31/05/2012 IL MADRIGALE NEL XVI SECOLO Fino al XV secolo, nella musica vocale non si era avvertita l'esigenza di instaurare un rapporto espressivo con il testo intonato: la musica era generalmente soggetta a leggi proprie, indifferenti al significato della singola parola. Ma con i compositori fiamminghi si fece lentamente strada l'idea che l'evento sonoro potesse rendere in qualche modo ciò che era contenuto nelle parole: immagini motorie, ad esempio, o atmosfere espressive particolari. La sonorità delle parole Bembo puntò l'attenzione sul fatto che, in poesia, la sonorità e il ritmo delle parole hanno una diretta ripercussione sul significato stesso: una parola non è intercambiabile con un suo sinonimo, perché esso determinerebbe una mutazione di suono e quindi (questa è la novità) un cambiamento nel senso stesso della frase. 1 31/05/2012 Limiti della forma strofica Aver considerato la parola più sotto l'aspetto fonetico che sotto quello semantico portava con sé un'altra conseguenza: per sfruttare le proprietà sonore della parola, il poeta doveva servirsene con la più grande libertà, senza soggiacere a schemi troppo rigidi di rime, metri, accenti e strofe; in questo, Bembo contrapponeva la varietà delle soluzioni adottate da Petrarca alla fissità di struttura delle terzine dantesche. Allora, il legame con la musica non poteva più incanalarsi con naturalezza in forme fisse quale, ad esempio, la frottola: questa era infatti una forma strofica, in cui più di un verso era sottoposto alla stessa frase musicale; le parole non potevano avere quindi un rapporto univoco ed esclusivo con la propria musica. Il nuovo tipo di poesia aveva bisogno di una veste musicale duttile, senza schemi ripetitivi, che assecondasse la musicalità di ogni singola parola accogliendola ed esaltandola; niente strofe e ritornelli, dunque, ma una forma non prefissata, che con un termine tedesco moderno si definisce durchkomponiert (composta interamente da capo a fondo, senza ripetizioni). Vantaggi della polifonia Non solo: mentre la frottola era quasi sempre eseguita da una voce solista, con un liuto o altri strumenti che realizzavano le altre voci, si giudicò più adatta al nuovo gusto letterario un'intonazione polifonica interamente vocale, in cui la flessibilità ritmica di ogni voce potesse essere quasi illimitata, e potesse contrastare, pur fondamentalmente rispettandolo, con il fluire uniforme del tempo misurato dal tactus. Questa forma 'informale' di cui si sentiva il bisogno esisteva già, pur senza aver ancora assunto il nome con cui divenne celebre dal 1530 in poi: era il madrigale . Dunque, rispetto al madrigale italiano del Trecento, quello cinquecentesco rinuncia alle strutture strofiche (sia da un punto di vista musicale, cioè di ripetizioni di medesime strutture melodiche per parole diverse, sia da un punto di vista poetico), al punto che i testi poetici organizzati comunque in strofe davano origine a madrigali differenti, ossia a composizioni autonome e fra loro indipendenti. 2 31/05/2012 PRIMI MADRIGALI E PRIMI MADRIGALISTI – DA FIRENZE A ROMA A VENEZIA Firenze, Roma e Venezia Fra i primi madrigalisti troviamo Philippe Verdelot (1470/80-prima del 1552), maestro di cappella del Duomo e del Battistero di Firenze. Il suo stile musicale aveva molto in comune con quello di un tipo di chanson francese molto semplice (più simile a quella di Claudin che a quella di Janequin) che andava molto di moda nella Firenze di quel periodo: tutte le parti del madrigaleerano eseguite da voci umane, alternando sezioni in contrappunto non troppo elaborato, ma aderente all'esatta declamazione del testo, con sezioni omoritmiche. La caratteristica di maggiore importanza era però l'assoluta omogeneità e parificazione tra le voci. Da Firenze, questo nuovo tipo di composizione - che una volta diffuso dalle edizioni a stampa prenderà il nome di madrigale - si estese anche a Roma, città ad essa collegata per la presenza di due papi medicei: Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico (regnante dal 1513 al 1521) e Clemente VII (1523-34); e tra Roma e Firenze orbitavano due altri compositori della prima fase del madrigale, Costanzo e Sebastiano Festa. A Roma proprio in quegli anni (1513-20) lavorava anche Pietro Bembo, come segretario di Leone X: è ipotizzabile, allora, una sua influenza sul nascente mondo madrigalistico ancor prima che egli si trasferisse in area veneziana, dove ebbe invece diretti e dimostrabili contatti con altri musicisti che adottarono la forma del madrigale: Adrian Willaert e Cipriano de Rore. 3 31/05/2012 Un gravissimo avvenimento, tuttavia, squassò il mondo romano nel 1527: il cosiddetto 'sacco di Roma'. Il saccheggio, le stragi e le susseguenti epidemie dispersero completamente quel mondo culturale (ed editoriale) che sotto il pontificato di Leone X era stato prospero e vivace; molti intellettuali e musicisti si trasferirono a Venezia, città che in quell'epoca era assai florida e che cercò deliberatamente di attirare a sé i fuoriusciti romani. Una della ricchezze dell'economia veneziana era proprio l'editoria: vi erano circa 150 stamperie, che producevano il doppio dei libri pubblicati in una grande capitale come Parigi. Anche l'editoria musicale, appropriatasi del sistema ad impressione unica, rese Venezia per tutto il Cinquecento la città dominante in questo settore. Nel 1539 furono pubblicati a Venezia quattro libri di madrigali di un autore di origine fiamminga o francese, Jacques Arcadelt (1505-1568), i quali si guadagnarono subito la predilezione degli acquirenti: negli anni '40 si assistette ad una serie martellante di stampe e ristampe di madrigali di Verdelot e di Arcadelt. Una volta approdato a Venezia, il madrigale subì una notevole evoluzione: la sua appropriazione da parte di Willaert e soprattutto di Cipriano de Rore si tradusse in una massiccia infusione di contrappunto fiammingo, che rese ancora più completa la tavolozza tecnica di cui potevano servirsi i compositori. In linea con queste tendenze, il Primo libro de madrigali cromatici di Cipriano de Rore (Venezia 1544) inaugurò un termine che verrà usato in una duplice accezione: i madrigali di Rore erano cromatici perché usavano le crome, ossia note nere (e per questo cromatiche) di valore molto veloce che infittivano il movimento delle voci; ma ben presto il termine 'cromatico' passò ad indicare un nuovo stile armonico, che faceva largo uso di note alterate e di brusche modulazioni che 'colorivano' ('cromatizzavano') il percorso armonico. 4 31/05/2012 I madrigalisti italiani Tra i maggiori autori troviamo, a fianco dei fiamminghi della cosiddetta quinta generazione, come Orlando di Lasso, Philippe de Monte e Giaches de Wert, anche numerosi compositori italiani, interessati di nuovo alla musica scritta, dopo la parentesi quattrocentesca in cui si erano dedicati prevalentemente ai repertori di tradizione orale. I principali autori italiani di madrigali furono Giovanni Pierluigi da Palestrina, Luzzasco Luzzaschi (1545-1607), al servizio della corte di Ferrara anche come organista; ma, soprattutto, Luca Marenzio (1554-1599), vissuto quasi sempre a Roma sebbene mantenesse solidi legami con Ferrara, Mantova e Firenze, e Carlo Gesualdo principe di Venosa (1560 ca.l6l3), napoletano, che nel 1594 si trasferì a Ferrara, avendo sposato in seconde nozze Eleonora d'Este, nipote del duca Alfonso II. Infine, troviamo Claudio Monteverdi che traghetterà definitivamente il madrigale rinascimentale fin sulle sponde dell'epoca barocca. FORTUNA E SFORTUNA DEL MADRIGALE 5 31/05/2012 La fortuna del madrigale attraverso le edizioni 1550 (inizio) * 1551-60 1561-70 1571-80 1581-90 1591-1600 1601-10 1611-20 1621-30 1631-50 128 fra prime e successive edizioni Madrigale classico 131 Compositori fiamminghi 224 177 367 Periodo del Madrigale Maturo 261 264 175 45 13 Il termine madrigale fa la sua comparsa per la prima volta nel 1530 quali titolo nella raccolta Madrigali novi de diversi excellentissimi autori stampata a Roma. Il madrigale nel XVI secolo IL RAPPORTO COL TESTO – I MADRIGALISMI 6 31/05/2012 I Madrigalismi (soggetto cavato) F.Corteccia F.Corteccia Ottava di F.Bruni A.Striggio O.Lasso 7 31/05/2012 Palestrina A.Gabrieli L.Marenzio L.Marenzio 8 31/05/2012 Luca Marenzio (1553-99) Fra tutti i madrigalisti la preminenza spetta a Luca Marenzio uno dei massimi compositori italiani e d'Europa. Prestò servizio a Firenze, Roma e Venezia presso le famiglie più importanti. Adottò tutti gli artifici del simbolismo sonoro e della "musica visiva". L'invenzione melodica, la ritmica attenta a non soffocare mai il significato delle sillabe del testo, la fluidità delle funzioni armoniche pongono Marenzio al centro dello sviluppo del madrigale. Magistrale in lui è la varietà ritmica con uso della sincope e di una fitta mescolanza di figure di piccolo e grande valore. Sull'esempio dei veneziani spesso ricorrono la tecnica del dialogo policorale e la disposizione "a eco" delle voci. Gli ultimi libri tendono verso uno stile declamatorio del testo. Nella vasta produzione madrigalesca spiccano: 9 libri di madrigali a cinque voci 6 libri a 6 voci 2 libri a 4 e a 4-6 voci 1 libro di madrigali spirituali a cinque voci Luca Marenzio Madrigale testo: G. Battista Guarini da: VII libro di Madrigali a 5 voci A. Gardano 1595. Quell’augellin, che canta sì dolcemente e lascivetto vola or da l’abete al faggio ed or dal faggio al mirto, s’avesse umano spirto, direbbe: - «Ardo d’amore, ardo d’amore». Ma ben arde nel core e parla in sua favella, sì che l’intende il suo dolce desio. Ed odi a punto, Tirsi, il suo dolce desio che gli risponde: - «Ardo d’amore anch’io.» Audio – Partitura 9 31/05/2012 Carlo Gesualdo principe di Venosa (1560-1613) Si rese celebre per due fatti, entrambi legati alla sua vita sentimentale. Sposatosi con Maria d'Avalos e sorpresala mentre lo tradiva con Fabrizio Carafa, uccise i due amanti (1590); allontanatosi da Napoli per evitare la vendetta dei parenti degli uccisi sposò in seconde nozze Eleonora d'Este. A Ferrara si legò in amicizia col Tasso. La maggior parte delle sue opere fu pubblicata dai musicisti della sua corte. Ciò dimostra che l'attività di Gesualdo non fu mai legata a ragioni professionali, ma dilettantistiche e personali. Ha lasciato una produzione che comprende 110 madrigali divisi in 6 libri (15941611). 1594: Madrigali libro primo (a 4 voci) 1594: Madrigali libro secundo (a 5 voci) 1595: Madrigali libro terzo (a 5 voci) 1596: Madrigali libro quarto (a 5 voci) 1603: Sacrarum cantionum liber primus, 21 Motetti (a 5 voci) 1603: Sacrarum cantionum liber secundus, 20 Motetti (a 6-7 voci) 1611: Madrigali libro quinto (a 5 voci) 1611: Madrigali libro sesto (a 5 voci) 1611: Responsoria et alia ad Officium Hebdomadae Sanctae spectantia (a 6 voci) 1626: Madrigali libro settimo (a 6 voci, scomparso) 10 31/05/2012 Carlo Gesualdo da: Libro quinto a cinque voci – uso degli ossimori O dolorosa gioia O soave dolore Per cui quest'alma è mesta e lieta more! O miei cari sospiri, Miei graditi martiri Del vostro duol non mi lasciate privo, Poiché sì dolce mi fa morto e vivo. Audio Itene o miei sospiri (Quinto libro): articolazione stilistica Audio 11 31/05/2012 Gesualdo, VI libro di Madrigali, Beltà poi che t’assenti (audio) (partitura) Claudio Monteverdi (Cremona, 15 maggio 1567 – Venezia, 29 novembre 1643) Nel 1589 Monteverdi fu assunto alla corte di Mantova in qualità di corista e violinista e nel 1603 fu nominato dal duca Vincenzo Gonzaga maestro di cappella. Assillato dalle pressanti e poco remunerative commissioni del duca Vincenzo Gonzaga Monteverdi si reca a Roma nel 1610 col proposito di donare al Papa Paolo V il Vespro della Beata Vergine (la più importante composizione sacra italiana del Seicento). La speranza che lo anima, espressa in uno scambio epistolare con il cardinale Ferdinando Gonzaga, è di ottenere un posto gratuito al Seminario Romano per il figlio e per sé una nuova sistemazione. Deluse tali aspettative, l'occasione si sarebbe presentata nel 1613. Nel 1613 Monteverdi, infatti, fu nominato, dai Procuratori della Serenissima Repubblica Veneta, direttore a San Marco, Venezia, dove ben presto fece rinascere il coro, che era in declino sotto il suo predecessore. Qui egli completò il sesto, settimo ed ottavo libro di madrigali. Durante gli ultimi anni di esistenza Monteverdi si ammalò, ma ciò non lo tenne lontano dalla composizione dei suoi due ultimi capolavori, entrambi opere: Il ritorno di Ulisse in patria (1641), e l'opera storica L'incoronazione di Poppea (1642). 12 31/05/2012 Libro 1, 1587: Madrigali a cinque voci Libro 2, 1590: Il secondo libro de madrigali a cinque voci Libro 3, 1592: Il terzo libro di madrigali a cinque voci Libro 4, 1603: Il quarto libro di madrigali a cinque voci Libro 5, 1605: Il quinto libro de madrigali a cinque voci (vi compaiono gli strumenti per il basso continuo) Libro 6, 1614: Il sesto libro di madrigali a cinque voci Libro 7, 1619: Concerto. Settimo libro di madrigali Libro 8, 1638: Madrigali guerrieri, et amorosi con alcuni opuscoli in genere rappresentativo, che saranno per brevi Episodij fra i canti senza gesto. Libro 9, 1651: Madrigali e canzonette a due e tre voci La fortuna del madrigale attraverso le edizioni 1550 (inizio) * 1551-60 1561-70 1571-80 1581-90 1591-1600 1601-10 1611-20 1621-30 1631-50 128 fra prime e successive edizioni Madrigale classico 131 Compositori fiamminghi 224 177 367 Periodo del Madrigale Maturo 261 264 175 45 13 Il termine madrigale fa la sua comparsa per la prima volta nel 1530 quali titolo nella raccolta Madrigali novi de diversi excellentissimi autori stampata a Roma. 13 31/05/2012 Tasso e Marino: due poeti a confronto TASSO Là dove sono i pargoletti Amori, ed altri ha teso l’arco, altri saetta al varco altri polisce le quadrella d’oro, Voi parete un di Ioro scherzando in verde colle o ‘n riva ombrosa fra la turba vezzosa; e se voi non avete auree saette, Ie dolci paroIette e i dolci sguardi son facelle e strali e i bei pensieri in voi son piume ed ali. MARINO Pargoletta è colei ch’accende i desir miei, e pargoletto Amore che mi saetta il core. Ma ne l’anima io sento e gran foco e gran piaga e gran tormento. Claudio Monteverdi (1567-1643) testo: T. Tasso da: Secondo Libro de Madrigali a Cinque voci, Venezia 1590 Ecco mormorar l’onde E tremolar le fronde A l’aura matutina E gl’arborscelli, E sovra i verdi rami i vag’ augelli Cantar soavemente, E rider l’oriente. Ecco già l’alba appare E si specchia nel mare, E rasserena il cielo, E imperla il dolce gielo, E gl’alti monti indora. O, bella e vag’aurora, l’aura è tua messaggiera, E tu de Laura, Ch’ogn’arso cor ristaura! Audio 14 31/05/2012 II libro Non sono in queste rive Fiori così vermigli Come le labra de la donna mia. Né il suon de l'aure estive Tra fonti e rose e gigli Fan del suo canto più dolce armonia. Canto che m'ardi e piaci, T'interrompano solo i nostri baci! Torquato Tasso Audio II libro Mentre io miravo fiso De la mia donna Gl'occhi ardenti e belli, Due vaghi spiritelli Fiammeggiando n'uscir a l'improviso, E, leggiadretti e snelli, Facendo mille scherzi E mille giri, Mille fughe d'intorno, E mille aguati Dentr'al seno adorno, Mi trassero dal cor mille sospiri; Onde con dolci ed amorosi lai "Pietà, pietà!" gridai. T. Tasso Audio 15 31/05/2012 II libro Se tu mi lassi, perfida, Tuo danno! Non ti pensar che sia Misera senza te la vita mia. Misero ben sarei, Se miseria stimassi E non ventura Perder chi non mi cura, E ricovrar quel che di me perdei. Misera e tu, Che per novello amore Perdi quel fido core Ch'era più tuo che tu di te non sei! Ma il tuo già non perd'io, Perché non fu mai mio. T. Tasso Audio 16 31/05/2012 17 31/05/2012 Sì ch’io vorrei morire ora ch’io bacio, Amore, la bella bocca del mio amato core. Ahi cara e dolce lingua, datemi tant’umore che di dolcezz’in questo sen m’estingua! Ahi, vita mia, a questo bianco seno, deh, stringetemi fin ch’io venga meno! Ahi bocca, ahi baci, ahi lingua, torn’a dire: «Sì ch’io vorrei morire». Moro (Monteverdi, IV libro di Madrigali) vedi dia successiva audio 18 31/05/2012 Non si levav’ancor l’alba novella né spiegavan le piume gl’augelli al novo lume, ma fiammeggiava l’amorosa stella, quand’i duo vaghi e leggiadrett’amanti, ch’una felice notte aggiuns’insieme, com’acanto si volg’in vari giri, divise il novo raggio e i dolci pianti nell’accoglienz’estreme mescolavan con baci e con sospiri mille ardenti pensier, mille desiri. Mille voglie non paghe in quelle luci vaghe, scopria quest’alma innamorata e quella. le bellissime rose ne le labr’amorose, e gl’occhi scintillar come facella e come d’alma che si part’e svella, fu la partenza loro: a dio che part’e moro, dolce languir, dolce partita e fella. Torquato Tasso (Monteverdi Secondo libro di Madrigali) Audio 1° parte – partitura Audio 2° parte E dicea l’una sospirand’allora: anima, a dio, con languide parole. E l’altra: vita, a dio, le rispondea, a dio, rimanti. E non partiansi ancora inanzi al novo sole, e inanzi a l’alba che nel ciel sorgea, e questa e quella impallidir vedea Sovrapposizioni polifoniche Ah! dolente partita! ah, fin de la mia vita! da te parto e non moro? E pur i' provo la pena de la morte e sento nel partire un vivace morire, che dà vita al dolore per far che moia immortalmente il core. (Giovanni Battista Guarini, Il pastor fido III, 3) Ah! dolente partita! ah, fin de la mia vita! da te parto e non moro? Ah! dolente partita! E pur i' provo la pena de la morte da te parto e non moro? Ah! dolente partita! E pur i' provo la pena de la morte E pur i' provo la pena de la morte ah, fin de la mia vita! da te parto e non moro? IV libro di madrigali 19 31/05/2012 Audio 20 31/05/2012 21 31/05/2012 22 31/05/2012 23 31/05/2012 24 31/05/2012 25 31/05/2012 26 31/05/2012 Claudio Monteverdi Madrigale testo: G. Battista Guarini da: IV libro di Madrigali Quell’augellin, che canta sì dolcemente e lascivetto vola or da l’abete al faggio ed or dal faggio al mirto, s’avesse umano spirto, direbbe: - «Ardo d’amore, ardo d’amore». Ma ben arde nel core e parla in sua favella, sì che l’intende il suo dolce desio. Ed odi a punto, Tirsi, il suo dolce desio che gli risponde: - «Ardo d’amore anch’io.» Audio IL QUINTO LIBRO 27 31/05/2012 Poco tempo dopo il suo ritorno dalle Fiandre, Monteverdi fu coinvolto in una lunga e articolata disputa. A iniziarla fu la pubblicazione nel 1600 a Venezia presso Vicenti, de L’Artusti, overo Delle imperfezioni della moderna musica, opera appunto di Giovanni Maria Artusi, canonico a Bologna e allievo di Zarlino a Venezia. In forma di dialogo tra Vario (gentiluomo aretino) e Luca austriaco, L’Artusi si proponeva di dimostrare i traviamenti di certe tendenze compositive moderne che contraddicevano le regole tradizionali. Nel far ciò il canonico bolognese riportava passi di madrigali di un autore non nominato – ma era appunto Monteverdi – preso ad esempio delle nuove deprecabili tendenze: sette citazioni sono tratte dal madrigale Cruda Amarilli, che col nome ancora (edito nel Quinto libro del 1605), una da Anima mia perdona e così via… Artusi censura anzitutto le dissonanze – seconde e settime – che si vengono a produrre tra il basso e le parti superiori. Negativa, per Artusi, non è la dissonanza in sé ma un suo uso improprio e contrario alle buone regole: «Non nego che il ritrovare cose nuove non sia bene, anzi necessario… [si deve però evitare] che il senso dell’udito ne resti offeso perché non le usate in modo ordinario…» 28 31/05/2012 Vedi: Cruda Amarilli battute 13 e 14 (ahi lasso) Battute 19-20-22 (lasso amaramente) 29 31/05/2012 Va però detto che nel citare questi passaggi L’Artusi eliminò la parte letteraria limitandosi a riportare esclusivamente la musica senza l’orazione. Nel 1603, non pago del primo attacco rivolto a Monteverdi, Artusi pubblicò una seconda parte con la quale rinvigorì gli umori polemici. La risposta del compositore arrivò però soltanto nel 1605 quale premessa al Quinto libro di Madrigali: 30 31/05/2012 Premessa al V libro di madrigali Quella sopra riportata fu l’unica risposta diretta del compositore, poiché la successiva presa di posizione contro l’Artusi fu scritta dal fratello del compositore, Giulio Cesare Monteverdi, in una lettera posta in appendice agli Scherzi musicali dello stesso Claudio Monteverdi (usciti però a cura di suo fratello Giulio Cesare) usciti nel 1607. 31 31/05/2012 PREMESSA AGLI SCHERZI MUSICALI 32 31/05/2012 Bisogna tuttavia dire che Monteverdi sembra abbia lavorato per tutta la vita a questo trattato, anche se non riuscì mai a completarlo. Tracce di questo lavoro, rimasto incompiuto e mai rinvenuto, nemmeno in forma manoscritta, sopravvivono in alcune lettere di Monteverdi e nell’orazione funebre che di lui fece Matteo Caberloti in cui si dice che: «datosi alla filosofia Monteverdi era dietro alla composizione di un volume, nel quale notificando i più occulti arcani della sua disciplina era per impedire che mai più nei secoli venturi restassero nascoste a studenti le vere strade per facilitarsi l’acquisto della perfettione dell’arte musica. Ma l’empia morte ha cagionato che resti priva della luce della stampa» 33 31/05/2012 «UN BASSO CONTINUO PER LI SEI ULTIMI» Allo scopo di non precludersi alcuna via espressiva, Monteverdi adottò per il Quinto libro un «basso continuo per il clavicembalo, chitarrone o altro simile istromento, fatto particolarmente per li sei ultimi et per li altri a beneplacito». Il continuo (così detto perché accompagnava senza interruzione le altre parti, a differenza del contrappunto che è spezzato) è perciò obbligatorio negli ultimi sei pezzi, ad libitum, nei precedenti: questo perché nei madrigali finali l’organico delle cinque voci si riduce spesso ad una o a due, necessitando perciò di un supporto armonico. 34 31/05/2012 La novità del Quinto libro, non risiede però nell’uso degli strumenti in ambito madrigalistico, dato che questa era prassi comune e diffusa, quanto piuttosto nel fatto che gli strumenti qui non raddoppiano le voci ma le sostituiscono a fini «drammatici», ossia anche teatrali. Monteverdi V libro (1605) (1a parte) – (Audio) Ch'io t'ami e t’ami più de la mia vita, se tu nol sai, crudele, chiedilo a queste selve, che tel diranno... e tel diran con esse le fere lor' e i duri sterpi e i sassi di quest'alpestri monti, ch'i' ho sì spesse volte intenerito al suon de' miei lamenti... G. Guarini Prendila tosto, Amore, Stampala nel mio core! Spiri solo per te l'anima mia «T'amo, mia vita», la mia vita sia. G. Guarini (2° parte) (Audio vedi dia successiva) «T’amo, mia vita!» la mia cara vita Mi dice e in questa sola Dolcissima parola Par che trasformi lietamente il core Per farsene signore O voce di dolcezza e di diletto, 35 31/05/2012 Audio Amor, se giusto sei, Fa che la donna mia Anch’ella giusta sia. Io l’amo, tu il conosci e ella il vede; Ma più mi strazia e mi trafigge il core E per più mio dolore E per dispreggio tuo non mi dà fede. Non sostener, Amor, che nel tuo regno, Là dovi’o ho sparta fede… Mieta sdegno. Ma fa giusto, signore, Ch’in premio del mio amor Io colga amore… soprano baritono tenore tutti Anonimo Audio 36 31/05/2012 DALLA SCENA D’OPERA AL MADRIGALE LAMENTO D’ARIANNA (L’Arianna 1608) Lasciatemi morire, e chi volete voi che mi conforte in così dura sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire. (versione monodica) Audio Lasciatemi morire / lasciatemi morire / e chi volete voi che mi conforte in così dura sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire / lasciatemi morire. 37 31/05/2012 LAMENTO D’ARIANNA (L’Arianna 1608) Lasciatemi morire, e chi volete voi che mi conforte in così dura sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire. (versione polifonica a 5 voci, Sesto libro, 1614) (Audio) testo con ripetizioni nella versione monodica Lasciatemi morire / Lasciatemi morire / e chi volete voi che mi conforte in così dura sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire / e chi volete voi che mi conforte in così dura sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire / lasciatemi morire. testo con ripetizioni nella versione polifonica Lasciatemi / Lasciatemi morire / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi morire / morire! E chi volete voi / E chi volete voi che mi conforte / che mi conforte / in così dura / in così dura sorte / in così gran / in così gran martire / Lasciatemi morire / E chi volete voi / E chi volete voi che mi conforte / in così dura / in così dura sorte / in così gran / in così gran martire / Lasciatemi / Lasciatemi morire / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi morire / morire / morire / morire! VII libro (Audio) Al lume delle stelle (Tasso) Audio Al lume delle stelle Tirsi sotto un alloro si dolea lagrimando in questi accenti: «O celesti facelle, di lei ch’amo ed adoro rassomigliate voi gli occhi lucenti. Luci care e serene, sento gli affanni, ohimé, sento le pene; luci serene e liete, sento le fiamme lor mentre splendete». 38 31/05/2012 VIII libro (1638) Madrigali guerrieri e amorosi Non schivar, non parar, non ritirarsi voglion costor, né qui destrezza ha parte. Non danno i colpi or finti, or pieni, or scarsi: toglie l'ombra e 'l furor l'uso de l'arte. Odi le spade orribilmente urtarsi a mezzo il ferro, il piè d'orma non parte; sempre è il piè fermo e la man sempre in moto, né scende taglio in van, né punta a vòto. L'onta irrita lo sdegno a la vendetta, e la vendetta poi l'onta rinova; onde sempre al ferir, sempre a la fretta stimol novo s'aggiunge e cagion nova. D'or in or più si mesce e più ristretta si fa la pugna, e spada oprar non giova: dansi co' pomi, e infelloniti e crudi cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi. Audio Claudio Monteverdi testo: O. Rinuccini da: Madrigali e Canzonette a 2 e 3 voci (detto: Libro nono di madrigali) op. post. Zefiro torna Zefiro torna e di soavi accenti l’aer fa grato e’ il pié discioglie a l’onde e, mormorando tra le verdi fronde, fa danzar al bel suon su’l prato i fiori. Inghirlandato il crin Fillide e Clori note temprando lor care e gioconde; e da monti e da valli ime e profonde raddoppian l’armonia gli antri canori. Sorge più vaga in ciel l’aurora, e’l sole, sparge più luci d’or; più puro argento fregia di Teti il bel ceruleo manto. Sol io, per selve abbandonate e sole l’ardor di due begli occhi e’l mio tormento, come vuol mia ventura, hor piango hor canto. audio 39 31/05/2012 PIANTO DELLA MADONNA (Selva Morale e Spirituale, 1640) Iam moriar mi Fili, quisnam poterit mater consolari in hoc fero dolore, in hoc tam duro tormento? Iam moriar mi Fili Lasciami morire, figlio mio Chi mai potrà consolare una madre In questo atroce dolore, In un sì duro tormento? Lasciami morire, figlio mio. audio 40