THE LIGHTHOUSE
Newsletter della
Foundation for A Course in Miracles,
Volume 10, numero 2, giugno 1999
RESISTENZA
Com’è possibile studiare Un corso in miracoli senza realmente impararlo
Gloria e Kenneth Wapnick, Ph.D.
Sebbene il termine resistenza non sembri frequente in Un corso in miracoli, ciò nondimeno è un
concetto chiave nel processo di apprendimento, da parte dello studente, delle lezioni di perdono che
cambiano la mente e che sono l’insegnamento centrale del Corso. Di fatto, è il solo concetto che
può spiegare in maniera soddisfacente un fenomeno che la maggior parte degli studenti del Corso
(se non tutti) provano prima o poi nel loro lavoro con esso. Da un lato, si tratta di un apparente
paradosso del tentativo di imparare, vivere e mettere in praticai principi del corso coscientemente e
il più sinceramente possibile, sotto la guida di Gesù o dello Spirito Santo, mentre dall’altro si fa
esperienza della costante frustrazione del non fare proprio questo. Alla maggior parte dei ricercatori
spirituali sono note le parole famose di San Paolo, che proprio a seguito di questo tipo di
frustrazione esclamò: “Infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non
voglio” (Romani, 7:19). Questo articolo esplora la tematica della resistenza che gli studenti del
Corso provano nel metterne in pratica i principi di perdono come insegnati dal loro Insegnante
Interiore, lo Spirito Santo.
Come in moltissime aree che toccano il processo di guarigione in Un corso in miracoli, il lavoro
di Sigmund Freud ci offre molte possibilità di confronto che sottolineano l’importanza di
comprendere le dinamiche del problema e la sua soluzione. Proprio agli inizi del suo lavoro
psicoanalitico Freud osservò che i suoi pazienti non miglioravano, nonostante i suggerimenti che lui
gli offriva in merito alla causa delle loro nevrosi. Alla fine gli venne in mente che il problema
risiedeva nel fatto che i pazienti non volevano stare meglio, dinamica che definì col termine di
resistenza:
… la situazione [terapeutica] mi ha portato di colpo alla teoria che mediante il mio lavoro
psichico [ossia psicologico] dovevo superare una forza psichica nel paziente che era opposta
alle idee patogene che divenivano coscienti…Questo lavoro di superamento delle resistenze è
la funzione essenziale del trattamento psicoanalitico… [Studies on Hysteria (con J. Breuer),
1893,Vol. II,p. 268; Introductory Lectures on Psychoanalysis, 1917, Vol. XVI, p. 451](i)
Di fatto, in molti punti in Un corso in miracoli Gesù ci fa sapere che egli sa che faremo
resistenza ai suoi insegnamenti. Ne presentiamo alcuni, incominciando da questa affermazione
tratta da ”Le regole per decidere”, nel capitolo 30 del Testo:
E se troverai la resistenza forte e la dedizione debole, non sei pronto. Non combattere te
stesso.(T.30.I.1:6-7)
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Ripetutamente in tutto il libro degli esercizi Gesù ci mette in guardia sulla nostra resistenza
potenziale nei confronti delle idee radicali del suo insegnamento. Infatti, già nell’Introduzione, egli
afferma:
Alcune delle idee presentate nel libro di esercizi ti risulteranno difficili da credere, altre
potranno sembrare alquanto sbalorditive. Questo non ha alcuna importanza… Ricorda solo
questo: non è necessario che tu creda alle idee, non è necessario che tu le accetti e nemmeno
che tu le accolga volentieri. Ad alcune opporrai attiva resistenza. (L.pI.In.8:1-2; 9:1-2).
Un altro esempio dal libro di esercizi:
La tua mente già non è del tutto priva di addestramento. Sei abbastanza pronto ad
imparare la forma di esercizio che useremo oggi, ma puoi trovarti ad incontrare una forte
resistenza. La ragione è molto semplice. Mentre ti eserciti in questo modo, lasci alle tue
spalle tutto ciò in cui adesso credi, e tutti i pensieri che ti sei costruito. Propriamente
parlando, questa è la liberazione dall’inferno. Tuttavia percepita attraverso gli occhi dell’ego,
è perdita d’identità e discesa nell’inferno. (L.pI.44:5)
Nel manuale per insegnanti troviamo una affermazione simile da parte di Gesù, che mette in
guardia i suoi studenti in merito alla paura che implica l’accettazione dei suoi insegnamenti; in
questo caso è il principio secondo cui la causa della malattia si trova nella mente e non nel corpo.
La resistenza a riconoscere questo fatto è enorme, perché l’esistenza del mondo così
come lo percepisci tu, dipende dal credere che il corpo sia colui che decide. (M.5.II.1:7)
La resistenza a cui si fa riferimento nel passaggio succitato è direttamente collegata alla paura di
perdere la nostra specialezza personale e la nostra unicità individuale, il cui lasciar andare è il passo
finale prima che ci si possa svegliare da questo sogno di separazione.
La resistenza – il tentativo inconscio di sabotare ciò che da solo sarà di aiuto – è così
sorprendente da essere quasi inconcepibile, come lo stesso Freud osservò nel suo intelligente, quasi
Platonico, dialogo con se stesso, preso da The Question of Lay Analysis, scritto nel 1926:
Sarà dunque tuo destino fare una scoperta alla quale non sei preparato.
“E quale sarà mai?”
Che ti sei illuso con il tuo paziente; che non puoi contare minimamente sulla sua
collaborazione e condiscendenza; che egli è pronto a mettere ogni possibile difficoltà come
ostacolo sul tuo lavoro comune – in poche parole, non ha alcun desiderio d’essere curato.
“Ma bene! Questa è la cosa più folle che tu mi abbia mai detto. Ed io non ci credo. Il
paziente che sta soffrendo così tanto, che si lamenta in modo così commuovente dei suoi
problemi, che fa così tanti sacrifici per il trattamento – dici che non ha alcun desiderio
d’essere curato! Ma naturalmente non pensi a quello che dici.”
Calmati! Io lo penso davvero! Ciò che ho detto è la verità – non tutta la verità, senza
dubbio, ma una parte di essa degna i nota. Il paziente vuole essere curato – ma anche non
vuole esserlo… Loro [i pazienti] si lamentano della loro malattia ma la sfruttano con tutte le
loro forze, e se qualcuno cerca di portargliela via la difendono come la proverbiale leonessa
fa con i suoi cuccioli (The Question of Lay Analysis, 1926, Vol. XX, pp. 221-22).
Questo fenomeno, che è così chiaro allo psicoanalista o allo psicoterapeuta, non viene sempre
riconosciuto nelle discussioni sulla vita spirituale. E tuttavia, come non può essere presente nei
ricercatori spirituali esattamente come nei pazienti psicoterapeutici, dal momento che il
disfacimento del sistema di pensiero di colpa, ansia e paura è comune ad entrambe le discipline? E
come può, il disfacimento di questa resistenza, non essere tra gli aspetti significativi del percorso
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spirituale di tutti, visto che l’ego con cui tutti noi ci identifichiamo è l’impedimento al nostro
progresso?
Così vediamo che una componente importante della nostra resistenza all’apprendimento degli
insegnamenti di Un corso in miracoli è il nostro bisogno di soffrire e sentirci in colpa, cosa che
nell’opuscolo Psicoterapia: scopo, processo e pratica viene indicata da Gesù come “l’attaccamento
alla colpa, al suo stretto abbraccio e al suo riparo, alla sua amorevole protezione e vigile difesa” (PVI.1:3) o, secondo le parole di Freud che seguono, il “potente bisogno di punizione”:
…l’impressione che deriva dal lavoro di analisi [è] che il paziente che oppone resistenza
molto spesso è inconsapevole di tale resistenza. Non solo la resistenza è inconscia, tuttavia,
ma lo sono anche i motivi di tale resistenza. Eravamo costretti a cercare questi motivi, o
motivo, e con nostra sorpresa, li trovavamo in un potente bisogno di punizione… Il
significato pratico di questa scoperta non è meno di quella teorica, poiché il bisogno di
punizione è il peggior nemico dei nostri sforzi terapeutici. Viene soddisfatto dalla sofferenza
che è legata alle nevrosi, e per tale ragione si aggrappa alla malattia… [E’ il] “bisogno di
essere malati o di soffrire”… Il paziente non deve migliorare ma deve restare malato (New
Introductory Lectures on Psychoanalysis, 1933, Vol. XXII, p. 108; An Outline of
Psuchoanalysis, 1940, Vol. XXIII, pp. 178-80).
Questa attrazione alla colpa in noi stessi è un tema centrale nell’insegnamento di Un corso in
miracoli sul sistema di pensiero dell’ego, poiché la colpa testimonia l’apparente realtà della
separazione. L’esperienza della punizione – reale o immaginaria – giustifica il nostro credere nella
colpa e pertanto rinforza la premessa fondamentale dell’esistenza dell’ego. Lasciarla andare sarebbe
alla fine equivalente al lasciar andare il credere nella realtà di un sé personale, e così facciamo
resistenza, per non dire che resistiamo a colui (o Colui) che ci aiuta a farlo. Gesù commenta questo
fenomeno, facendo riferimento alla sua stessa vita:
Molti hanno pensato che li stessi attaccando, anche se era evidente che non era vero. Uno
studente folle impara strane lezioni. Ciò che devi riconoscere è che quando non condividi un
sistema di pensiero, lo indebolisci. Quindi coloro che credono in esso lo percepiscono come
un attacco contro di loro. Questo perché ognuno si identifica col proprio sistema di pensiero,
e ogni sistema di pensiero si centra su ciò che credi di essere. (T-6.V-B.1:5-9).
Inutile dire che quando crediamo di essere attaccati ci sentiamo giustificati nell’attaccare di
ritorno, e quasi sempre lo facciamo, letteralmente come auto difesa.
E così veniamo condotti ad un altro effetto significativo della resistenza di uno studente nei
confronti di Un corso in miracoli: il bisogno di provare che il Corso si sbaglia. Al di sotto di questa
dinamica c’è la speranza che se si sbaglia allora non dobbiamo fare quello che dice e cambiare dal
modo di pensare del nostro ego. Anche Freud, nel suo monumentale Interpretazione dei sogni, ha
osservato questo interessante fenomeno nei suoi pazienti: il bisogno di provare che l’analista si
sbagliava:
Una delle due forze motrici che conducono a tali sogni è il desiderio che io possa
sbagliarmi. Questi sogni si presentano regolarmente nel corso dei miei trattamenti quando un
paziente è in una condizione di resistenza nei miei confronti; ed io posso contare quasi
certamente sul provocarne uno dopo aver spiegato ad un paziente per la prima volta la mia
teoria che i sogni sono la realizzazione di desideri. Di fatto ci si deve aspettare che la stessa
cosa accadrà ad alcuni lettori del presente libro: essi saranno piuttosto pronti a veder frustrato
in un sogno uno dei propri desideri solo se sarà realizzato il loro desiderio che io possa
essermi sbagliato. (The Interpretation of Dreams, 1900, Vol. IV, pp. 157-58).
Il modo in cui questa forma di resistenza si esprime negli studenti di Un corso in miracoli può
assumere la forma di discussione sul materiale, specialmente focalizzandosi sulla forma come
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mezzo per ignorare il contenuto. I lettori del libro di Kenneth Absence from Felicity: The Story of
Helen Schucman and Her Scribing of A COURSE IN MIRACLES possono ricordare la storia che racconta
(pagg. 255-257) in merito ai tentativi di Helen di fare solo questo nelle prime settimane di dettatura.
Problemi di spazio ne impediscono il racconto totale in questo contesto, ma è sufficiente dire che
Helen usava un apparente errore grammaticale di Gesù come giustificazione per rifiutare il
materiale. Lei scrisse:
Questo effettivo errore grammaticale mi rende sospettosa sulla genuinità di questi appunti.
La risposta di Gesù, molto abbreviata, fu:
La ragione per cui è emerso in questo modo è dovuta alla tua proiezione della … tua
stessa rabbia, che non ha nulla a che fare con questi appunti. Sei tu che hai fatto l’errore
perché non ti senti amorevole, e così vuoi farmi passare per stupido cosicché tu non
debba prestare attenzione.
Pertanto, quando gli studenti di Un corso in miracoli non vivono gli effetti “promessi” da Gesù
nel suo Corso, non è perché Un corso in miracoli li ha traditi. E’ invece a causa della loro resistenza
nei confronti di ciò che sta dicendo davvero. Quando Helen si lamentava con Gesù affermando che
non veniva aiutata dai suoi insegnamenti, egli rispondeva con le parole che seguono, presentate qui
nella stessa forma pubblicata del Corso:
Puoi lamentarti del fatto che questo corso non sia sufficientemente specifico perché tu
possa comprenderlo e usarlo. Tuttavia forse non hai fatto ciò che esso specificatamente
richiede. Questo non è un corso per giocare con dei concetti, ma per la loro applicazione
pratica. (T. 11.VIII.5:1-3)
Come Cassio disse a Bruto:
L’errore, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi… (Giulio Cesare, I,ii).
O come affermò Gesù in maniera molto enfatica quasi alla fine del Capitolo 27 del testo:
Il segreto della salvezza non è che questo: tu stai facendo questo a te stesso. (T.27.VIII.
10:1).
Era chiaro a Freud, proprio come lo rende chiaro Gesù in Un corso in miracoli, che la
comprensione puramente intellettuale di un proprio problema non è sufficiente. E’ invece essenziale
scoprire e guardare la resistenza a lasciar andare il problema:
E’ vero che nei primissimi giorni di tecnica analitica noi assumiamo una visione
intellettuale della situazione… Era grande il disappunto quando il successo che ci si
attendeva non si presentava. Di fatto, dirgli e descrivergli il suo [del paziente] trauma
represso non produceva neppure un collegamento nella sua mente… Dopo di che, non
c’era altra scelta se non smettere di attribuirgli il fatto di sapere, di per sé, l’importanza
che gli aveva precedentemente ascritto e portare l’enfasi sulla resistenza che aveva
portato in passato sulla condizione di non sapere e che era ancora pronto a difendere
quella condizione. Il sapere cosciente… era senza potere di fronte a quelle resistenze…
(Freud, On Beginning the Treatment, 1913, Vol. XII, pagg. 141-42).
Come eliminiamo la resistenza?… scoprendola e mostrandola al paziente… Se ti
dico: “Guarda in cielo! C’è un pallone!” lo scoprirai molto più facilmente che non
dicendoti semplicemente di guardare in alto e dire se vedi qualcosa. Allo stesso modo,
uno studente che sta guardando nel microscopio per la prima volta, riceve dal suo
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insegnante le istruzioni in merito a ciò che vedrà; altrimenti non lo vedrà affatto, sebbene
sia lì e ben visibile (Freud, Introductory Lectures on Psychoanalysis, 1917, Vol. XVI,
pag. 437; corsivo mio).
Questo è il cuore del messaggio degli insegnamenti di Gesù in Un corso in miracoli: scoprire
l’ego cosicché possiamo vedere la nostra identificazione con esso. Di fatto, questo processo di
osservare l’ego è l’essenza del perdono:
Il perdono… è quieto e tranquillamente non fa nulla… semplicemente osserva,
aspetta e non giudica. (L-pII.1.4:1,3).
In questo passaggio importantissimo del testo, Gesù illustra l’importanza di “scoprire e
mostrare” l’ego ai suoi studenti come prerequisito per la guarigione:
Nessuno può sfuggire alle illusioni a meno che non le guardi, perché il non guardarle
è il modo per proteggerle… Noi siamo pronti a guardare più da vicino il sistema di
pensiero dell’ego, perché insieme abbiamo la lampada che lo disperderà, e poiché tu ti
rendi conto di non volerlo, devi essere pronto. Le “dinamiche” dell’ego saranno la nostra
lezione per qualche tempo, poiché dobbiamo dapprima guardarle per vedere al di là di
esso, dal momento che lo hai reso reale. Insieme disferemo tranquillamente questo errore,
e poi guarderemo al di là di esso, la verità.
Cos’è la guarigione se non l’eliminazione di tutto ciò che ostacola la via della
conoscenza? E in quale altro modo si possono disperdere le illusioni se non guardandole
direttamente, senza proteggerle? (T-11.V.1:1,3,5,6; 2:2)
Di nuovo, guardare l’ego significa guardare la resistenza, rendersi conto di quanto abbiamo
voluto il nostro ego invece di Dio, e quanto ci è costato questo desiderio di specialezza. Solo allora
saremo in grado di andare al di là della nostra resistenza e trovare la pace di Dio.
Alla fine dovrebbe esserci chiaro che il processo di disfacimento di questa resistenza è
qualcosa che accade nel tempo e richiede la santa pazienza che è una delle principali caratteristiche
non solo di Gesù o dello Spirito Santo, ma anche dell’insegnante avanzato di Dio (M-4.IA,IV,VIII). Freud ha chiaramente riconosciuto ciò nel suo lavoro analitico:
In primo luogo dobbiamo riflettere sul fatto che una resistenza fisica [ossia
psicologica], specialmente una resistenza che è stata tenuta in forza per lungo tempo, può
solo essere risolta lentamente e per gradi, e dobbiamo attendere pazientemente…
Dobbiamo dare al paziente il tempo di diventare più familiare con questa resistenza della
quale è ora venuto a conoscenza, di lavorarci sopra (Studies on Hysteria (con J. Breuer),
1893, Vol. II, p. 282; Remembering, Repeating and Working-Through, 1914, Vol. XII, p.
155).
E in molti punti Gesù ha fatto sapere ai suoi studenti che, nel mondo del tempo, il processo di
accettazione dell’Espiazione tramite il perdono deve avvenire col tempo, a causa della paura di
vivere senza ego. Il paragrafo di chiusura del Capitolo 1 del testo, in origine per lo studio di Helen
Schucman e di William Thetford del materiale, ha reso piuttosto chiaro come Gesù vede il
processo di studio e pratica del Corso alla luce della nostra paura di ciò che egli ci sta
effettivamente insegnando a proposito del mettere da parte il nostro ego (i mezzi) e ritornare a Dio
(la fine):
Questo è un corso di addestramento della mente. Ogni apprendimento implica
attenzione e studio a qualche livello. Alcune delle ultime parti del corso si basano troppo
profondamente su queste sezioni iniziali per non richiedere un loro studio approfondito.
Ne avrai anche bisogno come preparazione. Senza di questo, ciò che segue potrebbe
infonderti troppa paura per farne un uso costruttivo…
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A causa della confusione tra paura e soggezione, a cui ho già fatto riferimento e che
viene spesso fatta, sono necessarie delle solide basi… Alcuni dei passi successivi di
questo corso… implicano un approccio più diretto a Dio Stesso. Sarebbe poco saggio
iniziare questi passi senza un’attenta preparazione, altrimenti la soggezione sarà confusa
con la paura e l’esperienza sarebbe più traumatica che beatificante. La guarigione, alla
fine, è di Dio. I mezzi ti verranno attentamente spiegati. La rivelazione può
occasionalmente rivelarti il fine, ma per raggiungerlo sono necessari i mezzi.(T-1.VII.
4:1-5;5:1,7-11).
Nel discutere le sei fasi dello sviluppo della fiducia – un riassunto del percorso di Espiazione –
Gesù sottolinea la grande difficoltà per uno studente nel raggiungere la fase finale (il
raggiungimento del mondo reale):
Pensava di aver imparato ad essere disposto, ma ora vede che non sa affatto a cosa serva
la disponibilità. Ed ora deve raggiungere uno stato che potrà rimanere impossibile da
raggiungere per molto, molto tempo. Deve imparare a metter da parte ogni giudizio e
chiedere soltanto ciò che realmente vuole in ogni circostanza. (M-4.I-A.7:6-8; corsivo
mio).
In conclusione, dunque, proprio come era chiaro a Freud un secolo fa, e da quel momento per
tutti gli analisti ed i terapeuti, deve essere chiaro a tutti i ricercatori spirituali che le migliori
intenzioni del mondo non sono sufficienti a portare l’obiettivo spirituale del nostro risveglio
dall’oscurità (T-18.IV.2:1-2). Piuttosto, ciò che viene richiesto è il nostro essere disposti ad
esaminare – gentilmente e pazientemente – ogni aspetto del sistema di pensiero del nostro ego che
cerca di nascondere la luce (T-24.in.2:1-2), ed in particolare la nostra resistenza nei confronti
proprio di questa luce. Nell’introdurre la lezione 185 del Libro degli esercizi – “Io voglio la pace
di Dio” – Gesù afferma:
Pronunciare queste parole non è niente. Ma dire queste parole con convinzione è
tutto. (L-pI.185.1:1-2)
Un corso in miracoli, buon per noi, ci aiuta a scoprire ed a rafforzare quella parte della nostra
mente (la mente corretta) che intende veramente queste parole, allo stesso tempo ci viene
insegnato che l’altra parte (la mente sbagliata) non ci porterà mai la felicità e la pace che
desideriamo più di ogni altra cosa. Così, prestando attenzione all’appello di Gesù di scegliere la
mente corretta anziché la mente sbagliata (lo Spirito Santo anziché l’ego) la resistenza verso il
perdere il nostro sé illusorio viene finalmente disfatta. E siamo liberi! E siamo liberi, finalmente!
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Tutti i riferimenti su Freud sono tratti da The Standard Edition of the Complete
Psychological Works of Sigmund Freud (London: Hogarth Press, 1953)
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resistenza - Un Corso in Miracoli