http://www.gpgsantoantoniotermini.diocesipa.it mail: [email protected] Tel. Parrocchia +390918142461 La commemorazione dei fedeli defunti appare già nel secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti. Solo con l’abate benedettino sant’Odilone di Cluny che questa data del 2 novembre fu dedicata alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, per i quali già sant’Agostino lodava la consuetudine di pregare anche al di fuori dei loro anniversari, proprio perché non fossero trascurati quelli senza suffragio. La Chiesa è stata sempre particolarmente fedele al ricordo dei defunti. Nella professione di fede del cristiano noi affermiamo: “Credo nella santa Chiesa cattolica, nella comunione dei Santi…”. Per “comunione dei santi” la Chiesa intende l’insieme e la vita d’assieme di tutti i credenti in Cristo, sia quelli che operano ancora sulla terra sia quelli che vivono nell’altra vita in Paradiso ed in Purgatorio. In questa vita d’assieme la Chiesa vede e vuole il fluire della grazia, lo scambio dell’aiuto reciproco, l’unità della fede, la realizzazione dell’amore. Dalla comunione dei santi nasce l’interscambio di aiuto reciproco tra i credenti in cammino sulla terra i i credenti viventi nell’aldilà, sia nel Purgatorio che nel Paradiso. La Chiesa, inoltre, in nome della stessa figliolanza di Dio e, quindi, fratellanza in Gesù Cristo, favorisce questi rapporti e stabilisce anche dei momenti forti durante l’anno liturgico e nei riti religiosi quotidiani. Il 2 Novembre è il giorno che la Chiesa dedica alla commemorazione dei defunti, che dal popolo viene chiamato semplicemente anche “festa dei defunti”. Ma anche nella messa quotidiana, sempre riserva un piccolo spazio, detto “memento, Domine…”, che vuol dire “ricordati, Signore…” e propone preghiere universali di suffragio alle anime di tutti i defunti in Purgatorio. La Chiesa, infatti, con i suoi figli è sempre madre e vuole sentirli tutti presenti in un unico abbraccio. Pertanto prega per i morti, come per i vivi, perché anch’essi sono vivi nel Signore. Per questo possiamo dire che l’amore materno della Chiesa è più forte della morte. La Chiesa, inoltre, sa che “non entrerà in essa nulla di impuro”. Nessuno può entrare nella visione e nel godimento di Dio, se al momento della morte, non ha raggiunto la perfezione nell’amore. Per particolari pratiche, inoltre, come le preghiere e le buone opere, la Chiesa offre lo splendido dono delle indulgenze, parziali o plenarie, che possono essere offerte in suffragio delle anime del Purgatorio. Una indulgenza parziale o plenaria offre alla persona interessata una parziale o plenaria riduzione delle pene, dovute ai suoi peccati, che sono già stati perdonati. Tale riduzione può essere fruita anche dai defunti, i quali possono essere liberati dalle loro pene parzialmente o totalmente. La commemorazione dei defunti ebbe origine in Francia all’inizio del decimo secolo. Da allora quel giorno rappresenta per tutti una sosta nella vita per ricordare con una certa nostalgia il passato, vissuto con i nostri cari che il tempo e la morte han portato via, il bene che coloro che ci hanno preceduti sulla terra hanno lasciato all’umanità, e il loro contributo all’aumento della fede, della speranza, della carità e della grazia nella chiesa. Il 2 Novembre, poi, ci riporta alla realtà delle cose richiamando la nostra attenzione sulla caducità della vita. Questo pensiero richiama il fluire del tempo intorno a noi e in noi. Giorno dopo giorno il tempo va via. Passo dopo passo il cammino si affatica sempre più. Atto dopo atto il logorio delle forze fisiche che invecchiano si fa sempre più sentire. Passano le gioie e passano pure i dolori. Poi passeremo anche noi; e finiranno su questa terra anche i nostri giorni. Il richiamo alla realtà della nostra morte ci invita, pure, a (Continua a pagina 2) Festività di tutti Santi e Commemorazione dei Defunti 1 e 2 Novembre Pag.1-2 Il perdono … Un cammino di fede. Pag.2 Rubrica conosci il Santo... Questo mese San Martino di Tours ves. La Solennità di Cristo Re dell’Universo Pag.3 Riconoscimento della regalità di Cristo con il Padre La forza della preghiera Perché pregare... Avvisi Novembre I nostri amici sponsor Pag.3 Pag.4 Pag.4 Essere in meditazione vuol dire vivere una vita da ribelle, avventurosa e coraggiosa. Beato Giovanni Paolo II (Continua da pagina 1) dare importanza alle cose essenziali, ai valori perenni e universali, che elevano lo spirito e resistono al tempo. “Accumulate un tesoro nel cielo, dove né tignuola e né ladro possono arrivare”, consiglia Gesù Cristo ai suoi discepoli. Se tutto passa, l’amore di Dio resta. Il pensiero ritorna a noi. La certezza della morte deve farci riflettere, affinché possiamo essere pronti all’incontro con essa senza alcuna paura. Sarebbe un grande errore dire: “Mi darò a Dio quando sarò vecchio”, ed aspettare di cambiare i nostri cuori al momento della morte. Così come nessuno diventa all’improvviso cattivo, allo stesso modo nessuno diventa in un attimo buono. E ricorda che la morte può arrivare senza alcun preannunzio, improvvisamente. Si dice che la morte sia spaventosa: ma non è tanto la morte in sé a terrorizzarci, Chiunque sia stato vittima di qualcosa (crimini, incidenti, abusi, tradimenti e così via) si trova prima o poi chiedersi se concedere o meno il perdono. Il perdono infatti è un mezzo attraverso il quale una persona, offesa da un torto subito, cessa di provare risentimento e ostilità verso un'altra persona, che ha perpetrato il torto. Può concesso come atto di bontà, empatia, altruismo, oppure, pragmaticamente, perché il fine di vivere meglio giustifica il mezzo del perdono. Perdonare infatti molto spesso produce una sensazione di sollievo, annullando quella tensione e quel legame esclusivo che lega vittima e offensore e che li rende parte separata del contesto sociale. Il perdono può essere concesso anche se non è stato richiesto e può riguardare anche persone che non si incontrano più nella propria vita, anche perché potrebbero essere decedute. Sono state le religioni ad insegnare per prime la pratica del perdono, sull’esempio del perdono che Dio (o chi per lui) riserva agli esseri umani. Ma ci sono state anche molte voci contrarie. Nel Talmud ad esempio è scritto che ‘chi è pietoso contro i crudeli finisce con l’essere crudele verso i pietosi’; Voltaire diceva che ‘chi perdona al delitto ne diventa complice’. Anche Freud aveva affrontato l’argomento, mostrandosi contrario al perdono. Perdonare, secondo il padre della psicoanalisi, può aver senso solo in due casi: come prova di sottomissione alla legge del più forte, in modo da lenire la sua aggressività, o come accettazione del predominio del SuperIo, per ricavarne una soddisfazione narcisistica nel ritenersi superiori agli altri. Oggi la moderna psicologia ha cominciato ad interessarsi del perdono perché si è visto che nella pratica clinica, una terapia riuscita spesso porta il paziente a perdonare le offese ricevute. Questo atto, producendo una diminuzione di amarezza e risentimento, ha un effetto catartico, di liberazione, perché è capace di eliminare o attenuare i sentimenti di rabbia, di vendetta, di vergogna e di risentimento, liberando delle energie, che possono essere dunque meglio spese su altri fronti. Perché ci sia vero perdono devono essere coinvolti tutti i sistemi: cognitivo, emotivo e comportamentale. Dal punto di vista cognitivo ed emotivo, il perdono richiede tempo: infatti può avvenire solo dopo che vi sia stato un processo mentale capace di far tacere il risen- quanto piuttosto l’atto del morire ed il giudizio susseguente di dannazione o di salvezza eterna. E’, infatti, il terrore di un attimo e non dell’eternità a spaventarci. Dunque sorgono molte domande: come sarà quel momento? Quanto durerà? Chi mi assisterà? Sarò solo? Dove sarò? In casa, per strada, al lavoro, mentre prego o sono distratto in altre faccende? Quando mi sorprenderà? Il pensiero di trovarsi soli, faccia a faccia con la morte, vittima ed esecutore, può produrre disagio e paura mentre si è in vita. Eppure per i veri cristiani non dovrebbe essere così. La vita è un cammino che comporta il passaggio da una condizione all’altra, si passa dall’infanzia alla fanciullezza, dalla fanciullezza alla giovinezza, alla maturità, alla vecchiaia e dalla vecchiaia all’eternità attraverso la morte. Per questo, vista nella luce di Dio la morte diven- ta o dovrebbe diventare un dolce incontro, non un precipitare nel nulla, ma il contemporaneo chiudersi e aprirsi di una porta: la terra e il cielo si incontrano su quella porta. Del resto il pensiero della morte ritorna ogni volta che ci rivolgiamo alla Madonna con la preghiera del Rosario: “Santa Maria, madre di Dio prega per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”. Si è detto che la morte sia la prova più dura della vita, ma non è vero. E’ l’unica cosa che tutti sanno di dovere affrontare! Il giovane e il vecchio centenario, l’intelligente e l’idiota, il santo ed il peccatore, il papa e l’ateo. Vista nella luce di Dio la morte diventa un dolce incontro, non un tramonto, ma una bellissima alba annunciatrice della vita eterna con Dio insieme agli angeli e ai santi che ci hanno preceduto in terra. timento, la rabbia, il desiderio di vendetta o di punizione della persona che ha perpetrato l’offesa. Il gesto del perdono è solo l’ultimo atto che riguarda questo lungo processo. Il perdono richiede dunque un grande sforzo, emotivo ed intellettuale e non dovrebbe dunque essere confuso con la timidezza o la debolezza morale. Chi perdona non è chi non vuole assumersi la responsabilità di punire, correggere, vendicare, non è chi vuole necessariamente chiudere un occhio sulla realtà che lo fa soffrire, lasciando correre e guardando oltre: perdonare non significa cercare di dimenticare l’offesa ricevuta, ma solo fare in modo che essa, pur permanendosi nel ricordo, non provochi più dolore. La dimenticanza infatti non equivale al perdono. Il perdono implica la propria liberazione da un nemico interno, costituito dall’odio. L’odio, come l’amore, è un sentimento molto forte, che può legare indissolubilmente ad una persona e che dunque fa si che l’offensore sia sempre nei pensieri dell’offeso, nei suoi ricordi, nei suoi progetti. L’odio crea una dipendenza. Per questo, dal punto di vista psicologico, il perdono viene considerato un valido strumento terapeutico: permette di lenire la sofferenza, di riguadagnare la fiducia in sé stessi, e spesso di ristabilire relazioni interrotte fra due persone, attraverso una rinegoziazione delle regole del rapporto. Il perdono tuttavia non implica la riconciliazione: vi possono essere valide ragioni per scegliere di non vedere più il proprio offensore (che tra l’altro potrebbe anche non essere più in vita), sebbene si sia concesso il perdono. Al contrario, non può esservi una vera riconciliazione senza perdono. Dal punto di vista etimologico perdonare significa concedere un dono. Non sono molte le persone predisposte all’atto di donare, ed anche se dal punto di vista etico o religioso si può essere d’accordo sul principio, metterlo in pratica è tutt’altra cosa. re, senza la preghiera e la Grazia di Dio non è affatto possibile perdonare. È un atto di amore soprannaturale. Il perdono indica un atteggiamento mite e umile. È un aspetto della vita spirituale indispensabile da coltivare e possedere per considerarsi cristiani. È la conditio sine qua non, senza questa condizione non si è cristiani. Il Vangelo ci parla di perdono, Gesù invita a perdonare anche i nemici, perdonarli almeno nel proprio cuore, senza provare più rancore, sofferenza, rivalsa. E pregare per loro, amarli nel proprio cuore. Il mondo è malato e non riesce a perdonare, avvengono tra gli stessi familiari e parenti, litigi anche per banalità, questa è la manifestazione chiara dell’incapacità di comprendere, tollerare, usare misericordia. Nei cuori non c’è amore ma egoismo, interessi ambiziosi. L’umanità ignora il Vangelo di Gesù e non ascolta i richiami della Madonna. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Il mancato perdono porta alla vendetta, c’è anche la vendetta bianca perché compiuta con la diffamazione e la calunnia, ricorrendo anche alle pratiche magiche e maledizioni efficaci, creando attorno alla persona odiata, un cerchio di negatività preoccupanti e di conseguenze dolorose. Vendette che devono preoccupare in quanto causano sofferenze morali e spirituali di un certo spessore, ed è in queste circostanze che molte persone si ricordano di Gesù e della Madonna e ritornano in Chiesa. Il Signore attende a braccia aperte tutti i peccatori, è sempre pronto a perdonare coloro che si pentono dei loro peccati. Dio è Amore. Il perdono è un aspetto fondamentale della vita spirituale, non ci può essere crescita se prima non si compiono gesti riparatori e misericordiosi. È da immaturi rifiutare il perdono a qualcuno o non perdonare almeno nel proprio cuore, e poi pregare aspettando magari anche Grazie e miracoli. È vero che non si perdona facilmente, c’è un cammino di Fede da fare, non un cammino razionale con un ragionamento privo di Fede. Il cammino riguarda l’aspetto spirituale, è per mezzo dei Sacramenti, della preghiera e della penitenza che ci si riempie dello Spirito Santo e si trova la forza per perdonare anche i più acerrimi nemici. Il perdono deve sempre dominare e vincere ogni forma di cattiveria e di diffamazione che si ricevono. “Beati voi quando vi perseguiteranno… e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11). Conoscendo molto poco il Vangelo, quasi tutti sono confusi su come reagire quando si ricevono cattiverie. C’è chi rende pan per focaccia, chi aumenta la dose nella sua vendetta, c’è chi è incapace a reagire per paura, c’è chi odia e maledice senza reagire, c’è chi prega e perdona. Come già detto è difficile perdona- Don Marcello Stanzione Dott. Giuliana Proietti Quattromila chiese dedicate a lui in Francia, e il suo nome dato a migliaia di paesi e villaggi; come anche in Italia, in altre parti d’Europa e nelle Americhe: Martino il supernazionale. Nasce in Pannonia (che si chiamerà poi Ungheria) da famiglia pagana, e viene istruito sulla dottrina cristiana quando è ancora ragazzo, senza però il battesimo. Figlio di un ufficiale dell’esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. E’ in quest’epoca che può collocarsi l’episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo. Lasciato l’esercito nel 356, ricevette il battesimo raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo vescovo Ilario: si sono conosciuti alcuni anni prima. Martino ha già ricevuto il battesimo (probabilmente ad Amiens) e Ilario lo ordina esorcista: un passo sulla via del sacerdozio. Per la sua posizione di prima fila nella lotta all’arianesimo, che aveva il sostegno della Corte, il vescovo Ilario viene esiliato in Frigia (Asia Minore); e quanto a Martino si fatica a seguirne la mobilità e l’attivismo, anche perché non tutte le notizie sono ben certe. Fa probabilmente un viaggio in Pannonia, e verso il 356 passa anche per Milano. Più tardi lo troviamo in solitudine alla Gallinaria, un isolotto roccioso davanti ad Albenga, già rifugio di cristiani al tempo delle persecuzioni. Di qui Martino torna poi in Gallia, dove riceve il sacerdozio dal vescovo Ilario, rimpatriato nel 360 dal suo esilio. Un anno dopo fonda a Ligugé (a dodici chilometri da Poitiers) una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa. Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell’altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato Marmoutier. Di qui intraprende la sua missione, ultraventennale azione per cristianizzare le campagne: per esse Cristo è ancora "il Dio che si adora nelle città". Non ha la cultura di Ilario, e un po’ rimane il soldato sbrigativo che era, come quando abbatte edifici e simboli dei culti pagani, ispirando più risentimenti che adesioni. Ma l’evangelizzazione riesce perché l’impetuoso vescovo si fa protettore dei poveri contro lo spietato fisco romano, promuove la giustizia tra deboli e potenti. Con lui le plebi rurali rialzano la testa. Sapere che c’è lui fa coraggio. Questo spiega l’enorme popolarità in vita e la crescente venerazione successiva. Quando muore a Candes, verso la mezzanotte di una domenica, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi, di notte, lo portano poi nella loro città per via d’acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire. La sua festa si celebrerà nell’anniversario della sepol- tura, e la cittadina di Candes si chiamerà Candes-Saint-Martin. La solennità di Cristo Re è di data molto recente. Fu istituita da Pio XI con l’Enciclica Quas primas dell’11 dicembre 1925, e stabilita all’ultima domenica di ottobre. Nell’Enciclica, il pontefice dichiara che con questa festività intende affermare la sovrana autorità di Cristo sugli uomini e sulle istituzioni davanti ai progressi del laicismo nella società moderna. Alcuni testi dell’Ufficio lasciavano trasparire questa preoccupazione e la colletta della messa si esprimeva in termini simili: “… la grande famiglia delle nazioni, disgregata per la ferita del peccato, si sottometta al suo soavissimo impero”. I precedenti prossimi di questa festività, o meglio della mentalità che la sorregge, si possono individuare nelle origini del Movimento liturgico ottocentesco, il quale stabilì uno stretto legame tra restaurazione di forme liturgiche del passato, in particolare di quello medievale, e ricostruzione di una società cristiana diretta, come nel Medioevo, dalla Chiesa. Il noto esponente del Movimento liturgico belga L. Beauduin in un opuscolo del 1914 titolato La piété liturgique, presentava la diffusione della preghiera liturgica come un canale fondamentale per combattere la laicità dello Stato e la secolarizzazione della società. Durante il pontificato di Leone XIII (1878-1903) ci furono diversi tentativi per l’introduzione nella liturgia di una specifica solennità di Cristo Re che non trovarono l’accoglienza di Roma. Notiamo però che Leone XIII con l’Enciclica Annum sacrum, sopra citata, ordinava a tutto il mondo cattolico, in vista dell’anno santo, una solenne cerimonia di consacrazione del genere umano al Sacro Cuore, come pubblica proclamazione della regalità di Cristo sulla società. essa venisse reinterpretata in senso più spiritualistico ed escatologico. Lo stesso nuovo titolo (“Gesù Cristo Re dell’universo) allarga la prospettiva della signoria di Cristo nel senso di Col 1,12-20. Lo spostamento della solennità all’ultima domenica dell’Anno liturgico, la colloca nel contesto escatologico proprio di questa domenica. Notiamo che lo stesso Pio XI nell’Enciclica Quas primas aveva motivato la data in uso fino al MR 1962 (l’ultima domenica di ottobre) con il fatto che con questa domenica “si chiude quasi l’Anno liturgico, così infatti avverrà che i misteri della vita di Gesù Cristo, commemorati nel corso dell’anno, terminino e quasi ricevano coronamento da questa solennità di Cristo Re…” Le tre orazioni del MR 1970 riprendono i testi anteriori con significativi cambiamenti nella colletta, in cui non si chiede più la “sottomissione delle genti al soavissimo impero” di Cristo Re, ma che “ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva i ti lodi senza fine”. L’oggetto della festa di Cristo Re trova espressione in altri momenti dell’Anno liturgico, anzi ogni domenica, “giorno del Signore”, proclama la sovrana signoria di Cristo. Da questa prospettiva, si potrebbe dire che l’ultima domenica dell’Anno liturgico intende celebrare in modo più organico ciò che costituisce il nocciolo di ogni celebrazione domenicale. Si può considerare inoltre un impulso dall’esterno per l’istituzione della festa di Cristo Re il fatto che in quell’anno si celebrò il 1600 anniversario del concilio di Nicea, il cui insegnamento sulla eguaglianza di natura del Cristo con il Padre è alla base del riconoscimento della sua regalità. La suddetta caratte3 della solennità di rizzazione “socio-politica” Cristo Re ha comportato che nell’attuale ordinamento liturgico, sorto dopo il Vaticano II, Patronato: Mendicanti Etimologia: Martino = dedicato a Marte Emblema: Bastone pastorale, Globo di fuoco, Mantello Giusy Trovato M.A. 1 Nov. Tutti i Santi Orario Sante Messe ore 09:00 presso Chiesa Maria SS. della Provvidenza ore 10:30 presso Parrocchia ore 18:30 presso Parrocchia 2 Nov. Commemorazione dei Defunti Orario Santa Messa ore 18:30 presso Parrocchia 3 Novembre Orario Santa Messa ore 09:00 presso Parrocchia e ritiro catechisti 4 Novembre ore 17:00 presso Parrocchia (1°Venerdì del mese) Adorazione eucaristica per tutti i Defunti; vespri. ore 18:30 S. Messa presso la Parrocchia 27 Novembre Pellegrinaggio Madonna ore 21:00 raduno presso Cappella Madonna (Porta Palermo) conclusione presso la parrocchia 29 Novembre Novena Immacolata Quasi tutti pregano qualche volta, ma sono pochissimi che fanno della preghiera una parte importante della loro vita quotidiana. Per la maggior parte di noi la preghiera è la soluzione di emergenza. Quando le cose vanno bene, ci dimentichiamo di pregare; tendiamo semplicemente a dire che "non abbiamo tempo" di pregare. Ecco perché molti "scoprono" la preghiera in certe situazioni di crisi, come in occasione di un lutto o del fallimento di una relazione. In tali circostanze siamo costretti a pensare più a fondo a ciò che ci sta accadendo. Nella frenesia della vita giornaliera diventa difficile inserire Dio e la preghiera è vista come una cosa irrilevante nella pressione della vita quotidiana. Naturalmente non deve mai mettere in pericolo i nostri doveri: sarebbe un controsenso tradirli per onorare Dio con la preghiera. Occorre imparare ad organizzare il proprio tempo e liberarsi di tante cose inutili (chiacchiere, letture inutili, televisione, telefonate interminabili, curiosità, storie, stupidità, mondanità, ecc.). Tuttavia, un po' di tempo per la preghiera dobbiamo trovarlo, perché la preghiera interessa un aspetto della nostra realtà che in generale tendiamo a trascurare. Per crescere, le basta poco spazio, preferibilmente un po' di tempo riservato espressamente a questo scopo. Ma, soprattutto, ha bisogno della convinzione che il Dio che esiste e ci ama è interessato e coinvolto in tutti i dettagli e circostanze della nostra vita. Bongiorno Antongiacomo La redazione ringrazia tutti coloro che tramite offerta permettono la realizzazione di questo giornalino parrocchiale. . Il prossimo numero uscirà sabato 26 Novembre rmini.it www.teletpeuntuale, imparziale io L’informaz “La Spiga D’Oro” Pizzeria– Panineria di Francesco & Carmen Orari d’apertura dalle 08:00-alle 14:00 17:00-alle 22:00 Servizio a domicilio Tel. 091-8145358 Giovedì chiusi P.zza S. Antonio,19 Termini Imerese ne vera, di Sperandeo F.sco Tel. 0918114467 Cell.3807594769 www.easywebschool.net mail: [email protected] Assistenza tecnica Pc Realizzazione siti web Impianti video sorveglianza Via Isonzo,27 (Piazza Sant ’A ntonio) Termini Ime re se (alta ) Autolavaggio“CAR WASH” Via G. D’Annunzio (Dietro mercato ortofrutticolo .Bassa) P.zza La Masa, 5 (Termini Imerese Bassa) Cell. 3474867745 Smacchiatura Sellini/Lucidatura Auto/Grafitaggio Via Gargotta Salines (Termini Im. Alta) Tabaccheria Ricevitoria Via G. 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