C.I.R.S.F.I.D Alma Mater Studiorum Università di Bologna Research Centre of History of Law, Philosophy and Sociology of Law, Computer Science and Law Elementi di deontologia forense Principi e problemi legati al mezzo informatico 1 Aspetti critici - Divieto di pubblicità. Il sito internet dello studio. Le consulenze on line. Incompatibilità con attività di giornalista professionista. 2 Deontologia forense, professione di avvocato ed internet Processo di trasformazione della professione forense, avviato dai recenti interventi normativi. - Posizione dell'Unione europea sulle professioni intellettuali, ritenute assoggettabili alla normativa sulle attività d'impresa nel settore dei servizi intellettuali. - Da ultimo, la Direttiva sul commercio elettronico, n. 2000/31/CE dell'8 giugno 2000, all'art. 8, dedicato alle "Professioni regolamentate", impegna gli Stati europei a provvedere "affinché sia autorizzato l'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata" 3 Deontologia forense, professione di avvocato ed internet L'Ordine degli Avvocati di Milano, il 2 ottobre 2000, ha fornito alcune importanti interpretazioni, in materia di consulenze legali on line. Internet è stato definito come "vero e proprio luogo di incontro cui ciascuno può accedere tramite il proprio computer". Il superiore principio è coerente con l'attuale processo di trasformazione della professione forense, avviato dai recenti interventi normativi. Nel succitato parere del Consiglio dell'Ordine di Milano venivano evidenziati i 2 più frequenti quesiti che interessano la materia in oggetto: 1) apertura di un "sito Internet" da parte degli avvocati; 2) offerta di consulenza cosiddetta "on-line". 4 Deontologia forense, professione di avvocato ed internet In relazione al sito internet il Consiglio ha ritenuto opportuno ribadire alcuni punti, e in particolare: a) non può essere consentita l'indicazione nominativa dei clienti, neppure nel caso esista il loro consenso; b) quanto alle "specializzazioni", si ricorda che non può il collega autoattribuirsi qualificazioni positive che non derivino da titoli di studio (laurea) o di carriera universitaria (titolare di cattedra in materia giuridica). E' consentito all’avvocato indicare i settori del diritto nei quali opera prevalentemente (esempio: civile, penale, amministrativo, tributario, fallimentare, diritto del lavoro ecc.), evitando peraltro un'elencazione di tutto lo scibile e di tutte le "materie", che costituirebbe vanteria reclamistica da evitare. 5 Deontologia forense, professione di avvocato ed internet • Assai più delicato il problema di cui al punto 2: consulenze on line • Esso si riferisce a una situazione esplosa negli ultimi anni e in relazione alla quale non è possibile trovare una specifica disciplina nel codice deontologico né specifiche decisioni o pareri da parte dei vari consigli dell'ordine. • E’ da tenere presente innanzitutto che caratteristica di Internet è l'aver creato un vero e proprio "luogo di incontro" cui ciascuno può accedere tramite il proprio computer, ma tale contatto, così come l'eventuale successivo negozio che ne derivi (sia esso di compravendita, di mandato, di consulenza professionale), scaturisce sempre da un'iniziativa dell'utente • Sotto questo punto di vista, da ritenersi essenziale, il CDO ritiene che l'offerta di consulenza "via Internet" debba essere tenuta distinta dalla pubblicità vietata dal codice deontologico, in quanto la pubblicità prevede un'esibizione del prodotto, del servizio reclamizzato, tramite manifesti o tramite mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, tv), esibizione che è imposta, spesso (come negli spot televisivi), in modo disturbante a chi su quel veicolo cerca tutt'altro. 6 Deontologia forense, professione di avvocato ed internet Sotto questo profilo ritiene il CDO che, una volta entrato in vigore l'articolo 17 del codice deontologico, nel rispetto dei principi di correttezza, lealtà e soprattutto di decoro professionale, che non possono subire variazioni nel tempo, l'offerta di consulenze legali via Internet non rappresenti qualcosa di radicalmente diverso rispetto, per esempio, all'invio, certamente deontologicamente lecito nei limiti di cui si è già detto, di brochures, posto che queste non sono altro che una vera e propria dichiarazione di disponibilità (e di volontà) del collega, che le invia, a essere contattato dai nuovi clienti, per offrire loro la propria consulenza legale. Che poi quest'ultima avvenga personalmente, a mezzo telefono, lettera, fax o e-mail, appare a questo consiglio assolutamente indifferente da un punto di vista deontologico. 7 Deontologia forense, professione di avvocato ed internet Resta invece da escludersi la possibilità di consulenza da parte di colleghi tramite "siti Internet" gestiti da terzi ("società di servizi", associazioni ecc...). Naturalmente deve, a maggior ragione, essere scrupolosamente rispettata la dignità professionale e il divieto di accaparramento di clientela. E, dunque, da una parte devono essere evitate "vanterie" sulla rapidità o qualità della consulenza, sulle percentuali di vittorie delle cause, così come ogni "garanzia di risultato"; è da ritenersi vietata l'offerta di consulenze gratuite, ma anche l'indicazione specifica delle tariffe che si intendono applicare, salvo le stesse non si sostanzino in un semplice richiamo a quelle forensi in vigore. 8 La posizione del Consiglio dell’Ordine milanese • In conclusione, le consulenze legali on line e le informazioni sull'attività degli studi legali, contenute in uno strumento qual è Internet, non costituiscono illecito disciplinare, sulla base dell'attuale codice deontologico, anzi, esse si pongono in assoluta coerenza con l'evoluzione della professione forense, come risulta dalla normativa comunitaria. • A supporto di questa ultima argomentazione, arriva, finalmente, una specifica disposizione da parte del Consiglio Nazionale Forense Italiano, che nella recente seduta del 26/10/2002 ha recepito tutte le superiori disposizioni (!!!). • Invero, in tale seduta il CNF ha disciplinato e modificato l'art. 17 del codice deontologico forense rendendo così pacifica e regolare la consulenza a mezzo internet. 9 Il codice deontologico forense Approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997 con modifiche introdotte il 26 ottobre 2002 10 Il codice deontologico forense ART. 17. - Informazioni sull’esercizio professionale. È consentito all’avvocato dare informazioni sulla propria attività professionale, secondo correttezza e verità, nel rispetto della dignità e del decoro della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza. 11 Il codice deontologico forense L’informazione è data con l’osservanza delle disposizioni che seguono. I - Quanto ai mezzi di informazione: A) Devono ritenersi consentiti: – i mezzi ordinari (carta da lettere, biglietti da visita, targhe); – le brochures informative (opuscoli, circolari) inviate anche a mezzo posta a soggetti determinati (è da escludere la possibilità di proporre questionari o di consentire risposte prepagate); – gli annuari professionali, le rubriche, le riviste giuridiche, i repertori e i bollettini con informazioni giuridiche (ad es. con l’aggiornamento delle leggi e della giurisprudenza); – i rapporti con la stampa (secondo quanto stabilito dall’art. 18 del codice deontologico forense); 12 Il codice deontologico forense – i siti web e le reti telematiche (Internet), purché propri dell’avvocato o di studi legali associati o di società di avvocati, nei limiti della informazione, e previa segnalazione al Consiglio dell’ordine. Con riferimento ai siti già esistenti l’avvocato è tenuto a procedere alla segnalazione al Consiglio dell’ordine di appartenenza entro 120 giorni. 13 Il codice deontologico forense B) Devono ritenersi vietati: – i mezzi televisivi e radiofonici (televisione e radio); – i giornali (quotidiani e periodici) e gli annunci pubblicitari in genere; – i mezzi di divulgazione anomali e contrari al decoro (distribuzione di opuscoli o carta da lettere o volantini a collettività o a soggetti indeterminati, nelle cassette delle poste o attraverso depositi in luoghi pubblici o distribuzione in locali, o sui parabrezza delle auto, o negli ospedali, nelle carceri e simili, attraverso cartelloni pubblicitari, testimonial, e così via); – le sponsorizzazioni; – le telefonate di presentazione e le visite a domicilio non specificatamente richieste; – l’utilizzazione di Internet per offerta di servizi e consulenze gratuite, in proprio o su siti di terzi. C) Devono ritenersi consentiti se preventivamente approvati dal Consiglio dell’ordine (in relazione alla modalità e finalità previste): – i seminari e i convegni organizzati direttamente dagli studi professionali. 14 Il codice deontologico forense II - Quanto ai contenuti della informazione: A) Sono consentiti e possono essere indicati i seguenti dati: – i dati personali necessari (nomi, indirizzi, anche web, numeri di telefono e fax e indirizzi di posta elettronica, dati di nascita e di formazione del professionista, fotografie, lingue conosciute, articoli e libri pubblicati, attività didattica, onorificenze, e quant’altro relativo alla persona, limitatamente a ciò che attiene all’attività professionale esercitata); – le informazioni dello studio (composizione, nome dei fondatori anche defunti, attività prevalenti svolte, numero degli addetti, sedi secondarie, orari di apertura); – l’indicazione di un logo; – l’indicazione della certificazione di qualità (l’avvocato che intenda fare menzione di una certificazione di qualità deve depositare presso il Consiglio dell’ordine il giustificativo della certificazione in corso di validità e l’indicazione completa del certificatore e del campo di applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato). 15 Il codice deontologico forense B) È consentita inoltre l’utilizzazione della rete Internet e del sito web per l’offerta di consulenza, nel rispetto dei seguenti obblighi: – indicazione dei dati anagrafici, p. Iva e Consiglio dell’ordine di appartenenza; – impegno espressamente dichiarato al rispetto del codice deontologico, con la riproduzione del testo, ovvero con la precisazione dei modi o mezzi per consentirne il reperimento o la consultazione; – indicazione della persona responsabile; – specificazione degli estremi della eventuale polizza assicurativa, con copertura riferita anche alle prestazioni on-line e indicazione dei massimali; – indicazione delle vigenti tariffe professionali per la determinazione dei corrispettivi. 16 Il codice deontologico forense C) Devono ritenersi vietati: – i dati che riguardano terze persone; – i nomi dei clienti (il divieto deve ritenersi sussistente anche con il consenso dei clienti); – le specializzazioni (salvo le specifiche ipotesi previste dalla legge); – i prezzi delle singole prestazioni (è vietato pubblicare l’annuncio che la prima consultazione è gratuita); – le percentuali delle cause vinte o l’esaltazione dei meriti; – il fatturato individuale o dello studio; – le promesse di recupero; – l’offerta comunque di servizi (in relazione a quanto disposto dall’art. 19 del codice deontologico – divieto di accaparramento di clientela - ). III - È consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi. 17 Il decreto Bersani Testo del decreto-legge coordinato con la legge di conversione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 dell'11 agosto 2006 - Supplemento Ordinario n. 183 (*) Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri corsivi TITOLO I MISURE URGENTI PER LO SVILUPPO, LA CRESCITA E LA PROMOZIONE DELLA CONCORRENZA E DELLA COMPETITIVITA', PER LA TUTELA DEI CONSUMATORI E PER LA LIBERALIZZAZIONE DI SETTORI PRODUTTIVI. Art. 2. Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali 1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: a) l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; 18 Il decreto Bersani b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonche' il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto e' verificato dall'ordine; c) il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità. 19 Il decreto Bersani 3. Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l'adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle. 20 Società multiprofessionali Quindi da oggi anche gli avvocati potranno costituire società multiprofessionali in aggregazione con altri professionisti. Il che significa che insieme alla consulenza legale il cliente potrà avere anche quella economica e quella “d’immagine” 21 La posizione del Consiglio Nazionale Forense Consiglio Nazionale Forense Roma, 4 settembre 2006 Osservazioni sulla interpretazione e applicazione del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (in G.U. n. 153 del 4 luglio 2006), coordinato con la l. di conversione 4 agosto 2006, n. 248 (in G.U. n. 186 dell’11 agosto 2006 – Suppl. Ord. n. 183) recante: «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale». 22 La posizione del Consiglio Nazionale Forense La nuova disciplina – al di là delle sue connotazioni di politica istituzionale e di politica del diritto, oltre che di carattere strutturale che investono direttamente la nostra professione – involge aspetti civilistici e aspetti deontologici riguardanti tra l’altro la determinazione del compenso professionale, il patto di quota lite, la pubblicità informativa, le associazioni e le società professionali. 23 La posizione del Consiglio Nazionale Forense La nuova disciplina dovrebbe avere natura transitoria, tenendo conto di tre fattori: (i) le prossime pronunce della Corte di Giustizia europea riguardanti la legittimità delle tariffe obbligatorie quale compenso per l’attività stragiudiziale forense e la legittimità del divieto della libera negoziazione del compenso professionale forense; (ii) l’eventuale pronuncia della Corte costituzionale, ove essa fosse investita della questione di costituzionalità dell’art. 1 della l. di conversione e dell’art. 2 del decreto legge in epigrafe; (iii) l’esito del processo di riforma della disciplina forense, che si avvierà con la ripresa autunnale dinanzi alle Camere, con gli esponenti governativi, anche sulla base degli esiti del Congresso di Roma. 24 La posizione del Consiglio Nazionale Forense 2. Norme legislative e norme deontologiche La premessa dell’analisi muove da un presupposto fondamentale: la coesistenza di norme di legge e di norme deontologiche; le norme di legge possono abrogare norme deontologiche (come quelle forensi) aventi natura di norme primarie, ma di origine consuetudinaria; in ogni caso, anche se si potesse sostenere la loro equiparazione totale, si dovrebbe applicare il principio della posteriorità della nuova disciplina rispetto alla normativa deontologica (che data, nella sua ultima versione, dal 27 gennaio 2006). Le due categorie di norme non sono però tra loro sovrapponibili, in quanto la legge ordinaria, come quella in esame, ha effetti erga omnes, mentre le norme deontologiche riguardano soltanto i soggetti esercenti l’attività professionale forense. In più, le norme deontologiche, per loro natura, possono essere più restrittive delle norme ordinarie, in quanto riflettono valori etici il cui ambito di applicazione può essere più ampio di quello della norma ordinaria. 25 La posizione del Consiglio Nazionale Forense 4. Disciplina delle tariffe professionali Dal Decreto Bersani deriva che gli accordi relativi ai compensi professionali dal punto di vista civilistico possono essere svincolati dalle tariffe fisse o minime (art.2 c.1 lett.a)), mentre rimangono in vigore le tariffe massime. Il fatto che le tariffe minime non siano più “obbligatorie” non esclude che – sempre civilisticamente parlando – le parti contraenti possano concludere un accordo con riferimento alle tariffe come previste dal D.M. 26 La posizione del Consiglio Nazionale Forense Tuttavia, nel caso in cui l’avvocato concluda patti che prevedano un compenso inferiore al minimo tariffario, pur essendo il patto legittimo civilisticamente, esso può risultare in contrasto con gli artt. 5 e 43 c. II del codice deontologico in quanto il compenso irrisorio, non adeguato, al di sotto della soglia ritenuta minima, lede la dignità dell’avvocato e si discosta dall’art. 36 Cost (retribuzione proporzionata). Poiché la nuova disciplina si occupa soltanto delle tariffe fisse o minime, restano in vigore le disposizioni che riguardano le tariffe massime (con le ipotesi in cui esse possono essere derogate in aumento). Anche in questo caso le deroghe debbono essere effettuate mediante patto scritto e non possono implicare un compenso sproporzionato. 27 La posizione del Consiglio Nazionale Forense Ai sensi dell’art. 2 c. 1 lett.a) del decreto convertito è possibile parametrare il compenso al < raggiungimento degli obiettivi perseguiti>. La formula un po’ ellittica dovrebbe significare che all’avvocato si può riconoscere da parte del cliente un premio, proporzionato ai risultati conseguiti. L’art. 45 c. I consente un aumento del compenso, giustificato dal risultato conseguito e in limiti ragionevoli. Pertanto la formula legislativa può considerarsi omologa a quella del codice deontologico. Entro il 1 gennaio 2007 dovrà essere modificato il disposto dell’art. 43 c.V del codice dentologico, essendo già ora legittimo civilisticamente concordare onorari forfettari per le prestazioni continuative in caso diverso dalla consulenza e dall’assistenza stragiudiziale. In ogni caso, lo si ripete, anche dopo il 1 gennaio 2007, sarà possibile sindacare il comportamento deontologico, ai sensi degli artt. 5 e 43 c. II del codice , se il compenso sia sproporzionato all’impegno. 28 La posizione del Consiglio Nazionale Forense 7. Pubblicità informativa La cornice entro la quale le altre disposizioni del decreto convertito che riguardano la disciplina della professione forense si debbono leggere dal punto di vista deontologico è sempre data dall’art 5 del codice (probità, dignità e decoro), dall’art.6 (lealtà e correttezza) dall’art.9 (segretezza e riservatezza), dall’art.17 (informazioni sull’attività del professionista), dall’art. 17 bis (mezzi di informazione consentiti), dall’art. 18 (rapporti con la stampa) dall’art. 19 (accaparramento di clientela) e dall’art.20 (uso di espressioni sconvenienti od offensive). Delle disposizioni deontologiche sopra richiamate (artt. 29 La posizione del Consiglio Nazionale Forense Già gli artt. 17 e 17 bis consentono l’ informazione ( che nel d.l. prende il nome di pubblicità informativa). “(…) nel gergo del marketing la pubblicità informativa riguarda due aspetti che possono investire l’esercizio dell’attività forense: la pubblicità istituzionale, inerente al soggetto che la promuove, e la pubblicità che ha lo scopo di informare il pubblico delle caratteristiche del servizio prestato. E comunque usandosi l’espressione “pubblicità” ci si riferisce alla disciplina prevista dalla l. n. 287 del 1990, e succ. integrazioni, che sanziona il messaggio ingannevole. Quanto alla pubblicità istituzionale, già ora è consentito esibire i titoli che sono appropriati all’esercizio professionale, sempreché non siano decettivi (ingannevoli). 30 La posizione del Consiglio Nazionale Forense Si possono esibire i diplomi di specializzazione (in quanto le “specializzazioni” di cui parla il d.l. debbono essere riferite a qualificazioni professionali ottenute mediante regolare procedura, là dove le singole professioni lo prevedano), mentre non si può utilizzare l’espressione “specializzazione” per indicare i settori e le materie di attività prevalente; occorre indicare allora non il termine “specializzazione”, ma altro termine non decettivo. Vi è quindi perfetta coincidenza tra questo aspetto del d.l. e il codice deontologico. Quanto alle “caratteristiche del servizio offerto” è difficile pensare a messaggi informativi che non facciano riferimento alla diligenza professionale. E’ lo stesso legislatore che sollecita gli Ordini a vigilare perché il messaggio indichi con trasparenza e veridicità . 31 La posizione del Consiglio Nazionale Forense Il d.l. in esame non fa cenno né alla pubblicità comparativa (che pure si era affacciata in precedenti progetti di riforma delle professioni) né ai mezzi pubblicitari. Pertanto, restano confermate le disposizioni del codice deontologico che vietano la pubblicità comparativa e quelle che prevedono restrizioni in materia di mezzi utilizzati. Non è ammesso l’uso di mezzi disdicevoli, che contrastino con gli artt. 5, 17,17 bis, 18, 19, come gli organi di stampa, la radio e la televisione, l’affissione di cartelli negli esercizi commerciali, nei luoghi pubblici, etc.. 32 La posizione del Consiglio Nazionale Forense Particolare attenzione dovrà essere prestata dagli Ordini all’utilizzazione di Internet, dove già ora, come in una selvaggia prateria, circolano messaggi di ogni tipo, altamente reprensibili, quali l’associazione di nomi di professionisti al server, oppure l’uso di informazioni sulla legislazione e sulla giurisprudenza per farsi pubblicità, etc.. Si tratta – per dirlo con le stesse parole del testo in esame – di pubblicità non informativa, non trasparente e quindi non ammissibile. Non è neppure ammessa la pubblicità che si ottiene mediante insegne che non rispondano ai criteri di correttezza e dignità. Anche i luoghi ove si svolge la professione (nulla dicendo al riguardo il decreto) possono essere sindacati deontologicamente: l’avvocato non può esercitare in un supermercato, in un esercizio commerciale aperto al pubblico sulla pubblica via, etc.. Resta in ogni caso in vigore il divieto di accaparramento della clientela. 33 La posizione del Consiglio Nazionale Forense ART. 19. - Divieto di accaparramento di clientela. – È vietata l’offerta di prestazioni professionali a terzi e in genere ogni attività diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, a mezzo di agenzie o procacciatori o altri mezzi illeciti. I L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente. II Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o di prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi 34 La posizione del Consiglio Nazionale Forense – Le società professionali multidisciplinari Anche gli avvocati possono partecipare a società professionali multidisciplinari nella forma della società di persone, disciplinate dal codice civile, non essendo di ostacolo il divieto, da ritenersi tuttora vigente, di esercitare attività commerciali, stabilito dall’art. 3 dell’ordinamento professionale, perché tali società eserciterebbero una “impresa civile”, che secondo parte della giurisprudenza e della dottrina, rappresenterebbe un tertium genus rispetto a quella dell’impresa commerciale e di quella agricola. 35 La posizione del Consiglio Nazionale Forense • Tale norma, peraltro, non ha reale portata innovativa riguardo alle associazioni tra professionisti, poiché già l’art. 1 della legge 23.11.1939, n. 1815, contempla la possibilità di associazioni professionali tra esercenti professioni diverse, con la sola precisazione che i soggetti partecipi della associazione devono usare nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti coi terzi, esclusivamente la dizione di "studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario", seguita dal nome e cognome, coi titoli professionali, dei singoli associati. • Anzi, la nuova normativa ha un’apparente portata abrogativa che è più restrittiva della norma contenuta nell’art. 24, comma 2, in quanto ammette società professionali multidisciplinari costituite soltanto nella forma delle società di persone. 36 Incompatibilità con professione di giornalista professionista La legge professionale (art. 3 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578), prevede alcune ipotesi di incompatibilità che impediscono l'esercizio della professione di avvocato. L'esercizio della professione forense è incompatibile con qualunque impiego retribuito (a eccezione dei professori ed assistenti delle università e dei professori degli istituti secondari dello Stato se insegnino materie giuridiche), con l'esercizio in nome proprio o altrui di attività di commercio (comprese pertanto la qualità di socio delle società di persone e le cariche di amministratore delle persone giuridiche), con l'esercizio delle professione di notaio, di giornalista professionista, di mediatore, di agente di cambio. 37 Incompatibilità con professione di giornalista professionista L’esercizio della professione in situazione di incompatibilità costituisce infrazione disciplinare e può altresì costituire ipotesi di reato. La mancata comunicazione al Consiglio di una sopravvenuta situazione di incompatibilità costituisce infrazione disciplinare e può integrare gli estremi di reato. 38 Incompatibilità con professione di giornalista professionista • Il giornalista pubblicista è colui che svolge attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercita altre professioni o impieghi (legge 69/1963, art. 1, IV comma). • È una categoria professionale prevista dalla legge italiana, e facente parte dell'Ordine professionale dei giornalisti. 39 Incompatibilità con professione di giornalista professionista • La Corte di Cassazione il 2 aprile 1971 ha definito con precisione la differenza tra giornalista pubblicista e giornalista professionista affermando la professionalità esclusiva del secondo, mentre il primo, pur svolgendo anch'egli attività non occasionale e retribuita, potrebbe svolgere anche altre professioni. Il giornalista pubblicista non può perciò fregiarsi del titolo di "giornalista professionista" (e viceversa, naturalmente), e, a differenza del giornalista professionista che può definirsi "giornalista", deve indicare la tipologia. È comunque a tutti gli effetti un giornalista. • I giornalisti pubblicisti sono iscritti ad un apposito elenco dell'albo dei giornalisti, a cui si può accedere dopo aver svolto un'attività giornalistica non occasionale e retribuita per almeno due anni. 40 Incompatibilità con professione di giornalista professionista La professione di avvocato NON E’ INCOMPATIBILE CON QUELLA DI GIORNALISTA PUBBLICISTA 41