2010 Anno XXXVII | volume 169 | numero 1,2 | aprile 2010 | ISSN 1591-3481 bollettino IRPA Associazione Italiana di Radioprotezione IRPA Anno XXXVII Volume 169 n. 1,2 - aprile 2010 Associazione Italiana di Radioprotezione Associazione Italiana di Radioprotezione AIRP Editoriale affiliata alla International Radiation Protection Association (IRPA) Articoli Consiglio Direttivo 2010 | 2012 Sandro Sandri, Presidente Marie Claire Cantone, Vicepresidente Mauro Magnoni, Segretario Claudia Fontana, Tesoriere Daniele Giuffrida Gianfranco Gualdrini Sabrina Romani 2010 Direttore responsabile Marie Claire Cantone bollettino Comitato di redazione Daniela de Bartolo Viviana Klamert Francesco Mancini Tipografia Arti Grafiche Colorblack S.r.l. 20026 Novate Milanese – MI Progetto grafico MV Comunicazione, Milano Per informazioni e corrispondenza T 02 50317212 F 02 50317630 Nucleare e altre storie S. Sandri............................................................................................... 3 Sintesi del “Rapporto sulle criticità ambientali relative ai campi elettromagnetici” S. Curcuruto, M. Logorelli..................................................................... 5 Gli effetti del primo regime italiano di regolazione del rischio da inquinamento elettromagnetico P. Crivellari.......................................................................................... 11 Irraggiamento degli alimenti: indagine sugli aspetti comunicativi di informazione agli utenti F. Cioce.............................................................................................. 13 Gruppi di lavoro Indicazioni per l’applicazione di una strategia di sicurezza finalizzata alla prevenzione di eventi anomali a fini di minaccia nelle strutture sanitarie che utilizzano radiazioni ionizzanti F. Campanella, A. Panebianco, M. Salatti, S. De Crescenzo, L. Mango, F. Simone, F. Lucà, E. Calenda, L. Biazzi, R. Masi, A. Petta, A. Mugnai Puggesi, M. Magisteri, F. Ascolese, F. Proietti, V. Rizzo, M. Mazzaro, E. Pianese, C. Bubbolino, V. David, A. Orlacchio, L. Chiacchiararelli, P. Gentile............................................................................................ 19 Note di interesse per i soci AIRP Applicabilità della norma CEI EN 50104 per la taratura dei sensori di monitoraggio dell’ossigeno utilizzati nelle sale esami ospitanti le apparecchiature di Risonanza Magnetica F. Campanella, M. Mattozzi................................................................ 43 Registrazione del Tribunale di Milano n. 228 del 10 aprile 2008 Distribuzione gratuita ai soci AIRP Tutti i soci dell’AIRP sono vivamente invitati a contribuire al Bollettino inviando articoli, commenti, recensioni, notizie e informazioni su argomenti di specifico interesse per la radioprotezione. I contributi dovranno essere firmati dall’autore o dagli autori. Gli articoli pubblicati riflettono esclusivamente le opinioni degli autori. In copertina |Disposizione a cascata dei dinodi di un tubo fotomoltiplicatore (Fotografia di Fabio Vento) Editoriale Nucleare e altre storie La radioprotezione avrà una rinascita a fronte delle nuove prospettive di impiego delle radiazioni in Italia e nel mondo? Con un po’ di orgoglio ma anche sentendo la responsabilità di non tradire la fiducia che i soci hanno riposto in me affidandomi il compito di presiedere l’AIRP, mi accingo a scrivere il primo editoriale nel corso del mio mandato. Non nascondo di aver avuto un po’ di difficoltà ad individuare un tema “caldo” che potesse costituire l’oggetto di questo articolo, ma alla fine ho pensato che, in questo periodo, trovandoci in Italia, fosse corretto parlare di “nucleare”, riportando le impressioni che possono coinvolgere chi come me si occupa di radioprotezione da tanto tempo nel nostro territorio. In realtà in questo numero del bollettino non trovano spazio particolari interventi dedicati a questo argomento. Potete però leggere un articolo che porta, tra le altre, la firma di Francesco Campanella, che ringrazio per il notevole contributo tecnico scientifico che fornisce al bollettino. Il suo lavoro fa riferimento alla problematica di attualità della sicurezza sociale delle sorgenti radioattive ed è il risultato dell’impegno di alcuni colleghi che hanno costituito uno specifico gruppo di lavoro. Un altro contributo interessante arriva dal collega Franco Cioce che ha sviluppato gli aspetti di comunicazione dell’informazione sull’irraggiamento degli alimenti. Si tratta di un argomento che offre spunti di carattere generale nel campo della comunicazione sul rischio relativamente ad attività impopolari e che potrebbe addirittura fornire indicazioni su come migliorare l’informazione su altri impieghi delle radiazioni senza escludere la produzione di energia tramite fissione nucleare. Proponiamo poi alcuni articoli dedicati alle NIR, estratti dai lavori presentati alla giornata di studio dello scorso 18 febbraio. In questo specifico settore i contributi sono sempre molti perché gli studi sugli effetti delle NIR non sono ancora definitivi, anche a causa dell’ampio spettro di frequenze preso in considerazione, e continuano a esserci nuove evidenze da analizzare e discutere. Sulle NIR è poi sempre caldo il tema delle evoluzioni normative non solo a livello nazionale e anche qui molti dei nostri colleghi hanno tanto da dire. Non a caso abbiamo organizzato con gli amici dell’AIRM una tre giorni sulle non ionizzanti a Siracusa dal 3 al 5 giugno (che mentre scrivo non si è ancora svolta). Quelli proposti nel bollettino sono in ogni caso temi già trattati in editoriali recenti. L’idea del tema di oggi la trovo particolarmente attuale e stimolante e mi è venuta anche in seguito alle discussioni che stiamo portando avanti nell’ambito del nostro Consiglio Direttivo. Questi confronti interni stanno conducendo l’AIRP a organizzare iniziative dedicate al rilancio del nucleare in Italia e al confronto con quello che sta succedendo nel resto del mondo. Non è solo la Cina ad avere una ventina di impianti in costruzione, anche in Europa ci sono alcuni reattori in via di realizzazione. Insomma penso sia necessario trovare il coraggio di affrontare l’argomento cercando di attenersi al campo tecnico scientifico e facendo attenzione a non farsi coinvolgere dalle diverse correnti ideologiche. Dobbiamo sforzarci di ragionare sulla effettiva preparazione che ha oggi la radioprotezione in Italia per affrontare nuovamente la sfida del nucleare dopo oltre vent’anni di “sorveglianza passiva”. Si tratta indubbiamente (potenzialmente) di nuove opportunità scientifiche e professionali per alcuni o molti di noi che avrebbero modo di ricominciare a parlare di siti nucleari, impianti ex capo VII, gestione delle scorie, ecc.. Ma è oltremodo interessante considerare il possibile indotto che coinvolgerebbe i nostri ambiti di competenza. Da quando con la Legge 99 del luglio 2009, di delega al Governo in merito allo sviluppo nucleare, si è dimostrata la chiara intenzione di riproporre al pubblico italiano le “odiate” centrali molti di noi si sono visti coinvolti in ipotesi riorganizzative delle strutture in cui operano o si sono chiesti se il loro nome potesse essere tra quelli che andranno a formare la nuova agenzia di sicurezza, o ancora si sono chiesti se la radioprotezione come l’abbiamo intesa negli ultimi anni sia adeguata a riaffrontare la sicurezza radiologica dei nuovi reattori. Oggi, a distanza di alcuni mesi dall’emanazione del decreto stiamo tornando ad essere tutti un po’ scettici sulle effettive possibilità che le centrali ritornino a crescere sul nostro territorio. L’Agenzia per la Sicurezza Nucleare non è stata ancora costituita e le informazioni su tutto quello che riguarda la ripartenza del nucleare sono nascoste da una cortina di segretezza e i silenzi sono “assordanti”. Recentemente mi è capitato di essere coinvolto in ambito OCSE-NEA in comitati dedicati all’analisi della carenza di radioisotopi per impiego medico a livello mondiale, soprattutto per il Tc-99m. La produzione di questi isotopi avviene principalmente con reattori nucleari dedicati, di bassa potenza. Con il nuovo clima italiano si pensava che ci fosse la possibilità di ottenere finanziamenti per contribuire a queste produzioni che hanno finalità completamente giustificate in quanto servono per applicazioni sanitarie che hanno ben poche alternative. Dopo i primi approcci interessanti e dopo aver verificato la disponibilità dei colleghi della comunità scientifica che gestiscono ancora i 2 o 3 reattori sperimentali in funzione in Italia, tutto si è fermato di fronte alle esigenze di finanziamento presentate ai ministeri. Quindi mi chiedo, e ci siamo chiesti, se non esiste neppure la volontà reale di procedere al finanziamento necessario per rimettere in piena attività dei piccoli reattori di ricerca che sarebbero tra l’altro indispensabili per la formazione di coloro che andrebbero a operare sulle nuove centrali, possiamo davvero credere ad una ripartenza? Anche la nostra radioprotezione può davvero prendere sul serio questo settore e organizzarsi in vista di un rilancio che tarda a venire? Nel nostro piccolo, come AIRP e in collaborazione con AIRM, stiamo proponendo a giugno una giornata di confronto sui temi del nucleare visti con l’occhio del radioprotezionista e pensiamo di organizzare un paio di giornate con contenuti più tecnici sullo stesso argomento entro la fine dell’anno. Non ci aspettiamo di risolvere tutti i dubbi in proposito e forse neppure di chiarire quale sia il vero orientamento nazionale, ma riteniamo sia interessante vedere come presentano le cose i diversi convenuti, soprattutto nella giornata del 21 giugno che ha anche finalità di confronto sociale. Insomma l’intento è quello di aprire delle finestre dalle quali chi si occupa di radioprotezione possa vedere se è giunto il momento di riorientarsi e cogliere al volo qualche nuova opportunità dopo che per tanti anni, e per molti di noi, il massimo approfondimento è stato quello di considerare se un radiografico dentale andasse controllato una o due volte in due anni…. Sandro Sandri Tutti i soci sono invitati a comunicare il proprio recapito e-mail, trasmettendolo all’indirizzo [email protected] Articoli Sintesi del “Rapporto sulle criticità ambientali relative ai campi elettromagnetici” S. Curcuruto, M. Logorelli ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Roma Il rapporto sulle criticità ambientali relative ai campi elettromagnetici ha avuto come obiettivo quello di riportare una fotografia, per tutto il territorio nazionale, della situazione inerente alle problematiche di impatto da radiazioni elettromagnetiche in ambiente abitativo e di vita ed illustrare, di conseguenza, gli sforzi compiuti dagli operatori del settore a fronte di una pressione sociale molto elevata e in un contesto normativo che, a distanza di circa 10 anni, mostra ancora alcune carenze e un incompleto recepimento a livello locale. Le principali sorgenti di campi elettromagnetici che, negli ultimi anni, sono state al centro delle attività di studio del Servizio Agenti Fisici di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in collaborazione con il sistema delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA/ APPA), proprio al fine di valutare l’impatto ambientale e sociale ad esse legato, sono rappresentate dagli elettrodotti, dagli impianti radio televisivi (RTV) e dalle stazioni radio base per telefonia cellulare (SRB). L’installazione di tali sorgenti sul territorio ha portato nel tempo ad un aumento della percezione del rischio da parte della popolazione associato all’esposizione ai campi elettromagnetici. Nel Rapporto sono stati pertanto analizzati tutti i principali aspetti legati all’impatto ambientale e sociale di tali sorgenti, prendendo a riferimento l’arco temporale 2003-2007. Riguardo agli impianti operanti sia ad alta (telefonia cellulare e radio-TV) che a bassa frequenza (elettrodotti), è emerso che in termini di emissioni di campi elettromagnetici e di impatto visivo legato alla presenza sul territorio di tali sorgenti, gli impianti RTV, seppure generalmente meno numerosi delle Stazioni Radio Base (SRB), rappresentano le sorgenti più critiche per l’emissione di campi elettromagnetici a causa delle maggiori potenze in gioco connesse al loro funzionamento. Dall’altro lato, la localizzazione di questi impianti spesso avviene in zone a bassissima densità abitativa (es. zone di montagna) e, quindi, non comporta impatti notevoli in termini di livelli di esposizione della popolazione. Le SRB sono invece impianti che, considerate le minori potenze di funzionamento, generano campi elettromagnetici di entità sensibilmente inferiori ma che, a causa della loro capillare diffusione sul territorio nazionale, soprattutto in ambito urbano, sono spesso percepite dai cittadini come fattori di rischio per la salute, essendo maggiore la percentuale di popolazione esposta nelle aree circostanti le installazioni (vedi Fig. 1 e 2). Per quanto riguarda le linee elettriche si registrano pochissimi casi di superamento dei limiti di legge attribuibili a tali sorgenti anche se le varie realtà locali evidenziano che, di fronte ad alcune situazioni di sostanziale stazionarietà del chilometraggio delle linee elettriche presenti sul territorio, nell’arco temporale 2003-2007, si registrano importanti variazioni attribuibili a svariati fattori, come ad esempio la crescente richiesta di energia elettrica o la ricerca di azioni di razionalizzazione della rete elettrica. In alcuni casi, in base alle previsioni di fabbisogno di energia elettrica, sono stati effettuati interventi di potenziamento di reti esistenti o di realizzazione di nuove linee, che insieme al progressivo aumento della densità della popolazione, hanno portato ad un incremento delle aree popolate interessate dal passaggio delle linee elettriche, insieme alla preoccupazione sui possibili effetti a lungo termine sull’uomo. Inoltre, le linee aeree ad alta e altissima tensione, anche se rispetto alla media tensione ricoprono una più ristretta parte del territorio, sono sicuramente quelle più impattanti, sia per le dimensioni dei sostegni che per quel che riguarda il campo magnetico generato nello spazio circostante. La complessità della ripercussione sociale che tali impianti hanno avuto e continuano ad avere sulla popolazione sottolinea l’importanza dell’attività di controllo e di una corretta informazione dei cittadini riguardo i vari aspetti legati alla presenza di tali sorgenti sul territorio. La legge quadro n.36/2001 attribuisce competenze allo Stato, alle Regioni, alle Province e ai Comuni (art. 4 e art. 8 della legge quadro n. 36/2001). In particolare, le competenze in materia di controllo spettano alle Fonte: Elaborazione ISPRA su dati Osservatorio CEM Figura 1 | Densità complessiva degli impianti e dei siti RTV e SRB nell’arco temporale 2003-2007, relativamente alle sole regioni per cui è disponibile l’informazione per tutti gli anni considerati (Valle d’Aosta, Lombardia, Bolzano, Emilia Romagna, Veneto, Marche e Molise). Fonte: Elaborazione ISPRA su dati Osservatorio CEM Figura 2 | Potenza complessiva degli impianti RTV e SRB nell’arco temporale 2003-2007, relativamente alle sole regioni/provincie autonome per cui è disponibile l’informazione per tutti gli anni considerati (Valle d’Aosta, Lombardia, Bolzano, Emilia Romagna, Veneto, Marche e Molise) amministrazioni provinciali e comunali, che le esercitano tramite le Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA e APPA) (art. 14 della legge quadro n. 36/2001). Il controllo ambientale è un complesso sistema di attività, di responsabilità e di funzioni che, per essere svolto al meglio, richiede la collaborazione e l’integrazione delle strutture tecniche centrali e periferiche. La normativa di settore attribuisce quindi alle ARPA/APPA un ruolo importante nell’ambito della protezione dell’ambiente dai campi elettromagnetici, assegnando ad esse compiti di controllo sulle emissioni generate dagli impianti esistenti e di valutazione preventiva dalle emissioni che sarebbero prodotte da nuovi impianti per i quali si richiede l’autorizzazione alla realizzazione. I risultati delle misurazioni e delle valutazioni effettuate sono inviati alle istituzioni competenti per i provvedimenti conseguenti. Si osserva una netta differenza tra i numeri di pareri e controlli, effettuati dal sistema agenziale ARPA/ APPA, che contraddistinguono gli impianti a radiofrequenza (RF), ossia RTV e SRB, e gli elettrodotti (ELF) (vedi Fig.3). Vale la pena ricordare che questi ultimi non comprendono solo le linee elettriche ma anche sottostazioni e cabine di trasformazione primarie e secondarie. Per gli impianti radiotelevisivi e le stazioni radio base si evidenzia un’attività, in termini di pareri preventivi e controlli effettuati dalle ARPA/APPA, nettamente superiore rispetto a quella corrispondente agli elettrodotti. Fonte: Elaborazione ISPRA su dati “Osservatorio CEM” Figura 3 | Numero complessivo dei pareri e controlli per gli impianti RTV, SRB e per gli elettrodotti (ELF), relativamente alle regioni/provincie autonome per le quali è disponibile l’informazione relativa all’arco temporale 2003 – 2007 (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Bolzano, Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Marche e Toscana) Per quanto riguarda le stazioni radio base, la quasi totalità dei superamenti si riferisce al valore di attenzione (6 V/m); infatti, ad eccezione di due casi in Sicilia in cui vi è stato un superamento dei limiti in zone dove risultano applicabili i valori limite di esposizione (zone non frequentate abitualmente), il resto dei superamenti sono stati riscontrati in abitazioni private e scuole in cui non deve essere superato il valore di attenzione. I risanamenti attuati e conclusi hanno previsto azioni di riduzione a conformità e depotenziamento degli impianti. Per quanto riguarda gli impianti radiotelevisivi, si osserva una maggiore presenza di superamenti nell’arco temporale considerato; circa cento di questi superamenti si è verificato all’interno di aree adibite a permanenza prolungata e quindi è stato violato il valore di attenzione (6 V/m). I risanamenti attuati e conclusi hanno portato ad una riduzione a conformità, ad una recinzione dell’area soggetta a superamento (ovviamente questo è avvenuto nel caso di superamento del limite di esposizione nelle vicinanze dell’impianto) e in alcuni casi, anche ad una disattivazione e delocalizzazione degli impianti causa del superamento. Le sorgenti di campi elettromagnetici che hanno determinato dei superamenti sono in egual misura linee elettriche e cabine di trasformazione MT/BT. Poco più della metà dei superamenti rilevati si è verificato in aree adibite a permanenza prolungata e quindi con la violazione del valore di attenzione (10 μT) mentre la restante parte corrisponde a superamenti del limite di esposizione (5 kV/m). Le azioni di risanamento delle cabine di trasformazione comportano, nella maggior parte dei casi, modifiche di posizionamento dei componenti della cabina stessa (cavi, trasformatore etc…). A fronte di quanto appena riferito riguardo alla criticità associata alla presenza di impianti RTV sul territorio nazionale, non risulta sorprendente che la quasi totalità delle azioni di risanamento importanti descritte nei vari contributi forniti dalla agenzie investa impianti radiofonici e televisivi. A fronte di superamenti dei limiti imposti dalla normativa vigente, soprattutto riguardanti il valore di attenzione (6 V/m) in aree destinate a permanenza prolungata (superiore alle 4 ore), si richiedono quali interventi riduzioni a conformità, fino ad arrivare a soluzioni riguardanti la disattivazione dell’impianto oggetto del superamento e/o la sua delocalizzazione (riordino della sito ove è installato tale impianto). Per quanto riguarda le linee elettriche sono stati messi in luce due soli casi di intervento di spostamento del tracciato, uno in corso e l’altro concluso con successo, avvenuti non in presenza di un effettivo superamento dei limiti fissati dalla normativa, ma in seguito alle diverse richieste di intervento da parte della popolazione per la vicinanza degli impianti di trasmissione elettrica a delle scuole e delle abitazioni private. Sia per l’alta che la bassa frequenza, alcune realtà territoriali introducono delle soluzioni, rappresentate da interventi di mitigazione dei campi elettromagnetici, che sono state studiate e in alcuni casi applicate non necessariamente per finalità di risanamento di situazioni di superamento dei limiti imposti dalla normativa, ma per perseguire una generale mitigazione. Gli interventi di mitigazione proposti possono rappresentare un importante strumento per una concreta applicazione del principio di precauzione (art. 174 del trattato UE) alla base della vigente normativa di protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici e una reale risposta all’importante obiettivo che la legge quadro n. 36/2001 si prefissa ossia la progressiva minimizzazione dei campi elettromagnetici. A tale proposito occorre sottolineare che in campo legislativo la produzione di norme attente alle esigenze e alle preoccupazioni dell’individuo da sola non ha contribuito a rasserenare la popolazione né a dare maggiore fiducia alle istituzioni. Sono trascorsi, infatti, oltre 10 anni dall’entrata in vigore del DM n. 381/98, un decreto che ha rivoluzionato i criteri radioprotezionistici della normativa nazionale in materia di campi elettromagnetici. Vale la pena ricordare che il suddetto Decreto, cui ha fatto seguito la legge n. 36/2001 e i decreti applicativi della stessa datati 8/7/2003, che ne hanno mantenuto la filosofia, ha sollevato non poche perplessità, da una parte perché veniva affermato che i limiti in esso stabiliti non erano basati su specifiche indicazioni scientifiche, ma erano individuati in maniera del tutto arbitraria, dall’altra parte perché si riteneva che lo sforzo fatto dal legislatore nella scelta dei valori limite non era adeguato a garantire una piena tutela della salute dell’individuo. Tale ultima convinzione ha infatti portato alcune Regioni, e addirittura diversi Comuni, ad emanare normative o regolamenti in cui si definivano appunto valori limite più contenuti di quelli stabiliti a livello nazionale. La produzione normativa nazionale e regionale di questo periodo ha generato spesso dei conflitti tra la norma statale e il relativo recepimento a livello locale che ha portato alla pronuncia chiarificatrice da parte degli organismi competenti (Corte Costituzionale, Consulta, Consiglio di Stato), così come numerosi contenziosi hanno determinato sentenze dei TAR spesso in contraddizione le une con le altre. Questa ricca produzione giurisprudenziale, le cui pronunce si estendono spesso su periodi di tempo anche abbastanza lunghi, con normative che nel frattempo si sovrappongono o che si superano, ha di fatto creato una situazione difforme sul territorio nazionale la cui conseguenza è stata la mancanza di certezze, sia per il mondo imprenditoriale che da parte dei cittadini stessi che hanno visto interpretazioni diverse in luoghi diversi o momenti diversi. In particolare, il conflitto che si è venuto a generare tra Amministrazioni locali e il legislatore nazionale ha richiesto, a conclusione di un percorso giurisprudenziale durato alcuni anni, una definitiva pronuncia della Corte Costituzionale che con la Sentenza n. 307/2003, la quale interviene esclusivamente sulle normative regionali emanate successivamente alla entrata in vigore delle “Modifiche al Titolo V della Parte Seconda della Costituzione”, procede all’annullamento dei passaggi delle leggi regionali che riguardano la fissazione di valori limite diversi da quelli fissati dallo Stato, ma anche di quei punti in cui si stabiliscono procedure (di verifica, di VIA, localizzative, ecc.) che possano essere da pregiudizio all’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, relativo alla realizzazione delle reti di telecomunicazione. Di contro, sempre nella stessa Sentenza, vengono ribadite le competenze regionali e l’autonoma capacità delle Regioni e degli enti locali di regolare l’uso del proprio territorio attraverso la definizione di criteri localizzativi e standard urbanistici che regolamentano l’installazione degli impianti, purché questi non siano tali da essere ostacolo all’insediamento degli stessi impianti. Di fatto, viene ribadita la validità della definizione della legge quadro n.36/2001 limitatamente agli obiettivi di qualità come “criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni per l’ utilizzo delle migliori tecnologie disponibili” di competenza regionale. L’applicazione delle norme e dei regolamenti a livello locale, pur basandosi su una normativa generale che individua tutti gli strumenti che possono consentire il contenimento dell’inquinamento elettromagnetico negli ambienti di vita: normativi, pianificatori, economici, di sensibilizzazione allo sviluppo delle tecnologie, non ha portato quella serenità necessaria in larga parte della popolazione tale da attenuare i conflitti sociali. In effetti, abbiamo assistito ad un’attenzione amplificata da parte del pubblico (le norme sono state interpretate quasi come la conferma dell’esistenza del rischio dovuto alla esposizione), ma anche ad una gestione difficile di questa problematica da parte degli organismi competenti e dell’Amministrazione pubblica a livello locale. In questi anni, una notevole quantità di ricorsi presso i tribunali regionali hanno riguardato la problematica delle emissioni elettromagnetiche e, in particolare, gli impianti per telefonia cellulare, spesso installati o in corso di installazione a conclusione dei procedimenti autorizzativi previsti a livello locale, rispettando le disposizioni delle norme vigenti. Ricorsi che, negli anni scorsi, hanno raggiunto il numero di alcune centinaia per anno per ogni operatore. Le stesse normative nazionali che regolamentano le procedure di risanamento e di sanzionamento riservano aspetti contraddittori e in alcuni punti carenti che rendono la relativa applicazione sul territorio alquanto difficoltosa tanto da avere tutt’ora un incompleto recepimento a livello locale. Il tema risanamento risulta piuttosto complesso, presenta molte delle criticità che caratterizzano la materia e spesso chiama in causa non solo o non tanto elementi di natura strettamente tecnica, ma anche dinamiche di carattere sociale e di relazione all’interno del difficile circuito decisori – cittadini – esperti, tenendo appunto conto delle difficoltà di applicazione delle normative di riferimento. Infatti, spesso problematiche di carattere normativo, altre di conflitto fra proprietà o di competenza, altre ancora di natura commerciale, finanziaria o burocratica, rendono gli interventi di risanamento delle vere e proprie storie infinite. La difficoltà nell’applicazione delle sanzioni e la scarsa controllabilità delle emittenti fanno poi il resto, inducendo situazioni di continua illegittimità che alimentano il conflitto all’interno del citato circuito decisori – cittadini – esperti. Questo complesso scenario normativo non facilita di certo la riduzione dell’allarmismo sociale generatosi nella popolazione riguardo i possibili effetti dannosi sulla salute umana derivanti dalla permanenza prolungata in prossimità di tali installazioni. La percezione del rischio associato all’esposizione ai campi elettromagnetici è il risultato di un complesso meccanismo nell’ambito del quale molteplici fattori concorrono ad alimentare spesso convinzioni inesatte. L’attenzione e la percezione del rischio resta elevata soprattutto per l’incertezza sugli effetti sulla salute e per l’intangibilità dell’agente inquinante. Non a caso l’attenzione si concentra sugli impianti SRB, quasi sempre su quelli nuovi e solo quando sono visibili e collocati in aree ad alta densità abitativa. Ne deriva che è molto alto il numero delle segnalazioni da parte dei cittadini ogni qualvolta viene messo in funzione un nuovo impianto. Invece, gli impianti RTV (che coinvolgono potenze molto elevate e producono valori di campo elettrico maggiori), sebbene in numero decisamente inferiore rispetto alle SRB, destano minore preoccupazione in quanto la popolazione è più abituata alla presenza dei tralicci, dei quali lamenta solamente l’impatto paesaggistico; stesso discorso per gli elettrodotti, ormai inseriti da tempo nel territorio. Di fatto, ci si ritrova nella paradossale situazione in cui vengono richiesti interventi di misura dove l’esposizione è molto bassa mentre, laddove i valori di campo elettrico possono risultare più elevati, i controlli sono generalmente lasciati all’iniziativa delle Agenzie. Una delle possibili cause è da ricercare nell’informazione che la popolazione trova nei media, talvolta non corretta e non supportata scientificamente. Le Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente riferiscono che, talvolta, dietro alle problematiche attribuite all’inquinamento elettromagnetico si celano situazioni di disagio psicologico o addirittura di conflittualità con il vicinato. Tuttavia, il fattore più rilevante alla base di una elevata percezione del rischio nel nostro paese è senza dubbio la forma di comunicazione delle informazioni da parte dei mass media. Spesso accade che la risonanza mediatica associata a casi particolari, unitamente alla numerosità delle persone interessate, contribuisce ad elevare il grado di attenzione nei confronti delle sorgenti in oggetto e a condizionare fortemente il rapporto di fiducia nell’amministrazione e il confronto con gli esperti. Generalmente si osserva che la diffidenza verso i campi elettromagnetici è da ricondursi alle volte alla loro stessa natura, alla mancanza di percezione a livello sensitivo, alle complesse caratteristiche fisiche e alla difficoltà di capire i meccanismi di interazione con il corpo umano. Per effettuare una valutazione della percezione del rischio associato ai campi elettromagnetici sono stati presi a riferimento due indicatori: l’attenzione dei mass media e gli esposti presentati dai cittadini agli organi di controllo. L’analisi della rassegna stampa effettuata dalle agenzie ha evidenziato che circa il 10 % degli articoli inerenti a temi ambientali si occupa di campi elettromagnetici. Ciò dimostra che l’interesse della popolazione verso tale tema è forte e che la sensibilità del pubblico verso questa problematica ha assunto negli ultimi anni un’importanza crescente legata probabilmente anche al proliferare delle sorgenti, tra l’altro sempre più vicine ai nostri ambienti di vita. Fattore comune a tutte le realtà considerate è il maggiore interesse mostrato dalla popolazione nei confronti delle sorgenti operanti ad alta frequenza, in misura preponderante per le stazioni radio base. Le motivazioni alla base di tale tendenza vengono spiegate con lo spiccato aumento delle installazioni, anche a seguito dello sviluppo delle nuove tecnologie digitali; in particolare le SRB risultano concentrate in aree con elevata densità di popolazione, laddove c’è un traffico maggior per cui ne consegue un numero più elevato di impianti. La sensibilizzazione della popolazione verso le SRB appare significativamente influenzata dall’aspetto legato alla percezione visiva; infatti, si osserva che le linee elettriche aeree spesso interessano zone di territorio poco urbanizzate e mantengono il loro tracciato sostanzialmente inalterato nel tempo, pertanto risultano più facilmente accettate. Lo stesso dicasi per le cabine di trasformazione, molte volte interne agli edifici, e quindi a basso impatto visivo. Per quanto concerne il contenuto degli esposti, le problematiche lamentate riguardano principalmente le interferenze con apparecchiature elettroniche (in aumento e per la maggior parte constatate come reali), la compatibilità elettromagnetica (dal 5 al 10% del totale degli esposti), le elettrofobie (insonnia collettiva, cefalee, etc.), i presunti effetti sulla salute delle onde elettromagnetiche e i fattori di natura economica (svalutazione degli immobili). In qualche caso, le proteste sono rivolte all’approvazione dei piani di settore per la localizzazione delle stazioni radio base; pertanto, alcune Agenzie suggeriscono di effettuare una comunicazione preventiva, da parte degli enti preposti all’autorizzazione delle nuove installazioni degli impianti radioelettrici, al fine di evitare, o quantomeno attenuare, situazioni di conflittualità. L’esperienza maturata negli anni dalle Agenzie ha evidenziato uno stato di forte diffidenza della popolazioni nei confronti degli stessi organi di controllo e degli altri enti amministrativi. L’impegno da parte delle Agenzie per l’ambiente nel ridurre l’allarme sociale è costante e si manifesta in varie forme tra cui l’utilizzo di siti internet con aree appositamente dedicate alle informazioni di carattere generale sulla tematica dei campi elettromagnetici, alla diffusione dei risultati delle verifiche strumentali e delle simulazioni modellistiche, anche mediante mappature del territorio e alla segnalazione di contatti telefonici per fornire informazioni a riguardo. Lo stesso Servizio Agenti Fisici di ISPRA ha predisposto un sito internet specifico www.agentifisici.apat. it che fornisce informazioni sulle attività svolte dal Servizio, sulla tematica dei campi elettromagnetici e su risultati di campagne di monitoraggio (http://www.agentifisici.apat.it/monitoraggio_roma.asp) e dati raccolti attraverso un database (Osservatorio CEM) (http://www.agentifisici.apat.it/Campi_elettromagnetici/Public/ index.asp), che vengono pubblicati on line per consentire ai cittadini una libera consultazione di questi. La diffusione sui siti web dei dati ambientali riscuote un notevole interesse da parte della popolazione (soprattutto delle persone residenti nelle zone monitorate), che li consulta e a volte chiede anche informazioni e chiarimenti a riguardo, attraverso i contatti specificati all’interno degli stessi siti web. La capacità dei tecnici ARPA/APPA di soddisfare le richieste di chiarimenti da parte della popolazione, la conoscenza capillare dello stato dei luoghi e degli impianti e la disponibilità ad intervenire con rilievi, istantanei o prolungati, in tempi brevi sembra che stia dando i suoi frutti mostrando alla fine apprezzamento da parte della popolazione. In conclusione appare evidente come a fronte di tutte le problematiche comuni a tutte le diverse realtà territoriali del nostro paese relative alla forte pressione sociale che ruota intorno alle sorgenti di campi elettromagnetici, sia fondamentale sviluppare un ampio percorso di informazione semplice e trasparente per il pubblico, che permetta di superare la barriera costituita dal linguaggio meramente tecnico e di ricreare quei rapporti di fiducia verso le istituzioni e le organizzazioni scientifiche che negli ultimi anni sono stati un po’ minati. 10 Articoli Gli effetti del primo regime italiano di regolazione del rischio da inquinamento elettromagnetico Paolo Crivellari Ricercatore in Sociologia. Università di Tolosa 3-Paul Sabatier Introduzione L’Italia costituisce un caso molto interessante di regolazione circa l’inquinamento elettromagnetico. In particolar modo, il primo regime di regolazione del rischio dovuto alle emissioni non ionizzanti delle antenne per la telefonia mobile (1998) fa dell’Italia un oggetto di studio privilegiato. Infatti, il Decreto n° 381 del 1998 precede i dispositivi normativi degli altri paesi europei. In secondo luogo, la regolazione italiana è tra le più cautelative al mondo. Infine, il percorso classico mobilitazione-regolazione è in Italia rovesciato, poiché la regolazione precede di fatto la maggior parte delle mobilitazioni dei cittadini. La regolazione del rischio da inquinamento elettromagnetico, per il modo in cui viene elaborata e in seguito realizzata, causa degli effetti inattesi. Inserita in un quadro di rischio per la salute della popolazione, la regolazione italiana ha la peculiarità di specificare quali siano gli strumenti che Regioni e Comuni possono adottare al riguardo. Tale dispositivo normativo però diventa rapidamente oggetto di ricorso ai Tribunali Amministrativi Regionali, sollevando in questo modo numerosi contenziosi che riguardano sostanzialmente le prerogative di Stato, Regioni e Comuni. Inoltre, gli aspetti sanitari del rischio da inquinamento elettromagnetico vengono di fatto rapidamente oscurati e sono oggetto di un’appropriazione di tipo politico. La prima regolazione del rischio da inquinamento elettromagnetico La regolazione circa l’inquinamento elettromagnetico viene attuata in Italia in un contesto caratterizzato da molte incertezze: politiche (instabilità dei governi), istituzionali (prerogative dello stato e delle collettività territoriali), scientifiche (controversia sulla nocività delle onde non ionizzanti), giuridiche e giudiziarie (molteplici ricorsi ai tribunali e alle Corti, revirements giuridici, presenza nell’ordinamento di tre gradi di giudizio). Tali incertezze hanno molteplici effetti sulla polity (struttura politico-istituzionale), sulla politics (opposizione tra partiti in una stessa coalizione) e la policy (leggi, abrogazione di leggi). La regolazione sull’inquinamento elettromagnetico ha inizio in Italia nel 1998, con il Decreto n° 381 e fa parte di una strategia più ampia dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi e del suo governo. L’intenzione è quella di smarcarsi dai predecessori Berlusconi (che si richiamava ad una posizione anti-politica) e Dini (che rivendicava un ruolo apolitico e tecnico). Con questo decreto il Governo contribuisce ad affermare un ruolo eminentemente politico nelle decisioni e, nello specifico, regolamenta un’attività economica in tumultuosa espansione appropriandosi di una problematica di salute. La regolazione italiana inquadra infatti inizialmente il problema da un punto di vista sanitario. Il Decreto n° 381 si intitola: “Regolamento recante norme per la determinazione di tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana”. L’impostazione riguardante la protezione della salute della popolazione viene privilegiata rispetto ad altri fattori, quali quello di tipo ambientale, estetico ecc. Il Decreto si inserisce così in un quadro “classico” di salute pubblica: prevenzione, educazione e profilassi, che distingue l’Italia da altri paesi come la Francia, dove sono invece presenti numerose agenzie nazionali sorte per la gestione del rischio sanitario. Ma il Decreto n° 381 non intende solo proteggere la popolazione dal rischio da inquinamento elettromagnetico. Il Decreto mira evidentemente anche a proteggere lo Stato dal “rischio Questo contributo si basa su un più ampio studio sociologico riguardante la mobilitazione e la regolazione del rischio da inquinamento elettromagnetico in Italia dall’inizio della telefonia mobile ad oggi, condotto per la Fondazione “Santé et Radiofréquences” di Parigi. 11 istituzionale”, cioé dal rischio che la credibilità e la legittimità delle istituzioni vengano indebolite, in un contesto di evidente sfiducia da parte dei cittadini in seguito all’inchiesta giudiziaria “Mani pulite” e alla caduta della Prima Repubblica. In altre parole, l’applicazione del Principio di precauzione, le soglie di esposizione molto basse, l’adozione precoce rispetto ad altri paesi della regolazione sull’inquinamento elettromagnetico vengono utilizzate dal Governo per marcare una discontinuità con i governi precedenti, ma soprattutto si traducono in un decreto che rientra negli strumenti volti a riguadagnare consenso e legittimità nella popolazione. Il Decreto 381 fissa le soglie di esposizione della popolazione che non devono essere superate: 20 V/m come regola generale, 6 V/m come “valore d’attenzione” nei luoghi dove si passa più di 4 ore al giorno e infine gli “obiettivi di qualità”, il cui principio di fondo consiste nel mettere in atto dispositivi volti a minimizzare l’esposizione della popolazione alle radiazioni non ionizzanti. Le linee-guida di applicazione del Decreto (1999) stabiliscono che i Comuni possono adottare dei regolamenti per minimizzare l’esposizione della popolazione e, così facendo, non si limitano a fornire chiarimenti di tipo tecnico concernenti l’applicazione del Decreto, ma specificano (anche se in modo molto succinto e ambiguo) quali siano le prerogative degli enti locali in materia. Alcuni Comuni italiani adottano effettivamente dei regolamenti, rivendicando prerogative circa la protezione della salute dei cittadini. Ne conseguono forti disomogeneità territoriali, poiché non tutti i Comuni decidono di adottare un regolamento comunale e anche perché i contenuti dei diversi regolamenti comunali sono molto differenti. Gli operatori di telefonia mobile si oppongono a quei regolamenti comunali che invocano motivi inerenti alla protezione della salute della popolazione, affermando che si tratta di una competenza di tipo statale e non comunale. Molti ricorsi vengono quindi sollevati ai T.A.R. I Tribunali Regionali affermano che non sono legittimi quei regolamenti comunali che operano una “zonizzazione” delle antenne invocando esplicitamente ragioni di salute dei cittadini, poiché si tratta di una competenza statale. Alcuni Comuni decidono di fare appello al Consiglio di Stato (che peraltro può pronunciarsi solo sulla forma dei ricorsi e non sul merito), mostrando così, in alcuni casi, di schierarsi dalla parte dei cittadini e di fare ogni sforzo per la tutela della loro salute. Conclusione Con il primo regime di regolazione del rischio, l’Italia rovescia la dinamica classica in cui di norma la mobilitazione dal basso precede la regolazione. La questione della salute è presto accantonata, in favore di argomenti di tipo di tipo politico oppure giuridico sui poteri di Stato e Comuni, tanto che una parte della regolazione sull’inquinamento elettromagnetico è di fatto esercitata dalla sfera giudiziaria. Il Decreto n° 381 si inserisce in un contesto istituzionale e politico particolare, che riguarda una riconfigurazione in atto dei poteri tra Stato, Regioni, Province e Comuni (attraverso tra l’altro la legge detta “Bassanini” del 1997). Di conseguenza, vengono attuate una “giudiziarizzazione” e una “politicizzazione” della materia, che si discostano da argomenti di tipo scientifico oppure tecnico inerenti il contenuto del rischio in questione. Il Decreto n° 381 contribuisce così, direttamente o indirettamente, a creare un contesto di incertezza propizio per gli attori coinvolti (Stato, Comuni, tribunali e operatori di telefonia mobile, cui si aggiungono i comitati di cittadini a partire dall’inizio degli anni 2000). Al primo regime di regolazione del rischio ne seguirà un secondo, ad opera del Governo Berlusconi, che provvederà a togliere competenze ad enti locali in favore del Governo, concentrandosi sulle prerogative delle istituzioni, ancora una volta occultando nella sostanza la questione sanitaria. H. Rothstein, M. Huber, G. Gaskell (2006) “A Theory of Risk Colonization : The Spiralling Regulatory Logics of Societal and Institutional Risks”, Economy and Society, 35, 1. 12 Articoli Irraggiamento degli alimenti: indagine sugli aspetti comunicativi di informazione agli utenti Franco Cioce Esperto Qualificato, Università degli Studi della Tuscia di Viterbo Consulente ADR, Joint Research Centre Ispra – European Commission Premessa L’irraggiamento degli alimenti è una attività consolidata nel mondo. Attualmente le autorità per la sicurezza e la sanità di quasi 50 paesi nel mondo hanno approvato l’irradiazione di oltre 60 diversi prodotti alimentari, che vanno dalle spezie alla carne di pollo disossata, di carni, di frutta e verdura. Dall’agosto 1999, più di 30 paesi irraggiano alimenti per scopi commerciali. Ci sono circa 70 impianti di irradiazione utilizzati nel mondo per questo scopo e molti altri in costruzione o in fase di realizzazione. In questi e in altri paesi, le decisioni ad irraggiare gli alimenti sono state influenzate con l’adozione, nel 1983, di un riconoscimento mondiale dei cibi irradiati. Gli standard sono stati adottati dalla Codex Alimentarius Commission (C.A.C.), un organo comune della FAO (Food and Agriculture Organization) delle Nazioni Unite e il WHO (World Health Organization) responsabile per la redazione delle norme alimentari per proteggere la salute dei consumatori e facilitare pratiche eque nel commercio alimentare, rappresentando più di 150 paesi. In Italia, questa pratica è autorizzata dal DL.vo 30 gennaio 2001 n. 94, che dà attuazione alle direttive comunitarie 1999/2/CE e 1999/3/CE, relative al riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri. Sempre in Italia, una sola azienda (GAMMARAD ITALIA) risulta essere autorizzata dalla CEE per effettuare l’irraggiamento alimentare. A partire dal 20 marzo 2001, tutti gli alimenti irradiati immessi sul mercato devono quindi rispondere alle disposizioni delle suddette direttive. A maggiore tutela della libera scelta del consumatore, la direttiva quadro stabilisce che i prodotti trattati con radiazioni ionizzanti debbano essere correttamente etichettati e cioè riportare la dicitura “irradiato” in etichetta, se venduti confezionati, o su un cartello in prossimità del recipiente che li contiene, se venduti sfusi. Le norme relative all’etichettatura prevedono inoltre che i prodotti alimentari se irradiati debbano riportare l’indicazione della denominazione e dell’indirizzo dell’impianto che ha effettuato il trattamento o il suo numero di riferimento. Attualmente, in Italia è possibile effettuare l’irraggiamento di agli, patate e cipolle e di erbe aromatiche, spezie e condimenti vegetali. La percezione comune associa l’irraggiamento degli alimenti al pericolo proprio delle Radiazioni Ionizzanti e i mass media hanno spesso pubblicizzato in modo assolutamente fuorviante le indicazioni circa questa tecnologia. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ha sempre auspicato una maggiore informazione verso il pubblico per consentire una corretta scelta da parte del consumatore. La convinzione che le applicazioni dell’irraggiamento gamma dei prodotti alimentari possano avere un maggiore sviluppo si scontra, in Italia, con le scelte “politiche”, sociali, emozionali e le conoscenze degli argomenti correlati da parte dei consumatori. Tuttavia le informazioni di facile disponibilità per il pubblico si manifestano in un opuscolo redatto in lingua inglese; per il pubblico italiano, a parte articoli “tecnici” specifici dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) o dell’ENEA, non è disponibile materiale informativo. A tal scopo è stato avviato un progetto di ricerca per evidenziare lo stato di conoscenza della tecnologia 13 del “food irradiation” e per analizzare successivamente il grado di efficacia trasmissiva rispetto a due canonici metodi di informazione: la distribuzione di un opuscolo tecnico-divulgativo e la partecipazione diretta ad un seminario informativo. Sono stati quindi programmati incontri conoscitivi con diversi istituti didattici secondari distribuiti sul territorio italiano e in particolare sono stati coinvolti circa 800 studenti frequentanti il 4° anno di corso di Istituti Tecnici, Professionali e Licei. La scelta orientata verso questa giovane popolazione deriva dalla consapevolezza che questi saranno presumibilmente i tecnici, gli scienziati, i politici e i consumatori del nostro (loro) prossimo futuro. È stato perciò redatto uno specifico questionario a risposta multipla e che non prevedeva commenti personali ma una sola risposta (vero o falso) su poche possibili scelte. Il questionario ha proposto semplici domande circa il grado di conoscenza ed approvazione della tecnologia ed applicazioni dell’irraggiamento dei prodotti alimentari. Quindi, il questionario è stato distribuito agli studenti scelti per la ricerca. Ogni questionario si presentava in forma anonima per l’analisi ma richiedeva una identificazione certa per la sola struttura scolastica (al fine di identificare le variazioni percentuali nelle risposte date prima e dopo la fase informativa). La popolazione di studenti è poi stata suddivisa in due gruppi omogenei per istituto: • successivamente alla compilazione del questionario, un primo gruppo (gruppo A) ha partecipato ad un seminario informativo sulla tecnologia del food irradiation, attraverso una proiezione multimediale della durata di circa due ore corredata di dati e fotografie e descrivente ancora le caratteristiche salienti relative agli alimenti irraggiati; • successivamente alla compilazione del questionario, un secondo gruppo (gruppo B) ha ricevuto una copia dell’opuscolo “Facts about food irradiation” edito da Food and Environmental Protection Section - Joint FAO/IAEA Division of Nuclear Techniques in Food and Agriculture - International Atomic Energy Agency (1999) e tradotto in italiano. • Pochi giorni dopo la distribuzione degli opuscoli e alla partecipazione al seminario, sono stati ridistribuiti i medesimi questionari della prima parte del progetto di ricerca, rispettando l’assegnazione del codice, inizialmente distribuito. Al termine, sono stati valutati: • la diversità di risposta (rispetto a quelle iniziali) degli studenti che hanno ricevuto una informazione diretta; • le diversità di risposta (rispetto a quelle iniziali) degli studenti che hanno ricevuto una informazione attraverso un opuscolo illustrato (indiretta). Risultati Il questionario proposto era il seguente: A tutte le domande si risponde con V (vero) o F (falso): i quesiti possono prevedere indifferentemente una risposta vera e due false o tre vere o tre false o due vere e una falsa 1 Alcuni prodotti alimentari sono sottoposti/trattati con le radiazioni ionizzanti: secondo A È una attività illecita B È una pratica legale e regolamentata da organizzazioni mondiali C È solo una pratica sperimentale 2 Secondo te, perché si sottopongono gli alimenti alle radiazioni ionizzanti? A Per ridurre la carica batterica B Per clonare/provare a riprodurre l’alimento con bassi costi di produzione C Per migliorare l’aspetto (dimensioni uniformi, colori, lucentezza, ecc.) 14 3 Secondo te, in Italia vengono eseguite queste pratiche di irraggiare gli alimenti? A No, nessuno è in grado di farlo B Si, ma solo per fare esperimenti specifici del settore C No, ma credo/sono sicuro che esistono gli impianti in grado di farlo 4 Secondo te, all’estero vengono eseguite queste pratiche di irraggiare gli alimenti? A No, è una pratica illegale B Si, anche nei paesi in via di sviluppo C Si, ma solo nei paesi molto industrializzati 5 Secondo te, per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti, si possono usare: A Sostanze chimiche iniettate negli alimenti o nebulizzate sopra gli alimenti B Materiali radioattivi ma che non entrano in contatto con gli alimenti C Macchine che emettono radiazioni ionizzanti 6 Secondo te, gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti … A Possono perdere alcune proprietà nutrizionali B Possono diventare radioattivi C Non subiscono alcuna alterazione (chimica, fisica, nutrizionale, ecc.) 7 Secondo te, gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti … A Possono conservarsi per lungo tempo indipendentemente dalle modalità di conservazione B Devono essere consumati entro pochi giorni dal loro trattamento C Devono essere conservati in assenza d’aria 8 Per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti… A È sufficiente un laboratorio chimico ben attrezzato B Si possono anche usare apparecchi artigianali che emettono radiazioni ionizzanti C Occorrono impianti altamente specializzati di notevoli dimensioni 9 Secondo te, l’irraggiamento degli alimenti… A È autorizzato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dalle leggi dei vari paesi B Viene eseguito solo per frodare le leggi sugli alimenti C È ancora in una fase di ricerca sperimentale 10 Secondo te, l’irraggiamento degli alimenti… A Modifica solo l’aspetto esteriore del prodotto B Può evitare il diffondersi di malattie epidemiche C Ritarda il processo di degradazione 15 Infine, alcune domande alle quali si poteva rispondere barrando una sola casella tra le risposte suggerite: SI 1 Sai se in Italia esistono impianti di irraggiamento industriale? 2 Mangeresti dei cibi dei quali sai con certezza che sono stati sottoposti a radiazioni ionizzanti? 3 Gli alimenti sottoposti a radiazioni ionizzanti corrispondono ai cosiddetti OGM? NO NON SO Rispetto alle domande proposte e successivamente alla partecipazione al seminario (gruppo A) e alla lettura dell’opuscolo (gruppo B) sono state registrate le seguenti variazioni: Affermazione Gruppo A partecipato a seminario Gruppo B consegnato opuscolo Prima Dopo seminario Prima Dopo lettura opuscolo Trattare prodotti alimentari con le radiazioni ionizzanti è una pratica legale e regolamentata da organizzazioni mondiali 45% 100% 50% 92% 2 Si sottopongono gli alimenti alle radiazioni ionizzanti per ridurre la carica batterica 60% 95% 70% 90% 3 In Italia NON vengono eseguite queste pratiche di irraggiare gli alimenti ma credo/sono sicuro che esistono gli impianti in grado di farlo 80% 35% 57% 21% 4 All’estero vengono eseguite queste pratiche di irraggiare gli alimenti anche nei paesi in via di sviluppo 55% 85% 50% 71% 5a Per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti, si possono usare Materiali radioattivi ma che non entrano in contatto con gli alimenti 50% 88% 21% 57% 5b Per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti, si possono usare macchine che emettono radiazioni ionizzanti 85% 96% 85% 92% 6 Gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti possono perdere alcune proprietà nutrizionali 75% 20% 78% 42% 7 Gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti possono conservarsi per lungo tempo indipendentemente dalle modalità di conservazione 55% 90% 42% 50% 8 Per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti occorrono impianti altamente specializzati di notevoli dimensioni 60% 90% 85% 85% 9 L’irraggiamento degli alimenti è autorizzato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dalle leggi dei vari paesi 25% 95% 50% 85% 10a L’irraggiamento degli alimenti può evitare il diffondersi di malattie epidemiche 45% 95% 42% 78% 10b L’irraggiamento degli alimenti ritarda il processo di degradazione 80% 95% 85% 92% 1 16 Invece, rispetto alle domande che prevedevano una risposta affermativa o negativa si sono evidenziate le seguenti variazioni: Affermazione Gruppo A partecipato a seminario Gruppo B consegnato opuscolo Prima Dopo seminario Prima Dopo lettura opuscolo A In Italia esistono impianti di irraggiamento industriale 10% 100% 14% 71% B Consumerebbero cibi dei quali sanno con certezza che sono stati sottoposti a radiazioni ionizzanti 20% 90% 17% 35% Ritengono che gli alimenti sottoposti a radiazioni ionizzanti corrispondono ai cosiddetti OGM 30% 10% 30% 30% C Analisi dei dati Complessivamente la maggior parte dei partecipanti al progetto ha avuto il chiarimento che il trattamento dei prodotti alimentari con le radiazioni ionizzanti è una pratica legale e regolamentata da organizzazioni mondiali (una superiorità per gli studenti che hanno seguito il seminario [+15]) Gli stessi studenti ritengono che si sottopongono gli alimenti alle radiazioni ionizzanti per ridurre la carica batterica [+15]. Analogamente, entrambi i gruppi, rispetto alla primaria risposta circa l’esistenza in Italia di impianti in grado di svolgere il food irradiation, recedono considerevolmente e in misura minore per gli studenti che hanno ricevuto l’opuscolo [-19]. Questa risposta contrasta nettamente rispetto alla domanda A circa l’esistenza in Italia di impianti di irraggiamento che ha visto una netta variazione di risposta (affermativa percentualmente elevata) da parte di entrambi i gruppi. Mentre l’affermazione dell’esistenza di simili impianti su territorio estero ha avuto un incremento per entrambi i gruppi ma con una variazione maggiore per il gruppo che ha seguito il seminario [+9]. Sempre per entrambi i gruppi, la variazione in positivo è stata invece molto lieve per le metodiche di irraggiamento disponibili (Materiale Radioattivo o acceleratori); si registra comunque un vantaggio per gli studenti che hanno seguito il corso [+2 e +4]. Ancora, per entrambi i gruppi, nè la lettura dell’opuscolo informativo e neppure la partecipazione al seminario sono riusciti a chiarire che gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti possono perdere alcune proprietà nutrizionali; si è infatti registrata una regressione considerevole rispetto alla risposta iniziale (maggiore per gli studenti che hanno seguito il seminario! [-19]). Mentre una chiara efficacia è stata valutata per gli studenti partecipanti al seminario che sono considerevolmente aumentati (+27) sulla convinzione che gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti possono conservarsi per lungo tempo indipendentemente dalle modalità di conservazione. Anche la conoscenza che per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti occorrono impianti altamente specializzati di notevoli dimensioni ha visto una considerevole variazione [+30] per gli studenti che hanno seguito il seminario. Medesima crescita ([+35] a vantaggio comunque del gruppo che ha seguito il seminario) per entrambi i gruppi circa la conoscenza che l’irraggiamento degli alimenti è autorizzato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dalle leggi dei vari paesi e che l’irraggiamento degli alimenti può evitare il diffondersi di malattie epidemiche e ritardare il processo di degradazione dell’alimento stesso [+14 e +8]. I partecipanti al seminario hanno variato decisamente (dal 20% al 90% [+57]) la loro iniziale tendenza rispetto ad un possibile consumo di cibi irradiati. E sempre lo stesso seminario informativo è riuscito almeno in modesta parte a chiarire agli studenti che gli alimenti irradiati non corrispondono ai cd OGM [+20]: invece non c’è stata alcuna variazione tra gli studenti che hanno consultato l’opuscolo (30% prima e dopo). 17 Conclusioni Obiettivamente, l’argomento in esame è di difficile comprensione e trattazione ed è più facile per un profano affidarsi alle affermazioni di riviste “parascientifiche” o divulgative che spesso travisano l’irraggiamento con la contaminazione e accomunano un impianto di irraggiamento con la tecnologia nucleare. Tuttavia la tecnologia del “food irradiation” riguarda e riguarderà moltissimi consumatori. Molte ricerche hanno dimostrato una cospicua mancata osservanza nel rispetto degli obblighi di etichettatura dei prodotti irradiati e questa posizione dei produttori è “giustificata” da una errata conoscenza (o totalmente mancante) delle motivazioni di tutela che richiedono questa applicazione. La necessità di dare una corretta e semplice informazione è assolutamente prioritaria e non può essere delegata alle riviste di larga diffusione ma deve essere mirata ed estesa verso le popolazioni di giovani che saranno i consumatori del futuro. I programmi di informazione devono consentire anche un processo contraddittorio al fine di saper rispondere alle domande degli interessati: per questo motivo, il processo informativo diretto (seminari, corsi, ecc.) consente una immediata risposta all’interlocutore. Tuttavia questo processo deve anche prevedere una adeguata preparazione del “docente” non solo in termini di conoscenza scientifica e tecnologica ma principalmente di “capacità divulgativa e comunicativa” e di “trasmissione”. La comunicazione attraverso un seminario o la distribuzione di un opuscolo ha visto, nell’ambito di questa ricerca, una sostanziale parificazione, sia per gli aspetti di variazione positiva che negativa. La possibilità di integrazione di entrambi i mezzi, diretti ed indiretti, è auspicabile per l’immediato futuro ma necessità di una miglioria dei termini tecnici e delle immagini disponibili per aumentare il grado di immediata comprensione. La comunicazione diretta consente una risposta immediata alle domande non formulate sui mezzi cartacei, mentre la comunicazione indiretta consente una periodica consultazione (o al “bisogno”) rispetto a dubbi sorti. Simbolo RADURA che indica un alimento trattato con radiazioni Rastrelliera di un impianto a piscina con barre di Co-60 comunemente utilizzato per irraggiare alimenti 18 Gruppi di lavoro Indicazioni per l’applicazione di una strategia di sicurezza finalizzata alla prevenzione di eventi anomali a fini di minaccia nelle strutture sanitarie che utilizzano radiazioni ionizzanti Risultanze del Gruppo di Lavoro costituito dall’ISPESL “Gestione in sicurezza delle fonti di rischio radiologico in campo medico” Componenti del gruppo di lavoro Dr. Francesco Campanella, Coordinatore, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro Sig. Antonio Panebianco, Coordinatore, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro Ing. Mario Salatti, Coordinatore, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro Dr. Stefano De Crescenzo, Associazione di Fisica Medica Dr. Lucio Mango, Associazione Italiana di Medicina Nucleare ed Imaging Molecolare Dr. Franco Simone, Associazione Italiana di Radioprotezione Dr. Francesco Lucà, Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica Dr. Edoardo Calenda, Associazione Nazionale Professionale Esperti Qualificati Dr.ssa Luisa Biazzi, Associazione Nazionale Professionale Esperti Qualificati Ten. Col. Roberto Masi, Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente M.llo Angelo Petta, Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente S. Ten. Alessia Mugnai Puggesi, Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente Luogotenente Marco Magisteri, Comando Carabinieri per la Tutela della Salute Sig. Franco Ascolese, Federazione Nazionale dei Collegi dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica Sig. Franco Proietti, Federazione Nazionale dei Collegi dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica Sig. Vincenzo Rizzo, Federazione Nazionale dei Collegi dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica Ing. Michele Mazzaro, Ministero dell’Interno Dipartimento dei Vigili del Fuoco Ing. Emanuele Pianese, Ministero dell’Interno Dipartimento dei Vigili del Fuoco Dr. Corrado Bubbolino, Società Italiana di Radiologia Medica Dr. Vincenzo David, Società Italiana di Radiologia Medica Dr. Antonio Orlacchio, Società Italiana di Radiologia Medica Dr.ssa Laura Chiacchiararelli, Fisico Sanitario - Esperto Dr. Paolo Gentile, Fisico Sanitario - Esperto 1. Premessa Quello della sicurezza, intesa nel senso più ampio del termine, è un settore che coinvolge molti aspetti della vita di un Ente o di un’Azienda, siano essi pubblici o privati. Il particolare momento storico che la comunità internazionale si trova ad attraversare, caratterizzato dall’attenzione agli aspetti di prevenzione di eventuali minacce di matrice terroristica, impone una particolare attenzione a tutti gli aspetti connessi alla gestione della sicurezza, con particolare riguardo a quei settori della vita produttiva nei quali vengano impiegati elementi di vario genere e/o natura che, se utilizzati strumentalmente a tale fine, possono di per se stessi costituire armi di offesa, anche perché in grado di determinare conseguenze non banali di carattere psicologico. Tra le molteplici e possibili forme di aggressione, si focalizza l’attenzione sull’eventualità in cui si utilizzino in maniera impropria le sorgenti di radiazioni ionizzanti normalmente impiegate a scopo medico: i dati dell’I. A.E.A. (International Atomic Energy Agency) dimostrano come almeno il 10% degli incidenti occorsi negli ultimi 50 anni nel settore delle radiazioni ionizzanti avvenga in campo medico. Il tema della sicurezza intesa come prevenzione di eventi anomali di origine dolosa basati sull’uso improprio di sorgenti di radiazioni ionizzanti è – non a caso – uno di quelli maggiormente sviscerati a livello internazionale, e, in particolare, nel prossimo Congresso Internazionale dell’I.R.P.A. (International Radiation Protection Association), in 19 calendario a Buenos Aires nel 2008, una specifica sessione verrà dedicata al tema specifico oggetto del presente documento. Di fronte all’eventualità del verificarsi di un evento anomalo di questo tipo, non bisogna solo opporre un valido atteggiamento difensivo caratterizzato da risposte dinamiche e aggiornate, ma occorre un attento e professionale esame dei rischi, al fine di prevenire la minaccia, ovvero di minimizzare il rischio. Si tratta, in sintesi, di sviluppare lo studio di quella che oggi viene chiamata “gestione del rischio”, un’attività professionale complessa e articolata che raggiunga lo scopo di ridurre il margine di rischio attraverso una triplice azione: pianificare, prevenire, proteggere. I dispositivi e gli strumenti di protezione passiva e/o attiva volti a conseguire tale risultato possono in realtà essere i più diversi: dal semplice impianto d’allarme a un sofisticato apparato di sicurezza che comprenda sia l’utilizzo di apparecchiature elettroniche sia l’impiego di personale specializzato addetto alla protezione di beni e/o edifici. Ognuno di essi, tuttavia, per complesso o articolato che sia, rischia, in assenza di un’adeguata fase preventiva basata sull’analisi e sullo studio del rischio, di risultare inutile, o comunque non adeguato al compito richiesto. Per garantire al lettore una più agevole fruizione del presente documento, si riportano di seguito in forma di glossario alcune definizioni specifiche correlate, anche solo indirettamente, alle tematiche trattate nel testo. 2. Obiettivo L’oggetto del presente documento è la Sicurezza Nucleare: “Complesso delle azioni di analisi, valutazione e attuazione, volte alla prevenzione di furti, di azioni di sabotaggio, di accessi non autorizzati, di trasferimenti illegali, e di altri atti criminosi che coinvolgano materiali radioattivi e/o apparecchiature e strumenti con essi associati”. Fermo restando quanto sopra rappresentato, l’obiettivo da porsi è quello di elevare il livello dello ”standard di sicurezza” relativo alla gestione delle sorgenti di radiazioni ionizzanti utilizzate in campo medico, attraverso la riduzione dei margini di rischio, ispirando delle procedure che consentano di ottimizzare la sicurezza, ovvero di prevenire eventi anomali, a fini di minaccia, attuabili anche per il tramite di un utilizzo improprio di tali sorgenti. Ciò può essere realizzato: • perseguendo un’opera di ottimizzazione delle risorse volta a rendere più efficaci le misure di protezione già in atto; • aumentando la capacità di “prevedere l’imprevedibile”, ovvero di utilizzare la fantasia, l’esperienza e la competenza specifiche per pianificare al meglio la strategia di prevenzione dell’evento anomalo; • rendendo maggiormente responsabile tutto il personale, a qualsiasi livello coinvolto; • operando con grande efficacia e convinzione nei programmi di formazione/informazione; • dando al concetto di “radioprotezione” un’accezione più ampia di quella sancita dal D.Lgs. 230/95 e s.m.i., in ciò tenendo anche conto di quanto stabilito dal recente D.Lgs. 52/07 sulle sorgenti ad alta attività e sorgenti orfane, pubblicato in data 24 aprile 2007, e in particolare dall’articolo 3 comma 3 lettera e., il quale dispone che il richiedente del nulla osta all’utilizzo della sorgente di radiazioni ionizzanti “preveda specifiche procedure gestionali per il trasporto, la detenzione e l’utilizzo della sorgente finalizzate a impedire, in relazione alle caratteristiche della sorgente, l’accesso non autorizzato, lo smarrimento, il furto o il danneggiamento della sorgente anche a seguito di incendi”; • mantenendo comunque sempre elevata l’attenzione anche all’analisi del rapporto costi/benefici. • Il documento risultante dall’opera di perseguimento degli obiettivi dichiarati verrà messo a disposizione dei Ministeri competenti in materia, e in particolare del Ministero della Salute, al fine di intraprendere, se del caso, iniziative di carattere normativo specifiche e all’uopo dedicate, eventualmente anche in relazione al rilascio dei decreti autorizzativi previsti dal regime di nulla osta introdotto dal D. Lgs. 241/00. 3. Strategia Il Dipartimento di Igiene del Lavoro dell’Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) ha deciso di costituire un gruppo di lavoro nel quale possano essere affrontate le problematiche 20 di gestione “in sicurezza” delle fonti di rischio radiologico, con particolare riferimento alla prevenzione di eventi anomali a fini terroristici nelle installazioni complesse di tipo medico. In queste strutture, infatti, si riscontra spesso una bassa soglia di attenzione. L’idea che l’ISPESL ha inteso sviluppare è la seguente: utilizzando la competenza e la sensibilità • dei responsabili, a vario titolo, dell’uso delle sorgenti di radiazioni ionizzanti in campo medico, e quindi, soprattutto, radiologi, medici nucleari, radioterapisti, tecnici sanitari di radiologia medica e fisici medici, ognuno per la sua parte di competenza e quindi per le proprie specifiche attribuzioni e mansioni operative; • dei “radioprotezionisti”, ovvero, in via elettiva, degli “esperti qualificati”, chiamati a effettuare la “valutazione del rischio radiologico” ai sensi dell’art. 61 del D. Lgs. 230/95, nonché a ispirare le procedure gestionali per la sorveglianza fisica della radioprotezione nei confronti dei lavoratori esposti; • degli organi di controllo e vigilanza, definire degli scenari di rischio che risulti necessario codificare, e per i quali si possano definire specifiche procedure per la minimizzazione della probabilità di accadimento di eventi anomali a fini anche terroristici, basati sull’utilizzo di sorgenti di radiazioni ionizzanti trafugate o colpite all’interno dei medesimi luoghi di lavoro. Appare ragionevole che tali considerazioni vengano inserite nell’ambito delle Norme Interne di Radioprotezione, che rappresenta il principale strumento metodologico introdotto dal D. Lgs. 230/95 e s.m.i. per garantire l’attuazione di opportune strategie prevenzionistiche nei luoghi di lavoro. All’interno del Gruppo di Lavoro sono stati invitati a partecipare, e hanno risposto positivamente: • Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM) • Associazione Italiana di Medicina Nucleare (AIMN) • Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica (AIRO) • Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM) • Associazione Italiana di Radioprotezione (AIRP) • Associazione Nazionale Professionale degli Esperti Qualificati (ANPEQ) • Federazione Nazionale Collegi Professionali TSRM (FNCTSRM) • Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente (CCTA) • Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (CCTS) • Ministero dell’Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile. 4. Metodi L’applicazione della “gestione del rischio” alle installazioni sanitarie impieganti radiazioni ionizzanti, richiede la definizione degli strumenti attraverso i quali: 1. analizzare i diversi scenari per determinare quali tra tutti risultino maggiormente sensibili alla minaccia; 2. essendo note le criticità di ciascun scenario, individuare le “leve” sulle quali agire per mitigare il rischio. Gli strumenti adottati sono di seguito descritti. 4.1 Ottimizzazione delle risorse Occorre riconsiderare le misure di protezione già adottate (si pensi alle disposizioni contenute nella normativa relativa alla protezione dalle radiazioni ionizzanti, nonché alle procedure e agli accorgimenti basilari che regolamentano l’accesso ai siti sanitari) e renderle più efficaci. A tal fine, è opportuno: a. effettuare un’analisi preliminare dei fattori di rischio interni ed esterni all’Istituto; b. sviluppare uno studio sulla base delle esperienze acquisite nel tempo, delle esperienze maturate in analoghi contesti sia nazionali sia internazionali, di analisi statistiche e studi di settore e, soprattutto, di una capillare attività informativa, che consentano di individuare gli ambiti a maggiore rischio e le eventuali costanti della minaccia; c. elaborare una scala delle priorità; d. individuare le possibili soluzioni a carattere infrastrutturale (ricollocazione e/o accorpamento di laboratori o depositi, verifica dell’efficacia delle misure di sicurezza esistenti, studio di nuovi sistemi di protezione) od organizzativo (catena dei controlli, verifica delle posizioni chiave, regole di riservatezza “necessità di sapere”, studio di nuove procedure operative). e. 21 4.2 Prevedere l’imprevedibile Si tratta, evidentemente, di una voluta “contraddictio in terminis” che rende bene quello che dovrebbe essere uno degli obiettivi della fase di pianificazione: il connubio vincente tra fantasia ed esperienza, per anticipare la minaccia individuando ed evitando le situazioni di rischio prima che diventino situazioni di pericolo. Minori variabili esistono, migliori sono le possibilità di raggiungere un più elevato standard di sicurezza. Ogni attività di pianificazione, per accurata che sia, deve tuttavia tenere conto del fatto che qualsiasi sforzo non potrà mai prevedere tutte le possibili variabili (alcuni recenti episodi criminali più che fantasia dimostrano genialità). Occorre, pertanto, mantenere sempre un margine elevato di flessibilità, tale da consentire al sistema, automatico, umano o integrato che sia, di riportare la situazione a una delle variabili previste e quindi di adottare le contromisure stabilite. 4.3 Implementazione di un “sistema sicurezza” Nella vita del sito sanitario, più condizioni devono concorrere a che si instauri un sistema che privilegi la sicurezza. È, pertanto, necessario: a. il coinvolgimento di tutto il personale a qualsiasi livello. La sicurezza è un bene comune che riguarda l’Ente nel suo complesso, le sue strutture e le sue risorse, sia umane sia materiali. Contribuire alla sicurezza equivale quindi a proteggere anche la nostra sicurezza e quella delle nostre famiglie. Tale fondamentale principio deve essere compreso, accettato nelle sue inevitabili conseguenze e metabolizzato da tutti. Ciascuno, indipendentemente dal ruolo o dalla funzione svolta, rappresenta un ricettore di immagini, notizie e informazioni che, senza suscitare inutili allarmismi, possano contribuire alla sicurezza del sistema da minacce esterne. Per raggiungere tale risultato, il personale deve: • maturare la convinzione di fare parte di un sistema di sicurezza in cui ciascuno rappresenta un anello che rafforza la catena; • conoscere i rischi e le possibili minacce, in modo da poterne cogliere per tempo i segnali e, se possibile, contribuire a evitarle; • conoscere le modalità comportamentali nel caso in cui non sia stato possibile evitare la minaccia, in modo tale da minimizzarne gli effetti pericolosi o dannosi; • avere a disposizione un sistema di trasmissione delle notizie acquisite semplice, efficace e sicuro (referenti competenti e sempre disponibili, procedure semplici e rapide); b. la massima sinergia e costante collegamento con le Forze di Polizia (Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizie Locali e Municipali). Per raggiungere tale risultato occorre: • contribuire a instaurare e mantenere rapporti interpersonali tra i responsabili degli Enti e i rappresentanti locali delle FF.PP.; • conoscere le modalità operative delle FF.PP., per sfruttare al meglio le loro possibilità di controllo e d’intervento, adattando a esse i propri sistemi di sicurezza, con il costante scambio di informazioni e studi di settore. 5. Definizione della minaccia I servizi d’intelligence, sia in ambito nazionale sia internazionale, concordano nel ritenere che il terrorismo nucleare, in tutte le sue variegate forme, possa rappresentare un pericolo grave e imminente. In particolare, l’attuale contesto vede l’evoluzione della minaccia terroristica interessare anche le strutture, presenti sul territorio nazionale, coinvolte nella gestione di materiale nucleare, sostanze o rifiuti radioattivi. Si possono individuare sostanzialmente due diverse modalità secondo cui tramutare la minaccia in atto di terrore: 1. il sito potrebbe essere bersaglio di un attacco con un ordigno convenzionale che, a fronte di danni relativamente ridotti in termini di vite umane, avrebbe l’effetto di diffondere la contaminazione su una vasta area, determinando un danno ecologico immenso e durevole; 2. in alternativa, questo potrebbe essere oggetto di furti da cui prelevare materiale radioattivo da utilizzarsi per la confezione di congegni nucleari improvvisati (I.N.D. – Improvised Nuclear Devices) o dispositivi per la dispersione della radioattività (R.D.D. – Radioactive Dispersal Devices) - le cosiddette “bombe 22 sporche” - il cui impatto psicologico ed emotivo può essere assai più devastante della reale portata dei danni cagionati. La “bomba sporca” è il dispositivo che più desta preoccupazione, per la relativa facilità di reperire dell’esplosivo tradizionale e per la capacità, a parità di condizioni, di contaminare aree maggiormente estese: gli effetti a lungo termine sul territorio dipendono dal quantitativo di esplosivo usato, dal tipo e dal quantitativo di materiale radioattivo, dalle condizioni meteorologiche (soprattutto dal vento) e dalla presenza o meno di incendi nell’area oggetto dell’attacco. L’impiego di tale arma ha una bassa probabilità di provocare effetti deterministici sulla popolazione colpita, a eccezione dell’effetto meccanico diretto dell’onda d’urto dovuta all’esplosione. Molto più probabile è che la notizia di una contaminazione radioattiva abbia un forte impatto psicologico nella popolazione, con il rischio che dilaghi la sensazione di terrore perseguita dagli autori dell’azione criminosa. In relazione a quest’ultimo caso, considerando le misure di sicurezza oggi implementate, è ragionevole considerare le strutture sanitarie che detengono materiale radioattivo un obiettivo più “facile” di altri, e quindi più appetibili. 6. La situazione italiana Come è lecito attendersi dalle attività detenute, le strutture impiegate nel settore dei controlli non distruttivi rappresentano i più probabili obiettivi di furti o rapine sul territorio italiano. Il che è in linea con i dati emersi dall’ITDB (Illicit Trafficking Data Base) della I.A.E.A. Non è comunque da trascurare da trascurare il fatto che dal 2006 a oggi in Italia: • si sono registrati quattro casi di furto di materiale radioattivo di origine ospedaliera; • in altri tre casi dubbi, non è stato possibile accertare l’eventuale fatto doloso all’origine dell’ammanco o del ritrovamento. I dettagli relativi ai casi verificatisi sono riportati nella tabella 1. Tabella 1 | Casi di furto o ritrovamento di materiale radioattivo verificatisi in Italia dal 2006 ad oggi Data e luogo Evento e Sorgente Note Roma 05 luglio 2007 FURTO Nr. 1 sorg. di Ra 226 Durante i lavori di demolizione dell’ex casa di cura Villa Bianca veniva rinvenuti alcuni aghi di radio tra le macerie probabile oggetto di un furto ai danni della struttura in stato di abbandono da alcuni anni Pozzuoli (Na) 09 gennaio 2006 FURTO Nr. 1 sorg. Tc 99m Ignoti, approfittando del mezzo lasciato temporaneamente incustodito durante una consegna, asportavano il materiale radioattivo che non è stato mai più rinvenuto Roma 17 gennaio 2006 RITROVAMENTO Nr. 6 fusti etichettati radioattivi A seguito di una segnalazione, personale della Polizia Municipale di Roma rinveniva 6 fusti, destinati a contenere rifiuti radioattivi, abbandonato sul ciglio stradale. Le analisi radiometriche davano esito negativo Catania 27 febbraio 2006 FURTO Nr. 1 sorg. di I 131 Al termine di più consegne presso vari Presìdi Ospedalieri, veniva riscontrata la mancanza di un collo di Iodio 131 poi rinvenuto sul ciglio della strada Napoli 31 agosto 2006 FURTO 184 mg. di Ra 226 Durante i controlli presso un ospedale di Napoli, militari del Comando Carabinieri Tutela Ambiente – Sezione Inquinamento da Sostanze Radioattive riscontravano il furto di 184 mg di Radio. Il materiale non è stato mai rinvenuto 23 Salerno 31 agosto 2006 SMARRIMENTO 184 mg di Ra 226 Durante i controlli presso un ospedale di Salerno, militari del Comando Carabinieri Tutela Ambiente – Sezione Inquinamento da Sostanze Radioattive riscontravano l’ammanco di 184 mg di radio. Il materiale non è stato mai rinvenuto Chiuduno (BG) 20 dicembre 2005 RITROVAMENTO ca. 190 mg di Ra 226 Al termine di indagini, militari del Comando Carabinieri Tutela Ambiente – Sezione Inquinamento da Sostanze Radioattive rinvenivano circa 190 mg di radio di provenienza ospedaliera in possesso di un privato non autorizzato alla detenzione 7. Le sorgenti di radiazione utilizzate in campo medico Nella pratica medica sono correntemente adoperate sorgenti di radiazioni ionizzanti per fini diagnostici o terapeutici. Di fatto, la distribuzione sul territorio di strutture sanitarie pubbliche o private, di piccolo, media o grande dimensione, che detengono macchine radiogene e/o materiale radioattivo è fitta e capillare. Tuttavia, non tutte le installazioni destano apprensione in egual misura in relazione alla sicurezza nucleare. 7.1 Generalità Il fattore di discriminazione fondamentale è da ricercarsi nella natura stessa di ciascuna pratica: in generale, le sorgenti di radiazioni ionizzanti si possono distinguere in base alla modalità di applicazione, cioè tra irraggiamento esterno ed irraggiamento interno, e, trasversalmente, in base alla modalità di generazione, cioè tra fasci di radiazione elettromagnetica ovvero fasci di particelle - prodotti rispettivamente da macchine radiogene e acceleratori - e radiazioni di entrambi i tipi emesse da materiale radioattivo. In base a queste suddivisioni, si può, per esempio, trascurare il rischio relativo alla sicurezza nucleare nelle strutture di radiodiagnostica tradizionale, poiché ivi non vengono prodotte sostanze radioattive potenzialmente trafugabili, bensì sono impiegate esclusivamente macchine radiogene che, nell’eventualità di una loro sottrazione - resa complicata dagli ingombri e dai pesi in gioco - risultano di difficile utilizzo per finalità diverse da quelle di diagnostica. A tal riguardo, giova evidenziare che anche un’esplosione che interessasse un tubo radiogeno o un acceleratore non desterebbe alcuna preoccupazione dal punto di vista della dispersione di materiale radioattivo. Si può affermare, dunque, che i maggiori problemi di sicurezza sono legati all’uso di sorgenti sigillate in radioterapia o alla contaminazione radioattiva e al possibile irraggiamento interno provocato dagli isotopi radioattivi in forma non sigillata utilizzati in medicina nucleare o nei laboratori medico-scientifici. 7.2 Medicina Nucleare In Medicina Nucleare si utilizzano sorgenti di radiazioni ionizzanti non sigillate, opportunamente dosate in una soluzione, ovvero in forma solida, costituendo quello che viene definito il “radiofarmaco”. Il materiale radioattivo viene somministrato al paziente, con l’intento di perseguire, sfruttando la compatibilità che particolari sostanze hanno con determinati tessuti umani, due diversi obiettivi, a seconda che si abbiano finalità terapeutiche o diagnostiche: 1. in terapia medico-nucleare, si ha il vantaggio di colpire direttamente l’organo bersaglio cui il radionuclide si lega (in questo modo si limita la dose assorbita indebitamente dai tessuti circostanti); 2. in diagnostica, è possibile investigare un dato organo o tessuto su cui si sia depositato lo specifico radiofarmaco captando la radiazione fotonica mediante un rivelatore posto all’esterno del corpo. Nella tabella 2 sono riportati alcuni dati relativi ai radioisotopi maggiormente utilizzati in Medicina Nucleare. Considerando le caratteristiche dei radionuclidi utilizzati in medicina nucleare, si evince chiaramente che, di fatto, un eventuale uso improprio di queste sostanze non si accompagna a un rischio reale per la popolazione, in termini deterministici: le energie emesse sia dalla componente fotonica sia elettronica, i tempi di dimezzamento e le quantità normalmente detenute o prodotte degli isotopi radioattivi sopra elencati, non sono tali da destare preoccupazione in tal senso. 24 Tuttavia, l’eventuale notizia della sottrazione, e poi magari del ritrovamento in luogo pubblico, di una sorgente di radiazioni ionizzanti trafugata all’interno di una struttura sanitaria, potrebbe avere conseguenze psicologiche sulla popolazione non certo irrilevanti. Tabella 2 | Radioisotopi utilizzati in Medicina Nucleare Radionuclide T½ Stato fisico C-11 20,4 m l N-13 9,9 m l O-15 122,2s l F-18 1,83h l Tipo Energia keV β+ β+ β+ β+ Ga-67 3,26gg l c.e. Y-90 64,1h l β- Tc-99m 6,02 h l t. i. In-111 67,9 h l c.e. I-123 13,2 h l c.e. 385 492 735 250 Energia keV Rateo di dose equivalente a 1 m (μSv/h/GBq a 1m) 511 154 511 154 511 154 511 149 8-10 91-93 185 300 20,8 18 140 15,6 3-4 23-28 171 245 84,15 3-5 27-32 159 39,7 X X X γ 3-5 27 31 365 36,6 X γ 29-34 284 365 637 56,1 8-15 69-71 79-83 167 11,7 18 140 740 37,6 9-10 511 140 X γ 7 14 122 136 15,1 Tipo γ γ γ γ X X γ γ 2274 X γ X X γ γ X X γ Altri I-125 I-131 60,1gg 8,04gg l l c.e. 334 606 β- Tl-201 3,05gg l c.e. Mo-99 66,2 h s ββ- Ge-68 288 gg l 436 1214 c.e. c.e. X X X γ X γ γ X γ Co-57 271 l c.e. Sm-153 46,3 h l βββ- 640 710 810 γ 103 24 Lu-177 6.73gg l β- 490 X γ 113 210 7.6 25 7.3 Radioterapia Nell’ambito delle pratiche terapeutiche mediante radiazioni ionizzanti, risulta comodo rifarsi alla classificazione delle sorgenti utilizzate in base alla modalità di applicazione, distinguendo tra le due famiglie, sorgenti per irraggiamento esterno e sorgenti per irraggiamento interno. Tra le sorgenti “esterne”, sono ancora significativamente presenti sul territorio apparecchiature di telecobaltoterapia (TCT), essenzialmente costituite da un contenitore schermato di grandi dimensioni che racchiude una sorgente di Co60. Questa permette di inviare, sulla regione anatomica da trattare, un fascio collimato di fotoni, attraverso una finestra controllata a distanza. Nell’ambito delle sorgenti “interne”, molti radionuclidi, naturali e artificiali, consentono emissioni di elettroni di varia energia, e si dimostrano conseguentemente adatti a un utilizzo a fine terapeutico: nella Medicina Nucleare si sono già incluse le tecniche di terapia nelle quali si fa uso di sorgenti non sigillate, nella Radioterapia si include invece la brachiterapia, che fa uso di sorgenti sigillate, nelle sue tecniche endocavitaria e interstiziale. Riassumendo, l’elenco dei radioisotopi d’interesse è evidenziato nella tabella che segue: Tabella 3 | Radioisotopi utilizzati in Radioterapia Radionuclide T½ Stato fisico Tipo Au-198 2.7 gg l ββ- Co-60 5.27 aa s Am-241 432.2aa s Sr-90 28.6aa s β- Cs-131 9.69gg s c.e. Cs-137 30.22aa s β- I-125 60,1gg l c.e. β- Energia keV 282 Energia keV Rateo di dose equivalente a 1 m (μSv/h/GBq a 1m) γ 412 61.6 γ 1173 1332 337 γ 13.9 59.5 85 Tipo 546 2,283 511 256 536 672 296 308 9.65 γ γ X X X γ 16 662 103 3-5 27 31 35 36,6 γ 317 468 604 151 γ 21 19 Ir-192 74.2gg s Pd-103 16.99gg s Cf-252 2.638aa s Y-90 64.1h l β- Yb-169 32.01gg s c.e. 61 Sm-145 340gg s c.e. 26 Altri c.e. 1300 2274 In generale, si può affermare che la pericolosità dell’eventuale uso improprio delle sorgenti impiegate in radioterapia sia tanto maggiore quanto maggiore è il tempo di dimezzamento della sorgente. D’altronde, diversi sono gli episodi che giustificano l’attenzione sul tema della sicurezza relativamente al rischio di trafugamento e cattiva utilizzazione di sorgenti sigillate: si va dall’episodio di liberazione di una sorgente di Cs137 nel 1987 in Brasile, seguita dalla contaminazione di più di 50 soggetti e il decesso di 4 di essi, all’abbandono di una sorgente di Ir192 in Perù, con grave contaminazione di un soggetto. Secondo uno studio pubblicato nell’UE nel 2000 ogni anno almeno una settantina di sorgenti sfuggirebbero al controllo. Anche in questo caso, l’eventuale evento anomalo di origine dolosa potrebbe avere conseguenze realmente importanti, non tanto di carattere sanitario, quanto per l’aspetto psicologico a esso correlato. 26 7.4 Laboratori medico-scientifici L’utilizzo di sostanze radioattive nell’ambito della ricerca viene fatto: • in ambito clinico; • nei laboratori di ricerca clinica e sperimentale presenti nei vari Istituti di ricerca e nelle Università. I principali radioisotopi utilizzati in tali laboratori sono riportati nella tabella nella tabella di seguito evidenziata. Tabella 4 | Radioisotopi utilizzati in Laboratori di ricerca medico-scientifica Radionuclide T½ Stato fisico Tipo P-32 14.3 gg l S-35 87.5 gg l H-3 432.2 aa l βββ- Cr-51 27.7 gg l Energia keV Tipo Energia keV Rateo di dose equivalente a 1 m (μSv/h/GBq a 1m) 1710 0.118 a 0.3m 168 0 a 0.3m 19 - γ 320 200 a 0.1m Una considerazione diversa da quanto fatto in precedenza deve essere invece dedicata alle aree di frazionamento, dove possono essere contenute quantità di sostanze radioattive di concreta potenziale pericolosità. 8. I rifiuti radioattivi Al termine del ciclo di vita del materiale radioattivo utilizzato nelle pratiche mediche precedentemente passate in rassegna - individuate come “sensibili” più delle altre alle problematiche di sicurezza - si accumula del materiale di scarto, generalmente anch’esso radioattivo, identificato dalla dicitura di rifiuto radioattivo. Va da sé che la stessa soglia di attenzione dedicata al materiale da cui il rifiuto radioattivo discende debba essere indirizzata alla corretta gestione della detenzione e del successivo allontanamento dalla struttura del rifiuto, che, in quanto radioattivo, risulta parimenti appetibile come obiettivo di attacchi terroristici. 8.1 Generalità I rifiuti originati dagli impieghi medici e dalla ricerca scientifica sono di norma classificati di I^ Categoria, secondo quanto previsto dalla Guida Tecnica n. 26. Si tratta, quindi, di rifiuti radioattivi “che richiedono tempi dell’ordine di mesi, sino a un tempo massimo di alcuni anni, per decadere a concentrazioni di radioattività inferiori di cui ai commi b) e c) del punto 2 dell’Art. 6 del D.M. 14 luglio 1970”, ovvero che contengano “radionuclidi a lungo periodo di dimezzamento purché in concentrazioni inferiori a tali valori”. Sono, però, da tenere in considerazione anche gli effetti del D.Lgs. 230/95, come emendato dal D.Lgs. n. 241/2000, che modifica i criteri di individuazione della soglia per i rifiuti di I^ categoria rispetto a quanto stabilito nella Guida Tecnica n. 26: si applicano i criteri di “non rilevanza radiologica” e le soglie di concentrazione del D.Lgs. 230/95 (1 Bq/g). Pertanto i rifiuti classificati di I^ categoria richiedono tempi dell’ordine di mesi, sino a un tempo massimo di alcuni anni, per decadere a livelli di radioattività per i quali non si applicano le disposizioni del D.Lgs. n. 230/95 in materia di radiazioni ionizzanti, potendo essere gestiti dopo tale periodo come rifiuti convenzionali. I rifiuti radioattivi detenuti e prodotti presso le strutture considerate sono infatti nella quasi totalità rifiuti radioattivi solidi e liquidi a breve tempo di dimezzamento (inferiore a 75 gg.) e bassa attività, composti spesso da rifiuti di tipo “tecnologico“ (tute, maschere, guanti, cuffie, ecc.) e che quasi sempre raggiungono modesti volumi di stoccaggio all’interno dei rispettivi depositi. Per questi rifiuti, sono state stabilite dalle stesse aziende procedure di smaltimento mediante il conferimento a società operanti nel settore, le quali ritirano i contenitori dai depositi mediamente ogni tre mesi. In altri casi, lo smaltimento avviene mediante lo stoccaggio degli stessi per il tempo necessario al totale decadimento degli isotopi e quindi, a seguito di opportuni controlli (il cui iter è tale da ritenere economicamente più conveniente il conferimento quale rifiuto radioattivo), il materiale viene smaltito come 27 rifiuto speciale pericoloso in ottemperanza a quanto disposto dal D.Lgs. 22/97, mediante il conferimento ad altre ditte operanti nello specifico settore. Per quanto attiene ai residui liquidi, s’è avuto modo di constatare che anche per essi viene seguito generalmente il medesimo iter, salvo alcuni casi in cui vengono utilizzati particolari impianti (vasche di decantazione) che permettono lo scarico degli effluenti in fogna dinamica, in regime di esenzione dall’autorizzazione allo smaltimento. 8.2 Medicina Nucleare I rifiuti radioattivi prodotti in un reparto di Medicina Nucleare sono costituiti da tutti quegli oggetti o presìdi medico-chirurgici che hanno subito una contaminazione (siringhe, aghi, cotone, flaconi di preparazione dosi, lenzuolini monouso, guanti, carta assorbente, contenitori vuoti o parzialmente utilizzati, contaminati da sostanze radioattive, radiofarmaci non utilizzati per vari motivi, colonne generatore di Tc99 metastabile in esaurimento), e dalle deiezioni provenienti dai servizi igienici utilizzati dai pazienti precedentemente iniettati. Operativamente, i rifiuti radioattivi della Medicina Nucleare possono essere così classificati: 1. rifiuti contenenti il Tc99m e altri radioisotopi con tempi di dimezzamento inferiore a quello del Tc99m; 2. rifiuti contenenti lo I131 e altri radioisotopi con tempi compresi tra quello del Tc99m e quello dello I131; 3. rifiuti contenenti emettitori positronici a breve emivita fisica. I contenitori per rifiuti radioattivi solidi sono in genere fusti in acciaio dalla capacità di circa 60 litri, al cui interno si pone un sacco di polietilene che, una volta riempito, deve essere chiuso mediante fascetta in PVC. Il fusto è poi sigillato con un coperchio con chiusura a cravatta. I contenitori per rifiuti liquidi sono in genere bidoni in polietilene dalla capacità di 30 litri, con doppia chiusura a tappo e a vite, a loro volta inseriti in fusti metallici da trasporto provvisti d’intercapedine riempita con materiale antiurto e assorbente, e sul cui fondo è posto un materiale assorbente per la raccolta di eventuali perdite di liquidi. Tali recipienti, previa procedura di carico su registro, devono essere: • conservati in locali di deposito temporaneo idonei; • etichettati con data di deposito e tipologia di radioattivo in modo da poterne identificare le modalità temporali di decadimento; • consegnati a ditte autorizzate allo smaltimento, previa registrazione del peso e dell’attività del materiale consegnato. I rifiuti che possono invece essere smaltiti in esenzione – ai sensi di quanto previsto dal D.lgs. 230/95 e s.m.i. - vanno mantenuti confezionati nei contenitori per Rifiuti Ospedalieri Trattati (ROT) e successivamente inviati ad inceneritori. 8.3 Radioterapia Le sorgenti per brachiterapia non più utilizzate devono essere consegnate a una specifica ditta autorizzata al loro ritiro, oppure raccolte in idoneo deposito dove decadono sino a che l’attività non si riduca al di sotto di valori che ne consentano lo smaltimento come un normale rifiuto ospedaliero. Le medesime precauzioni debbono essere messe in atto in caso di smaltimento di sorgenti di Co60 e Cs137, le quali, magari non più utilizzate a fini di terapia, restano comunque caratterizzate da un’attività di qualche TBq: considerando il lungo tempo di dimezzamento e le attività in gioco, questa tipologia di rifiuti radioattivi deve quindi seguire procedure di sicurezza particolarmente rigorose. Analogamente, per il loro smaltimento la scelta è obbligata: conferimento a terzi in possesso di necessarie autorizzazioni, a meno di non essere in grado di garantire la permanenza nel deposito per i tempi idonei al raggiungimento delle condizioni di smaltimento. 8.4 Laboratorio medico-scientifico Nel caso di laboratori di ricerca medico-scientifica, i rifiuti radioattivi possono assumere forme e quantità diverse in rapporto alle diverse esigenze che si determinano in funzione dei programmi di ricerca che possono cambiare nel tempo. Questa variabilità di uso, insieme con la variazione del numero e della tipologia degli operatori interessati, potrebbe determinare oggettive difficoltà di gestione. I rifiuti radioattivi devono essere comunque distinti in rifiuti liquidi e rifiuti solidi. Sono da considerarsi rifiuti liquidi le soluzioni o sospensioni di sostanze radioattive, i liquidi di scintillazione, i liquidi di lavaggio e decontaminazione raccolti nei contenitori degli scarichi controllati, le soluzioni residue non più utilizzate, le soluzioni impiegate per la decontaminazione, ecc. 28 Sono invece da considerarsi rifiuti solidi i materiali di uso corrente, quali provette, pipette, puntali, guanti, carta, ecc. I rifiuti radioattivi vengono normalmente trattati nel seguente modo: a. immagazzinamento in condizioni di sicurezza finché la loro attività non sia decaduta a livelli tali da consentire lo smaltimento nell’ambiente esterno; b. consegna dei rifiuti a una ditta o ente autorizzato allo smaltimento. 9. Le misure di sicurezza Nella rassegna di cui sopra, sono stati evidenziati gli ambiti sanitari nei quali vengono utilizzate sorgenti di radiazioni ionizzanti, sostanze che potrebbero essere sottratte per usi criminosi, o anche disperse nell’ambiente, ovvero colpite in modo doloso a fine di offesa. Fermi restando gli obblighi connessi al D.Lgs. 230/95 in materia dei princìpi generali di protezione dalle radiazioni ionizzanti, nel presente paragrafo s’intende fornire delle indicazioni che potrebbero essere utili per prevenire atti di matrice terroristica, realizzando così un “Sistema Sicurezza” più calzante a quello che è il particolare momento storico. L’analisi di ciascuno degli scenari operativi presi in considerazione ha consentito di evidenziare le criticità interessanti ai fini del presente lavoro: alcune tra queste sono comuni a tutti, altre sono tipiche di ciascuno. Nei sottoparagrafi che seguono si presentano le misure di sicurezza ritenute più idonee, dapprima presentate nelle loro linee generali, successivamente circostanziate per ciascuno degli ambiti operativi investigati. Resta inteso che, nel caso di fallimento di ogni strategia di prevenzione, il personale autorizzato alla gestione delle sorgenti di radiazioni ionizzanti – a conoscenza delle norme interne di radioprotezione predisposte dall’Esperto Qualificato e in particolare delle procedure da adottare in caso di smarrimento o furto di sostanze radioattive – avvisi il datore di lavoro, il dirigente, il coordinatore TSRM, il preposto, e l’Esperto Qualificato che, sulla base delle rispettive competenze, avranno l’obbligo di informare immediatamente le autorità competenti (AUSSL, VV.FF, Pubblica Sicurezza), rendendo loro note tutte le informazioni del caso. 9.1 Generalità Sulla base di quanto sopra rappresentato, si possono individuare tre momenti nella gestione delle sorgenti di radiazioni ionizzanti all’interno delle strutture sanitarie: 1. presa in carico del materiale radioattivo in ingresso; 2. utilizzo del materiale secondo le consolidate procedure diagnostiche/terapeutiche; 3. dismissione dei rifiuti radioattivi in uscita. In generale, è di particolare importanza che le varie strutture, sotto il coordinamento del proprio Esperto Qualificato, verifichino l’efficacia e il rispetto delle procedure di sicurezza inerenti il prelievo e l’utilizzo delle sorgenti radioattive che detengono, attuando, ove necessario, la dovuta opera di ottimizzazione. A questo proposito, l’ISPESL, che, in appoggio al Dipartimento della Prevenzione del Ministero della Salute, a vario titolo accede agli Enti, Ospedali, Aziende che per motivi professionali detengono, utilizzano, manipolano, commerciano radioisotopi, ha sperimentato in più occasioni che quanto sopra esposto rappresenta uno dei punti maggiormente critici nel tentativo di attuare una giusta e oculata opera di prevenzione delle emergenze radiologiche: spesso la regolamentazione connessa al prelievo delle sostanze radioattive lascia infatti a desiderare, mancando degli opportuni livelli di sicurezza, ovvero di una concreta e attenta sensibilità degli operatori rispetto a questo genere di problematiche. Sotto la stessa ottica è opportuno riconsiderare le procedure operative utilizzate nei diversi reparti al fine di correggere comportamenti ormai routinari che possono costituire una frattura attraverso la quale malintenzionati possono appropriarsi di materiale radioattivo. Un discorso analogo riguarda l’uscita dei rifiuti radioattivi: le diverse modalità di gestione dei rifiuti radioattivi si accompagnano a fattori di rischio, per cui occorre considerare il tempo di stazionamento del rifiuto nei locali di stoccaggio temporaneo – breve o lungo che sia – e la localizzazione di tali locali all’interno dell’edificio, per mettere a punto procedure e misure di sicurezza consone. Fatto salvo quanto già rappresentato nel paragrafo 3, appare opportuno – anche se non necessario ai sensi di legge – inserire anche le disposizioni inerenti le procedure di sicurezza all’interno del manuale di qualità aziendale. I dispositivi e gli strumenti di protezione passiva e/o attiva impiegabili possono essere di varia natura. A 29 fattor comune, si possono richiamare alcuni princìpi generali, validi in ogni circostanza: • all’arrivo della sorgente di radiazioni ionizzanti, la medesima dovrebbe essere presa in carico da personale autorizzato e opportunamente registrato; • la procedura per la custodia delle chiavi d’accesso alla sorgente dovrebbe prevedere – ove del caso – la registrazione su un apposito registro di colui che prende in consegna le chiavi. Durante i periodi di non operatività, la procedura dovrebbe prevedere l’autorizzazione preventiva all’eventuale ingresso programmato di personale estraneo (tecnici, operai, …), nonché la relativa rendicontazione delle operazioni effettuate; • il controllo degli accessi dovrebbe prevedere – ove possibile e utile – l’utilizzo di un sistema di porte a chiusura automatica con citofono e apertura elettrica previo consenso, il quale potrebbe certamente minimizzare il rischio di accesso di persone non autorizzate; • l’accesso alle “zone controllate” dovrebbe essere rigidamente regolamentato sulla base di un elenco delle persone autorizzate che deve essere formalizzato e costantemente aggiornato, nonché – se del caso, e ove di pertinenza – esposto. Tutti gli eventuali visitatori dovrebbero essere opportunamente registrati e accompagnati; • la documentazione relativa a ciascuna sorgente andrebbe gestita ed aggiornata, anche sulla base della normativa vigente. In particolare, vanno registrate tutte le informazioni circa il suo impiego, dal momento dell’ arrivo nella struttura sanitaria fino al momento dello smaltimento, predisponendo un archivio delle sorgenti, meglio se elettronico, sottoposto a controllo giornaliero. Per quanto attiene le sorgenti ad alta attività, ovvero quelle rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. 52/07, le informazioni di cui trattasi sono quelle da riportare, ai sensi dell’art. 7 del decreto medesimo, nel libretto di sorgente; • i locali adibiti allo stoccaggio e alla manipolazione del materiale radioattivo dovrebbero essere identificati con opportuna segnaletica, e ogni variazione strutturale per tempo segnalata e, se del caso, autorizzata dalle competenti autorità sanitarie; • la separazione delle aree riservate dalle aree accessibili al pubblico dovrebbe essere di fatto garantita in via permanente e con continuità, richiedendo al personale il giusto impegno affinché le logiche dei percorsi all’interno dei reparti vengano sempre rispettate; • i locali adibiti allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi dovrebbero essere allocati in zone remote rispetto a quelle accessibili al pubblico, nonché forniti di porte a chiusura affidabile e garantita nel tempo. I registri di carico e scarico dovrebbero essere custoditi al di fuori dei suddetti locali, in modo da consentirne in qualunque momento la facile consultazione; • i sistemi di video-sorveglianza dovrebbero essere utilizzati ove strettamente necessario, e comunque sulla base di disposizioni aziendali concordate con l’esperto qualificato; • eventuali sistemi d’allarme potrebbero essere implementati per segnalare eventuali anomalie procedurali e/o accessi non consentiti. Vale infine la pena evidenziare come dovrebbe essere particolarmente curato il controllo del personale reclutato in outsourcing. In particolare, l’utilizzo di personale esterno per compiti di manutenzione o pulizia è pratica sempre più diffusa: apparirebbe del tutto opportuno che il medesimo venga formato con specifica sistematicità, e utilizzato riducendo comunque al minimo – per quanto possibile – eventuali turnazioni. 9.2 Medicina Nucleare In aggiunta ai princìpi generali appena delineati, sulla base della specifica peculiarità operativa della medicina nucleare, si possono elencare le seguenti ulteriori misure di sicurezza che sarebbe auspicabile intraprendere al fine della minimizzazione del rischio: • la separazione delle aree riservate dalle aree accessibili al pubblico dovrebbe avvenire differenziando i percorsi riservati a pazienti, addetti ai lavori e visitatori, evitando quanto più possibile sovrapposizioni; in caso ciò non sia possibile, occorre sopperire mediante procedure chiare, facendo attenzione a che siano effettivamente rispettate; • per quanto riguarda i locali a maggior rischio, come la camera calda e il deposito di materiale radioattivo, sarebbe auspicabile il coinvolgimento - in via esclusiva - del personale dipendente dalla struttura sanitaria, che, in quanto tale, è riconosciuto e adeguatamente formato; • le sostanze radioattive e la colonna generatore di Tc99m, custoditi in una cella all’interno della camera calda, dovrebbero essere accessibili dotando la porta d’accesso di efficace serratura o sistema elettronico. Inoltre, all’interno della cella dovrebbe essere installata una cassaforte piombata per la custodia delle sorgenti più significative dal punto di vista dell’emissione: in tal caso si perseguirebbe con efficacia il duplice scopo di una maggiore schermature ai fini protezionistici e di una migliore prevenzione di 30 eventuali sottrazioni indebite; • il rigoroso aggiornamento dei registri di carico e scarico, oltre a garantire una corretta gestione dei quantitativi di radiofarmaco utilizzati nell’ordinaria attività, risulta fondamentale per garantire la rintracciabilità delle sostanze e l’individuazione di eventuali mancanze. La corretta gestione del registro dovrebbe prevedere un controllo giornaliero di quanto caricato, con firma dell’operatore di turno in camera calda, nonché procedure di consegna a ogni cambio di operatore, con firma di presa visione e accettazione, e annotazione di eventuali anomalie. 9.3 Radioterapia Per quanto attiene alla pratica radioterapica, sarebbe opportuno perseguire le seguenti misure di sicurezza specifiche: • l’uso di sorgenti radioattive sigillate ma libere, quali fili di Ir192 utilizzati con tecnica after-loading oppure semi di Pd103 o di I125 per impianti permanenti, che comportano un rischio mediamente superiore relativamente alla possibilità di sottrazione indebita, dovrebbe prevedere un immediato ricollocamento – al termine del trattamento – negli appositi contenitori schermati; • un monitoraggio radiometrico delle sale di manipolazione, delle camere di degenza e delle toilette, dopo la rimozione delle sorgenti dai pazienti, sarebbe auspicabile al fine di verificare in tempo reale eventuali anomalie procedurali; • la chiave della consolle di comando relativa alle apparecchiature di brachiterapia dovrebbe essere custodita dal personale tecnico insieme con la chiave di sicurezza della sorgente, la quale non deve mai rimanere inserita nella propria sede. 9.4 Laboratori medico-scientifici Il personale che utilizza a fini di ricerca sorgenti di radiazioni ionizzanti è, per definizione, molto vario. Nei laboratori ove si manipolano radioisotopi, oltre al personale strutturato (Università, Ente di ricerca IRCCS, Azienda Ospedaliera, ASL) con un rapporto di lavoro stabile sono spesso presenti studenti, specializzandi, dottorandi, frequentatori e, in generale, personale precario con contratti a tempo determinato. I programmi di ricerca, e quindi le esigenze di uso di materiale radioattivo, possono variare notevolmente nel tempo. Tutto ciò comporta maggiori problemi di “sicurezza” e impone una maggiore organizzazione, che possa prevenire comportamenti non corretti da parte del personale coinvolto. La riduzione del rischio di sottrazione indebita e/o di utilizzo improprio di sorgenti radioisotopiche si potrebbe perseguire, oltre a quanto già riportato in precedenza, con le seguenti auspicabili misure di sicurezza: • l’accesso alle “zone controllate” dovrebbe essere rigidamente regolamentato, sulla base di elenchi aggiornati di personale autorizzato. Tutti gli eventuali visitatori dovrebbero, quindi, essere opportunamente registrati e accompagnati; • ciascun operatore, all’interno del registro all’uopo istituito, dovrebbe annotare le operazioni svolte (radionuclide utilizzato, quantità e attività utilizzate, protocollo eseguito). In particolare, dovrebbero essere poi puntualmente segnalati gli eventuali dati anomali correlati alla contabilizzazione delle sorgenti o agli accessi eseguiti; • l’ambiente per il deposito e il frazionamento delle sostanze radioattive dovrebbe essere unico e sottoposto a specifici criteri di sorveglianza e sicurezza: accessi controllati, sistemi di chiusura come per le strutture con attività clinica, utilizzo – se del caso – di casseforti/armadi con chiusura a chiave o elettronica dei radioisotopi; • di norma, non dovrebbe essere consentito portare fuori dal laboratorio materiale radioattivo, salvo specifiche autorizzazioni rilasciate, per quanto di competenza, dal responsabile del laboratorio e dall’esperto qualificato; • sarebbe opportuno adoperare, con sistematicità, sistemi di video-sorveglianza nel caso in cui i locali adibiti a manipolazione e stoccaggio del materiale radioattivo fossero inseriti all’interno di grandi laboratori in cui venissero svolte diverse attività non comportanti l’uso di sostanze radioattive. 9.5 Misure di sicurezza e antincendio Volendo allargare il significato del termine “radioprotezione”, anche nel verso di quanto già sancito dal D.Lgs. 52/07, ai fini dello scopo del presente documento è importante prevedere procedure che minimizzino il rischio di incendi in tutti quei locali nei quali sono presenti sorgenti di radiazioni ionizzanti: infatti, un incendio in detti locali potrebbe accompagnarsi alla dispersione del materiale radioattivo e, dunque, alla contaminazione delle aree circostanti. 31 La prevenzione incendi è un insieme di misure tecniche, provvedimenti, accorgimenti e modi d’azione intesi a evitare l’insorgenza di un incendio e a limitarne le conseguenze. Esse, in particolare, si suddividono in misure di prevenzione e misure di protezione (attive/passive) che devono essere ispirate a quanto contenuto nelle norme di riferimento, la cui conoscenza è tradizionalmente ormai ben consolidata. È il caso, quindi, di ricordare che esistono norme cosiddette verticali e norme cosiddette orizzontali che regolano la prevenzione incendi. Tra le norme verticali di particolare interesse per le strutture sanitarie si annovera il: • D.M. 18/9/2002 relativo a: “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private”; Invece, tra le norme orizzontali d’interesse si annovera il: • D.M. 10/3/1998 relativo a: “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”. D.M. 16/2/1982 (per es. al punto 86: ”Ospedali, case di cura e simili con oltre 25 posti letto”): è necessario il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi da parte del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per territorio mediante le procedure previste dal D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’art. 20 comma 8, della L. 15/3/1997, n. 59) e dal D.M. 4/5/1998 (Disposizioni relative alle modalità di presentazione e al contenuto delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dai comandi provinciali dei vigili del fuoco). In generale, le normative sopra citate costituiscono un prezioso aiuto per la garanzia della sicurezza nucleare, rendendo obbligatorie delle misure di prevenzione e protezione che di fatto concorrono a questo fine. 10. La formazione La formazione del personale è ritenuta dalla totalità delle categorie addette ai lavori un passaggio fondamentale per il successo di qualunque iniziativa volta all’implementazione di un sistema che privilegi la sicurezza nucleare negli ambiti sanitari presentati: in particolare, l’attività formativa deve essere continuativa e calata nella specifica realtà lavorativa. Lo strumento normativo all’interno del quale muoversi è rappresentato dall’art. 12 del D.Lgs 52/07 e dall’art. 61 del D.Lgs. 230/95 e s.m.i. che pone l’obbligo al datore di lavoro di provvedere affinché i lavoratori vengano resi edotti “nell’ambito di un programma di formazione finalizzato alla radioprotezione e in relazione alle mansioni cui essi sono addetti, dei rischi specifici cui sono esposti, delle norme di protezione sanitaria, delle conseguenze derivanti dalla mancata osservanza delle prescrizioni mediche, delle modalità di esecuzione del lavoro e delle norme interne”. I criteri fondamentali da tenere presenti nell’attività formativa sono: • l’identificazione e la differenziazione dei soggetti cui l’attività formativa in questione è rivolta; • la scelta dei programmi in funzione delle specifiche attività condotte nel sito e dei soggetti a cui i corsi sono rivolti (essenzialmente, il responsabile della sorgente e gli utilizzatori); • le modalità organizzative con cui il percorso formativo si svolge. Quindi, si tratta di progettare corsi periodici indirizzati sia al responsabile della/e sorgente/i, sia ai lavoratori, tenendo ben presenti diversità e specificità dei ruoli e prevedendo schemi realizzativi fortemente flessibili e modulabili. Il responsabile della sorgente deve essere edotto circa l’entità dei rischi associati alla gestione della sorgente in ogni fase della sua permanenza all’interno del sito, valutando le criticità associate e implementando le misure di sicurezza e formalizzando le procedure ritenute idonee; i lavoratori devono sviluppare le competenze operativamente necessarie per l’utilizzo in sicurezza delle sorgenti, sia in condizioni di normale esercizio sia in condizioni d’emergenza, attenendosi alle norme formalizzate. Il livello di approfondimento è opportunamente dimensionato in funzione del fatto che il lavoratore sia direttamente coinvolto nella gestione delle sorgenti, piuttosto che marginalmente e/o in attività di supporto alla gestione delle sorgenti (ad esempio, il personale incaricato delle pulizie, il personale incaricato della manutenzione ordinaria dei locali, etc.). L’acquisizione e il consolidamento delle competenze necessarie, nell’ambito delle attività sanitarie oggetto del presente documento, non può prescindere dal fatto che il personale, oltre a possedere un adeguato curriculum, è già oggetto di percorsi formativi strettamente connessi all’impiego di sorgenti di radiazioni 32 ionizzanti: pertanto, è opportuno che, nello stesso ambito dei corsi periodici già previsti, si dia maggiore enfasi alle attività che consolidano “sul campo” conoscenze teoriche già acquisite, anche in relazione alle tematiche di sicurezza nucleare. In tal senso, è necessario che tale consolidamento sia il più interattivo possibile, usando come metodo d’insegnamento, ogniqualvolta possibile, quello che porta da esperienze pratiche alla teoria, e non viceversa, al fine di stimolare interesse e discussione. Il processo formativo può essere organizzato mediante corso frontale, ovvero formazione a distanza: in entrambi i casi, lo sforzo profuso rischia di non raggiungere l’obiettivo senza che segua la fase applicativa sul campo: dimostrazioni, simulazioni e verifiche della giusta messa in atto delle procedure sono lo strumento principe per acquisire informazioni e maturare la “cultura della sicurezza”. Per una maggiore efficacia, tale modalità formativa dovrebbe essere attuata contestualmente e/o successivamente alla definizione o alla modifica delle procedure interne di sicurezza, collocata pertanto in un più generale processo di miglioramento continuo delle competenze acquisite e delle procedure definite. Gli obiettivi dell’intero processo formativo sopra delineato e la sua efficacia devono essere misurabili attraverso un test d’ingresso e uno di fine corso. In particolare, al termine del processo formativo il partecipante deve essere in grado di: • individuare i rischi da radiazioni ionizzanti nell’ambiente di lavoro; • identificare e comprendere il significato della segnaletica e in generale delle misure e delle procedure di sicurezza; • conoscere e attuare le procedure di gestione e corretto impiego delle sorgenti di radiazioni ionizzanti; • impiegare correttamente gli strumenti di misura delle radiazioni e interpretarne i risultati per quanto di propria competenza. Appare opportuno, inoltre, sottolineare che, collocandosi il processo formativo sopra indicato nell’ambito degli obblighi previsti dai D.Lgs. 626/94 e dal D.Lgs. 230/95 e s.m.i., dovrebbe essere documentabile su base individuale e in ogni sua fase: pertanto, anche al fine di garantire standard minimi di qualità dell’insegnamento, è auspicabile che il processo formativo sopra delineato trovi la sua naturale collocazione nell’ambito degli attuali processi di accreditamento della formazione professionale in ambito sanitario (vincolato al superamento di un questionario finale, come, per esempio, nel sistema ECM). 11. Conclusioni La sicurezza, intesa nel senso più ampio del termine, è un problema che impatta fortemente sulla realtà delle strutture sanitarie presenti nel territorio nazionale. Il particolare momento storico, caratterizzato dall’attenzione agli aspetti di prevenzione di eventuali minacce di matrice terroristica, impone una particolare attenzione a tutti gli aspetti connessi alla gestione della sicurezza, con particolare riguardo a quei settori dell’attività sanitaria che più di altri potrebbero essere strumentalmente “colpiti” a tale fine. La “gestione del rischio” diventa quindi un’attività strategicamente articolata, volta a ridurre il margine di rischio attraverso la pianificazione, la prevenzione, la protezione. Pianificare significa progettare le strutture tenendo conto dei possibili “obiettivi sensibili”. Prevenire vuol dire effettuare un’attenta analisi e uno studio del rischio, ma anche formare e informare i soggetti coinvolti al fine di “costruire” una nuova “mentalità della sicurezza”, nella quale fare confluire comportamenti, protocolli, procedure, che devono essere pensati e realizzati anche nell’ottica di quegli obiettivi di sicurezza che oggi, forzatamente, dobbiamo considerare di non così facile realizzazione. Proteggere si traduce nell’utilizzazione di dispositivi e di strumenti di protezione passiva e/o attiva volti alla minimizzazione del rischio, o, se del caso, alla minimizzazione delle eventuali conseguenze a esso correlate. Il settore delle radiazioni ionizzanti - proprio in virtù delle caratteristiche dell’agente di rischio fisico coinvolto - riveste un ruolo particolarmente delicato e complesso, nel quale gli obiettivi di sicurezza devono con particolare forza essere perseguiti attraverso un’opera di ottimizzazione delle risorse, volta a rendere più efficaci: • le misure di protezione già in atto; • il senso di responsabilità di tutto il personale; • le strategie della “radioprotezione”, quale azione da considerare nella sua accezione più ampia, e che 33 va al di là anche di quanto formalmente previsto dalla normativa attualmente vigente. In realtà, la natura stessa delle sorgenti utilizzate in campo medico, rende non così numerosi e potenzialmente gravi gli scenari di rischio da prevenire in relazione a eventuali atti dolosi di matrice terroristica, ma certamente molto può e deve essere fatto affinché anche nelle strutture sanitarie - soprattutto quelle più grandi e articolate - ci sia un più elevato standard di sicurezza, ovvero siano garantite installazioni conformi alle esigenze attuali (ovvero che tengano conto delle criticità proprie del momento storico che stiamo vivendo), nonché misure di sicurezza (di vario genere e varia natura) finalizzate alla prevenzione ed eventualmente alla minimizzazione di siffatti scenari di rischio. 12. Bibliografia IAEA, Preparedness and response for a nuclear or radiological emergency, Safety Standard Series GS R-2, 2002 IAEA, Code of conduct on the safety and security of radioactive sources, CODEOC 2004 IAEA, Dangerous quantities of radioactive material (D-values), EPR-D-Values, 2006 IAEA, Categorization of radioactive sources, Safety Standards, RS-G-1.9, 2005 IAEA, Method for developing arrangements for response to a nuclear or radiological emergency (updating IAEA-TECDOC-953), EPR-Method, 2003 Training in Radiation Protection and the safe use of radiation sources, IAEA Safety Reports Series n. 20, 2001. Glossario Adroterapia Radioterapia effettuata con fasci di adroni (protoni, neutroni, ioni). Area di Frazionamento Locale in cui vengono immagazzinati i radioisotopi e in cui avviene la preparazione delle dosi necessarie per la sperimentazione o gli impieghi clinici. Area di Stoccaggio Area in cui vengono mantenuti i rifiuti radioattivi prima del loro smaltimento. Attività Numero di trasformazioni nucleari spontanee di un radionuclide che si producono nell’unità di tempo: A = dN/dt; si misura in becquerel (Bq). Becquerel (Bq) Unità di misura dell’attività; 1 Bq = 1 disintegrazione al secondo. Brachiterapia Terapia con radiazioni ionizzanti - emesse da una o più sorgenti sigillate poste alla minima distanza possibile dal volume da irraggiare - condotta mediante la loro inserzione nel tessuto con tramiti chirurgici (brachiterapia interstiziale - irraggiamento interno), o nelle cavità naturali del corpo (brachiterapia endocavitaria), o nel lume di una struttura tubolare (brachiterapia endoluminale), oppure mediante il loro posizionamento a contatto della pelle (brachiterapia superficiale). In rapporto all’attività delle sorgenti che vengono utilizzate, la brachiterapia è ad “alto rateo di dose” (HDR) o a “basso rateo di dose” (LDR). Il basso rateo di dose consente somministrazioni continue o intermittenti. Bomba Sporca Un ordigno esplosivo ordinario combinato con una congrua quantità di isotopi radioattivi che, a seguito di deflagrazione, può produrre la contaminazione radioattiva di vaste aree. 34 Classificazione dei Rifiuti Radioattivi Individuazione e ripartizione dei rifiuti radioattivi in relazione alle caratteristiche e alle concentrazioni dei radioisotopi in essi presenti. Nota 1) - Con la raccomandazione 1999/669/CE, Euratom, la Commissione delle Comunità Europee ha proposto la ripartizione dei rifiuti radioattivi in: transitori; a livello basso e intermedio, a loro volta suddivisi in “rifiuti radioattivi a vita breve” e “rifiuti radioattivi a vita lunga”; a livello alto. Nota 2) - La Guida Tecnica N. 26 dell’ENEA/DISP classifica i rifiuti radioattivi in tre categorie: prima categoria: rifiuti radioattivi che richiedono tempi dell’ordine di mesi, sino a un tempo massimo di alcuni anni, per decadere a concentrazioni di radioattività inferiori al livello di allontanamento, e rifiuti contenenti radionuclidi a lungo periodo di dimezzamento purché in concentrazioni inferiori a tale livello; seconda categoria: rifiuti radioattivi che richiedono tempi variabili da qualche decina fino ad alcune centinaia di anni per raggiungere concentrazioni di radioattività dell’ordine di alcune centinaia di becquerel per grammo, nonché rifiuti contenenti radionuclidi a vita molto lunga purché in concentrazioni di tale ordine; terza categoria: tutti i rifiuti radioattivi che non appartengono alle categorie precedenti, in particolare i rifiuti che richiedono tempi dell’ordine di migliaia di anni e oltre per raggiungere concentrazioni di radioattività dell’ordine di alcune centinaia di becquerel per grammo. Contaminazione Esterna Presenza di sostanza radioattiva su parti esterne del corpo umano. Contaminazione Interna Presenza di sostanza radioattiva d’origine artificiale all’interno del corpo umano, oppure incremento - dovuto ad attività antropiche - del fondo di radioattività naturale nell’uomo. Contaminazione Radioattiva D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 1, lettera h): Contaminazione di una matrice, di una superficie, di un ambiente di vita o di lavoro o di un individuo, prodotta da sostanze radioattive. Nel caso particolare del corpo umano, la contaminazione radioattiva include tanto la contaminazione esterna quanto la contaminazione interna, per qualsiasi via essa si sia prodotta. Contaminazione Superficiale Contaminazione radioattiva di una superficie, che può essere fissa, ossia non asportabile mediante strofinio, oppure rimovibile, ossia asportabile mediante strofinio. Contenimento (di Materia Radioattiva) Complesso dei metodi o strutture fisiche che prevengono la dispersione di materia radioattiva o ne garantiscono lo scarico. Contenitore di Trasporto Contenitore schermato, utilizzato per il trasporto di materiali radioattivi, in grado di assicurare un adeguato contenimento della contaminazione radioattiva. Decadimento Radioattivo (oppure Disintegrazione Radioattiva) Fenomeno di instabilità nucleare che presentano gli isotopi radioattivi; consiste nella trasformazione, spontanea o indotta artificialmente, del nucleo di detti isotopi, cui è associata l’emissione di particelle cariche (α, β) e, generalmente, di raggi γ. Decontaminazione Rimozione di contaminazione radioattiva da una superficie, o da una matrice, oppure da una parte esterna del corpo umano. Detentore di Sorgente di Radiazioni Ionizzanti Qualsiasi persona fisica o giuridica che ai sensi del diritto nazionale è responsabile della detenzione di una sorgente di radiazioni ionizzanti. 35 Detrimento Sanitario Stima quantitativa di tutti i danni sanitari, mediati su più popolazioni, attribuibili alle radiazioni ionizzanti. La stima viene condotta aggregando con opportuni coefficienti di peso: • la probabilità di morte attribuibile; • il contributo dei tumori non letali; • il contributo degli effetti ereditari; • la perdita media di attesa di vita. Nota - La definizione è tratta dall’ICRP 60 (1991), par. 51, 156, B114, B119, e dall’NCRP 115 (1993), par. 14.2. La definizione data dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 1, lettera l), è la seguente: “Stima del rischio di riduzione della durata e della qualità della vita che si verifica in una popolazione a seguito dell’esposizione a radiazioni ionizzanti. Essa include la riduzione derivante da effetti somatici, cancro e gravi disfunzioni genetiche”. Dose Quantità di radiazioni ionizzanti o di energia assorbita. Nota - Il termine “dose” viene utilizzato come termine generico applicabile a ognuna delle grandezze dosimetriche d’interesse. Emergenza D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 1, lettera t): Una situazione che richiede azioni urgenti per proteggere lavoratori, individui della popolazione ovvero l’intera popolazione o parte di essa. Emergenza Nucleare Emergenza determinata da incidenti in impianti nucleari. Emivita Vedi Tempo di Dimezzamento Esercente Soggetto titolare dell’autorizzazione o del nulla osta alla detenzione e impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti. Esposizione ISO 921:1997, n. 435: Incidenza delle radiazioni ionizzanti, casuale o intenzionale, sulla materia vivente o inanimata. Nota - La definizione data dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 1, lettera v), è la seguente: “Qualsiasi esposizione di persone a radiazioni ionizzanti. Si distinguono: • l’esposizione esterna: esposizione prodotta da sorgenti situate all’esterno dell’organismo; • l’esposizione interna: esposizione prodotta da sorgenti introdotte nell’organismo; • l’esposizione totale: combinazione dell’esposizione esterna e dell’esposizione interna.” Esposizione Accidentale D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 1, lettera z): Esposizione di singole persone a carattere fortuito e involontario. Esposizione D’emergenza D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera a): Esposizione giustificata in condizioni particolari per soccorrere individui in pericolo, prevenire l’esposizione di un gran numero di persone o salvare un’installazione di valore, e che può provocare il superamento di uno dei limiti di dose fissati per i lavoratori esposti. Fondo Naturale di Radiazioni D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera e): Insieme delle radiazioni ionizzanti provenienti da sorgenti naturali, sia terrestri sia cosmiche, sempreché l’esposizione che ne risulta non sia accresciuta in modo significativo da attività umane. 36 Fornitore (di Sorgenti Radioattive) Direttiva 2003/122/EURATOM, art. 2, lettera l): Qualsiasi persona fisica o giuridica che fornisce o mette a disposizione una sorgente. Impatto Radiologico Ambientale Conseguenze delle attività umane connesse con le radiazioni ionizzanti sull’ambiente (naturale e antropizzato) e sul territorio. Incidente Evento che provoca danni a un’installazione o ne perturba il buon funzionamento e può comportare, per una o più persone, dosi superiori ai limiti. Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera i). Informazione della Popolazione Informazione, sia preventiva sia nel corso di un’emergenza, prevista dalla legislazione vigente in merito alle azioni protettive e al comportamento da adottare nei casi d’emergenza. Nota - L’informazione deve essere fornita alla popolazione interessata senza che la stessa debba farne richiesta, e deve essere accessibile al pubblico sia in condizioni normali sia in fase di preallarme o d’emergenza. Intervento D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera l): Attività umana intesa a prevenire, o limitare, l’esposizione degli individui alle radiazioni dalle sorgenti che non fanno parte di una pratica o che sono fuori controllo per effetto di un incidente, mediante azioni sulle sorgenti, sulle vie d’esposizione e sugli individui stessi. IRCCS Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico. Irraggiamento Esterno Modalità d’irraggiamento - a fini diagnostici o terapeutici - per mezzo di una sorgente di radiazioni ionizzanti posizionata all’esterno del corpo. Vedi anche Radioterapia. Irraggiamento Interno Modalità d’irraggiamento - a fini diagnostici o terapeutici - per mezzo di una sorgente di radiazioni ionizzanti posizionata all’interno del corpo. Vedi Radioterapia, Medicina Nucleare e Brachiterapia. Materiale Radioattivo Materiale di cui uno o più costituenti presentano radioattività ai sensi della normativa di legge. Nota 1) - Nella regolamentazione IAEA per il trasporto, “materiale radioattivo” è qualsiasi materiale contenente radionuclidi nel quale la concentrazione di attività e l’attività totale del collo superano valori specificati. Nota 2) - La scritta “materiale radioattivo”, ben visibile e con il simbolo della radioattività, accompagna obbligatoriamente ogni sorgente radioattiva immessa in commercio. Materia Radioattiva D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera s): Sostanza o insieme di sostanze radioattive contemporaneamente presenti. Sono fatte salve le particolari definizioni per le materie fissili speciali, le materie grezze, i minerali quali definiti dall’articolo 197 del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica e cioè le materie fissili speciali, le materie grezze e i minerali nonché i combustibili nucleari. Matrice D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera v): Qualsiasi sostanza o materiale che può essere contaminato da materie radioattive; sono ricompresi in tale definizione le matrici ambientali e gli alimenti. Matrice Ambientale Matrice componente dell’ambiente (aria, acqua, suolo, etc.). Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera z). 37 Medicina Nucleare Settore della medicina che utilizza sorgenti di radiazioni ionizzanti non sigillate a fini diagnostici (PET, SPECT) o terapeutici (terapia mediconucleare). Misura Ambientale In dosimetria interna, misurazione volta alla determinazione qualitativa e quantitativa dei radionuclidi presenti in una matrice ambientale che possa costituire un veicolo di contaminazione interna. Misura della Contaminazione Interna Misurazione volta alla determinazione qualitativa e/o quantitativa della sostanza radioattiva presente all’interno del corpo umano in un determinato istante dall’introduzione (misura “in vivo” o misura “in vitro”), oppure alla stima dell’introduzione attraverso l’applicazione di opportuni modelli di trasferimento del contaminante dall’ambiente all’uomo (misura ambientale). Misura di Protezione Sanitaria Contromisura adottata o prevista nel piano d’intervento al fine di evitare o ridurre l’esposizione della popolazione in caso d’emergenza. Nota 1) - Le misure di protezione sanitaria includono il riparo al chiuso, la iodioprofilassi, l’evacuazione, l’interdizione alimentare, etc. Nota 2) - Il termine è generalmente impiegato come sinonimo di azione protettiva. Monitoraggio Insieme delle misurazioni di radioprotezione volte alla determinazione e al controllo dell’esposizione dei lavoratori e dell’esposizione nell’ambiente. Piano di Emergenza Insieme coordinato dei provvedimenti che le Autorità responsabili debbono adottare in caso di incidente, con la gradualità che le circostanze richiedono, per assicurare la protezione della popolazione e dei beni dagli effetti dannosi derivanti da un’emergenza. Piano d’Emergenza Esterna Piano d’emergenza predisposto per un incidente nucleare le cui conseguenze attese siano circoscrivibili nell’ambito provinciale o interprovinciale. Piano d’Emergenza Interna Insieme delle procedure predisposte per situazioni d’incidente senza fuoruscita di radioattività dagli edifici, o comunque dal perimetro dell’impianto. Piano d’Intervento Piano d’emergenza, oppure piano eventualmente predisposto dall’Autorità di protezione civile, in relazione alle varie ipotesi di rischio. Piano di Trattamento Programma di somministrazione di dose o di radiofarmaci, con riferimento alla loro sequenza temporale, entità e durata, attuato in radioterapia o in terapia radiometabolica. Piano Nazionale di Emergenza Piano d’emergenza contenente i provvedimenti necessari a fronteggiare le eventuali conseguenze di un incidente su tutto il territorio dello Stato. Prova di Strofinio Tecnica di prelievo di un campione della radioattività superficiale trasferibile, effettuata mediante strofinio di un dischetto di carta bibula su una superficie di area nota. Nota 1) - Un campione rappresentativo della radioattività superficiale, sottoposto a misure radiometriche per determinare il tipo, la qualità e l’attività dei radionuclidi, consente di stimare la concentrazione di attività trasferibile della superficie di provenienza. Nota 2) - La prova di strofinio può essere effettuata a secco, o ad umido con l’uso di acqua o solventi di varia natura. R.D.D. (Radioactive Dispersal Device) Qualsiasi dispositivo per la dispersione della radioattività, attraverso l’utilizzo di ogni mezzo ritenuto idoneo. 38 Radioattività Proprietà di alcuni nuclidi (per ciò detti “radionuclidi”) di emettere spontaneamente radiazioni ionizzanti (particelle cariche e/o raggi γ). Tale proprietà può essere ottenuta artificialmente, irraggiando nuclidi stabili con particelle cariche o con neutroni. Radioisotopo, Radionuclide Isotopo che presenta il fenomeno della radioattività (naturale o artificiale). Radioprotezione Disciplina tecnico-scientifica finalizzata alla protezione dei lavoratori, della popolazione (persone del pubblico) e dell’ambiente dai rischi derivanti dall’esposizione a radiazioni ionizzanti. Radioprotezione Operativa Insieme delle procedure operative, dei controlli, dell’assistenza “in loco”, delle misure radiometriche e dosimetriche e dei dispositivi di protezione, volto a garantire la radioprotezione nell’esecuzione di una pratica o di un intervento. Radioterapia Impiego delle radiazioni ionizzanti sul tessuto interessato per la terapia di patologie specifiche, principalmente di natura oncologica. Può utilizzare sorgenti esterne come gli acceleratori lineari (irraggiamento esterno), oppure sorgenti interne. Queste ultime possono essere sigillate, vedi Brachiterapia, o non sigillate per essere iniettate, vedi Medicina Nucleare. Responsabile d’Impianto Radiologico D. Lgs. 187/2000, art. 2, comma 2, lettera b): Il medico specialista in radiodiagnostica, radioterapia o medicina nucleare individuato dall’esercente. Il responsabile d’impianto radiologico può essere lo stesso esercente qualora questo sia abilitato a svolgere direttamente l’indagine clinica. Nota - La figura del “responsabile d’impianto radiologico” è priva di corrispettivo nella normativa di lingua inglese. Rete d’Allarme Complesso delle stazioni di rilevamento radiometrico delle situazioni ambientali determinate da incidenti che possano comportare un’emergenza. Ricaduta Radioattiva Deposizione di materia radioattiva dispersa nell’atmosfera, o la materia radioattiva depositata. Nota - Il termine “ricaduta radioattiva” viene principalmente associato alla deposizione di materia radioattiva conseguente a esplosioni nucleari o ad incidenti nucleari. Rifiuti Radioattivi D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 3, lettera i): qualsiasi materia radioattiva, ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, di cui non è previsto il riciclo o la riutilizzazione. Rilascio (di Materia Radioattiva) Immissione non intenzionale di materia radioattiva nell’ambiente, in condizioni totalmente o parzialmente fuori controllo ed entro o al di sopra dei limiti autorizzati, conseguenza di un malfunzionamento o di un incidente. Rischio da Radiazioni Ionizzanti Eventualità, per un individuo esposto a radiazioni ionizzanti, di subire un danno a seguito del verificarsi di circostanze più o meno prevedibili. Nota - Secondo l’ICRP 60 (1991), par. 43, il concetto di “rischio da radiazioni ionizzanti” include non soltanto la probabilità di un evento dannoso, ma anche le sue conseguenze (gravità del danno e sua distribuzione nel tempo). Scenario di Riferimento Reference Scenario Descrizione realistica dell’incidente previsto, comprensiva delle valutazioni “a priori” degli effetti sulla popolazione e sui beni in una collocazione spaziale e temporale definita. Nota - Il piano d’emergenza viene sviluppato sulla base dello scenario di riferimento. 39 Sicurezza Nucleare (Safety) Complesso delle azioni di analisi, valutazione e attuazione volte al raggiungimento di condizioni operative appropriate e alla prevenzione di incidenti o alla mitigazione delle loro conseguenze, al fine della protezione dei lavoratori, della popolazione (persone del pubblico) e dell’ambiente dai rischi indebiti connessi alle radiazioni ionizzanti. Sicurezza Nucleare (Security) Complesso delle azioni di analisi, valutazione e attuazione, volte alla prevenzione di furti, di azioni di sabotaggio, di accessi non autorizzati, di trasferimenti illegali, e di altri atti criminosi che coinvolgano materiali radioattivi e/o apparecchiature e strumenti con essi associati. Sito Area d’insediamento di un impianto nucleare o di altra installazione radiologica, tenuto conto delle sue caratteristiche geografiche, sismiche, morfologiche, meteorologiche, idrologiche, agricole, demografiche e socio-economiche, ai fini della radioprotezione della popolazione e dell’ambiente. Smaltimento (dei Rifiuti Radioattivi) D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 3, lettera n): Collocazione dei rifiuti, secondo modalità idonee, in un deposito, o in un determinato sito, senza intenzione di recuperarli. Sorgente Ad Alta Attività Sorgente sigillata contenente un radionuclide la cui attività al momento della fabbricazione o, se questa non è nota, al momento della prima immissione sul mercato è uguale o superiore al livello di attività fissato nell’allegato I del decreto legislativo 52/07. Sorgente Non Sigillata D. Lgs 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 3, lettera s): Qualsiasi sorgente che non corrisponde alle caratteristiche o ai requisiti della sorgente sigillata. Sorgente Orfana Sorgente sigillata la cui attività è superiore, al momento della sua scoperta, alla soglia stabilita nella tabella VV-I dell’allegato VII del D.Lgs. 230/95, e che non è sottoposta a controlli da parte delle autorità o perché non lo è mai stata o perché è stata abbandonata, smarrita, collocata in luogo errato, sottratta illecitamente al detentore o trasferita ad un nuovo detentore non autorizzato ai sensi del D.Lgs. 52/07 o senza che il destinatario sia stato informato. Nota - Definizione tratta dal D.Lgs. 52/07 Sorgente Radioattiva Sorgente di radiazioni ionizzanti costituita da materia radioattiva, ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, dei quali, ai fini della radioprotezione, non si può trascurare l’attività o la concentrazione di radionuclidi o l’emissione di radiazioni. Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 3, lettera q). Sorgente Sigillata Sorgente formata da materie radioattive solidamente incorporate in materie solide o di fatto inattive, o sigillate in involucro inattivo che presenti una resistenza sufficiente per evitare, in condizioni normali di impiego, dispersione di materie radioattive superiore ai valori stabiliti dalle norme di buona tecnica applicabili; la definizione comprende, se del caso, la capsula che racchiude il materiale radioattivo come parte integrante della sorgente. Nota - Definizione tratta dal D.Lgs. 52/07 Sorveglianza Fisica D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 3, lettera u): L’insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati dall’esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione.(persone del pubblico). 40 Sorveglianza Medica Attività di prevenzione medica basata sui princìpi di medicina del lavoro, condotta sul lavoratore esposto al rischio da radiazioni ionizzanti per ragioni professionali; essa è affidata al medico competente o al medico autorizzato, ed è costituita dall’analisi dei rischi individuali connessi all’attività lavorativa e al tipo di mansione, e dall’insieme delle visite mediche, degli esami di laboratorio e strumentali, delle consulenze mediche specialistiche, della trasmissione di informazioni sul rischio e sui risultati delle valutazioni sanitarie, dei provvedimenti e degli interventi medici. La sorveglianza medica ha come obiettivo la valutazione e la conservazione dello stato di salute del lavoratore ed il giudizio sulla compatibilità con il rischio, sia in condizioni normali di lavoro sia in condizioni anormali*. * Le condizioni anormali di lavoro, riguardanti sia esposizioni accidentali o esposizioni d’emergenza, sia esposizioni soggette ad autorizzazione speciale, sono di pertinenza della sorveglianza medica eccezionale. Nota - La definizione data dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 3, lettera v): “L’insieme delle visite mediche, delle indagini specialistiche e di laboratorio, dei provvedimenti sanitari adottati dal medico, al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori esposti”, non riporta tutte le attività connesse con i compiti della sorveglianza medica. Sorveglianza Radiologica Termine generico che include sia la sorveglianza fisica dell’ambiente di lavoro o dei lavoratori esposti, sia la sorveglianza ambientale. Sostanza Radioattiva Ogni specie chimica contenente uno o più radionuclidi di cui, ai fini della radioprotezione, non si possono trascurare l’attività o la concentrazione. Tempo di Dimezzamento Biologico (Tb) Intervallo di tempo nel quale metà della quantità di una data sostanza presente nell’intero organismo, o in un particolare organo o tessuto, viene mediamente eliminata a seguito dei normali processi fisiologici e metabolici. Tempo di Dimezzamento Effettivo (Te) Intervallo di tempo nel quale, in ragione del concorrere del decadimento fisico e dell’eliminazione biologica, l’attività di un dato radionuclide presente nell’intero organismo, o in un particolare organo o tessuto, mediamente si dimezza. In formula: Te = Tb. TR / (Tb + TR) dove: Tb è il tempo di dimezzamento biologico; TR è il tempo di dimezzamento fisico. Tempo di Dimezzamento (o Emivita) Fisico (TR) Intervallo di tempo nel quale l’attività di un dato radionuclide mediamente si dimezza a seguito di processi di trasformazione nucleare. L’emivita è una misura della stabilità di un isotopo: più è breve, meno stabile è il nucleo. Zone Calde Ambienti di lavoro afferenti alla Medicina Nucleare: a) locali in cui si mantiene e/o si manipola il materiale radioattivo al fine di preparare il radiofarmaco (camera calda); b) locali del reparto in cui attendono i pazienti trattati (attesa calda). Zona Classificata Ambiente di lavoro sottoposto a regolamentazione per motivi di protezione dalle radiazioni ionizzanti. Le zone classificate possono essere zone controllate o zone sorvegliate. Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche ed integrazioni, art. 4, comma 4, lettera c), e dall’Allegato III allo stesso Decreto. 41 Zona Controllata Zona classificata, il cui accesso è segnalato e sottoposto a regolamentazione, nella quale, sulla base di accertamenti e valutazioni compiuti dall’esperto qualificato, sussiste per i lavoratori che vi operano il rischio di superamento di prefissati valori di dose. Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 4, lettera c), e dall’Allegato III allo stesso Decreto. Zona Sorvegliata Qualsiasi zona classificata che non sia zona controllata; in essa, sulla base di accertamenti e valutazioni compiuti dall’esperto qualificato, sussiste per i lavoratori che vi operano il rischio di superamento di uno dei limiti di dose fissati per le persone del pubblico. Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma 4, lettera c), e dall’Allegato III allo stesso Decreto. 42 Note di interesse per i soci AIRP Applicabilità della norma CEI EN 50104 per la taratura dei sensori di monitoraggio dell’ossigeno utilizzati nelle sale esami ospitanti le apparecchiature di Risonanza Magnetica Francesco Campanella, Massimo Mattozzi ISPESL Dipartimento Igiene del Lavoro - Laboratorio Radiazioni Ionizzanti Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive in Radiazioni Ionizzanti (RI) e Risonanza Magnetica (RM) istituito con Decreto ISPESL del 6 Aprile 2009, pubblicato in G.U. – Serie Generale n. 102 del 05.05.2009. I sensori ossigeno sono stati introdotti nella tecnologia comune per scopi inizialmente del tutto diversi dall’odierno utilizzo in Risonanza Magnetica (RM), ovvero in applicazioni industriali ove il possibile arricchimento di ossigeno, all’interno di ambienti ospitanti alcuni tipi di lavorazioni, poteva favorire l’innesco di incendi o esplosioni: a conferma di ciò, tutti i sensori sul mercato danno la possibilità di impostare una soglia di allarme connesso al superamento del tenore di ossigeno in aria rispetto ad un valore del 23%, oltre il quale inizierebbe a paventarsi una situazione di possibile rischio incendio –esplosione. Nelle applicazioni relative all’installazione nelle sale di diagnostica RM, i livelli di allarme sono invece impostati sulla base dei rischi connessi a un insufficiente tenore di ossigeno in aria, ovvero a valori al di sotto dei quali si paventerebbe una situazione di insufficienza respiratoria. Pertanto, in Risonanza Magnetica, il fine non è la pronta rilevazione di un eventuale arricchimento, ma quella di una depauperazione di ossigeno nell’ambiente, pur sfruttando la stessa tecnologia di rilevazione e di allarme: di fatto, mediante un riadattamento dell’elettronica associata al sistema di rilevazione l’utilizzo del dispositivo, è diventato il principale dispositivo di sicurezza utilizzato in Risonanza Magnetica nel caso di presenza di apparecchiature con magnete superconduttore. La rimodulazione dell’elettronica del dispositivo ha consentito l’impostazione di altre due soglie di intervento, nel rispetto di quanto disposto dal D.M. 2.8.91, ovvero il “preallarme” (19 - 20 % O2) e l’ “allarme” (18% O2), utilizzate, rispettivamente, per l’attivazione di un primo sistema acustico/luminoso di allerta, e di un secondo connesso con l’attivazione contestuale ed automatica della ventilazione di emergenza. Stante la premessa storica di cui sopra, preme evidenziare che, ovviamente, la procedura di taratura e dei metodi di prova a cui si è fatto inizialmente riferimento per l’utilizzo in RM di questo genere di dispositivo, non poteva che fare riferimento agli usi già in atto, almeno a livello di protocollo di lavoro generale. Le evoluzioni succedutesi nel tempo hanno portato alla NORMA CEI EN 50104 a diverse revisioni, ed oggi, arrivati alla terza edizione pubblicata nel 2003, ha di fatto sancito in via definitiva che qualunque sensore di monitoraggio dell’ossigeno, prescindendo dalla natura del suo elemento sensibile di rilevazione o dal suo particolare utilizzo, è soggetto, rispetto alle prove iniziali di laboratorio, a perturbazioni nel suo funzionamento che sono dovute alle specifiche di installazione (ad esempio, in RM il dispositivo è permanentemente immerso in un intenso campo magnetico), alla tipologia di elettronica associata, ai parametri microclimatici a cui è chiamato a lavorare il dispositivo stesso, etc… Dalla presenza di tali perturbazioni ne consegue che l’unico metodo affidabile per consentire una corretta procedura di taratura, nonché una riproducibilità di funzionamento, prevede l’utilizzo – per l’espletamento di tale procedura - di bombole (necessariamente in lega amagnetica per gli usi in RM) certificate pre - miscelate a concentrazione nota di ossigeno, (in genere N2/O2) secondo quanto introdotto dalla norma medesima CEI. La norma CEI EN 50104, ad oggi, è da considerarsi applicabile integralmente e senza riserve ai sensori ossigeno installati sulle apparecchiature di risonanza magnetica, poiché essi vanno intesi, non come dispositivi medici o parte integrante di essi, ma come dispositivi di sicurezza accessori asserviti a un dispositivo medico, e la cui presenza non è di fatto pregiudizievole né per il corretto funzionamento dell’apparecchiatura, né per la sua capacità clinico diagnostica. Pertanto, in RM, il sensore per il monitoraggio dell’ossigeno non rientra nelle specifiche costruttive 43 dell’apparecchiatura elettromedicale, e non incide altresì in alcun modo nella sua performance diagnostica. Ne consegue che l’impiego del sensore stesso non si configura in alcun modo come attività di carattere “medico”, cosa che, per esempio, non vale per le camere iperbariche, dove l’arricchimento di ossigeno ha un preciso scopo terapeutico, e il sensore ossigeno fa parte integrante del dispositivo medico in quanto consente l’operatività del medesimo, svolgendo di fatto un ruolo preponderante nell’applicazione della metodica medica, e consentendo la giusta performance dell’apparecchiatura ai fini della terapia ad essa correlata. Conseguentemente, mentre nel caso delle camere iperbariche il sensore ossigeno deve riportare necessariamente l’iscrizione al “Repertorio D.M. del Ministero della Salute N…….”, necessitando, per il suo utilizzo, di una specifica autorizzazione da parte del Ministero stesso (così come per una qualunque apparecchiatura elettromedicale), nel caso della risonanza magnetica il sensore di monitoraggio dell’ossigeno è svincolato da tale autorizzazione, in quanto appunto “accessorio di sicurezza”: il dispositivo e la sua procedura di taratura, comprensiva di specifiche prove di funzionamento, rientrano pienamente nel campo di applicazione richiamato nella norma CEI EN 50104. Cita infatti testè la norma, che lo scopo correlato all’utilizzo del sensore, per rendere la medesima applicabile, è quello di “...fornire un’indicazione, un allarme, o altri segnali di uscita, allo scopo di dare un avvertimento della presenza di un rischio potenziale, e in alcuni casi per intraprendere, in modo automatico o manuale, un’azione di protezione...”, ovvero, nel caso specifico della Risonanza Magnetica, attivare la ventilazione di emergenza, quale ulteriore dispositivo di sicurezza atto allo scopo di ovviare alla depauperazione dell’ossigeno presente nell’ambiente, e specificatamente in sala magnete, in ciò non venendo in alcun modo contemplato il criterio della performance diagnostica legate alla metodica medica. Il sensore ossigeno in sala RM è di fatto riconducibile agli stessi scopi di sicurezza dei sensori di fumo/ incendio che vengono installati nella sala magnete o nel locale tecnico, e che sono necessari per ottenere il CPI dei vigili del fuoco in un ambiente di lavoro che di fatto ha un livello di rischio incendio non trascurabile. Esattamente come per il sensore ossigeno, nessun sensore per il fumo/incendio è dotato d’iscrizione al registro sopra richiamato del Ministero della Salute semplicemente perché utilizzato in ambienti ospitanti dispositivi medici. Come ulteriore elemento di considerazione, si evidenzia che la norma CEI EN 50104 viene tra l’altro richiamata dagli stessi costruttori del dispositivo quale riferimento basilare per la realizzazione di una corretta e riproducibile procedura di taratura, tale da consentire la calibrazione del sistema di rilevamento nel suo complesso (elemento sensibile + cavo schermato + elettronica per l’elaborazione del segnale + display), di fatto rappresentando un’impeccabile sistema di verifica in alcun modo dipendente dalla: • tecnologia di realizzazione dell’elemento sensibile (cella elettrochimica, etc.) • tempo di vita dell’elemento sensibile • parametri in qualche modo correlati alla specifica installazione, (temperatura, umidità, intensità di campo magnetico, etc.) A corollario di quanto detto, preme evidenziare che, qualora venisse disatteso quanto di merito sopra asserito sulla base di elementi che attualmente risultano del tutto sconosciuti a questo Istituto, tutti i sensori installati in RMad oggi operanti sarebbero da considerarsi: • “fuori legge”, in quanto non preventivamente autorizzati dal Ministero della Salute • non tarati in ossequio alle procedure ed alle norme di buona tecniche valide per gli strumento di misura. In conclusione, la presente nota rappresenta l’interpretazione corretta ed autentica che l’Istituto da molti anni divulga e diffonde in merito alle problematiche sopra trattate, e che sono frutto di approfondimento e studio da parte degli addetti al Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive nelle Radiazioni Ionizzanti ed in Risonanza Magnetica, di cui al decreto commissariale ISPESL 6 aprile 2009. 44 Sistema per il monitoraggio radiologico automatico delle tubazioni EL.SE è stata fondata nel 1990 con lo scopo primario di progettare e costruire strumentazione analogica e digitale all’avanguardia per applicazioni nel campo del monitoraggio di radiazioni nucleari. Combinando esperienza e conoscenza del mercato, EL.SE offre una gamma completa di prodotti e servizi di elevata qualità, in grado di soddisfare ogni esigenza nel campo della fisica nucleare, del monitoraggio ambientale ed in generale della sicurezza nucleare. Linea automatica di movimentazione e analisi radiometrica di fustini Sistema di rivelazione a portale per veicoli GALILEO 9900 2UV Sistema per il monitoraggio radiologico di materiali provenienti dallo smantellamento di centrali nucleari ARCHIMEDES II 8102 EL.SE. S.r.l. Via Pier della Francesca, 26 – 20090 Trezzano sul Naviglio (MI) Telefono 02 48409290 – Fax 02 48409294 www.el-se.com - [email protected] Domanda di iscrizione all’AIRP Al Presidente dell’AIRP Il sottoscritto Titolo di studio nato il residente in CAP via tel. ab. tel. uff. tel. cellulare e-mail fax altro eventuale recapito per posta AIRP: città CAP via • ha preso visione degli artt. 2, 7, 8, 9 dello Statuto e degli artt. I, II, III, IV del Regolamento AIRP • dichiara di svolgere la seguente attività nel campo della radioprotezione: in qualità di presso la seguente struttura • allega curriculum vitae • chiede di far parte dell’Associazione Italiana di Radioprotezione (AIRP) in qualità di SOCIO ORDINARIO SOCIO AGGREGATO A tal fine è presentato dai seguenti soci ordinari AIRP regolarmente iscritti (nome e cognome in stampatello): 1) Firma 2) Firma In caso di accettazione della presente domanda, il sottoscritto s’impegna a osservare lo Statuto e il Regolamento dell’AIRP, di cui ha preso doverosa conoscenza. Nota - Il testo della presente domanda di iscrizione, dello Statuto e del Regolamento sono disponibili sul sito www.airp-asso.it Data Firma INFORMATIVA PER LA TUTELA DELLA PRIVACY I dati personali contenuti nella domanda verranno trattati nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 “Codice in materia dei dati personali”. In caso di ammissione alla Associazione l’indirizzo verrà usato per inviare le comunicazioni riguardanti la attività dell’Associazione e il Bollettino. Inoltre verrà inserito nell’elenco da fornire, dopo aver valutato la legittimità della richiesta, ad altre Associazioni, Enti o Ditte per la diffusione di notizie scientifiche o materiale informativo di interesse specifico. I dati potranno essere cancellati o rettificati in ogni momento su richiesta Firma per consenso