticamente parlando – le parti contraenti possano
concludere un accordo con riferimento alle tariffe come previste dal
D.M.
26
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
Tuttavia, nel caso in cui l’avvocato concluda patti che prevedano un
compenso inferiore al minimo tariffario, pur essendo il patto legittimo
civilisticamente, esso può risultare in contrasto con gli artt. 5 e 43 c. II
del codice deontologico in quanto il compenso irrisorio, non adeguato,
al di sotto della soglia ritenuta minima, lede la dignità dell’avvocato e si
discosta dall’art. 36 Cost (retribuzione proporzionata).
Poiché la nuova disciplina si occupa soltanto delle tariffe fisse o minime,
restano in vigore le disposizioni che riguardano le tariffe massime (con
le ipotesi in cui esse possono essere derogate in aumento).
Anche in questo caso le deroghe debbono essere effettuate mediante
patto scritto e non possono implicare un compenso sproporzionato.
27
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
Ai sensi dell’art. 2 c. 1 lett.a) del decreto convertito è possibile parametrare il compenso al
< raggiungimento degli obiettivi perseguiti>.
La formula un po’ ellittica dovrebbe significare che all’avvocato si può riconoscere da parte
del cliente un premio, proporzionato ai risultati conseguiti.
L’art. 45 c. I consente un aumento del compenso, giustificato dal risultato conseguito e in
limiti ragionevoli.
Pertanto la formula legislativa può considerarsi omologa a quella del codice deontologico.
Entro il 1 gennaio 2007 dovrà essere modificato il disposto dell’art. 43 c.V del codice
dentologico, essendo già ora legittimo civilisticamente concordare onorari forfettari per le
prestazioni continuative in caso diverso dalla consulenza e dall’assistenza stragiudiziale.
In ogni caso, lo si ripete, anche dopo il 1 gennaio 2007, sarà possibile sindacare il
comportamento deontologico, ai sensi degli artt. 5 e 43 c. II del codice , se il compenso sia
sproporzionato all’impegno.
28
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
7. Pubblicità informativa
La cornice entro la quale le altre disposizioni del decreto
convertito che riguardano la disciplina della professione
forense si debbono leggere dal punto di vista deontologico è
sempre data dall’art 5 del codice (probità, dignità e decoro),
dall’art.6 (lealtà e correttezza) dall’art.9 (segretezza e
riservatezza), dall’art.17 (informazioni sull’attività del
professionista), dall’art. 17 bis (mezzi di informazione
consentiti), dall’art. 18 (rapporti con la stampa) dall’art. 19
(accaparramento di clientela) e dall’art.20 (uso di
espressioni sconvenienti od offensive).
Delle disposizioni deontologiche sopra richiamate (artt.
29
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
Già gli artt. 17 e 17 bis consentono l’ informazione ( che nel d.l. prende il
nome di pubblicità informativa).
“(…) nel gergo del marketing la pubblicità informativa riguarda due
aspetti che possono investire l’esercizio dell’attività forense: la pubblicità
istituzionale, inerente al soggetto che la promuove, e la pubblicità che ha
lo scopo di informare il pubblico delle caratteristiche del servizio prestato.
E comunque usandosi l’espressione “pubblicità” ci si riferisce alla
disciplina prevista dalla l. n. 287 del 1990, e succ. integrazioni, che
sanziona il messaggio ingannevole.
Quanto alla pubblicità istituzionale, già ora è consentito esibire i titoli che
sono appropriati all’esercizio professionale, sempreché non siano
decettivi (ingannevoli).
30
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
Si possono esibire i diplomi di specializzazione (in quanto le “specializzazioni”
di cui parla il d.l. debbono essere riferite a qualificazioni professionali
ottenute mediante regolare procedura, là dove le singole professioni lo
prevedano), mentre non si può utilizzare l’espressione “specializzazione”
per indicare i settori e le materie di attività prevalente; occorre indicare
allora non il termine “specializzazione”, ma altro termine non decettivo.
Vi è quindi perfetta coincidenza tra questo aspetto del d.l. e il codice
deontologico.
Quanto alle “caratteristiche del servizio offerto” è difficile pensare a
messaggi informativi che non facciano riferimento alla diligenza
professionale.
E’ lo stesso legislatore che sollecita gli Ordini a vigilare perché il
messaggio indichi con trasparenza e veridicità .
31
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
Il d.l. in esame non fa cenno né alla pubblicità comparativa (che
pure si era affacciata in precedenti progetti di riforma delle
professioni) né ai mezzi pubblicitari.
Pertanto, restano confermate le disposizioni del codice
deontologico che vietano la pubblicità comparativa e quelle
che prevedono restrizioni in materia di mezzi utilizzati.
Non è ammesso l’uso di mezzi disdicevoli, che
contrastino con gli artt. 5, 17,17 bis, 18, 19, come gli
organi di stampa, la radio e la televisione, l’affissione di
cartelli negli esercizi commerciali, nei luoghi pubblici,
etc..
32
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
Particolare attenzione dovrà essere prestata dagli Ordini all’utilizzazione di Internet,
dove già ora, come in una selvaggia prateria, circolano messaggi di ogni tipo,
altamente reprensibili, quali l’associazione di nomi di professionisti al server,
oppure l’uso di informazioni sulla legislazione e sulla giurisprudenza per farsi
pubblicità, etc..
Si tratta – per dirlo con le stesse parole del testo in esame – di pubblicità non
informativa, non trasparente e quindi non ammissibile.
Non è neppure ammessa la pubblicità che si ottiene mediante insegne che non
rispondano ai criteri di correttezza e dignità.
Anche i luoghi ove si svolge la professione (nulla dicendo al riguardo il
decreto) possono essere sindacati deontologicamente: l’avvocato non
può esercitare in un supermercato, in un esercizio commerciale aperto
al pubblico sulla pubblica via, etc..
Resta in ogni caso in vigore il divieto di accaparramento della clientela.
33
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
ART. 19. - Divieto di accaparramento di clientela. – È vietata
l’offerta di prestazioni professionali a terzi e in genere ogni
attività diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, a mezzo di
agenzie o procacciatori o altri mezzi illeciti.
I L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro
soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro
compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente.
II Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o di
prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di
vantaggi per ottenere difese o incarichi
34
La posizione del Consiglio Nazionale Forense –
Le società professionali multidisciplinari
Anche gli avvocati possono partecipare a società professionali
multidisciplinari nella forma della società di persone,
disciplinate dal codice civile, non essendo di ostacolo il divieto,
da ritenersi tuttora vigente, di esercitare attività commerciali,
stabilito dall’art. 3 dell’ordinamento professionale, perché tali
società eserciterebbero una “impresa civile”, che secondo
parte della giurisprudenza e della dottrina, rappresenterebbe un
tertium genus rispetto a quella dell’impresa commerciale e di
quella agricola.
35
La posizione del Consiglio Nazionale
Forense
• Tale norma, peraltro, non ha reale portata innovativa riguardo
alle associazioni tra professionisti, poiché già l’art. 1 della legge
23.11.1939, n. 1815, contempla la possibilità di associazioni
professionali tra esercenti professioni diverse, con la sola
precisazione che i soggetti partecipi della associazione devono
usare nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti coi
terzi, esclusivamente la dizione di "studio tecnico, legale,
commerciale, contabile, amministrativo o tributario", seguita dal
nome e cognome, coi titoli professionali, dei singoli associati.
• Anzi, la nuova normativa ha un’apparente portata
abrogativa che è più restrittiva della norma contenuta
nell’art. 24, comma 2, in quanto ammette società
professionali multidisciplinari costituite soltanto nella
forma delle società di persone.
36
Incompatibilità con professione di
giornalista professionista
La legge professionale (art. 3 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578), prevede
alcune ipotesi di incompatibilità che impediscono l'esercizio della
professione di avvocato.
L'esercizio della professione forense è incompatibile con qualunque
impiego retribuito (a eccezione dei professori ed assistenti delle
università e dei professori degli istituti secondari dello Stato se
insegnino materie giuridiche), con l'esercizio in nome proprio o
altrui di attività di commercio (comprese pertanto la qualità di
socio delle società di persone e le cariche di amministratore
delle persone giuridiche), con l'esercizio delle professione
di notaio, di giornalista professionista, di mediatore, di
agente di cambio.
37
Incompatibilità con professione di
giornalista professionista
L’esercizio della professione in situazione di
incompatibilità costituisce infrazione
disciplinare e può altresì costituire ipotesi
di reato.
La mancata comunicazione al Consiglio di una
sopravvenuta situazione di incompatibilità
costituisce infrazione disciplinare e può
integrare gli estremi di reato.
38
Incompatibilità con professione di
giornalista professionista
• Il giornalista pubblicista è colui che
svolge attività giornalistica non
occasionale e retribuita anche se
esercita altre professioni o impieghi
(legge 69/1963, art. 1, IV comma).
• È una categoria professionale prevista
dalla legge italiana, e facente parte
dell'Ordine professionale dei giornalisti.
39
Incompatibilità con professione di
giornalista professionista
• La Corte di Cassazione il 2 aprile 1971 ha definito con
precisione la differenza tra giornalista pubblicista e
giornalista professionista affermando la professionalità
esclusiva del secondo, mentre il primo, pur svolgendo
anch'egli attività non occasionale e retribuita, potrebbe
svolgere anche altre professioni. Il giornalista pubblicista
non può perciò fregiarsi del titolo di "giornalista
professionista" (e viceversa, naturalmente), e, a differenza
del giornalista professionista che può definirsi "giornalista",
deve indicare la tipologia. È comunque a tutti gli effetti un
giornalista.
• I giornalisti pubblicisti sono iscritti ad un apposito elenco
dell'albo dei giornalisti, a cui si può accedere dopo aver
svolto un'attività giornalistica non occasionale e retribuita
per almeno due anni.
40
Incompatibilità con professione di
giornalista professionista
La professione di avvocato
NON E’ INCOMPATIBILE CON QUELLA DI
GIORNALISTA PUBBLICISTA
41
Scarica

Il codice deontologico forense - CIRSFID