Unione Contadini Ticinesi & Segretariato agricolo
Via Gorelle, Casella postale 447, 6592 S. Antonino
Tel: 091/851 90 99 – Fax: 091/851 90 98 – E-mail: [email protected] – Sito: www.agriticino.ch
Parc Adula
A.c.a. Direttore Signor Martin Hilfiker
Via Cantonale
6535 Roveredo
S. Antonino, 27 gennaio 2016
Consultazione della Charta del Parc Adula
Gentili signore, egregi signori,
nelle pagine seguenti troverete le nostre considerazioni in merito alla consultazione sulla Charta del Parc
Adula. Come documento di base abbiamo preso l’opuscolo intitolato “7 serate all’insegna della Charta
Parc Adula” che racchiude le informazioni principali. Vi ringraziamo della possibilità che ci avete dato di
esprimerci in merito.
L’Unione Contadini Ticinesi (UCT) è l’associazione ufficiale di categoria dell’agricoltura ticinese e come
tale rappresenta il settore primario e gli interessi del ceto agricolo fungendo da interlocutore principale per
gli agricoltori del nostro Cantone, oltre ai diversi partner socio-economici e politici. Per statuti siamo
tenuti a trattare temi fondamentali per l’agricoltura ticinese e il suo futuro, impegnandoci a dialogare
costantemente con la popolazione e a costruire alleanze per far conoscere la realtà agricola a tutti i
cittadini. Al momento la nostra associazione conta ca. 850 aziende agricole e 34 enti affiliati.
Conosciamo molto bene la realtà agricola del Ticino, in particolare quella dell’allevamento, che a livello
agricolo è quella più toccata dal Parco, e in questo contesto dal 1994 assicuriamo la gestione della
Commissione Mercati Bestiame Ticino. Riteniamo che in generale nella stesura delle regole del Parco non
siano state considerate a sufficienza le particolarità dell’allevamento tradizionale ticinese e della Valle di
Blenio, dove ci sono prevalentemente piccole aziende agricole che sfruttano territori marginali, sia per il
pascolo che per l’approvvigionamento del foraggio invernale. Il progetto Parco evidenzia alcune
incongruenze in quanto a protezione ambientale del territorio; se lo scopo è la salvaguardia naturalistica,
diventa molto arduo argomentare che una maggiore presenza umana con "turismo e rangers" serva alla sua
tutela. Il territorio alpino ha in tutti i casi il pregio di attivare una selezione naturale qualificata dei suoi
fruitori. In questo contesto, ci è anche molto difficile comprendere la presenza di una zona di tiro militare
(zona in grigio nella cartina a p. 2 vicino ad Hinterrhein) adiacente, se non direttamente inclusa, nella zona
centrale. Le nostre ulteriori perplessità sono specificate dettagliatamente più avanti.
Ci teniamo a ribadire che la nostra presa di posizione si concentrerà nel trattare in dettaglio la zona
centrale del Parc Adula (estesa su 145 km2), quella che sembra creare maggiori problemi e discussioni al
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settore primario, e che è più strettamente legato alle attività di nostra competenza, mentre non tratteremo
in dettaglio i punti riguardanti le zone periferiche (1’106 km2), che sembrerebbero avere meno limitazioni
(“non ci sono nuove limitazioni nella zona periferica e le attuali regolamentazioni di legge mantengono la
loro validità”). In ogni caso riteniamo essenziale promuovere con progetti seri e a lungo termine tutte le
zone del Parco, coinvolgendo persone e ditte ticinesi ed in particolare quelle locali della Valle di Blenio.
Anche i progetti già in atto correlati all’agricoltura (lariceti pascolati, selve castanili, interconnessione,
qualità del paesaggio, …) dovranno essere condotti e implementati senza limitazioni di sorta, almeno nelle
zone periferiche.
Non siamo invece per niente d’accordo se si dovessero lasciare l’organizzazione e le attività correlate al
Parco esclusivamente nelle mani delle altre regioni che partecipano al progetto; in questo contesto ci
teniamo a ricordare che come associazione di categoria del primario ticinese ci siamo impegnati a
promuovere il Parco sul nostro giornale (Agricoltore Ticinese), lasciando piena libertà di scrivere diversi
articoli. Purtroppo però, finora, l’UCT non è stato interpellato in nessuna maniera. Non c’è stato nessun
incontro, né una parola a favore della nostra associazione neanche durante la giornata pubblica organizzata
a Olivone, sebbene nell’opuscolo (p. 7), si menzioni specificatamente la Società agricola di Calanca e
Mesolcina (Agrimoesa). Oltretutto, nella Charta, si parla spesso di Marchio Parco per i prodotti (p. 6),
tralasciando però completamente il Marchio Ticino, che l’UCT gestisce e che contrariamente agli altri
Cantoni interessati dal Parco ha una grande rilevanza e un’eccellente visibilità (vedi anche “nostrani del
Ticino”). Una collaborazione sarebbe stata senza dubbio auspicata. Altresì riteniamo che nella Charta
manchi un capitolo importante per il nostro settore, cioè gli agriturismi, sebbene si parli molto di turismo,
gastronomia e infrastrutture (p. 7). Per questo tema il Centro di competenze agriturismo in Ticino, anche
questo gestito dall’UCT, avrebbe potuto dare un apporto importante; ci rammaricheremmo molto se tutti i
progetti in quest’ambito dovessero venire demandati alle associazioni della Svizzera interna o
all’associazione mantello svizzera. Riteniamo che un Parco di nuova generazione debba considerare e
promuovere le realtà agrituristiche presenti nella zona e per questo motivo pensiamo che le zone centrali
dovrebbero essere maggiormente accessibili a tutti; solo questo può portare veramente ad un aumento del
numero di visitatori (per esempio sugli alpeggi, alpi, …, vedi punto 6.1.b a pag. 12) e ad una crescita delle
Regioni interessate dal Parco. Questi non aumenteranno di certo con un incremento del numero di
restrizioni sul territorio.
Osservazioni specifiche sul regolamento per la zona centrale
L’UCT è molto preoccupata dal regolamento citato che si basa su regole molto rigide e limitazioni
sproporzionate e di difficilissima applicazione per chi pratica l’agricoltura, ed in particolare per gli
allevatori di animali da reddito, che si trovano all’interno delle zone centrali. Temiamo che il Parco possa
peggiorare la situazione dell’allevamento e dell’agricoltura nel suo insieme.
Ci rallegriamo comunque di leggere nell’introduzione al Parco che uno degli scopi principali è di
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sviluppare il turismo, il commercio e l’agricoltura, oltre a preservare la storia e la cultura, i pascoli, gli alpi
e le tradizioni. Malgrado queste belle intenzioni, quando si parla di investimenti annui (p. 9), l’agricoltura
produttiva viene però completamente dimenticata ed esclusa. Siamo consapevoli dell’importanza della
promozione della biodiversità e del paesaggio, di un utilizzo sostenibile delle risorse naturali, punti
fondamentali anche della nuova politica agricola 2014-2017; tuttavia sarà fondamentale favorire degli
investimenti e non solo delle restrizioni anche per le attività agricole produttive che si svolgono all’interno
del Parco. Se ciò non venisse fatto, ci chiediamo veramente su quali prodotti alimentari verrà messo il
Marchio Parco; non saranno di certo i progetti, seppur validi, del ripristino di muri a secco a Sumvitg (p.
5). Questi, secondo noi, non hanno un grande potenziale di sviluppo, ma sono piuttosto dei doppioni della
nuova politica agricola (vedi pagamenti diretti per la qualità del paesaggio).
Di seguito le osservazioni specifiche, punto per punto, al regolamento:
•
base: riteniamo che le superfici degli alpeggi e i perimetri del pascolo non debbano assolutamente
essere delimitate. Le leggi sul benessere degli animali stabiliscono che gli stessi debbano avere
sufficiente spazio in cui muoversi; inoltre la disponibilità di foraggio varia di anno in anno in
conseguenza delle variazioni climatiche e una delimitazione sarebbe sbagliata. L’importanza del vago
pascolo per gli animali va sostenuta e mantenuta; in effetti questo tipo di allevamento permette da un
lato agli allevatori di svolgere altre attività (la fienagione ad esempio), così da limitare le spese di
gestione dell’azienda, e dall’altra di mantenere un buon grado di salute degli animali. Solamente a
queste condizioni l’allevamento di bestiame minuto in montagna può ancora essere praticato e fornire
un certo reddito. I risultati tangibili sono dei prodotti di alta qualità, la dispersione delle aziende sul
territorio e lo sfruttamento dello stesso in modo ecologicamente compatibile con le particolarità
dell’ambiente montano. Quindi le superfici attuali devono essere almeno mantenute e non di certo
ridotte come scritto a p. 12 della Charta. Inoltre, una bella iniziativa sarebbe quella di incentivare per il
carico degli alpi delle razze autoctone e locali, che si sono adattate perfettamente alla morfologia del
territorio.
•
punto 5b: riteniamo opportuno includere anche le recinzioni per gli animali al pascolo; sebbene non
siano delle vere e proprie modifiche della configurazione del terreno è necessario menzionare che esse
devono poter essere adeguate e modificate.
•
Punto 4.1.b: si cita che l’ente Parco sosterrà l’ottimizzazione dell’utilizzo di costruzioni e impianti;
non vorremmo tuttavia che questo comportasse ulteriori onerosi obblighi per i proprietari e i gestori.
•
Punto 6.1.a: riteniamo che la limitazione dell’utilizzo del Parco solo ad aziende d’estivazione sia
troppo restrittiva. La regione è conosciuta per avere altre importanti attività agricole, non vediamo
quindi perché escludere delle aziende che si occupano di altri settori produttivi e che, per una ragione
o per l’altra, intendono fare qualcosa all’interno delle zone centrali. Come detto precedentemente, la
possibilità di avere bestiame al vago pascolo, un’attività con forte valenza culturale e tradizionale del
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nostro cantone, sia necessaria per diversi motivi, non da ultimo quelli finanziari. Questa attività
sarebbe in linea con gli obiettivi descritti nella Charta (vedi p. 10 “tradizionale utilizzo degli alpeggi”).
Non vediamo quindi di buon occhio un perimetro delimitato. La parola “sufficientemente” non è
abbastanza precisa ed induce ad interpretazioni che sono da evitare.
•
Punto 6.1.b: il discorso fatto in precedenza sull’agriturismo è importante per questo punto; per dare più
possibilità ai visitatori di muoversi riteniamo che le zone centrali debbano essere più accessibili a tutti
ed avere meno vincoli.
•
Punto 6.1.c: ci sembra opportuno includere l’esperienza e le conoscenze di società attive sul territorio,
come per esempio la Società agricola della Valle di Blenio, l’UCT, … oltre alla Sezione agricoltura
del Cantone che, secondo noi, dovrebbe essere l’Ufficio cantonale competente.
•
Punto 6.1.d: i concetti di gestione dovrebbero venir concordati prima della fase di gestione del Parco;
essi devono basarsi sulle attuali ordinanze federali e cantonali in materia (ordinanze sui contributi di
estivazione e sui contributi di alpeggio).
•
Punto 6.2.a: ci opponiamo con la massima fermezza alla DIMINUZIONE dei perimetri riservati al
pascolo, anzi, essi andrebbero incentivati e aumentati.
•
Punto 6.2.d (nel documento in nostro possesso mancano i punti b e c): due anni sono un lasso di tempo
troppo corto e una simile decisione dovrebbe essere presa su un periodo di almeno 4-5 anni.
•
Punto 7.b: per la corretta gestione del territorio dovrebbe venir concesso l’approvvigionamento di
legna per gli alpi presenti nel Parco. Non condividiamo l’idea di una protezione assoluta del bosco,
che, almeno nella superficie dei pascoli, deve poter essere contenuto.
•
Punto 9.2: la grave e irrisolta problematica dell’aumento incondizionato degli ungulati e dei loro
ingenti danni alle colture, ai boschi e agli alpeggi in Ticino, oltre al numero elevato di incidenti
stradali anche mortali, è nota a tutti. L’obiettivo del Parco non deve essere di aumentare le popolazioni
di selvatici (“proteggere la natura e la fauna alpine”), ma, in linea con le direttive cantonali, di
diminuirne il loro numero e i danni fino ad arrivare a livelli sopportabili. Siamo consapevoli che una
buona parte del Parco sia situata in una bandita federale, tuttavia, per il Ticino, la zona centrale in Val
Malvaglia potrebbe rappresentare un grande problema in questo contesto. Siamo convinti che la
limitazione degli effettivi di specie cacciabili al solo cervo sia errata. In questo contesto manca il
cinghiale, che causa danni ingentissimi, in particolare agli alpeggi, che come descritto nella Charta
sono un’entità fondamentale del Parco. Inoltre, questo animale non autoctono, è all’origine di
devastazioni anche al bosco, che intaccano gravemente l’equilibrio della fauna endemica. Anche il
capriolo, un’altra specie problematica per l’agricoltura, dovrebbe venir incluso nella lista.
Riteniamo necessaria una visione in proiezione futura del Parco, che se dovesse venire accettato dalla
popolazione ci sarebbe per almeno 10 anni. Quindi, anche se non dovessero esserci cinghiali nelle
zone centrali attualmente, la situazione come abbiamo visto in altri casi muta molto velocemente e
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drasticamente da un anno all’altro. È quindi imperativo includere almeno il cinghiale, se non anche il
capriolo, negli effettivi cacciabili. Infine, per questo punto, non ci è chiaro il ruolo delle autorità
cantonali e locali (p. es. Sezione agricoltura, Ufficio caccia e pesca), che si stanno sforzando per
diminuire i danni causati dagli ungulati (vedi rapporti annuali) e quindi andrebbero coinvolti, siccome
nella Charta viene citato solo l’UFAM.
•
Punto 9.5: da oltre 10 anni seguiamo con attenzione e apprensione la tematica della ricomparsa sul
territorio ticinese e svizzero dei grandi predatori ed in particolare del lupo. Una problematica che sta
diventando sempre più grave nel nostro Cantone e che sta letteralmente sfuggendo di mano. Nelle
regioni dove la presenza del lupo è marcata, la convivenza con l’allevamento tradizionale rimane
altamente conflittuale e problematica e gli attacchi brutali sono purtroppo ricorrenti. Questo
nonostante l’impiego di misure di protezione dei greggi che sono però molto costose (sia per gli enti
pubblici federali e cantonali che per gli allevatori) in un periodo finanziariamente già molto
difficoltoso, e in moltissimi casi anche inapplicabili o inefficaci. In un’esigua estensione come quella
del nostro territorio la coesistenza tra l’uomo e i grandi predatori é impossibile. Alla luce di queste
considerazioni, riteniamo fondamentale che sia possibile anche nelle zone centrali poter abbattere i
grandi predatori, che causano danni agli allevatori e che sono pericolosi per l’uomo, siccome si
avvicinano troppo ai centri abitati. Per raggiungere i capi minimi di bestiame uccisi per poter abbattere
un grande predatore e per la valutazione dei danni, tutti gli attacchi devono essere presi in
considerazione e conteggiati, indipendentemente dal luogo o dalla situazione. Questo include anche le
zone centrali del Parco. L’esclusione di bestiame che è stato attaccato in un luogo “vietato” al pascolo
o per altre ragioni è inaccettabile e tutti i danni causati dai grandi predatori dovranno essere risarciti
secondo le linee guida cantonali, senza distinzioni. Non vogliamo la fine e la scomparsa
dell’allevamento e della produzione a km 0 nell’arco alpino, testimonianze ataviche della nostra
cultura.
Alla luce di tutto quanto esposto, l’UCT sarà lieta di appoggiare il Parc Adula, come fatto finora, in
particolare se la popolazione dovesse volere la sua creazione e nel caso in cui le regole del Parco non
dovessero comportare eccessive limitazioni all’agricoltura e all’allevamento. Sarebbe estremamente
controproducente avere un Parco che guardi solo ad aspetti naturalistici e che abbia il solo obiettivo di
un’armoniosa interazione tra protezione della natura, dell’ambiente, del paesaggio e della biodiversità,
dimenticandosi completamente delle peculiarità di un’agricoltura produttiva molto diffusa nella Valle e
che è basata sulla produzione di latte.
Per concludere, a garanzia degli interessi agricoli del territorio del Parco, riteniamo necessaria e
chiediamo che ci sia un’adeguata rappresentanza agricola nel CdA del Parco, nel caso venisse accettato in
votazione. Vi chiediamo gentilmente di tenere in considerazione i nostri commenti e le nostre osservazioni
e, in anticipo, vi ringraziamo per la comprensione delle tematiche agricole e per l’attenzione che darete
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alla nostra presa di posizione.
Cogliamo l'occasione per porgervi i nostri più distinti saluti.
Per l’Unione Contadini Ticinesi
Roberto Aerni
Sem Genini
Presidente
Segretario Cantonale
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Presa di posizione dell`UCT sulla consultazione della Charta del