Relazione tecnica relativa al lavoro svolto nel
quadro del progetto “Giovani 14”
a cura di Paolo Barcella*
Le bombarde facevano il loro dovere [...] tutto
andava allaria l'artiglieria con i suoi
meravigliosi tiri di cannone martellava tutto
snidava le caverne in cui erano ben nascosti i
loro cannoni e le mitragliatrici il fuoco sempre
durava era un vero inferno di ferro e di fuoco
proiettili di tutti i calibri bombe lanciate dalle
nostre bombarde passavano per laria
fischiando come una locomotiva con fragore di
grandi freni in piena velocità. Gli apparecchi
tornano dopo lungo bombardamento a scuillare
di nuovo cessate il fuoco allora si vede la nostra
fanteria e bersaglieri con grande fermezza come
se andassero ad una festa lanciarsi pieni di
coraggio guidati dagli Ufficiali lanciarsi
allassalto il nemico che sempre era stato finora
silenzioso a dovuto uscire per forza [Dalla
storia di Giovanni Battista Fantina, soldato,
Lecco].
Il progetto Giovani 14 (1914-2014) ha coinvolto un gruppo di ricercatori incaricati
dai musei che hanno deciso di partecipare alle sue attività. Si tratta in particolare
di: Paolo Barcella per il Museo Storico di Bergamo, Maurizio Mondini e Mariella
Annibale per i Musei Civici di Brescia Brescia, Raffaella Poltronieri per Cremona,
Sara Stefanoni per il Museo Storico di Lecco, Costanza Bertolotti per i Musei Civici
di Mantova, Gregorio Taccola per il Museo del Risorgimento di Milano e Andrea
Pozzetta per i Musei Civici di Pavia.
La prima parte del progetto ha visto i ricercatori impegnati nel censimento delle
fonti conservate dagli archivi e dalle biblioteche delle loro rispettive provincie, e
relative alla storia dei soldati che hanno combattuto durante la Prima guerra
mondiale. Sono state distinte anzitutto le fonti edite e le fonti inedite.
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Le fonti inedite a cui si è prestata attenzione sommavano tipologie diverse di
documenti: la corrispondenza privata, in particolare lettere e cartoline; i diari; le
fotografie; e, infine, tutti i diversi documenti che sono stati conservati nei faldoni
personali e capaci di dare informazioni circa la vita e la morte di un soldato (un
esempio: la comunicazione del decesso alla famiglia, che spesso giungeva
attraverso il cappellano militare). Ogni genere di materiali inedito è stato preso in
considerazione nel corso del censimento.
Tra le fonti edite, invece, si sono considerati gli opuscoli e i volumi prodotti dai
comuni delle provincie in occasione delle commemorazioni, oppure da storici
locali. Non si sono prese in considerazione le pubblicazioni di storici e di editori
nazionali presenti nei diversi circuiti bibliotecari o le opere di carattere storico in
senso proprio, come, per esempio, i lavori di Antonio Gibelli o Fabio Caffarena. Una
breve sintesi storiografica è stata preparata solo dal sottoscritto, coordinatore dei
ricercatori. I volumi editi consultati e inventariati dai ricercatori erano solo quindi
le produzioni locali conservate nelle biblioteche e negli archivi provinciali.
Al termine del censimento, ogni ricercatore ha redatto un rapporto e descritto la
situazione degli archivi e dei centri visitati, spiegando quali e quanti faldoni o
volumi erano presenti e indicando sommariamente i loro contenuti.
Il rapporto doveva tenere conto di tutta la documentazione relativa ai soldati della
Grande Guerra reperita negli archivi di ogni singola provincia, indipendentemente
dall’origine dei soldati. Per esempio, quando il ricercatore di Bergamo ha
individuato presso gli archivi provinciali documenti relativi a soldati bresciani, è
stato suo compito tenere conto di quei documenti nel rapporto.
Nel corso della seconda parte del lavoro ogni ricercatore si è impegnato nella
produzione di un numero massimo di 30 storie di vita di soldati della sua
provincia, ricostruite a partire dai faldoni, dagli scambi epistolari, dai documenti
archivistici (o qualora fossero di particolare interesse e rilevanza, anche dalle
piccole pubblicazioni locali) che avesse consultato. Ogni scheda prodotta doveva
contenere i dati anagrafici del soggetto, la tipologia di fonti esistenti sul medesimo,
la descrizione del fondo in cui sono state reperite, l’indicazione di documenti
particolarmente significativi ai fini della redazione della storia di vita.
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Le storie scritte da ciascuno dovevano riguardare solo i soldati della provincia
relativa. In questo senso, per esempio, quando durante la sua ricerca l’incaricata di
Cremona è risalita a documentazione interessante conservata nell’archivio di
Brescia ma riguardante un soldato cremonese, l’ha adoperata come fonte per una
delle
sue
storie
di
vita,
pur
non
essendo
tenuta
a
indicarla
nel
rapporto/censimento delle fonti della sua provincia.
Per quanto riguarda i criteri adottati nella selezione dei soldati di cui scrivere una
storia di vita, si è deciso di evitare di raccontare solo vicende analoghe, dove le
uniche variabili fossero i dati anagrafici o i luoghi in cui i soldati avevano
vissuto/combattuto. Anche alla luce degli sviluppi didattici successivi del progetto
Giovani 14 (previsti tra le attività dei musei nel 2014), si è pensato di scegliere
storie differenti, allo scopo di descrivere l’oggetto “Soldati nella Prima guerra
mondiale” in tutta la complessità dei profili e delle tipologie di percorsi in cui gli
stessi soldati sono stati coinvolti. In questo modo si è offerto uno spaccato
dell’esperienza nel suo insieme, restituendo un’immagine delle truppe che
permette di comprenderne la composizione sociale. Non si è trattato, ovviamente,
di selezionare i soggetti secondo delle proporzioni che avrebbero richiesto
riferimenti quantitativi di partenza che i ricercatori non erano tenuti ad avere, ma
semplicemente di lavorare sulle trenta storie con la sensibilità e l’attenzione
necessarie per scegliere soggetti con vicende diverse, che mettessero in evidenza
analogie e differenze tra i percorsi possibili.
In questo modo, si sono raccontate: storie di giovani intellettuali e di giovani
studenti; storie di giovani operai e di giovani contadini poco alfabetizzati; soldati
che hanno vissuto e combattuto in trincea; soldati rimasti prigionieri o gravemente
feriti, ricoverati negli ospedali da campo e negli ospedali militari nelle retrovie;
soldati caduti in battaglia o deceduti in ospedale per ferite di guerra o altre cause
derivanti dal servizio; patrioti convinti della bontà della guerra così come disertori,
volontari appassionati fino all’ultimo alla causa nazionale e volontari sempre più
disillusi e amareggiati dalla realtà del conflitto. Le storie documentano anche i
differenti modi di ritornare alla vita civile da parte dei sopravvissuti: qualcuno
tornò semplicemente al suo lavoro; altri si impegnarono in associazioni come
l’Associazione Alpini, animando le attività di commemorazione della Grande
Guerra e contribuendo all’elaborazione dei suoi miti; altri ancora si impegnarono
3
nella vita politica o sindacale; qualcuno, ancora, si arruolò nella Milizia Volontaria
per la Sicurezza Nazionale, prese parte alla guerra d’Etiopia o si arruolò nelle
brigate partigiane dopo il 1943.
Tutta la documentazione prodotta sarà usata come base per costruire delle azioni
educative da rivolgersi ad un pubblico di giovani nel corso del secondo anno di
attuazione (2013-2014).
In allegato tre documenti: una breve introduzione storiografica, a cura di chi
scrive, utile per comprendere quali siano il senso di questa ricerca e la cornice di
studi in cui si colloca; i censimenti delle fonti di tutte le province e due esempi di
storie di vita prodotti da ciascun ricercatore (dove, nelle storie, mancano dati
anagrafici è perché gli stessi non sono più reperibili).
* Paolo Barcella (Bergamo, 1979), incaricato dell’attività di coordinamento dei ricercatori per il
progetto Giovani 14 dalla responsabile scientifica dott.ssa De Martini Gigliola, è docente a contratto
di Storia contemporanea e Storia dell’America del Nord presso l’Università di Bergamo. Si è
dottorato con un progetto di ricerca in co-tutela tra l’Università di Genova e l’Università di Losanna,
studiando i percorsi degli emigrati italiani in Svizzera, attraverso le fonti orali e le scritture di gente
comune. Si occupa di storia delle migrazioni italiane e delle comunità svizzere in Italia, di storia
sociale dell’Alta Lombardia e di movimenti e culture xenofobe in Europa. Ha pubblicato articoli in
riviste e volumi collettanei, e ha realizzato i volumi: Migranti in classe. Gli italiani in Svizzera tra
scuola e formazione professionale, Ombre Corte, in corso di stampa; «Venuti qui per cercare lavoro».
Gli emigrati italiani nella Svizzera del secondo dopoguerra, Fondazione Pellegrini Canevascini,
Bellinzona, 2012; Emigrati italiani e Missioni cattoliche in Svizzera (1945-1975), Ecig, Genova, 2012;
Donne, chiesa e lavoro in una comunità bergamasca. A proposito del filatoio di San Paolo d’Argon,
Bolis, Bergamo, 2011.
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Allegati - Progetto “Giovani '14”
Allegato A
Introduzione storiografica
A cura di Paolo Barcella
Gli osservatori più attenti si resero conto della portata che la Prima guerra
mondiale avrebbe avuto, e del fatto che avrebbe rappresentato un punto di svolta
nel quadro della storia dell’umanità, quando la stessa si stava ancora combattendo.
Le interpretazioni del conflitto trovavano nelle sue cause il nodo cruciale attorno al
quale differenziarsi.
I marxisti che mantenevano uno sguardo internazionalista vedevano nel
capitalismo il vero responsabile. Lenin, per esempio, nel suo L’imperialismo fase
suprema del capitalismo (1916) sostenne che la guerra fosse l’esito naturale della
competizione tra le superpotenze europee per spartirsi le materie prime, mercati e
le aree di influenza nel mondo. Rosa Luxemburg, ancora, a guerra ancora in corso
sosteneva nella sua Anticritica che l’imperialismo fosse “l’ultimo capitolo del
procedere storico del capitalismo” verso l’espansione, dal momento che, per la sua
stessa logica, non poteva darsi sistema capitalista in equilibrio, essendo il
medesimo fondato sulla logica del profitto sempre crescente. Negli stessi anni,
invece, in Francia e Gran Bretagna si diffondevano le tesi contrastanti degli autori
riconducibili al cosiddetto “paradigma democratico”: in quest’ottica la guerra non
sarebbe da imputare a responsabilità politiche o economiche delle potenze
dell’Intesa, ma solamente all’avidità e all’aggressività degli Imperi Centrali.
Negli anni Venti dominarono il dibattito le tesi dello wilsonismo, che facevano
dipendere il conflitto dagli assetti internazionali e dalla diplomazia segreta che
avevano diviso l’Europa dalla seconda metà dell’Ottocento. Occorrerà attendere
Pierre Renouvin e la sua opera La crise européenne e la première guerre
5
mondiale per avere una diversa articolazione delle responsabilità. Secondo questo
autore, infatti, l’intervento militare tedesco nei Balcani aveva scopi limitati ma gli
errori e le negligenze della diplomazia francese, rea di avere cercato ad ogni modo
la rivincita sulla Germania dopo la guerra franco-prussiana, ne determinarono
l’accerchiamento e quindi la reazione militare. Renouvin rinnoverà gli studi sulla
Grande Guerra anche dal lato delle fonti: oltre ai documenti delle diplomazie
europee, cercherà infatti di tenere conto delle “forze profonde”, ossia dei
cambiamenti di lungo corso nella psicologia collettiva e delle tendenze di fondo
dell’economia.
Dopo la Seconda guerra mondiale, si sviluppò la tendenza a interpretare la Guerra
concentrandosi sulle vicende interne a ogni stato e tenendo conto di quanto
sarebbe successo nel trentennio ad essa successivo. Fritz Fischer in Assalto al
potere mondiale: la Germania nella guerra 1914-1918 (1961) sostenne che la
strategia aggressiva manifestata dalla Germania nel corso della Prima guerra
discendesse dal periodo di Otto von Bismark e che fosse la conseguenza degli
assetti politici determinati dal conflitto franco-prussiano. Sentitasi accerchiata, la
Germania avrebbe sperimentato una progressiva svolta conservatrice e autoritaria
in politica interna, a cui sarebbero seguiti i propositi egemonici sull’intero
continente. Secondo Fischer, l’ingresso in guerra fu un atto deliberato e la sua
volontà di potenza sarebbe poi proseguita nel Nazismo, concepito come estremo
sviluppo dei piani espansionistici della Germania guglielmina.
I militari e la politica nella Germania moderna (1954-1968) di Gerhard Ritter
ha ribaltato il punto di vista di Fischer. Ritter ha attenuato la rilevanza delle
pressioni esterne e delle gerarchie militari sui governi tedeschi, sostenendo
insieme che l’autoritarismo caratterizzasse tutte le nazioni europee, quindi
parimenti responsabili del conflitto.
Tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta anche il dibattito sul primo conflitto
mondiale risentì del clima da guerra fredda. Studiosi come Geoffrey Barraclough
(Guida alla storia contemporanea, 1964), Arno Mayer (Il potere dell’ancien
régime fino alla prima guerra mondiale, 1984) ed Eric Hobsbawm (L’età degli
imperi, 1987) proposero proprie letture dell’evento, adoperando categorie e
teorie di ispirazione marxista. Secondo Barraclough le rivalità coloniali sarebbero
state il vero fattore da cui ebbe origine il conflitto. Mayer ha letto la Prima guerra
mondiale come il canto del cigno delle vecchie aristocrazie europee, mentre
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Hobsbawm ha posto l’attenzione sul peso del settore militare e industriale di tutti i
paesi coinvolti nello scontro. In questo stesso filone si collocano due lavori
prodotti quando la guerra fredda era già conclusa, ossia Grossmachtsellung und
Weltpolitik (1993) di Wolfang Mommsen e La verità taciuta (1999) di Niall
Ferguson. Mentre il primo ha rimesso al centro del discorso le tensioni interne alla
Germania tra Otto e Novecento, il secondo ha avanzato una teoria provocatoria,
secondo cui la Gran Bretagna avrebbe commesso un errore esiziale nel decidere di
partecipare al conflitto e, quindi, di infliggere alla Germania le pesanti sanzioni che
sarebbero poi state alle origini del Nazionalsocialismo e del secondo conflitto
mondiale.
Un altro filone di studi ha invece continuato a lavorare sulle cause scatenanti, sul
1914 e sulle dinamiche che ne sono scaturite. James Joll (Le origini della Prima
guerra mondiale, 1984), per esempio, pur assegnando un ruolo centrale alla
politica di Guglielmo II, ha individuato una pluralità di fenomeni che avrebbero
provocato la crisi e la conseguente radicalizzazione bellica: rivalità imperiali,
competizione economica, sistema delle alleanze e diffusa cultura militarista. Gian
Enrico Rusconi (Rischio 1914, 1987), anch’egli attento ai meccanismi politici che
avrebbero portato alla guerra, ha applicato invece ai suoi studi sulla Prima guerra
mondiale alcune categorie politologiche frequentemente adottate per descrivere la
guerra fredda: dilemma della sicurezza, politica coercitiva, strategia del rischio.
Infine, John Keegan (La prima guerra mondiale, 1999) ha sostenuto
l’inevitabilità del conflitto rimettendo al centro dell’analisi storiografica sulla
Grande Guerra i documenti diplomatici e in particolare il Piano Schlieffen (redatto
nel 1905, quel piano prendeva il nome dal capo di stato tedesco e rivela il tentativo
da parte della Germania di mandare avanti un conflitto armato su due fronti, uno a
est contro la Russia e uno a ovest contro Gran Bretagna e Francia).
A partire dalla fine degli anni Sessanta, si è quindi sviluppato un nuovo filone
interpretativo che intendeva analizzare i mutamenti introdotti dalla guerra nella
psicologia di massa. Nel 1968, Alberto Monticone ed Enzo Forcella pubblicavano
Plotone d’esecuzione che si presentava come una sorta di traiettoria sui processi
in cui erano imputati soldati accusati di disfattismo e di rivolta. Due anni più tardi
Mario Isnenghi inaugurava gli studi sulla mentalità e la cultura europea come
paradigma interpretativo delle vicende belliche (Il mito della Grande Guerra da
Marinetti a Malaparte, 1970). Esaminando il rapporto tra intellettuali ed
7
esperienza bellica, nonché facendo leva su un vasto coacervo di fonti letterarie,
narrative e memorialistiche, Isnenghi fa emergere il disprezzo della classe
intellettuale italiana nei confronti delle vecchie istituzioni liberali. Questo
fenomeno avrebbe dato impulso alla campagna propagandistica volta a
coinvolgere le masse nell’adesione al conflitto. Con La Grande Guerra e la
memoria moderna (1975) Peter Fussell ampliava l’orizzonte di queste ricerche,
facendo del conflitto il paradigma e il momento costritutivo della memoria. La
guerra si sarebbe affermata come la prima reale esperienza di massa della
modernità. Con essa si sarebbero alimentati i miti e i rituali individualistici, il
disprezzo per la vita, il ricorso alla violenza e alla contrapposizione dicotomica
amico/nemico che ha favorito lo sviluppo delle ideologie nazionaliste. La
tecnologizzazione, tratto fondamentale della Grande Guerra, avrebbe imposto a
sua volta una sconnessione rispetto al passato che avrebbe favorito la sua
rimozione e, contestualmente, l’emersione di tendenze al misticismo. Per Fussell la
guerra avrebbe rappresentato il vero spartiacque di un mondo in trasformazione.
Al termine del conflitto sarebbero risultate stravolte le coordinate concettuali,
linguistiche, mentali e normative precedenti.
Pochi anni dopo Fussell, Eric Leed ha confermato alcune delle sue tesi di fondo
nell’opera Terra di nessuno (1979). Per Leed l’esperienza dei soldati al fronte ha
fatto sì che la guerra generasse una sorta di comunità socialmente separata dal
resto del mondo. Il soldato non avrebbe vissuto l’evento bellico, ma lo avrebbe
subito, favorendo quella serie di nevrosi alle origini delle difficoltà di
reinserimento nella società. Quelle disfunzioni che non sarebbero una disfunzione
della modernità, ma ne costituirebbero per certi versi la cifra, il tratto
caratterizzante rispetto alle stagioni precedenti. Proprio sul rapporto tra la nevrosi
e la guerra si è sviluppato un ulteriore filone di ricerche che non solo ha studiato
gli effetti del conflitto sui soldati, ma si è concentrata sui cambiamenti interni alle
discipline che si occupavano di cura della mente. La guerra avrebbe favorito la
diffusione stessa del paradigma psicoanalitico, dal momento che le nevrosi ad essa
connesse avevano favorito una visione del disagio mentale come prodotto di un
conflitto interno al soggetto sviluppato a partire delle sue condizioni di vita e,
quindi, non più riconducibile a una base organica. Gli interessanti studi di Bruna
Bianchi hanno illustrato i nessi tra diserzione e malattia mentale, la complessità
del discorso che riguarda le reclusioni nelle carceri militari e i ricoveri negli
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ospedali psichiatrici (La follia e la fuga. Nevrosi di guerra, diserzione e
disobbedienza nell’esercito italiano 1915-1918, 2001). Le interpretazioni di
questi autori aiutano a spiegare le difficoltà di reinserimento nella società dei
soldati di ritorno dal fronte. Difficoltà da cui sarebbero scaturiti gli ulteriori
conflitti e le tensioni pace/guerra alle origini delle formazioni paramilitari di
estrema destra sorte negli anni immediatamente successivi.
Un’attenuazione del carattere cesurale della Prima guerra mondiale è invece
venuto dall’opera di George Mosse (Le guerre mondiali dalla tragedia al mito
dei caduti, 1990). Secondo questo autore, si sarebbero mantenuti elementi di
continuità culturale sia prima che dopo il conflitto. La nobilitazione del sacrificio
avrebbe avuto una funzione esorcizzante rispetto alle sofferenze e alla morte di
massa. La memoria della guerra sarebbe così stata rimodellata in un’esperienza
sociale compatibile con una nuova profondità di sentimento religioso che aveva i
suoi antecedenti in altre epoche: le figure simboliche della santità bellica e del
martirio, sarebbero stati alimentati dal mito del volontario militare formatosi nel
corso della Rivoluzione Francese. Il mito dell’esperienza di guerra si evidenzia nel
cameratismo, nella virilità del combattimento e nella santificazione della morte
come espressione del martirio. Il milite ignoto, giovane e virile, sarebbe stato il
simbolo di questa brutalizzazione dell’umanità ridotta al rango di uno
spersonalizzato soggetto di massa smarrito e violento.
Un ulteriore direzione di studio si è sviluppata, soprattutto in Francia, da autori
che hanno messo a fuoco le forme e l’intensità del consenso popolare prestato alla
guerra. In questa direzione risulta particolarmente utile lo studio di Stéphane
Audoin-Rouzeau e Annette Becker (La violenza, la crociata, il lutto. La Grande
Guerra e la storia del Novecento, 2000) secondo cui i principali veicoli dei
sentimenti bellicisti sarebbero stai la santificazione della guerra, già trattata da
Mosse, e un nazionalismo patriottico e razzista costruito attraverso una
propagandistica demonizzazione del nemico capace di fare leva sugli impianti
cognitivi, psicologici e culturali di ogni singolo individuo.
Gli studi che a partire dagli anni Settanta hanno concentrato la propria analisi sulla
dimensione culturale, sulla mentalità e sulle relative grandi trasformazioni, si sono
intrecciati con il filone di studi che tanta importanza ha assegnato alle scritture di
gente comune, ossia l’ultimo filone di studi a cui si ritiene qui di dover dare conto,
poiché proprio a partire da questo filone si è consolidata l’abitudine al recupero,
9
alla conservazione e all’analisi della documentazione prodotta dalla gente comune,
su cui si fonda il senso del progetto Giovani 14.
Fu Leo Spitzer (Lettere di prigionieri di guerra italiani. 1915-1918) che, nel
1921, pubblicò per la prima volta uno studio che prendeva in considerazione le
lettere dei prigionieri militari italiani. Spitzer aveva lavorato per la censura postale
e aveva intuito quanto i documenti che quotidianamente gli passavano tra le mani
potessero avere una profonda importanza nel discorso storico. Il suo studio,
proprio in ragione della formazione dell’autore, non è tuttavia un’opera storica in
senso stretto. Qualche anno più tardi, Adolfo Omodeo pubblicava Momenti di vita
di guerra (1934), volume che, invece, si presentava più come un monumento ai
caduti che come una ricerca storica in senso stretto. Vi veniva infatti valorizzata la
dimensione del sacrificio dei soldati italiani per un’idea comune di patria che
risultava essere tradita dagli sviluppi storici e politici successivi. I diari e le lettere
scelte dall’autore emanavano dalla penna di giovani patrioti, intellettuali, studenti.
Una nuova stagione si aprì in Italia negli anni Ottanta, quando le scritture di gente
comune inizieranno ad essere valorizzate e adoperate sistematicamente
nell’indagine di aspetti della storia culturale, ma anche storia sociale della Grande
Guerra. Autori come Quinto Antonelli, Antonio Gibelli e Giovanna Procacci, insieme
ad altri, favorirono il potente sviluppo di questi studi e, contestualmente, la nascita
di archivi dedicati proprio alla conservazione delle scritture di gente comune
(dall’Archivio della Scrittura popolare di Trento all’Archivio Ligure della Scrittura
Popolare). Questi autori hanno mostrato come con queste fonti potessero essere
messi a fuoco fenomeni differenti. Antonio Gibelli, per esempio, ne L’officina
della guerra (1991), ha evidenziato come trasgressione, devianza e follia siano
stati tra i principali aspetti della reazione contadina alla disciplina industriale della
guerra, mettendo nuovamente in luce il forte carattere tecnologico e
modernizzante dell’evento, con i suoi devastanti effetti sulla psicologia dei soldati.
In seguito, diversi giovani ricercatori hanno deciso di prendere questa direzione
producendo volumi di grande interesse. Si ricordino per esempio i lavoro di Fabio
Caffarena (Lettere dalla Grande Guerra, 2005 e Dal fango al vento, 2010) e di
Federico Croci (Scrivere per non morire: lettere dalla Grande Guerra del
soldato bresciano Francesco Ferrari, 1992). Lo studio delle lettere, poi, ha reso
attenti al correlato fenomeno della censura, a cui diversi autori hanno dedicato
10
attenzione (Alessandro Magnifici, La censura di trincea. Il regime postale della
Grande Guerra, 2008).
Un volume collettaneo particolarmente rappresentativo per chi intendesse
conoscere l’intreccio a cui si è accennato tra gli studi sulla guerra attenti alle
scritture di gente comune e quelli sulla mentalità è quello curato da Diego Leoni e
Camillo Zadra nel 1986 (La Grande Guerra. Esperienza, memoria, immagini).
Allegato B
I censimenti
Nel presente documento sono raccolti i censimenti delle fonti per la storia dei soldati
nella Prima guerra mondiale prodotti dai singoli ricercatori coinvolti nel progetto
Giovani 14. Gli stessi ricercatori hanno costruito bibliografie di riferimento con tutta
la documentazione edita di ambito locale che hanno potuto reperire. Le bibliografie
sono di dimensioni variabili, in dipendenza del diverso grado di sviluppo degli studi
sull’argomento nelle province, così come della dimensione delle province stesse. I
censimenti sono elencati di seguito, seguendo l’ordine alfabetico delle province.
Censimento delle fonti relative alla Provincia di Bergamo
A cura di Paolo Barcella
Biblioteca Civica “Angelo Mai”
Il materiale archivistico inedito sulla Prima Guerra Mondiale conservato presso la
Civica Biblioteca “Angelo Mai” di Bergamo consta di fonti potenzialmente utili al
fine di redigere una ricerca sui soldati che presero parte allo scontro bellico.
Archivio Commissione Onoranze ai Caduti in guerra e Battaglione Volontari
classi anziane
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In primo luogo, sotto la sezione “Archivi e collezioni documentarie”, si trovano gli
archivi della Commissione Onoranze ai Caduti in guerra e quello del Battaglione
Volontari classi anziane di Bergamo. È opportuno segnalare che i 12 faldoni che
integrano tali archivi sono privi di segnatura e pertanto non ancora catalogati dalla
biblioteca civica “Angelo Mai”. Alla segnatura A.R. 26 si trova soltanto il
dattiloscritto dell’inventario, comprensivo di introduzione storico-archivistica,
redatto sotto la cura di Sandro Buzzetti nel 1992. La Commissione Onoranze ai
Caduti in Guerra è un organismo istituito nel 1918 dal Comitato provinciale
Bergamasco pro liberati e liberatori con il proposito di raccogliere i dati anagrafici
dei caduti e le loro fotografie, in modo tale da costruire e pubblicare un album
fotografico da donare successivamente alle famiglie dei caduti stessi. Le difficoltà
nel reperimento del materiale (i Comuni bergamaschi che rispondono in tempi
brevi all’appello della Commissione per l’invio dei dati e delle fotografie non sono
molti) e gli alti costi tipografici inducono nel 1923 a desistere dall’impresa,
restituendo così le fotografie alle famiglie che le avevano inviate. Rimangono
tuttavia le circolari compilate dai familiari dei caduti residenti in 268 Comuni della
provincia di Bergamo, depositate allora dalla Commissione presso il Museo del
Risorgimento di Bergamo. Tale materiale è disposto in fascicoli condizionati in 12
faldoni suddivisi per Comune e posti in ordine alfabetico. Le circolari contengono i
dati anagrafici del caduto; l’arma, il battaglione, il reggimento e la compagnia di
appartenenza; il grado; la professione; il fatto d’arme; il luogo o l’ospedale dove il
soldato ha lasciato la vita; gli eventuali premi e l’eventuale partecipazione a
campagne militari precedenti; altre notizie ritenute degne di rilievo. Del fondo
fanno parte anche l’elenco dei Comuni e la dichiarazione di ritiro delle fotografie
con i relativi dati divisi per paese (i Comuni sono stati classificati in base ai
circondari di Bergamo, Clusone e Treviglio); i fac-simile degli schedari inviati alle
famiglie dei caduti per la compilazione dei dati; le corrispondenze che la
Commissione ha mantenuto con i sindaci bergamaschi, con il prefetto e il
provveditore degli studi di Bergamo tra il 4 novembre 1919 e il 23 gennaio 1923
(firmate dal presidente della Commissione Ciro Caversazzi), nonché ulteriori
manoscritti e dattiloscritti. Le circolari sono per lo più ben documentate e
mancano talvolta soltanto dell’arma, del reggimento e del grado del caduto. I dati
relativi al fatto d’arma e dunque alla scomparsa non sono sempre segnalati, ma in
qualche caso se ne forniscono indicazioni precise. Sebbene non in numero
12
consistente, è opportuno segnalare la sporadica presenza all’interno delle circolari
di trascrizioni manuali delle motivazioni che soggiacciono all’assegnazione di
medaglie al valore militare o ancora di encomi funebri in memoria dei caduti.
Benché assai raramente, capita nondimeno di imbattersi in documenti manoscritti
o dattiloscritti che evocano le doti militari e morali del soldato, talora redatti dalle
famiglie stesse, talaltre da ufficiali dell’esercito desiderosi di far conoscere ai
parenti del caduto la stima e la riconoscenza conquistata in battaglia.
Il Battaglione volontari classi anziane, costituitosi nel gennaio del 1918 e dunque
pochi mesi dopo la bruciante sconfitta di Caporetto, nasce con l’obiettivo di istruire
militarmente i cittadini esenti dal servizio di leva per ragioni di età o di esonero
professionale. Il fine è reimpiegare queste persone in servizi di vigilanza
territoriale. Principale animatore dell’iniziativa è Giuseppe Tonsi, fresco della
nomina di direttore della Banca d’Italia a Bergamo. L’archivio documenta tutta la
vita dell’associazione, lasciando emergere i contraddittori rapporti con le autorità
militari, le numerose defezioni, i limitati impegni operativi e – come contraltare –
l’attivismo del fondatore del Battaglione. I documenti dell’archivio sono stati
ritrovati in una scatola insieme con le carte della “Commissione onoranze ai caduti
in guerra”. Ordinati in tre faldoni legati con nastri tricolori, sono stati riorganizzati
in fascicoli all’interno di altrettante cartelle secondo un criterio tematico e
cronologico. All’interno di queste tre cartelle si distinguono 5 faldoni, 2 in ognuna
delle prime 2 cartelle e 1 nella terza.
Archivio Storico Comunale di Bergamo – Sezione Post-Unitaria
L’archivio storico del Comune di Bergamo, conservato presso la biblioteca civica
“Angelo Mai”, è articolato in 3 sezioni: di antico regime, Ottocento e Post-Unitaria.
Quest’ultima sezione, divisa a sua volta in 28 categorie, è composta da 1.399
faldoni e 357 registri contenenti documentazione dal 1871 al 19491. Gli archi
temporali apposti di fianco a ognuna delle cartelle che integrano le categorie sono
piuttosto ampi e non aiutano dunque lo svolgimento di una ricognizione generale
delle fonti potenzialmente interessanti sulla Prima Guerra Mondiale e sulla vita dei
soldati al fronte. In termini generali, il materiale è distribuito in modo
Si vedano la descrizione dell’archivio e l’inventario disponibili alla pagina web:
<http://www.bibliotecamai.org/frame.asp?page=cataloghi_inventari/cataloghi_inventari.htm>.
1
13
estremamente disomogeneo e capita in qualche caso di imbattersi in buste che
recano una dicitura incongruente rispetto ai documenti che contengono. È in ogni
caso possibile tentare di tracciare un percorso che guidi alla consultazione delle
fonti. Al di là della categoria “Militari”, di cui si dirà più diffusamente in seguito, è
possibile ricostruire l’operato dell’Amministrazione Comunale di Bergamo e di enti
a essa afferenti negli anni della guerra attraverso i documenti contenuti nelle
categorie “Atti Municipali”, “Bilanci, conti consuntivi e passività municipali”,
“Funzionari”, “Beneficienza Pubblica”, “Sanità” e “Istruzione Pubblica”, “Arti e
Commercio” (che conserva la busta 301, intitolata “Comitato pro-emigranti”, da cui
si possono trarre informazioni riguardo la non irrilevante questione delle politiche
migratorie nel corso della guerra), “Sicurezza pubblica”2.
La categoria “Militari” è divisa in 30 cartelle (dalla 412 alla 452) contenenti
materiale relativo alla vita dell’esercito a Bergamo tra il 1980 e il 1949. La cartella
“Leva militare – leggi, regolamento, massime” (n. 412) contiene documenti relativi
all’arruolamento, volontario e non, dei soldati bergamaschi, nonché mandati di
cattura e altri provvedimenti presi contro renitenti, refrattari e disertori. Sono
interessanti i telegrammi o le analoghe comunicazioni urgenti che informano sulla
morte o sullo stato di disperso dei militari impegnati al fronte. La cartella 413
consta di materiali sull’arruolamento volontario e i permessi accordati ai soldati
(convocazioni per visite mediche, congedi di vacanza ai militari, disposizioni
sull’igiene pubblica). La cartella “Chiamata (provvidenze di massima)” (414)
include documenti del distretto militare di Bergamo e della Capitaneria di porto in
relazione alla chiamata alle armi di reclute che erano state dichiarate riformate o
rivedibili. La cartella “Associazioni diverse” (418) contiene documenti prodotti da
associazioni quali il Comitato di Mobilitazione Civile di Bergamo, nato sotto l’egida
del Comitato Provinciale Bergamasco per i soldati mutilati in guerra. La cartella
419 fornisce informazioni su “Decorazioni e onorificenze”: vi si trovano documenti
prodotti nel dopoguerra da amministrazioni comunali e distretti militari riguardo
l’assegnazione e la trasmissione di brevetti, medaglie al valore militare e croci di
guerra. La cartella “Commemorazioni” (420) è formata da documenti burocratici
per l’erezione di monumenti in ricordo dei soldati caduti in guerra e della vittoria
Parte delle informazioni fin qui esposte sono tratte da Mario Pelliccioli (a cura di), Bergamo negli
anni della prima guerra mondiale: archivi e documenti, Ex Filtia n. 4, Quaderni della Sezione archivi
storici della Biblioteca Civica ‘A. Mai’ di Bergamo – Supplem. al n. 4 1992 di «Bergomum. Bollettino
della Civica Biblioteca», pp. 135-138, a cui si rimanda per un approfondimento.
2
14
militare italiana. “Anniversari, centenari, eccetera” (421) è la cartella in cui si
incontra materiale propagandistico relativo alle iniziative svolte in occasione dopo
la conclusione del conflitto per conservarne intatta la memoria. La cartella “Lapidi”
(422) è ricca di carte burocratiche sulle iscrizioni da porre sulle lapidi
commemorative dei soldati caduti in guerra e in particolare dei tranvieri e dei
dipendenti comunali. La cartella 423 (“Oggetti vari – commemorazioni”) contiene,
tra gli altri materiali, un opuscolo intitolato “Nel ventennale della vittoria Bergamo
ricordando i caduti della grande guerra ne glorifica la memoria”. Ci sono anche
documenti redatti dal Municipio in ordine alla consegna di cartella dedicata
all’assegnazione di medaglie alle famiglie dei caduti in guerra tra il 1915 e il 1917.
“Commemorazioni” (424) è invece la cartella in cui si possono reperire
informazioni concernenti le onoranze al milite ignoto, nonché le adunanze e le
manifestazioni
organizzate
dalle
neonate
associazioni
patriottiche,
non
necessariamente bergamasche. Le cartelle sull’acquartieramento e le requisizioni
(425-428) includono carte burocratiche sull’alloggio degli ufficiali e dei soldati e
sull’uso di locali comunali per operazioni di leva. La cartella 429, in cui si trovano
documenti di varia natura, è formata dai rendiconti della contabilità delle spese
sostenute dalla città di Bergamo per l’acquartieramento e la fornitura dei mezzi di
trasporto. La cartella “Guerre e rivoluzioni” (430) è tra le più ricche dell’intero
archivio “Militari”. Vi si trovano documenti sui danni di guerra subiti dai
connazionali all’estero durante la neutralità con tanto di istruzioni burocratiche
per la rifusione di tali danni e sulla rifusione dei danni subiti dalla città (carte
bancarie) e una serie di ulteriori materiali concernenti i numerosi rapporti che
l’Amministrazione Comunale di Bergamo intrattiene con associazioni territoriali di
tipo assistenziale. Altri documenti danno un quadro della propaganda per i
profughi di guerra e delle istruzioni dell’Ufficio Militare e di Propaganda di Brescia
redatte sotto la direzione della Società di Solferino e S. Martino (Padova) rispetto
all’identificazione delle salme e delle sepolture del caduti durante la guerra. Più
interessanti per quanto riguarda la vita dei soldati e la loro esperienza sono
materiali come gli atti d’accusa che i tribunali militari comandano di affiggere alla
porta dei disertori, le accuse di spionaggio formulate contro persone svizzerotedesche dimoranti a Bergamo e le numerose comunicazioni che i cappellani
militari fanno recapitare al Comune orobico affinché risponda alle informazioni
richieste dalle famiglie dei militari riguardo il loro destino. Ci sono poi altre
15
comunicazioni relative al cambiamento di condizione dei soldati, che possono
passare dallo status di dispersi a quello di prigionieri, o alle dichiarazioni di
irreperibilità. Sempre in questa eterogenea cartella vi sono materiali sulla
presentazione alle autorità di militari sbandati, un foglio di richiamo per la
conservazione delle opere d’arte in tempo di guerra e due censimenti dei mutilati e
degli invalidi di guerra bergamaschi. Le cartelle da 442 a 451 sono dedicate ai
documenti sulla costruzione e il collaudo di ricoveri e rifugi antiaerei in varie zone
della città. Infine, la cartella 452 consta di documentazione sugli ospedali militari,
sull’arma dei carabinieri e sulla vita e le attività del Comitato di Mobilitazione
Civile: spiccano, tra i vari materiali burocratici, una lettera del Comitato al Comune
in cui si espone il malcontento della popolazione a seguito dell’introduzione
dell’imposta sulle esenzioni del servizio militare e altre carte recanti informazioni
sui soldati redatte dall’Ufficio per le notizie alle famiglie dei militari di terra e di
mare facente capo al Comitato.
Carteggi di Giovanni Barboglio
Alla sezione “Carteggi” si trova la corrispondenza dell’architetto bergamasco
Giovanni Barboglio (Bergamo 1864 – 1945) con militari e prigionieri di diversi
conflitti, tra cui la Prima Guerra Mondiale. Il carteggio copre il periodo che si apre
con il 1916 e si chiude con il 1944. Il materiale, consultabile alla segnatura Specola
Epistolari 921 A-B, è composto da 2 buste contenenti lettere e cartoline postali.
Non mancano, sebbene in numero assai ridotto, alcuni documenti fotografici. Le
lettere e le cartoline dei soldati della Prima Guerra Mondiale che integrano
parzialmente questa sezione – presenti in quantità nettamente inferiore rispetto a
quanto non concerna la guerra civile spagnola o il secondo conflitto mondiale –
sono per lo più indirizzate ad Elena Barboglio, il cui grado di parentela con
l’architetto Giovanni non risulta chiaro dalle corrispondenze (sebbene si possa a
ragione ritenere che si tratti della nipote). Ne emergono comunque dati di una
certa rilevanza in relazione alla vita dei soldati al fronte e in particolare al bisogno
di mantenere impresso il ricordo, magari spensierato, di persone anche
sconosciute, in modo tale da attribuire un senso ai propri impegni bellici, come se
sentire la vicinanza di chi non fa parte della comunità separata forgiatasi al fronte
serva per rinsaldare il legame con il proprio passato e i propri luoghi di
16
provenienza. La frattura profonda sociale e cognitiva determinata dall’esperienza
al fronte emerge chiaramente soprattutto nella fitta corrispondenza tra la famiglia
Barboglio e il Tenente Giuseppe Mancini. Ugualmente significative in tal senso
sono le lettere del Tenente dei Bersaglieri Bernardo Ettore.
Archivio “Mario Gioda
L’archivio “Mario Gioda”, facente parte della sezione “Archivi e collezioni
documentarie”, è a suo modo degno di nota. Prima socialista e anarchico, poi
fascista, il torinese Mario Gioda (Torino, 1883 – 1924) è stato uomo politico e
giornalista di spicco nella prima parte del XX secolo. L’archivio “Mario Gioda” è
diviso in 5 faldoni, l’ultimo dei quali contiene la corrispondenza mantenuta con
numerosi interlocutori. Le lettere apportano un minimo contributo nella direzione
di quanto esposto nel caso dei carteggi di Barboglio: oltre a testimoniare l’amicizia
che lo lega a Benito Mussolini, la corrispondenza di Gioda lascia trasparire la sua
vicenda personale. Arruolatosi come volontario pochi mesi dopo lo scoppio del
conflitto, Gioda fu presto esonerato per motivi di salute, rimanendo però al fronte
come corrispondente di guerra per il “Popolo d’Italia”. Gioda non fa che accennare
al conflitto, quasi che gli eventi bellici rimangano sullo sfondo rispetto alle sue
vicissitudini familiari e umane. L’archivio è stato donato alla civica “Angelo Mai”
nel 1997 da Pier Carlo Masini, che lo aveva ereditato a sua volta dall’editore e
tipografo repubblicano Terenzio Grandi, al quale la vedova di Gioda aveva lasciato
l’archivio dopo la morte del marito.
Archivio “Ettore Molinari”
Sempre sotto la voce “Archivi e collezioni documentarie” si trova il fondo dedicato
al chimico anarchico e socialista Ettore Molinari (Cremona, 1867 – Milano, 1926).
Donato nel 1997 da Pier Carlo Masini – che lo aveva ricevuto direttamente dagli
eredi del chimico cremonese –, l’Archivio “Ettore Molinari” conservato presso la
biblioteca “Angelo Mai” consta di 4 faldoni, organizzati in termini archivistici dallo
stesso Masini. Il secondo dei 4 faldoni contiene numerosi stampati, la maggior
parte dei quali di ispirazione anarchica e femminista non privi di espliciti
riferimenti alla Grande Guerra. Sempre in questo faldone (cartella 13) si trovano
17
ritagli di giornale dove si dà conto delle polemiche contro l’intervento bellico. Il
terzo faldone riguarda invece la collaboratrice di Molinari, l’anarchica e pacifista
Nella Giacomelli (Lodi, 1873 – Desenzano, 1949). Vi si trovano documenti
personali, appunti manoscritti, fotografie, lettere e carte varie. La cartella 7
presenta quaderni manoscritti da Giacomelli in cui ripercorre la cronistoria del
conflitto e ne fornisce un’interpretazione marcatamente anticapitalista.
Museo Storico di Bergamo
Il museo storico di Bergamo conserva diversi fondi archivistici contenenti lettere e
cartoline di soldati nella Grande Guerra. Si tratta in particolare dei fondi (in ordine
di catalogazione, cioè alfabetico fino a Giacomo Zanchi): Giuseppe Angeloni; Angelo
Belotti; Mario Bianco; Luigi Caironi; Davide Cugini; Comitato Femminile Pro Lana;
Aurelio De Francesco; Giuseppe Melli; Lorenzo Angelo Sala; Luigi Stefanoni;
Ernesto Suardo; Marco Tiraboschi; Giacomo Zanchi; Luigi Pelandi; Luigi De Beni. I
fondi contengono lettere, cartoline, stampati e manoscritti di varia natura raccolti,
conservati e depositati presso il museo nel corso degli anni.
Tali fondi sono per la gran parte descritti negli inventari del Museo e su alcuni
degli stessi sono stati sviluppati interessanti lavori di tesi che li descrivono nei
dettagli. Si veda in particolare:
- Ilaria Marchesi, “Scrivi di continuo ma non Ricevi nesuna notizia non so come sia”.
La guerra nelle cartoline e nelle lettere dell’Archivio della Croce Rossa e dell’Archivio
Storico della Città di Bergamo (1915-1946), Università di Pavia, 2007-08.
- Lucia Citerio, Lettere di soldati bergamaschi dalla Grande Guerra. Il fondo Marco
Tiraboschi del Museo Storico della città di Bergamo, Università degli Studi di Udine,
1996-97.
Da segnalare per il suo particolare interesse e per le sue dimensioni il fondo Marco
Tiraboschi, su cui ha lavorato la Citerio. Tiraboschi, infatti, intrattenne scambi
epistolari con numerosi suoi dipendenti sia nel corso della Prima guerra mondiale,
sia nel corso della Guerra d’Etiopia. Cinquantanove di questi scambi sono
conservati presso il Museo e contengono un numero molto variabile di carte per
ciascun autore. Le lettere e le cartoline relative alla Prima guerra mondiale sono
complessivamente 458.
18
A questi fondi personali occorre aggiungere il fondo “Volantini di propaganda
Prima guerra Mondiale”, il fondo “Mobilitazione civile durante la Prima guerra
mondiale” oltre che i fondi fotografici “Fondo artiglieria” e “Fondo guerre del
Novecento”.
Istituto Bergamasco per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea
Carte Angelo Bendotti
Descrizione del faldone 3 che conserva documenti relativi alla prima guerra
mondiale
Busta A
Fasc. 1. diario di guerra del soldato ungherese di nazionalità rumena Bindiu
Massimo del 63° Regg. Fanteria – prigioniero in Italia – fotocopie del manoscritto e
della trascrizione dattiloscritta. Carte n. 8
Fasc. 2. Estratto dal diario del prigioniero di guerra Valeriu Picioane del comune di
Waoadüa. Fotocopie del manoscritto e della trascrizione dattiloscritta. Carte n. 13
Vi si narrano le sofferenze dei soldati nella guerra europea degli anni 1914-1918,
scritte in versi e raccolte da un saldato rumeno, Georghe Nicolae del IV Regg.
Honwed, del comune di Mavaras Comitato di Bibas”. Racconto della partenza dei
soldati dal paese e il distacco dalle famiglie, racconto del guuramento e della
partenza per il fronto verso la Russia; la ritirata e il ritorno mesto nei confini
insieme ai profughi; narrazione dell’inverno sui Carpazi, delle sofferenze per il
freddo per la neve, dei soldati morti per il gelo, e di quelli che ebbero i piedi
congelati. Russi ricacciati dalla Galizia, racconto del viaggio attraverso l’Ungheria
per arrivare sul fronte italiano; primo attacco; narrazione del viaggio per andare
dall’altra parte del fronte, l’arrivo delle nuove trincee come rinforzi. Racconto della
prigionia, prima Brescia e poi Scandiano. Statistica minuta e particolareggiata dei
prigionieri di Scandiano divisi per grado, nazionalità, reggimento di provenienza e
condizioni di famiglia.
Fasc. 3. Ricordare! (nuovi documenti dell’infamia nemica) – edito nel 1918 dalla
sezione “P” del Comando della I armata – fotocopie. Carte n. 17. Vi sono pubblicati
documenti e lettere redatte o indirizzata dai/ai soldati al fronte.
19
Fasc. 4. G. Salvemini, Schemi di conferenze ai giovani Ufficiali Subalterni e di
conversazioni coi soldati, edito nel 1918 dalla sezione “P” del comando della I
armata. Fotocopie – Carte n. 25
Fasc. 5. Soldati austro-ungheresi! S.d., s.l. fascicolo con 8 fotografie di prigionieri in
Italia pp. 12. Fascicolo originale con 8 fotografie di prigionieri in Italia, per invitare
i soldati nemici a consegnarsi agli italiani.
Fasc. 6. elenco dei libri sulla Ia guerra mondiale contenuti nel Fondo Manara
Valgimigli presso la Biblioteca comunale di Vilminore di Scalve (BG) Carte n. 3
Fasc. 7. Sac. Bortolo Bettoni, Vicario foraneo di Vilminore di Scalve, Lettera ai
soldati, Vilminore, 15.12.15 cc. 2 fotocopie
Fasc. 8. Militari caduti nella guerra nazionale 1915-1918 – Albo d’oro n. 4 fotocopie
di 4 pp. Del volume (Roma, 1932) cc 4 (focotopie)
Busta B
Fasc. 1. Materiale per una ricerca sui monumenti ai caduti della prima guerra
mondiale in Provincia di Bergamo. Fotocopie. Carte n. 47
Fasc. 2. M.P. Pergami, Per il rinnovamento vittoriale d’Italia, Tipogr. Carrera, Villa
d’Almè, 1919, pp. 52 [a favore dell’erigendo Monumento ai caduti brembillesi della
I guerra mondiale]. Fotocopie. Carte n. 27.
Fasc. 3. n. 2 p. di “L’Eco di Bergamo2 26.11.86 e 2.12.86 (riproduzioni di
monumenti ai caduti)
Busta C
Fasc. 1. Passaporto per l’interno di Arrigoni Cesare, Oltrepovo 9 dicembre 1917.
Fotocopia. Carte n. 1
Fasc. 2. Fotocopia da Almanacco socialista italiano, 1921. Quadro degli iscritti:
1914, 1915, 1916, 1917, 1918, 1919, 1920. Biblioteca Feltrinelli. Carte n. 1
Fasc. 3. Sulle tracce dell’esercito tedesco, Londra, Daily Chronicle, 1915. Pp. 62 [58
fotografie con le relazioni ufficiali belghe e francesi sulle atrocità tedesche].
Originale
Fasc. 4. Salvacondotto n. 2030, rilasciato a Bendotti Angelo il 15.6.17 dal Comando
del Presidio di Edolo. Fotocopia Carte n. 1
Fasc. 5. n. 3 fotografie (inserite nell’Archivio fotografico). Foto di militari della I
guerra mondiale. Corrispondenza prigionieri di guerra.
Fasc. 6. Libreto de enrolamento – República de Argentina di Martino Bendotti,
1921 (?). Fotocopie (delle prime pagine). Carte n. 3
20
Busta D
Fasc. 1. “Per la verità, signor generale…” 1915/1918. Cc. 150 + 1 opuscolo di pp.
32. Fotocopie. 19171. Carte relative allo spettacolo teatrale sulla I guerra mondiale.
Nota introduttiva di Bendotti sulla storia della Prima Guerra Mondiale, Teatro
Tascabile di Bergamo
Busta E
Fasc. 1. Impianti del Gleno. Condizioni generali e tariffe per la fornitura di energia
elettrica per l’illuminazione. Bergamo, tip. C. Conti e C., 1917. Cc. 13 (fotocopie)
Fasc. 2. Appendice alla memoria Tecnica “La diga del Gleno” nuove indagii nuovi
rilievi e risultanze. 15 aprile 1925.
Fonoteca:
- Intervento di Filippo Animelli in una scuola di Genova, 54';
- Intervista a Gervasoni Carlo dell'Aprile 1973, lunga 75', raccolta da Mario
Pelliccioli;
- Intervista a Luigi Pezzotta del luglio 1976 raccolta da Giuliana Bertacchi, lunga
93'.
Presso l’ISREC sono conservati numerosi altri faldoni contenenti lettere, cartoline,
volantini e stampati vari prodotti nel corso della Prima guerra mondiale. Quei
documenti sono tutti descritti nel dettaglio in una pubblicazione del 1992, a cui si
rimanda, dal titolo:
Mario Pelliccioli, a cura di, Bergamo negli anni della Prima Guerra Mondiale. Archivi
e documenti, Quaderni della sezione Archivi Storici della Biblioteca Civica A. Mai di
Bergamo, 4, 1992.
Nello stesso testo sono descritti i documenti conservati in altri archivi della
provincia orobica, dall’Archivio di Stato, all’Archivio della Croce Rossa, agli archivi
delle Istituzioni scolastiche, agli archivi di vari enti e privati. Evitiamo quindi di
riprodurre qui quel documento. Segnaliamo soltanto alcuni documenti conservati
presso l’Archivio dello Stato ai quali si riconosce particolare rilevanza e utilità per
la ricerca qui condotta. Si tratta dei ruoli matricolari di tutti i soldati bergamaschi
21
della Prima Guerra Mondiale. Quei registri, seguendo l’ordine progressivo del
numero di matricola assegnato al soldato, contengono il suo nominativo, la classe e
altri dati anagrafici (paternità e maternità, data e luogo di nascita) e fisici (statura,
misura del torace, tipo e colore dei capelli, colore degli occhi, colore della pelle,
condizione della dentatura e segni particolar), nonché la professione e la capacità
di leggere e scrivere. Inoltre, il ruolo matricolare di ogni singolo soldato riporta
informazioni relative all’arruolamento e alle successive modificazioni della sua
condizione all’interno dell’esercito, inclusi eventuali spostamenti di reggimento,
congedi e diserzioni. Qualora il soldato sia caduto durante il conflitto, vengono
altresì registrate le circostanze della sua scomparsa. Sono inoltre conservate le
rubriche dei distretti militari di Bergamo e Treviglio. Complessivamente è
possibile reperire informazioni concernenti migliaia di soldati. La sola rubrica del
1889 contiene 2228 nominativi, i fogli matricolari del 1887 contano invece cartelle
per 2482 soldati. Infine, si ritiene opportuno segnalare che, sempre presso
l’Archivio dello Stato bergamasco, è possibile ricavare informazioni relative ai
soldati nella Grande Guerra a partire dai faldoni della Procura delle Repubblica,
Dementi, 1919. In queste carte si registrano i ricoverati per problemi psichiatrici
e, con riferimento agli anni immediatamente successivi alla guerra, si trovano
soggetti che presentavano disturbi seguiti all’esperienza bellica.
Censimento delle fonti relative alla Provincia di
Brescia
A cura di Maurizio Mondini e Mariella Annibale
MUSEO DEL RISORGIMENTO
I materiali pertinenti al civico Museo del Risorgimento, da considerare inediti nella
loro totalità, sono depositati in tre distinti depositi. Nel deposito annesso al Museo
di Santa Giulia sono conservati materiali cartacei e alcuni oggetti di ridotta
dimensione (parti di uniforme e “cimeli” di varia natura).
Presso l’archivio
fotografico della Direzione musei sono quindi depositate le raccolte delle
fotografie, delle cartoline e dei chiudilettera. Nei depositi del Museo delle Armi in
Castello sono infine conservati gli oggetti di ambito militare.
22
L’intervento, attuato in questa occasione, ha avuto come preliminare finalità il
riordino e una prima inventariazione sommaria dei materiali cartacei presenti nel
citati depositi in Santa Giulia .Si tratta di esemplari in gran parte pervenuti al
Museo negli anni Trenta, raccolti secondo criteri in prevalenza “collezionistici”,
quindi occasionali in riferimento ai singoli “comitati” o alla vicende private dei
donatori. Ad un primo esame assumono un maggiore rilievo, anche quantitativo, il
fondo fotografico, la collezione delle cartoline, il gruppo delle carte topografiche
militari e il consistente gruppo di oggetti di tipo similmente militare.
Gli inventari analitici delle singole cartelle o fondi di seguito citati sono disponibili
a richiesta
Deposito Santa Giulia:
Manifesti di interesse bresciano di grande formato
20 esemplari circa, tra questi: Comitato bresciano di preparazione civile, Comitato
bresciano per le onoranze al Milite Ignoto, Prestito nazionale per le spese di
guerra; Circolo Mameli per la vittoria; Inaugurazione del monumento a Cesare
Battisti
Manifesti di grande formato
40 esemplari, tra questi numerose cromolitografie, talvolta di apprezzabile qualità
grafica, in prevalenza riferibile al Prestito nazionale per le spese di guerra
Opuscoli e volumi vari a stampa
20 copie, in prevalenza di propaganda o di documentazione storica.
Fogli a stampa e dattiloscritti di interesse bresciano
100 esemplari circa
a) Comitato bresciano di preparazione civile, b) Unione generale degli insegnati
Italiani comitato lombardo e bresciano, c) Opere federate di assistenza e
propaganda nazionale d) Associazione Nazionale Trento e Trieste ( tra questi invito
e tessera del congresso di Mantova, 1913)
Fogli a stampa di provenienza incerta
24 esemplari; tra questi: 2 manifesti alle truppe dopo disfatta di Caporetto; ordini
del giorno e comunicati dei comandi d’armata; “L’alalà funebre” discorso ai
Legionari di Gabriele D’Annunzio (31 dicembre 1920)
Donazione Angelo Ramorino
23
a) fogli a stampa; 30 esemplari, tra questi; circolari stampati a Pavia (manifesto
degli Studenti avanguardisti Italiani ); Gabriele d’Annunzio alle reclute del 9 ;
Istituto Italo Britannico; comitato di mobilitazione femminile – Milano; tre
volantini tricolori irredentisti; Comitato bresciano di preparazione civile; Bozzetto
o ex libris incollato su cartoncino
b) Documenti personali
certificati e passaporti; 1914 – 1919; Cartolina “Corrispondenza dei prigionieri di
guerra” da Katzenau
1918; Carta di distribuzione per acquisto di generi
alimentari; I. R. luogotenenza per il Tirolo e Vorariberg - Legittimazione per il
ritiro di ¾ kg di zucchero (1917).
Donazione Guido Zadei
15 esemplari; tra questi circolare 3° armata, “posizioni occupate dalla brigata
Toscana ” nel 1918”, manoscritto; Volantino “Gli aviatori della 6° armata” a
D’Annunzio ”; due programmi di spettacoli dati dalle truppe (dattiloscritti);
cartolina austriaca di grande formato con la valle dell’Isonzo; Modulo segna colpi
della scuola di tiro austriaca;.coccarda inglese; lettera scritta in data 12 giugno
1916 da Salonicco
Materiale vario a stampa e in originale
Diploma “oro alla patria”, con piccola medaglia in bronzo; “Ricordi di guerra” del
volontario bresciano Luigi Albini, Montenegro e Francia, taccuino manoscritto
Ritagli di giornali con vignette satiriche (1915); lettera- testamento di Annibale
Calini, bresciano; Croce Rossa Italiana – comitato di Castiglione delle Stiviere
Documenti Bortolo Ragnoli
Materiali selezionati 1915 – 18, 8 esemplari; tra cui “Polizza a favore dei militari
combattenti ”
Donazione Oreste Foffa (Archivio, busta 5)
35 esemplari: Riproduzioni di fotografie con soldati italiani prigionieri; “Foglietti
gettati dai nostri aviatori sul nemico 1915 – 1918” – in lingua serbo – croata;
giornale in serbo–croato, polacco, cecoslovacco e rumeno “lanciato dagli aviatori
italiani”; due cartoline inviate dal fronte; lettere e cartoline (20 esemplari) inviate
dall’Africa Orientale (1935 – 1936)
Prestito Nazionale 1917 (Archivio, documenti in originale, busta 2)
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22 esemplari; Delibera Giunta Municipale 9 febbraio 1917; Comitato bresciano di
preparazione
Comitato donne bresciane
Giornali e ritagli di giornale - Fondo composto da un centinaio di copie di
quotidiani pubblicati tra il 1914 e il 1920; tra questi si segnala il primo numero,
anno primo, del “Popolo d’Italia” ,oltre a numerose copie del Corriere della Sera del
Giornale d’Italia.
Giornali d’armata, di divisione o “di trincea”, circa quaranta esemplari, spesso
illustrati e stampati a colori.
Carte topografiche militari di formato medio (scala 1:10.000) e grande
70 esemplari circa, IGM, comprendenti il fronte bresciano-trentino (Adamello,
Temù, Gargnano) e altre zone (Cadore, Asiago, Brenta). tra cui una ventina inglesi
con note, anche manoscritte, riguardanti strade, teleferiche, trinceramenti,
postazioni ecc..
Deposito Archivio fotografico Musei
Cartoline
Fondo Zadei: 43 cartoline spedite o provenienti dal fronte
Fondo Baroncelli: 12 cartoline spedite o provenienti dal fronte
Fondo Gnaga: 5 cartoline spedite o provenienti dal fronte
12 cartoline di soggetto bresciano o stampate a Brescia
50 cartoline spedite o provenienti dal fronte
19 cartoline in prevalenza austriache
119 cartoline non viaggiate
Fotografie
520 esemplari circa; già inventariati e digitalizzati; sono da segnalare gli originali
provenienti delle donazioni Materzanini (fonte Adamello, 174 esemplari, dall’inv.
2098 al 2272) e Orlandi (fronte Cadore, 20 esemplari); 95 esemplari presentano la
numerazione del Ministero della Guerra; le restanti sono da considerare
istantanee, pure di notevole interesse.
Francobolli chiudilettera
Raccolta costituita da circa 70 esemplari, in prevalenza emessi dalla Croce Rossa e
per il Prestito nazionale
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Deposito Museo delle armi
E’stata avviata una verifica (operativamente impegnativa) degli oggetti di tipo
militare presenti nei depositi del Museo delle Armi (si presume alcune centinaia di
pezzi), sulla base dell’inventario del 1937 (elenco vetrina 1915 – 18; elenchi fucili,
coltelli e pugnali, rivoltelle), dell’inventario degli anni ‘50 (meno dettagliato); del
registro armi, del registro ingressi e della documentazione archivistica anche più
recente.
CIVICA BIBLIOTECA QUERINIANA
Come finalità istituzionale, la biblioteca conserva pubblicazioni di interesse locale
(a suo tempo depositate “di diritto”). Non essendo possibile una ricerca esaustiva
per soggetto nel catalogo on-line, sono esaminate le liste per anno di
pubblicazione. Da queste sono stati desunti opuscoli, volumi, e articoli compresi
nelle riviste (in genere settimanali), pubblicati a Brescia e in provincia o altrove ma
di interesse bresciano, per un totale di 150 titoli circa dal 1915 al 1918 e di 160
titoli circa dal 1919 al 1929. Lo spoglio eseguito in questa occasione (consultabile a
richiesta) costituisce, di fatto, la prima ricognizione analitica delle fonti
bibliografiche relative a Brescia e provincia per il periodo considerato. Assumono
un particolare rilevo la copia preparatoria dell “Albo d' oro dei caduti, 1915-1918,
Brescia e provincia. Schede dattiloscritte ”, il “Libro d' oro della provincia di Brescia:
raccolta di ritratti fotografici e cenni biografici di tutti i caduti d' ogni comune della
provincia durante la guerra 1915-18. [1921], la memorialistica, la produzione
poetica (anche dialettale), i testi relativi ai comitati e alle associazione attive sul
“fronte interno” locale, alla situazione economica e produttiva e all’inaugurazione
di monumenti commemorativi. La stessa biblioteca conserva inoltre centinaio e
oltre di volumi, pubblicati nello stesso periodo, riguardanti in prevalenza la
“storia” della guerra, anche di provenienza estera. Merita infine una segnalazione
la “raccolta dei manoscritti e degli autografi” della stessa biblioteca, comprendente
materiali archivistici qui trasferiti dal Museo del Risorgimento: di questo fondo
esiste solo un inventario cartaceo in ordine alfabetico per autori, spesso privo di
indicazioni relative al contenuto specifico delle singole voci.
ARCHIVIO DI STATO
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Elenco dei fondi
1)-UFFICIO NOTIZIE-ALLE FAMIGLIE DEI MILITARI DI TERRA E DI MARESOTTOSEZIONE DI BRESCIA
L’Ufficio Notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare fu fondato nel 1915, poco
prima dell’entrata in guerra dell’Italia. L’iniziativa venne realizzata dalla sezione
femminile del Comitato Bolognese di Preparazione Civile, in piena sintonia con le
autorità militari. L’Ufficio Centrale si costituì a Bologna, mentre nelle varie città,
sede di Corpo d’Armata si formarono delle sezioni. Invece nelle città sede di
Distretto Militare si realizzarono delle sottosezioni.
Scopo dell’Ufficio era di facilitare e accelerare il recapito alle famiglie delle notizie
riguardanti i militari impegnati in guerra. Inoltre di attenuare le situazioni
dolorose delle inevitabili perdite e disgrazie, dando l’annuncio in forma il più
possibile consolante e pietosa. Altro scopo era quello di sgravare le autorità
militari e di gestirei il carico complesso delle domande inviate dalle famiglie dei
militari 3 . La Sottosezione di Brescia dell’Ufficio Notizie iniziò a operare
regolarmente dal 9 giugno 1915. La prestazione fu volontaria. Le collaboratrici, che
si divisero i compiti col visitare gli ospedali, di ricevere le domande, di esaminare
la corrispondenza, di schedare le notizie ed di ordinare lo schedario4 . La
sottosezione di Brescia stabilì dei collegamenti regolari con tutti i 280 Comuni
della provincia dove insegnanti, parroci, sindaci, segretari comunali si offersero
spontaneamente a cooperare. La Sottosezione si fece inoltre promotrice di
iniziative a sostegno della guerra, a favore di soldati al fronte. Di visitare i feriti e i
mutilati, di confortare i figli dei caduti e delle vedove. Soprattutto dopo la disfatta
di Caporetto si attivò un servizio di ricerca a favore dei profughi. L’archivio della
Sottosezione di Brescia e, particolarmente, l’amplissimo schedario venne tenuto
con particolare cura, ricorrendo in modo particolare, alla consulenza del Direttore
dell’Archivio di Stato avv. Fabio Glisenti e dell’archivista dott. Giuseppe Bonelli. Il
Direttore Glisenti nel febbraio 1916, aveva inoltrata domanda al Ministero della
Guerra per ottenere il versamento al termine del conflitto. Cosa che con puntualità
avvenne il 15 luglio 1919, poco dopo la cessazione dell’Ufficio Notizie.5
ASBs, Ufficio Notizie, b. 1, fasc. 4, Regolamento Generale.
ASBs, Ufficio Notizie, b. 1, fasc. 4, Relazione.
5 ASBs, Carteggio della Prima Guerra Mondiale, b. 1, fasc. 4.
3
4
27
Il materiale archivistico, formatosi nei anni 1915-1920, è stato riordinato e
condizionato in 211 buste. Nelle prime quattro buste sono catalogati i regolamenti,
gli opuscoli sull’attività dell’ufficio, i nominativi dei componenti della Sottosezione,
rendiconti e relazioni a stampa degli Uffici Notizie di varie città italiane. Fogli
d’ordine dell’Ufficio Centrale di Bologna, messaggi in occasione della cessazione
dell’attività, tessere di riconoscimento delle visitatrici degli ospedali, nomine e
stati di servizio dei rappresentanti degli Uffici Notizie della provincia (in ordine
alfabetico dei comuni). Nella busta n. 5 si trovano inseriti i diplomi e medaglie di
benemerenza concessi ai collaboratori dell’Ufficio Notizie della città e della
provincia. Carteggio relativo e biglietti di ricevuta. Diplomi e medaglie non
consegnati, elenchi dei Benemeriti. Carteggio con l’Ufficio Centrale di Bologna.
Nella busta n.6 si trova la corrispondenza con la Prefettura, con l’Ufficio
provinciale per le pensioni di guerra. Nella busta 7 altra corrispondenza con
l’Ufficio centrale di Bologna. Nelle buste 8, 9, 10, 11 si trovano le circolari, la
corrispondenza, i Bollettini ufficiale del Ministero della Guerra, del III Corpo
d’Armata, dell’ Intendenze d’Armata, degli Alpini, dell’Artiglieria, dei Bersaglieri,
dei Bombardieri, dei Carabinieri, etc… Nelle buste 12, 13, 14 si conservano le
cartoline postali inviate dal comitato di assistenza ai prigionieri di guerra italiani,
gli abbonamenti per il fabbisogno del pane per i prigionieri, tessere annonarie.
Nelle restanti buste, cioè dalla busta 15 alla b. 211 sono registrati elenchi degli
ospedali militari, i Corpi mobilitati, beneficenza in favore dei soldati al fronte o
negli ospedali e delle famiglie dei feriti e dei morti; elenchi dei soldati ferirti entrati
e usciti dagli ospedali. Inoltre sono raccolti i bollettini, gli elenchi dei soldati
dispersi in ordine alfabetico dal 1915 al 19196.
2) CARTEGGI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
L’Archivio di Stato di Brescia può fregiarsi del titolo di essere stato il primo
archivio d’Italia ad aver sollecitato i familiari, attraverso i parroci, i sindaci, i
segretari comunali, gli insegnanti affinché consegnassero delle lettere dei loro cari
caduti al fronte. L’intenzione era di formare una raccolta di testimonianze scritte
che testimoniassero il vissuto degli umili nell’affrontare l’esperienza sconvolgente,
tremenda e sanguinosa della Grande Guerra. L’idea di questa raccolta, nacque
Il riordino del fondo, terminato con l’attuale inventario, fu eseguito dalla dott. ssa M. M. Tonelli e
da O. Faini, conclusosi il 31 dicembre 1987, prot. 3175/VIII.3 .
6
28
all’archivista dott. Giuseppe Bonelli, funzionario dell’Archivio di Stato di Brescia,
subito appoggiata. dal direttore avv. Fabio Glissenti. Il 14 agosto 1915, pochi mesi
dopo l’inizio della Grande Guerra, dopo aver lamentato la dispersione degli scritti
dei combattenti della guerra di Libia, pur ampliamente sfruttati dalla stampa,
chiedeva al Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento presso il Ministero
della Pubblica Istruzione, quali iniziative intendesse promuovere per la
conservazione degli scritti dei soldati della guerra in atto7. A motivo della richiesta,
la nota puntualizzava che mentre costituiscono un materiale di interesse genuino cui
la stampa attinge volentieri, hanno anche pregioche va più in la’ delle notizie e
informazioni oggettive che contengono e cioè ne offrono uno speciale che, insito negli
originali, la stampa non riesce ad esprimere…La scrittura e il suo cursus, l’inchiostro,
la stessa carta, sono elementi o circostanza che, se in ogni scritto mai prive di
significato, nel caso di lettere dal campo vergate alla vigilia di battaglie, diventano
esponenti di un’importanza morale e umana che sorpassa quella oggettiva del
contenuto storico. Nel gennaio 1916, con una circolare diretta ai sindaci ed ai
parroci dei comuni della provincia di Brescia e Cremona8. Il Bonelli prese
l’iniziativa della raccolta, richiedendo almeno un autografo (lettera o cartolina) di
ciascun caduto9. Il Ministero dell’Interno, ritenendo valide le motivazioni culturali
e patriottiche, approvò l’iniziativa garantendo all’Archivio di Stato la fattiva
collaborazione delle Prefetture di Brescia e di Cremona ed alla fine assicurando
ufficialmente che la raccolta non sarebbe mai spostata da Brescia. Per tutta la
durata della guerra il Bonelli si lamentò spesso della scarsa collaborazione di
numerosi sindaci, ma soprattutto molti familiari non riposero all’appello della
consegna.
Alcuni non vollero separarsi dell’ultimo ricordo del loro congiunto. Altri non
consegnarono le lettere perché rivelavano particolari talmente personali e non
consoni alla retorica patriottica che iniziava ad avvolgere la Grande guerra e
ritennero opportuno rifiutare il sollecito e di conseguenza di autocensurarsi.
L’entità di questo fondo risulta notevolmente inferiore alla reale esistenza della
corrispondenza intercorsa tra i soldati e i loro familiari, ma la quantità di materiale
raccolto risulta ugualmente notevole, tanto da dirsi che quella bresciana è riuscita
ASBs, Carteggi Prima Guerra Mondiale, b. 1, fasc.2.
Cremona all’epoca era sotto la giurisdizione dell’Archivio di Stato di Brescia.
9 ASBs, Carteggi Prima Guerra Mondiale, b. 1, fasc.14.
7
8
29
positivamente con cinquemila autografi e più di mille fotografie di. Nel 1919 dalla
raccolta dei carteggi scaturisce quasi naturalmente una nuova iniziativa: quella
della redazione e della stampa dell’Elenco ufficiale dei caduti. Sull’onda della
vittoria anche quest’idea viene accolta con entusiasmo sia in città, dove si
costituisce un Comitato composto dal Direttore dell’Archivio di Stato, dai
rappresentanti del Comune, della Provincia, dell’Ateneo, del Comitato di
Preparazione Civile e della Presidente del cessato Ufficio Notizie; sia a Roma dove
il Ministero dell’Interno, oltre a stanziare un immediato finanziamento per le
prime necessità dell’opera, invita tutte le Prefetture e tutti gli Archivi di Stato
italiani ad imitare l’iniziativa bresciana. I lavori procedettero alacremente, anche
se nel frattempo erano sorti dei dissensi tra il dott. Bonelli e la nuova direzione
dell’Archivio di Stato, tanto che il Bonelli abbandonò l’iniziativa10. Nel 1925 si
diedero alle stampe il primo fascicolo dell’elenco. L’impronta per il riordino della
documentazione, ideata dal dott. Bonelli, fu mantenuta anche dopo il suo ritiro.
L’inventario attuale inizia con la corrispondenza generale della Direzione relativo
alla prima raccolta degli autografi e quindi alla realizzazione dell’elenco; seguono
poi le corrispondenze intrattenute con i singoli comuni delle due province; quindi
il vasto materiale a stampa della relativo alla guerra. Seguono gli autografi
raggruppati in ordine alfabetico e del luogo di residenza o di nascita. Nell’ultima
parte sono state collocate le fotografie tolte dai fascicoli del militare di
appartenenza, per poterle inserite in contenitori più idonei per i materiali
fotografici11.
L’indice analitico delle lettere dei caduti bresciani inizia dalla busta 19 con la
lettera A fino alla busta 42 con le lettere Vi-Z. Nella medesima busta 42 sono
raccolte alcune lettere di soldati bresciani viventi. Mentre dalle buste 43 fino alla
48 sono inventariate le lettere dei caduti cremonesi dalla lettera A alla Z.
Allegato al frontespizio dell’inventario è stata posta la lettera del soldato Paolo
Soldi di Brescia datata 16 giugno 1915, per cogliere subito l’attenzione del
ricercatore. La lettera era indirizzata ai genitori e diceva: Carissimi genitori, vi
mando mie notizie che ora mi trovo un poco ammalato, ma spero presto di essere
guarito, credo che voi tutti ne stavate bene e per scrivermi sarà meglio che aspettate
ASBs, Carteggi I Guerra Mondiale, b. 2, fasc. 7, 8 e b 49, fasc. 3..
Il riordino e l’inventario sono stati curati dalla dott.ssa Marina. M. Tonelli coadiuvata dalla sig.ra
Ornella Faini.
10
11
30
perché ora noi ci ritiriamo a riposo e, allora vi darò il nuovo indirizzo. Il vaglia lo
ricevei già da qualche giorno. Ora sarò e state quieti e fatevi coraggio come lo faccio
io. Vi saluto caramente e vi bacio e salutate tutti i parenti e amici. Vostro figlio
Paolo12.
3)-REGISTRI DEI RUOLI MATRICOLARI DEL DISTRETTO DI BRESCIA.
Sin dall’epoca napoleonica (1897-1814) i comuni erano tenuti a compilare dei
registri “liste di leva”, per registrare anno per anno i nominativi dei maschi nati nei
loro comuni. All’età di 18-19 anni i maschi venivano convocati, attraverso la
famosa cartolina rosa, all’Ufficio di Leva del Distretto per essere iscritti nei registri.
Dopo essere stati sottoposti alla visita medica e assegnati ai vari corpi (alpini,
artiglieria, bersaglieri, fanteria, marina…) veniva loro assegnato un numero di
matricola. Di seguito ad esso, venivano annotati: nome e cognome del militare,
paternità e maternità, data e luogo di nascita, residenza, dati fisici, segni
particolari, se sapeva leggere e scrivere e la professione. Su questo registro
venivano registrate tutte le note, gli spostamenti delle varie zone di esercitazioni
e/o di guerra, le malattie, i ferimenti, i ricoveri, le licenze, gli encomi, le campagne,
le Croci e le Medaglie al Valor Militare,cioè tutta la vita del militare fino al congedo
illimitato. I vari registri così costituiti, formano un fondo corposo. Per il Distretto
Militare di Brescia il primo registro è del 1874. Per quanto riguarda i militari di
leva, che parteciparono alla Prima Guerra, si devono considerare i registri che
vanno dal n. 1 del 1874, fino al n.208 della classe del 1900. Per il Distretto di
Treviglio i registri Matricolari di Leva delle classi 1875 al 1900 sono 39 (1-39).
4)-FONDO DISTRETTO MILITARE DI BRESCIA-Serie fascicoli Militari cl. 18771919
Questa serie è stata riordinata in ordine alfabetico in base ai cognomi dei militari.
Purtroppo le sette buste che, compongono questa serie, sono ciò che rimane di una
più vasta raccolta. Ogni militare, oltre ai registri dei Ruoli Matricolari, avevano i
fascicoli personali, le cui carte servivano per compilare e aggiornare i registri dei
ruoli. Si trovano in questa serie due fascicoli riguardanti una donna partigiana.
Purtroppo tantissimi i fascicoli sono andati dispersi13.
12
13
La lettera si trova collocata in ASBs, Carteggi Prima Guerra Mondiale, b. 40, n. (1940)/3994.
Il riordino è stato curato dalla sig.ra Ornella Faini.
31
5)-FONDO DISTRETTO MILITARE DI BRESCIA-Serie Particolari, registri e
carteggio militare. Registri cl. 1857-1966-Carteggi anni 1941-1989.
Nelle Serie Particolari, dell’archivio del Distretto Militare di Brescia sono stati
raccolti registri e carteggi relativi a particolari situazioni scaturite da situazioni
legate ad eventi che hanno prodotto i loro effetti e poi si conclusero con cessazione
dal servizio. Le buste sono 8, qui di seguito vengono elencate sole le buste che
riguardano il periodi della Prima Guerra Mondiale.. Nella busta n. 1 si trovano due
registri dei Ruoli matricolari militari di Valvestino (Trento) 1879-1913. Nella
busta n. 2 sono collocati tre volumi dei Ruoli Matricolari della Croce Rossa Italiana,
per gli anni 1857-1966. Nella busta n. 6 si trova il carteggio e documenti dei Ruoli
matricolari dei Cappellani militari di varie classi dal 1883 al 1944. Nella busta n. 7
si trovano le rubriche e i ruoli matricolari delle donne partigiane e patriote delle
classi 1884 al 1919.
6)-NASTRO AZZURRO-SEZIONE DI SALO’
Sin dal 1990 si trova depositata, presso l’Archivio di Stato di Brescia, la raccolta
documentaria e dei cimeli della sezione Nastro Azzurro di Salò. Il museo del Nastro
Azzurro nacque nel 1943 per voler del cav. Luigi Ebranati di Salò, decorato al valor
militare. L’Ebranati coadiuvato da altri volontari, riuscì ad allestire un piccolo
museo unico in Italia, nelle sale del palazzo Fantoni di Salò nbel suo genereche
costituiva il Museo Storico sin dal 1934 ed ospitato nel palazzo Fantoni di Salò. Il
museo fu poi smantellato e poi deposito in seguito al parere negativo, espresso dal
Ministero dei Beni Culturali, per il riconoscimento dello stato giuridico di
Fondazione alla sezione Nastro Azzurro di Salò. I materiali raccolti in vari decenni,
dal presidente Luigi Ebranati, riguardano epistolari, fotografie, memorie in
originale o in copia, riviste, opuscoli, mensili delle varie associazioni di ex
combattenti dagli alpini ai bersaglieri, dagli artiglieri ai marinai, dal grande
generale come Achille Papa ai poeta comandante Gabriele D’Annunzio,
protagonista dell’impresa Fiumana. Cimeli e decorazioni militari della Grande
Guerra a quelli della Seconda. I cimeli, gli epistolari della Prima Guerra Mondiale
erano stati originariamente collocati, in bella mostra in bacheche e in pannelli
nella seconda sala del museo. L’intento del fondatore era di ricordare e di
testimoniare gli atti di eroismo che i nostri soldati fecero nei vari combattimenti
32
per la conquista del Monte Ortigara, o del Monte san Michele, o della Bainsizza o
della Quota Madoni. Nella chiusura del museo le armi bianche, che erano appese
alle pareti, rimasero nel palazzo Fantoni, mentre il materiale cartaceo e
documentario fu messo in varie scatole, senza un ordine preciso e depositate
all’Archivio di Stato di Brescia. Dopo il riordino archivistico, la raccolta si compone
ora di 24 buste14. La busta più ricca di notizie è senza dubbio quella riguardante il
generale Achille Papa, Medaglia d’Oro al Valor Militare, caduto sul campo nel
fronte dell’Isonzo nell’ottobre del 1917. Comprende manoscritti, dattiloscritti,
cartoline, fotografie e pubblicazioni riguardante le vicende di questo
“eroe”
bresciano.
Censimento delle fonti relative alla Provincia di
Cremona
A cura di Raffaella Poltronieri
Il materiale d’archivio
La memoria materiale della Grande Guerra è giunta nei luoghi culturali cremonesi
in scarsa quantità: nessun cimelio è conservato nel Museo Civico e solo poche e
sintetiche informazioni relative ai combattenti sono ricavabili dal materiale
conservato in Archivio di Stato, da cui venne prelevato nel 1991 il fondo del
Distretto militare per essere trasferito nell’Archivio di Stato di Brescia. In
quest’ultimo è dunque conservata una notevole quantità di fonti dirette dei soldati
cremonesi, ben 534 tra lettere, cartoline e fotografie facenti parte del fondo
“Carteggi della Guerra 1915-1918”, materiale in parte reso noto da Lucio Fabi in
“Notizie dal fronte: soldati della provincia di Cremona nelle trincee della Grande
Guerra”, volumetto di interesse squisitamente locale datato 2005.
Nell’archivio cremonese sono comunque ancora conservate le Rubriche (18671925), i Ruoli matricolari (1844-1925), di cui in particolare possiamo ricordare
i 59 volumi degli anni compresi tra 1892 e 1899, e i Fascicoli personali (18901925), decisamene lacunosi per gli anni 1898 e 1899.
14
Il riordino archivistico e l’inventario è stato curato dalla dott. ssa Mariella Annibale Marchina.
33
Studi e pubblicazioni locali sulla Grande Guerra
Tra le poche pubblicazioni dedicate alla prima guerra mondiale prodotte nel
territorio sono di particolare interesse i volumi della casa editrice Persico Europe
di Cremona, creatrice della collana Il segno della guerra, il cui intento è quello di
ricostruire gli eventi bellici attraverso materiale ufficiale, fotografie e storie
personali al fine di comprendere il dramma di quegli anni attraverso gli occhi di chi
l’ha vissuto in prima persona.
La collana ha cercato di affrontare questo tema proponendone diversi punti di
lettura: dalla ricostruzione di biografie particolarmente avvincenti di soldati non
necessariamente cremonesi, ad esempio in “Quaderno di guerra. Carso, Altipiani,
Caporetto: la Grande Guerra nella memoria autobiografica del caporale Giuseppe
Marchesotti” o “Enrico Toti: una storia tra mito e realtà”, fino a trattazioni di più
ampio respiro, come il libro “I cavalieri del cielo: l’aviazione militare italiana dalle
origini alla Grande Guerra: le aviazioni con stellette in Italia oggi”.
La collana propone anche studi mirati delle aree più coinvolte negli eventi bellici,
ad esempio nel volume “Villesse: 1914-1918: piccole storie di una grande guerra”,
incentrato sui racconti del borgo friulano, “Trincee della memoria. La Grande
Guerra in Carnia, in Val Dogna e sullo Jof di Miezegnot”, “Le strade della memoria:
itinerario storico e sentimentale sui luoghi della Grande Guerra”, e “Quando fui sui
monti Scarpazi: 1914-1918: ricordi e testimonianze delle grande guerra in
Trentino”.
L’unico volume della collana di interesse strettamente locale è il già citato “Notizie
dal fronte” di Lucio Fabi, nato dallo spoglio dei 534 documenti conservati
nell’archivio di Brescia: l’autore ha cercato di ricostruire molti dei profili degli
autori delle lettere, in parte anche trascritte e corredate di numerose fotografie
degli stessi combattenti.
Indirettamente legato alla tematica dei soldati cremonesi è “Anna Adelmi
donna in guerra. Antologia degli scritti su «Libera Parola» settimanale
socialista di Crema durante la Grande Guerra”, una raccolta dei 74 articoli
pubblicati tra 1914 e 1920 dalla giovane cremasca a testimonianza della situazione
di disagio, povertà e disperazione vissuta dalle famiglie rimaste a Crema mentre la
guerra le privava dei loro uomini.
Sempre inerente alla questione giornalistica, seppur di carattere più generico,
l’editore Persico ha stampato “E se non partissi anch’io. Giornalisti dal fronte,
34
informazione culturale e terza pagina dalla Grande Guerra al Fascismo”,
illustrando le modalità ed il contenuto delle diverse fonti di informazioni che
hanno trattato la tematica delle due guerre.
Strettamente legato al territorio è invece il volumetto “Pietas, per una cultura
della memoria e della pace”, a cura del sindaco di Castelverde Carmine Lazzarini,
che ha così voluto diffondere la ristampa anastatica due libretti diffusi dallo stesso
comune in tempo di guerra: “Castelverde ai suoi soldati. Natale 1916” e
“Castelverde a’ suoi morti. Guerra 1915-1918”.
Il primo fascicoletto venne realizzato per essere inviato a tutti i castelverdesi che si
trovavano al fronte, al fine di tenerli aggiornati su tutti i dati storici, geografici e
statistici relativi al paese, elaborati dal sindaco dell’epoca Primo Ferrari; il testo
continua poi con una sezione di brevi racconti di guerra del Sergente Avvocato
Professore Ubaldo Ferrari e del Dottor Ercolano Cappi.
Il secondo libretto, datato 1919, è invece dedicato al ricordo dei 46 compaesani
caduti in guerra, la cui carriera militare venne ricostruita attraverso brevissimi
profili descrittivi.
Ancora di interesse locale è il libretto intitolato “Al colonnello Giuseppe Cugini”
pubblicato nel 2001 in occasione del ventesimo anniversario della morte
dell’illustre cremonese, a cura della Sezione Combattenti, Reduci e Simpatizzanti di
Castelleone. La stessa associazione, particolarmente attiva anche relativamente
agli eventi della seconda Guerra Mondiale, si occupa altresì di organizzare mostre
e manifestazioni patriottiche, nonché ampliare la propria collezione di cimeli
militari.
Allo stesso Giuseppe Cugini, studioso di storia locale, si deve la “Storia di
Castelleone dal 1700 al 1946,” in cui compare una sezione piuttosto nutrita
dedicata alla guerra del 1915-1918, in cui vengono descritti in ordine cronologico
tutti gli eventi bellici concludendo tale capitolo con l’elenco dei 226 castelleonesi
morti o dispersi durante il conflitto.
Da segnalare è infine la tesi di laurea dalla Dott.ssa Tiziana De Piccoli, studio
piuttosto recente che ha contribuito ad incrementare il genere biografico relativo
ai soldati cremonesi: “Per la memoria della Grande Guerra: lettere e diari di
Italo Taddei”, è infatti una raccolta delle testimonianze del soldato nato a
Casalmaggiore nel 1890.
35
Altre pubblicazioni su soldati cremonesi
Tutte le lettere scritte dal soldato Giuseppe Denti, maestro elementare di Cingia de’
Botti classe 1882, sono state raccolte in un intenso volume intitolato “Siamo qui
come le foglie”, in cui l’animo sensibile e istruito di quest’uomo, tanto lontano dagli
orrori della guerra, viene disegnato dalle parole dello stesso protagonista.
Allo stesso modo sono le parole degli stessi reduci a dar vita alle pagine dedicate ai
soldati cremonesi nel libro “La Grande Guerra: operai e contadini lombardi nel
primo conflitto mondiale”, in cui nove sopravvissuti hanno lasciato, a più di
sessant’anni dalla fine della guerra, forti testimonianze degli orrori vissuti.
In ultimo è doveroso menzionare il testo “Uomini o colpevoli?: il processo di
Pradamano, quello alla Brigata Sassari a Monte Zebio e altri processi militari della
Grande Guerra”, in cui gli autori hanno incluso nei loro racconti anche alcune storie
di soldati cremonesi dichiarati colpevoli di tradimento.
Censimento delle fonti relative alla Provincia di
Lecco
A cura di Sara Stefanoni
A.- Censimento Fonti Inedite
Si. M. U. L. - Sezione Separata d'Archivio e Fototeca
Per la ricostruzione delle vicende relative ai soldati originari del territorio
lecchese, che presero parte al primo conflitto mondiale, sono da considerare
d'importanza primaria i diversi materiali conservati presso il Sistema Museale
Urbano Lecchese, principalmente nella Sezione Separata d'Archivio e nella
Fototeca.
Andrebbe in realtà menzionata anche la Biblioteca Specializzata, che conserva
moltissimi volumi dell'epoca, i quali non sono definibili a priori d'interesse o meno
per questa ricerca. Purtroppo in questo momento le pubblicazioni sono ricoverate
in outsourcing presso una ditta specializzata di Cremona e non esiste inventario
(cartaceo o digitale) dei materiali.
36
Sezione Separata d'Archivio
Nata nel 1981 per sopperire alla mancanza di un Archivio di Stato nella provincia
di Lecco, la Sezione Separata d'Archivio comprende
fondi di fondamentale
interesse per il reperimento di fonti inedite sul detto periodo. Il materiale è di
natura piuttosto composita ed è parte integrante del patrimonio gestito dai musei
cittadini.
Il fondo “Prima Guerra Mondiale” è composto da un totale di 15 cartelle di
documenti tra loro eterogenei, tutti di grande interesse, con datazione compresa
tra il 1915 ed il 1922 ed in condizioni di conservazione prevalentemente buone. È
composto in massima parte dai materiali che erano stati esposti, unitamente a
cimeli e altri militaria, nelle sale dedicate alla Prima Guerra Mondiale del Museo
Storico, inaugurato nel 193315, con sede nella trecentesca Torre Viscontea di
Lecco16.
Numerose sono le cartoline, con dimensione quasi sempre di cm 14x9, compilate e
non, per la maggioranza con soggetti di tipo propagandistico. Le raffigurazioni
riprodotte sono infatti riconducibili ad alcuni canoni fissi, elaborati dall'apparato
del Ministero della Guerra, per raccogliere il consenso della popolazione. Il primo
di questi è costituito dalla riproposizione di un repertorio di simboli e allegorie di
tipo patriottico. Il secondo è formato da fotografie e disegni che ritraggono militari
al fronte durante il tempo libero ed in combattimento. Vi sono poi
rappresentazioni volte ad incentivare la sottoscrizione di prestiti nazionali per il
sostentamento di orfani e vedove di guerra, oltre che degli stessi militari.
Sono presenti nel fondo anche piccole pubblicazioni a stampa di provenienza
nazionale, perlopiù opuscoli di promozione del conflitto in corso, oltre che
periodici, sempre di carattere propagandistico, molto probabilmente distribuiti ai
combattenti in trincea. Molti i manifesti volti a stimolare nella popolazione
trasporto emotivo ed amor patrio. Non mancano copie, non distribuite, di tessere
alimentari destinate alle famiglie del Comune di Lecco. È consistente anche il
numero di mappe rappresentanti varie e differenti zone di guerra. Altre
testimonianze importanti sono rappresentate dai panorami fotografici di diversi
luoghi dove si svolse il conflitto.
15
16
P. TOCCHETTI (a cura di), Il Civico Museo Storico, Lecco 1939.
G. L. DACCÒ, Il Museo Storico di Lecco, in “Archivi di Lecco”, XXXIV (2011), n. 4, pp. 18-23.
37
Le cartelle più significative sono però la n. 3, 7, 9 e 15. Nella cartella n. 3 sono
conservate circa cento cartoline postali inviate da diversi soldati a famiglie e
conoscenti residenti a Lecco, Como e Milano. Molte di queste (quasi la metà) sono
indirizzate alla famiglia Villa del rione di Acquate di Lecco.
La cartella 7 è composta, quasi nella sua totalità, da pubblicazioni di carattere
locale realizzate negli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto in
memoria dei caduti lecchesi. Sempre in questa cartella sono da segnale 38 fogli,
spesso incompleti, sia dattiloscritti che manoscritti, il cui soggetto produttore non
è per ora individuabile, contenti descrizioni di molteplici battaglie, richiesta di
materiali (bellici e logistici) per le truppe e alcuni documenti riservati su azioni
militari.
La cartella 9 contiene un nutrito numero di lettere e cartoline postali, aventi come
mittente differenti soldati al fronte, in risposta agli scritti inviati dalla maestra
milanese Dina Agostoni. È presumibile che la maestra scrivesse in classe,
unitamente ai suoi alunni, numerose lettere da recapitare ai militari che non erano
soliti ricevere posta dalla famiglia.
L'ultima cartella, la numero 15, è composta da un albo nominato “Album 16”, in cui
sono contenute tessere annonarie mensili, tessere per malati e profughi, tagliandi
di razionamento zucchero, tessere di riconoscimento, oltre che altre tipologie di
documenti della vita quotidiana nel cosiddetto “fronte interno”. Gli anni in cui sono
state distribuite vanno dal 1917 al 1921; i comuni produttori sono svariati, tra i
quali Prato, Bergamo, Sondrio, Genova e Lecco.
Altro fondo conservato presso la Sezione Separata d'Archivio, la cui consultazione
risulta essere molto interessante ai fini della ricerca, è l'”Archivio Ufficio Notizie
della Croce Rossa”. Il fondo comprende 42 cassettiere con schede cartacee nominali
più otto faldoni, per un totale di 50 metri lineari, tutti riguardati gli anni compresi
tra il 1915 ed il 1918. L'Ufficio Notizie, creato da un gruppo femminile di
volontarie residenti nel lecchese17, si occupava di fornire informazione alle
famiglie del territorio in merito ai propri cari stanziati al fronte. Le schede
nominali, intestate ai singoli militari del territorio di Lecco, venivano aggiornate
17
M. ROSSETTO, A. BENINI, Musei Civici. Biblioteca. Sezione Separata d'Archivio, in I fondi
speciali delle biblioteche lombarde, volume secondo. Censimento descrittivo, a cura dell'ISTITUTO
LOMBARDO PER LA STORIA DELLA RESISTENZA E DELL'ETÀ CONTEMPORANEA, Milano, 1995, p.
432-441.
38
periodicamente e contengo informazioni quantitativamente differenti tra loro,
legate ai dati anagrafici, gli spostamenti in zona di guerra, le ferite subite, i ricoveri,
la prigionia e gli eventuali decessi.
È da segnalare inoltre, conservato anch'esso presso la Sezione Separata d'Archivio
di Lecco, l'“Epistolario del Generale Giuseppe Pennella”, originario di Rionero in
Vulture (Potenza) e morto a Firenze nel 1925. Le lettere private, unitamente a
fotografie del noto ufficiale, sono conservate in un fascicolo con datazione
compresa tra il giugno del 1915 e l'ottobre del 1918.
Fototeca
Nella Fototeca del Si.Mu.L., fondamentale archivio iconografico per ripercorrere la
storia del territorio lecchese, sono contenute circa 4000 unità (cartoline e
fotografie), tra cui immagini relative alla grande guerra, purtroppo non sempre
riconducibili a situazioni o persone specifiche.
In mancanza di un inventario dettagliato e completo dei diversi aggregati
collezionistici, va segnalato comunque il “Fondo Giuseppe Pessina”, derivato da una
donazione ai musei lecchesi da parte del Gruppo '66 di Milano, di cui il Pessina fu il
mentore e a cui donò le proprie stampe e lastre fotografiche. Fra queste figurano
alcuni scatti molto famosi ripresi da Pessina in zone di guerra, in particolare
durante la ritirata di Caporetto, purtroppo largamente lacunosi poiché il fotografo
ne perse la maggior parte durante la ritirata stessa18.
Archivio di Stato di Como: “Fondo Distretto militare di Como”
Essendo la provincia di Lecco nata solo nel recente 1992 e facendo parte sino a
questa data della provincia di Como, tutta la documentazione riguardante il
territorio lecchese, tra cui quindi anche quella relativa ai militari, è conservata
presso l'Archivio di Stato di Como.
Il fondo inerente l'oggetto della ricerca è quello relativo al Distretto Militare di
Como, ove è confluito il materiale prodotto dal Distretto Militare di Lecco.
Complessivamente costituito da 937 registri e 1430 buste, il fondo comprende
fascicoli personali, ruoli e fogli matricolari relativi ai nati negli ex distretti di Como
18
B. CATTANEO, Segni, storie, fotografie tra Lecco e Milano. Giuseppe Pessina e il Gruppo 66,
Milano 1999.
39
e Lecco negli anni 1842-1925, come indicato nella Guida Generale degli Archivi di
Stato.
Lettere di Francesco Sapia
Conservato presso un archivio privato, trattasi di un quaderno a quadretti
contenente la trascrizione delle 71 lettere inviate ai famigliari da Francesco Sapia,
militare morto sul Pasubio di piombo austriaco a soli 19 anni. Il carteggio
traslitterato ha inizio il 2 dicembre 1915 e termina il 2 luglio 1916, giorno della sua
morte in battaglia. Sullo stesso quadernetto sono stati trascritti i testi di alcuni
articoli commemorativi comparsi sulla stampa locale (“Cronaca di Calabria”, “La
lotta”, “La giovine Calabria”) e nazionale (“Il veneto”, “Il popolano”, “La cultura
dello spirito”, “Roma” e “I diritti della scuola”) dal 10 agosto 1916 al 26 ottobre
1916.
Archivi Storici Comunali
Altrettanto utile per una ricerca capillare di tutti i nominativi dei partecipanti
lecchesi alla grade guerra, è la consultazione dei fascicoli classificati con il titolo
“Leva e truppe” dei singoli comuni secondo il titolario utilizzato nel detto periodo .
È stata inviata una comunicazione con richiesta di informazioni da parte del
Direttore del Si.Mu.L., Dott. Mauro Rossetto, e dalla sottoscritta alla quale hanno
risposto in modo completo e celere i Comuni di Casatenovo, Calco, Calolziocorte,
Lecco, Merate e Primaluna, inviando copia dell'inventario e altro materiale di
notevole interesse. Da segnalare la grande disponibilità e collaborazione del
Comune di Bosisio Parini, del suo Sindaco, l'Avv. Giuseppe Borgonovo, e dell'Ing.
Claudio Grimoldi, i quali hanno messo a disposizione materiali e ricerche
estremamente utili ai fini della ricostruzione della storia di vita del soldato Luigi
Ratti.
B. - Censimento Fonti Edite
Di seguito un elenco, in ordine cronologico, delle pubblicazioni locali più
significative ed utili a ricostruire le vite dei soldati del territorio provinciale che
combatterono la prima guerra mondiale, seguito da breve recensioni.
- Fermo Magni, Quando fummo coi fanti della Brigata Lario, Lecco, 1919.
40
Racconto autobiografico del soldato Fermo Magni e della sua esperienza di guerra
presso il 233° e 234° Reggimento Fanteria, denominato Brigata Lario.
- Segnando colla morte gli ideali della vita alla presente e alle future generazioni...,
Lecco, 1920.
Memoriale edito a cura dell'Istituto tecnico comunale pareggiato “G. Parini” di
Lecco in ricordo degli studenti e degli insegnanti caduti nel conflitto.
- I lecchesi caduti nella Grande Guerra 1915-1918, Lecco, 1922.
Album di 70 pagine non numerate raggruppanti informazioni anagrafiche e
fotografie dei caduti della città di Lecco, ordinati per cognome e divisi tra caduti in
battaglia, morti in prigionia, morti per malattia o incidenti e dispersi.
- Biografie di Soldati premanesi, in “Il Corno. Periodico premanese redatto dal
circolo giovanile”, Premana, 1965- 1971.
All'interno di quasi ogni numero del periodico locale “Il Corno”, negli anni tra il
1965 ed il 1971, sono stati pubblicati brevi memoriali dedicati ai soldati premanesi
che hanno perso la vita nel corso di entrambi i conflitti mondiali. Oltre ai dati
anagrafici, nelle cronache sono riportati episodi significativi della vita di questi
militari, non dedotti solo dalla documentazione ufficiale, ma provenienti da fonti e
testimonianze orali, utili a delinearne il profilo sociologico in aggiunta alle
esperienze militari.
- Corrispondenza di guerra e diario inedito di prigionia del lecchese Nino Castelli, in
“Archivi di Lecco”, Lecco, 1979-1981.
Pubblicazione delle lettere, probabilmente non nella loro totalità, scritte dal
lecchese Nino Castelli ed indirizzate alla famiglia, per un arco di tempo che va dal 6
luglio 1915 al 1918. Dato l'elevato numero degli scritti, in totale 212 trascritti,
l'articolo è stato diviso in 7 parti, comparse nei seguenti numeri della rivista
“Archivi di Lecco”:
- Parte I (6 lug. 1915-28 mag. 1916): a. II, n. 1 (gen.-mar. 1979);
- Parte II (17 giu.-28 dic. 1916): a. II, n. 2-3 (apr.-set. 1979);
- Parte III (3 gen.-21 set. 1917): a. III, n. 1-2 (gen.-giu. 1980);
- Parte IV (3 ott. 1917- 26 feb. 1918): a. III, n. 4 (ott.-dic. 1980);
- Parte V (17 mar.-10 mag. 1918): a. IV, n. 1 (gen.-mar. 1981);
41
- Parte VI (12 mag.-22 ago. 1918): a. IV, n. 2 (apr.-giu. 1981);
- Parte VII (1 set. 1918-28 nov. 1918): a. IV, n. 3 (lug.-set. 1981).
- 70 anni fa. Cara mogliettina. L'epistolario dal fronte dol poer Roch, in “Il Corno.
Periodico premanese redatto dal circolo giovanile”, Premana, 1988-1989.
Trascrizione di parte dell'epistolario tenuto dal premanese Rocco Codega con la
moglie ed alcuni famigliari tra l'aprile 1915 e il dicembre 1917. La corrispondenza
è pubblicata in più riprese, non sempre secondo l'ordine cronologico dei
documenti, nei seguenti numeri del periodico locale “Il Corno”:
- Parte I : a. XXV, n. 2 (lug. 1988)
- Parte II: a. XXV, n. 3 (ott. 1988)
- Parte III: a XXV, n. 4 (dic. 1988)
- Parte IV: a. XXVI, n. 1 (S. Pasqua 1989)
- Parte V: a. XXVI, n. 3 (ott. 1989)
- Parte VI: a. XXVI, n. 4 (dic. 1989)
- Antonio Bellati, Vit de quai sort: un paese, una dittatura, una guerra, una
resistenza, Premana, 1998
In questo testo dedicato alla storia del Comune di Premana, una prima breve parte
(pp. 28-45) è riservata a notizie storiografiche del comune e dei suoi abitanti
durante il periodo della Grande Guerra.
Censimento delle fonti – Provincia di Pavia
A cura di Andrea Pozzetta
Alcune considerazioni preliminari
Una ricerca sui giovani soldati pavesi nella Prima guerra mondiale può incontrare
alcune problematiche presumibilmente comuni ad altre province lombarde o, in
generale, al contesto nazionale, ma anche alcune peculiarità riconducibili allo
specifico ambito pavese. Per quanto riguarda il primo aspetto, si fa riferimento alla
questione, già ampiamente affrontata in sede storiografica, di una sovrabbondanza
di fonti sull’esperienza di guerra riconducibili a soldati appartenenti ai ceti
intellettuali o alle classi dominanti, rispetto a una minor consistenza numerica di
42
testimonianze, diari, lettere, memorie provenienti dalle classi subalterne; si tratta
di una mancanza che può comunque essere parzialmente integrata con un uso
critico di fonti ufficiali, come documenti militari o medico-ospedalieri.
Di conseguenza, è necessario combinare queste riflessioni generali con un secondo
ordine di considerazioni attinenti alla specificità dell’ambito pavese: durante la
Prima guerra mondiale Pavia è contemporaneamente città universitaria – quindi
un vasto bacino di concentramento di giovani reclute o futuri soldati provenienti
da ogni parte d’Italia –, città ospedaliera – dunque luogo di degenza di migliaia di
soldati feriti – e centro particolarmente vivace di mobilitazione e agitazione
dell’interventismo democratico, radicale e repubblicano. Queste peculiarità si
rispecchiano naturalmente nella qualità e quantità delle fonti: la gran parte delle
testimonianze epistolari o diaristiche conservate negli archivi e istituti pavesi
fanno dunque riferimento a giovani studenti di origini borghesi, cresciuti nella
città di Pavia, in gran parte imbevuti di miti risorgimentali e garibaldini e convinti
interventisti; lo spazio della provincia, agricola e contadina, risulta grandemente
sottodimensionato. D’altro canto, possono essere a disposizione degli studiosi fonti
particolari per una ricostruzione biografica dei giovani soldati, ad esempio i
fascicoli personali degli studenti universitari oppure cartelle cliniche, schede di
ricovero ecc. provenienti dagli ospedali sussidiari di Pavia.
Archivi e centri visitati
Archivio di Stato di Pavia
Raccoglie i ruoli matricolari e i fogli matricolari dei soldati della provincia di Pavia
mettendo a disposizione dello studioso una quantità variabile di dati: in alcuni casi
le schede sono lacunose, ma permettono di rendere conto dell’inquadramento
militare dei soggetti e, in alcuni casi, della condotta, delle eventuali accuse o
denunce di insubordinazione, diserzione ecc., dei provvedimenti disciplinari, di
episodi particolari come ferimenti o attestazioni al valore.
Museo del Risorgimento di Pavia
Il museo pavese del Risorgimento, parte dei Musei civici del castello Visconteo,
conserva un composito fondo documentario relativo a cittadini pavesi coinvolti
nella Prima guerra mondiale. I documenti sono stati donati e versati al Museo in
43
tempi molto differenti (alcuni nel primo dopoguerra, altri in anni più recenti); si
tratta di circa 250 immagini fotografiche, raccolte varie di cartoline e di lettere dal
fronte, diari e memorie di guerra.
Tra i fascicoli più interessanti conservati, si possono ricordare: una raccolta di
disegni, ritratti e bozzetti del pittore Ambrogio Casati, alcuni utilizzati per la
realizzazione di cartoline propagandistiche; parte della corrispondenza di
Giuseppe Franchi Maggi dal fronte allo zio Giacomo Franchi; album e raccolte di
fotografie attestanti soprattutto la dimensione privata dei soldati, in particolare i
legati Rampoldi e Cozzi. Sono inoltre presenti alcuni diari di sodati pavesi, tutti
pubblicati: il diario da Celle lager di Angelo Rognoni, futurista pavese, il diario dal
fronte di Leone Strada, le “note di guerra” di Carlo Allini, il diario di guerra di
Giuseppe Resegotti.
Archivio Storico Civico
Presso l’archivio storico civico, conservato dalla Biblioteca civica “C. Bonetta”, è
conservata una raccolta miscellanea denominata “Guerre mondiali e propaganda
politica (1914-1948)”; al suo interno, la cartella “Prima guerra mondiale” conserva
soprattutto corrispondenza di soldati dal fronte e documenti ufficiali (attestati,
diplomi, certificati ecc.). Tra le serie più complete e consistenti si possono citare: i
documenti di Maria Cozzi e le lettere di condoglianze alla famiglia; la copiosa
corrispondenza di Giuseppe Franchi Maggi alla famiglia; la corrispondenza di Carlo
Ridella (in parte pubblicata), già direttore della “Provincia Pavese”.
Di particolare interesse per ricostruire il dibattito politico a Pavia negli anni della
Grande guerra è anche la cartella denominata “Ordini del giorno, rapporti,
circolari, volantini, manifesti” che raccoglie anche volantini di gruppi studenteschi
interventisti.
Infine, è presente la raccolta “Schede dei militari ricoverati negli ospedali
sussidiari di Pavia (1915-1919)” che conserva i dati medico-anagrafici di circa
20.000 soldati e ufficiali.
Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea
Il fondo “Varie e personali – ISR di Pavia” conserva, tra i vari materiali, anche
alcune serie di fotografie relative a Pavia durante la Prima guerra mondiale (ad
44
esempio fotografie dei soldati ricoverati negli ospedali) e a singoli soggetti in
guerra (in particolare i già citati Carlo Ridella e Giuseppe Franchi Maggi).
Nello stesso Istituto è anche conservato il ricchissimo fondo “Vivanti Augusto” che
conserva
l’intero
archivio
di
Vivanti,
soldato
nella
Grande
guerra
e
successivamente storico locale: oltre a una consistente raccolta fotografica, è
presente l’intera corrispondenza dal fronte ad amici e famigliari, in gran parte
pubblicata.
Archivio Storico dell’Università di Pavia (solo parzialmente consultato)
I fascicoli personali degli studenti presenti nell’archivio storico dell’Università,
possono essere utili fonti per la ricostruzione della vita universitaria dei giovani
successivamente reclutati nell’esercito; contengono dati riguardanti il percorso di
studi, i giudizi negli esami sostenuti, le tesi di laurea.
Di grande interesse sono inoltre le pratiche riguardanti il conferimento delle
lauree honoris causa agli studenti caduti in guerra: esse contengono fotografie
degli studenti caduti, documenti utili per ricostruire le cerimonie delle lauree
honoris causa, manifesti e voltanti e una corposa cartella di corrispondenza con i
famigliari dei caduti; quest’ultima è di grande utilità in quanto conserva tutta la
documentazione inviata dai famigliari degli studenti caduti all’Università, dunque
biografie, ricordi, ritagli di necrologi e articoli di giornale, trascrizione di lettere e
cartoline.
Seminario Vescovile di Pavia
Presso il Seminario di Pavia, Archivio privato del Rettore, è presente un faldone
contenente 628 missive di seminaristi chiamati alle armi e di cappellani al rettore
del Seminario stesso. Alcune delle lettere più significative sono state pubblicate ma
la gran parte rimangono inedite.
Ospedale Psichiatrico provinciale di Voghera (fondo non consultato –
richiesta di consultazione inviata ma risposta mai ricevuta)
Presso la sede dell’ex ospedale psichiatrico di Voghera è conservato l’archivio
contenente le schede personali dei ricoverati. Di particolare interesse perché
durante la Grande guerra ha avuto anche una sezione militare.
45
Censimento delle fonti relative alla Provincia di
Mantova
A cura di Costanza Bertolotti
Fonti archivistiche
1. Fonti conservate presso l’Archivio di Stato di Mantova
(Indirizzo: via Ardigò 11 - 46100 Mantova; Tel.: 0376 324441; Fax: 0376 222554;
e-mail: [email protected])
1.1 Archivio dell’Ufficio di leva di Mantova
(consistenza: 1165 pezzi tra buste, registri e pacchi)
Il fondo registra la popolazione maschile sottoposta a visita di leva, ordinata per
anno di nascita e mandamento territoriale di appartenenza, secondo la residenza
al compimento del 17° anno di età. Le leve militari conservate presso l’Archivio di
Stato di Mantova riguardano le classi di nascita dal 1846 al 1931. L'archivio si
presta ad indagini di tipo genealogico e seriale.
Dagli anni Novanta del secolo scorso l’Archivio di Stato di Mantova ha costituito
una banca dati indicizzando circa 180.000 nomi tratti dai registri delle liste di leva
militare, relativi i nati tra il 1860-1890, residenti nei settanta comini della
provincia. Il database, ideato e creato per evadere le richieste di discendenti di
emigrati mantovani residenti all’estero e in particolare in America Latina, si rivela
un utile strumento anche ai fini di uno studio dei soldati mantovani che
parteciparono alla prima guerra mondiale. Il progetto, promosso dall’Associazione
Mantovani nel Mondo-Onlus e dall’Archivio di Stato, si è avvalso di un
finanziamento della Regione Lombardia e prevede l’implementazione dei dati
riguardanti l'intero periodo 1847-1900. Il database è organizzato a schede; per
ogni nominativo sono indicati:

nome del padre

cognome e nome della madre

anno, mese e giorno di nascita della persona
46

Comune di nascita e di residenza

Professione
Annotazioni (relative all’arruolamento, es. abile, oppure renitente alla leva perché
emigrato)
Il database è consultabile, previa iscrizione al servizio, al seguente indirizzo web:
http://ricerchefamiliari.lombardinelmondo.org/index_archstato.asp
1.2 Archivio del Distretto militare di Verona
Le serie che interessano ai fini di una storia dei soldati mantovani che
parteciparono alla Grande Guerra sono due:
1) Ruolo matricolare Croce Rossa Italiana e Sovrano Ordine Militare dei Cavalieri
di Malta (consistenza: 2 volumi): contiene i ruoli matricolari relativi al personale
di assistenza (Sottoufficiali e truppa) e al personale direttivo (Ufficiali) della Croce
Rossa Italiana e del Sovrano Ordine Militare dei Cavalieri di Malta. Le classi di
nascita degli arruolati sono comprese fra la seconda metà del sec. XIX e i primi
decenni del sec. XX.
2) Ruoli e fogli matricolari (consistenza: 1104 buste e 252 registri): comprende i
ruoli e i fogli matricolari relativi agli arruolati appartenenti alle classi di nascita
1914-1937.
1.3 Archivio del distretto miliare di Brescia
(consistenza: 26 buste),
Il fondo comprende n. 90 fascicoli di ufficiali militari (classi di nascita 1896-1921)
appartenenti alla provincia di Mantova, pervenuti il 7 febbraio 2007 dal Distretto
militare di Brescia.
1.4 Associazione nazionale caduti e dispersi in guerra di Mantova (19151980)
(consistenza: 115 bb., regg. e pacchi)
1.5 Associazione Nazionale Genieri e Trasmettitori (1912-1984)
47
(consistenza: 4 buste)
Nel 1965, per iniziativa della sezione mantovana dell’ANGT, che era nata al
termine della Grande Guerra, venne istituito un Comitato per le onoranze “Brigata
Mantova”, del quale fecero parte superstiti, familiari e simpatizzanti. La “Brigata”
era nata il 1° marzo 1915 ed era composta per lo più da mantovani, “con aliquote
di veronesi, bresciani e bergamaschi. A pochi giorni dal conflitto mondiale, sotto la
guida del leggendario generale Antonio Cantore, essa conquistò Ala e giunse alle
porte di Rovereto. Il comitato si prefisse i seguenti scopi: studiare i fatti storici ai
quali la Brigata aveva partecipato; onorare i caduti ed i superstiti; apporre lapidi o
steli nei luoghi più rappresentativi della Brigata per ricordarne il valore; proporre
alle commissioni toponomastiche interessate l’intitolazione di vie ai caduti o ai
combattenti; radunare, per quanto possibile, i superstiti.
1.6 Unione Insegnanti per la guerra nazionale di Mantova
(consistenza: 1 busta)
L’Unione ebbe la sua sede a Mantova in locali concessi dall’Accademia Virgiliana.
Fra i soci e i responsabili si rilevano personaggi di spicco nel panorama culturale e
letterario mantovano dell’epoca, quali Benvenuto Cestaro, Giorgio Rossi, Mario
Pilo, Simonetta Quintavalle ed altri. L’adesione degli insegnanti di ogni ordine e
grado, dai maestri e dalle maestre di campagna ai professori liceali della città,
appare, se non imposta, almeno fortemente sollecitata dal Provveditorato agli
Studi e dai Dirigenti scolastici. La documentazione contenuta nei fascicoli è
composta prevalentemente da: corrispondenza, adesioni, propaganda bellica,
protocollo, elenco aderenti e verbali delle riunioni. Fra i soci e i responsabili si
rilevano personaggi di spicco nel panorama culturale e letterario mantovano
dell'epoca.
2. Fonti conservate presso l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di
Guerra-Sezione Provinciale di Mantova
(Indirizzo: Galleria E. Ferri, 6, 46100 Mantova, tel. 0376 321301).
L’Archivio dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra conserva la
documentazione prodotta tanto dalla sezione di Mantova, quanto dalle sezioni
provinciali di Revere, Sabbioneta e Suzzara a partire dal 1917. L’archivio conserva
48
– suddivisi in svariate serie archivistiche (ad es. Soci Morosi, Deceduti, Invalidi non
iscritti dopo l’autofinanziamento, ecc.) – i fascicoli nominativi dei combattenti ed
ex combattenti che si iscrissero all’associazione a partire dal primo dopoguerra. I
fascicoli nominativi contengono: a) la scheda di ammissione (dalla quale si
possono dedurre i dati anagrafici del socio, nonché e informazioni relative alla sua
carriera militare); b) documentazione di vario genere comprovante la carriera
militare del socio (in alcuni casi i ruoli matricolari) e le mutilazioni e i traumi
invalidanti da quest’ultimo riportati (ad es. referti di visite mediche). Tale
documentazione veniva prodotta e raccolta in ordine all’espletamento delle
richieste di vario tipo inoltrate dai soci stessi all’ANMIG e finalizzate al rilascio di
certificazioni e diplomi, alla concessione di pensioni di guerra e di invalidità,
all’ottenimento di assistenza al fine di trovare lavoro per sé o per i figli.
L’archivio è in corso di ordinamento e inventariazione, non è perciò possibile
fornire una indicazione precisa della consistenza archivistica.
3. Fonti conservate presso l’Archivio di Stato di Verona
(Indirizzo: via delle Franceschine 2/4 - 37122 Verona, Tel.: 045 594580, Fax: 045
8041453 e-mail: [email protected])
Nell’Archivio del Distretto militare di Verona si conservano ruoli e fascicoli
matricolari dei soldati mantovani delle classi dal 1866 al 1913. Si pensa a un futuro
trasferimento, non prossimo, presso l’Archivio di Stato di Mantova.
4. Fonti conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato
(Indirizzo: Piazzale degli Archivi, 27, 00144 Roma, Tel. 06 545481)
Il fondo “Tribunali militari di guerra-Prima Guerra Mondiale (1914-1918)”
contiene la serie “Intendenza zone retrovie di Mantova”, che contiene a sua volta
sentenze e verbali di dibattimento, risalenti all’anno 1919 (consistenza: 2 volumi).
Non si può escludere che nel fondo sia presente documentazione riguardante
militari mantovani processati.
5. Fonti conservate nella collezione privata del signor Amedeo Farina di San
Cataldo (Mantova)
49
Il signor Amedeo Farina ha raccolto, nel corso di una ricerca durata sessant’anni,
un corpus consistente di documentazione relativa alla Prima Guerra Mondiale:
giornali, riviste (in particolare copertine illustrate della «Domenica del Corriere»),
manifesti, fotografie, cartoline illustrate, documenti di carattere privato e
autobiografico. Questi ultimi rivestono particolare rilevanza ai fini di una ricerca
sui soldati mantovani che parteciparono alla Grande Guerra: le numerose cartoline
e i biglietti, raccolti dal signor Farina, inviati dai soldati mantovani alle loro
famiglie dal fronte, dalle caserme o dai campi di prigionia, permettono infatti di
farci un’idea delle idee e delle esperienze personali degli uomini, fossero essi
ufficiali o soldati semplici, che presero parte al conflitto.
6. Fonti conservate presso l’Archivio Storico Comunale di Mantova
(Indirizzo: Corso G. Garibaldi, 88, 46100 Mantova, Tel.: 0376 352707, Fax: 0376
2738061 e-mail: [email protected])
Una busta contenente materiale riguardante la Brigata “Mantova”, costituita il
primo marzo 1915 con i reggimenti 113° e 114°. Sciolta al termine del conflitto nel
novembre del 1919, si ricostituisce il 15 marzo 1942 a Verona come Divisione di
fanteria "Mantova”, con i reggimenti 113° e 114° di fanteria ed 11° di artiglieria.
(consistenza 1 busta)
7. Fonti conservate presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo
Stefano
Piazza Pellegrini Plinio, 1, Pieve Santo Stefano (Arezzo), Te.: 0575 799810, Fax
0575799810
Presso l’Archivio diaristico sono conservate le lettere inviate ai famigliari dal
mantovano Oliviero Sandri (1898-1953), combattente sul Piave e sull’Isonzo.
50
Censimento delle fonti relative alla Provincia di
Milano
A cura di Gregorio Taccola
Provincia di Milano
Il censimento delle fonti per la storia dei soldati nella Grande Guerra conservate
nella Provincia di Milano, corredato da statistiche precise sulla consistenza e la
tipologia del materiale presente, risulta l’esito finale di un percorso ad oggi appena
intrapreso.
L’anagrafe delle biblioteche e quella degli archivi, elaborate – rispettivamente – dal
Servizio Biblioteche della Provincia di Milano (Serv. Biblioteche-MI) e dal progetto
“Lombardia Beni Culturali” di Regione Lombardia in collaborazione con
l’Università degli Studi di Pavia (lombardiabeniculturali.it ), sono uno strumento
importante per l’individuazione dei soggetti preposti alla conservazione del
patrimonio bibliografico e archivistico. Il sistema bibliotecario della provincia di
Milano annovera attualmente 383 biblioteche aggregate in cinque sistemi
intercomunali: il Consorzio Sistema Bibliotecario Nord-Ovest (56 biblioteche;
CSBNO), il Sistema Bibliotecario Nord-Est Milano (7 biblioteche; MI-NE), il Sistema
Bibliotecario Milano Est (41 biblioeche, MI-E), la Fondazione per Leggere –
Biblioteche Sud Ovest Milano (62 biblioteche; MI-SO), e il Sistema urbano di Milano
(217 biblioteche; Sistema Urbano Milano).
Tra gli archivi storici e gli altri enti preposti alla conservazione di beni archivistici
Lombardia Beni Culturali conta nel territorio provinciale 423 soggetti conservatori
(numero da non considerare definitivo, essendo il database in continuo
aggiornamento).
A questi archivi e biblioteche devono inoltre essere sommate le iniziative di
raccolta e conservazione di biblioteche e archivi promosse da associazioni e da
privati che pur producendo complessi documentari talvolta rilevanti non sono
annoverati nei repertori a disposizione; a titolo di esempio, si ricordano il Centro
Sudi dell’ Associazione Nazionale Alpini (ana.it - centro studi) e la Società Storica
per la Guerra Bianca (guerrabianca.org).
51
A fronte di tale frammentarietà dei luoghi di conservazione si è scelto di
concentrare l’analisi su alcuni istituti della città di Milano, dove si trovano alcune
delle più importanti esperienze di conservazione di fonti bibliografiche e
archivistiche del panorama nazionale.
Archivio
di
Stato
di
Milano,
Via
Senato,
10
–
20121
Milano
(http://www.archiviodistatomilano.beniculturali.it/)
L’Archivio di Stato di Milano conserva il patrimonio archivistico non più occorrente
alle ordinarie esigenze di servizio degli organi periferici dello stato che hanno sede
nel territorio provinciale. Date le vicissitudini storiche sono presenti anche fondi
prodotti da enti che oggi hanno sede in altre province. Le fonti per la storia della
Grande Guerra individuate coincidono per la maggior parte con i complessi
archivistici dei distretti militari, che conservano tre tipologie di documentazione:
fogli matricolari, ruoli matricolari e relative rubriche (fanno eccezioni i documenti
dei distretti di Bergamo e di Treviglio che non comprendono i fogli matricolari). I
fogli matricolari sono fascicoli personali, approntati al momento dell’assegnazione
del numero di matricola, uno per ogni uomo chiamato a prestare servizio di leva:
dati anagrafici, caratteristiche fisiche, professione e carriera militare sono, più o
meno dettagliatamente, presenti in ogni fascicolo, mentre le altre informazioni
variano molto da caso a caso e dipendono dai documenti raccolti nel fascicolo per
le necessità dell’amministrazione militare (ad esempio: fogli notizie, certificati
penale, sentenze, carteggi). I ruolo matricolari, così come le rubriche, sono registri
suddivisi per classi di leva: nei primi, ordinati in base al numero di matricola, sono
indicati i dati anagrafici e la carriera militare dei soldati; nelle seconde, ordinate
alfabeticamente, si trova la corrispondenza tra nome del soldato e numero di
matricola. All’Archivio di Stato di Milano sono stati versati documenti dai seguenti
distretti militari:
• Distretto militare di Bergamo (classi di leva: 1895 - 1909)
• Distretto militare di Lodi (classi di leva: 1832 - 1924)
• Distretto militare di Milano (classi di leva: 1838 - 1924)
• Distretto militare di Monza (classi di leva: 1875 - 1924)
• Distretto militare di Treviglio (classi di leva: 1895 - 1909)
L’Archivio della Prefettura di Milano (1861-1900) è un altro complesso
archivistico conservato nell’Archivio di Stato con documenti d’interesse per la
52
ricostruzione della storia della Grande Guerra e delle persone che la hanno vissuta:
il Fondo Gabinetto, ed in particolare la I Serie, raccoglie il carteggio dell’ufficio di
gabinetto del prefetto fino al 1937; tra le categorie in cui è suddivisa questa serie,
per la presenza di documenti relativi al tempo di guerra, si segnalano: n. 1 - Casa
Reale; n. 4 - Prefettura; n. 6 - Enti locali; n. 8 - Agitazioni e Scioperi; n. 31 - Guerre;
n. 36 - Militare
Un altro archivio che potrebbe essere rilevante per lo studio dell’impatto e le
conseguenze della Grande Guerra nella società potrebbe essere l’Archivio
dell’Opera nazionale per gli invalidi di guerra di Milano – ONIG (392 buste, 98
metri lineari); esso conserva documentazione riguardante la rappresentanza
provinciale di Milano dell'ONIG (istituita con legge 25 marzo 1917, n. 481 e
riformata con r.d. 18 agosto 1942, n. 1175, convertito in legge 5 maggio 1949, n.
178). Non è stato possibile verificare gli estremi cronologici dell’archivio (che
conserva anche circa 16.000 fascicoli personali di invalidi) in quanto non è
inventariato ed escluso dalla consultazione.
Archivio Storico Civico, Castello Sforzesco, Piazza Castello, 1 – 20121 Milano (sito
web)
Presso l’Archivio Storico Civico di Milano l’analisi degli inventari ha permesso di
individuare i seguenti nuclei documentari da includere nel censimento sulle fonti
per la Grande Guerra che vengono indicati di seguito preceduti dalla
denominazione del fondo d’appartenenza.
• Acquisti e doni (sec. XV – XX) Il Fondo Acquisti e doni (24 cartelle) è una
raccolta miscellanea che conserva, nella parte moderna (sec. XX), due versamenti
di documentazione pertinente alla Grande Guerra, ed in particolare: un Album
barzellette di tipo miliare guerra 1910-1916, c. 28 f. 2; la documentazione relativa
alle onorificenze concesse ad Angelo La Cava, c. 29 registri e rotoli 15.
• Funzionari pubblici (1859 – 1927) Il Fondo Funzionari pubblici (55 cartelle)
contiene atti e documentazione amministrativa relativa a funzionari pubblici
comunali e statali operanti a Milano. Alcune sezioni del Fondo contengono pratiche
relative a disposizioni attuate in tempo di guerra: richiami alle armi, licenze e
permessi, requisizioni di locali e di generi alimentari. In particolare si segnalano le
seguenti sezioni del fondo:
53
••
Assessori (1910 – 1927), cartella n. 3. Lettre del sindaco per richieste
d’informazioni riguardo richiamo alle armi, licenze e requisizioni che interessano
alcuni assessori della giunta (due lettere, 1916-1918). Si segala inoltre la nomina
dell’assessore Enrico Giani alla Commissione sulla requisizione di cereali (1917) e la
lettera di commiato dell’assessore Polini dalla presidenza del Gruppo Dipendenti
Comunali ex combattenti.
•• Diversi membri. Commissioni diverse (1914-1919), cartella n. 39. Le esperienze
sulla regolamentazione del scorte alimentari in periodo di guerra sono
testimoniate anche per il territorio di tutta la Provincia di Milano con la nomina
dell’assessore Enrico Giani al Consorzio Granaio Provinciale (1917). In questa
sezione del fondo si trova inoltre taccia del Comitato promotore per l’erezione di
un’officina di protesi per i mutilati di Guerra (1916).
•• Ministri; Prefetti; Senatori; Deputati; Consoli (1861-1927), cartella n. 48. Sono
presenti norme, disposizioni e comunicazioni che testimoniano le trasformazioni
della vita cittadina con il sopraggiungere della guerra; si segnala, in particolare, la
comunicazione del Consolato di Spagna che il 25 maggio 1915 s’incaricava di
tutelare gli interessi dei cittadini austro-ungarici (a seguito della partenza dei loro
rappresentanti diplomatici; P.G. 73705/1915), e quella del
Tenente Generale
Paolo Spingardi che due giorni dopo, il 27 maggio, assumeva la tutela dell’ordine
pubblico e la direzione della Pubblica Sicurezza a Milano.
•• Provvidenze. Consiglio comunale, Sindaco, Assessori (1911-1922) cartella 53.
Decreto prefettizio del 4 dicembre 1916 che annulla la deliberazione del Consiglio
Comunale in data 29 novembre 1916 di plauso alla mozione del gruppo socialista
per la pace (P.G. 132945/1916).
••. Sindaco, R. Commissari, Podestà. Omaggi, Inviti, udienze (1895-1925) cartella
55. La raccolta d’inviti al Sindaco di Milano per manifestazioni di vario genere
(convegni, concerti, inaugurazioni, ecc.) documenta i vari aspetti della vita civile a
sostegno dello sforzo militare: comitati, associazioni, iniziative pedagogiche e di
propaganda. Si segnala la presenza di documenti relativi ai seguenti enti: Comitato
Centrale di assistenza per la guerra - Commissione per l’assistenza economica alle
famiglie bisognose dei Militari; Comitato d’Azione fra Mutilati, Ivalidi e Feriti di
guerra; Comitato della rieducazione Soldati Ciechi; Comitato Lombardo peri
Soldati Mutilati in guerra; Croce Rossa Italiana; Democrazia sociale irredenta; Lega
54
d’Assistenza tra le madri dei caduti; Lega Navale Italiana; Opera Nazionale Pro
Orfani Infanti.
• Ornato strade (1861 – 1927) Il Fondo Ornato strade (81 cartelle) contiene
documentazione riguardante le pratiche per l’arredo urbano; di particolare
interesse per il censimento sulle fonti della Grande Guerra sono le pratiche relative
a permessi e sottoscrizioni per manifestazioni patriottiche, e quelle per
l’edificazioni di monumenti e l’affissioni di lapidi commemorative ai caduti. Questi
documenti, benché prodotti in anni successivi alla fine del conflitto (per lo più
negli anni Venti), costituiscono un’importante testimonianza per lo studio delle
memorie della guerra e il la costruzione della “religione laica” imperniata sul culto
dei caduti (Ornato strade, cc. 41-42, 44-45, 69-71).
• Personale (1860 – 1927) Nel Fondo Personale (183 cartelle) contiene
documentazione amministrativa relativa al personale delle categorie impiegatizie
del Comune di Milano. In questo fondo si trovano due cartelle con carte relative
agli impiegati comunali ex-combattenti (Personale, cc. 114-115).
• Strade (1887 – 1927) Il Fondo Strade (142 cartelle) contiene documentazione
relativa alle vie milanesi. Di particolare significato per lo studio dell’impatto della
Grande Guerra nei processi di nazionalizzazione delle masse sono le pratiche
riguardanti i cambi di denominazione delle vie e delle piazze tra il 1921 e il 1927
(Strade, cc. 13-14).
• Archivietto Personale ex segretario generale avv. Giuseppe Rivolta (19301946)
Il Fondo Rivolta (67 cartelle) contiene materiale relativo all’attività istituzionale
dell’avvocato Giuseppe Rivolta, segretario generale del comune, nei suoi rapporti
con numerosi enti ed istituzioni a riguardo dei diversi settori di attività del
Comune . Nella cartella n. 3 del Fondo sono conservate le relativi alle pratiche
museali ed sono presenti alcuni documenti sul Museo del Risorgimento e il Museo
della Guerra.
Comune di Milano – Archivio Civico, Via G. Deledda, 16 – 20127 Milano, Cittadella
degli Archivi – Via Ferdinando Gregorovius, 15 – 20162 Milano (sito web)
L’Archivio Civico di Milano, che conserva l’archivio di deposito del comune, è in
corso di trasferimento di sede nella nuova Cittadella degli Archivi. Molti fondi che,
secondo i termini di legge, dovrebbero essere già stati versati nell’archivio storico
55
comunale sono ancora conservati presso l’archivio di deposito per mancanza di
spazio nella sede dell’Archivio Storico Civico. Tra questi fondi si segnalano:
• Atti riservati Nel Fondo Atti Riservati si trovano le carte relative alle indagini
sulle devastazioni ai negozi e ai magazzini di sudditi austriaci e tedeschi avvenute
nel 1915. Queste carte restituiscono il clima di forte tensione sociale presente a
Milano, “capitale dell’interventismo”, nel periodo precedente all’entrata in guerra
dell’Italia a fianco dell’Intesa (Atti riservati, c.2, f. 7).
• Certificati Nel Fondo Certificati si possono individuare due nuclei di documenti
pertinenti alle misure di mobilitazione e di smobilitazione che precedettero e
seguirono la guerra: del 1915 è la circolare della Questura relativa alla concessione
delle tariffe militari a gruppi di militari (Certificati, c. 1, f. 24), mentre del 1918 è il
provvedimento per l’esenzione dalle tasse di bollo per gli atti attinenti alla
liquidazione delle associazioni (Certificati, c.1, f.32), una disposizione di cui forse
favorirono le numerose associazioni di carattere assistenziale sorte per
contribuire al sostegno dello sforzo bellico.
• Illuminazione elettrica Nel Fondo Illuminazione elettrica sono conservate
alcune carte che testimoniano aspetti diversi della città e dei suoi abitanti durante
il conflitto: dalle disposizioni per il trattamento riservato agli esattori dell’Azienda
Elettrica Milanese-AEM richiamati sotto le armi (Ill.el., c.3., f.21), alle dispense dal
servizio militare del personale dell’AEM (Ill.el., c.3. f.22).
In questo Fondo si possono rintracciare documenti di carattere militare e
strategico, come le norme in merito alla difesa in caso di guerra della Centrale
elettrica e degli impianti di Grossotto, in Valtellina (Ill.el., c.3. f.22),
che si
riferiscono ad eventi con importanti ripercussioni nella vita quotidiana delle
persone, anche sul piano simbolico, come, ad esempio, le disposizioni sulla
sospensione dell’illuminazione elettrica presso l’Ufficio telegrafico Centrale ed al
Palazzo delle Poste e telegrafi nel caso di incursioni aeree nemiche (Ill.el., c. 22, f.
16) e gli atti della commissione incaricata di decidere se si debba togliere o
conservare l’illuminazione di privati nel caso di incursioni aeree (Ill.el., c. 22, f. 24).
Altri fonti utili all’approfondimento di questi ed altri aspetti dell’attività dell’AEM
durante la guerra possono essere inoltre rinvenute tra i verbali delle sedute e
deliberazioni della Commissione Amministrativa dell’AEM tra il 1912 e il 1927
(Ill.el., c. 10, ff. 1-130).
56
• Sedute di Giunta - Ordini del giorno Il Fondo Sedute di Giunta è un altro fondo
con documentazione non esclusivamente pertinente alle vicende belliche ma che
offre materiale utile alla ricostruzione del contesto storico e politico della città di
Milano durante la guerra. In particolare si segnalano gli ordini del giorno della
Giunta dal 1915 al 1918 (Sedute di Giunta, c.1 ff. 6-9)
• Istruzione pubblica Quattro cartelle del Fondo Istruzione Pubblica contengono
documentazione relativa ai musei civici e, in particolare, si segnalano alcuni
documenti sull’attività del Museo del Risorgimento di Milano in seno al quale si
costituì, nel 1924, l’Archivio della Guerra e, nel 1915, il Museo della Guerra
(Istruzione pubblica, cc. 10-13)
Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Castello Sforzesco - Piazza
Castello 1, 20121 Milano (sito web)
Lo studioso e collezionista Achille Bertarelli (Milano, 1863 – Roma, 1938) nel 1925
donò al Comune di Milano circa 300 mila documenti a stampa che costituirono il
nucleo originario della Civica Raccolta delle Stampe. Oggi la Raccolta comprende
opere grafiche dal XV al XX secolo e conta più di un milione di pezzi. Importanti
porzioni del materiale conservato non sono catalogate e pertanto inaccessibili alla
consultazione; si deve inoltre precisare che parte delle collezioni sono state
smembrate e destinate al altri istituti, in particolare si ricorda il Fondo Bertarelli
conservato alle Civiche Raccolte Storiche di Milano. Queste vicissitudini spiegano il
numero relativamente esiguo di documenti sulla Grande Guerra che si trovano
catalogati nello schedario presente nella di studio. Nella sezione “Avvenimenti
Storici” dello schedario si contano 64 schede relative al soggetto “Guerra mondiale
1914-1918”, che comprendono: litografie, stampati, albi, cartoline e fotografie.
La maggior parte delle litografie, perlopiù a colori, che ritraggono soggetti della
Prima guerra mondiale hanno una connotazione “popolaresca”, ovvero la fedeltà
storica spesso lascia spazio ad interpretazioni dei fatti talvolta «assai immaginare»
(si veda ad esempio la scheda relativa La Grande Battaglia di Olons, 23-24 agosto
1914, litografia a colori, AS.g.17-40). Tra gli altri documenti conservati si
segnalano stampati di diverso genere (volantini di propaganda, fogli volanti,
stampe) e una collezione di francobolli (10 pezzi) emessi a commemorazione della
conquista
Dosso Casina (ottobre 1915) da parte del Battaglione Lombardo
57
Volontari Ciclisti (AS.p.13/11). Un cospicuo numero di pezzi conservati sono
stampati di carattere satirico, caricature, vignette e allegorie.
Civiche Raccolte Storiche http://www.civicheraccoltestoriche.mi.it/; Palazzo
Moriggia – Museo del Rissorgimento, Laboratorio di Storia moderna e
contemporanea http://www.museodelrisorgimento.mi.it/
Via Borgonuovo, 23 – 20121 Milano; Palazzo Morando – Costume, Moda, Immagine
http://www.costumemodaimmagine.mi.it/, Via Sant’Andrea, 6 – 20121 Milano
Le Civiche Raccolte Storiche di Milano, Museo del Risorgimento e Laboratorio di
Storia moderna e contemporanea costituiscono l’iniziativa più significativa di
raccolta e conservazione del patrimonio bibliografico e archivistico sulla Grande
Guerra presente nella provincia di Milano, e rappresentano un’esperienza di
rilevanza nazionale. Il numero e l’eterogeneità del materiale raccolto eleggono le
Raccolte Storiche a centro di primaria rilevanza per lo studio della Grande Guerra
e a laboratorio di storia contemporanea per riflettere sulle problematiche
connesse alla selezione, l’inventariazione, la descrizione e il riordino del
patrimonio storico.
• Archivio di Storia contemporanea (già della Guerra)
L’«Archivio della guerra», oggi rinominato «Archivio di storia contemporanea»,
venne fondato nel 1924 dal professor Antonio Monti con la collaborazione di
alcuni ex combattenti, con lo scopo di raccogliere e ordinare il materiale
occorrente allo studio della guerra attraverso il lascito degli uomini che l’avevano
combattuta. L’Archivio di articola in fondi organici appartenuti a varie personalità
che ebbero parte di protagonista durante la guerra, ma anche in innumerevoli
contributi provenienti dai singoli combattenti o dalle loro famiglie, e da enti e
associazioni di carattere assistenziale e propagandistico; sono inoltre conservate
vaste collezioni di diversa natura raccolte da studiosi.
•• Fondi organici Tra i fondi organici conservati nell’Archivio possono essere
menzionati quelli di
L’ASC (AG)
••• Cavaciocchi
••• Brusati
58
••• Pariani (I parte)
••• Caviglia
•• Fondi miscellanei
La parte miscellanea dell’ASC (AG) è quella più cospicua ed conservata in centinaia
di cartelle.
•• Collezioni di fonti
••• Caravaglios
••• Bertarelli
•• Raccolte dei giornali di guerra e degli stampati
Horrack
•• Schedario dei decorati al valore militare nella Grande Guerra
Lo Schedario dei Decorati al Valore Militare nella Grande Guerra comprende circa
100.000 schede suddivise in quattro sezioni ordinate alfabeticamente: Ordine
Militare di Savoia, Medaglia d’Oro, Medaglia d’Argento, Medaglia di Bronzo
•• Collezioni di materiale omogeneo (estratte da fondi archivistici):
••• Disegni
La Collezione Disegni conserva circa 200 pezzi ed è stata costituita a seguito del
riordino dei
Disegni tra cui figurano le firme di Carlo? Barbieri, Aroldo? Bonzagni, R. Boschini,
A. Caletti, G. Camona, Innocente Cantinotti, Michele Cascella, Aldo Carpi, M.
Casadei, G. Cavalieri (Géoc), G. D’Amato, M. De Alessandri, Gib, Max Guala, Angelo?
Lombardi, Ugo Luzi, D. Mongiardino, Umberto Montini, Giorgio? Muggiani, Antonio
Pasinetti, G. Ravanelli, Alberto Salietti, Giulio Aristide Sartorio, O. Tarcelli, G.
Veronesi.
••• Fotografie
••• Manifesti
59
La Collezione Manifesti
••• Dipinti
••• Albi
••• Armi
••• Uniformi
••• Cartoline
La Collezione Cartoline
18 raccoglitori
I pezzi sono suddivisi sommariamente per soggetti, tra questi si possono segnalare
numerose cartoline riguardanti l’esercito (nelle sue diverse articolazioni: armi,
specialità, grandi e piccole unità, scuole militari), propaganda, satiriche e
caricature, comitati e associazioni, monumenti, prestiti di guerra, eserciti
stranierei (Belgio, Imperi centrali, Stati Uniti d’America, Francia)
••• Carte geografiche
••• Stampe
• Archivio della Fondazione Gualtiero Castellini
L’Archivio della Fondazione Gualtiero Castellini (50 cartelle) si è costituito con le
donazioni pervenute dal 1929 al 1942 e con la donazione, nel 1981, della signora
Anna Maria Gadda castellini, sorella di Gualtiero.
Nell’Archivio sono conservati documenti di diversa natura (cimeli, stampe,
fotografie, manoscritti, cartoline, carte d’archivio, epistolari) riguardanti il periodo
risorgimentale (carte Garibaldi: cart. 12) delle guerre d’Africa (1888, 1889, eritrea
1890. 1896, Adua, cart. 18), del nazionalismo (Associazione Nazionalista Gruppo di
Milano, 1913, cart. 6) , dell’irredentismo (Associazione delgli studenti triestini,
cart. 6), dell’interventismo, della Grande Guerra, del primo preiodo postbellico
60
(Società delle Nazioni, Conferenza per riduzioni armamenti, cart. 35) della Guerra
di Libia, delle guerre coloniali (1935)
Epistolario G. Castellini: cart. 22, cart. 47 pl 1-12 (corrispondenza di G. Castellini,
maggio 1915 – aprile 1916), cart. 48 pl. 13 – 27 (corrispondenza di G. Castellini,
aprile 1916 – settembre 1917), cart. 49 pl. 27 bis (lettere e cartoline di Gualtiero
castellini al padre, 1915 – 1916), pl. 28 – 35 (corrispondenza di G. Castellini,
ottobre 1917 – giugno 1918), cart. 50
(1. Istanza dei Gualtiero Castellini a
Comando Supremo dell’Esercito, 3 maggio 1918), 2. Gualtiero Castellini “Tre anni
di guerra” manoscritto
• Fondo Società Solferino e San Martino
•• Serie 2: Verbali di esumazione
Verbali di esumazione e trasposizione della salma di soldati deceduti nella Prima
guerra mondiale. IN ogni verbale è indicato: data dell’esumazione, località in cui è
stato rinvenuto il corpo, nome della salma e corpo militare di appartenenza, breve
descrizione della tomba, degli oggetti rinvenuti e dello stato del corpo, se possibile
indicato il tipo di ferita che ha procurato la morte, cimitero dove la salma è
trasportata e tumulata
(57 cartelle).
61
Allegato C
Esempi di storie di vita
Come anticipato nell’introduzione del rapporto, ogni ricercatore si è occupato di
produrre un numero compreso tra le 25 e le 30 storie di soldati della propria
provincia che hanno combattuto durante la Grande Guerra. Nell’elaborazione delle
storie si è adoperata la documentazione presente negli archivi cittadini,
privilegiando fonti e storie inedite, ma dedicando spazio anche a figure già note ma
ritenute particolarmente significative. Ogni ricercatore ha prodotto un numero
variabile di storie lunghe (realizzabili grazie alla ricchezza dei materiali conservati
su un singolo soggetto) e di storie brevi. Qui di seguito sono elencati due esempi di
storie per ciascun ricercatore, seguendo l’ordine alfabetico delle province.
Storie di vita – Bergamo
a cura di Paolo Barcella
Storia di Eugenio Adolfo Bertacchi
Dati anagrafici:
Nome e cognome:
Eugenio Adolfo Bertacchi
Data di nascita:
23 marzo 1888
Luogo di nascita:
Bergamo
Luogo di residenza:
Bergamo
Professione:
pittore decoratore
Statura:
1,69
Capelli:
castani
Occhi:
castani
Fondi di riferimento: Giuliana Bertacchi, “Il sole saliva radioso e la fame saliva
anchessa”. Il maggio 1915 del bersagliere Eugenio Bertacchi, in “Studi e ricerche di
62
storia contemporanea”, n. 35 (Giugno 1991), pp. 5-28; foglio matricolare e ruolo
matricolare del maresciallo Eugenio Bertacchi. Il saggio di Giuliana Bertacchi è
costruito attorno al materiale diaristico redatto da Eugenio Bertacchi e conservato
presso il ricco archivio privato del figlio Bruno, nonché – in copia – presso l’Istituto
Bergamasco per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea. Si vedano
anche le informazioni contenute in Mario Pelliccioli (a cura di), Bergamo negli anni
della prima guerra mondiale: archivi e documenti, Ex Filtia n. 4, Quaderni della
Sezione archivi storici della Biblioteca Civica ‘A. Mai’ di Bergamo – Supplem. al n. 4
1992 di «Bergomum. Bollettino della Civica Biblioteca», pp. 49-56.
Eugenio Adolfo Bertacchi nasce a Bergamo nel 1888. Figlio di un artigiano
falegname-ebanista, frequenta la Scuola d’arte “Fantoni” e s’appassiona di
letteratura, costruendosi una ampia cultura da autodidatta. Svolge il servizio di
leva a Bologna, nel corpo dei Bersaglieri, e partecipa alla guerra di Libia con il
grado di Sergente Maggiore. Durante la Prima Guerra Mondiale, Bertacchi è
impegnato presso la 7a Compagnia, 7° Reggimento, 10° Battaglione Bersaglieri. Le
memorie del bersagliere, probabilmente redatte attorno alla metà degli anni Venti,
danno conto proprio del momento della chiamata alle armi e del periodo che si
conclude con il 6 giugno 1915. Sebbene le informazioni che se ne possono ricavare
coprano un periodo assai limitato della vita del soldato, è possibile trarne
indicazioni preziose riguardo la traiettoria umana di chi ha saputo, in tempo di
guerra, mantenere intatto uno sguardo ironico e scanzonato, testimonianza
profonda connessione sentimentale con l’ambiente circostante e con i commilitoni.
Di fatto, insieme con le sofferenze e la fatica, la guerra di Bertacchi è fatta di
un’appassionata capacità di cogliere e ammirare le bellezze della natura, di una
istintiva propensione al cameratismo conviviale (a cui si alternano tuttavia
riflessivi momenti di solitudine) e di una irriducibile rettitudine morale, un dato
che – a prescindere dalle ardue condizioni di vita cui è stato costretto – impregna
insieme al bisogno di libertà e di autonomia intellettuale il resoconto del soldato. A
tutti gli effetti, il diario di Bertacchi è, prima ancora che un reportage preciso e
rigoroso, una sorta di racconto picaresco in cui si intrecciano storia e modalità
narrative vicine al romanzo. Ne deriva una smitizzazione dell’esperienza bellica,
colta non nell’eroismo delle grandi azioni militari, ma nella capacità di preservare
– in un contesto psicologicamente e fisicamente probante – uno sguardo critico nei
63
confronti delle gerarchie e del mondo in generale, nonché un solido sistema di
valori.
Di certo la Prima Guerra Mondiale è stata il teatro di pesanti vessazioni per tutti i
soldati che vi hanno preso parte. Nell’evocare la marcia della sua Compagnia dal
paese di Gargnano a Tignale, Bertacchi scrive:
E che tirata da Gargnano a Tignale! Sempre in salita, non più abituato allo zaino con un paio di
scarpacce strette dure, che ad ogni passo mi provocavano dolori atroci tanto che ad un certo punto
ho dovuto mettermi quelle da riposo… e con quei sassi. E non dico niente del sole!»
In alcuni casi le difficoltà dei trasferimenti zaino in spalla vengono acuite dalle
avverse condizioni atmosferiche, come sul Monte Tombea, dove «non ci rallegrò
mai una spera di sole; acqua e nebbia quando non era nevischio»19.
Così, morso dalla fame e dalla sete, il Caporale Maggiore Eugenio Bertacchi, presto
assegnato al posto di comando del 4° plotone della Compagnia, si avventura spesso
in «baracchette». Amante del buon vino e delle belle donne (non certo di quelle
«vecchie cispose», come recita un passaggio del suo diario), già durante il viaggio
verso il Garda si rende protagonista insieme ai compagni di una «sbornia generale,
tanto che non ricordo dove ho dormito». Allo steso modo, quando a Tignale
intravvede un’osteria, ci si infila e «al diavolo lo spirito bersaglieresco!». Altresì, il
20 maggio 1915, quando viene incaricato di ritirare la posta a Tignale, si precipita
al paese
con la segreta speranza di fare una buona indigestione perché il magro regime del patrio Governo
non mi garbava troppo. Difatti non mancai alla parola. M’impinzai di ogni cosa e riempii il
tascapane di ogni ben di Dio.
Estremamente significativo delle abilità scrittorie di Bertacchi, del suo spirito
ironico e del suo carattere birbantesco è poi il racconto dell’incontro con una
ragazza:
Sull’imbrunire mi trovai non so come a leggero contatto con una robusta montanina la quale aveva
da pochi giorni il marito richiamato negli alpini e sembrava che non fosse estremamente dolente
perché si lasciava pizzicare anche in certi posti che secondo il rito apostolico – Romano dovrebbero
19
Con «spera di sole», espressione dialettale, Bertacchi indica un debole raggio di sole».
64
essere riservati al marito. In questi scherzi passai un paio d’ore, tanto che quando decisi
d’andarmene la ritirata era suonata da un pezzo.
Il Caporale Maggiore al comando del 4° Plotone della 7a Compagnia Bersaglieri è
dunque un uomo dedito ai piaceri della vita e poco propenso a lasciarsi
coinvolgere nelle cose di guerra. Ciò non toglie che Bertacchi giudichi il conflitto
una «necessità» e che arrivi a questionare animatamente, facendosi anche dei
nemici, con i propri compagni in merito all’opportunità dell’intervento. Inoltre,
quando le Compagnie vengono incaricate di spingersi oltre confine e la guerra è
ormai iniziata, il bersagliere prova dentro di sé «un certo non so che» e arriva a
sviluppare riflessioni di ispirazione marcatamente patriottica:
sarei stato capace di qualunque eroismo. Ero arrivato al punto di vedermi senza il più piccolo
rammarico steso al suolo e ravvolto nel tricolore ma questo dopo un’epica lotta, ove il mio nome ne
sarebbe uscito fulgido, grande, e pensando a questo stringevo nervosamente il fucile e scattavo in
avanti.
A fare da contraltare a questo improvviso entusiasmo da parte del soldato
intervengono però i silenzi dell’ambiente circostante e una natura incontaminata e
pacificata:
Ed invece niente: nessun rumore turbava la maestosità dell’alpestre panorama, salvo il trillo di
qualche uccelletto che saltellava di ramo in ramo, infischiandosene del tumulto del mio animo.
La meraviglia provata di fronte alle bellezze della natura è un elemento ricorrente
nel racconto di Bertacchi. L’amore per i paesaggi silenziosi e lievi assume un ruolo
di dignitosa opposizione rispetto alla grettezza, al rumore e alle contraddizioni
della guerra. All’alba del 12 maggio 1915, a bordo di un piroscafo con direzione
Gargnano, Bertacchi – «seduto sull’estrema prora con le gambe penzoloni nel
vuoto» – ammira estatico le «magnifiche rive del lago di Garda». Analogamente,
poco meno di un mese dopo, guarda «con tanto d’occhi lo spettacolo veramente
superbo» dei monti trentini. Il soldato stabilisce addirittura un rapporto quasi
simbiotico con la natura, tant’è vero che di ritorno da una escursione
(accompagnata nuovamente da qualche bicchiere di vino) perde il resto della
Compagnia e si ritrova a dormire da solo all’addiaccio, ma senza provare «il
65
minimo timore». Al contrario, Bertacchi avverte «un senso di sicurezza» che
difficilmente gli capita di sentire quando «inquadrato con poche o forti masse».
Nonostante questi suoi momenti di sereno isolamento, il bersagliere non è certo
uomo scontroso o solitario. Al Bertacchi piace la compagnia e più volte dà mostra
della propria generosità nei confronti dei commilitoni. Emblematico di questo
atteggiamento è l’episodio che risale alla metà di maggio, quando alla partenza per
Tignale – quasi al verde – il soldato bergamasco regala ugualmente allo zappatore
Sentinelli «un “cavourino” d’argento perché, povero diavolo, non aveva più un
soldo»20. A questa generosità si affiancano spesso elementi di straordinaria onestà
morale e di orgoglio personale. Per esempio, quando il Sergente furiere Salvatore
Gullotta gli propone il posto di comandante delle cucine di compagnia – posto che
gli garantirebbe una grado di sicurezza molto più alto rispetto alla condizione di
soldato di prima linea –, Bertacchi rifiuta perché si sente svilito nel suo ruolo di
combattente e di uomo. Lascia il posto all’amico Caporale Maggiore Mazzola, in
parte stanco e in parte impietosito dal suo continuo «piagnisteo» sulla lontananza
dagli affetti. Ancora, Bertacchi si impunta per pagare al collega Osio, che porta
spesso con sé vettovaglie di vario genere, la sua parte di vino pur essendo quasi
totalmente privo di denaro:
Mi ricordo anche che Osio non voleva che pagassi il mio litro – e l’avevo guadagnato anche – ma io
duro sborsai il suo prezzo, 80 cent. mi pare. Erano meno di inezie ma ci tenevo come ci tengo di non
accettare niente da nessuno!
A questo episodio si accompagna la rivendicazione della propria indipendenza.
Indipendenza non solo economica, ma anche intellettuale. Quando infatti, sui monti
del Trentino, si ritrova di fronte a una casupola dove erano stati i gendarmi
austriaci e vi legge le scritte «l’esercito mussulmano libera i traditori» e, per
chiarire il concetto, «Tagliano farabutto!», il bersagliere si lascia andare a una
riflessione che nulla ha a che fare con l’amore per la patria e per l’esercito, ma che
se mai si trasforma in una critica feroce nei confronti dei militari che indugiano in
saccheggi a danno delle popolazioni civili:
È con il nomignolo di «cavourino» che veniva identificata popolarmente la banconota da 2 lire in
vigore nel Regno d’Italia.
20
66
La prima dicitura era certamente falsa, della seconda – con una mano sul cuore – si potrebbe dire
altrettanto? Le prime pattuglie che scendevano nei paesi della valle pagavano puntualmente quello
che prendevano, rispettavano la proprietà e non agivano affatto come in un paese di conquista. Per
questo la scarsa popolazione trattava queste pattuglie con deferenza forse con una punta di timore,
ma non importa questo era ingiustificato. Gli abitanti spesso arrivavano al punto d’informarci delle
mosse delle pattuglie avversarie. Ma quando – costrette dagli austriaci – dovettero abbandonare
ogni loro cosa, sperando di trovare – al ritorno – se non intatto almeno una parte di quello che con
tanto dolore avevano dovuto abbandonare: diamine gli Italiani sono o non sono nostri Fratelli?
Invece a paesi occupati questi buoni fratelli si dettero ad un saccheggio sistematico per non dire
teppistico e stupido.
L’autonomia intellettuale di Bertacchi è il segno evidente di un temperamento
forte e difficilmente scalfibile dagli atroci fatti di guerra. Più volte, in nome di
principî che ritiene giusti, si scontra con i superiori: «ebbi a dire con la ronda e con
un sottotenente e non mi ritirai che dopo mezzanotte. Continuavo a rendermi
popolare…». Il suo foglio matricolare riporta che il «5 aprile 17 rispondeva con
frasi scorrette ad un ordine dell’ufficiale di giornata mandatogli per mezzo di un
bersagliere». Il soldato bergamasco riferisce inoltre che, non appena raggiunto il
deposito di Brescia dopo il richiamo alle armi, si trova di fronte a un Maresciallo
che si rifiuta di pagare la trasferta a lui e altri commilitoni arrivati in ritardo («Il 10
ero a Brescia mi presentai al Dep. ma per un’ultima notte ho preferito conservare
l’abito borghese e la libertà). «Non senza una punta di presa per il naso», Bertacchi
controbatte alle «speciose ragioni» del Maresciallo e alla fine ottiene quanto gli
spetta. Simili prese di posizione gli costano molto: inserito tramite un compagno
nell’ambiente del Comando, Bertacchi spera di avere un posto come scritturale, ma
riceve il secco diniego dello stesso Maresciallo con cui aveva precedentemente
discusso. Di questi suoi superiori Bertacchi fornisce divertenti ritratti
macchiettistici . Lo spietato Comandante Del Noce «è uomo in fama di severissimo
e nevrastenico», mentre il Maresciallo Muliterni è un «fanfarone» nullafacente e
per questo soprannominato sarcasticamente dai soldati «mulo-eterno».
Quello che Eugenio Bertacchi ha saputo applicare all’ambiente di guerra è dunque
uno sguardo peculiare e attento, quasi clinico. Per niente sprovveduto, il
bersagliere riflette sulla condizione mentale dei soldati destinati al fronte,
dimostrando come la guerra fosse un orizzonte che appariva lontano e che pure ha
67
poi determinato la tragedia quotidiana della morte, della prigionia, delle devianze
psichiche:
volendo fare una riflessione potrei garantire che noi tutti partenti per il confine eravamo ben
lontani da credere che la guerra fosse imminente, si viveva piuttosto così, alla giornata, senza
approfondire troppo gli avvenimenti che del resto giungevano sino a noi di molto affievoliti. Più che
agli avvenimenti futuri si pensava ai disagi presenti […].
Devianze da cui il bersagliere bergamasco è rimasto ben lontano aggrappandosi
alla vita e ai suoi piaceri.
Il racconto di Bertacchi si ferma dunque al giugno del 1915, ma la sua vita da
militare prima e da uomo libero poi prosegue. Il 10 settembre 1918 riceve la
promozione a Maresciallo per essersi distinto nel corso di un’azione sul campo nel
corso dell’anno precedente:
Sottoufficiale addetto al Comando di Battaglione durante un attacco nemico restava ripetutamente
nella linea del furore allo scopo di attingere utili informazioni sulla situazione, dato che il suo
avversario aveva fatto mancare le linee telefoniche rendendo la sua azione, nella quale dimostrò
grande ardimento e perizia, molto giovevole al Comando di Battaglione che lo aveva inviato sul
posto il 1° Ottobre 1917.
Sopravvissuto alla prima guerra mondiale, durante il fascismo dimostra una
costante ostilità al regime, il che gli costa un periodo di prigionia. Pur non facendo
parte attivamente della Resistenza, conserva la sua onesta e individualissima
critica nel corso di tutto il ventennio. Nel dopoguerra Bertacchi continua a vivere
nella sua Bergamo fino al 1966, anno della sua scomparsa.
Storia di Luigi Foresti
Nome e cognome:
Luigi Foresti
Data di nascita:
20 settembre 1894
Luogo di nascita:
Brembate Sotto
Luogo di residenza:
Brembate Sotto
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Professione:
Scalpellino
Statura:
1,65
Capelli:
castani
Occhi:
grigi
Fondi di riferimento: Ruoli matricolari e foglio matricolare conservati presso
l’Archivio di Stato di Bergamo.
Diverse generazioni di giovani furono costrette dalla guerra a un confronto
quotidiano con una realtà atroce, fatta di disperazione, morte, lontananza della
casa e dagli affetti. Per molti di loro, contadini e operai senza interesse per le cose
della politica e della nazione, poco di quel che accadeva poteva essere realmente
compreso, spiegato, tenuto sotto controllo. Alcuni di questi giovani non
resistevano alla paura, non sopportando l’idea di sacrificare la vita e la possibilità
di rivedere i propri cari sull’altare di una storia che non sentivano come propria. La
diserzione era una via di fuga come, per certi versi, in forma più estrema, lo era la
malattia mentale. Nelle carceri militari e nei manicomi vennero così reclusi
migliaia di questi giovani che non potevano affrontare e superare le atrocità del
conflitto, perché troppo deboli, troppo sensibili o, semplicemente, troppo coscienti.
La storia di Luigi Foresti è una concreta testimonianza di come negli anni della
Grande Guerra esistessero legami di continuità tra la diserzione e la malattia
mentale, aderenze tra il carcere e il manicomio. Il Foresti venne arruolato nel 6°
Reggimento Bersaglieri nel maggio del 1915 e subito inviato in territorio
dichiarato in stato di guerra. Un anno più tardi, le sue competenze e la buona
condotta tenuta fino a quel momento spinsero i suoi superiori a sceglierlo come
caporale. In quel modo servì l’esercito per un anno intero, fino a quando, alla fine
di ottobre del 1916, tentò di separare la propria sorte da quella dell’esercito
italiano, cercando la fuga e scegliendo la via della diserzione. Con l’accusa di
diserzione aggravata dai gradi che portava, venne tradotto alle carceri militari
preventive dell’XI Corpo d’Armata dove, pochi giorni più tardi, il Tribunale Militare
di Guerra lo condannò a cinque anni di reclusione, al pagamento delle spese del
giudizio ed alla rimozione del grado. Qualche mese più tardi venne reintegrato
nell’esercito, come soldato semplice, e rispedito al fronte. Riuscì a resistere altri
due anni, sopravvivendo alle campagne di guerra del 1917 e del 1918. Per due
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volte riportò in combattimento ferite abbastanza profonde da richiedere periodi di
ricovero presso l’ospedale da campo e qualche settimana di licenza, per
convalescenza. Al termine del conflitto, però, invece del congedo ottenne il
trasferimento all’ospedale neurologico di Bari. Il ricovero durò parecchi mesi, a
testimonianza della serietà della situazione in cui si era venuto a trovare. Qualche
mese più tardi, gli riconobbe la sopraggiunta infermità “per causa di servizio”.
Storie di vita – Brescia
A cura di Maurizio Mondini e Mariella Annibale
Storia di vita di don Francesco Galloni-Cappellano
Dati anagrafici
Nome e cognome
Galloni Francesco.
Data di nascita
8 febbraio 1890
Luogo di nascita
Lodetto di Rovato
Luogo di residenza
Lodetto di Rovato
Professione
sacerdote-cappellano
Statura
1,64
Capelli
castani
Occhi
castani
Fonti di riferimento: ASBs, Nastro Azzurro, b.3.
Il 28 novembre 1915 fu chiamato alle armi e giunto in territorio in stato di guerra e
il di dicembre dello stesso anno si uni al Terzo battaglione di Sanità.
Le figure dei cappellani della Grande Guerra, furono importantissime
indispensabili ed ineguagliabili, che pur essendo soldati di Cristo, furono anche
eroici soldati. La loro presenza al fronte alleviò di non poco la drammatica
situazione dei soldati. Furono consiglieri fraterni, scrivani per coloro che non
sapevano scrivere, confidenti, psicologi, padri, cioè diedero sia conforto spirituale
che quello umano. Tutto ciò che i cappellani fecero per i nostri soldati non
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basterebbero vari tomi per descriverli. Uno di questi fu Francesco Galloni del
Lodetto di Rovato che fu cappellano del V Reggimento Alpini. Con questo
reggimento combatté sul Pasubio, sul Dente italiano di fronte al Dente austriaco
dove la battaglia era caratterizzata da enormi quantità d’esplosivo. Conobbe e
apprezzò l’umanità del generale Achille Papa. Dopo la morte del generale e
terminata la guerra mantenne una fitta corrispondenza con la vedova e i suoi figli.
Ecco un esempio di una lettera scritta da don Galloni il 31 dicembre
19177:Venerata Signora Eugenia, ieri sera abbiamo parlato a lungo del generale
con un Maggiore del Genio che lo ebbe vicino tutto il luglio e per diversi giorni anche
nel carso;è statauna commemorazione di…che mai potremo dimenticare, è stato un
caro ritorno a ricordi che ci stanno nel cuore come parte della nostra vita e delle
nostre speranze. E mi parveche della nostra tenera riconoscenza ci venisse suggerito
un augurio per Lei e le sue creature, un augurio cheè promessa di letizia e di conforto
perché viene raccolto dalla capanna dove è esultato il Natale del Redentore…don
Francesco Galloni.
Don Galloni fu decorato nel 1916 con la medaglia di Bronzo per il Trincerone di
Zugna, nel 1917 altra medaglia d’oro e d’argento. Fu amicissimo del futuro
cardinale Giulio Bevilacqua, che durante la Guerra era anche lui cappellano
militare. Finito il conflitto il suo apostolato continuò con la fondazione dell’Istituto
Santa Maria dell’Opera “Pro Oriente” a Velo d’Astico (Vi).
Storia di vita di Mario Fusetti
Nome e cognome
Mario Fusetti
Data di nascita
Luogo di nascita
Milano
Luogo di residenza
Professione
Fonti di riferimento: ASBs, Nastro Azzurro, b.3, c. n. 174.
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Il testo è stato redatto da uno studente di origine milanese, il sottotenente Mario
Fusetti, di 22 anni, due giorni prima della sua morte, avvenuta il 18 ottobre,
all’assalto di una contrastata vetta alla quale bisognava inerpicarsi, come scrive un
suo commilitone con un lavoro improbo di mani, di funi di piedi di ginocchi. Mario,
che era figlio di un ispettore principale delle Ferrovie dello Stato, ha dettato così il
suo testamento spirituale, con raccomandazione di comunicarlo a una
ristrettissima cerchia di persone, prima di tutti al suo colonnello. Questa lettera
esprime in modo chiaro la retorica patriottica che aleggiava tra gli animi dei
giovani soldati.
Con mano sicura esprimo colle parole che seguono non le mie ultime volontà, ma quei
miei pensieri che desidero sopravvivano, per quelli che mi amano, alla mia morte.
Sono alla vigilia d’una azione d’ardimento, dal cui esito dipendono in gran parte, le
sorti di una vittoria A me, ai miei compagni d’arme, non manca gran copia di fede:
l’esito, con la vita, con la bella morte, sarà degno del nostro imperturbabile amore
per la Patria. Se cadrò, Papà, Gina, Angiolo mio, amici e parenti che mi amate, non
abbiate lagrime per me: io la morte, la bella morte, l’ho amata. Non pensatemi, col
petto squarciato nell’ultimo spasimo, ma da fervore d’un impeto eroico, svanire in
una beatitudine suprema. Io ho sognato, nelle peregrinazioni del pensiero, nelle
grandi questioni umane e cosmiche, un avvenire di perfezione nelle cose, morali e
fisiche. Ho amato la Patria mia nell’intimo delle sue divine bellezze, delle sue
tradizioni. Ho amato sopra ogni cosa l’uman Genere, campo ove è possibile e
necessario la lotta, dov’è desiderabile e probabile il pacifico trionfo delle idealità non
sacrileghe. E appunto perché ho stimato necessaria la lotta io mi sono
volenterosamente, serenamente battuto. Che il mio povero corpo riposi
semplicemente dove sono caduto, io desidero: inumato coll’onore delle armi, fra i
miei commilitoni. Che il sacrificio mio, umile fra tanta gloria, sproni, se c’è, l’ignavo e
dia sangue al codardo.“Babbo mio, Gina mia, parenti, amici, voi che tanta parte siete
dell’anima mia, colla memoria adorata della Mamma, in alto i cuori!.
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Storie di vita –Cremona
A cura di Raffaella Poltronieri
Storia di Giovani Maiocchi
Dati anagrafici:
Nome e cognome: Giovanni Maiocchi
Data di nascita: 28 novembre 1893
Luogo di nascita: Soresina
Luogo di residenza: Soresina
Professione: studente
Statura: 1,62
Capelli: neri
Occhi: castani
Fondi di riferimento: Ruoli matricolari conservati presso l’Archivio di Stato di
Cremona.
Nel dicembre del 1911, appena diciottenne, Giovanni Maiocchi si arruolò
volontariamente nell’esercito che da questo momento lo vedrà attivo nel Genio dei
Telegrafisti, corpo presso cui svolse una lunga e onorata carriera al servizio del
nostro Paese.
Ascritto alla classe 1891 ed inserito nel 3° Reggimento, Maiocchi venne nominato
allievo telegrafista il 30 aprile 1912, ottenendo già il 30 giugno il ruolo di
telegrafista effettivo. Il mese successivo il giovane venne però prosciolto dal
servizio con la condizione di poter essere richiamato alla leva con la classe 1893.
Nell’ottobre dell’anno successivo il giovane studente si presentò infatti
spontaneamente alle armi ma venne retrocesso alla classe 1892 in virtù dei sette
mesi e venti giorni di servizio prestati l’anno precedente e venne nuovamente
arruolato come soldato di prima categoria nel 3° Reggimento Genio Telegrafisti il
14 ottobre 1913.
73
Il 22 novembre venne trasferito al Deposito del Reggimento Genio Telegrafisti e
declassato in seconda categoria, cambiamento per cui non viene fornita nei
documenti alcuna spiegazione, per essere infine mandato in congedo illimitato.
Impiegato nel frattempo presso la fiorente Società Elettrica Bresciana, il giovane
Maiocchi allo scoppio della guerra venne richiamato per mobilitazione presso il
distretto di Cremona, dove rimase fino del 22 settembre 1915, quando venne
inviato in territorio di conflitto presso la 24° Compagnia Telegrafisti mobilitata.
Dopo quasi due anni di servizio nella stessa Compagnia, il 1 marzo 1917 venne
nominato Caporale e trasferito dopo solo due mesi al Deposito di Firenze poiché
destinato a prestar servizio presso le Ferrovie dello Stato.
La sua carriera militare si concluse il 5 settembre 1919, quando, a guerra
terminata, poté fare ritorno a Cremona.
Oltre alla dichiarazione di buona condotta, viene ricordata la sua presenza ai fatti
d’armi avvenuti nel gennaio 1917, per i quali gli fu tributato l’encomio solenne alle
Compagnie 24° e 26° dei Telegrafisti.
Storia di Alessandro Foletti
Dati anagrafici:
Nome e cognome: Alessandro Foletti
Data di nascita: 15 febbraio 1893
Luogo di nascita: Soresina
Luogo di residenza: Soresina
Professione: muratore
Statura: 1,67.5
Capelli: castani
Occhi: grigi
Fondi di riferimento: Ruoli matricolari conservati presso l’Archivio di Stato di
Cremona; fondo “Carteggi della Guerra 1915-1918” Archivio di Stato di Brescia, b.
45. Pubblicazioni: L. Fabi, 2005, p.42
74
Soldato di leva di terza categoria della classe 1894, venne dichiarato rivedibile con
la classe 1893 e dunque lasciato in congedo illimitato il 1 dicembre 1914.
Scoppiata la guerra, nel giugno del 1915 il soldato Alessandro Foletti venne
chiamato alle armi nel 37° Reggimento di Fanteria ed inviato in zona di conflitto il
31 agosto dello stesso anno con il 127° Reggimento.
Come tante altre storie, quella del giovane Foletti è un chiaro esempio della
precarietà della vita di un soldato, testimoniata dallo stesso in una lettera scritta
alla madre il 28 novembre 1915.
In un momento di riposo – se così possiamo dire - in seconda linea, Alessandro
cerca di rassicurare la madre con poche parole, probabilmente utili anche a se
stesso per farsi forza prima di dover imbracciare nuovamente le armi: dichiara
infatti di essere in buona salute, di aver partecipato a molte azioni in prima linea
ed essere sempre stato abile, coraggioso e fiero di servire il Paese, ma allo stesso
tempo timoroso per quello che avrebbe potuto essere il suo destino:
…ma ò paura che presto mi tocchi di nuovo caricare il mio fucile e difendere la patria, però il
coraggio non mi manca: se anche muoio, muoio con la coscienza pulita di aver fatto il mio dovere.
Alessandro ricorda anche di aver visto con i suoi occhi tanti ragazzi perdere la vita
a causa della paura di combattere, senza sapere che, nonostante la sua audacia,
qualche ora più tardi la stessa sorte sarebbe toccata anche a lui. Il soldato Foletti
morì infatti quello stesso giorno per le ferite riportate in trincea presso Oslavia,
lasciando solo dopo tre mesi il ruolo che aveva ricoperto con grande onore e per
cui fu autorizzato a fregiarsi sia della medaglia commemorativa nazionale sia di
quella interalleata.
Storie di vita – Lecco
A cura di Sara Stefanoni
Storia di Felice Airoldi
Dati anagrafici:
Nome e cognome:
Felice Carlo Mario Airoldi
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Data di nascita:
19 giugno 1898
Luogo di nascita:
Lecco
Luogo di residenza:
Lecco
Professione:
Operaio
Statura:
1,67
Capelli:
neri
Occhi:
grigi
Fondi di riferimento: Ruolo matricolare n. 509 e foglio matricolare n. 8583 del
fondo Distretto Militare di Como conservato presso l’Archivio di Stato di Como.
Nato e residente a San Giovanni alla Castagna, rione posto sulle alture del comune
di Lecco, Felice, nei primi giorni del 1917, venne chiamato alle armi e dovette così
lasciare la sua casa, i suoi genitori Carlo e Teresa e tutto il resto della sua famiglia.
A 19 anni non ancora compiuti, il lecchese venne assegnato al 9° Reggimento
Bersaglieri e, esattamente un giorno prima del suo diciannovesimo compleanno, il
18 giugno del 1917 venne nominato Caporale nel detto Reggimento.
Il mese successivo il Caporale Airoldi venne inviato in territorio dichiarato in stato
di guerra, prendendo parte con ardimento e temerarietà ai combattimenti insieme
ai suoi commilitoni, sino al mese di dicembre. Dopo solo 5 mesi passati in zona di
confine, infatti, il 6 dicembre venne preso prigioniero dai nemici sul campo di
battaglia. L'Airoldi passò quasi l'intero 1918 in mano nemica come prigioniero di
guerra, per essere liberato solo al momento della firma dell'armistizio e,
conseguentemente, alla fine del conflitto.
Rimpatriato, giunse nel mese di dicembre al Deposito del 9° Reggimento
Bersaglieri. Solamente dopo qualche tempo, nel giugno del 1919, venne
riconosciuto permanentemente inabile alle fatiche della guerra e inviato in licenza
illimitata. Liquidato dal corpo con un premio di 150 lire e concessagli
dichiarazione di aver tenuto buona condotta, ricevette anche dichiarazione di aver
servito con fedeltà ed onore anche nel corso dell'anno di prigionia trascorso in
balia del nemico.
Come partecipante alla campagna di guerra del 1917, venne insignito della
medaglia interalleata della vittoria ed autorizzato a fregiarsi della medaglia
76
commemorativa nazionale della guerra 1915-1918, potendo apporre sul nastro
della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di campagna di guerra.
Nonostante la dichiarazione di perenne inabilità alla guerra, il caporale Felice
Airoldi non esitò, quando venne il momento, a prendere parte alle truppe
partigiane di liberazione nazionale durante i bui anni del secondo conflitto
mondiale.
Dall'11 settembre al 10 ottobre del 1943 e dal 1 gennaio 1944 al 24 aprile 1945,
l'Airoldi prese parte alle operazioni di guerra con la formazione partigiana Brigata
Poletti attiva, tra le altre zone, nel territorio lecchese. Questa sua adesione alle
truppe partigiane venne ricordata e premiata al termine delle ostilità. Il lecchese
venne infatti equiparato a tutti gli effetti, preso in considerazione il servizio
partigiano svolto, ai militari volontari che operarono in unità delle forze armate
nella lotta di liberazione.
Storia di Mario Arrighi
Dati anagrafici:
Nome e cognome:
Mario Emilio Arrighi
Data di nascita:
21 maggio 1898
Luogo di nascita:
Cologna (Castello di Brianza)
Luogo di residenza:
Cologna (Castello di Brianza)
Professione:
Calzolaio
Statura:
1,64
Capelli:
neri
Occhi:
neri
Fondi di riferimento: Ruolo matricolare n. 509 e foglio matricolare n. 8819 del
fondo Distretto Militare di Como conservato presso l’Archivio di Stato di Como.
Chiamato alle armi nei primi giorni del mese di gennaio del 1917, originario di una
frazione del comune di Castello di Brianza in provincia di Lecco, il soldato venne
77
considerato abile di prima categoria dal Distretto Militare di Lecco per la classe
1898.
Assegnato al 25° Reggimento Fanteria, già nel mese di marzo si trovò in territorio
dichiarato in stato di guerra dove, combattendo con onore, rimase vittima di un
grave incidente nell'agosto dello stesso primo anno di servizio militare. Il 20
agosto 1917 infatti:
Mentre era di vedetta, in seguito a scoppio di granata, fu completamente sotterrato. Dissepolto dai
compagni appena riavutosi, quantunque contuso, volle riprendere e difatti riprese il suo posto di
vedetta continuando con il suo servizio.
L'eroismo di questa sua decisione gli garantì l'onore di potersi fregiare della
medaglia di bronzo, assegnatali al termine dei combattimenti.
Tuttavia, dopo un primo momento in cui non abbondò il suo posto sul campo di
battaglia nonostante le ferite subite, una volta terminato lo scontro l'Arrighi fu
costretto a lasciare la sua postazione per essere trasferito prima all'ospedale
militare di Gorizia, poi a quello di Milano ed infine a quello di Torino. Vista la
gravità dell'incidente di cui il soldato fu vittima, venne dimesso da quest'ultimo
ospedale solamente il 15 dicembre del 1917 e inviato in licenza di convalescenza
della durata di 15 giorni. Ciononostante, già il 15 febbraio dell'anno seguente il
soldato venne registrato di nuovo in zona di guerra. Fatto ritorno sul campo di
battaglia portò a termine in modo stimabile e pregevole il suo servizio militare
sino alla conclusione ultima dei combattimenti.
Il 19 maggio del 1919 l'Arrighi venne imbarcato a Siracusa avendo come
destinazione Homs, porto situato nella zona nord della Libia. Una volta sbarcato e
passato qualche giorno di sosta in questa cittadina portuale, partì nuovamente,
questa volta in direzione della Cirenaica. Giunse infatti al termine della navigazione
a Bengasi, dove venne assegnato al 37° Fanteria Battaglione distaccato in Libia
presso il Reparto Sussistenza.
Finito il suo impiego in terra d'Africa, venne reimbarcato nel settembre del 1920 a
Bengasi e poté così far rientro in Italia. Giunto al Deposito Fanteria di Alba, cessò di
far parte del Regio Corpo delle Truppe Coloniali della Cirenaica, venne dotato di
congedo illimitato e di un premio pari a 150 lire sovvenzionato dal corpo.
78
Il suo amor patrio, però, non cessò con la dichiarazione di congedo illimitato
ricevuta: nel 1936 si arruolò come volontario ed il 21 novembre giunse
nuovamente in terra d'Africa, ottenendo come premio di arruolamento la somma
di 500 lire.
Nell'aprile del 1937, purtroppo il soldato venne ricoverato presso l'ospedale di
Addis Abbeba, dove rimase alloggiato sino al momento della dimissione che
avvenne nel mese di maggio. L'Arrighi continuò a prestare servizio militare in terra
d'Africa senza mai far rientro in Italia sino all'aprile del 1939, quando venne
inviato in licenza ordinaria della durata di 71 giorni, seguita da definitivo rimpatrio
e congedo illimitato.
Per l'audacia e l'ardito spirito combattente, il soldato Arrighi venne insignito, oltre
che della medaglia di bronzo, anche della medaglia commemorativa per le
operazioni militari, della medaglia interalleata della vittoria e venne autorizzato a
fregiarsi della medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-1918,
potendo apporre sul nastro della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di
campagna di guerra del 1917 e 1918.
Storie di vita – Mantova
A cura di Costanza Bertolotti
Storia di Giovanni Azzali
Dati anagrafici:
Nome e cognome: Giovanni Azzali
Data di nascita: 11 maggio 1894
Luogo di nascita: Curtatone (Mantova)
Luogo di residenza: Porto Mantovano (Mantova)
Professione: chierico seminarista
Statura: 1,67 m
Capelli: castani e lisci
79
Occhi: grigi
Fondi di riferimento:
Archivio di Stato di Mantova, Distretto militare di Mantova, Liste di leva, reg. 448,
n. 2; Albo d’Oro degli Italiani Caduti nella Guerra Nazionale 1915-1918, vol.11,
Lombardia, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato Libreria, 1932 p. 39; lettere di
Giovanni Azzali pubblicate in «Il cittadino», 9 luglio, 20 agosto, 3 ottobre 1915.
Azzali Giovanni di Angelo e Maria Farina, nasce l’11 maggio 1894 a Curtatone. Alla
visita di leva, tenutasi il 19 marzo 1914, viene mandato rivedibile per oligoemia.
Qualche mese dopo, nel novembre, viene dichiarato abile di seconda categoria.
In una lettera del 29 giugno 1915 indirizzata a don Celestino Battaglia di Cittadella,
egli esordisce rassicurando il parroco della propria salute: «Nulla di male mi
accadde nemmeno quando il dovere mi spinse alla pugna e ad espormi al fuoco
nemico. Io, dopo aver passato un momento di agitazione non ebbi più paura. Su,
coraggio, gridai ai compagni vicini, Dio sempre ci accompagna».
Egli stesso si dice stupito della propria forza d’animo: «Ma come tanto coraggio in
me? Io sono piuttosto timido, un’arma da fuoco mi rabbrividisce, eppure lo
comprendo. Dio, al quale mi ero consacrato interamente mi ha dato la forza, mi ha
accompagnato sempre, mi ha salvato la vita. Qui si comprende ciò che è l’uomo: un
nulla. Dio solo è il signore di tutte le cose […]. Ridano gli altri finché vogliono.
Poveri infelici! Io ne vidi di questi esseri che vogliono schernirsi da Dio, qui sotto il
fuoco, dinnanzi alla morte imporsi ai compagni e gridare: Guai a chi bestemmia,
qui non si scherza!».
Queste righe attestano un fenomeno, che anche altri giovani di cui sono qui
raccolte le biografie ebbero a constatare e sui cui avremo modo di ritornare: il
risveglio spirituale che aveva portato molti soldati, allontanatisi dalla religioni o ad
essa indifferenti, a riaccostarsi alla fede in Dio.
Il mese successivo Azzali scrive al proprio compagno seminarista Giuseppe
Bergamini di Castelgoffredo:
Mio Giuseppino,
80
ora che tace il cannone e non odo più il crepitio della fucileria mi trovo più calmo e
contento. Ti mando quatto scarabocchi giacché tutti vogliono mie notizie e il tempo
per me è limitato assai; infatti quando il sole scompare e l’oscurità si distende nella
valle, bisogna dormire e non accendere lumi perché si sarebbe visti e allora: sentiresti
come fischiano le palle.
Tu credi che sia a riposo in un paese abitato, bello, con Chiesa, sacerdoti, ecc. e
invece… se vedessi ove sono io! Non c’è nessuno: solo la bellezza della natura, il
rumorio incessante dell’acqua che scende limpida e scintillante dalle rocce, sollevano
il mio spirito come una preghiera.
Quello del conforto che viene ai soldati dalla contemplazione della natura è un
altro tema che ricorre spesso negli scritti dei soldati. Questi ultimi si soffermano
spesso nei loro scritti anche sull’esperienza della prossimità con la morte e
dell’impossibilità di soccorrere i caduti o di rendere ai morti i dovuti onori: «se
vedessi – scrive Azzali – come ti fa compassione chi ti muore ai piedi senza che tu
gli possa portare un aiuto, anzi forse sei costretto a calpestarlo per passare avanti.
Un giorno all’assalto di una trincea uno che strisciava al mio fianco per non farsi
vedere veniva trapassato al petto da una palla. Io lo guardai, credevo fosse ferito
perché gli uscivano rantoli angosciosi e proseguii… Più tardi, quando la trincea era
nelle nostre mani, io mi rammentai del soldato caduto, rifeci il cammino sotto una
pioggia torrenziale e tra un pantano insanguinato e lo scossi, lo chiamai più volte,
cercai di sollevarlo, ma il poverino era cadavere…».
Egli informa quindi l’amico della Messa che viene celebrata «ogni mattina sotto i
rami di un albero gigantesco, in mezzo a un tappeto verde, scintillante di migliaia i
goccioline di rugiada che rifrangono i primi raggi del sole nascente. […] Mai come
ora – egli aggiunge – sentii la bellezza della nostra Fede che qui sul campo di
battaglia è la sola mia forza».
Il 23 settembre 1915 Azzali scrive a don Enrico Buzzacchi di Bonizzo, scusandosi
di non aver scritto prima, ma «qui – egli si giustifica – non si è sicuri di stare in
pace due ore». Infatti, egli prosegue:
un bel giorno venne un ordine, zaino in spalla e via… per dove? Per la trincea. Per
fortuna che ormai ci sono abituato e perciò non ho provato grande impressione.
Dunque di nuovo al fuoco, ma sempre allegri sao, perché insomma io sono fatto così.
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Tolto quel breve tempo quando balza alla mente il tetto nativo, le lagrime d’una
madre troppo tenera, i sospiri del padre mio, un avvenire che splende bello perché
desiderato dopo lunghi anni di stenti e dopo tante prove, allora sì sento quanto sia
pesante la croce che Gesù mi pose sulle spalle ma poi…oh, mio caro, anche il Calvario,
la croce ha le sue attrattive e io soffro volentieri perché forse il cielo è lì vicino, vicino
assai… Ma tu lo sai qual è il mio scudo… Come si combatte e si muore volentieri con
una visione bella, paradisiaca davanti agli occhi.
Egli conclude facendo le sue congratulazioni ai compagni di Seminario, che erano
stati appena ordinati sacerdoti, e aggiunge: «Eh quella stola la sogno… ma anch’io
arriverò a portarla come te; me lo dice il mio cuore e la mia fiducia
nell’Immacolata».
Ad Azzali non sarà dato di realizzare la propria vocazione sacerdotale. Il 28 agosto
1917 (egli prestava allora servizio come aspirante ufficiale nel 254° reggimento
fanteria) cadrà in combattimento, sull’Altopiano della Bainsizza. Il suo corpo non
fu mai ritrovato.
Storia di Giulio Azzolini
Dati anagrafici:
Nome e cognome: Azzolini Giulio
Data di nascita: 6 settembre 1890
Luogo di nascita: Viadana (Mantova)
Luogo di residenza: Viadana (Mantova)
Professione: negoziante
Statura: 1,72 m
Capelli: neri e lisci
Occhi: grigi
Fondi di riferimento:
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Archivio di Stato di Mantova, Distretto militare di Mantova, Leve militari, reg.
418/225; Archivio di Stato di Verona, Distretto militare di Mantova, Ruoli militari,
matricola 1811; lettere di Mario Bertoni pubblicate ne «Il cittadino», 31 luglio, 11
settembre, 17 settembre, 17 novembre 1915.
Giulio Azzolini, di Vittorio e Ernesta Avosani, nasce a Viadana il 6 settembre 1890.
Alla visita di leva, effettuata il 26 aprile 1910, è dichiarato abile e arruolato di
prima categoria. Il 30 ottobre 1910 è chiamato alle armi e arruolato nel 5°
Reggimento Fanteria. Richiamato alle armi in seguito alla scoppio della guerra, il 4
novembre 1916 si trova presso il Deposito Fanteria Parma Nord-Est.
Egli si trovava peraltro al fronte sin dall’estate del 1915, in località che non è stato
possibile precisare. Il 20 luglio di quell’anno egli invia infatti una lettera al
prevosto di Buzzoletto, scusandosi per non aver dato proprie notizie prima di
allora: «creda pure – si giustifica – ce qui del tempo libero ce n’è ben poco; e non
appena viene concesso, si sente più di ogni altra cosa il bisogno di riposare, per
l’incessante fatica». Dalla lettera si apprende che egli si trovava in prima linea: «c’è
da stare avanti all’aperta molti giorni e notti, essendo sempre in pericolo – egli
scrive – ; che la trincea è il nostro alloggio». Azzolini chiede quindi al prevosto di
rassicurare i propri cari al paese, raccomandandosi in particolare «di non credere
alle chiacchiere che possono uscire sul conto dell’uno o dell’altro reggimento, che il
più delle volte non sono vere. Per esempio io so che di un reggimento si diceva che
era decimato, invece io posso assicurare che la notizia è priva di fondamento».
In una lettera del 28 agosto 1915 è lui stesso a rassicurare i genitori, che gli
avevano indirizzato una lettera dalla quale trapelava «una grande inquietudine»:
«non vi dovete lasciare vincere da certi tristi presentimenti che alle volte
assalgono, ma abbiate sempre fiducia che la fortuna mi segua, come la fece fin qui.
Forse fu la lettera di P. che vi turbò, come anche quella di M.? Eppure vi dissi che
non è vero niente, sono pure esagerazioni. […] Io non mi so spiegare con qual gusto
certuni mandano a dire simili sciocchezze. Credete pure solo a ciò che vi dico io –
egli ammoniva i genitori – che è la pura verità e non vi tengo celato nulla».
Queste notazioni di Azzolini sulle false notizie che circolavano a proposito
dell’andamento della guerra sono assai significative. Com’è noto, su questo
fenomeno appuntò l’attenzione il grande storico Marc Bloch nelle sue Riflessioni
sulle false notizie della guerra (1921). La circolazione di false notizie, che egli stesso
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aveva potuto constatare, partecipando al conflitto come sergente di fanteria, è da
Bloch interpretata come un sintomo del «rinnovarsi prodigioso della tradizione
orale, madre antica delle leggende e dei miti», che creò un ambiente favorevole alla
fabbricazione e diffusione delle «false notizie» che hanno circolato nelle trincee.
Bloch ne svela i percorsi, individuando nei grandi stati d’animo collettivi il sostrato
che consente ai pregiudizi di trasformare una cattiva percezione in leggenda.
Tornando ad Azzolini, egli prosegue la lettera narrando ai genitori quanto era
accaduto la notte precedente. Svegliati nel cuore della notte, la compagnia era
partita per ignota destinazione. Dopo due ore circa di cammino, giunse ai piedi di
un monte occupato dai tedeschi e «con movimento rapido» lo accerchiò. Poi
cominciò l’ascesa silenziosa «fin sotto le trincee nemiche; i soldati si arrestarono «a
pochi metri dalla linea degli avamposti». Nel frattempo «con una cautela e un
sangue freddo incredibili» alcune pattuglie, che precedevano le truppe, erano
riuscite a catturare i «piccoli posti tedeschi», senza sparare un colpo, in modo tale
che i nemici che stavano al di sopra non si accorsero di nulla. Alcuni fuggirono
lasciando le armi per correre ad avvertire i propri compagni, ma furono attaccati
dai fanti italiani, appostati tra i cespugli. «Fra i diversi prigionieri fatti – racconta
Azzolini – mi capitò fra le mani uno stretto parente dei F. di Viadana, il quale
tremava come una foglia, temendo della vita […] Se vorrete dirlo ai F., credo che
sarà bene dicendo loro che è sano e salvo».
Il 29 agosto 1915, in una lettera indirizzata alla moglie Ernestina, così esordisce:
«Cara Ernestina, ti scrissi ancora giorni addietro, ma non so se ti sia giunta, e ora
ho trovato per combinazione un po’ di tempo libero e mi diverto a scrivere,
essendo questo il mio unico divertimento». Riemerge qui, come in altre
testimonianze prese in esame, il tema del ruolo importantissimo che la scrittura di
diari e di lettere rivestiva per i soldati: per alcuni, come per Giulio Azzolini, essa
costituiva uno dei pochi momenti di svago, per altri un’occasione di meditazione e
intimo raccoglimento da cui era dato trarre consolazione e conforto.
Nella lettera alla moglie torna quindi a parlare del prigioniero parente dei F. di
Viadana, che Azzolini e un amico erano andati a trovare per confortarlo, poiché
sapevano che era molto impaurito. Queste notazioni sono assai significative,
perché attestano che i sentimenti dei soldati italiani nei confronti dei nemici non
erano solo di odio o al ostilità, ma erano spesso anche di vicinanza, comprensione e
compassione.
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Rievocando nuovamente l’episodio dell’accerchiamento del monte P., egli descrive
poi alla la natura dei fatti d’arme a cui egli aveva partecipato: «Qui la guerra non è
come sugli altri fronti; di stragi, ma è una guerra di tranelli, di appostamenti,
insomma è fantastica e romantica». Ciò lo porta a riflettere sulla mutazione, si
direbbe antropologica, che la vita a stretto contatto con la natura, in luoghi solitari
e impervi, costantemente esposti al pericolo, aveva determinato nei i soldati: «Noi
qui siamo già cambiati in modo incredibile. Sembriamo tanti indiani già abituati a
vivere nei boschi e non ci par vero che ci debba essere ancora una vita tranquilla
nei paesi e nella società. Se tu ci vedessi di giorno su e giù per queste cime infinite,
per viottoli non mai praticati che dai camosci e lupi, sempre cogli occhi fuori
dall’orbita, temendo di un agguato, di un tradimento! […] Non esistono più
comandi, si va avanti coi soli cenni e non si sbaglia: si ha l’attività di una bestia
ammaestrata». L’analogia con gli animali o con i «selvaggi» viene ripresa nelle
righe successive: Azzolini dice che nottetempo «si striscia come serpi fra gli abeti
colle orecchie irte al minimo scuoter di frasche o di cespugli e colla sagacità di una
tribù di Pelle Rossa quando dà la caccia ai binachi». «È una guerra fantastica
davvero – egli conclude – romantica nel modo più strategico e specialmente è la
nostra vita che ha del brigantesco».
Il 4 novembre Azzolini narra ai famigliari una battaglia a cui aveva partecipato:
«durante una lotta così accanita si perdono i sentimenti. Si vedono compagni che
cadono da tutte le parti feriti o fulminati, i gemiti dei moribondi, il fragor delle
armi. E vi dirò che in un momento di a terra durato circa un’ora, senza sparare
mentre fischiavano le pallottole, granate, bombe da ogni lato (cosa incredibile ma
pur vera) io mi son addormentato). […] Io credo che sia stato l’effetto dello
sbalordimento o della stanchezza». Emerge anche da questa lettera la passione per
la narrazione che anima Azzolini. È lui stesso del resto a osservare: «volendo
narrare minutamente ogni cosa si potrebbe fare un romanzo; ma invece – egli
aggiunge – vi racconterò esattamente ogni cosa a bocca se avrò la fortuna di
tornare».
Egli sarebbe tornato sano e salvo dai campi di battaglia, ma non prima di altri
quattro anni trascorsi sotto le armi.
Il 26 marzo 1917 è dichiarato disertore per essersi allontanato dal corpo la sera
del 25 marzo 1917. Denunciato al tribunale militare di Piacenza, viene arrestato e
incarcerato. Non sappiamo se fu condannato e quale l’entità della pena; il
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procedimento giudiziario fu probabilmente sospeso. Nel 1934 egli verrà infatti
dichiarato esente da pena perché rientrato spontaneamente al corpo nei termini
stabiliti dal D.L. 10 dicembre 1917.
Il 19 aprile 1917 è incorporato al 48° Reggimento Fanteria e inviato al fronte. Tra il
luglio e il novembre 1917 egli passerà dal 62° Reggimento Fanteria al 248°, quindi
al 150° e successivamente al 31°. Il 2 febbraio 1918 è incorporato al 1° reparto
mitraglieri e il 12 maggio nella 2102a compagnia mitraglieri. Il 19 agosto 1919
viene infine inviato in congedo illimitato.
Storie di vita – Milano
A cura di Gregorio Taccola
Storia di Aldo Baj Macario *
Dati anagrafici
Nome e cognome:
Aldo Baj Macario
Data di nascita:
14 dicembre 1893
Luogo di nascita:
Milano
Data di morte:
1 dicembre 1918
Luogo di morte:
Milano
Luogo di residenza:
Milano
Professione:
studente (poi ingegnere)
Statura:
Capelli:
Occhi:
Fondi di riferimento: Fondo Cuttica, ASC (AG); albodorolombardia.it
Aldo Baj-Macario nacque a Milano il 14 dicembre 1893 e quando scoppiò la guerra,
nel 1915, era uno studente iscritto al primo anno di corso alla Regia Scuola Tecnica
Superiore di Milano, il “Politecnico”. Era fortemente convinto della necessità per
l’Italia di partecipare alla guerra e volle frequentare l’Accademia Militare di Torino.
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Terminata la scuola, col grado di sottotenente, fu chiamato a comandare una
sezione delle “Batterie Siciliane”
dipendente dal 64° Gruppo Artiglieria da
Montagna.
Fu inviato a combattere al fronte nelle Alpi Giulie dove partecipò, nel luglio 1916,
alle azioni del Mittagskofel (Jôf di Miezegnot, in austriaco,). Questa posizione era
un baluardo del confine tra Impero Austroungarico e Regno d'Italia e costituiva un
cardine del fronte nelle Alpi Giulie, in particolare – per gli italiani – era un ottimo
punto di osservazione sulle retrovie austriache. La zona fu teatro di combattimento
fin dai primi mesi di guerra: nel giugno del 1915 le truppe austroungariche
attaccarono lo Mittagskofel, partendo dalla zona della Malga Strechizza, ma
riuscirono a conquistare solo la Quota 1952, chiamata dagli austriaci Kleine
Mittagskofel. Dopo questa azione le posizioni dei due eserciti rimasero per quasi
un anno pressoché invariate.
Tra il 16 e il 18 luglio del 1916 gli italiani attaccarono la Quota 1952,
riconquistandola, ma senza riuscire a conservare la posizione a causa del
contrattacco austroungarico. Fu in questa azione che il sottotenente Aldo BajMacario si distinse e ricevette una medaglia al valore perché «sotto violento
bombardamento nemico, dirigeva con ordine e perizia il fuoco della sua batteria,
cooperando efficacemente all’azione di un reparto d’affini».
Venne così promosso tenente e trasferito al 14° Gruppo. In battaglia sapeva
dimostrare il proprio coraggio e dimostrava una convinta adesione alla causa della
guerra, riuscendo a incitare i soldati alle sue dipendenze che invece spesso
neppure capivano perché si combattesse.
Nel 1917 Aldo si distinse in un’altra azione. Era il19 luglio, si trovava in prima
linea, sul Vodice, al comando dei suoi artiglieri che erano in appoggio alla fanteria.
Le linee italiane erano state travolte dall’attacco austriaco e Aldo cadde prigioniero
nelle mani del nemico. Con mille difficoltà riuscì comunque a liberarsi e a scappare
per tornare, insieme ad alcuni suoi uomini, ai propri pezzi di artiglieria per
riprendere il combattimento. Questa azione così coraggiosa non ebbe però per lui
un esito fortunato. Mentre aveva ripreso il controllo delle bocche da fuoco e si
preparava a sparare al nemico, fu a sua volta lui stesso colpito da un proiettile che
lo ferì gravemente tanto da costringerlo a ritirarsi dal combattimento e a cercar
riparo nelle retrovie.
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La ferita gli procurò un danno tanto grave che fu
dichiarato inabile al
combattimento e allontanato dal fronte. La sua esperienza militare doveva tuttavia
continuare, anche se non più in prima linea. Venne infatti destinato a comandare
un corpo nella Scuola Superiore d’Aereonautica a Parigi, dove il 24 gennaio 1918
gli fu conferito il diploma d’ingegnere aeronautico e meccanico.
Completata la scuola rientrò in Italia dove fu destinato alla Divisione Tecnica
d’Aviazione di Torino. Aldo tuttavia soffriva di non poter più essere al fronte a
combattere. Inoltrò dunque ripetute domande al Comando: voleva rinunciare al
proprio diritto d’invalidità, pregava i superiori perché lo dichiarassero
nuovamente abile al combattimento e lo inviassero al fronte. Alla fine i suoi sforzi
ebbero successo e fu autorizzato a ritornare a combattere. Non riuscì tuttavia a
tornavi: mentre era di passaggio a Milano, per raggiungere la zona di guerra, «fu
colpito da morbo inesorabilmente crudele» e morì il 1° dicembre.
Storia di Francesco Balzaretti *
Dati anagrafici
Nome e cognome:
Francesco Balzaretti
Data di nascita:
31 agosto 1898
Luogo di nascita:
Milano
Data di morte:
23 giugno 1918
Luogo di morte:
Sezione di sanità n. 79
Luogo di residenza:
Professione:
Statura:
Capelli:
Occhi:
Fondi di riferimento: Fondo Cuttica, ASC (AG); albodorolombardia.it
Francesco Balzaretti, classe 1898, nacque a Milano il 31 agosto; il padre si
chiamava Domenico. Nell’aprile del 1917 fu chiamato a compiere il servizio di leva
nel Distretto Militare di Milano. Venne ammesso a frequentare la Scuola Militare di
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Parma e una volta diplomatosi, col grado di sottotenente di completamento, fu
inviato in zona d’operazione. Era il 13 ottobre 1917.
Destinato al 62° Reggimento Fanteria, partecipò a numerose azioni nella zona della
Carnia, e in seguito – dopo Caporetto – fu trasferito al 225° Reggimento Fanteria e
prese parte alla difesa del Piave.
Rimase a lungo in questa zona d’operazione, tanto che si trovava ancora sul Piave
quando quando gli austriaci lanciarono l’ultima grande offensiva sul fronte
italiano: la seconda battaglia del Piace, conosciuta anche come “Battaglia del
solstizio”, che fu combattuta tra il 15 e il 23 giugno del 1918. L’attacco ebbe inizio
alle tre di notte del 15 giugno con breve ma pesantissimo fuoco d’artiglieria dove
furono impiegate anche granante a gas. L’offensiva austriaca fu condotta su tre
fronti: il Monte Grappa, il Montello e il basso Piave. Il Regio Esercito, che aveva
imparato dalla lezione di Caporetto, non si fece sorprendere e rispose con
prontezza all’attacco. Gli austriaci riuscirono comunque a oltrepassare la linea di
difesa del Piave
a Falzé, conquistando un’ampia zona sul Montello fino a
raggiungere, a nord, casa Faveri e, a sud, Giavera. Le Divisioni italiane riuscirono
tuttavia a contenere l’avanzata del nemico e a respingerlo: il 22 giugno gli austriaci
si ritiravano dal Montello e ripassavano oltre il Piave. Nel basso Piave, tra Candelù
e Capo Sile, gli austriaci oltrepassarono il fiume in tre punti, formando delle teste
di ponte che poi riuscirono a congiungere.
Nonostante gli sforzi e il
sopraggiungere di consistenti riserve, gli austriaci non riuscirono a penetrare in
profondità nelle linee italiane. La notte del 23 giugno, le condizioni metrologiche
aiutarono gli italiani a sostenere la difesa del fronte: il Piave era in piena,
rendendo estremamente difficile il suo attraversamento, ulteriormente ostacolato
dal fuoco delle artiglierie italiane aiutate dall’aviazione. Vista l’impossibilità di
sfondare nel settore del Piave, l’Alto Comando austriaco, ordinò la sospensione
dell’attacco e il ripiegamento sulla sponda sinistra del fiume. La Battaglia del
Solstizio fu un’importante vittoria per l’esercito italiano, ma con un costo
drammatico: 150.000 uomini fra morti, feriti, dispersi e prigionieri; tra gli italiani
ci furono circa 27.660 feriti, 51.860 dispersi e 6110 caduti. Tra questi ultimi anche
Francesco che l’ultimo giorno cadde sul campo a Capo Sile e fu sepolto nel cimitero
di San Michele del Quarto.
Venne decorato di medaglia d’argento al valor militare concessa con R. Decreto del
1° febbraio 1920 con la seguente motivazione: “Balzaretti Francesco di Milano. Con
89
l’esempio e con la parola trascinando brillantemente i suoi uomini, si scagliava,
sprezzante di ogni pericolo, contro mitraglieri avversari, che opponevano accanita
resistenza, e valorosamente combatteva finché, colpito a morte, lasciava
gloriosamente la vita sul campo. – Capo Sile (Musile – Treviso) 23-24 giugno
1918”».
Storie di vita – Pavia
A cura di Andrea Pozzetta
Storia di Angelo Nervetti
Dati anagrafici:
Nome e cognome:
Angelo Nervetti
Data di nascita:
9 aprile 1899
Luogo di nascita:
Vellezzo Bellini
Luogo di residenza:
Pavia
Professione:
casaro
Statura:
1,63
Capelli:
castani
Occhi:
grigi
Fondi di riferimento: Ruoli matricolari e taccuino personale di Angelo Nervetti
conservato presso l’Archivio storico civico di Pavia.
Angelo Nervetti, originario di un piccolo comune nel pavese nordoccidentale, viene
chiamato alle armi il 15 febbraio 1917,
a diciott’anni non ancora compiuti.
Inquadrato nel 3° Battaglione di milizia territoriale di fanteria nel Distretto
militare di Voghera, passa, nell’aprile dello stesso anno, nel Distretto militare di
Pavia come soldato di terza categoria. Il 26 giugno viene trasferito al Deposito del
53° Reggimento Fanteria nella città di Vercelli, presso la caserma “Umberto I”.
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È proprio da Vercelli che Angelo Nervetti inizia ad appuntare su un piccolo
taccuino le bozze delle lettere che invierà, in un italiano molto stentato, alla madre
e alla sorella Giuseppina. A metà tra esercitazioni di scrittura e appunti personali, il
taccuino di Nervetti è utile per comprendere le preoccupazioni e gli stati d’animo
di una giovane recluta che per la prima volta si ritrova fuori casa, lontano dalla
propria famiglia e alloggiato in città a lui sconosciute. La sua principale
preoccupazione è tranquillizzare i familiari riguardo al proprio stato di salute e
circa la qualità della vita nella caserma di Vercelli, in particolare per quanto
riguarda l’alimentazione: «qui a Vercelli si sta molto bene in tutte le cose ciè il vino
bommercato si paga 90 centesimi e vino buono in caserma si sta molto bene che a
Pavia ciè la carne tre volte alla settimana […] per il vito non si può a lamentarsi». È
significativo, tuttavia, che in un successivo appunto, la recluta si lasci sfuggire:
«sono molto stanco di fare il soldato»; è difficile comprendere la motivazione che
ha spinto Nervetti a porre per iscritto un simile pensiero, giacché la pagina
precedente del quadernetto risulta strappata, ma anche in una successiva lettera
indirizzata a un amico scrive: «io qui a Vercelli no si sta bene è una città che non ce
gniente i non mi piace anche».
Il 1° agosto Angelo Nervetti è trasferito al reparto Mitraglieri Fiat di Brescia del 37°
Reggimento Fanteria. Appare sollevato della nuova collocazione tra i mitraglieri
perché, come scrive alla sorella, «non si va alla salto come la fanteria noi stiamo in
dietro»; subito dopo, quasi ad allontanare da sé ogni sospetto di codardia, specifica
che «non è per paura che noi si sta doppo» ma allo stesso tempo confessa: «non
pensare di me che io mi trovo tanto bene». Il quadernetto s’interrompe e non
contiene ulteriori appunti. Dal ruolo matricolare si apprende tuttavia che nei mesi
successivi verrà inviato in territorio dichiarato in stato di guerra; dovrà ben presto
rendersi conto che anche nei reparti mitraglieri non è possibile, al fronte, godere di
una maggiore protezione. Muore sul Monte Grappa il 15 giugno 1918 per le ferite
riportate in combattimento.
Storia di Giuseppe Franchi Maggi
Dati anagrafici:
Nome e cognome:
Giuseppe Franchi Maggi
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Data di nascita:
15 settembre 1890
Luogo di nascita:
Pavia
Luogo di residenza:
Pavia
Professione:
ingegnere
Statura:
1,76 ½
Capelli:
castani
Occhi:
castani
Fondi di riferimento: presso il Museo del Risorgimento di Pavia (fondo Grande
Guerra) e presso l’Archivio storico civico di Pavia (fondo Prima guerra mondiale)
sono conservate due ricche raccolte di corrispondenza tenute da Giuseppe Franchi
Maggi con i famigliari, fotografie e documenti ufficiali. Sono inoltre stati consultati i
ruoli matricolari e, per quanto riguarda i riferimenti sulla famiglia Franchi Maggi,
si è fatto riferimento a pubblicazioni di storia locale.
Giuseppe Franchi Maggi, soprannominato affettuosamente Peppino dagli amici e
dai parenti, nasce a Pavia in una tipica famiglia della borghesia democratica
cittadina, imbevuta di miti risorgimentali e garibaldini. Il padre, l’ingegnere Emilio
Franchi Maggi, è una figura di spicco della vita politica pavese: è stato sindaco della
città dal 1911 al 1915, guidando una giunta composta da radicali, socialisti e
repubblicani; la madre, Bianca Casorati, è figlia del matematico e docente
all’Università di Pavia Felice Casorati. Lo zio, l’avvocato Giacomo Franchi, è
anch’egli una personalità molto conosciuta a Pavia, autore di numerosi volumi di
storia locale e attivo nella vita politica e culturale cittadina.
Peppino trascorre i suoi anni d’infanzia nella villa di famiglia, a San Pietro in
Verzolo, ma si lega soprattutto a zio Giacomo e a zia Carlotta; a ogni vendemmia,
assieme al fratello Felice, si reca nella loro tenuta di Casteggio, vivendo quel
periodo dell’anno come una festa gioiosa e spensierata.
Come il padre, anche Peppino viene avviato agli studi in ingegneria e, studente
presso il Politecnico di Milano, si laurea nel settembre 1912. Ammesso a ritardare
nel 1911 il servizio militare, in quanto studente, viene chiamato alle armi per
istruzione il 20 luglio 1913 e inquadrato nel 1° Reggimento Genio (zappatori)
presso il Centro di mobilitazione di Pavia. Il 10 dicembre 1913 ottiene il congedo
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illimitato con dichiarazione di aver tenuto «buona condotta» e di aver servito «con
fedeltà ed onore».
Nel 1915, all’entrata in guerra da parte dell’Italia, condivide con lo zio gli
entusiasmi patriottici. Mentre Peppino viene richiamato con il grado di
Sottotenente di Complemento dell’arma del Genio per servizi tecnici e inquadrato
nel 1° Reggimento Zappatori, la sua famiglia si dedica con passione all’opera di
assistenza ai soldati e di mobilitazione civile: la madre entra nell’esecutivo del
Comitato Femminile di Preparazione, presieduto da Maria Rampoldi Manzoli; lo
zio diviene vice-presidente del Comitato Provinciale di Preparazione, presieduto
dall’amico Roberto Rampoldi, deputato radicale al Parlamento.
Inviato in Trentino, con gli zappatori del Genio, Peppino si dedica a dirigere e
coordinare lavori campali come scavi e riassetti di trincee, posa di reticolati,
costruzione di camminamenti, trasporti di materiali. Nei momenti di pausa, scrive
ai famigliari, soprattutto alle zie Carlotta e Silvia e allo zio Giacomo, producendo
una copiosa corrispondenza e divenendo, come lui stesso scherzosamente si
definisce, «dispensario di cartoline guerresche».
Lo stretto rapporto di ammirazione e stima con zio Giacomo, sembra rafforzarsi
negli anni della guerra; allo zio confida le sue preoccupazioni, gli stati d’animo e,
sovente, gli affida il compito di mediare con i genitori le notizie che man mano
rivela sulle sue attività: il 10 giugno 1915, ad esempio, Peppino riporta in una
cartolina che «Ci è stato affidato (dillo ai miei e se credi anche puoi non dir niente)
un compito non facile per esecuzione ma niente affatto pericoloso»; oppure,
nell’agosto 1918, soltanto allo zio rivela di aver ricevuto «un compito molto
difficile e può essere che mi capiti qualche guaio […] Nel caso di un guaio sarà a te
che mi rivolgerò o si rivolgeranno. Ho tanta stima di te che non occorre dica altro».
Il paesaggio ameno e incontaminato delle montagne trentine permette talvolta al
giovane sottotenente del Genio di estraniarsi dalla realtà della guerra: «questo bel
sito si presta a darmi l’illusione di essere in villeggiatura», affermerà più volte; ma
allo stesso tempo, di fronte alla stravolgente modernità bellica, alla soverchiante
potenza delle macchine e della tecnica in grado di trasformare radicalmente lo
stesso paesaggio, Peppino appare inebriato, abbandonandosi a descrizioni delle
operazioni belliche quasi fantascientifiche: «Si è lavorato giorno e notte, alla luce di
potenti fari acetilene, solo alla parte a cui sono addetto io e che ora è la più
importante. Una scena veramente fantastica! Genio e artiglieria in un lavoro
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febbrile in mezzo a un bosco di abeti; comandi e ordini a destra e sinistra: mostri di
acciaio trainati da motori; un po’ di fracasso anche in alto per gentile
collaborazione degli amici austriaci: un mezzo finimondo! Avevamo sentinelle da
tutte le parti con ordini severissimi! Ti assicuro che mi sono divertito molto».
Le zie Carlotta e Silvia, assieme alla mamma, si premurano sovente di confortare il
giovane con l’invio di pacchi di generi alimentari e abiti invernali: giungono
soprattutto dolci, che Peppino divide con i compagni, la “torta paradiso” di Pavia, i
“biscotti di Novara”, caramelle, cioccolatini. Particolarmente gradite sono anche le
copie della “Provincia pavese”, il giornale cittadino di orientamento democraticoradicale: talvolta gli capita anche di incontrare il suo ex direttore, Carlo Ridella,
partito volontario in guerra dopo aver condotto una battaglia interventista sulle
colonne del giornale.
Nell’agosto 1915 le operazioni militari portano Peppino in prima linea:
incominciano giorni «intensi di rischi e di avventure» come ufficiale guastatore con
l’incarico di far saltare reticolati e fortificazioni nemiche. Per esorcizzare il pericolo
scrive frasi scherzose alla famiglia descrivendosi «sano ancora e senza buchi». Ma
è proprio in una di queste giornate che il giovane viene ferito gravemente al
braccio sinistro. È sempre allo zio che affida le notizie sulla sua salute: «ti avverto:
credo che dato che non si tratta di roba pericolosa puoi avvertire papà e mamma.
Ad ogni modo fa tu, quello che tu fai è ben fatto. Io domanderò di essere mandato a
Pavia al più presto a casa mia». Peppino rimane minorato all’arto e ottiene una
medaglia di bronzo al valor militare. Sebbene inabile al servizio di guerra, rifiuta il
congedo e torna al fronte.
Con grande piacere suo e della famiglia, viene promosso tenente, assumendo il
comando della 100° compagnia del 1° reggimento Genio. Tornato in territorio di
guerra scrive allo zio: «siamo ora a posto attendati in un bellissimo sito. Si sente di
qui il rombo dei cannoni che infuriano sugli altopiani e mi viene la nostalgia […]
sono contento di essere qui e qualunque fossero le conseguenze della mia
decisione, non me ne pento certo». Combatte in Carnia, sull’Isonzo, sulla Bainsizza,
tra i suoi compiti di occupa anche di istruire i soldati; mentre giungono le notizie
della presa di Gorizia, nell’estate 1916, si mostra beffardo contro i nemici: «ogni
sera io ed altri ci rechiamo nei posti più avanzati e con un megafono diciamo agli
austriaci il nostro bollettino in tedesco (sono io l’incaricato!). Quelli ci rispondono:
italiano vigliacco! Ma non mostrano neanche le punta del naso!». Non c’è traccia di
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commiserazione o rimpianto nelle lettere dal fronte, anzi, descrivendo le sue
attività sembra elettrizzato, immerso in quella che gli appare come una grande
avventura: «ho una vita attiva e piacevole», scriverà più volte agli zii. La stessa
percezione del pericolo sembra del tutto assente o ridimensionata: «domani mi
reco in prima linea per fare alcuni rilievi: non dirlo naturalmente: ma qui non vi è
pericolo: la guerra si può dire che non si sente».
Nel mese di agosto Peppino riceve l’offerta da parte del generale Maglietta, a capo
del Genio della 1° e 3° Armata, di seguirlo per lavorare con lui. Il giovane è onorato,
ma nei mesi successivi una malattia lo costringe al ricovero in ospedale;
avvertendo lo zio, il 29 novembre 1916, scrive: «sono da quindici giorni a letto
all’Ospedale Militare per un avvelenamento intestinale. Ora miglioro (oggi non ho
febbre) ma sono stato male assai ed è da 10 giorni che non prendo che latte! Te ne
avverto unicamente perché tu stia attento che i miei non lo vengano a sapere».
Rimane inabilitato al servizio fino al marzo 1917, quando è inviato a San
Colombano, frazione del comune di Collio, in Val Trompia. La vita a San
Colombano, lontano dai combattimenti, è tranquilla, forse troppo placida per
Peppino; ha molto tempo libero, riesce persino a organizzare una piccola fanfara
militare (tra le sue carte è presente anche uno spartito della canzone di guerra
francese “Quand Madelon”) ma, come scrive il 25 agosto allo zio, «comincio […] ad
arrabbiarmi per la mia eccessiva permanenza qui e ti assicuro che credo che farò
qualche grossa sciocchezza perché vedo che non mi si vuole lasciar fare quello che
voglio».
In seguito alle giornate di Caporetto sprona i suoi famigliari a non demoralizzarsi:
«a noi non manca la fede, occorre più di tutto che voi abbiate a confermarcela».
Dopo un periodo di riposo a Parma, viene inviato, nei primi mesi del 1918, in
Francia con il 2° Corpo d’Armata; partecipa alla Seconda battaglia della Marna e
ottiene due onorificenze militari, una francese e una italiana. In Francia incontra
«tutti i generi di truppe delle varie parti del globo: neri, gialli, olivastri, bianchi,
pellirosse, cinesi e nyam-nyam, fanno però tutti schifo e io sono del parere che
meglio del nostro soldato non ce ne sono. Siamo noi i cretini che non sappiamo
farci valere». Incontra anche Peppino Garibaldi in visita ai soldati italiani: «fu
veramente splendido, ci hanno cinematografato e se vedete quella cinematografia
lì mi vedete certo al seguito del generale su di un focoso destriero (una paura)». È
in questi mesi che nella corrispondenza di Peppino sembrano accentuarsi i
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riferimenti patriottici e militaristi; sembra anzi maturare un certo disagio nei
confronti della vita civile: «sono ritornato per qualche ora nei paesi civili. Mi han
fatto una impressione strana: non mi par vero di essere seduto a un caffè, dopo
tanti giorni in cui ho preso il caffè in una tazza di latta sotto la tenda alle quattro di
mattina».
La mattina del 29 settembre 1918, riceve l’ordine di recarsi presso un reparto di
fanteria di prima linea per prendere accordi riguardo le operazioni di guerra.
Peppino, a scopo di ricognizione, attraversa un guado sul fiume Aisne assieme ad
alcuni uomini; secondo un documento ufficiale, i soldati intuiscono nell’insolita
calma un tranello ma «Risoluto a voler condurre a buon fine l’impresa iniziata per
poter procurare notizie che giovassero all’azione che stava per svolgersi, il Tenente
Franchi Maggi cercò rassicurare il manipolo di soldati con la parola e con
l’esempio»: si drizza in piedi sull’argine ma una scarica di mitragliatrice lo colpisce
a morte, rivelando così la presenza del nemico. Il 30 settembre ha luogo nel
cimitero militare di La Ferme de Chery-Chartreuve una solenne cerimonia funebre
con largo stuolo di ufficiali italiani e francesi. Gli verrà assegnata la medaglia d’oro
al valor militare.
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Relazione tecnica relativa al lavoro svolto nel quadro del progetto