Bureau de Dépôt: Bruxelles X
Belgique - België
P.P. - P.B.
1099 BRU X
1/1605
P912772
“Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per fare loro raccogliere il legno, per distribuire i compiti e
suddividere il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito". [ Antoine de Saint-Exupery ]
Bimestrale ( sauf Juillet - Août) di cultura, polica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 - Marzo/Aprile 2013
Ed. Resp.: Catania Francesco Paolo, Bld de Dixmude , 40/ bte 5 (B) 1000 Bruxelles - Tél & Fax: +32 2 2174831 - Gsm: +32 475 810756
Gli specchi del web (pagg. 1 & 2)
⇒ Diritti del Popolo Siciliano sempre violati: che fare? 8 referendum per la Sicilia -
⇒
(pag. 4)
Radici storiche dell’Autonomia siciliana - L’origine della Questione Siciliana in
un’investitura impossibile - (pagg. 5 & 6)
⇒ QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO... - (pag. 7)
⇒ Le fate esistono. E io oggi ne ho incontrata una - (pag. 8)
⇒ Reddito di cittadinanza per tutti - (pag. 9)
⇒ LA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI, IL PD NON PUÒ FARLA - (pag. 9)
⇒ “Grandi” di Sicilia ! - (pagg. 15 & 18)
⇒ Un sogno diventa realtà per Arba Sicula: una grammatica moderna del siciliano (pag. 16)
⇒ A TAVOLA con le ricette di TANO - (pag. 19)
⇒
2
Gli specchi del web
di Eugenio Preta
L
a formazione di un nuovo governo,
che già i risultati elettorali avevano
pronosticato ardua e difficoltosa, se
non improbabile, è diventata un
tormentone che però è servito, almeno, a
mettere in risalto - qualora i cittadini ne
avessero avuto ancora il dubbio - la vera
natura della politica, attuata attraverso i
suoi partiti organizzati e quelli virtuali, che
esistono - e se ne vantano, (i risultati però
li hanno premiati) solo in rete. In
particolare abbiamo sottolineato le illusioni
del Pd che affiggeva una sua vittoria
risicata, come trionfo, e pretendeva di
accaparrarsi tutte le postazioni di
responsabilità istituzionali e, dopo la
Presidenza di Camera e Senato, soprattutto
riteneva di dover preparare la strada a
Bersani come primo ministro di questa
repubblica ridotta ormai al fallimento
economico e morale dai vecchi figuranti
della seconda repubblica e, a seguire,
dall'incapacità dimostrata da quelli che
erano stati chiamati dall'uscente Napolitano,
in qualità di tecnici - quindi non politici e
sopra le partI - a gestire la cosa pubblica.
Che poi questi tecnici abbiano dimostrato
per intero tutta la loro proterva arroganza
e, fedeli al detto "l'appetito vien
mangiando" abbiano cullato vanagloriosi
sogni di ambizione politica, è sotto gli occhi
di tutti.
L'ambizione di un vecchio signore che si era
creduto uomo di Stato, lo aveva portato a
"salire" in pista, - e nella stessa
terminologia utilizzata c'era tutta la
sudditanza di un proposito di scalata laddove una volta, soltanto nelle intenzioni
però, c'era la "discesa" verso un dovere da
compiere per il Paese.
Non stiamo qui a fare l'esegesi del
fallimento di Monti come politico e come
statista, confermato in ultimo dalla vicenda
dei fucilieri di marina rispediti in India sotto
la protezione di De Mistura, altro
bellimbusto di questo governo di tecnici
incapaci. Un fallimento sottolineato
soprattutto dalle politiche di austerità e di
strozzinaggio fiscale studiate senza pietà a
spese dei cittadini, con il solo scopo di
ingraziarsi i burocrati di Bruxelles e
abbassare il Paese agli standard imposti agli
Stati Nazione da questa Unione europea
proterva e poco solidale.
Quindi oggi prendiamo atto del naufragio
del progetto di questo vecchio signore e
dei suoi sodali, come l'impresentabile Fini o
l'insopportabile Casini, consegnati dal voto
dei cittadini al dimenticatoio e all'oblio, loro
che nelle cravatte rosa e nei giudizi
trancianti, avevano costruito una lunga e
fortunata carriera politica ai danni dei
cittadini addormentati.
Che Grillo poi avrebbe rappresentato il fatto
nuovo ne eravamo tutti a conoscenza e la
conseguente sua affermazione elettorale è
stata uno di quei fatti che consegnano alla
cronaca la prova di un effettivo girare
pagina generazionale, un conseguente
cambiamento di prospettiva politica e
societaria che trovava ulteriore riscontro
anche nei fatti che hanno portato, passiamo
ad una sfera meno terrena, all'abdicazione
di Ratzinger e all'elezione di Bergoglio.
Fatti che hanno dimostrato il cambiare dei
tempi - come diceva Bob Dylan nel '67 in
Times are changing e che hanno
obbligato gli interpreti della commedia
umana e politica a prenderne atto,
costringendo i più lungimiranti ed avvertiti
a trarne le dovute conseguenze.
Ormai il verbo corrente è oggi costituito
dalla società civile e le varie forme di
associazionismo ne rappresentano
l'estrinsecazione pratica. La rete, il villaggio
globale, internet, i network sociali hanno
consegnato ai nuovi cittadini, specialmente
in ambito politico, una mistica assurda e
pericolosa.
Una volta c'erano le assemblee dei partiti, i
congressi fondanti con dirigenti e iscritti,
oggi basta inviare una richiesta di
partecipazione alla rete e si è consacrati
come riferimenti di un modo comune di
pensare, come arbitri di scelte politiche e
sociali, come componenti di una società
virtuale che esiste quando essa stessa
decide di auto-consultarsi attraverso blog,
moduli, posta elettronica, sms e post.
Grillo di questa novità appare l'interprete
più fedele; è riuscito a costruirsi una forza
politica senza segreterie o congressi né
militanti o dirigenti, solo con la sua abilità di
tenere la scena, un palco reclamizzato sul
web e poi rifocillato in realtà dalla sua verve
comica, ha messo al bando la tv e
ricatturato il vecchio comizio militante, la
piazza, ora che i partiti l'avevano
abbandonata ritenendola démodé. E questa
è deriva pericolosa perché Grillo, a questo
punto, diventa il solo maestro e l'unico
punto fisso di riferimento, e alla fine viene
abilitato a decidere azioni politiche e
candidature ideali, una democrazia definita
elettronica per allinearla ai tempi, ma che in
realtà è la riedizione modernizzata delle
vecchie rappresentanze popolari scadute in
regime.
Su questo filone Bersani ha cercato di
tenere botta, di non farsi azzoppare dal
nuovo, ma stupidamente, visto che del
vecchio più stantio lui era la dimostrazione
comprovata, nonostante l'estremo tentativo
di proiettare qualche giovane ai vertici di un
partito sempre più diviso nelle vecchie
dicotomie.
Pervicacemente Bersani entrava così in
quella mistica dell'associazionismo che
circonda la società civile e, in vista di un
governo che si sarebbe alleato con tutti
meno che con il Berlusconi, cercava
l'appoggio di questa società civile, non nel
corso della campagna elettorale, ma nel
momento disperato di formare un nuovo
governo.
Ora, come voi, siamo del parere che il
consenso dei cittadini vada cercato e
conquistato in campagna elettorale;
gettarsi ora in braccio alla rete, oltre che
esercizio tardivo, appare anche esercizio
della disperazione. Una volta eletti il
consenso si deve cercare in Parlamento, è lì
che si forma il governo, e questo è il senso
della democrazia rappresentativa.
Invece Bersani ha enormi difficoltà di
trovare il consenso in Parlamento e va a
cercare appoggi nella società civile,
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
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oltrepassando così i partiti che continuano a dirgli niet o che si
ostina a considerare stalinianamente indegni di venire consultati.
Ricorre perciò a manovre che escono fuori dall'ambito
parlamentare e che costituiscono un precedente non certamente
ortodosso e, oltre a dimostrarsi di parte e a non individuare un
campione che rappresenti tutto l'associazionismo, pericolose per
il percorso democratico che conosciamo.
Spiccano in queste sue consultazioni scelte ideologiche di parte,
arbitrarie perché non lasciano possibilità di appello e soprattutto
la necessità di un contraddittorio che metterebbe valore ad un
progetto veramente disinteressato. Alla fine una chiamata a
consulto di soli compagni e amici, come abbiamo constatato nella
diretta web delle stesse consultazioni M5S, alla ricerca spasmodica
di un appoggio, ultima spiaggia di una carriera politica agli
sgoccioli.
Ma se Atene piange, Sparta non ride. La trasparenza degli atti
invocata dal popolo web ed assecondata dal M5S non può però
limitarsi soltanto a mettere in esergo gli sprechi, gli accordi o gli
inciuci tra destra e sinistra, ma dovrebbe anche consentire
finalmente un approccio positivo per la formazione di un governo,
ormai di salute pubblica per fare uscire il Paese dal fallimento.
Perciò le tanto democratiche dirette web rimangono solo
spettacolo, dove il riferimento al grande fratello non è sembrato
solo casuale, e la diretta dell'incontro con Bersani ha messo in
rilievo la pochezza del personaggio e i tentennamenti dei terzi
esclusi, che nel tentativo di informare i confratelli e consentire loro
finalmente l'accesso a quelle stanze del potere finora precluse alla
gente comune non hanno fatto nient'altro che dimostrare la
sudditanza al capo, la necessità di compiacere il condottiero web
che allunga la sua ombra su queste truppe cammellate.
Grillo e Casaleggio ci hanno oggi obbligati al nuovo ed hanno
messo in quiescenza la politica tradizionale del confronto e della
rappresentanza eletta proprio con la loro idea di democrazia
elettronica, il cui confine con l'effettiva sospensione di ogni libertà
personale è veramente sottile e labile. Ora, inseguirli su questo
terreno non è solo pericoloso, ma irresponsabile.
eugenio preta
Se questi sono saggi, i fessi dove sono?
C
’è Onida, corazziere ad honorem per gli immani
sforzi compiuti per difendere le interferenze del
Quirinale nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia
e per negare l’ineleggibilità di B., dunque molto saggio. C’è
Giovannini, il presidente Istat che fu incaricato di studiare
i costi della politica, ma alla fine si arrese stremato, dunque
molto saggio. C’è Pitruzzella, già associato allo studio
Schifani, dunque garante dell’Antitrust e molto saggio. C’è
Rossi, il solito banchiere uscito dai caveau di Bankitalia,
dunque molto saggio. C’è Violante, quello che si vantava
con B. di non avergli toccato le tv e il conflitto d’interessi,
dunque molto saggio. C’è Mauro, già Pdl, ora montiano,
ma sempre Cl, dunque molto saggio. C’è Quagliariello, che
strepitò in aula contro gli “assassini” di Eluana, dunque
molto saggio. C’è Bubbico, già indagato e prosciolto per la
buona politica in Lucania, dunque molto saggio. C’è il
leghista Giorgetti, che intascò una mazzetta da Fiorani, poi
con comodo la restituì, dunque molto saggio.
Se questi sono saggi, i fessi dove sono? (Marco Travaglio)
MARCHI DEL MADE IN ITALY CHE NON C’È PIÙ
⇒ 2012 – PELATI AR – ANTONINO RUSSO – Acquisito nel 2012 dalla
società Princes controllata dalla Giapponese Mitsubishi
⇒ 2011 – PARMALAT – Acquisita dalla francese Lactalis
⇒ 2011 – GANCIA – Acquisito dell’oligarca Rustam Tariko, proprietario
della banca e della vokda Russki Standar
⇒ 2008 – BERTOLLI – Venduta a Unilever e quindi acquisita dal gruppo
spagnolo SOS2006 – GALBANI – Acquisita dalla francese Lactalis
⇒ 2006 – CARAPELLI – Acquisita dal gruppo spagnolo SOS
⇒ 2005 - SASSO – Acquisita dal gruppo spagnolo SOS
⇒ 2005 – FATTORIE SCALDASOLE – Venduta a Heinz nel 1995 e quindi
acquisita dalla francese Andros
⇒ 2003 – PERONI – Acquisita dall’azienda sudafricana SABMiller
⇒ 2003 – INVERNIZZI – Venduta a Kraft nel 1985 e quindi acquisita dalla
francese Lactalis
⇒ 1998 – LOCATELLI – Venduta a Nestlè e quindi acquisita dalla francese
Lactalis
⇒ 1998 – SAN PELLEGRINO – Acquisito nel 1998 dalla svizzera Nestlé
⇒ 1993 – ANTICA GELATERIA DEL CORSO – Acquista dalla svizzera Nestlé
⇒ 1988 – BUITONI – Acquisito dalla svizzera Nestlè
⇒ 1988 – PERUGINA – Acquisito dalla svizzera Nestlè
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
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Diritti del Popolo Siciliano sempre violati: che fare ?
8 referendum per la Sicilia
I
mmaginate che il Presidente della Regione, per smuovere le acque, lanci una batteria di referendum consultivi regionali da
mettere sul piatto della politica. E immaginiamo che i Siciliani in massa votino SI'. Allora si che si potrebbe fare una rivoluzione...
1. - Vuoi tu che lo Statuto Siciliano sia applicato pienamente secondo il suo tenore letterale, con la ricostituzione dell'Alta Corte
per la Regione Siciliana come organo girisdizionale speciale che dirima i conflitti di competenza tra Stato e Regione?
2. - Vuoi tu che i proventi delle risorse minerarie, delle fonti di energia e della produzione di energia elettrica siano disciplinati in esclusiva
da legge della Regione Siciliana con attribuzione alla Sicilia ed ai suoi cittadini di ogni beneficio derivante dall'estrazione, dalla
trasformazione e dalla trasformazione in energia delle suddette fonti energetiche?
3. - Vuoi tu che la Sicilia si doti di un sistema tributario completamente autonomo da quello italiano fatti salvi i soli tributi erariali e le sole
perequazioni previste dalla Costituzione e dallo Statuto?
4. - Vuoi tu che la Sicilia detenga e gestisca in maniera autonoma le proprie riserve valutarie ed emetta in modo pubblico la propria moneta
alla pari degli altri stati sovrani dell'Unione Europea?
5. - Vuoi tu che l'Italia non ratifichi alcuna modifica dei trattati europei sinché l'Europa non avrà riconosciuto l'efficacia del nostro Statuto per
la formazione della volontà italiana sulle materie di competenza regionale, per la costituzione della Sicilia in zona doganale e fiscale
speciale e per la partecipazione autonoma della Sicilia al Sistema Europeo delle banche centrali con una clausola di "opting out" per
l'uscita dal sistema monetario unico europeo?
6. - Vuoi tu che le amministrazioni pubbliche siciliane riformino la toponomastica e le intestazioni di edifici e istituzioni pubbliche per
cancellare le tracce della colonizzazione sabauda e valorizzare la tradizione e la storia siciliana?
7. - Vuoi tu che la Regione Siciliana costituisca un'Accademia per la definizione del Siciliano standard da affiancare all'Italiano come lingua
ufficiale nella toponomastica, negli atti pubblici e nelle pubbliche insegne, e che lo studio e l'uso della lingua siciliana sia incoraggiato
attraverso la sua introduzione nelle scuole e nei media siciliani?
8. - Vuoi tu che la Sicilia sia smilitarizzata da ogni forza armata straniera e da ogni forza d'attacco italiana e che sia dotata di forze armate
solo per la difesa convenzionale del territorio e delle acque territoriali con comandi residenti nell'isola e autonomi da quelli statali?
Con un'adeguata campagna di sensibilizzazione non sarebbe difficile spiegare questi referendum ai Siciliani. E cosa
succederebbe se l'80-90% dei Siciliani dicesse di sì?
(Ufficio stampa - laltrasicilia.org)
"Chiunque può fare la storia. Solo un grande uomo può scriverla." Oscar wilde
“Il
principio di autodeterminazione dei popoli
sancisce il dirio di un popolo sooposto a
dominazione
straniera
ad
oenere
l’indipendenza, associarsi a un altro stato o comunque a
poter scegliere autonomamente il proprio regime polico.
Tale principio costuisce una norma di dirio internazionale
generale cioè una norma che produce effe giuridici (diri
ed obblighi) per tua la Comunità degli Sta. Inoltre questo
principio rappresenta anche una norma di ius cogens, cioè
dirio inderogabile (Significa che esso è un principio
supremo ed irrinunciabile del dirio internazionale, per cui
non può essere derogato mediante convenzione
internazionale). Come tuo il dirio internazionale, il dirio
di autodeterminazione raficato da leggi interne, per
esempio la L.n. 881/1977, esso vale come legge dello Stato
che prevale sul dirio interno (Cass.pen. 21-3 1975).
aentamente i limi di tale principio: DI ESSO SONO
AUTORIZZATI AD AVVALERSI Ex colonie, popoli sogge@ a
dominio militare straniero e GRUPPI SOCIALI LE CUI
AUTORITÀ NAZIONALI RIFIUTINO UN EFFETTIVO DIRITTO
ALLO SVILUPPO POLITICO, ECONOMICO, SOCIALE E
CULTURALE. (Sentenza 385/1996).
Appare evidente come l’Italia abbia violato la Carta
Costuzionale della Repubblica Italiana, il Pao spulato
con la Sicilia denominato Statuto d’Autonomia della Regione
Siciliana e gli obblighi che l’Italia ha contrao aderendo
all’Unione Europea.
Appare, altresì, evidente che l’Italia impedisce alla Sicilia il
dirio allo sviluppo polico, economico, sociale e culturale.
In virtù di quanto sopra, nel pieno rispeo del dirio
internazionale, il Popolo Siciliano può aspirare al
La Corte Suprema Canadese, valutando delle rivendicazioni riconoscimento
del
proprio
sacrosanto
DIRITTO
di indipendenza del Québec rispeo al Canada ha definito ALL’INDIPENDENZA! Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
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Radici storiche dell’Autonomia siciliana
4
L’origine della Questione Siciliana
in un’investitura impossibile
di
Q
uando entrano in scena i Normanni le questioni giuridiche
siciliane diventano particolarmente controverse e
soprattutto molto più complicate rispetto alla piana
condizione “provinciale” che per innumerevoli secoli
aveva caratterizzato la Sicilia e questo ci costringe a tirare il freno a
mano e a fare un pò di “moviola” su quegli anni cruciali.
Per alcuni storici, andando alla sostanza, c’è poco da capire: l’XI
secolo è quello in cui un popolo venuto dalla Normandia (e qualche
secolo prima dalla Norvegia) passa dallo stato di capitani di ventura
all’inizio del secolo a quello finale di padroni della Sicilia e di tutta
l’Italia meridionale con la sola esclusione del piccolo Ducato di
Napoli e dell’Abruzzo, questo ancora saldamente inserito nel
sistema feudale dell’Italia centro-settentrionale.
Ma, seppure confusamente, anche allora c’era un diritto pubblico e
un bisogno di legittimare le conquiste con il diritto. Ecco, noi – d’ora
in poi – esamineremo con la lente d’ingrandimento tali questioni di
legittimità dando su di esse anche il nostro modesto parere.
Occorre anche dire, quasi a correggere quanto appena detto, che la
“legittimità” di cui parleremo non sarà fuori dal tempo e dallo
spazio: il tempo e l’accettazione generale costituiscono anch’esse
fonte generale di legittimazione, altrimenti nessun ordinamento
politico o quasi avrebbe il crisma della legittimità, neanche l’Unità
d’Italia, “estorta” alla Sicilia in un plebiscito giuridicamente nullo il
21 ottobre 1860, ovvero la condizione repubblicana dell’Italia,
illegittima dal punto di vista del precedente Statuto albertino. E
invece, a costo di scontentare qualche lettore, credo che questi due
passaggi oggi si debbano considerare pienamente legittimi,
legittimati dal tempo se vogliamo, ma pur sempre legittimi. E cosí
sarà anche per i fatti piú lontani dei quali parleremo in questa
puntata ed in altre a seguire.
La prima fonte di complessità che incontrerà la condizione della
Sicilia al suo rientro nel mondo cristiano era che essa aveva lasciato
un mondo ancora complessivamente unitario, in cui era riconoscibile
la traccia dell’antico Impero Romano, ed ora trovava invece “due”
cristianità, l’una latino-occidentale e l’altra greco-orientale, che si
erano a vicenda scomunicate e non piú riconosciute.
La frattura era cominciata proprio ai primi dell’800, quando la Sicilia
si avviava a lasciare la Cristianità: il primo scisma religioso, poi
faticosamente ricomposto, la rinnovazione dell’Impero da parte di
Carlo Magno, anche questa poi faticosamente ricucita con
Costantinopoli. Ma già sin dai tempi di Gregorio Magno (fine del VI
secolo) il Papato scrollava la tutela dell’Imperatore d’Oriente e si
ergeva a potenza politica autonoma. A quel tempo la Chiesa
Romana aveva concentrato in Sicilia moltissime proprietà fondiarie.
Negli anni successivi non sarebbero mancate le ritorsioni: la Sicilia
tolta giurisdizionalmente alla Chiesa romana ed assegnata a quella
orientale (poi arrivando – come abbiamo visto – all’autocefalia), la
“potenza” del clero siciliano – prorpio perché in bilico tra Est e
Ovest – con l’espressione di ben quattro papi nel periodo d’oro (fine
del VII secolo).
Nel 1054, poco prima dell’arrivo dei Normanni in Sicilia, il divorzio
tra Oriente e Occidente, tra cattolici e ortodossi, fu definitivamente
consumato.
Massimo Costa
In tutto ciò i papi non avevano rinunciato mai a questa influenza
sulla Sicilia e, approfittando dell’oscurità dei tempi, trasformarono le
antiche proprietà private possedute nell’isola, in rivendicazione di
una sovranità pubblica e politica durante i secoli del “dominio
saraceno”. Sovranità che – a nostro avviso – non avevano mai
avuto; ma tant’è. Questa è quella che potremmo chiamare
l’impostazione guelfa della Questione Siciliana.
Dal punto di vista degli Imperatori (d’Oriente e d’Occidente) e poi
dei conquistatori Normanni, la Sicilia non era altro che quello che
era sempre stata: una provincia a sé della Cristianità. Una terra
romano-cristiana da liberare e di cui sarebbe stato signore chi
l’avesse presa per prima. Per gli orientali, che mai riuscirono a
recuperarla, si trattava di un semplice ritorno all’antichità romanobizantina. Per gli occidentali, al pari di Italia, Germania, Francia,
Danimarca, Inghilterra, etc., essa era potenzialmente uno dei tanti
regni in cui si articolava la Cristianità occidentale sotto la sovranità
alta, effettiva o teorica che fosse, del Sacro Romano Imperatore.
Questa è quella che potremmo chiamare l’impostazione ghibellina
della Questione Siciliana.
Diciamo “Regno” (come poi effettivamente divenne) e non “Ducato”
o “Contea” proprio perché amministrativamente la Sicilia mai aveva
fatto parte prima d’allora dell’Italia o di altro Regno romanobarbarico.
Diverso per l’Italia, tanto quella longobarda, quanto quella
bizantina, che nel “Ducato” avrebbe trovato la sua tipica
organizzazione territoriale. Abbiamo nell’Italia centro-settentrionale
“ducati” che arrivano all’Unità d’Italia, poi corretti in
“Granducati” (la Toscana) e “Marchesati” (Monferrato, Mantova,…)
ma mai “regni”, perché il Regno era solo quello teorico d’Italia.
Abbiamo, sul versante bizantino, il Ducato di Napoli, i Ducati di
Puglia e di Calabria, lo stesso Doge veneziano, che altri non era se
non un “duca repubblicano”.
La Sicilia, diversamente, non poteva proprio essere un “ducato”, se
non con una proclamazione illegittima come vedremo piú avanti.
Non è un capriccio o un caso se solo la Sicilia e la Sardegna, che
non avevano fatto parte dell’Italia romana, ebbero la corona regale,
e se lo stesso “Regno di Napoli” l’avrebbe derivata dalla Sicilia e non
da propria dignità regale (esso era propriamente “Regno di Sicilia al
di qua del Faro”) e, infatti, alla riunificazione del 1816, fu il nome
siciliano ad essere esaltato e non quello napoletano.
Per capire bene il “titolo” (direbbero gli avvocati) della conquista
normanna della Sicilia dobbiamo forse abusare un po’ della pazienza
del lettore e ricordargli qual era lo status politico del Meridione
d’Italia alla vigilia della venuta normanna. In sintesi:
Nell’interno, il ducato longobardo di Benevento si era nel tempo
frammentato, perdendo agli estremi i “principati” di Salerno e di
Capua (a quei tempi “principato” era titolo generico di signoria,
come sarebbe accaduto piú tardi per il Piemonte, e non era ancora
sovraordinato a quello di Duca come sarebbe stato piú tardi nella
scala araldica);
Sulla costa, il dominio bizantino era organizzato nei due Ducati/
Province di Puglia e Calabria, piú le repubbliche/ducati semi-
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
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indipendenti di Napoli, Sorrento, Amalfi e Gaeta.
Altri attori “esterni” erano i saraceni, che mai erano riusciti a
stabilire signorie durature sul Continente ed adesso si erano già
dileguati, il papa e l’imperatore d’occidente, che, a turno e in
concorrenza, rivendicavano alte sovranità sui principati longobardi e
cercavano, invano, di cacciare i greci.
In questo quadro s’inserirono i Normanni secondo la scaletta
riassuntiva che si vuole proporre di seguito:
Famiglia Drengot:
Nel 1029 si fanno dare la piccola Contea di Aversa come vassalli del
Duca di Napoli.
Nel 1038 ottengono l’investitura imperiale trasformando la piccola
Contea in uno stato indipendente.
Nel 1062 si impossessano del Principato di Capua e del Ducato di
Gaeta, creando un grande e unico “Principato di Capua” in mani
normanne.
Famiglia Altavilla (Hauteville):
Nel 1043 Guglielmo Braccio di Ferro si fa investire Conte di Puglia
(ma in realtà la Puglia è in gran parte ancora in mani bizantine ed
è signore solo di poche terre intorno a Melfi) come vassallo del
Principe di Salerno.
Progressivamente il dominio si estende in Basilicata, Puglia,
Calabria, Campania e Molise.
Nel 1047 Drogone, succeduto l’anno prima al fratello Guglielmo,
ottiene l’investitura imperiale trasformando la Contea di Puglia in
uno stato indipendente dai longobardi di Salerno.
Nel 1051 Umfredo, appena succeduto al fratello Drogone, distrugge
il Ducato di Benevento: la città è offerta al papa (gli rimarrà sino al
1860) il contado è tutto dei normanni che riconoscono l’alta autorità
pontificia.
Nel 1056 Roberto il Guiscardo sottomette tutti i conti feudatari
autoproclamandosi “duca” e dilaga in Calabria. Nel 1071 gli ultimi
bizantini avrebbero abbandonato Bari; infine nel 1077 anche il
Principato di Salerno (i cui confini politici coincidevano con quelli
amministrativi dell’attuale provincia) entra nel “Ducato di Puglia e
Calabria” facendo di Salerno la nuova capitale dello Stato.
Ma l’anno cruciale per la Sicilia è il 1059.
In quest’anno, infatti, Roberto è “investito” da Papa Niccolò II
“Duca di Puglia, Calabria e… Sicilia!”, quando ancora questa era in
mano arabe.
Lo stesso anno il fratellino di Roberto, Ruggero, suo vassallo in
quanto conte di Mileto, nell’estremo sud della Calabria, espugna
Reggio ai bizantini e si affaccia sullo Stretto.
L’investitura fu quasi tenuta nascosta agli imperatori per diversi
anni tanto palesemente illegittime erano le pretese papali su Puglia
e Calabria, le quali, cessata l’autorità dell’Imperatore d’oriente,
teoricamente potevano essere infeudate solo dall’Imperatore
d’occidente. E infatti non facevano certo parte del Ducato di
Benevento che aveva acquistato il papa qualche anno prima.
A che titolo dunque il papa investiva Roberto di terre che non erano
sue? Per la falsa donazione di Costantino?
Ma a un certo punto – se vogliamo – la soggezione del Sud d’Italia
all’alta sovranità papale resterà legittimata dalla consuetudine dei
secoli a venire.
Ma il colmo dell’illegittimità era nell’investitura di Roberto a “Duca di
Sicilia”, di una Sicilia ancora tutta da conquistare. Intanto non era
chiaro se si trattasse di un “riconoscimento”, sebbene a priori, o di
una vera e propria “investitura feudale”.
Le formule dei tempi distinguevano nettamente i due ducati (nella
realtà unico) di Puglia e Calabria da quello “futuro” siciliano. E i
giuspubblicisti siciliani dei secoli successivi avrebbero attestato che
nessuno prima del XIII secolo aveva mai avanzato serie pretese
feudali papali sulla Sicilia. Peraltro il papa dava a Roberto libertà di
organizzare la Chiesa di Sicilia, ben sapendo che più della metà
dell’isola era musulmana, e il resto cristiana ortodossa: si trattava
quindi di un’autorità puramente teorica.
Però i Normanni poi se ne sarebbero avvalsi e l’avrebbero anche
fatta riconoscere nuovamente al Papa Urbano II con la famosa
Apostolica Legazia che sottraeva al controllo papale la Chiesa
Cattolica di Sicilia, - si badi - della sola Sicilia e non del Continente.
La vera incongruenza stava nella formula di “Duca di Sicilia”, cioè
nel prolungamento dello Stivale, sino a comprenderne per la prima
volta l’isola come sua estrema appendice. E, in ogni caso, quando
mai il papa era stato “signore” della Sicilia? Per le sole proprietà
fondiarie di Gregorio Magno? Era questo il trionfo dell’impostazione
guelfa.
Nella realtà, però, il vero conquistatore della Sicilia non sarebbe
stato Roberto, ma proprio il fratello minore Ruggero, che da subito
propese per la sovranità originaria sulla Sicilia senza alcuna
subordinazione feudale (o quasi, come vedremo alla prossima
puntata).
La successiva trasformazione in Regno e le icone dei Re Ruggero II
e Guglielmo II direttamente incoronati da Cristo, e non dal papa,
suggeriscono il fatto che a vincere infine fu l’impostazione ghibellina
che, per ragioni ormai dette, era l’unica ad avere un qualche
fondamento secondo gli ordinamenti del tempo e ad essere anche
fortemente coerente con l’anima bizantina e cesaro-papista che
ancora aleggiava negli ordinamenti siciliani.
Le cose, insomma, andarono un pò diversamente da come il papa e
il duca Roberto avevano immaginato. Ma le conseguenze di questa
controversia sarebbero state lunghe e drammatiche. (4 - continua)
Massimo Costa
Nel prossimo numero : Dalla “Gran Contea” al Regno di
Sicilia superpotenza internazionale
santo sia dalla chiesa
cattolica che da quella
ortodossa. Si distinse per
sono nati nell'isola Agatone (dal 678 al 681), Leone II (682-683),
profondità di dottrina e
sergio I (dal 687 al 701), e Stefano III (dal 768 al 772).
spirito caritativo.
Durante il suo papato,
ranne che non si sia appassionati di storia della durato tre anni, Agatone organizzò il sesto concilio
chiesa, in pochi sanno che i papi siciliani sono ecumenico, nel corso del quale venne dichiarata
stati quattro, e che si sono avvicendati al trono di eretica la dottrina relativa al monotelismo di Cristo,
Pietro in poco meno di un secolo, ovvero tra il 678 ed ovvero alla tesi della presenza nel figlio di Dio della
il 772.
sola natura divina e l’assenza di libera volontà umana
I loro sono ritratti di uomini di un tempo lontano, che gli avrebbe permesso di peccare. Dopo il concilio
personaggi consegnati alla storia, figure mitiche l’assioma della duplice natura, umana e divina di
intorno alle quali aleggiano aneddoti e leggende.
Gesù, divenne uno dei fondamenti del cattolicesimo.
Il primo siciliano a diventare pontefice è stato Alla morte di Agatone gli succedette Papa Leone II,
Agatone, che la storia vuole eletto alla veneranda età anch’egli santo, salito al soglio pontificio al quale
di 103 anni. Nato a Palermo nel 575 è venerato come rimase per soli 11 mesi, all’età di 72 anni.
La Sicilia ed i suoi quattro Papi
T
Nato in Calabria secondo alcune fonti, era originario di
Aidone, in provincia di Enna.
La brevità del suo pontificato non gli permise di
incidere in maniera rilevante sulla storia della chiesa,
tuttavia viene ricordato per aver istituito l’aspersione
dell’acqua santa sui fedeli e per la “maledizione di
San Leone”, un aneddoto che giustificherebbe la
sfortuna che secondo gli aidonesi si accompagna con
l’alzarsi di una fitta nebbiolina che avvolge spesso il
paese. La maledizione non sarebbe altro che diretta
conseguenza del grande amore che legava Leone alla
madre. Appartenente ad una famiglia molto povera,
diventato Papa avrebbe inviato nel paese di origine
alcuni emissari incaricati di portare con sé la madre a
Roma affinché potesse vivere in Vaticano accanto al
figlio. Al loro arrivo, gli uomini di Leone III, trovarono
una donna vestita di cenci, sopraffatta dagli stenti,
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
7
QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO...
Q
uell'inchino che ha commosso il mondo: il neo Papa Francesco
che chiede per la preghiera della Chiesa la benedizione di Dio alla
sua persona e alla missione di pastore universale appena iniziata:
Ringraziamo Dio e preghiamo
per il nostro Papa Francesco!
Jorge Mario Bergoglio è stato
eletto 266° Papa della Chiesa
Cattolica.
Bergoglio è nato il 17
dicembre 1936 a Buenos
Aires, in Argentina, il primo di
cinque figli di una famiglia di
origine italiana (piemontese,
per la precisione; suo padre
lavorava nelle ferrovie).
È entrato nella Compagnia di
Gesù nel 1958, a 22 anni e ha
studiato chimica oltre a
filosofia e teologia.
Parla bene l’italiano, oltre allo
spagnolo e al tedesco.
È stato ordinato sacerdote nel 1969, ottenendo nel corso degli anni
posizioni importanti nell’ordine gesuita, poi nel clero argentino e
parallelamente in diverse Congregazioni della Curia romana
(semplificando, i vari “ministeri” in cui è organizzata la Chiesa Cattolica).
Fu nominato arcivescovo di Buenos Aires nel 1998 e poi cardinale da
Giovanni Paolo II il 21 febbraio 2001. Con circa 480 milioni di fedeli,
l’America Latina è il continente con il maggior numero dei cattolici nel
mondo (circa il 40 per cento) anche se prima di oggi non aveva mai
espresso un pontefice (d’altra parte solo il 17 per cento dei cardinali
elettori era latinoamericano).
Che cosa pensa Bergoglio
Per quanto riguarda le sue convinzioni, Bergoglio è considerato nel
complesso un “moderato”: non apertamente progressista – dal punto di
vista della dottrina religiosa è anzi piuttosto conservatore – ma ha sempre
dimostrato una particolare attenzione ai temi sociali. È conosciuto, per
esempio, per i suoi richiami alla povertà, come è testimoniato anche dal
nome che ha scelto: quando fu nominato cardinale, Bergoglio persuase
centinaia di argentini a non accompagnarlo nelle celebrazioni a Roma, e a
dare il denaro dei biglietti aerei ai poveri. Nel 2001 fece un gesto eclatante
come baciare i piedi di alcuni malati di AIDS in ospedale. Infine, è molto
attento al dialogo interreligioso: un anno fa ha pubblicato un libro, Sobre el
cielo y la tierra, scritto insieme al rabbino argentino Abraham Skorka.
Alcune di queste cose si sono viste subito, dalla relativa “novità” del suo
primo discorso da Papa: poco
distaccato e molto diretto, con
un forte richiamo alla
preghiera e un’insistenza
inedita sul ruolo del Papa
come vescovo di Roma.
Benedizione
"Urbi et Orbi":
Apostolica
Fratelli e sorelle, buonasera!
Voi sapete che il dovere del
Conclave era di dare un
Vescovo a Roma. Sembra che
i miei fratelli Cardinali siano
andati a prenderlo quasi alla
fine del mondo … ma siamo
qui … Vi ringrazio
dell’accoglienza. La comunità
diocesana di Roma ha il suo
Vescovo: grazie! E prima di
tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto
XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la
Madonna lo custodisca.
[Recita del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre]
E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo.
Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella
carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra
noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il
mondo, perché ci sia una grande fratellanza.
Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel
quale mi aiuterà il mio Cardinale Vicario, qui presente, sia fruttuoso per
l’evangelizzazione di questa città tanto bella!
E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un
favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi
preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo,
chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa
preghiera di voi su di me.
[…]
Adesso darò la Benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le
donne di buona volontà.
[Benedizione]
Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e
a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna,
perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo! costretta a fare la lavandaia per procurarsi un tozzo di pane. Incontrata la
madre a Roma, il nuovo Papa ne constata le gravi condizioni di miseria e di
abbandono e sopraffatto dalla compassione per le sofferenze patite da chi
lo aveva messo al mondo ed allevato amorevolmente, esclamando “siete
dei miserabili e per sempre lo sarete” maledisse i propri concittadini per non
essersi presi cura della madre del Papa. A distanza di quattro anni, e dopo
tre papi, un altro siciliano viene eletto pontefice nel 687, è Sergio I,
venerato santo, palermitano di origine siriana. Il suo papato, iniziato all’età
di 37 anni, si concluse 14 anni dopo. Introdusse nella liturgia la preghiera
dell’Agnus Dei e stabilì che per ogni consacrazione i vescovi si recassero a
Roma.
Ultimo pontefice siciliano fu Stefano III, eletto nel 768 e rimasto in carica
per tre anni e mezzo. Nativo di Siracusa, sono poche le notizie disponibili
su di lui. Viene ricordato per le sue doti diplomatiche, favorì infatti l’alleanza
tra il papato e i Franchi in contrapposizione ai Longobardi.
Veronica Femminino
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
8
Le fate esistono. E io oggi
ne ho incontrata una
h 13… Bar sotto casa mia. Entro trafelata, fa freddissimo, ma come
al solito mi siedo fuori al tavolo che scelgo sempre. Metto la borsa
sulla sedia di fianco alla mia, prendo il pacchetto di sigarette, ne
sfilo una e, sovrappensiero l’accendo. Non faccio in tempo a fare la
prima boccata che, alla mia destra, compare una figura infagottata
in un cappotto di panno liso e molto, molto, anzi più che molto,
sporco. È una vecchietta. Avrà sì e no 75 anni, il volto segnato da
solchi profondi. Gli occhi azzurri, spenti, mi fissano immobili. Non
sorride. Non parla. Mi fissa. E basta. Io la guardo con aria
interrogativa, ma lei non smette di fissarmi. Resto così qualche
secondo, mi guardo intorno per capire se stia cercando qualcuno
ma ci sono solo io e due tavolate di uomini d’affari che
chiacchierano animatamente.
La signora non si muove. Continua a guardarmi.
Allora sposto la borsa e le dico “Signora, vuole sedersi? Ha bisogno
di qualcosa?” e lei, finalmente parla.
“No. Non voglio sedermi… Non lo so. Sono solo triste, signorina. Ma
ora l’ho vista e penso che lei, forse, mi può ascoltare.”
“Certo signora che l’ascolto. Si sieda.” Lei mi guarda come se fosse
atterrata una navicella spaziale fuori dal bar. Sbigottita. E dice
“Davvero?” E io “Certo!” E dentro di me penso… “Oddio questa
signora ha l’aria di non star bene. Sembra che stia per svenire. E
ora cosa faccio? Se si sente male?”.
Non faccio in tempo a finire di formulare il pensiero che due
camerieri balzano in corsa fuori dal bar, uno dei due fa “Francesca!
Ci sono problemi?” E l’altro già si avvicina alla signora con uno
sguardo, come dire, non del tutto comprensivo.
Io con un gesto lo fermo. E dico “La signora è con me. Non c’è
nessun problema.” (Che qui avrei da aprire una postilla. A
Milano ti rubano in casa e “Nessuno ha sentito”. Ti
rompono i vetri della macchina in pieno centro e “Non
passava nessuno”. Ti scippano e fai prima a rifare tutti i
documenti che a sperare che qualcuno fermi il ladro. Ti
violentano in stazione centrale e a voglia urlare, possono
squartarti e appenderti al Pirellone che nessuno muove un
dito. Però attenzione… Perchè se entra una vecchietta con i
vestiti strappati e zozzi in un bar allora tempo 4 secondi
netti arriva tutto lo staff, la polizia, i pompieri, la finanza, la
guardia reale e anche i gendarmi di Pinocchio. Perchè non
sia mai che la clientela debba sentire la “puzza di
stracciona” della signora. Che noi siamo gente perbene.
Magari non facciamo la doccia da settimane. Ma abbiamo il
cappotto di cachemire e l’Iphone5).
I due camerieri da dietro le spalle della signora mimano un
silenzioso “Sei sicuraaaaaa?” E io “Sì. Sono sicura.”
Mi giro verso la signora, che si è seduta. Sorride. E non è più
pallida come prima. Le gote ora sono rossastre, come dopo una
corsa, e gli occhi non sembrano più vuoti. Ordino un’insalata e una
Coca Cola e le chiedo “Signora, lei cosa prende?” E lei dice “Io
niente, grazie. Non voglio niente!”
Per cinque minuti circa cerco di convincerla a prendere almeno un
caffè. Ma niente. Non c’è verso. Non vuole niente. E qui, senza
bisogno di aggiungere altro, vi chiedo di pensare ad una parola.
Ogni giorno “i grandi” “i potenti” cercano di insegnarci cosa sia la
DIGNITÀ. Ecco cos’è. Questa è la dignità.
Io e la signora cominciamo a parlare. Le chiedo perchè è triste.
Lei non mi risponde. Dice solo “Signorina, lei cosa fa quando è
triste.” E io dico “Certe volte piango. Ma poi sa cosa faccio?
Cammino. Cammino tanto. E mi passa.”
Lei concorda che camminare sia una buona idea. E pian piano
comincia a raccontarmi di lei. È napoletana, ma vive a Milano,
anche se non sa spiegarmi dove. Il figlio è in ospedale. Ricoverato
in psichiatria. La causa principale di tutto quel dolore credo proprio
sia questo figlio. Che è lì, nel suo letto d’ospedale. Ma è perso dove
lei non riesce a raggiungerlo.
Anche la signora a tratti si perde. Gli occhi si allontanano. Poi
tornano. Mi sorride e si mette a spiegazzare la tovaglietta di carta
che sta sul tavolo di fornte a lei. Ogni tanto smette di parlare e
sbatte la testa oppure con le mani si colpisce piano la fronte, come
se volesse cacciar via i pensieri.
Parliamo a lungo. Una mezz’ora circa. Mi chiede che lavoro faccio e
glielo spiego. È molto acuta e, da come parla, giurerei abbia
studiato o quantomeno letto molto.
Sto ancora parlando quando, d’improvviso, salta in piedi e dice
“Devo andare!” Io cerco di fermarla, le chiedo ancora se ha bisogno
di qualcosa. Ma lei ha di nuovo lo sguardo vuoto di quando è
arrivata. Non mi sente più. Ed è allora che la vedo.
Una busta di plastica. La signora la stringe in mano e all’interno ci
sono pezzi di frutta e verdura. Raccattati da terra, immagino, al
mercato di Via Eustachi.
Resto così, immobile e muta, metre lei si allontana. Poi d’un tratto
si ferma, si gira, torna indietro. Mi guarda di nuovo dritta negli
occhi e si mette una mano alla bocca, come se volesse dirmi un
segreto. E pian piano le parole escono e raggiungono il mio
orecchio.
” Grazie Signorina. Ora sono un pò meno triste. Non ce li vogliono,
al mondo, quelli come me. Ma io l’ho visto subito che lei non è
come gli altri. Lei è una fata, non se lo dimentichi. Ah… L’imbecille
che l’ha persa. Se ne pentirà. Stia tranquilla!” E così, se n’è andata.
Lasciandomi lì.
Mi ha lasciata lì pensare che non credo ci sia un imbecille che mi ha
persa. Non che io ricordi, perlomeno. Non credo neanche di essere
una fata. Ma una cosa la so per certo.
Le fate esitono. E io oggi ne ho incontrata una.
Iaia Francesca De Rose
HASTA LA VICTORIA
SIEMPRE COMANDANTE
“Cristo dammi la tua croce, le tue spine,
il tuo sangue, sono disposto a portarle
ma lasciami vivere, perché ho ancora
molto da fare per il mio popolo”
Hugo Chavez
(Sabaneta, 28 luglio 1954 – Caracas, 5 marzo 2013)
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
(26 marzo 2013)
9
Reddito di cittadinanza per tutti
«Voi volete soccorrere i poveri, io, invece, voglio sopprimere la
miseria» (Victor Hugo, Novantatré)
(...) Il principio è semplicissimo: si tratta di versare a ogni cittadino, dalla sua nascita
alla sua morte, un reddito minimo che sia incondizionato, inalienabile, uguale per
ciascuno, e cumulabile con qualunque altro reddito o attività senza altra degressività
che quella del sistema fiscale in vigore.
L’idea non è nuova. Già Platone scriveva ne Le Leggi: «Se uno Stato vuole evitare
[…] la disintegrazione civile […], non bisogna permettere alla povertà e alla
ricchezza estreme di svilupparsi in nessuna parte del corpo civile, perché ciò
conduce al disastro. Perciò il legislatore deve stabilire ora quali sono i limiti
accettabili della ricchezza e della povertà». Nell’antica Grecia, l’instaurazione da
parte di Pericle della mistoforia, distribuita ai cittadini indipendentemente dal loro
patrimonio affinché potessero soddisfare i loro obblighi civici, già testimonia
d’altronde «l’esigenza di una solvibilità universale dei cittadini superiore a ogni altro
criterio, come fattore di integrazione al gruppo sociale e di capacità di esercitare i
diritti e gli obblighi loro incombenti» (Janpier Dutrieux).
(...) In certi paesi, si è anche registrato un inizio di applicazione pratica. Negli Stati
Uniti, in Alaska, ogni cittadino riceve annualmente una quota (modesta, ma
assegnata incondizionatamente) dei redditi petroliferi di questo Stato. Nel 2008, in
Bolivia, è stato instaurato un reddito di base per le persone anziane. Nel 2004, in
Brasile, il governo ha dato il via libera per la realizzazione progressiva di un reddito
d’esistenza. In Gran Bretagna, i laburisti hanno introdotto un sussidio per ogni
neonato, intoccabile fino alla maggiore età, ma che fino a questa età accumula
interessi composti.
(...) Ma è anzitutto l’aumento della disoccupazione a spiegare la forte ripresa
dell’idea di reddito di cittadinanza. Da più di trent’anni, infatti, nei paesi ricchi si
sviluppa una disoccupazione di massa che niente sembra permettere di arginare,
poiché progredisce in tutti i paesi industrializzati, quali che siano le politiche
adottate. A causa della crescita della produttività, l’innovazione non crea più
automaticamente occupazione. Il lavoro diventa raro. Ciò non vuol dire che sparirà,
come aveva imprudentemente pronosticato Jeremy Rifkin negli anni Novanta, ma
che a causa dell’automazione, della informatizzazione, della robotizzazione, si
producono sempre di più beni e servizi con sempre meno ore di lavoro umano, e per
finire con sempre meno uomini. Malgrado la crescita demografica, la produzione
mondiale per abitante è stata moltiplicata per 2,5 tra il 1960 e il 1990. Ora, questa
produzione è stata ottenuta con un ricorso sempre minore al lavoro umano, ragione
per cui il volume totale di ore lavorate ha continuato a diminuire in quasi tutti i paesi
sviluppati. Certi economisti prevedono persino il momento in cui il 20% della
popolazione mondiale potenzialmente attiva potrebbe bastare a produrre tutte le
merci e tutti i servizi di cui la società mondializzata potrebbe avere bisogno. L’era del
pieno impiego sembra dunque terminata: «L’illusione di un lavoro salariato e
debitamente remunerato per tutti si è volatilizzata con la crisi» (Olivier Auber).
Ne consegue che la distribuzione della ricchezza tramite il lavoro continua a
degradarsi e che diventa sempre più pesante farsi carico degli inoccupati (o dei non
occupabili). In tali condizioni, prima o poi, il sistema cozza contro i suoi limiti interni.
«La crescita non crea più occupazione», spiega Yoland Bresson, «perché gli effetti
positivi che esercitava un tempo in questo campo sono ormai annullati dai continui
incrementi di produttività. Tuttavia, i governi che si sono succeduti in questi ultimi
decenni hanno continuato a trattare la disoccupazione come un incidente
passeggero che era bene integrare in attesa del ritorno del pieno impiego. Essi
hanno dunque privilegiato il trattamento sociale della disoccupazione e l’assistenza,
il cui finanziamento è stato assicurato principalmente dal lavoro salariato. Poiché
quest’ultimo continua a restringersi, si è entrati in un circolo vizioso» [«Revenu
d’existence et participat: vers la fin du salariat?», intervista in Krisis, 18 novembre
1995, pag. 68.
«L’occupazione viene a mancare», osserva ugualmente Gilles Yovan, «anche se la
società non vuole sentir parlare di crisi del lavoro dipendente e rigetta questa
evidenza, preferendo addebitare alla congiuntura il persistere di una disoccupazione
di massa nei paesi europei» [ (1 - continua)
FORSE NON TUTTI SANNO CHE….
LA LEGGE SUL CONFLITTO DI
INTERESSI, IL PD NON PUÒ FARLA
A
ben guardare, il primo, vero e più grave conflitto
di interessi è quello del PD. Quel partito possiede
una banca, ne controlla direttamente una seconda,
seppure all'ordine del giorno per i colossali ammanchi, uno
scandalo enorme che si cerca vieppiù di insabbiare e far
dimenticare, oltre a una florida compagnia di assicurazioni
che ora vorrebbe comperarsi nientemeno che il gruppo Sai
-Fondiaria. Dunque i suoi parlamentari si troverebbero a
legiferare e votare pro o contro determinate norme che
influiscono sulla gestione, sui bilanci e quindi sulla
profittabiità di tali aziende. Si troverebbero in un palese
conflitto di interessi, dai risvolti potenzialmente ben più
consistenti e pervasivi per l'andamento dei mercati e la
gestione della cosa pubblica, rispetto a quelli attribuiti
all'arcoriano. Stando così le cose, appare alquanto
improbabile che il PD possa soltanto immaginare di
presentare una legge sul conflitto di interessi, che per
forza di cose sarebbe estremamente parziale. A quel
punto non potrebbero che sollevarsi i parlamentari del
PDL per far notare la cosa. D'altra parte non è pensabile
che il PD legiferi andando contro sé stesso. Dunque, allo
stato attuale delle cose, è quantomai improbabile che il
PD si adoperi affinché una qualsiasi legge sul conflitto di
interessi possa soltanto entrare nel calendario delle
discussioni. Questa riflessione obbliga anche a prendere
atto che la Costituzione sotto questo aspetto è lacunosa,
non prevendendo che i partiti politici siano esclusi da
qualunque attività di mercato, atta o meno al profitto che
sia. In secondo luogo non si capisce perché il PD, con i
lauti proventi derivati dalle attività finanziarie di cui ha
beneficiato, abbia insistito tutti questi anni a pretendere di
continuare a ricevere dallo stato, e quindi dalla
cittadinanza, le somme che ufficialmente sono a titolo di
rimborso alle spese elettorali. Ma che come tutti sanno
sono un vero e proprio finanziamento pubblico ai partiti.
Va bè che i soldi non bastano mai, ma, di grazia, a cosa
serviranno mai cifre così cospicue se poi finiscono col
perdere tutte le elezioni cui si presentano? (Clack)
Alain de Benoist
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
10
Miti e Leggende di Sicilia
I Ciclopi
Proverbi siciliani
Il
proverbio è una massima che contiene norme, giudizi, dettami o
consigli espressi in maniera sintetica e, molto spesso, in
metafora, e che sono stati desunti dall'esperienza comune. Essi
generalmente riportano una verità (o quello che la gente ritiene sia vero):
si dice infatti che i proverbi sono frutto della saggezza popolare o della
cosiddetta "filosofia popolare. In qualunque caso, rappresentano pur
sempre un patrimonio culturale da difendere e da preservare, visto che ci
lasciano una traccia di epoche passate, e ci indicano quale cammino hanno
percorso i nostri antenati. Lo studio dei proverbi si chiama paremiologia.
Un patri abbadà a deci figghi, e deci figghi nun seppiru abbadari a un
patri.
Un padre ha badato a dieci figli, e dieci figli non hanno saputo badare a
un padre. Un tempo, spesso la rivalità tra i figli finiva per colpire il
genitore, abbandonato al suo destino senza le cure del caso. Perenne
monito verso i figli, che dimenticano di essere stati allevati dai propri
genitori e spesso non vanno neanche a fare visita all’anziano padre.
La iatta ca nun arriva alla saimi dici ca è agra.
La gatta che non arriva al lardo dice che è agro. Come il proverbio
precedente, ne esiste una versione diffusa in tutta Italia e che in origine
prende spunto dalla fiaba di Esopo, La volpe e l’uva, cioè: quando la volpe
non arriva all’uva, dice che è acerba.
D
ove ha origine la leggendaria figura dei Ciclopi,
abitanti delle caverne siciliane? Secondo alcuni
a generare tale fantasia furono i resti fossili di
giganteschi animali, rinvenuti proprio in queste
caverne. La grande occhiaia al centro di tali teschi
“altro non era che il foro nasale dell’elefantino
siciliano, un cui esemplare è custodito nel museo
dell’Istituto di geologia di Palermo e classificato
come elephas mnaidriensis”.
Cu è figghiu di iatta, surci pigghia.
Chi è figlio di gatta, prende topi: variante da cortile del noto adagio latino
Talis pater, talis filius (Tale padre, tale figlio).
La figghia fimmina nta fascia, la doti nta cascia.
La figlia in fasce, la dote nella cassa. Può essere inteso sia nel senso
letterale, in quanto in epoca di matrimoni ahimè precocissimi la dote era
considerata importantissima, che in senso metaforico, come consiglio
popolare alla previdenza in ogni azione pratica.
La Sicilia, infatti, durante il Paleolitico, per via del
clima temperato-freddo e della sua ricca
vegetazione, era abitata da una copiosa varietà di
animali di cui si conservano a Trapani, presso il
Museo di preistoria Torre di Ligny, numerosi resti:
zanne di elefante nano, ossa di cervo, molari di
ippopotamo ecc.
L’arbulu s'addrizza quannu è nicu.
“Lo stesso Empedocle da Agrigento (492-432 a.C.) ci
dice che in molte caverne dell’isola furono trovate
testimonianze fossili di una stirpe di uomini
giganteschi oggi scomparsa. Anche molti storici,
poeti e scrittori, quali il Valguarnera, il Mongitore e il
Boccaccio, ci parlano di misteriose grotte dove
furono ritrovate ossa gigantesche o “ossa di
Polifemo”, come diceva Boccaccio parlando di una
grotta presso Trapani”. Iúnciti cu li megghiu di tia e appizzaci li spisi.
LA SICILIA AI SICILIANI : « Iddio le stese
d’ogni intorno i mari per separarla da
tutt’altra terra e difenderla dai suoi
nemici. La fece così grande di estensione,
temperata di clima, fertile di suolo, da
bastare non soltanto alla vita di più milioni
di uomini, ma anche ai comodi, al lusso, ad
ogni godimento, ad ogni industria, ad ogni
commercio. »
Antonio Canepa
L’albero si raddrizza quando è piccolo. Suggerimento di carattere
didattico-pedagogico di estrema attualità: non è mai troppo presto per
impartire l’educazione al figlio, in modo che gli insegnamenti inculcati da
piccolo possano imprimersi bene nell’animo ed accompagnarlo nei lunghi
anni della sua esistenza.
Stai con i migliori di te, anche a costo di perderci le spese. Crediamo non
occorrano altri commenti.
Cu nasci tunnu nun pò moriri quatratu.
Chi nasce rotondo non può morire quadrato, proverbio fatalista che indica
come chi ha una certa forma mentale difficilmente cambierà carattere o
modo di pensare. Commento caratteriale su una persona che in genere
persevera riguardo agli stessi errori.
Megghiu lu sceccu priatu ca lu sceccu a priari.
Meglio l’asino vanitoso che l’asino da supplicare. Invito a stare alla larga
dallo stupido che arroga un potere, a cui può essere preferito in certi casi
l’asino vantone e narciso.
La matinata fa la iurnata.
La mattinata fa la giornata (lavorativa). Assimilabile al detto il mattino
ha l’oro in bocca, tuttavia la versione canicattinese pone l’accento
sull’importanza di iniziare bene, ed è quindi corrispondente ad un altro
proverbio: chi ben inizia, è a metà dell’opera. Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
Vieni in Sicilia, te ne innamorerai !
Tesori di Sicilia
SOLUNTO
S
olunto è un'antica città ellenistica sulla costa settentrionale della
Sicilia, sul monte Catalfano, a circa 2 chilometri da Santa Flavia, di
fronte Capo Zafferano, nei pressi di Palermo. Preceduta
dall'insediamento marittimo fenicio di Kfra (700 a.C.), la città venne
fondata nel IV secolo a.C. dai Cartaginesi, che ne mantennero il
controllo per più di un secolo. Durante questo periodo divenne centro
di traffico marittimo, rivaleggiando con Palermo e Mozia. In seguito
alla prima guerra punica (250 a.C. circa) passò sotto il dominio di
Roma. Il declino della città iniziò nel I secolo d.C., con il graduale
abbandono della città in favore dei centri abitati della pianura
sottostante, fino al saccheggio subito ad opera dei Saraceni nel VII
secolo.
Nella foto di Nino Bellia il cosiddetto Ginnasio, scavato verso la metà
dell'Ottocento e restaurato nel 1866 dal Cavallari, che rialzò le colonne
del peristilio con aggiunte arbitrarie. Il nome è dovuto alla scoperta, in
questa zona, di un'iscrizione greca (ora al Museo Archeologico
Regionale di Palermo) con una dedica da parte di un gruppo di soldati,
comandati da un Apollonio figlio di Apollonio, ad Antallo Ornica, figlio
di Antallo e nipote di Antallo, ginnasiarca. Quest’iscrizione dimostra
l'esistenza a Solunto dell'istituto tipicamente greco dell'efebia, e
certamente anche l'esistenza di un ginnasio, che non è però stato
finora identificato. L'edificio che va sotto questo nome è invece una
ricca dimora dotata di un peristilio a due piani, con colonnato inferiore
dorico e superiore ionico, con transenne scolpite "a cancello" fra le
colonne (dodici in tutto e quattro per lato): un tipo che è ora
conosciuto anche altrove in Sicilia (a Iatai, ad esempio) ed un po’
ovunque nel mondo ellenistico (particolarmente a Delo). Nella casa si
notano ancora resti di ricchi pavimenti a mosaico, e di pitture di IV
stile, appartenenti ad un restauro della seconda metà del I secolo d.C.
Panarea
A
mministrativamente appartiene a
Lipari (ME), di cui costituisce una
frazione di 241 abitanti,
suddivisa nei centri di San Pietro (il
principale approdo), Ditella e Drauto. È
l'isola più piccola e la meno elevata
dell'arcipelago eoliano, nonché la più
antica, e con gli isolotti di Basiluzzo,
Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo,
Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei
Panarelli e delle Formiche, costituisce un
microarcipelago fra Lipari e l'isola di
Stromboli posto su un unico basamento
sottomarino. Comunemente nota come
l'isola dei Vip, è tra le isole siciliane più
frequentate dai turisti nei mesi estivi.
E se mi chiederanno perché amo La SICILIA, risponderò...
Guardala di notte, vivila di giorno, ascoltala d'estate
e sognala d'inverno... Allora forse capirai !
Mineo (CT) - la villa di Luigi
Capuana a Santa Margherita.
INTERNO DEL DUOMO DI ENNA - MARIA SS DELLA VISITAZIONE
La villa di campagna di Luigi Capuana
si trova in quasi completo abbandono.
L'edificio è stato costruito a
strapiombo su un profondo canyon
che dona al sito un grande fascino. Il
Capuana ambientò qui il suo celebre
romanzo Scurpiddu. CATANIA
DUOMO DI SAN PIETRO - MODICA (RG)
TAORMINA - FOTO DI LUIGI NIFOSÌ
15
“Grandi” di Sicilia !
N
ato intorno al 488 a. C. presso l’attuale Mineo, col
suo carisma Ducezio riuscì a coinvolgere la
popolazione sicula nella ribellione contro la
dominazione greca e, per oltre una decina di anni,
dominò la scena militare dell’intera regione.
Alla fine della seconda guerra mondiale, il suo
personaggio risvegliò accesi sentimenti in coloro che avevano
fortemente sperato nell’indipendenza.
La Sicilia è ricca di figure da esaltare e da cui trarre lezioni di vita.
Ducezio, in particolare, viene spesso evocato con riferimento al
separatismo, all’indipendentismo siciliano. Indipendentismo dalla
sorte assai singolare, per la verità, visto che, agli occhi della
sinistra, è sempre apparso … di destra, per via del suo sicilianismo
come antitesi ad una sorta di internazionalismo di sinistra. Come se
l’apertura, la pacifica convivenza e la stretta amicizia con il resto del
mondo, in generale, e con i popoli del Mediterraneo, in particolare,
non fosse uno dei cardini su cui, perennemente, non avessero fatto
leva i veri, puri e sinceri indipendentisti siciliani!
D’altro canto, la rapida e, ahimè, prepotenze ricostituzione della
rete mafiosa, successivamente allo sbarco alleato, col suo costante
ma falso richiamo a principi separatisti, arrecò ulteriore e ben più
grave pregiudizio al sicilianismo indipendentista. La stessa figura di
Ducezio ha risentito per lungo tempo di una sorta di prevenzione, di
remora ideologica, che lo hanno relegato quasi al silenzio!
Ben poco si sa dei suoi antenati e della sua stessa nascita, se non
che nacque in Sicilia intorno al 911 d.C.! Per quanto ai più
sconosciuto, Abu al-Hasan Jawhar ibn ‘Abd Allah, più
comunemente Jawhar al-Siqilli (Jawhar il Siciliano) è una delle
più imponenti figure siculo-arabe, vissute a ridosso del medioevo.
Creò il più grande impero sciita ismailita della storia, conquistò
quasi l’intero Nord Africa e fondò la città di al-Qahira (Il Cairo), con
la grande moschea di Al Azhar, tra l’altro una delle più antiche
università al mondo.
È ricordato per la sua tolleranza e la sua benevolenza.
“La mafia non è affatto invincibile. È un fenomeno umano e come
tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio, una sua evoluzione e avrà
quindi anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un
fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere
non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in
questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.
Questo affermava il giudice Giovanni Falcone (Palermo, 20
maggio 1939 – Palermo 23 maggio 1992).
Così, invece, parlava il suo collega ed amico Paolo Borsellino
(Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992): “[...] ho
sempre accettato [...] le conseguenze del lavoro che faccio, del
luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo
accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e
potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi
pericoli. [...] la sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi
[...] in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal
fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so
che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano
tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere
morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare … dalla
sensazione [...], dalla certezza, che tutto questo può costarci caro”.
Sui giudici Falcone e Borsellino non aggiungo altro, non ne sono
all’altezza! Tanto è stato detto su di loro, due veri eroi del nostro
tempo, … abbandonati al loro destino, … morti che camminavano!
Sono questi, per me, alcuni, limitati esempi di grandi siciliani della
storia antica e recente. Dei primi due, assai lontani nel tempo,
confesso di saperne ben poco, le loro gesta ed il moro modo di
essere non sarebbe probabilmente, anzi certamente, adeguato al
nostro tempo, ma mi ha colpito il loro essere “grandi”, nel loro di
tempo. Tanti altri ve ne sarebbero, non vorrei fare torto a nessuno,
Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia,
Gesualdo Bufalino, tra gli uomini di cultura, tanto per citarne
alcuni; Rosario Livatino, il giudice bambino, in odore di santità;
Andrea Finocchiaro Aprile, capace di aggregare quasi mezzo
milione di iscritti al suo movimento indipendentista; Pio La Torre e
Giorgio La Pira; e ancora Francesca Morvillo, moglie del giudice
Falcone; Vito Schifani, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, che
siciliani di nascita non erano, ma lo diventarono, a più forte ragione,
… per il loro sacrificio; e così per tutti gli altri, tanti, caduti di mafia,
che ne fossero consapevoli o solamente, casualmente, coinvolti!
E “grande” è stato Antonio Canepa, non fosse altro che per
l’essere stato un grande idealista, dall’antifascismo
all’indipendentismo, capace di morire per i suoi ideali. Non fosse
altro che per aver saputo rinunciare, lui, giovanissimo e brillante
docente universitario, ai vantaggi di una vita comoda e privilegiata,
per percorrere l’impraticabile strada della lotta armata contro coloro
che considerava invasori, sfruttatori della sua terra!
“Noi siciliani siamo stati considerati sempre come la feccia
dell’umanità, buoni soltanto a pulire gli stivali dei signori
venuti dal continente! E non si creda che domani, con un
regime migliore, più liberale, più umano, possano
accomodarsi i nostri guai! [...] nessun governo, per
generoso che sia, ci restituirà mai [...] quel che ci è stato
rubato in ottanta anni. [...] l’incomprensione tra la Sicilia e
il continente non deriva dalla cattiva volontà degli uomini.
Deriva dalla situazione, per cui sono state unite regioni che
dovevano stare separate. Deriva dal contrasto degli
interessi. L’industria siciliana danneggerebbe l’industria
continentale: questo è certo. La nostra floridezza andrebbe
a tutto scapito della floridezza dei nostri sfruttatori. Perciò
la Sicilia non può e non potrà mai vivere d’accordo col
continente italiano. Soltanto degli ingenui possono sperare
in un avvenire migliore, pur persistendo nell’unione con
l’Italia. E si illudono che forse qualche siciliano potrebbe
andare al governo d’Italia. Sciagurati! Quante volte i
siciliani sono andati al governo, da Crispi a Orlando, che
(Segue a pagina 18 )
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
16
Un sogno diventa realtà per
Arba Sicula: una grammatica
moderna del siciliano
A
rba Sicula fu fondata nel 1979 con l’obiettivo di studiare,
preservare e diffondere il siciliano e la sua cultura nel
mondo. In questi anni uno dei nostri soci, Joseph
Bellestri, ha creato un vocabolario siciliano-inglese e
inglese-siciliano, un altro socio, J.K. Bonner ha pubblicato
Introduction to Sicilian Grammar, coll’aiuto di Gaetano Cipolla, un
altro socio, Frederick Privitera ha pubblicato un altro studio sul
siciliano intitolato Sicilian: the Oldest Romance Language e Gaetano
Cipolla ha pubblicato l’opuscolo The Sounds of Sicilian,
accompagnato da un CD che è stato il primo studio interattivo sulle
peculiarrità della pronuncia del siciliano.
Il libro Learn Sicilian/Mparamu lu sicilianu che il professore emerito
Gaetano Cipolla ha appena
pubblicato per i tipi di Legas
rappresenta certamente una
tappa importante per lo studio
del siciliano come lingua degna
di essere studiata all’università.
Infatti il volume di 336 pagine,
accompagnato da un DVD
contenente oltre alla guida
alla pronuncia, le risposte agli
esercizi e l’audio delle
letture, segue la scia dei libri
di testo usati in America per
insegnare
le
lingue
straniere. Come tale, il
volume del professor
Cipolla si deve considerare come
il primo del genere poiché tutte le altre
grammatiche del siciliano (e sono poche a dir la verità) sono opere
di consultazione e non libri di testo. Questo libro è stato disegnato
per insegnare agli studenti di lingua inglese non solo a comunicare
con chi parla siciliano ma anche a fornir loro quelle nozioni sulla
cultura siciliana che sono essenziali per la comunicazione.
Il volume è composto di 18 capitoli oltre a una lezione preliminare.
Ogni capitolo presenta punti grammaticali integrati con esercizi
miranti non solo a far capire le regole ma anche a incoraggiarli a
usare la lingua la lingua in maniera creativa.
Ogni capitolo contiene dialoghi, vignette, letture, spesso comiche,
su vari argomenti che allargano l’orizzone linguistico e culturale
dello studente.
Per l’aspetto linguistico e grammaticale gli argomenti sono
equivalenti al primo anno di studio a livello universitario.
Per l’aspetto culturale, il professor Cipolla ha scritto
pagine interessanti sui miti localizzati in Sicilia
(Persefone, Demetra, Polifemu, Ulisse, Aretusa, Aci
e Galatea, Dedalo ecc.); sui poeti e scrittori che
hanno usato il siciliano nella loro opera quali
Antonio Veneziano, Petru Fudduni, Giovanni
Meli, Alessio di Giovanni, Nino Martoglio,
Luigi Pirandello e Ignazio Buttitta; su aspetti
tipici della Sicilia come i teatri all’aperto, i mercati
all’aperto, I nomignoli siciliani, la cucina Siciliana,
ecc.; e sulle nove città capoluoghi di provincia.
Per dimostrare che il siciliano è una lingua capace
di esprimere tutti i sentimenti il prof. ha tradotto
anche dei testi stranieri come una canzone di
Charles Aznavour o una poesia di Cecco
Angiolieri che volentieri trascriviamo nella versione siciliana:
S’i’ fussi focu, abbruciassi lu munnu;
s’i’ fussi ventu, po’ lu timpistassi;
s’i’ fussi acqua, certu l’annigassi;
s’i’ fussi Diu, lu mannassi ô funnu;
s’i’ fussi Papa, fussi po’ jucunnu,
câ tutti li cristiani li ’mbrugghiassi.
S’i’ fussi ’Mpiratur, sa’ chi facissi?
A tutti ci tagghiassi a testa a tunnu.
S’i’ fussi morti, jissi nni me patri,
s’i’ fussi vita, d’iddu m’arrassassi;
lu stissu po’ facissi cu me matri;
s’i’ fussi Ceccu, comu sugnu e fui,
li fimmini chiù beddi mi pigghiassi;
li vecchi e làrii î lassassi a l’àutri.
Prof. emerito Gaetano Cipolla
Questa poesia che illustra l’uso del congiuntivo in frasi ipotetiche in
siciliano, sembra essere nata dalla bocca di un siculo e non di un
tosco. Le letture sono gradualmente più impegnative dal punto di
vista linguistico come dimostra l’introduzione di una rubrica
intitolata “Sicilian Humor” che contiene vignette umoristiche
disegnata a confermare ciò che disse Cicerone dei Siciliani duemila
anni fa, e cioè che essi posseggono uno spiccato senso
dell’umorismo. Sparsi un pò dappertutto l’autore ha anche incluso
proverbi siciliani, indovinelli e persino degli scioglilingua o meglio
mbrogghialingua.
Questo libro, ora che il Parlamento siciliano ha approvato una legge
che prevede l’nsegnamento del siciliano nelle scuole pubbliche,
sarebbe un libro ideale se fosse adattato per gli studenti siciliani.
Non credo che l’operazione rappresenti difficoltà per il professor
Cipolla. Dovrebbe semplicemente adattare le didascalie e le
spiegazioni grammaticali traducendole in italiano o forse in siciliano.
Non posso completare questa recensione senza menzionare
l’eleganza della presentazione del libro stampato su carta patinata e
con fotografie e illustrazioni a quattro colori dove prevalgono il
rosso e il giallo della bandiera siciliana.
Questo rivela certamente il desiderio della casa editrice di creare
una veste vivace e attraente a conferma e a sostegno
dell’importanza del testo.
Il volume cartaceo costa solo $32.00, un prezzo volutamente basso
forse per incoraggiarne la diffusione più $22.00 per la spedizione in
Europa. Si può ordinare anche la versione elettronica per $28.00,
più $8.00 (su DVD) scrivendo a Legas PO Box 149, Mineola, NY
11501, o a [email protected]
A
rba Sicula è na sucietà internazziunali senza scopu di
lucru ca havi comu obbiettivu a promozioni dâ lingua
e dâ cultura siciliana. Fa chissu ntê modi siguenti:
Pubblicannu Arba Sicula:
Na rivista bilingui sicilianu/nglisi ca illustra a
littiratura, l'arti, a storia, a cucina e u folklori dâ
Sicilia. Chist’annu celebramu u vintitriesimu
annivirsariu dâ funnazioni di Arba Sicula. A rivista
nesci du voti l'annu o na vota si pubblicamu un
numiru doppiu.
Pubblicannu Sicilia Parra:
Na rivista semiannuali di vinti paggini ca illustra li
attività dâ nostra sucietà. È scritta principalmenti in
nglisi cu una o du paggini didicati ô sicilianu.
Pubblicannu libbra supra a Sicilia e i Siciliani:
I libbra sunnu a megghiu arma c'avemu pi
contrabbattiri ddi stupidi stiriotipi dâ genti siciliana
promossi dî mass media. E’ nicissariu
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
17
L’ASSASSINIO DI LINCOLN E IL SIGNORAGGIO BANCARIO
D
urante la guerra civile americana (1861–1865) Lincoln aveva urgente bisogno di
denaro per finanziare la sua campagna militare ma quando i banchieri gli offrirono i
loro soldi in prestito a un tasso di interesse
compreso fra il 24% e il 36% preferì chiedere al
Congresso l’approvazione di una legge per stampare
cartamoneta statale senza debito e senza interessi.
Il Congresso approvò la sua proposte e fra il 1862 e
il 1863 il Dipartimento del Tesoro di Stato immise
sul mercato la nuova moneta di stato per un valore
di 450 milioni di dollari. Il fatto non piacque alla
grande finanza internazionale che batteva moneta per gli stati e nel 1865 il direttore della Banca
d’Inghilterra, lord George Goschen dichiarò sul London Times: “Se questa dannosa politica
finanziaria che ha origine in Nord America continuasse, quel Governo fornirà moneta
a costo zero e non avrà alcun debito. Avrà tutto il denaro necessario per portare
avanti i suoi commerci. Diventerà così prospero da non avere precedenti nella storia
del mondo. Quel Governo deve essere distrutto o distruggerà ogni monarchia del
Globo” Pochi giorni dopo un proiettile calibro 44 si conficcò nella testa del Presidente Lincoln
mentre era comodamente seduto su una poltrona del palco del Ford’s Theatre. Il colpo venne
esploso dal massone John Vilkes Booth, un personaggio molto vicino ai banchieri Rothschild.
L’America tornò al precedente sistema di moneta-debito presa in prestito dietro interesse dalla
onnipresente usuraia cricca di banchieri internazionali .
Marco Pizzuti, "Rivoluzione non autorizzata", Ed Il Punto d'Incontro
UN
POPOLO SENZA MEMORIA
NON HA IDENTITÀ
RECUPERA
!
LA TUA MEMORIA
«L’ISOLA»
la voglia di scoprire L’ALTRA SICILIA
GSM : +32 475 810756
« ABBONATI »
fari canusciri a tutti a vera natura dû populu sicilianu e dî so granni
contribbuti a civiltà occidintali. Chiossai sapemu dâ nostra storia,
megghiu putemu cummattiri l'ignoranza ca fa nasciri ddi stiriotipi.
Pubblicannu supplimenti a Arba Sicula:
L’urtimu supplementu ca pubblicammu fu The Fig Cake Family di
Bea Tusiani, na bedda storia supra comu manteniri vivi i tradizioni
siciliani in America.
Organizzannu Cunfirenzi e Reciti di puisia siciliana. Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
18
“Grandi” di Sicilia !
L’ angolo della poesia
bene ne ha veduto mai la Sicilia? Giuseppe Santoro [...] ha scritto
queste giuste parole: “La circostanza più grave è che la Sicilia è stata
maggiormente trascurata da quegli stessi suoi figli che pervennero ai
più alti fastigi del potere e del sapere”.” Lo pensereste, che queste parole
risalgono ad oltre sessantacinque anni fa? O non sembrerebbero, piuttosto,
pronunciate … ieri?
DA FRANCESCO BUTA'
(Segue dalla pagina 15)
DEDICATA A TUTTI I MESSINESI
Ed oggi? Chi sono i “grandi” di Sicilia, oggi? O chi vorrebbero esserlo?
Quattro mentecatti, quattro presuntuosi politicanti da strapazzo, quattro
lazzaroni scansafatiche che aspirano al potere, … a potere fare i loro porci
comodi … e quelli dei loro quattro amici! Quattro ascari, come li definisce il buon
Pippo Scianò, quattro giuda capaci di svendere la loro terra per quattro vili
denari! Ed uso il termine “giuda” nel più comune senso dispregiativo che si è
soliti attribuirvi, … in realtà io ho molta più comprensione e compassione per la
figura storica di Giuda, io che non so se essere credente, ma che mi commossi
alla visione de L’ultima tentazione di Cristo, troppo presto fatta sparire dalla
circolazione! In realtà, molto più educativa ed umana di tante fesserie propinate!
Ma sto divagando … Eppure, questi quattro mentecatti, presuntuosi politicanti da
strapazzo, lazzaroni scansafatiche, ascari, “giuda” nel più comune senso
dispregiativo che si è soliti attribuire al termine, saranno sempre avanti a tutti,
anche a quegli altri quattro che, sinceramente, puramente, dal profondo del loro
cuore, vorrebbero servire la Sicilia ed i siciliani!
Loro, questi altri quattro, sono solo persone perbene, intelligenti, se è vero,
come è vero, che hanno deciso di spendere il loro impegno al di fuori dei
tradizionali schemi vincenti!
Ma in questo i siciliani siano bravissimi, … meglio scegliere il coglione di turno ca
ni pigghia ppo culu, piuttosto che il galantuomo … che non può prometterci nulla
…!
Isabella di Casglia, più conosciuta come Isabella la CaDolica,
regina delle Spagne e di Sicilia (1474 - 1504
Arturo Frasca
AMURI AMARU
O lucèn Missina, vìntùsa e baddarìna
tu stai luntana e jò vurrìa tunnàri
pi vaddàri ‘ncantatu Fata Morgana
e ‘a Vara, ‘u Pilùni e Dinnammàri.
Fu Diu ca misi di supra tuu lu suli
e chiànu t’appuggiau supra lu mari.
Accà i senmen mei, i primi amuri,
spirànzi di piccirìddu e gran dulùri.
Cu Ea vulìa ristàri, vìviri e poi murìri
imbèci a gen mi dissi: “ ‘nnannàri
nun c’è spiranza i puEri travagghiàri”.
E lassài l’amùri, a Ea e ‘a vista di lu mari.
Ritònnu tu l’anni, ma nun sì ‘a sssa
‘a gente nun è chiù com’a ‘na vota
i len vaschi pu viàli SammaHnu cu li fa?
è vacàn e tua ‘o scuru ‘a sira sta cià.
Unni sunnu i rumùra, u fetu du tajùni,
di custaddèddi e u ciàuru d’agrumi
e ‘a càlia supra i carre chi cannìli
sua i cavaddàzzi di Mata e di Grifùni.
Fossi sugnu vecchiu iò e non tu Missina.
I cosi anchi stannu supra a chiddi novi,
e allùra t’amu sempri pi comu lassai
e accussì pi sempri intr’all’anima sarai.
Foto : Tonino Sandy
Caro amico, dopo che mi hai letto, non mi
buttare... Dimostra il tuo alto senso di civismo...
Regalami a qualche amico o parente.
Aiuterai così la mia diffusione. Grazie.
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
19
Forse non tu@ sanno che ....
PROPRIETÀ BENEFICHE
DEL MANDARINO
LA SICILIA STREGA L'UNESCO
O
ttime notizie per la Sicilia, già sede di ben 5 siti riconosciuti ufficialmente
dall'UNESCO ed inseriti nella "Lista Mondiale dei Patrimoni dell'Umanità". Ai 5 siti
siciliani pare infatti che se ne aggiungerà molto presto un sesto: l'Etna!
Nei mesi scorsi era giunta sull'isola una delegazione dell'UNESCO capitanata dal geografo
tedesco Bastian Bertzky al fine di valutare la candidatura a Patrimonio dell'Umanità del
Vulcano siciliano, candidatura che era stata proposta l'anno scorso dall' Ente Parco
dell'Etna, dal Ministero dell'Ambiente e dall’Unione mondiale per la conservazione della
Natura.
La delegazione dell'UNESCO durante la visita è rimasta "stregata" dall'Etna, e Bastian
Bertzky prima di ripartire per la Germania aveva commentato così i giorni passati a
studiare l'Etna: "Ho passato dei giorni meravigliosi. Questi ricordi rimarranno
per sempre con me."
Oggi, a distanza di un paio di mesi da quella visita, giungono notizie dall'UNESCO dove
pare che l'iter di riconoscimento per il vulcano abbia subito una rapida accelerazione.
Entro quest'estate a quanto pare, arriverà infatti il riconoscimento ufficiale e
l'inserimento nella Lista Mondiale dei Patrimoni dell'Umanità.
Il mandarino ha notevoli proprietà
terapeuche. Del fruo non si bua nulla:
la sua buccia infa" è piena di limonane
(principio anossidante) che ha la
caraerisca di ritardare l’invecchiamento
della pelle e sempre dalla buccia si estrae
un olio essenziale in grado di calmare
l’ansia e combaere insonnia e ritenzione
idrica. Molto ricco di vitamina C,
essenziale per mantenere rea"vo e vigile
il cervello, il mandarino è anche ricco di
fibre e carotene e possiede anche molte
vitamine del gruppo B e vitamina A, oltre
ad una consistente percentuale di ferro,
magnesio e acido folico. In considerazione
della notevole quantà di fibre in esso
presen, il mandarino risulta
parcolarmente indicato per il benessere
dell’intesno e viene indicato nelle diete
perché si presenta come un fruo
nutriente e facilmente digesvo.
A differenza di altri agrumi, i semi del
mandarino, anche se masca, non solo
non fanno male ma apportano vitamine.
La polpa del mandarino (ricca di vitamina
C), è ule per prevenire il raffreddore e
protegge mucose e capillari, la vitamina P,
invece, combae la ritenzione idrica e
favorisce la diuresi; inoltre conene calcio,
potassio e fibre, indispensabili per le ossa
e per l’intesno e regola la pressione
arteriosa. Gli scienzia del Naonal
Instute of Fruit Tree Science e anche altri
studi paralleli sostengono che il
mandarino avrebbe proprietà antumorali
(sembra che bere un bicchiere di succo di
mandarino al giorno riduce il rischio di
sviluppare il tumore del fegato) e
proteggerebbero il cuore. I ricercatori
australiani sostengono, inoltre, che il
consumo di arance e mandarini ridurrebbe
del 50% le probabilità di cancro del trao
digesvo e del 20% di ictus . Gli altri cinque siti siciliani già riconosciuti dall'Unesco sono:
⇒
Le città barocche della Val di Noto
⇒
Siracusa e le Necropoli di Pantalica
⇒
La Villa Romana del Casale (Piazza Armerina)
⇒
Le Isole Eolie
⇒
La Valle dei Templi di Agrigento
A questi siti dunque quest'estate si aggiungerà l'Etna, il vulcano più grande d'Europa,
nonchè uno dei più attivi del mondo.
Dall'alto dei suoi 3.340 metri d'altezza, il 6° Patrimonio dell'Umanità targato Sicilia
dominerà i cieli dell'isola! [ca]
“
Eppure …, eppure accade che tan, troppi quasi si
vergognino di essere siciliani, della loro stessa lingua, …
non dialeDo, … LINGUA, come sancito dalla stessa
Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie,
approvata il 25 giugno 1992, entrata in vigore il 1
marzo 1998, firmata dallo stato italiano il 27 giugno
2000 … ma l’ha raficata solamente nel marzo del 2012
e IL SICILIANO NON È STATO INCLUSO.
Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
20
LO SAPEVATE CHE …
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- Trait
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n
a
r
u
Reusta
Uno spicchio d'aglio al giorno...
toglie il medico di torno!
L
'aglio può essere considerato un alimento-medicamento. Recenti studi
hanno dimostrato che un consumo abituale di aglio porta ad una
significativa riduzione dei livelli di colesterolo plasmatici, svolgendo anche
un ruolo importante nella prevenzione dell'aterosclerosi.
Le sue peculiari proprietà medicamentose sono da attribuire alla presenza di
solfuro di allile ma anche ad altri
composti solforati come l'ajoene e
l'allicina. Recentemente sono state
attribuite all'aglio anche proprietà
antitumorali infatti è stato provato in provetta - che sostanze estratte
dall'aglio sono in grado di
ostacolare la formazione di
molecole con ben documentata
attività cancerogena.
L'efficacia del principio attivo
dell'aglio è massima nell'aglio
fresco e crudo (circa 1 spicchio). L'odore caratteristico dell'aglio è dovuto a
numerosi composti organici di zolfo tra cui il solfuro di diallile e l'allicina. Alcuni
consigliano, non per eliminare ma almeno per minimizzare il problema, di asportare
dall'aglio il cosiddetto "cuore" ovvero quel piccolo bulbo interno che rappresenta la
parte a più alto contenuto di tali composti organici. Io invece, mangio una caramella
all'anice e mastico un paio di chicchi di caffè.
In conclusione, le proprietà benefiche dell'aglio sono indubbie tanto che anche la
moderna farmacologia lo utilizza per preparare dei medicamenti.
Naturalmente l'aglio fresco è significativamente più efficace delle altre forme che ci
vengono proposte in commercio. Purtroppo nonostante le sue proprietà non è ne
consigliabile, ne necessario farne abuso in quanto più di uno spicchio di aglio crudo
al giorno può causare in soggetti predisposti irritazioni alle pareti intestinali. Infatti io
consiglio di utilizzarlo con cautela a persone con alterazioni della coagulazione,
gastrite, ulcera peptica ed in presenza di bruciori gastro-enterici ed anemia.
Quindi moderazione, come in tutte le cose.
Dott. Luigi Schiavo
(http://www.schiavonutrizione.it/ ) - (Green)
Boulevard Lambermont 330
1030 Schaerbeek
La cucina siciliana
L
a gastronomia siciliana è probabilmente la più antica d’Italia ,
è forse la più ricca di specialità, certo è la più scenografica.
Persino il piatto più italiano che ci sia, la pasta asciutta, ebbe
nell’isola del sole la sua culla, al tempo della dominazione araba. Il
nome più antico era “maccarunne”, da “maccare” cioè schiacciare (il
grano evidentemente) per impastare.
Ai tempi della raffinatissima civiltà della Magna Grecia in Sicilia,
fiorita all’incirca quattro secoli prima di Cristo, la cucina era già
tenuta in gran conto: il cuoco Trimalcione, nativo di Siracusa o di
Gela, divenne così famoso per la sua abilità, da essere conteso in
tutto il mondo gredo.
Il primo libro di cucina siciliana della storia risale ad un antico
trattato “Il cuoco siciliano” scritto da un certo Miteco di Siracusa; ci
fu persino un tale Labduco, siciliano anch’egli, che aprì una scuola
alberghiera.
Un altro record è quello delle svariatissime influenze che sulla
gastronomia siciliana vennero sovrapponendosi: Greci, Romani,
Arabi, Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e Inglesi, popoli
provenienti dalle più lontane contrade portarono nell’isola del sole
usanze e ingredienti che si innestarono, fondendosi senza difficoltà,
sulle tradizioni locali.
La cucina siciliana esiste e resiste nelle famiglie tramandata dalle
abili mani delle donne, cui da sempre è affidato il compito di
preparare, cuocere, servire. Non già di acquistare; di questo si
occupa di solito l’uomo di casa. La donna infatti resta fra le mura
domestiche e la giornata appena le basta per preparare tutto
quanto è necessario al pranzo e alla cena , ricchi di piatti elaborati.
Per finire, la caratteristica fondamentale della cucina siciliana è il
fatto che uno stesso piatto può essere preparato in una versione più
ricca è una più modesta. Si parte cioè da una base semplice, che
poi viene arricchita di ingredienti e sapori complementari. Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
SFINCIUNI
N
essuno sa di preciso da
dove deriva il nome,
sfincione.
Alcuni ne attribuiscono
l'origine al latino spongia
"spugna", altri sostengono
che
derivi
dall'arabo
"sfang", nome con il quale
si indicava un tipo di
frittella
addolcita
con
miele.
La ricetta dello sfincione è molto antica ed è costituito da
pane pizza lievitato rassomigliante ad una spugna, condito
con una salsa di pomodoro, cipolla e pezzettini di
caciocavallo (formaggio tipico siciliano). Anche questo un
tempo era considerato pasto da strada. Ancora oggi, si
possono incontrare, sopratutto nella Palermo vecchia, i
venditori ambulanti i quali, andando in giro con un
carrettino (oggi motorizzato), con una vetrinetta per
mostrare il prodotto in vendita. Alcuni sono attrezzati
addirittura per la cottura al momento.
Ingredienti per l’impasto:
400 gr. di farina di rimacinato; 100 gr. di farina 00; 1 bustina di
lievito di birra disidratato; 300 ml ca. di acqua tiepida; 1 cucchiaino
di zucchero; 10 gr. ca. di sale; Per il condimento: salsa o polpa
di pomodoro; 4 grosse cipolle; sarde salate; caciocavallo a dadini;
pan grattato; olio d'oliva; sale e pepe q.b.; origano
CUDDIRUNI
U
Cuddiruni è molto simile allo
sfincione, in più si aggiungono
delle verdure e quant'altro si
desideri. Può essere confezionato
come una pizza, un calzone chiuso
oppure arrotolato come un
ciambellone.
Ingredienti per 4/6 persone:
Per la pasta: 1,5 kg. di farina di grano duro; 30 gr. di lievito;
acqua; sale.
Per il ripieno: 2 kg. di cipolle; 150 gr. di caciocavallo; olive nere
snocciolate; filetti di acciughe; olio extravergine di oliva;
concentrato di pomodoro; sale.
Preparazione:
Preparazione:
I
mani unte abbondantemente di olio disporlo nella teglia già
cosparsa di olio facendo uno strato di uno spessore di circa 1,5 cm,
disporre le sarde a pezzetti facendoli penetrare leggermente
nell'impasto. Ricoprite con il composto di cipolle ormai a
temperatura ambiente, infine ricoprite con il pan grattato
leggermente tostate e far lievitare ancora fino a che non avrà
raggiunto il bordo della teglia. Disporre sulla pasta i dadini di
caciocavallo generosamente, ricoprite il tutto con il composto di
salsa di pomodoro. Quando la pasta avrà raggiunto quasi il bordo
della teglia, infornare in forno già caldo alla temperatura di 200° C
per 30'-40' ca. n una terrina versate le farine, lo zucchero ed il lievito,
impastate aggiungendo dell'acqua poco a poco.
I 300 ml sono puramente indicativi poiché dipende dal grado di
umidità della farina, potrebbero esserne necessari anche di più.
L'impasto deve risultare molle. Alla fine aggiungete il sale che non
deve mai venire a contatto direttamente con il lievito.
Mettete l'impasto a lievitare nella terrina, coprendolo con uno
strofinaccio e avvolgendolo con una coperta. Mentre l'impasto
lievita e dovrà raddoppiare il suo volume, affettate le cipolle e
fatele appassire con un dito d'acqua. Quando l'acqua si sarà
asciugata del tutto aggiungete una buona quantità di olio e un paio
di sarde e fate stufare ancora, finchè non vi risulterà una salsa
asciutta. Aggiustate di sale e pepe, aggiungete l'origano e, quando
la salsa è ormai fredda anche una manciata di caciocavallo
grattugiato. Togliete le cipolle dal tegame e nell'olio rimasto far
tostare il pan grattato. Quando l'impasto sarà raddoppiato, con le
F
ate sciogliere il lievito in un pò d'acqua tiepida. Versate la farina
a montagna sul tavolo da lavoro. Unite il lievito sciolto.
Aggiungete ancora un pò d'acqua e cominciate ad impastare fino a
raggiungere la consistenza di una pagnotta di pane. Avvolgetela in
un panno e lasciatela lievitare per circa un'ora. Dopo la lievitazione,
stendete la pasta. Tagliate le cipolle a fette sottili, disponetele in
padella con un pò d'olio e acqua e lasciate cucinare un’oretta,
mescolando. Quando saranno asciutte, lasciatele raffreddare.
Se avete deciso di preparare la versione chiusa, disponete il
condimento solo su metà della pasta.
Passate un pò di concentrato di pomodoro sulla pasta disposta in
una teglia da forno, aggiungete la cipolla, il caciocavallo a dadini, le
olive nere snocciolate e tagliate, le acciughe, un pò di concentrato di
pomodoro ed un filo d'olio. Richiudete la pasta su se stessa o coprite
con l'altro foglio di pasta e fermate i brodi.
Spennellate con un pò d'olio, pungete con una forchetta, mettete in
forno caldo a 250° per circa 20 minuti. Tagliate a fette e servite. Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013
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Certe cose... sono molto più importanti !
U
n giorno, padre e figlio,
fecero la discussione che
segue...
- Papà, posso farti una
domanda?
- Ma certo, cosa vuoi sapere?
- Papà, quanto guadagni
all'ora?
- Non sono cose che ti
riguardano, perché mi fai questa
domanda?
- Così, ci tenevo a saperlo. Per
favore, dimmelo. Quanto guadagni in un'ora?
- Beh, se proprio lo devi sapere...guadagno 100 dollari all'ora.
Il bambino, con una nota di disappunto, abbassò lo sguardo, ma subito si
riprese : - Papà, posso avere 50 dollari in prestito?
A questo punto il padre si arrabbiò davvero.
Se l'unica ragione per cui mi hai fatto quella domanda era per farti
prestare dei soldi per andarti a comperare qualche stupido giocattolo o
cose simili, allora sarà meglio che fili dritto in camera tua e vai a letto. E
sappi che non dovresti essere così egoista. Io mi faccio un mazzo cosi
tutti i giorni e non mi aspetto certo un comportamento così infantile da
parte tua.
Il bambino andò in camera sua e chiuse la porta dietro di sé.
Il padre si sedette e, pensando alla domanda del figlio, si arrabbiò ancora
di più.
Come si permette di fare domande del genere solo per spillarmi dei soldi?
Trascorsa un'ora o poco più, l'uomo si calmò ed incominciò a pensare.
Forse quei 50 dollari gli servivano per qualcosa di veramente importante,
difatti il bambino molta raramente gli aveva fatto richiesto del genere.
Allora il padre si alzò, si avvicinò alla stanza ed aprì la porta.
- Sei ancora sveglio?
- si Papà, sono sveglio...
Sai, stavo pensando...sono stato un pò duro con te poco fa... ho avuto
una giornata pesante ed ho scaricato il mio nervosismo su di te... Tieni,
questi sono i 50 dollari che mi hai chiesto.
Il bambino si alzò di scatto e si mise a sedere sul letto con un gran sorriso
stampato in faccia...
- Grazie Papà, grazie.
Poi, mise la mano sotto al cuscino e tirò fuori vari pezzi da 1, 5 e 10
dollari.
Vedendo che il bambino aveva già del denaro, il padre cominciò ad
arrabbiarsi di nuovo. Il bambino intanto stava contando il denaro che
aveva in mano.
- Il padre lo interruppe dicendo: perché hai voluto quei soldi se ne avevi
già tanti?
- Perché non ne avevo abbastanza, ma adesso ce l'ho!
Papà, adesso ho 100 dollari, ... posso comperare un'ora del tuo tempo?
Ti prego, vieni a casa prima, domani sera, mi piacerebbe tanto cenare con
te. Per il padre fu come un pugno nello stomaco.
Abbracciò suo figlio e gli chiese scusa.
Questa storia è solo un promemoria per tutti coloro che, come me,
come voi... sono sempre molto impegnati. Non dovremmo
permettere al tempo di sfuggirci tra le dita, senza aver trascorso
abbastanza tempo con le persone che, per noi, contano veramente,
quelli più vicini al nostro cuore. Ricordatevi di spendere 100 dollari
del vostro tempo con qualcuno che amate veramente.
Se dovessimo morire domani, la società per la quale stiamo
lavorando ci potrà sostituire in due o tre giorni.
Ma le famiglie e gli amici che lasceremo, sentiranno la nostra
mancanza per il resto della loro vita. Eppure, se ci pensiamo bene,
dedichiamo molto più tempo al lavoro che alla famiglia.
Certe cose... sono molto più importanti !
UN POPOLO SENZA MEMORIA NON HA IDENTITÀ !
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intestato a Catania Francesco Paolo specificando nella causale “abbonamento a L’ISOLA”
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