Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ CAPITOLO TERZO IL CONGRESSO STRAORDINARIO Sommario: 1 - L'impostazione politica degli autonomisti. 2 - La mozione di Riscossa Socialista. 3 - Le posizioni della sinistra. 4 - I problemi di fronte al Congresso. 5 -Nenni e Pertini: operazione concordata? 6 - La relazione di Basso. 7 - La vittoria di Riscossa e la Direzione centrista. 1. L'impostazione politica degli autonomisti Dall'altro versante l'attività degli autonomisti. Essa non si esplicò soltanto sul piano della contestazione polemica alla linea della Direzione, ma anche con una serie di contributi politici svolti in diverse sedi, alcuni dei quali, come ad esempio quello di Guido Calogero, si segnalano anche per dovizia d'argomenti e originalità di pensiero rispetto alla socialdemocrazia, di cui gli autonomisti venivano accusati di essere una coda ed una proiezione all'interno del PSI104. Ma è necessario cominciare dalla po104 La componente autonomista tradizionale che aveva determinato la scissione e fondato il PSLI aveva quasi per intero abbandonato il partito nel gennaio 1947. I residui gruppi autonomisti facevano capo ad Ivan - 99 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ sizione espressa da Giuseppe Romita nel discorso del 25 aprile a Villa Malta105; la sua posizione politica è chiara fin dall'inizio e questo è il suo programma che egli espone subito: a)evitare prevedibili scissioni nel nostro partito, gli sfaldamenti di sezioni, di gruppi, gli allontanamenti personali; b) impedire lo slittamento verso la confusione e la fusione del nostro partito con il partito comunista, per il quale slittamento il Fronte costituisce, per i vari Lizzadri, una indovinata via conduttrice; c) mirare all'unità socialista, unità da conseguirsi non attraverso un accordo di carattere personale fra capi o gregari dell'uno o dell'altro partito socialista, ma su un chiaro programma e su un preciso piano d'azione, lasciando fuori coloro che non hanno né l'animo, né la convinzione, né il temperamento socialista siano essi a destra, siano essi a sinistra; d) stabilire la linea politica concepita nel pensiero e nell'azione socialista per vincere la reazione capitalista, per stroncare l'offensiva dei ceti di destra, monarchici e neofascisti, per impedire alla strapotente e vittoriosa Democrazia Cristiana [il che vuol dire l'associazione cattolica, il che vuol dire il Vaticano] di avere Matteo Lombardo, che uscì dal PSI dopo il Congresso dell'Astoria, ed a Romita, ma avevano importanza nettamente contenuta. Più consistente invece era un settore intermedio che a quel Congresso si schierò per le liste separate e nel cui ambito Romita raccolse molti consensi dopo il voto del 18 aprile. Tuttavia il relativo successo che la corrente romitiana conseguì al XXVII Congresso aveva soprattutto forti componenti emozionali e poteva senz'altro esser ritenuto provvisorio, tanto che al successivo Congresso di Firenze, per effetto anche di silenziose dimissioni di iscritti dal Partito, ma anche per il ritorno di molti sulle posizioni originarie, gli autonomisti ottennero risultati poco rilevanti. 105 Il discorso tenuto da Giuseppe Romita alla riunione di Villa Malta è riportato integralmente nell'opuscolo precongressuale Per il Socialismo, che contiene inoltre il saggio di GUIDO CALOGERO: "Presente e avvenire del socialismo" e quelli di CARLO SPINELLI: "Dopo il Congresso dell'Astoria - 19/24 gennaio 1948" e "Per il Congresso di Genova 27/30 giugno 1948". Dal testo del discorso romitiano, che è integrale, ma sottoposto a revisione successiva, sono tratte tutte le citazioni contenute nelle prossime pagine. - 100 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ con le destre e negli interessi dei ceti di destra il dominio su tutti i gangli dell'apparato statale; e portare la classe lavoratrice, la democrazia e il socialismo al potere; e) rientrare nel Comisco, ossia nella grande famiglia della Internazionale socialista; f) irrobustire il partito e preparare il nuovo clima politico atto a poter sostenere con successo le elezioni politiche regionali e quelle amministrative nei grandi centri per chiedere per il 1949 nuove elezioni politiche generali. Tale linea d'iniziativa è, secondo il leader autonomista, resa necessaria dalle pesanti condizioni ereditate dalle elezioni, da "due gravissime crisi, quella democratica nel paese, quella organizzativa ed ideologica del partito ". Romita afferma che la DC si è presa una clamorosa rivincita rispetto al 2 giugno 1946, quando la sua vittoria era stata tutt'altro che trionfale e le aveva dato, sì, la maggioranza relativa, ma anche una minoranza nei confronti della somma delle forze dei socialisti e dei comunisti. La vittoria attuale della DC invece è molto grave, perché … attorno allo Scudo Crociato si sono coalizzate tutte le forze più retrive del paese: reazionari, ceti bancari, industria pesante ed agraria, i superstiti del fascismo e della parte più reazionaria dei monarchici e dei clericali che imprimeranno un carattere conservatore, antidemocratico alla nuova politica governativa, politica che sentirà il peso delle destre, consolidatesi nella DC. Romita nutre inoltre serie preoccupazioni attorno alla laicità dello stato e sulla sorte di quelle conquiste laiche e fondamentali "che furono gloria e successo della passata generazione politica, scuola, enti pubblici e collettività ", che potranno finire in mano alle organizzazioni clericali. Ma il dato politico più preoccupante, secondo l'ex Ministro degli Interni, è che, venendosi "a creare una lacera- 101 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ zione pericolosa tra proletariato e ceti medi ", subentra il pericolo dello "sviluppo di una forza di estrema destra che peserà duramente sull'avvenire del paese "; e questo è avvenuto per la politica sbagliata del PSI. Ora subentra la seconda gravissima crisi, che è quella interna al PSI, una crisi che - soggiunge Romita - deriva da una disfatta elettorale che comunque … non è una disfatta del partito e tanto meno disfatta del socialismo. Essa è disfatta dei suoi organi, è disfatta dei suoi capi. Sarebbe disfatta del partito, e ciò sarebbe veramente grave, se il partito fosse stato sconfitto nel programma, nella tattica, nella strategia, nell'ideologia corrispondenti alla sua tradizione. É stato sconfitto l'indirizzo politico uscito dall'ultimo Congresso di Roma, è stata sconfitta l'azione dell'attuale Direzione, sono stati sconfitti quei capi che furono gli artefici del Congresso di Roma e gli esecutori del lavoro elettorale. […] chi scrive che non abbiamo sbagliato, che si è scelta la politica giusta, che solamente i risultati non corrispondono al successo che si sperava, è gente che non sa riconoscere la sconfitta e prepara una nuova sconfitta che sarebbe allora definitiva. E’ evidente come gli autonomisti, anziché scavare sulle cause esterne del fallimento socialista preferiscano invece puntare il dito sulle insufficienze interne, organizzative, ma soprattutto politiche. E il punto è sempre lo stesso: l’aver accettato di mescolarsi, nelle liste del Fronte, non solo alla presenza organizzativa dei comunisti, ma anche alla loro preponderanza politica, che portava il Fronte, tutto il Fronte, all’allineamento internazionale con l’URSS. Ora, questo allineamento ha indubbiamente influito in senso negativo, in quanto la politica dell’URSS si è rivelata non gradita all’elettorato italiano. E Romita si riferisce non solo agli avvenimenti cecoslovacchi, che comunque ebbero una grossa eco nella campagna elettorale, - 102 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ ma anche di altri atteggiamenti del mondo orientale ed in particolar modo dei sovietici, che hanno direttamente investito gl’interessi italiani, quali “il rifiuto russo per Trieste e la nostra entrata all’ONU, il silenzio russo sulla possibilità e volontà di aiutare l’Italia negli approvvigionamenti alimentari e industriali”, fatti questi che “hanno resa più dura la battaglia e ridotta l’efficacia delle nostre armi polemiche”. C’è da notare inoltre che il leader autonomista fa carico alla Direzione socialista anche della mancata comprensione di un latente atteggiamento della DC e del PCI, volto al ridimensionamento elettorale dei socialisti. Noi socialisti non abbiamo capito che è stata proprio la DC che sottomano ci sospinse sul terreno del blocco socialcomunista, ma alla DC interessava di fatto e innanzi tutto la lotta contro noi socialisti, contro il nostro partito che è il suo nemico numero uno, mentre il PCI è il suo nemico peggiore, più detestato, ma meno pericoloso, perché non comprometterà mai la saldezza del partito democristiano, compattezza che noi possiamo mirare e sfaldare con un’azione coerentemente democratica. Allo stesso modo, secondo Romita, che cita Dimitrov, il Fronte per il PCI, altro non è, nella tattica comunista, se non il modo per avvicinare le posizioni dei comunisti e dei socialisti, annullare le differenze e vincere le diffidenze di questi ultimi nei confronti della politica sovietica, portando così a maturazione quel processo di fusione che è stato uno dei cardini della strategia comunista nei paesi dell’est. In questo senso Romita, come del resto avevano già fatto altri esponenti socialisti, come Basso ad esempio, non può non notare la differenza da quello che avrebbe dovuto essere il Fronte nelle sue premesse, cioè l’alleanza di tutte le forze democratiche e repubblicane - 103 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ nel paese, e quello che invece fu, cioè “un connubio social-comunista, con lo spolverino di qualche indipendente di valore o di convinzione dubbia”, quest’ultima configurazione essendo certo più congeniale al disegno comunista. E’ soltanto per recuperare l’originaria funzione del Fronte, perciò, che l’esponente socialista piemontese non giunge, almeno in questa fase, a negare la validità del Fronte, il quale non dovrà essere … organo contrario agli istituti democratici del paese e contrario alle Camere legislative, ossia una specie di soviet, un organo rivoluzionario, in un momento che non è possibile un’azione rivoluzionaria, [bensì dovrà servire a] costituire una formidabile se pur semplice arma per imporre attraverso le vie legali e democratiche quelle riforme di struttura che il capitalismo oggi trionfante ostacola ad ogni costo. […] Concludendo: d’accordo sul Fronte, ma che esso sia veramente democratico, agisca sul terreno democratico, funzioni sotto la guida degli organi politici e sindacali, abbia l’impronta socialista e dei partiti democratici, racchiuda tutte le forze, i partiti, gli organismi democratici, non si limiti ad un blocco socialcomunista, con egemonia comunista, pena altre sconfitte, pena la fine del partito socialista, pena l’oscuramento delle forze democratiche del paese con duraturo successo delle forze reazionarie, tutto a spese della classe lavoratrice. Occorre comunque osservare che questa impostazione romitiana appare volutamente provocatoria e strumentale ad uso soltanto del dibattito interno: una tale concezione del Fronte – e Romita lo sa bene – è già fallita in passato per il rifiuto del PSLI e del PRI ad accedervi e non può non fallire anche per il futuro, sia per la radicalizzazione della lotta politica in Italia dopo il 18 aprile, sia per lo stesso interesse dei comunisti a non mantenere in piedi il Fronte semplicemente come fatto elettorale e pun- 104 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ tare piuttosto ad una ridefinizione del Patto d’unità d’azione. Del resto è lo stesso esponente autonomista, il quale tende in questo modo a confondere, forse con piena consapevolezza, il concetto di Fronte democratico con quello di unità d’azione, a restringere l’area della collaborazione tra socialisti e comunisti ad un patto perfezionato e limitato, attraverso il quale i socialisti siano liberi comunque, non solo di “avere e manifestare illimitata fiducia nella funzione storica e nel contenuto storico del PSI ed essere convinti della superiorità programmatica ed ideologica della dottrina e dell’azione socialista su tutti gli altri partiti, compreso quello comunista”, ma anche di mantenere “rapporti di buon vicinato con gli esistenti gruppi socialisti per i quali dobbiamo creare le basi per la prossima unificazione”. Tale preciso riferimento all’unità socialista, con quanto comportava in materia di rapporti col gruppo di Matteo Lombardo, ma soprattutto col PSLI, pone Romita su di un piano del tutto differente dalle posizioni più articolate della sinistra, ma anche da quelle della corrente centrista di Riscossa, più caute, sì, ma decise su questo punto e sempre da considerarsi, come si vedrà più avanti, nell’ambito di una mai rinnegata concezione di sinistra all’interno del partito. É inutile dire che questo stacco è avvertito nelle altre componenti, ma è avvertito anche dal partito nel suo insieme, il cui complesso, una volta passato lo stato largamente emozionale conseguente allo scacco del 18 aprile, prendeva decisamente le distanze dal partito di Saragat e dal ruolo da questo svolto, non solo nella competizione elettorale, ma soprattutto per quanto riguardava le scelte di politica internazionale. - 105 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Pur agendo nella stessa posizione all’interno del partito, Guido Calogero invece attutiva i toni strettamente polemici per accentuare quelli politici, agganciandosi ad un’analisi che tendeva a considerare il particolare per quello che effettivamente era ed a ricondursi a motivazioni più profonde, certo influenzate da molte delle peculiarità liberalsocialiste che del pensiero di Calogero erano parte determinante. Il punto centrale della sua impostazione è la non accettazione della concezione unitaria della classe lavoratrice, per sostenere la quale si affrontano due posizioni che, ad avviso di Calogero, debbono essere considerate veri e propri equivoci di fondo. Il primo è quello di rivolgersi, affermandone l’esigenza unitaria, ad una classe lavoratrice che non può più essere analizzata e presa in carico in termini ristretti, ottocenteschi quasi, come semplice classe operaia, ma presenta invece tutta una serie di riferimenti più ampi che la portano a costituire la grande maggioranza dell’elettorato italiano, e che non guarda soltanto ai partiti della sinistra, ma anche ad altre formazioni politiche, non ultima la DC. Il secondo equivoco è quello di non interpretare correttamente le esigenze di queste masse, non soltanto offrendo loro una rigida scelta di versante solo scarsamente ancorata alle condizioni nazionali [ ma con questo non è da intendersi astratte dal contesto europeo] della lotta politica, ma anche giungendo a teorizzare lo stretto rapporto tra PCI e PSI con slogan – sostiene Calogero – del tipo due partiti, una politica oppure, ancor più crudamente, della distinzione soltanto organizzativa dell’uno e dell’altro. - 106 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ La somma di questi due equivoci ha portato perciò a svolgere una politica, non unitaria, ma addirittura antiunitaria nei confronti della classe lavoratrice, la quale ha visto artificialmente separare i suoi interessi in nome di un’adesione sic et simpliciter alla politica portata avanti in Italia dal PCI, impedendo in tal modo all’intera classe lavoratrice, non tanto di raggiungere l’obiettivo dell’unità, quanto di formarsi una coscienza unitaria che solo può svolgersi se parte da premesse interne alla classe e di cui il PSI deve essere interprete se vuole svolgere una politica socialista. Di fatto, quel che conta – afferma Calogero in un suo scritto precongressuale – non è l’unità di classe che già c’è, ma quella che si fa: ossia (per parlare in termini marxistici) non la semplice unità di classe, ma la coscienza dell’unità di classe. Ci si è dimenticati della elementare verità marxistica, che l’unità di classe, come semplice unità di appartenenza economica ad uno degli elementi del processo di produzione, è un’unità solamente potenziale e politicamente inoperante finché non si trasforma in coscienza di questa unità, cioè in coscienza di quella comunità d’interessi che di per sé esige concordia di azioni. E per fare nascere questa coscienza bisogna già intervenire, agire: bisogna estendere il proprio appello volta per volta in determinate direzioni, cioè non lasciarsi portare dalle cose, ma svolgere azione politica di orientamento. Ossia: se l’unità della classe lavoratrice è il presupposto potenziale di ogni politica socialista, soltanto una vera politica socialista può poi rendere effettiva e sempre più larga e forte quella unità. Tutto dipende dalla politica che si fa, da ciò che si vuole e dal sapere chiaramente che cosa si vuole.106 In realtà il PSI – è l’opinione di Calogero – una siffatta politica non l’ha mai praticata. Anzi, numerose sono le 106 GUIDO CALOGERO: “Presente e avvenire del socialismo”, in Per il Socialismo, cit., da cui sono tratti i brani riportati successivamente nel testo. - 107 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ testimonianze che esso ha praticato proprio la politica contraria, una politica cioè strettamente collegata con l'impostazione comunista e ad essa così strettamente affine. In particolar modo ciò è avvenuto sul piano internazionale, ossia lo scenario principale su cui si è giocata la battaglia elettorale, arrivando anche a "battere le mani e illustrare la notizia delle fusioni sull'Avanti! […] quando in quasi tutti gli stati di influenza russa i partiti comunisti procedono più o meno lentamente, ma inesorabilmente all'assorbimento dei partiti socialisti". L'esponente autonomista contrappone perciò alla rigida e deterministica concezione dell'unità che ha caratterizzato il PSI nella condotta del Fronte e che è anche espressione politica di fondo di ben precisi settori del partito, la sua ispirazione attenta principalmente ai valori umani, individuali e, se vogliamo, iniziativistici del socialismo. Un socialista - egli afferma - non si illude che esista un sistema economico perfetto e che, una volta realizzatolo, si sia fatto tutto per la civiltà: egli sa benissimo che la lotta contro lo sfruttamento capitalistico e contro ogni altra specie di privilegio e di oppressione non è tale che ad un certo punto ci si possa addormentare soddisfatti, con la fatua illusione di aver vinto per sempre. Un socialista, insomma, sa che oltre all'interesse per la liberazione dell'uomo dallo sfruttamento economico c'è anche quello per la sua liberazione dall'assoggettamento di ogni altra specie: dal campo della religione e del pensiero e della critica a quello dell'intervento nella vita pubblica in ogni suo aspetto. Non si affranca veramente l'uomo se non lo si avvicina sempre più ad una situazione di giustizia sociale, cioè di pari disponibilità di potere economico, e se nello stesso tempo non gli si garantisce in ogni forma la libertà d'intervento spirituale, sociale e politico nella vita comune: sia perché ciò è un suo essenziale diritto, sia perché è l'unico rimedio per controllare l'ammini- 108 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ strazione di quella stessa giustizia economica, e per farne salire lo standard a un livello sempre più ampio. La debolezza socialista, secondo Calogero, trova riscontro anche nella politica internazionale del partito, a proposito della quale il PSI ha sì tentato di assumere posizioni neutraliste e indirizzate a una posizione "critica e non negativa" verso il Piano Marshall, ma la mancata indicazione nel senso di rendere attiva la neutralità e ugualmente attiva e operativa la proposta critica del PSI riguardo agli aiuti americani, rende inoperanti le aperture contenute nella posizione socialista, tanto che questa ha finito per portarsi "sul terreno dell'espansionismo comunista quando, propugnata in un primo tempo la neutralità dell'Italia tra i due blocchi, l'ha poi concepita come suo isolamento nazionalistico, conformandosi in fondo all'esigenza sovietica dei patti soltanto bilaterali". Quella che è mancata perciò è stata una vera strategia di neutralità, da legarsi magari ad un'analisi più puntuale dei concreti riferimenti che avrebbero potuto caratterizzare una tale strategia, nonostante i limiti oggettivi che la stessa situazione europea presentava e di cui lo stesso Calogero era naturalmente consapevole, nel senso che … è evidente che un'adesione dell'Italia al sistema dell'Europa occidentale è ancora un ideale parziale o provvisorio a paragone di quello dell'unità di tutta l'Europa e infine del mondo, e che bisogna evitare che l'unione dell'Europa occidentale acquisti aspetti troppo churchilliani107. Ma è altrettanto evidente che bisogna cominciare da qualche parte, se si vogliono superare gli assurdi ed i pericoli delle superstiti divisioni nazionali e assicurare, in un mondo progressivamente federato, la libertà democratica e lo sviluppo della pianificazione socialista. Una neutralità equivalente a isolazionismo è un semplice assurdo per l'Italia, la 107 Il corsivo non è nel testo. - 109 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ quale non può certo ritornare all'autarchia, né sul piano economico, né su quello etico-politico. E’ da queste premesse perciò che deve scaturire la fisionomia di un partito socialista che voglia operare nella società italiana in maniera autonoma e determinante nello schieramento di sinistra e che al tempo stesso, "superando gli antichi motivi della scissione, permetta la riunificazione di tutte le forze socialiste nella loro antica e gloriosa casa, ma altresì richiami tutti quei voti socialisti potenziali, i quali, di fronte all'indifferenziata fisionomia del Fronte, si sono (com'era stato previsto) sgomentati e dispersi". La posizione di Calogero, di cui ho dato una breve sintesi, è perciò da situarsi ad un livello diverso rispetto all’impostazione di Romita, che sembra poggiare su motivi più marcatamente polemici, ma che comunque resta il capofila e l’uomo più autorevole della corrente di destra. Livello diverso perché Romita, come conferma anche in altre occasioni, in special modo nelle interviste con le quali chiarisce ulteriormente le sue posizioni congressuali, tenta in qualche modo ed in ogni momento di mantenersi il più possibile aderente alla dinamica immediata delle forze, anche per predisporsi il terreno migliore per la raccolta di consensi congressuali, ma ciò finisce per confinare le sue posizioni nel vicolo cieco di un rapporto pressoché esclusivo, anche se non direttamente ricercato, con la socialdemocrazia. Da parte di Calogero invece si assiste alla formulazione di temi più originali e motivati, fors’anche più completi, che puntano ad ipotesi politiche di maggior respiro e tentano di coinvolgere a questo tipo di disegno, o quanto meno ad un dibattito su questo piano, altre forze presenti nel partito, che potevano rivelarsi disponibili, non ultimi proprio i compagni ex azionisti, - 110 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ nei confronti dei quali, nonostante il retaggio di vecchie polemiche, poteva valere anche l’esperienza di battaglie condotte assieme. Se l’impostazione di Calogero finì per non avere un seguito pratico ed operativo, ciò si deve in larga misura al prevalere, all’interno della sua corrente, di spinte che avrebbero portato fatalmente ad un‘altra scissione, ma anche – e soprattutto – alla scarsa maturazione, a livello nazionale ed internazionale, di quelle condizioni che di quel tipo di politica avrebbero dovuto costituire la premessa necessaria, ciò che fu anche tra le cause, come già accennato, del prematuro tramonto delle ipotesi dell’altra corrente critica, Riscossa socialista. C’è da dire comunque che, come per Romita, anche in Calogero risulta abbastanza evidente la tendenza a voler presentare, al di fuori delle parole e delle espressioni, una concezione improntata al terzaforzismo, che lo avvicina, per esempio, ad alcune elaborazioni dei settori della sinistra indipendente raccolta attorno a Garosci, Vittorelli ed al quotidiano L’Italia Socialista; tale concezione è rintracciabile nell’ambito nazionale, dove netta è la preoccupazione di separare, anche attraverso l’accentuazione programmatica, la funzione del PSI da quella del PCI, riducendo al contempo a schemi abbastanza nominalistici l’esigenza unitaria a sinistra; ma ancor più in campo internazionale, dove al rifiuto netto dell’esperienza sovietica si accompagnano le riserve formali, in complesso comunque abbastanza deboli, alla concezione churchilliana dell’Europa. Ed è probabilmente su questo punto che dobbiamo registrare il momento più deciso e forse definitivo di differenziazione delle posizioni degli uomini di - 111 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Riscossa, per i quali il pericolo di scivolamento nel terzaforzismo era incombente, ma nella sua grande prevalenza respinto. 2. La mozione di Riscossa Socialista Un atteggiamento intermedio tra i vari modi di essere della sinistra e gli autonomisti romitiani si manifestò solo dopo lo svolgimento del Consiglio Nazionale e la convocazione del XXVII Congresso108. La posizione di Ri108 Il XXVII Congresso [straordinario] fu convocato dal Consiglio Nazionale del partito tenutosi nei giorni 15 e 16 maggio. La convocazione del Congresso, il cui svolgimento fu previsto per i giorni dal 27 al 30 giugno, fu fatta dal Consiglio Nazionale dopo che una complicata polemica si era intrattenuta nei giorni precedenti tra la Direzione e gli autonomisti di Romita: questi ultimi sostenevano infatti che doveva essere la Direzione a convocare al più presto possibile il Congresso senza dover apssare attraverso il filtro del Consiglio Nazionale e, di fronte all’atteggiamento non deciso della Direzione, avevano iniziato una campagna per la raccolta delle firme di base necessarie per portare avanti questa richiesta secondo le norme statutarie. La Direzione preferì invece ricorrere ad una decisione formalizzata dal Consiglio Nazionale. Secondo lo statuto allora vigente, l’organo dirigente del partito, direttamente eletto dal Congresso, era la Direzione, mentre il Consiglio Nazionale rappresentava soltanto l’istanza, consultiva e non permanente, di collegamento tra le federazioni e tra queste e la Direzione. A rigor di logica perciò la richiesta di Romita per investire direttamente la Direzione della responsabilità di convocare il Congresso era assolutamente corretta, tanto che l’atteggiamento dei dirigenti in quella occasione può esser considerato, anche su questo specifico episodio, un’ulteriore riprova dello stato d’incertezza che aveva investito il vertice socialista e che si rifletteva proprio nel momento in cui dovevano essere affrontati i problemi del partito, della sua linea politica e della sua dimensione organizzativa dopo la sconfitta elettorale. D’altronde la confusione sulle scelte operative conseguiva direttamente dalle incertezze sulla linea politica e rifletteva anche le questioni di organigramma, che da alcune parti venivano ritenute prevalenti, anche per la soluzione dei problemi più importanti derivanti dalla sconfitta elettorale. In questo senso non era del tutto fuori luogo che il timore nutrito dagli autonomisti nei confronti di una convocazione - 112 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ scossa Socialista, che si espresse subito sotto forma di mozione congressuale, ebbe tra i suoi principali ispiratori Riccardo Lombardi, Giovanni Pieraccini, Sandro Pertini, Fernando Santi, Vittorio Foa e Alberto Jacometti109. Essa non poteva comunque dirsi costruita sulla scorta di un congressuale passata attraverso il filtro del Consiglio Nazionale, anche perché l’utilizzo di questa sede avrebbe potuto costituire un’occasione per eventuali operazioni diversive dal Congresso, come ad esempio l’eventualità di un cambio di segreteria. Si trattava comunque di tentativi che rimasero al puro stadio delle ipotesi, tanto che anche Basso, introducendo i lavori del Consiglio Nazionale, doveva ammettere che “dopo la convocazione del CN, la Direzione ebbe modo di prendere contatto con tutte le istanze periferiche del partito e pertanto poté constatare che l’immensa maggioranza dei compagni è per il Congresso straordinario”. [LELIO BASSO: “Relazione al Consiglio Nazionale del 15/16 maggio 1948”, sunto in Avanti! del 16 maggio 1948]. Le due giornate del Consiglio Nazionale, a parte una discussione sommaria su alcuni temi relativi al Comisco ed alla Conferenza internazionale di Vienna, non fecero registrare un vero e proprio dibattito politico, che invece, con l’accordo di tutti, fu rinviato allo svolgimento congressuale. 109 La mozione di Riscossa Socialista, se si eccettuano appunto la pubblicazione del testo congressuale sull’Avanti! del 27 maggio 1948 ed un intervento successivo di Nicola Perrotti, si rivelò singolarmente avara di contributi al dibattito. Ma le intenzioni favorevoli ad un equilibrio diverso all’interno del PSI erano già espresse sia pure sotto altre forme. Per esempio, nel corso del dibattito in Direzione, che risente delle contraddizioni di fondo di quella fase, tanto Lombardi che Jacometti avevano cercato di delineare posizioni più articolate rispetto a quelle della sinistra, di Basso ed anche rispetto a quelle degli autonomisti. Inoltre fu proprio nei giorni del Consiglio Nazionale che Lombardi fece pervenire le proprie dimissioni dal direttivo del gruppo parlamentare socialista alla Camera. Di tali dimissioni non si sa molto per vie ufficiali, ma la stampa di allora colse in questo atto l’inizio di fatto del distacco politico di Lombardi dalla maggioranza della Direzione e l’avvio di un’esperienza autonoma che potesse prospettare una diversa collocazione nel partito. Il primo atto di manifestazione della nuova corrente è perciò la pubblicazione della mozione congressuale sul giornale del partito. Scritta, come pare, da Giovanni Pieraccini, con il contributo di altri componenti del gruppo, fu sottoscritta da Sandro Pertini, Riccardo Lombardi, Fernando Santi, Giovanni Pieraccini, Vittorio Foa, Alberto Jacometti, Andrea Fabbricotti e Cesare Lombroso. - 113 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ dibattito, critico ed autocritico, come sarebbe stato per le posizioni espresse dalla sinistra, da Basso e dagli autonomisti; possiamo dire anzi che essa era lo svolgersi, in termini pratici congressuali, di una percezione dello stato d’animo del partito, frustrato, deluso nelle aspettative, attaccato da destra per i supposti residui del fusionismo, ma anche considerato da sinistra, dal PCI, niente più che un comodo alleato su cui poter esercitare volta per volta forti e pesanti influenze110. Tale stato d’animo conduceva una parte non trascurabile dei quadri e dei militanti a subire il fascino deviante delle argomentazioni romitiane, un’altra parte a contestare apertamente sia l’operato della segreteria, sia l’influenza non indifferente che la sinistra più vicina alle posizione del PCI esercitava sulla linea politica del partito. Porre un freno a queste tendenze, incanalare in rivoli politici congruenti alla tradizione di classe del PSI l’area della protesta, fu il proposito più immediato dei promotori di Riscossa e, possiamo dire, anche il risul110 Cfr. ad esempio [PALMIRO TOGLIATTI]: “Considerazioni sul 18 aprile”, editoriale non firmato in Rinascita, n. 4/5, aprile-maggio 1948, il quale afferma: “L’azione conseguente del Fronte ha però una condizione essenziale, primordiale: l’unità delle forze che lo costituiscono, e per mantenere questa unità la stretta collaborazione tra comunisti e socialisti è prima di tutto indispensabile. Vi è un pericolo in questa direzione nel momento attuale? Sarebbe ingenuo e anche dannoso negarlo: è meglio guardare le cose come sono. La massa elettorale del partito socialista, meno legata alla organizzazione di partito e più eterogenea di quella comunista, ha subito ilo 18 aprile una notevole riduzione di cui fornisce la riprova il successo delle liste saragattiane. Questo è un primo fatto negativo, che rivela una frattura tra le forze più avanzate della democrazia e gruppi di lavoratori di ceto medio su cui ha avuto una certa presa la generale propaganda anticomunista, mascherata, questa volta, di socialismo riformista. L’altro pericolo è che in seno al partito socialista stesso si manifesti la tendenza a cercare un’uscita dalla situazione attuale non in un rafforzamento dell’unità dei partiti operai, ma in un’artificiale differenziazione, che oggi non si può ottenere se non scivolando verso posizioni di più o meno larvato anticomunismo”. - 114 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ tato più evidente conseguito dalla mozione centrista. Questo risultato non fu di secondaria importanza, se si considera la pesante delicatezza del momento socialista e se si considera soprattutto che la posizione che emergeva rappresentava, per la prima volta dopo molti anni, un’esperienza che rifiutava contrapposizioni e schematismi tradizionali per il movimento socialista: ciò che avveniva anche per il particolare contributo di coloro che, come Lombardi, Foa ed altri, avevano raggiunto la militanza socialista attraverso l’esperienza politica e culturale del partito d’azione e che, in questo quadro, tentavano di definire uno specifico socialista, che, almeno nelle premesse, fosse in grado di superare le vecchie antinomie. La preoccupazione maggiore che ispira gli uomini di Riscossa è infatti quella di definire il PSI non solo nel particolare momento politico, ma anche nella sua concezione di fondo, che è quella unitaria e di sinistra, inserita in un confronto col PCI sui maggiori temi nazionali ed internazionali. In conseguenza di questa impostazione, la mozione congressuale si pone su un livello diverso rispetto agli interlocutori interni ed esterni al PSI nella interpretazione del voto del 18 aprile, sia distinguendosi dalla posizione emersa nella Direzione ed anche da parte degli esponenti della sinistra, sia respingendo le argomentazioni sostanzialmente non unitarie ed in gran parte terzaforziste portate avanti da Romita e dagli autonomisti. In questo quadro, il voto del 18 aprile, diversamente dalle opinioni delle anime estreme del PSI, ma anche diversamente da quelle espresse dal PCI111, non è soltanto una scon111 cfr. l’intervista, citata, di Togliatti all’Unità del 22 aprile 1948: “Dappertutto, dove il successo delle liste del Fronte dipendeva da noi questo successo vi è stato, perché i comunisti si sono battuti con convinzione e - 115 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ fitta socialista, ma si ripercuote sull’intera sinistra e sulla classe lavoratrice in generale, di cui forte responsabilità hanno non solo i socialisti, ma anche il PCI, che nel corso degli ultimi mesi aveva rappresentato per la classe lavoratrice la guida e l’ispirazione principale; ed è al PCI in particolare che può essere indirizzata la critica che Riscossa muove a proposito dei comportamenti e dell’effettivo contenuto di classe della politica di sinistra in Italia. C’è stata in Italia – si legge infatti nella mozione – una deficiente politica di sinistra. Non si è saputo utilizzare l’entusiasmo delle forze popolari all’indomani della Liberazione per tradurlo in conquiste definitive. Tutto il moto della classe lavoratrice ha talora oscillato tra posizioni meramente agitatorie e compromessi corporativi con i maggiori gruppi industriali e finanziari. Nel gioco della lotta per i miglioramenti salariali non si è sempre stati capaci di avere presente la situazione generale, ma ci si è legati a rivendicazioni di categoria che in definitiva non rafforzavano la politica di alleanze tra i ceti medi, operai e contadini. Avrebbe dovuto essere questa, invece, la funzione del Fronte: quella cioè di rappresentare il momento di superamento di queste contraddizioni, il momento unificante della politica di alleanza tra i ceti medi, i contadini e la classe operaia, allo scopo di “trasportare la lotta politica dal vecchio piano di guerra ideologico tra partito e partito a quello della lotta di tutti i lavoratori uniti dal loro comune interesse, contro la minoranza capitalistica reazionaria, per le riforme di struttura”. senza esitazioni, mettendo al di sopra di tutto la causa delle democrazie e dell’unità popolare. Non vi è una sola delle nostre posizioni che sia stata espugnata dal nemico. Coloro che pensavano o pensano tuttora di poter schiacciare il comunismo in Italia sappiano che il comunismo, dopo il 18 aprile, si sente più forte di prima”. - 116 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Il motore fondamentale della posizione di Riscossa fu la forte esigenza di partire dall’affermazione della “alternativa socialista della neutralità e della pace”, che sul piano internazionale, “dinanzi agli aiuti americani ed alle vaste manovre e ai piani internazionali dei gruppi capitalistici” deve far prevalere la necessità della cooperazione economica tra le nazioni ed i popoli, sul piano interno deve affermare lo specifico unitario della classe che nasce dalle lotte e dalla forte pressione per le riforme di struttura, anziché venire indotta dalle condizioni di lotta tra le potenze sul piano internazionale. Questa posizione apre la via ad una critica serrata alla logica dei blocchi e si ricollega al tradizionale neutralismo socialista che, riaffermato negli anni ‘44/45, era stato notevolmente attutito nel corso degli esordi della guerra fredda. Era stato in particolare Lombardi, già fin dal suo discorso al Congresso dell’Astoria, ad entrare in maniera decisa e penetrante sul tema dei rapporti internazionali ed a sottolineare le differenti caratteristiche, qualitative e di rendimento, che il Fronte poteva assumere, a seconda che facesse derivare le proprie motivazioni – e quindi anche le linee della sua propaganda – da supporti di politica interna oppure internazionale. Ma era proprio dall’esistenza di questi supporti interni che Lombardi faceva derivare la necessità, per lo meno per il PSI, di ridefinire una posizione neutralista e di superamento dei blocchi, come terreno specifico di azione e di lotta socialista112 e come riferimento per definire una politica di ri112 Nel suo intervento al XXVI Congresso, Riccardo Lombardi aveva sviluppato una serrata polemica con ogni concezione che tendesse a far derivare le ragioni del Fronte da fatti internazionali, dalla spaccatura del mondo in blocchi contrapposti, dall’identificazione tra scelta nel campo di classe come scelta del campo sovietico. “Questo pericolo – affermava - 117 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ forme di struttura collegate alla cooperazione internazionale, di cui lo stesso Piano Marshall poteva in quest’ambito costituire un utile – e necessario – punto d’appoggio. Su queste basi Riscossa conduce la sua critica al processo di formazione e di svolgimento del Fronte. Esso infatti non è stato in grado di rappresentare il momenti unificante delle esigenze dei ceti progressisti del paese proLombardi – esiste. Ho già seguito il Congresso comunista e le deliberazioni che ne sono venute. Evidentemente il Partito comunista ha una sua storia, una sua posizione ed impegni internazionali altamente rispettabili. […] Le decisioni del nostro partito devono dare al Fronte Democratico un indirizzo non soltanto propagandistico, ma tutto un indirizzo politico, basato essenzialmente su problemi di politica estera, cioè su una determinata congiuntura della vita internazionale nella quale la grande democrazia russa è effettivamente minacciata di isolamento. […] Ma non penso che gli interessi della classe operaia e gli interessi obiettivi della ricostruzione in Europa; non penso che la politica del Fronte Democratico possano essere legati agli interessi necessariamente mutevoli della politica dell’Unione Sovietica”. Il problema nodale del Fronte era invece per Lombardi quello di definire innanzi tutto se stesso in rapporto alle proprie ragioni, alle pressanti domande di riforma che nascevano dal basso e che del Fronte dovevano costituire il momento unificante. “Se noi daremo al Fronte democratico della pace e della libertà e del lavoro scopi precisi, non programmi massimalistici, se noi ci prospetteremo problemi maturi […] e se noi impediremo che la politica del Fronte sia indirizzata a fini diversi dalle fondamentali riforme di struttura, il cui problema coincide con lo stesso problema dei nostri rapporti internazionali, noi avremo dato al Fronte democratico una potenzialità d’inserzione nella vita democratica del paese, un potere di attrazione dei ceti, un potere realizzatore tale, che allora potremo veramente contare sulla certezza della vittoria, o almeno su una ragionevole prospettiva di vittoria. Se invece noi sminuzzeremo il Fronte, assegnandogli scopi di agitazione per obiettivi che non sono realizzabili, o ne faremo un’arma per tradurre nel nostro paese gli urti di forze che agitano tutta l’Europa e tutto il mondo, allora lo devieremo dai suoi fini propri e ne faremo una creatura inerte e flaccida, la quale non rappresenterà che un ricordo di sconfitta anzi che di vittoria”. [RICCARDO LOMBARDI: “Discorso al XXVI Congresso, cit.] - 118 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ prio perché, risolvendosi quasi esclusivamente ad essere la composizione a mero livello elettorale di socialisti e comunisti, era fatale che l’opinione pubblica vi scorgesse l’influenza determinante del PCI e dei suoi legami internazionali: ed è soprattutto in questo ambito che la mozione di Riscossa critica l’atteggiamento del PSI nel Fronte, atteggiamento che in alcun modo aveva potuto corrispondere allo slogan bassiano “un forte Partito Socialista all’avanguardia del Fronte” ed a determinare uno specifico socialista nell’alleanza elettorale. Facendo leva sugl’insegnamenti della sconfitta del 18 aprile, il documento tenta poi di indicare l’azione che deve caratterizzare il PSI, inserendola ancora nella politica unitaria e riassumendola in quattro punti: l’ opposizione al governo, la difesa del tenore di vita dei lavoratori, la politica meridionalista, la difesa della pace. Su quest’ultimo punto, l’affermazione dell’esigenza di neutralità assoluta ed il rifiuto di concludere alleanze o blocchi di qualsiasi genere, oltre ad una presa d’atto del Piano Marshall [“in questa realtà viviamo e dobbiamo lottare perché gli interessi dei lavoratori non siano danneggiati e gli aiuti non si trasformino per noi in un permanente stato d’inferiorità e di subordinazione politica e militare”] portarono alla mozione di Riscossa accuse di opportunismo e di cedimento rispetto ai principi della politica unitaria, che pure la stessa mozione riproponeva con forza. Ci sono da fare, a questo proposito, alcune considerazioni. La prima è che assistiamo alla netta distinzione tra politica unitaria e politica del Fronte: non solo, ma a differenza di Romita che ne ammetteva ancora strumentalmente l’attualità, il Fronte viene criticato profondamen- 119 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ te per non aver rappresentato il nuovo, quella politica, cioè, d’attacco della classe lavoratrice e dei ceti progressisti contro la conservazione e contro il mantenimento delle vecchie strutture che l’adesione alla DC ed alle forze che la spalleggiavano rappresentava nella consultazione del 18 aprile. Per svolgere questo ruolo – l’abbiamo visto – il Fronte avrebbe dovuto il più possibile liberarsi dai condizionamenti partitici ed in particolar modo dal PCI, con tutto quello che il PCI rappresentava sul piano internazionale, pervenendo ad una nuova sintesi democratica che facesse, appunto, dell’unità progressista il suo momento determinante e si ponesse quale alternativa democratica e riformatrice alle forze della conservazione. Se invece lo stretto blocco elettorale PCI-PSI, come in definitiva si era ridotto ad essere il Fronte, si era posto su posizioni difensive e sul terreno di battaglia prediletto dall’avversario, cioè su quello della competizione internazionale tra mondo occidentale e mondo comunista, ciò voleva dire che era la formula del Fronte a dover essere riveduta e, se del caso, abbandonata, non però quello della politica unitaria della classe lavoratrice. In secondo luogo Riscossa Socialista – o per lo meno la sua parte più consapevole, ché molte furono le aggregazioni e non sempre tutte controllabili – sviluppò la sua argomentazione e poi anche la sua azione politica prendendo l’avvio principalmente dalle motivazioni e dalle esigenze della sinistra nel suo complesso. L’approccio a questa concezione viene vissuto tuttavia in termini diversi sia da Basso, sia dagli altri esponenti della sinistra da Morandi a Nenni. Basso infatti poneva il rapporto unitario – ed al tempo stesso competitivo – a sinistra sostanzialmente come un tentativo, anche fortemente argomen- 120 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ tato dal punto di vista teorico, di rovesciamento dell’ egemonia, da quella del PCI a quella del PSI, sull’intero campo della sinistra rivoluzionaria, in cui la posizione sottilmente antileninista del segretario del PSI veniva sostenuta da esigenze provenienti da analisi e da indicazioni pratiche giudicate più idonee per la sinistra italiana, in quanto inserita in un modello di tipo occidentale. Per Nenni e per gran parte della sinistra, invece, i presupposti dell’unità risentivano fortemente dalle motivazioni della politica internazionale, in cui caratteri d’emergenza finivano per accostare tutta la sinistra, socialisti compresi, all’esigenza di trovare sostegni alla difesa dell’Unione Sovietica, in ciò vanificando quel tanto di neutralismo che Nenni soleva esprimere nei suoi discorsi, ma che, in questo contesto, finiva per ritrovarsi subalterno alla politica comunista. Abbiamo visto invece che, per Riscossa, le radici del prevalere delle esigenze unitarie della sinistra sulla stessa logica del PSI intesa in senso stretto stanno nel carattere nazionale delle richieste e delle spinte della classe lavoratrice e della collocazione di queste in un ambito prevalentemente riformatore. Ciò che consentiva, soprattutto a Lombardi, di ipotizzare nuovamente una caratterizzazione più decisa del PSI, non tanto per la sua forza numerica, quanto le la caratterizzazione delle sue idee e, di conseguenza, delle sue ragioni politiche. 3. Le posizioni della sinistra L'avvio congressuale della sinistra, per doversi caratterizzare non in seguito a posizioni critiche precostituite, come per Romita, o a posizioni che comunque scaturivano largamente dallo stato del partito, come per Riscossa, - 121 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ fu indubbiamente più faticoso e maggiormente determinato da contraddizioni ed incertezze, condizioni queste che non mancarono di ripercuotersi negativamente anche sull'esito del Congresso. Gli uomini della sinistra, infatti, per la loro opzione in favore delle liste unitarie del Fronte e per la gestione, discutibile e discussa, della campagna elettorale (Basso, con tutte le sue riserve, era pur sempre uomo a sinistra) costituivano il bersaglio principale di ogni polemica, interna o esterna al partito. Il procedere di questa posizione, pertanto, come si è potuto osservare anche nella condotta tenuta dai suoi esponenti in Direzione, non poté essere affatto lineare, tanto che i contrasti tra gli uomini più rappresentativi, la necessità di dover ripiegare su posizioni difensive, oltre la naturale reazione al risultato elettorale, determinarono le premesse per una gestione della fase congressuale incerta e non sufficientemente caratterizzata per quanto riguarda l'analisi della sconfitta e le proposte per una risoluzione della crisi socialista. Sul piano del contributo al dibattito, comunque, più che al testo della mozione113, i cui contenuti non presentavano novità rilevanti e la cui forma era quella classica, vagamente apodittica, che è tipica in genere delle mozioni congressuali, vale la pena di ricollegarsi all'articoloappello che da Luigi Cacciatore e Rodolfo Morandi fu rivolto al partito, ma particolarmente ai vecchi militanti 113 La "Mozione di sinistra", che fu pubblicata sull'Avanti! il 5 giugno 1948 fu sottoscritta da Mario Berlinguer, Luigi Cacciatore, Giacinto Cardona, Giuseppe Casadei, Achille Corona, Giorgio Grazia, Domenico Grisolia, Foscolo Lombardi, Rosetta Longo, Lucio Luzzatto, Carmine Mancinelli, Giacomo Mancini, Pietro Mancini, Rodolfo Morandi, Giuliana Nenni, Gennaro Palumbo, Raniero Panzieri, Luigi Renato Sansone, Tullio Vecchietti, Massimo Severo Giannini, Elena Caporaso. - 122 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ della sinistra114 e che costituisce il documento più interessante prodotto da questo settore del PSI nel suo complesso, per quella occasione: ad esso perciò è opportuno rivolgersi per presentare un minimo di rivisitazione delle posizioni con cui questo schieramento, pur nella sua variegazione, affrontò il Congresso. L'impegno prevalente di Cacciatore e Morandi è quello di richiamare un deciso serrate le file di tutta la componente. La sua forza e la sua compattezza erano infatti messe seriamente in discussione sia dalle reazioni al risultato elettorale, sia dal passaggio silenzioso di molta base e dirigenza intermedia direttamente al PCI115, sia dalle incertezze sulla linea da seguire che, pur in diverse direzioni, venivano espresse da parte di uomini come Basso e Lizzadri; ma soprattutto il rischio maggiore era costituito dall'attrazione che su gran parte dei quadri veniva esercitata dalla posizione di Riscossa116. Fu perciò sostanzialmente in direzione di questa eventualità che, proprio con l'articolo-appello si voleva esorcizzare, Cacciatore e Morandi diressero prevalentemente le loro argomentazioni, cercando di operare un serio tentativo per prenderne le distanze, senza tuttavia lasciare il fianco scoperto alla critica più efficace che gli 114 LUIGI CACCIATORE - RODOLFO MORANDI: "Ai compagni di sinistra", in Avanti! del 1 giugno 1948, da cui sono state tratte le citazioni successive. 115 Si veda la testimonianza di Lizzadri in Il socialismo italiano, cit., pag. 86 116 Ancora nel volume di Lizzadri a pag. 89, ma soprattutto nello scritto di GIUSEPPE PERA: "L'alternativa socialista del PSI", cit. pag. 579 e sgg., in cui, al di là della violenta polemica di segno antimorandiano, l'Autore fornisce alcune testimonianze interessanti del clima esistente nel PSI dopo il 18 aprile e del movimento dei quadri, soprattutto della sinistra, verso il centro. - 123 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ uomini di Riscossa portavano avanti: la critica cioè ad una concezione dell'unità delle forze della sinistra, che lasciava il PSI del tutto subalterno alla politica dell'altro partner dello schieramento. Inutile sottolineare come questa fosse, sul piano congressuale, una delle argomentazioni più adatte per determinare un rovesciamento dei rapporti di forza a favore dei centristi. Perciò i due firmatari dell'appello, riconvertendo, soprattutto per quanto riguarda Morandi, alcune posizioni precedentemente espresse 117, dovettero appoggiare la loro analisi su alcuni aspetti della situazione che avevano prodotto il risultato del 18 aprile, più direttamente riferibili al quadro internazionale ed alle condizioni, quelle incipienti della guerra fredda, al cui interno i partiti della classe lavoratrice erano costretti ad operare. Su questo terreno la sinistra socialista non concesse niente al neutralismo lombardiano, anzi operò una scelta di campo sul piano internazionale ancora più marcata di quella espressa in sede di campagna elettorale: "le elezioni del 18 aprile - scrivono infatti i due esponenti della sinistra - vanno considerate come un episodio della lotta di classe che si svolge sotto la guida dell'imperialismo anglo-americano", lotta che si dilata fino ad assumere i contorni di un rinnovato scontro tra le forze popolari contro l'essenza di un nuovo fascismo, che stavolta coincide con le potenze occidentali, a cui lo schieramento internazionale della socialdemocrazia ha dato la propria completa adesione. Ritorna perciò l'esigenza morandiana di riconferire alla sinistra il compito di svolgere una politica di classe, al117 Cfr. RODOLFO MORANDI: "Questioni davanti al Congresso", in Democrazia diretta, cit., soprattutto per ciò che concerne il campo di reciproci rapporti tra PCI e PSI - 124 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ la quale tuttavia si finisce per fare riferimento con contorni del tutto modificati rispetto all'impostazione originaria. Il problema di indirizzo scaturito dalle elezioni non è propriamente quello dei rapporti tra PSI e PCI, rapporti che possono variare per ragioni di circostanze, senza incidere sulla direttiva generale di una politica di classe. É invece un problema di fondo, per cui occorre precisare pregiudizialmente la posizione che il partito intende assumere nella lotta intrapresa sul piano mondiale contro il comunismo. L'identificazione tra politica di classe e politica dell'Unione sovietica è perciò il nuovo punto di approdo della sinistra socialista o, per lo meno, degli esponenti che ne tracciano più autorevolmente la linea: è in definitiva l'accettazione della guerra fredda come asse portante della politica internazionale ed italiana e, sul piano delle conseguenze interne alla sinistra ed al PSI, rappresenta l'inizio di una fase nuova in cui si determina la prevalente identità delle posizioni socialiste con quelle comuniste. Fatta questa puntualizzazione, che ha valore estremamente fermo all'impostazione che da parte della sinistra si voleva ribadire con forza, non mancano poi alcune concessioni a spunti autocritici vero la condotta del partito nel confronto elettorale, anche con la denuncia di alcune manchevolezze del Fronte. Ma prima di queste, anche la di là delle energiche affermazioni circa la scelta di campo, restava per Cacciatore e Morandi l'esigenza di non lasciare appigli alla critica che le posizioni di Riscossa esprimevano: da qui la necessità di portare alcune delle posizioni più rigide ad un livello di compatibilità con le espressioni dello stato d'animo del partito e nel dibattito conseguente; e, per la stessa difficoltà di un attacco frontale a quelle posizioni che momentaneamente godevano - 125 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ di forte credito, si rendeva necessaria cercare una linea d'attacco diversa, individuandola in termini negativi nella critica che poteva essere rivolta alle posizioni di Romita. Sotto quest'aspetto ci sono nell'articolo di Cacciatore e Morandi alcune affermazioni estremamente restrittive che possono anche non essere riferite non esclusivamente, come invece poteva sembrare, alle posizioni degli autonomisti, ma tendono anche a mettere in guardia l'intero partito dai rischi che un'accettazione generalizzata ed acritica delle tesi di Riscossa avrebbe potuto comportare per l'intero PSI. Anche sotto questo particolare aspetto possono infatti essere interpretate queste affermazioni: … lo schieramento della socialdemocrazia nella coalizione anticomunista viene giustificato col pretesto di inserirsi come terza forza neutra nello sviluppo della lotta di classe sul piano dei rapporti internazionali: idea questa che si collega direttamente alla concezione corporativa, la quale pretende di superare la lotta di classe all'interno della nazioni. […] Il partito non deve indugiare nella ricerca di vie diverse da quelle che questa lotta [la lotta contro il fascismo e la reazione, n.d.a] si è aperte sviluppandosi in Europa e nel mondo … Ma non veniva sottovalutata anche l'esigenza di fare alcune parziali concessioni allo stato di necessità imposto dalla situazione del partito, più che da Riscossa, e per questo motivo Cacciatore e Morandi tracciano una critica alla condotta della dirigenza socialista e del PSI in generale nel periodo elettorale, volendo con questo significare un formale riconoscimento degli errori compiuti ed un tentativo d'imbrigliare in qualche modo l'azione di chi potrebbe "accaparrarsi l'orgoglio ferito del partito, il malcontento ed il risentimento che si sono diffusi nelle nostre file", ma al contempo sortendo, forse intenzionalmente, l'effetto di colpire anche chi di una tale condotta doveva - 126 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ esser ritenuto maggiormente responsabile, ossia il Segretario del partito Lelio Basso, personaggio assai scomodo anche per la stessa sinistra. Non diverso significato infatti può essere attribuito alle argomentazioni seguenti. L'asprezza della battaglia elettorale, le difficoltà insite in essa, sotto lo specifico aspetto dell'azione di partito, hanno scoperto gravi debolezze che noi tutti siamo impegnati a riparare. É indispensabile rafforzare la disciplina, che ha subito, per cause diverse, una continua corrosione nei suoi elementi fondamentali di rottura e di coerenza politica. Tali elementi non devono essere avviliti dall'opportunismo dei militanti e dal trasformismo dei dirigenti. É necessario rinsaldare la compattezza ideologica del partito, dopo che si sono manifestati nella recente campagna elettorale cedimenti pericolosi ed una insufficiente capacità di reazione alle insidie che ad essa venivano tese. I militanti devono essere chiamati ad esercitare più vigile controllo sui quadri, non indulgendo a debolezze quando si manifesti, per qualsivoglia ragione, una tendenza a cedere alle manovre di aggiramento che svolgono i nostri avversari. Infine si richiede che sia accresciuta l'efficacia organizzativa, intraprendendo in primo luogo l'azione più energica per spezzare incrostazioni di clientele e gli interessi personalistici, che sono cause principali di rilassamento. É da ritenere abbia dato risultati nel loro complesso negativi il sistema di sovrapporre quadri centrali, troppo sovente impreparati, a quelli locali. Le federazioni devono essere assistite dagli organi centrali, sovvenendole di quei mezzi d'informazione, di propaganda, di sempre migliore qualificazione nel lavoro di partito di cui non possano direttamente disporre. Ma in nessun caso devono essere ridotte a meri compiti di esecuzione, il che finisce alla lunga per atrofizzarle. Riguardo a questi punti, tuttavia, può essere utile fare alcune precisazioni ulteriori che attenuino certe possibili schematicità di giudizio. Se infatti, di fronte alle oggettive difficoltà che la sinistra aveva a riproporre a cuor leggero, non tanto la politica del Fronte, quanto la tattica delle liste unitarie, un esponente come Oreste Lizzadri, - 127 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ che da lungo tempo aveva legato il suo nome alle battaglie più decise della politica di alleanza col PCI, fino ad essere considerato il leader della tendenza fusionista, poteva permettersi di affermare che … una sinistra all’interno del PSI, maggioranza o minoranza, deve sostenere il potenziamento del FDP [Fronte Democratico Popolare, n.d.a.], il funzionamento attivo del patto d’unità col PCI, lo sviluppo degli organismi di massa, [e che] perché tale funzione si esplichi è pregiudiziale l’affermarsi di una sinistra qualificata, coerente e compatta, ed è ovvio che una tale sinistra non può scaturire da un compromesso, anche se ben congegnato su formule e su alcuni esponenti …118, nondimeno rimane abbastanza materiale di riflessione sul fatto che, da parte di Cacciatore e Morandi si registri, sì, un certo attutimento riguardo ad un rapporto più stretto col PCI, ma che questo attutimento rimanga su un piano prevalentemente formale, mentre i contenuti del discorso sono tali da far garantire la prosecuzione – e finanche l’accentuazione – dell’originaria impostazione della sinistra. Su due punti, in particolare, occorre a mio avviso volgere l’attenzione. In primo luogo alla critica della gestione elettorale: se infatti questa non può essere considerata solo un’autocritica, ma soprattutto essa viene determinata anche da una serie di appunti rivolti a Basso ed al metodo che dall’aggancio teorico bassiano direttamente derivava, è allora utile considerare anche che i nuovi richiami che Morandi rivolgeva per determinare nuovi e più larghi momenti di responsabilità nella funzione organizzativa e per collegare l’azione e l’elaborazione politica 118 ORESTE LIZZADRI: “Intervento alla Tribuna del Congresso” in Avanti ! dell’8 giugno 1948 - 128 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ all’azione di massa, costituiscono le premesse da cui sorgerà il lavoro teorico e pratico dello stesso Morandi, premesse che egli svilupperà fino a rivolgerle in termini di messaggio al Convegno giovanile di Modena del 1950 (quando cioè la sinistra avrà ripreso il pieno controllo del partito e sarà già avviato il processo morandiano di riconversione119), attraverso l’acquisizione, “ideologicamente, senza riserva alcuna […] del leninismo come interpretazione e sviluppo del marxismo”120. In secondo luogo nessun equivoco può esser fatto sull’approccio internazionale, soprattutto in contrapposizione con Lombardi, per gli effetti di valutazione e poi di pratica politica che esso produce. Nell’analisi lombardiana infatti, che rimaneva ancorata ad una visione del mondo in generale e della politica interna in particolare in cui la lotta tra i blocchi doveva essere considerata solo come un capitolo della storia diplomatica e militare, i destini della lotta di classe avevano prevalentemente sviluppo nelle singole nazioni, pur inquadrati in un generale contesto europeo, e così si veniva a superare un concetto deviante dell’internazionalismo, riferito semplicisticamente all’accettazione della natura socialista dell’Unione Sovietica e del ruolo socialista di questa nell’azione internazionale. L’analisi di Cacciatore e Morandi invece, più 119 L’opera politico-organizzativa intrapresa dal PSI a partire dal 1949 sotto la spinta di Morandi viene chiamata “riconversione”, anziché “rinnovamento” o “ristrutturazione” da ALBERTO BENZONI – VIVA TEDESCO in Il movimento socialista nel dopoguerra, Padova 1968, pag. 88, con motivazioni del tutto condivisibili. 120 RODOLFO MORANDI: “Le ragioni e gli obiettivi della nostra politica unitaria”, discorso tenuto al Convegno nazionale dei giovani socialisti di Modena (13/16 aprile 1950), ora in RODOLFO MORANDI: La politica unitaria, Torino 1975, pag. 58, da cui è tratta anche la successiva citazione. - 129 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ rigida, ma realistica ed immanente rispetto alle forze in gioco, parte da una concezione dello scontro di classe che avviene in una dimensione internazionale e coincide nella sua interezza con lo scontro tra i blocchi. Ciò significa che la scelta di un campo di lotta deve necessariamente comportare la scelta di un blocco: all’interno di questa logica, per immediata esigenza tattica, potevano anche restare non definite alcune forme della collaborazione unitaria, ma non sussistevano margini per interpretazioni equivoche ed incomplete della direzione politica. E, se la concezione unitaria di Lombardi presupponeva pur sempre una leadership socialista (non dal punto di vista della prevalenza di partito, ma dei con tenuti della politica socialista), in Morandi e nella sinistra veniva via via affermandosi quella tendenza in cui la politica unitaria sarebbe stata definita “se mai sul piano delle identità e non sul piano delle differenze”. 4. I problemi di fronte al Congresso Le questioni che si ponevano davanti al Congresso non erano perciò né semplici né schematicamente definibili. Sul versante della sinistra – abbiamo visto – avevano larga presa quelle motivazioni di politica internazionale che riconducevano la sostanza dello scontro politico e di classe che avveniva in Italia alla dimensione internazionale dei problemi, alla fase ormai in pieno svolgimento della guerra fredda, alle considerazioni sulla natura socialista dell’URSS ed alle posizioni che, in questo quadro, l’influenza del PCI induceva su settori abbastanza larghi del Partito socialista. - 130 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ La lettera di Morandi e Cacciatore, prima, la mozione della sinistra, ma anche altri interventi successivi, come ad esempio un opuscolo-documento di Raniero Panieri e Giacinto Cardona edito proprio in occasione del Congresso o la dichiarazione dei giovani socialisti di sinistra121 sono estremamente indicativi a questo proposito, tanto che le esplicitazioni verbali finiscono per non differire nello stesso tipo di linguaggio adottato. Se infatti Cacciatore e Morandi, quest’ultimo definito “inquisitore e teologo del partito”122, si riferiscono come abbiamo visto ad una “lotta di classe che si svolge sotto la guida dell’imperialismo anglo-americano”, Panzieri e Cardona riconducono il dibattito interno al PSI alla “più vasta lotta che la classe lavoratrice europea conduce sia all’interno 121 Il documento di Panzieri a Cardona ha come titolo Aut Aut ed è edito a cura dell’Istituto di studi socialisti, a capo del quale era Morandi, con la collaborazione di Ruggero Amaduzzi, Raffaele Di Primio, Giorgio Fenoaltea, Massimo Severo Giannini, Giacomo Mancini, Vincenzo Milillo, Giorgio Montalenti, Giulio Pietranera, Emanuele Rienzi. Distribuito in occasione del Congresso, ne esiste anche una sintesi pubblicata sull’ Avanti ! a firma e.r. (Emanuele Rienzi) il 26 giugno 1948, col titolo “Una lotta che trascende il partito: aut aut ai collaborazionisti”. Il secondo documento, pubblicato sulla tribuna congressuale del quotidiano socialista, anch’esso il 26 giugno e si apre con questa premessa: “Alla vigilia del XXVII Congresso un gruppo di giovani compagni della mozione della sinistra nazionale, ritenendo che essi costituiscano la piattaforma permanente della politica socialista e che ogni compromesso, significandone l’abbandono, porterebbe il partito su posizioni socialdemocratiche, facendone un nemico della classe operaia …”. É espressione di esponenti del Movimento giovanile e porta le forme, tra gli altri, di Carlo Badini, Walter Briganti, Venerio Cattani, Libero Cavalli, Carlo Crescenzi, Bruno Di Pol, Sergio Garavini, Giorgio Granzotto, Mario Livigni, Libero Lizzadri, Marisa Passigli, Roberto Palleschi, Franco Pedone, Sandro Petriccione, Carlo Polli, Gianni Savoldi, Giulio Scarrone, Dario Valori, Aldo Venturini. 122 La definizione è in L’Italia Socialista, giornale ispirato dal PSLI, del 2 giugno 1948: “Nettamente autonomista la mozione dei sindacalisti del PSI”, non firmato. - 131 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ che all’esterno del tentativo di ricostruzione capitalistica, guidata dalla centrale monopolistica americana”123 e fanno propria l’identificazione del campo orientale con lo schieramento della classe lavoratrice e del socialismo realizzato. La distinzione tra i blocchi – essi affermano – … non ha origini militari o strategiche, ma costituisce uno stadio dell’incalzante processo di sviluppo della società. […] La formazione delle Democrazie popolari nell’Europa danubiano-balcanica ha già mostrato le prodigiose capacità di realizzazione delle forze produttive liberate dai vincoli delle vecchie strutture. Non è stato l’intervento russo a costruire le nuove Democrazie popolari: la presenza della Russia sovietica ha solo favorito lo spontaneo processo di sviluppo di quei popoli, isolando le oligarchie parassitarie indigene dalla solidarietà del capitalismo mondiale e togliendo così ad esse ogni forza di sopravvivenza. In tal modo in questi Paesi la lotta contro il fascismo e il movimento anti-imperialista per l’indipendenza nazionale si sono coerentemente sviluppati nella costruzione di un’economia socializzata.124 123 e.r. (EMANUELE RIENZI): “Una lotta che trascende il partito”, cit., sintesi del documento di Panzieri e Cardona. 124 RANIERO PANZIERI – GIACINTO CARDONA: Aut aut, cit., pag. 6. Si legge tuttavia, nell’impostazione panzieriana, un tipo di preoccupazione che non può essere del tutto liquidata come rigido portato della guerra fredda. Alle conseguenze di questa è logico riferirsi nell’adesione al blocco sovietico come blocco di classe, ma, sia pure in questa logica, è da considerarsi rilevante la concezione dei compiti riservati alla classe lavoratrice italiana, per la quale si pensa di superare la concezione strettamente difensiva che caratterizzava le impostazioni del PCI, della sinistra socialista e dello stesso Morandi. Pur richiamando la classe lavoratrice italiana ad operare “sul terreno reale dei contrasti di classe contemporanei, sul fronte internazionale”, Panzieri e Cardona hanno netta la percezione della necessità di collegare, come contenuto reale di lotta, all’azione internazionale anche un’azione nazionale, “coordinata e decisa in tutti i settori minacciati: nella lotta per difendere l’esistenza degli organismi produttivi, nella lotta per attuare l’esigenza democratica in forme dirette che neutralizzino la monopolizzazione in atto delle vecchie istituzioni”. Questa azione, che prefigura la conquista di momenti di lotta sempre più avanzati e quindi la necessità di agire in maniera organica e - 132 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Analogamente, nell’appello rivolto al partito dai giovani socialisti “alla vigilia del congresso”, la logica politica internazionale, all’interno della quale ancora una volta si considera tutto il processo politico così come si svolge anche nel nostro paese, viene ricondotta ad un’alternativa tra “l’offensiva del capitalismo, che è portatore per tutti i popoli di negazione di civiltà” e, “accomunati nella stessa lotta, i popoli della Russia sovietica e delle Democrazie popolari – che difendono le realizzazioni della società socialista – e, in tutti gli altri paesi, compresa l’America, tutte le altre forze per le quali la libertà è condizione di vita”.125 coordinata nell’ambito di una domanda di trasformazione e di rinnovamento, che “porterà inoltre a convergere gli sforzi di tutte le categorie sane del Paese”, è “azione veramente nazionale” ed è “un’azione rivoluzionaria” e quindi “lungi dall’essere un’azione puramente difensiva, è un’azione di avanguardia”. [Le citazioni ancora dal saggio di cui sopra, a pag. 14]. Sembra di rintracciare, in nuce, tutte le premesse per la successiva elaborazione panzieriana al di fuori del PSI. 125 Dal documento dei giovani socialisti citato nella nota 121. Tutto il complesso dell’analisi del quadro internazionale che si ricava dalla lettura di questi testi, compresa la lettera di Cacciatore e Morandi e la Mozione della sinistra non si discostano sostanzialmente, come già osservato, da quella espressa dal PCI, così come è possibile ricavare anche da quanto Togliatti affermava ancor prima delle elezioni. “Gli Stati Uniti – egli scriveva infatti – non nascondono più a nessuno quali sono gli scopi immediati della loro azione politica in Europa. Col pretesto della lotta contro il comunismo essi vogliono imporre alle nazioni dell’Europa occidentale il ritorno a regimi reazionari che impediscono qualsiasi forma di trasformazione sociale nell’interesse dei lavoratori, qualsiasi misura contro i privilegi del grande capitale monopolistico. […] La cosiddetta Europa Occidentale dovrebbe diventare, attraverso questa degenerazione reazionaria, una solida base di guerra per la politica di provocazioni e d’avventure che è quella degli attuali dirigenti della politica americana. Alcuni stati dell’Europa sono stati già obbligati a formare un’alleanza militare; il governo italiano […] ha rinviato sinora la sua adesione a questo blocco di guerra, unicamente perché sapeva che, se vi avesse aderito sarebbe stato travolto dall’opinione pubblica del Paese. […] Il voto del - 133 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Sull’altro versante, il versante degli autonomisti, queste prese di posizione non sono ovviamente condivise, in particolar modo perché si stenta a dare giudizi, non tanto a favore della natura socialista dell’Unione Sovietica, sulla quale comunque si nutrivano fortissimi dubbi, quanto in riguardo ai rapporti che nei paese dell’Est si erano sviluppati tra comunisti e socialisti. Si può ben continuare a sperare – affermava Guido Calogero – che quella tendenza verso la dissoluzione del socialismo nelle nazioni dell’Europa orientale, la quale è senza dubbio in atto, si arresti ad un certo punto e s’inverta, e che lo spirito della democrazia politica comici prima o poi a fiorire nella stessa Russia sovietica, venendosi a integrare e a rendere più vere le grandi conquiste sociali che intanto vi sono state compiute. Per questo non bisognerà mai rompere i ponti in nessuna direzione, ma anzi intensificare i rapporti: il socialismo deve sempre stare accanto al comunismo, proprio per farlo a poco a poco crescere alla sua altezza. E il fatto che quest’ultimo debba accorgersi che al di fuori dell’area in cui opera l’Armata Rossa essa non può sperare di affermarsi attraverso la legalità se non trasformandosi in socialismo democratico, avrà probabilmente efficacia determinante per una più propizia soluzione futura delle cose. Tuttavia, finché la situazione resterà quella che è adesso, noi non potremo non guardare verso ogni forma di compressione autoritaria del socialismo con la stessa preoccupazione che vive nel cuore degli innumerevoli compagni del socialismo democratico europeo. La solidarietà con questi compagni non dovrà mai essere spezzata, se veramente ci stanno a cuore pace, giustizia e libertà.126 Si confrontano perciò due concezioni che sono antipodiche rispetto all’analisi e, di conseguenza, anche rispetto alla proposta politica: l’una, come abbiamo visto, 18 aprile deciderà”. (PALMIRO TOGLIATTI): “Fascismo e guerra”, editoriale non firmato in Rinascita, n. 3 del marzo 1948, pag. 91 126 GUIDO CALOGERO: “Presente e avvenire del socialismo”, in Per il socialismo, cit., pag. 9 - 134 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ fortemente influenzata dalla tematica comunista, e questa riferita più alla solidarietà internazionale con l’Unione Sovietica che alle posizioni interne, che del resto Togliatti esprimeva con molta prudenza127; l’altra invece che non poteva sfuggire al rischio di ripercorrere i motivi classici delle posizioni socialdemocratiche, con le intuizioni che la socialdemocrazia offriva sul piano dell’analisi e della polemica politica, ma anche per le possibilità di essere attratti nell’orbita filoamericana che una tale posizione finiva per comportare. Su questi temi Riscossa tentò, però con esiti poco uniformi e alla fine non positivi, di presentare una sintesi che fosse unificante per tutto il partito. Le premesse di analisi della situazione mondiale ed europea da cui Riscossa partiva potevano essere considerate oggettive e corrette, quanto alla volontà ispiratrice; per certi versi furono anche anticipatrici di un certo modo del tutto socialista di concepire i rapporti internazionali, come si sarebbe affermato soprattutto negli anni successivi, dopo la prima metà degli anni cinquanta: ne ho parlato in precedenza. Ma le conseguenze di questa impostazione, o non risolvevano, come per esempio in Pertini, in termini dialettici il problema dei rapporti col PCI128, o si riducevano a 127 Una testimonianza della prudenza del leader comunista sulle questioni interne è anche in (PALMIRO TOGLIATTI): “Considerazioni dopo il 18 aprile”, cit., editoriale non firmato, in cui la polemica svolta sul piano interno era tutto sommato abbastanza corretta nei confronti della DC e dei suoi alleati, non senza qualche frecciata, come si è visto, contro possibili degenerazioni antiunitarie che avrebbero potuto presentarsi nel PSI in dipendenza del risultato elettorale. 128 Si veda a questo proposito il resoconto del discorso di Pertini al Congresso provinciale di Genova riportato in Avanti ! del 24 giugno 1948, col titolo: “Sola autonomia: la coscienza di classe”. Si veda anche - 135 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ presentare al dibattito politico una serie di affermazioni, che potevano essere scambiate per formulismo, se ad esse non venivano collegate ipotesi di azione socialista nel particolare momento politico. La nostra funzione – affermava ad esempio Giovanni Pieraccini – la funzione di socialisti moderni che hanno di fronte l’enorme problema dell’esistenza dell’URSS e dei partiti comunisti è quello di riuscire a salvare, nella propria azione, lo schieramento democratico, altrimenti irrimediabilmente fratturato, rappresentando per gli uni la garanzia del rispetto dei metodi democratici e per gli altri la garanzia del superamento dell’assurdo anticomunismo.129 Questa impostazione di mediazione fu bersaglio di tutte le polemiche, tuttavia Riscossa non rinunciò ad esercitare una propria funzione mediana sui residui argomenti che più pressantemente si manifestavano all’ordine del giorno del Congresso, segnatamente quello del mantenimento del Fronte e del Patto d’unità d’azione e, dall’altro versante, quello della problematica inerente alla riunificazione delle forze socialiste in un unico partito: questioni interdipendenti, ma che, nella polemica congressuale, venivano considerate separatamente. Cacciatore e Morandi, nella loro lettera, pongono, come si visto, con rigore il problema dei rapporti col PCI: se infatti questi “possono variare per ragioni di circostanze, senza incidere sulla direttiva generale di una politica di classe”, per cui “nessuno può pretendere di prevedere quali potranno essere nei suoi sviluppi le forme più apl’intervista rilasciata dallo stesso Pertini al quotidiano La Repubblica dell’11 giugno 1948. 129 “I centristi non faranno blocco e aspirano al potere”, intervista a Giovanni Pieraccini di Antonio Spinosa in L’Italia Socialista del 17 giugno 1948. - 136 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ propriate della politica del Fronte”, nella apparente concessione delle parole, la coerenza ideologica con cui viene sviluppata l’analisi non lascia più adito a dubbi sul tipo di relazioni che i due esponenti socialisti auspicano all’interno della sinistra, tanto che la successiva mozione congressuale, anch’essa comunque con una certa cautela, ribadisce la necessità della continuità del Fronte e la sua permanente validità, non potendosi alla sua esistenza e formazione ricondurre le cause della sconfitta. Sorto con una motivazione che oggi ancora si conferma incontrastabilmente valida, per contrapporsi all’attacco della reazione clerico-capitalista, il Fronte non poté realizzarsi in tutta la sua pienezza, ma rimase allo stato di cartello elettorale, venendo attuato in verità solo imperfettamente anche sotto questo aspetto. Non sfugge comunque al Congresso come la causa principale dell’insuccesso del Fronte sia da ricercarsi nell’inaudita violenza con cui si è spiegata la controrivoluzione in tutto l’Occidente europeo sotto la guida dell’imperialismo americano.130 Cauto anche il dispositivo della mozione congressuale, col quale si … affida al nuovi organi direttivi del Partito di realizzare la politica di alleanza delle forze popolari e democratiche imprimendo a tali alleanze la sua fisionomia inconfondibile radicata nell’idea e nel metodo democratico. In base a tale direttiva dovranno essere regolati i rapporti col Partito comunista per assicurare efficacia non soltanto formale al patto d’unità d’azione, e con le altre forze democratiche aderenti al Fronte, il quale dovrà evolvere verso le forme più appropriate alle condizioni obiettive e ai nuovi sviluppi della lotta politica [il corsivo non è nel testo], in vista di acquistare forza propulsiva sempre maggiore nel paese. 130 Questo e quello successivo sono brani tratti dalla “Mozione della sinistra”, cit. che fu pubblicata in Avanti! del 5 giugno 1948 - 137 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Ci sono da notare, in questi passi della mozione di sinistra due punti principali. Da una parte, la sottile, ma non deposta polemica nei confronti di Basso, per la cui responsabilità il Fronte non era stato in grado di mantenere le sue premesse e sotto la cui guida il PSI aveva espresso tante incertezze e tante titubanze operative ed organizzative, una posizione questa che richiama anche gli apprezzamenti negativi espressi precedentemente da Cacciatore e Morandi; dall’altra parte, la tendenza verso tentativi di elasticità e di adattamento nella politica del Fronte, il cui obiettivo era quello di indebolire alcune punte della argomentazioni di Riscossa. Ma il processo non era indolore. Si è già accennato ad alcuni irrigidimenti di Lizzadri, il quale ha modo di precisare con estrema puntigliosità il suo angolo di visuale in due interviste rilasciate alla stampa, delle quali una risulta particolarmente acida nei confronti dei suoi compagni di sinistra. Il fatto che l’intervista sia stata pubblicata il 30 maggio131, che la lettera di Cacciatore e Morandi sia del 1° giugno e che la mozione sia stata pubblicata solo alcuni giorni più tardi può essere significativo di un dibattito animato, o per lo meno di divergenze e di insoddisfazioni tra i maggiori esponenti della sinistra. Ad esempio, alla domanda del giornalista che chiede notizia se tra i firmatari ci fossero, oltre Lizzadri stesso, anche Nenni, Basso, Morandi e Cacciatore, l’ex segretario della CGL così risponde: Nel giro di pochi giorni l’Avanti! pubblicherà la mozione che lei chiama di sinistra, ma essa non porterà come firmatari i nomi che ha ora elencati. […] Una 131 ORESTE LIZZADRI: “Contro tutte le tendenze purezza dell’area frontista”, intervista a cura di Antonio Spinosa in L’Italia Socialista del 30 maggio 1948, da cui è tratta anche la citazione successiva. - 138 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ mozione di sinistra è fatta solo a condizione di riaffermare, senza mezzi termini, la politica del partito in formule chiare e oneste. Per esempio così: patto d’unità d’azione, sì; fronte popolare, sì; unità sindacale; autonomia del partito, sì, ma non a chiacchiere. […] Perché il partito sia effettivamente autonomo è necessario dargli una linea diritta e sicura come questa Direzione non ha saputo, o non ha voluto, dargli. É necessario rafforzare la sua organizzazione e migliorare i quadri nello spirito della tradizione del vecchio PSI. Non basta proclamare che si è costituito un apparato, quando si vuole che l’apparato risponda ad esigenze personali e non di partito. […] Perché la base si convinca che la mozione della sinistra risponde alle esigenze di quei compagni che sono orientati a sinistra e non le giudichi il frutto del solito compromesso, essa deve portare […] le firme di coloro che da quattro anni si battono onestamente e coerentemente per una politica di sinistra, come Tolloy, Casadei, Sacconi, Gaeta, Grisolia, Mancinelli132 e altri. Infine, alla domanda se l’operazione tentata da Nenni, Basso, Morandi e Cacciatore fosse da considerarsi “definitivamente una pseudo-sinistra”, Lizzadri non aveva esitazioni nel rispondere : “definitivamente!” Tali temi, in maniera meno schematica e più argomentata, Lizzadri stesso aveva poi occasione di riprendere anche successivamente, nel suo intervento, già menzionato, alla Tribuna congressuale dell’Avanti! l’8 giugno, ed anche in una successiva intervista nella quale precisava di nuovo il suo pensiero riguardo al Fronte Il Fronte – affermava - è sorto nei suoi organismi popolari: consigli di gestione, costituente della terra, ecc., come necessità istintiva delle masse di crearsi nuovi organismi democratici di lotta, per operare nell’interno stesso delle strutture economiche e delle strutture democratiche. Il corso della lotta politica nei 132 Si tratta dei nomi dei più noti fusionisti, per alcuni dei quali era forte il sospetto della doppia tessera col PCI. Su Mancinelli in particolare si confronti quanto affermato in GIORGIO AMENDOLA: Lettere a Milano, pag. 98 - 139 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ mesi immediatamente precedenti le elezioni ha dimostrato che la politica del FDP era l’unica possibile dinanzi all’organizzazione di tutte le forze capitalistiche e reazionarie italiane. E senza l’intervento aperto e massiccio di fattori estranei alla competizione nazionale, quali l’intervento di una potenza straniera e del Vaticano, il terrorismo religioso, ecc., il Fronte poteva conseguire anche sul piano elettorale un successo adeguato. La formazione di un organismo che, come il FDP, raccogliesse le forze popolari e progressiste del paese, se si dimostrò necessaria prima delle elezioni, oggi, dopo l’esito del 18 aprile, per cui un partito tenta di innestarsi nella vita politica nazionale come un partito-regime, è indispensabile e urgente. Il PSI non può ignorare ciò e deve agire in conseguenza. Fedele a se stesso e alla politica seguita dalla liberazione in poi e riaffermata in tutti i congressi, il PSI non soltanto deve consolidare la sua alleanza col PCI, ma deve, attraverso il miglioramento della propria organizzazione e dei suoi quadri, rendere effettivo il programma del XXVI Congresso: un forte Partito socialista all’avanguardia del FDP.133 Contro la politica del Fronte, così come si era estrinsecato nella campagna elettorale, ma anche come era stata concepita fin nei suoi primordi, avevano invece buon gioco quanti, schierati nel filone autonomista, ne sottoponevano a critica serrata gli stessi presupposti ideologici. Se infatti, come si afferma nella mozione autonomista “Per il socialismo”, “il più grave sbaglio è stato quello per cui l’impostazione del Fronte non ha saputo differenziarsi dalla prospettiva comunista, dando così buon gioco alla propaganda avversaria”134, non è men vero che dal nuovo atteggiamento che il PSI dovrà tenere nei confronti del Fronte deriva un’implicita critica di fondo a tutto lo svolgersi della politica unitaria delle sinistre, sempre oscillante tra interpretazioni offensive o difensive, ma comunque 133 ORESTE LIZZADRI: “Intervista” a cura di Elio Mastracchi in La Repubblica, del 13 giugno 1948 134 Mozione “Per il Socialismo” in Avanti! del 3 giugno 1948 - 140 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ rivolta a cementare una unità d’azione che scaturiva da un comune denominatore nell’analisi della società nazionale ed internazionale e nel comune riferimento classista. Tale atteggiamento, afferma la mozione, … non potrà non essere preciso e differenziato. Ci sono infatti esigenze come la comune difesa dei partiti contro l’eventualità di una politica provocatoria di Governo che tendesse a mettere fuori legge qualunque organizzazione che rispetti la norma democratica e la tutela del diritto civile di sciopero e della libertà sindacale. In vista delle quali sarebbe assurdo non tener ferma la solidarietà di tutte le forze di sinistra. Questa solidarietà non deve però cancellare il carattere proprio dell’azione che ogni partito è chiamato a svolgere nell’interesse comune. Da tale punto di vista il PSI non deve lasciare alcun dubbio che il fine a cui esso mira non è quello dell’instaurazione di un regime a partito unico, bensì quello proprio del socialismo democratico, il quale, nel rispetto delle fondamentali libertà e dell’insopprimibile diritto all’ esistenza dell’opposizione, attuerà quelle riforme di struttura, anche rivoluzionarie, che il Paese chiede, senza né attendere né provocare spostamenti di forze sul piano mondiale che presupporrebbero la guerra.135 Tale concezione, che relega la funzione del Fronte ad occasioni meramente ed episodicamente difensive, è più volte ripresa nelle argomentazioni degli autonomisti e nelle interviste che essi concedono, in gran numero, alla stampa che seguiva le vicende del Congresso socialista.136 Si comprende bene che , in questa ottica, gli autonomisti potessero pensare sempre più favorevolmente al mantenimento del Fronte, sia pure mutandone radicalmente i modi di essere e gli obiettivi, che al Patto d’unità che invece presupponeva il mantenimento di una politica uni135 Ib. Si vedano particolarmente quelle di Guido Calogero in L’Italia Socialista del 1 giugno 1948 e in La Repubblica del 12 giugno 1948 e quella di Giuseppe Romita, ancora su L’Italia Socialista del 15 giugno 1948. 136 - 141 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ taria col PCI, ciò che era del tutto fuori della logica, ormai orientata in senso riformista e socialdemocratico, con forti venature di terzaforzismo, di Romita e dei suoi amici. Tuttavia, se nella sinistra il problema delle forme dei rapporti col PCI investiva – e non altro – un modo di essere a sinistra, per gli autonomisti si produceva uno stretto legame tra questo tipo di problemi e quelli inerenti all’unità delle forze socialiste, problemi sui quali si esercitavano forti pressioni anche dall’esterno, ossia da larghi settori di quelle componenti che, col Psli, avevano dato vita alle liste di Unità Socialista e per le quali l’abito governativo, pur accettato, risultava stretto ed in gran parte insoddisfacente. Era comunque naturale che anche per gli autonomisti il problema dell’unificazione avesse delle condizioni, prima fra tutte quella della partecipazione governativa: ne parlavano esplicitamente Romita e Calogero nelle interviste citate, ne parlano – in ciò confermando che si trattava di una precisa esigenza di base – anche le mozioni locali che alla posizione di autonomia si riferivano. Il Partito socialista – afferma la mozione toscana di Civiltà Socialista – ha trascurato e compromesso l’unità interna del socialismo italiano e deve ora ricominciare a tendere a questa, confermando: a) che l’unificazione di tutti i socialisti può farsi solo nel PSI, alle condizioni ben chiare di non deviare sul piano interno nel riformismo e nel collaborazionismo governativo con le forze equivoche del cosiddetto centro cattolico e di non scivolare sul piano internazionale nella adesione a posizioni di potenza; b) che i rapporti col PCI debbono essere mantenuti vicendevolmente schietti ed amichevoli, nel quadro della naturale solidarietà con tutti i lavoratori. Per parte sua il Partito socialista dichiara di sentire pro- - 142 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ fondamente questa esigenza e si augura che sia sentita con pari intenti e sincerità da parte del PCI.137 Ma non vi è dubbio che il complesso delle argomentazioni della corrente autonomista è svolto non solo guardando con favore alla unificazione, ma avendola addirittura come prospettiva. Tendenze in questo senso, tendenze cioè che facevano direttamente riferimento a note impostazioni di carattere socialdemocratico, ivi compresa la già rilevata propensione per le ipotesi di terza forza, erano già presenti nella relazione di Romita a Villa Malta e ad esse guardava anche la mozione congressuale. C’è in più, anzi, da dire che ad essa s’indirizzavano gli autonomisti con accenti di particolare aspettativa, se si considerano le opinioni, più volte espresse dai suoi esponenti maggiori, che l’unificazione socialista non solo avrebbe contribuito a trar fuori tutto il movimento socialista dalle secche in cui era caduto col 18 aprile, ma essa stessa sarebbe stata un portato quasi naturale ed ineluttabile della situazione, così come si sarebbe potuta evolvere. Romita ebbe ad affermare a questo riguardo che … non saremo noi che faremo l’unità socialista, ma saranno fatalmente gli avvenimento previsti e prevedibili che porteranno all’unità socialista. E si avrà un partito democratico, non socialdemocratico, in cui i vari punti di vista, le varie correnti di pensiero saranno risolte in libere discussioni e con democratiche votazioni. Certo è che attualmente le posizioni dei compagni dell’Unità Socialista nel governo De Gasperi, ossia nel governo che rappresenta la ripresa delle forze conservatrici capitalistiche contro la classe lavoratrice, rende più arduo il problema dell’unità socialista. Ma 137 La mozione di “Civiltà Socialista”, il cui testo è riprodotto nell’Avanti! del 12 giugno 1948, è presentata in Toscana con le firme, tra gli altri, di Carlo Furno, Attilio Pinzauti, Raffaello Ramat, Loris Scricciolo, Guido Torrigiani, ottenendo, specialmente a Firenze, un lusinghiero successo. - 143 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ di ciò parleremo a tempo debito e a tempo debito si troverà naturale soluzione.138 Nella sinistra invece tale problema ha accoglienza pressoché inesistente e posto più in via ipotetica che reale. Ed è comprensibile: l’ormai avvenuta scelta di campo in favore dell’URSS e soprattutto contro ogni ipotesi collaborazionista con le forze di centro ed i motori internazionali di queste forze, USA e Piano Marshall, non consentono un diverso articolarsi delle posizioni. Non dimentichiamo, tra l’altro, che Basso fu della scissione artefice consapevole e che gran parte della sinistra vi ritrovò, sia pure a posteriori, motivi di conforto e di compiacimento, non solo per l’effettivo spostamento a sinistra dell’equilibrio del partito che in tal maniera veniva conseguito, ma anche perché essa consentiva alla sinistra stessa di uscire dalle secche di un fusionismo praticamente imposto, per ritrovare, come avvenne per un certo periodo di tempo, spazi di elaborazione autonoma, sia pur saldamente vincolati dal quadro unitario col PCI. Neppure Nenni, pur nel suo ecumenismo, riesce, tranne alcuni accenni in un primo momento, di cui s’è già vista la portata, a gettare ponti verso l’una o l’altra parte dei socialisti, che rappresentano “l’altro corno del dilemma” all’interno dei quali “i motivi empirici e personali della secessione”, quelli cioè che avevano animato gran parte dei transfughi, “hanno fatto posto a motivi più profondi, sottintesi fin dal primo istante: […] la secessione arriva a maturazione politica e superando le interne contraddizioni sbocca in un chiaro esperimento socialdemo138 GIUSEPPE ROMITA: “Contro Pertini con cortesia la polemica degli autonomisti”, intervista a cura di Antonio Spinosa in L’Italia Socialista del 15 giugno 1948. - 144 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ cratico e riformista di collaborazione con la borghesia e col suo partito dirigente, il democratico-cristiano”.139 La separazione è netta: realisticamente lo stesso Nenni si risolve a prendere atto che i partiti socialisti, almeno per un certo periodo di tempo, sono due e su questa ipotesi d’ora in avanti conviene lavorare. Meno lineare invece, com’è da aspettarsi, la posizione che su questo problema assume Riscossa, o meglio, che volta a volta i suoi uomini assumono. Fin dalle prime manifestazioni, infatti, insorge un contrasto abbastanza netto tra l’impostazione di Pertini e quella degli altri; un’impostazione, la prima, che risente in modo visibile dei condizionamenti che provengono da sinistra, dei richiamo unitari volti ad un patriottismo di partito che sempre più si confondo col patriottismo della sinistra, col patriottismo della classe lavoratrice. Riscossa ha una sua posizione sul rapporto unitario a sinistra: critici da sempre del Fronte inteso come accordo elettorale, uomini come Lombardi o Pieraccini insistono per cambiare le forme e la sostanza di questo rapporto, giudicando negative non le conseguenze, ma le premesse stesse dell’operazione elettorale così come era stata attuata col 18 aprile; senza infingimenti, perciò, il Fronte stesso deve cedere il passo e lasciare il posto ad una nuova fase della politica unitaria, programmatica, da definirsi all’interno di un rinnovato Patto d’unità d’azione. Se PCI e PSI non sono la stessa cosa, lo stesso partito – e la diversità dell’analisi della situazione internazionale, un approccio differenziato nella ricerca delle cause del 18 aprile lo confermano -, pur tuttavia l’unità a sinistra non solo è il portato delle condizioni poste dall’avversario, dalla Democrazia Cristiana, ma è 139 PIETRO NENNI: “L’altro corno del dilemma”, cit. - 145 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ anche l’unico strumento a disposizione della classe lavoratrice per aprire nuovi spazi di lotta, per far progredire al suo interno comuni consapevolezze, al di fuori degli schematismi di rito, dei quali si subivano i pesanti condizionamenti. C’è tuttavia in settori non trascurabili – ed alla lunga vincenti – della corrente di Riscossa, una sorta di ineluttabilità del rapporto col PCI, una sorta di necessità che si afferma più per l’esistenza del PCI e per la sua forza, che per la sua politica. Oggi una delle maggiori forze di rinnovamento della società moderna – dichiara Giovanni Pieraccini – è il Partito comunista. Non si può giungere secondo noi al socialismo isolando, combattendo o ignorando il partito comunista. La strada del socialismo francese o di quello saragattiano non ci pare che porti al trionfo degli ideali socialisti. 140 Con la stessa logica i centristi del PSI prendono atto che esiste anche il problema dell’unificazione, della quale si ammette la proponibilità, ma non l’attualità, finché non saranno rimosse alcune delle condizioni, soprattutto quelle di partecipazione governativa, che caratterizzano negativamente il PSLI in questo periodo. Ma da parte di Riscossa non si esclude nulla: ogni terreno è buono, se questo terreno è un terreno di discussione, se queste terreno può essere fertilizzato in vista della costruzione di un’identità socialista di cui il PSI è alla ricerca e che non comporta, almeno per il momento, opzioni definitive o esclusive di questa o dell’altra componente della sinistra italiana. Riferimento positivo e limite al tempo stesso, tale ricerca non parte da premesse certe, ma in una situazione 140 GIOVANNI PIERACCINI: “I centristi non faranno blocco …”, intervista cit. - 146 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ che scoraggiava la pratica di spazi autonomi e non definiti di dibattito, il rischio di cadere nell’equivoco era sempre presente, la tentazione della ricerca della mediazione come approdo e non come punto di partenza era il fianco su cui più efficacemente poteva appuntarsi la critica degli avversari. 5. Nenni e Pertini: operazione concordata? Il limite intellettuale di procedere da premesse non certe, se non dalla volontà di far affermare posizioni razionali, ed il limite pratico di essere prevalentemente solo la rappresentazione congressuale della delusione e dello stato d’animo che caratterizzavano il partito dopo il 18 aprile, apriva lo spazio a possibilità di fratture all’interno dello schieramento di Riscossa: non solo, soprattutto a livello di base esisteva una componente che poteva maggiormente essere assimilata alle posizioni autonomiste e che con queste preferiva la predisposizione di accordi anche in sede precongressuale e congressuale, ma, dall’altra parte, lasciava aperto il campo anche ad una serie d’incursioni che la sinistra faceva nel campo centrista e che avevano in Pertini l’interlocutore più naturale. Pertini era infatti considerato l’interprete, non già di un’esigenza culturale e politica volta alla ricerca di collocazioni originali ed autonome del PSI nel campo nazionale ed internazionale, bensì di quel vasto settore della base che stringeva le file sentimentalmente attorno al partito dopo l’amaro esito elettorale e sul quale i richiami dell’esponente ligure avevano più influenza del lucido e rigoroso argomentare di Morandi. Si comprende bene, - 147 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ perciò, come Pertini manifestasse ben presto un’indipendenza di giudizio nei confronti degli altri compagni di corrente, fino a divergere su questioni di una certa rilevanza. Nell’interpretazione che ne dà Pertini, infatti, - e sempre con termini semplici che cercano di parlare direttamente agli strati del partito meno politicizzati, ma più influenzabili sotto il piano del sentimento e del patriottismo di partito – la mozione di Riscossa assume tratti che non sono comuni né alla lettera della mozione, né all’interpretazione più ragionata che ne danno gli altri esponenti, quei pochi cioè la cui voce in sede precongressuale si fa sentire pubblicamente sulla stampa. L’intervista di Pertini dell’11 giugno141, pur non essendo in palese contraddizione con i compagni di corrente, manifestava tuttavia una libertà di giudizio su cui i dirigenti di Riscossa dovevano senza dubbio meritare. Ancora una volta – afferma infatti Pertini – ritengo necessario affermare che se, come tutti i compagni sanno, mi stanno profondamente a cuore le sorti del PSI, mi stanno altrettanto a cuore l’unità della classe lavoratrice. Il socialista che questo non sentisse finirebbe per tradire la sua coscienza e per operare contro gli interessi di quella classe, le cui esigenze e aspirazioni costituiscono appunto la sostanza del socialismo. […] Da quanto ho detto deriva come logica conseguenza che commetterebbero grave errore i compagni che, spinti dal proposito di salvare il partito in se stesso, non esitassero a spezzare l’unità della classe lavoratrice. Cerchiamo di valorizzare il nostro partito, ma tenendo sempre presente l’esigenza di questa unità. Non v’è dubbio che un linguaggio di questo genere, scarno, immediato, del tutto adeguato comunque al carat141 SANDRO PERTINI: “Intervista” a cura di Emilio Frattarelli in La Repubblica dell’11 giugno 1948, da cui è tratta la successiva citazione - 148 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ tere ed all’impetuosità tipica del far politica di un uomo come Pertini, pur non differendo nella sostanza dalle argomentazioni più fredde e razionali di altri esponenti del centro, manifestasse al suo interno potenzialità di essere interpretato su un piano diverso e tale da poter favorire ricerche e tendenze altrettanto diverse nella collocazione politica. Anche sul tema delle residue possibilità di unificazione socialista, quanta differenza, ad esempio, tra Pieraccini e Pertini, addirittura nell’esprimere lo stesso concetto! Se teniamo presente la frase del socialista toscano, secondo cui “l’unità [socialista, n.d.a.] è impossibile ad attuarsi se il PSLI ritiene di dover stare al governo in queste condizioni” è categorica, ma lascia intravedere le condizioni di riferimento per la riapertura di un discorso che comunque è “un problema aperto e che resta aperto […] e che comunque non lasceremo cadere in nessuna occasione142”, una più rigida concezione si avverte invece nelle parole di Pertini. Per quanto riguarda la riunificazione di tutte le forze socialiste in Italia, ritengo che essa possa realizzarsi soltanto su un piano veramente socialista. Noi del PSI su questo piano siamo sempre rimasti nonostante i nostri errori; non ci si trovano più, invece, coloro che hanno abbandonato il settore di sinistra per mettersi al fianco del governo clerico-conservatore il quale ha sollecitato la loro collaborazione nella vana speranza di poter mascherare il suo vero volto.143 Questa divaricazione, che dalle forme poteva aprire dei varchi anche negli stessi contenuti dell’ interpretazione della corrente di Riscossa, fu abbastanza abilmente sfruttata, anche per sviluppare, da parte della sinistra, 142 GIOVANNI PIERACCINI: “I centristi non faranno blocco”, intervista cit. 143 SANDRO PERTINI: “Intervista”, cit. - 149 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ quella che oggi potremmo considerare una vera e propria operazione Pertini. Dell’esistenza di un tale indirizzo si manifestano certezze già nella stampa e negli osservatori politici di quel periodo. Particolarmente alcuni giornali si dimostravano informati di una tale eventualità e non nascondevano, con certezze di esposizione, quanto era nella possibilità della sinistra, ma particolarmente di Nenni, per dirigere lo svolgimento congressuale, in maniera tale da poterlo trasformare in senso favorevole, dato che lo stesso congresso cadeva in un momento di condizioni assai problematiche per la sinistra del PSI. In effetti, se nei precongressi provinciali la mozione di Riscossa otteneva la maggioranza relativa, cioè circa il 42%, contro il 31% della sinistra ed il 26% degli autonomisti, rimane da chiedersi in quali condizioni ed a quale prezzo gli uomini del centro si apprestavano a gestire le giornate di Genova, dato che a questa posizione avevano aderito, senza che un cemento unico ne fissasse l’autorevolezza, elementi provenienti da esperienze diversificate ed egualmente con motivazioni non omogenee: tanto che vi si ritrovavano non solo coloro, come s’è visto, che seguivano l’appello sentimentale di Sandro Pertini, ma anche molti convinti autonomisti, come Carlo Matteotti già firmatario della mozione di Romita, oppure altri che, pur provenienti dalle file della sinistra, reagivano emotivamente al risultato del 18 aprile ed altri ancora che, per meditato calcolo, cercavano di occupare provvisoriamente posizioni di centro, per poter in seguito riportare il partito sotto il controllo della sinistra.144 144 Su questo punto possiamo registrare parecchie opinioni concordanti, nella stampa ed anche in testimonianze successive. Sul Corriere della Sera si legge ad esempio [SILVIO NEGRO: “Il Congresso - 150 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ In queste condizioni, l’ipotesi dell’esistenza di un’eventuale operazione Pertini è perciò abbastanza attendibile. Dai giornali, come si è detto, se ne trae una conferma: sul Corriere della Sera, Silvio Negro scriveva: La mozione di centro dovrebbe avere senz’altro la prevalenza al Congresso, realizzando il piano, che si attribuisce a Nenni, di dare una soddisfazione alla base, mettendo Pertini al posto di Basso e lasciando, poi, in sostanza le cose come sono.145 Volutamente più insinuante, poi, ma ciò nondimeno volutamente esplicita, è anche la cronaca di L’Italia Socialista dovuta alla penna di Enzo Forcella, che comunque riferisce di una circostanza degna d’attenzione e che mette in luce con una certa evidenza la posizione di Pertini, consapevole o inconsapevole che fosse146: dell’autonomia diverrà il Congresso della fusione?”, in Corriere della Sera del 27 giugno 1948]: “La mozione di cento ha avuto, nelle votazioni, anche larghi suffragi di autonomisti decisi e senza riserve, per cui c’è chi dubita della reale consistenza di quel 40%, soprattutto nel caso che Pertini intenda bloccare con la sinistra, ipotesi che non pare più da scartarsi”. Più precisa sulla eterogeneità del centro è una testimonianza successiva [di GIUSEPPE PERA: “L’alternativa socialista del PSI, cit.] nella quale si afferma, anche sulla base di esperienze verificate in fatti accaduti nelle federazioni toscane, che “la mozione centrista corrispondeva in larga misura alla manovra del vecchio apparato. Uomini ed esponenti che fino a pochi giorni prima militavano nell’estrema sinistra si facevano sostenitori della nuova mozione, tendente a conciliare la politica di unità col PCI e l’autonomia del partito. Parte di questi centristi mascherati indubbiamente agiva in buona fede cercando di salvare l’unità del partito, concedendo qualche cosa alle istanze autonomistiche, ma larga parte agiva direttamente su istruzioni del centro fusionista, consapevole della inevitabile sconfitta attuale e tendente a preparare le condizioni di una successiva affermazione”. 145 SILVIO NEGRO: “Il Congresso dell’autonomia”, cit. in Corriere della Sera del 27 giugno 1948 146 Per la non consapevolezza di Pertini propendeva ad esempio lo stesso Corriere [GAETANO BALDACCI: “Destino socialista” in Corriere della Sera del 1 luglio 1948]. Vi si legge infatti: “La manovra più sconcer- 151 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Prima di partire per Genova, dove è arrivato fin da ieri mattina, Sandro Pertini ha inviato ai firmatari della nozione Riscossa Socialista una lettera per mettere, come si dice, i puntini sugli i. Non l’ha inviata a tutti però. Solo a quelli in odore di scomunica, cioè indiziati di più spiccato autonomismo. In questa lettera Pertini ricorda che l’adesione alla mozione non deve essere interpretata come adesione a questa o quelle tendenza, ma come adesione ad una posizione che avrebbe potuto raccogliere la base del partito attorno ad un gruppo di uomini tra i meno compromessi in questa o in quella linea politica. Non manca, a quanto ci hanno riferito, un accenno discreto alla sua posizione di uomo al di sopra della mischia.147 Infine, concludendo le citazioni dalla stampa, è opportuno considerare l’atteggiamento preso a questo riguardo dal filo-comunista La Repubblica, dalla cui posizione è forse da desumere che un incoraggiamento da parte del PCI all’operazione non mancasse. Scrive infatti il quotidiano romano della sera: Le chance di Pertini sono molte e la posizione da lui presa – di riaffermata funzione del Partito nell’ambito del Fronte democratico e di fedeltà agli impegni assunti col Partito comunista – ha rafforzato moltissimo le sue possibilità di raccogliere un gran numero di suffragi che gli consenta di dirigere il Partito almeno sino al prossimo Congresso. Con chi bloccherà Pertini? Ci sono, ed egli non se lo nasconde, alcuni dei suoi seguaci che vorrebbero un accordo con la destra romitiana, mentre altri preferitante è quella di cui l’on. Pertini è vittima, noi crediamo, e non cervello dirigente. L’on. Pertini, come è noto, è un accorato socialista. Sentendo dire da Nenni, da Basso e da altri reduci, che il socialismo è a sinistra, e che chi rompe l’unità della classe lavoratrice è un traditore, non ha più resistito. Pur avendo firmato una mozione centrista, e avendo lasciato che Lombardi presentasse la mozione con accenti tutt’altro che marxisti, deve aver avuto un riflusso di sangue socialista. Allora si presentato alla tribuna ed ha fatto atto di aperta adesione ai concetti di Pietro Nenni. Atto premeditato?” 147 f. [ENZO FORCELLA]: “Febbre della vigilia” in L’Italia Socialista del 26 giugno 1948 - 152 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ rebbero il cosiddetto pateracchio: la formazione, cioè, di una direzione poco efficiente – come quella, per intenderci, che uscì fuori dal Congresso di Firenze – raggruppante i rappresentanti di tutte le correnti. Quest’ultima soluzione è però impossibile, dato che la parte più decisa della sinistra socialista è fermamente orientata ad opporsi ad ogni alleanza con la destra per formare la direzione. A Pertini non rimane dunque che l’alternativa: destra o sinistra? Pertini ha già fatto da tempo la sua scelta: è un uomo di estrema sinistra, lui, nemico di qualsiasi compromesso e se si trova a capeggiare il centro è solo per il suo amore fanatico per il Partito socialista.148 Le interpretazioni della stampa, specie di quella che era particolarmente interessata alle risultanze del Congresso di Genova, non possono tuttavia esaurire per intero il campi di attendibilità di una simile ipotesi, se non fosse possibile verificare anche in altra maniera l’esistenza delle condizioni politiche e dei fatti perché si possa in tutta probabilità affermare che una sorta di “operazione” fu in qualche modo tentata. Alberto Jacometti, pur non attribuendovi importanza determinante, ammette questa circostanza. Posso dire due cose di Pertini. La prima è che egli si staccò con un discorso in pieno congresso. Quando noi vincemmo, verso le cinque del mattino, venne da noi Nenni, che ci chiese se eravamo disposti a dare la segreteria a Pertini e noi la rifiutammo. La seconda cosa che vorrei dire è che lo stesso Pertini, anche in seguito, mantenne un atteggiamento abbastanza distante dalla nostra impostazione, tanto che, quando la nostra Direzione indisse una giornata per la neutralità, Pertini dichiarò che lui non era per la neutralità e quindi non poteva parlare in questo senso. Il caso Pertini poteva, sì, essere considerato un tentativo della sinistra di inserimento, tuttavia a mio avviso deve esse148 Paglialunga [EMMANUELE ROCCO]: “Su Pertini farà perno il Congresso socialista” in La Repubblica del 27 giugno 1948 - 153 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ re considerato un tentativo secondario, dato che la sinistra pensava piuttosto di vincere.149 Ma in realtà era stato piuttosto Pertini stesso – e non in pieno Congresso – a sposare le idee della sinistra, in un discorso al Congresso della federazione di Genova, che l’Avanti! (direttore Nenni) riportò con insolita evidenza, tanto da fare notare, secondo l’anonimo redattore del quotidiano socialista, che il discorso aveva “valore di interpretazione autentica della mozione di Riscossa Socialista, cui Pertini è uno dei più autorevoli firmatari”.150 Ma l’elemento che a mio avviso è più probante per esaminare l’andamento del Congresso di Genova, anche alla luce del tentativo, peraltro condotto personalmente da Nenni, di egemonizzare il centro attraverso la figura di Pertini sta in un discorso, sinora inedito, che lo stesso Nenni pronunciò in Direzione, subito dopo il 18 aprile e di cui possiamo avere i contenuti, ancora per la verbalizzazione sommaria ma meticolosa di F. Lombardi, intervento sulla cui decisività è ben difficile nutrire dubbi, anche in considerazione di come lo stesso Nenni ebbe presumibilmente a sviluppare l’operazione stessa. Affermava infatti in quella occasione il direttore dell’Avanti! nel pieno della crisi socialista: Ci vuole un periodo di ripiegamento, per ritrovarsi. Se noi volessimo andare da qui a due mesi a un congresso per farci confermare il mandato, consegneremmo il partito a Romita. Bisogna essere noi a cercare, creare un gruppo di uomini a cui consegnare il partito. Questa politica di ripiegamento noi non la posiamo fare; si potrebbe essere accusati di adattarci a qua- 149 Testo della testimonianza rilasciatami da Alberto Jacometti. “Sola autonomia: la coscienza di classe. Un forte discorso di Pertini al Congresso provinciale di Genova” in Avanti! del 24 giugno 1948 150 - 154 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ lunque politica, pur di rimanere a galla. Penso a Sandro Pertini, nonostante i suoi difetti.151 É possibile, allora, vedere i problemi e lo svolgimento del Congresso anche attraverso questa particolare angolazione e ricercare, nella reazione che questo tipo di operazione provocava negli altri esponenti di Riscossa una delle componenti della rivalità, espressa anche in termini di violenza verbale, tra le posizioni del centro e quelle della sinistra per tutto il corso della gestione Jacometti-Lombardi? Se si tiene ben presente che non di una chiave interpretativa si tratta, bensì di un ulteriore elemento che va ad aggiungersi alla decisa caratterizzazione data dagli uomini più rappresentativi di Riscossa, valutare il Congresso, anche tenendo presente, nei discorsi e nei comportamenti degli uomini, anche questo elemento può portare contributi ed arricchimenti di notevole interesse. 6. La relazione di Basso Di un possibile tentativo operato da Nenni per spostare gli equilibri congressuali con un’operazione diversiva di tal genere doveva essere in qualche modo avvertito anche Lelio Basso, benché in definitiva il segretario uscente finisse per assumere comportamenti tali da far dedurre, quanto meno, un non assenso all’iniziativa. Non a caso infatti egli rende la propria relazione a titolo personale, riservandosi la libertà di continuare a fornire il proprio contributo alla ricostruzione del quadro generale del 18 aprile ed all’analisi della crisi socialista. Tuttavia, pur affrontando i nodi centrali del Congresso con il consueto personale rigore, la relazione introduttiva del Segretario 151 Appunti di F. Lombardi sulla Direzione del 25 aprile 1948 in FFL, cit - 155 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ dà l’impressione di volere, sia pure obtorto collo, avvicinare la sua posizione, almeno nelle conseguenze e nelle linee operative, a quella che la sinistra si sforzava di far passare – non del tutto con esiti favorevoli, almeno in questa fase – nel corpo fiaccato del partito; posizione che la sinistra stessa aveva ribadito non solo con la lettera di Morandi e Cacciatore o con la mozione congressuale, ma anche con i successivi arricchimenti al dibattito. Questo avvicinamento congressuale di Basso a molte delle impostazioni della sinistra pura è non senza significato, se si considera che proprio lo stesso segretario era stato uno dei bersagli principali della polemica, non solo da parte della destra, ma, concentricamente, anche da parte di larghi settori della sinistra, di cui i documenti già citati ed esaminati erano esplicitazioni sufficienti.152 Nella sua relazione al Congresso153 Basso espone, con dovizia di argomenti e con la tradizionale lucidità, il corpo delle ragioni della sconfitta elettorale che aveva già avuto modo di manifestare in precedenti occasioni, segnatamente nella citata intervista a Cronache Sociali e nella 152 Basso infatti, ancora qualche settimana prima dell’inizio del Congresso dichiarava che la sua intenzione era per il momento di restare fuori della mischia, non solo perché tra le mozioni presentate “nessuna soddisfa, soprattutto dal punto di vista ideologico, le richieste di chiarezza […] fondamentali in questo difficile momento della vita del partito”, ma anche perché il fatto che “le mozioni precongressuali rischiano di trasformarsi facilmente in frazioni precongressuali con tutti i mali che ne derivano [è, secondo Basso,] … contrario a quello spirito di partito di classe che, dopo la secessione mi sono sforzato di infondere nel nostro partito” (LELIO BASSO: “Un congresso di rinascita”, in Avanti! del 13 giugno 1948) 153 Il testo integrale della relazione non è stato reperito, tranne che per pochi brani. L’esposizione è perciò condotta sulla base della sintesi, peraltro ampia, pubblicata sull’Avanti! il 29 giugno 1948, da cui sono tratte le successive citazioni. - 156 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ relazione alla Direzione del 30 maggio. Anche in questa occasione egli riformula la sua nota interpretazione degli avvenimenti del ’48 – ed in particolare delle elezioni del 18 aprile – inquadrandoli nella situazione internazionale, ma non risolvendo, tuttavia, la sostanza dello scontro di classe in Italia alla stregua della mera risultanza dello scontro est-ovest. Anzi, nonostante che, fatalmente, un tale tipo di analisi finisca alla lunga per ricondursi ai medesimi riferimenti, il tentativo di Basso è quello di rovesciare l’impostazione, partendo dal caso italiano per poi riportarne i tratti essenziali e le caratteristiche alla dinamica internazionale ed ai processi che vi si svolgono.. Così che, se “le elezioni del 18 aprile debbono essere considerate come un aspetto del generale riflusso del movimento operaio e democratico in tutto il mondo capitalistico, sotto la spinta vigorosa delle forze conservatrici” non è men vero che alcuni caratteri nazionali del processo avviato in Italia si affermano con riflessi determinanti nella lotta politica. Qua, infatti, si assiste all’affermazione, più o meno perseguita, di voler procedere ad un rinnovamento ampio delle strutture dello stato e dei suoi presupposti di carattere sociale ed economico, in maniera tale da superare le strutture emerse nell’epoca fascista; della necessità di sviluppare questo processo si professano fautori sia la classe operaia ed i ceti medi da un lato, sia il complesso delle energie produttive e della borghesia capitalistica dall’altro. Ma è sui modi, sui tempi e, soprattutto, sull’effettiva consistenza di questo processo che si è determinato il contrasto più evidente e si sono prodotte quelle rotture di classe che estendono i loro riflessi anche ai rapporti all’interno stesso del fronte di rinnovamento. - 157 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Da una parte, afferma infatti Basso, c’è un’iniziale solidarietà per il rinnovamento delle vecchie strutture tra la classe operaia e larghi strati di ceti medi, ma, … solidali nell’avversione all’equilibrio esistente e nella generica aspirazione ad un rinnovamento, i diversi ceti popolari hanno in realtà diversi bisogni ed idealità onde è particolarmente difficile conservare quella complessa alleanza nel passaggio dalla fase negativa dell’opposizione a quella positiva di costruzione e di avanzata. Di tali difficoltà approfittano sempre le forze della conservazione per passare in un secondo momento alla controffensiva. Dall’altra, invece, l’esistenza di un fronte antifascista presentava come intimo carattere di debolezza il fatto di essere formato da una classe dominante, ceti medi e classe operaia, i cui obiettivi non solo non si armonizzavano, ma vicendevolmente presentavano momenti vivi di contraddizione e di tensione: la classe dominante, “non privata nel momento della sua relativa debolezza della sua forza di dominio ha avuto tempo di ricomporsi per sostenere l’assalto definitivo, mascherando la difesa del suo privilegio di classe sotto colore di difesa della democrazia, della patria, dei valori morali, ecc.”; i ceti medi, che “seguono la classe operaia sul terreno negativo della critica, ma non resistono poi alle difficoltà che si prolungano nel tempo […] disposti ad accettare nuovamente l’ordine borghese, purché esso prometta di garantir loro il quieto vivere”; la classe operaia, infine, la quale “rischia di non saper mantenere un ritmo uniforme di lotta ed in alcuni suoi strati è portata verso forme crescenti di radicalizzazione, mentre in altre è disposta ad assecondare le titubanze del ceto medio”. Tali condizioni sono, secondo Basso, le componenti di fondo su cui s’innesta il processo di riflusso e su cui si - 158 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ conduce l’offensiva conservatrice, di cui sono parte essenziale, sul piano della politica, la svolta del ’47, la rottura del fronte antifascista, il momento in cui le forze reazionarie si ricompongono e riprendono forza ed iniziativa, mentre i partiti della classe operaia, portando con sé tutte le implicazioni della politica di unità antifascista non portano avanti lotte rivendicative che spostino gli equilibri a favore della classe lavoratrice; ciò che finisce obiettivamente per favorire l’azione di rottura degli interessi popolari e di consolidamento moderato su tutti i piani che De Gasperi aveva intrapreso. Non poteva non esser chiaro a dei marxisti – si legge nella relazione del Segretario – che il fronte antifascista ad un certo momento si sarebbe rotto … [e questo] risultava chiaro dalla sua composizione: l’antifascismo comprendeva accanto alle masse lavoratrici e ad una borghesia progressista anche forze capitaliste ed in genere quella parte del mondo industriale e commerciale che soffre del regime autarchico e non ha monopoli da imporre; peggio, comprendeva negli ultimi tempi anche i profittatori del fascismo che, per salvare le proprie posizioni, erano passati al campo vittorioso. Tutti costoro avevano interesse a separare il fascismo dalle sue cause, ad isolare la lotta contro il fascismo dalla lotta contro le contraddizioni interne del capitalismo e ad arrestare il moto delle masse, lasciando intatte le strutture del vecchio stato. Lo sforzo compiuto dagli uomini che, in rappresentanza degli interessi dei lavoratori, si erano introdotti nel CNL, è stato quello di garantire la continuità giuridico-politica tra il vecchio ed il nuovo stato; di impedire cioè che il passaggio dal fascismo all’antifascismo aprisse la via alla costruzione di un ordine sociale nuovo. L’assimilazione e la decomposizione graduale del mondo della resistenza fu l’abile azione condotta da coloro che erano preoccupati più d’inserirsi nel vecchio mondo che di crearne uno nuovo. Attraverso una serie di compromessi l’antifascismo delle sinistre si è lasciato togliere di mano gli strumenti di una possibile vittoria. Così il fronte popolare, che sarebbe stato qua- 159 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ si sicuramente vittorioso se fosse sorto nella primavera del 1945, fu battuto nel 1948. Dopo aver ricapitolato in tal modo tutti i suoi motivi di polemica con la politica del CLN e dell’atteggiamento errato tenuto, per difetto di analisi marxista, all’interno di questi dalle forze di sinistra, ma in particolare dal PCI, Basso incentra la propria attenzione sulla genesi del Fronte. Questo processo, che è basato sulle motivazioni e sulle analisi condotte fino a questo punto, presenta delle argomentazioni che, da parte del Segretario socialista, sono solo apparentemente concludenti per quanto riguarda non tanto l’opportunità del Fronte, quanto quella della tattica elettorale che precedeva liste comuni. Egli infatti, pur presentando una serie di motivazioni politiche alla scelta unitaria, motivazioni derivanti in sostanza dalla posizione internazionale dell’Italia e dalla situazione di accerchiamento in cui le forze della sinistra e la classe lavoratrice erano venute a trovarsi, preferisce tuttavia sottolineare una diversa necessità: quella cioè della ricerca di una chiara linea politica e della subordinazione della tattica elettorale da seguire solo alla linea politica e non ad altro. Se il Fronte – egli afferma – doveva essere concepito come alleanza di base, come viva mobilitazione di massa in vista di un programma di riforme di struttura, […] se delle masse fossero state mobilitate non dietro le bandiere di questo e di quel partito, ma in vista di un concreto programma, non sarebbe stato possibile pensare ad elezioni con liste separate, [ma] l’insuccesso vero risale al fatto che il Fronte non è sorto così come è stato concepito [nel senso che] il PSI come il PCI, nella loro grande maggioranza, non intesero il significato reale del Fronte e si lasciarono prendere dall’urgenza delle elezioni senza aver apprestato la piattaforma politica su cui queste avrebbero dovuto essere affrontate. - 160 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Basso compie evidentemente quella che, in termini popolari, oggi chiameremmo un’arrampicata sugli specchi, tentando di rovesciare a suo favore le condizioni in cui si svolse il dibattito al XXVI Congresso. In realtà, le opinioni che egli esprime sono ineccepibili, considerate soltanto alla luce degli avvenimenti come in effetti accaddero. Considerate invece in un’ottica più complessiva valgono a riportare la responsabilità che soggettivamente lo stesso Segretario non aveva per la sua nota ed obiettiva non convinzione in favore delle liste comuni, ma che oggettivamente a lui doveva essere attribuita per non essere mai stato egli stesso in grado di indicare una via diversa alla tattica elettorale intrapresa, responsabilità questa ancor più significativa trattandosi di un segretario di partito in carica. Questa difficoltà che Basso pare personalmente incontrare nel giudicare le proprie posizioni e nell'assumersi responsabilità più immediate e concrete sono tuttavia da considerarsi meglio nel quadro delle scelte che egli intende compiere, almeno nel breve periodo, quelle cioè che comportano azioni immediate sul piano della politica interna di partito, nel cui seno egli riesce a distinguere solo due posizioni, sulle quali non trova difficile esprimere un giudizio. Le mozioni che vogliono l'unificazione socialista o il ritorno al Comisco [era il nome dell'Internazionale socialista, a cui aderivano i partiti socialisti e socialdemocratici operanti nell'area occidentale, n.d.a].o che denunciano una politica unitaria come politica di non autonomia, sono già dall'altra parte della barricata: hanno abbandonato il terreno della lotta di classe e si sono allineate con la borghesia. Dall'altra parte stanno coloro che vogliono mantenersi sul terreno della lotta di classe. Fra queste due posizioni non può esservene una di centro. Molti di coloro che aderiscono alla mo- 161 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ zione di Riscossa socialista hanno indubbiamente fede classista, ma altri ve ne sono ad orientamento filo saragattiano. Comunque, il Congresso deve pronunciarsi con chiarezza in ordine ai principali problemi, soprattutto in ordine all'orientamento fondamentale del partito. A questo riguardo non vi sono che due vie: o con la borghesia o con i lavoratori. Il 18 aprile molti lavoratori hanno ceduto alla paura e sono passati nel campo nemico; alcuni di essi non votando per la DC, ma per il partito di Saragat. In questa preparazione congressuale molti compagni hanno mostrato di subire lo stesso processo di paura e di apprestarsi a passare alla socialdemocrazia, abbandonando le posizioni di classe. Essi hanno mascherato questo passaggio sotto il nome di difesa dell'autonomia o di unità socialista. Altri ancora, non osando fare questo brusco salto, hanno votato una mozione di centro, ponendosi all'ombra di compagni che tutti amiamo, ma facendolo purtroppo con lo stesso spirito con cui altri avevano votato direttamente per la destra. Se pensiamo che l’espressione i compagni che tutti amiamo possa essere direttamente riferibile a Pertini e che quindi anche l'ascendente che lo stesso esponente ligure poteva avere su settori della base del partito riproduceva un consenso in particolari ambienti che obbedivano a spinte di tipo emozionale, ma la cui risposta politica era da considerare errata, scaturisce da qui un giudizio sostanzialmente negativo, non solo sull'operazione di Riscossa, come poteva del resto essere naturale, ma anche su qualsivoglia tentativo che potesse essere messo in atto, come quello di Nenni, di reintrodurre la sinistra, per altre strade, alla guida del partito senza condurre una sostanziale autocritica. Ma oltre ad una netta separazione tra i due più significativi schieramenti congressuali e la negazione di validità politica al terzo, che la posizione di Lelio Basso si stia, per forza di cose, avvicinando a quello della sinistra tra- 162 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ dizionale, lo si può ricavare soprattutto dal giudizio che Basso stesso, nella sua relazione, finisce per dare della situazione internazionale, filtrandola attraverso l'apprezzamento da esprimere nei confronti delle esperienze politiche condotte nei paesi dell'est. Su queste esperienze Basso formula un giudizio sostanzialmente positivo: esse infatti vengono individuate all'interno di un processo che porta alla rottura del fronte antifascista, nel cui seno rischiavano di prevalere concezioni e forze ritardatici, attraverso una difesa del vecchio ordine, sostenuta solo dai vecchi ceti fascisti, ma anche da una parte delle forze sinceramente antifasciste. Il problema perciò, anche nell'est, salvo il non trascurabile fatto che una diversa riuscita di questa rottura è stata colà "favorita da una diversa situazione internazionale" - e in questa maniera Basso ammette implicitamente la propria decisa scelta in favore di uno dei lati contrapposti dello schieramento internazionale -, riguarda situazioni analoghe a quelle che si sono presentate in Italia, con la differenza che a quelle, per l'iniziativa attiva della classe lavoratrice, sono state date risposte diverse, in termini favorevoli alle forze che alla sinistra fanno riferimento. Quanto poi al maggiore o minore tasso di democraticità delle vicende che in quei paesi si sono svolte, il segretario del PSI non pare avere dubbi. … si rimprovera ai socialisti orientali di aver raggiunto i loro grandi risultati a prezzo di qualche restrizione delle libertà individuali: ma non si tratta di stabilire se essi hanno commesso o no qualche errore o qualche eccesso: si tratta di stabilire se noi riconosciamo ai lavoratori il diritto di strappare il potere alla classe dominante per costruire il nuovo ordine sociale. Se riconosciamo questo diritto non si può negarlo nei fatti ed ogni conquista della storia esige sforzi, sacrifici - 163 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ e rinunce: ogni progresso che si compie deve pagare un prezzo. La borghesia non è giunta al potere senza pagare questo prezzo. La democrazia quindi non ha nulla a che fare con le obiezioni dei nostri avversari; al contrario, noi pratichiamo il metodo democratico per realizzare finalità democratiche. Vi è una democrazia sostanziale ed una democrazia puramente formale; una democrazia sociale ed una democrazia politica; democrazia formale, puramente politica, è antidemocrazia. Anche se Basso non avanza accenni diretti al clima internazionale di guerra fredda, questa decisa presa di posizione in favore degli avvenimenti dell'Est europeo, segnatamente quelli cecoslovacchi, può essere considerata quasi una premessa per svolgere il nodo della politica unitaria e dei rapporti tra PSI e PCI in Italia, in termini che, sia pure ancora legati alla tematica bassiana, in un certo senso la superano e ammettono la possibilità di nuove sintesi. Su questo campo infatti Basso ripropone ancora i soliti distinguo e sottilissime considerazioni sulle differenze, che si radicano nella storia e nella stessa funzione rispetto alla società, tra i due partiti della classe operaia, ma le distanze appaiono stavolta più ridotte, i confini più labili, in breve l’unità organica, sia pure a certe condizioni, ridiventa un obiettivo praticabile che lo stesso Basso è costretto ad auspicare, e non più riconducendola a quell’originario disegno che era la creazione di un nuovo strumento per la classe lavoratrice. Tra le condizioni, che si avvertono, più che essere manifeste nell’argomentazione bassiana, c’è il fatto che la scelta in prospettiva compiuta in favore dell’unità organica delle forse di sinistra è limitata dalla residua consapevolezza che il socialismo italiano rappresenta, nel campo - 164 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ europeo, qualcosa di diverso, di difficilmente assimilabile ad altre esperienze, non solo per condizioni obiettive di lotta, ma anche per lo stesso tipo di legami che esso mantiene con la classe operaia ed il carattere particolare della presenza politica e del modo di essere del movimento socialista nella sua storia ed in particolare nella sua storia ultima, negli anni del dopoguerra e dei primi travagliati anni dello stato post-fascista. La domanda che Basso nella sua relazione si pone e che pone complessivamente al partito, cioè se esista ancora in Europa posto per una formazione socialista come il PSI, che non voglia rinnegare i propri specifici caratteri, è domanda che ha caratterizzato gran parte dell’elaborazione socialista negli anni successivi e che, sia pure da angolazione diversa, influenzava il neutralismo di Lombardi; e la stessa risposta affermativa che Basso formulava era la risposta che, sia pure in termini talvolta ottimistici, ha costituito per lunghi anni la ragione di sopravvivenza del PSI nel campo europeo ed uno dei tratti specifici e distintivi di una presenza spesso originale nello stesso schieramento politico italiano. Tuttavia, nonostante il tentativo, abbozzato e non precisato, che Basso compieva per mantenere, al di là delle condizioni oggettive, uno specifico campo di lotta e di azione per il socialismo italiano al cospetto della situazione internazionale e, all’interno, di un forse, organizzato e motivato partito comunista, le conclusioni del segretario socialista fatalmente dovevano finire per avvicinarsi alle posizioni che più tradizionalmente erano tenute dalla sinistra ufficiale. Per ristabilire la funzione che spetta oggi al nostro partito – affermava infatti Basso – occorre precisa- 165 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ re anzitutto quale sia la distinzione tra un socialista e un comunista. I motivi più evidenti della scissione del primo dopoguerra sono superati: la distinzione è oggi di altra natura; distinzione di mentalità, di spirito, di linguaggio che oltre 20 anni di separazione ha accresciuto. Bisogna richiamarsi alle funzioni che Marx assegna al militante rivoluzionario ed al partito. Il partito è l’avanguardia della classe e, attraverso le lotte dirette dal partito, da una fase spontanea e frammentaria si passa poco a poco ad una lotta organica e coerente. Ora, se nella valutazione della funzione di questa avanguardia si tende ad appoggiare piuttosto sulla necessità che essa ha di formare e guidare la volontà delle masse, o piuttosto sulla necessità che pure ha di non staccarsi dagli altri strati della popolazione, se si perde l’equilibrio necessario tra queste due esigenze, che sono due momenti della lotta del proletariato, si rischia di cadere in gravi errori. […] I socialisti tendono piuttosto ad accentuare il momento relativo alla coscienza delle masse, mentre i comunisti hanno piuttosto la tendenza ad appoggiare sull’altro aspetto; ciascuno dei due con i pericoli che questo atteggiamento comporta. Senonché ogni posizione accentua, oltre che certi pericoli, anche certe possibilità positive, e la mentalità socialista appare più aperta alle esigenze di massa più vaste, mentre quella comunista sembra più adatta a difendere solidalmente le posizioni di classe, cioè meno suscettibili a subire influenze piccolo-borghesi. Entrambe queste mentalità esprimono due esigenze egualmente valide del movimento operaio: l’una l’istanza classista, l’altra la necessità delle alleanze. Sono due momenti che potrebbero coesistere in uno stesso partito; ma storicamente oggi sono venute a polarizzarsi nei due partiti e deve ciascuno di questi l’importanza della propria e dell’altrui funzione in modo che la classe operaia possa utilmente valersi della collaborazione dei suoi due partiti. Ecco perché là dove la classe operaia è già al potere, l’unità organica diventa facilmente un fatto compiuto: non è che il socialismo muoia assorbito dal comunismo, nei limiti in cui era vivo e vitale esso appartiene alla coscienza del proletariato ed entra con tutta la sua forza nel movimento unificato. - 166 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Questa lunga citazione154 era forse necessaria per stabilire il nuovo punto a cui Basso perviene nella sua concezione unitaria, almeno per quanto venne enucleandosi, nei suoi limiti e nei suoi condizionamenti, al XXVII Congresso. Essa ripropone decisamente i temi della politica unitaria, ossia di stretta collaborazione nell’ambito della sinistra, ma coglie anche l’occasione per rifare il punto, con piccole concessioni a velate polemiche, sui residui margini di prospettiva per la politica fusionista. Questa infatti è stata possibile in quei paesi dove la classe operaia è ormai al potere e il momento unificatorio viene determinato in condizioni più agevoli che altrove, come ad esempio in Italia, dove non solo esso è più problematico, ma anche dove, per certi versi, si comprende l’opportunità di una sua sospensione. E se la prospettiva organica dell’unità, alla quale Basso non rinuncia, può sembrare quasi un salto logico con tutta l’elaborazione precedente, non può non essere osservato e considerato come e quanto lo stesso segretario socialista resti critico della posizione dei comunisti in Italia e degli ostacoli, di ordine teorico, ma anche di prassi, che il PCI finisce per frapporre alla stessa politica unitaria. La convinzione di Basso è appunto che le due funzioni, le due istanze, quella classista e quella che invece rivendica una maggiore importanza da annettersi alla necessità delle alleanze, avrebbero potuto coesistere nello stesso partito, ma il fatto che “storicamente oggi sono venute a polarizzarsi nei due partiti” finisce per rivestire ca154 Essa è tratta, come le precedenti, dalla sintesi della relazione di Basso sull’Avanti! del 29 giugno. Per questa parte comunque esiste anche il testo originale che Basso ripubblicò in Quarto Stato, n. 8/9 del 1949, pag. 47/48 - 167 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ ratteri di critica implicita non solo al PSI per non aver determinato in maniera più conseguente il proprio classismo, ma soprattutto al PCI, la cui rigidità, particolarmente in materia di dibattito interno, si finiscono per attribuire le responsabilità del mancato incontro e quindi della mancata possibilità di comprendere le due funzioni che, all’interno dello stesso partito, avrebbero potuto trovare una sintesi più efficace. Ora è evidente che tali motivazioni non erano sufficienti per trarne conclusioni diverse dalla linea di politica unitaria, anche se non portavano a sostenere la necessità dell’unificazione immediata dei partiti della classe operaia: esse invece consentivano che nella situazione italiana si praticasse una linea di più stretta collaborazione e, per certi versi, di compenetrazione strategica tra i due partiti, che le condizioni internazionali, singolarmente valutate da Basso in maniera secondaria, avrebbero fatalmente spinto verso unità di giudizi, anche per quanto riguardava le scelte di campo che si dovevano compiere: quella riserva di politica socialista che, secondo Lombardi, doveva sempre esistere nel paese, in questa condizioni non poteva avere altro che una vita estremamente problematica. Pur partendo da analisi e da esigenze culturali spesso differenziate, l’approdo pratico alle conclusioni politiche della sinistra tradizionale diventava perciò per Basso un fatto obbligato ed ineludibile, anche se egli, all’interno della sinistra, potrà, per proprie origini, mantenere autonomia di elaborazione e di giudizio. - 168 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ 7. La vittoria di Riscossa e la Direzione centrista La relazione di Basso ebbe una larga eco di commenti, nel Congresso e sulla stampa. Di essa si sottolineava soprattutto, sia come fosse avvenuto in pratica un deciso allineamento del segretario alle analisi ed alle proposte della sinistra, sia il fatto conseguente che essa – per la sostanza, ma anche per il tono con cui era stata presentata – contribuiva a creare nel PSI un clima che poteva diventare ben più acceso del semplice confronto politico e che poteva prefigurarsi anche in termini di scontro. Del resto, che lo stesso Basso fosse nel suo intimo convinto della necessità di costruire un partito meno permeabile a suggestioni riformiste, ed anche della ineluttabilità di pagare ogni prezzo perché tale obiettivo fosse raggiunto, al limite di provocare processi di espulsione o scissionistici, è cosa già ricordata a proposito della scissione di Palazzo Barberini, e del resto personalmente confermata da Basso anche in occasioni successive e più lontane dai fatti.155 Il dibattito fu perciò assai vivace fin dalle prime battute, tra gli esponenti della sinistra da una parte e gli autonomisti dall’altra, come fu subito assai chiaro che da parte delle due tendenze opposte c’era, pur nella crudezza di uno scontro assai chiaro ed assai poco mistificato, il tentativo di instaurare un confronto a due, come tra le sole anime possibili del Partito socialista, minimizzando la portata ed il valore delle posizioni intermedie; gli uni, gli esponenti autonomisti, confidando che gran parte degli aderenti a Riscossa sostenessero posizioni non dissimili dalle loro e che quindi fossero potenzialmente acquisibili ad una più decisa presa di posizione in senso autonomi155 Cfr. più indietro la nota n. 23 - 169 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ stico per il prossimo futuro; gli altri, la sinistra, fidando al contrario che in Riscossa il maggior consenso fosse attribuito agli uomini che, come Pertini, godevano da parte della sinistra stessa di una fiducia considerevole e forse di qualcosa di più. E’ un fatto, invece, che la storia del XXVII Congresso, nei suoi lavori di Genova, finisce per essere la storia della corrente di Riscossa e delle vicende e contraddizioni che internamente la caratterizzano, sia per effetto degli attacchi concentrici, sia per effetto della sua debolezza, che non era intrinseca, ma che invece poteva considerarsi quasi il portato di una situazione esterna, italiana ed internazionale, che reprimeva di fatto le aperture contenute nella posizione di Lombardi e dei suoi amici. Non si può negare pertanto che il discorso che nel pomeriggio del 29 giugno fu tenuto da Pertini possa essere considerato - almeno dal punto di vista degli esiti politici, se non si può dire della chiarezza delle impostazioni – uno dei momenti determinanti del Congresso, attorno al quale ruoterà il dibattito successivo ed anche gran parte delle conclusioni finali. Preceduto in mattinata dall’intervento di Nenni, che auspicava la semplificazione dello schieramento interno del PSI in due sole mozioni, Pertini volle dare la sua interpretazione, cioè quella che riteneva autentica, della mozione di Riscossa, un’interpretazione cioè che nei punti nodali mostrava sostanziali convergenze con le posizioni della sinistra, anche se lo stesso Pertini non si sentirà di condividere – e lo dirà al Congresso – parecchie parti dell’analisi che queste conseguenze determinava, spe- - 170 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ cialmente per quanto riguardava la relazione introduttiva di Basso. Su tre punti in particolare Pertini mostra di distaccarsi dalla interpretazione prevalente di Riscossa e di avvicinarsi alle posizioni della sinistra. Sul Fronte: Allo schieramento delle forze conservatrici occorre contrapporre uno schieramento a sinistra e il Fronte, come schieramento democratico non può dirsi fallito.156 Sulla validità delle esperienze dell’Europa orientale: Non si deve dimenticare il progresso sociale conseguito nei paesi dell’Europa orientale, mentre noi in Italia dobbiamo registrare purtroppo condizioni di vita antiumane nella Basilicata, nella Calabria ed in altre regioni dell’Italia Meridionale. Certo, però in Oriente la libertà economica è stata conseguita a prezzo della libertà politica. […] Tuttavia noi non possiamo non guardare con simpatia al progresso del mondo orientale e non possiamo non guardare con riserva al mondo occidentale. Sul Piano Marshall: Non bisogna dimenticare che il Piano Marshall è uno strumento dell’America per attuare la sua politica estera in Europa, e noi non possiamo assecondare questa politica estera, perché questa è la politica guerrafondaia di Truman. Anche se in gran parte previsto e forse preparato in accordo con alcuni settori della sinistra, il discorso di Pertini provocò negli ambienti di Riscossa una reazione immediata157 , che portò in serata alla convocazione dei de156 Questa e le successive citazioni sono tratte dalla sintesi dell’ intervento di Pertini pubblicata in Avanti! del 30 giugno 1948 157 Ricorda Enzo Forcella, testimone in qualità di giornalista del Congresso, che all’interno di Riscossa si era stabilita una linea di condotta che mirava a scongiurare l’eventualità di una possibile cattura di Pertini - 171 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ legati che a tale componente facevano riferimento, per valutare la situazione e per decidere dell’atteggiamento complessivo da tenersi nei confronti di Pertini. Questi, per parte sua, nel corso della riunione, si limitò ad osservare “di non essersi schierato con la sinistra soltanto perché aveva delle riserve morali sul conto di Basso e dei dissensi di natura tattica con Nenni”158. Dalla riunione uscì pertanto una sconfessione di Pertini, comunicata al Congresso nella seduta notturna da Giovanni Pieraccini il quale lesse la seguente dichiarazione: Sono state rilevate talune divergenze tra l’impostazione politica data a Riscossa Socialista nei rispettivi discorsi dei compagni Riccardo Lombardi e Sandro Pertini. Per un dovere di chiarezza, a nome dei firmatari, escluso naturalmente il compagno Pertini, e dei delegati di Riscossa, dobbiamo precisare che essi riconoscono nell’esposizione del compagno Lombardi l’interpretazione esatta della linea politica espressa nella loro mozione. Consapevoli che l’unità del Partito e la sua rinascita si possono ottenere soltanto sulle poda parte della sinistra: “Pertini parlò dopo Riccardo Lombardi. E come a questi (così si seppe più tardi) nelle riunioni di tendenza era stato affidato il compito di parlare come uomo di sinistra, proprio per la sua caratterizzazione di uomo di destra, a Pertini, del quale erano note le simpatie per la sinistra, era stato affidato il compito di fare un discorso di destra. Avvenne invece tutto il contrario. Egli si fece prendere dall’onda dell’entusiasmo e parlò come aveva parlato Nenni, ripetendo con lui i soliti temi contro i socialdemocratici e gli americani, senza nessuna riserva nella politica di unità d’azione e nello schieramento della lotta internazionale [ENZO FORCELLA]: “Cambiamenti…”, cit. 158 Dichiarazione raccolta da Forcella e da lui riportata [ENZO FORCELLA: “La mozione Romita in posizione rafforzata” in L’Italia Socialista, del 1 luglio 1948. Dal titolo del pezzo appare chiaro che da molte parti, in particolare dalla posizione politica del giornale di schietta marca riformista, non si voleva dare alcun credito ad una caratterizzazione politica originale della corrente di Riscossa: allontanatosi Pertini, fautore di un’intesa con la sinistra, a Lombardi e compagni non doveva rimanere altro tentare un’intesa con Romita. Ci fu chi volle perseguire fino in fondo questo disegno, ma Riscossa riuscì a mantenere la propria individualità. - 172 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ sizioni di una solenne riaffermazione della politica unitaria della classe lavoratrice, nell’indipendenza del Partito, quale contenuto nella mozione di Riscossa, la riaffermano.159 Tale presa di posizione da parte dei componenti la mozione centrista fu importante: essa infatti consentiva al Congresso di prendere atto che Riscossa socialista non intendeva limitarsi ad essere un semplice momento numerico, quasi come un campo su cui dovevano scaricarsi le tensioni contrapposte tra sinistra ed autonomisti e nel quale gli stessi schieramenti puntassero a giocare, nella loro reciproca lotta, le chance residue per poter esercitare il controllo sul partito. Ma esisteva in Riscossa, che pure risultava lo schieramento maggioritario, un’ulteriore e non meno importante contraddizione, quella cioè di voler fungere da ago della bilancia delle tendenze contrapposte e di voler giocare un proprio ruolo autonomo nella conduzione del partito, solo individuando i limiti negativi degli altri interlocutori, e non già delineando un proprio spazio volgendo questi limiti in positivo. Ho già fatto riferimento all’intervista di Pieraccini all’Italia Socialista,160 ma altrettanto può essere detto per i principali interventi che i leader della corrente tennero al Congresso e per i quali vale segnatamente quello di Riccardo Lombardi. La duplice esigenza che egli espresse di dover individuare il limite negativo della sinistra nell’adesione internazionale ad uno dei blocchi in formazione, e quindi ad una troppo limitata espressione dell’autonomia del PSI, e dall’altra parte di preservare il partito dai rischi che un’eccessiva caratterizzazione autonomistica comportava nei rapporti 159 160 La dichiarazione di Pieraccini in Avanti! del 1 luglio 1948 Vedi indietro a pag. 168, 169. - 173 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ tra il PSI e la classe operaia e quindi nei contenuti della politica unitaria, rappresentava, come venne opportunamente osservato “una posizione quanto mai sottile e difficile da impostare, soprattutto nelle prime battute di un Congresso di cui non si conoscevano gli umori e, come sempre succede in questi casi, la preoccupazione delle votazioni finali la vinceva su tutte le altre”.161 L’intervento di Lombardi fu perciò insolitamente caratterizzato, in negativo, da questa oggettiva limitazione, tanto da esser costretto più ad un’esposizione del grosso complesso di temi che stavano di fronte al Partito socialista e ad una posizione che intendesse svolgere la sua politica entro questi limiti, anziché delineare un disegno politico più completo, che dall’analisi facesse discendere proposte di linea e di strategia. Intervento, come fu detto, problematico; e forse era il massimo che la situazione potesse consentire senza doversi legare a schemi ormai troppo praticati e forse anche abusati, tanto che essi venivano considerati nell’ambito di Riscossa appartenenti ad un modo sorpassato di intendere la funzione e la collocazione del PSI nell’ambito nazionale ed internazionale.162 Ci sono però in Lombardi degli spunti che trovano riscontro in alcune delle analisi ed in alcuni dei giudizi formulati da Basso. Può trattarsi di una concessione all’impostazione degli interventi già decisa dalla corrente di Riscossa, che gli attribuivano il ruolo di parlare da sinistra163, ma non c’è dubbio che tali posizioni ed opinioni non fanno che ribadire il punto di vista di Lombardi su 161 ENZO FORCELLA: “Cambiamenti…”, cit. In questo senso si veda anche GIOVANNI PIERACCINI: “I centristi …”, intervista cit. in L’Italia Socialista 163 Si veda più indietro la nota 157 162 - 174 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ alcuni fatti pregressi e che lo stesso dirigente ex azionista aveva già avuto occasione di sostenere e di mettere in luce in ripetute occasioni. Così è per alcuni giudizi sulla politica del CLN, ma così è anche per la critica al processo di genesi del Fronte e per gli effetti che procedure e tempi errati nella formazione hanno provocato sugli esiti, sia dal punto di vista elettorale che politico. Egli infatti afferma di essere … consenziente con Basso nel credere che il Fronte, cioè un’alleanza delle sinistre, avrebbe dovuto essere costituito molto prima, al tempo della Liberazione, per sfruttare al massimo la vittoria delle masse popolari, prima che le forze conservatrici potessero avere il sopravvento. I partiti socialista e comunista errarono nella valutazione dei fatti, e pensarono che l’ondata popolare avrebbe progredito anziché fermarsi. Tutta la politica successiva fu tarata da questo errore di apprezzamento. [Tale errore va] deplorato severamente, [nel senso che ] un partito responsabile avrebbe dovuto prevedere e comprendere il momento in cui sarebbe iniziato il riflusso. [Occorre perciò] trarre una conseguenza di questa impostazione, riferendosi ai fatti più recenti. Anche la costituzione del Fronte rifletteva una visione attivistica e positiva, mentre la situazione era nettamente negativa. Il Fronte sarebbe stato uno strumento valido in fase offensiva, ma nella fase difensiva era necessario procacciare alla classe operaia non alleanze formali, ma alleanze sostanziali.164 Ciò non significa tuttavia che anche tale richiamo non possa essere interpretato in senso polemico nei confronti dello stesso Basso, il quale, pur avendo individuato nella sua analisi motivi di giusta critica al Fronte popolare come mero fatto elettorale, non riuscì tuttavia a far emer164 Non è stato possibile reperire il testo stenografico dell’intervento di Lombardi, come del resto di tutto lo svolgimento congressuale. Tale brano, come i successivi citati, di cui si avverte largamente la genericità, è tratto dalla sintesi pubblicata sull’Avanti! del 30 giugno 1948 - 175 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ gere un’impostazione diversa né al Congresso dell’ Astoria, né nel corso della campagna elettorale, né infine nella sua relazione al Congresso, tanto che dalle parole di Basso non si enuclea la visione di un partito socialista forte ed autonomo, pur nel quadro della politica unitaria, ma, come afferma ancora Lombardi, quella … di un partito anche poco numeroso, ma fortemente organizzato, capace di mettersi all’ avanguardia della classe operaia, selezionato attraverso un’adesione scrupolosa ad una linea precisa fissata dai quadri dirigenti; [tale partito] esiste già ed è all’interno del partito comunista. Non c’è bisogno di fare un inutile doppione. Ma ciò che deve distinguere il Psi è l’essere esso un partito di governo, partito che aspira alla successione di governo, che prepari – Lombardi non lo dice, ma è lecito pensarlo – una propria piattaforma programmatica e governativa. Ciò non significa, come egli stesso avrà modo di precisare nel corso di un secondo intervento, che il partito debba rinunciare alla propria caratterizzazione di classe, diventando un partito collaborazionista: significa invece contribuire, stando in maggioranza o all’opposizione, alla costruzione di una politica di riforme e di avanzamento svincolata dalla logica perversa degli schieramenti internazionali. Tale polemica nei confronti del PCI – e quindi implicitamente della sinistra socialista – Lombardi la svolge con accenni nettamente critici alla linea portata avanti dalla organizzazione di classe sul piano sindacale, cioè dalla CGL, nella quale finivano per prevalere le spinte corporative, che creavano false conflittualità, anziché un impegno che potesse stabilire forme di controllo sull’attività dei gruppi monopolistici. Tipiche le conse- 176 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ guenze che si riflettono nell’atteggiamento nei confronti dell’ERP: mentre ci si attarda o a respingerlo in blocco o a chiederne velleitariamente il controllo, “i grossi gruppi monopolistici hanno già fatto man bassa: la Confindustria ha già stabilito tutto il piano di distribuzione degli aiuti a favore dei grossi complessi monopolistici e parassitari”. Nonostante tale impostazione fosse potenzialmente in grado di offrire un diverso terreno qualitativo, non solo all’analisi, ma anche alla proposta di linee politiche alternative, gli uomini di Riscossa – e Lombardi con essi – stentano a spingersi più oltre. Ma ciò non poteva essere considerato un limite da attribuirsi esclusivamente agli uomini del centro, ma era il segno che la crisi era per intero del PSI o di tutto il movimento socialista in Italia, il quale, in ogni sua articolazione, stentava a definire una sua via che non fosse provvisoria e che potesse incamminarsi verso prospettive più organiche. C’era invece, in questa posizione, almeno un risultato positivo, anche se esso non seppe prolungarsi tanto da dare dei frutti apprezzabili: e cioè il fatto che il PSI, che fino alla scossa del 18 aprile era stato uno spettatore abbastanza inerte della crisi socialista e della sinistra, riusciva con Riscossa ad intraprendere una strada critica che prendeva in carico i nodi di questa crisi e ne faceva elementi caratterizzanti per la ricerca di nuove strade da sperimentare. Più vivace del dibattito, che comunque finiva per riprendere – e non poteva essere altrimenti – le posizioni già espresse in precedenza nelle mozioni, nelle dichiarazioni e negli articoli dei vari leader, fu invece la fase finale del Congresso, nel corso della quale il braccio di ferro in- 177 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ gaggiato tra Riscossa e le altre componenti si trasformò in uno scontro duro al di fuori del dibattito congressuale, con singoli episodi anche di vivaci contrasti personali. Ma la sinistra, che aveva puntato molto sull’ascendente di Pertini verso gli uomini del centro, si ritrovò invece di fronte ad una galvanizzazione dei quadri di Riscossa, i quali, non solo riuscirono a tamponare le falle all’interno del loro schieramento, ma acquisirono anche un numero non trascurabile di mozioni locali che dall’area di Romita si spostarono verso il centro. Quanto ad un’alleanza con la componente autonomista, Lombardi ed i suoi compagni finirono per giudicarla troppo compromettente e destabilizzante, come si direbbe in termini attuali, nei confronti dell’equilibrio del partito, a meno che essa non fosse garantita da un efficace contrappeso a sinistra, di cui comunque non si potevano intravedere le possibilità. La soluzione, che rappresentò da parte dei dirigenti di Riscossa un atto di coraggio, fu quella maggioritaria, anzi della maggioranza relativa. Tuttavia, se tale soluzione servì per uscire in qualche modo dal congresso, essa non fu in grado di poter garantire una gestione conveniente del partito dopo il congresso stesso.165 165 Così nell’articolo di ENZO FORCELLA: “Ventiquattr’ore di seduta” in L’Italia Socialista del 2 luglio 1948 vengono descritte le fasi finali del Congresso. “Le votazioni diedero questi risultati: Riscossa 227.609; Sinistra (unificata) 155.156; autonomista (unificata) 141.866, cioè a un di presso: il 43, 29, 27 % dei voti. La votazione delle mozioni era tuttavia niente a petto di quanto stava avvenendo in un certo sgabuzzino dove si erano rifugiati Morandi, Pertini, Pieraccini, Calogero, Santi e Lombroso e tutti gli altri incaricati delle trattative per la Direzione. Proposte e controproposte ne furono a non finire: Pertini accettò e rifiutò un paio di volte la segreteria del partito; un’altra mezza dozzina di candidati furono proposti e poi scartati. Alle 4, quando già centro e sinistra cantavano vittoria e davano alla stampa l’elenco ufficioso della nuova Direzione, Romita salì alla tribuna e spiegò che, poiché non si riusciva a mettersi - 178 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ La Direzione fu eletta in tarda nottata, dopo un susseguirsi di ore estremamente agitate: essa si compose di ventuno membri, tutti appartenenti a Riscossa o alle mozioni locali affiliate166; alcuni uomini erano modesti o poco impegnati, altri totalmente sconosciuti. Alberto Jacometti, in un volume autobiografico167 descrive con molta d’accordo, consigliava di rinviare alle 10 di questa mattina la prosecuzione delle trattative. Si stette per una mezzoretta a discutere pro o contro la proposta o piuttosto a rumoreggiare intorno alla proposta. Alla fine la proposta di Romita fu scartata. […] Centro e sinistra desideravano una direzione concordata con gli autonomisti. Questi, dopo molta riluttanza, avevano accettato a condizione di essere a parità di seggi con la sinistra. La proposta veniva rifiutata e così ogni possibilità di accordo si annullava. Restava un’unica via: quella di presentare ognuno una lista di 14 membri (e cioè il numero di seggi riservato alla maggioranza) e di votare conseguentemente su queste. Ma anche tale proposta trovava varie difficoltà. […] Alla fine la sinistra accettò il metodo di votazione che abbiamo detto. Tra Lombardi e Basso volarono parole grosse: non si sapeva più come uscire dal ginepraio, si sono avuti momenti di estrema tensione. Fu allora che la Presidenza si trovò in mano una lista composta di soli centristi; la mise in votazione. La sinistra si astenne, una parte degli autonomisti votò a favore”. 166 La nuova Direzione fu composta da Adinolfi, Barbano, Bellanca, Borghese, Carli-Ballola, Dugoni, Fabbricotti, Fiorentino, Foa, Jacometti, R. Lombardi, Lombroso, Lupis, Manno, Gc. Matteotti, Nitti, Perrotti, Pieraccini, Pierantoni e Santi. 167 Scrive Jacometti: “Verso l’alba i compagni, sopraffatti dalla stanchezza, giacevano un po’ dappertutto, sui tavoli, negli angoli, a cavalcioni delle sedie, mentre altri, pur di tener duro, facevano la spola tra la grande sala di Palazzo Ducale e il bar a gonfiarsi di caffè come batraci. Nenni, con non so più chi, era venuto da me, in una saletta attigua, verso le cinque o le sei del mattino. Era un’alba pallida, spettrale. Forse a causa del sonno gli oggetti presentavano dimensioni inconsuete, spigoli duri e fosforescenti. Nenni andava innanzi e indietro; io ero seduto dietro il tavolino, i compagni della corrente di Riscossa facevano grappoli dietro la porta, incapaci di continenza. Si sarebbe detto che Nenni si rendesse conto per la prima volta di quanto era avvenuto dal 18 aprile in poi. Mi domandò se eravamo disposti ad accettare Pertini quale segretario del partito; la sinistra subordinava a questa condizione la propria partecipazione alla nuova direzione. Risposi che no. Nenni se ne andò, scossi la testa e feci cenno ai compagni che non c’era più niente da fare, la sinistra - 179 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ efficacia e drammaticità il clima di quella notte ed il modo, quasi casuale, con cui fu formata la lista della Direzione. Alcuni giorni dopo lo stesso Jacometti veniva eletto segretario, Giancarlo Matteotti, che all’ultimo momento aveva sposato le posizioni di Riscossa, vice-segretario, Riccardo Lombardi direttore del quotidiano del partito, l’Avanti!. Cominciò l’esperimento centrista, periodo breve e difficile, ma esso altro non fu se non un lungo periodo di preparazione al successivo Congresso, il XXVIII, al termine del quale, dopo neppure un anno, la sinistra assumeva nuovamente il controllo del PSI. non avrebbe collaborato. Ci fu un momento di angoscia, che l’alba spettrale e la brezza del mattino resero ancor più accorante. Veniva voglia di lasciarsi cadere su una sedia e di lasciare che il tempo colasse. Invece bisognava ritornare in sala. In sala non c’era più che Basso che minacciava, dalla tribuna, con il suo pallore dei giorni drammatici, d’invalidare il congresso se non si fosse proceduto alla elezione della direzione per votazione segreta. Poi scomparve anche lui. Ricordo che si lanciavano, da parte dei pochi congressisti rimasti, nomi che nessuno aveva mai udito. Qualcuno scriveva. Ricordo che ad un certo punto interruppi: ‘Ma non c’è nessuno, nel partito, che si chiamo così’. Sì’, no. Sì, no. Fu chiaro che c’era uno che si chiamava così. Nacque in tal modo la nuova direzione, la direzione di Genova”. (ALBERTO JACOMETTI: Il filo di Arianna, Torino 1960, pp. 127-128) - 180 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Considerazioni conclusive Su Morandi e Lombardi: i due leader di pensiero Per poter svolgere correttamente alcune considerazioni conclusive sul periodo che è stato sin qui esaminato, occorre senza dubbio tener presente che si tratta di un arco politico non solo breve, ma anche soggetto ad essere in larghissima misura influenzato e determinato da fattori emozionali, tanto che parecchie delle ipotesi politiche a cui è stato fatto riferimento possono talvolta essere considerate transitorie e soltanto in misura parziale raccordabili alle tendenze del PSI, così come nel loro nucleo fondamentale queste erano venute emergendo nel corso degli ultimi anni. Il gruppo che si raccoglieva intorno a Romita costituiva infatti l’espressione di uno spazio politico e di un dibattito che era tuttora vivo all’interno del partito, nonostante la scissione di Palazzo Barberini avesse sottratto al PSI la maggior parte della componente riformista, ma la sua presenza, seppure ingrossata dalle conseguenze della sconfitta, poteva essere considerata praticamente marginale ai termini del dibattito quale si svolgeva tra coloro che avevano compiuto un lungo ripensamento, critico ed anche autocritico, sulla funzione del PSI, sul suo modo di porsi nella sinistra e di fronte alla dialettica delle classi nella società italiana, così come era emersa dalle vicende che avevano seguito la fase nuova inaugurata con la Resistenza. Il dibattito dei primi dieci anni del PSI in - 181 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ questo dopoguerra – ed anche oltre – è stato sostanzialmente segnato da questo dato fondamentale e la storia del PSI è la storia degli sbocchi pratici che a questo dibattito sono seguiti. In questo senso non mi sembra del tutto privo d’importanza cercare di richiamarsi, in termini meno legati a fatti e circostanze, ad alcune caratteristiche di fondo del dibattito socialista, e di vederle collocate nell’ambito particolare delle conseguenze del 18 aprile e delle questioni presenti al Congresso di Genova. Abbiamo visto che uno dei nodi di fondo del dibattito all’interno del partito era l’analisi dei rapporti tra il partito e la classe; e che l’approfondimento intorno a questa analisi ha costituito per lungo tempo un riferimento essenziale per ogni ricognizione sul ruolo del PSI di allora e degli anni successivi e sulla sua presenza nella sinistra e nell’intero campo della lotta politica nazionale ed internazionale. Allora è necessario individuare, anche per i mesi tormentati che seguirono la deludente esperienza del Fronte, quel filo logico che collega i fatti, le esperienze ed il dibattito di quel periodo alla ricerca che nel PSI era stata avviata in quella direzione, ai tentativi messi in atto, o soltanto ipotizzati, di creare un partito socialista nuovo, strumento per la politica di classe, un partito cioè diverso dai modelli tradizionali dello stesso PSI del periodo prefascista o del PCI, così come, nella accezione togliattiana, veniva configurandosi particolarmente in quegli anni. Il PSI inteso come strumento di una “politica di classe” era stata infatti l’impostazione data da Morandi fino dal 1944, in sottile, ma netta distinzione con un PCI che svolge piuttosto una “politica per la classe”. Si trattava di una concezione che aveva un importante retroterra anche - 182 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ in considerazioni di carattere internazionale, dal cui quadro complessivo discendevano sia le motivazioni strategiche, sia il diverso modo di essere dei partiti della sinistra nella realtà italiana.168 Momento culminante di questa 168 Si veda, più indietro, la nota 13. Morandi svolge poi questo concetto successivamente nello scritto “Idea e azione socialista”, diffuso clandestinamente nel 1944, ora pubblicato in RODOLFO MORANDI: Lotta di popolo, cit. pag. 76 e sgg.. Premesso che tra proletariato e borghesia non può instaurarsi una collaborazione di classe, che, sostituendosi alla lotta risolva gli squilibri sociali, il che è impossibile perché “le classi non si fondano per nulla sulle disuguaglianze che presenta la natura umana (… di intelligenza, di iniziativa, di capacità, di temperamento), ma su una gerarchia che si stabilisce nei rapporti economici di produzione, sicché tra questi aggregati l’urto di interessi è inevitabile e conseguente all’esistenza loro”, e che quindi “le classi non possono collaborare dal momento che esprimono proprio la preminenza degli uni e la soggezione degli altri”, Morandi rivendica l’ideologia classista come patrimonio comune di PCI e PSI e degli altri partiti socialisti e comunisti europei che, appunto, alle posizioni di classe fanno riferimento. I partiti comunisti tuttavia “sono la filiazione diretta della rivoluzione russa […] e rappresentano appunto il tentativo di estendere la rivoluzione al resto dell’Europa [ispirandosi] agli interessi della rivoluzione russa, della quale sono stati veramente il baluardo esterno”. Trasferendosi perciò la lotta di classe su un piano internazionale, il programma dei partiti comunisti può essere riassunto in due punti: “difesa dell’URSS ed estensione del regime ed ordinamento sovietico ad altri paesi. Il primo punto implica la subordinazione di ogni altro interesse al sostegno che sotto ogni forma è da prestare all’Unione Sovietica. Il secondo, fissando un fine alla lotta, lascia del tutto indeterminate le rivendicazioni immediate, le quali possono considerarsi un graduale accostamento a quel fine solo nel senso che contribuiscono alla politica sovietica”. Pur considerando che un siffatto giudizio è riferito non al PCI in particolare, ma globalmente ai partiti comunisti europei, tra cui influenza notevole avevano i partiti dei paesi dell’est, al cui interno doveva ancora compiersi il processo di sovietizzazione, il modo particolare di sostenere l’ideologia classista è colto da Morandi con precisione e rigore di analisi e di giudizio. Vi s’intravedono anche alcuni riflessi di preoccupazione, nel caso in cui, come ha osservato Quazza, tale politica (che in Italia si traduceva in una guida dall’alto attraverso la formazione ed il potenziamento di organizzazioni di massa collaterali, alle quali perciò veniva negata autonomia sostanziale) “annacquasse irreparabilmente la politica di classe che la Resistenza avrebbe dovuto condurre nell’Italia liberata, deformandola in - 183 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ concezione critica del rapporto tra PCI e PSI avrebbe dovuto essere la costruzione di un partito nuovo, che fosse il superamento dei vecchi e che facesse, appunto, della politica di classe il parametro fondamentale per la definizione dei propri contenuti e della propria strategia; tale aspirazione, abbiamo visto, era comune anche all’impostazione dello stesso Basso. Ed è probabilmente – sia pur in un quadro politico mutato, soprattutto a livello internazionale – ispirandosi a questa concezione che Morandi concepisce ogni tappa della politica unitaria, rifiutando ogni prospettiva di fusione in cui il partito nuovo non emergesse con evidenza, e sostenendo invece, al momento dell’esasperazione della lotta politica, la necessità del Fronte, intendendolo presumibilmente come un ambito nel quale la volontà delle masse superasse il dato dei partiti e l’esigenza dell’unità partisse dal profondo, non come mera intesa PCI-PSI, ma come determinazione di un nuovo strumento in grado di superarli entrambi. una politica per la classe che sarebbe inevitabilmente divenuta una politica autoritaria, perché esercitata dal partito sulle masse, dall’alto in basso” [GUIDO QUAZZA: “La politica della Resistenza italiana” in AA,VV.: Italia 1943-1950. La ricostruzione, a cura di Stuart J. Woolf, Bari 1974, p. 39]. Assolutamente diversa invece la funzione che Morandi, pur con tutti i limiti individuati nel modo di essere socialista, attribuiva al Partito Socialista, a cominciare dal metodo democratico, e questo inteso sia come “diretto governo di popolo”, sia come metodo da praticarsi all’interno stesso del partito. Ma il Partito Socialista, che pur ha adottato la politica di unità antifascista “con la convinzione di tutelare nel miglior modo con essa gli interessi della classe proletaria”, è soprattutto un partito di classe, “non perché esso escluda da sé categorie sociali fuor dei salariati e si rifiuti di adeguare la sua politica alla posizione ed agli interessi di larghissimi strati della popolazione che non sono proletari, ma perché una coscienza rivoluzionaria non può essere espressa che dalla classe che più direttamente e senza attenuazioni subisce lo sfruttamento capitalistico”. - 184 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Nei mesi che precedono il 18 aprile, durante la preparazione del Fronte, l’impegno, spesso troppo isolato, di Morandi è questo. Viene avanti, è vero, una contraddizione tra le premesse del proprio discorso e l’atteggiamento che si avviava a diventare pedissequo nei confronti del PCI e soprattutto dell’URSS, ma Morandi parte dalla difficoltà della situazione, dall’attacco padronale e dalla repressione in Italia, dalla dottrina Truman e dalle manifestazioni dell’imperialismo americano per pervenire alla individuazione di una reazione spontanea delle masse che trova i propri strumenti di lotta nella politica della sinistra in campo interno e, in campo internazionale, nell’URSS inteso, più che come paese del socialismo, come baluardo antimperialista, anche in virtù della fama che la stessa Unione Sovietica si era conquistata nella vittoriosa lotta contro il nazismo. Il 18 aprile è per Morandi e la sinistra del PSI la conferma che la crisi mondiale si è ulteriormente aggravata, che conseguenze dirette di questa crisi si riflettono in Italia dove si acuisce lo scontro di classe e, per effetto di questo, la sinistra subisce una netta sconfitta. Perciò lo spazio per determinare diversità di funzioni, anche se potenzialmente integrabili, tra PSI e PCI subisce una drastica rivoluzione: non si tratta più di distinguere tra un PCI solidale ed interprete della politica sovietica ed un PSI attento anche ai più immediati momenti della rivendicazione di classe, ma si tratta invece di "precisare pregiudizialmente la posizione che il partito intende assumere nella lotta intrapresa sul piano mondiale contro il comunismo"169, in cui la risposta già implicita determina prevenLUIGI CACCIATORE - RODOLFO MORANDI: "Ai compagni di sinistra", cit. 169 - 185 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ tivamente il versante scelto e condiziona lo svolgersi del rapporto unitario a sinistra. Sintomatico è, a questo proposito, che proprio nell'intervento al congresso Morandi riprenda, in polemica con Lombardi, quello stesso giudizio sullo svolgimento della lotta di classe sul piano internazionale, di cui aveva fatto debito anche al PCI negli anni precedenti e che ora invece assume come patrimonio della sinistra del PSI e come proposta di questa a tutto il partito. Secondo Lombardi - si legge nell'intervento congressuale di Morandi - il Partito socialista italiano è un partito di governo, nel senso che vuol prendere la direzione della vita politica del paese. Tuttavia egli ha mancato di precisare come la differenza tra la politica da noi svolta e quella dei partiti socialisti occidentali consista in ciò, che noi facciamo una politica di classe. Pertini aveva già chiarito questa differenza, ma Lombardi è incorso in un'affermazione che rappresenta una vera deviazione ideologica con l'assoluta consapevolezza di questa deviazione. Egli ha detto che come socialista si rifiuta di ammettere lo sviluppo in quest'epoca della lotta di classe sul piano internazionale. Ha detto che questa è una formula specifica dell'ideologia comunista e che, se egli la condividesse, passerebbe al Partito comunista italiano. La sinistra sente e conferma questa estensione della lotta di classe.170 RODOLFO MORANDI: "Intervento al XXVII Congresso", sintesi in Avanti! del 2 luglio 1948. Tale affermazione consentiva a Lombardi di replicare: "Evidentemente la lotta di classe dilata anche sul terreno internazionale, poiché essa non si chiude nei confini ristretti di un paese. Però la lotta di classe non si identifica coi conflitti internazionali; la frontiera di essa non si identifica con quella che passa tra i paesi occidentali e quelli orientali. (RICCARDO LOMBARDI: "Intervento nella seduta del 30 giugno al XXVII Congresso", sintesi riportata in Avanti! del 2 luglio 1948) 170 - 186 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Questo è dunque lo stacco che c'è nell'atteggiamento di Morandi nel '48, stacco che è ulteriormente avvertibile quando si consideri che egli aveva costituito il momento di ricerca più penetrante per la fissazione di un ruolo per il PSI nella sinistra e nella politica della classe lavoratrice. Ma è corretto parlare di contraddizioni e di cambiamenti di rotta? Credo a questo proposito che potrebbe portarci a riposte incerte o fuorvianti - come del resto potrebbe essere fuorviante una formulazione della questione solo al fine di rilevare delle contraddittorietà rigidamente posizionate nel tempo - partire da presupposti che in Morandi non ci sono o, se ci sono, sono solo manifestazioni secondarie, colte singolarmente nel tempo e non storicizzate. Un limite di questo genere è valutare Morandi, anche questo Morandi che opera la brusca conversione del '48, con l'unico metro della ricerca del quanto di politica autonomista esistesse nel suo pensiero e di cui si ricavano indubbiamente tracce in gran parte dei suoi scritti del Centro Interno, nella critica a Bauer e successivamente anche in quelli dell'immediato dopoguerra. Ma da Morandi, da tutto Morandi, emerge, a mio avviso, altro che non la semplice ricerca della misura di una supposta autonomia, così come nel '45 emergeva altro che non il fusionismo di cui lo si voleva accreditare: emerge l'impegno personale, teorico, ma anche fortemente perseguito sul piano della realizzazione pratica, della ricerca socialista per una politica di classe che superasse le ragioni più esterne del PSI e del PCI, per coglierne quelle intime, quelle che, determinate dal modi di essere della classe operaia, avrebbero dovuto dar vita ad una nuova espressione, ad un nuovo strumento politico unitario della classe. - 187 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Allora la domanda può e deve essere riformulata in altri termini: come si colloca il momento particolare del '48 nel continuum teorico-politico di Morandi, all'interno del quale - per dirla con Stefano Merli - "c'è una estrema rigorosità e omogeneità, pur nella articolazione tattica e nel realismo politico"?171 E ancora: possiamo ritrovare, anche nel '48, che pure costituisce l'inizio di una nuova fase, quella che, influenzata dallo stalinismo sul piano internazionale, fece registrare la massima identificazione formale della politica del PCI con quella del PSI, i caratteri fondamentali della sua ricerca teorica e pratica? Quale fu, all'interno del pensiero morandiano, lo sviluppo ulteriore del rapporto tra partito e classe? La risposta a queste domande deve necessariamente partire dalla constatazione che le posizioni del '44, che pure erano l'evidente esplicazione di tutto un lungo movimento di pensiero, erano identificabili in un particolare momento, in cui il quadro internazionale di scontro non si era ancora precisato nelle sue implicazioni più gravi. Nel 1948 invece, come già in occasioni precedenti, alla scissione socialdemocratica o alla rottura del tripartito, queste implicazioni erano molto più evidenti; perciò, senza voler dare con questo dei giudizi giustificazionismi, occorre rilevare che i margini non formali per trarre, dall'analisi dei rapporti internazionali, auspici per una politica autonoma socialista in campo nazionale, come sarà il tentativo di Lombardi, erano in pratica ristretti, anche se ineccepibili nella logica. Come ha scritto Gaetano Arfé, per chi, come Morandi, faceva discendere la propria azione politica da profonde e non occasionali motivazioni di classe, "una STEFANO MERLI: "Morandi e della nostra tradizione storica", in Unità proletaria, n. 5 del dicembre 1975, pp. 35 e sgg. 171 - 188 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ posizione mediana, ipotizzabile in astratto, diventava inattuale nella realtà, [così che] la scelta finiva con l'essere a questo punto inevitabile, ed a spingere in direzione frontista contribuiva in maniera prepotente il senso di delusione e di esasperazione delle masse popolari che avevano creato il nuovo stato e ne venivano escluse".172 C'è pertanto da dire che, anche dopo il 18 aprile, a differenza di altri dirigenti e soprattutto in presenza di uno stato largamente emozionale, esistente al vertice ed alla base del partito, quale quello di cui si sono viste le manifestazioni nelle pagine precedenti, Morandi prese immediatamente l'iniziativa per superare la crisi e per superarla sull'unico terreno che egli riconosceva valido per poter esser percorso dal PSI: quello dell'unità della classe nella lotta contro l'offensiva conservatrice e moderata in corso nel paese, quanto meno a partire dalla rottura della coalizione tripartita e, di conseguenza, quello della solidarietà a quelle forze che, sul piano internazionale erano, a torto o a ragione, da considerarsi il naturale punto di riferimento nella battaglia anticapitalistica. Sulle conseguenze che questa impostazione provocò in tema di rapporti tra PCI e PSI, coglie parzialmente nel segno Aldo Agosti, quando afferma che "al Partito comunista Morandi riconobbe presto, con un realismo di cui altri dirigenti socialisti non seppero dar prova, il ruolo egemone che la parte avuta nella lotta clandestina prima e nella resistenza armata poi e il rapporto con l'URSS gli at- GAETANO ARFÉ: In memoria di Rodolfo Morandi. Discorso commemorativo al Comitato centrale del PSI del 24 luglio 1965, Roma 1965, p. 13. 172 - 189 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ tribuivano nella classe operaia".173 Certo, c'è in Morandi la consapevolezza che il PCI avesse ragioni più concrete da far valere nell'affermare la sua preponderante importanza nella classe operaia italiana, e questa consapevolezza il dirigente milanese la esprime nel corso delle scelte che egli, volta per volta, adotta, ma occorre anche precisare e tener ben presente - e questo punto probabilmente Agosti non considera - che non è mai esistito per Morandi il problema di definire quale fosse la forza egemone del movimento operaio, quando l'egemonia si esprime non attraverso la strategia dei singoli partiti, bensì attraverso i contenuti della politica di classe e dei processi politici messi in atto per costruirne lo strumento adeguato. E se dopo il 18 aprile "il destino della lotta di classe si gioca sempre più sul piano internazione [e perciò] scompaiono le ragioni di differenziazione tra il partito socialista come portatore degli interessi più specificamente nazionali della classe operaia italiana"174, non è men vero che l'accettazione di questa logica rimane per Morandi confinata nell'ambito di una fase di ripiegamento e difensiva del movimento operaio internazionale, alla quale avrebbe dovuto far seguito quella fase di ripresa che la guerra fredda aveva bruscamente interrotto. Il dato qualitativo nuovo che c'è in Morandi rispetto al PCI, anche in quegli anni, è che il mantenimento di strutture distinte tra i due partiti, anche se svolgono una politica coincidente, è non solo nel dato formale sottolineato da Morandi, della necessità di "conservare orbite differenziate di influenza", ma anche in quello sostanziale, citando ancora Merli, "di un realismo che gradua ogni momento teorico e organizALDO AGOSTI: "Morandi e i comunisti italiani", in AA.VV.: Morandi e la democrazia del socialismo, Venezia 1978, p.57 174 Ib., p. 78 173 - 190 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ zativo a livello di coscienza, di lotta, di potere delle masse" e da cui si tentava di "impostare una strategia che fosse insieme di preparazione, di creazione di potere, di difesa e di offesa, […] che nella fase difensiva mira a salvare il momento della preparazione, a costruire le premesse per lo sbocco rivoluzionario successivo, che non è una sovrapposizione partitica e quindi autoritaria, ma creazione diretta della masse".175 L'articolo-appello "Ai compagni di sinistra", redatto assieme a Luigi Cacciatore, è, con ogni probabilità, il momento in cui Morandi prende piena coscienza dell'apertura della fase di ripiegamento e ne adotta i comportamenti conseguenti, che poi svilupperà, sia nella polemica che ebbe con Lombardi agli inizi del '49 176, sia nell'impostazione data successivamente alla politica del PSI nel momento in cui la sua influenza fu più determinante, ossia negli anni dal 1949 al 1953. La violenza verbale della polemica intessuta con Riccardo Lombardi è certamente inusitata, ma in essa è individuabile un sottofondo che può essere apprezzato solo tenendo presente il particolare metro del rigore morandiano ed evitando di ricorrere a schemi che invece in Morandi sono inesistenti. Così, come si è visto, la concezione che fa risalire a Morandi le radici di un certo autonomismo, in quanto dirigente impegnato in una critica al burocratismo delle strutture del socialiSTEFANO MERLI: "Morandi e della nostra tradizione storica", cit. Essa si sviluppa attraverso due articoli di Lombardi [RICCARDO LOMBARDI: "Prospettiva 1949" e "False gravidanze" in Avanti! del 31 dicembre 1948 e del 18 gennaio 1949) e le risposte di Morandi (RODOLFO MORANDI: "Insensibilità di classe" e "La pietra di paragone", in La Squilla, Bologna del 12 e del 26 gennaio 1949). I quattro articoli sono ora riportati integralmente nel volume RODOLFO MORANDI: La politica unitaria, cit. pp 15-27 175 176 - 191 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ smo sovietico e propositore di una strategia della transizione poggiante sulle riforme e sulla loro gestione democratica e socialista, rischia di non cogliere nel segno in quanto dimentica il complesso generale del pensiero morandiano per essere applicata solo in particolari contesti. In questo senso, per le stesse ragioni per cui non poteva essere definito fusionista, altrettanto Morandi non poteva in qualche modo essere considerato portatore di esigenze in senso autonomistico: la concezione che in lui prevaleva era, come si è visto, piuttosto quella unitaria rispetto alla classe, sia pur nel distinguo tra politica di classe e politica per la classe, concezione diversa che anzi alle altre si contrappone, non presupponendo nei propri obiettivi né divisione organizzativa e strategica della sinistra né, conseguentemente, problemi di egemonia. Mi sembra invece che in modo nettamente diverso possa essere individuata la visione di Lombardi, che pure, per sua stessa ammissione 177, aveva assimilato gran RICCARDO LOMBARDI: “Morandi e i problemi della transizione al socialismo” in AA.VV.: Morandi e la democrazia del socialismo, cit. pp. 139-144. Lombardi in questa occasione fa mostra di stupirsi dell’asprezza della polemica che Morandi aveva voluto intessere con lui, affermando invece che egli aveva solo portato avanti quei temi che dell’elaborazione morandiana erano caratteristici, quali quelli “nei riguardi dell’Unione Sovietica, dell’antistalinismo, della rivoluzione italiana, dell’improponibilità di riforme imposte dall’alto”. Lombardi in somma accetta l’ipotesi della separazione netta e per certi versi risolutiva del Morandi del ‘48/53 con quello precedente, separazione però dovuta “alla preoccupazione della guerra, dell’assedio, della divisione del mondo che avrebbe portato ad esiti fatali” e quindi di una certa forzatura e strumentalità in occasione della polemica del ’49. Questa opinione, su cui personalmente mantengo perplessità per le ragioni già spiegate, è invee quella più accettata. Si veda in proposito Simona Colarizi, che ha studiato da vicino il pensiero e l’opera di Lombardi, che ritrova in Morandi l’ “irritazione e l’imbarazzo di trovarsi contestato nella polemica sul frontismo con gli strumenti più genuini e validi della sua stessa ela- 177 - 192 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ parte della elaborazione morandiana particolarmente sui temi della transizione. Essa infatti si presentava con propri caratteri sia sul piano dell'immediatezza, sia su quello delle generali linee di tendenza che lo stesso cammino lombardiano presenta con una certa costanza nell'arco di molti anni.178 Sul piano della contingenza politica l'intento di Lombardi, specie dopo la defezione di Pertini, fu quello di mettersi alla guida di quel consistente settore socialista che fu sollecitato dalla sconfitta subita il 18 aprile verso diverse direzioni, tutte comunque riconducibili alla necessità del recupero di un’iniziativa politica autonoma da parte del PSI nella sinistra, con ipotesi di movimento più generale nel più vasto ambito dei settori della sinistra moderata in quel momento occupati dalla presenza preponderante del saragattiano PSLI. Che il recupero dovesse avvenire salvaguardando a sinistra un quadro corretto per quanto riguarda i rapporti col PCI e, a destra, mantenendo una precisa discriminante nei confronti di coloro che portavano il movimento socialista a cedimenti troppo vistosi sul piano della collaborazione di classe, tale era indubbiamente la preoccupazione di uomini come Lombardi che erano il nucleo dirigente della mozione di Riscossa. Che tuttavia le forme di una siffatta impostazione prendessero, agli occhi rigorosi di esponenti come Morandi, i caratteri di ambiguità che, sotto questa veste ap- borazione”. (SIMONA COLARIZI: “Introduzione” a Riccardo Lombardi: scritti politici. 1945-1963, Venezia 1978, p. 19) 178 Su questo punto in particolare si vede, oltre il saggio della Colarizi di cui alla nota precedente, a nche quello particolarmente riferito a quegli anni di EMANUELE TORTORETO: La politica di Riccardo Lombardi dal 1944 al 1949, Genova 1972. - 193 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ punto, furono rilevati e criticati, è comunque cosa perfettamente conseguente. Significativo è, a questo proposito, l’articolo che lo stesso Lombardi scrisse per l’Avanti! a conclusione del Congresso, nel quale l’esponente ex azionista tracciava le linee della politica che il nuovo gruppo dirigente socialista si accingeva ad intraprendere.179 In esso, infatti, non si ribadiva soltanto la necessità di mantenere legami unitari col PCI per fare una politica di fronte in luogo della politica del fronte, ma si poneva contemporaneamente la sinistra socialista ed il PCI di fronte a precisi interrogativi: di questi il più significativo in senso politico ed il più urgente da definire in termini ristretti era se fosse corretto persistere nella identificazione della “politica di un partito socialista con la politica dell’Unione Sovietica”, ossia di stabilire se “il Partito socialista italiano (e non questo o quell’altro partito socialista), oggi (e non ieri o domani) debba seguire, come criterio di azione politica, l’assecondamento delle esigenze della politica estera dell’Unione Sovietica, identificando la lotta di classe con la lotta fra Unione Sovietica e stati capitalistici”. Certo, come si è visto, la visione di Lombardi era condizionata dalla necessità di dare caratteri più politici ad un centro che nel partito esisteva. Esso derivava in gran parte dalle condizioni in cui si era formata la nuova struttura socialista del dopoguerra, dal carattere composito delle esperienze politico-culturali che avevano concorso a questa formazione; come aveva probabilmente alcune radici anche nello stesso tipo di reclutamento e seleRICCARDO LOMBARDI: “Bilancio del Congresso”, in Avanti! del 4 luglio 1948 179 - 194 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ zione, soprattutto per quanto riguardava i quadri dirigenti intermedi, la cui origine, generalmente piccoloborghese e derivante dagli strati del ceto medio, giocava un ruolo che difficilmente poteva essere assimilabile all’azione della sinistra, ma che aveva invece forte disponibilità ad un richiamo potenzialmente integralista quale quello che la mozione di Riscossa rappresentava in quei mesi tormentati. Del resto è sempre possibile constatare come, in determinati momenti cruciali della storia del PSI nel corso della sua vicenda, si siano prodotte esperienze che hanno rivelato un centro del PSI come posizione sempre possibile, soprattutto in concomitanza di uno stato di difficoltà delle componenti estreme. Ma Lombardi non poteva limitarsi a gestire un centro incerto e non caratterizzato. Per le condizioni particolari del momento politico, esso era destinato a non presentare occasioni favorevoli alla propria sopravvivenza per lo meno in medio periodo: infatti le ragioni delle altre componenti erano forti e, se Romita non poté trovare all’esterno gli interlocutori che gli consentissero di rilanciare con forza la presenza autonomista nel PSI (il che fu tra le cause determinanti del progressivo inaridimento della sua posizione) lo stato di tensione internazionale riproponeva condizioni favorevoli ad una ripresa della sinistra, che su questo poté giocare tutte le sue carte. Per questo la posizione di Lombardi doveva necessariamente legarsi a concezioni meno transitorie che non il senso di frustrazione dopo la sconfitta ed a rivolgersi anche a particolari argomenti che dalla stessa tradizione socialista traevano analisi e proposte, sulle quali si faceva conto per una forte mobilitazione. - 195 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Esse tuttavia non riuscirono ad esserlo per un doppio motivo di debolezza: da una parte pesò anche per Riscossa una certa mancanza di interlocutori nella sinistra democratica e socialista, nel cui ambito, anche da parte degli esponenti più avanzati, si riproducevano chiusure a sinistra in senso decisamente anticomunista180; dall’altra giocò l’ulteriore evoluzione della situazione in politica interna e per il governo di cui erano compartecipi gli esponenti maggiori di Unità Socialista e poi del PSLI. Peraltro sul piano internazionale le scelte governative presupponevano l’aggancio, attraverso il Patto Atlantico, alla leadership americana. Resta perciò il dubbio che la posizione lombardiana finisse per fare astrazione da troppe delle condizioni oggettive che pesavano sul momento politico e che, di conseguenza, nella sua elaborazione e proposta politica si peccasse un po’ di un certo intellettualismo e di mantenimento di quei “residui elitari” che invece Merli dà ormai per scomparsi nel pensiero morandiano.181 Il problema conseguente è perciò quello di valutare se si possa parlare di intellettualismo in una posizione che, come quella di Lombardi, rifiutava gli schemi troppo semplificativi della guerra fredda e negava che la politica di classe in Italia potesse aderire ad una rigida scelta di campo sul terreno internazionale, il che rappresentava, certo, una scelta immanente e pratica, ma al tempo stesso poteva portare a conclusioni inaccettabili in una logica Si vedano particolarmente, dopo il Congresso, gli articoli di ALDO GAROSCI: “Contraddizione non solo formale” e di PAOLO VITTORELLI: “Pregiudiziale”, “Un partito socialista con una politica socialista”, “Unità operaia e unità socialista”, in L’Italia socialista del 6, 9, 11 e 14 luglio 1948. 181 Cfr. ancora STEFANO MERLI: “Morandi e della nostra tradizione storica”, cit. 180 - 196 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ che intendeva recuperare per il PSI precise funzioni: alla conseguenza cioè di creare un partito leninista di seconda categoria, ultimo baluardo contro le suggestioni del riformismo romitiano e saragattiano e persino dello stesso neutralismo lombardiano, all’errore, come ha affermato Franco Fortini, “di credere che si potesse essere due partiti senza dire perché”182, alla necessità di dover cancellare, sia pur temporaneamente, le motivazioni più profonde dell’esistenza di un partito socialista caratterizzato da una politica di sinistra non comunista e non socialdemocratica. Si è visto in quale ambito politico e culturale Morandi collocasse le proprie scelte; quelle di Lombardi, invece, anch’esse comunque caratterizzate da una forte esigenza di rapporti unitari a sinistra, sono scelte antitetiche, sono l’altro modo di intendere una politica di sinistra necessariamente collegata al PCI, ma altrettanto necessariamente non costretta ad assumere in tutto e per tutto la rappresentanza degli interessi del PCI in un particolare settore dell’elettorato. In questo senso non si può non rilevare come la visione di Lombardi si muovesse in un’ottica del tutto diversa da quella morandiana, dovendosi assegnare al PSI ed al PCI compiti distinti, anche se non contrapposti, e che quindi aveva come presupposto - anche culturale oltre che politico – il mantenimento dell’autonomia e della peculiarità socialista. La polemica MorandiLombardi, perciò, discende direttamente da questo diverso intendere la funzione del PSI e quella complessiva della sinistra: si può certo rilevare l’inusitatezza della violenza verbale, ma non è possibile fare a meno di valutarla per quelli che erano i termini politici realmente esistenti FRANCO FORTINI: Dieci inverni. 1947-1957. Contributi ad un discorso socialista. Bari 1973, p. 293 182 - 197 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ nelle condizioni del paese, della sinistra e del dibattito socialista. L’esistenza di queste condizioni proprio all’interno del dibattito socialista attenua in molta misura le componenti intellettualistiche della visione lombardiana. In questo senso può essere utile rilevare che il Lombardi del ’48 non ha ancora l’occasione di esprimersi come il lucido, ma anche distaccato, argomentatore degli anni successivi, quelli del centro sinistra e della crisi del centro sinistra; egli in quel periodo, per derivare la propria origine dal Partito d’azione e per avere quindi una milizia socialista di partito molto recente, puntava invece a definire un proprio ruolo ed una propria influenza nel PSI, nel quale aveva individuato con chiarezza alcuni tratti fondamentali ed un settore – più che una corrente od una componente – che potenzialmente si rendeva disponibile ad una ricerca sulle motivazioni più profonde della realtà socialista nella società italiana, ma altrettanto rischiava di determinarsi anche verso sbocchi più deteriori, come conseguenza del fatto che – cito ancora Fortini – esso manteneva “come nostalgia o alibi la propria tradizione precedente alla scissione di Livorno, […] conservando come in letargo e disponibile un animo socialdemocratico, vera e propria uscita di sicurezza”.183 Fare i conti con questa realtà e dargli un carattere di positivo superamento dei limiti negativi, verso la costruzione di una politica e di un partito che puntassero ad una riqualificazione socialista ed al varo di una nuova linea egemonica del PSI nella sinistra, era da considerarsi quindi un’esigenza non del tutto intellettualistica e che, anzi, teneva conto di una precisa situazione in campo so183 Ib. - 198 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ cialista, situazione che Morandi riuscirà per qualche tempo a tenere in disparte negli anni della sua preponderante influenza sul partito, ma che riemergerà in maniera decisa nel corso della svolta del ’56. Ma da quel momento ci sarà, sulla strada di Lombardi, l’iniziativa politica di Pietro Nenni. - 199 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ INDICE DEI NOMI Adinolfi Pietro, 179n, Agosti Aldo. 15n, 19n, 189, 190 e n., Amadei Leonetto, 76n Amaduzzi Ruggero, 76n, 131n, Amendola Giorgio. 8n, 23, 32n, 33n, 139n, Andreis Enzo, 75n Andreoni Carlo, 5n, Arfé Gaetano, 11 e n., 13 e n, 16n, 29n, 188, 189n, Blum Léon, 29n Bonfantini Corrado. 5n, Borghese Gianguido, 76n, 179n, Bottai Amerigo, 63 Briganti Walter, 131n, Cacciatore Luigi, 64, 66, 67, 71, 81, 83, 122 e n., 123 e n., 125, 126, 128, 129, 131, 133n, 135, 138, 139, 156, 185, 191 Calogero Guido, 99, 100n, 106, 107 e n., 109, 110, 111, 134 e n., 141n, 142, 178n, Caporaso Elena, 122n, Caporaso Mario, 76n Cardona Giacinto, 122n, 131 e n., 132n, Carli-Ballola Renato, 179n, Casadei Giuseppe, 122n, 139, Cattani Venerio, 131n, Cavalli Libero, 131n, Cavour Camillo, 43 Cazzola Franco, 5n Cerabona Francesco, 76n Churchill Winston, 25 Cianca Alberto, 76n Cippico Edoardo, 49 Colarizi Simona, 192n, 193n, Colorni Eugenio, 8n Corona Achille. 5n. 122n, Covatta Luigi, 30n Crescenzi Carlo, 131n, Curiel Eugenio. 8 e n, 9n Badini Carlo, 131n, Baldacci Gaetano, 151n, Ballotta, 76n Barbano, 179n, Basso Lelio. 5n, 8, 9n, 10 e n., 12, 13n, 14, 17, 19, 21, 24 e n., 34, 35 e n., 36, 37, 38, 39, 45 e n., 47 e n., 48, 49n, 51, 52 e n., 53 e n., 57, 58, 64, 69, 70 e n., 72, 77, 81, 87, 90, 91e n., 92, 93 e n., 94 e n., 95, 97, 99, 103, 113n, 114, 120, 122, 123, 127, 128, 138, 139, 144, 151, 152n, 155, 156 e n., 157, 158, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 167 e n., 168, 169, 172, 174, 175, 179n, 180n, 184, Bauer Otto, 187 Bellanca Ugo, 179n, Benzoni Alberto, 12n, 129n, Berlinguer Mario, 122n, - 200 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Curti Ivano, 76n Gambino Antonio, 22 e n., 23, 31 e n., 36n Garavini Sergio, 131n, Garosci Aldo, 55n, 111, 196n, Gennari Egidio, 9n Ghislandi Guglielmo, 75n Giannini Massimo Severo, 122n, 131n, Giolitti Giovanni, 43 Giua Renzo, 63, 69n, 72 Granzotto Giorgio, 131n, Grazia Giorgio, 122n, Greppi Antonio, 5n Grisolia Domenico, 122n, 139, De Gasperi Alcide, 16n, 22, 30n, 32n, 33n, 40, 43, 52, 53, 85, 143, 159, De Martino Francesco, 76n De Michelis, 75n De Rosa Gabriele, 27n, 28n, 88n, Dimitrov Gheorghj, 103 Di Pol Bruno, 131n, Di Primio Raffaele, 131n, Donini Ambrogio, 8n Dugoni Eugenio, 179n, Fabbricotti Andrea, 113n, 179n, Faenza Roberto, 30n Faravelli Giuseppe, 5n, 13, 15, 16, 21 Fedele Santi, 36n, 74n, Feltrinelli Giangiacomo, 8n, Fenoaltea Giorgio, 131n, Ferrara Marcella, 41n Ferrara Maurizio, 41n Fini Marco, 30n Fiorentino Giosuè, 76n, 179n, Foa Vittorio, 80, 97, 113 e n., 115, 179n, Forcella Enzo, 87e n., 90n, 151, 152n, 171n, 172n, 174n, 178n, Fortini Franco, 197 e n., 198 Frattarelli Emilio, 148n, Furno Carlo, 143n, Ingrao Pietro, 33n, 36n, 37n Jacometti Alberto, 60n, 61 e n., 63, 69n, 72, 113 e n., 153, 154n, 155, 179 e n., 180 e n. Landolfi Antonio, 11n Livigni Mario, 131 n, Lizzadri Libero, 131n, Lizzadri Oreste, 14, 17, 21, 36, 69n, 70 e n., 100, 123 e n., 127, 138 e n., 139, 140n, Lombardi Foscolo, 61n, 63, 68, 70, 75 e n., 76n, 78, 122n, 128n, 154, 155n, Lombardi Riccardo, 37, 38n, 58, 61 e n., 62n, 63, 64, 74n, 76n, 77, 80, 97, 113 e n., 115, 117 e n., 118n, 121, 129, 130, 145, 152n, 155, 165, 168, 172 e n., 173, 174, 175n, 176, 177, Gaeta, 139 Gallo Mario, 75n - 201 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Merli Stefano, 8n, 188 e n., 90, 191n, 196 e n., Milillo Vincenzo, 131n, Modigliani Giuseppe, 5n Molé Elisa, 76n Molotov Vjaceslav, 27, 28n, 47, 48n Montalenti Giorgio, 131n, Morandi Rodolfo, 5n, 8, 10, 12, 14, 15 e n, 17, 18, 19 e n, 20, 21, 23, 34, 37, 64, 65 e n., 66, 67, 68, 77, 78n, 81, 83, 91n, 120, 122 e n., 123 e n., 124 e n., 125, 126, 128, 129 e n., 130, 131 e n., 132n, 133n, 135, 138, 139, 147, 156, 178n, 181, 182, 183n, 184, 185 e n, 186 e n., 187, 188 e n., 189 e n., 190 e n., 191 e n., 192 e n., 193, 196n, 197, 199. Moretti Paolo, 16n 178, 179n, 180, 181, 186 e n., 188, 191 e n., 192 e n., 193 e n., 194 e n., 195, 196, 197, 198, 199. Lombroso Cesare, 113n, 178n, 179n, Longo Luigi, 12n, 75 Longo Rosetta, 122n, Lufino, 76n Lupis Giuseppe, 179n, Luzzatto Lucio, 5n, 64 e n., 74, 76n, 122n, Luxemburg Rosa, 97 Malagugini Alcide, 5n Manacorda Gastone, 13n Mancinelli Carmine, 122n, 139 e n., Mancini Giacomo, 122n, 131n, Mancini Pietro, 122n, Mangione Romolo, 76n Manno Nicola, 179n, Marshall George, 41, 48 Marshall [Piano], 26, 27n, 29, 41, 43, 47, 55, 58, 62, 68, 80, 81, 84, 85, 109, 118, 119, 144, 171, Marx Karl, 166, Masaryk Ian, 49 Mastracchi Elio, 140n, Matera Anna, 76n Matteo Lombardo Ivan, 21, 54, 55n, 60n, 100n, 105, Matteotti Giancarlo, 159, 179n, 180, Matteotti Matteo, 14 Mazzali Guido, 59n, 72, 73 Nardi Vincenzo, 76n Negro Silvio, 44n, 150n, 151 e n., Nenni Giuliana, 122n, Nenni Pietro, 5n, 13, 15, 17, 18 e n, 10, 20, 21, 24n, 25 e n, 28 e n., 34, 36, 37, 39, 47n, 51 e n., 63, 81, 82 e n., 83, 84 e n., 85, 86 e n., 87e n., 88, 89 e n., 90, 97, 99, 120, 121, 138, 139, 144, 145 e n., 147, 150, 151, 152n, 153, 154, 155, 162, 170, 172 2 e n., 179n, 199. Nitti Fausto, 179n, Novella Agostino, 75 - 202 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ Palumbo Gennaro, 122n Palleschi Roberto, 131n, Panzieri Raniero, 122n, 131 e n., 132n, Parri Ferruccio, 16n, 22, 32n Passigli Marisa, 131n, Pedone Franco, 20n, 131n, Pera Giuseppe, 59n, 123n, 151n, Perrotti Nicola, 113n, 179n, Pertini Sandro, 5n, 21, 37, 99, 113 e n., 135 e n, 144n, 145, 147, 148 e n., 149 e n., 150, 151 e n., 152 e n., 153 3 n., 154 e n., 155, 162, 170, 171 e n., 172 e n., 178 e n, 179n, 193, Petriccione Sandro, 131n, Pieraccini Giovanni, 38, 57, 113 e n., 135 e n., 145, 146 e n., 149 e n., 172, 173 e n., 174n, 178n, 179n, Pietranera Giulio, 131n, Pinzauti Attilio, 143n, Pirazzi, 75n Piscitelli Enzo, 16n, 32n Platone Felice, 40n Polli Carlo, 131n, 61, 63, 64, 77, 92, 100 e n., 101, 102, 103, 104, 105, 110, 111, 115, 119, 121, 126, 141n, 142, 143, 144n, 150, 154, 172n, 178 e n., 181, 195, Roosevelt Franklyn, 25 Rossanda Rossana, 91 e n., 97, 98n, Sacconi, 139, Salvadori Massimo L., 86, 87n Sansone Luigi Renato, 122n, Santarelli Enzo, 8n Santi Fernando, 72n, 113 e n., 178n, 179n, Saragat Giuseppe, 5n, 13, 15, 16, 21, 22, 29, 41, 52, 53, 85, 105 Savoldi Luigi, 131n, Scarrone Giulio, 131n, Schiavetti, 76r Scoccimarro Mauro, 75 Scoppola Piero, 30n, 33n Scricciolo Loris, 143n, Secchia Pietro, 75 Silone Ignazio, 5n, 21 Solari Leo, 76n Spinelli Carlo, 100n Spinosa Antonio, 135n, 138n, 144n, Stalin Josip, 25, 26 Quazza Guido, 14 e n., 19 e n., 31 e n., 183n, 184n, Ramat Raffaello, 143n, Ravà, 76n Rienzi Emanuele, 131n, 132n, Rocco Emmanuele, 153n, Romita Giuseppe, 39, 48n, 53, 54, 55, 56 e n., 57, 58, 59, 60, Tamburrano Giuseppe, 18n, Tedesco Viva, 129n, Togliatti Palmiro, 24, 27n, 32 e n., 33n, 36n, 51, 75 e n., 76n, - 203 - Silla Cellino: Il PSI dopo il 18 aprile __________________________________________________________________________________ 78 e n., 114n, 115n, 133n, 134n, 135n, Tolloy Giusto, 36, 69n, 139, Tonetti Giovanni, 75n Torrigiani Guido, 143n, Tortora, 76n Tortoreto Emanuele, 193n, Truman Harry, 25, 26, 171, Truman [dottrina], 25, 26, 29, 58, 185, Turoldo Davide Maria, 45, 46n Valiani Leo, 25, 26 e n., Valori Dario, 131n, Vassalli Giuliano, 5n, 14 Vecchietti Tullio, 5n, 122n, Venturini Aldo, 131n, Vittorelli Paolo, 55n, 111, 196n. Woolf Stuart J., 184n, Zagari Mario, 5n, 14 Zappelli, 75n, - 204 -