Definizione delle motivazioni che richiedono l’attuazione del progetto
(contesto e target)
Il corso d’apprendistato, mi ha motivato a coltivare l’amore per la scrittura e
a lottare per le cose in cui credo.
Angelica Balbo
Definizione chiara e coerente degli obiettivi generali del progetto (
identificano il “risultato” che si vuole raggiungere con l’intervento, la ricerca
che si sta progettando)
Ia favola che ho scritto contiene una forte morale: che nonostante il buoi che
si cela nel modo che ci circonda, l’importante è saper preservare la luce che
è dentro ognuno di noi.
Fasi / Procedura del progetto. Individuazione del tema. Definizione dei
IL BAZAR DEL
PRIMO TRAMONTO
nostri obiettivi. Elaborazione del materiale specifico. Progettazione
della veste editoriale. Metodologia ( tempi, contenuti/argomenti,
obiettivo specifico, metodi strumenti, risorse strutturali) Tempi: la durata
del secondo modulo professionalizzante del corso di apprendistato.
Contenuti/argomenti:
Il mio lavoro comprende una storia di fantasia, con elementi magici e
significativi.
Metodi: l’elaborazione scritta delle idee. Strumenti :sistemi
multimediali per l’editazione del lavoro. Risorse strutturali : la
biblioteca d’aula, le nostre ricerche personali e l’aula trasformata in
laboratorio.
Durata e termine : febbraio/marzo 2010
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La leggenda narra che in un tempo ormai lontano, ai piedi del “Grande
Bianco”, in direzione delle montagne; sorgeva un singolare luogo chiamato
“Il Bazar del primo tramonto”.
Questo luogo prese questo nome poiché i vecchi abitanti delle montagne
narrarono che al tramontare del primo sole di tutti i tempi, dalla luce
generata dall’incontro tra dì e notte fosse magicamente nato questo luogo.
L’accesso per questo Bazar prendeva forma in uno stretto cunicolo
abbracciato dalle montagne, non appena l’ultimo raggio di sole baciava con
delicatezza il sottile strato di ghiaccio che faceva da manto a quella maestosa
cornice innevata.
Procedendo attraverso quell’angusto cunicolo ci si trovava di fronte ad un
imponente entrata cesellata d’oro zecchino dove sorgeva una grossa porta.
Non a tutti era permesso varcarla, molti curiosi ci provarono ma furono
respinti da una forza misteriosa, che proibiva di rivelare ad esseri dotati di
un’ anima la propria identità e nome.
Elementi del Project Work
Le motivazioni cui il progetto è chiamato a rispondere.
Dimostrare che le fiabe, interpretate nel giusto modo, rappresentano a pieno
la nostra vita.
L’obiettivo generale che concretizza l’idea e la soddisfa.
E’ il nostro lavoro descrittivo progettato in forma di opuscolo.
Argomento.
IL BAZAR DEL PRIMO TRAMONTO
All’interno di questo misterioso luogo prendeva vita un vero e proprio
mercato, dove si commercializzavano le cose più rare: le doti più ambite, i
talenti più virtuosi, capacità e strani sortilegi.
Definizione dell’argomento del progetto.
Questo luogo era abitato da esseri avidi e privi di anima, poiché forse anche
quella si erano giocati in quel posto stregato.
Motivazioni. Ragioni del progetto.
Questi “uomini”, la cui umanità era celata in qualche parte ormai remota del
loro cuore, venivano chiamati gli “Dei della notte”; per loro ogni giorno era
lo stesso, ogni settimana, ogni mese e tristemente ogni anno.
Questo Bazar aveva il potere di impoverirli a tal punto che nemmeno il
sollievo della vecchiaia e della morte era concesso.
È la proiezione di una favola nella vita reale.
Il motivo che ci ha guidati in questo lavoro è stato di proiettare il mondo
magico delle favole nella vita e nei problemi che ogni giorno ci circondano.
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Ma se solo avessero posseduto ancora la loro debole anima umana, forse,
sarebbero riusciti a scappare allo sguardo vigile dell’innominabile, e una volta
fuori da quegl’inferi il tempo sarebbe ritornato a scorrere proprio dal punto in
cui li aveva lasciati.
In quel luogo l’accesso era vietato anche al tempo, quindi una volta scampati
alla truce immortalità sarebbero stati ricompensati con il dolce ultimo respiro
della morte.
Nel “Bazar del primo tramonto” tutto poteva succedere, anche di trovare
persone ancora legate alla propria anima, poveri sciagurati intrappolati in
questo inferno, a volta addirittura “merce” in vendita, oggetti di inestimabile
valore.
Questo mercato era composto da veri e propri chioschi , con tanto di
“vetrine” per esporre la merce in vendita. Nonostante le temperature artiche
presenti dove sorgeva, al suo interno regnava uno strano tepore, quasi
innaturale. Era un luogo celato nella penombra, senza alcun spiraglio di luce.
Ogni “chiosco” era proprietà di un Dio della notte.
La leggenda narra che all’interno di uno di questi chioschi veniva tenuta
prigioniera una magnifica fanciulla dotata di un anima purissima, il cui solo
nome trasmetteva quiete e bellezza: Persefone.
Persefone era una fanciulla bellissima, aveva lunghi capelli color del rame e
grandi occhi verdi, speranzosi di una luce che forse non avrebbe mai più
rivisto. Aveva un fisico snello e un portamento fiero, ogni passo sembrava il
volteggiare leggero di una candida farfalla. La sua grazia totalmente
ultraterrena sembrava donatagli dagli Dei o Dagl’angeli.
Ma che ci faceva un angelo in un tale inferno?
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Persefone era nata molti decenni prima, forse troppi per ricordarne il numero
esatto, in un villaggio situato ad est del Grande Oceano.
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Era finita in quel posto maledetto quando ebbe compiuto i suoi primi
vent’anni.
Non si sapeva bene come ma le voci dicevano che Elazar, questo era il nome
del suo Dio della notte, che impressionato dalla sua bellezza ultraterrena,
l’aveva raccolta dal gelo di quelle montagne che poco dopo avrebbero
custodito avidamente la sua giovinezza. Elazar l’aveva allevata con rispetto e
venerazione, nella speranza di averla come compagna per il resto
dell’eternità. Ma la fanciulla se pur molto grata al suo salvatore, provava
disgusto e ribrezzo per quel luogo ormai diventato la sua indesiderata dimora
eterna.
La povera sciagurata viveva in modo malinconico quel suo soggiorno
maledetto. Ogni giorno si trovava addosso milioni di sguardi indiscreti di
mostri irriverenti. Persefone ad ogni sguardo si sentiva profanata, violentata
nell’essere donna dotata di una bellezza ultraterrena di dea.
Le mancava la luce abbagliante del sole, il verde dei prati, il cinguettare degli
uccelli, la carezza di una mano materna. Tutti ricordi ormai troppo affievoliti
nei suoi ricordi per poterne godere a pieno il gusto. Ma l’amore per la vita era
il ricordo che più le mancava, poiché in quel luogo si annullava del tutto, e
veniva sostituito dalla voglia irrefrenabile di pace eterna. Molto spesso
quando i deboli ricordi prendevano il sopravvento, per scacciarli nuovamente
nel profondo del suo cuore pulsante, Persefone decideva di camminare lungo
tutto l’interminabile Bazar.
Improvvisamente sentì dei passi, sempre più vicini e più forti.
Ed ecco un giovane, dall’aspetto magnifico e fiero; che le sorrideva
dolcemente.
D’un tratto lo sconosciuto le si avvicinò, la osservò intensamente, avvicinò la
sua grossa mano al viso della giovane e le accarezzò lo zigomo, con una tale
dolcezza e grazia, tanto che la ragazza ne rimase perplessa.
Quel gesto, quello sguardo….. quella voce, calda e persuasiva!
Era lui, l’uomo che gia un tempo ebbe clemenza e le aprì quel maestoso
varco, scomparendo poco dopo: era l’innominabile.
Persefone sorpresa e felice di ritrovare il suo salvatore; timidamente lo
guardò e le sorrise dolcemente.
Lui ricambiò il suo sorriso innocente e puro, con la certezza che le sarebbe
appartenuto per l’eternità…….. o quasi.
fine
Quel dì la malinconia e il disprezzo per quei mostri era così forte e insistente
che non le bastò marciare lungo il solito tratto di strada.
D’un tratto si trovò a sorpassare milioni di vetrine, milioni di sguardi; più
era osservata più si sentiva privata della sua dignità, e il suo disprezzo
aumentava incontrollabile.
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La luce iniziò a sostituire la penombra, la dolce brezza si fece strada tra
quello strano torpore innaturale, la sabbia dorata che fino ad ora aveva
ricoperto quel luogo si tramutò in un manto di erba fresca e i chioschi erano
scomparsi lasciando spazio a maestosi alberi.
la giovane aprì gli occhi ignara di ciò che era successo; si ritrovò davanti un
paesaggio meraviglioso, e a poco a poco capì la causa di quel cambiamento:
LEI.
Grazie all’evasione di quel giorno, Persefone, era riuscita a godere così
intensamente di quell’attimo, tanto che la sua anima si era cibata della luce
che l’aveva abbracciata con amore.
Anche solo il minimo e dettagliato ricordo di quel dì era riuscito a suscitare
in lei una voglia così intensa di luce, tanto che il suo corpo era diventato
fonte della stessa. Liberando il Bazar da quella spada di Damocle che pendeva
sulla testa dei suoi ignari abitanti.
Stupita e sopresa dell’accaduto iniziò a correre felice cercando di godersi a
pieno la tanto attesa libertà.
Ma che fine avevano fatto gli Dei della notte?
I passi si facevano veloci, il respiro affannoso; le sue gambe non obbedivano
al richiamo della coscienza, << FERMATI!!!>> urlava, ma le sue gambe, ormai
come giunchi piegati dal vento, erano decisi a non fermarsi, procedevano
quasi d’inerzia. La sua coscienza ormai disperata e afona non poteva più
niente sui suoi instancabili arti.
Ma quale forza così inarrestabile impediva alla coscienza di aver la meglio?
La sua anima.
La sua anima era ormai stanca di quel buio, di quegli sguardi, di quel mondo
che non le apparteneva. Persefone apparteneva alla luce, ai fiori, ai prati e alla
vita. Quel luogo di dannazione non era bastato a tagliare quell’invisibile
cordone ombelicale che la univa alla sua vera madre. Era ormai molto, forse
troppo, che le sue gambe non si fermavano; se solo fosse stato concesso
tempo all’ingresso in quel tugurio, facilmente sarebbero passate parecchie
ore, da quando si era allontanata dal suo Dio della notte.
D’un tratto le sue gambe si fermarono, forse per la sorpresa di ciò che si
trovarono davanti. Non molti metri più in là, sorgeva un imponente portone;
sembrava cesellato d’oro zecchino, era magnifico e del tutto inadeguato a
quell’inferno. La giovane, per la prima volta dopo troppi secoli, si sentì
pervasa da un inatteso entusiasmo, che presto scemò.
D’un tratto di accorse che il manto verde sotto i suoi piedi era ricoperto di
fiori, meravigliosi e variopinti.
Ma che ci faceva una porta in un luogo dove era impossibile la fuga?
Persefone capì che i mostri un tempo avidi e insaziabili, erano stati liberati
dalla maledizione, insieme al Bazar anche la loro avidità era svanita nel
nulla. E grazie alla clemenza di madre natura erano stati tramutati in
magnifici fiori.
Forse era una semplice storiella che Elazar si era inventato per dissuadere
dall’idea di fuga la giovane Persefone. O forse quella porta non portava a
nulla, forse era solo una piacevole illusione di poter evadere da lì.
Persefone si avvicinò a quel inaspettato tesoro, iniziò ad esaminarla con
curiosità con la speranza di trovare un qualche accesso per la libertà.
Uno in particolare attirò l’attenzione di Persefone; un timido bocciolo color
dell’oro, era Elazar, il suo Dio della notte, finalmente ricompensato con una
compagna
Pagina 8 per la vita, la terra stessa.
Ad un tratto la giovane sentì uno strano rumore, per timore si allontanò dalla
porta.
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Dal nulla comparve una sagoma, era un uomo con un lungo mantello color
della pece, subito Persefone provò a scorgerne il viso ma era impossibile
poiché un grosso cappuccio le copriva completamente il volto.
La ragazza, sorpresa di se stessa, non ebbe alcun timore di quella sagoma
scura; quindi rimase immobile in attesa della sua sorte.
L’essere misterioso le si avvicinò, la osservò con curiosità.
In quel momento Persefone capì che quell’essere era il custode del varco.
Quindi non era solo un leggenda quella dell’innominabile; custode indiscusso
di quell’incubo; colui che giudicava chi poteva entrare rinunciando alla sua
vita e chi invece era troppo puro per sprecarla in quel luogo.
L’uomo aveva una voce calda e persuasiva, non sembrava affatto un mostro,
ma semplicemente uno sciagurato costretto a passare l’eternità a giudicare
quei mostri, un tempo uomini, disposti a vendere la propria anima in cambio
di una vita longeva e ricca di sfarzo.
L’uomo le si avvicinò con una strana umanità, la osservò intensamente con i
suoi occhi color del fuoco; d’un tratto il custode del Bazar folgorato dalla
bellezza di quella Dea ultraterrena le accarezzò lo zigomo, con una tale
dolcezza e grazia, tanto che la ragazza ne rimase perplessa, dopodichè fece un
passo indietro e scomparve.
Come per magia la grossa porta d’oro Zecchino, che poco prima sembrava
invalicabile, si aprì dinnanzi al lei.
Persefone sorpresa e intimorita, vide nascere un timido raggio di luce davanti
a lei, fece un passo in avanti e subito la luce la cinse con il suo caldo
abbraccio.
Era fantastico sentiva il suo cuore battere a mille, l’adrenalina le saliva lungo
tutto il corpo; si sentì pervasa da un calore che sembrava ormai dimenticato.
La luce ambrata le illuminava il volto e la rendeva ancora più divina di quello
che già fosse.
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Ma il suo entusiasmo non durò molto.
Ben presto si sentì cingere con forza i suoi fianchi: qualcosa la stava
risucchiando in quel baratro oscuro.
La porta si chiuse violentemente davanti ai suoi occhi increduli e umidi.
Vide Elazar, aveva uno sguardo furioso e deluso, <<INGRATA!!!!>> le urlò.
Persefone era troppo sconvolta dalle lacrime per poter rispondere.
Una volta giunti nella sua casa, la giovane era distrutta, il ricordo di quel sole
caldo e inebriante la distruggeva più di quanto la uccidesse il ricordo di non
vederlo mai più.
Il tempo passava lento e doloroso, e la giovane continuava a vivere nel sogno
di quel flebile attimo dove i suoi occhi avevano rivisto la luce.
Un dì Persefone mentre cercava di scacciare quel sogno piacevole, le sembrò
di vedere una leggiadra farfalla volare intorno a lei.
Subito pensò che fosse un miraggio o una qualche assurda fantasia legata alla
sua incontrollabile voglia di libertà.
Ma ben presto si rese conto che la variopinta farfalla era reale, d’un tratto fu
avvolta da milioni di ricordi, particolari e sensazioni legati a quei pochi
istanti di vita mortale.
D’un tratto dal suo corpo prese vita una splendida luce ambrata, inizialmente
debole e man mano sempre più intensa e accecante.
Ben presto tutto il Bazar venne pervaso da quel raggio di luce divina
Persefone si sentì come dentro un vortice di luce sempre più intenso; era una
sensazione così umana e nuova.
Tutto intorno a lei iniziò a mutare.
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il bazar del primo tramonto