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La commemorazione dei fedeli defunti appare già nel secolo IX, in continuità
con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti. Solo con l’abate benedettino sant’Odilone di Cluny
che questa data del 2 novembre fu dedicata alla commemorazione di tutti i
fedeli defunti, per i quali già sant’Agostino lodava la consuetudine di pregare
anche al di fuori dei loro anniversari, proprio perché non fossero trascurati
quelli senza suffragio. La Chiesa è stata sempre particolarmente fedele al ricordo dei defunti. Nella professione di fede del cristiano noi affermiamo:
“Credo nella santa Chiesa cattolica, nella comunione dei Santi…”. Per
“comunione dei santi” la Chiesa intende l’insieme e la vita d’assieme di tutti i
credenti in Cristo, sia quelli che operano ancora sulla terra sia quelli che vivono nell’altra vita in Paradiso ed in Purgatorio. In questa vita d’assieme la Chiesa vede e vuole il fluire della grazia, lo scambio dell’aiuto reciproco, l’unità
della fede, la realizzazione dell’amore. Dalla comunione dei santi nasce l’interscambio di aiuto reciproco tra i credenti in cammino sulla terra i i credenti
viventi nell’aldilà, sia nel Purgatorio che nel Paradiso. La Chiesa, inoltre, in
nome della stessa figliolanza di Dio e, quindi, fratellanza in Gesù Cristo, favorisce questi rapporti e stabilisce anche dei momenti forti durante l’anno liturgico e nei riti religiosi quotidiani. Il 2 Novembre è il giorno che la Chiesa dedica
alla commemorazione dei defunti, che dal popolo viene chiamato semplicemente anche “festa dei defunti”. Ma anche nella messa quotidiana, sempre
riserva un piccolo spazio, detto “memento, Domine…”, che vuol dire “ricordati,
Signore…” e propone preghiere universali di suffragio alle anime di tutti i defunti in Purgatorio. La Chiesa, infatti, con i suoi figli è sempre madre e vuole
sentirli tutti presenti in un unico abbraccio. Pertanto prega per i morti, come
per i vivi, perché anch’essi sono vivi nel Signore. Per questo possiamo dire che
l’amore materno della Chiesa è più forte della morte. La Chiesa, inoltre, sa che
“non entrerà in essa nulla di impuro”. Nessuno può entrare nella visione e nel
godimento di Dio, se al momento della morte, non ha raggiunto la perfezione
nell’amore. Per particolari pratiche, inoltre, come le preghiere e le buone opere, la Chiesa offre lo splendido dono delle indulgenze, parziali o plenarie, che
possono essere offerte in suffragio delle anime del Purgatorio. Una indulgenza
parziale o plenaria offre alla persona interessata una parziale o plenaria riduzione delle pene, dovute ai suoi peccati, che sono già stati perdonati. Tale
riduzione può essere fruita anche dai defunti, i quali possono essere liberati
dalle loro pene parzialmente o totalmente. La commemorazione dei defunti
ebbe origine in Francia all’inizio del decimo secolo. Da allora quel giorno rappresenta per tutti una sosta nella vita per ricordare con una certa nostalgia il
passato, vissuto con i nostri cari che il tempo e la morte han portato via, il
bene che coloro che ci hanno preceduti sulla terra hanno lasciato all’umanità,
e il loro contributo all’aumento della fede, della speranza, della carità e della
grazia nella chiesa. Il 2 Novembre, poi, ci riporta alla realtà delle cose richiamando la nostra attenzione sulla caducità della vita. Questo pensiero richiama
il fluire del tempo intorno a noi e in noi. Giorno dopo giorno il tempo va via.
Passo dopo passo il cammino si affatica sempre più. Atto dopo atto il logorio
delle forze fisiche che invecchiano si fa sempre più sentire. Passano le gioie e
passano pure i dolori. Poi passeremo anche noi; e finiranno su questa terra
anche i nostri giorni. Il richiamo alla realtà della nostra morte ci invita, pure, a
(Continua a pagina 2)
Festività di tutti Santi
e Commemorazione dei Defunti
1 e 2 Novembre
Pag.1-2
Il perdono …
Un cammino di fede.
Pag.2
Rubrica conosci il Santo...
Questo mese San Martino di Tours ves.
La Solennità di Cristo Re dell’Universo
Pag.3
Riconoscimento della regalità di Cristo con il Padre
La forza della preghiera
Perché pregare...
Avvisi Novembre
I nostri amici sponsor
Pag.3
Pag.4
Pag.4
Essere
in meditazione
vuol dire
vivere una vita
da ribelle,
avventurosa
e coraggiosa.
Beato Giovanni Paolo II
(Continua da pagina 1)
dare importanza alle cose essenziali, ai valori
perenni e universali, che elevano lo spirito e
resistono al tempo. “Accumulate un tesoro
nel cielo, dove né tignuola e né ladro possono
arrivare”, consiglia Gesù Cristo ai suoi discepoli. Se tutto passa, l’amore di Dio resta. Il
pensiero ritorna a noi. La certezza della morte
deve farci riflettere, affinché possiamo essere
pronti all’incontro con essa senza alcuna paura. Sarebbe un grande errore dire: “Mi darò a
Dio quando sarò vecchio”, ed aspettare di
cambiare i nostri cuori al momento della morte. Così come nessuno diventa all’improvviso
cattivo, allo stesso modo nessuno diventa in
un attimo buono. E ricorda che la morte può
arrivare senza alcun preannunzio, improvvisamente. Si dice che la morte sia spaventosa:
ma non è tanto la morte in sé a terrorizzarci,
Chiunque sia stato vittima di qualcosa
(crimini, incidenti, abusi, tradimenti e così
via) si trova prima o poi chiedersi se concedere o meno il perdono. Il perdono infatti è un
mezzo attraverso il quale una persona, offesa
da un torto subito, cessa di provare risentimento e ostilità verso un'altra persona, che
ha perpetrato il torto. Può concesso come
atto di bontà, empatia, altruismo, oppure,
pragmaticamente, perché il fine di vivere
meglio giustifica il mezzo del perdono. Perdonare infatti molto spesso produce una sensazione di sollievo, annullando quella tensione e
quel legame esclusivo che lega vittima e offensore e che li rende parte separata del
contesto sociale. Il perdono può essere concesso anche se non è stato richiesto e può
riguardare anche persone che non si incontrano più nella propria vita, anche perché
potrebbero essere decedute.
Sono state le religioni ad insegnare per prime
la pratica del perdono, sull’esempio del perdono che Dio (o chi per lui) riserva agli esseri
umani. Ma ci sono state anche molte voci
contrarie. Nel Talmud ad esempio è scritto
che ‘chi è pietoso contro i crudeli finisce con
l’essere crudele verso i pietosi’; Voltaire diceva che ‘chi perdona al delitto ne diventa complice’. Anche Freud aveva affrontato l’argomento, mostrandosi contrario al perdono.
Perdonare, secondo il padre della psicoanalisi,
può aver senso solo in due casi: come prova
di sottomissione alla legge del più forte, in
modo da lenire la sua aggressività, o come
accettazione del predominio del SuperIo, per
ricavarne una soddisfazione narcisistica nel
ritenersi superiori agli altri.
Oggi la moderna psicologia ha cominciato ad
interessarsi del perdono perché si è visto che
nella pratica clinica, una terapia riuscita spesso porta il paziente a perdonare le offese
ricevute. Questo atto, producendo una diminuzione di amarezza e risentimento, ha un
effetto catartico, di liberazione, perché è capace di eliminare o attenuare i sentimenti di
rabbia, di vendetta, di vergogna e di risentimento, liberando delle energie, che possono
essere dunque meglio spese su altri fronti.
Perché ci sia vero perdono devono essere
coinvolti tutti i sistemi: cognitivo, emotivo e
comportamentale. Dal punto di vista cognitivo
ed emotivo, il perdono richiede tempo: infatti
può avvenire solo dopo che vi sia stato un
processo mentale capace di far tacere il risen-
quanto piuttosto l’atto del morire ed il giudizio susseguente di dannazione o di salvezza
eterna. E’, infatti, il terrore di un attimo e non
dell’eternità a spaventarci. Dunque sorgono
molte domande: come sarà quel momento?
Quanto durerà? Chi mi assisterà? Sarò solo?
Dove sarò? In casa, per strada, al lavoro,
mentre prego o sono distratto in altre faccende? Quando mi sorprenderà? Il pensiero di
trovarsi soli, faccia a faccia con la morte,
vittima ed esecutore, può produrre disagio e
paura mentre si è in vita. Eppure per i veri
cristiani non dovrebbe essere così. La vita è
un cammino che comporta il passaggio da
una condizione all’altra, si passa dall’infanzia
alla fanciullezza, dalla fanciullezza alla giovinezza, alla maturità, alla vecchiaia e dalla
vecchiaia all’eternità attraverso la morte. Per
questo, vista nella luce di Dio la morte diven-
ta o dovrebbe diventare un dolce incontro,
non un precipitare nel nulla, ma il contemporaneo chiudersi e aprirsi di una porta: la terra
e il cielo si incontrano su quella porta. Del
resto il pensiero della morte ritorna ogni volta
che ci rivolgiamo alla Madonna con la preghiera del Rosario: “Santa Maria, madre di
Dio prega per noi, adesso e nell’ora della
nostra morte”. Si è detto che la morte sia la
prova più dura della vita, ma non è vero.
E’ l’unica cosa che tutti sanno di dovere affrontare! Il giovane e il vecchio centenario,
l’intelligente e l’idiota, il santo ed il peccatore,
il papa e l’ateo. Vista nella luce di Dio la morte diventa un dolce incontro, non un tramonto, ma una bellissima alba annunciatrice della
vita eterna con Dio insieme agli angeli e ai
santi che ci hanno preceduto in terra.
timento, la rabbia, il desiderio di vendetta o
di punizione della persona che ha perpetrato
l’offesa. Il gesto del perdono è solo l’ultimo
atto che riguarda questo lungo processo.
Il perdono richiede dunque un grande sforzo,
emotivo ed intellettuale e non dovrebbe dunque essere confuso con la timidezza o la debolezza morale. Chi perdona non è chi non
vuole assumersi la responsabilità di punire,
correggere, vendicare, non è chi vuole necessariamente chiudere un occhio sulla realtà
che lo fa soffrire, lasciando correre e guardando oltre: perdonare non significa cercare
di dimenticare l’offesa ricevuta, ma solo fare
in modo che essa, pur permanendosi nel
ricordo, non provochi più dolore. La dimenticanza infatti non equivale al perdono.
Il perdono implica la propria liberazione da un
nemico interno, costituito dall’odio. L’odio,
come l’amore, è un sentimento molto forte,
che può legare indissolubilmente ad una persona e che dunque fa si che l’offensore sia
sempre nei pensieri dell’offeso, nei suoi ricordi, nei suoi progetti. L’odio crea una dipendenza. Per questo, dal punto di vista psicologico, il perdono viene considerato un
valido strumento terapeutico: permette di
lenire la sofferenza, di riguadagnare la fiducia
in sé stessi, e spesso di ristabilire relazioni
interrotte fra due persone, attraverso una
rinegoziazione delle regole del rapporto.
Il perdono tuttavia non implica la riconciliazione: vi possono essere valide ragioni per
scegliere di non vedere più il proprio offensore (che tra l’altro potrebbe anche non essere
più in vita), sebbene si sia concesso il perdono. Al contrario, non può esservi una vera
riconciliazione senza perdono.
Dal punto di vista etimologico perdonare significa concedere un dono. Non sono molte le
persone predisposte all’atto di donare, ed
anche se dal punto di vista etico o religioso si
può essere d’accordo sul principio, metterlo in
pratica è tutt’altra cosa.
re, senza la preghiera e la Grazia di Dio non è
affatto possibile perdonare. È un atto di amore soprannaturale. Il perdono indica un atteggiamento mite e umile. È un aspetto della
vita spirituale indispensabile da coltivare e
possedere per considerarsi cristiani. È la conditio sine qua non, senza questa condizione
non si è cristiani. Il Vangelo ci parla di perdono, Gesù invita a perdonare anche i nemici,
perdonarli almeno nel proprio cuore, senza
provare più rancore, sofferenza, rivalsa. E
pregare per loro, amarli nel proprio cuore. Il
mondo è malato e non riesce a perdonare,
avvengono tra gli stessi familiari e parenti,
litigi anche per banalità, questa è la manifestazione chiara dell’incapacità di comprendere, tollerare, usare misericordia. Nei cuori non
c’è amore ma egoismo, interessi ambiziosi.
L’umanità ignora il Vangelo di Gesù e
non ascolta i richiami della Madonna.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Il mancato perdono porta alla vendetta, c’è
anche la vendetta bianca perché compiuta
con la diffamazione e la calunnia, ricorrendo
anche alle pratiche magiche e maledizioni
efficaci, creando attorno alla persona odiata,
un cerchio di negatività preoccupanti e di
conseguenze dolorose. Vendette che devono
preoccupare in quanto causano sofferenze
morali e spirituali di un certo spessore, ed è
in queste circostanze che molte persone si
ricordano di Gesù e della Madonna e ritornano in Chiesa. Il Signore attende a braccia
aperte tutti i peccatori, è sempre pronto a
perdonare coloro che si pentono dei loro peccati. Dio è Amore. Il perdono è un aspetto
fondamentale della vita spirituale, non ci può
essere crescita se prima non si compiono
gesti riparatori e misericordiosi. È da immaturi rifiutare il perdono a qualcuno o non perdonare almeno nel proprio cuore, e poi pregare
aspettando magari anche Grazie e miracoli. È
vero che non si perdona facilmente, c’è un
cammino di Fede da fare, non un cammino
razionale con un ragionamento privo di Fede.
Il cammino riguarda l’aspetto spirituale, è per
mezzo dei Sacramenti, della preghiera e della
penitenza che ci si riempie dello Spirito Santo
e si trova la forza per perdonare anche i più
acerrimi nemici. Il perdono deve sempre dominare e vincere ogni forma di cattiveria e di
diffamazione che si ricevono.
“Beati voi quando vi perseguiteranno…
e mentendo diranno ogni sorta di male
contro di voi per causa mia” (Mt 5,11).
Conoscendo molto poco il Vangelo, quasi tutti
sono confusi su come reagire quando si ricevono cattiverie. C’è chi rende pan per focaccia, chi aumenta la dose nella sua vendetta,
c’è chi è incapace a reagire per paura, c’è chi
odia e maledice senza reagire, c’è chi prega e
perdona. Come già detto è difficile perdona-
Don Marcello Stanzione
Dott. Giuliana Proietti
Quattromila chiese dedicate a lui in Francia, e
il suo nome dato a migliaia di paesi e villaggi;
come anche in Italia, in altre parti d’Europa e
nelle Americhe: Martino il supernazionale.
Nasce in Pannonia (che si chiamerà poi Ungheria) da famiglia pagana, e viene istruito
sulla dottrina cristiana quando è ancora ragazzo, senza però il battesimo. Figlio di un
ufficiale dell’esercito romano, si arruola a sua
volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale,
prestando poi servizio in Gallia. E’ in quest’epoca che può collocarsi l’episodio famosissimo
di Martino a cavallo, che con la spada taglia in
due il suo mantello militare, per difendere un
mendicante
dal
freddo.
Lasciato l’esercito nel 356, ricevette il battesimo raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo
vescovo Ilario: si sono conosciuti alcuni anni
prima. Martino ha già ricevuto il battesimo
(probabilmente ad Amiens) e Ilario lo ordina
esorcista: un passo sulla via del sacerdozio.
Per la sua posizione di prima fila nella lotta
all’arianesimo, che aveva il sostegno della
Corte, il vescovo Ilario viene esiliato in Frigia
(Asia Minore); e quanto a Martino si fatica a
seguirne la mobilità e l’attivismo, anche perché non tutte le notizie sono ben certe. Fa
probabilmente un viaggio in Pannonia, e verso il 356 passa anche per Milano. Più tardi lo
troviamo in solitudine alla Gallinaria, un isolotto roccioso davanti ad Albenga, già rifugio di
cristiani al tempo delle persecuzioni. Di qui
Martino torna poi in Gallia, dove riceve il sacerdozio dal vescovo Ilario, rimpatriato nel
360 dal suo esilio. Un anno dopo fonda a
Ligugé (a dodici chilometri da Poitiers) una
comunità di asceti, che è considerata il primo
monastero databile in Europa.
Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per
qualche tempo, tuttavia, risiede nell’altro monastero da lui fondato a quattro chilometri
dalla città, e chiamato Marmoutier. Di qui
intraprende la sua missione, ultraventennale
azione per cristianizzare le campagne: per
esse Cristo è ancora "il Dio che si adora nelle
città". Non ha la cultura di Ilario, e un po’
rimane il soldato sbrigativo che era, come
quando abbatte edifici e simboli dei culti pagani, ispirando più risentimenti che adesioni.
Ma l’evangelizzazione riesce perché l’impetuoso vescovo si fa protettore dei poveri contro
lo spietato fisco romano, promuove la giustizia tra deboli e potenti. Con lui le plebi rurali
rialzano la testa. Sapere che c’è lui fa coraggio. Questo spiega l’enorme popolarità in vita
e la crescente venerazione successiva.
Quando muore a Candes, verso la mezzanotte
di una domenica, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi,
di notte, lo portano poi nella loro città per via
d’acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire. La sua
festa si celebrerà nell’anniversario della sepol-
tura, e la cittadina di Candes si chiamerà Candes-Saint-Martin.
La solennità di Cristo Re è di data molto recente. Fu istituita da Pio XI con l’Enciclica
Quas primas dell’11 dicembre 1925, e stabilita
all’ultima domenica di ottobre. Nell’Enciclica, il
pontefice dichiara che con questa festività
intende affermare la sovrana autorità di Cristo
sugli uomini e sulle istituzioni
davanti ai progressi del laicismo nella società moderna.
Alcuni testi dell’Ufficio lasciavano trasparire questa preoccupazione e la colletta della
messa si esprimeva in termini
simili: “… la grande famiglia
delle nazioni, disgregata per
la ferita del peccato, si sottometta al suo soavissimo impero”. I precedenti prossimi di
questa festività, o meglio
della mentalità che la sorregge, si possono individuare
nelle origini del Movimento
liturgico ottocentesco, il quale
stabilì uno stretto legame tra
restaurazione di forme liturgiche del passato, in particolare
di quello medievale, e ricostruzione di una società cristiana diretta, come nel Medioevo, dalla Chiesa. Il noto
esponente del Movimento liturgico belga L.
Beauduin in un opuscolo del 1914 titolato La
piété liturgique, presentava la diffusione della
preghiera liturgica come un canale fondamentale per combattere la laicità dello Stato e la
secolarizzazione della società. Durante il pontificato di Leone XIII (1878-1903) ci furono
diversi tentativi per l’introduzione nella liturgia
di una specifica solennità di Cristo Re che non
trovarono l’accoglienza di Roma. Notiamo
però che Leone XIII con l’Enciclica Annum
sacrum, sopra citata, ordinava a tutto il mondo cattolico, in vista dell’anno santo, una solenne cerimonia di consacrazione del genere
umano al Sacro Cuore, come pubblica proclamazione della regalità di Cristo sulla società.
essa venisse reinterpretata in senso più spiritualistico ed escatologico. Lo stesso nuovo
titolo (“Gesù Cristo Re dell’universo) allarga la
prospettiva della signoria di Cristo nel senso
di Col 1,12-20. Lo spostamento della solennità
all’ultima domenica dell’Anno liturgico, la colloca nel contesto escatologico
proprio di questa domenica.
Notiamo che lo stesso Pio XI
nell’Enciclica Quas primas
aveva motivato la data in uso
fino al MR 1962 (l’ultima domenica di ottobre) con il fatto
che con questa domenica “si
chiude quasi l’Anno liturgico,
così infatti avverrà che i misteri della vita di Gesù Cristo,
commemorati nel corso dell’anno, terminino e quasi ricevano coronamento da questa
solennità di Cristo Re…” Le tre
orazioni del MR 1970 riprendono i testi anteriori con significativi cambiamenti nella colletta, in cui non si chiede più
la “sottomissione delle genti al
soavissimo impero” di Cristo
Re, ma che “ogni creatura,
libera dalla schiavitù del peccato, ti serva i ti lodi senza
fine”. L’oggetto della festa di Cristo Re trova
espressione in altri momenti dell’Anno liturgico, anzi ogni domenica, “giorno del Signore”,
proclama la sovrana signoria di Cristo. Da
questa prospettiva, si potrebbe dire che l’ultima domenica dell’Anno liturgico intende celebrare in modo più organico ciò che costituisce
il nocciolo di ogni celebrazione domenicale.
Si può considerare inoltre un impulso dall’esterno per l’istituzione della festa di Cristo Re
il fatto che in quell’anno si celebrò il 1600
anniversario del concilio di Nicea, il cui insegnamento sulla eguaglianza di natura del
Cristo con il Padre è alla base del riconoscimento della sua regalità. La suddetta caratte3 della solennità di
rizzazione “socio-politica”
Cristo Re ha comportato che nell’attuale ordinamento liturgico, sorto dopo il Vaticano II,
Patronato: Mendicanti
Etimologia: Martino = dedicato a Marte
Emblema: Bastone pastorale,
Globo di fuoco, Mantello
Giusy Trovato
M.A.
1 Nov. Tutti i Santi
Orario Sante Messe
ore 09:00 presso Chiesa Maria SS. della Provvidenza
ore 10:30 presso Parrocchia
ore 18:30 presso Parrocchia
2 Nov. Commemorazione dei Defunti
Orario Santa Messa
ore 18:30 presso Parrocchia
3 Novembre
Orario Santa Messa
ore 09:00 presso Parrocchia e ritiro catechisti
4 Novembre
ore 17:00 presso Parrocchia (1°Venerdì del mese)
Adorazione eucaristica per tutti i Defunti; vespri.
ore 18:30 S. Messa presso la Parrocchia
27 Novembre
Pellegrinaggio Madonna
ore 21:00 raduno presso Cappella Madonna (Porta
Palermo) conclusione presso la parrocchia
29 Novembre
Novena Immacolata
Quasi tutti pregano qualche volta, ma sono pochissimi che
fanno della preghiera una parte importante della loro vita
quotidiana.
Per la maggior parte di noi la preghiera è la soluzione di emergenza.
Quando le cose vanno
bene, ci dimentichiamo
di pregare; tendiamo
semplicemente a dire
che "non abbiamo tempo" di pregare. Ecco
perché molti "scoprono"
la preghiera in certe
situazioni di crisi, come
in occasione di un lutto
o del fallimento di una
relazione. In tali circostanze siamo costretti a
pensare più a fondo a
ciò che ci sta accadendo.
Nella frenesia della vita
giornaliera diventa difficile inserire Dio e la
preghiera è vista come una cosa irrilevante nella pressione della vita
quotidiana. Naturalmente non deve mai mettere in pericolo i nostri
doveri: sarebbe un controsenso tradirli per onorare Dio con la preghiera. Occorre imparare ad organizzare il proprio tempo e liberarsi di
tante cose inutili (chiacchiere, letture inutili, televisione, telefonate
interminabili, curiosità, storie, stupidità, mondanità, ecc.).
Tuttavia, un po' di tempo per la preghiera dobbiamo trovarlo, perché
la preghiera interessa un aspetto della nostra realtà che in generale
tendiamo a trascurare.
Per crescere, le basta poco spazio, preferibilmente un po' di tempo
riservato espressamente a questo scopo. Ma, soprattutto, ha bisogno
della convinzione che il Dio che esiste e ci ama è interessato e coinvolto in tutti i dettagli e circostanze della nostra vita.
Bongiorno Antongiacomo
La redazione ringrazia tutti coloro che tramite offerta permettono la realizzazione di questo giornalino parrocchiale. .
Il prossimo numero uscirà sabato 26 Novembre
rmini.it
www.teletpeuntuale, imparziale
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L’informaz
“La Spiga D’Oro”
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Orari d’apertura
dalle 08:00-alle 14:00
17:00-alle 22:00
Servizio a domicilio
Tel. 091-8145358
Giovedì chiusi
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giornalino parrocchia n 33 novembre 2011