PIAVE 1918 Edoardo Avellini 145° REGGIMENTO FANTERIA BRIGATA CATANIA a cura di: Donato Bragatto e Enrico Trevisani Centro di Documentazione Storica, Comune di Ferrara Associazione di Ricerche Storiche “Pico Cavalieri” IL DIARIO DI EDOARDO AVELLINI Il Centro di Documentazione Storica e l’Associazione di Ricerche Storiche “Pico Cavalieri” proseguono la loro sistematica opera di divulgazione della memorialistica della Grande Guerra. Il diario di Edoardo Avellini, protagonista di questa pubblicazione, rivela peculiarità che lo differenziano dai precedenti, in quanto - per la prima volta - si tratta dello scritto di un militare appartenente ad un territorio non ferrarese. L’interesse e l’attenzione della ricerca verso la diaristica, tuttavia, non possono sempre limitarsi agli stretti confini territoriali locali, soprattutto quando il lavoro d’indagine, come nel presente caso, conduce al reperimento di un non comune contributo focalizzante aspetti di guerra legati ai combattimenti sul Piave. Occorre, in ogni caso, sottolineare che il “Ragazzo del ’99” Edoardo Avellini ebbe comunque contatti, sia pure sporadici, con il ferrarese e il polesano. Ritengo, infine, importante segnalare un ulteriore aspetto riferito in altra parte dell’opuscolo: l’Associazione “Pico Cavalieri” ricorderà con uno specifico intervento i dipendenti della Cassa di Risparmio di Ferrara caduti per la Patria nelle due Guerre Mondiali i cui nomi sono incisi in una lapide – ricordo presso la Sede Centrale del medesimo Istituto. Gian Paolo Borghi Centro di Documentazione Storica Comune di Ferrara -3- INTRODUZIONE SUL PERSONAGGIO Diversi anni fa, ritenendo che la mia anziana suocera, pur autosufficiente, era meglio non vivesse più sola, la feci venire ad abitare con la mia famiglia, ove visse circondata d’affetto e morì alla bella età di 93 anni; disfacendo la sua casa, trovai la cassetta militare di mio suocero, che ebbi la sfortuna di non conoscere, perché morì ancora giovane nel 1958. In detta cassetta trovai il suo diario della Grande Guerra (1917/1920), ed altro materiale militare suo e di suo cugino Avellini Pietro, caporale esploratore del battaglione Pieve di Teco – 2a compagnia del primo reggimento Alpini, scalatore con gli esploratori della 2a e 3a compagnia dell’Amba Aradam il 15/2/1936, combattente dell’Amba Alagi e morto a Passo Mecan per mitragliatrice abissina il 31/3/1936 all’età di 23 anni; egli venne decorato di Croce di Guerra al Valor Militare alla memoria. Mio suocero Avellini era nato il 09/10/1899 a Rivarolo Ligure ed era stato chiamato alle armi il 14/6/1917 quindi ancora diciassettenne combattendo sul Piave. Aveva fatto appena la 5a elementare e subito era andato a lavorare in un pastificio (vermicellaio), quindi il suo diario presenta qualche errore di scrittura, soprattutto nella punteggiatura. Nel diario vi sono alcune lacune: ha combattuto sul Piave, durante l’offensiva austro-ungarica del giugno 1918 nel 145° reggimento di fanteria della Brigata Catania come dalle mostrine e dai documenti, ma dopo essere stato ricoverato in vari ospedali e ospedaletti militari, avendo contratto la malaria primitiva terziaria, al suo ritorno al fronte non spiega come si trovava nel 17° reggimento di fanteria della Brigata Acqui, come dimostrasi dalle mostrine conservate, dal numero di reggimento sul berretto e dalle foto. Infine, non racconta molto sulla sua promozione a -5- caporale come da gradi conservati e dalle foto. Fu molto stimato ed amato dai suoi commilitoni, con cui tenne tanta corrispondenza dopo la guerra. Episodio curioso: durante il mio fidanzamento con mia moglie, nonostante essere sconsigliato da mia suocera, si presentò a Genova un suo commilitone toscano che volle conoscermi e, quasi mi minacciò di comportarmi bene, ritenendo suo dovere fare le veci del padre morto. Nel 1941 ricevette la Croce al Merito di guerra per un episodio che figura nel suo diario per resistenza fatta sul Piave il 15/6/1918. Era iscritto e frequentava la Società Operaia Cattolica di Rivarolo (GE) dal 1921 ed essendo inviso al partito allora imperante, con una figlia poliomielitica di due anni (morirà a 18 anni) e mia moglie appena nata, pur essendo l’unico sostegno della famiglia, a 41 anni fu richiamato alle armi e mandato in Croazia col 306° battaglione territoriale mobile tra il 1940/42 a combattere la guerriglia partigiana titina, tra rastrellamenti, combattimenti e imboscate ritornando fortunatamente a casa. Devo precisare che tutti i richiamati anziani, simpatizzanti per il sopraccitato partito, furono inquadrati nella Milizia Antiaerea nelle numerose postazioni sui monti intorno a Genova ed erano sempre a casa. Concludendo, parlando con i suoi amici e famigliari, mi sono fatto il quadro di un uomo generoso, ben visto da tutti e molto forte, forse anche per la sua vita sfortunata, fatta di guerre e disgrazie famigliari. Con matita e foglietti qualsiasi, scriveva i suoi ricordi che poi ricopiava in bella sul diario. Date le circostanze ne smarrì diversi. Era amico di Damiano Chiesa, martire trentino di Rovereto che abitava a Rivarolo vicino a lui. Altre informazioni dell’ultimo momento: il padre di Avellini Edoardo, Giuseppe, faceva il palombaro nel porto di Genova; con gli scafandri di allora, era un mestiere pericoloso. Nel foglio matricolare rilasciato nel 1924, non risulta la sua militanza nel 17° reggimento di fanteria della brigata Acqui (forse sarà dovuto al caos creato dalla sua presunta diserzione dal 145° reggimento di fanteria della brigata Catania), non risulta nemmeno sul foglio di congedo illimitato rilasciato nel 1942, dove risulta la sua chiamata alle armi nell’ultima guerra. Ultima cosa, con la mia lunga esperienza, penso che in Italia esistano pochi diari di ragazzi del 1999, con la limitata istruzione di mio suocero. Carlo Vassallo -6- LA BATTAGLIA DEL SOLSTIZIO Cenni generali I PRELIMINARI DELLA BATTAGLIA L’origine della battaglia si può ricondurre alla fase cruciale del conflitto europeo, con gli Imperi Centrali, in piena penuria di approvvigionamenti alimentari, alla ricerca di una vittoria decisiva prima dell’arrivo dei contingenti americani in Europa. All’attacco tedesco in Francia corrisponde, dopo diversi contatti (e qualche incomprensione) fra il generale Ludendorff ed il generale von Arz, l’idea di un attacco austro-ungarico in Italia tale da consentire, in caso di riuscita, l’invasione delle ricche pianure venete, o comunque di richiamare truppe alleate dalla Francia, facilitando l’avanzata germanica. L’imperatore Carlo approva, il 23 marzo 1918, un progetto del generale Conrad, ricalcato sull’offensiva del 1916 e tendente a sfondare a ovest del Brenta e sul massiccio del Grappa, per calare in piano a tergo dello schieramento italiano sul Piave. Un’offensiva sussidiaria avrebbe dovuto svolgersi anche in Val Lagarina, verso Verona. Il 28 marzo, su proposta del generale Boroevic (scettico sul progetto del collega-rivale) vengono coinvolte nell’attacco anche le armate Cartina della linea difensiva italiana sul Piave (Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito). -7- sul Piave. Infine, viene ideata un’azione di sorpresa sul Passo del Tonale, verso la Lombardia. In sintesi, il piano d’attacco viene così a configurarsi: 1. Operazione Lawine: contro il Tonale; 2. Operazione Radetzky: sull’Altipiano dei Sette Comuni e sul massiccio del Grappa, con sbocco in pianura verso Padova; 3. Operazione Albrecht: dal Piave in direzione di Treviso. Si tratta evidentemente di una scelta strategica fondata su compromessi: l’imperatore Carlo risulta incapace di propendere per le idee del generale Conrad o per quelle del generale Boroevic; ne risulta un’offensiva che coinvolge praticamente l’intero arco del fronte, tale però da non consentire alle truppe imperiali una reale superiorità d’uomini e mezzi in nessun settore, né per pervenire allo sfondamento in forza né per sfruttare i successi tattici conseguiti. L’11 aprile il generale Conrad si trova a Baden (sede del Comando Imperiale) e vede approvato l’intero proprio disegno operativo. Il 23 aprile accade lo stesso al progetto del generale Boroevic. Giunge infine Un passaggio sul Sile (Raccolta del Reparto Fotografico del la richiesta di azione da Comando Supremo, in seguito R.R.F.C.S.). parte della 6° Armata del arciduca Giuseppe, intesa ad intervenire contro il Montello; il generale Goiginger (XXIV Corpo d’Armata) segnala che un’azione in tale area consentirebbe un’avanzata più sicura ed efficace. La battaglia viene decisa, ma appena due settimane prima il Comando Supremo non sapeva ancora bene come impostarla. Il generale von Arz decide infine (o fu costretto a farlo) per una grande battaglia su un arco di 120 chilometri, con azione a tenaglia da Asiago e dal basso Piave e attacco di raccordo sul Montello: la data è fissata per il 15 giugno (il 13, due giorni prima, sarebbe scattata l’operazione Lawine). Le truppe coinvolte nell’offensiva sono le seguenti: - 2 divisioni sul Tonale (25 battaglioni e 300 pezzi d’artiglieria); - l’11a Armata (174 battaglioni, 28 mezzi reggimenti appiedati, 23 squadro-8- - - - ni a cavallo, 2.935 pezzi d’artiglieria), dall’Astico al Piave, con tre Corpi d’Armata sull’Altopiano di Asiago e tre Corpi d’Armata contro il massiccio del Grappa; la 6a Armata (42 battaglioni, 17 mezzi reggimenti appiedati, 5 squadroni a cavallo, 768 pezzi d’artiglieria), da Fener a Susegana, con due Corpi d’Armata contro il Montello; la 5a Armata, “Isonzo Armée” (166 battaglioni, 19 mezzi reggimenti appiedati, 14 squadroni a cavallo, 1.770 pezzi d’artiglieria), da Susegana a Caorle, con quattro Corpi d’Armata contro il basso Piave. Fra l’Astico e il mare l’Impero austro-ungarico schiera 3 Comandi d’Armata, 12 Corpi d’Armata con 24 divisioni sul fronte montano e 18 su quello del Piave; a questi vanno aggiunte le 6 divisioni costituenti la riserva del Comando Supremo. Complessivamente 434 battaglioni, 72 mezzi reggimenti appiedati, 47 squadroni a cavallo e 5.473 pezzi d’artiglieria. Gli italiani, nello stesso settore del fronte, schierano: la 6a Armata (129 battaglioni, 8 squadroni di cavalleria, 1.428 pezzi d’artiglieria) sull’Altipiano di Asiago; la 4a Armata (120 battaglioni, 5 squadroni di cavalleria, 1.027 pezzi d’artiglieria) dal ciglio ovest del massiccio del Grappa fino a Pederobba sul Piave; Postazione di mitagliatrici sul basso Piave (R.R.F.C.S.). -9- - l’8a Armata (66 battaglioni, 11 squadroni di cavalleria, 768 pezzi d’artiglieria) da Pederobba a Palazzon; - la 3a Armata (130 battaglioni, 37 squadroni di cavalleria, 1.274 pezzi d’artiglieria) da Palazzon al mare Adriatico; - la 9a Armata (138 battaglioni, 25 squadroni di cavalleria, 567 pezzi d’artiglieria) riserva del Comando Supremo nella pianura veneta. L’Esercito Italiano può contare su 25 divisioni in linea e 19 in riserva generale. Complessivamente 457 battaglioni, 61 squadroni di cavalleria e 4.537 pezzi d’artiglieria di vario calibro.1 IL PROBLEMA DELLA SISTEMAZIONE DIFENSIVA ITALIANA L’Italia, dopo lo choc di Caporetto, si trova a dover sostenere, pressoché da sola (col limitato supporto di due piccoli Corpi d’Armata alleati, uno inglese e uno francese), il peso dell’intero esercito imperiale. La lezione dell’Ottobre 1917 aveva imposto al nuovo Comando Supremo (e in particolare al generale Badoglio) di riconsiderare il proprio sistema difensivo, onde evitare nuovi effetti sorpresa, ed infiltrazioni letali di truppe nemiche in profondità. Alla tradizionale difesa rigida e frontale viene affiancata, con differenze fra settore e settore in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del terreno, una difesa elastica, con schieramento in profondità e Ricoveri nei fossi presso Losson (R.R.F.C.S.). - 10 - Comando italiano nel basso Piave (R.R.F.C.S.). riprese successive. La difesa doveva avere comunque caratteristiche attive, cioè esercitata soprattutto per mezzo di contrattacchi. Se in montagna la scelta è necessariamente vincolata alla struttura del terreno, sul Piave viene adottato, specialmente dalla 3a Armata, un tipo di difesa misto: non si volle abbandonare il trinceramento frontale perché la linea del Piave aveva tanta importanza da meritare una difesa ad oltranza; il metodo elastico aveva però il pregio di consentire di arginare le eventuali infiltrazioni nemiche. “Il grosso delle truppe venne scaglionato in profondità, con criteri speciali, suggeriti dalla natura del suolo e della vegetazione, e dalla presenza delle opere fortificatorie costituenti il campo trincerato di Treviso alle spalle della linea difensiva fluviale. Si avevano in sostanza due grandi sistemi di fortificazione: uno con carattere esclusivamente campale, ma complesso, più verso il Piave; ed uno più semplice, con carattere semipermanente, integrato da poche opere campali elementari, intorno a Treviso, disposto lungo le linee dei torrenti Meolo, Vallio e Sile. Il primo sistema comprendeva anzi tutto una fascia d’attrito che andava dal corso del fiume alla linea dei capisaldi. La fascia d’attrito, larga da uno a due chilometri era composta da reticolati e trincee, preceduti verso il nemico da posti di vigilanza e dovunque sostenuti da nidi di mitragliatrici. La linea dei capisaldi si componeva di opere di sterro e di rafforzamenti diversi adatti a proteggere i principali nodi stradali, gli abitati o rovine di abitati organizzati a difesa, con presidii relativamente forti (un battaglione o più) batterie di mitragliatrici, bombarde e tubi di lancio (stokes)”.2 - 11 - Per stroncare infiltrazioni nemiche in profondità, con caduta a catena delle linee difensive, vengono organizzate delle linee trincerate perpendicolari a quelle principali, in modo da formare “compartimenti stagni” idonei ad arginare i nemici avanzanti, a colpirli di fianco e a favorire il contrattacco. A tergo viene collocata la linea delle riserve, col compito di immediata reazione contro le truppe assalitrici che avessero potuto superare le zone d’attrito e dei capisaldi. Infine troviamo un secondo sistema difensivo, in abbozzo, ma pronto ad essere assettato in “dannata ipotesi”. Le batterie d’artiglieria vengono poRincalzi nel basso Piave (R.R.F.C.S.). ste dietro le due fasce d’attrito e di contrattacco, incaricate di stroncare sul nascere l’attacco mediante un forte “tiro di contropreparazione” sin dall’inizio del bombardamento nemico. RIASSUNTO DELLO SVOLGIMENTO DELLA BATTAGLIA 13-14 GIUGNO Abortisce sul nascere l’operazione Lawine contro le linee italiane sul Tonale. 15 GIUGNO Scatta la grande offensiva austro-ungarica. Fronte degli Altipiani: iniziali infiltrazioni austro-ungariche nel settore Cesuna - Kaberlaba - Zovetto sono immediatamente arrestate e rigettate. Più a est l’attacco imperiale ottiene importanti successi nella zona Valbella - Col del Rosso - Col d’Echele, senza riuscire però a sfondare ulteriormente. Il piano di Conrad sfuma in poche ore. Fronte del Grappa: gli austro-ungarici si lanciano contro Col del Miglio, monte Pertica, monte Solarolo, Col Fenilon, Col Fagheron, Col Moschin e Porte di Salton. L’attacco viene qui arginato, consentendo ai contrattacchi italiani la riconquista di Col Fenilon e Col Fagheron. Fronte del Montello: il XXIV Corpo d’Armata della 6a Armata imperiale forza il Piave nella notte e sfonda le posizioni italiane della 58° divisione a Nervesa. - 12 - Rincalzi italiani presso il Piave vecchio (R.R.F.C.S.). A stento viene contenuto sulla linea “di chiusura”. Fronte del Piave: le truppe della 5a Armata (“Isonzo Armée”) superano in diversi punti il Piave e formano due teste di ponte a Fagaré (strada Ponte di Piave - Treviso) e a Musile (ferrovia San Donà – Mestre); viene fermato l’attacco fra Salettuol e Candelù e le infiltrazioni fra Zenson e Noventa di Piave. Il sistema difensivo elastico consente agli italiani di contenere le puntate offensive austro-ungariche. 16 GIUGNO Fronte degli Altipiani: gli imperiali rinunciano quasi completamente a nuovi attacchi, limitandosi a difendere le posizioni raggiunte. Fronte del Grappa: le truppe italiane riconquistano gradualmente tutte le posizioni perdute. Fronte del Montello: qui la situazione resta incerta, con contrattacchi italiani e nuove leggere avanzate austro-ungariche. Le truppe imperiali conquistano il caposaldo di C. Serena. Fronte del Piave: gli austro-ungarici fanno arrivare durante la notte nuove forze sulla destra del basso Piave, per riuscire ad unire le due teste di ponte e ad ampliarle in profondità. Ma reparti del XXIII Corpo d’Armata italiano, nell’ansa di Lampol, riescono a resistere. 17 GIUGNO Fronte degli Altipiani: le truppe italiane riconquistano il Pizzo Razea, ed alcu- 13 - ni elementi del ridotto di Costalunga. Fronte del Grappa: situazione stazionaria. Fronte del Montello: le truppe imperiali attaccano verso sud e verso est, tendendo ai ponti della Priula, occupando la zona fra S. Andrea e S. Mauro. Proseguono i contrattacchi italiani. Fronte del Piave: gli austro-ungarici riescono ad unire le due teste di ponte presso Meolo. Gli italiani arretrano sulla linea Fossalta - San Donà - Capo Sile. 18 GIUGNO Fronte degli Altipiani: contrattacchi italiani in atto, soprattutto in zona Costalunga. Fronte del Grappa: situazione stazionaria. Fronte del Montello: ulteriori attacchi imperiali verso i ponti della Priula. Fronte del Piave: bloccati gli attacchi imperiali, le truppe della 3° Armata riprendono Fossalta, Osteria e Capo d’Argine. Il Piave in piena rende difficili i collegamenti logistici austro-ungarici. 19 GIUGNO Fronte degli Altipiani: contrattacchi italiani e francesi, che riconquistano integralmente il ridotto di Costalunga e la zona Barconi austriaci affondati (R.R.F.C.S.). Bertigo - Pennar. Fronte del Grappa: gli austro-ungarici attaccano il monte Casonet, ma sono fermati dal violento fuoco dell’artiglieria italiana. Fronte del Montello: l’8a Armata contrattacca e riconquista Nervesa. Fronte del Piave: leggera avanzata imperiale fra Fagarè e Campolongo, (strada Ponte di Piave - Treviso); più a sud falliscono i tentativi di conquistare l’ansa di Lampol. 20 GIUGNO Fronte degli Altipiani: situazione stazionaria. Fronte del Grappa: situazione stazionaria. Fronte del Montello: ulteriore attacco imperiale e riconquista di Nervesa. Le truppe della 48° divisione italiana a ripiegano sulla linea C. Pastrolin - C. Breda - Rotonda Bidasio. - 14 - Fronte del Piave: susseguirsi di attacchi e contrattacchi in zone Losson, Candelù e Capo d’Argine. La 4a divisione italiana attacca Cavazuccherina e Cortellazzo. In serata l’imperatore Carlo su consiglio del maresciallo Boroevic decide la ritirata sulla sinistra Piave. 21-22 GIUGNO Mentre continuano gli scontri nella zona Molino Nuovo - C. Martini - Losson, comincia il ritiro delle truppe austro-ungariche. Estreme posizioni italiane sul Piave (R.R.F.C.S.). 23 GIUGNO L’8a Armata italiana riconquista il Montello. La 3a Armata nel pomeriggio raggiunge il Piave a Candelù e a Zenson, mentre le truppe imperiali riescono a mantenere la zona di Croce - C. Montagner - Capo Sile - Piave Vecchio. 24 GIUGNO Dopo accaniti scontri nell’area di Musile, a sera la 3a Armata italiana rioccupa l’intera linea del Piave. La battaglia è finita. Si conclude così lo scontro più tragico mai avvenuto fra gli eserciti italiano e austro-ungarico con cui praticamente si sono decise le sorti del conflitto. Scrive la Relazione Ufficiale austriaca: “la grande battaglia nel Veneto iniziata dall’esercito austro-ungarico con le sue ultime forze, ma anche con la ferma volontà di vittoria, si era conclusa con un insuccesso molto simile ad una vera e propria sconfitta”.3 Perdite umane complessive: italiani e alleati franco-inglesi: morti 6.111, feriti 27.653, dispersi 51.856 totale di 85.620 uomini. Austro-ungarici: morti 11.643, feriti 11.643, dispersi 80.852 totale 118.042 uomini. Con l’aggiunta di 24.058 ammalati, si raggiunge la spaventosa cifra di 142.550 uomini.4 - 15 - LA BATTAGLIA NEL SETTORE DEL BASSO PIAVE IL TERRITORIO Così viene descritto da Baj Macario: “Il fiume sorge dalle balze del Monte Peralba, solca il Cadore, sbocca nel piano a Pederobba lo attraversa e sfocia in mare; il tratto da Pederobba all’Adriatico interessa la battaglia. Da Pederobba fino a Nervesa l’alveolo per circa 23 chilometri si allarga, in alcuni tratti fino a 2500 metri alle Grave di Ciano, e non si restringe mai sotto i 400. E’ costituito da un greto ricoperto di sterpi, tra rive alte una decina di metri, erte, franose. Il fiume scorre in diversi filoni poco profondi – meno di un metro – e in qualche punto può essere guadato dall’artiglieria. Da Nervesa a Ponte di Piave per circa altri 23 chilometri l’alveolo si dilata, le acque fluiscono pigre dividendosi in più rami, disperdendosi pei greti ghiaiosi, le Grave di Papadopoli, vasti isolotti ammantati da boscaglie. Le sponde del fiume, alte 2-3 metri sono poco marcate e in qualche punto sulla destra come a Spresiano rassodate da scarpate di pietra e in diversi tratti orlate da boschine e salici. La velocità media delle acque è di 3 metri al secondo. In periodo di magra il fiume si guada fino a Saletto; a valle rari e difficili sono i guadi; mutevole è la guadabilità del fiume e nel ’18 era possibile il guado solo alle Grave di Ciano. Da Ponte di Piave a San Donà per un tratto di 13 chilometri il fiume scorre con capricciosi serpeggiamenti: l’alveo si restringe a 100-300 metri il fondo diventa sodo, le sponde sono alte e bordate da modesti argini di protezione della fascia di golene, coltivate fino ai piedi degli argini maestri, larghi 6-8 metri ed alti altrettanto, robusti spalti per la difesa. Infine da San Donà al mare le acque, chiuse in un profondo canale largo un centinaio di metri, scorrono tra argini e paludi. Il terreno a cavaliere del fiume, salvo nel corso inferiore, è fittamente coperto ed ammantato da una vegetazione rigogliosa. Il piano è tutto rigato da filari di alberi, di vigne, di gelsi, tagliato da canali di irrigazione e di bonifica e da fossati, intersecato da siepi e muretti, costellato di villaggi e casolari rustici che, trasformati in capisaldi, divennero preziosi appoggi per la difesa e dall’ignoto balzarono ai fasti della storia. Nel giugno le messi erano alte e foltissime le fronde. L’orientamento è difficile e più arduo per gli austro-ungheresi il cui occhio, in generale, era assuefatto a paesaggi diversi; terreno insidioso e coperto dove l’azione dell’artiglieria perde efficacia …Vita dura nella laguna: ci si muove a stento lungo gli argini, nelle trincee sgorga copiosa l’acqua, si sguazza nella mota, la brezza marina mitiga le morbose esalazioni delle paludi. Quando piove tutto il terreno è una poltiglia viscida di fango: moscerini e zanzare a dovizia e l’ossessionante gracchiare delle rane”.5 - 16 - LO SCHIERAMENTO ITALIANO Il corso del basso Piave, su una fronte di circa 70 chilometri, da Palazzon al mare, viene affidato alla 3a Armata (S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d’Aosta), costituita da: XI Corpo d’Armata, da Palazzon a Salgareda – 31a divisione (brigate Veneto e Caserta) e 45° divisione (brigate Sesia e Cosenza); XXVIII Corpo d’Armata, da Salgareda a Gradenigo – 25a divisione (brigate Ferrara e Avellino); XXIII Corpo d’Armata, da Gradenigo al mare – 61a divisione (brigate Catania e Arezzo) e 4a divisione (brigate Torino e III brigata Bersaglieri). In riserva: la 23a divisione (nel campo trincerato di Treviso), alcuni gruppi di bersaglieri ciclisti, di bombardieri, di cavalleria, territoriali e reparti d’assalto, un reggimento di marina. Lo schieramento d’artiglieria, alla vigilia della battaglia, viene potenziato da altre 303 batterie, fra le quali 42 della Marina e 35 di bombarde, raggiungendo una densità media di 4,3 batterie per chilometro.6 Mitragliatrice sul Piave riconquistato (R.R.F.C.S.). Le cinque divisioni (130 battaglioni) sono scaglionate in profondità, in modo da avere presso il fiume solo un terzo delle proprie forze. “Le linee sono continue e ciascuna Divisione si scagliona in profondità, su più linee successive tenendo sulla prima, in generale, quattro battaglioni. Negli intervalli fra le linee sono collocati ben dissimulati nidi di mitragliatrici con azione di fiancheggiamento. Frequenti capisaldi collegati a scacchiera saldano i diversi sistemi difensivi e formano una rete a compartimenti stagni”.7 Il sistema difensivo del basso Piave è costituito su quattro ordini: 1. sul fiume, in tre linee profonde uno o due chilometri; 2. la linea San Biagio di Callalta – Meolo e di Lancenigo – torrente Vallio, fino al Sile e Cavazuccherina (zone inondate), distante 5 – 7 chilometri dal fiume; 3. lungo il Sile, da Treviso (campo trincerato su tre linee) alle Porte Grandi; 4. lungo il torrente Zero, appena abbozzata. - 17 - LE OPERAZIONI NEL SETTORE DEL XXIII CORPO D’ARMATA Il XXIII Corpo d’Armata italiano, comandato dal generale Pettiti di Roreto, schiera la 61a divisione formata dalle brigate Catania (145° e 146° reggimento di fanteria) ed Arezzo (225° e 226° reggimento di fanteria) fra l’ansa di C. Gradenigo e C. del Negro a sud – est di Capo Sile; la 4a divisione composta dalla brigata Torino (81° e 82° reggimento di fanteria) e dalla III brigata bersaglieri (17° e 18° reggimento) fino al mare. La riserva è costituita dal 4° gruppo bersaglieri ciclisti, dal 2° reggimento bombardieri, dal XXIII reparto d’assalto, da una squadra di autoblindo. Completano lo schieramento italiano, reparti della Guardia di Finanza e della Marina8. In corrispondenza del settore tenuto dal XXIII Corpo Ufficiali in trincea (R.R.F.C.S.). d’Armata italiano è schierato il XXIII Corpo d’Armata austro-ungarico comandato dal generale von Csicserics, costituito da tre divisioni: la 12° divisione posizionata da Noventa a San Donà esclusa, la 10° divisione da San Donà alla diramazione delle due Piavi e la 1° divisione di cavalleria appiedata sul corso della Piave vecchia. Secondo i dati del Baj Macario: “L’intero Corpo d’Armata conta 29.600 fucili e 426 mitragliatrici, allinea 255 pezzi ed è appoggiato dal fuoco di altri 23 pezzi del settore Trieste; 210 pezzi battono la zona d’urto. Munizionamento copioso: 4.000 colpi per ogni cannone da campagna, 3.000 per obice da campagna, 1.000 per obice pesante, 500 pei cannoni da 150 e pei pezzi da montagna. Sono pronte 27.571 granate a gas”.9 Alle ore 3.00 del 15 giugno inizia, violentissimo, il tiro di preparazione dell’artiglieria austro-ungarica che si sviluppa sull’intero fronte della 3a Armata con ampio utilizzo di proiettili a gas lacrimogeni nelle operazioni di controbatteria e di proiettili fumogeni sulla prima linea. A tal proposito scrive Luigi Gasparotto nel suo diario: “Il nemico sviluppò una nebbia così fitta di gas lacrimogeni che giungeva a tre chilometri dal Piave. Era tanto densa, che la vedetta di una postazione di mitragliatrici sul ciglio del fiume toccava con la mano l’acqua ma non la vedeva”.10 - 18 - Alle ore 3.30 il Comando d’Armata ordina l’inizio del tiro di contropreparazione, stabilendo che le unità di riserva vengano schierate sul secondo sistema difensivo (Meolo-Vallio). Alle ore 9.00, i posti avanzati comunicano ai comandi la presenza di reparti austro-ungarici sulla destra del Piave, di particolare consistenza nella zona di Fagarè e di Musile. Il Valori afferma che: “Gli effetti della violenta azione nemica furono, da principio impressionanti. I piccoli presidii dei nostri reparti di vigilanza, situati o negli isolotti o nella trincea più avanzata, a distanza spesso notevole dalla linea di resistenza, furono dal nemico avvicinati durante il fuoco di preparazione, e sopraffatti all’arma bianca; le principali vie d’irruzione avversaria divennero così i nostri stessi camminamenti, sicché le prime fasce di reticolati poterono essere facilmente superate”.11 15 GIUGNO Verso le ore 5.00 del mattino gli austro-ungarici intensificano il fuoco delle loro artiglierie, particolarmente sulle linee arretrate e nelle anse, mentre le fanterie procedendo a piccoli gruppi su sentieri e stradine poco frequentate, per sfuggire al fuoco d’interdizione, si ammassano dietro gli argini del Piave. L’offensiva investe soprattutto le truppe della 61a divisione, ed in modo particolare la brigata Catania che ha il 145° reggimento di fanteria schierato dal vecchio Tiro a Segno di San Donà Trincea nel basso Piave (R.R.F.C.S.). al caposaldo di C. Gradenigo, ed il 146° reggimento di fanteria alla destra di San Donà sino all’ansa di Paludello. Alle ore 8.20 reparti della 10a divisione austro-ungarica, protetti da una fitta cortina di fumo, superano il Piave fra le Porte del Taglio e Paludello e piegano la difesa del II/146° (brigata Catania); avanzando oltre i capisaldi di Croce a nord e di Cento sul Fosso Mille Pertiche. L’azione è così descritta dal Baj Macario: “Il nemico traghetta il Piave con perdite insignificanti. Irrompe dapprima verso Paludello, al centro della sinuosa fronte della nostra 61a Divisione; scavalca la prima linea, prende alle spalle il 146° fanteria della brigata Catania che, inebetito dai gas, stordito dal bombardamento, sgominato dalla violenza - 19 - e dalla rapidità dell’assalto viene catturato in gran parte. Altri nuclei sboccano da San Donà e scivolano fra la vegetazione rigogliosa, sotto i filari degli alberi, lungo gli argini dei canali. La sinistra della divisione (brigata Catania) è disfatta, l’artiglieria minacciata, il Comando della Divisione costretto a ripiegare”.12 Il comandante della 61a divisione (generale Marchetti) invia immediatamente le proprie riserve ad arginare il nemico: il I/145° fanteria va a occupare la linea del Fosso Gorgazzo, mentre il II/145° riceve la consegna di contrattaccare lungo la ferrovia di S. Donà e verso Intestadura. Al contrattacco, diretto dal generale Martinengo (comandante della brigata Catania), dovranno concorrere anche il XXIII reparto d’assalto, ed il 4° gruppo bersaglieri ciclisti. Alla brigata Arezzo resta il compito di tenere saldamente la linea fra il Fosso Gorgazzo e Paludello-Cento. Ma la forte e continua spinta nemica, congiuntamente alla carenza di collegamenti fra la linea e i comandi, determina l’impossibilità di effettuare il suddetto contrattacco. L’avanzata austro-ungarica, anzi, continua fino al Fosso Gorgazzo, obbligando la brigata Catania a ripiegare, determinando la cattura di alcuni pezzi d’artiglieria, intorno a C. Sperandio. Alle ore 12.00 gli austro-ungarici sono sulla linea Fosso Gorgazzo - C. Montagner - C. Gradenigo - C. Franceschini - Le Cascinelle - C. di Rosa - C. Alfier - C. SicherPiave Vecchia, e minacciano la testa di ponte di Capo Sile. Il Comando della 3a Armata, allarmato, decide di inviare di rinforzo al XXIII Corpo d’Armata alcune unità del XXV Corpo d’Armata (fra cui la brigata Sassari), il 3° gruppo bersaglieri ciclisti e unità d’artiglieria. Il generale Petitti di Roreto ordina nuovamente alla 61° divisione di contrattaccare il nemico sul fianco, mantenendo la testa di ponte di Capo Sile. La brigata Catania, ed il XXIII reparto d’assalto, premuti dal nemico, si concentrano dietro il Canale Fossetta. “Sugli argini, anche il comando del 145°, col colonnello Bianchi, col medico e col cappellano Fontanarosa, dovette fare le fucilate. Stabilite le difese sulla Fossetta, la prima batteria del 37° reggimento da campagna, piazzò i cannoni sulla stessa linea della fanteria… Qui, fanti, artiglieri, fiamme rosse dell’Allegretti e bombardieri del De Perfetto, si batterono a bombe a mano, con gli austriaci sull’altro margine della Fossetta”.13 Le truppe austro-ungariche riescono ad incunearsi tra il Fosso Gorgazzo ed il Canale Fossetta determinando un ulteriore arretramento verso la linea C. Malimpiero - C. Bellesine, già presidiata da truppe dell’81° reggimento di fanteria (brigata Torino) e dal 2° reggimento Bombardieri. A questo punto il Comando italiano prende la decisione di rinunciare momentaneamente ai contrattacchi e ordina alle proprie unità il ripiegamento sulla linea del Meolo, ritenuta maggiormente difendibile. Verso le ore 21.00 gli imperiali prendono - 20 - anche Capo Sile, costringendo il 225° reggimento di fanteria della brigata Arezzo a ripiegare su Mezzo Taglio e mirano a troncare il fondamentale collegamento in linea fra la 61a divisione e la destra del XXVIII Corpo d’Armata, nel tratto Capo d’Argine - Croce. Alle ore 24.00 le truppe austro-ungariche nel settore della 61° divisione, hanno raggiunto la linea che, lasciando alle truppe italiane il caposaldo di Capo d’Argine, taglia la ferrovia Mestre - S.Donà per proseguire lungo il canale Fossetta fino a C. Malipiero, e quindi, procedendo da nord a sud, verso C. Bellesine (sul Gorgazzo) - Fossa (sul Mille Pertiche) fino a Mezzo Taglio.14 16 GIUGNO Il generale Petitti di Roreto, preoccupato anche da attacchi austro-ungarici nella più occidentale area di San Donà, invia alcuni reparti a fronteggiare la minaccia e dirama l’ordine di contrattacco mirante alla riconquista della linea del Piave. L’azione, prevista per le ore 4.30, è affidata al generale Sanna, comandante della 33a divisione, alla guida della brigata Sassari, del III gruppo bersaglieri ciclisti, del 2° reg- Trincee sconvolte nel basso Piave (R.R.F.C.S.). gimento bersaglieri e del 14° reggimento d’artiglieria da campagna. Prendono parte all’azione anche il XXIII reparto d’assalto, ed il III battaglione bersaglieri ciclisti. L’esito è inizialmente favorevole alle truppe italiane, che riconquistano il caposaldo di Croce e alle ore 12.00 pervengono al caposaldo di C. Gradenigo e all’argine del Piave in zona Gonfo. Ma verso le ore 14.00 la brigata Sassari viene risospinta verso Losson e il Canale Fossetta; cadono anche le posizioni di Capo d’Argine, determinando la perdita del collegamento con la 25a divisione (XXVIII Corpo d’Armata) e, a destra, con il 145° della Catania che, invece, sta resistendo sulle posizioni di C. Malipiero - Fosso Mille Pertiche. Si accendono: “Furibonde lotte intorno ai villaggi e ai casolari, perduti e riconquistati una, due, tre volte in un’alternativa piena di ansie, infiltrazioni nelle linee, sor- 21 - prese di fuoco ed agguati fra le messi, lungo gli argini, sotto i filari dei gelsi e di olmi sotto le pergole…La linea di fuoco, ch’è tutto un serpeggiamento, ondeggia senza posa: è quasi impossibile conoscerne la precisa ubicazione in un dato momento: sarebbe più appropriato dire area di combattimento”.15 Al termine della giornata le truppe della 33a divisione sono attestate sulla linea Losson – Meolo, mentre i fanti della brigata Sassari sono schierati sulla linea del Vallio. Il generale Petitti di Roreto ordina il ripiegamento della 61a divisione sulla linea del Meolo, con il sostegno della brigata Bisagno. Inoltre viene destinata al XXIII Corpo d’Armata la divisione d’assalto comandata dal generale Ottavio Zoppi. La 5a Armata austro-ungarica, prosegue gli assalti sulla destra Piave per conquistarsi lo spazio indispensabile per combattere. Tuttavia, non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati (allineamento Montebelluna - Treviso - Mestre) e deve lottare con il Piave alle spalle, schiacciata in una ristretta fascia di terreno. Conclude il Baj Macario: “…gli austro-ungarici, dopo aver forzato il fiume ed intaccato con relativa facilità la linea marginale, si trovano impigliati in un labirinto di difese, smarriti nella vegetazione foltissima che chiude l’orizzonte a cento e talvolta venti metri di distanza, incappano nei reticolati, cadono sotto le raffiche di mitragliatrici invisibili che si svelano da tutte le parti. La caratteristica della lotta è lo sminuzzarsi in mille episodi, lotta lunga, dura, estenuante… Battaglia di fanti più che di artiglieria anche perché spesso nel terreno molle le granate si conficcano senza esplodere”.16 17 GIUGNO Nel primo pomeriggio gli imperiali attaccano nuovamente le posizioni di Losson e di C. Bellesine, ma senza conseguire risultati significativi. Alle ore 18.00 gli italiani contrattaccano con la divisione d’assalto, partendo dalla linea Lampol – Ronche – Scolo Palombo – Losson e operando in direzione sud-est; la brigata Bergamo partecipa all’azione agendo verso Musile, per ricollegarsi all’ala destra del XXVIII Corpo d’Armata. L’avanzata italiana si scontra con un poderoso attacco della 57a divisione austro-ungarica verso Monastier. Dopo dura lotta sono conquistati i capisaldi di Fossalta, Croce e Capo d’Argine, poi abbandonato. A sud la brigata Bisagno avanza oltre la linea C. Malimpiero C. Bellesine - Fosso Mille Pertiche. Quei momenti vengono così descritti dal poeta siciliano Ignazio Buttitta: “Il giorno 17 ci fu il grande scontro…in fondo alla strada si sentiva il crepitare delle mitraglie e non sapevamo più da che parte stesse il nemico. Qualcuno urlava degli ordini e ci parve di capire che dovevamo ripiegare…Sparammo - 22 - all’impazzata fin quasi ad esaurire le scorte di munizioni che stavano nella trincea. I nostri mitraglieri facevano miracoli con le loro Fiat raffreddate ad acqua, che ogni tanto si inceppavano per l’eccessivo riscaldamento della canna. Li ricacciammo, e - a darci man forte - arrivarono gli arditi che caricarono la valanga nemica all’arma bianca compiendo un massacro…Fu una giornata tremenda…Io - ragazzo del ’99 - coi piedi affondati nel fango della trincea, pregavo ed imprecavo insieme, senza avere coscienza di quello che mi stava attorno”.17 Alla sera la linea del XXIII Corpo d’Armata è la seguente: Scolo Palombo (33a divisione); Meolo Taglio del Sile (61a divisione); Taglio del Sile - mare (4a divisione). Nel settore centrale della 3a Armata italiana intanto gli austro-ungarici sono Posizioni avanzate italiane (R.R.F.C.S.). riusciti ad unire le due teste di ponte, conquistando gli abitati di Saletto e Candelù. La forte pressione esercitata dalle truppe austro-ungariche costringe i fanti italiani ad arretrare nella regione Fossalta - San Donà - Capo Sile. “L’Isonzo Armee ha fuso le due teste di ponte ma il suo dilagare è stato arginato… il consumo di proiettili in queste tre giornate è stato favoloso: il VII corpo d’armata austro-ungherese ha scagliato in un solo giorno 1.200 tonnellate di proiettili”.18 18 GIUGNO Alle ore 4.15 gli austro-ungarici riprendono l’offensiva nella zona del Sile (Agenzia Zuliani) e contro la linea C. Malipiero - C. Bellesine, ma senza conseguire risultati strategici, fermati dalla accanita resistenza italiana e dall’intervento dell’artiglieria. Il 15° reggimento di fanteria della 10a divisione imperiale riesce a raggiungere il torrente Meolo a sud della linea ferroviaria presso C. Ancilotto. I soldati galiziani sono avanzati di due chilometri realizzando la massima penetrazione austro-ungarica nel corso della battaglia, ma contrattaccati dalle truppe della 33a divisione e dai reparti d’assalto sono - 23 - costretti a ripiegare sul Canale Fossetta. Intanto, la piena del Piave determina la distruzione delle passerelle gettate a nord di Ponte di Piave sino a Zenson. Rimangono ancora transitabili solo i passaggi di S. Donà. Riferisce la Relazione Ufficiale austriaca: “Verso sera la piena distrusse anche il ponte del XXIII corpo d’armata nei pressi di S. Donà e cinque dei sette ponti che erano stati costruiti nel settore della 1a divisione di cavalleria oltre il corso artificiale del Piave. Il nemico aveva trovato nella furia degli elementi un potente alleato… Al termine del quarto giorno della battaglia, nonostante tutti i sacrifici compiuti nel corso di numerosi combattimenti, il XXIII corpo d’armata si trovava ancora a 2-3 chilometri dagli obiettivi intermedi assegnati. Senza tempestivi e consistenti rinforzi non era più possibile attendersi un grande successo, anche perché la spinta offensiva delle truppe, logorate nel fisico e nel morale, si era ormai notevolmente ridotta”.19 Alle ore 24.00 la linea della 3a Armata corre lungo la sponda destra del Piave sino a quota 24; da qui raggiunge Candelù, tocca Sette Casoni, taglia la rotabile Ponte di Piave - Treviso, segue il Fiume Spinosola e, con un saliente verso est, raggiunge Fossalta proseguendo fino a Capo d’Argine e Losson. Giunge infine a Meolo e prosegue su C. Malipiero e C. Bellesine, verso la palude del Sile e il mare20. La situazione della 3a Armata è comunque in netta ripresa e i collegamenti fra i reparti, nell’area Fossalta - Osteria - Capo d’Argine, sono riannodati stabilmente. 19 GIUGNO Alle ore 4.30 la brigata Bisagno, appoggiata da due battaglioni del 4° gruppo bersaglieri ciclisti, da un battaglione cecoslovacco, dalla 5a squadriglia autoblindo e dal 226° reggimento di fanteria (brigata Arezzo), procedendo su due colonne dalla linea C. Malipiero - C. Bellesine, in direzione nord - est, superando la tenace resistenza avversaria alle ore 7.00 raggiunge la linea C. Gradenigo - Le Cascinelle - Cà di Rosa. Nel pomeriggio nuclei di marinai, fanti e militari della Guardia di Finanza avanzano fino a toccare Capo Sile catturando numerosi prigionieri. “Su tutta la fronte del Piave, dal Montello al mare, la pressione delle nostre fanterie continuava serrata, decisa, irresistibile; un formidabile fuoco d’artiglieria l’accompagnava flagellando le truppe nemiche, sfasciando di continuo alle spalle, con l’instancabile cooperazione degli aviatori, ponti e passerelle”.21 20 GIUGNO Gli austro-ungarici intensificano gli sforzi nella zona di Capo d’Argine, di - 24 - Losson e della stazione di Fossalta. La brigata Sassari ed il IX battaglione bersaglieri ciclisti con un energico contrattacco ristabiliscono la situazione. La lotta assume caratteri particolarmente violenti intorno al caposaldo di Losson, dove due reggimenti austriaci (15° e 32° Schutzen) si scontrano con gli arditi della Sassari, sostenuti dal IX battaglione bersaglieri ciclisti, da gruppi di bombardieri e dal II/209° (brigata Bisagno). Intanto il generale Marchetti, comandante della 61a divisione, decide di ritirare i resti ormai stremati da sei giorni di continui combattimenti, della brigata Catania dal campo di battaglia. In serata i fanti della brigata Torino attaccano le truppe imperiali sul Sile, mentre il 17° bersaglieri conquista la trincea di Bova Cittadina, partendo dalla testa di ponte di Cavazuccherina. Il battaCadaveri austriaci nell’acqua presso Musile (R.R.F.C.S.). glione di marina Grado, dalla testa di ponte di Cortellazzo, si impadronisce della prima e della seconda linea difensiva austro-ungarica raggiungendo le posizioni di C. Azzaretti – C. Cornoldi - C. Veronesi - C. Allegri. Intorno alle ore 19.00 giunge da Spilimbergo l’ordine imperiale di ritirata sulla sinistra Piave. Secondo il piano elaborato dal Comando della 5a Armata, i primi a ripassare il fiume dovevano essere le batterie ed i carreggi, nella notte del 22 giugno; seguiti poi dalle truppe del IV Corpo d’Armata e successivamente da quelle del VII e del XXIII Corpo d’Armata entro la notte del 24 giugno. A seguito di questa decisione scrive il Baj Macario: “Il dramma è all’ultimo atto. Gli austro-ungheresi hanno attraversato tutte le peripezie: oltre il turbine di fuoco dalla terra e dal cielo e i nostri insistenti contrattacchi, hanno conosciuto il tormento della fame e della sete, le ansie della piena del fiume alle spalle. Le acque dei canali e le acque del Piave che convogliavano e dove si disfacevano i cadaveri, erano inquinate, terrose, giallastre e non si poteva berla senza rischio. Più volte i reparti addossati al fiume… impossibilitati a sgombrare i feriti e i malati, li avevano riparati nei crateri delle esplosioni; più volte altri proiettili italiani avevano dilaniato e straziato feriti e febbricitanti in quegli improvvisati giacigli. In alterna vicenda la piova e il dardeggiare del sole affrettavano la decomposizione dei cadaveri; il lezzo dei morti ammorbava l’aria e provocava un senso di atroce nausea. Si davano casi di pazzia. Le tende, le case, le baracche, i cascinali, - 25 - i nostri ricoveri erano stati minuziosamente frugati nelle affannosa ricerca di viveri, frutta acerbe, erbaggi, pannocchie di granoturco erano serviti per alleviare la fame. Sei giorni di lotta hanno divorato uomini e materiali, sei giorni di continua tremenda tensione hanno esaurito le fibre più resistenti. Lo sfinimento degli uomini denutriti è giunto al limite estremo. Gli austro-ungheresi, inchiodati, si trincerano sulla linea raggiunta ma appena compiuto uno scavo di mezzo metro la piova riempie d’acqua le trincee. Solo il profondo senso di dovere sorregge ancora questi uomini, demoralizzati, stanchissimi, bagnati fradici, che guazzano nella mota fino al ginocchio. Molti reggimenti sono ridotti a meno di mille fucili Al cadere del sesto giorno la battaglia si è spenta per esaurimento: è la sorte di molte grandi battaglie moderne. Se il vinto è esausto anche il vincitore è spossato.”22 21 GIUGNO Giornata di relativa calma, tale da indurre i comandi italiani a riordinare i reparti, in attesa di riprendere l’attività controffensiva. Nella zona di Cavazuccherina proseguono gli attacchi italiani tendenti ad allargare le conquiste dei giorni precedenti. Verso le ore 20,00 viene respinto un nuovo attacco austroungarico contro il caposaldo di Losson. Analizzando gli avvenimenti di questi giorni scrive la Relazione Ufficiale italiana: “L’equilibrio si rompeva, ormai, a nostro favore…in queste condizioni era manifesta l’inutilità anzi il danno di insistere in una dispendiosa lotta di tipo carsico, lanciando avanti le fanterie alla riconquista del terreno perduto, e virtualmente già quasi riscattato; mentre era sufficiente, per affrettare il ripiegamento ormai inevitabile, intensificare il tormento del fuoco che da più giorni si abbatteva sulle truppe nemiche inesorabilmente come una valanga”.23 22 GIUGNO Le truppe italiane avanzano a est del Meolo raggiungendo la linea Losson - Canale Perissima; mentre nell’area fra il Sile e Piave Nuova bersaglieri e marinai occupano C. Diana, schierandosi sulla linea C. Azzaretti - Veronesi - Piave. “Tutti si è stanchi. Ci si ritiene paghi del grandissimo risultato ottenuto di avere infranta la poderosa offensiva nemica e, a vero dire, non si prevede che il nemico s’abbia a ritirare dietro il Piave. Questo determinerà un certo rallentamento di vigilanza e di attività, un certo assopimento”.24 23 GIUGNO Si sta concludendo il ripiegamento austro-ungarico su tutta la fronte. “La ritirata si compie secondo il programma pressoché indisturbata…le stremate colonne ripassano febbrilmente il fiume”.25 Verso le ore 15.00 le truppe della 3a Armata inseguono gli austro-ungarici incontrando una forte resistenza nella zona di San Donà. Al termine della - 26 - giornata le truppe imperiali si mantengono sulla linea Croce - C. Montagner - Capo Sile - Piave Vecchia - Piave di San Donà. 24 GIUGNO La battaglia infuria nel settore di Fossalta, Fosso Gorgazzo e Capo Sile, dove gli austro-ungarici tentano di salvare l’artiglieria. Alle ore 10,30 la 33a divisione raggiunge il Piave tra Gradenigo e Musile con la brigata Sassari, ma le truppe della 61a divisione sono bloccate fra Musile e Paludello (ansa di Chiesanuova) e quelle della 4a divisione incontrano grandi difficoltà nel procedere verso est. Solamente alle ore 18.00 le truppe del XXIII Corpo d’Armata raggiungono la riva del Piave. “La sera del 24 giugno la situazione anteriore alla battaglia era integralmente ristabilita; anche la testa di ponte di Capo Sile veniva rioccupata. Il II battaglione dell’81° fanteria, la mattina del 25, eseguiva una magnifica puntata oltre il Sile a Porte di Taglio, e vi prendeva 400 prigionieri”.26 Così si conclude la descrizione della battaglia nel resoconto del Comando Supremo scritto il 31 luglio del 1918. “Nella magnifica notte di plenilunio rimbombano le ultime cannonate che suggellano il fallimento della massima offensiva austro-ungherese”.27 NOTE ALLA BATTAGLIA DEL SOLSTIZIO: 1 Ministero della Difesa Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio Storico, L’Esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), volume V, le operazioni del 1918, tomo I, Roma, 1980; Osterreich-Ungarns Letzter Krieg (l’ultima guerra dell’austria-ungheria), Relazione Ufficiale Austriaca, volume VII: il 1918, Vienna, 1938; Regio Esercito Italiano Comando Supremo, La battaglia del Piave (15-23 giugno 1918), Roma, Tipografia Cugliani, 1920; Pieropan Gianni, 1914-1918 Storia della Grande Guerra, Milano, Mursia, 1988; Peter Fiala, 1918 il Piave. L’ultima offensiva della Duplice Monarchia, Milano, Mursia,1988; Novello Parafava dei Carraresi, Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano, Musei del Risorgimento e di Storia Contemporanea, 1965; Dupont Amelio, La Battaglia del Piave, Roma, Commentari della Vittoria, 1928. 2 Valori Aldo, La guerra italo - austriaca, Bologna, Nicola Zanichelli editore, 1925; 3 Osterreich-Ungarns Letzter Krieg (l’ultima guerra dell’austria-ungheria), Relazione Ufficiale Austriaca, volume VII: il 1918, Vienna, 1938; 4 Pieropan Gianni, op. cit.; 5 Baj-Macario Gianni, Giugno 1918, Milano, Corbaccio, 1934; 6 Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, op. cit.; 7 Baj Macario Gianni, op. cit.; 8 Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.; 9 Baj Macario Gianni, op. cit.; 10 Gasparotto Luigi, Diario di un fante, Vol. II, Milano, Fratelli Treves editori, 1919; 11 Valori Aldo, op. cit.; 12 Baj Macario Gianni, op. cit.; 13 Gasparotto Luigi, op. cit.; 14 Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.; 15 Baj Macario Gianni, op. cit.; 16 Baj Macario Gianni, op. cit.; 17 Bernardi Mario, Di qua e di là dal Piave. Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano, Mursia,1989; 18 Baj Macario Gianni, op. cit.; 19 Osterreich-Ungarns letzter Krieg, op. cit.; 20 Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.; 21 Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.; 22 Baj Macario Gianni, op. cit.;. 23 Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, op. cit.; 24 Baj Macario Gianni, op. cit.; 25 Baj Macario Ganni, op. cit.; 26 Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito,op cit.; 27 Baj Macario Gianni, op. cit.; - 27 - Il diario 1917-1922 di Edoardo Avellini. - 28 - DIARIO DI GUERRA E VITA MILITARE DEL CAPORALE AVELLINI EDOARDO ANNO 1917-920.1 Anno 1917 Il 14 Maggio andai alla visita, mi fecero abile. Il 14 Giugno mi presentai per la destinazione del corpo, fui destinato al 54° Regg.to Fanteria2 - Ivrea. Il 4 Luglio partii per il Regg.to, arrivando a Ivrea alla sera alle ore 23. Giunti in caserma fecero le compagnie, e fui destinato alla 1ª. Terminate queste ci portarono a dormire (erano le ore 2) in una camerata per terra senza nemmeno un pò di paglia3 (doveva arrivare); fortuna che alle ore 5 suonarono la sveglia4, e per la prima cosa ci fecero fare il bagno, dopo la vaccinazione e il taglio dei capelli. Non appena tutti pronti, subito in rango per andare a vestirsi, terminato questo, istruzione del saluto. (Il primo giorno passò così…) Dal giorno 6 al 13 Luglio, istruzioni, visite, reclami segnare visita alla mattina ecc. ecc. Il 14 Luglio arrivai all’ospedale militare di riserva a Ivrea per una escoriazione5 al calcagno del piede sinistro, male causato dalle scarpe corte. Il capitano medico del regg.to disse che fu male procurato, essendone molte di queste, e le più tante procurate con pasticci, sicché prima di farmi ricoverare, mi fece passare una visita superiore da un colonnello medico, onde costatò con tante prove che fu la scarpa corta causa del male, mandandomi allo ospedale dove mi fu ingessato il piede e ricoverato per 35 giorni. Il 14 Agosto passò la commissione e mi dettero guarito, sicché il 18 c. m. lasciai l’ospedale con 3 giorni di riposo, mandandomi al mio deposito che fu pure a Ivrea. Al deposito anziché 3 giorni vi stetti 10, perché la compagnia dove fui effettivo, fu al campo. La vita al deposito non fu triste ma fu una lotta continua contro le cimici, non potendo dormire ne giorno e notte. Il 28 Agosto con fonogramma fu chiamato ad entrare immediatamente il regg. to in caserma per lo sciopero di Torino6, giunto il regg.to mi mandarono alla mia compagnia, e senz’altro si proseguì per Torino (primo episodio di guerra). Io non avevo mai avuto fucile, fortuna volle che si ci stette poco, arrivando con treno speciale staccato dalla 1ª linea la brigata Sassari, quindi ci ha sostituito noi cappelle7 tornando a Ivrea. A Torino ci siamo fermati un giorno solo, ma bastò per vedere abbastanza….. Dal 31 Agosto al 30 Settembre marcai visita tutte le mattine sentendomi sem- 29 - pre poco bene, e quasi sempre riconosciuto, perciò per due mesi riposo e servizio interno. Il 1° Ottobre venne una richiesta da una compagnia presidiaria, mandandoci tutti quelli inabili temporaneamente e tra questi pure io ci presi parte; alla sera stessa si partì per Pont Saint Martin8 (Valle D’Aosta) arrivando a destinazione nella notte. Alla suddetta compagnia si faceva la guardia a dei grandi magazzini di munizione, per me fu la prima guardia che feci. Il 10 Ottobre venne a trovarmi il mio amico Pin, passandoci una giornata uso Rivarolo.9 Il 20 Ottobre venne una richiesta da Ivrea di tutti gli uomini disponibili e di farli rientrare subito a Ivrea. (Epoca Caporetto). In tutta la compagnia si era appena 4 uomini in più che servivano per il cambio quando ve n’era qualcuno10 ammalato. (Si faceva la guardia fissa). Il comandante della compagnia, per far più presto, prese i primi 4 nomi dal giornale di contabilità, sicché io fui il 1° e in compagnia di altri 3 subito ci fecero preparare e partire per Ivrea. La vita di questi 20 giorni fu molto pesante e senza mai un giorno libero, però c’era poca disciplina e certo si preferiva questa vita a quella di caserma. Per essere stato libero il giorno 10 dovetti farmi fare la mia guardia da amici. Il 21 Ottobre arrivammo a Ivrea, passati la visita e fatti abili, ci vestirono di nuoPonte sul Piave, (archivio C. Vassallo). vo e col zaino affardellato11 insieme a tutti i partenti che già erano pronti, in tutti si era circa 70, ci caricarono su due carri bestiame (uomini 40 cavalli 8) attaccandoci al treno Aosta Torino, ci portarono a Chivasso12 ove fu già in stazione un lungo treno speciale proveniente da Torino, ci attaccarono a questo e partenza per Mestre. Il 22 Ottobre arrivo a Mestre, ci prese in forza un regg.to di marcia e dopo proseguimmo ancora in treno e poi a piedi per S. Cipriano,13 a un Batt.ne complementare, dove subito formarono dei battaglioni in partenza per il fronte. Assegnati a che Brigata?… senza numero al berretto, mostrine alla giubba, basta partire, tutto andò bene. Arrivati al Tagliamento ci fecero tornare indietro insieme a molta truppa, di tutte le categorie, perché il nemico avanzava pazzamente, fermati a un altro piccolo fiume,14 che mi sfugge il nome, per fare se - 30 - si poteva un po’ di resistenza, ma subito ci fecero proseguire fino al Piave, e senz’altro a fare la trincea. Sembrava la fine del mondo, non si capiva più niente, ordini, contrordini e via via; di mangiare non se ne parla, dormire peggio ancora, Ponte sulla Priula (archivio C. Vassallo). infine hanno fatto saltare il ponte del Piave, (che spettacolo) onde il nemico non potesse più proseguire e nel frattempo arrivarono molti dei nostri regg.ti di fanteria, genio, artiglieria ecc. ecc. tutti si lavorava a fare la trincea e infine arrivò il nemico al Piave. Subito fuoco contro fuoco, questo durò tutta la notte tentando ancora di passare il Piave, ma questo poi no, dovettero rinunciare perché ormai la nostra linea fu diventata più forte di quella nemica, e col far del giorno si dovette cessare il fuoco perché da ambedue le parti si era senza ripari, assalti non se ne poteva dare, quindi si lavorava nascostamente dietro gli argini. Alla sera il nemico attaccò nuovamente deciso, ma anche per questa notte non riuscirono a ciò che volevano, quindi si calmarono e se Dio vuole cessò anche un po’ il fuoco. E dormire?… Macchee15 dormire, due ore di vedetta e ore 2 di lavoro a far trincea, baracchini, ripari ecc. ecc. e via via per parecchi giorni così, poi a poco a poco è venuto un po’ di calma di nuovo, che si poteva lavorare un po’ di più, onde farsi una buona trincea e camminamenti e infine una buona linea di resistenza, e via via anch’io presi la vita normale di trincea fino al 7 Gennaio quando abbiamo avuto il cambio e ci assegnarono alla Brigata Catania 145° e 146° fanteria.16 Durante tutto il tempo, specie poi dal 23 Ottobre al 10 Novembre, quanti altri particolari avrei dovuto prendere, ma se il tempo e la comodità l’avesse permesso, allora non sarebbe stata vita infernale come purtroppo abbiamo dovuto fare. Anno 1918 La mattina del 7 Gennaio si ebbe il cambio andando a riposo a Meolo17, primo - 31 - paese che si trovava dietro al Piave. Mattino 8 Gennaio subito ci fecero fare il bagno, ci vestirono di pulito (avendone il bisogno) assegnandoci il posto da dormire, cioè dentro al municipio di Meolo, dove si ci stette fino al 19 c.m. In questi 11 giorni si è goduto un po’ di pulizia più che altro, poi riposo e si poteva anche scrivere ai genitori, però non tutto il giorno all’ozio perché sempre c’era da fare. La sera del 19 Gennaio andai per la seconda volta in trincea, a fare il regolare turno che ci spetta quando si appartiene ai regg.ti di linea. La notte fu abbastanza buia, qualche granata fuggi e fuggi, infine si perdette il collegamento, e parte della Brigata andarono da una parte e la rimanenza andarono da un’altra, insomma che si dovette girare per tutta la notte prima di essere al proprio posto, cioè nei pressi del ponte della ferrovia sul Piave.18 Come posizione non fu tanto brutta perché vi furono dei discreti posti di vedetta e anche discreti furono i baracchini per ripararsi, ma era un continuo essere sotto il fuoco, sia di giorno che di notte, ora fucileria, ora mitraglia, ora bombarde, barilotti, granate insomma che per tutto il turno fu così. Cessavano con una roba per ricominciare con altro genere, sicché era quasi un continuo “all’armi” e quiete non ve n’era per nessuno, e per ben 38 giorni durò sempre uguale, dovendo piangere tanti compagni. La notte del 26 Febbraio si ebbe il cambio andando a riposo a Meolo, solito - 32 - posto per godersi un po’ di pulizia e riposo, che durò fino al 10 Marzo. La vita a riposo fu circa uguale a quella precedente, però le notti furono sempre terribili per i continui allarmi degli aeroplani nemici, che tutte le notti venivano a bombardare. La notte del 10 Marzo andai per la terza volta in trincea a fare il regolare turno, andando nei pressi di Musile Piave.19 Giunti al posto assegnato, ormai si incominciava a essere anziani anche della trincea, perciò non si badava tanto alla posizione. Il 16 Marzo passai porta ordini, e non feci più la vedetta anzi, dispensato da qualsiasi servizio, ma ciò che feci fu peggio che a fare la vedetta. Il 19 Marzo per me fu terribile: la notte stessa rimasi coperto di terra in un camminamento dentro la trincea, trovandomi di passaggio per andare al comando di una compagnia, era circa la mezzanotte, improvvisamente si scatenò un bombardamento di bombarde e barilotti, che durò circa un quarto d’ora, durante questo una bombarda scoppiò sopra al camminamento dove passai, saltando in aria un piccolo tratto di trincea, rimanendoci sotto. Fortunatamente non fui coperto soltanto dalla terra ma bensì anche dai graticci, i quali furono sufficienti per salvarmi; sotto il materiale ci stetti fino che non venne il genio zappatori a liberarmi. Cessato il bombardamento, gli zappatori andarono a fare il solito giro per rifare tutto ciò che fu bombardato, e da loro fui estratto: erano le ore 3; portato al più vicino comando di compagnia, ove fui ristorato, e fatto visitare, non essendo ferito rimasi al mio posto, però per parecchi giorni rimasi ballordito.20 Il 29 Marzo giorno terribile: bombardamenti continui per tutto il giorno, verso sera distrussero vari pezzi di trincea e baracchini, dove fui a dormire furono 3 baracchini attaccati, sopra ci scoppiò 2 bombarde rimanendoci 3 feriti, tra i quali un amico anche caro che rimase sotto il materiale gridando disperatamente; sentendo gridare, andai per aiutare il ferito insieme a un portaferiti, quando scoppiò un’altra bombarda ferendo in varie parti il porta feriti che poverino fu colpito da ben 19 piccole schegge tra gamba, fianco e braccio sinistro (Io rimasi incolume, non so in che modo). Vennero altri due porta feriti, portando via il collega, io continuai a liberare il ferito che sempre gridava; liberato e preso sulle mie spalle (sempre sotto al bombardamento) lo portai al posto di medicazione che fu distante 250 metri circa, il ferito aveva una gamba rotta e varie ferite a tutto il corpo. Il capitano medico mi fece la proposta per una promozione, però più nulla seppi in merito. (Si vede che anche per le medaglie ci vuole fortuna) La notte del 14 Aprile ci dettero il cambio andando sempre a Meolo, ormai posto noleggiato del nostro regg.to. - 33 - Dal 29 Marzo al 14 Aprile molti altri particolari ci sarebbero stati da prendere, ma per prendere giorno per giorno ci voleva un giornalista rifornito di tempo, la prima cosa carta, lapis ecc. ecc., su per giù soliti morti e feriti. Il riposo fu breve e non troppo tranquillo perBarcone sul Piave (archivio C. Vassallo). ché ai 20 ci portarono a fare una finta azione per tenerci esercitati, facendoci fare 40 chilometri di strada fra l’andata e il ritorno, questa distanza per comodità di campo e trincea. All’azione furono presenti tutti i nostri Generali di corpo d’Armata, come pure S.A.R. il Duca D’Aosta.21 L’azione perché fu finta, si ebbe a piangere un morto e 7 feriti fra i quali un ufficiale. Il 28 Aprile sono andato per la 4ª volta in trincea a fare il sempre regolare turno. Al 10 Maggio feci domanda di passare di compagnia, per essere insieme con qualche amico venuto con i complementi alla nostra compagnia (questo mi fu concesso). Il 20 Maggio notte terribile, bombardamenti che non si salvava neanche le mosche, e durò fino a giorno, morti e feriti in quantità. Il 22 e 23 Maggio notti indiavolate, bombardamenti accelerati, la terra scappava tutta, altro che fine del mondo… perdite e disastri… Il 24 Maggio notte calma, fummo preparati per un forte attacco, essendo il terzo anniversario dell’entrata in guerra, invece fu tutto il fronte da ambedue le parti calmo. Gli austriaci per tutta la notte buttarono razzi per vedere di che si trattava, si vede anche loro si aspettavano qualche cosetta, invece niente. (Questo turno di trincea fu stato assai movimentato, se poi parliamo di morti è stata una esagerazione perché tutti i giorni ve n’erano delle quantità, io presi appunti su pochi giorni ma per tutto maggio ci sarebbe stato da scrivere.) Il 26 Maggio abbiamo avuto il cambio, e fu una notte terribile, perché gli Austriaci si sono accorti del cambio, e per tutta la notte tennero le strade battute - 34 - dall’artiglieria a shrapnell22 tiri indiretti ecc. noi si era per la strada, si salvi chi può, chi scappava, chi si fermava, una babilonia infernale arrivando a Meolo come tante pecore. Appena tornata un pò la calma, e fatto l’appello, tantissimi compagni non risposero, e non tardò ad arrivare la notizia dei morti e dei feriti. Il 29 Maggio ci portarono al Tiro per fare il lancio delle bombe – modello nuovo – per andarci si dovette fare 30 Km circa e appena arrivati sul posto tornare indietro immediatamente, che al Tiro si verificò una specie di peste (febbre infettiva). I pochi borghesi che ci furono, li mandarono in altri paesi e messi tutti in quarantena. Noi tornammo senza nemmeno consumare il rancio, perché i cucinieri tornarono indietro prima di noi, avendo avuto ordini di andare a Meolo, sicché 30 all’andata 30 al ritorno vale a dire 60 chilometri tutti in una tappa, e senza rancio, per di più si era freschi di trincea, quindi fu una passeggiata poco gradita. Arrivando a Meolo a tutte le ore, una buona parte arrivarono per conto proprio tutti stanchi, e piedi fiaccati e qualche altra cosetta, insomma che fu un vero dolore e per parecchi giorni abbiamo avuto a lamentarci del tiro. Il 5 Giugno in trincea per la 5ª volta dopo appena 2 giorni di riposo, che poi sono stati continui movimenti e ammassamenti, giunti dietro l’argine del Piave passò una carretta da batt.ne carica di bidoni di liquori e diretta in trincea; gli Austriaci spararono qualche colpo di granata a doppio effetto, destino volle una pallottola andò a colpire il mulo, questo sentendosi bruciare la pelle, via di corsa buttando a terra ciò che aveva sulla carretta, immaginarsi il fracasso. Gli Austriaci sentendo ciò, scariche di tutti i suoi generi. Che fare?… Si cercò dei ripari, ma per una Brigata ci voleva altro, chi ebbe più tattica di guerra s’adoperò, ma purtroppo si ebbe a piangere molti compagni che all’appello non risposero più. La durata di ciò fu di poche ore perché sia all’andata che al ritorno, quando si va in trincea, si marcia di notte, ma benché poche ore, furono abbastanza saporite e ridondanti; appena giunti in trincea, me e tre uomini mi mandarono nei rincalzi attendati in un campo per tenere il posto a un regg.to che doveva venire di rinforzo al nostro, dalla 1ª linea si era distante un Km circa, rimanendo sotto il tiro dell’artiglieria nemica, per riparo si ebbe la tenda mascherata di foglie (che buon riparo) ogni tanto qualche granata, una davanti, una alla destra, l’altra alla sinistra, insomma che per ben tre giorni siamo stati in balia a quel modo, poi il regg.to non venne, arrivandomi l’ordine di raggiungere la compagnia in trincea. Per noi è stato come quando si andava a riposo, si perché mille volte meglio23 in trincea, almeno quelle poche ore che si riposava, il riparo era un pochino più sicuro che la tenda. - 35 - L’ 11 Giugno si cambiò posizione andando in una trincea, che ci saranno stati 20 centimetri d’acqua, seguitando a piovere fino al 13, di giorno si viveva ma di notte era un pianto. Il 13 Giugno fui messo in lista per andare in licenza, poi vennero sospese, sicché qualche cosa di bello si aspettasse, ma non certo quello che è successo. La mattina del 15 Giugno24 ore 3 incominciò il bombardamento nemico, ed è durato fino alle ore sette senza cessare un momento, e per tutta la stessa durata lanciarono i gas lacrimogeni. La fine del mondo era giunta, non si capiva più Nervesa (archivio C. Vassallo). niente. Cessato il bombardamento, noi si aveva tutta la 1ª linea sotto sopra, e in vari punti si era scoperti, gli Austriaci approfittarono di ciò e passarono il Piave. Io mi trovavo in un piccolo posto avanzato dentro al Piave, ed era un po’ difficile poter raggiungere la nostra trincea, però come giunse l’ordine di ritirarsi, morti per morti ci ritirammo anche noi, ordini contr’ordini, chi fa mettere in difesa, chi fa retrocedere. Il comando del mio regg.to, già era invaso dal nemico, allora abbandonare la 1ª linea schierandosi in un campo aperto come tante pecore al pascolo, riparo non ve n’era per nessuno, dopo circa ½ ora ritirarsi ancora, io e un Bresciano ci siamo fermati sulla strada, al riparo di una piccola cappellettina25 e già vi erano due carabinieri, ma questo riparo durò pochi minuti, quando giunse una granata portando via un angolo del nostro riparo e non abbiamo fatto 200 metri che cappelletta non ne esisteva più. Raggiungendo altri soldati, si trovò una casa di campagna; entrati dentro, vi furono già militari e nel mentre arrivò un piccolo camioncino con un capitano e tre soldati del genio telegrafisti, anche loro si fermarono con noi. Il capitano ci disse di disarmarci e distruggere certi documenti che potessero gravarci perché ormai il nemico aveva sfondato l’ala sinistra, e furono avanti di noi chi sa quanto, essendo noi al centro, quindi non ci rimane altro che aspettare che ci vengano a prendere come prigionieri. Arrivato il nemico dalla casa, guardò bene da tutte le parti, vedendoci in pochi e senza mitraglie piazzate, proseguirono come se la casa fosse stata vuota. - 36 - Ormai il nemico credeva di proseguire a plotoni affiancati e andare … forse a Milano come sarebbe stata la loro intenzione. Noi sempre si aspettava la nostra sorte, ma prima che ci portassero via, arrivarono i nostri rinforzi e liberato subito l’ala destra, tagliarono con le mitragliatrici l’ala sinistra in modo che il centro non si mosse e tutti gli Austriaci che avanzavano dalle ali, rimasero prigionieri senza accorgersene. Appena il centro vide di che si trattava, si fermò e dovette indietreggiare. Visto ciò, il capitano ci fece prendere le armi che prima ci fece buttar via, e fuori a unirsi con i nostri regg.ti che avanzavano, regg.ti di tutte le armi, ordini da tutte le parti, trovato un piccolo canale: alt, fermare e fuoco accelerato fino alle ore 17. A quest’ora gli Austriaci si ritirarono parecchi metri per crearsi una linea di difesa, visto questo, i nostri dirigenti comandarono molte corvee26 alle munizioni perché sotto il fuoco poche ne potevano arrivare. Dopo circa un quarto d’ora, al centro, il nemico avanzava disperatamente: sembravano decisi di mandarci indietro, ma un nostro contro attacco tenne fermo il centro, e tutti su quella posizione, di modo che il centro fu fermo ma avanzavano dalle parti, e tutti accerchiati si sarebbe stati, se non fossero arrivati in tempo i bersaglieri che diedero l’assalto e dopo si aprì fuoco accelerato, andandosi a fermare a Fossetta di Piave,27 dove Nervesa (archivio C. Vassallo). c’è un piccolo canale largo circa quattro metri e una discreta profondità, qui ci fermammo tutta la notte fino alle ore 11 del giorno 16. Dalle ore 11 alle 14 le nostre Artiglierie fecero tre ore di bombardamento, cessato questo andiamo tre volte all’assalto in due ore per vedere se fu possibile mandare il nemico al Piave, ma questo non fu possibile però ci fruttò di fare moltissimi prigionieri. Alla sera, ancora una volta, ci dobbiamo ritirare, il nemico avanza, dietro a noi circa 300 metri ci fu la Brigata Torino28 e altri regg.ti. (dove morì l’amico Biselli Natale) che dalla mattina alla sera, fecero una buona trincea per af- 37 - frontare il nemico in caso si perdesse la linea di resistenza, questa trincea fu circa un Km da Meolo, noi ci fecero proseguire per il paese, dove fare un po’ d’appello della nostra Brigata e rifornirla, perché fra tutti i rimasti si era circa un Batt.ne gli altri rimasero una gran parte prigionieri la mattina del 15, perciò noi si rappresentava una Brigata, ma mai era possibile fare resistenza, essendo rimasti in troppo pochi, quindi pensarono di completare la Brigata. Al mio Batt.ne siamo rimasti in 118, compresi tre ufficiali e qualche graduato.29 Nel mentre fecero l’appello, arrivò il rancio, era circa l’una di notte del giorno 17, già furono passate 54 ore senza arrivare rancio, caffé ecc. ecc. Alle ore 2 venne l’ordine di partire come si era, non essendo ancora arrivati i complementi. Si partì andando di rinforzo alla Brigata Torino, e ci si stette giorno e notte. La mattina del 18 ci portarono a schierarsi in un campo alla destra di Meolo,30 per tenere fermo il passaggio della strada, per la campagna seminavano reticolato a volontà. Per tutta la giornata, e notte insieme, è sempre piovuto sicché anche questa ci fece compagnia, più gli aeroplani che all’altezza di circa 30 metri come ci mitragliavano è una cosa indescrivibile, il massacro che fecero fu immenso. Un sergente mitragliere con arma antiarea, uccise un pilota e l’apparecchio precipitò nei reticolati incendiandosi. Il sergente fu proposto della medaglia d’argento e al grado d’aiutante di battaglia al merito di guerra. La mattina del 19 ore 6 ci cambiarono posizione mandandoci nei rincalzi, e su di noi arrivarono le bombarde che in poco tempo ci misero a posto per bene, si saltava peggio che a essere sotto le bombe a mano. La mattina del 20 siamo andati di rinforzo dietro alla ferrovia, e per tutto il giorno e notte abbiamo dovuto far fuoco senza economia. La mattina del 21 incominciamo ad avanzare un pochino, sembrava volesse incominciare ad avanzare bene ma fecero presto a fermarci e continuare il fuoco da ambedue le parti. La mattina del 22 sembra una giornata un po’ differente dalle altre, per lo meno un pò più calma. Alle ore 11 ebbi la brutta notizia che l’amico Biselli Natale era morto, e purtroppo fu stato vero. Interessatomi della cosa, vidi ancora l’imperversare della mitraglia che falciava, e lui poverino già era a terra, morendo sul colpo. I suoi superiori che gli volevano tanto bene, vollero che la salma fosse sepolta con speciali onori. Il decesso avvenne nella località casa Gradenigo.31 Alla sera si presentava un po’ di calma, e se Dio vuole, i pochi rimasti della mia Brigata li staccarono dalla linea portandoci parecchi Km. fuori di Meolo - 38 - per rinforzare la Brigata, cambiarci un pochino che si sembrava tante bestie, e farci un po’ riposare e dormire se fosse possibile. Giunti al posto, fatti gli appelli e ristorati, ci fecero riposare; nel mentre, fui chiamato al comando del mio Batt.ne insieme a un sergente e 15 soldati (però di questi 15 non ve ne fu che 7, gli altri…..) cioè tutti quelli del piccolo posto avanzato, per essere premiati di una medaglia o di un grado per merito di guerra, per resistenza fatta in un piccolo posto avanzato dentro al Piave la mattina del 15 Giugno. A noi militari ci presero il nome, e fattone un elenco, ci dissero che poi ci manderanno a chiamare per dirci se la premiazione è di medaglia, o di un grado al merito di guerra. Però il tenente che ci comandava l’ho fecero senz’altro capitano per merito di guerra, e andò a comandare un Batt.ne, in attesa che arrivasse un maggiore. (Io dopo pochi giorni andai in licenza, al ritorno mi fermai in un ospedale, questo si vede non avvisò il mio regg.to, perciò anziché interessarsi dove mi trovavo e farmi avere la mia promozione, mi diede disertore al mio deposito e dopo 28 mesi mi venmedaglia ricordo della grande guerra a nero a cercare per informazione Diploma firma Benito Mussolini (archivio C. Vassallo). sulla mia vita militare: questa fu la promozione).32 Il 23 ore 8 ordine di partire subito, la Brigata fu rifornita portandoci a Meolo e rimanendo a disposizione fino nuovi ordini. All’una del 24 partenza immediata per il Piave vecchio, ma giunti allo spuntar dell’alba ormai era tardi, perché i dracken-ballon nemici furono alzati, e come videro movimenti di truppa, certamente avranno fatto le sue segnalazioni e dopo ½ ora, forse neanche, il nemico incominciò a darci il benvenuto con le sue granate a shrapnell, quindi piovevano chicchi da tutte le parti, sembrava che grandinasse. - 39 - Fortuna che S. Giovanni Battista ci deve aver visto, perché abbiamo avuto pochi morti, nel dopo pranzo furono molto calmi e assai gentili. Sul far di notte si partì raggiungendo tutta la truppa, che già fu al Piave vecchio e dopo un lungo nostro bombardamento, si prese nuovamente la posizione che si aveva prima del 15. Il 25 fu una giornata calma, ormai si era quasi al sicuro (almeno si aveva un po’ di trincea). La notte del 26 la mia compagnia fu di corvee ai graticci per rinforzare trincea e camminamenti, sulla strada ci fu un camion con un potente riflettore acceso per farci luce e per vedere che combinava il nemico. Un nostro furbo soldato - benché avvisato - invece di passare dietro al camion, ci passò davanti col gravina33 sulle spalle, immediatamente il faro fu spento ma il nemico si accorse del movimento e addio bella che siamo fritti; bombarde a tutta forza e questa musica durò fino a giorno, diventando un vero pianto quindi morti in quantità. Il 27 bombardamenti continui, sterrando per sino già i morti sepolti, di modo che morti freschi e già sepolti non si conosceva più l’uno dall’altro, questa scena fu tanto terrorizzante da far quasi cambiare connotati ai pochi rimasti in vita. La sera del 28 fu annunciato che le licenze sono aperte, subito chiamarono tutti quelli che furono in lista il giorno 13, ma per carità ben pochi hanno ancora risposto. Subito ci fecero la licenza ma fino al mattino del 29 non fu firmata, per fortuna la notte non fu terribile ma lunghissima e mai arrivavano le 4, sempre con la paura che da un momento all’altro arrivasse qualche contr’ordine. Finalmente sono le ore 4: subito lasciai la trincea, baciato da tutti i miei cari compagni e salutato a grande festa, con le lacrime agli occhi mi augurarono fortuna. Mentre mi recavo Parte del foglio di licenza di E. Avellini (archivio C. Vassallo). - 40 - a prendere la licenza, parecchie nostre pattuglie erano fuori, e ogni volta che si incontravano con quelle nemiche furono scariche di fucileria, io mi trovavo per il bosco di Capo Sile34 e ogni volta che sentivo ciò, mi buttai a terra. La paura di quella notte fu abbastanza, infine arrivai al comando di regg.to a sbalzi, la più bella fu poi al passare la passerella del Piave vecchio che fu fatta dal nemico e continuamente la tenevano battuta. Avuto finalmente la licenza, si partì, si era circa una quindicina fra tutto il regg.to più uno che ci accompagnava al concentramento per essere visitati, anche per la strada si dovette fare circa un Km di corsa, essendo sotto al tiro degli shrapnell, per le strade ci fu molta truppa e carreggi diretti verso Cava Zuccherina35. Il nemico certamente vide dei movimenti e cercò di distruggere, fortuna che dei partenti per la licenza, nessuno ebbe a lamentare ferite, sicché fino all’ultimo momento sotto il fuoco. Arrivando fuori pericolo, io mi sentivo poco bene, avevo la febbre (un principio di malaria.) Appena fui in possesso della mia licenza, e mi lasciarono libero, andai alle cucine del mio Batt.ne per riposarmi qualche ora, e non appena mi sentivo bene ripartii arrivando a casa il 1° Luglio. Fu la 1ª licenza dopo 12 mesi di servizio militare: giorni 15 + 4 licenza invernale. Dal 15 al 29 Luglio tantissime cose ci sarebbero state da prendere ma come fare a tenersi tutto a memoria, per quanto si ha tempo di prendersi qualche appunto. Poi quando c’è un po’ di tempo, manca il lapis, la carta e via via, certo che tantissimi particolari mi mancano. Durante la licenza stetti parecchi giorni a letto con la febbre, e il giorno della partenza fui forse anche grave. Come difatti, appena fui in tradotta, mi aumentava continuamente la febbre e giunto a Voghera36 mi sentivo di non poter proseguire; un mio amico di S. Margherita37 mi portò alla croce rossa di stazione, misurandomi la febbre già ne avevo gradi 40 e una linea. Con una Autolettiga mi portarono all’ospedale di riserva .............. . Appena a letto, la febbre già era a gradi 41 e 3 linee, ghiaccio sulla milza e iniezioni di chinino: per la durata di 24 ore continui eccessi. Per otto giorni fui sempre grave, appena migliorato un pochino mi dissero di mandarmi in un altro ospedale. (Entrai allo ospedale il 18 Luglio) Dall’esame del sangue risultò che fu malaria primitiva terzana.38 Appena alzatomi un pochino, mi mandarono in un ospedale di malarici a Salice39, però vi stetti pochi giorni e proprio il 7 Agosto mi mandarono nuovamente a Voghera, per essere trasferito a un ospedaletto da campo specializzato per la malaria. La mattina dell’8 Agosto mi diedero il foglio di via per raggiungere la zona - 41 - di guerra, onde essere ricoverato negli ospedaletti da campo specializzati per la malaria. Tutto questo sta bene, ma dove si trovano, non lo sappiamo… allora? Bisogna andare alla croce rossa di Milano a chiedere informazioni. Partenza per Milano croce rossa non sa niente quindi proseguire per Brescia, idem proseguire per Verona, croce rossa non sa niente però mi fa accompagnare al comando della 1ª Armata Sanità dove finalmente mi destinarono a Monselice,40 sicché proseguendo in treno, mi venne la febbre quindi mi fermai alla croce rossa di Padova, iniezioni di chinino e riposo. All’indomani mattina, partenza per Monselice, e via ancora per Rovigo, poi se Dio vuole per Polesella,41 questa fu la destinazione ultimata. Giunto in stazione a Polesella militari della croce rossa addetti a tal servizio, chiedevano chi doveva essere ricoverato. Consegnatoli tutti i miei documenti, mi portarono in un ospedaletto da campo specializzato per la malaria: questo Ospedaletto portava il n° 216. Da Voghera a Polesella ci misi 4 giorni. Entrato all’ospedaletto la sera del 12 Agosto, figurarsi come potevo essere forte dopo essere stato per ben 4 Edoardo Avellini con un’amico all’ospedaletto n° 216 a Polesella (archivio C. Vassallo). giorni senza quiete e riposo. La vita dell’ospedaletto fu pessima, fortuna che ci stetti pochi giorni altrimenti preferivo fare domanda di raggiungere il mio regg.to sul Piave, almeno sarei stato con i miei cari compagni. La sera del 15 Agosto lasciai il n° 216 e andai al n° 0138 sempre in Polesella ma questa fu altra cura e vita, sfortuna che durò poco e la mattina del 23 Agosto partenza per il convalescenziario di Pistoia onde continuare la cura; giunto a Pistoia la 3ª Armata è passata alla 1ª e la 1ª alla 3ª quindi devo partire per Treviglio42 al convalescenziario della 1ª Armata non più a quello della 3ª Armata43, sicché la sera dei 24 lasciai Pistoia partendo per Treviglio, appena giunto mi passarono la visita destinandomi a Boltiere44 per la continuazione di cura che doveva durare per 4 mesi, sicché il 27 Agosto lasciai Treviglio e andai a Boltiere. - 42 - Il tempo trascorso a Boltiere sarebbe stato molto bello se non si fosse stati tormentati continuamente dalla febbre che ci distruggeva. Un giorno quando nessuno ci pensava, ci passarono una visita, e la cura da 4 mesi la ridussero di 2 mesi, sicché senz’altro il 27 Ottobre lasciai Boltiere andando a Cassanica45 a una compagnia mista. La notte del 29 Ottobre suonò l’allarme e partenza immediata per Treviglio; giunti, ci passarono la visita vestiti di nuovo, zaino affardellato, pronti per il fronte. La mattina del 1° Novembre ore 4 sveglia, musica in testa e partenza per la stazione, dove già ci fu una tradotta pronta, quindi per la seconda volta al fronte. Di posto si andò nei dintorni del monte Baldo,46 arrivandoci il 2 Novembre, anziché prendere la posizione destinataci, ci misero di rinforzo a quelli che dovevano avere il cambio. Certo fu una cosa poco gradita, perché si aspettava del brutto ed invece l’indomani si incominciò a parlicchiare di Armistizio e non appena confermato, noi ci fecero tornare indietro andando a Rivoltella47 a disposizione. Immaginare la gioia per questo, non si sentiva quasi più neanche la vita militare, tanti e tanti facevano come gli pareva. A Rivoltella a disposizione ci stetti fino il giorno 18 Novembre e poi venne ordine di partire. La mattina del 19 Novembre ore 3 sveglia e partenza, ci fecero camminare per 48 ore andando su per i monti di Negrar.48 A Negrar fu una vita molto brutta e pesantissima, piena di disciplina però per pochi giorni e la sera del 24 Novembre fui richiesto al carreggio del mio Batt. ne di posto a Negrar (paese) Al carreggio ci fu molto da lavorare ma come vita non era neanche paragonabile a quella di compagnia. A Negrar ci stetti fino al 3 Dicembre e la vita fu sempre su per giù uguale. Il 4 Dicembre lasciai Negrar andando in Val D’Astico a Torrebelvicino,49 si fece 8 giorni di marcia sempre a piedi arrivando a destinazione la mattina del 12 Dicembre. La vita di Torrebelvicino non fu disciplinata ma ci fu da lavorare in quantità, si era fuori con le carrette giorno e notte e per di più erano posti freddi, quindi neve e ghiaccio erano all’ordine del giorno.50 Anno 1919 Il giorno 8 Gennaio andai in licenza: 1° turno giorni 20 + 4, arrivando a casa la sera del 10. - 43 - Edoardo Avellini con un gruppo di compagni ciclisti, 1919, (archivio C. Vassallo). Il 1° Febbraio ripartii dalla licenza, giunto al comando del Batt.ne, il maggiore mi fece fare il ciclista.51 Di quanti ne aveva in prova, nessuno gli serviva (già aveva provato tutti i graduati del Batt.ne) finalmente io fui il più garbato. A me dispiaceva un pochino lasciare il carreggio per gli amici, ma eravamo sempre insieme lo stesso. Quindi subito presi in consegna tutte le biciclette e i 12 ciclisti già in servizio. Dal 2 Febbraio al 22 Aprile fu un continuo andare e venire, e tanti giorni si raggiunsero i 100 km però dopo il servizio si ebbe anche della libertà. Il 23 Aprile lasciai Torrebelvicino andando sul lago di Garda - Garda52 - impiegandoci 4 giorni, parte in treno e parte a piedi, noi in bicicletta. Anche a Garda come vita non ci fu da lagnarci, un po’ di lavoro ma si era anche abbastanza rispettati. Il 10 Maggio ci fu un incendio a Garda: fu di notte, suonando l’allarmi immediatamente siamo sul posto ed essendo paese sprovvisto di pompieri, ci misero noi al lavoro di spegnimento con secchi, piccole pompe a mano e qualche estintore, insomma che dopo poche ore di tempo e faticoso lavoro siamo padroni del fuoco. Però nel crollare un muro, una trave mi batteva contro la mano sinistra, e ne ebbi a soffrire per ben 20 giorni, certamente ricoverato. - 44 - Fui appena guarito, e cioè il 1° Giugno mi chiamarono a far servizio per 3 giorni all’ufficio Ricuperi, poi di 3 vennero 5 e dopo il Colonnello mi disse di fermarmi che occorro all’ufficio Ricuperi. Il comandante del Batt.ne non voleva, ma il Colonnello mi fermò e ben volentieri ci stetti. Il giorno 9 Giugno andai a trovare il mio amico Bruno di S. Margherita che si trovava a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, tra l’andata e il ritorno feci 120 Km in bicicletta militare col permesso di 24 ore. Dal 1° Giugno all’11 Luglio la vita dell’ufficio Ricuperi fu molto meglio di quella del Batt.ne. Il 12 Luglio andai in licenza: 2° turno giorni 20 + 4 arrivando a casa la stessa sera. Il 7 Agosto rientrai dalla licenza, il suddetto giorno l’ufficio Ricuperi si trasferiva a Rivalta Veronese.53 Giunto in ufficio, gli ufficiali mi dissero di non presentarmi al comando del Batt.ne dove fui effettivo, ma bensì di proseguire con loro e dopo penseranno a farmi fare la bassa di passaggio, e a farmi prendere in forza dal Batt.ne. Appena il comandante del Batt.ne fu informato di ciò, fece subito un fonogramma al comando dell’ufficio Ricuperi. Fonogramma N. 218 “Prego far rientrare a codesto comando il caporale Avellini Edoardo essendo venuto a far servizio a cotesto senza il permesso del sottoscritto”, firmato comandante Teana. Il comandante dell’ufficio così rispose: “Risposta al suo fonogramma odierno: il caporale Avellini Edoardo trovasi a far servizio a questo ufficio come caporale ciclista, e non è possibile la sua sostituzione stop”. Firmato Colonnello De Francesco. In seguito altro fonogramma per il passaggio. “Prego prendere di forza il caporale Avellini Edoardo e far passare a questo ufficio regolare bassa di passaggio stop”. Firmato capitano Frontero. Dall’8 Agosto al 30 Settembre ebbi molto da fare, ma a Rivalta fu una buona vita. Il 1° Ottobre venni in licenza premio per 5 giorni, licenza guadagnata dal gran lavoro che continuamente sbrigavo. Dal 6 Ottobre al 31 Dicembre fu sempre la solita vita, lavoro e libertà nelle ore libere. Anno 1920 Dal 12 Gennaio al 28 c. m. tutti i giorni andai da Rivalta a Riva di Trento in - 45 - bicicletta, Km 130 sotto all’acqua, neve, gelo, ciò che veniva giorno e notte, ero continuamente per la strada, dovetti far questo per l’ostruzionismo dei ferrovieri in quanto i treni non viaggiavano. Il 29 Gennaio fui proposto per una licenza premio ben guadagnata dal gran servizio che avevo fatto, ma siccome già fu arrivato l’ordine dello scioglimento dell’ufficio, il capitano Frontero mi consigliò di non andare, e in seguito avrebbe pensato qualche cosa, però mi farà andare con lui a un altro ufficio. Il 31 Gennaio l’Ufficio Ricuperi si sciolse: ufficiali e soldati, una parte andavano a far servizio in altri uffici, e gli altri andavano ai suoi depositi. Il capitano Frontero fu trasferito all’Ufficio controllo di Verona, subito fece domanda al comando supremo di Padova, dove noi si era in forza pregandole a trasferirmi all’Ufficio controllo di Verona avendone immediato bisogno e già pratico del servizio che dovevo fare. Dal 31 Gennaio all’11 Febbraio rimasi all’Ufficio stralcio dell’ufficio Ricuperi, poi giuntomi un telegramma di partire per Padova onde versare le biciclette, e ciò che avevo in consegna. Appena giunto e fattone consegna di tutto quello che avevo, fui chiamato in segreteria dal Colonnello e trasferito all’ufficio controllo di Verona. Il giorno 12 Febbraio partii per Verona. A Verona la vita fu un po’ più disciplinata, ma non tanto da doversi lamentare. Il 24 Febbraio andai in licenza 1° turno giorni 10 + 4 arrivando a casa la stessa sera. La mattina del 10 Marzo rientrai dalla licenza trovando lavoro in quantità. Il giorno 14 Marzo mi punsi un dito della mano sinistra – indice – e dovetti ricorrere al medico: sospettando l’infezione prese i ferri del lavoro e tagliò, dovetti per 15 giorni soffrire continuamente. Il 16 Aprile venni in licenza per 2 giorni onde farmi le carte occorrenti per venire in licenza illimitata, essendo 2 fratelli in servizio militare. Appena giunto a Verona fui chiamato alla maggiorità del Corpo D’Armata, dicendomi che sono arrivate le mie carte quindi di partire per Padova, dove sarò inviato a casa. Il mio comando subito mi fece partire per Padova, giorno 23, rimanendo a disposizione in attesa delle carte. Il giorno 27 ancora non furono giunte e non potendo ritornare a Verona, mi fecero fare servizio a Padova. Aspettai 12 giorni, poi stufo me, e stufi tutti di me a forza di annoiarli, feci una domanda per essere inviato a casa spedita per espresso a casa, pregando mio babbo di firmare dove occorreva e farla vistare dal distretto e municipio, quindi rispedirmela. - 46 - Appena mi giunse, consegnai la poca roba avuta in consegna, e dopo circa 20 minuti ebbi la licenza fatta. Pensare la gioia… come fu grande… bicchierata in quantità, arrivando a casa la sera dell’11 maggio. Fine La sera del 19 Novembre venne un carabiniere in casa mia chiedendo informazioni sul mio conto essendone sprovvisto il 145° fanteria fino dal 18 Luglio 1918, quindi mi diede disertore da questo giorno. Si vede che quando entrai all’ospedale di Voghera questo non avvisò la mia compagnia, e la suddetta il giorno 18 mi diede disertore al deposito. Stante tutto questo la mia compagnia, anziché interessarsi della mia promozione fattami il giorno 22 Giugno 1918 su motivazione del 15 Giugno 1918 per resistenza fatta in un piccolo posto avanzato, si è interessata a darmi disertore. I carabinieri mi diedero un foglio notizie da compilare, e questo fu inviato al deposito del 145° fanteria e nulla più seppi in merito. - 47 - NOTE DIARIO: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 Nota dei curatori: per una maggiore comprensione del testo si è deciso di mettere in nota le parole del diario originali Brigata Umbria (53° e 54° reggimento di fanteria). Sede dei reggimenti: 53° a Vercelli; 54° ad Ivrea. Distretti di reclutamento: Catanzaro, Lodi, Lucca, Palermo, Savona, Varese. La brigata fino al novembre del 1917 viene schierata nella zona del fronte dolomitico, poi trasferita sul massiccio del Grappa fino al termine della guerra. T.O. palia. T.O. svelia. T.O. scorriazione. Sommossa popolare provocata dalla mancanza del pane che si trasforma in aperta ribellione contro la guerra. Iniziata il 22 agosto nel pieno dell’Undicesima Battaglia dell’Isonzo si concludeva il 26 dello stesso mese con un bilancio di circa 50 morti, 200 feriti e un migliaio di arresti. In dialetto genovese: reclute. Località vicino ad Aosta per anni sede di una polveriera. Rivarolo Ligure località vicino Genova, forse l’autore con l’amico passa una giornata spensierata come in tempo di pace quando erano ragazzi. T. O. qualq’uno. T.O. fardelato. Paese del Piemonte fra le città di Torino e Vercelli. Località in provincia di Treviso, nella zona di San Donà di Piave. Probabilmente si trattava del fiume Livenza. L’autore si trova coinvolto nelle vicende seguite alla “disfatta di Caporetto”. Dal dialetto genovese: invece di. Della Brigata Catania; vedasi nell’appendice la scheda storica. Località nella pianura veneta in provincia di Venezia nella zona di San Donà. La brigata veniva schierata fra il paese di San Donà e l’ansa di Paludello. Località sulle sponde del Piave vicino a San Donà. Probabilmente intendeva dire: in confusione, non lucido. Comandante della 3a Armata italiana fin dal 1915. Dopo la “disfatta di Caporetto” la 3a Armata viene schierata sul basso Piave, da Palazzon al mare. T.O. sdrappenl. T.O. melio. Inizio della Battaglia del Solstizio. Vedasi la parte storica dedicata alla battaglia. L’autore intende una cappella, un luogo sacro al culto, un tabernacolo come se né incontrano sulle strade del basso Piave. T.O. curvè. Le truppe della 61° divisione italiana si ritirano in questa zona. La Brigata Torino (81° e 82° reggimento di fanteria) era schierata sulla linea C. Malimpiero - C. Bellesine dietro il canale Fossetta. Una Brigata era composta da due reggimenti; un reggimento era composto di solito da tre o quattro battaglioni; un battaglione contava circa 800/1000 uomini. La linea del Meolo era stata ritenuta maggiormente difendibile dai comandi italiani. Meolo, oltre ad essere una paese è anche un fiume che scorre parallelo a sud del Piave. Località fra il Piave ed il canale Fossetta, caposaldo difensivo italiano. La croce al merito di guerra gli fu poi consegnata l’11 maggio 1941, per il fatto del 15/06/18 col diploma firmato dall’allora Ministro della Guerra Benito Mussolini. Strumento con manico di legno, il cui ferro serve da un lato come zappa e dall’altro come piccone. Località del basso Piave nella zona paludosa. Località del Basso Piave; l’attuale Jesolo. Cittadina lombarda in provincia di Pavia. Probabilmente Santa Margherita Ligure. Molti soldati che avevano combattuto nella zona del basso Piave contrassero questo tipo di malattia. La zona era infestata dalle zanzare. Si tratta di Salice Terme, paese vicino a Voghera. Paese ai piedi dei Colli Euganei in provincia di Padova. Paese in provincia di Rovigo nel basso polesine. Località in provincia di Bergamo. La Brigata Catania era stata trasferita nel settore del Pasubio, quindi non faceva più parte della 3a Armata, ma passava alle dipendenze della 1a Armata comandata dal generale Guglielmo Pecori Giraldi. Località sempre in provincia di Bergamo vicino a Treviglio. Probabilmente fu trasferito a Cassano d’Adda. Località sopra il Lago di Garda. Località sul lago di Garda vicino a Desenzano in provincia di Brescia. Probabilmente si tratta di una località nella zona del passo Nigra vicino a Bolzano. In provincia di Vicenza vicino a Schio, zona del monte Novegno. Probabilmente si occupava del ritiro del materiale abbandonato dagli austriaci in ritirata. L’Avellini passando al reparto ciclisti, ebbe il grado di Caporale. Località sul lago omonimo vicino a Bardolino. Località sul fiume Adige vicino al vecchio confine fra impero austro-ungarico e regno d’Italia - 48 - RIASSUNTI STORICI: LA BRIGATA CATANIA (145° E 146° FANTERIA) Il comando di brigata è costituito il 1° marzo 1915 dal deposito del 4° fanteria che ha formato, sin dal 20 gennaio 1915, anche il 146°; il 145° è costituito, il 14 aprile 1915, dal deposito del 3° fanteria. ANNO 1917 Il 19 ottobre la brigata raggiunge Palazzolo dello Stella e di qui, per ferrovia, è inviata a Villa Vicentina e poi, per via ordinaria, a Ronchi (28a divisione). Il 26 si trasferisce a Pieris e Mortesins (4a divisione) ed il giorno successivo, in vista dell’iniziata offensiva nemica, occupa le trincee della testa di ponte sull’Isonzo lasciandole solo il giorno 28, dopo aver protetto il passaggio delle truppe del XXIII corpo d’armata. Fatti quindi saltare i ponti, respinte le prime pattuglie avversarie sopraggiunte, il 29 la brigata raggiunge S. Gervasio e Carlino: il 30 resiste sulla linea del Cormor per proteggere il ripiegamento di altre unità ed il 31 ottobre è a Latisana ove riceve ordine (61a divisione) di ritornare allo Stella per presidiare quelle posizioni; ma presso Palazzolo, all’altezza di C. Viscintini, le compagnie di avanguardia impegnano combattimenti con riparti nemici che vengono respinti ed in parte catturati. Aumentando la pressione avversaria, la Catania il 1° novembre passa il Tagliamento e si disloca fra Villanova - Palazzo - Persico - Stiago, ritornando alla dipendenza della 28° divisione. Il 2 ed il 3 novembre è destinata, quale unità di retroguardia, sul Lemene e sulla Livenza ed il 4 il 145° si trasferisce a San Donà di Piave per la costituzione della testa di ponte di Musile e la difesa del ponte ferroviario, mentre il 146° prende, il 5, posizione lungo la Livenza ed il 6 sulle linee del Piavon, ove sosta fino al 9 nel qual giorno raggiunge il Piave schierandosi da Zenson a Cà Rossetto. Il 12 novembre il nemico, preceduto da intenso tiro di artiglieria, riesce a passare il Piave ed a raggiungere Zenson minacciando di aggirare l’ala sinistra della brigata, ma è arrestato da nostri vivaci contrattacchi. Il 19 dicembre si trasferisce a Carbonera per riordinarsi (28a divisione). ANNO 1918 Il 15 gennaio la brigata si trasferisce fra Meolo e Casale sul Sile, passando alle dipendenze della 61° divisione. Il 24 sostituisce la Teramo sul Piave nel tratto Cà di Rosa Cà Gradenigo ed il 21 febbraio, rilevata dalla 2a brigata bombardieri, si reca a riposo nella zona fra Melma, Pozzetto, Lughignano, Fornaci di Rivalta. Il 14 marzo è di nuovo in prima linea nel consueto settore, nel quale i suoi reggimenti si alternano fino alla battaglia del Piave. Il 15 giugno sono - 49 - entrambi in prima linea e, allo scatenarsi dell’offensiva, concorrono con altri reparti ad arrestare il nemico, che ha passato il Piave, sulle linee Cà Malimpiero, Cà Bellesine, Cà di Rosa. Il 16 un reparto nemico riesce ad infiltrarsi nella nostra linea a Cà Bellesine, ma è due volte ricacciato alla baionetta; i nuovi tentativi nel pomeriggio, per forzare la nostra linea fra Cà Malimpiero e Cà di Rosa e poi quella della Fossetta tenuta dal 145°, falliscono per parte degli austriaci che subiscono gravi perdite, lasciando nelle nostre mani molti prigionieri. Data la continua pressione avversaria, all’alba del 17 è affidata alla brigata la difesa della fronte: S. Filippo (Meolo) – Cà di Rosa – Cà Malimpiero – Cà Bellesine – Mille Pertiche. Il 18 il nemico tenta più volte l’occupazione del caposaldo di Cà di Rosa, ma i suoi sforzi s’infrangono contro la valida resistenza dei difensori. Il 19 il 146° è ritirato dalla linea ed inviato ad Altino, ove l’indomani è raggiunto dal 145°. Le perdite durante la battaglia sono di 85 ufficiali e 3.000 gregari, compresi i dispersi. Il 24 giugno il 145° è trasferito a Palazzo Prina ed il 5 luglio il comando di brigata ed il 146° sono inviati, rispettivamente, a Carpenedo e Favaro Veneto, ove, il 10, si trasferisce anche il 145°. Il 12 da Mestre la brigata è inviata, per ferrovia, nella zona fra Motta, Coldogno, Chiesa di Vivaro, Cresole e Botteghino, ove continua il periodo di riordinamento e di istruzione iniziato. Il 17 luglio è traslocata nella zona fra Altavilla, Tavernelle e Sovizzo ove sosta fino al 15 agosto, nel qual giorno è inviata sul Pasubio alla difesa di quel settore. Il 1 ottobre è rilevata dalla Piceno e dislocata fra Schio, Magrè e Liviera. Il 6 è trasferita, per ferrovia, nei pressi di Campodarsego; il 31 si sposta per via ordinaria fra Vedelago e Salvatronda ed il 3 nella zona fra Torreselle e Ospedaletto, ove trovavasi alla dichiarazione dell’armistizio Badoglio. ANNO 1918 Dal 1 al 23 gennaio: Carbonera - Meolo - Casale sul Sile (a riposo) Dal 24 gennaio al 20 febbraio: Piave - Sottosettore C. Gradenigo - Ponte di S. Donà di Piave - Musile - Paludello - C. di Rosa. Dal 21 febbraio al 13 marzo: Melma - Pozzetto - Lughignano (a riposo). Dal 14 marzo al 20 giugno: Piave - Sottosettore C. Gradenigo - Ponte di S. Donà di Piave - Musile - Paludello - C. di Rosa. Dal 21 giugno al 14 agosto: Altino - Palazzo Prina - Carpenedo - Favaro Veneto. Trasferimento: Mestre - Motta - Coldogno - Cresole - Altavilla - Tavernelle (a riposo). Dal 15 agosto al 30 settembre: Settore M. Pasubio. Dal 1 ottobre al 4 novembre: Schio - Magrè - Liviera. Trasferimento: Campo- 50 - sampiero - Palazzo Giustiniani - Curtarolo - Vedelago - Salvatronda - Ospedaletto - Torreselle (a riposo). ANNO 1918: PERDITE Dal 24 gennaio al 14 giugno. 145° reggimento: Ufficiali morti 4; feriti 2. Truppa morti 48; feriti 179. 146° reggimento: Ufficiali feriti 2. Truppa morti 55; feriti 185. Dal 15 giugno al 20 giugno. 145° reggimento: Ufficiali feriti 11; dispersi 12. Truppa morti 7; feriti 71; dispersi 707. 146° reggimento: Ufficiali morti 3; feriti 4; dispersi 49. Truppa 1434 dispersi.1 1 Ministero della Guerra Comando del Capo di Stato Maggiore - Ufficio Storico, Riassunti Storici dei Corpi e Comandi nella Guerra 1915-1918, Brigate di Fanteria, vol. VI, Roma, Libreria dello Stato, 1928. - 51 - BIBLIOGRAFIA Gianni Baj Macario, Giugno 1918, Milano, Corbaccio,1934. Franco Bandini, Il Piave Mormorava, Milano, Longanesi e C., 1965. Mario Bernardi, Di qua e di la dal Piave. Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano, Mursia, 1989. Enrico Caviglia, Le tre battaglie del Piave, Milano, Mondatori, 1934. Pier Paolo Cervone, Vittorio Veneto l’ultima battaglia, Milano, Mursia, 1994 Consociazione Turistica Italiana, Sui campi di battaglia. Il Piave e il Montello, Milano, 1944. Giuseppe Cordenos, La fotografia di guerra sul Piave. Vol. I Da Capo Sile a Ponte di Piave. Le imprese dei decorati e degli arditi, Udine, Paolo Gaspari editore, 2005. 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Amedeo Tosti, La guerra italo-austriaca 1915-1918, Milano, istituto per gli studi di politica internazionale, 1938. Aldo Valori, La guerra italo-austriaca 1915-1918, Bologna, Nicola Zanichelli editore, 1925. - 53 - L’Associazione Culturale di Ricerche Storiche Pico Cavalieri di Ferrara commemora i dipendenti della Cassa di Risparmio di Ferrara caduti per la Patria nei due conflitti mondiali, ricordati con una lapide posta all’interno della Sede di Corso Giovecca n.108, all’inizio dello Scalone d’Onore. La riproduzione della lapide è stata resa possibile per gentile concessione della Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a. - 54 - Guerra 1915 - 1918 MARIO BRUNO nato a Ferrara il 26/07/1895 tenente del 112° reggimento fanteria (brigata Piacenza) caduto sul monte San Mchele (Carso Isontino) il 31/07/1915 a seguito delle ferite riportate in combattimento GAETANO BUCCI nato a Ferrara il 12/09/1900 allievo caporale del 54° reggimento fanteria (brigata Umbria) deceduto per malattia a Biella il 05/07/1918 ITALO LAURENTI nato a Ferrara il 18/04/1898 ufficiale del 216° reggimento fanteria (brigata Tevere) deceduto in prigionia il 16/05/1918 GIUSEPPE MODONESI nato a Ferrara il 30/12/1884 tenente del 116° reggimento fanteria (brigata Treviso) caduto sulla collina del Sober (Gorizia) il 10/10/1916 a seguito delle ferite riportate in combattimento.1 Guerra 1940 - 1945 GIULIO FELLONI caduto nella Seconda Guerra Mondiale ENZO MICHELINI nato a Sant’Agostino sottotenente dei bersaglieri caduto a Bobrowskiy (fronte russo) il 7 – 8 agosto 1942 Medaglia d’oro Motivazione: “ Durante un lungo periodo di accaniti combattimenti, si distingueva per superbo coraggio. Trovatosi col suo plotone in situazione critica contrassaltava alla testa del reparto trascinandolo con l’esempio e le parole contro il nemico soverchiante di uomini e mezzi. Respinto l’avversario proseguiva sull’obbiettivo fissatogli, raggiungendolo e difendendolo a prezzo di enormi sacrifici. Benché gravemente ferito al petto, incitava ancora il suo plotone alla resistenza. Serrato da presso da elementi nemici si difendeva a colpi di pistola, abbattendone alcuni. Ultimate le cartucce, gridava ai suoi bersaglieri il Savoia dell’assalto e prima di essere fulminato da nuova scarica di mitragliatrice, lanciava la pistola contro il nemico fuggente”.2 1 2 Gian Paolo Bertelli “Inutile strage o quarta guerra d’Indipendenza” I caduti di Ferrara e provincia della grande Guerra, Ferrara 1996. Istituto del Nastro Azzurro, Federazione provinciale di Ferrara “Albo Eroico della provincia di Ferrara”, Ferrara 1995. - 55 - Collana pubblicazioni sulla Grande Guerra a cura del Centro di Documentazione Storica del Comune di Ferrara e dell’Associazione Ricerche Storiche Pico Cavalieri: Podgora 1915 Dante Tumaini “Un soldato tra tanti” a cura di Enrico Trevisani Ferrara 2000 Flondar 1917 Bruno Pisa, 425a Compagnia Mitragliatrici a cura di Stefano Chierici Ferrara 2001 San Marco 1917 Mario Poledrelli, 206° Reggimento Fanteria Brigata Lambro a cura di Donato Bragatto e Andrea Montesi Ferrara 2002 Monte Zebio 1917 Mario Pazzi, 152° Reggimento Fanteria Brigata Sassari a cura di Stefano Chierici e Donato Bragatto Ferrara 2004 Vodice 1917 Enrico Torazzi, 261° Reggimento Fanteria Brigata Elba a cura di Donato Bragatto e Enrico Trevisani Ferrara 2005 Si ringrazia: Famiglie Avellini e Vassallo, Roberto Bobbio, Nicola Persegati, Alberto Burato, Enzo Zanotti, Flavio Rabar, Alessandra Polati. Un ringraziamento particolare al prof. Andrea Montesi per la collaborazione e disponibilità.