Un missionario cremonese, P. Valentino Bosio, ci scriveva periodicamente dalla sua missione in Borneo. Le sue lettere sono state raccolte e pubblicate in un agile volumetto che si può chiedere al Monastero. “La Chiesa è profondamente cosciente e senza esitazione proclama che vi è un’intima connessione tra la preghiera e la diffusione del Regno di Dio, tra la preghiera e la conversione dei cuori, tra la preghiera e la fruttuosa recezione del messaggio salvifico ed elevante del Vangelo”. 1 Questa salda convinzione, patrimonio comune della fede cristiana ma specialmente delle claustrali, sintetizzata da Teresa di Lisieux nella famosa espressione “Nel cuore della Chiesa io sarò l’amore”, è come il sottofondo musicale delle lettere di P. Valentino Bosio. Egli stimava le claustrali sue preziose collaboratrici nell’attività missionaria. Nei suoi scritti le definisce spesso “compagne dell’evangelizzazione”. La sua sapienza di uomo maturo, la sua lunga esperienza di apostolo “in zone dove sacrifici e sforzi sembrano essere inghiottiti da un intreccio grandioso di verde, alberi, radici, fiumi grandi e piccoli, senza vedere risultati” e soprattutto la sua fede limpida e semplice come quella di un bambino gli rivelano che un monastero di vita contemplativa “è una ricchezza non solo per la Chiesa locale, ma per tutta la Chiesa universale”. Con parole che riecheggiano quelle del Concilio, egli sottolinea costantemente la preminenza di ciò che è eterno su ciò che è temporaneo, dell’invisibile sul visibile, della contemplazione sull’azione: “L’azione deve scaturire dalla contemplazione come il fiume dalla sua sorgente. Altrimenti è un girare a vuoto. Come un motore ingolfato che fa tanto rumore ma non riesce a partire. O come delle ruote che girano a vuoto nel fango ma non fanno presa”. Egli crede fermamente che “non c’è nulla di più bello, vero confacente per qualsiasi tribù, razza, cultura, della persona di Gesù Cristo e del suo Vangelo”, ma sperimenta anche - come già San Paolo ad Atene – che non è l’eloquenza umana bensì la forza dello Spirito Santo che converte i cuori. Racconta che “spesso ci si trova impotenti, piccoli, come Davide davanti a Golia” e per questo desidera che dai Monasteri di clausura, come da una “trasmittente divina”, parta “l’invocazione Accende lumen sensibus, infunde amorem cordibus, infirma nostri corporis virtute firmans perpeti (accendi in noi la Tua luce, infondi nei nostri cuori l’Amore, fortifica la nostra debolezza con il Tuo Vigore eterno) ”. “La vita contemplativa è inseparabile dalla vita missionaria” e P. Valentino, consapevole di questa unione vitale, pone in evidenza nelle sue lettere che “la vita contemplativa è forza inestimabile ed inesauribile di evangelizzazione, di energia e fuoco di amore per i missionari, per i sacerdoti, per tutti”. 1 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONS. E LE SOCIETÀ DI VITA AP., Istr. Verbi Sponsa sulla vita contemplativa e la clausura delle monache, (13 maggio 1999), 7; GIOVANNI PAOLO II, Discorso alle claustrali (Nairobi, 7 maggio 1980); Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, 40 Se quanto egli scrive è vero e valido per tutte le contemplative, siano esse carmelitane, clarisse, benedettine, visitandine, ecc., non di meno è l’aspetto più tipico e proprio delle claustrali domenicane ed è ciò che è maggiormente evidenziato nel carisma lasciato da San Domenico al suo “Ordine dei Predicatori”. Fondando un Ordine apostolico e missionario, chiamato a vivere il mandato del Signore risorto: “Andate in tutto il mondo e predicate il mio Vangelo…” San Domenico volle associare alla “Santa predicazione” dei suoi Frati la vita nascosta e orante delle sue monache. La sua intuizione, che pone la vita contemplativa come anima e fermento dell’apostolato attivo, rimane straordinariamente attuale dopo otto secoli di storia. Il “Duc in altum!” che Giovanni Paolo II ha riproposto con la parola e la santità di vita per ridare vigore e slancio missionario alla Chiesa del terzo millennio, infatti, è un coraggioso richiamo alla visione cristiana dell’apostolato, quella stessa visione che ha spinto San Domenico a riconoscere nel “parlare con Dio” la sorgente della gioia e della forza per “parlare di Dio”. Il Padre dei Predicatori, “fin da giovane chiedeva insistentemente a Dio di donargli una carità ardente, che lo spingesse a operare efficacemente per la salvezza degli uomini e a dedicarsi totalmente e con tutte le forze a conquistare anime, ad esempio del Salvatore, offertosi tutto per la nostra salvezza”2 . E in risposta Dio gli diede “una grazia singolare per i peccatori, i miseri e gli afflitti che portava sempre nell’intimo santuario della sua compassione” 3 . Dall’incontro con il Signore scaturiva in San Domenico l’ansia incontenibile di far conoscere e amare il Salvatore e l’ardore apostolico che lo spingeva non solo a dedicare il giorno all’annuncio della Parola, ma anche a trascorrere le notti insonni pregando insistentemente: “Mio Dio, mia misericordia che ne sarà dei peccatori?” Questa “grazia singolare” di sensibilità apostolica è il carisma che sono chiamate a vivere ancora oggi le claustrali domenicane. Il desiderio che l’annuncio del Vangelo raggiunga tutti i confini della terra, la preoccupazione per la salvezza eterna di quanti vivono come se Dio non ci fosse, la “compassione” per quanti ancora non conoscono il Redentore, è il motivo più profondo e autentico che conduce una giovane ad entrare nella clausura di un monastero domenicano. Mentre, infatti, è proprio di chi si dedica alle attività apostoliche, e soprattutto dei Frati Domenicani, “predicare per il mondo il nome di nostro Signore Gesù Cristo” 4 , è proprio delle monache domenicane cercare assiduamente nel silenzio il volto di Dio e invocare il Signore nel nascondimento “affinché la parola che esce dalla bocca di Dio non ritorni a Lui senza effetto, ma prosperi in coloro ai quali è stata rivolta” 5 . Apostole degli Apostoli, come le definisce la tradizione secolare dell’Ordine dei Predicatori, le domenicane attuano la loro vocazione contemplativa dimorando nel cuore missionario della Chiesa. Vivendo concordi e unanimi nel Monastero, in assidua e perseverante preghiera e in fraterna e vicendevole carità, accompagnano con la loro esistenza consacrata alla lode di Dio la missione apostolica di quanti si affaticano nell’annuncio del Vangelo. La separazione claustrale, accolta come dono e scelta come libera risposta di amore diviene il luogo della loro comunione spirituale non solo con Dio ma anche con le altre membra del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. La loro stessa esistenza diviene segno eloquente, gioiosa testimonianza, convincente “predicazione” del primato di Dio. Il loro silenzio proclama e diffonde che realmente il Signore risorto è per l’uomo “l’unica beatitudine, nella vita presente per la grazia e in quella futura nella gloria” 6 . In tal modo, pur rinunciando, per vocazione, ad una attività direttamente apostolica, le monache domenicane offrono un contributo prezioso alla fecondità della nuova evangelizzazione e divengono, come scrive P. Valentino, “lettere viventi di Cristo che portano ovunque il Suo Nome perché sia inciso nel profondo dei cuori”. 2 B. GIORDANO DI SASSONIA, Libellus de initiis Ordinis Prædicatorum, n.13 B. GIORDANO DI SASSONIA, Libellus de initiis Ordinis Prædicatorum, n.12 4 PAPA ONORIO III, bolla di approvazione dell’Ordine dei Predicatori 5 Cf. Costituzione fondamentale delle Monache Domenicane, II 6 Cf. Costituzione fondamentale delle Monache Domenicane, V 3 Madre Teresa Ortega Pardo fu per vari trienni Priora del Monastero Domenicano di Olmedo, in Spagna. Anima ardente, promosse una forte ripresa della vita contemplativa della sua comunità claustrale e diede inizio a varie fondazioni in terra di missione. É in corso il suo processo di beatificazione. Ha lasciato vari scritti in spagnolo. La nostra Comunità di Cremona ha curato la traduzione e la pubblicazione in italiano del volume “Storia di un sì” e di un breve profilo biografico di Madre Ortega. Entrambi i volumi si possono richiedere al Monastero Clicca sull’immagine e apri l’opuscolo (pdf) Pensieri da “Storia di un sì” La vita claustrale è semplice, confidenziale, intima. In essa si alimenta e si vive un clima di sincerità, di Verità pura e, di conseguenza, di umiltà - che è Verità -, di Carità, che è l’amore fatto di verità e fatto di opere. Non c’è finzione, né artificio, né rigidezza. C’è vita, molta vita che esce spontanea e limpida, generosa e ardente di amore per Dio e per i fratelli. Questa vita autentica beve e si nutre di Gesù e di Maria. Da loro impara 1’ “Eccomi” e il “Fiat”. E queste due frasi si riassumono con una sola parola: sì. SÍ, a tutte le esigenze di Dio, che chiede tutto. SÍ sostenuto, sempre. SÍ, che giunge ad essere spontaneo nell’anima. SÍ, sempre SÍ. La vita religiosa, la nostra vita claustrale, silenziosa, ardente, innamorata, gioiosa e gorgheggiante, altro non è che “La storia di un sì”. Il mondo si domanda quasi indignato perché esistono Monasteri, come se fossero qualche cosa che rallenta la sua marcia. Ciò che il mondo non sa è che queste fortezze sono per lui. Noi non fuggiamo dal mondo, lo amiamo e ce ne preoccupiamo. Per questo lo teniamo stretto al nostro cuore e lo portiamo nel nostro silenzio. Nel silenzio aiutiamo i suoi battiti. Lo vediamo soffrire senza speranza e soffriamo con lui. Il nostro vivere silenzioso è per lui, perché egli abbia vita. Vorremmo comunicargli fiumi di gioia, di ottimismo, di felicità; e ciò a qualunque prezzo, costi quello che costi. Ottenergli la vita è l’unico modo di saziare la nostra sete di anime, di universo. Ottenergli la vita è l’unica maniera per vivere felici. Non vogliamo la vita solo per noi, abbiamo bisogno di condividerla. Questo mondo, che è al di là delle nostre grate, sta chiedendo e ha bisogno di questa vita, che abbonda nei nostri Cori, come in centrali vivificatrici dell’universo intero. In Monastero si gode e si soffre con l’impeto dell’amore. Si gode in Lui e per Lui. La Sua presenza è la fonte più pura della gioia. Se dovessimo incarnare i sentimenti dell’anima claustrale in un personaggio evangelico, credo che il più espressivo sia la Maddalena, il mattino della Resurrezione. Il suo stato d’animo è quello del ricercatore. Al sorgere del giorno si spinge incontenibile fino al punto estremo del suo amore. Deve correre, arrivare e trovarLo. Costi quel che costi. Che è la vita senza di Lui? C'era solo un Essere che passandole accanto, l’aveva guardata e ferita con un dardo di fuoco; l’aveva contagiata con l’amore e aveva reso insipida ogni genere di vita che non fosse Lui stesso. La scomparsa aveva lasciato l’anima trepidante, ferita, accasciata. “Fammi vedere il tuo volto” era il suo grido profondo. “ Mostrami il tuo volto”, che io lo veda; vivo o morto è lo stesso. Ella sente che la vita è insopportabile senza Gesù Cristo; che tutte le cose sono opache e mancano di senso se Egli non le vivifica. Ama, e l’amore è tutto per lei. Maria è l’appassionata di Gesù Cristo, e a questa passione rivolge tutta la sua anima, tutta la ricchezza impulsiva del suo essere innamorata. E il Signore venne. I suoi impeti di amore e di dolore furono capaci di strappare la presenza dell’ Amato. La scena si ripete. I nostri Monasteri assistono ogni giorno a episodi di questo genere. Un sabato di autunno, durante l’incontro del gruppo dei giovani della sua Parrocchia, Monica, una ragazza di vent’anni, annuncia: “Lunedì entro in clausura”. Francesca, tornata a casa, le scrive di getto. Ha solo 17 anni, ma il suo cuore puro intuisce verità profondissime, e lei le esprime con parole ardenti. Le offriamo con amicizia alla tua meditazione, fiduciose che come un seme sparso in buon terreno, daranno frutti abbondanti. Quando Francesca scrive questa lettera, si sono già manifestati in lei i sintomi di un tumore ed ella, dopo un intervento chirurgico, ha già iniziato un doloroso ciclo di chemioterapia. Dopo due anni da questa lettera, maturata dall’esperienza della Croce, Francesca è entrata nel Regno della Vita senza fine. Monica, invece, continua con gioia il suo cammino terreno nella clausura del nostro Monastero. Carissima Monica, grazie per quello che sei e di conseguenza per quello che fai. Ancora grazie! Tornata a casa dall'incontro sono qui, coricata sul letto, e sto piangendo mentre nella mente mi rimbombano le parole che hai pronunciate stasera: "Lunedì entro in clausura". Piango per commozione, per gioia, non lo so. So solo che sto piangendo e so solo che tu hai scelto. Hai scelto bene: hai scelto di naufragare in un mare di luce e - come dice il Leopardi - ti sarà dolce, perché dolce è lasciarsi cullare "tranquilli e sereni come un bimbo svezzato in braccio a sua madre"; delicato è lasciarsi invadere e penetrare dalla sua Presenza perché ti sublimi; dolce è affidarsi al Tutto con la fiducia di un bimbo e la coscienza di un uomo che ha creduto e ha fatto della speranza una certezza; soave è prenderlo per mano come un amico, un compagno di viaggio; stupendo è sussurrargli a fior di labbra: "Papà"; sublime è cantare lode al Gran Re. Monica, sei eccezionale: hai detto di sì, hai avuto il coraggio di dire un sì eterno. Un sì intero. Un sì fatto non di compromessi: hai accettato di stipulare il patto d'alleanza con il tuo, il mio, il nostro Dio. All'invito di Gesù: "Vieni e seguimi" hai risposto con un "sia fatta la tua volontà". Per tutta la vita hai deciso di saziarti con il Corpo e il Sangue di Cristo, perché hai capito che solo nell'Ostia, solo in quel pezzo di pane consacrato si racchiude la vita, il mistero più grande di salvezza. E al centro di questo disegno vi sta l'uomo; l'uomo è centro della storia, del paesaggio cosmico, e centro dell'uomo è Dio. L'uomo piccolo, povero, ricco solo di difetti e peccati, ma con una voglia smisurata di redenzione, con un desiderio ardente di riabbracciarsi con suo Padre, con una passione ed un impeto di vivere con Lui, in Lui e per Lui. Monica, hai detto sì, hai avuto l'intelligenza di rispondere sì. Hai scelto di vivere Cristo in Monastero. Non è importante il luogo, importante è scegliere Lui, importante è stare con Lui e non abbandonarlo. Sarai grandissima, Monica, dietro le grate: quella grata che separa voi dal resto del mondo, che vi distoglie dalle cose futili e vane perché possiate meglio rivolgere la vostra attenzione a Lui. E Lui, il Dio che hai scelto, è un Dio geloso che non ci sta, che non è disposto a venire barattato per una sua creatura poiché Lui è il Creatore. Se noi ci stupiamo di fronte alle creature, non dovremmo forse inginocchiarci per pregare il Creatore? Nel silenzio, Monica, tu hai scelto di stare con Colui che ami, hai scelto di farti monaca di clausura per parlare tutto il giorno con Lui. E Lui parla solo nel silenzio, quando il nostro cuore tace, la nostra mente non è adombrata, ecco: Lui ci parla. Hai scelto la vita per vivere e per far vivere e di questo ti ringrazio! Hai fatto tua la follia della croce: hai scelto di sposare l'Uomo più difficile ma contemporaneamente più facile da amare, più esigente ma più misericordioso, più padrone ma più servo, più Gran Re ma più Padre; e più ti farai sua prigioniera, più sarai libera perché libertà è vivere Cristo, è vivere l'Amore. Hai sposato un Crocifisso! Non scordarlo! Ricordi a La Verna P. Eugenio quando disse: "L'equilibrio del mondo è la croce"? Riportava le parole di S. Francesco. Pitagora e i suoi seguaci pensavano che l'equilibrio del mondo fosse un numero. Altri, dopo di lui, ritennero che la realtà fosse affidata al caso. Ci volle un pazzo - pazzo perché santo - a capire che il perno attorno al quale ruota l'intera realtà è una croce, un Crocifisso. E' così: è attorno all'Amore che noi gravitiamo. Dio, Cristo sulla croce, ci apre le braccia; non scordiamo però che sono inchiodate. Monica avrai sofferto, avrai pianto per raggiungere e fare questo passo. Mi sento un verme nei tuoi confronti. Sappi però - anche se oralmente non ti ho mai detto nulla - appena l’ho saputo (due mesi fa) ho pregato per te offrendoti le mie ultime tre cure a Bologna, te le ho offerte col cuore e sappi che ora tornerei indietro e le rifarei solo per offrirle a te in segno di ringraziamento. La sofferenza per la mia rigidità al ginocchio, Monica, sappi che sarà offerta per te e tramite te, raggiunga Lui. Monica se ora o in futuro dovrai sopportare delle prove, sappi che Lui le ha già vinte e tu ci hai creduto, e sarà proprio per la tua fede riposta in Lui che avrai la vita eterna. Hai deciso di “dimorare all'ombra dell'Onnipotente per trovare rifugio dalle insidie del male”. La grandezza del tuo gesto sta nell'aver scelto di abitare con Lui nella sua casa, perché l'hai desiderato. E' la scelta il vero miracolo che fa l'uomo ad immagine e somiglianza di Dio, che dà all'uomo la dignità di essere chiamato figlio. "Monica, mi ami tu? Monica, mi ami tu? Monica, mi ami tu?" "Sì, Sì, Sì." Tre sì sgorgati dal cuore. Tre sì nati da un periodo lungo 20 anni (fin dall'eternità portavi in seno la Monica di lunedì; l'hai detto tu stessa) e non ancora terminato. Tre sì autentici, nitidi, fermi che rimbombano alle orecchie di Dio. E gridalo forte, Monica, in Monastero il nome di Dio, urlalo perché il suono passi le pareti e raggiunga il mondo, non stancarti mai di gridare: "Dio, Dio, tu sei il mio Dio". Ricordati che ti devono bruciare le labbra ogni volta che pronuncerai il Suo nome, deve lacerarsi il tuo cuore mentre le tue labbra scandiranno la parola “Dio!” Lascia che Dio viva in te per vivere con Lui. Dio ti ha voluta lì. Tu, accettando, non hai fatto che fare quello che dovevi fare. La tua grandezza sta nell'aver aderito al Suo progetto, sta nell'aver capito che nelle opere della natura vige non il caso, ma la finalità e questa finalità, per cui si viene all'esistenza, ha la natura e la funzione della Bellezza (Dio è bello, perché Dio è buono, perché Dio è vero). Ti ha voluto lì, così, a te si vuole rivelare dietro la grata del Monastero, come a me ha voluto mostrarmisi come il Cristo sofferente e ne sono lieta e Lo ringrazio per questo. Monica, sei grande! Monica, ti voglio bene! Vivi con serenità ciò che hai scelto perché sei nel vero. CercaLo e pregaLo anche per me. Ti chiedo di portarmi sempre dentro di te, come tu sarai sempre presente in me ovunque vada. Ti abbraccio e ti bacio. Ti amo. Francesca