PIAVE 1918
Edoardo Avellini
145° REGGIMENTO FANTERIA
BRIGATA CATANIA
a cura di:
Donato Bragatto
e
Enrico Trevisani
Centro di Documentazione Storica, Comune di Ferrara
Associazione di Ricerche Storiche “Pico Cavalieri”
IL DIARIO DI EDOARDO AVELLINI
Il Centro di Documentazione Storica e l’Associazione di Ricerche Storiche
“Pico Cavalieri” proseguono la loro sistematica opera di divulgazione
della memorialistica della Grande Guerra. Il diario di Edoardo Avellini,
protagonista di questa pubblicazione, rivela peculiarità che lo differenziano
dai precedenti, in quanto - per la prima volta - si tratta dello scritto di un
militare appartenente ad un territorio non ferrarese. L’interesse e l’attenzione
della ricerca verso la diaristica, tuttavia, non possono sempre limitarsi agli
stretti confini territoriali locali, soprattutto quando il lavoro d’indagine,
come nel presente caso, conduce al reperimento di un non comune contributo
focalizzante aspetti di guerra legati ai combattimenti sul Piave. Occorre,
in ogni caso, sottolineare che il “Ragazzo del ’99” Edoardo Avellini ebbe
comunque contatti, sia pure sporadici, con il ferrarese e il polesano.
Ritengo, infine, importante segnalare un ulteriore aspetto riferito in altra
parte dell’opuscolo: l’Associazione “Pico Cavalieri” ricorderà con uno
specifico intervento i dipendenti della Cassa di Risparmio di Ferrara caduti
per la Patria nelle due Guerre Mondiali i cui nomi sono incisi in una lapide
– ricordo presso la Sede Centrale del medesimo Istituto.
Gian Paolo Borghi
Centro di Documentazione Storica
Comune di Ferrara
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INTRODUZIONE SUL PERSONAGGIO
Diversi anni fa, ritenendo che la mia anziana
suocera, pur autosufficiente, era meglio non
vivesse più sola, la feci venire ad abitare con
la mia famiglia, ove visse circondata d’affetto
e morì alla bella età di 93 anni; disfacendo
la sua casa, trovai la cassetta militare di mio
suocero, che ebbi la sfortuna di non conoscere,
perché morì ancora giovane nel 1958. In detta
cassetta trovai il suo diario della Grande Guerra
(1917/1920), ed altro materiale militare suo e di
suo cugino Avellini Pietro, caporale esploratore
del battaglione Pieve di Teco – 2a compagnia
del primo reggimento Alpini, scalatore con gli
esploratori della 2a e 3a compagnia dell’Amba
Aradam il 15/2/1936, combattente dell’Amba
Alagi e morto a Passo Mecan per mitragliatrice abissina il 31/3/1936 all’età di
23 anni; egli venne decorato di Croce di Guerra al Valor Militare alla memoria.
Mio suocero Avellini era nato il 09/10/1899 a Rivarolo Ligure ed era stato
chiamato alle armi il 14/6/1917 quindi ancora diciassettenne combattendo sul
Piave. Aveva fatto appena la 5a elementare e subito era andato a lavorare in
un pastificio (vermicellaio), quindi il suo diario presenta qualche errore di
scrittura, soprattutto nella punteggiatura. Nel diario vi sono alcune lacune:
ha combattuto sul Piave, durante l’offensiva austro-ungarica del giugno 1918
nel 145° reggimento di fanteria della Brigata Catania come dalle mostrine e
dai documenti, ma dopo essere stato ricoverato in vari ospedali e ospedaletti
militari, avendo contratto la malaria primitiva terziaria, al suo ritorno al
fronte non spiega come si trovava nel 17° reggimento di fanteria della Brigata
Acqui, come dimostrasi dalle mostrine conservate, dal numero di reggimento
sul berretto e dalle foto. Infine, non racconta molto sulla sua promozione a
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caporale come da gradi conservati e dalle foto. Fu molto stimato ed amato dai
suoi commilitoni, con cui tenne tanta corrispondenza dopo la guerra. Episodio
curioso: durante il mio fidanzamento con mia moglie, nonostante essere
sconsigliato da mia suocera, si presentò a Genova un suo commilitone toscano
che volle conoscermi e, quasi mi minacciò di comportarmi bene, ritenendo
suo dovere fare le veci del padre morto. Nel 1941 ricevette la Croce al Merito
di guerra per un episodio che figura nel suo diario per resistenza fatta sul
Piave il 15/6/1918. Era iscritto e frequentava la Società Operaia Cattolica di
Rivarolo (GE) dal 1921 ed essendo inviso al partito allora imperante, con una
figlia poliomielitica di due anni (morirà a 18 anni) e mia moglie appena nata,
pur essendo l’unico sostegno della famiglia, a 41 anni fu richiamato alle armi
e mandato in Croazia col 306° battaglione territoriale mobile tra il 1940/42
a combattere la guerriglia partigiana titina, tra rastrellamenti, combattimenti
e imboscate ritornando fortunatamente a casa. Devo precisare che tutti i
richiamati anziani, simpatizzanti per il sopraccitato partito, furono inquadrati
nella Milizia Antiaerea nelle numerose postazioni sui monti intorno a Genova
ed erano sempre a casa. Concludendo, parlando con i suoi amici e famigliari,
mi sono fatto il quadro di un uomo generoso, ben visto da tutti e molto forte,
forse anche per la sua vita sfortunata, fatta di guerre e disgrazie famigliari.
Con matita e foglietti qualsiasi, scriveva i suoi ricordi che poi ricopiava in
bella sul diario. Date le circostanze ne smarrì diversi. Era amico di Damiano
Chiesa, martire trentino di Rovereto che abitava a Rivarolo vicino a lui.
Altre informazioni dell’ultimo momento: il padre di Avellini Edoardo,
Giuseppe, faceva il palombaro nel porto di Genova; con gli scafandri di allora,
era un mestiere pericoloso. Nel foglio matricolare rilasciato nel 1924, non
risulta la sua militanza nel 17° reggimento di fanteria della brigata Acqui (forse
sarà dovuto al caos creato dalla sua presunta diserzione dal 145° reggimento
di fanteria della brigata Catania), non risulta nemmeno sul foglio di congedo
illimitato rilasciato nel 1942, dove risulta la sua chiamata alle armi nell’ultima
guerra. Ultima cosa, con la mia lunga esperienza, penso che in Italia esistano
pochi diari di ragazzi del 1999, con la limitata istruzione di mio suocero.
Carlo Vassallo
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LA BATTAGLIA DEL SOLSTIZIO
Cenni generali
I PRELIMINARI DELLA BATTAGLIA
L’origine della battaglia si può ricondurre alla fase cruciale del conflitto europeo, con gli Imperi Centrali, in piena penuria di approvvigionamenti alimentari, alla ricerca di una vittoria decisiva prima dell’arrivo dei contingenti
americani in Europa. All’attacco tedesco in Francia corrisponde, dopo diversi
contatti (e qualche incomprensione) fra il generale Ludendorff ed il generale
von Arz, l’idea di un attacco austro-ungarico in Italia tale da consentire, in
caso di riuscita, l’invasione delle ricche pianure venete, o comunque di richiamare truppe alleate dalla Francia, facilitando l’avanzata germanica. L’imperatore Carlo approva, il 23 marzo 1918, un progetto del generale Conrad,
ricalcato sull’offensiva del 1916 e tendente a sfondare a ovest del Brenta e sul
massiccio del Grappa, per calare in piano a tergo dello schieramento italiano
sul Piave. Un’offensiva sussidiaria avrebbe dovuto svolgersi anche in Val Lagarina, verso Verona. Il 28 marzo, su proposta del generale Boroevic (scettico
sul progetto del collega-rivale) vengono coinvolte nell’attacco anche le armate
Cartina della linea difensiva italiana sul Piave (Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito).
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sul Piave. Infine, viene ideata un’azione di sorpresa sul Passo del Tonale, verso la Lombardia.
In sintesi, il piano d’attacco viene così a configurarsi:
1. Operazione Lawine: contro il Tonale;
2. Operazione Radetzky: sull’Altipiano dei Sette Comuni e sul massiccio del Grappa, con sbocco in pianura verso Padova;
3. Operazione Albrecht: dal Piave in direzione di Treviso.
Si tratta evidentemente di una scelta strategica fondata su compromessi: l’imperatore Carlo risulta incapace di propendere per le idee del generale Conrad o
per quelle del generale Boroevic; ne risulta un’offensiva che coinvolge praticamente l’intero arco del fronte, tale però da non consentire alle truppe imperiali
una reale superiorità d’uomini e mezzi in nessun settore, né per pervenire allo
sfondamento in forza né
per sfruttare i successi
tattici conseguiti.
L’11 aprile il generale
Conrad si trova a Baden (sede del Comando
Imperiale) e vede approvato l’intero proprio
disegno operativo. Il 23
aprile accade lo stesso
al progetto del generale
Boroevic. Giunge infine
Un passaggio sul Sile (Raccolta del Reparto Fotografico del la richiesta di azione da
Comando Supremo, in seguito R.R.F.C.S.).
parte della 6° Armata
del arciduca Giuseppe, intesa ad intervenire contro il Montello; il generale
Goiginger (XXIV Corpo d’Armata) segnala che un’azione in tale area consentirebbe un’avanzata più sicura ed efficace.
La battaglia viene decisa, ma appena due settimane prima il Comando Supremo non sapeva ancora bene come impostarla. Il generale von Arz decide infine
(o fu costretto a farlo) per una grande battaglia su un arco di 120 chilometri,
con azione a tenaglia da Asiago e dal basso Piave e attacco di raccordo sul
Montello: la data è fissata per il 15 giugno (il 13, due giorni prima, sarebbe
scattata l’operazione Lawine).
Le truppe coinvolte nell’offensiva sono le seguenti:
- 2 divisioni sul Tonale (25 battaglioni e 300 pezzi d’artiglieria);
- l’11a Armata (174 battaglioni, 28 mezzi reggimenti appiedati, 23 squadro-8-
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-
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ni a cavallo, 2.935 pezzi d’artiglieria), dall’Astico al Piave, con tre Corpi
d’Armata sull’Altopiano di Asiago e tre Corpi d’Armata contro il massiccio del Grappa;
la 6a Armata (42 battaglioni, 17 mezzi reggimenti appiedati, 5 squadroni a
cavallo, 768 pezzi d’artiglieria), da Fener a Susegana, con due Corpi d’Armata contro il Montello;
la 5a Armata, “Isonzo Armée” (166 battaglioni, 19 mezzi reggimenti appiedati, 14 squadroni a cavallo, 1.770 pezzi d’artiglieria), da Susegana a
Caorle, con quattro Corpi d’Armata contro il basso Piave.
Fra l’Astico e il mare l’Impero austro-ungarico schiera 3 Comandi d’Armata, 12 Corpi d’Armata con 24 divisioni sul fronte montano e 18 su quello del
Piave; a questi vanno aggiunte le 6 divisioni costituenti la riserva del Comando Supremo. Complessivamente 434 battaglioni, 72 mezzi reggimenti
appiedati, 47 squadroni a cavallo e 5.473 pezzi d’artiglieria.
Gli italiani, nello stesso settore del fronte, schierano:
la 6a Armata (129 battaglioni, 8 squadroni di cavalleria, 1.428 pezzi d’artiglieria) sull’Altipiano di Asiago;
la 4a Armata (120 battaglioni, 5 squadroni di cavalleria, 1.027 pezzi d’artiglieria) dal ciglio ovest del massiccio del Grappa fino a Pederobba sul
Piave;
Postazione di mitagliatrici sul basso Piave (R.R.F.C.S.).
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- l’8a Armata (66 battaglioni, 11 squadroni di cavalleria, 768 pezzi d’artiglieria) da Pederobba a Palazzon;
- la 3a Armata (130 battaglioni, 37 squadroni di cavalleria, 1.274 pezzi d’artiglieria) da Palazzon al mare Adriatico;
- la 9a Armata (138 battaglioni, 25 squadroni di cavalleria, 567 pezzi d’artiglieria) riserva del Comando Supremo nella pianura veneta.
L’Esercito Italiano può contare su 25 divisioni in linea e 19 in riserva generale. Complessivamente 457 battaglioni, 61 squadroni di cavalleria e 4.537
pezzi d’artiglieria di vario calibro.1
IL PROBLEMA DELLA SISTEMAZIONE DIFENSIVA ITALIANA
L’Italia, dopo lo choc di Caporetto, si trova a dover sostenere, pressoché da
sola (col limitato supporto di due piccoli Corpi d’Armata alleati, uno inglese
e uno francese), il peso dell’intero esercito imperiale.
La lezione dell’Ottobre 1917 aveva imposto al nuovo Comando Supremo (e in
particolare al generale Badoglio) di riconsiderare il proprio sistema difensivo,
onde evitare nuovi effetti sorpresa, ed infiltrazioni letali di truppe nemiche
in profondità. Alla tradizionale difesa rigida e frontale viene affiancata, con
differenze fra settore e settore in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del terreno, una difesa elastica, con schieramento in profondità e
Ricoveri nei fossi presso Losson (R.R.F.C.S.).
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Comando italiano nel basso Piave (R.R.F.C.S.).
riprese successive. La difesa doveva avere comunque caratteristiche attive,
cioè esercitata soprattutto per mezzo di contrattacchi.
Se in montagna la scelta è necessariamente vincolata alla struttura del terreno, sul Piave viene adottato, specialmente dalla 3a Armata, un tipo di difesa
misto: non si volle abbandonare il trinceramento frontale perché la linea del
Piave aveva tanta importanza da meritare una difesa ad oltranza; il metodo
elastico aveva però il pregio di consentire di arginare le eventuali infiltrazioni
nemiche.
“Il grosso delle truppe venne scaglionato in profondità, con criteri speciali,
suggeriti dalla natura del suolo e della vegetazione, e dalla presenza delle
opere fortificatorie costituenti il campo trincerato di Treviso alle spalle della
linea difensiva fluviale. Si avevano in sostanza due grandi sistemi di fortificazione: uno con carattere esclusivamente campale, ma complesso, più verso
il Piave; ed uno più semplice, con carattere semipermanente, integrato da
poche opere campali elementari, intorno a Treviso, disposto lungo le linee dei
torrenti Meolo, Vallio e Sile. Il primo sistema comprendeva anzi tutto una fascia d’attrito che andava dal corso del fiume alla linea dei capisaldi. La fascia
d’attrito, larga da uno a due chilometri era composta da reticolati e trincee,
preceduti verso il nemico da posti di vigilanza e dovunque sostenuti da nidi
di mitragliatrici. La linea dei capisaldi si componeva di opere di sterro e di
rafforzamenti diversi adatti a proteggere i principali nodi stradali, gli abitati o
rovine di abitati organizzati a difesa, con presidii relativamente forti (un battaglione o più) batterie di mitragliatrici, bombarde e tubi di lancio (stokes)”.2
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Per stroncare infiltrazioni nemiche
in profondità, con caduta a catena
delle linee difensive, vengono organizzate delle linee trincerate perpendicolari a quelle principali, in modo
da formare “compartimenti stagni”
idonei ad arginare i nemici avanzanti, a colpirli di fianco e a favorire il
contrattacco.
A tergo viene collocata la linea delle riserve, col compito di immediata
reazione contro le truppe assalitrici
che avessero potuto superare le zone
d’attrito e dei capisaldi.
Infine troviamo un secondo sistema
difensivo, in abbozzo, ma pronto ad
essere assettato in “dannata ipotesi”.
Le batterie d’artiglieria vengono poRincalzi nel basso Piave (R.R.F.C.S.).
ste dietro le due fasce d’attrito e di
contrattacco, incaricate di stroncare sul nascere l’attacco mediante un forte
“tiro di contropreparazione” sin dall’inizio del bombardamento nemico.
RIASSUNTO DELLO SVOLGIMENTO DELLA BATTAGLIA
13-14 GIUGNO
Abortisce sul nascere l’operazione Lawine contro le linee italiane sul Tonale.
15 GIUGNO
Scatta la grande offensiva austro-ungarica.
Fronte degli Altipiani: iniziali infiltrazioni austro-ungariche nel settore Cesuna - Kaberlaba - Zovetto sono immediatamente arrestate e rigettate. Più a est
l’attacco imperiale ottiene importanti successi nella zona Valbella - Col del
Rosso - Col d’Echele, senza riuscire però a sfondare ulteriormente. Il piano di
Conrad sfuma in poche ore.
Fronte del Grappa: gli austro-ungarici si lanciano contro Col del Miglio, monte Pertica, monte Solarolo, Col Fenilon, Col Fagheron, Col Moschin e Porte
di Salton. L’attacco viene qui arginato, consentendo ai contrattacchi italiani la
riconquista di Col Fenilon e Col Fagheron.
Fronte del Montello: il XXIV Corpo d’Armata della 6a Armata imperiale forza
il Piave nella notte e sfonda le posizioni italiane della 58° divisione a Nervesa.
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Rincalzi italiani presso il Piave vecchio (R.R.F.C.S.).
A stento viene contenuto sulla linea “di chiusura”.
Fronte del Piave: le truppe della 5a Armata (“Isonzo Armée”) superano in
diversi punti il Piave e formano due teste di ponte a Fagaré (strada Ponte di
Piave - Treviso) e a Musile (ferrovia San Donà – Mestre); viene fermato l’attacco fra Salettuol e Candelù e le infiltrazioni fra Zenson e Noventa di Piave.
Il sistema difensivo elastico consente agli italiani di contenere le puntate offensive austro-ungariche.
16 GIUGNO
Fronte degli Altipiani: gli imperiali rinunciano quasi completamente a nuovi
attacchi, limitandosi a difendere le posizioni raggiunte.
Fronte del Grappa: le truppe italiane riconquistano gradualmente tutte le posizioni perdute.
Fronte del Montello: qui la situazione resta incerta, con contrattacchi italiani
e nuove leggere avanzate austro-ungariche. Le truppe imperiali conquistano il
caposaldo di C. Serena.
Fronte del Piave: gli austro-ungarici fanno arrivare durante la notte nuove
forze sulla destra del basso Piave, per riuscire ad unire le due teste di ponte
e ad ampliarle in profondità. Ma reparti del XXIII Corpo d’Armata italiano,
nell’ansa di Lampol, riescono a resistere.
17 GIUGNO
Fronte degli Altipiani: le truppe italiane riconquistano il Pizzo Razea, ed alcu- 13 -
ni elementi del ridotto di Costalunga.
Fronte del Grappa: situazione stazionaria.
Fronte del Montello: le truppe imperiali attaccano verso sud e verso est, tendendo ai ponti della Priula, occupando la zona fra S. Andrea e S. Mauro. Proseguono i contrattacchi italiani.
Fronte del Piave: gli austro-ungarici riescono ad unire le due teste di ponte
presso Meolo. Gli italiani arretrano sulla linea Fossalta - San Donà - Capo
Sile.
18 GIUGNO
Fronte degli Altipiani: contrattacchi italiani in atto, soprattutto in zona Costalunga.
Fronte del Grappa: situazione stazionaria.
Fronte del Montello: ulteriori attacchi imperiali verso i ponti della Priula.
Fronte del Piave: bloccati gli attacchi imperiali, le truppe della
3° Armata riprendono Fossalta,
Osteria e Capo d’Argine. Il Piave
in piena rende difficili i collegamenti logistici austro-ungarici.
19 GIUGNO
Fronte degli Altipiani: contrattacchi italiani e francesi, che
riconquistano integralmente il
ridotto di Costalunga e la zona
Barconi austriaci affondati (R.R.F.C.S.).
Bertigo - Pennar.
Fronte del Grappa: gli austro-ungarici attaccano il monte Casonet, ma sono
fermati dal violento fuoco dell’artiglieria italiana.
Fronte del Montello: l’8a Armata contrattacca e riconquista Nervesa.
Fronte del Piave: leggera avanzata imperiale fra Fagarè e Campolongo, (strada
Ponte di Piave - Treviso); più a sud falliscono i tentativi di conquistare l’ansa
di Lampol.
20 GIUGNO
Fronte degli Altipiani: situazione stazionaria.
Fronte del Grappa: situazione stazionaria.
Fronte del Montello: ulteriore attacco imperiale e riconquista di Nervesa.
Le truppe della 48° divisione italiana a ripiegano sulla linea C. Pastrolin - C.
Breda - Rotonda Bidasio.
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Fronte del Piave: susseguirsi di attacchi e contrattacchi in zone Losson, Candelù e Capo d’Argine. La 4a divisione italiana attacca Cavazuccherina e Cortellazzo.
In serata l’imperatore
Carlo su consiglio del
maresciallo Boroevic
decide la ritirata sulla
sinistra Piave.
21-22 GIUGNO
Mentre continuano
gli scontri nella zona
Molino Nuovo - C.
Martini - Losson, comincia il ritiro delle
truppe austro-ungariche.
Estreme posizioni italiane sul Piave (R.R.F.C.S.).
23 GIUGNO
L’8a Armata italiana riconquista il Montello. La 3a Armata nel pomeriggio
raggiunge il Piave a Candelù e a Zenson, mentre le truppe imperiali riescono a
mantenere la zona di Croce - C. Montagner - Capo Sile - Piave Vecchio.
24 GIUGNO
Dopo accaniti scontri nell’area di Musile, a sera la 3a Armata italiana rioccupa
l’intera linea del Piave. La battaglia è finita.
Si conclude così lo scontro più tragico mai avvenuto fra gli eserciti italiano e
austro-ungarico con cui praticamente si sono decise le sorti del conflitto. Scrive la Relazione Ufficiale austriaca:
“la grande battaglia nel Veneto iniziata dall’esercito austro-ungarico con le
sue ultime forze, ma anche con la ferma volontà di vittoria, si era conclusa
con un insuccesso molto simile ad una vera e propria sconfitta”.3
Perdite umane complessive:
italiani e alleati franco-inglesi: morti 6.111, feriti 27.653, dispersi 51.856 totale di 85.620 uomini. Austro-ungarici: morti 11.643, feriti 11.643, dispersi
80.852 totale 118.042 uomini. Con l’aggiunta di 24.058 ammalati, si raggiunge la spaventosa cifra di 142.550 uomini.4
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LA BATTAGLIA NEL SETTORE DEL BASSO PIAVE
IL TERRITORIO
Così viene descritto da Baj Macario:
“Il fiume sorge dalle balze del Monte Peralba, solca il Cadore, sbocca nel
piano a Pederobba lo attraversa e sfocia in mare; il tratto da Pederobba all’Adriatico interessa la battaglia. Da Pederobba fino a Nervesa l’alveolo per
circa 23 chilometri si allarga, in alcuni tratti fino a 2500 metri alle Grave di
Ciano, e non si restringe mai sotto i 400. E’ costituito da un greto ricoperto
di sterpi, tra rive alte una decina di metri, erte, franose. Il fiume scorre in
diversi filoni poco profondi – meno di un metro – e in qualche punto può essere guadato dall’artiglieria. Da Nervesa a Ponte di Piave per circa altri 23
chilometri l’alveolo si dilata, le acque fluiscono pigre dividendosi in più rami,
disperdendosi pei greti ghiaiosi, le Grave di Papadopoli, vasti isolotti ammantati da boscaglie. Le sponde del fiume, alte 2-3 metri sono poco marcate e in
qualche punto sulla destra come a Spresiano rassodate da scarpate di pietra
e in diversi tratti orlate da boschine e salici. La velocità media delle acque è
di 3 metri al secondo. In periodo di magra il fiume si guada fino a Saletto; a
valle rari e difficili sono i guadi; mutevole è la guadabilità del fiume e nel ’18
era possibile il guado solo alle Grave di Ciano. Da Ponte di Piave a San Donà
per un tratto di 13 chilometri il fiume scorre con capricciosi serpeggiamenti:
l’alveo si restringe a 100-300 metri il fondo diventa sodo, le sponde sono alte
e bordate da modesti argini di protezione della fascia di golene, coltivate fino
ai piedi degli argini maestri, larghi 6-8 metri ed alti altrettanto, robusti spalti
per la difesa. Infine da San Donà al mare le acque, chiuse in un profondo
canale largo un centinaio di metri, scorrono tra argini e paludi. Il terreno a
cavaliere del fiume, salvo nel corso inferiore, è fittamente coperto ed ammantato da una vegetazione rigogliosa. Il piano è tutto rigato da filari di alberi,
di vigne, di gelsi, tagliato da canali di irrigazione e di bonifica e da fossati,
intersecato da siepi e muretti, costellato di villaggi e casolari rustici che, trasformati in capisaldi, divennero preziosi appoggi per la difesa e dall’ignoto
balzarono ai fasti della storia. Nel giugno le messi erano alte e foltissime le
fronde. L’orientamento è difficile e più arduo per gli austro-ungheresi il cui
occhio, in generale, era assuefatto a paesaggi diversi; terreno insidioso e coperto dove l’azione dell’artiglieria perde efficacia …Vita dura nella laguna:
ci si muove a stento lungo gli argini, nelle trincee sgorga copiosa l’acqua, si
sguazza nella mota, la brezza marina mitiga le morbose esalazioni delle paludi. Quando piove tutto il terreno è una poltiglia viscida di fango: moscerini e
zanzare a dovizia e l’ossessionante gracchiare delle rane”.5
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LO SCHIERAMENTO ITALIANO
Il corso del basso Piave, su una fronte di circa 70 chilometri, da Palazzon
al mare, viene affidato alla 3a Armata (S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia,
Duca d’Aosta), costituita da:
XI Corpo d’Armata, da Palazzon a Salgareda – 31a divisione (brigate Veneto e
Caserta) e 45° divisione (brigate Sesia e Cosenza);
XXVIII Corpo d’Armata, da Salgareda a Gradenigo – 25a divisione (brigate
Ferrara e Avellino);
XXIII Corpo d’Armata, da Gradenigo al mare – 61a divisione (brigate Catania
e Arezzo) e 4a divisione (brigate Torino e III brigata Bersaglieri).
In riserva: la 23a divisione (nel campo trincerato di Treviso), alcuni gruppi di
bersaglieri ciclisti, di bombardieri, di cavalleria, territoriali e reparti d’assalto,
un reggimento di marina.
Lo schieramento d’artiglieria, alla vigilia
della battaglia, viene
potenziato da altre
303 batterie, fra le
quali 42 della Marina
e 35 di bombarde, raggiungendo una densità
media di 4,3 batterie
per chilometro.6
Mitragliatrice sul Piave riconquistato (R.R.F.C.S.).
Le cinque divisioni
(130 battaglioni) sono scaglionate in profondità, in modo da avere presso il
fiume solo un terzo delle proprie forze.
“Le linee sono continue e ciascuna Divisione si scagliona in profondità, su più
linee successive tenendo sulla prima, in generale, quattro battaglioni. Negli
intervalli fra le linee sono collocati ben dissimulati nidi di mitragliatrici con
azione di fiancheggiamento. Frequenti capisaldi collegati a scacchiera saldano i diversi sistemi difensivi e formano una rete a compartimenti stagni”.7
Il sistema difensivo del basso Piave è costituito su quattro ordini:
1. sul fiume, in tre linee profonde uno o due chilometri;
2. la linea San Biagio di Callalta – Meolo e di Lancenigo – torrente Vallio,
fino al Sile e Cavazuccherina (zone inondate), distante 5 – 7 chilometri
dal fiume;
3. lungo il Sile, da Treviso (campo trincerato su tre linee) alle Porte Grandi;
4. lungo il torrente Zero, appena abbozzata.
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LE OPERAZIONI NEL SETTORE DEL XXIII CORPO D’ARMATA
Il XXIII Corpo d’Armata italiano, comandato dal generale Pettiti di Roreto, schiera
la 61a divisione formata dalle brigate Catania (145° e 146° reggimento di fanteria) ed
Arezzo (225° e 226° reggimento di fanteria) fra l’ansa di C. Gradenigo e C. del Negro a sud – est di Capo Sile; la 4a divisione
composta dalla brigata Torino (81° e 82°
reggimento di fanteria) e dalla III brigata
bersaglieri (17° e 18° reggimento) fino al
mare. La riserva è costituita dal 4° gruppo
bersaglieri ciclisti, dal 2° reggimento bombardieri, dal XXIII reparto d’assalto, da
una squadra di autoblindo. Completano lo
schieramento italiano, reparti della Guardia
di Finanza e della Marina8. In corrispondenza del settore tenuto dal XXIII Corpo
Ufficiali in trincea (R.R.F.C.S.).
d’Armata italiano è schierato il XXIII Corpo d’Armata austro-ungarico comandato dal generale von Csicserics, costituito da tre divisioni: la 12° divisione posizionata da Noventa a San Donà
esclusa, la 10° divisione da San Donà alla diramazione delle due Piavi e la 1°
divisione di cavalleria appiedata sul corso della Piave vecchia. Secondo i dati
del Baj Macario:
“L’intero Corpo d’Armata conta 29.600 fucili e 426 mitragliatrici, allinea
255 pezzi ed è appoggiato dal fuoco di altri 23 pezzi del settore Trieste; 210
pezzi battono la zona d’urto. Munizionamento copioso: 4.000 colpi per ogni
cannone da campagna, 3.000 per obice da campagna, 1.000 per obice pesante, 500 pei cannoni da 150 e pei pezzi da montagna. Sono pronte 27.571
granate a gas”.9
Alle ore 3.00 del 15 giugno inizia, violentissimo, il tiro di preparazione dell’artiglieria austro-ungarica che si sviluppa sull’intero fronte della 3a Armata
con ampio utilizzo di proiettili a gas lacrimogeni nelle operazioni di controbatteria e di proiettili fumogeni sulla prima linea. A tal proposito scrive Luigi
Gasparotto nel suo diario:
“Il nemico sviluppò una nebbia così fitta di gas lacrimogeni che giungeva a
tre chilometri dal Piave. Era tanto densa, che la vedetta di una postazione
di mitragliatrici sul ciglio del fiume toccava con la mano l’acqua ma non la
vedeva”.10
- 18 -
Alle ore 3.30 il Comando d’Armata ordina l’inizio del tiro di contropreparazione, stabilendo che le unità di riserva vengano schierate sul secondo sistema
difensivo (Meolo-Vallio). Alle ore 9.00, i posti avanzati comunicano ai comandi la presenza di reparti austro-ungarici sulla destra del Piave, di particolare consistenza nella zona di Fagarè e di Musile. Il Valori afferma che:
“Gli effetti della violenta azione nemica furono, da principio impressionanti.
I piccoli presidii dei nostri reparti di vigilanza, situati o negli isolotti o nella trincea più avanzata, a distanza spesso notevole dalla linea di resistenza,
furono dal nemico avvicinati durante il fuoco di preparazione, e sopraffatti
all’arma bianca; le principali vie d’irruzione avversaria divennero così i nostri stessi camminamenti, sicché le prime fasce di reticolati poterono essere
facilmente superate”.11
15 GIUGNO
Verso le ore 5.00 del mattino gli austro-ungarici intensificano il fuoco delle
loro artiglierie, particolarmente sulle linee arretrate e nelle anse, mentre le fanterie procedendo a piccoli
gruppi su sentieri e stradine poco frequentate, per
sfuggire al fuoco d’interdizione, si ammassano dietro
gli argini del Piave. L’offensiva investe soprattutto
le truppe della 61a divisione, ed in modo particolare
la brigata Catania che ha
il 145° reggimento di fanteria schierato dal vecchio
Tiro a Segno di San Donà Trincea nel basso Piave (R.R.F.C.S.).
al caposaldo di C. Gradenigo, ed il 146° reggimento di fanteria alla destra di
San Donà sino all’ansa di Paludello. Alle ore 8.20 reparti della 10a divisione
austro-ungarica, protetti da una fitta cortina di fumo, superano il Piave fra le
Porte del Taglio e Paludello e piegano la difesa del II/146° (brigata Catania);
avanzando oltre i capisaldi di Croce a nord e di Cento sul Fosso Mille Pertiche. L’azione è così descritta dal Baj Macario:
“Il nemico traghetta il Piave con perdite insignificanti. Irrompe dapprima
verso Paludello, al centro della sinuosa fronte della nostra 61a Divisione; scavalca la prima linea, prende alle spalle il 146° fanteria della brigata Catania
che, inebetito dai gas, stordito dal bombardamento, sgominato dalla violenza
- 19 -
e dalla rapidità dell’assalto viene catturato in gran parte. Altri nuclei sboccano da San Donà e scivolano fra la vegetazione rigogliosa, sotto i filari degli
alberi, lungo gli argini dei canali. La sinistra della divisione (brigata Catania) è disfatta, l’artiglieria minacciata, il Comando della Divisione costretto
a ripiegare”.12
Il comandante della 61a divisione (generale Marchetti) invia immediatamente
le proprie riserve ad arginare il nemico: il I/145° fanteria va a occupare la linea
del Fosso Gorgazzo, mentre il II/145° riceve la consegna di contrattaccare lungo la ferrovia di S. Donà e verso Intestadura. Al contrattacco, diretto dal generale Martinengo (comandante della brigata Catania), dovranno concorrere
anche il XXIII reparto d’assalto, ed il 4° gruppo bersaglieri ciclisti. Alla brigata Arezzo resta il compito di tenere saldamente la linea fra il Fosso Gorgazzo
e Paludello-Cento. Ma la forte e continua spinta nemica, congiuntamente alla
carenza di collegamenti fra la linea e i comandi, determina l’impossibilità di
effettuare il suddetto contrattacco. L’avanzata austro-ungarica, anzi, continua
fino al Fosso Gorgazzo, obbligando la brigata Catania a ripiegare, determinando la cattura di alcuni pezzi d’artiglieria, intorno a C. Sperandio. Alle ore
12.00 gli austro-ungarici sono sulla linea Fosso Gorgazzo - C. Montagner - C.
Gradenigo - C. Franceschini - Le Cascinelle - C. di Rosa - C. Alfier - C. SicherPiave Vecchia, e minacciano la testa di ponte di Capo Sile. Il Comando della
3a Armata, allarmato, decide di inviare di rinforzo al XXIII Corpo d’Armata
alcune unità del XXV Corpo d’Armata (fra cui la brigata Sassari), il 3° gruppo
bersaglieri ciclisti e unità d’artiglieria. Il generale Petitti di Roreto ordina nuovamente alla 61° divisione di contrattaccare il nemico sul fianco, mantenendo
la testa di ponte di Capo Sile. La brigata Catania, ed il XXIII reparto d’assalto,
premuti dal nemico, si concentrano dietro il Canale Fossetta.
“Sugli argini, anche il comando del 145°, col colonnello Bianchi, col medico
e col cappellano Fontanarosa, dovette fare le fucilate. Stabilite le difese sulla
Fossetta, la prima batteria del 37° reggimento da campagna, piazzò i cannoni
sulla stessa linea della fanteria… Qui, fanti, artiglieri, fiamme rosse dell’Allegretti e bombardieri del De Perfetto, si batterono a bombe a mano, con gli
austriaci sull’altro margine della Fossetta”.13
Le truppe austro-ungariche riescono ad incunearsi tra il Fosso Gorgazzo ed
il Canale Fossetta determinando un ulteriore arretramento verso la linea C.
Malimpiero - C. Bellesine, già presidiata da truppe dell’81° reggimento di
fanteria (brigata Torino) e dal 2° reggimento Bombardieri. A questo punto
il Comando italiano prende la decisione di rinunciare momentaneamente ai
contrattacchi e ordina alle proprie unità il ripiegamento sulla linea del Meolo,
ritenuta maggiormente difendibile. Verso le ore 21.00 gli imperiali prendono
- 20 -
anche Capo Sile, costringendo il 225° reggimento di fanteria della brigata
Arezzo a ripiegare su Mezzo Taglio e mirano a troncare il fondamentale collegamento in linea fra la 61a divisione e la destra del XXVIII Corpo d’Armata,
nel tratto Capo d’Argine - Croce.
Alle ore 24.00 le truppe austro-ungariche nel settore della 61° divisione, hanno raggiunto la linea che, lasciando alle truppe italiane il caposaldo di Capo
d’Argine, taglia la ferrovia Mestre - S.Donà per proseguire lungo il canale
Fossetta fino a C. Malipiero, e quindi, procedendo da nord a sud, verso C. Bellesine (sul Gorgazzo) - Fossa (sul Mille Pertiche) fino a Mezzo Taglio.14
16 GIUGNO
Il generale Petitti di Roreto, preoccupato anche da attacchi austro-ungarici
nella più occidentale area di San Donà, invia alcuni reparti a fronteggiare la
minaccia e dirama
l’ordine di contrattacco mirante alla
riconquista della
linea del Piave.
L’azione, prevista
per le ore 4.30, è
affidata al generale
Sanna, comandante
della 33a divisione,
alla guida della brigata Sassari, del III
gruppo bersaglieri
ciclisti, del 2° reg- Trincee sconvolte nel basso Piave (R.R.F.C.S.).
gimento bersaglieri e del 14° reggimento d’artiglieria da campagna. Prendono
parte all’azione anche il XXIII reparto d’assalto, ed il III battaglione bersaglieri ciclisti. L’esito è inizialmente favorevole alle truppe italiane, che riconquistano il caposaldo di Croce e alle ore 12.00 pervengono al caposaldo di C.
Gradenigo e all’argine del Piave in zona Gonfo. Ma verso le ore 14.00 la brigata Sassari viene risospinta verso Losson e il Canale Fossetta; cadono anche
le posizioni di Capo d’Argine, determinando la perdita del collegamento con
la 25a divisione (XXVIII Corpo d’Armata) e, a destra, con il 145° della Catania che, invece, sta resistendo sulle posizioni di C. Malipiero - Fosso Mille
Pertiche. Si accendono:
“Furibonde lotte intorno ai villaggi e ai casolari, perduti e riconquistati una,
due, tre volte in un’alternativa piena di ansie, infiltrazioni nelle linee, sor- 21 -
prese di fuoco ed agguati fra le messi, lungo gli argini, sotto i filari dei gelsi
e di olmi sotto le pergole…La linea di fuoco, ch’è tutto un serpeggiamento,
ondeggia senza posa: è quasi impossibile conoscerne la precisa ubicazione in
un dato momento: sarebbe più appropriato dire area di combattimento”.15
Al termine della giornata le truppe della 33a divisione sono attestate sulla linea Losson – Meolo, mentre i fanti della brigata Sassari sono schierati sulla
linea del Vallio. Il generale Petitti di Roreto ordina il ripiegamento della 61a
divisione sulla linea del Meolo, con il sostegno della brigata Bisagno. Inoltre
viene destinata al XXIII Corpo d’Armata la divisione d’assalto comandata
dal generale Ottavio Zoppi. La 5a Armata austro-ungarica, prosegue gli assalti
sulla destra Piave per conquistarsi lo spazio indispensabile per combattere.
Tuttavia, non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati (allineamento Montebelluna - Treviso - Mestre) e deve lottare con il Piave alle spalle, schiacciata
in una ristretta fascia di terreno.
Conclude il Baj Macario:
“…gli austro-ungarici, dopo aver forzato il fiume ed intaccato con relativa
facilità la linea marginale, si trovano impigliati in un labirinto di difese, smarriti nella vegetazione foltissima che chiude l’orizzonte a cento e talvolta venti
metri di distanza, incappano nei reticolati, cadono sotto le raffiche di mitragliatrici invisibili che si svelano da tutte le parti. La caratteristica della lotta
è lo sminuzzarsi in mille episodi, lotta lunga, dura, estenuante… Battaglia di
fanti più che di artiglieria anche perché spesso nel terreno molle le granate si
conficcano senza esplodere”.16
17 GIUGNO
Nel primo pomeriggio gli imperiali attaccano nuovamente le posizioni di Losson e di C. Bellesine, ma senza conseguire risultati significativi. Alle ore 18.00
gli italiani contrattaccano con la divisione d’assalto, partendo dalla linea Lampol – Ronche – Scolo Palombo – Losson e operando in direzione sud-est; la
brigata Bergamo partecipa all’azione agendo verso Musile, per ricollegarsi all’ala destra del XXVIII Corpo d’Armata. L’avanzata italiana si scontra con un
poderoso attacco della 57a divisione austro-ungarica verso Monastier. Dopo
dura lotta sono conquistati i capisaldi di Fossalta, Croce e Capo d’Argine, poi
abbandonato. A sud la brigata Bisagno avanza oltre la linea C. Malimpiero C. Bellesine - Fosso Mille Pertiche. Quei momenti vengono così descritti dal
poeta siciliano Ignazio Buttitta:
“Il giorno 17 ci fu il grande scontro…in fondo alla strada si sentiva il crepitare delle mitraglie e non sapevamo più da che parte stesse il nemico. Qualcuno
urlava degli ordini e ci parve di capire che dovevamo ripiegare…Sparammo
- 22 -
all’impazzata fin quasi ad esaurire le scorte di munizioni che stavano nella trincea. I nostri mitraglieri facevano miracoli con le loro Fiat raffreddate
ad acqua, che ogni tanto si inceppavano per l’eccessivo riscaldamento della
canna. Li ricacciammo, e - a darci man forte - arrivarono gli arditi che caricarono la valanga nemica all’arma bianca compiendo un massacro…Fu una
giornata tremenda…Io - ragazzo del ’99 - coi piedi affondati nel fango della
trincea, pregavo ed imprecavo insieme, senza avere coscienza di quello che mi
stava attorno”.17
Alla sera la linea del
XXIII Corpo d’Armata è la seguente:
Scolo Palombo (33a
divisione); Meolo Taglio del Sile (61a
divisione); Taglio
del Sile - mare (4a
divisione).
Nel settore centrale
della 3a Armata italiana intanto gli austro-ungarici sono
Posizioni avanzate italiane (R.R.F.C.S.).
riusciti ad unire le
due teste di ponte, conquistando gli abitati di Saletto e Candelù. La forte pressione esercitata dalle truppe austro-ungariche costringe i fanti italiani ad arretrare nella regione Fossalta - San Donà - Capo Sile.
“L’Isonzo Armee ha fuso le due teste di ponte ma il suo dilagare è stato arginato… il consumo di proiettili in queste tre giornate è stato favoloso: il
VII corpo d’armata austro-ungherese ha scagliato in un solo giorno 1.200
tonnellate di proiettili”.18
18 GIUGNO
Alle ore 4.15 gli austro-ungarici riprendono l’offensiva nella zona del Sile
(Agenzia Zuliani) e contro la linea C. Malipiero - C. Bellesine, ma senza
conseguire risultati strategici, fermati dalla accanita resistenza italiana e dall’intervento dell’artiglieria. Il 15° reggimento di fanteria della 10a divisione
imperiale riesce a raggiungere il torrente Meolo a sud della linea ferroviaria
presso C. Ancilotto. I soldati galiziani sono avanzati di due chilometri realizzando la massima penetrazione austro-ungarica nel corso della battaglia,
ma contrattaccati dalle truppe della 33a divisione e dai reparti d’assalto sono
- 23 -
costretti a ripiegare sul Canale Fossetta. Intanto, la piena del Piave determina
la distruzione delle passerelle gettate a nord di Ponte di Piave sino a Zenson.
Rimangono ancora transitabili solo i passaggi di S. Donà. Riferisce la Relazione Ufficiale austriaca:
“Verso sera la piena distrusse anche il ponte del XXIII corpo d’armata nei
pressi di S. Donà e cinque dei sette ponti che erano stati costruiti nel settore
della 1a divisione di cavalleria oltre il corso artificiale del Piave. Il nemico
aveva trovato nella furia degli elementi un potente alleato… Al termine del
quarto giorno della battaglia, nonostante tutti i sacrifici compiuti nel corso
di numerosi combattimenti, il XXIII corpo d’armata si trovava ancora a 2-3
chilometri dagli obiettivi intermedi assegnati. Senza tempestivi e consistenti
rinforzi non era più possibile attendersi un grande successo, anche perché
la spinta offensiva delle truppe, logorate nel fisico e nel morale, si era ormai
notevolmente ridotta”.19
Alle ore 24.00 la linea della 3a Armata corre lungo la sponda destra del Piave
sino a quota 24; da qui raggiunge Candelù, tocca Sette Casoni, taglia la rotabile Ponte di Piave - Treviso, segue il Fiume Spinosola e, con un saliente verso
est, raggiunge Fossalta proseguendo fino a Capo d’Argine e Losson. Giunge
infine a Meolo e prosegue su C. Malipiero e C. Bellesine, verso la palude del
Sile e il mare20. La situazione della 3a Armata è comunque in netta ripresa e i
collegamenti fra i reparti, nell’area Fossalta - Osteria - Capo d’Argine, sono
riannodati stabilmente.
19 GIUGNO
Alle ore 4.30 la brigata Bisagno, appoggiata da due battaglioni del 4° gruppo
bersaglieri ciclisti, da un battaglione cecoslovacco, dalla 5a squadriglia autoblindo e dal 226° reggimento di fanteria (brigata Arezzo), procedendo su
due colonne dalla linea C. Malipiero - C. Bellesine, in direzione nord - est,
superando la tenace resistenza avversaria alle ore 7.00 raggiunge la linea C.
Gradenigo - Le Cascinelle - Cà di Rosa. Nel pomeriggio nuclei di marinai,
fanti e militari della Guardia di Finanza avanzano fino a toccare Capo Sile
catturando numerosi prigionieri.
“Su tutta la fronte del Piave, dal Montello al mare, la pressione delle nostre
fanterie continuava serrata, decisa, irresistibile; un formidabile fuoco d’artiglieria l’accompagnava flagellando le truppe nemiche, sfasciando di continuo
alle spalle, con l’instancabile cooperazione degli aviatori, ponti e passerelle”.21
20 GIUGNO
Gli austro-ungarici intensificano gli sforzi nella zona di Capo d’Argine, di
- 24 -
Losson e della stazione di Fossalta. La brigata Sassari ed il IX battaglione
bersaglieri ciclisti con un energico contrattacco ristabiliscono la situazione.
La lotta assume caratteri particolarmente violenti intorno al caposaldo di Losson, dove due reggimenti austriaci (15° e 32° Schutzen) si scontrano con gli
arditi della Sassari, sostenuti dal IX battaglione bersaglieri ciclisti, da gruppi di bombardieri e dal II/209° (brigata Bisagno). Intanto il generale Marchetti, comandante della 61a
divisione, decide di ritirare
i resti ormai stremati da sei
giorni di continui combattimenti, della brigata Catania
dal campo di battaglia. In
serata i fanti della brigata
Torino attaccano le truppe
imperiali sul Sile, mentre il
17° bersaglieri conquista la
trincea di Bova Cittadina,
partendo dalla testa di ponte
di Cavazuccherina. Il battaCadaveri austriaci nell’acqua presso Musile (R.R.F.C.S.).
glione di marina Grado, dalla testa di ponte di Cortellazzo, si impadronisce della prima e della seconda
linea difensiva austro-ungarica raggiungendo le posizioni di C. Azzaretti – C.
Cornoldi - C. Veronesi - C. Allegri. Intorno alle ore 19.00 giunge da Spilimbergo l’ordine imperiale di ritirata sulla sinistra Piave. Secondo il piano elaborato dal Comando della 5a Armata, i primi a ripassare il fiume dovevano essere
le batterie ed i carreggi, nella notte del 22 giugno; seguiti poi dalle truppe del
IV Corpo d’Armata e successivamente da quelle del VII e del XXIII Corpo
d’Armata entro la notte del 24 giugno. A seguito di questa decisione scrive il
Baj Macario:
“Il dramma è all’ultimo atto. Gli austro-ungheresi hanno attraversato tutte le
peripezie: oltre il turbine di fuoco dalla terra e dal cielo e i nostri insistenti
contrattacchi, hanno conosciuto il tormento della fame e della sete, le ansie
della piena del fiume alle spalle. Le acque dei canali e le acque del Piave
che convogliavano e dove si disfacevano i cadaveri, erano inquinate, terrose,
giallastre e non si poteva berla senza rischio. Più volte i reparti addossati al
fiume… impossibilitati a sgombrare i feriti e i malati, li avevano riparati nei
crateri delle esplosioni; più volte altri proiettili italiani avevano dilaniato e
straziato feriti e febbricitanti in quegli improvvisati giacigli. In alterna vicenda la piova e il dardeggiare del sole affrettavano la decomposizione dei
cadaveri; il lezzo dei morti ammorbava l’aria e provocava un senso di atroce
nausea. Si davano casi di pazzia. Le tende, le case, le baracche, i cascinali,
- 25 -
i nostri ricoveri erano stati minuziosamente frugati nelle affannosa ricerca
di viveri, frutta acerbe, erbaggi, pannocchie di granoturco erano serviti per
alleviare la fame. Sei giorni di lotta hanno divorato uomini e materiali, sei
giorni di continua tremenda tensione hanno esaurito le fibre più resistenti. Lo
sfinimento degli uomini denutriti è giunto al limite estremo. Gli austro-ungheresi, inchiodati, si trincerano sulla linea raggiunta ma appena compiuto uno
scavo di mezzo metro la piova riempie d’acqua le trincee. Solo il profondo
senso di dovere sorregge ancora questi uomini, demoralizzati, stanchissimi,
bagnati fradici, che guazzano nella mota fino al ginocchio. Molti reggimenti
sono ridotti a meno di mille fucili Al cadere del sesto giorno la battaglia si
è spenta per esaurimento: è la sorte di molte grandi battaglie moderne. Se il
vinto è esausto anche il vincitore è spossato.”22
21 GIUGNO
Giornata di relativa calma, tale da indurre i comandi italiani a riordinare i
reparti, in attesa di riprendere l’attività controffensiva. Nella zona di Cavazuccherina proseguono gli attacchi italiani tendenti ad allargare le conquiste dei
giorni precedenti. Verso le ore 20,00 viene respinto un nuovo attacco austroungarico contro il caposaldo di Losson. Analizzando gli avvenimenti di questi
giorni scrive la Relazione Ufficiale italiana:
“L’equilibrio si rompeva, ormai, a nostro favore…in queste condizioni era
manifesta l’inutilità anzi il danno di insistere in una dispendiosa lotta di tipo
carsico, lanciando avanti le fanterie alla riconquista del terreno perduto, e
virtualmente già quasi riscattato; mentre era sufficiente, per affrettare il ripiegamento ormai inevitabile, intensificare il tormento del fuoco che da più giorni si abbatteva sulle truppe nemiche inesorabilmente come una valanga”.23
22 GIUGNO
Le truppe italiane avanzano a est del Meolo raggiungendo la linea Losson
- Canale Perissima; mentre nell’area fra il Sile e Piave Nuova bersaglieri e
marinai occupano C. Diana, schierandosi sulla linea C. Azzaretti - Veronesi
- Piave.
“Tutti si è stanchi. Ci si ritiene paghi del grandissimo risultato ottenuto di
avere infranta la poderosa offensiva nemica e, a vero dire, non si prevede che
il nemico s’abbia a ritirare dietro il Piave. Questo determinerà un certo rallentamento di vigilanza e di attività, un certo assopimento”.24
23 GIUGNO
Si sta concludendo il ripiegamento austro-ungarico su tutta la fronte.
“La ritirata si compie secondo il programma pressoché indisturbata…le stremate colonne ripassano febbrilmente il fiume”.25
Verso le ore 15.00 le truppe della 3a Armata inseguono gli austro-ungarici
incontrando una forte resistenza nella zona di San Donà. Al termine della
- 26 -
giornata le truppe imperiali si mantengono sulla linea Croce - C. Montagner
- Capo Sile - Piave Vecchia - Piave di San Donà.
24 GIUGNO
La battaglia infuria nel settore di Fossalta, Fosso Gorgazzo e Capo Sile, dove
gli austro-ungarici tentano di salvare l’artiglieria. Alle ore 10,30 la 33a divisione raggiunge il Piave tra Gradenigo e Musile con la brigata Sassari, ma le
truppe della 61a divisione sono bloccate fra Musile e Paludello (ansa di Chiesanuova) e quelle della 4a divisione incontrano grandi difficoltà nel procedere
verso est. Solamente alle ore 18.00 le truppe del XXIII Corpo d’Armata raggiungono la riva del Piave.
“La sera del 24 giugno la situazione anteriore alla battaglia era integralmente ristabilita; anche la testa di ponte di Capo Sile veniva rioccupata. Il II battaglione dell’81° fanteria, la mattina del 25, eseguiva una magnifica puntata
oltre il Sile a Porte di Taglio, e vi prendeva 400 prigionieri”.26
Così si conclude la descrizione della battaglia nel resoconto del Comando
Supremo scritto il 31 luglio del 1918.
“Nella magnifica notte di plenilunio rimbombano le ultime cannonate che
suggellano il fallimento della massima offensiva austro-ungherese”.27
NOTE ALLA BATTAGLIA DEL SOLSTIZIO:
1
Ministero della Difesa Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio Storico, L’Esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), volume V, le operazioni del 1918, tomo I, Roma, 1980; Osterreich-Ungarns Letzter Krieg (l’ultima guerra
dell’austria-ungheria), Relazione Ufficiale Austriaca, volume VII: il 1918, Vienna, 1938; Regio Esercito Italiano Comando Supremo, La battaglia del Piave (15-23 giugno 1918), Roma, Tipografia Cugliani, 1920; Pieropan Gianni,
1914-1918 Storia della Grande Guerra, Milano, Mursia, 1988; Peter Fiala, 1918 il Piave. L’ultima offensiva della
Duplice Monarchia, Milano, Mursia,1988; Novello Parafava dei Carraresi, Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano,
Musei del Risorgimento e di Storia Contemporanea, 1965; Dupont Amelio, La Battaglia del Piave, Roma, Commentari
della Vittoria, 1928.
2
Valori Aldo, La guerra italo - austriaca, Bologna, Nicola Zanichelli editore, 1925;
3
Osterreich-Ungarns Letzter Krieg (l’ultima guerra dell’austria-ungheria), Relazione Ufficiale Austriaca, volume VII:
il 1918, Vienna, 1938;
4
Pieropan Gianni, op. cit.;
5
Baj-Macario Gianni, Giugno 1918, Milano, Corbaccio, 1934;
6
Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, op. cit.;
7
Baj Macario Gianni, op. cit.;
8
Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.;
9
Baj Macario Gianni, op. cit.;
10
Gasparotto Luigi, Diario di un fante, Vol. II, Milano, Fratelli Treves editori, 1919;
11
Valori Aldo, op. cit.;
12
Baj Macario Gianni, op. cit.;
13
Gasparotto Luigi, op. cit.;
14
Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.;
15
Baj Macario Gianni, op. cit.;
16
Baj Macario Gianni, op. cit.;
17
Bernardi Mario, Di qua e di là dal Piave. Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano, Mursia,1989;
18
Baj Macario Gianni, op. cit.;
19
Osterreich-Ungarns letzter Krieg, op. cit.;
20
Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.;
21
Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.;
22
Baj Macario Gianni, op. cit.;.
23
Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.;
24
Baj Macario Gianni, op. cit.;
25
Baj Macario Ganni, op. cit.;
26
Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito,op cit.;
27
Baj Macario Gianni, op. cit.;
- 27 -
Il diario 1917-1922 di Edoardo Avellini.
- 28 -
DIARIO DI GUERRA E VITA MILITARE
DEL CAPORALE AVELLINI EDOARDO
ANNO 1917-920.1
Anno 1917
Il 14 Maggio andai alla visita, mi fecero abile.
Il 14 Giugno mi presentai per la destinazione del corpo, fui destinato al 54°
Regg.to Fanteria2 - Ivrea.
Il 4 Luglio partii per il Regg.to, arrivando a Ivrea alla sera alle ore 23. Giunti
in caserma fecero le compagnie, e fui destinato alla 1ª.
Terminate queste ci portarono a dormire (erano le ore 2) in una camerata per
terra senza nemmeno un pò di paglia3 (doveva arrivare); fortuna che alle ore
5 suonarono la sveglia4, e per la prima cosa ci fecero fare il bagno, dopo la
vaccinazione e il taglio dei capelli.
Non appena tutti pronti, subito in rango per andare a vestirsi, terminato questo,
istruzione del saluto. (Il primo giorno passò così…)
Dal giorno 6 al 13 Luglio, istruzioni, visite, reclami segnare visita alla mattina
ecc. ecc.
Il 14 Luglio arrivai all’ospedale militare di riserva a Ivrea per una escoriazione5 al calcagno del piede sinistro, male causato dalle scarpe corte. Il capitano
medico del regg.to disse che fu male procurato, essendone molte di queste, e
le più tante procurate con pasticci, sicché prima di farmi ricoverare, mi fece
passare una visita superiore da un colonnello medico, onde costatò con tante
prove che fu la scarpa corta causa del male, mandandomi allo ospedale dove
mi fu ingessato il piede e ricoverato per 35 giorni.
Il 14 Agosto passò la commissione e mi dettero guarito, sicché il 18 c. m.
lasciai l’ospedale con 3 giorni di riposo, mandandomi al mio deposito che fu
pure a Ivrea. Al deposito anziché 3 giorni vi stetti 10, perché la compagnia
dove fui effettivo, fu al campo. La vita al deposito non fu triste ma fu una lotta
continua contro le cimici, non potendo dormire ne giorno e notte.
Il 28 Agosto con fonogramma fu chiamato ad entrare immediatamente il regg.
to in caserma per lo sciopero di Torino6, giunto il regg.to mi mandarono alla
mia compagnia, e senz’altro si proseguì per Torino (primo episodio di guerra).
Io non avevo mai avuto fucile, fortuna volle che si ci stette poco, arrivando
con treno speciale staccato dalla 1ª linea la brigata Sassari, quindi ci ha sostituito noi cappelle7 tornando a Ivrea. A Torino ci siamo fermati un giorno solo,
ma bastò per vedere abbastanza…..
Dal 31 Agosto al 30 Settembre marcai visita tutte le mattine sentendomi sem- 29 -
pre poco bene, e quasi sempre riconosciuto, perciò per due mesi riposo e servizio interno.
Il 1° Ottobre venne una richiesta da una compagnia presidiaria, mandandoci
tutti quelli inabili temporaneamente e tra questi pure io ci presi parte; alla sera
stessa si partì per Pont Saint Martin8 (Valle D’Aosta) arrivando a destinazione
nella notte.
Alla suddetta compagnia si faceva la guardia a dei grandi magazzini di munizione, per me fu la prima guardia che feci. Il 10 Ottobre venne a trovarmi il
mio amico Pin, passandoci una giornata uso Rivarolo.9
Il 20 Ottobre venne una richiesta da Ivrea di tutti gli uomini disponibili e di
farli rientrare subito a Ivrea. (Epoca Caporetto). In tutta la compagnia si era appena 4 uomini in più che servivano per
il cambio quando ve n’era qualcuno10
ammalato. (Si faceva la guardia fissa).
Il comandante della compagnia, per far
più presto, prese i primi 4 nomi dal giornale di contabilità, sicché io fui il 1° e
in compagnia di altri 3 subito ci fecero
preparare e partire per Ivrea. La vita di
questi 20 giorni fu molto pesante e senza
mai un giorno libero, però c’era poca disciplina e certo si preferiva questa vita a
quella di caserma. Per essere stato libero il giorno 10 dovetti farmi fare la mia
guardia da amici.
Il 21 Ottobre arrivammo a Ivrea, passati
la visita e fatti abili, ci vestirono di nuoPonte sul Piave, (archivio C. Vassallo).
vo e col zaino affardellato11 insieme a
tutti i partenti che già erano pronti, in tutti si era circa 70, ci caricarono su due
carri bestiame (uomini 40 cavalli 8) attaccandoci al treno Aosta Torino, ci portarono a Chivasso12 ove fu già in stazione un lungo treno speciale proveniente
da Torino, ci attaccarono a questo e partenza per Mestre.
Il 22 Ottobre arrivo a Mestre, ci prese in forza un regg.to di marcia e dopo
proseguimmo ancora in treno e poi a piedi per S. Cipriano,13 a un Batt.ne complementare, dove subito formarono dei battaglioni in partenza per il fronte.
Assegnati a che Brigata?… senza numero al berretto, mostrine alla giubba, basta partire, tutto andò bene. Arrivati al Tagliamento ci fecero tornare indietro
insieme a molta truppa, di tutte le categorie, perché il nemico avanzava pazzamente, fermati a un altro piccolo fiume,14 che mi sfugge il nome, per fare se
- 30 -
si poteva un po’
di resistenza,
ma subito ci fecero proseguire
fino al Piave,
e senz’altro a
fare la trincea.
Sembrava
la
fine del mondo,
non si capiva
più niente, ordini, contrordini e
via via; di mangiare non se ne
parla, dormire
peggio ancora, Ponte sulla Priula (archivio C. Vassallo).
infine hanno fatto saltare il ponte del Piave, (che spettacolo) onde il nemico
non potesse più proseguire e nel frattempo arrivarono molti dei nostri regg.ti
di fanteria, genio, artiglieria ecc. ecc. tutti si lavorava a fare la trincea e infine
arrivò il nemico al Piave.
Subito fuoco contro fuoco, questo durò tutta la notte tentando ancora di passare il Piave, ma questo poi no, dovettero rinunciare perché ormai la nostra linea
fu diventata più forte di quella nemica, e col far del giorno si dovette cessare
il fuoco perché da ambedue le parti si era senza ripari, assalti non se ne poteva
dare, quindi si lavorava nascostamente dietro gli argini. Alla sera il nemico
attaccò nuovamente deciso, ma anche per questa notte non riuscirono a ciò che
volevano, quindi si calmarono e se Dio vuole cessò anche un po’ il fuoco.
E dormire?… Macchee15 dormire, due ore di vedetta e ore 2 di lavoro a far
trincea, baracchini, ripari ecc. ecc. e via via per parecchi giorni così, poi a
poco a poco è venuto un po’ di calma di nuovo, che si poteva lavorare un po’
di più, onde farsi una buona trincea e camminamenti e infine una buona linea
di resistenza, e via via anch’io presi la vita normale di trincea fino al 7 Gennaio quando abbiamo avuto il cambio e ci assegnarono alla Brigata Catania
145° e 146° fanteria.16
Durante tutto il tempo, specie poi dal 23 Ottobre al 10 Novembre, quanti altri
particolari avrei dovuto prendere, ma se il tempo e la comodità l’avesse permesso, allora non sarebbe stata vita infernale come purtroppo abbiamo dovuto
fare.
Anno 1918
La mattina del 7 Gennaio si ebbe il cambio andando a riposo a Meolo17, primo
- 31 -
paese che si trovava dietro al Piave.
Mattino 8 Gennaio subito ci fecero fare il bagno, ci vestirono di pulito (avendone il bisogno) assegnandoci il posto da dormire, cioè dentro al municipio
di Meolo, dove si ci
stette fino al 19 c.m.
In questi 11 giorni
si è goduto un po’ di
pulizia più che altro,
poi riposo e si poteva
anche scrivere ai genitori, però non tutto il giorno all’ozio
perché sempre c’era
da fare.
La sera del 19 Gennaio andai per la seconda volta in trincea, a fare il regolare turno che ci spetta quando si appartiene ai regg.ti di linea.
La notte fu abbastanza buia, qualche granata fuggi e fuggi, infine si perdette
il collegamento, e parte della Brigata andarono da una parte e la rimanenza
andarono da un’altra, insomma che si dovette girare per tutta la notte prima di
essere al proprio posto, cioè nei pressi del ponte della ferrovia sul Piave.18
Come posizione non fu tanto brutta perché vi furono dei discreti posti di vedetta e anche discreti furono i baracchini per ripararsi, ma era un continuo essere sotto il fuoco, sia di
giorno che di notte, ora
fucileria, ora mitraglia,
ora bombarde, barilotti, granate insomma
che per tutto il turno
fu così. Cessavano con
una roba per ricominciare con altro genere, sicché era quasi un
continuo “all’armi” e
quiete non ve n’era per
nessuno, e per ben 38
giorni durò sempre uguale, dovendo piangere tanti compagni.
La notte del 26 Febbraio si ebbe il cambio andando a riposo a Meolo, solito
- 32 -
posto per godersi un po’ di pulizia e riposo, che durò fino al 10 Marzo.
La vita a riposo fu circa uguale a quella precedente, però le notti furono sempre terribili per i continui allarmi degli aeroplani nemici, che tutte le notti
venivano a bombardare.
La notte del 10 Marzo andai per la terza volta in trincea a fare il regolare turno,
andando nei pressi di Musile Piave.19
Giunti al posto assegnato, ormai si incominciava a essere anziani anche della
trincea, perciò non si badava tanto alla posizione.
Il 16 Marzo passai porta ordini, e non feci più la vedetta anzi, dispensato da
qualsiasi servizio, ma ciò che feci fu peggio che a fare la vedetta.
Il 19 Marzo per me fu terribile: la notte stessa rimasi coperto di terra in un
camminamento dentro la trincea, trovandomi di passaggio per andare al comando di una compagnia, era circa la mezzanotte, improvvisamente si scatenò
un bombardamento di bombarde e barilotti, che durò circa un quarto d’ora,
durante questo una bombarda scoppiò sopra al camminamento dove passai,
saltando in aria un piccolo tratto di trincea, rimanendoci sotto. Fortunatamente
non fui coperto soltanto dalla terra ma bensì anche dai graticci, i quali furono
sufficienti per salvarmi; sotto il materiale ci stetti fino che non venne il genio
zappatori a liberarmi.
Cessato il bombardamento, gli zappatori andarono a fare il solito giro per rifare tutto ciò che fu bombardato, e da loro fui estratto: erano le ore 3; portato
al più vicino comando di compagnia, ove fui ristorato, e fatto visitare, non essendo ferito rimasi al mio posto, però per parecchi giorni rimasi ballordito.20
Il 29 Marzo giorno terribile: bombardamenti continui per tutto il giorno, verso
sera distrussero vari pezzi di trincea e baracchini, dove fui a dormire furono
3 baracchini attaccati, sopra ci scoppiò 2 bombarde rimanendoci 3 feriti, tra
i quali un amico anche caro che rimase sotto il materiale gridando disperatamente; sentendo gridare, andai per aiutare il ferito insieme a un portaferiti,
quando scoppiò un’altra bombarda ferendo in varie parti il porta feriti che
poverino fu colpito da ben 19 piccole schegge tra gamba, fianco e braccio sinistro (Io rimasi incolume, non so in che modo). Vennero altri due porta feriti,
portando via il collega, io continuai a liberare il ferito che sempre gridava;
liberato e preso sulle mie spalle (sempre sotto al bombardamento) lo portai al
posto di medicazione che fu distante 250 metri circa, il ferito aveva una gamba
rotta e varie ferite a tutto il corpo.
Il capitano medico mi fece la proposta per una promozione, però più nulla
seppi in merito. (Si vede che anche per le medaglie ci vuole fortuna)
La notte del 14 Aprile ci dettero il cambio andando sempre a Meolo, ormai
posto noleggiato del nostro regg.to.
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Dal 29 Marzo al 14
Aprile molti altri particolari ci sarebbero
stati da prendere, ma
per prendere giorno
per giorno ci voleva un
giornalista rifornito di
tempo, la prima cosa
carta, lapis ecc. ecc.,
su per giù soliti morti
e feriti.
Il riposo fu breve e non
troppo tranquillo perBarcone sul Piave (archivio C. Vassallo).
ché ai 20 ci portarono
a fare una finta azione per tenerci esercitati, facendoci fare 40 chilometri di
strada fra l’andata e il ritorno, questa distanza per comodità di campo e trincea. All’azione furono presenti tutti i nostri Generali di corpo d’Armata, come
pure S.A.R. il Duca D’Aosta.21
L’azione perché fu finta, si ebbe a piangere un morto e 7 feriti fra i quali un
ufficiale.
Il 28 Aprile sono andato per la 4ª volta in trincea a fare il sempre regolare
turno.
Al 10 Maggio feci domanda di passare di compagnia, per essere insieme con
qualche amico venuto con i complementi alla nostra compagnia (questo mi fu
concesso).
Il 20 Maggio notte terribile, bombardamenti che non si salvava neanche le
mosche, e durò fino a giorno, morti e feriti in quantità.
Il 22 e 23 Maggio notti indiavolate, bombardamenti accelerati, la terra scappava tutta, altro che fine del mondo… perdite e disastri…
Il 24 Maggio notte calma, fummo preparati per un forte attacco, essendo il
terzo anniversario dell’entrata in guerra, invece fu tutto il fronte da ambedue
le parti calmo.
Gli austriaci per tutta la notte buttarono razzi per vedere di che si trattava, si
vede anche loro si aspettavano qualche cosetta, invece niente.
(Questo turno di trincea fu stato assai movimentato, se poi parliamo di morti
è stata una esagerazione perché tutti i giorni ve n’erano delle quantità, io presi
appunti su pochi giorni ma per tutto maggio ci sarebbe stato da scrivere.)
Il 26 Maggio abbiamo avuto il cambio, e fu una notte terribile, perché gli Austriaci si sono accorti del cambio, e per tutta la notte tennero le strade battute
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dall’artiglieria a shrapnell22 tiri indiretti ecc. noi si era per la strada, si salvi chi
può, chi scappava, chi si fermava, una babilonia infernale arrivando a Meolo
come tante pecore.
Appena tornata un pò la calma, e fatto l’appello, tantissimi compagni non
risposero, e non tardò ad arrivare la notizia dei morti e dei feriti.
Il 29 Maggio ci portarono al Tiro per fare il lancio delle bombe – modello
nuovo – per andarci si dovette fare 30 Km circa e appena arrivati sul posto
tornare indietro immediatamente, che al Tiro si verificò una specie di peste
(febbre infettiva). I pochi borghesi che ci furono, li mandarono in altri paesi e
messi tutti in quarantena.
Noi tornammo senza nemmeno consumare il rancio, perché i cucinieri tornarono indietro prima di noi, avendo avuto ordini di andare a Meolo, sicché 30
all’andata 30 al ritorno vale a dire 60 chilometri tutti in una tappa, e senza rancio, per di più si era freschi di trincea, quindi fu una passeggiata poco gradita.
Arrivando a Meolo a tutte le ore, una buona parte arrivarono per conto proprio
tutti stanchi, e piedi fiaccati e qualche altra cosetta, insomma che fu un vero
dolore e per parecchi giorni abbiamo avuto a lamentarci del tiro.
Il 5 Giugno in trincea per la 5ª volta dopo appena 2 giorni di riposo, che poi
sono stati continui movimenti e ammassamenti, giunti dietro l’argine del Piave passò una carretta da batt.ne carica di bidoni di liquori e diretta in trincea;
gli Austriaci spararono qualche colpo di granata a doppio effetto, destino volle
una pallottola andò a colpire il mulo, questo sentendosi bruciare la pelle, via
di corsa buttando a terra ciò che aveva sulla carretta, immaginarsi il fracasso.
Gli Austriaci sentendo ciò, scariche di tutti i suoi generi.
Che fare?… Si cercò dei ripari, ma per una Brigata ci voleva altro, chi ebbe più
tattica di guerra s’adoperò, ma purtroppo si ebbe a piangere molti compagni
che all’appello non risposero più.
La durata di ciò fu di poche ore perché sia all’andata che al ritorno, quando
si va in trincea, si marcia di notte, ma benché poche ore, furono abbastanza
saporite e ridondanti; appena giunti in trincea, me e tre uomini mi mandarono
nei rincalzi attendati in un campo per tenere il posto a un regg.to che doveva
venire di rinforzo al nostro, dalla 1ª linea si era distante un Km circa, rimanendo sotto il tiro dell’artiglieria nemica, per riparo si ebbe la tenda mascherata
di foglie (che buon riparo) ogni tanto qualche granata, una davanti, una alla
destra, l’altra alla sinistra, insomma che per ben tre giorni siamo stati in balia
a quel modo, poi il regg.to non venne, arrivandomi l’ordine di raggiungere la
compagnia in trincea. Per noi è stato come quando si andava a riposo, si perché mille volte meglio23 in trincea, almeno quelle poche ore che si riposava, il
riparo era un pochino più sicuro che la tenda.
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L’ 11 Giugno si cambiò posizione andando in una trincea, che ci saranno stati
20 centimetri d’acqua, seguitando a piovere fino al 13, di giorno si viveva ma
di notte era un pianto.
Il 13 Giugno fui messo in lista per andare in licenza, poi vennero sospese, sicché qualche cosa di bello
si aspettasse, ma non certo quello che è successo.
La mattina del 15 Giugno24 ore 3 incominciò
il bombardamento nemico, ed è durato fino alle
ore sette senza cessare un
momento, e per tutta la
stessa durata lanciarono i
gas lacrimogeni.
La fine del mondo era
giunta, non si capiva più
Nervesa (archivio C. Vassallo).
niente. Cessato il bombardamento, noi si aveva tutta la 1ª linea sotto sopra, e in vari punti si era
scoperti, gli Austriaci approfittarono di ciò e passarono il Piave. Io mi trovavo in un piccolo posto avanzato dentro al Piave, ed era un po’ difficile poter
raggiungere la nostra trincea, però come giunse l’ordine di ritirarsi, morti per
morti ci ritirammo anche noi, ordini contr’ordini, chi fa mettere in difesa, chi
fa retrocedere. Il comando del mio regg.to, già era invaso dal nemico, allora
abbandonare la 1ª linea schierandosi in un campo aperto come tante pecore al
pascolo, riparo non ve n’era per nessuno, dopo circa ½ ora ritirarsi ancora, io e
un Bresciano ci siamo fermati sulla strada, al riparo di una piccola cappellettina25 e già vi erano due carabinieri, ma questo riparo durò pochi minuti, quando
giunse una granata portando via un angolo del nostro riparo e non abbiamo
fatto 200 metri che cappelletta non ne esisteva più. Raggiungendo altri soldati, si trovò una casa di campagna; entrati dentro, vi furono già militari e nel
mentre arrivò un piccolo camioncino con un capitano e tre soldati del genio
telegrafisti, anche loro si fermarono con noi. Il capitano ci disse di disarmarci
e distruggere certi documenti che potessero gravarci perché ormai il nemico
aveva sfondato l’ala sinistra, e furono avanti di noi chi sa quanto, essendo noi
al centro, quindi non ci rimane altro che aspettare che ci vengano a prendere
come prigionieri.
Arrivato il nemico dalla casa, guardò bene da tutte le parti, vedendoci in pochi
e senza mitraglie piazzate, proseguirono come se la casa fosse stata vuota.
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Ormai il nemico credeva di proseguire a plotoni affiancati e andare … forse a
Milano come sarebbe stata la loro intenzione.
Noi sempre si aspettava la nostra sorte, ma prima che ci portassero via, arrivarono i nostri rinforzi e liberato subito l’ala destra, tagliarono con le mitragliatrici l’ala sinistra in modo che il centro non si mosse e tutti gli Austriaci
che avanzavano dalle ali, rimasero prigionieri senza accorgersene. Appena il
centro vide di che si trattava, si fermò e dovette indietreggiare. Visto ciò, il
capitano ci fece prendere le armi che prima ci fece buttar via, e fuori a unirsi
con i nostri regg.ti che avanzavano, regg.ti di tutte le armi, ordini da tutte le
parti, trovato un piccolo canale: alt, fermare e fuoco accelerato fino alle ore
17. A quest’ora gli Austriaci si ritirarono parecchi metri per crearsi una linea
di difesa, visto questo, i nostri dirigenti comandarono molte corvee26 alle munizioni perché sotto il fuoco poche ne potevano arrivare.
Dopo circa un quarto d’ora, al centro, il nemico avanzava disperatamente:
sembravano decisi di mandarci indietro, ma un nostro contro attacco tenne
fermo il centro, e
tutti su quella posizione, di modo
che il centro fu
fermo ma avanzavano dalle parti,
e tutti accerchiati
si sarebbe stati, se
non fossero arrivati in tempo i bersaglieri che diedero
l’assalto e dopo si
aprì fuoco accelerato, andandosi a
fermare a Fossetta di Piave,27 dove Nervesa (archivio C. Vassallo).
c’è un piccolo canale largo circa quattro metri e una discreta profondità, qui
ci fermammo tutta la notte fino alle ore 11 del giorno 16. Dalle ore 11 alle 14
le nostre Artiglierie fecero tre ore di bombardamento, cessato questo andiamo
tre volte all’assalto in due ore per vedere se fu possibile mandare il nemico al
Piave, ma questo non fu possibile però ci fruttò di fare moltissimi prigionieri.
Alla sera, ancora una volta, ci dobbiamo ritirare, il nemico avanza, dietro a
noi circa 300 metri ci fu la Brigata Torino28 e altri regg.ti. (dove morì l’amico
Biselli Natale) che dalla mattina alla sera, fecero una buona trincea per af- 37 -
frontare il nemico in caso si perdesse la linea di resistenza, questa trincea fu
circa un Km da Meolo, noi ci fecero proseguire per il paese, dove fare un po’
d’appello della nostra Brigata e rifornirla, perché fra tutti i rimasti si era circa
un Batt.ne gli altri rimasero una gran parte prigionieri la mattina del 15, perciò
noi si rappresentava una Brigata, ma mai era possibile fare resistenza, essendo
rimasti in troppo pochi, quindi pensarono di completare la Brigata.
Al mio Batt.ne siamo rimasti in 118, compresi tre ufficiali e qualche graduato.29
Nel mentre fecero l’appello, arrivò il rancio, era circa l’una di notte del giorno
17, già furono passate 54 ore senza arrivare rancio, caffé ecc. ecc.
Alle ore 2 venne l’ordine di partire come si era, non essendo ancora arrivati i
complementi.
Si partì andando di rinforzo alla Brigata Torino, e ci si stette giorno e notte.
La mattina del 18 ci portarono a schierarsi in un campo alla destra di Meolo,30
per tenere fermo il passaggio della strada, per la campagna seminavano reticolato a volontà. Per tutta la giornata, e notte insieme, è sempre piovuto sicché
anche questa ci fece compagnia, più gli aeroplani che all’altezza di circa 30
metri come ci mitragliavano è una cosa indescrivibile, il massacro che fecero
fu immenso.
Un sergente mitragliere con arma antiarea, uccise un pilota e l’apparecchio
precipitò nei reticolati incendiandosi. Il sergente fu proposto della medaglia
d’argento e al grado d’aiutante di battaglia al merito di guerra.
La mattina del 19 ore 6 ci cambiarono posizione mandandoci nei rincalzi, e su
di noi arrivarono le bombarde che in poco tempo ci misero a posto per bene,
si saltava peggio che a essere sotto le bombe a mano.
La mattina del 20 siamo andati di rinforzo dietro alla ferrovia, e per tutto il
giorno e notte abbiamo dovuto far fuoco senza economia.
La mattina del 21 incominciamo ad avanzare un pochino, sembrava volesse
incominciare ad avanzare bene ma fecero presto a fermarci e continuare il
fuoco da ambedue le parti.
La mattina del 22 sembra una giornata un po’ differente dalle altre, per lo
meno un pò più calma. Alle ore 11 ebbi la brutta notizia che l’amico Biselli
Natale era morto, e purtroppo fu stato vero. Interessatomi della cosa, vidi ancora l’imperversare della mitraglia che falciava, e lui poverino già era a terra,
morendo sul colpo.
I suoi superiori che gli volevano tanto bene, vollero che la salma fosse sepolta
con speciali onori.
Il decesso avvenne nella località casa Gradenigo.31
Alla sera si presentava un po’ di calma, e se Dio vuole, i pochi rimasti della
mia Brigata li staccarono dalla linea portandoci parecchi Km. fuori di Meolo
- 38 -
per rinforzare la Brigata, cambiarci un pochino che si sembrava tante bestie, e
farci un po’ riposare e dormire se fosse possibile.
Giunti al posto, fatti gli appelli e ristorati, ci fecero riposare; nel mentre, fui
chiamato al comando del mio Batt.ne insieme a un sergente e 15 soldati (però
di questi 15 non ve ne fu che 7, gli altri…..) cioè tutti quelli del piccolo posto
avanzato, per essere premiati di una medaglia o di un grado per merito di
guerra, per resistenza fatta in un
piccolo posto avanzato dentro al
Piave la mattina del 15 Giugno.
A noi militari ci presero il nome,
e fattone un elenco, ci dissero
che poi ci manderanno a chiamare per dirci se la premiazione
è di medaglia, o di un grado al
merito di guerra.
Però il tenente che ci comandava l’ho fecero senz’altro capitano per merito di guerra, e andò a
comandare un Batt.ne, in attesa
che arrivasse un maggiore.
(Io dopo pochi giorni andai in
licenza, al ritorno mi fermai in
un ospedale, questo si vede non
avvisò il mio regg.to, perciò anziché interessarsi dove mi trovavo e farmi avere la mia promozione, mi diede disertore al mio
deposito e dopo 28 mesi mi venmedaglia ricordo della grande guerra a
nero a cercare per informazione Diploma
firma Benito Mussolini (archivio C. Vassallo).
sulla mia vita militare: questa fu
la promozione).32
Il 23 ore 8 ordine di partire subito, la Brigata fu rifornita portandoci a Meolo
e rimanendo a disposizione fino nuovi ordini.
All’una del 24 partenza immediata per il Piave vecchio, ma giunti allo spuntar
dell’alba ormai era tardi, perché i dracken-ballon nemici furono alzati, e come
videro movimenti di truppa, certamente avranno fatto le sue segnalazioni e
dopo ½ ora, forse neanche, il nemico incominciò a darci il benvenuto con le
sue granate a shrapnell, quindi piovevano chicchi da tutte le parti, sembrava
che grandinasse.
- 39 -
Fortuna che S. Giovanni Battista ci deve aver visto, perché abbiamo avuto pochi morti, nel dopo pranzo furono molto calmi e assai gentili. Sul far di notte
si partì raggiungendo tutta la truppa, che già fu al Piave vecchio e dopo un
lungo nostro bombardamento, si prese nuovamente la posizione che si aveva
prima del 15.
Il 25 fu una giornata calma, ormai si era quasi al sicuro (almeno si aveva un
po’ di trincea).
La notte del 26 la mia compagnia fu di corvee ai graticci per rinforzare
trincea e camminamenti, sulla strada ci fu un camion con un potente riflettore acceso per farci luce e per vedere che combinava il nemico. Un nostro
furbo soldato - benché avvisato - invece di passare dietro al camion, ci passò
davanti col gravina33 sulle spalle, immediatamente il faro fu spento ma il
nemico si accorse del movimento e addio bella che siamo fritti; bombarde
a tutta forza e questa musica durò fino a giorno, diventando un vero pianto
quindi morti in quantità.
Il 27 bombardamenti continui, sterrando per sino già i morti sepolti, di
modo che morti freschi e già sepolti non si conosceva più l’uno dall’altro,
questa scena fu tanto terrorizzante da far quasi cambiare connotati ai pochi
rimasti in vita.
La sera del 28 fu annunciato che le licenze sono aperte, subito chiamarono
tutti quelli che furono in lista il giorno 13, ma per carità ben pochi hanno
ancora risposto.
Subito ci fecero la licenza ma fino al mattino del 29 non fu firmata, per fortuna la notte non fu terribile ma lunghissima e mai arrivavano le 4, sempre con
la paura che da un
momento all’altro
arrivasse qualche
contr’ordine.
Finalmente sono
le ore 4: subito
lasciai la trincea,
baciato da tutti i
miei cari compagni e salutato a
grande festa, con
le lacrime agli occhi mi augurarono
fortuna.
Mentre mi recavo Parte del foglio di licenza di E. Avellini (archivio C. Vassallo).
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a prendere la licenza, parecchie nostre pattuglie erano fuori, e ogni volta che
si incontravano con quelle nemiche furono scariche di fucileria, io mi trovavo
per il bosco di Capo Sile34 e ogni volta che sentivo ciò, mi buttai a terra. La
paura di quella notte fu abbastanza, infine arrivai al comando di regg.to a
sbalzi, la più bella fu poi al passare la passerella del Piave vecchio che fu fatta
dal nemico e continuamente la tenevano battuta.
Avuto finalmente la licenza, si partì, si era circa una quindicina fra tutto il
regg.to più uno che ci accompagnava al concentramento per essere visitati,
anche per la strada si dovette fare circa un Km di corsa, essendo sotto al tiro
degli shrapnell, per le strade ci fu molta truppa e carreggi diretti verso Cava
Zuccherina35. Il nemico certamente vide dei movimenti e cercò di distruggere,
fortuna che dei partenti per la licenza, nessuno ebbe a lamentare ferite, sicché
fino all’ultimo momento sotto il fuoco.
Arrivando fuori pericolo, io mi sentivo poco bene, avevo la febbre (un principio di malaria.)
Appena fui in possesso della mia licenza, e mi lasciarono libero, andai alle cucine del mio Batt.ne per riposarmi qualche ora, e non appena mi sentivo bene
ripartii arrivando a casa il 1° Luglio. Fu la 1ª licenza dopo 12 mesi di servizio
militare: giorni 15 + 4 licenza invernale.
Dal 15 al 29 Luglio tantissime cose ci sarebbero state da prendere ma come
fare a tenersi tutto a memoria, per quanto si ha tempo di prendersi qualche appunto. Poi quando c’è un po’ di tempo, manca il lapis, la carta e via via, certo
che tantissimi particolari mi mancano.
Durante la licenza stetti parecchi giorni a letto con la febbre, e il giorno della
partenza fui forse anche grave. Come difatti, appena fui in tradotta, mi aumentava continuamente la febbre e giunto a Voghera36 mi sentivo di non poter proseguire; un mio amico di S. Margherita37 mi portò alla croce rossa di stazione,
misurandomi la febbre già ne avevo gradi 40 e una linea. Con una Autolettiga
mi portarono all’ospedale di riserva .............. . Appena a letto, la febbre già era
a gradi 41 e 3 linee, ghiaccio sulla milza e iniezioni di chinino: per la durata
di 24 ore continui eccessi.
Per otto giorni fui sempre grave, appena migliorato un pochino mi dissero di
mandarmi in un altro ospedale.
(Entrai allo ospedale il 18 Luglio)
Dall’esame del sangue risultò che fu malaria primitiva terzana.38
Appena alzatomi un pochino, mi mandarono in un ospedale di malarici a Salice39, però vi stetti pochi giorni e proprio il 7 Agosto mi mandarono nuovamente a Voghera, per essere trasferito a un ospedaletto da campo specializzato
per la malaria.
La mattina dell’8 Agosto mi diedero il foglio di via per raggiungere la zona
- 41 -
di guerra, onde essere ricoverato negli ospedaletti da campo specializzati per
la malaria.
Tutto questo sta bene, ma dove si trovano, non lo sappiamo… allora?
Bisogna andare alla croce rossa di Milano a chiedere informazioni.
Partenza per Milano croce rossa non sa niente quindi proseguire per Brescia,
idem proseguire per Verona, croce rossa non sa niente però mi fa accompagnare al comando della 1ª Armata Sanità dove finalmente mi destinarono a
Monselice,40 sicché proseguendo in
treno, mi venne la febbre quindi mi
fermai alla croce rossa di Padova,
iniezioni di chinino e riposo. All’indomani mattina, partenza per Monselice, e via ancora per Rovigo, poi se
Dio vuole per Polesella,41 questa fu la
destinazione ultimata.
Giunto in stazione a Polesella militari della croce rossa addetti a tal servizio, chiedevano chi doveva essere
ricoverato. Consegnatoli tutti i miei
documenti, mi portarono in un ospedaletto da campo specializzato per la
malaria: questo Ospedaletto portava
il n° 216.
Da Voghera a Polesella ci misi 4 giorni. Entrato all’ospedaletto la sera del
12 Agosto, figurarsi come potevo essere forte dopo essere stato per ben 4 Edoardo Avellini con un’amico all’ospedaletto n° 216 a Polesella (archivio C. Vassallo).
giorni senza quiete e riposo.
La vita dell’ospedaletto fu pessima, fortuna che ci stetti pochi giorni altrimenti
preferivo fare domanda di raggiungere il mio regg.to sul Piave, almeno sarei
stato con i miei cari compagni.
La sera del 15 Agosto lasciai il n° 216 e andai al n° 0138 sempre in Polesella ma questa fu altra cura e vita, sfortuna che durò poco e la mattina del 23
Agosto partenza per il convalescenziario di Pistoia onde continuare la cura;
giunto a Pistoia la 3ª Armata è passata alla 1ª e la 1ª alla 3ª quindi devo partire
per Treviglio42 al convalescenziario della 1ª Armata non più a quello della 3ª
Armata43, sicché la sera dei 24 lasciai Pistoia partendo per Treviglio, appena
giunto mi passarono la visita destinandomi a Boltiere44 per la continuazione
di cura che doveva durare per 4 mesi, sicché il 27 Agosto lasciai Treviglio e
andai a Boltiere.
- 42 -
Il tempo trascorso a Boltiere sarebbe stato molto bello se non si fosse stati
tormentati continuamente dalla febbre che ci distruggeva.
Un giorno quando nessuno ci pensava, ci passarono una visita, e la cura da
4 mesi la ridussero di 2 mesi, sicché senz’altro il 27 Ottobre lasciai Boltiere
andando a Cassanica45 a una compagnia mista.
La notte del 29 Ottobre suonò l’allarme e partenza immediata per Treviglio;
giunti, ci passarono la visita vestiti di nuovo, zaino affardellato, pronti per il
fronte.
La mattina del 1° Novembre ore 4 sveglia, musica in testa e partenza per la
stazione, dove già ci fu una tradotta pronta, quindi per la seconda volta al
fronte.
Di posto si andò nei dintorni del monte Baldo,46 arrivandoci il 2 Novembre,
anziché prendere la posizione destinataci, ci misero di rinforzo a quelli che
dovevano avere il cambio. Certo fu una cosa poco gradita, perché si aspettava
del brutto ed invece l’indomani si incominciò a parlicchiare di Armistizio e
non appena confermato, noi ci fecero tornare indietro andando a Rivoltella47
a disposizione.
Immaginare la gioia per questo, non si sentiva quasi più neanche la vita militare, tanti e tanti facevano come gli pareva.
A Rivoltella a disposizione ci stetti fino il giorno 18 Novembre e poi venne
ordine di partire.
La mattina del 19 Novembre ore 3 sveglia e partenza, ci fecero camminare per
48 ore andando su per i monti di Negrar.48
A Negrar fu una vita molto brutta e pesantissima, piena di disciplina però per
pochi giorni e la sera del 24 Novembre fui richiesto al carreggio del mio Batt.
ne di posto a Negrar (paese)
Al carreggio ci fu molto da lavorare ma come vita non era neanche paragonabile a quella di compagnia.
A Negrar ci stetti fino al 3 Dicembre e la vita fu sempre su per giù uguale.
Il 4 Dicembre lasciai Negrar andando in Val D’Astico a Torrebelvicino,49 si
fece 8 giorni di marcia sempre a piedi arrivando a destinazione la mattina del
12 Dicembre.
La vita di Torrebelvicino non fu disciplinata ma ci fu da lavorare in quantità,
si era fuori con le carrette giorno e notte e per di più erano posti freddi, quindi
neve e ghiaccio erano all’ordine del giorno.50
Anno 1919
Il giorno 8 Gennaio andai in licenza: 1° turno giorni 20 + 4, arrivando a casa
la sera del 10.
- 43 -
Edoardo Avellini con un gruppo di compagni ciclisti, 1919, (archivio C. Vassallo).
Il 1° Febbraio ripartii dalla licenza, giunto al comando del Batt.ne, il maggiore
mi fece fare il ciclista.51 Di quanti ne aveva in prova, nessuno gli serviva (già
aveva provato tutti i graduati del Batt.ne) finalmente io fui il più garbato. A me
dispiaceva un pochino lasciare il carreggio per gli amici, ma eravamo sempre
insieme lo stesso.
Quindi subito presi in consegna tutte le biciclette e i 12 ciclisti già in servizio.
Dal 2 Febbraio al 22 Aprile fu un continuo andare e venire, e tanti giorni si
raggiunsero i 100 km però dopo il servizio si ebbe anche della libertà.
Il 23 Aprile lasciai Torrebelvicino andando sul lago di Garda - Garda52 - impiegandoci 4 giorni, parte in treno e parte a piedi, noi in bicicletta.
Anche a Garda come vita non ci fu da lagnarci, un po’ di lavoro ma si era anche abbastanza rispettati.
Il 10 Maggio ci fu un incendio a Garda: fu di notte, suonando l’allarmi immediatamente siamo sul posto ed essendo paese sprovvisto di pompieri, ci
misero noi al lavoro di spegnimento con secchi, piccole pompe a mano e qualche estintore, insomma che dopo poche ore di tempo e faticoso lavoro siamo
padroni del fuoco. Però nel crollare un muro, una trave mi batteva contro la
mano sinistra, e ne ebbi a soffrire per ben 20 giorni, certamente ricoverato.
- 44 -
Fui appena guarito, e cioè il 1° Giugno mi chiamarono a far servizio per 3
giorni all’ufficio Ricuperi, poi di 3 vennero 5 e dopo il Colonnello mi disse di
fermarmi che occorro all’ufficio Ricuperi.
Il comandante del Batt.ne non voleva, ma il Colonnello mi fermò e ben volentieri ci stetti.
Il giorno 9 Giugno andai a trovare il mio amico Bruno di S. Margherita che si
trovava a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, tra l’andata e il
ritorno feci 120 Km in bicicletta militare col permesso di 24 ore.
Dal 1° Giugno all’11 Luglio la vita dell’ufficio Ricuperi fu molto meglio di
quella del Batt.ne.
Il 12 Luglio andai in licenza: 2° turno giorni 20 + 4 arrivando a casa la stessa
sera.
Il 7 Agosto rientrai dalla licenza, il suddetto giorno l’ufficio Ricuperi si trasferiva a Rivalta Veronese.53 Giunto in ufficio, gli ufficiali mi dissero di non
presentarmi al comando del Batt.ne dove fui effettivo, ma bensì di proseguire
con loro e dopo penseranno a farmi fare la bassa di passaggio, e a farmi prendere in forza dal Batt.ne.
Appena il comandante del Batt.ne fu informato di ciò, fece subito un fonogramma al comando dell’ufficio Ricuperi.
Fonogramma N. 218
“Prego far rientrare a codesto comando il caporale Avellini Edoardo essendo
venuto a far servizio a cotesto senza il permesso del sottoscritto”, firmato comandante Teana.
Il comandante dell’ufficio così rispose:
“Risposta al suo fonogramma odierno: il caporale Avellini Edoardo trovasi
a far servizio a questo ufficio come caporale ciclista, e non è possibile la sua
sostituzione stop”. Firmato Colonnello De Francesco.
In seguito altro fonogramma per il passaggio.
“Prego prendere di forza il caporale Avellini Edoardo e far passare a questo
ufficio regolare bassa di passaggio stop”. Firmato capitano Frontero.
Dall’8 Agosto al 30 Settembre ebbi molto da fare, ma a Rivalta fu una buona
vita.
Il 1° Ottobre venni in licenza premio per 5 giorni, licenza guadagnata dal gran
lavoro che continuamente sbrigavo.
Dal 6 Ottobre al 31 Dicembre fu sempre la solita vita, lavoro e libertà nelle
ore libere.
Anno 1920
Dal 12 Gennaio al 28 c. m. tutti i giorni andai da Rivalta a Riva di Trento in
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bicicletta, Km 130 sotto all’acqua, neve, gelo, ciò che veniva giorno e notte,
ero continuamente per la strada, dovetti far questo per l’ostruzionismo dei
ferrovieri in quanto i treni non viaggiavano.
Il 29 Gennaio fui proposto per una licenza premio ben guadagnata dal gran
servizio che avevo fatto, ma siccome già fu arrivato l’ordine dello scioglimento dell’ufficio, il capitano Frontero mi consigliò di non andare, e in seguito
avrebbe pensato qualche cosa, però mi farà andare con lui a un altro ufficio.
Il 31 Gennaio l’Ufficio Ricuperi si sciolse: ufficiali e soldati, una parte andavano a far servizio in altri uffici, e gli altri andavano ai suoi depositi.
Il capitano Frontero fu trasferito all’Ufficio controllo di Verona, subito fece
domanda al comando supremo di Padova, dove noi si era in forza pregandole
a trasferirmi all’Ufficio controllo di Verona avendone immediato bisogno e già
pratico del servizio che dovevo fare.
Dal 31 Gennaio all’11 Febbraio rimasi all’Ufficio stralcio dell’ufficio Ricuperi, poi giuntomi un telegramma di partire per Padova onde versare le biciclette,
e ciò che avevo in consegna. Appena giunto e fattone consegna di tutto quello
che avevo, fui chiamato in segreteria dal Colonnello e trasferito all’ufficio
controllo di Verona.
Il giorno 12 Febbraio partii per Verona.
A Verona la vita fu un po’ più disciplinata, ma non tanto da doversi lamentare.
Il 24 Febbraio andai in licenza 1° turno giorni 10 + 4 arrivando a casa la
stessa sera.
La mattina del 10 Marzo rientrai dalla licenza trovando lavoro in quantità.
Il giorno 14 Marzo mi punsi un dito della mano sinistra – indice – e dovetti
ricorrere al medico: sospettando l’infezione prese i ferri del lavoro e tagliò,
dovetti per 15 giorni soffrire continuamente.
Il 16 Aprile venni in licenza per 2 giorni onde farmi le carte occorrenti per
venire in licenza illimitata, essendo 2 fratelli in servizio militare.
Appena giunto a Verona fui chiamato alla maggiorità del Corpo D’Armata,
dicendomi che sono arrivate le mie carte quindi di partire per Padova, dove
sarò inviato a casa.
Il mio comando subito mi fece partire per Padova, giorno 23, rimanendo a
disposizione in attesa delle carte.
Il giorno 27 ancora non furono giunte e non potendo ritornare a Verona, mi
fecero fare servizio a Padova.
Aspettai 12 giorni, poi stufo me, e stufi tutti di me a forza di annoiarli, feci
una domanda per essere inviato a casa spedita per espresso a casa, pregando
mio babbo di firmare dove occorreva e farla vistare dal distretto e municipio,
quindi rispedirmela.
- 46 -
Appena mi giunse, consegnai la poca roba avuta in consegna, e dopo circa 20
minuti ebbi la licenza fatta.
Pensare la gioia… come fu grande… bicchierata in quantità, arrivando a casa
la sera dell’11 maggio.
Fine
La sera del 19 Novembre venne un carabiniere in casa mia chiedendo informazioni sul mio conto essendone sprovvisto il 145° fanteria fino dal 18 Luglio
1918, quindi mi diede disertore da questo giorno.
Si vede che quando entrai all’ospedale di Voghera questo non avvisò la mia
compagnia, e la suddetta il giorno 18 mi diede disertore al deposito.
Stante tutto questo la mia compagnia, anziché interessarsi della mia promozione fattami il giorno 22 Giugno 1918 su motivazione del 15 Giugno 1918
per resistenza fatta in un piccolo posto avanzato, si è interessata a darmi disertore.
I carabinieri mi diedero un foglio notizie da compilare, e questo fu inviato al
deposito del 145° fanteria e nulla più seppi in merito.
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NOTE DIARIO:
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Nota dei curatori: per una maggiore comprensione del testo si è deciso di mettere in nota le parole del diario originali
Brigata Umbria (53° e 54° reggimento di fanteria). Sede dei reggimenti: 53° a Vercelli; 54° ad Ivrea. Distretti di reclutamento: Catanzaro, Lodi, Lucca, Palermo, Savona, Varese. La brigata fino al novembre del 1917 viene schierata nella
zona del fronte dolomitico, poi trasferita sul massiccio del Grappa fino al termine della guerra.
T.O. palia.
T.O. svelia.
T.O. scorriazione.
Sommossa popolare provocata dalla mancanza del pane che si trasforma in aperta ribellione contro la guerra. Iniziata il
22 agosto nel pieno dell’Undicesima Battaglia dell’Isonzo si concludeva il 26 dello stesso mese con un bilancio di circa
50 morti, 200 feriti e un migliaio di arresti.
In dialetto genovese: reclute.
Località vicino ad Aosta per anni sede di una polveriera.
Rivarolo Ligure località vicino Genova, forse l’autore con l’amico passa una giornata spensierata come in tempo di pace
quando erano ragazzi.
T. O. qualq’uno.
T.O. fardelato.
Paese del Piemonte fra le città di Torino e Vercelli.
Località in provincia di Treviso, nella zona di San Donà di Piave.
Probabilmente si trattava del fiume Livenza. L’autore si trova coinvolto nelle vicende seguite alla “disfatta di Caporetto”.
Dal dialetto genovese: invece di.
Della Brigata Catania; vedasi nell’appendice la scheda storica.
Località nella pianura veneta in provincia di Venezia nella zona di San Donà.
La brigata veniva schierata fra il paese di San Donà e l’ansa di Paludello.
Località sulle sponde del Piave vicino a San Donà.
Probabilmente intendeva dire: in confusione, non lucido.
Comandante della 3a Armata italiana fin dal 1915. Dopo la “disfatta di Caporetto” la 3a Armata viene schierata sul basso
Piave, da Palazzon al mare.
T.O. sdrappenl.
T.O. melio.
Inizio della Battaglia del Solstizio. Vedasi la parte storica dedicata alla battaglia.
L’autore intende una cappella, un luogo sacro al culto, un tabernacolo come se né incontrano sulle strade del basso Piave.
T.O. curvè.
Le truppe della 61° divisione italiana si ritirano in questa zona.
La Brigata Torino (81° e 82° reggimento di fanteria) era schierata sulla linea C. Malimpiero - C. Bellesine dietro il
canale Fossetta.
Una Brigata era composta da due reggimenti; un reggimento era composto di solito da tre o quattro battaglioni; un
battaglione contava circa 800/1000 uomini.
La linea del Meolo era stata ritenuta maggiormente difendibile dai comandi italiani. Meolo, oltre ad essere una paese è
anche un fiume che scorre parallelo a sud del Piave.
Località fra il Piave ed il canale Fossetta, caposaldo difensivo italiano.
La croce al merito di guerra gli fu poi consegnata l’11 maggio 1941, per il fatto del 15/06/18 col diploma firmato dall’allora Ministro della Guerra Benito Mussolini.
Strumento con manico di legno, il cui ferro serve da un lato come zappa e dall’altro come piccone.
Località del basso Piave nella zona paludosa.
Località del Basso Piave; l’attuale Jesolo.
Cittadina lombarda in provincia di Pavia.
Probabilmente Santa Margherita Ligure.
Molti soldati che avevano combattuto nella zona del basso Piave contrassero questo tipo di malattia. La zona era infestata dalle zanzare.
Si tratta di Salice Terme, paese vicino a Voghera.
Paese ai piedi dei Colli Euganei in provincia di Padova.
Paese in provincia di Rovigo nel basso polesine.
Località in provincia di Bergamo.
La Brigata Catania era stata trasferita nel settore del Pasubio, quindi non faceva più parte della 3a Armata, ma passava
alle dipendenze della 1a Armata comandata dal generale Guglielmo Pecori Giraldi.
Località sempre in provincia di Bergamo vicino a Treviglio.
Probabilmente fu trasferito a Cassano d’Adda.
Località sopra il Lago di Garda.
Località sul lago di Garda vicino a Desenzano in provincia di Brescia.
Probabilmente si tratta di una località nella zona del passo Nigra vicino a Bolzano.
In provincia di Vicenza vicino a Schio, zona del monte Novegno.
Probabilmente si occupava del ritiro del materiale abbandonato dagli austriaci in ritirata.
L’Avellini passando al reparto ciclisti, ebbe il grado di Caporale.
Località sul lago omonimo vicino a Bardolino.
Località sul fiume Adige vicino al vecchio confine fra impero austro-ungarico e regno d’Italia
- 48 -
RIASSUNTI STORICI: LA BRIGATA CATANIA
(145° E 146° FANTERIA)
Il comando di brigata è costituito il 1° marzo 1915 dal deposito del 4° fanteria
che ha formato, sin dal 20 gennaio 1915, anche il 146°; il 145° è costituito, il
14 aprile 1915, dal deposito del 3° fanteria.
ANNO 1917
Il 19 ottobre la brigata raggiunge Palazzolo dello Stella e di qui, per ferrovia,
è inviata a Villa Vicentina e poi, per via ordinaria, a Ronchi (28a divisione).
Il 26 si trasferisce a Pieris e Mortesins (4a divisione) ed il giorno successivo,
in vista dell’iniziata offensiva nemica, occupa le trincee della testa di ponte
sull’Isonzo lasciandole solo il giorno 28, dopo aver protetto il passaggio delle
truppe del XXIII corpo d’armata. Fatti quindi saltare i ponti, respinte le prime
pattuglie avversarie sopraggiunte, il 29 la brigata raggiunge S. Gervasio e Carlino: il 30 resiste sulla linea del Cormor per proteggere il ripiegamento di altre
unità ed il 31 ottobre è a Latisana ove riceve ordine (61a divisione) di ritornare
allo Stella per presidiare quelle posizioni; ma presso Palazzolo, all’altezza
di C. Viscintini, le compagnie di avanguardia impegnano combattimenti con
riparti nemici che vengono respinti ed in parte catturati. Aumentando la pressione avversaria, la Catania il 1° novembre passa il Tagliamento e si disloca
fra Villanova - Palazzo - Persico - Stiago, ritornando alla dipendenza della 28°
divisione. Il 2 ed il 3 novembre è destinata, quale unità di retroguardia, sul
Lemene e sulla Livenza ed il 4 il 145° si trasferisce a San Donà di Piave per
la costituzione della testa di ponte di Musile e la difesa del ponte ferroviario,
mentre il 146° prende, il 5, posizione lungo la Livenza ed il 6 sulle linee del
Piavon, ove sosta fino al 9 nel qual giorno raggiunge il Piave schierandosi da
Zenson a Cà Rossetto. Il 12 novembre il nemico, preceduto da intenso tiro di
artiglieria, riesce a passare il Piave ed a raggiungere Zenson minacciando di
aggirare l’ala sinistra della brigata, ma è arrestato da nostri vivaci contrattacchi. Il 19 dicembre si trasferisce a Carbonera per riordinarsi (28a divisione).
ANNO 1918
Il 15 gennaio la brigata si trasferisce fra Meolo e Casale sul Sile, passando alle
dipendenze della 61° divisione. Il 24 sostituisce la Teramo sul Piave nel tratto
Cà di Rosa Cà Gradenigo ed il 21 febbraio, rilevata dalla 2a brigata bombardieri, si reca a riposo nella zona fra Melma, Pozzetto, Lughignano, Fornaci di
Rivalta. Il 14 marzo è di nuovo in prima linea nel consueto settore, nel quale
i suoi reggimenti si alternano fino alla battaglia del Piave. Il 15 giugno sono
- 49 -
entrambi in prima linea e, allo scatenarsi dell’offensiva, concorrono con altri
reparti ad arrestare il nemico, che ha passato il Piave, sulle linee Cà Malimpiero, Cà Bellesine, Cà di Rosa. Il 16 un reparto nemico riesce ad infiltrarsi
nella nostra linea a Cà Bellesine, ma è due volte ricacciato alla baionetta; i
nuovi tentativi nel pomeriggio, per forzare la nostra linea fra Cà Malimpiero
e Cà di Rosa e poi quella della Fossetta tenuta dal 145°, falliscono per parte
degli austriaci che subiscono gravi perdite, lasciando nelle nostre mani molti
prigionieri. Data la continua pressione avversaria, all’alba del 17 è affidata
alla brigata la difesa della fronte: S. Filippo (Meolo) – Cà di Rosa – Cà Malimpiero – Cà Bellesine – Mille Pertiche. Il 18 il nemico tenta più volte l’occupazione del caposaldo di Cà di Rosa, ma i suoi sforzi s’infrangono contro
la valida resistenza dei difensori. Il 19 il 146° è ritirato dalla linea ed inviato
ad Altino, ove l’indomani è raggiunto dal 145°. Le perdite durante la battaglia
sono di 85 ufficiali e 3.000 gregari, compresi i dispersi. Il 24 giugno il 145° è
trasferito a Palazzo Prina ed il 5 luglio il comando di brigata ed il 146° sono
inviati, rispettivamente, a Carpenedo e Favaro Veneto, ove, il 10, si trasferisce
anche il 145°. Il 12 da Mestre la brigata è inviata, per ferrovia, nella zona fra
Motta, Coldogno, Chiesa di Vivaro, Cresole e Botteghino, ove continua il periodo di riordinamento e di istruzione iniziato. Il 17 luglio è traslocata nella
zona fra Altavilla, Tavernelle e Sovizzo ove sosta fino al 15 agosto, nel qual
giorno è inviata sul Pasubio alla difesa di quel settore. Il 1 ottobre è rilevata
dalla Piceno e dislocata fra Schio, Magrè e Liviera. Il 6 è trasferita, per ferrovia, nei pressi di Campodarsego; il 31 si sposta per via ordinaria fra Vedelago
e Salvatronda ed il 3 nella zona fra Torreselle e Ospedaletto, ove trovavasi alla
dichiarazione dell’armistizio Badoglio.
ANNO 1918
Dal 1 al 23 gennaio: Carbonera - Meolo - Casale sul Sile (a riposo)
Dal 24 gennaio al 20 febbraio: Piave - Sottosettore C. Gradenigo - Ponte di S.
Donà di Piave - Musile - Paludello - C. di Rosa.
Dal 21 febbraio al 13 marzo: Melma - Pozzetto - Lughignano (a riposo).
Dal 14 marzo al 20 giugno: Piave - Sottosettore C. Gradenigo - Ponte di S.
Donà di Piave - Musile - Paludello - C. di Rosa.
Dal 21 giugno al 14 agosto: Altino - Palazzo Prina - Carpenedo - Favaro Veneto. Trasferimento: Mestre - Motta - Coldogno - Cresole - Altavilla - Tavernelle
(a riposo).
Dal 15 agosto al 30 settembre: Settore M. Pasubio.
Dal 1 ottobre al 4 novembre: Schio - Magrè - Liviera. Trasferimento: Campo- 50 -
sampiero - Palazzo Giustiniani - Curtarolo - Vedelago - Salvatronda - Ospedaletto - Torreselle (a riposo).
ANNO 1918: PERDITE
Dal 24 gennaio al 14 giugno.
145° reggimento: Ufficiali morti 4; feriti 2. Truppa morti 48; feriti 179.
146° reggimento: Ufficiali feriti 2. Truppa morti 55; feriti 185.
Dal 15 giugno al 20 giugno.
145° reggimento: Ufficiali feriti 11; dispersi 12. Truppa morti 7; feriti 71;
dispersi 707.
146° reggimento: Ufficiali morti 3; feriti 4; dispersi 49. Truppa 1434 dispersi.1
1
Ministero della Guerra Comando del Capo di Stato Maggiore - Ufficio Storico, Riassunti Storici dei Corpi e Comandi
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Aldo Valori, La guerra italo-austriaca 1915-1918, Bologna, Nicola Zanichelli
editore, 1925.
- 53 -
L’Associazione Culturale di Ricerche Storiche Pico Cavalieri di Ferrara commemora i dipendenti della Cassa di Risparmio di Ferrara caduti per la Patria nei due
conflitti mondiali, ricordati con una lapide posta all’interno della Sede di Corso
Giovecca n.108, all’inizio dello Scalone d’Onore.
La riproduzione della lapide è stata resa possibile per gentile concessione della
Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a.
- 54 -
Guerra 1915 - 1918
MARIO BRUNO nato a Ferrara il 26/07/1895 tenente del 112° reggimento
fanteria (brigata Piacenza) caduto sul monte San Mchele (Carso Isontino) il
31/07/1915 a seguito delle ferite riportate in combattimento
GAETANO BUCCI nato a Ferrara il 12/09/1900 allievo caporale del 54° reggimento fanteria (brigata Umbria) deceduto per malattia a Biella il 05/07/1918
ITALO LAURENTI nato a Ferrara il 18/04/1898 ufficiale del 216° reggimento fanteria (brigata Tevere) deceduto in prigionia il 16/05/1918
GIUSEPPE MODONESI nato a Ferrara il 30/12/1884 tenente del 116° reggimento fanteria (brigata Treviso) caduto sulla collina del Sober (Gorizia) il
10/10/1916 a seguito delle ferite riportate in combattimento.1
Guerra 1940 - 1945
GIULIO FELLONI caduto nella Seconda Guerra Mondiale
ENZO MICHELINI nato a Sant’Agostino sottotenente dei bersaglieri caduto
a Bobrowskiy (fronte russo) il 7 – 8 agosto 1942 Medaglia d’oro
Motivazione: “ Durante un lungo periodo di accaniti combattimenti, si distingueva per superbo coraggio. Trovatosi col suo plotone in situazione critica
contrassaltava alla testa del reparto trascinandolo con l’esempio e le parole
contro il nemico soverchiante di uomini e mezzi. Respinto l’avversario proseguiva sull’obbiettivo fissatogli, raggiungendolo e difendendolo a prezzo di
enormi sacrifici. Benché gravemente ferito al petto, incitava ancora il suo
plotone alla resistenza. Serrato da presso da elementi nemici si difendeva a
colpi di pistola, abbattendone alcuni. Ultimate le cartucce, gridava ai suoi
bersaglieri il Savoia dell’assalto e prima di essere fulminato da nuova scarica
di mitragliatrice, lanciava la pistola contro il nemico fuggente”.2
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Gian Paolo Bertelli “Inutile strage o quarta guerra d’Indipendenza” I caduti di Ferrara e provincia della grande Guerra, Ferrara 1996.
Istituto del Nastro Azzurro, Federazione provinciale di Ferrara “Albo Eroico della provincia di Ferrara”, Ferrara
1995.
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Collana pubblicazioni sulla Grande Guerra
a cura del Centro di Documentazione Storica del Comune di Ferrara
e dell’Associazione Ricerche Storiche Pico Cavalieri:
Podgora 1915
Dante Tumaini “Un soldato tra tanti”
a cura di Enrico Trevisani
Ferrara 2000
Flondar 1917
Bruno Pisa, 425a Compagnia Mitragliatrici
a cura di Stefano Chierici
Ferrara 2001
San Marco 1917
Mario Poledrelli, 206° Reggimento Fanteria Brigata Lambro
a cura di Donato Bragatto e Andrea Montesi
Ferrara 2002
Monte Zebio 1917
Mario Pazzi, 152° Reggimento Fanteria Brigata Sassari
a cura di Stefano Chierici e Donato Bragatto
Ferrara 2004
Vodice 1917
Enrico Torazzi, 261° Reggimento Fanteria Brigata Elba
a cura di Donato Bragatto e Enrico Trevisani
Ferrara 2005
Si ringrazia:
Famiglie Avellini e Vassallo, Roberto Bobbio, Nicola Persegati, Alberto
Burato, Enzo Zanotti, Flavio Rabar, Alessandra Polati.
Un ringraziamento particolare al prof. Andrea Montesi per la collaborazione
e disponibilità.
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