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Punto 3 (indizi e prove). | Marco Fassoni Accetti
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Punto 3 (indizi e prove).
Posted on December 6, 2013
I codici.
Il valore del usare i codici derivava da tre motivi essenziali:
1Il codice firmava un’azione, un gesto. I nostri interlocutori, a cui doveva giungere il
significato di ogni azione, non avrebbero dovuto pensare a nessuna casualità o coincidenza, ma
tutto doveva apparire univoco e riconducibile ad una stessa matrice e richiesta. Agli esponenti
di quel che semplificativamente chiamo “l’altra parte”, i significati dei codici venivano spiegati
attraverso missive anonime, che permettevano di interpretare integralmente i significati di
ogni scrittura cifrata man mano che i fatti si evolvevano.
2Ogni codice raccontava l’origine di un evento, i fatti riservati, le nostre intenzioni.
L’usarli era una forma di pressione nei confronti dell’altra parte. Un modo di dire loro che con
l’uso pubblico dei codici, riferiti a realtà particolari, delicate e riservate, queste erano, per
l’appunto, rese pubbliche, ma momentaneamente sotto scrittura cifrata. E che, se non fossero
state corrisposte le nostre richieste, avremmo potuto spiegare pubblicamente quel che il
codice occultava, e ciò non era certo interesse dell’altra parte.
3I codici dovevano essere esageratamente in gran numero, per ancor più aumentare la
pressione-tensione, ed esprimersi in forme esasperate e a volte anche gotiche, che dovevano
renderli inverosimili all’indagine di un eventuale inquirente, alla curiosità di un possibile
giornalista, che li avrebbero per l’appunto considerati eccessivi, implausibili, ed avrebbero
forse fermato il loro interesse nei loro confronti, o comunque ne venivano depistati.
Codici Avon , Sorelle Fontana, Sala Borromini:
Il nome Avon aveva le seguenti valenze: Avon in celtico significa “fiume”. “Fiume” doveva
rammentare la scuola della Orlandi, che si trova per l’appunto sulle sponde di un fiume, e al
tempo stesso ricordava l’altra compagna d’Istituto della Orlandi che era anche lei, come
Emanuela, una testimone delle nostre accuse nei confronti dell’altra parte. In ultimo
l’industria Avon è nata ed ha la sede principale in New York, luogo deputato alle persone
dell’avvocato Macioce, a noi avverse. L’industria possiede degli stabilimenti in Polonia e
Russia.
Il codice “Sorelle Fontana” significava l’abitazione di Mons. Pierluigi Celata presso il Collegio
San Giuseppe Istituto De Merode, posta un portone prima della sede del suddetto atelier.
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Questo Monsignore era stato incaricato, con altri, di svolgere alcune iniziative tese ad
ottenere l’allontanamento di Mons. Marcinkus dal compito che svolgeva come presidente
dell’Istituto Opere di Religione. Tra tali iniziative intraprese per defenestrarlo vi fu anche
quella della collaborazione con il Servizio d’Informazione della Sicurezza Militare, condotto
dall’allora Dott. Santovito, con l’ausilio del Dott. Francesco Pazienza. In ultimo, l’accostare
l’industria commerciale Avon all’attività di un atelier di Alta Moda come quello condotto dalle
sorella Fontana, serviva a dare un maggior senso di “improbabilità”, di posticcio, come la cifra
spropositata offerta alla Orlandi di 375000 lire.
“Sala Borromini” significava l’abitazione del Dott. Pazienza posta alle spalle della Sala
Borromini, laddove si diceva che costui incontrasse persone vicine al signor De Pedis. Per cui il
codice composito significava: una “sfilata” – azione di Mons. Celata con il Dot. Pazienza, nel
senso che da questo connubio si otterrà un risultato contro la politica dell’Istituto Opere di
Religione.
Del fatto che vi fosse un rapporto tra Mons. Pierluigi Celata ed il Dott. Francesco Pazienza, lo
si saprà pubblicamente soltanto negli anni novanta ad opera dello stesso Pazienza.
Codici del 22 giugno 1983.
Cercavamo lungo il tragitto che la Orlandi avrebbe percorso da Porta Sant’Anna alla scuola di
musica, un luogo rappresentativo per “ambientarvi” l’incontro con “l’uomo Avon”. Fra i tanti
siti avevamo prescelto l’istituto scolastico di una delle figlie del Dtt. Gugel, sito in Corso
Vittorio Emanuele. Questa opzione era dettata per evidenziare come lo stesso funzionario
dell’Anticamera Papale fosse nei nostri interessi. Per cui la Orlandi avrebbe dovuto muovere
pervenendo da Corso Vittorio Emanuele II. Solo quando avemmo a disposizione, tempo
prima, il programma della prossima visita papale in Polonia, e notammo di un incontro del
Pontefice con il Senato Accademico polacco che avrebbe avuto luogo il 22 giugno, optammo
per la scelta della sede del Senato della Repubblica Italiana posto in Corso Rinascimento, per
associare l’assonanza dei due senati e far presente che negli stessi momenti in quei due luoghi
si compivano i due eventi. Non ricordo esattamente se ci premunimmo affinché le telecamere
non fossero in funzione o semplicemente fummo informati della loro disattivazione, in quanto
non era mio compito. Ma posso confermare del fatto ch’eravamo comunque a conoscenza del
loro non funzionamento. Tra l’altro il numero 22 del giorno prescelto poteva rammentare
come codice la sezione 22 di antiterrorismo della Staatssicherheit. Questo in quanto, quella
cellula radicale di Solidarnosc che riceveva finanziamenti ed altro, era considerata dalla forza
governativa della DDR come forma di terrorismo. Inoltre il 22 era anche parte del numero
della tessera dell’Avvocato Ortolani presso la Loggia Propaganda Due.
L’azzurro del tascapane nel quale erano contenuti i cosmetici Avon poi esibiti, lo sfruttammo
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come riferimento al fatto di Fatima, in quanto tale Mons. Colgan aveva istituito una sorta di
“armata spirituale” in Sudamerica, che aveva scelto come colore emblematico proprio
l’azzurro. Era un tascapane dell’Aeronautica acquistato, credo di ricordare, all’Unione Militare
di via del Corso a Roma. Il tascapane rammentava come codice la partecipazione, nella parte
avversa, di alcuni sottufficiali facenti capo all’Aeronautica Militare Italiana. Una grossa A era
stata da noi cucita sul tascapane, a rammentare principalmente l’agenzia A, ch’era un
opuscolo sociopolitico che si era già occupato di diverse problematiche inerenti l’Istituto
Opere di Religione e il Banco Ambrosiano. Avevamo, con questa identità giornalistica, un
interscambio di informazioni, e facemmo credere con questo ulteriore codice che avremmo
potuto rilasciare loro informazioni coperte da importante riserbo. Inoltre la “A” ricordava
l’Aeronautica e l’industria Avon.
Fatima.
Mons. Hnilica, presiedeva un’ associazione – fondazione morale chiamata Pro Fratribus, con
sede legale in Grottaferrata, ed a noi risultava che la stessa indirizzasse finanziamenti alla
cellula radicale posta in seno al sindacato polacco Solidarnosc. Inoltre l’ecclesiastico zelava
anche per ottenere la cosiddetta “consacrazione della Russia” attraverso i riferimenti storici e
religiosi dei fatti occorsi in Fatima nel 1917. Per cui cercammo di influenzarlo sul fatto che
l’attentato del 1981 andasse interpretato in questa ottica religiosa. Usavamo testimonianze
storiche raccolte dall’archivista ufficiale dei fatti di Fatima, che ci indicava come il testo
inerente i misteri, facesse riferimento a “lotte intestine nel seno della Chiesa”, e a gravi
negligenze pastorali della gerarchia superiore. Mettevamo in luce alcuni passaggi dei primi
misteri, quali: “Un castigo cadrà nella seconda metà del secolo ventesimo. Cardinali si
opporranno a Cardinali, Vescovi a Vescovi, e a Roma ci saranno cambiamenti. La Russia sarà
lo strumento del castigo scelto dal cielo per punire il mondo”. Cercammo di influenzarlo che
l’origine del predetto attentato fosse da attribuirsi ad un’iniziativa dei servizi dell’allora
Unione Sovietica, ed egli raccolse tale materiale e lo fece redarre in un libro titolato
“L’attentato al Papa nella luce di Fatima”. La prima pubblicazione del predetto libro avvenne
nella Germania Federale. La nostra intenzione era di“intimorire” una certa politica di
chiusura nei confronti delle nazioni del Patto di Varsavia, con la spada di Damocle di altri
possibili attentati o comunque gesti criminali.
Per cui disseminammo nelle nostre azioni vari e molti riferimenti all’evento di Fatima, al fine
di far pressioni sull’altra parte.
1-
La somma offerta alla Orlandi, 375000 lire, che per la sua esagerazione doveva
generare un senso di allarme e improbabilità, era l’anagramma del 13-5-1917, data della
prima apparizione della Madonna a Fatima.
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2Ora dell’appuntamento con la Gregori, h. 15,30 e ora dell’appuntamento con la Orlandi,
7 pomeridiane, compongono sempre la data 13-5-1917
3-
Il codice 158, anagramma di 5 – 1981 (mese e anno dell’attentato)
4-
Età di Mario ( 35 anni) e di Pierluigi ( “devo fare 17 anni” ), vanno a comporre insieme:
13 – 5 – 1917
5-
351 – Numero civico dell’esercizio commerciale appartenente al padre di Stefano, il
minorenne da noi fermato alla fine di novembre 1983 nei pressi dello stesso civico in Corso
Vittorio Emanuele II alle ore 7 p.m. Il civico e l’orario compongono nuovamente 13-5-17.
6Anche il presunto gruppo “Phoenix” ci minaccerà ponendo proiettili 357 Magnum in un
tabernacolo nei pressi del collegio San Giuseppe Istituto De Merode. 357, come la data di
Fatima 13-5-1917.
7Il signor Agca, “rovinerà” il processo del ’85 per l’attentato, con un comportamento
apparentemente folle, citando la “crocifissione” (elemento portante del terzo segreto di
Fatima, non ancora rivelato) e dichiarando le seguenti frasi: “L’attentato al Papa è collegato
con il terzo segreto di Fatima. Al Papa ho detto che Dio mi ha fatto vedere la Crocefissione”.
“Aspetto una risposta dal Vaticano. Se rimarrà in silenzio io continuerò a collaborare” (nel
senso che se non continuiamo a cercare di liberarlo lui continuerà con le calunnie) “Se invece il
Vaticano mi smentirà io non parlerò, non potrò più parlare” (nel senso: se le persone del
Vaticano mi aiuteranno io non parlerò più, non calunnierò più la delegazione bulgara).
Vi era una nostra persona ecclesiastica che conosceva il testo del terzo segreto di Fatima, non
ancora rivelato, per averlo appreso da un altro prelato all’interno della Congregazione per la
Dottrina della Fede. Fummo noi a raccontare al signor Agca esclusivamente l’elemento della
crocefissione, facendo poi presente ai nostri interlocutori che se non avessero accettato le
nostre richieste avremmo potuto disvelare ad Agca il testo nella sua interezza e questi certo lo
avrebbe dichiarato pubblicamente con prevedibile scandalo e turbamento. Il mostrare che
avevamo svelato solo una frazione di segreto significava estensivamente che avremmo potuto
raccontare e far pubblicare ogni altra informazione, al momento riservata. Inoltre facemmo
presente durante le nostre pressioni che avremmo potuto far conoscere all’opinione pubblica
come l’interpretazione religiosa dell’attentato fosse stata da noi prodotta e alimentata
artificiosamente, avendo noi creato i suddetti elementi suggestivi, che apparivano come
naturali e genuini.
In ultimo, questo ammantare le nostre operazioni con “elementi gotici” era per metterci al
riparo da eventuali indagini, proprio per l’inverosimiglianza apparente di tutto ciò. Per cui era
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una nostra ulteriore copertura confondente e depistante.
Facemmo credere che fu attraverso l’ambiente del Prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede Ratzinger, il quale sapevamo conosceva il terzo mistero, che il signor Agca
lo apprese. E quest’ultimo si rivolse spesso al prefetto Card. Ratzinger per sollecitarlo a
promuovere iniziative che portassero ad una possibile grazia nei suoi confronti.
Campo de’ Fiori.
Nell’ottobre sapemmo dell’omicidio dell’imprenditore Balducci, che da indiscrezioni si diceva
perpetrato dal signor Enrico De Pedis, per il fatto che il Balducci, sempre si diceva, non aveva
restituito ingenti somme a lui prestate. Sfruttammo tali dicerie per far credere all’area di
Mons. Marcinkus che l’omicidio fosse stato effettivamente commesso dal signor De Pedis su
mandato di Mario Aglialoro (Pippo Calò), che avrebbe potuto raggiungere nello stesso modo le
persone vicino a Mons. Marcinkus, se non la sua stessa persona, in quanto costui non stava
restituendo le somme prestate dal signor De Pedis al Presidente del Banco Ambrosiano,
dottor Calvi (nell’83 usammo come codice, per il fatto che l’imprenditore Balducci aveva una
sede in Campo de’ Fiori, il far dire ad un telefonista che la Orlandi fu avvistata proprio in
Campo de’ Fiori, e lo pseudonimo Mario Aglialoro conferì ad un altro telefonista il nome di
“Mario”). Per cui a ricordare la piazza c’era anche il nome “Barbara” attribuito alla Orlandi,
per la chiesa di Santa Barbara de’ Librari, sita in una traversa della stessa piazza di Campo de’
Fiori. Nei vicoli di fronte a questa chiesa ubicammo virtualmente il possibile e presunto
appartamento nel quale la Orlandi risiedeva durante la “scappatella”. Il nome fu trasformato
in “Barbarella”, dal nome dell’omonimo film girato negli stabilimenti De Laurentiis, a
ricordare ulteriormente quest’ultimo luogo di nostra pertinenza.
Per il fatto che si vociferava che Mons. Marcinkus potesse aver avuto una simpatia
corrisposta per l’attrice Catherine Deneuve, cercammo una ragazza di nome Caterina (il nome
Caterina come codice) per cercare di usarla come ulteriore testimone, e la trovammo nel
dicembre 1983 in tale Caterina G., d’origine statunitense (il cognome è stato già depositato in
Procura). Nelle missive anonime facemmo presente, sotto forma di codici estremi ed
esasperati, che nell’iconografia ufficiale Santa Caterina si accompagna con Santa Barbara
(nome attribuito alla Orlandi), per cui ambedue le ragazze sono da considerarsi testimoni.
Inoltre, nella raffigurazione di Santa Caterina sono presenti sovente Sant’Anna (la parrocchia
degli Orlandi) e San Giuseppe (l’abitazione presso il collegio San Giuseppe presso piazza di
Spagna).
Bmw verde.
Eravamo a conoscenza che il signor De Pedis era sospettato come mandante dell’omicidio
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dell’avvocato civilista Pecorelli. Facemmo credere che il sig. De Pedis fece eseguire questo
omicidio per corrispondere gli interessi di Mons. Marcinkus, in quanto l’avvocato, in una sua
pubblicazione presso la rivista Osservatorio Politico, aveva inserito il nome del Monsignore in
una presunta lista di ecclesiastici iscritti alla massoneria. In seguito sapemmo che
l’imprenditore, avendo prestato dei fondi agli interessi del Dott. Calvi, presidente del Banco
Ambrosiano, per cui era indirettamente tra i finanziatori della cellula di Solidarnosc.
Dopo la morte del Presidente Calvi, venne meno la compattezza di quell’ insieme di persone
che a lui prestava fondi, e fu quindi agevole convincere il signor De Pedis a collaborare, pur
limitativamente, con noi. L’interesse del sig. De Pedis sarebbe stato quello di recuperare
quanto prestato al Dtt. Calvi, ma a questa operazione si sarebbe opposto Mons. Marcinkus. Si
fece presente all’imprenditore il fatto che era necessaria la rimozione del Monsignore o la
sconfitta della sua linea politica, per cui la BMW ricordava nel colore verde il medesimo colore
della macchina appartenente all’avvocato Pecorelli e all’interno della quale fu ucciso. Era una
minaccia verso Mons. Marcinkus di subire la stessa fine dell’avvocato nel caso non avessero
accettato le nostre richieste. La marca BMW rimandava invece alla nazione della Germania
Federale, sul cui territorio sapevamo esserci in atto degli addestramenti militari della cellula
radicale del sindacato Solidarnosc, che si preparava ad una possibile invasione delle truppe del
Patto di Varsavia.
Inoltre si vociferava che l’imprenditore avesse operato anche nell’omicidio del Sig. Balducci,
Per cui, nei confronti di persone vicine a Mons. Marcinkus, fu fatta presente questa
similitudine della situazione del Monsignore con il Sig. Balducci; ambedue i personaggi erano
incorsi nella non restituzione di ingenti somme.
La partecipazione dell’imprenditore fu compartimentata da ogni ambiente che lo stesso fosse
uso frequentare. Gli chiedemmo di usare un numero esiguo di persone a lui vicine.
All’ambiente di Monsignor Marcinkus fu fatto credere che il primo organizzatore del finto
sequestro fosse l’imprenditore De Pedis, che inoltre minacciava di assassinarlo per conto di
entità mafiose: da qui la scelta del nome “Mario”(Mario Aglialoro, alias Pippo Calò. Sapevamo
della presenza di tale personaggio in Roma, pur non conoscendo il domicilio ed altri suoi
riferimenti.) e la telefonata di Pierluigi dal ristorante (ristorante di Torvaianica frequentato,
come l’ambiente di Marcinkus era a conoscenza, da persone dell’ambiente del signor De
Pedis.) Confermo che il signor Pippo Calò era assolutamente estraneo ad ogni vicenda e noi ci
limitammo a far credere, per suggestionare, che lui fosse parte in causa. Facemmo credere
che avremmo potuto gestire il sig. De Pedis e fermarlo nelle sue intenzioni criminali se fossero
state accolte le richieste. Inoltre il sig. De Pedis era vicino ad ambienti neo-fascisti italiani e ciò
si prestava come ulteriore copertura nelle azioni miranti a far ritrattare le calunnie di Agca
nei confronti della delegazione bulgara. Il sig. Agca, per i suoi rapporti con la destra, aveva
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fornito un tipo d’interpretazione dell’attentato al Papa. Il sig. De Pedis, per i suoi rapporti
neo-fascisti ne forniva un altro per il finto sequestro. Fu per questo motivo che vennero
mostrati in pubblico, con il loro volto e senza infingimenti.
Codici Mirella Gregori.
1Il 7 maggio, giorno della sua scomparsa, ricordava il 7 giugno 1982, giorno in cui vi fu
l’incontro tra il presidente statunitense Reagan ed il Pontefice Giovanni Paolo II, per
discutere anche dell’aiuto finanziario da indirizzare al sindacato polacco Solidarnosc.
2Il luogo della scomparsa, Porta Pia, ricordava la liberazione dal potere “reazionario”
della Chiesa che avrebbe condotto al “ Senato” , luogo della nuova Italia liberata e della
scomparsa della Orlandi.
La prima telefonata da parte del cosiddetto Americano fu effettuata il 5 luglio 1983.
Scegliemmo appositamente questo numero 5 per ricordare il mese di maggio, corrispondente
alla prima apparizione di Fatima nonché all’attentato al Pontefice. Esagerando appositamente
facemmo presente nelle corrispondenze anonime, che dal 22 giugno al 5 luglio intercorrevano
esattamente 13 giorni.
La frase registrata pronunciata dalla Orlandi: “Dovrei fare la terza liceo scientifico
quest’altr’anno”, significava sotto forma di minaccia: accettate le richieste, per cui posso
tornare, altrimenti posso riferire su quanto sono stata edotta sul presunto comportamento di
alcuni membri dell’altra parte.
Infatti avevamo stabilito che tutto sarebbe dovuto terminare non oltre i primi di settembre,
periodo in cui sarebbe ricominciato l’anno scolastico presso il Convitto Nazionale della Orlandi.
Santa Francesca Romana.
Si cercava un luogo benedettino che rammentasse come codice la figura di un religioso
benedettino all’interno dell’Osservatore Romano, il quale collaborava con noi. Scegliemmo
Santa Francesca Romana, il cui priore, tra l’altro, era in ottimi rapporti con il suddetto nostro
benedettino. Inoltre, Francesca Romana, per il nome composto avrebbe dovuto ricordare il
nome della nipote del giudice Martella, che non era lo stesso nome ma similmente composto.
Una forma di pressione verso il magistrato che si occupava dell’istruttoria riguardante la
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delegazione bulgara. La scelta di questo codice fu fatta presente non tanto al predetto giudice,
ma ad un alto funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia che avrebbe dovuto, secondo le
nostre intenzioni, cercare d’influire nella direzione di un proscioglimento dei diplomatici
bulgari.
Relat ed
Nuovo chiarimento.
In "Fatti Giudiziari"
Quadro della flagellazione
In "Fatti Giudiziari"
Escerti tratti dalla sentenza della corte
d'Assise
In "Fatti Giudiziari"
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5 Responses to Punto 3 (indizi e prove).
donatella c says:
December 7, 2013 at 12:20 am
Signor Accetti, mi chiedo: perchè si vuol far arrestare per il sequestro Orlandi che lei
non c’entra con la fine che è accaduta a tante ragazzine e giovani usati in delitti
rituali??? Vuole coprire questa gente, perchè uno non si accusa così se fosse il vero
colpevole. Avrebbe paura di dire davanti a tanta Italia, il Vaticano che ne ha fatto le
spese di anni di accuse e ricatti, al fratello che da trent’anni spera di rivedere la
sorella, ai magistrati che non aspettano che mollare ergastoli, invece lei ci fa anche il
compitino sul blog??? Ma lei vuol fare la fine di Izzo, cioè quella che so io…non quella
di chi pensa in galera il mostro??? Guardi la banda dentro non la rifate, dovessi
crepare!
Reply
Mauro says:
January 5, 2014 at 1:19 pm
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Interessante..un post che si aggancia a questo:
http://donatellapapi.blogspot.it/2013/10/piccolo-manuale-di-esoterismo-idelitti.html
Reply
carlo artemi says:
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