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Rivista n° 3 del 22 Aprile 1984
DA: “Brevi notizie del culto che si presta a Giulianova a Maria SS.ma
dello Splendore”
di SERGIO Dl DIODORO
La tipografia Antonio Damini di Sulmona dà alle stampe, nel 1907, un opuscolo che
raccoglie «Brevi notizie del culto che si presta in Giulianova a Maria SS. dello Splendore ». Si
tratta di una ristampa realizzata in occasione delle solenni feste cinquantenarie; il libricino è
tratto da un manoscritto del 15 luglio 1657 di D. Pietro Capullo (da cui attingerà in seguito D.
Nicola Palma per la sua Storia) e dalla Cronica relazione del Sacro Tempio di S. Maria dello
Splendore di Giulianova, dei RR.PP. Monaci Celestini dell’Ordine di S. Benedetto.
Il prezioso libello, fatto circolare per le vie del paese presumibilmente il 22 aprile del
1907 durante i festeggiamenti in onore della Madonna, raccoglie nella prima parte una breve
storia dell’apparizione e della costruzione del primitivo Santuario, e nella seconda parte una
serie di « Miracoli operati e grazie ricevute per intercessione di Maria SS.ma dello Splendore
»... Curato dai RR.PP. Cappuccini custodi del Convento e della Chiesa. Il testo accoglie anche,
nella parte introduttiva, un delicato sonetto dedicato alla Madonna:
PER LA MADONNA DELLO SPLENDORE
SONETTO
Nella spiaggia del mar Stella del mare,
Che in terra, in Cielo luminosa splende
Di splendente Splendor splendida appare,
Più che pietosa al peccator si rende.
Quindi grazie del Ciel fra l’onde amare
Del mondo immondo ognun prostrato attende
Lume, perdon, pietà, cose più rare:
Quivi devoto cor voti sospende.
All’apparir di tal Splendor giocondo
Inchinato si mira il Sol nell’orto,
Teatro il Cielo, e spettator un mondo.
Qua drizza ornai il navigante assorto,
Dal naufragante mar del mondo immondo
Che di tal mar ecco sicuro il porto.
~i~
Una fede profonda, continua ispiratrice di un culto
destinato a perpetuarsi nel corso dei secoli, anima queste
pagine e le seguenti, nelle quali è dato di cogliere, a tratti, la
presenza di ancestrali paure, di mai sopiti timori che il
profondo mistero dell’esistenza alimenta di continuo e che solo
la fede attenua avvalendosi, a volte, di prodigi e difatti
eccezionali.
Estremamente toccante e di sicuro interesse storico è la «
narrazione del miracolo di Bertolino », evento prodigioso per
eccellenza, destinato a divenire fonte di futura venerazione e
ad accomunare storia e religione, realtà e speranza:
Caelitus allatum pignus stat Statua fulgens,
Matri Splendoris hinc dedicata Domus.
Il 22 Aprile 1557 piacque al Signore dare un segno della
sua divina bontà col far conoscere al popolo di Giulianova la
Vergine dello Splendore.
Su di un’amena collina, nei pressi d questa città, (là dove
più tardi sorse l’attuale Santuario) in mezzo ai rami di frondoso
olmo, alla cui ombra un umile vecchiarello, stanco dal lavoro
dei campi, ebbe a riposarsi, apparve la Vergine, cinta da
meravigliosa ed abbagliante luce. Mentre il buon vecchiarello,
che nomavasi Bertolino,si era assopito, sentì una voce dall’alto
dell’olmo così favellargli: « Su, Bertolino, levati e spargi per
tutto il paese la lieta novella che la gran Madre di Dio qui ha
scelta la sua dimora: avvisa il Clero che venga senza indugio
alcuno con solenne processione ad onorarmi e che qui, dove tu
ora mi vedi, mi si costruisca un Santuario ». A tali parole,
destatosi, sbigottito e tremante il vecchio Bertolino corse dal
Governatore, allora Capitano della Città raccontando quanto gli
era accaduto e premurandolo a seguirlo. Ma trovò e lui, e tutti i
rimanenti increduli, e fu deriso e tacciato di pazzo e scemo:
sicché egli tornò avvilito all’olmo, dove trovò ancora la Vergine,
cui, prostratosi, raccontò l’accoglienza avuta.
In risposta gli fu ingiunto fosse tornato di nuovo ad
insistere, senza smarrirsi e senza tema di non essere creduto.
Infatti il buon vecchio tornò all’assalto, e, trovati i reggitori
della città riuniti in un circolo, manifestò loro nuovamente il
volere della Vergine. Ma anche questa volta fu accolto da beffe
e da villanie, e non gli mancarono nemmeno le busse, perché
un di coloro più ‘impertinente volle porgli le mani addosso: e
sarebbe stato certamente ridotto a mal partito, se la Vergine,
con uno dei suoi miracoli, non fosse a tempo intervenuta,
liberando il povero Bertolino dalle mani dell’aggressore e
facendo questi restare senza parola, convincendo così tutti gli
astanti che realmente Bertolino asseriva il vero.
Colpiti tutti dal portentoso fatto, radunato il clero ed il
popolo, vollero processionalmente recarsi al luogo indicato dal
vecchio per convincersi della realtà della visione.
Ed oh! potenza grande di Dio! Giunti in vista dell’olmo,
sotto cui la vergine aveva già fatta scaturire miracolosamente
limpida e fresca acqua (che esiste tuttora) in ristoro delle arse
fauci del vecchio, un grandioso spettacolo si aprì agli occhi di
tutti i presenti che restarono abbagliati da sì forte splendore,
da essere obbligati a prostrarsi a terra ed adorare la Vergine
che s’intravedeva tra i fulgori della luce, e che fu perciò
chiamata dello Splendore.
~ ii ~
In un attimo si sparse in tutta le Città e nei dintorni la notizia dell’apparizione
meravigliosa e non vi fu persona di Giulianova che non si recasse a vedere l’olmo miracoloso
[1]
. Non è a dire con qual animo fra tanti vi si recasse anche colui che aveva aggredito il
vecchio Bertolino e con quali segni di pentimento egli chiedesse perdono alla Vergine. E la
Vergine per affermare fin da quel primo momento la sua potenza taumaturga nel nuovo trono
di grazie che si era scelto, gli ridonò immantinenti l’uso della favella, tra il plauso, l’entusiasmo
e l’osanna di quella folla avventurata.
Da quel giorno fu un continuo accorrere di gente d’ogni ceto e da ogni paese vicino sulla
collina prediletta da Maria, e non tardò guarì che vi si incominciò a costruire un tempio in di lei
onore. E fu una gara generosa di ricchi e di poveri; e si videro i miseri lesinare sul loro
necessario ed i ricchi riversarvi gran parte delle loro sostanze.
Per lui, lacero e stanco, segnato nel volto, vecchio e solitario il sole di quel 22 aprile si
levò ad illuminare un’alba diversa. Fu chiamato a testimone in un giorno che sarebbe trascorso
in un magico incanto, radioso di luce, limpido e sereno, quasi presagio di un evento di pace e
d’amore.
Simbolo di umiltà e di povertà Bertolino conobbe in una visione di luce d’essere un eletto,
per aver sofferto e patito, per essere stato, in vita, scelto a portare la sua croce sul suo
Calvario. Non a caso il frondoso olmo zampillò acqua purissima per prima ai suoi occhi, unici
veramente immacolati, velati solo perché lucidi di pianto. Nei campi, nei suoi campi, Bertolino
incontrò, allora, la Luce, ebbe prove tangibili di un Amore superiore, che non conosce limiti e
compromessi, che non ammette condizioni.
Non il Governatore Capitano, non i « reggitori »della città; non essi volle a colloquio la
Luce purissima di quel mattino di aprile; ma Bertolino volle, vestito di stracci e sudato, con le
scarpe sommerse dal fango e con le membra esauste. La Luce di quel mattino d’aprile volle la
cristallina fede di un povero vecchio: come pura tu, per sempre, l’acqua che zampillò da quella
fonte.
Tra i tatti miracolosi narrati nella seconda parte, si evidenzia per limpidezza narrativa e
per un delicato senso di religiosità, l’episodio di Zaffira e del pruneto del Convento:
EPISODIO DI ZAFFIRA
Una devota donna a nome Zaffira, gravemente inferma e travagliata da alta febbre e da
forte arsura, ricorse alla Vergine dello Splendore perché volesse venire in suo aiuto, quando
udì una voce che le disse: « Chiama Quaranta, servo del Convento, e digli in mio nome che ti
rechi una prugna di quelle che sono nell’orto ». Fatto venire Quaranta, questi le fece osservare
che la tempesta e la grandine di alcuni giorni prima aveva tutto devastato e che nemmeno le
foglie erano rimaste sugli alberi dell’orto. Ma Zaffira insistette tanto, fiduciosa che la Madonna
non poteva ingannarla, che volle farsi portare nell’orto, ai piedi del prugno; e con somma
meraviglia del servo, si trovò immantinenti sull’albero una prugna sola che prima non esisteva
e che appena accostata alle labbra della inferma, produsse il mirabile effetto della guarigione
istantanea di essa, che potè recarsi in Chiesa a ringraziarne la Vergine protettrice degli infermi.
In un subito si sparse la nuova del miracolo per tutta la città e tutti corsero a visitare Zaffira ed
a vedere la prugna miracolata che essa teneva in parte gelosamente conservata nell’acqua. E
quest’acqua appena bevuta, sanava ogni infermità. Questo fatto fu constatato vero dal Vicario
Foraneo di quel tempo Canonico O. Cosimo de Bartolomeis che ne formò il relativo processo.
Anche il Vescovo di Teramo e Monsignor Massei, Vicario Generale, venuti a conoscenza del
miracolo, scrissero al detto Vicario Foraneo che a qualunque costo avesse loro procurata una
prugna della Madonna: e questi ricorse a Zaffira, giacché nessuna prugna erasi più potuta
rinvenire in tuffi i dintorni. La buona donna, armata di fede, si recò in Chiesa a pregare con
tanto fervore la Vergine, e chiamato dipoi Quaranta, potette fargli trovare e cogliere in quel
medesimo albero nell’orto un’altra prugna per inviarle a Monsignore, prugna che invano
avevano cercata migliaia di persone prima. Di quell’albero di prugno poi non vi rimasero
neanche le radici, perché tutti i fedeli vollero averne per divozione dei pezzetti.
~ iii ~
NOTE
[1]
E’ opinione di moltissimi, confermata specialmente In alcuni scritti del fu P. ‘Luigi da Teramo, dono e
zelante Sacerdote Cappuccino, che l’immagine di Maria SS,ma dello Splendore che si venera attualmente
sull’altare maggiore della chiesa. sia appunto quella che apparve nel 22 Aprile 1557 al buon Bertolino.
Inoltre in una delle preghiere del novenario che si prepone alla festa annuale di Maria SS.ma dello
Splendore, di data antichissima, parlandosi di detta immagine sta scritto: Se non è dal Ciel discesa, è
certamente per ordine del Cielo a noi venuta.
Questa immagine è di stile greco, tutta dorata, e si ritiene sia una di quelle che scomparvero dall’Oriente
nell’epoca tristissima degli Iconoclasti.
E’ tradizione che l’olmo ‘miracoloso sia stato murato nella parete dell’attuale altare maggiore e che
l’acqua che istantaneamente scaturì ai suoi piedi, sia proprio quella che tuttora i fedeli attingono al
piccolo pozzo.
~ iv ~
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