Direttore Responsabile: Rino Pessina
Vice Direttore: Sonia Villi
Collaboratori:
Carlo Fossati, Matteo Fossati, Mara Ghidinelli,
Antonella, Ornello Barollo, Stefano Rijoff, Sonia R.,
Rino Pessina,, Walter Fossati,Davide Colombo,Sofia,
Carla Capelli, Claudia Gatto
INDICE
Copertina
Matteo Fossati
Don Gino, un carbone acceso nelle nostre mani
2
La forza della leggerezza
5
Per ricordare Giuseppe Molteni, uomo mite e allegro
7
Per ricordare Egidio Barbieri, campeggiatore della prima ora
8
Carlo Fossati
Carlo Fossati
Carlo Fossati
Carlo Fossati
In memoria di altri amici della Cornaches
10
Come a Natale…
12
Dall’Australia
15
Crotone Valpelline
16
Impressioni di una ospite
17
In gita alla “Finestra”
19
..alle origini
22
Burraco
26
Ritorno a LA THUILE
27
Riflessioni di fine estate.
32
I capricci del METEO
35
Tutti a casa !
36
Ornello Barollo
Antonella
Stefano Rijoff
Sonia Rijoff
Sofia
Mara Ghidinelli
Davide Colombo
Stefano Rijoff
Rino Pessina
Claudia Gatto
Walter Fossati
Carla Capelli
0
Dal nostro sindaco
39
Elenco gite
40
«Voi che camminate per le vie, cantate!»
42
Letture in campeggio
44
Angolo della solidarieta'
50
Maria Fiorito
Incaricato regionale e diocesano per il Turismo
Walter Fossati
Ornello Barollo
1
Don Gino, un carbone acceso nelle nostre mani
Carlo Fossati
Avevo incontrato don Gino per la prima volta in Val Veny nel lontano 1963. Ero con un mio ex
compagno di liceo, Roberto Longoni, e avevamo concluso il primo anno di università: lui aveva
scelto ingegneria al Politecnico ed io medicina alla Statale di Milano, ma avevamo deciso di
fare insieme le vacanze per rinsaldare la vecchia amicizia nata sui banchi dello “Zucchi” di
Monza. L’incontro con don Gino fu propiziato dalla bagna caoda: ma non sto a raccontare per
l’ennesima volta l’episodio, che è già noto alla gran parte dei campeggiatori de Les
Cornaches, per non tediarli; chi non lo conoscesse lo può trovare su Cornache News del
1992.
Mi è stato chiesto di ricordarlo, ora che è morto. Mi accingo a farlo per il forte legame di
stima e di amicizia che mi univa a lui ma con una certa apprensione: quella di non riuscire a
descrivere efficacemente la sua forte e poliedrica personalità.
Don Gino era nato a Cuccaro (Al) il 12 settembre 1920 ed è morto nella “sua” Cascina G di
Ottiglio il 12 marzo di quest’anno: aveva quindi 93 anni. Dopo quel primo incontro nel 1963,
nacque un’amicizia vera, che era alimentata dalle vacanze vissute insieme in Val Ferret per
parecchi anni, dagli incontri in Cascina durante l’anno e da altri momenti piacevoli. Negli
ultimi 15 anni, con il campeggio allestito a Bionaz, tu Gino sei sempre venuto a trovarci,
accompagnato da Edvige e da altri amici. Un’amicizia durata cinquant’anni: incredibile, a
pensarci! Sei stato per me - e per molti altri del nostro gruppo – un punto di riferimento,
una guida spirituale. Gli anni sessanta sono stati gli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II
(1962-1965), da me vissuti con grande entusiasmo e con grandi speranze. Con te mi
confrontavo ma, soprattutto, ti stavo ad ascoltare: eri saggio, vero, originale, creativo. Si
percepiva che credevi in quello che dicevi o facevi. Le vacanze estive in montagna sono
state per me una grande occasione di crescita. Al mattino, prima di cominciare la normale
attività, si pregava e si leggevano le letture della Messa. Poi ognuno di noi, singolarmente o
in gruppo, rifletteva sulle letture del giorno. Prima di pranzo si celebrava la Messa e ognuno
poteva intervenire condividendo con gli altri i frutti della meditazione fatta. Poi, dopo cena,
attorno al fuoco si parlava, si cantava, si beveva la grolla e, prima di tornare in tenda per il
riposo notturno, si pregava. I temi affrontati erano quelli del Concilio o quelli proposti dalla
cronaca o da personalità autorevoli. Mi ricordo il tema della scuola, sviluppato con una
evidente affinità con il pensiero contenuto nel libro “Lettera a una professoressa”, dei
ragazzi della scuola di Barbiana di don Milani. Le riflessioni sulla scuola erano state
tradotte in un bell’opuscolo intitolato “La trappola”, che veniva utilizzato per avviare un
dialogo, ad esempio, durante le vacanze estive, con gli altri campeggi della Val Ferret.
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Altro tema affrontato era stato quello della pace. Mi ricordo una memorabile serata
vissuta nel salone cinematografico messoci a disposizione da don Cirillo, parroco di
Courmayeur e amico tuo. Il tema era stato da te introdotto, con interventi musicali
effettuati dal nostro gruppo, accompagnati dalla chitarra di Gianni, utilizzando il
repertorio pacifista di Bob Dylan, Joan Baetz, Donovan e altri cantautori dell’epoca. Tra il
pubblico (la “Courmayeur bene”, che aveva dovuto incassare le tue considerazioni non
tenere sulla pace) era presente anche mons. Sandro Maggiolini – allora docente
3
all’Università Cattolica di Milano, divenuto poi Vescovo di Como – che prese più volte la
parola per contestare alcune tue affermazioni: fu una serata davvero vivace e molto
interessante.
Eri un sacerdote di frontiera, molto aperto ma rigoroso, innanzitutto, con te stesso. Eri
stato prete operaio e avevi mantenuto contatti con quel mondo. Anche noi, tramite tuo, ne
abbiamo conosciuto alcuni (cito, ad esempio, don Sirio Politi). Vivevi poveramente e ti
alimentavi quel tanto che era necessario per trattenere l’anima nel corpo. Erano note le tue
manie alimentari. Ne ricordo una per tutte: le grandi quantità d’aglio che mangiavi. Non
potevo obiettare nulla a riguardo delle virtù terapeutiche dell’aglio, perché erano affidate
alla presenza di una sostanza, l’aglina, la cui azione antipertensiva era provata anche da
rigorose ricerche cliniche.
Caro don Gino, eri sempre in pista con proposte innovative e, talvolta, spettacolari: mi
riferisco a un’iniziativa che è stata citata dal card. Poletto nella sua omelia durante il tuo
funerale: il barcone sul lago Maggiore, che salpava da Arona all’imbrunire per recarsi al
santuario di Santa Maria del Sasso, con un carico di centinaia di giovani che, durante la
traversata, riflettevano su alcuni temi cruciali per la loro esistenza, confrontandosi in
piccoli gruppi sotto la guida di educatori esperti. La traversata raggiungeva il suo apogeo
con la messa celebrata nel suggestivo santuario a picco sul lago. Ebbi la fortuna di
partecipare a un’edizione di questa suggestiva iniziativa, che cercava di tradurre in un
gesto concreto il tuo desiderio di arrivare a scuotere l’indifferenza di molti giovani e
parlare loro di quel Dio che ci è padre.
E’ banale ma vero, dire che ci mancherai. Ci mancherà anche quel fantastico luogo d’incontro
che era la cascina di Ottiglio, dove tu accoglievi tutti con un sorriso e una calorosa stretta
di mano. E ci mancheranno anche gli ‘amici di Casale’, che negli ultimi tempi vedevamo solo in
cascina. Faccio scorrere nella mia mente i volti e i nomi di questi amici della prima e
dell’ultima ora: Edvige, Gianni, Giusto, Maria, Mauro, Marisa, Nicoletta, Maria Grazia,
Ettore, Giovanni, Ugone …
Rimarranno scolpiti nel
mio
cuore,
perché
evocano una stagione
bellissima della mia vita.
Il tuo volto sorridente, i
tuoi canuti capelli e la
folta barba, che ti
donavano un aspetto da
patriarca (e lo eri)
risplendono
ora
nell’angolo della cucina
dove tengo le foto delle
mie persone più care.
Avrò
così
modo
di
ricordarti e di leggere
ogni giorno il bel messaggio riportato sulla tua immaginetta: “Uniti a Gesù, cerchiamo quello
che Lui cerca, amiamo quello che Lui ama. In definitiva, quello che cerchiamo è la gloria del
Padre, viviamo e agiamo a lode dello splendore della sua grazia”.
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La forza della leggerezza
di don Gino Piccio
Riportiamo qui di seguito un articolo scritto da don Gino nel 2008, e tratto da
http://www.pretioperai.it, che ci aiuta a capire meglio la sua personalità e i suoi carismi.
“Non so quanto possa interessare quello
che sto dicendo. Comincio con un episodio:
gli episodi normalmente introducono bene.
Una ventina di giorni fa mi trovavo con 12
preti e due suore, in un posto molto strano.
Come sapete, noi in Piemonte abbiamo
carenza di preti. Hanno per questo unito
cinque diocesi con un seminario unico:
Alessandria, Casale, Asti, Acqui e Tortona.
Con questi dodici preti ci troviamo una
volta al mese in un incontro cordiale,
parlando un po’ delle nostre cose. Non
avevamo tematiche particolari, ma un
prete viene fuori dicendo: domenica
abbiamo pregato per le vocazioni, e quindi
cominciamo a dire il motivo per cui non
abbiamo più vocazioni e che cosa possiamo
proporre ad un giovane che vuol farsi
prete. Sono rimasto meravigliato dalle
risposte e un parroco che io ritengo serio,
e che non ha più trent’anni disse: “Io non
ho mai avuto il coraggio di fare una
proposta simile ad un giovane”. Gli chiesi
allora: “Ma perché fai il prete?”. Tutti
zitti. “E tu cosa dici?”. Avevano capito che
li provocavo in modo molto delicato, almeno
io credo.
Vi faccio conoscere allora una storia
strana. Io sono andato in seminario non per
farmi prete. Se qualcuno m’avesse
proposto di fare il prete, mi sarei
ammazzato, buttandomi giù dal ponte del Po, che tra l’altro è molto alto. Io volevo solo
studiare. A 18 anni avevo una ragazza. Ad un certo punto caddi in una crisi terribile. Io
sono andato in seminario per studiare, in qualunque posto fossi andato non sarei riuscito. Lì
mi hanno trattato bene. Viene un prete di Rho a predicare gli esercizi e vado a parlare con
lui: sono sbottato perché ormai troppe erano le cose che si accumulavano dentro. Scoppiai a
piangere e gli dissi tutto. Quello è stato il primo uomo che ho incontrato nelle mia vita; e mi
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dice: “Ragazzo mio, non uscire fuori, altrimenti devi andare in guerra (eravamo nel 1940).
Stai dentro, comportati da uomo e dopo vedrai cosa fare”. “Ma io amo una ragazza”. “Non
importa, va’ avanti”. Vado avanti, comportandomi da uomo. Cominciano poi le truculenze dello
spirito: crisi su crisi, cose belle e cose brutte. In quel periodo ho avuto due direttori
spirituali, che non mi hanno dato niente. È arrivato poi il terzo e allora dissi: “Lo Spirito
Santo forse ci capisce, li ha fatti ammalare tutti e due e se ne sono andati, meno male!”.
Questo mi ha aiutato ad amare Dio, pensate, ero in prima teologia e ho cominciato allora d
amare Dio! Vado un giorno dal mio vecchio parroco, che io stimo ancora, e gli dico che ero
incerto se farmi prete e lui: “non aver paura, sei figlio unico, prendi tuo padre e tua madre,
ti danno una parrocchia, il pane non ti manca, fai un po’ di bene e sii felice”.
Esco fuori e mi dico: “Fare un po’ di bene, lo posso fare, so mantenermi perché ho lavorato
sotto padrone fino a 18 anni”. Fortuna volle, io dico sempre, cambiano direttore spirituale in
seminario e io dico che questo è stato l’orientatore della mia vita.
Un giorno andiamo a passeggio, per me era la truculenza delle umiliazioni: in fila, con quel
cappello in testa, io che ero abituato a lavorare in mezzo a uomini. Passa vicino a noi una
coppia di giovani e la ragazza, che era vicino a me, dice ad alta voce: “Questi ragazzi mi
fanno compassione”. Porca miseria! Ma questa è come se mi avesse dato un pugno in un
occhio! Torno a casa e vado dal direttore spirituale: “Ma io sono destinato a fare
compassione nella vita? Ma perché mi debbo fare prete?”.Mi fa un discorsetto dicendo:
“Forse non sei adatto per fare il prete. Non ti preoccupare, ma se ti vuoi fare prete ti dico
le cose da fare”. E mi ha dato cinque consigli. Ve ne dico tre, gli altri non vi interessano.
“Prima di tutto se ti farai prete, non devi mettere i soldi in banca, perché se ti avanza una
lira, vuol dire che appartiene a qualcun altro. Seconda cosa: non prenderai mai tuo padre e
tua madre insieme, perché loro faranno i parroci e tu il vice parroco. Tu devi essere un
uomo libero. Terza cosa (ed è quella che mi ha dato il capogiro): non dimenticare, come dice
sant’Agostino, che noi teniamo dei carboni accesi nelle mani, anche se battiamo i denti dal
freddo. L’ideale, se mai dovessi fare il prete è questo. Punta in alto, ragazzo mio, tu hai un
messaggio da dare, che sconvolge il mondo: giustizia, amore e libertà. Le altre cose non
interessano. Penso che poi mi dirai qualcosa”. Esco fuori, faccio non più di dieci metri,
rientro e gli dico. “Mi faccio prete”. E non me ne sono mai pentito. Io ho 88 anni, ed ho
sempre pensato a questa terza cosa. Dicevo, per ritornare all’incontro con i miei amici, “che
grazia abbiamo avuto che ha vinto Berlusconì e perso gli altri, una grazia grossa”. Avessero
vinto gli altri avremmo detto: “vediamo che cosa fanno”. Adesso dobbiamo rimboccarci le
maniche, è ora di ripartire. Io ho fatto un corso di esercizi con don Mazzolari: mi ha
sconvolto la mente. Eravamo nel 1950 e don Primo era venuto a Crea a farci un corso di
esercizi a noi che cominciavamo un certo modo di vita strano. Quell’uomo mi ha aperto, mi
ha tolto i miei timori ed ho capito che aveva ragione. Mi ballavano dentro delle cose a cui
non sapevo dare un titolo e lui mi ha aiutato. È stata la mia prima gioia, perché dopo ho
conosciuto un sacco di gente, da padre Loew a don Milani.
Amici, voi come me, avete il carbone acceso tra le mani, niente ci può far paura, vince
Berlusconi o no, perdono gli altri, non dobbiamo aver paura. Abbiamo un grande messaggio,
dobbiamo puntare in alto. Sogno le montagne anche se ho la ghiaia sotto i piedi, continuo a
sognare le montagne e l’immensità del mare, ma credo a questo grandioso stile e messaggio
di vita.
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Per ricordare Giuseppe Molteni, uomo mite e allegro
Carlo Fossati
23 novembre 2013, da Seregno giunge la notizia che è mancato all’improvviso
Giuseppe Molteni. Rimaniamo tutti increduli e sgomenti perché sono passate solo
poche settimane dalle vacanze di Bionaz dove Giuseppe era apparso in buona salute.
Il 26 novembre molti amici de “Les Cornaches” partecipano ai funerali a Seregno. La
pur ampia chiesa è gremita da tante persone; il fatto sta a testimoniare che
Giuseppe e la sua famiglia erano conosciute e inserite nella loro comunità con una
presenza attiva. Carla, con le figlie, appare distrutta; nel suo viso emaciato e nello
sguardo smarrito si riflette il dolore di questi giorni, che devono essere stati
terribili.
Come mi ha confermato
Carla, Giuseppe amava
condividere parte delle
vacanze con noi de Les
Cornaches, da quando ci
aveva conosciuto sei anni
fa. Chi aveva fatto da
ponte tra lui e noi era
stato Lorenzo Cambiaghi,
che
intraprendendo
l’attività di portiere nella
Hokey Seregno giovanile
si era trovato ad avere
come allenatore proprio
Giuseppe, che nell’ambiente era conosciuto con il soprannome di “tappo”, perché
quando militava da portiere nella squadra del Seregno, che giocava in serie A (!), le
parava tutte. Giuseppe conosceva già la Valpelline, attraverso il CAI di Paina, che
campeggiava a Ollomont. A quel punto si rivolse agli amici Marco e Gabriele per
avere ulteriori informazioni sulla vita del nostro campeggio. Ne rimase affascinato
e da allora – sei anni fa – ha partecipato tutte le estati alle vacanze a Bionaz.
Giuseppe portò con sé la moglie Carla e le figlie. Amava la montagna ma non era un
gran camminatore: era un po’ pigro. Preferiva assaporare la tranquillità del luogo,
stare a guardare il laghetto di Lexert, chiacchierare nel tendone e in veranda,
giocare con i bambini trasmettendo loro la sua allegria. Era anche una buona
forchetta e gustava gli abbondanti pasti, che concludeva centellinando l’insuperabile
Achillea di Ornello. Talvolta fumava la pipa, conversando con Rino su mille
argomenti, tra cui uno dei preferiti era quello delle caratteristiche e differenze
dei vari tabacchi provati.
Caro Giuseppe, te ne sei andato senza avere il tempo di salutarci: ci mancherai
tanto. Noi ti ricorderemo sempre come persona schietta, semplice, mite e allegra.
7
Per ricordare Egidio Barbieri, campeggiatore della prima ora
Carlo Fossati
L’ultima volta che l’ho incontrato, si stava recando a passi lenti al Circolo San
Giuseppe per ‘vedere’ gli altri giocare a carte (lui che era stato un appassionato
giocatore). Il suo volto scavato mi ricordava che stava combattendo con coraggio e
determinazione da ormai parecchi anni contro una malattia ‘incurabile’. Mi disse:
“Sono arrivato alla fine, Carlo, non c’è più niente da fare”. Le parole che mi
accingevo a pronunciare per cercare di rincuorarlo mi si spezzarono in gola, per cui
cercai di trasmettergli la mia vicinanza con una calorosa stretta di mano e una
pudica carezza sulla testa. La notizia della morte mi raggiunse qualche giorno dopo
in Sicilia, dove mi trovavo in vacanza. Caro Egidio, quante vacanze abbiamo
trascorso insieme con gli amici de “Les Cornaches”. Con Rosy fosti tra i
campeggiatori della prima ora in Val Ferret. La tua roulotte fu la prima a comparire
tra le nostre tende. Quando arrivavi dovevamo darti una mano per raggiungere la
piazzola che ti era assegnata, guadando un torrentello. Un altro ricordo molto vivido
è quello dei festeggiamenti per l’anniversario del tuo matrimonio, che cadeva a
ferragosto. Ci recavamo a Messa nel vicino campeggio di Besana Brianza, dove don
Angelo ricordava l’avvenimento e poi si brindava e si mangiavano torta e pasticcini.
Ho letto sui giornali locali che il giorno del tuo funerale la chiesa era gremita da
tanti amici e conoscenti. Non me ne sono meravigliato: eri stimato e amato da molte
persone, anche perché avevi rivestito un
ruolo importante nel far nascere –
nell’ormai lontano 1968 - e poi dirigere
come presidente – fino al 1995 - la società
“Taccona Calcio”. Quanti ragazzi e giovani
hanno rivestito le gloriose casacche giallo
rosse. Centrasti anche degli obiettivi
sportivi ambiziosi (come le due promozioni
sul campo), ma la tua soddisfazione era
quella di offrire l’opportunità a molti
ragazzi di fare sport in un ambiente sereno
e pulito che tu avevi contribuito a creare.
Eri molto attaccato anche al tuo lavoro; eri
orgoglioso di aver guadagnato la stima e la
fiducia del tuo datore di lavoro, che ti
aveva affidato incarichi di responsabilità
nella conduzione dell’azienda. Orgoglio che
si accentuò quando lasciasti il posto a tuo
figlio Giancarlo. Amavi i tuoi figli Giancarlo e Arrigo – e amavi tua moglie
Rosy. E amavi anche vacanze avventurose
8
con la tua gloriosa topolino: me ne parlavi sempre compiaciuto. Per questo ti sei
sempre trovato bene con noi delle Cornaches.
Caro Egidio ora ti sei ricongiunto con la tua Rosy e son sicuro che dall’alto
proteggerai i tuoi figli e guarderai con simpatia a noi, tuoi cari amici campeggiatori.
9
In memoria di altri amici della Cornaches
Ornello Barollo
lo scorso Agosto dopo lunga malattia è "volato tra le braccia del Padre" Silvano, una
istituzione del nostro oratorio, ma anche amico e socio della nostra Associazione.
Nel giornalino del 2002 scrissi un articolo in cui citavo l'impegno che Silvano aveva
svolto nel primo campeggio fatto da Don Fulvio, nel suo primo anno da parroco a
Taccona e lui mi espresse la sua gratitudine.
Da allora volle iscriversi alla nostra associazione anche se non partecipava alla
vacanza in campeggio, così come molti altri soci, perché impegnato con l'oratorio
estivo e la vacanza in montagna, sempre con i ragazzi dell'oratorio.
La sua visita per una giornata al nostro campeggio è sempre stata puntuale, gradita
e richiesta e accompagnata da amici. Come partecipava ai vari momenti importanti
della nostra Associazione, Assemblea, cena sociale, incontro di Natale.
A volte mi capitava di incontrarlo al cimitero, durante i funerali, intanto che
aspettava il Don per riportarlo in parrocchia, ne approfittavamo per alcune
riflessione e poi mi ricordava che aveva già fatto il giro sulle tombe dei suoi e dei
miei genitori, anche loro erano amici.
La sua figura è stata ricordata al suo funerale e riportata dalla stampa locale, cosa
potrei aggiungere? Vi allego alcune testimonianze che sono apparse sulla stampa
locale delle quali condivido i sentimenti espressi.
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In questo articolo vorrei anche ricordare Maria Vendramin, mamma di Daniele
Pertile; anche Lei ha partecipato per alcuni anni al campeggio in Val Ferret.
Anche Rita Lo Re, mamma di Imelda, è tornata al
Padre; è venuta a
trovarci in campeggio
e ne è rimasta
entusiasta.
Quest'anno si era
iscritta per
partecipare al
campeggio, purtroppo
un intervento
chirurgico,
imprevisto, le ha
impedito di
condividere questa vacanza.
Porteremo tutte queste persone nel cuore.
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Come a Natale…
Antonella (Milano)
E’ sempre così, tutte le cose hanno un tempo limitato e finiscono e quindi anche la tanto
attesa settimana a Bionaz, che sembra non bastare mai, è volata via.
Come l’anno scorso io, i miei figli insieme ad alcune famiglie della nostra parrocchia, don
Giuseppe e ad altri nuovi amici: Sudhakar, Fedele, Marco, Rhea, Michael, Pietro e il piccolo
Raul, abbiamo fatto ritorno tra le maestose e meravigliose montagne della Valle d’Aosta
che si riflettono nel lago, con il profumo del bosco e il verde prato, che circondano come un
immenso abbraccio, il campeggio Les Cornaches.
Al nostro arrivo, volti sorridenti di persone ad accoglierci e abbracci che rispolveravano
nella mia memoria il ricordo di persone che avevo conosciuto l'anno precedente e di altre
che non avrei rincontrato.
E’ sempre una gioia poter riabbracciare chi si
rincontra, ma credo anche che l’incontro con
l’altro e’ qualcosa che mi sorprende sempre e che
non si puo’ ripetere..e’ sempre qualcosa di nuovo
che nasce dall’intimo desiderio di scoprire e
sconfinare le nostre distanze e aprirsi all’altro.
Ricordo le parole di don Emanuele, fratello di don
Giuseppe, vivere una nuova esperienza e pensare a
quando poi si fa ritorno a casa con un cesto pieno
di doni, come quelli che si ricevono a Natale e per
cui ringraziare il Signore Gesù. Scartarli lentamente, scoprire cosa significano per ognuno
di noi e cosa di nuovo ora sentiamo nel nostro cuore.
Penso che stare insieme come una grande famiglia e condividere diversi momenti della
giornata e’ bellissimo anche se a volte puo' diventare faticoso. Siamo tutti così diversi nel
nostro essere, con i nostri bisogni e le nostre abitudini ma è proprio da questa diversità
che imparariamo a conoscerci meglio e a stare insieme.
Tra i miei doni quello della delicatezza di una mano sempre tesa, che poi stringe la tua e ti
da coraggio nei momenti di fatica, quella mano che con amore
ti fa sentire protetta e ti accompagna, camminando con te
lungo la strada quando si vive la fatica dentro e fuori di te. Le
salite e le discese, la premura di chi cammina con te e la
certezza di non esser lasciata sola. Il desiderio di aiutare e di
farmi aiutare, vivere la confidenza e scoprire poi che ogni
passo fatto, lentamente diventa più sereno e leggero.
Le lacrime sul viso di una mamma come me, perche' stare
insieme significa anche condividere le difficoltà di essere
genitori, di saper stare davanti ai propri figli, vivere con loro
questo momento della vita e imparare a mettersi in ascolto
delle diverse emozioni, dei sentimenti che si provano e saper
guardare al loro cuore accettandone la libertà di voler
scegliere con coscienza quello che per loro é meglio. Quanto e’
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meravigliosamente complicato essere un genitore!
Il coraggio di un'altra mamma, imparare dal suo silenzioso
dolore nel far ritorno in luoghi che non verranno esplorati coi
piccoli passi del suo bambino e sentire che ora vengono fatti
insieme agli occhi azzurri e grandi di un'altro figlio ritrovato.
E poi la compagnia di trenta ragazzi del gruppo medie
dell’oratorio di Robecco, accompagnati da don Lele il loro
parrocco, arrivati come un fiume in piena portando con se la
spensieratezza e la vitalita' che fa parte della loro eta'.
Riscoprire quanto e’ sempre buono e bello fare nuove amicizie
sconfinando nella nostra normalità e sganciarsi dalle abitudini
comuni, per il solo bisogno di far sentire all’altro che anche lui
e’ come me, contento per essersi sentito aspettato e
accolto..solo così potra’ gioire per questa nuova esperienza. E’
bastato poco per trovare la strada, semplicemente la giusta
proposta e subito una sorta di timidezza ha lasciato spazio alla
voglia di conoscersi. Divertirsi tutti insieme ballando con la WII per aiutare un pò i ragazzi
a far rompere il ghiaccio, poi il giocone nel buio della sera, i ragazzi di Robecco e i nostri di
Milano, concludere poi la serata e pregare insieme.
Le risate con Davide Noè, un papà di Robecco, un vulcano di simpatia, capace di spendersi
totalmente per chiunque le stesse vicino e offrirsi sempre e gioiosamente a tutti e per
tutti. Quanta allegria mi ha regalato, la giusta dose di sprint che rendeva piu' che piacevole
qualsiasi momento come quello che poteva essere il turno in cucina per occuparsi della
colazione, del pranzo e della cena per una novantina di persone…cosa non da poco! ma tutto
diventava così divertente...anche lavare e asciugare uno smisurato numero di stoviglie.
Adoro ridere…grazie Davide!
Poi un’altra sera, il fuoco e la chitarra che fanno da collante, un girotondo di bambini,
giovani e meno giovani, tutti insieme per suonare, cantare e cosi’ respirare sentimenti di
amicizia, di condivisione, di pace e gioia.
E poi tanto ancora come lo sguardo di chi ti fa riscoprire con le note di qualche canzone
"entrata nella pelle" quanto e’ bello emozionarsi sempre per un ricordo o una nostalgia. Il
piccolo Davide, un biondo bambino di soli quattro anni, che con la sua simpatia e vivacità mi
ha coinvolto con la sua curiosità facendomi ammirare i frutti, i fiori e le altre ricchezze del
bosco nominandomi guida della nostra gita.
Nel tardo pomeriggio il momento piu’ atteso, quello che fa la differenza ad ogni
giornata..raggiungersi alla tenda accuratamente preparata, la piccola fiamma accesa, che ci
ricordava di fermarci. Il silenzio, l'adorazione e l'offerta per tutto quello che abbiamo nel
nostro cuore e anche per quello che sentiamo del cuore dell'altro. Cercarsi con la mano,
sentire la comunione nei cuori e pregare come ci ha insegnato Gesù, come sarebbe bello
poterlo sentire anche nelle nostre chiese.
Insomma tanti i momenti speciali e anche di divertimento, di riposo, di fatica..un dare e
ricevere un pezzo dell'altro, tutto quello che occorre per conoscersi un po' meglio
rafforzardo legami e crearne di nuovi per confrontarci e viverci nel dono dell'amicizia.
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Sentire sempre il bisogno di amare e di essere amato, di desiderare il bene per ognuno di
noi. Poco importa se piove e fa freddo o se trascorre troppo in fretta.. e' un tempo di doni
per il cuore ed e’ per tutto questo che
Ti ringrazio.
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Dall’Australia
Stefano Rijoff
E’ la prima volta che torno a Bionaz senza la presenza del nostro campeggio. In una
bellissima giornata di fine agosto ho voluto portare i nostri ospiti australiani a vedere di
persona i tanto decantati luoghi delle nostre vacanze estive. Avevamo già programmato
questa gita con il campeggio ancora funzionante (e il turno di Sonia e Walter davano
sicuramente le migliori garanzie dal punto di vista culinario, magari con i ragnetti di
cipolle!), ma la pioggia incessante di qui giorni ci aveva fatto desistere.
E così, dopo aver visitato il deposito delle fontine nella vecchia miniera di Ollomont, siamo
arrivati a Lexert;
si distinguevano
ancora tutte le
piazzole segnate
dall’erba ingiallita
e
potevo
ricordare le varie
posizioni
delle
roulotte,
ma
soprattutto il mio
pensiero correva
ai loro occupanti,
alla vita attiva
della
nostra
comunità, al piacere di stare assieme e di condividere valori e momenti indimenticabili.
Spero che con la passione con cui io e Chona abbiamo descritto tutto ciò sia stato
sufficiente per far capire la bellezza di una vacanza che per gli altri potrebbe sembrare
diversa, che si unisce a quella incantevole dei luoghi ove abbiamo piantato le tende.
Cibi, funghi, cantate, fuochi, cucina, grolle, tagliatelle a mezzanotte, partite a carte,
magnifiche passeggiate sono state descritte minuziosamente e penso che abbiano destato
un po’ d’invidia.
Certamente se non fossero dall’altra parte del globo il prossimo anno avremmo con noi dei
nuovi amici!
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Crotone
Valpelline
Sonia Rijoff
Dalle spiagge assolate di Crotone, quasi per magia, siamo giunti tra i monti della Valpelline.
Per Raoul e Diana inizia la loro prima avventura in roulotte ( infatti durante il breve
soggiorno dello scorso anno i soli quaranta giorni dell’ultima nata aveva costretto a trovare
una soluzione il albergo).
Non avevamo ancora fatto in tempo a disfare le valige e sistemare le nostre cose negli
spazi che il nonno Stefano aveva lasciato per noi,
che subito Raoul è stato attratto da una
manifestazione di cani Terranova nel vicino
laghetto.
Ancora oggi sento il profumo della terra bagnata
e mi ricordo le grandi piogge che ci hanno
accompagnato durante la settimana, ma non
hanno impedito al mio piccolo Raoul di andare a
caccia di mirtilli e di portarli con orgoglio a suo
papà giù in Calabria.
Anche la piccola Diana non ha tardato ad ambientarsi alla situazione, soprattutto
disdegnando le mie pappine e gradendo il delizioso brasato con polenta e il pane nero usciti
dalla cucina.
Sicuramente anche l’accoglienza degli ospiti del campeggio ha contribuito a farmi passare
una splendida vacanza; spero che sia un arrivederci all’anno prossimo !
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Impressioni di una ospite
Sofia
Nei giorni 27, 28, 29 e 30 Luglio, io e i miei amici Alessandra, Nicholas e Stefano
abbiamo provato l'esperienza del
campeggio. Io già lo scorso anno avevo
avuto l'occasione di trascorrere alcuni
giorni a Bionaz, grazie alla mia amica
Alessandra che mi aveva gentilmente
ospitato insieme ai suoi nonni, e da
quel momento mi sono completamente
innamorata di questo luogo. Ho sempre
amato il campeggio ma, avendo dei
genitori che lavorano molto , non avevo
mai avuto la grande occasione di
provarlo. Siamo arrivati in giornata,
abbiamo montato le tende, ci siamo
sistemati e abbiamo iniziato la nostra vacanza. Le giornate sono trascorse in fretta,
proprio come succede per la maggior parte delle cose belle. Le persone lì sono
tranquille, ospitali, simpatiche, disponibili e semplici, sempre pronte a trasmetterti
la loro passione per quei posti e ad aiutarti in caso di difficoltà. E' come se quel
campeggio fosse un mini villaggio isolato dal resto del mondo, dove ognuno ha la sua
piccola roulotte o la sua tenda in cui rifugiarsi. Quel sabato, io e i miei amici siamo
stati di turno in cucina per una giornata ed è stato davvero divertente. Certamente
non è facile cucinare per così tante persone, ma alla fine quando vedi che tutti sono
soddisfatti di ciò che hai preparato per loro, si prova un immenso piacere. Mi piace
il modo di fare della gente che c'è li, il loro cucinare insieme e divertirsi allo stesso
tempo, il loro cantare in
cucina, la loro collaborazione
tipica di persone che si
conoscono da un sacco di
tempo. Siamo stati accolti
nel
migliore
dei
modi,
nonostante
fossimo
semplicemente gli amici di
una delle ragazze che fin da
piccola ha trascorso le sue
estati in questo campeggio,
nipote dei mitici pilastri
portanti Renata e Antonio.
Siamo
andati
a
fare
passeggiate
nei
boschi,
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abbiamo raccolto i fiori, i mirtilli, abbiamo corso la mattina intorno al laghetto,
abbiamo conosciuto un sacco di bambini simpatici tra cui ricordo in particolar modo
Raul, abbiamo mangiato la cosa più buona del mondo ovvero il pane alle noci, abbiamo
raccolto i sassolini colorati nel laghetto gelato, abbiamo giocato a carte la sera,
siamo stati a visitare la Diga che, nonostante fosse molto faticosa da raggiungere,
ci ha offerto un panorama stupendo. Le cose che ho detto sembrano solo un lungo
elenco della spesa, ma in realtà sono stati dei bellissimi momenti e delle piccole
esperienze che hanno contribuito a creare un piacevole ricordo della mia estate.
Ogni volta che mi ritrovo a fare una verifica in classe penso a come sarebbe bello
poter tornare indietro e quanto desidererei trovarmi in quel posto, anche
esattamente ora mentre sto scrivendo. Ringrazio tutti coloro che mi hanno accolta
come una sorella di Alessandra e che mi hanno fatto sentire veramente parte della
famiglia. E sono più che sicura che anche per i miei amici Nicholas e Stefano sia
stato esattamente come lo sto descrivendo. Spero di poterci tornare presto,
pronta a lavare i piatti anche se Renata me lo impedirà come sempre, dicendo che
gli ospiti non lavano i piatti, e ad ascoltare ancora una volta i mille racconti di
Antonio.
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In gita alla “Finestra”
Mara G.
Eccomi pronta … martedì 12 Agosto in gitona al Colle Fenêtre de Durand in compagnia di
Andrea, Roberta, Carla, Ornello e Teresina.
Vi chiederete dove ho lasciato il resto della famiglia…Sorpresa!!!
La proposta mi è stata fatta da Andrea il giorno prima che mi chiede “Vieni con noi a
raggiungere il resto della tua famiglia????”. Io perplessa ho accettato senza sapere dove
andavamo e che tipo di gita fosse …
Non era la prima gita ma bensì la quarta… perciò mi sentivo di essere allenata!!!
L’allenamento l’avevo nelle gambe visto che la prima settimana di agosto in compagnia
dell’oratorio GMG di Milano siamo andati al Rifugio Arbolle da Pila, al Bivacco Bionaz e per
concludere al Lago Morto. Direi che mi potevo sentire allenata!!!
Così quella mattina alle ore 9 partiamo da campeggio in due gruppi di macchine. La prima con
i 4 ciclisti e la seconda con i camminatori.
La formazione dei ciclisti era formata da Davide, Lorenzo, Francesco e il nonno Beppe.
Arrivati al Colle Champion e scaricato le bici….pronti partenza via!!!...In bici sulla strada
sterrata che percorre tutta la valle della Conca di Bye e arriva fino alle stalle di Toulle
prima della salita (da fare a piedi) alla finestra.
Noi camminatori invece siamo arrivati in macchina fino a Ollomont località Glacier …dove
abbiamo fatto campeggio per ben due anni, nella valle dell’ombra mattutina …e da li a piedi
siamo partiti!!!
Iniziamo a percorrere il sentiero nel bosco fino a raggiungere la strada che i ciclisti
stavano percorrendo…così girato il tornante e incontrate le prime stalle ci siamo incontrati.
Una piccola pausa e uno scambio di informazioni e poi via per il sentiero a piedi e via per la
strada sterrata per i 4 ciclisti.
Dopo circa 30-40 minuti ci siamo ritrovati tutti alle malghe e (piccola pausa per i ciclisti il
tempo di cambiarsi e diventare dei nostri) via come dei montagnini per arrivare alla
Finestra.
Iniziata la salita si percorre un sentiero che all’inizio si allarga in uno spettacolare prato
tutto fiorito di giallo con in mezzo un bel ruscello.
Il sentiero poi inizia a salire e poi a salire fino ad arrivare a un piccolo colletto che
sorpassato ti fa vedere la meta…Si si si vedeva la meta!!!…Il brutto è stato avere davanti
altre due persone che indicavano il sentiero ancora da percorrere e quanto il sentiero poi
“arrampicava” per arrivare proprio alla Finestra.
Ma senza farci scoraggiare siamo andati avanti costeggiando all’inizio uno spettacolare
laghetto con dei colori stupendi…così per ancora 50 minuti abbiamo percorso il sentiero e
assaporato così l’arrivo al colle con una bella foto di gruppo.
La sosta culinaria su una bella pietraia ci ha permesso di ricaricare le batterie per
affrontare la lunga discesa. Durante la discesa fino alle stalle alcuni camosci del nostro
gruppetto hanno raccolto fuori dal sentiero i fiori della tanto amata achillea per tutta la
comunità….grazie!!!
Il primo pezzo di discesa per me è stata molto bella e molto piacevole…me la sono proprio
gustata in compagnia di Davide dei miei cuccioli e della Roby.
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Arrivati alla malga ci siamo divisi…ciclisti in sella delle loro bici e i camminatori per il
sentiero….
Il tempo ci ha regalato una mattinata di sole con un cielo limpido spennellato da qualche
nuvola bianca che nel tardo pomeriggio è diventata grigia.
Il tempo così si è guastato un pochino … per cui i ciclisti più veloci della luce sono arrivati al
colle Champion alla macchina un po’ bagnatini … mentre noi camminatori a passo ben
sostenuto (quasi correndo!!!) siamo riscesi a Glacier appena in tempo prima che la
pioggerella fine fine ci bagnasse completamente.
E’ stata una bellissima gita in compagnia e soprattutto ancora adesso sono incredula per la
meta raggiunta…GRAZIE A TUTTI I COMPAGNI DI CAMMINATA!!!!
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..alle origini
Davide Colombo
Quest'anno ho portato la mia famiglia dove tutto ebbe inizio dove, piccolino, imparai
letteralmente a camminare per poi seguire le orme paterne su questi e su altri sentieri: in
Trentino Alto Adige, fra le Tofane e le Dolomiti di Sesto.
"Cornificare" la Cornaches non fu facile decisione ma, sostenuti dagli stessi amici
(altrimenti che amici sono..), Anna ed io decidemmo di mostrare ai nostri ragazzi un altro
orizzonte,
un
altro
tipo
di Vetta monte Paterno
montagna, così ai
primi di agosto
piantammo
i
nostri picchetti
in
terra
ampezzana, alle
pendici
del
Pomagagnon
a
pochi chilometri
da
Cortina,
praticamente sul
tracciato
della
famosa
DobbiacoCortina:
una
classica dello sci di fondo.
Tornare vent'anni dopo in Alto Adige è stato per me un continuo susseguirsi di
reminiscenze, è stato come riaprire una stanza rimasta chiusa da tanti anni, fermandoti a
contemplare le cose che avevi lasciato, stupendoti allo stesso tempo sia di quanto non
fossero cambiate o di quanto il tempo avesse lavorato sui tuoi ricordi, smussandone gli
angoli, levigandoli come i ciottoli di un torrente.
Di fianco alla immutabilità delle Dolomiti è stato interessante però notare anche le tante
novità, come le attrezzature turistiche d'avanguardia, la tradizione altoatesina affiancata
al progresso tecnologico o la famigerata "simpatia" tirolese (i teteschi, come li chiamano a
Corvara!) notevolmente migliorata.
Nonostante il clima, non esattamente propizio, non abbiamo quasi mai avuto la necessità di
sfilare le mantelle dallo zaino, pur uscendo in gita praticamente ogni giorno.
Ogni mattina, muovendoci abbastanza presto, senza alzare troppo gli occhi al cielo,
seguendo l'esempio dei tanti turisti stranieri ospiti come noi del Camping International,
caricavamo i nostri zaini in macchina alla volta della meta quotidiana. Così facendo abbiamo,
battuto una zona abbastanza ampia, compresa fra il Pordoi e passo di Monte Croce
Comelico, passando però per Misurina e le vicine Tre Cime di Lavaredo.
Cuore nevralgico delle nostre escursioni è stato però il gruppo delle Tofane che, dominando
Cortina, si ergono fra il passo Falzarego ed il regno di Fanes.
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Una bella novità è stato vedere Marta e Giulio, gita dopo gita, prendere sempre più
confidenza con le vie ferrate, per loro nuovo tipo di escursione che li ha visti misurarsi,
oltre che con la logica fatica, anche con la verticalità della via da percorrere accompagnata
da una certa, diciamo.. panoramica esposizione!
Confortati dall'opinione delle guide di Cortina, i famosi Scoiattoli, abbiamo tracciato un
programma di ferrate con difficoltà crescenti che ci ha permesso, partendo dalla semplice
De Luca–Innerkofler sul monte Paterno di fianco alle Tre di Lavaredo (quella dello spot del
cioccolato Novi) di arrivare a percorrere la Ferrata delle Trincee, impegnativa, molto
esposta ma, come consigliato dagli Scoiattoli, non eccessivamente lunga (circa un'ora e
mezza) che si inerpica sul Padon, un bel sasso vulcanico in bilico fra la sottostante Arabba e
il lago Fedaia, di fronte alla Marmolada.
Come ultima escursione ci siamo avventurati in un percorso magico: una fresca mattina, con
le nubi che lambivano la cima dei larici, abbiamo
raggiunto il Falzarego. Qui, in una nebbia più
milanese che ampezzana, speranzosi nella validità
delle previsioni che davano "sole splendente" è
cominciata la gita programata: il giro completo
della Tofana di Rozes. Raggiunta forcella
Travenanzes, scendendo al Col dei Boss fra il
Lagazuoi, il Castelletto ed il regno di Fanes è
cominciata la magia: quasi richiamato dai fischi
delle marmotte che segnalavano il nostro
incedere, il promesso sole ha cominciato a
dissolvere la foschia che ci abbracciava rivelando
ai nostri occhi la maestosità delle cime che ci
sovrastavano, componendo una spettacolare
Tofana di Rozes
cattedrale naturale di vette e guglie di roccia.
Continuando il cammino abbiamo affrontato la scala del Menighel, breve (ma intensa!) via
attrezzata risalente alla Grande Guerra, realizzata dai Kaiserjager austriaci, che permette
di saltare una parete verticale di cinquanta metri graziosamente adornata da una cascatella
che termina il salto alla base della parete rocciosa, sotto forma di pioggerella nebulizzata.
Nonostante il raziocinio ci dicesse che non c'era nulla da temere, che eravamo
perfettamente assicurati alla corda fissa che percorre tutta la scala e che avevamo preso
tutte le doverose e logiche precauzioni per affrontare il percorso in tutta sicurezza, devo
ammettere che l'esposizione ed il pensiero dei ragazzi posizionati fra me e Anna non mi
lasciò perfettamente indifferente, di contro Marta e Giulio dopo un iniziale e sincero "ma
io devo salire su per di là!!" zampettavano da un piolo all'altro con rassicurante tranquillità!
Passata la scala del Menighel abbiamo continuato la nostra ascensione per la selvaggia valle
del Circo Glaciale del Masarè che, continuamente costellata da resti di fortificazioni della
prima guerra mondiale, ci ha portato fino alla forcella Fontananegra, teatro di uno dei tanti
combattimenti della '15-'18 dove, tra l'altro, trovò la morte l'audace generale italiano
Antonio Cantore, probabilmente caduto sotto fuoco "amico" (si dice che ai suoi funerali a
Cortina, l'unico triste fosse il suo cavallo).
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Ristorati dalla sosta al rifugio Giussani, edificato vicino al vecchio rifugio Cantore, abbiamo
continuato il giro, scendendo il Vallon di Tofana, avvicinandoci quindi alla conclusione della
gita, verso il passo Falzarego.
Questo il breve resoconto delle nostre vacanze trentine, belle, divertenti, emozionanti e
ricche di ricordi.
E' doveroso però dire che un'altra cosa ha caratterizzato la nostra vacanza, il costante
pensiero rivolto agli amici della Cornaches: "chissà cosa fanno oggi", "chissà cosa mangiano
stasera", "papà, l'anno prossimo, dobbiamo portare qui Lollo e Francesco!", "guarda che bel
prato! Qui ci starebbe bene il nostro campeggio!".
Sicuramente alcuni sorrideranno ma, quando vuoi bene a qualcuno, quando ti trovi bene in
sua compagnia, quando sperimenti che veramente "l'unione fa la forza", quando percepisci
sempre questa presenza con te (o in te), ovunque tu sia, ecco che ti senti parte di qualcosa
di più grande.
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la scala del Menighel
Padon (sasso vulcanico)
Ferrata De Luca–Innerkofler
Gallerie 1^ guerra mondiale- Lagazuoi
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Burraco
Stefano Rijoff
Quest’anno il tempo per lo più avverso ha condizionato le serate in
campeggio. Poche passeggiate dopo cena, nessuna cantata attorno al
fuoco, poche anche le visioni di film nella tenda giochi, tutti avvolti in
plaid e piumini; quindi tutti dentro al tendone, che, escluse le volte del
cruciverbone e della lotteria, che hanno visto il coinvolgimento di tutti
i campeggiatori, ha fatto prevalere altri giochi. La scopa d’assi ormai si
è rilevata per pochi intimi, con Stefano che dopo cena si metteva carte in mano ad
aspettare eventuali compagni, con la briscola chiamata, che per l’assenza di don
Paolo è stata un po’ messa in disparte, pertanto a farla da padrone è stato il
burraco. Dopo varie partite giocate tra varie coppie si è deciso di proporre un
piccolo torneo, che ha trovato un immediato riscontro di iscrizioni. Si è raccolta una
piccola quota di partecipazione, che è stata
destinata per le iniziative caritatevoli della
Fondazione.
Al primo scontro diretto una partita con
protagonisti da una parte una coppia molto affiatata
quale Elvira e Carlo, dall’altra Stefano e Chona, che
sono riusciti a prevalere dopo varie smazzate quasi
in parità. Carla e Camilla vendono eliminate da Giancarlo e Lorella, che però devono
partire e quindi non possono partecipare alla finale. Quindi per una differenza di
punteggio vengono recuperate madre e figlia, che se la devono vedere con Chona e
Stefano. Le due
sembrano avere la
meglio, ma con un
colpo
di
reni
prevalgono Chona e
Stefano,
che
vengono premiati con
un
simpatico
segnalibri in legno.
Una bella esperienza
de ripetere il
prossimo anno.
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Ritorno a LA THUILE
Rino Pessina
Giuseppe, dove andiamo quest’anno con la bici?
Beh due anni fa in Val Ferret, lo scorso anno in Val Veny, proseguendo in ordine cronologico
con la visita ai luoghi dove abbiamo campeggiato, quest’anno tocca a La Thuile.
Va bene, facciamo dopo ferragosto?
Ok per il 16, speriamo che il meteo ci sia favorevole.
E così è stato. Quest’anno si è unito a noi anche il Gigi, così come gli anni precedenti,
caricate le MTB sul mitico Kangoo abbiamo raggiunto il parcheggio antistante l’ex Asilo
MGR Centoz ora biblioteca comunale di Saint Pierre, proprio sotto il castello, e poi,
indossati guanti e caschetto, zainetto in spalla e borraccia sul canotto, pronti via sulla SS
26 della Valle d’Aosta in direzione Traforo del M. Bianco.
In poco più di due ore raggiungiamo Prè St. Didier, il percorso sulla statale
panoramicamente sempre bello, è disturbato dall’intenso traffico locale e turistico, per cui
l’aria che si respira pedalando non è delle più salubri.
Percorsi i primi 23 Km. Raggiungiamo Prè St Didier , proseguiamo sulla SS 26 che in 10 Km
ci condurrà a La Thuile. La SS 26 come è noto sale fino al passo del Piccolo S. Bernardo,
valico di confine con la regione francese dell’ Haute Savoie e antica via che collegava la
romana Augusta Pretoria (Aosta) con le Gallie.
Pré-Saint-Didier è situato a 1001 metri di altitudine, alla confluenza della Dora di Verney
con la Dora di Coumayeur. Deve il suo nome al latino “Prata ad Sanctum Desiderium” e si è
sviluppato dove sorgeva una stazione militare romana sulla via delle Gallie, che qui
transitava.
A pochi passi dal centro di Pré-Saint-Didier si può ammirare uno spettacolo naturale molto
suggestivo: l’Orrido, gola profonda e strettissima formatasi dalle acque impetuose della
Dora di Verney. A fianco della cascata si trovano le due sorgenti di acqua termale che
sgorgano dalla roccia rispettivamente a 22 e 36 gradi.
Il Comune di Pré-Saint-Didier può infatti vantare la presenza sul suo territorio di un
rinomato impianto termale, costruito nel 1834 e recentemente ristrutturato dopo più di 30
anni di inattività.
Le acque calde e ricche di ferro erano già conosciute ed apprezzate dagli antichi romani ma
è dalla metà del ´600 circa che queste divennero méta di un rigoglioso turismo termale,
soprattutto per le virtù antireumatiche dei sali minerali in esse contenuti (tra cui silici,
acidi arsenicali, ossidi ferruginosi e carbonati di calcio).
Svariate sono le proposte che le Terme di Pré-Saint-Didier offrono ai visitatori; si va dai
massaggi, alle numerose vasche idromassaggio, alle saune (a 80 e 90 gradi). Alcune zone
dell´impianto, oltretutto, offrono una spettacolare vista sulla catena alpina del Monte
Bianco.
A Pré-Saint-Didier la parrocchia è dedicata a San Lorenzo; si tratta di una costruzione a
croce latina, risalente all‘XI secolo, ricostruita nell‘800 e successivamente ampliata alla
fine del secolo scorso. Il campanile adiacente è in stile romanico ed è uno tra i più antichi
della Valle d‘Aosta.
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Vicino alle più belle vallate della Valdigne, Pré-Saint-Didier rappresenta un ottimo punto di
partenza per un gran numero di escursioni; i più temerari possono anche divertirsi lungo i
percorsi ludico sportivi di diversa difficoltà proposti dal Parco avventura Mont Blanc.
In inverno, le vicinissime stazioni sciistiche di Courmayeur e La Thuile offrono svariati
chilometri di piste per gli appassionati dello sci.
La salita non è particolarmente
faticosa, il dislivello tra Prè
St.Didier e La Thuile è di circa
400 mt. Su una distanza di 10
Km. Però la mancanza di
allenamento si fa sentire, il
tratto più duro è costituito dai
primi 5 Km. fino ad Elevaz, poi
da La Balme la pendenza
diminuisce.
Quando
raggiungiamo
la
fatidica
galleria, ci siamo, all’uscita
della stessa trovo il Beppe
appoggiato al grande cartello
che rappresenta il biglietto da
visita della località La Thuile.
Aspettiamo il Gigi che poco
dopo arriva e proseguiamo verso la Joux, punto di partenza per raggiungere le cascate del
Rutor.
La Thuile è adagiata su un‘ampia conca a 1441 metri di altitudine, in un‘area contornata da
fitte foreste, dominata dall‘imponente presenza di alte montagne ed estesi ghiacciai, sullo
sfondo domina il
Grand Assaly con
i suoi 3174 metri.
Partendo da La
Thuile, è possibile
salire al vicino
Colle del Piccolo
San
Bernardo
dove
si
può
osservare
un
curioso
recinto
fatto di pietre: si
tratta
del
“Cromlech”,
monumento
megalitico
che
risale all‘età del
ferro. Nella zona
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sono inoltre visibili i resti di due “Mansiones” dell‘epoca romana, che testimoniano
l’importanza di La Thuile quale posto di tappa sulla via delle Gallie.
In epoca sabauda La Thuile fu un importante baluardo contro le invasioni che arrivavano
dalla Francia e già nei secoli XVII e XVIII subì numerosi saccheggi ad opera delle truppe
francesi in transito.
Presso il Colle del Piccolo San Bernardo si trova il giardino botanico Chanousia, fondato nel
1897 per proteggere la flora caratteristica del mondo alpestre. Fu voluto dall‘abate Pierre
Chanoux, sacerdote di grande bontà e di vasta cultura, alpinista infaticabile, pioniere e
precursore dell‘alpinismo moderno.
Sempre al Colle del Piccolo San Bernardo, la domenica successiva al Ferragosto, si svolge la
“Fête des Bergers”: si tratta di un appuntamento che ricorda il passato, quando si
incontravano i pastori savoiardi e valdostani per lo scambio e il mercato del bestiame,
durante una giornata in amicizia. Interrotto durante il periodo della guerra, oggi questo
appuntamento si è trasformato in un’apprezzata kermesse folcloristica alla quale
partecipano valligiani, pastori e turisti dei due versanti del Colle. Associata all’evento si
svolge anche una delle eliminatorie della “Bataille de Reines”.
La chiesa parrocchiale di La Thuile è dedicata a San Nicola e di essa si trovano notizie già
fin dall‘anno 1113, ma la data di fondazione è controversa; al suo fianco, un bel campanile,
databile attorno al XV secolo.
La Thuile fa parte di un comprensorio sciistico internazionale, collegato alla località di La
Rosière in Savoia. In uno straordinario succedersi di vedute, 160 chilometri di piste
soddisfano le esigenze di ogni tipo di sciatore; le quote elevate degli impianti permettono
inoltre di sciare fino alla tarda primavera.
In estate La Thuile è punto di partenza per le ascensioni al ghiacciaio del Rutor oppure per
le più facili
escursioni nella
zona del lago
d‘Arpy, ai laghi
del Rutor e al
bel pianoro di
Joux.
Nei pressi della
“Casa rosa” che
ora è bianca,
lasciamo
la
strada asfaltata
e imbocchiamo
lo sterrato che
conduce
alla
località
La
Promise
dove
abbiamo
campeggiato per 4 anni dal 1987 al 1990. Alle spalle del deposito di materiali edili del sig.
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Frigo, inizia l’area del nostro ex campeggio. Il sito è in evidente stato di abbandono, erba
alta, cespugli e piante cresciuti rigogliosamente. L’ingresso nell’area è ostruito da grossi
massi
per
impedire
l’accesso
con
autovetture,
ma
consente di entrare a
piedi agevolmente. Due
grandi
tavoli
con
panchine
fisse,
testimoniano che l’area
per un certo tempo è
stata utilizzata per picnic, ma ora sia i tavoli
che le panchine si
presentano rovinati dal
tempo. Un breve giro per tentare di individuare la posizione del tendone e delle roulotte,
poi ci sediamo per il pranzo al sacco. Dopo un po’ di riposo sdraiati sulle panchine per
goderci uno splendido sole ed il cielo azzurro.
Verso le 13,30 partiamo proseguendo sullo sterrato fino ad incrociare la strada che sale a
La Joux, poi torniamo verso La Thuile costeggiando la Dora di Verney, individuando l’area
del
campeggio
degli amici di
Aosta
e
sostando per
qualche foto
nei
pressi
della
casa
Rosa.
Ancora una
sosta
in
centro, poi
giù di volata
verso
Prè
S.Didier che
raggiungiamo
in 16 minuti!!
Ancora una breve sosta e poi con calma percorriamo la SS 26 verso Saint Pierre dove
abbiamo lasciato la macchina. Il percorso è particolarmente piacevole, quasi tutto in
discesa , poiché dai 1001 mt. Di Prè S.Didier dobbiamo scendere ai 731 mt. Di S.Pierre.
Prima di arrivare al nostro punto di partenza, a Villeneuve, incrociamo la strada che sale
verso la Val di Rehmes, il pensiero corre già alla meta del prossimo anno, chissà se a Dio
piacendo….
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Carichiamo le bici sulla macchina e partiamo alla volta di Aosta, per raggiungere il nostro
campeggio dove oltre agli amici ci aspetta una birra fresca!!
Tornato a casa, sono andato a sfogliare i primi numeri dei giornalini del campeggio di quegli
anni lontani. Pagine pazientemente battute a macchina, con foto in bianco e nero
fotocopiate come meglio si poteva. Ho letto con piacere e un pizzico di nostalgia qualche
articolo qua e là, il 1987 primo anno di vacanza a La Thuile, per me e la mia famiglia era
anche il primo anno di campeggio con la roulotte che per noi rappresentava l’intimità e la
sicurezza di una piccola casa. Il Carlo nel suo editoriale ricordava lo sgomento che ci aveva
preso, quando la nostra domanda di campeggio in Val Veny era stata respinta dal Comune di
Courmayeur e come eravamo venuti a conoscenza del terreno disponibile a La Thuile in
località La Promise, di proprietà di un certo sig Vitale Quinson di Morgex. Sono stati
comunque anni molto proficui per le escursioni in montagna e in alta montagna. Allora
l’allenamento e soprattutto l’età consentivano di salire alla Testa del Rutor 1987. al Gran
Paradiso 1989, al Petit Mont Blanc 1990, al ghiacciaio dell’Argentière 1988, AL Grand
Assaly 1989 e ad effettuare la traversata della Vallèe Blanche 1988. Il Gigi con alcuni
amici aveva raggiunto perfino il Monte Bianco! 1988.
Molto belle anche le gite famigliari che davano sapore alle nostre vacanze: alle cascate del
Rutor, al rifugio
Deffeyes,
al
Mont Valaisan,
ai laghi d’Arpy e
di Pietra rossa,
al
lago
dei
Liconi, ai laghi
di
Belle
Combe,per
citarne alcune.
Molto varia e
animata
era
anche la vita al
campo, con i
giochi dei nostri
ragazzi,
le
partite di palla
volo, i frequenti aperitivi, le risoteche, le spaghettate di mezzanotte e il ballo in maschera
di ferragosto che si è poi ripetuto per diversi anni. Non sono mancati i pomeriggi con i lanci
di acqua che procuravano docce estemporanee e risate a non finire.
Tutto questo è documentato in centinaia di diapositive che anno dopo anno si sono
accumulate e il tempo le ha un po’ sbiadite, ma i ricordi rimangono vivi nella memoria,
perché come diceva Cicerone, la memoria è tesoro e custode di tutte le cose.
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Riflessioni di fine estate.
Claudia Gatto
Certo è stata un'estate strana.
Che ha animato le nostre discussioni e cambiato le nostre abitudini.
E' stata un'estate fuori dal comune, e non solo perché ci ha impedito di abbronzarci.
La ricorderemo per le trombe d'aria, per le bombe d'acqua e per le abbondanti piogge, mai
così tante da anni, 82 secondo i dati dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del
CNR di Bologna.
E la preoccupante tentazione di imputarli alla fatalità,... quando la fatalità non c'entra
proprio niente.
I dati pubblicati sui giornali relativi a frane, alluvioni,smottamenti e vittime del maltempo
sono un elenco "da paura", ma anche la denuncia di quanto grandi siano le responsabilità
dell'uomo, la conseguenza di decenni di sfruttamento dissennato del pianeta.
Ed ecco che allora una breve pausa vacanza al campeggio "Les cornaches", tra le imponenti
montagne e la natura meravigliosa ci fa capire quanto poco ci serva per stare bene ed
essere felici.
Qualche "piccola comodità" riadattata all'habitat...e la compagnia di tanti amici.
Sono veramente tanti anni che non trascorrevo una vacanza con gli amici del campeggio (a
parte un fine settimana di 4 anni fa per "battezzare" il camper nuovo! ...anzi il nostro
Lumachino...come lo abbiamo famigliarmente chiamato!!!), e così quest'anno abbiamo voluto
raggiungere il nonno Roberto e la nonna Marisa che anche loro dopo tanto tempo hanno
fatto ritorno in campeggio.
E devo dire che l'accoglienza e la disponibilità qui non è cambiata affatto nel corso degli
anni!
Leonardo e Gabriele ( i
miei bimbi di 5 e 2 anni e
mezzo) appena arrivati
sembrava
avessero
trascorso da sempre le
loro vacanze qui!
Si
sono
divertiti
tantissimo, ridevano e
scherzavano con tutti...
grandi e piccini; hanno
apprezzato la qualità e la bontà dell'alta cucina
(da sempre fiore all'occhiello del campeggio!); le
partite a calcetto con Lorenzo e Francesco, ma
anche quelle con la nonna mentre Gabriele faceva
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il suo pisolino pomeridiano in tutta tranquillità sul camper, ... e che dire poi delle divertenti
colazioni in compagnia di Primo ... che accoglieva ogni singola faccia assonnata con una
battuta scherzosa o il suono della parola "compattare!" Che rimbombava nel tendone alla
fine di ogni pasto (termine, che peraltro a volte scherzosamente utilizziamo ancora a casa
talmente è rimasto impresso!!!),... i barattoli "giganti" di nutella nei quali affondare il
coltello sia a colazione che a merenda....
Beh insomma si sono (e ci siamo...anche io e Ugo) divertiti con ciò che c'era a disposizione,
senza cercare giochi nuovi, tv o quant'altro, ma apprezzando la gioia di stare sempre tutti
insieme, le passeggiate intorno al laghetto o nel bosco vicino; per non parlare poi della
roulotte dei nonni sempre lì a disposizione accanto al nostro "lumachino"!
C'erano talmente tante cose da scoprire che il tempo trascorso è volato...nonostante il
tempo metereologico non sia stato un granché!
Ritornando quindi sulle prime righe in cui si diceva di quanto sia stata un'estate fuori dal
comune per le condizioni climatiche e la generale approssimazione con cui si attribuisce la
colpa di ciò che accade alla fatalità, la vacanza a Bionaz in campeggio fa sicuramente
riflettere sul rispetto che ognuno di noi dovrebbe avere nei confronti della natura e
dell'intero pianeta senza continuamente sfruttarlo e deturparlo.
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I capricci del METEO
Walter Fossati
Fotografie di
Gianluca M.
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Tutti a casa !
Carla C
Da diversi anni, precisamente dall'estate del 2006, passiamo una parte delle vacanze con
gli amici de Les Cornaches in campeggio a Bionaz sulle rive del Lago Lexert.
Quasi tutti gli anni abbiamo partecipato al montaggio del campeggio all'inizio della vacanza,
in un piacevole clima di attesa di quella che sarebbe stata la nostra vacanza, progetti gite,
camminate nei boschi, momenti di relax sulle rive del laghetto, infinite chiacchierate nel
tendone, pranzi e cene indimenticabili.
Non avevamo mai invece partecipato allo smontaggio del campeggio.
Infatti con Giuseppe organizzavamo le nostre vacanze partendo dall'appuntamento con gli
amici del campeggio, poi dopo ferragosto si faceva un po' di mare o un giro turistico in
qualche angolo d'Italia o all'estero.
Quest'anno è stata la prima volta, Camilla ed io siamo rimaste fino all'ultimo giorno ed
abbiamo dato il nostro piccolo contributo a smontare il campeggio.
Il clima che regna nei giorni dello smontaggio è diverso, la vacanza è finita, si pensa al
rientro e a tutte le incombenze che ci aspettano una volta tornati a casa. Però possiamo
considerare lo smontaggio delle strutture del campeggio come l'ultimo momento
comunitario della vacanza, e quelli che rimangono, o che ritornano appositamente, si
rimboccano le maniche e si danno da fare per riportare il luogo al suo aspetto originario.
L'inizio dei lavori è previsto per sabato 23 agosto ore 8,30.
Tutto è perfettamente organizzato, un gruppo smonta il tendone giochi, un altro, più
numeroso inizia con “L'oasi del benessere”, le donne si organizzano per pulire i teli smontati
dei tendoni, a svuotare la dispensa e alle altre incombenze che si presentano.
I gesti che vedo fare alle
persone, sono automatici,
frutto di una esperienza
quarantennale.
Partecipano ai lavori anche
Lorenzo e Francesco, gli
unici bimbi rimasti al
campeggio, che armati di
attrezzi e di buona volontà
danno
il
loro
piccolo
contributo;
sono
parte
integrante
del
gruppo
trasporto attrezzature ai
depositi vicini al campeggio
e siedono fieri sul camion.
Avviene però un piccolo
incidente: Francesco mette
un piede sopra un chiodo e
si procura una piccola ferita che necessita però di una trasferta all'Ospedale Beauregard
di Aosta per una medicazione, ma per fortuna niente di grave.
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Il compito mio e di Camilla, come
quello di altre donne, é la pulizia dei
teli dei tendoni che a mano a mano
vengono smontati; i teli vengono
spazzolati per togliere la polvere,
lavati nelle parti plastificate e quindi
stesi sui fili appositamente tirati per
permettere al vento di asciugarli,
quindi si piegano e si mettono nelle
borse.
La mattinata trascorre veloce, tra un
telo lavato e uno steso, tra chiodi
martelli e chiavi inglesi e perché no,
qualche chiacchiera e un leggero spuntino.
Poi finalmente l'ora del pranzo, è l'ultimo della vacanza che consumiamo nel tendone,
spiccano pasta pasticciata e vescia fritta, il tutto preparato dalle insuperabili Lia ed Elvira.
Nel pomeriggio infatti è la volta del tendone mensa, ognuno di noi è impegnato nello
svolgere alacremente il proprio compito e verso sera rimangono in piedi solo la cucina, la
dispensa e una sola doccia per permettere a tutti di rinfrescarsi alla fine dei lavori della
giornata.
Il programma della serata prevede la S. Messa prefestiva e, novità di quest'anno, cena
nell'unico ristorante di Bionaz, che ha una nuova gestione, che ci offre un prelibata
cenetta. La serata passa
tranquilla
e
serena,
scambiando chiacchiere e
sorrisi in compagnia, forse
un po' stanchi ma felici di
condividere anche questo
momento, consapevoli che
l'indomani
ci
aspetta
un'altra faticosa giornata.
La mattinata di domenica è
infatti
dedicata
a
smontare
cucina
e
dispensa, cosa abbastanza
impegnativa che prevede
l'imballaggio di tutte le
stoviglie,
pulizia
e
imballaggio dei frigoriferi, smontaggio dei tavoli e delle panche, dei fornelli e dei lavelli e
svuotamento della dispensa. Naturalmente tutte le attrezzature devono essere poi
rigovernate nei magazzini, mentre le stoviglie e molti altri oggetti vengono caricati sulla
roulotte di Giovanni e qui mi stupisco nel vedere quante cose vengono magicamente stipate
in poco spazio.
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Arriva l'ora del pranzo, è l'ultimo insieme e più che un pranzo è un ricco pic-nic, all'ombra
degli alberi che ci riparano dai raggi del sole, seduti chi sul prato chi su seggiole
improvvisate.
L'ultimo
lavoro
in
programma
per
il
pomeriggio
sono
le
roulotte da portare al
rimessaggio
dove
passeranno l'inverno in
attesa della prossima
estate; lentamente il
campeggio si svuota e
anche noi ci apprestiamo
a lasciare le rive del lago
Lexert per ritornare a
casa.
A questo punto un
doveroso ringraziamento
alla
disponibilità
di
Gabriele
che è stato
così gentile di prestarsi
a condurre la nostra roulotte al campeggio e poi di riportarci a casa e che ha così
permesso a Camilla e a me di condividere la nostra vacanza con gli amici de Les Cornaches.
Grazie di cuore.
Un grazie ed un abbraccio a tutti.
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Dal nostro sindaco
Maria Fiorito
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Elenco gite
Domenica 27 Luglio
VALLONE D’OREN - NACAMULI -
Gianluca
Lunedì 28 Luglio
ANELLO di CLOSE
Luca, Paolo, Anna, Paola,Marco, Roby, Andrea
Giovedì 31 Luglio
LAGO di LIVOURNEA
Andrea, Roby, Carlo, Gianluca, Paola, Marco, Luca, Giuseppe
Venerdì 1 Agosto
PALESTRA DI ROCCIA-STALLA BIANCA- CHEZ CHENOUXBIONAZ
Andrea, Roby, Carlo, Gianluca, Paola, Marco, Luca, Giuseppe,
Anna, Paolo
Lunedì 4 Agosto
DIGA a PRARAYER
Matteo, Teresa, Pietro
RIFUGIO ARBOLLE
Oratorio GMG, Mara, Lorenzo, Francesco, Giuseppe
Martedì 5 Agosto
MADONNA delle NEVI da VERNOSSE, CAPPELLINA, COLLE
VARNEA- rientro dal VALLONE di VESSONA a VERNOSSE
Roby, Andrea, Beppe
Mercoledì 6 Agosto
BIVACCO BIONAZ
gruppo GMG, Beppe, Mara, Lorenzo, Francesco, Rino
PRARAYER (Albero secolare)
Oratorio di Robecco
Venerdì 8 Agosto
LAGO MORTO
Oratorio GMG, Mara, Davide, Lorenzo, Francesco, Roby, Andrea,
Biagio, Samuele
Domenica 10 Agosto
LAGO MORTO
Davide, Arianna,Francesco,Gloria, Ivan
Martedì 12 Agosto
FENETRE DE DURANT
Roby, Andrea, Mara, Teresina, Ornello, Carla
Rif. CHAMPILLON
Elvira, Elda, Luigina, Francesca, Mattia, Marta, Lucia
AL COLLE
Carlo, Roberto,Mattia
Giovedì 14 Agosto
RIF. CRETES SECHES e CROCE FRAN LORì
Davide, Lorenzo, Francesco
Ilaria e Alessandro A. il pomeriggio
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Sabato 16 Agosto
Domenica 17 Agosto
VALLONE DELLA SASSA
Elvira, Carlo, Donata
AOSTA >>> LA THUILLE (bicicletta)
Rino, Beppe, Gigi
RIF. NACAMULI
Cara,Camilla, Ilaria, Davide, Mara, Lorenzo, Francesco, Antonio
al COL COLLON
Ilaria, Carla,Camilla, Davide, Francesco
Lunedì 18 e Martedì
19 Agosto
BIV. LA LIE da VERZINIDETTE con pernottamento
ritorno dalla MADONNA delle NEVI
Lorenzo, Francesco, Davide
Mercoledì 20 Agosto
CASCATE del RUTOR
Elvira, Carlo, Giovanni, Donata, Roberto, Teresina, Ornello,
Carla, Camilla, Sabima e Andrea C., Antonio
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«Voi che camminate per le vie, cantate!»
di Massimo PAVANELLO
Incaricato regionale e diocesano per il Turismo
Spesso il tragitto fra la casa e la meta è considerato un tempo morto, una parentesi
tecnica. Quest'anno suggeriamo, invece, di non trascurare il nastro che cuce i luoghi: la
strada. Due sono i motivi. Il primo è mutuato dalla lettera pastorale del card. Scola - «Il
campo è il mondo» - il cui sottotitolo continua: «vie da percorrere incontro all'umano». Il
secondo muove da un anniversario: il 50° della inaugurazione dell'Autostrada del sole, che
ha un capo a Milano. «Voi che camminate per le vie, cantate!» (Giudici 5,10)
Dove trascorrerai la vacanza? Tanti pongono una simile domanda. Più difficile è invece
sentire: che strada farai per andare in vacanza?
Spesso infatti il tragitto fra la casa e la meta è considerato un tempo morto, una parentesi
tecnica da neppur citare.
Quest'anno suggeriamo, invece, di non trascurare il nastro che cuce i luoghi: la strada.
Due sono i motivi di questo input. Il primo è mutuato dalla lettera pastorale del card.
Angelo Scola - «Il campo è il mondo» - il cui sottotitolo continua: «vie da percorrere
incontro all'umano». Il secondo muove da un anniversario: il 50° della inaugurazione della
A1, nota come «Autostrada del sole», che ha un capo in Lombardia.
Nel suo testo l'arcivescovo ambrosiano, pur dilungandosi sul «campo», sostiene pure che
esso non è identificabile solo con la meta, ma è innervato da strade che concorrono a dare
identità all'orizzonte stesso.
Un incrocio - su questa linea - è la vacanza, che appella alla libertà. La strada, più di altre
immagini, la richiama. Scola così scrive: «L'esperienza umana ha riconosciuto il tempo del
riposo come tempo dei desideri, possibilità di dedicarsi a tutto quello che è piacevole, che
gratifica il corpo e la mente, che esprime gli affetti, che coltiva gli interessi, che allarga gli
orizzonti». Purtroppo, però, non sempre si guarda in questo modo alla vita. E anche il relax
può risultare pesante se «dimentichi del bene che è all'origine, ci inoltriamo sui sentieri
della condanna, del lamento e del risentimento».
L'invito è allora quello di approcciarsi ad essa - per citare il libro dei Giudici (5,10) - con
gioia: «Voi che camminate per le vie, cantate!».
La riflessione sulle reti di collegamento è motivata pure, dicevamo, dal 50° anniversario
della inaugurazione della A1. Una buona metafora per questo tempo estivo. Ne diamo un
cenno, lasciando a ciascuno di continuare.
Opzionare una via significa mettere in gioco la libertà scegliendo itinerari.
La strada evoca poi la compagnia di persone - scelte o casualmente incontrate - che
strappano dalla solitudine. A tal riguardo, avverte Scola, «Il riposo nel nostro tempo è
insidiato dalla tentazione dell'individualismo».
Chi non è solo ha maggiore possibilità di cedere alla confidenza, al racconto. Il viaggio
infatti abbassa le censure e facilita l'incontro. Pure col divino. Non è un caso che la famosa
arteria nazionale - proprio a metà percorso, nei pressi di Firenze - abbia un edificio sacro
di riferimento: quello dedicato a S.G. Battista, la cosiddetta chiesa dell'Autostrada,
anch'esso nell'anno giubilare. Una presenza fisica, segno però di una vicinanza altra.
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Mentre l'asfalto scorre sotto i piedi, spesso poi la musica si fa compagna. Ed ecco che si
ripresenta allora il ritornello di quest'anno: «Voi che camminate per le vie, cantate!». Sono
più di 100 le occorrenze bibliche che evocano il canto.
La libertà della strada richiama inoltre il coraggio di percorrere nuovi sentieri.
Dell'intraprendente alpinista si dice, infatti: «Ha aperto una via».
Infine - seppur in un contesto vacanziero, o proprio per questo - non possiamo dimenticare
chi la strada la frequenta come casa, i poveri, o non la può percorrere, i malati. Pure a loro
auguriamo in questi mesi di poter cantare, poiché qualcuno ha attraversato la via per
andare ad incontrarli.
Anche nel tempo estivo, infatti, per citare ancora Scola, «l'impegno del cristiano non è
un'estenuante ricerca di nessi tra il Vangelo e la vita, come fossero due realtà disgiunte e
da mettere artificiosamente insieme. È assai più semplice. Consiste nel documentare in
prima persona che Gesù è via, verità, vita (Gv 14,6)».
«Voi che camminate per le vie, cantate!».
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Letture in campeggio
Marco
Elvira
Elvira
Elvira
Prestiti scaduti
Sono passati pochi mesi dal matrimonio dell'amata figlia, quando Charitos si trova di
fronte a uno strano caso, un omicidio inusuale. L'ex direttore di una grossa banca viene
trovato morto nel suo giardino: decapitato in modo netto, probabilmente con una spada.
Qualche giorno dopo un altro direttore di banca, stavolta un inglese, va incontro alla
stessa sorte: decapitato con un colpo netto. Il fatto che la seconda vittima sia straniera
mette tutti in agitazione: viene chiamata Scotland Yard per aiutare il Nucleo
Antiterrorismo: ma il terrorismo non c'entra nulla. Contemporaneamente compaiono sui
muri di Atene, e a pagamento su un paio di giornali, annunci che incitano i cittadini a non
preoccuparsi e a non pagare se si trovano alle strette per debiti con le banche. Non può
succedergli nulla. Ovviamente, questo incitamento alla "disubbidienza finanziaria" crea
grandissimo scompiglio e, a complicare le cose, seguono altri due omicidi con lo stesso
metodo, la decapitazione.
L’ombra del sicomoro
Clanton, Ford County, 1988. Seth Hubbard è un uomo molto ricco che sta morendo di
cancro ai polmoni. Non si fida di nessuno ed è molto attento alla sua vita privata e ai suoi
segreti. Ha due ex mogli, due figli con cui non ha rapporti e un fratello sparito nel nulla
da moltissimi anni. Il giorno prima di impiccarsi a un sicomoro, Seth scrive di suo pugno
un nuovo testamento nel quale esclude la sua famiglia dall'eredità e lascia tutto ciò che
possiede a Lettie, l'ignara domestica di colore che lo ha assistito prima e durante la
malattia. Spedisce il testamento all'avvocato Jake Brigance, che si ritrova per le mani un
caso davvero scottante. Molte sono infatti le domande cui lui ora deve dare una risposta:
perché Seth ha lasciato le sue ingenti fortune alla sua donna di servizio? Forse le cure per
il cancro hanno offuscato la sua mente? E tutto questo cosa ha a che fare con quel pezzo
di terra un tempo noto come Sycamore Row? Ha così inizio una drammatica controversia
tra coloro che si considerano i legittimi eredi, Lettie e un'intera comunità segnata da
pregiudizi e tensioni mai sopite.
Storia di una ladra di libri - Zusak Markus
È il 1939 nella Germania nazista. Tutto il Paese è col fiato sospeso. La Morte non ha mai
avuto tanto da fare, ed è solo l'inizio. Il giorno del funerale del suo fratellino, Liesel
Meminger raccoglie un oggetto seminascosto nella neve, qualcosa di sconosciuto e
confortante al tempo stesso, un libriccino abbandonato lì, forse, o dimenticato dai custodi
del minuscolo cimitero. Liesel non ci pensa due volte, le pare un segno, la prova tangibile
di un ricordo per il futuro: lo ruba e lo porta con sé. Così comincia la storia di una piccola
ladra, la storia d'amore di Liesel con i libri e con le parole, che per lei diventano un
talismano contro l'orrore che la circonda. Grazie al padre adottivo impara a leggere e ben
presto si fa più esperta e temeraria: prima strappa i libri ai roghi nazisti, poi li sottrae
dalla biblioteca della moglie del sindaco, e interviene tutte le volte che ce n'è uno in
pericolo. Lei li salva, come farebbe con qualsiasi creatura. Ma i tempi si fanno sempre più
difficili. Quando la famiglia putativa di Liesel nasconde un ebreo in cantina, il mondo della
ragazzina all'improvviso diventa più piccolo. E, al contempo, più vasto. "Storia di una
ladra di libri" è un romanzo sul potere delle parole e sulla capacità dei libri di nutrire lo
spirito.
Il paese del male
Nella storia della letteratura, numerose sono le pagine capaci di condurre il lettore
davanti all'"ineffabile vergogna", al mistero di "incomprensibile e cieco dolore" del male.
Nulla però eguaglia per potenza narrativa le pagine di coloro che hanno realmente vissuto
l'offesa del male; gli eventi, le azioni, i piccoli gesti in cui si manifesta; l'umiliazione, per
dirla con Primo Levi, di poter morire "per un pezzo di pane" oppure "per un sì o per un
no". Il 6 aprile 2013 Domenico Quirico e Pierre Piccinin da Prata imboccano un sentiero
pietroso che serpeggia tra le montagne e i ciliegi in fiore piantati sui contrafforti dell'AntiLibano e penetrano in Siria. Sono in compagnia di coloro di cui vogliono narrare le gesta:
i miliziani dell'Armata siriana libera, gli oppositori di Bashar Assad, i ribelli, i rivoluzionari.
Al loro passaggio i petali bianchi si staccano dagli alberi e fluttuano nell'aria fresca della
primavera. Qualche giorno dopo, nei pressi della città di al-Qusser, in una notte buia in
cui nulla sembra vivere, l'Armata siriana libera li consegna a un gruppo di incappucciati
che, sparando raffiche di mitra, li trascinano sul loro pick up. Seguono cinque mesi di
strazio e di ira, di furia e rancore, di miserevole ingiustizia, resa ancora più tale perché
inflitta da coloro che si credevano amici. Mesi trascorsi in stanzette sudice, in botole
infami e luride prigioni, dove la luce è sempre accesa perché la voglia di dormire pesi
tanto da far dimenticare ogni cosa...
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Lo Hobbit
Pubblicato per la prima volta nel 1937, Lo Hobbit è per i lettori di tutto il mondo il primo
capitolo del Signore degli Anelli, uno dei massimi cicli narrativi del XX secolo. Protagonisti
della vicenda sono, per l'appunto, gli hobbit, piccoli esseri "dolci come il miele e resistenti
come le radici di alberi secolari", che vivono con semplicità e saggezza in un idillico
scenario di campagna: la Contea. La placida esistenza degli hobbit viene turbata quando
il mago Gandalf e tredici nani si presentano alla porta dell'ignaro Bilbo Baggins e lo
trascinano in una pericolosa avventura. Lo scopo è la riconquista di un leggendario
tesoro, custodito da Smaug, un grande e temibile drago. Bilbo, riluttante, si imbarca
nell'impresa, inconsapevole che lungo il cammino s'imbatterà in una strana creatura di
nome Gollum.
Teresa
Le città invisibili – Italo Calvino
Città reali scomposte e trasformate in chiave onirica, e città simboliche e surreali che
diventano archetipi moderni in un testo narrativo che raggiunge i vertici della poeticità.
Leggere questo libro è come bere del vin santo: ogni sorso va assaporato con lentezza,
lasciando che scavi nell'intimo rigagnoli meditativi. Ogni città ha il nome di una donna e
qualche particolarità che la contraddistingue da tutte le altre, ma al di là dei dettagli, a
incuriosire o a stupire è la sensazione che scaturisce nel viaggiatore alla vista delle città.
Il viaggio immaginario diventa quasi subito un cammino di riflessione sulla vita, sulla
morte, sulla miriade di alternative che non siamo stati in grado di scegliere, sul tempo
che scorre, sulla necessità che i sogni rimangano tali. Una città su tutte si staglia nella
mia mente: Isidora, la città da sempre sognata, dove il viaggiatore arriva solo in tarda
età, quasi a volerci sussurrare che solo vivendo si impara a vivere.
Matteo
Orgoglio e pregiudizio
Dei sei romanzi di Jane Austen, questo è il primo in ordine di tempo e insieme il suo
capolavoro. Quando lo scrisse la Austen aveva ventun anni e un'amica di famiglia l'eveva
definita "la più graziosa, sciocca, leziosa farfalla in cerca di marito che sia dato
incontrare". Frivola e ironica, non si distingueva dal mondo campagnolo e borghese cui
apparteneva, fatto di tè, ballli, flirt della buona società, minuti e ridicoli incidenti della vita
quotidiana. Ma su questi motivi sapeva giocare con una grazia e una profondità uniche.
Ed è così che, narrando in Orgoglio e pregiudizio la storia delle cinque sorelle Bennet e
dei loro conteggiatori, riesce a evocare, con tocchi sobri e precisi, l'intero, incantevole,
penetrante quadro della provincia inglese alla fine del Settecento.
Matteo
Stefano R.
Un bel sogno d’amore – A. Vitali
A Bellano gira voce che presso il cinema della Casa del Popolo verrà proiettato "Ultimo
tango a Parigi". Siamo nel febbraio del 1973, e per i vicoli del paese si scatena una
guerra senza frontiere. A combattersi due fazioni ben distinte: da una parte gli impazienti
che fantasticano sulle vertiginose scene di nudo che ci si aspetta di vedere sullo schermo;
dall'altro, schierati con il parroco, coloro che pretendono di evitare a Bellano una simile
depravazione. I tempi però sono cambiati, e nulla può fermare il "progresso". Adelaide,
giovane e volitiva operaia del cotonificio, mette con le spalle al muro Alfredo, il fidanzato
eternamente indeciso su ogni cosa: o la porterà al cinema o lei ci andrà lo stesso, magari
con quel bel fusto di Ernesto, che le ha già messo gli occhi addosso e che a lei non
dispiace, per quanto sia una testa matta e non ci vuole molto a capire che finirà per
mettersi nei guai. Cosa che puntualmente accadrà di lì a qualche mese, quando Ernesto
finirà implicato nel contrabbando di sigarette riuscendo a inguaiare la stessa Adelaide. In
"Un bel sogno d'amore" assistiamo alla messa in scena di un paese scosso dalla
modernità che si insinua fra le contrade sotto forma di ammiccanti locandine
cinematografiche, attraversato da una criminalità ancora romantica e pasticciona e della
normalità di chi spera in un amore felice che possa coronare il sogno di una famiglia
come si deve.
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Elda
Elda
Elda
Elda
Il signore del mondo
New York, primi anni del Novecento. Due famiglie ebree scampate miracolosamente ai
pogrom russi si trasferiscono Oltreoceano in cerca di una nuova vita. Quello che trovano
è una città profondamente scossa dagli scioperi nelle fabbriche e dalla massiccia
immigrazione da un’Europa devastata da rivoluzioni e guerre; i quartieri malfamati di
Manhattan e di Brooklyn dove vige il proibizionismo e la violenza. In questo clima di
degrado nascono e crescono i rispettivi figli: Jacob e Sholem. I due hanno vite e caratteri
molto diversi tra loro. Oltre all’origine di ebrei russi, i due ragazzi hanno in comune
soltanto l’avversione ai dettami religiosi e agli stili di vita tradizionali tanto cari ai
genitori, dai quali ben presto si allontanano diventando la vergogna delle rispettive
famiglie. Scagnozzo mafioso il primo, membro del Sindacato dei lavoratori il secondo,
incrociano i loro destini durante uno sciopero in cui Sholem perde un occhio proprio per
mano di Jacob, assoldato per sedare le proteste. Si innesca così una spirale di odio e
vendetta che risulterà letale per entrambi. Un romanzo intenso e toccante che, attraverso
il racconto del sogno americano precocemente infranto di due ragazzi travolti da una
realtà più grande di loro, ci offre un inedito spaccato delle drammatiche lotte operaie di
inizio Novecento e del dilagare delle potenti organizzazioni criminali ebraiche all’interno
della società civile americana.
Era nell’aria
Una donna dell'alta società, molto bella e molto infelice. Un industriale affascinante e
ambizioso, politicamente ben inserito. Un giovane tragicamente separato dalla sua
famiglia durante la Guerra Civile che non ha mai perso la speranza di ritrovare sua
madre. Un pubblicitario idealista, che ha messo anima e cuore nel progetto della sua vita:
un programma radiofonico che cerca persone scomparse. Nella Spagna ruggente degli
anni Sessanta, quattro destini si intrecciano in una Barcellona che si sta trasformando da
una società poco più che rurale nella società dei consumi. Sono gli anni del 'miracolo
spagnolo', e fanno la loro prima, decisa comparsa la pubblicità, il marketing, il
giornalismo spregiudicato, la televisione. Sono gli anni in cui, sospesa in un'eterna Dolce
Vita, l'alta società barcellonese si rinchiude in una gabbia dorata fatta di eleganti
ricevimenti estivi al chiaro di luna e languidi aperitivi al tennis club. Ma sono anche anni
in cui il regime oppone una ferrea censura a tutto ciò che può ricordare una guerra
ancora troppo dolorosamente vicina, e ha metodi definitivi per far tacere le opinioni
scomode, come nel caso della ormai popolarissima trasmissione radiofonica Rinomicina ti
cerca, che sta forse scuotendo un po' troppo le coscienze della nazione.
La piramide di fango
"Si sono aperte le cateratte del cielo. I tuoni erompono con fragore. Nel generale
ottenebramento, e sotto la pioggia implacabile, tutto si impantana e smotta. Il fango
monta e dilaga: è una coltre di spento grigiore sulle lesioni e sulle frane. La brutalità della
natura si vendica della politica dei governi corrotti, che non si curano del rispetto
geologico; e assicurano appalti e franchigie alle società di comodo e alle mafie degli
speculatori. A Vigàta dominano le sfumature opache e le tonalità brune delle ombre che
si allungano sull'accavallato disordine dei paesaggi desolati; sui lunari cimiteri di scabre
rocce, di cretti smorti, e di relitti metallici che sembrano ossificati. Questa sgangherata
sintassi di crepature e derive ha oscuri presagi. E si configura come il rovescio tragico
dell'allegra selvatichezza vernacolare di Catarella, che inventa richiami fonici ed
equivalenze tra 'fango' e 'sangue'; e con le confuse lettere del suo alfabeto costruisce
topografie che inducono all'errore. Del resto, macchiate di sangue sono le ferite fangose
del paesaggio; e l'errore è consustanziale al labirinto illusionistico dentro il quale i clan
mafiosi vorrebbero sospingere il commissario Montalbano per fuorviarlo, e convincerlo
che il delitto sul quale sta indagando è d'onore e non di mafia.
Il veleno dell’oleandro
Pedrara. La Sicilia dei Monti Iblei. Una villa perduta sotto alte pareti di roccia tra
l'occhieggiare di antiche tombe e il vorticare di corsi d'acqua carezzati dall'opulenza degli
oleandri. È qui che la famiglia Carpinteri si raduna intorno al capezzale di zia Anna,
scivolata in una svagata ma presaga demenza senile. Esistono davvero le pietre di cui la
donna vaneggia nel suo letto? Dove sono nascoste? Ma soprattutto, qual è il nodo che
lega la zia al bellissimo Bede, vero custode della proprietà e ambiguo factotum? Come
acqua nel morbido calcare i Carpinteri scavano nel passato, cercano negli armadi,
rivelano segreti - vogliono, all'unisono, verità mai dette e ricchezze mai avute. Tra le
ombre del giorno e i chiarori della notte, emergono influenze di notabili locali, traffici con
i poteri occulti, e soprattutto passioni ingovernabili. Le voci di Mara, nipote prediletta di
Anna, e di Bede ci guidano dentro questo sinuoso labirinto di relazioni, rimozioni,
memorie, fino a scavalcare il confine della stessa morte. Simonetta Agnello Hornby mette
a fuoco un micromondo che pare allargarsi, con un brivido, a rappresentare i guasti, le
ambizioni e le ansie di liberazione dell'universo famigliare, tutto intero.
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L’amore ai tempi del colera
Per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni Fiorentino Ariza ha perseverato nel suo
amore per Fermina Daza, la più bella ragazza dei Caraibi, senza mai vacillare davanti a
nulla, resistendo alle minacce del padre di lei e senza perdere le speranze neppure di
fronte al matrimonio d'amore di Fermina con il dottor Urbino. Un eterno incrollabile
sentimento che Fiorentino continua a nutrire contro ogni possibilità fino all'inattesa, quasi
incredibile, felice conclusione. Una storia d'amore e di speranza con la quale, per una
volta, Gabriel García Márquez abbandona la sua abituale inquietudine e il suo continuo
impegno di denuncia sociale per raccontare un'epopea di passione e di ottimismo. Un
romanzo atipico da cui emergono il gusto intenso per una narrazione corposa e fiabesca,
le colorate descrizioni dell'assolato Caribe e della sua gente. Un affresco nel quale, non
senza ironia, si dipana mezzo secolo di storia, di vita, di mode e abitudini, aggiungendo
una nuova folla di protagonisti a una tra le più straordinarie gallerie di personaggi della
letteratura contemporanea.
Ilaria S.
Sanditon
Per ricambiare la cortesia degli Heywood che l'hanno soccorso dopo l'incidente della
carrozza, il sig. Parker con l'inseparabile sig. ra Parker invita la signorina Charlotte
Heywood a beneficiare della corroborante aria marina di Sanditon. Charlotte farà presto
la conoscenza dell'arcigna Lady Denham e di tutto il suo seguito...
Ilaria S. e Chiara
Chiara P.
Roberto S.
Sanditon è l'ultimo racconto iniziato dall'autrice e mai concluso a causa della sua morte.
L'ho trovato quasi ironico in quanto i personaggi sembrano tutti delle caricature. Mr
Parker con la sua ossessione di far diventare Sanditon un villaggio balneare, le sue
sorelle ossessionate dalle malattie e l'aristocratica Lady Denham che si dimostra egoista
e gretta. Qui la protagonista Charlotte vive osservando questi buffi personaggi e
prendendo in giro sir Edward per essersi immedesimato troppo negli uomini dei romanzi
d'amore e che cerca di essere passionale risultando in realtà ridicolo (Charlotte esprime il
pensiero che bisogna distinguere la realtà dalla fantasia, in contrapposizione quindi con la
protagonista dell'Abbazia di Northanger). Anche qui purtroppo il fatto che la storia sia
lasciata in sospeso ci porta ad interrogarci su come l'autrice avrebbe sviluppato molti
temi.
Léonie
In una grande dimora, alle porte di Milano, vivono i Cantoni, proprietari da tre
generazioni delle omonime prestigiose rubinetterie. In apparenza, ogni componente della
famiglia ha una personalità lineare. Nella realtà, ognuno di loro nasconde segreti che lo
hanno segnato. È la regola dei Cantoni: ci sono situazioni che, anche se note a tutti,
vanno taciute. Si tace perfino sulla vena di follia che affligge Bianca, la matriarca di
questa dinastia. Un giorno entra in scena Léonie Tardivaux, una giovane squattrinata
francese che sposa Guido Cantoni, l'unico nipote di nonna Bianca. La ragazza si integra
così bene con la famiglia da assimilarne tutte le abitudini, compresa la legge del silenzio
su certe vicende personali. Questo non le impedisce di essere una moglie esemplare, una
madre attenta, una manager di talento, in grado di guidare con successo l'azienda nel
mare ostile della recessione economica. E intanto coltiva il suo segreto, quello che ogni
anno, per un solo giorno, la induce a lasciare tutto e a rifugiarsi in un romantico albergo
sul lago di Como...
L’inverno del mondo
Cinque famiglie legate l'una all'altra il cui destino si compie durante la metà del
ventesimo secolo, in un mondo funestato dalle dittature e dalla guerra. Berlino nel 1933 è
in subbuglio. L'undicenne Carla von Ulrich, figlia di Lady Maud Fitzherbert, cerca con tutte
le forze di comprendere le tensioni che stanno lacerando la sua famiglia, nei giorni in cui
Hitler inizia l'inesorabile ascesa al potere. In questi tempi tumultuosi fanno la loro
comparsa sulla scena Ethel Leckwith, la formidabile amica di Lady Maud ed ex membro
del parlamento inglese, e suo figlio Lloyd, che presto sperimenterà sulla propria pelle la
brutalità nazista. Lloyd entra in contatto con un gruppo di tedeschi decisi a opporsi a
Hitler, ma avranno davvero il coraggio di tradire il loro paese? A Berlino Carla s'innamora
perdutamente di Werner Franck, erede di una ricca famiglia, anche lui con un suo
segreto. Ma il destino lì metterà a dura prova, così come le vite e le speranze di tanti altri
verranno annientate dalla più grande e crudele guerra nella storia dell'umanità, che si
scatenerà con violenza da Londra a Berlino, dalla Spagna a Mosca, da Pearl Harbor a
Hiroshima, dalle residenze private alla polvere e al sangue delle battaglie che hanno
segnato l'intero secolo. "L'inverno del mondo", secondo romanzo della trilogia "The
Century", prende le mosse da dove si era chiuso il primo libro, ritrovando i personaggi de
"La caduta dei giganti", ma soprattutto i loro figli.
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Le raccapriccianti avventure di una maestra mannara
Alla scuola elementare Victor Frankenstein studiano i mostri di tutto l'universo. Questa notte,
però, il vampiro Canino, i gemelli Ciclope, il fantasma Ecto, l'orchetta Violetta e Baby,
l'abominevole bambinone delle nevi, stanno per avere una sorpresa: la loro insegnante è
malata e la supplente è Miss Lupoi, una temutissima maestra mannara che quando si arrabbia
diventa... umana!
Luca G.
Rosanna
Il gioco di Ripper
Le donne della famiglia Jackson, Indiana e Amanda, madre e figlia, sono molto legate pur
essendo diverse come il giorno e la notte. Indiana, che esercita come medico olistico, è una
donna libera e fiera della propria vita bohémienne. Sposata e poi separatasi molto giovane dal
padre di Amanda, è riluttante a lasciarsi coinvolgere sentimentalmente, che sia con Alan, ricco
erede di una delle famiglie dell'élite di San Francisco, o con Ryan, enigmatico e affascinante ex
navy seal dell'esercito americano, ferito durante una delle sue ultime missioni. Mentre la madre
vede soprattutto il buono nelle persone, Amanda, come suo padre, capo ispettore della sezione
omicidi della polizia di San Francisco, è affascinata dal lato oscuro della natura umana. Brillante
e introversa, appassionata lettrice, dotata di un eccezionale talento per le indagini criminali, si
diletta a giocare a Ripper, un gioco online ispirato a Jack the Ripper, Jack lo squartatore, in cui
bisogna risolvere casi misteriosi. Quando la città è attraversata da una serie di strani omicidi,
Amanda si butta a capofitto nelle indagini, scoprendo, prima che lo faccia la polizia, che i delitti
potrebbero essere connessi fra loro. Ma il caso diventa fin troppo personale quando sparisce
Indiana. La scomparsa della madre è collegata al serial killer? Ora, con la madre in pericolo, la
giovane detective si ritrova ad affrontare il giallo più complesso che le sia mai capitato, prima
che sia troppo tardi.
Shantaran - Robert Gregory D.
Nel 1978, il giovane studente di filosofia e attivista politico Greg Roberts viene condannato a
19 anni di prigione per una serie di rapine a mano armata. È diventato eroinomane dopo la
separazione dalla moglie e la morte della loro bambina. Ma gli anni che seguono vedranno
Greg scappare da una prigione di massima sicurezza, vagare per anni per l'Australia come
ricercato, vivere in nove paesi differenti, attraversarne quaranta, fare rapine, allestire a
Bombay un ospedale per indigenti, recitare nei film di Bollywood, stringere relazioni con la
mafia indiana, partire per due guerre, in Afghanistan e in Pakistan, tra le fila dei combattenti
islamici, tornare in Australia a scontare la sua pena. E raccontare la sua vita in un romanzo
epico di più di mille pagine.
Rosanna
Manuale del perfetto interista
L'"interismo" di Beppe Severgnini, più che una esperienza di tifoseria, somiglia a qualcosa che
sta tra l'esercizio spirituale e una dieta mentale ad alto tasso di autoironia e dissacrazione, un
modo per raccontare l'amore per il calcio attraverso la vicenda agonistica di una squadra che in
questi ultimi vent'anni - tra vittorie insperate e sconfitte immeritate - si è imposta
nell'immaginario nazionale come una sorta di grande metafora del gioco e della vita. Nell'anno
che vede il ritorno al successo del team di Moratti, BUR propone in un'unica edizione i libri che
Severgnini gli ha dedicato: "Eurointerismi", "Interismi", "Altri interismi", "Tripli interismi".
Rosanna
Storia di Malala
Malala ha solo undici anni quando decide di alzare la voce. E ne ha quindici quando, in un
giorno come tanti, mentre insieme alle sue amiche sta andando a scuola, i talebani tentano di
ucciderla. Perché? Nel suo Paese, il Pakistan, si è scontrata contro chi vuole togliere alle
ragazze e alle donne i loro diritti. Con l'appoggio della sua famiglia, Malala ha scelto di urlare il
suo "no". Poco più che bambina, ha lottato senza armi né violenza, ma con il coraggio delle
parole e dell'istruzione, con la forza della verità e dell'innocenza. A metà tra il documentario e
il diario, attraverso gli occhi di Malala e il cambio delle stagioni nella valle di Swat, scopriamo la
vita e le paure, le amicizie e i sogni di una ragazza lontana eppure vicinissima.
Rosanna
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Rosanna
L’albero dei fiori viola
Una vecchia casa con il portone azzurro, stretta tra i palazzi della moderna Teheran. E al
centro del cortile, un magnifico albero di jacaranda. È qui, sotto un tripudio di fiori dalle mille
sfumature di rosa e di viola, che si intrecciano le storie di Maman Zinat, Leila, Forugh, Dante,
Sara e tanti altri. Membri della stessa famiglia perseguitata da un regime brutale. Voci di un
paese esaltato dalla Rivoluzione e subito inghiottito dall'abisso della tirannia. La giovane Azar,
arrestata per motivi politici, partorisce al cospetto della sua carceriera una bimba bellissima:
Neda. Capace, con la sua sola presenza, di ridare speranza anche a chi credeva di averla persa
per sempre. Maman Zinat aspetta che le sue figlie vengano rilasciate dal carcere e intanto
cresce i tre nipotini, tessendo con silenziosa tenacia i sogni e le paure di tre generazioni. E per
due amanti - Leila e Ahmad - separati dalla Storia, altri due trovano il modo di tendersi
finalmente la mano. Nata nella prigione di Evin, a Teheran, Sahar Delijani mescola realtà e
finzione in questo potente e ispirato primo romanzo. Che prende spunto dalle vicissitudini della
sua famiglia per disegnare il ritratto di un popolo affamato di libertà.
Il tempo dalla mia parte
Da anni la siccità non lascia tregua. Nessuna goccia di pioggia ammorbidisce il terreno secco
della mitica Jolof, terra africana densa di racconti e incrocio di popoli. Poco più che ragazzino,
Amed si vede affidare una missione importante: dovrà partire per l'Occidente alla ricerca del
tamburo magico, capace di invocare la pioggia e interrompere l'arsura. Il cielo non lascia altra
speranza, ma Amed non è il primo a partire: un gruppo di giovani ha tentato l'impresa e non
ha mai fatto ritorno. Tra Francia e Italia, tra momenti spassosi e altri di intensa drammaticità,
questa vicenda si legherà a doppio filo ai problemi della convivenza tra popoli diversi, fino a
costituire una vera e propria fiaba di riconciliazione.
Carla C.
Carla C
Io prima di te
A ventisei anni, Louisa Clark sa tante cose. Sa esattamente quanti passi ci sono tra la fermata
dell'autobus e casa sua. Sa che le piace fare la cameriera in un locale senza troppe pretese
nella piccola località turistica dove è nata e da cui non si è mai mossa, e probabilmente, nel
profondo del suo cuore, sa anche di non essere davvero innamorata di Patrick, il ragazzo con
cui è fidanzata da quasi sette anni. Quello che invece ignora è che sta per perdere il lavoro e
che, per la prima volta, tutte le sue certezze saranno messe in discussione. A trentacinque
anni, Will Traynor sa che il terribile incidente di cui è rimasto vittima gli ha tolto la voglia di
vivere. Sa che niente può più essere come prima, e sa esattamente come porre fine a questa
sofferenza. Quello che invece ignora è che Lou sta per irrompere prepotentemente nella sua
vita portando con sé un'esplosione di giovinezza, stravaganza e abiti variopinti. E nessuno dei
due sa che sta per cambiare l'altro per sempre. "Io prima di te" è la storia di un incontro.
L'incontro fra una ragazza che ha scelto di vivere in un mondo piccolo, sicuro, senza sorprese e
senza rischi, e un uomo che ha conosciuto il successo, la ricchezza e la felicità, e all'improvviso
li ha visti dissolversi, ritrovandosi inchiodato su una sedia a rotelle. Due persone
profondamente diverse, che imparano a conoscersi senza però rinunciare a se stesse,
insegnando l'una all'altra a mettersi in gioco.
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Angolo della solidarieta'
Ornello Barollo
Nello statuto della nostra associazione, il cui scopo di carattere
culturale e ricreativo è quello di diffondere e sviluppare l'interesse per
la natura e la montagna, è prevista anche la collaborazione, la solidarietà, la
condivisione con altre associazioni del territorio, anche con scopi diversi.
Una delle associazioni con cui collaboriamo è "Tagme" (che tradotto da uno dei
dialetti della Guinea Bissau vuol dire "diamoci da fare") di Lecco, che si è costituita
per realizzare progetti di solidarietà in Africa tramite un amico comune: Padre
Roberto Donghi, missionario del P.I.M.E.
Anche noi abbiamo contribuito alla realizzazione di progetti in Guinea Bissau (in
particolare sulle isole Bijagoss) proposti da Padre Roberto: unendo le forze ha
consentito di realizzare un aiuto concreto per queste popolazioni, grazie anche alla
sensibilità, alla generosità dei nostri soci.
Nei mesi scorsi Padre Roberto è rientrato in Italia, per una breve vacanza e per
impegni "istituzionali" del Pime; abbiamo avuto l'opportunità di incontrarlo il 21
ottobre scorso nel nostro oratorio di Taccona, incontro aperto anche alla nostra
comunità parrocchiale.
Durante la serata ci ha illustrato, anche attraverso la proiezione di fotografie, la
realizzazione di progetti illustrati in articoli pubblicati su precedenti giornalini
(istituzione di una scuola, realizzazione dell'acquedotto per la missione,
realizzazione di aule, impianto fotovoltaico, ecc). soprattutto ci ha fatto conoscere
il contesto in cui svolge la sua missione, le motivazione del suo ministero,
l'importanza di essere tra la gente delle isole come uno di loro.
Anche con le suore dell'Immacolata del P.I.M.E . intratteniamo una collaborazione
tramite l'adozione a distanza di due bambine in Bangladesh; quest'anno Maria
Goretti Sangma ha terminato il primo ciclo di scuole superiori, per cui c'è stato il
rientro in famiglia, mentre Tani Rozario sta frequentando il primo ciclo di scuola
superiore. Di seguito la sua foto e gli auguri per il prossimo Santo Natale.
Suor Annamaria ci chiede di supportare l'adozione di un'altra bambina. Risponderò
alla suora che continueremo a contribuire al sostentamento di un'altra bambina, in
sostituzione di Maria Goretti.
Vorrei ricordare che questa iniziativa è sostenuta da diversi anni anche in memoria
di amici, soci e parenti della nostra associazione che sono tornati alla casa Padre.
Un ringraziamento a tutti i soci, che in modi diversi, con generosità, consente alla
nostra Associazione di essere concretamente solidale.
Alcuni proverbi della Guinea Bissau riportate sui segnalibri distribuiti durante la
cena TAGME:
 Il serpente dice che quando si volta indietro non si rompe la schiena.
 L’elefante non sente il rumore delle sue zampe.
 Le imprecazioni dell'asino non salgono al cielo (proverbio anche italiano).
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