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ORDINE
I
QUADERNI DELL’ ORDINE
DEGLI
AVVOCATI DI MILANO
IL PROCESSO
CIVILE
TELEMATICO
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ORDINE
Dipartimento di Scienze giuridiche ecclesiastiche,
filosofiche-sociologiche e penalistiche "Cesare Beccaria"
Sez. di Filosofia e Sociologia del diritto
DEGLI
AVVOCATI DI MILANO
VIA FESTA DEL PERDONO, 7 - 20112 MILANO
IL PROCESSO CIVILE
TELEMATICO
La prima applicazione a Milano
Enrico Consolandi Paolo Giuggioli Daniela Intravaia Mario Jori
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I quaderni
dell’Ordine
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HANNO COLLABORATO:
Avv. Paolo Giuggioli
Prof. Mario Jori
Prof. Andrea Rossetti
Dott. Enrico Consolandi
Dott.ssa Daniela Intravaia
Dott. Carmelo Ferraro
Avv. Piero Pacchioli
Avv. Francesca Termanini
Dott. Filippo Pappalardo
Dott. Enrico Benzoni
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INDICE:
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1. L'INFORMATICA GIURIDICA ALLA STATALE DI MILANO
Prof. Mario Jori – Docente di Filosofia del Diritto Università degli Studi di Milano
2. IL RUOLO DELL’AVVOCATURA MILANESE
NEL PROCESSO CIVILE TELEMATICO
Avv. Paolo Giuggioli – Presidente Ordine degli Avvocati di Milano
3. L'ALFABETO PROCESSUALE TELEMATICO
Dott. Enrico Consolandi – Magistrato Tribunale di Milano
4. PROCESSO CIVILE TELEMATICO,
REGOLE TECNICO-PROCEDURALI E FUNZIONI
Dott.ssa Daniela Intravaia – Direttore C.I.S.I.A. Milano
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1.
L'INFORMATICA GIURIDICA
ALLA STATALE DI MILANO
A cura del Prof. Mario Jori
Docente di Filosofia del Diritto Università degli Studi di Milano
L’argomento di questo opuscolo, il decreto ingiuntivo telematico (parte del cosiddetto
processo telematico), è un argomento che ben esemplifica il ruolo specifico dell’informatica giuridica. Infatti è un tipico argomento che non può essere coperto da nessuna
delle attuali discipline di diritto positivo né sul piano della ricerca né su quello didattico, perché riguarda non solo la procedura civile e quella penale ed eventualmente il
processo amministrativo, ma anche il diritto amministrativo per la parte che interessa
l’ordinamento giudiziario, la scienza dell’amministrazione per la parte organizzativa e
di personale; infine, il processo telematico ci costringe a gettare uno sguardo nuovo sui
problemi di protezione dei dati e su quelli dei rapporti tra ordine e avvocati e tra avvocato e cliente, sulla deontologia professionale nonché sulla sociologia della professione
giuridica e su altre cose ancora.
Proprio in quest’ottica, il mio Istituto ha iniziato ormai da anni una proficua collaborazione con l’Ordine degli avvocati di Milano. La collana in cui questo opuscolo
compare è un dei risultati di questa collaborazione.
In questo contesto, più che i risultati scientifici del nostro lavoro insieme, mi sembra
significativo descrivere l’esperienza dell’insegnamento della materia nella Facoltà di
giurisprudenza di Milano che è in qualche modo corsa parallelamente alla diffusione
degli strumenti informatici nel Tribunale di Milano.
Se la materia è così solidamente radicata nella nostra facoltà il merito primo è certamente di Antonio Padoa Schioppa che è stato preside per sedici anni. Da sempre deciso
sostenitore della informatica giuridica, egli ha fatto attivare e mantenuto attivo l’insegnamento, in forma embrionale e pionieristica, con i corsi sul sistema informatico
della Corte di Cassazione tenuti da Giancarlo Taddei Elmi e sostenendo tutte le successive iniziative.
L’altro ruolo di fondatore dell’informatica nelle facoltà umanistiche nel nostro Ateneo
va riconosciuto a Enrico Decleva, l’attuale rettore, prima a lungo preside di Lettere e
Filosofie e poi pro-rettore, per aver contribuito potentemente a fornire le risorse per
poter insegnare seriamente la informatica giuridica, sotto forma delle aule e dei laboratori informatici.
L’insegnamento dell’informatica giuridica ha infatti bisogno di risorse notevoli, prima
di tutto in forma di aule informatiche. A queste richieste le facoltà di giurisprudenza
certamente non sono avvezze, e in fondo si tratta di esigenze nuove non solo per loro
ma per gli interi atenei, visto che diviene per la prima volta necessario fornire attrezzature di laboratorio (informatico) dimensionate ai numeri delle facoltà umanistiche.
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Le risorse necessarie superano comunque di molto le possibilità di un dipartimento o
istituto e in realtà anche quelle di una singola facoltà. La soluzione di Milano è stata
quella di una collaborazione interfacoltà. La collaborazione per le aule informatiche
tra Lettere e Filosofia, Giurisprudenza (Scienze politiche ne ha fatto parte solo per
un periodo), è stata affidata a un apposito centro di servizi (SIPU) e dispone di due
laboratori e quattro aule per un numero complessivo di 379 postazioni, VPN unica
e server unitari.
Veniamo così al secondo (qualcuno direbbe il primo) ordine di problemi pratici per
l’insegnamento della informatica giuridica, che è ovviamente la sua posizione nell’ordinamento didattico della facoltà e ora, con il nuovo ordinamento, nei corsi di laurea
attivati nella facoltà (o classi di CdL). A Milano, nella (classe di) CdL di scienze giuridiche l’informatica giuridica è stata fino all’anno accademico 2005-2006 corso obbligatorio del primo anno con due crediti e del terzo anno pure con due crediti, mentre
nella (classe di) CdL di scienze dei servizi giuridici (sei a Milano) la materia è stata
ugualmente obbligatoria al primo e terzo anno ma con 5 e 3 crediti rispettivamente,
data la relativa maggiore importanza dell’informatica giuridica in questo tipo di corsi.
Questa sistemazione era stata il frutto di riflessione sull’esperienza degli anni precedenti. Si è infatti dovuto prendere atto della indispensabilità delle conoscenze informatiche per giuristi, e insieme del grado relativamente basso tra gli studenti di giurisprudenza delle conoscenze di base nell’uso del computer. In base alla autovalutazione dei frequentanti del corso di informatica giuridica negli anni passati, risulta che la
metà degli studenti ritiene di “sapere poco ovvero nulla dell’uso dei computer”. Tra
coloro che si qualificano come semi-illetterati del computer la componente femminile
è notevolmente più alta di quella maschile. La situazione è puntualmente confermata
alle esercitazioni. Le cinquanta ore di lavoro richieste dai due crediti sono interamente
utilizzate a livello di frequenza a lezione (20 ore) e di esercitazioni (30 ore per gli studenti di scienze giuridiche). Le prove sono interne a questo orario. Pertanto nella sua
forma normale il corso e l’esame erano interamente svolti in aula, con lezioni passive
davanti allo schermo, esercitazioni attive davanti al computer, e prova interna con
test e prova pratica. Va anche osservato che molto lavoro viene svolto tramite e-mail
e web. Il corso ha un sito web e diverse liste di e-mail (generali e per gruppo di lavoro). Negli anni passati ciò è stato sperimentato in forma artigianale. Da un certo
punto in poi ci si è potuti appoggiare al servizio di posta elettronica fornito dall’ateneo a tutte le matricole, e alle relative liste di distribuzione posta. Materiali e informazioni di cui viene parlato durante la lezione o i seminari, vengono inviati agli studenti frequentanti per e-mail.
Tutto ciò non risolve, come è ovvio, il banale ma serio problema dell’analfabetismo
informatico di una percentuale ancora rilevante di studenti, che abbisogna di un
insegnamento non di informatica giuridica, per quanto elementare, ma di informatica di base. Tale conoscenza dovrebbe oggi essere fornita dalla scuola elementare, ma
ciò purtroppo ancora non avviene adeguatamente. Tuttavia, nell’insegnamento di
informatica giuridica non si può evitare di farsi carico di questi problemi così come
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un docente di diritto privato non potrebbe non tenere conto della scoperta che metà
dei suoi allievi sono analfabeti.
La soluzione, se così possiamo chiamarla, a Milano è stata per gli anni scorsi di tenere
a livello di ateneo dei corsi di alfabetizzazione informatica modellati sui moduli
ECDL. Le aule e le risorse indicate sopra sono state intensamente impiegate anche in
questo progetto, sia per i corsi sia per i relativi test di certificazione a cura dell’AICA.
Anche per permettere agli studenti di sfruttare questi corsi, il corso di informatica
giuridica è stato collocato nel secondo semestre. Osservo inoltre che per sopperire ai
problemi di base si è potuta sfruttare la presenza tra gli studenti di giurisprudenza di
una minoranza di esperti in una maggioranza di inesperti, usando i primi come tutors
(volontari) per i secondi. La cosa ha sempre funzionato bene e ha inoltre contribuito
negli anni scorsi a individuare potenziali laureandi ed esercitatori.
Questo modello didattico, che ha dato buoni risultati, è stato da quest’anno modificato. L’informatica giuridica (obbligatoria) si sposta al secondo anno, anche sotto
la pressione di un primo anno già troppo denso per le matricole di giurisprudenza.
Ciò significa che gli studenti che già non posseggano gli strumenti di informatica
giuridica, sempre più necessari, dovranno attendere il secondo anno prima di
apprenderli. Non è neppure sicuro che gli studenti manterranno le percentuali di
frequenza attuali e in tal caso molti di loro dovranno apprendere da soli una serie di
abilità di informatica giuridica che attualmente imparano in laboratorio durante le
esercitazioni. Il corso avanzato diviene facoltativo.
Per potere funzionare in modo pienamente soddisfacente questa diversa organizzazione
didattica dell’informatica giuridica avrà certamente bisogno che le matricole di giurisprudenza possiedano fin dall’inizio migliori conoscenze informatiche e abitudine al
computer e di rete di quanto non sia accaduto finora.
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IL RUOLO DELL’AVVOCATURA MILANESE
NEL PROCESSO CIVILE TELEMATICO
A cura dell’Avv. Paolo Giuggioli
Presidente Ordine degli Avvocati di Milano
Il processo civile telematico rappresenta una rivoluzione fondamentale per la giustizia
in Italia e, in particolar modo, per la nostra professione. Già oggi, dopo solo un anno
dall’introduzione, i vantaggi conseguiti grazie all’utilizzo di questo strumento sono
sotto gli occhi di tutti e la situazione non potrà che migliorare con le prossime
implementazioni.
Se è vero che i risultati raggiunti rappresentano soltanto una prima tappa del lungo
percorso verso l’informatizzazione dell’intero processo, siamo comunque consapevoli
che l’aver avviato a Milano, per la prima volta in Italia e in Europa, un procedimento
completamente telematico rappresenta una svolta importante in questo cammino.
L’invio del primo ricorso telematico ha rappresentato, infatti, il passaggio dall’era
della carta all’era del bit e, per la prima volta, è stato attribuito valore legale al file
firmato digitalmente e non all’atto cartaceo. È questa la vera e propria svolta che
ha consentito di ottenere tutti quei vantaggi, concretizzatisi nel risparmio di
tempi sia per gli avvocati sia per l’amministrazione della giustizia che, a cascata, si
riversano nell’accorciamento dei tempi di emissione dei provvedimenti.
Soprattutto in considerazione della complessità della sede giudiziaria milanese per
dimensioni e casistiche riscontrabili, l’esperienza qui maturata costituisce una
tappa importante nello sviluppo del processo telematico.
Tutti abbiamo ben chiara la situazione in cui versa attualmente la giustizia civile in
Italia e ci troviamo a dover fare i conti con le interminabili attese nelle cancellerie e
con i tempi necessari per arrivare all’emissione di un provvedimento in ogni tipo di
giudizio civile.
Il problema si manifesta maggiormente in quei procedimenti, quali il ricorso per
decreto ingiuntivo, ideati per garantire celerità a determinate procedure e che invece,
a causa dei tempi interminabili, costringono gli avvocati e le parti ad attese che a volte
superano anche i quattro mesi per l’emissione del provvedimento richiesto.
Siamo partiti da tale macroscopica esigenza per cercare di capire come l’informatica
avrebbe potuto agevolare qualcuna delle attività legate al processo civile. L’attenzione
si è concentrata sui procedimenti per decreto ingiuntivo proprio per le ragioni appena
evidenziate: da un lato, il procedimento in questione rappresenta la fase che più
necessita di intervento e, dall’altro, rappresenta anche il procedimento più semplice
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da informatizzare, in quanto, in giudizio è presente un solo avvocato, non vengono
depositate memorie e non vi sono interventi di ulteriori parti. Le variabili, quindi,
sono ridotte al minimo e questo consente una gestione informatica più agevole.
Individuato l’obiettivo, restava da capire se avvocati, magistrati e cancellieri fossero
pronti ad affrontare questa avventura. Da parte nostra avevamo già da tempo capito
che per informatizzare il processo c’era bisogno di informatizzare gli avvocati.
L’informatizzazione dell’avvocatura
È stato immediatamente chiaro che solo con l’informatizzazione dell’avvocatura si
sarebbe potuto raggiungere un buon risultato per tutto il processo telematico. È
l’avvocato che dà il via al processo, sia cartaceo che telematico, e, da tale avvio,
dipende poi l’esito della procedura. Il nostro Ordine ha spinto fin da subito su questo
punto cercando di diffondere una cultura informatica che fosse strumentale al lavoro
quotidiano. Per raggiungere tale obiettivo, abbiamo inserito la firma digitale all’interno del tesserino dell’avvocato, consentendo così ai colleghi di avere sempre a portata
di mano la chiave d’accesso ai vari servizi informatici che via via sono stati messi a
disposizione.
Da questo punto di vista, Polisweb, che consiste nel dare la possibilità agli avvocati di
consultare per via telematica i dati relativi alle proprie cause, ha rappresentato la fase
cruciale del processo di informatizzazione rendendo concreti e tangibili i vantaggi
legati all’introduzione dell’informatica nella professione. Dalla sua introduzione,
Polisweb ha costituito per l’avvocato un primo concreto vantaggio nell’utilizzo della
tecnologia, permettendogli la consultazione dei registri di cancelleria dallo studio. In
tal modo, l’avvocato evita code e perdite di tempo e le cancellerie sono sollevate dal
lavoro di ricerca. Imparare ad usare Polisweb significa spendere meno tempo in tribunale e, in definitiva, ottenere anche un risparmio economico non indifferente.
Oltre a rappresentare un successo di per sé, firma digitale e Polisweb hanno anche
consentito di aprire la strada al processo civile telematico. Senza una capillare diffusione della firma digitale e senza l’utilizzo quotidiano dei sistemi telematici, infatti,
introdurre il processo telematico, sia pur nella forma embrionale del ricorso per decreto ingiuntivo telematico, sarebbe stato impossibile.
Oggi Polisweb e firma digitale sono diventati lo strumento di lavoro quotidiano di
più di 4.000 avvocati e il numero aumenta ogni giorno.
Accanto a questi strumenti sono nati, nel tempo, diversi altri servizi informatici per
gli avvocati. Innanzitutto, il progetto che ha portato a realizzare, presso il Tribunale,
il sistema di elaborazione della nota d’iscrizione a ruolo corredata di un codice a
barre, all’interno del quale, sono contenuti tutti i dati relativi alla causa cui la nota si
riferisce, consentendo così agli uffici di cancelleria di acquisire in tempi rapidissimi i
dati e di renderli immediatamente disponibili attraverso Polisweb.
Occorre poi ricordare il servizio Sentenze on-line organizzato dal Consiglio
dell’Ordine in collaborazione con il Tribunale, attraverso il quale l’avvocato riceve
l’avviso per e-mail dell’avvenuta pubblicazione delle sentenze civili nelle quali figura
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come difensore e, all’occorrenza, può scaricarne il testo via Internet.
Ci siamo anche posti il problema di come intervenire sui disservizi che, particolarmente negli ultimi anni, si sono registrati presso l’Ufficio Notifiche, e a tal fine è stato
ideato un servizio denominato UGOL – Ufficiali Giudiziari On-Line, con il quale
è possibile prenotare le notifiche da effettuare attraverso il caricamento da parte dell’avvocato dei dati occorrenti su un’area Internet riservata.
A tutti questi strumenti, di recente si è aggiunto il software attraverso cui si creano gli
atti per il processo telematico, il cosiddetto “Redattore” o “consolle dell’avvocato”,
che consente di creare il ricorso per decreto ingiuntivo telematico.
Lo sforzo dell’avvocatura per il successo del processo telematico non si è fermato però
all’informatizzazione della categoria. Per dare il via al progetto era necessario che
l’Ordine si dotasse del cosiddetto “Punto d’accesso”. La normativa prevede, infatti,
che l’Ordine abbia il controllo degli avvocati telematici e ne gestisca l’accesso al sistema. Nello specifico, l’art. 7 del DPR 123/2001, sotto la rubrica “Indirizzo elettronico” recita: “Ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni […], l'indirizzo elettronico del difensore è unicamente quello comunicato dal medesimo al Consiglio
dell'Ordine e da questi reso disponibile […]”. Oltre a ciò, in “Regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile” sono indicati i
Consigli dell’Ordine tra i soggetti abilitati a gestire il vero e proprio Punto d’accesso,
ovvero l’hardware attraverso il quale transita tutto il flusso di informazioni che dagli
avvocati giunge in cancelleria.
È in questo contesto normativo, che il Consiglio si è attivato in prima persona per
garantire ai propri iscritti di utilizzare il processo telematico realizzando il proprio
Punto d’Accesso. L’Ordine di Milano è stato l’unico Ordine in Italia ad essere iscritto nell’Elenco pubblico dei punti d’accesso al sito Polisweb nazionale e, quindi, ad
aver ricevuto dal Ministero della Giustizia la delega della responsabilità relativa al processo di autenticazione dei soggetti abilitati esterni, dal quale dipende la possibilità di
accedere ai servizi del Processo Civile Telematico.
Il nuovo lavoro dell’avvocato
Per utilizzare appieno le nuove potenzialità messe a disposizione dal processo telematico, negli studi degli avvocati telematici è stato necessario ripensare l’organizzazione
stessa del lavoro. Come già accennato, infatti, sono mutati gli strumenti attraverso i
quali si esercita la professione. Oggi smart card, Internet e Redattore sono indispensabili per operare attraverso il canale telematico e sfruttare tutti i vantaggi, non ultimo quello della celerità dell’emissione del provvedimento, legati a tale strumento.
In tutta l’organizzazione per l’avvio del processo telematico, i problemi legati al software sono stati lo scoglio più duro da superare. Pur plaudendo all’ottimo lavoro svolto dal Ministero per consentire l’avvio del PCT, non si può non sottolineare come
le difficoltà maggiori riscontrate dagli avvocati consistano proprio nella difficoltà di
utilizzo del software.
Il Redattore è stato ideato per gestire la creazione degli atti del processo telematico in
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formato XML (eXtensible Markup Language). L’XML è un linguaggio simile
all’HTML, ma rispetto a quest’ultimo, ha uno scopo ben diverso: “mentre il secondo è
un linguaggio creato principalmente per la descrizione e la formattazione di pagine web
e, più in generale, di ipertesti, il primo è un meta linguaggio utilizzato per creare nuovi
linguaggi, atti a descrivere documenti strutturati. Mentre l'HTML ha un insieme ben
definito e ristretto di tag, con l'XML è invece possibile definirne di propri a seconda delle
esigenze” (Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/XML). Il processo telematico si
fonda su un presupposto: i dati devono arrivare in cancelleria in formato digitale. Per
fare ciò è necessario che chi invia quei dati li strutturi in maniera tale per cui vengano recepiti in modo corretto. Il formato XML consente di far comunicare i sistemi di
partenza (avvocato) e il sistema di destinazione (cancelleria) rendendo possibile il dialogo tra i due ambienti.
Come ben sanno gli avvocati telematici, vale a dire quelli che già utilizzano il
Redattore e depositano ricorsi per decreto ingiuntivo per via telematica, il software
messo a disposizione per l’avvio della prima fase, ha delle evidenti imperfezioni.
Grazie al massiccio utilizzo del software effettuato in questo primo anno, molte di
queste imperfezioni sono state superate e le numerose segnalazioni giunte dagli avvocati milanesi hanno spinto il Ministero a rilasciare una nuova versione aggiornata e
semplificata che ridurrà notevolmente i tempi di redazione e consentirà il salvataggio
delle informazioni di base quali ad esempio i nomi dei clienti.
In attesa delle modifiche al software, però, il Consiglio dell’Ordine di Milano ha
messo a disposizione dei propri iscritti un corso di formazione specifico per l’utilizzo
del Redattore e della firma digitale. Oltre a ciò, è stato anche predisposto uno sportello di assistenza quotidiano al quale l’avvocato telematico può rivolgersi in caso di
problemi. Analizzando i numeri di affluenza allo sportello di assistenza si comprende
come la decisione sia stata corretta. In media, infatti, gli avvocati che si rivolgono
all’assistenza direttamente, per e-mail o per telefono sono circa 1000 al mese senza
contare quanti si rivolgono all’assistenza tecnica per problemi relativi all’installazione
del software o della smart card.
L’utilizzo del software
Il Redattore atti, come abbiamo detto, è lo strumento software che consente agli
avvocati di creare atti e inviarli telematicamente al sistema Giustizia.
Tale software, nella versione attuale, presenta alcune incompatibilità che ne limitano
l’utilizzo, ma detti limiti sono destinati a sparire con le prossime evoluzioni.
Attualmente, è compatibile solo con il sistema operativo Microsoft Windows nelle
versioni 98, 2000 e WP e con l’elaboratore di testi Word, sempre di Microsoft.
L'ambiente di lavoro si basa su due livelli di inserimento dati: il primo, attraverso una
serie di maschere, guida l’utente nell’inserimento dei dati delle parti; con il secondo,
l’avvocato completa il documento all’interno dell’ambiente di elaborazione testi Word.
Il Redattore propone all’avvocato una serie di modelli standard che, al loro interno,
contengono già tutti i campi che dovranno essere riempiti. La consolle dell’avvocato
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contiene una serie di modelli predefiniti e una sezione dedicata alla creazione e modifica dei documenti. L’avvocato sceglie il modello di atto e il software lo guida attraverso la compilazione dei campi necessari con le due fasi che abbiamo visto sopra.
Al termine della procedura guidata si apre automaticamente il file che, all’apparenza,
è un vero e proprio documento di Word ma che, in realtà, è completamente basato
sul linguaggio XML.
A questo punto l’avvocato, attraverso le apposite funzioni, dovrà compilare l’atto
inserendo le informazioni ancora mancanti all’interno dei campi.
Dopo aver redatto il ricorso, per completare il fascicolo digitale, è necessario inserire
gli allegati che dovranno ovviamente essere in formato digitale e, quindi, acquisiti con
uno scanner o creati digitalmente.
Completato l’inserimento degli allegati, sempre attraverso la consolle, l’avvocato
segue una procedura guidata per firmare e crittografare l’atto.
Tutte le operazioni effettuate fino ad ora sono avvenute nel computer dell’avvocato che
ha redatto il ricorso. La procedura telematica, in senso proprio, inizia in questo
momento. L’avvocato procede all’inoltro del ricorso inviandolo al Tribunale attraverso
il Punto d’accesso.
È possibile verificare in ogni momento, attraverso il Punto d’accesso, l’iter di ogni
atto depositato. La sezione dedicata ai biglietti di cancelleria, infine, consente l’accesso a tutti i messaggi di posta elettronica certificata cifrati con il certificato di chiave
pubblica dell’avvocato, richiesto e ottenuto dallo stesso durante la fase di iscrizione, e
che contengono comunicazioni dirette all’avvocato da parte della cancelleria. È onere
dell’avvocato controllare periodicamente via web se nel Punto di Accesso sono disponibili nuove comunicazioni a lui indirizzate.
Ad oggi, il processo telematico termina in questa fase. Una volta emesso il provvedimento, l’avvocato dovrà procedere alla richiesta di copie come accade per i procedimenti cartacei. Lo stesso, ovviamente, avviene per la notifica del provvedimento al
debitore. Sulle copie non comparirà alcuna firma autografa, in quanto l’originale del
decreto consiste in un file firmato digitalmente dal giudice. La copia cartacea di tale
file non presenta, quindi, alcuna firma “tradizionale”. Sulla copia, a cura della cancelleria, è apposto un timbro che ne attesta la conformità all’originale telematico che
risiede nel server della cancelleria.
Il nuovo software
Come detto, è in programma il rilascio di un nuovo software, la “Consolle
dell’Avvocato”, appositamente ideato per l’Avvocatura milanese.
La “Consolle dell’Avvocato”, nata dalle ceneri del “Redattore Atti”, è un’applicazione
che consente, ad oggi, la completa automazione della gestione di atti giuridici
relativi a procedimenti di ingiunzione ante causam.
Il primo accesso alla Consolle dell’Avvocato, si effettua tramite Browser Web all’indirizzo che verrà indicato nel sito dell’Ordine e l’installazione è automatica come anche
lo scarico degli aggiornamenti.
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L’accesso ad Internet è pertanto necessario solo per il primo utilizzo, per gli aggiornamenti e per l’invio della “busta” al Punto di Accesso, mentre le funzionalità del programma sono fruibili anche in assenza di connessione.
Rispetto al precedente software le differenze sono notevoli in nome di una ritrovata
libertà di redazione degli atti e di una maggiore semplicità ottenuta anche attraverso
un’interfaccia decisamente più amichevole.
Finalmente è stato posto termine alla difficile convivenza tra la formattazione del
documento e il linguaggio XML in favore di un più diffuso e semplice PDF. Questo
consente all’avvocato di utilizzare il sistema di videoscrittura abituale redigendo l’atto in completa autonomia con il solo vincolo della trasformazione del file in PDF.
Residua, in ogni caso, la possibilità di attivare dalla consolle la componente di redazione, basata su Microsoft Word, sulla base di modelli predefiniti che, a differenza del
vecchio Redattore, non contengono alcuna macro e sono privi di campi, controlli e
limitazioni.
Tutti i documenti creati, sia attraverso la componente di redazione del sistema, sia
con altre modalità, devono essere trasformati in formato PDF attraverso l’uso di un
qualsiasi strumento di conversione esterno alla consolle.
La consolle consente inoltre il salvataggio delle anagrafiche delle parti ricorrenti al
fine di rendere più semplice il recupero dei dati in caso di nuovi procedimenti con le
stesse parti, nonché delle anagrafiche degli avvocati che fanno parte dello studio.
Per permettere la corretta trasmissione dei dati relativi all’atto in cancelleria, l’avvocato
è tenuto a compilare, attraverso una serie di wizard, un’anagrafica minimale del fascicolo che viene salvata su una base dati locale e poi trasformata, in fase di creazione della
busta, in un file XML di servizio che viaggia insieme all’atto ed ai suoi allegati.
Per la creazione della busta da inoltrare al Punto di Accesso è necessario poi che l’atto, convertito nel formato PDF, venga importato all’interno della consolle. La stessa
procedura di upload vale anche per l’importazione degli allegati che devono rispettare
i formati ammessi dal processo civile telematico.
Il ricorso va poi sottoscritto digitalmente nel modo consueto e così anche gli allegati
per i quali è richiesta la firma.
A questo punto è possibile procedere alla creazione della busta che viene inoltrata
al Punto di Accesso attraverso una specifica funzionalità dell’applicativo, studiata
apposta per l’Ordine degli Avvocati di Milano, che consente sia l’invio dell’atto alla
cancelleria, sia il monitoraggio delle fasi successive all’invio senza la necessità di uscire
dal programma.
La consolle dell’avvocato diventa pertanto non solo uno strumento atto alla creazione
della busta ed al suo inoltro in cancelleria, ma anche un vero e proprio gestionale degli
atti telematici che potranno essere facilmente archiviati e monitorati nel loro esito.
La prospettiva
Dopo tutto il lavoro profuso in questi anni e dopo tutti i risultati raggiunti abbiamo
compreso che la strada intrapresa quattro anni fa era quella giusta.
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Il futuro dell’avvocatura passa anche dal processo telematico e dal costante aggiornamento professionale soprattutto per quanto riguarda le nuove tecnologie che servono
e serviranno sempre di più nella nostra professione per consentire ai professionisti di
dedicare la maggior parte del proprio tempo allo studio e non alle code nelle cancellerie del tribunale.
Quanto realizzato finora ci indica con chiarezza quali siano le prospettive di sviluppo
futuro. Innanzitutto, come Consiglio dell’Ordine stiamo promuovendo con sempre
maggiore entusiasmo l’impiego da parte degli studi legali dei vari strumenti informatici ormai disponibili, certi che il buon esito delle iniziative assunte dipenda anche dal
coinvolgimento, il più ampio possibile, dell’avvocatura, la quale – a sua volta – deve
acquisire una maggiore coscienza delle potenzialità di queste tecnologie e dei benefici che esse possono produrre sull’organizzazione del lavoro.
Ne consegue che, per noi avvocati così come per i magistrati e il personale delle cancellerie, è necessario un cambiamento di mentalità, che permetta di superare, senza
ulteriori ritardi, anche le resistenze al nuovo ancora percepibili in modo diffuso nel
nostro settore.
L'Information Technology è già ora uno degli elementi strutturali e organizzativi da
cui non è più possibile prescindere se si vuole riuscire finalmente a dare una svolta
reale al drammatico stato di arretratezza in cui la nostra Giustizia è da tempo bloccata.
Il nostro Paese è pesantemente penalizzato dalle inefficienze organizzative e strutturali della Giustizia che condizionano l’approccio alle importantissime sfide che, in questi anni di continui cambiamenti, sollecitano non solo il nostro ma tutti i sistemi economici, politici e sociali del mondo.
Abbiamo, quindi, ritenuto indispensabile intervenire innanzitutto su aspetti essenziali, direi vitali, come ad esempio, sulla procedura dei decreti ingiuntivi. Infatti, non è
possibile far ricadere né sulle imprese né sui privati cittadini, i tempi di attesa,
anche di alcuni mesi, occorrenti per ottenere un provvedimento d’ingiunzione. Le
stesse considerazioni valgono anche per le esecuzioni e per le notifiche. Il PCT, con il
risparmio di tempo che comporta, è, quindi, di importanza strategica anche per
l’economia del Paese.
Le sfide che ci attendono sono in particolare due. Da un lato dobbiamo impegnarci
per l’allargamento dei servizi del processo telematico e, dall’altro, dobbiamo estendere
territorialmente i vantaggi che derivano dall’utilizzo di questo strumento. Nei prossimi anni, quindi, intendiamo implementare il più possibile l’informatizzazione del
contenzioso ordinario partendo dalle procedure più semplici quali, ad esempio, i
decreti ingiuntivi in materia di lavoro o la possibilità di richiedere le copie del provvedimento direttamente dal proprio studio. Tutto ciò senza perdere di vista l’obiettivo finale che rimane l’informatizzazione di tutto il processo civile. Inoltre, collegando i distretti lombardi in una sola rete informatica, sarà possibile operare e lavorare
su tutti i Tribunali della nostra regione senza doversi muovere dallo studio.
Sicuramente non mancheranno le difficoltà ma, come abbiamo dimostrato in questi
anni, gli avvocati sono pronti a superarle.
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3.
L’ALFABETO PROCESSUALE TELEMATICO
A cura del Dott. Enrico Consolandi
Magistrato Tribunale di Milano
“Parole di miele disegnate da un alfabeto regalato da Cadmo, lettere che sono piccoli
doni muniti di mente.”
Parmenide
Premessa
Quando, nel giugno 2006, mi si disse che occorreva organizzare l’arrivo e l’avvio del
processo civile telematico a Milano non mi rendevo ben conto di cosa significasse.
Forse ancora adesso non posso dire cosa esattamente significhi, quali sono le sue potenzialità, dove porterà. Un po' come chi percorre un sentiero in salita e non sa bene cosa
lo aspetta: da vicino, non riesce a vedere nemmeno l'esatto contorno della montagna,
ma non per questo non si prepara alle difficoltà che prevede, non per questo si trattiene dal cercare di immaginare, o sognare, meraviglie che lo attendono in vetta.
Così, dopo un anno e mezzo, posso dire di conoscere solo il cammino percorso e non
cercherò di dare definizioni o concrete prospettive, accontentandomi di raccontare
questa esperienza e misurare cosa abbia significato fino ad ora.
Alla fine, comunque, da questa esperienza inevitabilmente escono delle idee, forse
sentimenti o fantasie, sul significato di questo scambiarsi, nel lavoro giuridico, non
più lunghi – a volte tediosi – discorsi scritti sulla carta o parole pronunciate nell'aria,
ma piccoli “bit” elettronici, organizzati secondo alfabeti fino a ieri sconosciuti - ed
ancora adesso a molti ignoti - che li fanno apparire “muniti di mente”.
La preparazione e le prime esperienze
Ci fu dunque prima dell’estate 2006 a Milano una riunione con Sergio Brescia, un
magistrato che da anni lavora al Ministero della Giustizia per il processo telematico;
avvenne presso la presidenza del Tribunale, c’erano anche la dirigente del nostro Cisia
e poi Claudio Castelli, giudice milanese da poco al ministero, e il Presidente
dell'Ordine degli avvocati, e fu allora che mi si disse che si sarebbero, di lì a poco, realizzati procedimenti monitori senza un foglio di carta, e se volevo aiutare.
Senza sapere bene, allora, come fare, sventurato, risposi di sì.
In realtà, se il mio ruolo iniziava allora, c’era stato un grande lavoro precedente, contatti fra Ministero e Ordine avvocati di Milano, che aveva realizzato il primo punto
d'accesso d'Italia, la predisposizione di un programma applicativo e la sua sperimentazione in sedi pilota, la principale delle quali era stata Genova; fortunatamente c’era
anche un consulente, l’immancabile consulente, gentilmente offerto dall'Ordine degli
avvocati di Milano, fino al dicembre 2006, che aveva pensato a come strutturare questo
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inizio e che fu il perno, almeno inizialmente, dell’operazione.
Il consulente mi chiese – chiese in realtà, tramite il Ministero, al Presidente del
Tribunale facente funzioni, che mi pregò di occuparmi della questione - di approntare
un gruppo di 30 giudici volontari per iniziare questa sperimentazione che sostituiva i
bit alla carta, la memoria dei computers e i database alle penne e ai “libroni” di
Cancelleria.
La scelta dei 30 era già stata fatta con la assegnazione dei personal computer necessari
a ciascuno, che erano “moderni” rispetto a quelli diffusi nella amministrazione, perchè
avevano 512 Mb di Ram, contro i 128 dei computer ordinari del Tribunale, tutti
risalenti al 2000-2001 ed ancora, purtroppo, in uso oggi nella maggioranza degli
uffici giudiziari milanesi.
Vi era tuttavia la necessità di “assumere” altri giudici, oltre a quei 30, e di dotarli di
computers idonei, perchè 11 di quelli precedentemente identificati non potevano
essere utili, per motivi vari: alcuni avevano avuto problemi di salute, altri appartenevano alla terza sezione, che non tratta ricorsi monitori, altri alla sezione lavoro, settore nel quale il ricorso “telematico” non poteva essere applicato.
Reclutati questi ulteriori 11, a volte quasi a forza, se non con i metodi della marina
inglese del '700 – quando le navi imbarcavano malcapitati e poi partivano - a volte
con argomenti del tipo “la patria ti vuole”, alla fine il gruppo risultava abbastanza ben
composto per una sperimentazione, con persone esperte di informatica e anche dei
pressoché neofiti, molto importanti per verificare se si sarebbe trattato di un lavoro
per pochi guru dell'informatica o generalizzabile a persone di formazione giuridica e
non tecnica.
I fatti diranno poi che, con adeguata assistenza e purché ben disposti, anche gli elementi prescelti per la loro insipienza informatica riescono a compiere il lavoro giudiziario telematico, per lo meno questa iniziale frazione loro proposta, con questo
nuovo “ferro del mestiere”.
Questi nuovi undici però non avevano il computer, prima dell’estate 2006; poiché
la data inizialmente fissata era per ottobre 2006 c’era il tempo di ottenere la assegnazione di nuove macchine, con almeno 512 Mb di RAM, senza i quali il programma
applicativo, decisamente pesante, non gira.
Altro ostacolo era che alcuni giudici, ivi compreso il sottoscritto, non avevano la
smart card della firma digitale, necessaria per la sottoscrizione di un provvedimento
composto da bit invece che da lettere scritte su un foglio. La firma digitale per i giudici deve essere rilasciata dal CNIPA e non ci si può avvalere delle ordinarie firme rilasciate in poche settimane dalle poste o da altri enti; CNIPA a sua volta impiegava ai
tempi qualche mese per emettere le smart card, forse oggi un po' meno.
Ci furono non pochi patemi per avere tessere e computers, che a settembre non erano
ancora pervenuti agli utenti designati.
Non saprei se parlare della fortuna che a volte aiuta gli audaci o della capacità di trovare lati positivi anche nella sfortuna, ma ci fu uno slittamento da ottobre a dicembre per l’inizio della sperimentazione effettiva: ci si misero infatti i server del
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Tribunale, quelli acquistati per la occasione, a creare problemi, tanto che alla fine vennero messi da parte quelli nuovi e si supplì con alcune macchine preesistenti, qualche
cosa di acquisito per l'occasione e due doti tipicamente italiane: un po' di inventiva e
il grande impegno di pochi, i tecnici del nostro CISIA.
Mentre questi lavoravano a volte anche di sabato e domenica – contro i precetti religiosi – si vissero due mesi di rinvii, con tutto il tempo, dunque, perchè pervenissero
a Milano smart card e computer ed anche per svolgere i corsi per i magistrati e i cancellieri, anche se questa formazione avvenne un po' troppo presto rispetto alla data di
effettivo inizio, quando qualcosa era andato dimenticato e fu necessario un ripasso. I
problemi dello slittamento furono che la consulenza offerta dall’Ordine degli avvocati
era a termine e scadde sul più bello, pochi giorni dopo l’inizio della sperimentazione,
quando avrebbe potuto essere utile per qualche mese iniziale.
Questo ritardo andò a ridurre anche il previsto periodo di prova dei decreti ingiuntivi telematici, obbligandoci a passare “senza rete” al valore legale, ma in fin dei conti
posso dire che fu un bene.
Il 4 dicembre, infatti, iniziò il regime del “doppio fascicolo”, vale a dire il regime della
presentazione del fascicolo cartaceo abbinato ad un decreto “telematico”, con prevalenza del cartaceo; si trattava di un tentativo di sperimentazione, come lo furono alcuni ricorsi inviati “per prova” con nomi di personaggi quali Topolino o Pippo, dovuti
alla fantasia degli avvocati che hanno collaborato alla sperimentazione.
In realtà questi tentativi servirono a ben poco, Pippo, Topolino e il doppio fascicolo
hanno dato forse un po' di sicurezza, forse aiutavano ad immaginare quel che sarebbe
accaduto dopo, ma sono tutt'altro che l'ordinario lavoro giudiziario, che solo può
dare la misura dell'utilità e delle problematiche di questi nuovi strumenti.
Si è trattato comunque di una fase temporalmente ristretta, oscurata dalla ricorrenza
di Sant’Ambrogio: il giorno 11 dicembre 2006 sono cessati gli esperimenti ed è arrivato il primo autentico ricorso per decreto ingiuntivo telematico e, in pari data, i
primi provvedimenti.
Per chi ha lavorato a questo progetto si è trattato di un evento storico, la prima volta
che i provvedimenti venivano documentati e viaggiavano non attraverso qualcosa di
tangibile, come un foglio di carta, ma per il tramite di cavi e files e venivano trasmessi in tempo reale senza dover essere materialmente portati da un ufficio all'altro e registrati con la penna su registri ufficiali o di passaggio. Senza che l'avvocato si movesse
dallo studio.
Il tutto avviene - avveniva allora per la prima volta - per il tramite di un database facilmente consultabile da tutti, il cosiddetto SICC, sistema informatico delle cancellerie
civili, che per la prima volta veniva alimentato direttamente dagli avvocati dal loro
studio, nel presentare il ricorso, e poi riceveva il deposito del provvedimento del
magistrato, registrandolo fra i dati del fascicolo.
È chiaro che cambia tutto, ma non deve cambiare la attenzione con cui i casi concreti vengono esaminati, esame che, maneggiando files, resta a volte più difficoltoso,
rispetto allo sfogliare un fascicolo cartaceo; si può e si deve, però ricercare anche un
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nuovo modo di esprimersi, che sfrutti le possibilità di conoscenza e presentazione
consentiti dal nuovo modo di scrittura di memorie, fascicoli e provvedimenti.
Concetto molto caro agli informatici è quello di ipertesto, una trattazione che non sia
un discorso che si sviluppa solo in senso orizzontale, ma anche in profondità, per la
facilità di riferimenti ad altri documenti, testi, disegni, elaborazioni culturali in genere: la forma dell’ipertesto, che è un modo di esporre, ma anche di pensare, è oggi possibile per gli atti giudiziari, lo era assai meno quando questi potevano scriversi solo
con il tradizionale alfabeto degli scritti cartacei.
Ero stato individuato come il giudice che, quell'undici dicembre, avrebbe avuto
l'onore di emettere il primo decreto telematico italiano, ma è accaduto che abbia
deluso chi si aspettava un immediato rilascio, perchè i primi due casi capitati sono
stati sospesi. La palma del primato è dunque spettata al collega d’Isa, che sicuramente
la meritava per il suo impegno nello sviluppo del precedente sistema “polis” e che
aveva avuto assegnati i fascicoli successivi a quelli da me sospesi. Proprio il fatto che
si fosse potuto procedere alla sospensione significava, però, che l’esame dell’ “incarto
processuale” - per usare una terminologia forse destinata al tramonto – era possibile
anche per via telematica, anche senza la carta.
Un conto è però emettere qualche sporadico provvedimento telematico, tutt’altra
faccenda organizzare la diffusione su larga scala della nuova alfabetizzazione dei
procedimenti civili, sul che eravamo allora, solo un anno fa, all’inizio degli inizi.
Se era stata dimostrata allora la possibilità di fascicoli telematici, restava ora da vedere
come si sarebbe comportato il sistema quando si fosse passati da pochi casi ad un
impiego massiccio e questa era la vera scommessa, sotto il profilo della organizzazione
e della funzionalità dei mezzi disponibili.
Funzionamento pratico del Processo Telematico
Il sistema ruota sulla comunicazione fra gli avvocati ed il Tribunale: il database di
SICC diventa non solo un mezzo per registrare gli eventi processuali, ma anche un
deposito di dati inviati dagli avvocati e di provvedimenti dei giudici, il perno della
conoscibilità reciproca.
SICC è quel che consente quelle consultazioni quotidiane in cancelleria per controllare lo stato dei fascicoli, un grande database sul quale vengono registrati tutti i fascicoli e tutti gli avvenimenti processuali ad opera dei cancellieri, che, quando viene
depositato un provvedimento del giudice o una memoria di parte o viene assegnato
un fascicolo ad un giudice, atti sino ad ora cartacei, aggiornano mediante apposite
maschere i dati del database, che è scritto con il programma Oracle, un nome che
forse molti conosceranno più che altro per la sponsorizzazione della sfida americana
nella Coppa America di vela che si è corsa quest’anno.
È lo stesso database che consentiva, già prima dell’inizio del Processo Civile
Telematico, tramite il sistema PolisWeb di conoscere dallo studio molti dati processuali, fra i quali la prossima udienza di ciascun fascicolo e anche, in alcuni casi, i provvedimenti emessi, per i quali comunque faceva testo il documento cartaceo e non il
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file visibile, che comunque rappresentava sicuramente una facilitazione per gli utenti.
Questo database rappresenta un patrimonio per la amministrazione giudiziaria perchè
è la base dati che serve per il funzionamento dei processi e per i rilevamenti statistici:
oggi si aggiunge la funzione di snodo delle comunicazioni con gli avvocati.
Di qui l'importanza che questa base dati sia alimentata correttamente e tempestivamente ed occorre fare qualche complimento, per una volta, alla amministrazione giudiziaria milanese che ha particolarmente curato, già prima dell’avvento del processo
telematico, questa pulizia del dato, oltre che la tempestività degli aggiornamenti.
Nonostante la alta percentuale di scopertura dell'organico delle Cancellerie milanesi,
dell'ordine del 20 % e superiore a molte altre sedi che sono invece a pieno organico,
una recente rilevazione dei tempi di inserimento ha consentito di appurare che l’80 %
delle registrazioni avviene entro una settimana dall’evento processuale, addirittura la
maggior parte nella giornata stessa o in quella seguente.
Anche la esattezza e completezza dei dati inseriti è molto importante e condiziona la
riuscita del processo telematico: basti pensare che la comunicazione agli avvocati
avviene tramite il loro codice fiscale, nel senso che la macchina va a cercare l’avvocato
destinatario della comunicazione telematica per il tramite del codice fiscale e non del
nome – perchè altrimenti, per esempio, chi si chiami Marco Antonio Bianchi non
verrebbe riconosciuto quando si indichi come Marco Bianchi - per cui l’aver curato
le schede anagrafiche dei difensori ed avere i codici fiscali inseriti correttamente è
stato basilare per l’avvio della sperimentazione. In altre sedi ove si intende iniziare e
ove altrettanta cura non è stata posta sarà necessario un lavoro certosino di controllo
dei codici fiscali, che in molte sedi venivano trascurati perchè ritenuti inutili.
È d'altronde di tutta evidenza che viene considerato importante solo il dato che viene
poi utilizzato e la particolare cura su questo aspetto di pulizia del dato non è frutto di
particolare puntiglio o impegno personale: il motivo per cui il dato anagrafico dell’avvocato era stato a Milano ritenuto importante è che anche nel precedente sistema
PolisWeb quel codice fiscale serviva alla comunicazione fra uffici giudiziari e foro.
In effetti il sistema PolisWeb era stato il precursore del PCT: è il sistema attraverso cui
dall’ufficio molti avvocati riescono a vedere alcuni dati del SICC, fra cui la fissazione
delle udienze e anche i provvedimenti quando questi venivano dal giudice redatti con
il sistema polis, che era a Milano usato da alcune decine di magistrati.
Quel sistema consentiva al giudice di estrarre dal SICC i dati delle parti, che venivano usati per la intestazione del provvedimento, di redigere poi la motivazione e quindi di “inviare” il file in Cancelleria, assieme al documento cartaceo. Il Cancelliere poi
accettava il file, che prendeva lo stesso numero del provvedimento, quando era una
sentenza, e da quel momento poteva esser visto dagli avvocati direttamente dal loro
studio, fermo restando che si trattava dell'immagine di un documento e non del
documento stesso.
La differenza fra il vecchio polis ed il processo civile telematico è che il provvedimento
non è più la carta, ma il file, sottoscritto con firma digitale dal giudice e dal cancelliere: la carta è solo una copia che serve per quegli atti, come la notifica, che necessitano
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di questo tipo di “interfaccia” di conoscenza.
Il nucleo del PCT è però sempre la comunicazione, che ruota sulla base dati costituita dal SICC, che viene alimentato non più solo dai cancellieri, con la rete di computers del Tribunale, ma anche dall’esterno dagli avvocati e dai giudici, anche direttamente dal loro domicilio.
In pratica per i ricorsi monitori – gli unici per cui sia intervenuto l’apposito decreto
ministeriale che autorizza la forma telematica dei provvedimenti e dei ricorsi - quando l’avvocato manda dal suo ufficio i files del suo ricorso, con la sua firma digitale,
con gli allegati passati nello scanner, questi passano, come unica busta anch'essa firmata, dal punto d’accesso dell'Ordine degli avvocati, che li comunica al punto d’accesso del Ministero della Giustizia; da lì la busta e il contenuto vengono inviati ai server della rete del Tribunale per essere registrati nel SICC. In questa fase vi sono dei
possibili rifiuti dei dati non correttamente comunicati, ma se tutto è a posto i files
vengono letti dal cancelliere, che può ancora rifiutarli per vizi vari, quali il doppio
invio, la carenza di dati essenziali o altro, altrimenti li accetta e provvede alla assegnazione al singolo giudice. Così il dato indicato dall'avvocato nel ricorso entra nel database del SICC, assumendo un suo numero di ruolo automaticamente e viene già registrato l’evento “assegnato a giudice”: il difensore può già a questo punto conoscere chi
è il magistrato incaricato della trattazione.
Se dopo questo doppio controllo i ricorsi vengono accettati ed assegnati, il che accade in una percentuale rilevante, superiore all’80 % dei casi, il magistrato può vedere
i fascicoli collegando la sua postazione di lavoro al server del Tribunale e scaricando
“in locale” sul suo computer quei files, o, più precisamente, una copia degli stessi,
priva della firma digitale che li appesantisce. A quel punto il magistrato può guardare i files, esaminare il caso e studiarlo e alla fine emettere, sottoscrivendolo con la
firma digitale, il provvedimento. Un provvedimento rivoluzionario, che non è più un
foglio che qualcuno deve ritirare e recapitare al cancelliere, registrare e passare all’ufficio del registro, ma un file, che viene registrato nel database del SICC e che diventa visibile all’avvocato non appena il cancelliere ha effettuato un controllo, sempre per
via telematica, della correttezza del provvedimento e lo ha accettato e sottoscritto,
sempre telematicamente.
Contemporaneamente alla accettazione del provvedimento è previsto un messaggio di
posta certificata all'avvocato che gli segnala la visibilità del provvedimento emesso.
Fino a questo punto tutto avviene senza che nessuno si muova dall’ufficio e senza
carta: poiché però il decreto ingiuntivo deve divenire, per la notifica, qualcosa di corporeo, alla fine l'avvocato deve recarsi in Cancelleria per richiedere e ritirare la copia
cartacea del provvedimento-file da notificare al debitore.
Anticipando un dato che verrà approfondito in seguito si dirà che dalla presentazione del ricorso monitorio alla emissione del provvedimento passano mediamente 15
giorni – se si esclude il periodo feriale - contro i tempi assai più lunghi occorrenti
per i ricorsi ordinari: si tratta di un risparmio realizzato non per il lavoro del giudice,
che anzi è più difficile, ma per il risparmio di lavoro in cancelleria, poiché tutte le
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scritturazioni di passaggio e le registrazioni che prima venivano effettuate su registri
e nel SICC da parte della Cancelleria, avvengono ora per via telematica e in parte
sono effettuate direttamente dal difensore.
Ci saranno sempre i critici, che diranno che si poteva continuare ad usare la carta ed
aumentare il personale in Cancelleria e che forse sarebbe costato meno, ma il minor
lavoro in cancelleria è un dato acquisito già ora e l’alfabetizzazione telematica consente non solo una maggiore rapidità e comodità, ma anche una maggiore trasparenza. Laddove questa alfabetizzazione venisse estesa al contenzioso, vi son utilità che ora
si possono solo immaginare, sulla cima della montagna a cui può portare questo sentiero di bit: alludo non solo all’evoluzione del ragionamento giuridico verso l’ipertesto, ma anche alla possibilità di raccogliere e ordinare la giurisprudenza con motori di
ricerca che consentano di censire ed ordinare i precedenti.
Già ora esiste un patrimonio di oltre 2000 sentenze redatte con il “vecchio” polis nel
Tribunale di Milano, che sono accessibili come files con un rudimentale motore di
ricerca, per lo meno dalla rete del Tribunale ai giudici: per il futuro occorre pensare
di aprire all'esterno questo patrimonio di conoscenza, una volta reso classificabile e
privato dei dati sensibili. Tutto ciò potrà farsi solo se i provvedimenti saranno files, o,
per meglio dire, se i files che oggi servono a stampare i provvedimenti verranno raccolti e ordinati nel database del SICC. Se poi, come pare, entro pochi mesi questo
database riguarderà non il singolo Tribunale, ma tutti gli uffici del distretto, sarà possibile accedere alla giurisprudenza non solo milanese, ma anche dei Tribunali del
distretto.
Altre utilità si possono al momento solo immaginare, fra le quali il passaggio di atti
da un grado all'altro del processo: se i verbali e le ordinanze e le sentenze di primo
grado saranno files contenuti in un “fascicolo telematico”, non sarà, forse, necessario
spostare e ridepositare tutto in grado di appello, ma sarà sufficiente abilitare la Corte
alla consultazione del fascicolo di primo grado.
Altro effetto, in parte già verificatosi con polis, è che la visibilità e la possibilità di
deposito di atti dallo studio dell'avvocato determinerà probabilmente una minore
necessità di accesso agli uffici giudiziari, con benefici facilmente immaginabili in termini di congestione di questi, perennemente insufficienti.
Si può pensare anche ad una registrazione e archiviazione della trattazione orale
d’udienza mediante files audio, da tradurre in scritto mediante programmi di riconoscimento vocale, ma solo in via eventuale e parziale.
Per raggiungere tutto ciò occorre però ancora molto lavoro, un progetto ministeriale
prevede l'obbligatorietà del processo civile telematico per tutte le materie entro il giugno 2010: è sicuramente una previsione ottimistica e non basta certo una legge, ad
oggi solo disegnata, a modificare una realtà ben diversa, ma questa previsione indica
un indirizzo governativo ben preciso. La relativa relazione al disegno di legge è un po'
più realistica e indica che per quella data PCT interesserà il diritto del lavoro e le esecuzioni, perchè in questo settore esistono progetti più studiati, ma una scelta pare
proprio essere stata fatta ed occorre dire che essa altro non è che il terminale di un
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movimento giuridico-culturale di attenzione verso l’alfabetizzazione telematica del
rito dei processi civili.
In realtà il processo civile telematico è un investimento, significa cioè impiegare risorse economiche ed umane oggi per avere un diverso modo di fare i processi domani,
ma occorre spendere per ottenere il miglioramento, scommettere, in pratica, che il
miglioramento ci sarà all’esito del progetto; qui entrano in gioco le croniche, purtroppo, carenze di questo nostro Stato sulle capacità di spesa, sia nel senso di trovare le
risorse economiche necessarie che nel loro impiego, ma anche questioni politiche, la
capacità di portare avanti progetti di lungo periodo.
Occorre anche la collaborazione delle categorie interessate e va rimarcato che per ora
la sensibilità di tutti su questi temi c'è stata, in primis dell’Ordine milanese, che ha
per primo in Italia speso quanto necessario alla realizzazione e al funzionamento del
punto d’accesso.
Pare comunque inevitabile, oltre che opportuno, che si vada per gradi, come si sta
procedendo ora, con il primo passo costituito da quel che abbiamo fatto a Milano,
consci che su questo progetto l’Italia è all'avanguardia in Europa, come siamo stati fra
i primi paesi ad approvare la normativa sulla firma digitale.
Passiamo quindi a vedere quale è stata la organizzazione e quali i risultati.
Organizzazione
È stato necessario stabilire, per prima cosa, le modalità di assegnazione dei ricorsi: era
necessario rispettare le competenze delle sezioni specializzate, per le quali i ricorsi attinenti il diritto bancario venivano assegnati alla sesta sezione, quelli in tema di leasing
alla dodicesima e in tema di locazioni alla sezione tredicesima
Questo ha reso necessario reperire almeno tre giudici per ciascuna di queste sezioni,
che si occupassero di ricorsi telematici e qui qualcuno si è mostrato riluttante, ma tre
volontari per ciascuna sezione alla fine son stati trovati abbastanza facilmente.
Calcolate le proporzioni delle sopravvenienze si è stabilito di non assegnare alla sesta e
alla dodicesima sezione ricorsi che non fossero della rispettiva specializzazione, mentre
la sezione delle locazioni, la tredicesima, riceve anche una quota dei ricorsi generici, ma
in ragione della metà degli altri magistrati telematici.
Vi è stata una prima fase in cui i ricorsi venivano assegnati uno per ciascun giudice,
per consentire l'apprendimento e far sì che ciascuno avesse un ricorso per esercitarsi;
in una seconda fase si è passati ad una assegnazione di un gruppo di cinque ricorsi per
ciascun magistrato. Questo mutamento è stato introdotto sia per consentire a ciascun
giudice di avere un lavoro telematico “a blocchi” e non dover costantemente ricercare
se fosse arrivato qualche nuovo ricorso telematico, sia per poter più facilmente identificare i “doppioni”, quei casi cioè in cui per errore l'avvocato invia due volte lo stesso
ricorso. Su questo la Cancelleria effettua un primo filtro, non sempre sufficiente, ma
con la assegnazione di cinque ricorsi in sequenza sembrava più facile che i “doppioni”
venissero assegnati allo stesso giudice, che così poteva accorgersi dell’errore.
Nei primi mesi i ricorsi telematici sono stati pochi, ma in progressione geometrica:
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nel dicembre 2006 ne arrivarono una cinquantina, a gennaio un centinaio, a febbraio erano già duecento e a marzo oltre trecento, crescendo ancora successivamente,
attualmente ne arrivano oltre 600 al mese. Inizialmente avevamo chiesto agli avvocati di non mandare troppi ricorsi, per la novità dello strumento, ed era stato fissato un
limite settimanale per avvocato. Anche quando questo limite è stato abolito non si è
avuta una netta crescita e ciò probabilmente per la macchinosità del programma usato
per la redazione dei ricorsi, che allo stato non consente agli avvocati la serializzazione
del lavoro, per cui ogni ricorso va scritto ex novo.
Fondamentale è stata poi la assistenza ai giudici ed alla cancelleria prestata da tecnici
del CISIA e dal personale da questa dipendente; perchè i giudici hanno una formazione giuridica e sui computer sono degli apprendisti, ancor più su applicativi che
non sono semplici e sono nuovi per tutti, per cui occorre che abbiano dei referenti
continuamente a disposizione che ne curino la formazione e li assistano in tutti i problemi pratici che si possono presentare. Il Ministero ha perciò consentito e finanziato l'incremento della assistenza con due tecnici, a termine, che hanno contribuito non
poco alla riuscita del PCT fornendo supporto, censendo le problematiche e progettando soluzioni pratiche.
Vi sono stati poi due punti importanti della organizzazione del lavoro e cioè una commissione “mista” milanese, composta da giudici, avvocati, cancellieri e personale del
CISIA, che si ritrova periodicamente per censire, analizzare e possibilmente risolvere
o proporre soluzioni alle problematiche che nascono dal PCT, ed una commissione
nazionale incaricata dal Ministero di studiare gli sviluppi del programma applicativo
ed i punti critici, per proporre modifiche al programma deputato alla gestione del
PCT, commissione questa guidata dal Ministero della Giustizia e nella quale siedono
magistrati e tecnici, che svolge il suo lavoro via mail e con riunioni periodiche.
La commissione “mista” è un’articolazione inevitabile in un progetto, quale la informatizzazione del processo civile, che è in buona parte una riorganizzazione delle
comunicazioni fra utenti e uffici pubblici e non può dunque che avvenire nel dialogo e nella collaborazione fra le parti, perchè queste si stanno ripromettendo di adottare un nuovo alfabeto per scambiarsi informazioni; per questo la conoscenza dei
rispettivi problemi è importante e dunque il confronto costante deve divenire metodo di lavoro e la commissione “mista” è il luogo in cui questo avviene.
In effetti da questo lavoro nascono non solo soluzioni di problemi pratici, ma anche
elaborazioni intellettuali interessanti, quali quella dell’ufficio per il processo telematico, che altro non è che la teorizzazione di quel che già avviene.
Vi è infatti una organizzazione di mezzi e persone, queste a volte poco note, ma basilari, nel Tribunale che si occupa della gestione del flusso di informazioni ed aiuta
tanto i giudici che i cancellieri nel lavoro “telematico”, quando occorrono cognizioni
tecniche, e che presidia lo scambio degli atti, gestendo quelli problematici. Dalla parte
“privata” esiste un “infopoint” che svolge analogo servizio di consulenza ed ausilio
verso gli avvocati. Le due strutture si parlano quotidianamente per la gestione dei problemi, reputati giustamente comuni, di comunicazione di atti, di parte e giudiziari.
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È l’insieme di queste strutture, che attualmente non hanno una precisa sistemazione,
che è stato definito “ufficio per il processo telematico” ed è a questo processo che
occorre guardare per lo sviluppo di questa nuova alfabetizzazione del linguaggio processuale. La definizione di questo ufficio sarà basilare per dare norme di funzionamento, prima pratiche, poi, auspicabilmente, amministrative: la comunicazione telematica
non può restare affidata a gestioni locali, differenti fra Tribunale e Tribunale, ma deve
essere gestita con strumenti generali, quali leggi e regolamenti, per consentire di uniformare le prassi sul territorio nazionale, uniformandole, possibilmente, alle migliori.
Quindi vi dovrà essere un ufficio per la gestione del flusso di dati telematici, che dialoghi con i gestori del punto d'accesso degli avvocati, ed un luogo di scambio di idee,
la commissione mista, chiamata anche “mistica” per un felice lapsus calami. È poi
altrettanto importante che il Ministero abbia un osservatorio, la commissione nazionale, su quel che accade in questi primi passi del Processo Civile telematico, anche per
veicolare le istanze della prassi a chi ha il compito di scrivere i programmi applicativi,
svolgendo la relativa, ineliminabile analisi.
Il programma applicativo che gestisce questo scambio di dati, quindi anche la redazione di atti da parte degli avvocati e dei magistrati, diviene implicitamente, il modulo del funzionamento per deposito e redazione di atti processuali e giuridici, un
compito fino ad ora riservato alle leggi processuali.
È chiaro che il successo dell'iniziativa ministeriale – ma non solo ministeriale, perchè
per lo meno anche l’Ordine degli avvocati di Milano vi si è impegnato - di supporto
al Processo Civile Telematico è legata alle capacità del programma nel consentire una
comunicazione moderna, completa ed “efficiente”, sia sotto il profilo della rapidità
che delle possibilità di presentare documenti e concetti, anche con l'uso di nuove possibilità espressive.
La trasmissione telematica deve portare, in altre parole, ad una nuova efficienza della
comunicazione, potendo costituire non la semplice trasmissione del dato, ma la sua
conformazione, per trovare forme espressive concise ed essenziali, ma documentate:
forme nuove consentite dalla informatica, quali l’ipertesto.
In tempi di informatica non dovrebbe spaventare nessuno questa parola, della quale
a buon conto, riporto la efficace definizione data da Wikipedia
“L’ipertesto è una struttura informativa costituita di un insieme di testi o pagine leggibili con l’ausilio di un’interfaccia elettronica, in maniera non sequenziale, per
mezzo di particolari parole chiamate collegamenti ipertestuali (hyperlink o rimandi).
I collegamenti costituiscono una rete raggiata o variamente incrociata di informazioni, organizzate secondo diversi criteri, ad esempio paritetici o gerarchici, in modo da
costituire vari percorsi di lettura alternativi.”
In realtà ipertesto è anche il diritto, o il ragionamento giuridico, perchè consiste in
una serie di definizioni coordinate (o subordinate): così il discorso di una parte che
richieda il pagamento di un prezzo non fa che collegare proposizioni normative
(nell’esempio 1 - “la vendita è lo scambio della cosa contro il prezzo” 2 - “obbligo
del venditore è il pagamento del prezzo” 3 - “il creditore deve ottenere sentenza di
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condanna o decreto ingiuntivo per iniziare la esecuzione forzata”), sia fra loro che a
situazioni di fatto (nell’esempio il contratto di vendita, la ricevuta della merce, eventualmente la promessa di pagamento).
L’organizzazione di domande e provvedimenti come ipertesti, con collegamenti ai
documenti o a parti di essi o a riferimenti giurisprudenziali, è una importante possibilità aperta dal PCT ai giuristi, che deve essere sfruttata per trovare quella “efficienza”
del linguaggio in campo giuridico, di cui sopra parlavo.
È chiaro – per illustrare le possibilità offerte dalla informatica - che la memoria del
difensore non avrà necessità di riportare un testo giuridico per esteso, quando potrà
limitarsi ad un link al punto della sentenza citata come precedente e nemmeno dovrà
riportare per esteso le precedenti memorie, proprie o avverse, se queste saranno conoscibili alle parti ed al giudice - magari anche al giudice d’appello - mediante un link;
anche la produzione ed indicazione dei documenti potrà essere semplificata – e non si
perderanno più - quando un link porterà direttamente al punto del documento, in ipotesi
un ponderoso contratto del quale interessa solo una piccola frase. Anche nell’ambito
dello stesso documento la tecnica del collegamento può essere utile, si pensi per esempio
alla indicazione del quesito, oggi necessaria ex art. 366 bis cpc per i ricorsi di Cassazione
(si ricorda sull’importanza del collegamento fra quesito e ricorso la recente sentenza a
sezioni unite della Cassazione del 5.1.2007 n. 36 “a norma dell'articolo 366 bis cpc è
inammissibile il motivo di ricorso per Cassazione che si concluda con la formulazione di un
quesito di diritto in alcun modo riferibile alla fattispecie o comunque assolutamente generico”
rinvenibile in http://www.overlex.com/leggisentenza.asp?id=860&testocompleto=si),
ma auspicabile in tutti gli atti, quesito che costituisce una struttura logica del discorso
giuridico e che potrà essere richiamato, al pari delle conclusioni, mediante collegamento ipertestuale in tutti i punti della trattazione generale in cui viene ad assumere
importanza.
La sentenza, poi, può essa stessa essere concepita come ipertesto, essendo in costante
equilibrio fra fatto concreto e un sistema di norme.
Le possibilità di sintesi e chiarezza espositiva e concettuale, offerte dal linguaggio dell’ipertesto saranno possibili nel processo telematico e debbono essere sfruttate.
“Saranno” – non ancora “sono” - si dice perchè, per tornare alla esperienza concreta e
precisamente al programma, occorre dire che esso è al momento ancora rudimentale
e non consente la redazione di “ipertesti”, ma di file semplicissimi, nemmeno con
tutti i caratteri usati da word - il programma di trattamento parola più usato - non
consente collegamenti ai documenti e non consente, allo stato, la redazione e la
comunicazione di documenti diversi da quelli dei ricorsi monitori.
Anche il programma deve però considerarsi un “work in progress” ed in effetti al
momento sono probabilmente più importanti le linee di tendenza, il lavoro per il
futuro piuttosto che i risultati concreti.
Per non allargare troppo lo iato fra potenzialità e realtà, fra “sogni e remo da voga” - per
usare una espressione del collega Roberto Braccialini in un articolo su Questione
Giustizia – occorre non proseguire troppo su questa strada, ma anche riflettere sui dati
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statistici, che dicono che questo primo anno già significa qualcosa sotto il profilo
pratico.
I risultati numerici dell’esperienza di un anno
La tabella che segue riporta l’andamento numerico dei ricorsi monitori telematici,
suddivisi per i primi dodici mesi di funzionamento, dal dicembre 2006 al novembre
2007, entrambi compresi.
Si noterà l'andamento crescente, con la flessione del periodo feriale e il conseguente
progressivo diminuire dei ricorsi cartacei, in relazione ai dati dell'anno precedente: se
si considera che l'impegno della Cancelleria per i ricorsi telematici è assai inferiore
rispetto a quel che richiede il cartaceo, il dato novembrino del 19 % sul flusso totale
indica che un sostanzioso contributo è stato dato anche ai decreti cartacei, liberando
personale per la lavorazione di questo tipo di ricorsi.
Il graduale aumento è dovuto sia alla maggiore pratica acquisita dagli avvocati che al
crescere del numero degli abilitati: gli avvocati infatti debbono seguire dei corsi di
abilitazione per accedere al ricorso telematico e quindi man mano che cresce il numero di coloro che hanno seguito il corso cresce anche il numero degli utenti di PCT e
dei ricorsi.
Attualmente i ricorsi telematici vengono trattati, non in via esclusiva, da 28 giudici
su 105, circa, civilisti milanesi – escluso il Tribunale del lavoro - che trattano i decreti ingiuntivi. Poiché, confermandosi la tendenza in crescita delle percentuali di
novembre (fra 19 e 20 % del totale), a breve sarà raggiunta la parità fra il rendimento
dei giudici “telematici” e quelli “cartacei”: a questo punto sarà necessario istruire altri
giudici al processo telematico, come in effetti ci si appresta a fare.
Anno/Mese telematici
2007
2006/12
2007/01
2007/02
2007/03
2007/04
2007/05
2007/06
2007/07
2007/08
2007/09
2007/10
2007/11
Totale
51
94
214
335
271
400
507
564
92
503
603
676
4.310
cartacei percentuale
2.642
3.019
3.352
3.646
2.745
3.204
3.080
3.369
705
2.536
3.532
2.876
34.706
1,89
3,02
6,00
8,41
8,99
11,10
14,13
14,34
11,54
16,55
14,58
19,03
11,05
22
totali
2007
2.693
3.113
3.566
3.981
3.016
3.604
3.587
3.933
797
3.039
4.135
3.552
39.016
raffronto Anno/Mese
2006
2006
3.251
2.816
3.561
3.749
2.864
3.662
3.870
3.698
784
3.694
3.875
3.528
39.352
2005/12
2006/01
2006/02
2006/03
2006/04
2006/05
2006/06
2006/07
2006/08
2006/09
2006/10
2006/11
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Avvertenza: fra i fascicoli cartacei sono conteggiati anche i decreti ingiuntivi emessi a
seguito di convalida di sfratto
Il dato che preme di più a tutti, per la nostra Costituzione e per i richiami ricevuti
dall’Italia in Europa è però quello sulla durata.
La estrazione dei dati al 30 novembre, dunque dopo circa un anno di funzionamento, mostra risultati che si possono giudicare soddisfacenti, perchè segnano una diminuzione dei tempi in questo specifico settore.
Sulla durata il campione dei ricorsi telematici analizzati è inferiore a quello sulla mera
presentazione, perchè sono stati considerati solo i ricorsi che hanno avuto per esito un
immediato decreto di accoglimento o di rigetto, per non falsare il dato considerando
anche i ricorsi nell'ambito dei quali si è avuta una sospensione, laddove il ritardo
potrebbe dipendere anche dal fatto che la documentazione integrativa sia stata prodotta tardivamente.
Si tratta dunque di 3247 ricorsi, dei quali 74 rigettati e 3173 accolti, come s’è detto
senza sospensioni. La differenza fra 3247 costituenti questo campione e i 4310 validamente presentati è costituita da ricorsi sospesi e da un certo numero di ricorsi ancora non trattati; a conti fatti i sospesi dovrebbero essere circa 800, calcolando che la
metà dei 676 ricorsi di novembre non sia ancora stata lavorata: ciò denota una percentuale di sospensione fra il 20 e il 25 %, che corrisponde alla stima derivante dalla
mia personale esperienza.
È stata fatta una estrazione dei dati SICC sulla durata per conteggiare i giorni intercorsi dalla data del deposito alla emissione del provvedimento: per illustrare cosa
significhi riporterò uno stralcio di questa estrazione, relativa a solo pochi records, perchè ripeterli tutti e 3247 sarebbe troppo.
N. RG
Anno
Deposito
Ricorso
Iscrizione
a Ruolo
00059887
00060053
00060054
00060056
00060142
00060143
00060144
00060145
00060146
00060151
00060883
00060885
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
29/09/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
02/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
01/10/2007
04/10/2007
04/10/2007
23
Data
gg. dal
Tipo
Provvedimento deposito al Definizione
Provvedimento
02/11/2007
33
ACCOLTO
08/11/2007
38
ACCOLTO
12/11/2007
42
ACCOLTO
02/10/2007
1
ACCOLTO
04/10/2007
3
ACCOLTO
04/10/2007
2
ACCOLTO
04/10/2007
2
ACCOLTO
05/10/2007
3
ACCOLTO
05/10/2007
3
ACCOLTO
03/10/2007
1
ACCOLTO
05/10/2007
3
ACCOLTO
15/11/2007
43
ACCOLTO
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Sommando i giorni intercorsi, per ciascun procedimento, fra il deposito del ricorso e
la emissione del provvedimento (il deposito prevede anche la accettazione del cancelliere e segue di massimo due giorni) e dividendo questa sommatoria per il numero di
ricorsi si ottiene un media di 20 giorni a ricorso: un buon risultato, tenuto presente
che analoga operazione sul cartaceo, nel quale però il dato è meno attendibile – per
l’inesattezza di registrazioni effettuate dall'operatore e per la presenza nel campione di
decreti ingiuntivi emessi a seguito di convalida di sfratto e dunque contestuali - dà
una media di 66 giorni.
Analizzando però più a fondo questo dato si vede che questa media è fatta da dati
molto variabili, con alcune decine di ricorsi con tempi lunghi, oltre i 100 giorni ed altri
con tempi di un giorno o due, o addirittura emessi in giornata. Quindi la media è un
dato poco significativo e le decine di ricorsi “anomali” sono probabilmente dovuti
all'intervallo estivo o a difficoltà del giudice, anche con la informatica: se si considera,
invece della media, ciò che gli statistici chiamano “moda” il dato migliora sensibilmente.
Moda è il valore, nel campione considerato, sul quale si concentra il maggior numero di casi e sul campione dei decreti ingiuntivi milanesi la “moda” è di 6 giorni.
Ad una rilevazione intermedia effettuata a giugno, quindi a sei mesi, il valore della
“moda” era di sette giorni e dunque scende pian piano che cresce la pratica sul nuovo
strumento; il valore medio era di 15 giorni ed è invece cresciuto, probabilmente per le
ferie estive, che hanno in molti casi determinato un'assenza di 30 - 40 giorni dall'ufficio.
Il valore della “moda” dei cartacei risulterebbe invece di 84 giorni.
Infine un dato importante è quello del valore economico di questo esperimento.
Con una estrazione dal SICC – una query, secondo gli informatici - si sono andati a
recuperare per ciascuno dei 4310 ricorsi il valore indicato ai fini della richiesta di
decreto ingiuntivo, che è obbligatoriamente indicata e che dunque è contenuta nel
ricorso stesso, con una cifra contenuta in un campo che viene recuperata nel SICC
come una colonna del database. Anche qui gioverà un esempio parziale.
La somma dei valori delle richieste è euro 534.847.295.
N. RG.
anno
Tipo richiesta
00035017
00058496
00060960
00028334
00063509
00034485
2007
2007
2007
2007
2007
2007
PAGAMENTO SOMMA
PAGAMENTO SOMMA
CONSEGNA BENI
ONERI CONDOMINIALI
PAGAMENTO SOMMA
PAGAMENTO SOMMA
Valore
causa
2.929
2.700
85
8.380
9.052
18.991
Valore
richiesta
2.843
2.614
0
8.296
8.968
18.908
differenza
86
86
85
84
84
83
A questo valore vanno sommati i valori delle cause indicati per i decreti ingiuntivi per
solo consegna e rilascio (nell'esempio gli 85 euro del ricorso 60960) che è, in totale
di euro 15.083.539.
Il valore di questo “esperimento” di un anno di ricorsi monitori telematici è dunque
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di circa cinquecentocinquanta milioni di euro, una somma per la quale viene ottenuta la ingiunzione, quando deve essere emessa, nella maggioranza dei casi nel giro di
una settimana.
Nei piccoli Tribunali questi risultati, in termini di rapidità, si possono ottenere, trattando pochi e sporadici casi, ma i valori sono molto differenti. La pratica dei ricorsi
“cartacei” milanesi indica durate ben diverse da quelle dei ricorsi telematici e i tempi
sono, come accennato, di due – tre mesi superiori.
Si può dunque considerare che, nel solo primo anno e solo per i procedimenti monitori milanesi, il valore aggiunto dal processo civile telematico sia l’interesse per duetre mesi su circa 550.000.000 di euro.
Credo che sia sufficiente l'indicazione di questi dati, l'unico commento che mi sento
di fare è che se si vanno a prendere a prestito in banca somme siffatte, per due-tre
mesi, si pagano alcuni milioni di euro di interesse e questo misura il valore di quella
che, a questo punto, con difficoltà continuo a definire sperimentazione.
Problematiche giuridiche
Con i primi decreti ingiuntivi telematici giungono le prime eccezioni formali su questo processo e la prima non poteva che riguardare la procura alle liti, che infatti è
stata proposta: si tratta di eccezioni formali né potrebbe essere diversamente quando
si passa da un linguaggio ad un altro, perchè vi sarà sempre qualcuno che troverà
l’uno diverso dall'altro, il che è una tautologia.
Poiché l’atto introduttivo, il ricorso è, per così dire, dematerializzato, sono state sollevate obiezioni, in relazione all’art. 83 cpc, sul fatto che la procura non è a margine
e non è nemmeno unita; il ricorso telematico oggi è un insieme di impulsi elettronici, non un foglio di carta, quindi il tradizionale timbro laterale non esiste e, a meno
che il cliente sia dotato di firma digitale, non è possibile nemmeno che la procura sia
riportata in calce, perchè dovrebbe costituire a sua volta un documento costituito
dalla registrazione di bit.
La procura sarà dunque rilasciata normalmente su foglio separato, che deve essere
“congiunto materialmente” all’atto cui si riferisce, secondo l’art. 83 stesso; il punto è
dunque cosa significhi, per ricorsi telematici, questa prescrizione di congiunzione.
È una congiunzione per forza di cose diversa da quella cartacea e che sussiste per il
solo fatto che si tratta di documenti legati da un unico “indice” telematico.
La ratio della norma è la certezza del riferimento della procura all’azione effettivamente iniziata e ciò può dedursi per prima cosa dal testo della procura stessa.
Per i documenti cartacei, inoltre, la Cassazione aveva già ritenuto non necessaria la
“spillatura” del documento, ritenendo sufficiente che la procura fosse numerata in
fondo all’atto difensivo (Cass. 13178 del 2004, dove la procura era la pag. 11 bis dell’atto, indicazione ritenuta sufficiente). In altra pronuncia la Cassazione aveva stigmatizzato la adozione di criteri interpretativi che si risolvessero in penalizzazioni del
diritto di azione non giustificati da esigenze di tutela della controparte (Cass. 12558
del 2003).
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Questi principi portano ad escludere la legittimità di interpretazioni formalistiche,
tendenti a far passare un foglio attraverso un cavo per trasmissione dati.
Le modalità di “congiunzione” per gli atti telematici sono quelle previste dall’art. 10
del dpr 123 del 2001 (regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile): “se la procura alle liti è stata conferita su supporto
cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica
della procura medesima, asseverata come conforme all'originale mediante sottoscrizione
con firma digitale”.
Queste norme tecniche sono richiamate con valore di legge dagli articoli 20 e 71 del
codice dell'amministrazione digitale (d.lg. 7.3.2005 n. 82).
Il messaggio telematico con cui viene recapitato il ricorso, con gli allegati, è in realtà
un insieme di impulsi contenente un indice per la lettura dei vari files e deve concepirsi come una sorta di “busta” telematica che contiene più documenti; una busta
anche lei sottoscritta con firma digitale.
Pertanto per gli atti telematici la procura rilasciata su foglio a parte è regolarmente
prodotta e congiunta quando la sua immagine sia contenuta nella medesima “busta”
del ricorso sottoscritta con firma digitale (tesi sulla quale si ha la prima pronuncia
giurisprudenziale ord. Trib. Milano g.u. Simonetti pubblicata in Foro Italico del
febbraio 2008, fascicolo anticipazioni e novità pag.11).
Del resto nella realtà la “busta” di trasmissione telematica altro non è che una serie di
impulsi, di bit, trasmessi in una serie continua e inscindibile, se non a mezzo di programmi di lettura, per cui questa forma di invio corrisponde alla congiunzione materiale prescritta dall’art. 83 cpc per i documenti cartacei.
Questo è significativo di come norme fatte per una realtà processuale seguita da carte
debbano essere rilette alla luce del fatto che il nostro ordinamento sicuramente prevede il processo civile telematico, scritto con lettere elettroniche; alla luce delle richiamate sentenze della Cassazione una lettura dell'articolo 83 cpc che impedisca il funzionamento del processo telematico costituirebbe una limitazione del diritto di azione priva del contenuto di tutela della controparte e ciò impone una lettura evolutiva
della congiunzione materiale prevista dal citato art. 83.
Considerazioni finali
Questo anno di esperienza concreta ha offerto, oltre a questi risultati, anche un contributo ideale di idee e speranze, come si è in parte accennato.
Vi è un prossimo appuntamento, al 12 dicembre 2008, quando avrà vigore il regolamento europeo 12.12.2006 sulle procedure di ingiunzione transfrontaliere, una normativa che è il frutto di uno studio che ha riguardato anche le procedure informatiche e la loro possibile adozione in sede europea (si può vedere sul punto il libro verde
adottato dalla Commissione europea il 21.12.2002 e i susseguenti lavori). Questa
legislazione comunitaria auspica la adozione di procedure nazionali uniformi ed
informatizzate (nelle premesse si legge “Il procedimento dovrebbe basarsi il più possibile sull’utilizzo di moduli standard nella comunicazione tra il giudice e le parti per
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facilitarne la gestione e consentire il ricorso all’elaborazione automatizzata dei dati “),
ma ancora non riesce a concludere per un obbligo in tal senso; allegati al regolamento si trovano dei moduli che dovrebbero usarsi per la procedura informatica, ma ciò
che più è stimolante sono due osservazioni contenute nelle premesse, quella per cui
l’informatica ragiona per moduli, di cui s’è detto, e quella per cui in sede di ingiunzione la prova deve essere descritta, non esibita o prodotta (art. 7 comma 2 “nella
domanda sono indicati: ..... e) una descrizione delle prove a sostegno della domanda).
La legislazione europea ora considerata è stata forse un po' timida, probabilmente
ostacolata sulla strada di scelte più decise o radicali dalla molteplicità dei paesi aderenti, con sistemi assai differenziati: per esempio ha ristretto la procedura uniforme
alle controversie transfrontaliere, rinunciando alla uniformazione delle procedure
interne e ha auspicato, ma non imposto la informatizzazione. Lo studio che ha preceduta questa normativa è stato pregevole ed approfondito e ciò si riflette nelle rispettabili premesse riportate dal regolamento.
I principi di quelle due premesse possono riportarsi alla nostra esperienza telematica: la produzione della prova in sede monitoria ha probabilmente poco senso, poiché
alla controparte è sempre data facoltà di opposizione e la documentazione vera e propria potrà essere esibita, ove occorra, in quella sede.
La vera e propria produzione potrà poi essere superflua ove si tratti di fatti non contestati, ma al contempo si evidenzia come, in un modello di trasmissione di prove non
corporea, ma per immagini “scannerizzate”, quale è quello del PCT, la prova per l’ingiunzione possa essere limitata alla indicazione dei documenti. In caso di controversia sulla evidenza probatoria, potrà essere prodotto l'originale nel processo, ma la
prova, di per sé, è qualcosa che difficilmente passa in un cavo, caso mai la sua immagine, che è cosa differente, per questo tanto varrebbe limitarsi alla indicazione o precisa elencazione da verificarsi in fase successiva, come dice il regolamento europeo.
L'altra osservazione contenuta nel regolamento europeo è la “modularizzazione” delle
domande: se si guarda il modulo allegato al regolamento si noterà una semplificazione
forse eccessiva, uno spazio per motivazione ridotto a una riga, si vedrà un modulo di
compilazione non impossibile, ma sicuramente difficoltosa. Eppure è vero che la
strutturazione informatica delle domande suggerisce la loro standardizzazione, la elaborazione di modelli da ripetersi ed eventualmente adattarsi alle situazioni concrete
che si presentano.
L’esame a video, le modalità stesse di scrittura, impongono di trovare sempre le stesse informazioni, sempre nella stessa posizione: è l'esperienza di chi accede a qualsiasi
ambiente informatico, per esempio E.BAY o i siti delle banche: dovrà scrivere user id
e password non in un testo, non dove gli pare, ma solo negli appositi campi. Altre
informazioni, per esempio le date debbono essere scritte in modo uniforme, pena il
fallimento della comunicazione.
Una schematizzazione delle domande è quindi auspicabile ed è facilitata dall'informatica, ma non può essere imposta dal legislatore, quanto trovata da prassi “virtuose” e
concordate, il cui luogo può essere la commissione mista di cui ho sopra detto.
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Per questo la comunicazione telematica può è deve essere sfruttata per la chiarificazione
della forma espositiva, ma, con la forma, inevitabilmente anche parte del contenuto,
del discorso giuridico: anche se non si arriva al modulo, che effettivamente “blocca”
l'interpretazione, uniformare le informazioni è un modo per renderle più chiare, per
costruire un “metalinguaggio” legato alla comunicazione dei dati e dei concetti, che
finirà per divenire anche una struttura del pensiero.
Così “metalinguaggio” - un codice che consente lo scambio di informazioni, come
era la lingua comune degli uomini, prima di Babele - sono anche i formati di comunicazione dei dati: per il momento il processo telematico consente l'utilizzo di XML,
indispensabile per l'aggiornamento dei registri di cancelleria e la formazione delle
“buste”, che viene utilizzato anche per i testi, nonchè di formati aperti come .JPG
.TIF o .PDF per i soli allegati scannerizzati.
I testi dei provvedimenti potranno essere, fra breve, dei file .PDF, ma è importante che
si adottino nuovi linguaggi che consentano collegamenti ipertestuali, quale .ODT,
almeno per i testi, per consentire la maggiore libertà di stesura di sentenze e atti di
parte e al contempo lo sviluppo di modelli di testo.
Il comune formato .DOC, quello di word, non potrà invece mai essere adottato,
perchè non è un formato libero, ma è di proprietà Microsoft, e non garantisce una
continuità della comunicazione, essendoci una sorta di “padrone del linguaggio”.
La comunicazione non può appartenere ad alcuno, è la chiave del processo civile
telematico, una comunicazione che avviene attraverso alfabeti nuovi, o meglio,
dove il nuovo viene dalla applicazione al processo di alfabeti recenti usati fino ad
ora in altri campi.
Per questo in apertura ho voluto citare quel che diceva Parmenide delle lettere, riferendosi al mito di Cadmo, che risiedeva in Fenicia, da dove portò dei piccoli segni in
dono all'uomo: una invenzione, quella dell'alfabeto fonetico che costituì un’antichissima chiave del progresso, perchè, a differenza degli ideogrammi fino allora usati,
consentiva di scrivere in più lingue e non per nulla i Fenici erano viaggiatori e mercanti ed avevano bisogno di comunicare in modo facile a popoli diversi, scrivendo i
suoni che sentivano e non più i significati, che non sapevano come pronunciare in
lingue straniere.
Questa duttilità e facilità, per Parmenide, rendeva quelle lettere “dotate di mente”.
Una facilità di comunicazione che ci si aspetta ora dalla applicazione della telematica
al processo civile e questa è la scommessa italiana che fra le prime nazioni europee si
è dotata di una legislazione sulla firma digitale e fra le prime sta adottando la telematica per le comunicazioni processuali.
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4.
PROCESSO CIVILE TELEMATICO, REGOLE
TECNICO-PROCEDURALI E FUNZIONI
A cura della Dott.ssa Daniela Intravaia
Direttore C.I.S.I.A. Milano
Le finalità del processo civile telematico
Tra scetticismo e difficoltà, processo civile telematico (PCT) è stato avviato – l’11
dicembre 2006 a Milano con valore legale - ed è oggi uno strumento effettivo e funzionante per il rito monitorio.
Non è completo né perfetto, ma indubbiamente è operativo e i benefici cominciano
ad essere avvertibili, per tutti gli Utenti della giustizia milanese, avvocati, giudici, cancellieri.
È il primo risultato di un progetto del Ministero della giustizia che si pone l'obiettivo
di automatizzare i flussi informativi e documentali tra utenti esterni (avvocati e
ausiliari del giudice) ed uffici giudiziari relativamente ai processi civili, come previsto
dal D.P.R. 13/2/2001 n. 123, Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti
informatici e telematici nel processo civile, amministrativo e dinanzi alle sezioni
giurisdizionali della Corte dei Conti, e dalle connesse regole tecnico-operative
emanate con decreto ministeriale del 14/10/2004.
L’architettura tecnologica che è stata realizzata mira a consentire l’esecuzione di operazioni, quali il deposito di atti, la trasmissione di comunicazioni e notifiche, la consultazione dello stato dei procedimenti risultante dai registri di cancelleria, nonchè
dei fascicoli e della giurisprudenza locale, senza necessità di recarsi fisicamente presso
le cancellerie, bensì operando da remoto, on line.
Si intende per attività informatizzata quella compiuta mediante strumenti informatici,
cioè prodotti dalle tecnologie dell’informazione (Information and Communication
Technology), e per attività telematica quella compiuta mediante strumenti informatici che consentano la comunicazione a distanza.
L’obiettivo finale è quello di ridurre la dimensione cartacea del processo civile, a vantaggio di quella digitale, con ulteriori benefici indiretti:
• progressiva dematerializzazione degli atti del processo e trattamento dei dati e delle
informazioni in archivi digitali (repository), piuttosto che in registri e fascicoli cartacei;
• delocalizzazione delle attività processuali, con diminuzione della quota “deambulatoria” dell’attività dei professionisti e degli altri operatori del processo civile;
• miglioramento e razionalizzazione dei servizi di cancelleria;
• riduzione dei tempi di definizione dei procedimenti.
In particolare, la riduzione dei tempi dovrebbe derivare dalla revisione e rimodulazione (in termini appunto telematici) di molte delle interazioni tra i soggetti del processo civile e dalla contestuale abbreviazione dei c.d. “tempi di attraversamento” (Zan).
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Sono così definiti in letteratura organizzativa i tempi dei molteplici passaggi che le
“carte” processuali conoscono attualmente durante le diverse fasi di un procedimento civile, prima di pervenire ad un provvedimento definitorio, parziale o conclusivo.
La prima fase del progetto
PCT richiede che si possa operare in un ambiente totalmente informatizzato, in termini di dotazione di macchine (hardware) e di sistemi applicativi (software) adeguati.
Pertanto, è stato necessario passare attraverso una prima fase di informatizzazione dell’ufficio giudiziario, integrando il più possibile gli applicativi, cioè dotandoli di una
interfaccia uniforme, puntando a costruire un sostrato unitario, un'unica “base di
dati” dell’ufficio (tribunale, corte d’appello), che ne contenesse l’intero patrimonio
informativo in materia civile.
Nel sistema organizzativo giudiziario tradizionale, le informazioni risiedono essenzialmente in due tipologie di oggetti: registri di cancelleria e fascicoli; occorreva trasferire le informazioni da contenitori cartacei a contenitori digitali, garantendo la massima efficienza funzionale (precisione, velocità, usabilità, etc.) all’interno un sistema
informativo integrato, completo, che consentisse elaborazione e ricerca dei dati. Il
sistema doveva inoltre permettere agli uffici giudiziari la trasmissione elettronica di
comunicazioni, notifiche e copie di atti ai soggetti coinvolti nel processo, d’ufficio e
su richiesta, nonché la consultazione da remoto dei dati in esso residenti.
Altro presupposto essenziale, che attiene soprattutto agli aspetti normativi, è quello
di garantire piena efficacia al fascicolo elettronico e ai documenti informatici, come
per la documentazione giudiziaria tradizionale; è indispensabile conferire a ciascun
documento o atto le qualità della “non ripudiabilità” e della “non modificabilità”.
In tal senso, il decreto che ha introdotto il processo civile telematico nell’ordinamento italiano, D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, è orientato essenzialmente a dare valenza ad un diverso modo di compiere le attività processuali e non ad introdurre una
ulteriore autonoma ritualità.
Nella prima fase del progetto, il sistema realizzato consente all'avvocato di:
• redigere e firmare l'atto di parte: a tal fine si avvale di uno strumento di redazione
(Redattore Atti, che è possibile scaricare dalla pagina del sito del Ministero della Giustizia
http://www.processotelematico.giustizia.it/pdapublic/index.jsp?sid=1&id=6&pid=6),
fornito ai soli fini di avvio, integrato con strumenti software per la firma, la cifratura
e l'imbustamento;
• depositare l'atto di parte (ricevendo la relativa attestazione temporale e successivamente la ricevuta elettronica di avvenuta presa in carico da parte dell'ufficio giudiziario);
• ricevere comunicazioni da parte dell'ufficio giudiziario nella propria "Casella di
Posta Elettronica del Processo Telematico" (nel seguito CPEPT);
• consultare i propri fascicoli via Internet o via intranet (su postazioni interne agli
uffici giudiziari), visualizzando gli atti depositati telematicamente, propri e della controparte costituita (PolisWeb di PCT).
L'ufficio giudiziario beneficia della completa automatizzazione degli eventi relativi
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all’iscrizione a ruolo e al deposito degli atti di parte, che andranno ad aggiornare il
sistema di gestione informatizzata dei registri di cancelleria (denominato fino ad
oggi SICC-SIL-VG, Sistema Informativo del Contenzioso Civile-del Lavoro-della
Volontaria Giurisdizione, ed ora SICID, Sistema Informativo Civile Distrettuale, nella
versione destinata a servire le aree civili di tutti gli uffici giudicanti di un medesimo
distretto giudiziario). L’ufficio potrà poi inviare automaticamente i biglietti di cancelleria e visionare il fascicolo informatico.
Interfaccia grafica del registro del contenzioso civile
La disciplina normativa e la firma digitale
Un importante presupposto normativo generale di PCT va ricercato nella legislazione
sulla semplificazione amministrativa di fine anni ’90.
Senza l’art. 15 comma 2, legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
pubblica amministrazione e la semplificazione amministrativa, la prima legge
Bassanini, che statuisce che “gli atti e i documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici … sono validi e rilevanti a
tutti gli effetti di legge”, PCT non sarebbe stato nemmeno ipotizzabile.
Successivamente, è stato emanato il regolamento attuativo della citata norma, con
D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell’articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, trasfuso
nel D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa e successivamente nel Codice dell’amministrazione digitale, decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, di seguito CAD.
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In particolare, l’art. 20 CAD prevede che “Il documento informatico da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se conformi alle disposizioni
del presente codice ed alle regole tecniche di cui all’art. 711”
Nel frattempo, veniva emanata una nuova normativa sui registri giudiziari, determinante e fortemente innovativa, considerato che i registri sono, come accennato, tra i
principali contenitori di informazioni sul processo. Con il D.M. 27 marzo 2000, n.
264, Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari,
è stata resa obbligatoria la tenuta informatizzata dei registri, ove siano stati acquisiti e
certificati dal Ministero della giustizia appositi sistemi di gestione dei dati.
Al D.M. 24 maggio 2001, Regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia, sorta di manuale operativo rispetto al
decreto citato, è affidata la tutela della sicurezza dei sistemi e dei dati, con la previsione, tra l’altro, di adottare un piano della sicurezza informatica dell’ufficio, ad evitare
che le potenzialità dell’informatica si traducano in una maggiore esposizione a rischio
delle informazioni trattate negli uffici giudiziari, con possibile pregiudizio per le singole parti o per i singoli procedimenti e, pertanto, con evidenti risvolti sul piano della
protezione dei dati personali2.
Nel contesto descritto, si inserisce il D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, Regolamento
recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei
conti, che, come accennato, è orientato soprattutto a validare pienamente le attività
processuali compiute in modalità informatizzata e telematica.
Il D.P.R. 123/2001 ammette, pertanto, la formazione, la comunicazione e la notificazione di atti nel processo civile mediante documenti informatici (art. 2), utilizzando il sistema informatico civile (SICI), che è il sottoinsieme delle risorse del dominio
giustizia destinate alla trattazione del processo civile (art. 1 lett. f ).
Il SICI deve assicurare (art. 3):
a) l’individuazione dell’ufficio giudiziario;
b) l’individuazione del soggetto che compie una delle attività consentite (consultazione, inserimento, modifica o comunicazione di un dato o di un atto);
c) l’avvenuta ricezione della comunicazione di un atto;
d) l’automatica legittimazione all’accesso del difensore e dell’ufficiale giudiziario.
La restrizione ai professionisti dell’utilizzo iniziale del sistema, astrattamente passibile
di essere progressivamente aperto ad ulteriori tipologie di utenti, risponde ad un motivo pratico, legato alle questioni di sicurezza ed alla autenticazione dei soggetti; nel prossimo futuro, è immaginabile che la firma digitale sarà uno strumento maggiormente
Fino a quando non saranno state emanate nuove regole, hanno validità quelle scaturite dal regime precedente al Codice
citato, vale a dire dal D.P.R. 445/2000. In particolare, trova applicazione il D.P.C.M. 13/1/2004, Regole tecniche per la
formazione, la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la validazione, anche temporale, dei
documenti informatici, in G.U. 27/4/2004 n. 98; si veda anche la Deliberazione 4/2005 CNIPA del 17/2/2005, Regole
per il riconoscimento e la verifica del documento informatico, in G.U. 3/3/2005 n. 51.
2 Il decreto 24/5/2001 è attualmente in corso di revisione, per essere adeguato all’Allegato B, disciplinare tecnico del
del Codice della protezione dei dati personali, decr. leg.vo 196/2003.
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diffuso e che i cittadini abbiano più largamente a propria disposizione strumenti elettronici.
Fondamentale appare la previsione dell’art. 4, che permette il compimento di tutti gli
atti e dei provvedimenti del processo come documenti informatici, richiedendone la
sottoscrizione con firma digitale 3.
La firma digitale consiste in un particolare tipo di firma elettronica qualificata 4,
basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra
loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici (art.
1 lett. s CAD). In sintesi, la firma digitale ha le stesse caratteristiche della firma qualificata, con l’aggiunta della previsione del sistema della doppia chiave asimmetrica;
per questo meccanismo di rinforzo e per le maggiori garanzie di inviolabilità che esso
comporta, è stata prescelta come la sola ed unica utilizzabile in PCT.
Il fascicolo processuale deve essere formato dalla cancelleria in modalità informatica,
mediante associazione di tutti i documenti digitali trasmessi dall’esterno o prodotti
dall’ufficio, unendo i documenti probatori offerti in comunicazione o comunque
prodotti, eventualmente anche in forma cartacea, previa acquisizione informatica
(digitalizzazione), sempre che ogni singolo documento non superi le venti pagine di
estensione. Tuttavia, è prevista la formazione del fascicolo d’ufficio anche su supporto cartaceo5.
Il fascicolo informatico deve poter essere consultato sia in modalità telematica, sia
presso la cancelleria, attraverso postazioni apposite, accessibili al pubblico, fatta salva
la possibilità per ciascun utente di poter “navigare” nel sistema informativo civile
soltanto quanto ai propri fascicoli, per rispetto delle regole sulla protezione dei dati
personali6.
Si vedano altresì l’art. 5 per il processo verbale (se redatto come documento informatico, richiede la sottoscrizione con
firma digitale da chi presiede l’udienza e dal cancelliere), l’art. 10 per la procura alle liti (se conferita su carta, va allegata in copia informatica, previa asseverazione del difensore con firma digitale), l’art. 11 per la nota di iscrizione a ruolo
(può essere trasmessa per via telematica come documento informatico sottoscritto con firma digitale), l’art. 13 per la
“chiusura” del fascicolo d’ufficio (dopo la precisazione delle conclusioni, il responsabile della cancelleria appone al fascicolo la firma digitale), l’art. 15 per la relazione del consulente tecnico d’ufficio (si può depositare in via telematica, se
firmata digitalmente dal professionista).
4 La firma elettronica qualificata è “la firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la
connessione univoca al firmatario e la sua univoca autenticazione informatica, creata con mezzi sui quali il firmatario
può conservare un controllo esclusivo e collegata ai dati ai quali si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati
stessi siano stati successivamente modificati, che sia basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma, quale l’apparato strumentale usato per la creazione della firma elettronica”, art.
1 lett. r CAD.
5 Cfr. art. 12 D.P.R. 123/2001. Il mantenimento di un sistema cartaceo può apparire discutibile, quanto meno non
incentivante dell’utilizzo del sistema informatizzato. È prevedibile una fase di transizione, nella quale convivano digitale e cartaceo, a tutti i livelli e per tutte le categorie di operatori. È questo un modo, in realtà, per incoraggiare gli utenti e per abituarli gradualmente al sistema informatizzato, senza contare che, fino a quando l’utilizzo di PCT non diventerà obbligatorio, si potrà dare frequentemente il caso di un avvocato telematico con una controparte che non lo sia,
onde il cartaceo diviene inevitabile.
6 È ciò che in alcuni tribunali è possibile fare da tempo, attraverso il sistema PolisWeb, applicativo realizzato dall’amministrazione giudiziaria per anticipare le funzioni di consultazione di PCT presso un elevato numero di uffici giudiziari. La struttura ministeriale informatica di Milano (C.I.S.I.A.) ha installato e reso disponibile il sistema presso il
Tribunale di Milano nel 2003 e successivamente lo ha esteso a tutti i tribunali e corti d’appello lombarde, con la collaborazione dei tribunali e degli Ordini degli avvocati competenti per ciascun Foro.
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Alle norme sulla formazione del fascicolo informatico di ufficio (artt. 4, 12 e 13
D.P.R. 123/2001), vanno affiancate quelle sul deposito telematico della consulenza
tecnica da parte dei periti d’ufficio (art. 15) e quella sul deposito della sentenza da
parte del giudice (art. 17).
Quanto agli atti di parte, il primo momento nel quale vengono in evidenza è quello
della costituzione in giudizio, con il deposito degli atti introduttivi. A tale riguardo,
l’art. 9 D.P.R. 123/2001 prevede che la parte che proceda all’iscrizione a ruolo o alla
costituzione in giudizio per via telematica trasmetta con il medesimo mezzo anche i
documenti probatori come documenti informatici o, in alternativa, le copie informatiche dei documenti probatori su supporto cartaceo 7.
Un aspetto importante in un processo civile informatizzato è quello della storicizzazione dei fascicoli e della loro conservazione.
Per potere sostituire definitivamente l’archivio digitale a quello cartaceo, è necessario
riferirsi alla norma generale del Codice dell’amministrazione digitale, art. 23, sulla
documentazione sostitutiva su supporto informatico, idonea purché autenticata,
anche in modalità elettronica; pertanto, nel caso degli atti processuali, occorre che il
cancelliere abbia apposto la firma digitale agli atti.
In ambito giudiziario, esiste una norma specifica contenuta nel già richiamato D.M.
264/2000 sui registri informatizzati; l’art. 12 prevede che registri ed atti informatizzati siano conservati per il tempo previsto dal decr. leg.vo sulla amministrazione e
gestione dei beni culturali del 22 gennaio 2004 n. 42, Codice dei beni culturali e del
paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137. Ogni tre anni, i dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari devono formare una copia storica dell’archivio e disporne la conservazione su supporti informatici; in tal caso, è possibile
eliminare gli atti relativi agli affari esauriti da almeno due anni.
Quanto alle comunicazioni e notificazioni in PCT, è utile preliminarmente accennare
all’attuale quadro normativo generale.
Con il D.P.R. 11/2/2005 n. 68, Disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, si è dato impulso all’utilizzo dello strumento in questione nelle transazioni
tra amministrazioni e cittadini e tra pubbliche amministrazioni reciprocamente,
attribuendo piena validità alla trasmissione di documenti informatici, nonché parificando l’efficacia del messaggio di posta elettronica certificata alla raccomandata
con ricevuta di ritorno, grazie al sistema di certificazioni della trasmissione (nei due
momenti dell’invio e della ricezione) e delle relative ricevute ad opera di soggetti
terzi, i gestori dei servizi accreditati presso CNIPA.
Le regole tecniche al riguardo sono contenute nel decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 2 novembre 2005, Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata.
Nel frattempo, anche l’art. 45 del Codice dell’amministrazione digitale ha preso in
7 La dimensione del messaggio non deve superare i 10 Mb., come prescritto dall’art. 41 delle Regole tecnico-operative
per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile.
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considerazione lo strumento, per il rilievo che sempre più dovrà avere negli scambi
che coinvolgano la P.A., stabilendo che “I documenti trasmessi da chiunque ad una
pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertare la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della
forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento
originale. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito
dal mittente se inviato al proprio gestore e si intende consegnato al destinatario se
reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta
elettronica del destinarlo messa a disposizione dal gestore” 8.
Inoltre, per l’art. 48 co. 2° CAD, “la trasmissione del documento informatico per via
telematica, effettuata mediante posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta”.
Per il processo civile si segue un percorso simile a quello descritto, ma tenendo opportunamente in conto le peculiarità della materia e gli effetti rilevanti delle attività di
comunicazione e notificazione per le parti processuali.
Così, se l’art. 2 del D.P.R. 123/2001 prevede che tali attività si possano effettuare in
modalità telematica, stabilisce altresì il vincolo per il quale “trasmissione, comunicazione
o notificazione dei documenti informatici” si compiano “attraverso il sistema informatico civile” e, quanto agli avvocati, all’indirizzo elettronico del difensore comunicato al
Consiglio dell’ordine di appartenenza (art. 7).
In concreto, gli scambi avvengono mediante utilizzo di caselle di posta elettronica del
processo telematico (CPEPT), fornite dal punto di accesso (v. oltre), quanto agli utenti
esterni, e dai servizi informatici dell’amministrazione giudiziaria, per gli appartenenti al
sistema giudiziario.
Tra le definizioni dell’art. 1 DPR 123/2001, alla lett. i è descritta la ricevuta di consegna
come il messaggio generato ed inviato automaticamente al mittente dal gestore del sistema di trasporto delle informazioni del destinatario, nel momento in cui il messaggio
inviato è reso disponibile al destinatario medesimo nella sua casella di posta elettronica.
Le notificazioni telematiche sono parificate alle notifiche a mezzo posta; richiedono
l’utilizzo della firma digitale, requisito non necessario per il semplice biglietto di cancelleria (art. 6, D.P.R. 123/2001).
Se per gli avvocati l’indirizzo elettronico valido (art. 7, D.P.R. 123/2001) è quello
comunicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, per soggetti diversi dai legali è
quello dichiarato al certificatore della firma digitale.
Comunicazione e notificazione si hanno per eseguite alla data apposta dal notificatore
“alla ricevuta di consegna mediante la procedura di validazione temporale” (art. 8
D.P.R. 123/2001); i dati relativi ai messaggi di notifica - i relativi log di sistema - si
conservano per un periodo non inferiore a cinque anni.
L’equiparazione del fax ai mezzi telematici desta qualche perplessità, stante la mancanza di certezza della provenienza
della comunicazione del primo rispetto ai secondi (che, diversamente dal fax, consentono di risalire all'effettivo
mittente).
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È opportuno rammentare che, in fase di prima applicazione di PCT, gli Ufficiali giudiziari non sono coinvolti. Ciò potrà avvenire nel momento in cui sarà disponibile il
SW per la gestione della parte di attività che specificamente li concerne. Pertanto, il
primo atto del processo che si possa compiere in modalità telematica consiste nell’iscrizione a ruolo.
Il PCT è il prototipo per i successivi adattamenti al processo amministrativo e a quello contabile, come previsto dall’art. 18 D.P.R. 123/2001; è applicabile ai giudizi
iscritti a ruolo dopo il 1° gennaio 2002 (art. 19).
L'architettura tecnologica e i sistemi interessati
L'avvocato interagisce con il sistema necessariamente per il tramite di un Punto di
Accesso (PdA), presso cui è registrato come utente nel Registro Locale degli Indirizzi
Elettronici (ReLIndE).
Il PdA è quindi l'unico fornitore dei servizi di interazione con il "dominio giustizia"
per gli avvocati, essendo autorizzato ad operare su provvedimento dell'Amministrazione,
in quanto offre ai propri utenti una schermatura dei protocolli e dei formati di interfaccia previsti dal PCT per il colloquio con gli uffici giudiziari, salvaguardando i principi di sicurezza e di riservatezza tramite la prevista autenticazione forte.
Il punto di accesso è un'entità esterna al SICI (Sistema Informativo Civile) e non è
pertanto fornito dal Ministero della giustizia, se non in via residuale, secondo quanto
previsto dalle Regole tecniche.
Il PdA, confrontando nel ReLIndE le credenziali dell’utente, permette a questi
l’accesso in fase di autenticazione, in fase di prelievo o consultazione dei messaggi
provenienti dal SICI e in fase di deposito degli atti, eseguendo nel contempo, se
in possesso dell'albo elettronico del Consiglio dell'Ordine di appartenenza dell'avvocato, la certificazione dello status del professionista.
Per quanto attiene alla ricezione di comunicazioni di cancelleria, come accennato, il
PdA è il provider dell'avvocato per la casella di posta elettronica certificata di processo telematico.
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Schema generale del PCT
(DGSIA – Area Civile)
Il Gestore Centrale (GC) svolge servizi di cooperazione allo scambio di dati, pur non
entrando nel merito delle richieste ricevute (non legge il contenuto delle buste telematiche, che viaggiano crittografate, ma solo gli indirizzi apposti all’esterno delle stesse);
tali servizi consentono di assicurare la correttezza della composizione delle buste prodotte e di tracciare tutti i flussi applicativi, verificando il completamento dei relativi
cicli logici. È una sorta di postino telematico, che provvede ad indirizzare le richieste,
provenienti dagli avvocati e inoltrate dai PdA, verso gli uffici giudiziari destinatari e
viceversa a smistare ai relativi PdA le risposte o le comunicazioni provenienti dagli
uffici, sopperendo, grazie ad una architettura logica e fisica particolarmente robusta,
alla eventuale indisponibilità temporanea dei relativi sistemi di colloquio.
Il GC assolve alla funzione di attestare temporalmente l'evento di ricezione di una richiesta di deposito di un atto, fornendo in un messaggio di risposta indirizzato alla CPEPT
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dell'avvocato: questa è pertanto da considerarsi la data e l'ora di deposito dell'atto.
Il GC esegue, inoltre, in fase di deposito di un atto, la certificazione sostitutiva del
difensore, nei casi in cui il PdA mittente non sia tenuto, o non sia stato delegato, alla
gestione dell'albo dell'Ordine professionale di appartenenza dell'Avvocato mittente.
A tal fine, è previsto che ciascun Consiglio dell'Ordine inoltri al GC l'elenco aggiornato dei propri iscritti all'albo e comunichi le eventuali variazioni entro 72 ore. Il GC
contiene, infatti, il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), che non
è altro che una copia dei singoli ReLIndE.
L'ufficio giudiziario coincide tecnicamente con il cosiddetto Gestore Locale (GL),
ossia l'insieme di tutti i servizi applicativi del Processo Telematico esposti sia verso il
Gestore Centrale sia verso i soggetti abilitati ed i sistemi interni.
In particolare, all'interno di questa componente vengono realizzati tutti i sottosistemi per:
• la gestione delle fasi di controllo e accettazione dell'atto di parte;
• l'invio di eventuali eccezioni al mittente;
• la gestione dei diritti di visibilità sui dati;
• l'invio dei biglietti di cancelleria.
Il GL gestisce, infine, le interazioni tra il Repository Documentale (la base dati documentale, contenente tra l'altro il fascicolo informatico) e il SICC (gestione registri del
Contenzioso Civile, che a breve sarà sostituito da SICID, una versione capace di servire gli uffici giudiziari di un intero distretto), per tutto ciò che concerne le operazioni a
disposizione dei soggetti abilitati interni.
L'operatore di cancelleria e il magistrato si relazionano con le funzionalità del processo telematico attraverso apposite consolle, che attingono all'applicativo SICC,
quanto ai dati, offrendo funzionalità specificamente necessarie a ciascun profilo
professionale.
In particolare, al giudice viene reso disponibile l’estratto della base di dati dell’ufficio
che corrisponde al suo ruolo personale di cause assegnate, con una vista completa sui
propri fascicoli virtuali. Su quelli, il giudice potrà adottare provvedimenti, classificare
i processi, organizzare la propria agenda di lavoro (compatibilmente con le rigidità
della procedura civile), gestendo in modo più veloce ed automatizzato una notevole
messe di informazioni, disponendo di un’ampia modulistica, personalizzabile; un
passo verso il case management.
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Consolle del magistrato
(DGSIA – Area Civile)
I flussi processuali informatizzati
I flussi del processo telematico possono essere classificati per tipologia in invii
documentali e consultazioni.
Dal punto di vista applicativo, la loro principale differenza è legata all'utilizzo di un
differente protocollo di trasporto nella tratta tra PdA e GC. In particolare, per gli invii
documentali, è previsto l'utilizzo di un meccanismo asincrono, basato sul protocollo
SMTP, mentre per le consultazioni si prevede l'utilizzo di soli meccanismi sincroni,
basati su HTTPS.
Gli avvocati devono essere dotati di smart card contenenti:
• il certificato per la firma digitale, rilasciato da un certificatore accreditato, in modo da
garantire che quelle determinate credenziali siano riferite ad una persona fisica la cui identità è garantita dall'insieme dei processi di identificazione attuati dal certificatore stesso;
• il certificato di autenticazione, per la connessione al punto di accesso, rilasciato da
una autorità certificativa riconosciuta dal punto di accesso.
Pertanto, è possibile l'utilizzo di una sola smart card contenente entrambi i certificati.
Dal punto di vista pratico, dunque, gli avvocati operano su client (postazioni di lavoro informatiche) dotati di dispositivo di lettura della smart card e, nel momento di
connessione al PdA, per il deposito o la consultazione, inseriscono il proprio PIN e
presentano le credenziali con cui vengono autenticati dal servizio, creando così un
canale sicuro basato su protocollo SSLv3.
Gli uffici giudiziari sono dotati di chiave e certificati di cifratura, per consentire che
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gli atti depositati vengano cifrati sul client dell'avvocato con il certificato pubblico
dell'ufficio destinatario, in modo che solo quest'ultimo possa procedere a decifrare e
leggere gli atti stessi.
Il PdA è attestato su rete pubblica e il GC è attestato su rete della pubblica amministrazione (oggi SPC, Sistema Pubblico di Connettività); pertanto, l'interazione
tra le due entità, in entrambi i protocolli di comunicazione (quello sincrono per le
consultazioni dei procedimenti giudiziari e quello asincrono per gli invii documentali), fruisce delle garanzie di sicurezza offerte da tale rete ed avviene su canale protetto. La tratta GC
ufficio giudiziario utilizza la Rete Unitaria della Giustizia
(RUG). Viene instaurata una connessione sicura (SSLv3) mediante mutua autenticazione dei server.
Gli strumenti per l'avvocato
La "stazione di lavoro dell' avvocato" è lo strumento contenente l'insieme delle funzionalità fornite all'avvocato al fine di consentirgli di:
• redigere un atto: si tratta di uno strumento di videoscrittura che consente la scelta
del modello di atto da predisporre, l'imputazione dei dati identificativi obbligatori e
la stesura completa dell'atto; al termine della redazione, lo strumento consente la trasformazione in formato XML secondo i Document Type Definition (regole tecniche sui
modelli documentali) specificamente previsti per l'atto in questione; recentemente
(giugno 2007) è stato adottato il formato PDF, con l’aggiunta di un file XML Schema,
che assolve alla medesima funzione di XML di presentare i dati essenziali dell’atto, da
importare nel sistema dell’ufficio in uno standard riconosciuto dalla generalità dei
sistemi informativi 9;
• imbustarlo e firmarlo: al termine della redazione lo strumento provvede all'imbustamento dell'atto insieme agli allegati individuati (i formati dei file consentiti sono:
pdf, rtf, txt, jpg, gif, tiff, xml, privi di elementi attivi come, ad esempio, macro o campi
variabili) e richiede l'apposizione della firma digitale;
• crittografarlo per l'ufficio giudiziario di destinazione; l'algoritmo utilizzato per
l'operazione di cifratura simmetrica del file è il 3DES (Triple DES) e le chiavi
simmetriche di sessione vengono cifrate utilizzando la chiave pubblica contenuta
nel certificato dell'ufficio giudiziario destinatario.
Pertanto, l’avvocato deve disporre:
- di un computer,
- di un collegamento ad Internet,
- di una smart card,
- di un lettore di smart card,
- di un redattore degli atti.
L’Amministrazione della giustizia ha reso disponibile gratuitamente un redattore
La scelta è stata motivata dall’esigenza di disporre di schemi più aperti per gli atti, svincolati dagli attuali software sviluppati nell’ambito di PCT e “che poggi i suoi fondamenti – per quanto possibile – su standard tecnologici universalmente condivisi”, dal documento “Nuova struttura degli atti del Processo Civile Telematico” del 21/6/2007 a cura
dell’Area civile DGSIA.
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prototipale, per la prima fase di sperimentazione. Lo strumento è stato recentemente
sostituito con una versione migliorata. Nel frattempo, anche il mercato dei prodotti elettronici e dei SW per gli studi legali si è attivato, pertanto, sono reperibili in
commercio strumenti integrabili con gli applicativi gestionali dedicati al lavoro dei
professionisti.
Il redattore ministeriale per gli avvocati
Per il deposito della busta, l'avvocato deve autenticarsi presso il proprio punto di
accesso, realizzando con esso una connessione sicura (SSLv3); il PdA gli consente in
generale di:
• depositare atti presso un ufficio giudiziario e di ricevere i relativi messaggi di risposta da parte del GL;
• ricevere nella propria casella di posta elettronica certificata (specifica per il processo
telematico) un biglietto di cancelleria generato da un ufficio giudiziario, emettendo le
ricevute previste;
• accedere, tramite PolisWeb, alle informazioni residenti all’interno delle basi di dati
degli uffici giudiziari in termini di consultazione dei dati relativi ai fascicoli di competenza e visualizzazione degli atti depositati.
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Schema del flusso di deposito
(DGSIA – Area Civile)
La consultazione via web
PolisWeb è il sottosistema costituito dall'applicazione per la consultazione remota
delle informazioni contenute nei registri informatizzati dei procedimenti e/o nei
documenti afferenti ad un procedimento, in ambiente repository documentale.
PolisWeb, come accennato, può essere utilizzato sia in ambiente Intranet (all'interno
dell'UG, attraverso appositi "chioschi" informativi) che in ambiente Internet (attraverso il PdA).
• consultazione degli "eventi agenda", ossia delle informazioni relative agli eventi storici dei fascicoli per i quali l'utente abbia diritto all’accesso; è possibile richiedere
informazioni relative al periodo intercorso dall'ultima connessione o ad un intervallo
di tempo indicato, evitando di scorrere tutti i propri fascicoli; per ogni fascicolo trovato è riportato il numero e l'anno di ruolo, le parti principali; per ogni evento, è
riportata la data dell'evento, la descrizione dell'evento stesso e il riferimento all'eventuale documento (atto primario) relativo all'evento;
• ricerche sui dati di registro per i fascicoli personali, ovvero dove l'avvocato è costituito: combinando i vari criteri di ricerca disponibili (numero e anno di ruolo, nome
parte, giudice, data di udienza, data di iscrizione, data termine) e scegliendo il criterio
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di ordinamento, il sistema restituisce l'elenco dei fascicoli trovati, visualizzando per ciascuno il numero di ruolo, le parti principali, la data della prossima udienza e il giudice;
• individuato un fascicolo, è possibile consultarne le informazioni di dettaglio, visualizzare l'elenco dei documenti in esso contenuti, consultare l'elenco degli eventi del fascicolo;
• individuato un documento nel fascicolo informatico, è possibile visualizzarlo direttamente (in formato HTML) o richiedere l'invio dell'atto e/o degli allegati;
• consultazione "Archivio Fascicoli", prevista per l'avvocato che deve ancora costituirsi in giudizio come difensore del convenuto; in tal caso, l’avvocato dovrà necessariamente inserire il nome dell'attore, il nome del convenuto e la data di comparizione contenuta nell'atto di citazione.
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La progettazione del sistema ha tenuto conto dell'esperienza acquisita con l'attuale
sistema PolisWeb, attivo da tempo presso vari uffici giudiziari.
Dal punto di vista tecnico, la consultazione dei procedimenti personali e degli atti tramite l'applicazione PolisWeb prevede le seguenti azioni:
• l'avvocato sottopone a Polis Web, presente sul PdA, una richiesta di consultazione;
• il PdA autentica l'utente, se questi non è gia stato precedentemente autenticato, e
inoltra la richiesta all'ufficio giudiziario, per il tramite del Gestore Centrale;
• un apposito sottosistema, all'interno dell'UG, predispone le informazioni ottenute a seguito dell'interrogazione del SICC e del sottosistema di gestione del fascicolo
informatico (repository documentale) e le inoltra al PdA, per il tramite del GC;
• Polis Web presenta le informazioni in consultazione all'avvocato.
Prospettive e questioni organizzative per il dispiegamento ulteriore
La Direzione informatica del Ministero sta modificando l’architettura tecnologica dei
sistemi informativi SICC/SIL/VG, nell’ottica di un migliore utilizzo delle risorse e
per un più rapido ed efficiente processo di diffusione dei sistemi informativi.
Con SICID, non sarà più installato un applicativo di gestione dei registri di ruolo
Contenzioso, Lavoro e Volontaria Giurisdizione per ciascun ufficio giudiziario, bensì
verrà installato un unico applicativo a livello distrettuale.
La base dati disporrà di una anagrafica distrettuale comune, in modo da concentrare
e consolidare la parte server (quella che consente la gestione degli applicativi e delle
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basi di dati) e contenerla in macchine più potenti e performanti, risparmiando
contestualmente sui costi di gestione.
Ciò comporta la necessità che le strutture informatiche siano sostenute da sufficienti
risorse, umane come finanziarie, nonché da adeguati ambienti tecnologici, cioè locali idonei sotto i profili della sicurezza e dell’efficienza degli impianti di base (primo
fra tutti quello dell’alimentazione elettrica, che deve rispondere a particolari requisiti, ma anche il sistema di climatizzazione, essenziale al buon funzionamento dei sistemi informativi, le misure antintrusione, i controlli da remoto di continuità di funzionamento degli applicativi, etc.).
Inoltre, non ci può essere sviluppo e dispiegamento dei sistemi, senza la possibilità di
addestrare gli utenti; pertanto, sono necessarie aule attrezzate per la formazione informatica, di dimensioni idonee in rapporto all’entità del Distretto di Milano, pena l’impiego di lustri, prima di arrivare a coprire tutti i potenziali utilizzatori degli applicativi.
Tali aspetti coinvolgono i Comuni (per le strutture) e gli Uffici giudiziari, i quali ultimi, se davvero credono nell’innovazione tecnologica, devono essere consequenziali
nelle scelte organizzative interne, così come in quelle che coinvolgono l’accordo tra
più entità giudiziarie.
Ad esempio, l’impatto organizzativo sull’assetto attuale delle cancellerie di un sistema
come PCT svela l’obsolescenza della tradizionale organizzazione giudiziaria, tanto è
vero che molti, correttamente ad avviso di chi scrive, collegano PCT al progetto di
Ufficio per il processo (proposta di nuovo assetto degli uffici giudiziari, oggi affidata
ad un progetto normativo in corso di affinamento), in quanto, in effetti, si può pensare che a nuovi modi di operare debbano corrispondere nuovi disegni manageriali e
organizzativi delle istituzioni giudiziarie.
Occorre inizialmente potenziare i settori soggetti a forti cambiamenti nel settore dei
servizi informatizzati, come ha dimostrato l’avvio di PCT presso il Tribunale di
Milano, in quanto le economie di scala legate alla serializzazione delle attività, tipico
effetto dell’informatizzazione, non sono immediatamente avvertibili, anzi, inizialmente è fisiologico che possano esservi dei disagi, dovuti anche solo all’apprendimento di un nuovo modo di lavorare.
Ancora, la definitiva sostituzione delle risorse documentali cartacee con quelle digitali
comporta una serie di scelte organizzative centrali, con la istituzione di vere e proprie
figure di specialisti (i responsabili della conservazione, a norma della Deliberazione
CNIPA 19/2/2004, che si connette oggi allo stesso tema dell’art. 43 CAD su
Riproduzione e conservazione dei documenti), sulle quali tutto è ancora da studiare.
In buona sostanza, l’informatizzazione della giustizia, così come gli adattamenti degli uffici a nuove
forme di organizzazione, non sono processi a costo zero, quanto meno sotto il profilo di una nuova
creatività gestionale e manageriale del lavoro giudiziario e in un’attenzione all’impatto sulle risorse esistenti, prima fra tutte quella umana. Questo sarebbe ancora un aspetto di costo non monetizzabile,
bensì di costi umani, di fatica, di intelligenze, ma l’informatica richiede altresì un costante adeguamento e rinnovamento degli strumenti HW e SW, forme di assistenza specializzata agli utenti, la
manutenzione delle infrastrutture tecnologiche (reti LAN e geografiche) e dei SW.
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È del tutto evidente che fino ad anni recenti, con indiscriminati tagli della spesa per la
giustizia, non si è praticata certo una sana riduzione degli sprechi, bensì si sono tarpate le ali di processi innovativi che oggi potrebbero trovarsi in stato ben più avanzato.
In tal senso, quale forma di compensazione di altre e ben diverse risorse mancanti, si
sono rivelate molto efficaci e assolutamente imprescindibili le sinergie create dalla cooperazione interprofessionale, cioè dall’apporto delle diverse categorie professionali
coinvolte sul campo dell’avvio di PCT nella sede giudiziaria milanese.
A Milano, è risultato essenziale mettere in comunicazione le componenti della giustizia, giudici, avvocati, cancellieri, tecnici, tutti ugualmente necessari e tutti elementi di
una rete di collaborazione molto proficua, quella rete alla quale va ascritto il successo
fin qui conseguito.
Si può essere ottimisti, in quanto tale elemento, presente e consolidato, non sarà facilmente smantellabile da parte di coloro, che purtroppo non mancano mai nei processi
di cambiamento organizzativo, che “remano” in senso contrario all’innovazione.
PCT, a Milano è in ottime mani e, insieme, avvocati e personale della giustizia, avendone sperimentato i vantaggi, continueranno a farlo progredire e a meritarsi la titolarità dei risultati raggiunti.
Glossario
PCT
CAD
3DES
CISIA
CPEPT
DGSIA
DTD
CNIPA
GC
HTML
HTTPS
MIME
PdA
ReGIndE
ReLIndE
Repository
Documentale
RUG
RUPA
SICI
SICC
SIL
SMTP
SSLv3
XML
Processo civile telematico
Codice dell’Amministrazione Digitale
algoritmo utilizzato per l'operazione di cifratura simmetrica
Coordinamento Interdistrettuale dei Sistemi Informativi Automatizzati
Casella di Posta Elettronica del Processo Telematico
Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati
Document Type Definition
Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione
Gestore Centrale
HyperText Markup Language
HyperText Transfer Protocol Secure
Multipurpose Internet Mail Extensions
Punto di Accesso esterno
Registro Generale degli Indirizzi Elettronici
Registro Locale degli Indirizzi Elettronici
Sistema di archiviazione e gestione dei documenti - fascicolo
informatico
Rete Unitaria Giustizia
Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione
Sistema Informatico Civile
Sistema Informatico Contenzioso Civile
Sistema Informativo del diritto del Lavoro
Simple Mail Transfer Protocol
Secure Sockets Layer, versione 3
eXtensible Markup Language
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Normativa processo telematico
• D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123 - Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della corte dei conti
• D.M. 14 Ottobre 2004 - Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e
telematici nel processo civile. (GU n. 272 del 19-11-2004- Suppl. Ordinario n.167)
• D.M. 15 Dicembre 2005 - Strutturazione dei modelli DTD (Document Type
Definition) relativa all'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile. (GU
n. 301 del 28-12-2005 - Suppl. Ordinario n.210)
Altra normativa di riferimento
• D.M. 27 Marzo 2000, n. 264 - Regolamento recante norme per la tenuta dei registri
presso gli uffici giudiziari
• D.M. 24 Maggio 2001 - Regole procedurali per la tenuta dei registri informatizzati
degli uffici
• D.P.R. 28 Dicembre 2000, n. 445 - Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa
• Delibera CNIPA n. 11 del 19 febbraio 2004 - Regole tecniche per la riproduzione e
conservazione di documenti su supporto ottico idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali, sulla archiviazione elettronica, specificativa dell’art. 6 del T.U., su
riproduzione e conservazione dei documenti 445/2000 (oggi sost. da art. 43 CAD)
• D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, Disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica
certificata
• Decr. Leg.vo 7 marzo 2005, n. 82 – Codice dell’amministrazione digitale
• Decr. Ministro Innovaz. e Tecnologie del 2 novembre 2005, Regole tecniche per la
formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica
certificata
Fonti
Oltre a quelle citate, si è fatto in generale riferimento al testo “Il processo civile telematico”, scaricabile dal sito www.processotelematico.giustizia.it, nonché al proprio
“Processo civile telematico: disciplina normativa e infrastruttura tecnologica”, in
Elementi di informatica giuridica, a cura di Mario Jori, Torino, 2006.
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Finito di stampare nel mese di Maggio 2008
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Pagina 4
ORDINE
c/o PALAZZO DI GIUSTIZIA
VIA FREGUGLIA, 1
20122 MILANO
TEL. 02 549292.1 - FAX 02 54101447 - 02 55181003
www.ordineavvocatimilano.it
I
ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO
QUADERNI DELL’ ORDINE
DEGLI
AVVOCATI DI MILANO
IL PROCESSO
CIVILE
TELEMATICO
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il processo civile telematico - Ordine degli Avvocati di Milano