2010
Anno XXXVII | volume 169 | numero 1,2 | aprile 2010 | ISSN 1591-3481
bollettino
IRPA
Associazione Italiana
di Radioprotezione
IRPA
Anno XXXVII Volume 169
n. 1,2 - aprile 2010
Associazione Italiana
di Radioprotezione
Associazione Italiana
di Radioprotezione
AIRP
Editoriale
affiliata alla
International Radiation Protection
Association (IRPA)
Articoli
Consiglio Direttivo 2010 | 2012
Sandro Sandri, Presidente
Marie Claire Cantone, Vicepresidente
Mauro Magnoni, Segretario
Claudia Fontana, Tesoriere
Daniele Giuffrida
Gianfranco Gualdrini
Sabrina Romani
2010
Direttore responsabile
Marie Claire Cantone
bollettino
Comitato di redazione
Daniela de Bartolo
Viviana Klamert
Francesco Mancini
Tipografia
Arti Grafiche Colorblack S.r.l.
20026 Novate Milanese – MI
Progetto grafico
MV Comunicazione, Milano
Per informazioni
e corrispondenza
T 02 50317212
F 02 50317630
Nucleare e altre storie
S. Sandri............................................................................................... 3
Sintesi del “Rapporto sulle criticità ambientali relative ai campi
elettromagnetici”
S. Curcuruto, M. Logorelli..................................................................... 5
Gli effetti del primo regime italiano di regolazione del rischio da
inquinamento elettromagnetico
P. Crivellari.......................................................................................... 11
Irraggiamento degli alimenti: indagine sugli aspetti comunicativi di
informazione agli utenti
F. Cioce.............................................................................................. 13
Gruppi di lavoro
Indicazioni per l’applicazione di una strategia di sicurezza finalizzata
alla prevenzione di eventi anomali a fini di minaccia nelle strutture
sanitarie che utilizzano radiazioni ionizzanti
F. Campanella, A. Panebianco, M. Salatti, S. De Crescenzo, L. Mango,
F. Simone, F. Lucà, E. Calenda, L. Biazzi, R. Masi, A. Petta, A. Mugnai
Puggesi, M. Magisteri, F. Ascolese, F. Proietti, V. Rizzo, M. Mazzaro,
E. Pianese, C. Bubbolino, V. David, A. Orlacchio, L. Chiacchiararelli,
P. Gentile............................................................................................ 19
Note di interesse per i soci AIRP
Applicabilità della norma CEI EN 50104 per la taratura dei sensori
di monitoraggio dell’ossigeno utilizzati nelle sale esami ospitanti le
apparecchiature di Risonanza Magnetica
F. Campanella, M. Mattozzi................................................................ 43
Registrazione del Tribunale di Milano
n. 228 del 10 aprile 2008
Distribuzione gratuita ai soci AIRP
Tutti i soci dell’AIRP sono vivamente invitati a contribuire al Bollettino inviando
articoli, commenti, recensioni, notizie e
informazioni su argomenti di specifico
interesse per la radioprotezione. I contributi dovranno essere firmati dall’autore o dagli autori. Gli articoli pubblicati
riflettono esclusivamente le opinioni
degli autori.
In copertina |Disposizione a cascata dei dinodi di un tubo fotomoltiplicatore
(Fotografia di Fabio Vento)
Editoriale
Nucleare e altre storie
La radioprotezione avrà una rinascita a fronte delle nuove prospettive
di impiego delle radiazioni in Italia e nel mondo?
Con un po’ di orgoglio ma anche sentendo la responsabilità di non tradire la fiducia che i soci hanno riposto
in me affidandomi il compito di presiedere l’AIRP, mi accingo a scrivere il primo editoriale nel corso del
mio mandato. Non nascondo di aver avuto un po’ di difficoltà ad individuare un tema “caldo” che potesse
costituire l’oggetto di questo articolo, ma alla fine ho pensato che, in questo periodo, trovandoci in Italia,
fosse corretto parlare di “nucleare”, riportando le impressioni che possono coinvolgere chi come me si
occupa di radioprotezione da tanto tempo nel nostro territorio. In realtà in questo numero del bollettino non
trovano spazio particolari interventi dedicati a questo argomento. Potete però leggere un articolo che porta,
tra le altre, la firma di Francesco Campanella, che ringrazio per il notevole contributo tecnico scientifico che
fornisce al bollettino. Il suo lavoro fa riferimento alla problematica di attualità della sicurezza sociale delle
sorgenti radioattive ed è il risultato dell’impegno di alcuni colleghi che hanno costituito uno specifico gruppo
di lavoro. Un altro contributo interessante arriva dal collega Franco Cioce che ha sviluppato gli aspetti di
comunicazione dell’informazione sull’irraggiamento degli alimenti. Si tratta di un argomento che offre spunti
di carattere generale nel campo della comunicazione sul rischio relativamente ad attività impopolari e che
potrebbe addirittura fornire indicazioni su come migliorare l’informazione su altri impieghi delle radiazioni
senza escludere la produzione di energia tramite fissione nucleare. Proponiamo poi alcuni articoli dedicati
alle NIR, estratti dai lavori presentati alla giornata di studio dello scorso 18 febbraio. In questo specifico
settore i contributi sono sempre molti perché gli studi sugli effetti delle NIR non sono ancora definitivi, anche
a causa dell’ampio spettro di frequenze preso in considerazione, e continuano a esserci nuove evidenze
da analizzare e discutere. Sulle NIR è poi sempre caldo il tema delle evoluzioni normative non solo a livello
nazionale e anche qui molti dei nostri colleghi hanno tanto da dire. Non a caso abbiamo organizzato con gli
amici dell’AIRM una tre giorni sulle non ionizzanti a Siracusa dal 3 al 5 giugno (che mentre scrivo non si è ancora
svolta). Quelli proposti nel bollettino sono in ogni caso temi già trattati in editoriali recenti. L’idea del tema di
oggi la trovo particolarmente attuale e stimolante e mi è venuta anche in seguito alle discussioni che stiamo
portando avanti nell’ambito del nostro Consiglio Direttivo. Questi confronti interni stanno conducendo l’AIRP
a organizzare iniziative dedicate al rilancio del nucleare in Italia e al confronto con quello che sta succedendo
nel resto del mondo. Non è solo la Cina ad avere una ventina di impianti in costruzione, anche in Europa
ci sono alcuni reattori in via di realizzazione. Insomma penso sia necessario trovare il coraggio di affrontare
l’argomento cercando di attenersi al campo tecnico scientifico e facendo attenzione a non farsi coinvolgere
dalle diverse correnti ideologiche. Dobbiamo sforzarci di ragionare sulla effettiva preparazione che ha oggi la
radioprotezione in Italia per affrontare nuovamente la sfida del nucleare dopo oltre vent’anni di “sorveglianza
passiva”. Si tratta indubbiamente (potenzialmente) di nuove opportunità scientifiche e professionali per
alcuni o molti di noi che avrebbero modo di ricominciare a parlare di siti nucleari, impianti ex capo VII,
gestione delle scorie, ecc.. Ma è oltremodo interessante considerare il possibile indotto che coinvolgerebbe
i nostri ambiti di competenza. Da quando con la Legge 99 del luglio 2009, di delega al Governo in merito
allo sviluppo nucleare, si è dimostrata la chiara intenzione di riproporre al pubblico italiano le “odiate” centrali
molti di noi si sono visti coinvolti in ipotesi riorganizzative delle strutture in cui operano o si sono chiesti se il
loro nome potesse essere tra quelli che andranno a formare la nuova agenzia di sicurezza, o ancora si sono
chiesti se la radioprotezione come l’abbiamo intesa negli ultimi anni sia adeguata a riaffrontare la sicurezza
radiologica dei nuovi reattori. Oggi, a distanza di alcuni mesi dall’emanazione del decreto stiamo tornando
ad essere tutti un po’ scettici sulle effettive possibilità che le centrali ritornino a crescere sul nostro territorio.
L’Agenzia per la Sicurezza Nucleare non è stata ancora costituita e le informazioni su tutto quello che
riguarda la ripartenza del nucleare sono nascoste da una cortina di segretezza e i silenzi sono “assordanti”.
Recentemente mi è capitato di essere coinvolto in ambito OCSE-NEA in comitati dedicati all’analisi della
carenza di radioisotopi per impiego medico a livello mondiale, soprattutto per il Tc-99m. La produzione di
questi isotopi avviene principalmente con reattori nucleari dedicati, di bassa potenza. Con il nuovo clima
italiano si pensava che ci fosse la possibilità di ottenere finanziamenti per contribuire a queste produzioni
che hanno finalità completamente giustificate in quanto servono per applicazioni sanitarie che hanno ben
poche alternative. Dopo i primi approcci interessanti e dopo aver verificato la disponibilità dei colleghi della
comunità scientifica che gestiscono ancora i 2 o 3 reattori sperimentali in funzione in Italia, tutto si è fermato
di fronte alle esigenze di finanziamento presentate ai ministeri. Quindi mi chiedo, e ci siamo chiesti, se non
esiste neppure la volontà reale di procedere al finanziamento necessario per rimettere in piena attività dei
piccoli reattori di ricerca che sarebbero tra l’altro indispensabili per la formazione di coloro che andrebbero a
operare sulle nuove centrali, possiamo davvero credere ad una ripartenza? Anche la nostra radioprotezione
può davvero prendere sul serio questo settore e organizzarsi in vista di un rilancio che tarda a venire? Nel
nostro piccolo, come AIRP e in collaborazione con AIRM, stiamo proponendo a giugno una giornata di
confronto sui temi del nucleare visti con l’occhio del radioprotezionista e pensiamo di organizzare un paio
di giornate con contenuti più tecnici sullo stesso argomento entro la fine dell’anno. Non ci aspettiamo di
risolvere tutti i dubbi in proposito e forse neppure di chiarire quale sia il vero orientamento nazionale, ma
riteniamo sia interessante vedere come presentano le cose i diversi convenuti, soprattutto nella giornata del
21 giugno che ha anche finalità di confronto sociale. Insomma l’intento è quello di aprire delle finestre dalle
quali chi si occupa di radioprotezione possa vedere se è giunto il momento di riorientarsi e cogliere al volo
qualche nuova opportunità dopo che per tanti anni, e per molti di noi, il massimo approfondimento è stato
quello di considerare se un radiografico dentale andasse controllato una o due volte in due anni….
Sandro Sandri
Tutti i soci sono invitati a comunicare il proprio recapito e-mail,
trasmettendolo all’indirizzo [email protected]
Articoli
Sintesi del “Rapporto sulle criticità ambientali relative
ai campi elettromagnetici”
S. Curcuruto, M. Logorelli
ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Roma
Il rapporto sulle criticità ambientali relative ai campi elettromagnetici ha avuto come obiettivo quello di
riportare una fotografia, per tutto il territorio nazionale, della situazione inerente alle problematiche di
impatto da radiazioni elettromagnetiche in ambiente abitativo e di vita ed illustrare, di conseguenza, gli
sforzi compiuti dagli operatori del settore a fronte di una pressione sociale molto elevata e in un contesto
normativo che, a distanza di circa 10 anni, mostra ancora alcune carenze e un incompleto recepimento a
livello locale.
Le principali sorgenti di campi elettromagnetici che, negli ultimi anni, sono state al centro delle attività di
studio del Servizio Agenti Fisici di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in
collaborazione con il sistema delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA/
APPA), proprio al fine di valutare l’impatto ambientale e sociale ad esse legato, sono rappresentate dagli
elettrodotti, dagli impianti radio televisivi (RTV) e dalle stazioni radio base per telefonia cellulare (SRB).
L’installazione di tali sorgenti sul territorio ha portato nel tempo ad un aumento della percezione del rischio
da parte della popolazione associato all’esposizione ai campi elettromagnetici. Nel Rapporto sono stati
pertanto analizzati tutti i principali aspetti legati all’impatto ambientale e sociale di tali sorgenti, prendendo
a riferimento l’arco temporale 2003-2007.
Riguardo agli impianti operanti sia ad alta (telefonia cellulare e radio-TV) che a bassa frequenza (elettrodotti),
è emerso che in termini di emissioni di campi elettromagnetici e di impatto visivo legato alla presenza
sul territorio di tali sorgenti, gli impianti RTV, seppure generalmente meno numerosi delle Stazioni Radio
Base (SRB), rappresentano le sorgenti più critiche per l’emissione di campi elettromagnetici a causa delle
maggiori potenze in gioco connesse al loro funzionamento.
Dall’altro lato, la localizzazione di questi impianti spesso avviene in zone a bassissima densità abitativa
(es. zone di montagna) e, quindi, non comporta impatti notevoli in termini di livelli di esposizione della
popolazione. Le SRB sono invece impianti che, considerate le minori potenze di funzionamento, generano
campi elettromagnetici di entità sensibilmente inferiori ma che, a causa della loro capillare diffusione sul
territorio nazionale, soprattutto in ambito urbano, sono spesso percepite dai cittadini come fattori di rischio
per la salute, essendo maggiore la percentuale di popolazione esposta nelle aree circostanti le installazioni
(vedi Fig. 1 e 2).
Per quanto riguarda le linee elettriche si registrano pochissimi casi di superamento dei limiti di legge
attribuibili a tali sorgenti anche se le varie realtà locali evidenziano che, di fronte ad alcune situazioni di
sostanziale stazionarietà del chilometraggio delle linee elettriche presenti sul territorio, nell’arco temporale
2003-2007, si registrano importanti variazioni attribuibili a svariati fattori, come ad esempio la crescente
richiesta di energia elettrica o la ricerca di azioni di razionalizzazione della rete elettrica. In alcuni casi,
in base alle previsioni di fabbisogno di energia elettrica, sono stati effettuati interventi di potenziamento
di reti esistenti o di realizzazione di nuove linee, che insieme al progressivo aumento della densità della
popolazione, hanno portato ad un incremento delle aree popolate interessate dal passaggio delle linee
elettriche, insieme alla preoccupazione sui possibili effetti a lungo termine sull’uomo. Inoltre, le linee aeree
ad alta e altissima tensione, anche se rispetto alla media tensione ricoprono una più ristretta parte del
territorio, sono sicuramente quelle più impattanti, sia per le dimensioni dei sostegni che per quel che
riguarda il campo magnetico generato nello spazio circostante.
La complessità della ripercussione sociale che tali impianti hanno avuto e continuano ad avere sulla
popolazione sottolinea l’importanza dell’attività di controllo e di una corretta informazione dei cittadini
riguardo i vari aspetti legati alla presenza di tali sorgenti sul territorio.
La legge quadro n.36/2001 attribuisce competenze allo Stato, alle Regioni, alle Province e ai Comuni (art.
4 e art. 8 della legge quadro n. 36/2001). In particolare, le competenze in materia di controllo spettano alle
Fonte: Elaborazione ISPRA su dati Osservatorio CEM
Figura 1 | Densità complessiva degli impianti e dei siti RTV e SRB nell’arco temporale 2003-2007, relativamente alle
sole regioni per cui è disponibile l’informazione per tutti gli anni considerati (Valle d’Aosta, Lombardia, Bolzano, Emilia
Romagna, Veneto, Marche e Molise).
Fonte: Elaborazione ISPRA su dati Osservatorio CEM
Figura 2 | Potenza complessiva degli impianti RTV e SRB nell’arco temporale 2003-2007, relativamente alle sole
regioni/provincie autonome per cui è disponibile l’informazione per tutti gli anni considerati (Valle d’Aosta, Lombardia,
Bolzano, Emilia Romagna, Veneto, Marche e Molise)
amministrazioni provinciali e comunali, che le esercitano tramite le Agenzie Regionali e Provinciali per la
Protezione dell’Ambiente (ARPA e APPA) (art. 14 della legge quadro n. 36/2001). Il controllo ambientale è
un complesso sistema di attività, di responsabilità e di funzioni che, per essere svolto al meglio, richiede
la collaborazione e l’integrazione delle strutture tecniche centrali e periferiche. La normativa di settore
attribuisce quindi alle ARPA/APPA un ruolo importante nell’ambito della protezione dell’ambiente dai campi
elettromagnetici, assegnando ad esse compiti di controllo sulle emissioni generate dagli impianti esistenti
e di valutazione preventiva dalle emissioni che sarebbero prodotte da nuovi impianti per i quali si richiede
l’autorizzazione alla realizzazione. I risultati delle misurazioni e delle valutazioni effettuate sono inviati alle
istituzioni competenti per i provvedimenti conseguenti.
Si osserva una netta differenza tra i numeri di pareri e controlli, effettuati dal sistema agenziale ARPA/
APPA, che contraddistinguono gli impianti a radiofrequenza (RF), ossia RTV e SRB, e gli elettrodotti (ELF)
(vedi Fig.3). Vale la pena ricordare che questi ultimi non comprendono solo le linee elettriche ma anche
sottostazioni e cabine di trasformazione primarie e secondarie. Per gli impianti radiotelevisivi e le stazioni
radio base si evidenzia un’attività, in termini di pareri preventivi e controlli effettuati dalle ARPA/APPA,
nettamente superiore rispetto a quella corrispondente agli elettrodotti.
Fonte: Elaborazione ISPRA su dati “Osservatorio CEM”
Figura 3 | Numero complessivo dei pareri e controlli per gli impianti RTV, SRB e per gli elettrodotti (ELF), relativamente
alle regioni/provincie autonome per le quali è disponibile l’informazione relativa all’arco temporale 2003 – 2007
(Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Bolzano, Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Marche e Toscana)
Per quanto riguarda le stazioni radio base, la quasi totalità dei superamenti si riferisce al valore di
attenzione (6 V/m); infatti, ad eccezione di due casi in Sicilia in cui vi è stato un superamento dei limiti in
zone dove risultano applicabili i valori limite di esposizione (zone non frequentate abitualmente), il resto
dei superamenti sono stati riscontrati in abitazioni private e scuole in cui non deve essere superato il
valore di attenzione. I risanamenti attuati e conclusi hanno previsto azioni di riduzione a conformità e
depotenziamento degli impianti. Per quanto riguarda gli impianti radiotelevisivi, si osserva una maggiore
presenza di superamenti nell’arco temporale considerato; circa cento di questi superamenti si è verificato
all’interno di aree adibite a permanenza prolungata e quindi è stato violato il valore di attenzione (6 V/m).
I risanamenti attuati e conclusi hanno portato ad una riduzione a conformità, ad una recinzione dell’area
soggetta a superamento (ovviamente questo è avvenuto nel caso di superamento del limite di esposizione
nelle vicinanze dell’impianto) e in alcuni casi, anche ad una disattivazione e delocalizzazione degli impianti
causa del superamento.
Le sorgenti di campi elettromagnetici che hanno determinato dei superamenti sono in egual misura linee
elettriche e cabine di trasformazione MT/BT. Poco più della metà dei superamenti rilevati si è verificato in
aree adibite a permanenza prolungata e quindi con la violazione del valore di attenzione (10 μT) mentre
la restante parte corrisponde a superamenti del limite di esposizione (5 kV/m). Le azioni di risanamento
delle cabine di trasformazione comportano, nella maggior parte dei casi, modifiche di posizionamento dei
componenti della cabina stessa (cavi, trasformatore etc…).
A fronte di quanto appena riferito riguardo alla criticità associata alla presenza di impianti RTV sul territorio
nazionale, non risulta sorprendente che la quasi totalità delle azioni di risanamento importanti descritte nei
vari contributi forniti dalla agenzie investa impianti radiofonici e televisivi.
A fronte di superamenti dei limiti imposti dalla normativa vigente, soprattutto riguardanti il valore di attenzione
(6 V/m) in aree destinate a permanenza prolungata (superiore alle 4 ore), si richiedono quali interventi
riduzioni a conformità, fino ad arrivare a soluzioni riguardanti la disattivazione dell’impianto oggetto del
superamento e/o la sua delocalizzazione (riordino della sito ove è installato tale impianto).
Per quanto riguarda le linee elettriche sono stati messi in luce due soli casi di intervento di spostamento del
tracciato, uno in corso e l’altro concluso con successo, avvenuti non in presenza di un effettivo superamento
dei limiti fissati dalla normativa, ma in seguito alle diverse richieste di intervento da parte della popolazione
per la vicinanza degli impianti di trasmissione elettrica a delle scuole e delle abitazioni private.
Sia per l’alta che la bassa frequenza, alcune realtà territoriali introducono delle soluzioni, rappresentate da
interventi di mitigazione dei campi elettromagnetici, che sono state studiate e in alcuni casi applicate non
necessariamente per finalità di risanamento di situazioni di superamento dei limiti imposti dalla normativa,
ma per perseguire una generale mitigazione. Gli interventi di mitigazione proposti possono rappresentare
un importante strumento per una concreta applicazione del principio di precauzione (art. 174 del trattato UE)
alla base della vigente normativa di protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici
e una reale risposta all’importante obiettivo che la legge quadro n. 36/2001 si prefissa ossia la progressiva
minimizzazione dei campi elettromagnetici.
A tale proposito occorre sottolineare che in campo legislativo la produzione di norme attente alle esigenze
e alle preoccupazioni dell’individuo da sola non ha contribuito a rasserenare la popolazione né a dare
maggiore fiducia alle istituzioni.
Sono trascorsi, infatti, oltre 10 anni dall’entrata in vigore del DM n. 381/98, un decreto che ha rivoluzionato
i criteri radioprotezionistici della normativa nazionale in materia di campi elettromagnetici.
Vale la pena ricordare che il suddetto Decreto, cui ha fatto seguito la legge n. 36/2001 e i decreti applicativi
della stessa datati 8/7/2003, che ne hanno mantenuto la filosofia, ha sollevato non poche perplessità, da
una parte perché veniva affermato che i limiti in esso stabiliti non erano basati su specifiche indicazioni
scientifiche, ma erano individuati in maniera del tutto arbitraria, dall’altra parte perché si riteneva che lo
sforzo fatto dal legislatore nella scelta dei valori limite non era adeguato a garantire una piena tutela della
salute dell’individuo. Tale ultima convinzione ha infatti portato alcune Regioni, e addirittura diversi Comuni,
ad emanare normative o regolamenti in cui si definivano appunto valori limite più contenuti di quelli stabiliti
a livello nazionale.
La produzione normativa nazionale e regionale di questo periodo ha generato spesso dei conflitti tra
la norma statale e il relativo recepimento a livello locale che ha portato alla pronuncia chiarificatrice da
parte degli organismi competenti (Corte Costituzionale, Consulta, Consiglio di Stato), così come numerosi
contenziosi hanno determinato sentenze dei TAR spesso in contraddizione le une con le altre. Questa ricca
produzione giurisprudenziale, le cui pronunce si estendono spesso su periodi di tempo anche abbastanza
lunghi, con normative che nel frattempo si sovrappongono o che si superano, ha di fatto creato una
situazione difforme sul territorio nazionale la cui conseguenza è stata la mancanza di certezze, sia per il
mondo imprenditoriale che da parte dei cittadini stessi che hanno visto interpretazioni diverse in luoghi
diversi o momenti diversi.
In particolare, il conflitto che si è venuto a generare tra Amministrazioni locali e il legislatore nazionale
ha richiesto, a conclusione di un percorso giurisprudenziale durato alcuni anni, una definitiva pronuncia
della Corte Costituzionale che con la Sentenza n. 307/2003, la quale interviene esclusivamente sulle
normative regionali emanate successivamente alla entrata in vigore delle “Modifiche al Titolo V della Parte
Seconda della Costituzione”, procede all’annullamento dei passaggi delle leggi regionali che riguardano
la fissazione di valori limite diversi da quelli fissati dallo Stato, ma anche di quei punti in cui si stabiliscono
procedure (di verifica, di VIA, localizzative, ecc.) che possano essere da pregiudizio all’interesse, protetto
dalla legislazione nazionale, relativo alla realizzazione delle reti di telecomunicazione. Di contro, sempre
nella stessa Sentenza, vengono ribadite le competenze regionali e l’autonoma capacità delle Regioni e
degli enti locali di regolare l’uso del proprio territorio attraverso la definizione di criteri localizzativi e standard
urbanistici che regolamentano l’installazione degli impianti, purché questi non siano tali da essere ostacolo
all’insediamento degli stessi impianti. Di fatto, viene ribadita la validità della definizione della legge quadro
n.36/2001 limitatamente agli obiettivi di qualità come “criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni
e incentivazioni per l’ utilizzo delle migliori tecnologie disponibili” di competenza regionale.
L’applicazione delle norme e dei regolamenti a livello locale, pur basandosi su una normativa generale che
individua tutti gli strumenti che possono consentire il contenimento dell’inquinamento elettromagnetico
negli ambienti di vita: normativi, pianificatori, economici, di sensibilizzazione allo sviluppo delle tecnologie,
non ha portato quella serenità necessaria in larga parte della popolazione tale da attenuare i conflitti
sociali. In effetti, abbiamo assistito ad un’attenzione amplificata da parte del pubblico (le norme sono
state interpretate quasi come la conferma dell’esistenza del rischio dovuto alla esposizione), ma anche ad
una gestione difficile di questa problematica da parte degli organismi competenti e dell’Amministrazione
pubblica a livello locale.
In questi anni, una notevole quantità di ricorsi presso i tribunali regionali hanno riguardato la problematica
delle emissioni elettromagnetiche e, in particolare, gli impianti per telefonia cellulare, spesso installati o
in corso di installazione a conclusione dei procedimenti autorizzativi previsti a livello locale, rispettando
le disposizioni delle norme vigenti. Ricorsi che, negli anni scorsi, hanno raggiunto il numero di alcune
centinaia per anno per ogni operatore.
Le stesse normative nazionali che regolamentano le procedure di risanamento e di sanzionamento riservano
aspetti contraddittori e in alcuni punti carenti che rendono la relativa applicazione sul territorio alquanto
difficoltosa tanto da avere tutt’ora un incompleto recepimento a livello locale. Il tema risanamento risulta
piuttosto complesso, presenta molte delle criticità che caratterizzano la materia e spesso chiama in causa
non solo o non tanto elementi di natura strettamente tecnica, ma anche dinamiche di carattere sociale e di
relazione all’interno del difficile circuito decisori – cittadini – esperti, tenendo appunto conto delle difficoltà
di applicazione delle normative di riferimento. Infatti, spesso problematiche di carattere normativo, altre
di conflitto fra proprietà o di competenza, altre ancora di natura commerciale, finanziaria o burocratica,
rendono gli interventi di risanamento delle vere e proprie storie infinite. La difficoltà nell’applicazione
delle sanzioni e la scarsa controllabilità delle emittenti fanno poi il resto, inducendo situazioni di continua
illegittimità che alimentano il conflitto all’interno del citato circuito decisori – cittadini – esperti.
Questo complesso scenario normativo non facilita di certo la riduzione dell’allarmismo sociale generatosi
nella popolazione riguardo i possibili effetti dannosi sulla salute umana derivanti dalla permanenza
prolungata in prossimità di tali installazioni.
La percezione del rischio associato all’esposizione ai campi elettromagnetici è il risultato di un complesso
meccanismo nell’ambito del quale molteplici fattori concorrono ad alimentare spesso convinzioni inesatte.
L’attenzione e la percezione del rischio resta elevata soprattutto per l’incertezza sugli effetti sulla salute
e per l’intangibilità dell’agente inquinante. Non a caso l’attenzione si concentra sugli impianti SRB, quasi
sempre su quelli nuovi e solo quando sono visibili e collocati in aree ad alta densità abitativa. Ne deriva
che è molto alto il numero delle segnalazioni da parte dei cittadini ogni qualvolta viene messo in funzione
un nuovo impianto.
Invece, gli impianti RTV (che coinvolgono potenze molto elevate e producono valori di campo elettrico
maggiori), sebbene in numero decisamente inferiore rispetto alle SRB, destano minore preoccupazione
in quanto la popolazione è più abituata alla presenza dei tralicci, dei quali lamenta solamente l’impatto
paesaggistico; stesso discorso per gli elettrodotti, ormai inseriti da tempo nel territorio. Di fatto, ci si ritrova
nella paradossale situazione in cui vengono richiesti interventi di misura dove l’esposizione è molto bassa
mentre, laddove i valori di campo elettrico possono risultare più elevati, i controlli sono generalmente lasciati
all’iniziativa delle Agenzie. Una delle possibili cause è da ricercare nell’informazione che la popolazione
trova nei media, talvolta non corretta e non supportata scientificamente. Le Agenzie regionali e provinciali
per la protezione dell’ambiente riferiscono che, talvolta, dietro alle problematiche attribuite all’inquinamento
elettromagnetico si celano situazioni di disagio psicologico o addirittura di conflittualità con il vicinato.
Tuttavia, il fattore più rilevante alla base di una elevata percezione del rischio nel nostro paese è senza dubbio
la forma di comunicazione delle informazioni da parte dei mass media. Spesso accade che la risonanza
mediatica associata a casi particolari, unitamente alla numerosità delle persone interessate, contribuisce
ad elevare il grado di attenzione nei confronti delle sorgenti in oggetto e a condizionare fortemente il
rapporto di fiducia nell’amministrazione e il confronto con gli esperti. Generalmente si osserva che la
diffidenza verso i campi elettromagnetici è da ricondursi alle volte alla loro stessa natura, alla mancanza di
percezione a livello sensitivo, alle complesse caratteristiche fisiche e alla difficoltà di capire i meccanismi
di interazione con il corpo umano. Per effettuare una valutazione della percezione del rischio associato ai
campi elettromagnetici sono stati presi a riferimento due indicatori: l’attenzione dei mass media e gli esposti
presentati dai cittadini agli organi di controllo. L’analisi della rassegna stampa effettuata dalle agenzie ha
evidenziato che circa il 10 % degli articoli inerenti a temi ambientali si occupa di campi elettromagnetici.
Ciò dimostra che l’interesse della popolazione verso tale tema è forte e che la sensibilità del pubblico verso
questa problematica ha assunto negli ultimi anni un’importanza crescente legata probabilmente anche al
proliferare delle sorgenti, tra l’altro sempre più vicine ai nostri ambienti di vita. Fattore comune a tutte le
realtà considerate è il maggiore interesse mostrato dalla popolazione nei confronti delle sorgenti operanti
ad alta frequenza, in misura preponderante per le stazioni radio base.
Le motivazioni alla base di tale tendenza vengono spiegate con lo spiccato aumento delle installazioni,
anche a seguito dello sviluppo delle nuove tecnologie digitali; in particolare le SRB risultano concentrate in
aree con elevata densità di popolazione, laddove c’è un traffico maggior per cui ne consegue un numero
più elevato di impianti. La sensibilizzazione della popolazione verso le SRB appare significativamente
influenzata dall’aspetto legato alla percezione visiva; infatti, si osserva che le linee elettriche aeree spesso
interessano zone di territorio poco urbanizzate e mantengono il loro tracciato sostanzialmente inalterato nel
tempo, pertanto risultano più facilmente accettate. Lo stesso dicasi per le cabine di trasformazione, molte
volte interne agli edifici, e quindi a basso impatto visivo. Per quanto concerne il contenuto degli esposti,
le problematiche lamentate riguardano principalmente le interferenze con apparecchiature elettroniche (in
aumento e per la maggior parte constatate come reali), la compatibilità elettromagnetica (dal 5 al 10% del
totale degli esposti), le elettrofobie (insonnia collettiva, cefalee, etc.), i presunti effetti sulla salute delle onde
elettromagnetiche e i fattori di natura economica (svalutazione degli immobili).
In qualche caso, le proteste sono rivolte all’approvazione dei piani di settore per la localizzazione delle
stazioni radio base; pertanto, alcune Agenzie suggeriscono di effettuare una comunicazione preventiva,
da parte degli enti preposti all’autorizzazione delle nuove installazioni degli impianti radioelettrici, al fine di
evitare, o quantomeno attenuare, situazioni di conflittualità.
L’esperienza maturata negli anni dalle Agenzie ha evidenziato uno stato di forte diffidenza della popolazioni
nei confronti degli stessi organi di controllo e degli altri enti amministrativi.
L’impegno da parte delle Agenzie per l’ambiente nel ridurre l’allarme sociale è costante e si manifesta in
varie forme tra cui l’utilizzo di siti internet con aree appositamente dedicate alle informazioni di carattere
generale sulla tematica dei campi elettromagnetici, alla diffusione dei risultati delle verifiche strumentali
e delle simulazioni modellistiche, anche mediante mappature del territorio e alla segnalazione di contatti
telefonici per fornire informazioni a riguardo.
Lo stesso Servizio Agenti Fisici di ISPRA ha predisposto un sito internet specifico www.agentifisici.apat.
it che fornisce informazioni sulle attività svolte dal Servizio, sulla tematica dei campi elettromagnetici e su
risultati di campagne di monitoraggio (http://www.agentifisici.apat.it/monitoraggio_roma.asp) e dati raccolti
attraverso un database (Osservatorio CEM) (http://www.agentifisici.apat.it/Campi_elettromagnetici/Public/
index.asp), che vengono pubblicati on line per consentire ai cittadini una libera consultazione di questi.
La diffusione sui siti web dei dati ambientali riscuote un notevole interesse da parte della popolazione
(soprattutto delle persone residenti nelle zone monitorate), che li consulta e a volte chiede anche informazioni
e chiarimenti a riguardo, attraverso i contatti specificati all’interno degli stessi siti web.
La capacità dei tecnici ARPA/APPA di soddisfare le richieste di chiarimenti da parte della popolazione,
la conoscenza capillare dello stato dei luoghi e degli impianti e la disponibilità ad intervenire con rilievi,
istantanei o prolungati, in tempi brevi sembra che stia dando i suoi frutti mostrando alla fine apprezzamento
da parte della popolazione.
In conclusione appare evidente come a fronte di tutte le problematiche comuni a tutte le diverse realtà
territoriali del nostro paese relative alla forte pressione sociale che ruota intorno alle sorgenti di campi
elettromagnetici, sia fondamentale sviluppare un ampio percorso di informazione semplice e trasparente
per il pubblico, che permetta di superare la barriera costituita dal linguaggio meramente tecnico e di
ricreare quei rapporti di fiducia verso le istituzioni e le organizzazioni scientifiche che negli ultimi anni sono
stati un po’ minati.
10
Articoli
Gli effetti del primo regime italiano di regolazione del rischio
da inquinamento elettromagnetico
Paolo Crivellari
Ricercatore in Sociologia. Università di Tolosa 3-Paul Sabatier
Introduzione
L’Italia costituisce un caso molto interessante di regolazione circa l’inquinamento elettromagnetico.
In particolar modo, il primo regime di regolazione del rischio dovuto alle emissioni non ionizzanti delle
antenne per la telefonia mobile (1998) fa dell’Italia un oggetto di studio privilegiato. Infatti, il Decreto n° 381
del 1998 precede i dispositivi normativi degli altri paesi europei. In secondo luogo, la regolazione italiana è
tra le più cautelative al mondo. Infine, il percorso classico mobilitazione-regolazione è in Italia rovesciato,
poiché la regolazione precede di fatto la maggior parte delle mobilitazioni dei cittadini.
La regolazione del rischio da inquinamento elettromagnetico, per il modo in cui viene elaborata e in seguito
realizzata, causa degli effetti inattesi. Inserita in un quadro di rischio per la salute della popolazione, la
regolazione italiana ha la peculiarità di specificare quali siano gli strumenti che Regioni e Comuni
possono adottare al riguardo. Tale dispositivo normativo però diventa rapidamente oggetto di ricorso
ai Tribunali Amministrativi Regionali, sollevando in questo modo numerosi contenziosi che riguardano
sostanzialmente le prerogative di Stato, Regioni e Comuni. Inoltre, gli aspetti sanitari del rischio da
inquinamento elettromagnetico vengono di fatto rapidamente oscurati e sono oggetto di un’appropriazione
di tipo politico.
La prima regolazione del rischio da inquinamento elettromagnetico
La regolazione circa l’inquinamento elettromagnetico viene attuata in Italia in un contesto caratterizzato
da molte incertezze: politiche (instabilità dei governi), istituzionali (prerogative dello stato e delle collettività
territoriali), scientifiche (controversia sulla nocività delle onde non ionizzanti), giuridiche e giudiziarie
(molteplici ricorsi ai tribunali e alle Corti, revirements giuridici, presenza nell’ordinamento di tre gradi di
giudizio). Tali incertezze hanno molteplici effetti sulla polity (struttura politico-istituzionale), sulla politics
(opposizione tra partiti in una stessa coalizione) e la policy (leggi, abrogazione di leggi).
La regolazione sull’inquinamento elettromagnetico ha inizio in Italia nel 1998, con il Decreto n° 381 e
fa parte di una strategia più ampia dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi e del
suo governo. L’intenzione è quella di smarcarsi dai predecessori Berlusconi (che si richiamava ad una
posizione anti-politica) e Dini (che rivendicava un ruolo apolitico e tecnico). Con questo decreto il Governo
contribuisce ad affermare un ruolo eminentemente politico nelle decisioni e, nello specifico, regolamenta
un’attività economica in tumultuosa espansione appropriandosi di una problematica di salute.
La regolazione italiana inquadra infatti inizialmente il problema da un punto di vista sanitario. Il Decreto
n° 381 si intitola: “Regolamento recante norme per la determinazione di tetti di radiofrequenza compatibili
con la salute umana”. L’impostazione riguardante la protezione della salute della popolazione viene
privilegiata rispetto ad altri fattori, quali quello di tipo ambientale, estetico ecc. Il Decreto si inserisce così
in un quadro “classico” di salute pubblica: prevenzione, educazione e profilassi, che distingue l’Italia da
altri paesi come la Francia, dove sono invece presenti numerose agenzie nazionali sorte per la gestione
del rischio sanitario. Ma il Decreto n° 381 non intende solo proteggere la popolazione dal rischio da
inquinamento elettromagnetico. Il Decreto mira evidentemente anche a proteggere lo Stato dal “rischio
Questo contributo si basa su un più ampio studio sociologico riguardante la mobilitazione e la regolazione del
rischio da inquinamento elettromagnetico in Italia dall’inizio della telefonia mobile ad oggi, condotto per la Fondazione “Santé et Radiofréquences” di Parigi.
11
istituzionale”, cioé dal rischio che la credibilità e la legittimità delle istituzioni vengano indebolite, in un
contesto di evidente sfiducia da parte dei cittadini in seguito all’inchiesta giudiziaria “Mani pulite” e alla
caduta della Prima Repubblica. In altre parole, l’applicazione del Principio di precauzione, le soglie di
esposizione molto basse, l’adozione precoce rispetto ad altri paesi della regolazione sull’inquinamento
elettromagnetico vengono utilizzate dal Governo per marcare una discontinuità con i governi precedenti,
ma soprattutto si traducono in un decreto che rientra negli strumenti volti a riguadagnare consenso e
legittimità nella popolazione.
Il Decreto 381 fissa le soglie di esposizione della popolazione che non devono essere superate: 20 V/m
come regola generale, 6 V/m come “valore d’attenzione” nei luoghi dove si passa più di 4 ore al giorno e
infine gli “obiettivi di qualità”, il cui principio di fondo consiste nel mettere in atto dispositivi volti a minimizzare
l’esposizione della popolazione alle radiazioni non ionizzanti. Le linee-guida di applicazione del Decreto
(1999) stabiliscono che i Comuni possono adottare dei regolamenti per minimizzare l’esposizione della
popolazione e, così facendo, non si limitano a fornire chiarimenti di tipo tecnico concernenti l’applicazione
del Decreto, ma specificano (anche se in modo molto succinto e ambiguo) quali siano le prerogative degli
enti locali in materia.
Alcuni Comuni italiani adottano effettivamente dei regolamenti, rivendicando prerogative circa la protezione
della salute dei cittadini. Ne conseguono forti disomogeneità territoriali, poiché non tutti i Comuni decidono
di adottare un regolamento comunale e anche perché i contenuti dei diversi regolamenti comunali sono
molto differenti. Gli operatori di telefonia mobile si oppongono a quei regolamenti comunali che invocano
motivi inerenti alla protezione della salute della popolazione, affermando che si tratta di una competenza di
tipo statale e non comunale. Molti ricorsi vengono quindi sollevati ai T.A.R. I Tribunali Regionali affermano
che non sono legittimi quei regolamenti comunali che operano una “zonizzazione” delle antenne invocando
esplicitamente ragioni di salute dei cittadini, poiché si tratta di una competenza statale. Alcuni Comuni
decidono di fare appello al Consiglio di Stato (che peraltro può pronunciarsi solo sulla forma dei ricorsi e
non sul merito), mostrando così, in alcuni casi, di schierarsi dalla parte dei cittadini e di fare ogni sforzo per
la tutela della loro salute.
Conclusione
Con il primo regime di regolazione del rischio, l’Italia rovescia la dinamica classica in cui di norma la
mobilitazione dal basso precede la regolazione. La questione della salute è presto accantonata, in favore
di argomenti di tipo di tipo politico oppure giuridico sui poteri di Stato e Comuni, tanto che una parte della
regolazione sull’inquinamento elettromagnetico è di fatto esercitata dalla sfera giudiziaria. Il Decreto n°
381 si inserisce in un contesto istituzionale e politico particolare, che riguarda una riconfigurazione in atto
dei poteri tra Stato, Regioni, Province e Comuni (attraverso tra l’altro la legge detta “Bassanini” del 1997).
Di conseguenza, vengono attuate una “giudiziarizzazione” e una “politicizzazione” della materia, che si
discostano da argomenti di tipo scientifico oppure tecnico inerenti il contenuto del rischio in questione. Il
Decreto n° 381 contribuisce così, direttamente o indirettamente, a creare un contesto di incertezza propizio
per gli attori coinvolti (Stato, Comuni, tribunali e operatori di telefonia mobile, cui si aggiungono i comitati
di cittadini a partire dall’inizio degli anni 2000). Al primo regime di regolazione del rischio ne seguirà un
secondo, ad opera del Governo Berlusconi, che provvederà a togliere competenze ad enti locali in favore
del Governo, concentrandosi sulle prerogative delle istituzioni, ancora una volta occultando nella sostanza
la questione sanitaria.
H. Rothstein, M. Huber, G. Gaskell (2006) “A Theory of Risk Colonization : The Spiralling Regulatory Logics of Societal and Institutional Risks”, Economy and Society, 35, 1.
12
Articoli
Irraggiamento degli alimenti: indagine sugli aspetti comunicativi
di informazione agli utenti
Franco Cioce
Esperto Qualificato, Università degli Studi della Tuscia di Viterbo
Consulente ADR, Joint Research Centre Ispra – European Commission
Premessa
L’irraggiamento degli alimenti è una attività consolidata nel mondo.
Attualmente le autorità per la sicurezza e la sanità di quasi 50 paesi nel mondo hanno approvato l’irradiazione
di oltre 60 diversi prodotti alimentari, che vanno dalle spezie alla carne di pollo disossata, di carni, di frutta
e verdura.
Dall’agosto 1999, più di 30 paesi irraggiano alimenti per scopi commerciali.
Ci sono circa 70 impianti di irradiazione utilizzati nel mondo per questo scopo e molti altri in costruzione o
in fase di realizzazione.
In questi e in altri paesi, le decisioni ad irraggiare gli alimenti sono state influenzate con l’adozione, nel
1983, di un riconoscimento mondiale dei cibi irradiati.
Gli standard sono stati adottati dalla Codex Alimentarius Commission (C.A.C.), un organo comune
della FAO (Food and Agriculture Organization) delle Nazioni Unite e il WHO (World Health Organization)
responsabile per la redazione delle norme alimentari per proteggere la salute dei consumatori e facilitare
pratiche eque nel commercio alimentare, rappresentando più di 150 paesi.
In Italia, questa pratica è autorizzata dal DL.vo 30 gennaio 2001 n. 94, che dà attuazione alle direttive
comunitarie 1999/2/CE e 1999/3/CE, relative al riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri.
Sempre in Italia, una sola azienda (GAMMARAD ITALIA) risulta essere autorizzata dalla CEE per effettuare
l’irraggiamento alimentare.
A partire dal 20 marzo 2001, tutti gli alimenti irradiati immessi sul mercato devono quindi rispondere alle
disposizioni delle suddette direttive.
A maggiore tutela della libera scelta del consumatore, la direttiva quadro stabilisce che i prodotti trattati
con radiazioni ionizzanti debbano essere correttamente etichettati e cioè riportare la dicitura “irradiato” in
etichetta, se venduti confezionati, o su un cartello in prossimità del recipiente che li contiene, se venduti
sfusi.
Le norme relative all’etichettatura prevedono inoltre che i prodotti alimentari se irradiati debbano riportare
l’indicazione della denominazione e dell’indirizzo dell’impianto che ha effettuato il trattamento o il suo
numero di riferimento.
Attualmente, in Italia è possibile effettuare l’irraggiamento di agli, patate e cipolle e di erbe aromatiche,
spezie e condimenti vegetali.
La percezione comune associa l’irraggiamento degli alimenti al pericolo proprio delle Radiazioni Ionizzanti
e i mass media hanno spesso pubblicizzato in modo assolutamente fuorviante le indicazioni circa questa
tecnologia.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ha sempre auspicato una maggiore informazione verso il
pubblico per consentire una corretta scelta da parte del consumatore.
La convinzione che le applicazioni dell’irraggiamento gamma dei prodotti alimentari possano avere un
maggiore sviluppo si scontra, in Italia, con le scelte “politiche”, sociali, emozionali e le conoscenze degli
argomenti correlati da parte dei consumatori.
Tuttavia le informazioni di facile disponibilità per il pubblico si manifestano in un opuscolo redatto in lingua
inglese; per il pubblico italiano, a parte articoli “tecnici” specifici dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) o
dell’ENEA, non è disponibile materiale informativo.
A tal scopo è stato avviato un progetto di ricerca per evidenziare lo stato di conoscenza della tecnologia
13
del “food irradiation” e per analizzare successivamente il grado di efficacia trasmissiva rispetto a due
canonici metodi di informazione: la distribuzione di un opuscolo tecnico-divulgativo e la partecipazione
diretta ad un seminario informativo.
Sono stati quindi programmati incontri conoscitivi con diversi istituti didattici secondari distribuiti sul
territorio italiano e in particolare sono stati coinvolti circa 800 studenti frequentanti il 4° anno di corso di
Istituti Tecnici, Professionali e Licei.
La scelta orientata verso questa giovane popolazione deriva dalla consapevolezza che questi saranno
presumibilmente i tecnici, gli scienziati, i politici e i consumatori del nostro (loro) prossimo futuro.
È stato perciò redatto uno specifico questionario a risposta multipla e che non prevedeva commenti
personali ma una sola risposta (vero o falso) su poche possibili scelte.
Il questionario ha proposto semplici domande circa il grado di conoscenza ed approvazione della tecnologia
ed applicazioni dell’irraggiamento dei prodotti alimentari.
Quindi, il questionario è stato distribuito agli studenti scelti per la ricerca.
Ogni questionario si presentava in forma anonima per l’analisi ma richiedeva una identificazione certa per
la sola struttura scolastica (al fine di identificare le variazioni percentuali nelle risposte date prima e dopo
la fase informativa).
La popolazione di studenti è poi stata suddivisa in due gruppi omogenei per istituto:
• successivamente alla compilazione del questionario, un primo gruppo (gruppo A) ha partecipato ad
un seminario informativo sulla tecnologia del food irradiation, attraverso una proiezione multimediale
della durata di circa due ore corredata di dati e fotografie e descrivente ancora le caratteristiche salienti
relative agli alimenti irraggiati;
• successivamente alla compilazione del questionario, un secondo gruppo (gruppo B) ha ricevuto una
copia dell’opuscolo “Facts about food irradiation” edito da Food and Environmental Protection Section
- Joint FAO/IAEA Division of Nuclear Techniques in Food and Agriculture - International Atomic Energy
Agency (1999) e tradotto in italiano.
• Pochi giorni dopo la distribuzione degli opuscoli e alla partecipazione al seminario, sono stati ridistribuiti i medesimi questionari della prima parte del progetto di ricerca, rispettando l’assegnazione del
codice, inizialmente distribuito.
Al termine, sono stati valutati:
• la diversità di risposta (rispetto a quelle iniziali) degli studenti che hanno ricevuto una informazione
diretta;
• le diversità di risposta (rispetto a quelle iniziali) degli studenti che hanno ricevuto una informazione
attraverso un opuscolo illustrato (indiretta).
Risultati
Il questionario proposto era il seguente:
A tutte le domande si risponde con V (vero) o F (falso): i quesiti possono prevedere indifferentemente una
risposta vera e due false o tre vere o tre false o due vere e una falsa
1
Alcuni prodotti alimentari sono sottoposti/trattati con le radiazioni ionizzanti: secondo
A
È una attività illecita
B
È una pratica legale e regolamentata da organizzazioni mondiali
C
È solo una pratica sperimentale
2
Secondo te, perché si sottopongono gli alimenti alle radiazioni ionizzanti?
A
Per ridurre la carica batterica
B
Per clonare/provare a riprodurre l’alimento con bassi costi di produzione
C
Per migliorare l’aspetto (dimensioni uniformi, colori, lucentezza, ecc.)
14
3
Secondo te, in Italia vengono eseguite queste pratiche di irraggiare gli alimenti?
A
No, nessuno è in grado di farlo
B
Si, ma solo per fare esperimenti specifici del settore
C
No, ma credo/sono sicuro che esistono gli impianti in grado di farlo
4
Secondo te, all’estero vengono eseguite queste pratiche di irraggiare gli alimenti?
A
No, è una pratica illegale
B
Si, anche nei paesi in via di sviluppo
C
Si, ma solo nei paesi molto industrializzati
5
Secondo te, per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti, si possono usare:
A
Sostanze chimiche iniettate negli alimenti o nebulizzate sopra gli alimenti
B
Materiali radioattivi ma che non entrano in contatto con gli alimenti
C
Macchine che emettono radiazioni ionizzanti
6
Secondo te, gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti …
A
Possono perdere alcune proprietà nutrizionali
B
Possono diventare radioattivi
C
Non subiscono alcuna alterazione (chimica, fisica, nutrizionale, ecc.)
7
Secondo te, gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti …
A
Possono conservarsi per lungo tempo indipendentemente dalle modalità di conservazione
B
Devono essere consumati entro pochi giorni dal loro trattamento
C
Devono essere conservati in assenza d’aria
8
Per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti…
A
È sufficiente un laboratorio chimico ben attrezzato
B
Si possono anche usare apparecchi artigianali che emettono radiazioni ionizzanti
C
Occorrono impianti altamente specializzati di notevoli dimensioni
9
Secondo te, l’irraggiamento degli alimenti…
A
È autorizzato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dalle leggi dei vari paesi
B
Viene eseguito solo per frodare le leggi sugli alimenti
C
È ancora in una fase di ricerca sperimentale
10 Secondo te, l’irraggiamento degli alimenti…
A
Modifica solo l’aspetto esteriore del prodotto
B
Può evitare il diffondersi di malattie epidemiche
C
Ritarda il processo di degradazione
15
Infine, alcune domande alle quali si poteva rispondere barrando una sola casella tra le risposte
suggerite:
SI
1
Sai se in Italia esistono impianti di irraggiamento industriale?
2
Mangeresti dei cibi dei quali sai con certezza che sono stati
sottoposti a radiazioni ionizzanti?
3
Gli alimenti sottoposti a radiazioni ionizzanti corrispondono ai
cosiddetti OGM?
NO
NON SO
Rispetto alle domande proposte e successivamente alla partecipazione al seminario (gruppo A) e alla
lettura dell’opuscolo (gruppo B) sono state registrate le seguenti variazioni:
Affermazione
Gruppo A
partecipato a seminario
Gruppo B
consegnato opuscolo
Prima
Dopo
seminario
Prima
Dopo lettura
opuscolo
Trattare prodotti alimentari con le
radiazioni ionizzanti è una pratica legale
e regolamentata da organizzazioni
mondiali
45%
100%
50%
92%
2
Si sottopongono gli alimenti alle
radiazioni ionizzanti per ridurre la carica
batterica
60%
95%
70%
90%
3
In Italia NON vengono eseguite queste
pratiche di irraggiare gli alimenti ma
credo/sono sicuro che esistono gli
impianti in grado di farlo
80%
35%
57%
21%
4
All’estero vengono eseguite queste
pratiche di irraggiare gli alimenti anche
nei paesi in via di sviluppo
55%
85%
50%
71%
5a
Per trattare gli alimenti con le radiazioni
ionizzanti, si possono usare Materiali
radioattivi ma che non entrano in
contatto con gli alimenti
50%
88%
21%
57%
5b
Per trattare gli alimenti con le radiazioni
ionizzanti, si possono usare macchine
che emettono radiazioni ionizzanti
85%
96%
85%
92%
6
Gli alimenti trattati con le radiazioni
ionizzanti possono perdere alcune
proprietà nutrizionali
75%
20%
78%
42%
7
Gli alimenti trattati con le radiazioni
ionizzanti possono conservarsi per
lungo tempo indipendentemente dalle
modalità di conservazione
55%
90%
42%
50%
8
Per trattare gli alimenti con le radiazioni
ionizzanti occorrono impianti altamente
specializzati di notevoli dimensioni
60%
90%
85%
85%
9
L’irraggiamento degli alimenti è
autorizzato dall’OMS (Organizzazione
Mondiale della Sanità) e dalle leggi dei
vari paesi
25%
95%
50%
85%
10a
L’irraggiamento degli alimenti può
evitare il diffondersi di malattie
epidemiche
45%
95%
42%
78%
10b
L’irraggiamento degli alimenti ritarda il
processo di degradazione
80%
95%
85%
92%
1
16
Invece, rispetto alle domande che prevedevano una risposta affermativa o negativa si sono evidenziate le
seguenti variazioni:
Affermazione
Gruppo A
partecipato a seminario
Gruppo B
consegnato opuscolo
Prima
Dopo
seminario
Prima
Dopo lettura
opuscolo
A
In Italia esistono impianti di irraggiamento
industriale
10%
100%
14%
71%
B
Consumerebbero cibi dei quali sanno
con certezza che sono stati sottoposti
a radiazioni ionizzanti
20%
90%
17%
35%
Ritengono che gli alimenti sottoposti
a radiazioni ionizzanti corrispondono ai
cosiddetti OGM
30%
10%
30%
30%
C
Analisi dei dati
Complessivamente la maggior parte dei partecipanti al progetto ha avuto il chiarimento che il trattamento
dei prodotti alimentari con le radiazioni ionizzanti è una pratica legale e regolamentata da organizzazioni
mondiali (una superiorità per gli studenti che hanno seguito il seminario [+15])
Gli stessi studenti ritengono che si sottopongono gli alimenti alle radiazioni ionizzanti per ridurre la carica
batterica [+15].
Analogamente, entrambi i gruppi, rispetto alla primaria risposta circa l’esistenza in Italia di impianti in grado
di svolgere il food irradiation, recedono considerevolmente e in misura minore per gli studenti che hanno
ricevuto l’opuscolo [-19].
Questa risposta contrasta nettamente rispetto alla domanda A circa l’esistenza in Italia di impianti di
irraggiamento che ha visto una netta variazione di risposta (affermativa percentualmente elevata) da parte
di entrambi i gruppi.
Mentre l’affermazione dell’esistenza di simili impianti su territorio estero ha avuto un incremento per
entrambi i gruppi ma con una variazione maggiore per il gruppo che ha seguito il seminario [+9].
Sempre per entrambi i gruppi, la variazione in positivo è stata invece molto lieve per le metodiche di
irraggiamento disponibili (Materiale Radioattivo o acceleratori); si registra comunque un vantaggio per gli
studenti che hanno seguito il corso [+2 e +4].
Ancora, per entrambi i gruppi, nè la lettura dell’opuscolo informativo e neppure la partecipazione al seminario
sono riusciti a chiarire che gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti possono perdere alcune proprietà
nutrizionali; si è infatti registrata una regressione considerevole rispetto alla risposta iniziale (maggiore per
gli studenti che hanno seguito il seminario! [-19]).
Mentre una chiara efficacia è stata valutata per gli studenti partecipanti al seminario che sono
considerevolmente aumentati (+27) sulla convinzione che gli alimenti trattati con le radiazioni ionizzanti
possono conservarsi per lungo tempo indipendentemente dalle modalità di conservazione.
Anche la conoscenza che per trattare gli alimenti con le radiazioni ionizzanti occorrono impianti altamente
specializzati di notevoli dimensioni ha visto una considerevole variazione [+30] per gli studenti che hanno
seguito il seminario.
Medesima crescita ([+35] a vantaggio comunque del gruppo che ha seguito il seminario) per entrambi
i gruppi circa la conoscenza che l’irraggiamento degli alimenti è autorizzato dall’OMS (Organizzazione
Mondiale della Sanità) e dalle leggi dei vari paesi e che l’irraggiamento degli alimenti può evitare il diffondersi
di malattie epidemiche e ritardare il processo di degradazione dell’alimento stesso [+14 e +8].
I partecipanti al seminario hanno variato decisamente (dal 20% al 90% [+57]) la loro iniziale tendenza
rispetto ad un possibile consumo di cibi irradiati.
E sempre lo stesso seminario informativo è riuscito almeno in modesta parte a chiarire agli studenti che
gli alimenti irradiati non corrispondono ai cd OGM [+20]: invece non c’è stata alcuna variazione tra gli
studenti che hanno consultato l’opuscolo (30% prima e dopo).
17
Conclusioni
Obiettivamente, l’argomento in esame è di difficile comprensione e trattazione ed è più facile per un profano
affidarsi alle affermazioni di riviste “parascientifiche” o divulgative che spesso travisano l’irraggiamento con
la contaminazione e accomunano un impianto di irraggiamento con la tecnologia nucleare.
Tuttavia la tecnologia del “food irradiation” riguarda e riguarderà moltissimi consumatori.
Molte ricerche hanno dimostrato una cospicua mancata osservanza nel rispetto degli obblighi di
etichettatura dei prodotti irradiati e questa posizione dei produttori è “giustificata” da una errata conoscenza
(o totalmente mancante) delle motivazioni di tutela che richiedono questa applicazione.
La necessità di dare una corretta e semplice informazione è assolutamente prioritaria e non può essere
delegata alle riviste di larga diffusione ma deve essere mirata ed estesa verso le popolazioni di giovani che
saranno i consumatori del futuro.
I programmi di informazione devono consentire anche un processo contraddittorio al fine di saper
rispondere alle domande degli interessati: per questo motivo, il processo informativo diretto (seminari,
corsi, ecc.) consente una immediata risposta all’interlocutore.
Tuttavia questo processo deve anche prevedere una adeguata preparazione del “docente” non solo in
termini di conoscenza scientifica e tecnologica ma principalmente di “capacità divulgativa e comunicativa”
e di “trasmissione”.
La comunicazione attraverso un seminario o la distribuzione di un opuscolo ha visto, nell’ambito di questa
ricerca, una sostanziale parificazione, sia per gli aspetti di variazione positiva che negativa.
La possibilità di integrazione di entrambi i mezzi, diretti ed indiretti, è auspicabile per l’immediato futuro
ma necessità di una miglioria dei termini tecnici e delle immagini disponibili per aumentare il grado di
immediata comprensione.
La comunicazione diretta consente una risposta immediata alle domande non formulate sui mezzi cartacei,
mentre la comunicazione indiretta consente una periodica consultazione (o al “bisogno”) rispetto a dubbi
sorti.
Simbolo RADURA che indica un alimento trattato
con radiazioni
Rastrelliera di un impianto a piscina con barre
di Co-60 comunemente utilizzato per irraggiare
alimenti
18
Gruppi di lavoro
Indicazioni per l’applicazione di una strategia di sicurezza finalizzata
alla prevenzione di eventi anomali a fini di minaccia nelle strutture
sanitarie che utilizzano radiazioni ionizzanti
Risultanze del Gruppo di Lavoro costituito dall’ISPESL
“Gestione in sicurezza delle fonti di rischio radiologico in campo medico”
Componenti del gruppo di lavoro
Dr. Francesco Campanella, Coordinatore, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro
Sig. Antonio Panebianco, Coordinatore, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro
Ing. Mario Salatti, Coordinatore, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro
Dr. Stefano De Crescenzo, Associazione di Fisica Medica
Dr. Lucio Mango, Associazione Italiana di Medicina Nucleare ed Imaging Molecolare
Dr. Franco Simone, Associazione Italiana di Radioprotezione
Dr. Francesco Lucà, Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica
Dr. Edoardo Calenda, Associazione Nazionale Professionale Esperti Qualificati
Dr.ssa Luisa Biazzi, Associazione Nazionale Professionale Esperti Qualificati
Ten. Col. Roberto Masi, Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente
M.llo Angelo Petta, Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente
S. Ten. Alessia Mugnai Puggesi, Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente
Luogotenente Marco Magisteri, Comando Carabinieri per la Tutela della Salute
Sig. Franco Ascolese, Federazione Nazionale dei Collegi dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica
Sig. Franco Proietti, Federazione Nazionale dei Collegi dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica
Sig. Vincenzo Rizzo, Federazione Nazionale dei Collegi dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica
Ing. Michele Mazzaro, Ministero dell’Interno Dipartimento dei Vigili del Fuoco
Ing. Emanuele Pianese, Ministero dell’Interno Dipartimento dei Vigili del Fuoco
Dr. Corrado Bubbolino, Società Italiana di Radiologia Medica
Dr. Vincenzo David, Società Italiana di Radiologia Medica
Dr. Antonio Orlacchio, Società Italiana di Radiologia Medica
Dr.ssa Laura Chiacchiararelli, Fisico Sanitario - Esperto
Dr. Paolo Gentile, Fisico Sanitario - Esperto
1. Premessa
Quello della sicurezza, intesa nel senso più ampio del termine, è un settore che coinvolge molti aspetti
della vita di un Ente o di un’Azienda, siano essi pubblici o privati.
Il particolare momento storico che la comunità internazionale si trova ad attraversare, caratterizzato
dall’attenzione agli aspetti di prevenzione di eventuali minacce di matrice terroristica, impone una
particolare attenzione a tutti gli aspetti connessi alla gestione della sicurezza, con particolare riguardo a
quei settori della vita produttiva nei quali vengano impiegati elementi di vario genere e/o natura che, se
utilizzati strumentalmente a tale fine, possono di per se stessi costituire armi di offesa, anche perché in
grado di determinare conseguenze non banali di carattere psicologico.
Tra le molteplici e possibili forme di aggressione, si focalizza l’attenzione sull’eventualità in cui si utilizzino in
maniera impropria le sorgenti di radiazioni ionizzanti normalmente impiegate a scopo medico: i dati dell’I.
A.E.A. (International Atomic Energy Agency) dimostrano come almeno il 10% degli incidenti occorsi negli
ultimi 50 anni nel settore delle radiazioni ionizzanti avvenga in campo medico. Il tema della sicurezza intesa
come prevenzione di eventi anomali di origine dolosa basati sull’uso improprio di sorgenti di radiazioni
ionizzanti è – non a caso – uno di quelli maggiormente sviscerati a livello internazionale, e, in particolare,
nel prossimo Congresso Internazionale dell’I.R.P.A. (International Radiation Protection Association), in
19
calendario a Buenos Aires nel 2008, una specifica sessione verrà dedicata al tema specifico oggetto del
presente documento.
Di fronte all’eventualità del verificarsi di un evento anomalo di questo tipo, non bisogna solo opporre un
valido atteggiamento difensivo caratterizzato da risposte dinamiche e aggiornate, ma occorre un attento e
professionale esame dei rischi, al fine di prevenire la minaccia, ovvero di minimizzare il rischio.
Si tratta, in sintesi, di sviluppare lo studio di quella che oggi viene chiamata “gestione del rischio”, un’attività
professionale complessa e articolata che raggiunga lo scopo di ridurre il margine di rischio attraverso una
triplice azione: pianificare, prevenire, proteggere.
I dispositivi e gli strumenti di protezione passiva e/o attiva volti a conseguire tale risultato possono in realtà
essere i più diversi: dal semplice impianto d’allarme a un sofisticato apparato di sicurezza che comprenda
sia l’utilizzo di apparecchiature elettroniche sia l’impiego di personale specializzato addetto alla protezione
di beni e/o edifici.
Ognuno di essi, tuttavia, per complesso o articolato che sia, rischia, in assenza di un’adeguata fase
preventiva basata sull’analisi e sullo studio del rischio, di risultare inutile, o comunque non adeguato al
compito richiesto.
Per garantire al lettore una più agevole fruizione del presente documento, si riportano di seguito in forma
di glossario alcune definizioni specifiche correlate, anche solo indirettamente, alle tematiche trattate nel
testo.
2. Obiettivo
L’oggetto del presente documento è la Sicurezza Nucleare:
“Complesso delle azioni di analisi, valutazione e attuazione, volte alla prevenzione di furti, di azioni di
sabotaggio, di accessi non autorizzati, di trasferimenti illegali, e di altri atti criminosi che coinvolgano
materiali radioattivi e/o apparecchiature e strumenti con essi associati”.
Fermo restando quanto sopra rappresentato, l’obiettivo da porsi è quello di elevare il livello dello ”standard
di sicurezza” relativo alla gestione delle sorgenti di radiazioni ionizzanti utilizzate in campo medico,
attraverso la riduzione dei margini di rischio, ispirando delle procedure che consentano di ottimizzare la
sicurezza, ovvero di prevenire eventi anomali, a fini di minaccia, attuabili anche per il tramite di un utilizzo
improprio di tali sorgenti.
Ciò può essere realizzato:
• perseguendo un’opera di ottimizzazione delle risorse volta a rendere più efficaci le misure di protezione
già in atto;
• aumentando la capacità di “prevedere l’imprevedibile”, ovvero di utilizzare la fantasia, l’esperienza e la
competenza specifiche per pianificare al meglio la strategia di prevenzione dell’evento anomalo;
• rendendo maggiormente responsabile tutto il personale, a qualsiasi livello coinvolto;
• operando con grande efficacia e convinzione nei programmi di formazione/informazione;
• dando al concetto di “radioprotezione” un’accezione più ampia di quella sancita dal D.Lgs. 230/95 e
s.m.i., in ciò tenendo anche conto di quanto stabilito dal recente D.Lgs. 52/07 sulle sorgenti ad alta attività e sorgenti orfane, pubblicato in data 24 aprile 2007, e in particolare dall’articolo 3 comma 3 lettera
e., il quale dispone che il richiedente del nulla osta all’utilizzo della sorgente di radiazioni ionizzanti “preveda specifiche procedure gestionali per il trasporto, la detenzione e l’utilizzo della sorgente finalizzate
a impedire, in relazione alle caratteristiche della sorgente, l’accesso non autorizzato, lo smarrimento, il
furto o il danneggiamento della sorgente anche a seguito di incendi”;
• mantenendo comunque sempre elevata l’attenzione anche all’analisi del rapporto costi/benefici.
• Il documento risultante dall’opera di perseguimento degli obiettivi dichiarati verrà messo a disposizione
dei Ministeri competenti in materia, e in particolare del Ministero della Salute, al fine di intraprendere, se
del caso, iniziative di carattere normativo specifiche e all’uopo dedicate, eventualmente anche in relazione al rilascio dei decreti autorizzativi previsti dal regime di nulla osta introdotto dal D. Lgs. 241/00.
3. Strategia
Il Dipartimento di Igiene del Lavoro dell’Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro
(ISPESL) ha deciso di costituire un gruppo di lavoro nel quale possano essere affrontate le problematiche
20
di gestione “in sicurezza” delle fonti di rischio radiologico, con particolare riferimento alla prevenzione di
eventi anomali a fini terroristici nelle installazioni complesse di tipo medico. In queste strutture, infatti, si
riscontra spesso una bassa soglia di attenzione.
L’idea che l’ISPESL ha inteso sviluppare è la seguente: utilizzando la competenza e la sensibilità
• dei responsabili, a vario titolo, dell’uso delle sorgenti di radiazioni ionizzanti in campo medico, e quindi,
soprattutto, radiologi, medici nucleari, radioterapisti, tecnici sanitari di radiologia medica e fisici medici,
ognuno per la sua parte di competenza e quindi per le proprie specifiche attribuzioni e mansioni operative;
• dei “radioprotezionisti”, ovvero, in via elettiva, degli “esperti qualificati”, chiamati a effettuare la “valutazione del rischio radiologico” ai sensi dell’art. 61 del D. Lgs. 230/95, nonché a ispirare le procedure
gestionali per la sorveglianza fisica della radioprotezione nei confronti dei lavoratori esposti;
• degli organi di controllo e vigilanza,
definire degli scenari di rischio che risulti necessario codificare, e per i quali si possano definire specifiche
procedure per la minimizzazione della probabilità di accadimento di eventi anomali a fini anche terroristici,
basati sull’utilizzo di sorgenti di radiazioni ionizzanti trafugate o colpite all’interno dei medesimi luoghi di
lavoro.
Appare ragionevole che tali considerazioni vengano inserite nell’ambito delle Norme Interne di
Radioprotezione, che rappresenta il principale strumento metodologico introdotto dal D. Lgs. 230/95 e
s.m.i. per garantire l’attuazione di opportune strategie prevenzionistiche nei luoghi di lavoro.
All’interno del Gruppo di Lavoro sono stati invitati a partecipare, e hanno risposto positivamente:
• Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM)
• Associazione Italiana di Medicina Nucleare (AIMN)
• Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica (AIRO)
• Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM)
• Associazione Italiana di Radioprotezione (AIRP)
• Associazione Nazionale Professionale degli Esperti Qualificati (ANPEQ)
• Federazione Nazionale Collegi Professionali TSRM (FNCTSRM)
• Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente (CCTA)
• Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (CCTS)
• Ministero dell’Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile.
4. Metodi
L’applicazione della “gestione del rischio” alle installazioni sanitarie impieganti radiazioni ionizzanti, richiede
la definizione degli strumenti attraverso i quali:
1. analizzare i diversi scenari per determinare quali tra tutti risultino maggiormente sensibili alla minaccia;
2. essendo note le criticità di ciascun scenario, individuare le “leve” sulle quali agire per mitigare il rischio.
Gli strumenti adottati sono di seguito descritti.
4.1 Ottimizzazione delle risorse
Occorre riconsiderare le misure di protezione già adottate (si pensi alle disposizioni contenute nella
normativa relativa alla protezione dalle radiazioni ionizzanti, nonché alle procedure e agli accorgimenti
basilari che regolamentano l’accesso ai siti sanitari) e renderle più efficaci. A tal fine, è opportuno:
a. effettuare un’analisi preliminare dei fattori di rischio interni ed esterni all’Istituto;
b. sviluppare uno studio sulla base delle esperienze acquisite nel tempo, delle esperienze maturate in
analoghi contesti sia nazionali sia internazionali, di analisi statistiche e studi di settore e, soprattutto, di
una capillare attività informativa, che consentano di individuare gli ambiti a maggiore rischio e le eventuali costanti della minaccia;
c. elaborare una scala delle priorità;
d. individuare le possibili soluzioni a carattere infrastrutturale (ricollocazione e/o accorpamento di laboratori o depositi, verifica dell’efficacia delle misure di sicurezza esistenti, studio di nuovi sistemi di protezione) od organizzativo (catena dei controlli, verifica delle posizioni chiave, regole di riservatezza
“necessità di sapere”, studio di nuove procedure operative).
e.
21
4.2 Prevedere l’imprevedibile
Si tratta, evidentemente, di una voluta “contraddictio in terminis” che rende bene quello che dovrebbe
essere uno degli obiettivi della fase di pianificazione: il connubio vincente tra fantasia ed esperienza, per
anticipare la minaccia individuando ed evitando le situazioni di rischio prima che diventino situazioni di
pericolo. Minori variabili esistono, migliori sono le possibilità di raggiungere un più elevato standard di
sicurezza.
Ogni attività di pianificazione, per accurata che sia, deve tuttavia tenere conto del fatto che qualsiasi
sforzo non potrà mai prevedere tutte le possibili variabili (alcuni recenti episodi criminali più che fantasia
dimostrano genialità). Occorre, pertanto, mantenere sempre un margine elevato di flessibilità, tale da
consentire al sistema, automatico, umano o integrato che sia, di riportare la situazione a una delle variabili
previste e quindi di adottare le contromisure stabilite.
4.3 Implementazione di un “sistema sicurezza”
Nella vita del sito sanitario, più condizioni devono concorrere a che si instauri un sistema che privilegi la
sicurezza. È, pertanto, necessario:
a. il coinvolgimento di tutto il personale a qualsiasi livello.
La sicurezza è un bene comune che riguarda l’Ente nel suo complesso, le sue strutture e le sue risorse,
sia umane sia materiali. Contribuire alla sicurezza equivale quindi a proteggere anche la nostra sicurezza
e quella delle nostre famiglie.
Tale fondamentale principio deve essere compreso, accettato nelle sue inevitabili conseguenze e
metabolizzato da tutti. Ciascuno, indipendentemente dal ruolo o dalla funzione svolta, rappresenta un
ricettore di immagini, notizie e informazioni che, senza suscitare inutili allarmismi, possano contribuire
alla sicurezza del sistema da minacce esterne.
Per raggiungere tale risultato, il personale deve:
• maturare la convinzione di fare parte di un sistema di sicurezza in cui ciascuno rappresenta un
anello che rafforza la catena;
• conoscere i rischi e le possibili minacce, in modo da poterne cogliere per tempo i segnali e, se
possibile, contribuire a evitarle;
• conoscere le modalità comportamentali nel caso in cui non sia stato possibile evitare la minaccia, in
modo tale da minimizzarne gli effetti pericolosi o dannosi;
• avere a disposizione un sistema di trasmissione delle notizie acquisite semplice, efficace e sicuro
(referenti competenti e sempre disponibili, procedure semplici e rapide);
b. la massima sinergia e costante collegamento con le Forze di Polizia (Arma dei Carabinieri, Polizia di
Stato, Guardia di Finanza, Polizie Locali e Municipali).
Per raggiungere tale risultato occorre:
• contribuire a instaurare e mantenere rapporti interpersonali tra i responsabili degli Enti e i rappresentanti locali delle FF.PP.;
• conoscere le modalità operative delle FF.PP., per sfruttare al meglio le loro possibilità di controllo e
d’intervento, adattando a esse i propri sistemi di sicurezza, con il costante scambio di informazioni
e studi di settore.
5. Definizione della minaccia
I servizi d’intelligence, sia in ambito nazionale sia internazionale, concordano nel ritenere che il terrorismo
nucleare, in tutte le sue variegate forme, possa rappresentare un pericolo grave e imminente. In particolare,
l’attuale contesto vede l’evoluzione della minaccia terroristica interessare anche le strutture, presenti sul
territorio nazionale, coinvolte nella gestione di materiale nucleare, sostanze o rifiuti radioattivi.
Si possono individuare sostanzialmente due diverse modalità secondo cui tramutare la minaccia in atto di
terrore:
1. il sito potrebbe essere bersaglio di un attacco con un ordigno convenzionale che, a fronte di danni relativamente ridotti in termini di vite umane, avrebbe l’effetto di diffondere la contaminazione su una vasta
area, determinando un danno ecologico immenso e durevole;
2. in alternativa, questo potrebbe essere oggetto di furti da cui prelevare materiale radioattivo da utilizzarsi
per la confezione di congegni nucleari improvvisati (I.N.D. – Improvised Nuclear Devices) o dispositivi
per la dispersione della radioattività (R.D.D. – Radioactive Dispersal Devices) - le cosiddette “bombe
22
sporche” - il cui impatto psicologico ed emotivo può essere assai più devastante della reale portata dei
danni cagionati.
La “bomba sporca” è il dispositivo che più desta preoccupazione, per la relativa facilità di reperire
dell’esplosivo tradizionale e per la capacità, a parità di condizioni, di contaminare aree maggiormente
estese: gli effetti a lungo termine sul territorio dipendono dal quantitativo di esplosivo usato, dal tipo e
dal quantitativo di materiale radioattivo, dalle condizioni meteorologiche (soprattutto dal vento) e dalla
presenza o meno di incendi nell’area oggetto dell’attacco. L’impiego di tale arma ha una bassa probabilità
di provocare effetti deterministici sulla popolazione colpita, a eccezione dell’effetto meccanico diretto
dell’onda d’urto dovuta all’esplosione. Molto più probabile è che la notizia di una contaminazione radioattiva
abbia un forte impatto psicologico nella popolazione, con il rischio che dilaghi la sensazione di terrore
perseguita dagli autori dell’azione criminosa.
In relazione a quest’ultimo caso, considerando le misure di sicurezza oggi implementate, è ragionevole
considerare le strutture sanitarie che detengono materiale radioattivo un obiettivo più “facile” di altri, e
quindi più appetibili.
6. La situazione italiana
Come è lecito attendersi dalle attività detenute, le strutture impiegate nel settore dei controlli non distruttivi
rappresentano i più probabili obiettivi di furti o rapine sul territorio italiano. Il che è in linea con i dati emersi
dall’ITDB (Illicit Trafficking Data Base) della I.A.E.A.
Non è comunque da trascurare da trascurare il fatto che dal 2006 a oggi in Italia:
• si sono registrati quattro casi di furto di materiale radioattivo di origine ospedaliera;
• in altri tre casi dubbi, non è stato possibile accertare l’eventuale fatto doloso all’origine dell’ammanco
o del ritrovamento.
I dettagli relativi ai casi verificatisi sono riportati nella tabella 1.
Tabella 1 | Casi di furto o ritrovamento di materiale radioattivo verificatisi in Italia dal 2006 ad oggi
Data e luogo
Evento e Sorgente
Note
Roma
05 luglio 2007
FURTO
Nr. 1 sorg. di Ra 226
Durante i lavori di demolizione dell’ex casa di
cura Villa Bianca veniva rinvenuti alcuni aghi di
radio tra le macerie probabile oggetto di un furto
ai danni della struttura in stato di abbandono da
alcuni anni
Pozzuoli (Na)
09 gennaio 2006
FURTO
Nr. 1 sorg. Tc 99m
Ignoti, approfittando del mezzo lasciato
temporaneamente incustodito durante una
consegna, asportavano il materiale radioattivo
che non è stato mai più rinvenuto
Roma
17 gennaio 2006
RITROVAMENTO
Nr. 6 fusti etichettati
radioattivi
A seguito di una segnalazione, personale
della Polizia Municipale di Roma rinveniva 6
fusti, destinati a contenere rifiuti radioattivi,
abbandonato sul ciglio stradale. Le analisi
radiometriche davano esito negativo
Catania
27 febbraio 2006
FURTO
Nr. 1 sorg. di I 131
Al termine di più consegne presso vari Presìdi
Ospedalieri, veniva riscontrata la mancanza di
un collo di Iodio 131 poi rinvenuto sul ciglio della
strada
Napoli
31 agosto 2006
FURTO
184 mg. di Ra 226
Durante i controlli presso un ospedale di
Napoli, militari del Comando Carabinieri Tutela
Ambiente – Sezione Inquinamento da Sostanze
Radioattive riscontravano il furto di 184 mg di
Radio. Il materiale non è stato mai rinvenuto
23
Salerno
31 agosto 2006
SMARRIMENTO
184 mg di Ra 226
Durante i controlli presso un ospedale di
Salerno, militari del Comando Carabinieri Tutela
Ambiente – Sezione Inquinamento da Sostanze
Radioattive riscontravano l’ammanco di 184 mg
di radio. Il materiale non è stato mai rinvenuto
Chiuduno (BG)
20 dicembre 2005
RITROVAMENTO
ca. 190 mg di Ra 226
Al termine di indagini, militari del Comando
Carabinieri Tutela Ambiente – Sezione
Inquinamento da Sostanze Radioattive
rinvenivano circa 190 mg di radio di provenienza
ospedaliera in possesso di un privato non
autorizzato alla detenzione
7. Le sorgenti di radiazione utilizzate in campo medico
Nella pratica medica sono correntemente adoperate sorgenti di radiazioni ionizzanti per fini diagnostici o
terapeutici. Di fatto, la distribuzione sul territorio di strutture sanitarie pubbliche o private, di piccolo, media
o grande dimensione, che detengono macchine radiogene e/o materiale radioattivo è fitta e capillare.
Tuttavia, non tutte le installazioni destano apprensione in egual misura in relazione alla sicurezza
nucleare.
7.1 Generalità
Il fattore di discriminazione fondamentale è da ricercarsi nella natura stessa di ciascuna pratica: in generale,
le sorgenti di radiazioni ionizzanti si possono distinguere in base alla modalità di applicazione, cioè tra
irraggiamento esterno ed irraggiamento interno, e, trasversalmente, in base alla modalità di generazione,
cioè tra fasci di radiazione elettromagnetica ovvero fasci di particelle - prodotti rispettivamente da macchine
radiogene e acceleratori - e radiazioni di entrambi i tipi emesse da materiale radioattivo.
In base a queste suddivisioni, si può, per esempio, trascurare il rischio relativo alla sicurezza nucleare
nelle strutture di radiodiagnostica tradizionale, poiché ivi non vengono prodotte sostanze radioattive
potenzialmente trafugabili, bensì sono impiegate esclusivamente macchine radiogene che, nell’eventualità
di una loro sottrazione - resa complicata dagli ingombri e dai pesi in gioco - risultano di difficile utilizzo per
finalità diverse da quelle di diagnostica. A tal riguardo, giova evidenziare che anche un’esplosione che
interessasse un tubo radiogeno o un acceleratore non desterebbe alcuna preoccupazione dal punto di
vista della dispersione di materiale radioattivo.
Si può affermare, dunque, che i maggiori problemi di sicurezza sono legati all’uso di sorgenti sigillate in
radioterapia o alla contaminazione radioattiva e al possibile irraggiamento interno provocato dagli isotopi
radioattivi in forma non sigillata utilizzati in medicina nucleare o nei laboratori medico-scientifici.
7.2 Medicina Nucleare
In Medicina Nucleare si utilizzano sorgenti di radiazioni ionizzanti non sigillate, opportunamente dosate in
una soluzione, ovvero in forma solida, costituendo quello che viene definito il “radiofarmaco”.
Il materiale radioattivo viene somministrato al paziente, con l’intento di perseguire, sfruttando la compatibilità
che particolari sostanze hanno con determinati tessuti umani, due diversi obiettivi, a seconda che si abbiano
finalità terapeutiche o diagnostiche:
1. in terapia medico-nucleare, si ha il vantaggio di colpire direttamente l’organo bersaglio cui il radionuclide si lega (in questo modo si limita la dose assorbita indebitamente dai tessuti circostanti);
2. in diagnostica, è possibile investigare un dato organo o tessuto su cui si sia depositato lo specifico
radiofarmaco captando la radiazione fotonica mediante un rivelatore posto all’esterno del corpo.
Nella tabella 2 sono riportati alcuni dati relativi ai radioisotopi maggiormente utilizzati in Medicina
Nucleare.
Considerando le caratteristiche dei radionuclidi utilizzati in medicina nucleare, si evince chiaramente che,
di fatto, un eventuale uso improprio di queste sostanze non si accompagna a un rischio reale per la
popolazione, in termini deterministici: le energie emesse sia dalla componente fotonica sia elettronica,
i tempi di dimezzamento e le quantità normalmente detenute o prodotte degli isotopi radioattivi sopra
elencati, non sono tali da destare preoccupazione in tal senso.
24
Tuttavia, l’eventuale notizia della sottrazione, e poi magari del ritrovamento in luogo pubblico, di una
sorgente di radiazioni ionizzanti trafugata all’interno di una struttura sanitaria, potrebbe avere conseguenze
psicologiche sulla popolazione non certo irrilevanti.
Tabella 2 | Radioisotopi utilizzati in Medicina Nucleare
Radionuclide
T½
Stato
fisico
C-11
20,4 m
l
N-13
9,9 m
l
O-15
122,2s
l
F-18
1,83h
l
Tipo
Energia
keV
β+
β+
β+
β+
Ga-67
3,26gg
l
c.e.
Y-90
64,1h
l
β-
Tc-99m
6,02 h
l
t. i.
In-111
67,9 h
l
c.e.
I-123
13,2 h
l
c.e.
385
492
735
250
Energia
keV
Rateo di dose
equivalente a 1 m
(μSv/h/GBq a 1m)
511
154
511
154
511
154
511
149
8-10
91-93
185
300
20,8
18
140
15,6
3-4
23-28
171
245
84,15
3-5
27-32
159
39,7
X
X
X
γ
3-5
27
31
365
36,6
X
γ
29-34
284
365
637
56,1
8-15
69-71
79-83
167
11,7
18
140
740
37,6
9-10
511
140
X
γ
7
14
122
136
15,1
Tipo
γ
γ
γ
γ
X
X
γ
γ
2274
X
γ
X
X
γ
γ
X
X
γ
Altri
I-125
I-131
60,1gg
8,04gg
l
l
c.e.
334
606
β-
Tl-201
3,05gg
l
c.e.
Mo-99
66,2 h
s
ββ-
Ge-68
288 gg
l
436
1214
c.e.
c.e.
X
X
X
γ
X
γ
γ
X
γ
Co-57
271
l
c.e.
Sm-153
46,3 h
l
βββ-
640
710
810
γ
103
24
Lu-177
6.73gg
l
β-
490
X
γ
113
210
7.6
25
7.3 Radioterapia
Nell’ambito delle pratiche terapeutiche mediante radiazioni ionizzanti, risulta comodo rifarsi alla
classificazione delle sorgenti utilizzate in base alla modalità di applicazione, distinguendo tra le due
famiglie, sorgenti per irraggiamento esterno e sorgenti per irraggiamento interno.
Tra le sorgenti “esterne”, sono ancora significativamente presenti sul territorio apparecchiature di
telecobaltoterapia (TCT), essenzialmente costituite da un contenitore schermato di grandi dimensioni che
racchiude una sorgente di Co60. Questa permette di inviare, sulla regione anatomica da trattare, un fascio
collimato di fotoni, attraverso una finestra controllata a distanza.
Nell’ambito delle sorgenti “interne”, molti radionuclidi, naturali e artificiali, consentono emissioni di
elettroni di varia energia, e si dimostrano conseguentemente adatti a un utilizzo a fine terapeutico: nella
Medicina Nucleare si sono già incluse le tecniche di terapia nelle quali si fa uso di sorgenti non sigillate,
nella Radioterapia si include invece la brachiterapia, che fa uso di sorgenti sigillate, nelle sue tecniche
endocavitaria e interstiziale.
Riassumendo, l’elenco dei radioisotopi d’interesse è evidenziato nella tabella che segue:
Tabella 3 | Radioisotopi utilizzati in Radioterapia
Radionuclide
T½
Stato
fisico
Tipo
Au-198
2.7 gg
l
ββ-
Co-60
5.27 aa
s
Am-241
432.2aa
s
Sr-90
28.6aa
s
β-
Cs-131
9.69gg
s
c.e.
Cs-137
30.22aa
s
β-
I-125
60,1gg
l
c.e.
β-
Energia
keV
282
Energia
keV
Rateo di dose
equivalente a 1 m
(μSv/h/GBq a 1m)
γ
412
61.6
γ
1173
1332
337
γ
13.9
59.5
85
Tipo
546
2,283
511
256
536
672
296
308
9.65
γ
γ
X
X
X
γ
16
662
103
3-5 27
31 35
36,6
γ
317
468
604
151
γ
21
19
Ir-192
74.2gg
s
Pd-103
16.99gg
s
Cf-252
2.638aa
s
Y-90
64.1h
l
β-
Yb-169
32.01gg
s
c.e.
61
Sm-145
340gg
s
c.e.
26
Altri
c.e.
1300
2274
In generale, si può affermare che la pericolosità dell’eventuale uso improprio delle sorgenti impiegate in
radioterapia sia tanto maggiore quanto maggiore è il tempo di dimezzamento della sorgente.
D’altronde, diversi sono gli episodi che giustificano l’attenzione sul tema della sicurezza relativamente al
rischio di trafugamento e cattiva utilizzazione di sorgenti sigillate: si va dall’episodio di liberazione di una
sorgente di Cs137 nel 1987 in Brasile, seguita dalla contaminazione di più di 50 soggetti e il decesso di 4 di
essi, all’abbandono di una sorgente di Ir192 in Perù, con grave contaminazione di un soggetto.
Secondo uno studio pubblicato nell’UE nel 2000 ogni anno almeno una settantina di sorgenti sfuggirebbero
al controllo.
Anche in questo caso, l’eventuale evento anomalo di origine dolosa potrebbe avere conseguenze realmente
importanti, non tanto di carattere sanitario, quanto per l’aspetto psicologico a esso correlato.
26
7.4 Laboratori medico-scientifici
L’utilizzo di sostanze radioattive nell’ambito della ricerca viene fatto:
• in ambito clinico;
• nei laboratori di ricerca clinica e sperimentale presenti nei vari Istituti di ricerca e nelle Università.
I principali radioisotopi utilizzati in tali laboratori sono riportati nella tabella nella tabella di seguito
evidenziata.
Tabella 4 | Radioisotopi utilizzati in Laboratori di ricerca medico-scientifica
Radionuclide
T½
Stato fisico
Tipo
P-32
14.3 gg
l
S-35
87.5 gg
l
H-3
432.2 aa
l
βββ-
Cr-51
27.7 gg
l
Energia
keV
Tipo
Energia
keV
Rateo di dose
equivalente a 1 m
(μSv/h/GBq a 1m)
1710
0.118 a 0.3m
168
0 a 0.3m
19
-
γ
320
200 a 0.1m
Una considerazione diversa da quanto fatto in precedenza deve essere invece dedicata alle aree di
frazionamento, dove possono essere contenute quantità di sostanze radioattive di concreta potenziale
pericolosità.
8. I rifiuti radioattivi
Al termine del ciclo di vita del materiale radioattivo utilizzato nelle pratiche mediche precedentemente
passate in rassegna - individuate come “sensibili” più delle altre alle problematiche di sicurezza - si
accumula del materiale di scarto, generalmente anch’esso radioattivo, identificato dalla dicitura di rifiuto
radioattivo. Va da sé che la stessa soglia di attenzione dedicata al materiale da cui il rifiuto radioattivo
discende debba essere indirizzata alla corretta gestione della detenzione e del successivo allontanamento
dalla struttura del rifiuto, che, in quanto radioattivo, risulta parimenti appetibile come obiettivo di attacchi
terroristici.
8.1 Generalità
I rifiuti originati dagli impieghi medici e dalla ricerca scientifica sono di norma classificati di I^ Categoria,
secondo quanto previsto dalla Guida Tecnica n. 26.
Si tratta, quindi, di rifiuti radioattivi “che richiedono tempi dell’ordine di mesi, sino a un tempo massimo di
alcuni anni, per decadere a concentrazioni di radioattività inferiori di cui ai commi b) e c) del punto 2 dell’Art.
6 del D.M. 14 luglio 1970”, ovvero che contengano “radionuclidi a lungo periodo di dimezzamento purché
in concentrazioni inferiori a tali valori”.
Sono, però, da tenere in considerazione anche gli effetti del D.Lgs. 230/95, come emendato dal D.Lgs.
n. 241/2000, che modifica i criteri di individuazione della soglia per i rifiuti di I^ categoria rispetto a
quanto stabilito nella Guida Tecnica n. 26: si applicano i criteri di “non rilevanza radiologica” e le soglie di
concentrazione del D.Lgs. 230/95 (1 Bq/g).
Pertanto i rifiuti classificati di I^ categoria richiedono tempi dell’ordine di mesi, sino a un tempo massimo
di alcuni anni, per decadere a livelli di radioattività per i quali non si applicano le disposizioni del D.Lgs.
n. 230/95 in materia di radiazioni ionizzanti, potendo essere gestiti dopo tale periodo come rifiuti
convenzionali.
I rifiuti radioattivi detenuti e prodotti presso le strutture considerate sono infatti nella quasi totalità rifiuti
radioattivi solidi e liquidi a breve tempo di dimezzamento (inferiore a 75 gg.) e bassa attività, composti
spesso da rifiuti di tipo “tecnologico“ (tute, maschere, guanti, cuffie, ecc.) e che quasi sempre raggiungono
modesti volumi di stoccaggio all’interno dei rispettivi depositi. Per questi rifiuti, sono state stabilite dalle
stesse aziende procedure di smaltimento mediante il conferimento a società operanti nel settore, le quali
ritirano i contenitori dai depositi mediamente ogni tre mesi.
In altri casi, lo smaltimento avviene mediante lo stoccaggio degli stessi per il tempo necessario al
totale decadimento degli isotopi e quindi, a seguito di opportuni controlli (il cui iter è tale da ritenere
economicamente più conveniente il conferimento quale rifiuto radioattivo), il materiale viene smaltito come
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rifiuto speciale pericoloso in ottemperanza a quanto disposto dal D.Lgs. 22/97, mediante il conferimento
ad altre ditte operanti nello specifico settore.
Per quanto attiene ai residui liquidi, s’è avuto modo di constatare che anche per essi viene seguito
generalmente il medesimo iter, salvo alcuni casi in cui vengono utilizzati particolari impianti (vasche
di decantazione) che permettono lo scarico degli effluenti in fogna dinamica, in regime di esenzione
dall’autorizzazione allo smaltimento.
8.2 Medicina Nucleare
I rifiuti radioattivi prodotti in un reparto di Medicina Nucleare sono costituiti da tutti quegli oggetti o presìdi
medico-chirurgici che hanno subito una contaminazione (siringhe, aghi, cotone, flaconi di preparazione
dosi, lenzuolini monouso, guanti, carta assorbente, contenitori vuoti o parzialmente utilizzati, contaminati
da sostanze radioattive, radiofarmaci non utilizzati per vari motivi, colonne generatore di Tc99 metastabile
in esaurimento), e dalle deiezioni provenienti dai servizi igienici utilizzati dai pazienti precedentemente
iniettati.
Operativamente, i rifiuti radioattivi della Medicina Nucleare possono essere così classificati:
1. rifiuti contenenti il Tc99m e altri radioisotopi con tempi di dimezzamento inferiore a quello del Tc99m;
2. rifiuti contenenti lo I131 e altri radioisotopi con tempi compresi tra quello del Tc99m e quello dello I131;
3. rifiuti contenenti emettitori positronici a breve emivita fisica.
I contenitori per rifiuti radioattivi solidi sono in genere fusti in acciaio dalla capacità di circa 60 litri, al cui
interno si pone un sacco di polietilene che, una volta riempito, deve essere chiuso mediante fascetta in
PVC. Il fusto è poi sigillato con un coperchio con chiusura a cravatta. I contenitori per rifiuti liquidi sono in
genere bidoni in polietilene dalla capacità di 30 litri, con doppia chiusura a tappo e a vite, a loro volta inseriti
in fusti metallici da trasporto provvisti d’intercapedine riempita con materiale antiurto e assorbente, e sul
cui fondo è posto un materiale assorbente per la raccolta di eventuali perdite di liquidi.
Tali recipienti, previa procedura di carico su registro, devono essere:
• conservati in locali di deposito temporaneo idonei;
• etichettati con data di deposito e tipologia di radioattivo in modo da poterne identificare le modalità
temporali di decadimento;
• consegnati a ditte autorizzate allo smaltimento, previa registrazione del peso e dell’attività del materiale
consegnato.
I rifiuti che possono invece essere smaltiti in esenzione – ai sensi di quanto previsto dal D.lgs. 230/95 e
s.m.i. - vanno mantenuti confezionati nei contenitori per Rifiuti Ospedalieri Trattati (ROT) e successivamente
inviati ad inceneritori.
8.3 Radioterapia
Le sorgenti per brachiterapia non più utilizzate devono essere consegnate a una specifica ditta autorizzata
al loro ritiro, oppure raccolte in idoneo deposito dove decadono sino a che l’attività non si riduca al di sotto
di valori che ne consentano lo smaltimento come un normale rifiuto ospedaliero.
Le medesime precauzioni debbono essere messe in atto in caso di smaltimento di sorgenti di Co60 e
Cs137, le quali, magari non più utilizzate a fini di terapia, restano comunque caratterizzate da un’attività di
qualche TBq: considerando il lungo tempo di dimezzamento e le attività in gioco, questa tipologia di rifiuti
radioattivi deve quindi seguire procedure di sicurezza particolarmente rigorose. Analogamente, per il loro
smaltimento la scelta è obbligata: conferimento a terzi in possesso di necessarie autorizzazioni, a meno
di non essere in grado di garantire la permanenza nel deposito per i tempi idonei al raggiungimento delle
condizioni di smaltimento.
8.4 Laboratorio medico-scientifico
Nel caso di laboratori di ricerca medico-scientifica, i rifiuti radioattivi possono assumere forme e quantità
diverse in rapporto alle diverse esigenze che si determinano in funzione dei programmi di ricerca che
possono cambiare nel tempo. Questa variabilità di uso, insieme con la variazione del numero e della
tipologia degli operatori interessati, potrebbe determinare oggettive difficoltà di gestione.
I rifiuti radioattivi devono essere comunque distinti in rifiuti liquidi e rifiuti solidi.
Sono da considerarsi rifiuti liquidi le soluzioni o sospensioni di sostanze radioattive, i liquidi di scintillazione,
i liquidi di lavaggio e decontaminazione raccolti nei contenitori degli scarichi controllati, le soluzioni residue
non più utilizzate, le soluzioni impiegate per la decontaminazione, ecc.
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Sono invece da considerarsi rifiuti solidi i materiali di uso corrente, quali provette, pipette, puntali, guanti,
carta, ecc.
I rifiuti radioattivi vengono normalmente trattati nel seguente modo:
a. immagazzinamento in condizioni di sicurezza finché la loro attività non sia decaduta a livelli tali da consentire lo smaltimento nell’ambiente esterno;
b. consegna dei rifiuti a una ditta o ente autorizzato allo smaltimento.
9. Le misure di sicurezza
Nella rassegna di cui sopra, sono stati evidenziati gli ambiti sanitari nei quali vengono utilizzate sorgenti
di radiazioni ionizzanti, sostanze che potrebbero essere sottratte per usi criminosi, o anche disperse
nell’ambiente, ovvero colpite in modo doloso a fine di offesa. Fermi restando gli obblighi connessi al D.Lgs.
230/95 in materia dei princìpi generali di protezione dalle radiazioni ionizzanti, nel presente paragrafo
s’intende fornire delle indicazioni che potrebbero essere utili per prevenire atti di matrice terroristica,
realizzando così un “Sistema Sicurezza” più calzante a quello che è il particolare momento storico.
L’analisi di ciascuno degli scenari operativi presi in considerazione ha consentito di evidenziare le criticità
interessanti ai fini del presente lavoro: alcune tra queste sono comuni a tutti, altre sono tipiche di ciascuno.
Nei sottoparagrafi che seguono si presentano le misure di sicurezza ritenute più idonee, dapprima
presentate nelle loro linee generali, successivamente circostanziate per ciascuno degli ambiti operativi
investigati.
Resta inteso che, nel caso di fallimento di ogni strategia di prevenzione, il personale autorizzato alla gestione
delle sorgenti di radiazioni ionizzanti – a conoscenza delle norme interne di radioprotezione predisposte
dall’Esperto Qualificato e in particolare delle procedure da adottare in caso di smarrimento o furto di
sostanze radioattive – avvisi il datore di lavoro, il dirigente, il coordinatore TSRM, il preposto, e l’Esperto
Qualificato che, sulla base delle rispettive competenze, avranno l’obbligo di informare immediatamente
le autorità competenti (AUSSL, VV.FF, Pubblica Sicurezza), rendendo loro note tutte le informazioni del
caso.
9.1 Generalità
Sulla base di quanto sopra rappresentato, si possono individuare tre momenti nella gestione delle sorgenti
di radiazioni ionizzanti all’interno delle strutture sanitarie:
1. presa in carico del materiale radioattivo in ingresso;
2. utilizzo del materiale secondo le consolidate procedure diagnostiche/terapeutiche;
3. dismissione dei rifiuti radioattivi in uscita.
In generale, è di particolare importanza che le varie strutture, sotto il coordinamento del proprio Esperto
Qualificato, verifichino l’efficacia e il rispetto delle procedure di sicurezza inerenti il prelievo e l’utilizzo delle
sorgenti radioattive che detengono, attuando, ove necessario, la dovuta opera di ottimizzazione.
A questo proposito, l’ISPESL, che, in appoggio al Dipartimento della Prevenzione del Ministero della
Salute, a vario titolo accede agli Enti, Ospedali, Aziende che per motivi professionali detengono, utilizzano,
manipolano, commerciano radioisotopi, ha sperimentato in più occasioni che quanto sopra esposto
rappresenta uno dei punti maggiormente critici nel tentativo di attuare una giusta e oculata opera di
prevenzione delle emergenze radiologiche: spesso la regolamentazione connessa al prelievo delle
sostanze radioattive lascia infatti a desiderare, mancando degli opportuni livelli di sicurezza, ovvero di una
concreta e attenta sensibilità degli operatori rispetto a questo genere di problematiche.
Sotto la stessa ottica è opportuno riconsiderare le procedure operative utilizzate nei diversi reparti al
fine di correggere comportamenti ormai routinari che possono costituire una frattura attraverso la quale
malintenzionati possono appropriarsi di materiale radioattivo.
Un discorso analogo riguarda l’uscita dei rifiuti radioattivi: le diverse modalità di gestione dei rifiuti radioattivi
si accompagnano a fattori di rischio, per cui occorre considerare il tempo di stazionamento del rifiuto
nei locali di stoccaggio temporaneo – breve o lungo che sia – e la localizzazione di tali locali all’interno
dell’edificio, per mettere a punto procedure e misure di sicurezza consone.
Fatto salvo quanto già rappresentato nel paragrafo 3, appare opportuno – anche se non necessario ai
sensi di legge – inserire anche le disposizioni inerenti le procedure di sicurezza all’interno del manuale di
qualità aziendale.
I dispositivi e gli strumenti di protezione passiva e/o attiva impiegabili possono essere di varia natura. A
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fattor comune, si possono richiamare alcuni princìpi generali, validi in ogni circostanza:
• all’arrivo della sorgente di radiazioni ionizzanti, la medesima dovrebbe essere presa in carico da
personale autorizzato e opportunamente registrato;
• la procedura per la custodia delle chiavi d’accesso alla sorgente dovrebbe prevedere – ove
del caso – la registrazione su un apposito registro di colui che prende in consegna le chiavi. Durante
i periodi di non operatività, la procedura dovrebbe prevedere l’autorizzazione preventiva all’eventuale
ingresso programmato di personale estraneo (tecnici, operai, …), nonché la relativa rendicontazione
delle operazioni effettuate;
• il controllo degli accessi dovrebbe prevedere – ove possibile e utile – l’utilizzo di un sistema di porte
a chiusura automatica con citofono e apertura elettrica previo consenso, il quale potrebbe certamente
minimizzare il rischio di accesso di persone non autorizzate;
• l’accesso alle “zone controllate” dovrebbe essere rigidamente regolamentato sulla base di un elenco delle persone autorizzate che deve essere formalizzato e costantemente aggiornato, nonché – se
del caso, e ove di pertinenza – esposto. Tutti gli eventuali visitatori dovrebbero essere opportunamente
registrati e accompagnati;
• la documentazione relativa a ciascuna sorgente andrebbe gestita ed aggiornata, anche sulla base
della normativa vigente. In particolare, vanno registrate tutte le informazioni circa il suo impiego, dal momento dell’ arrivo nella struttura sanitaria fino al momento dello smaltimento, predisponendo un archivio delle sorgenti, meglio se elettronico, sottoposto a controllo giornaliero. Per quanto attiene le sorgenti
ad alta attività, ovvero quelle rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. 52/07, le informazioni di cui
trattasi sono quelle da riportare, ai sensi dell’art. 7 del decreto medesimo, nel libretto di sorgente;
• i locali adibiti allo stoccaggio e alla manipolazione del materiale radioattivo dovrebbero essere
identificati con opportuna segnaletica, e ogni variazione strutturale per tempo segnalata e, se del caso,
autorizzata dalle competenti autorità sanitarie;
• la separazione delle aree riservate dalle aree accessibili al pubblico dovrebbe essere di fatto
garantita in via permanente e con continuità, richiedendo al personale il giusto impegno affinché le
logiche dei percorsi all’interno dei reparti vengano sempre rispettate;
• i locali adibiti allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi dovrebbero essere allocati in zone remote rispetto a quelle accessibili al pubblico, nonché forniti di porte a chiusura affidabile e garantita nel tempo. I
registri di carico e scarico dovrebbero essere custoditi al di fuori dei suddetti locali, in modo da consentirne in qualunque momento la facile consultazione;
• i sistemi di video-sorveglianza dovrebbero essere utilizzati ove strettamente necessario, e comunque sulla base di disposizioni aziendali concordate con l’esperto qualificato;
• eventuali sistemi d’allarme potrebbero essere implementati per segnalare eventuali anomalie procedurali e/o accessi non consentiti.
Vale infine la pena evidenziare come dovrebbe essere particolarmente curato il controllo del personale
reclutato in outsourcing. In particolare, l’utilizzo di personale esterno per compiti di manutenzione o pulizia
è pratica sempre più diffusa: apparirebbe del tutto opportuno che il medesimo venga formato con specifica
sistematicità, e utilizzato riducendo comunque al minimo – per quanto possibile – eventuali turnazioni.
9.2 Medicina Nucleare
In aggiunta ai princìpi generali appena delineati, sulla base della specifica peculiarità operativa della
medicina nucleare, si possono elencare le seguenti ulteriori misure di sicurezza che sarebbe auspicabile
intraprendere al fine della minimizzazione del rischio:
• la separazione delle aree riservate dalle aree accessibili al pubblico dovrebbe avvenire differenziando i
percorsi riservati a pazienti, addetti ai lavori e visitatori, evitando quanto più possibile sovrapposizioni;
in caso ciò non sia possibile, occorre sopperire mediante procedure chiare, facendo attenzione a che
siano effettivamente rispettate;
• per quanto riguarda i locali a maggior rischio, come la camera calda e il deposito di materiale radioattivo, sarebbe auspicabile il coinvolgimento - in via esclusiva - del personale dipendente dalla struttura
sanitaria, che, in quanto tale, è riconosciuto e adeguatamente formato;
• le sostanze radioattive e la colonna generatore di Tc99m, custoditi in una cella all’interno della camera
calda, dovrebbero essere accessibili dotando la porta d’accesso di efficace serratura o sistema elettronico. Inoltre, all’interno della cella dovrebbe essere installata una cassaforte piombata per la custodia
delle sorgenti più significative dal punto di vista dell’emissione: in tal caso si perseguirebbe con efficacia il duplice scopo di una maggiore schermature ai fini protezionistici e di una migliore prevenzione di
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eventuali sottrazioni indebite;
• il rigoroso aggiornamento dei registri di carico e scarico, oltre a garantire una corretta gestione dei quantitativi di radiofarmaco utilizzati nell’ordinaria attività, risulta fondamentale per garantire la rintracciabilità
delle sostanze e l’individuazione di eventuali mancanze. La corretta gestione del registro dovrebbe
prevedere un controllo giornaliero di quanto caricato, con firma dell’operatore di turno in camera calda,
nonché procedure di consegna a ogni cambio di operatore, con firma di presa visione e accettazione,
e annotazione di eventuali anomalie.
9.3 Radioterapia
Per quanto attiene alla pratica radioterapica, sarebbe opportuno perseguire le seguenti misure di sicurezza
specifiche:
• l’uso di sorgenti radioattive sigillate ma libere, quali fili di Ir192 utilizzati con tecnica after-loading oppure
semi di Pd103 o di I125 per impianti permanenti, che comportano un rischio mediamente superiore relativamente alla possibilità di sottrazione indebita, dovrebbe prevedere un immediato ricollocamento – al
termine del trattamento – negli appositi contenitori schermati;
• un monitoraggio radiometrico delle sale di manipolazione, delle camere di degenza e delle toilette,
dopo la rimozione delle sorgenti dai pazienti, sarebbe auspicabile al fine di verificare in tempo reale
eventuali anomalie procedurali;
• la chiave della consolle di comando relativa alle apparecchiature di brachiterapia dovrebbe essere custodita dal personale tecnico insieme con la chiave di sicurezza della sorgente, la quale non deve mai
rimanere inserita nella propria sede.
9.4 Laboratori medico-scientifici
Il personale che utilizza a fini di ricerca sorgenti di radiazioni ionizzanti è, per definizione, molto vario. Nei
laboratori ove si manipolano radioisotopi, oltre al personale strutturato (Università, Ente di ricerca IRCCS,
Azienda Ospedaliera, ASL) con un rapporto di lavoro stabile sono spesso presenti studenti, specializzandi,
dottorandi, frequentatori e, in generale, personale precario con contratti a tempo determinato. I programmi
di ricerca, e quindi le esigenze di uso di materiale radioattivo, possono variare notevolmente nel tempo.
Tutto ciò comporta maggiori problemi di “sicurezza” e impone una maggiore organizzazione, che possa
prevenire comportamenti non corretti da parte del personale coinvolto. La riduzione del rischio di sottrazione
indebita e/o di utilizzo improprio di sorgenti radioisotopiche si potrebbe perseguire, oltre a quanto già
riportato in precedenza, con le seguenti auspicabili misure di sicurezza:
• l’accesso alle “zone controllate” dovrebbe essere rigidamente regolamentato, sulla base di elenchi
aggiornati di personale autorizzato. Tutti gli eventuali visitatori dovrebbero, quindi, essere opportunamente registrati e accompagnati;
• ciascun operatore, all’interno del registro all’uopo istituito, dovrebbe annotare le operazioni svolte (radionuclide utilizzato, quantità e attività utilizzate, protocollo eseguito). In particolare, dovrebbero essere
poi puntualmente segnalati gli eventuali dati anomali correlati alla contabilizzazione delle sorgenti o agli
accessi eseguiti;
• l’ambiente per il deposito e il frazionamento delle sostanze radioattive dovrebbe essere unico e sottoposto a specifici criteri di sorveglianza e sicurezza: accessi controllati, sistemi di chiusura come per le
strutture con attività clinica, utilizzo – se del caso – di casseforti/armadi con chiusura a chiave o elettronica dei radioisotopi;
• di norma, non dovrebbe essere consentito portare fuori dal laboratorio materiale radioattivo, salvo
specifiche autorizzazioni rilasciate, per quanto di competenza, dal responsabile del laboratorio e dall’esperto qualificato;
• sarebbe opportuno adoperare, con sistematicità, sistemi di video-sorveglianza nel caso in cui i locali
adibiti a manipolazione e stoccaggio del materiale radioattivo fossero inseriti all’interno di grandi laboratori in cui venissero svolte diverse attività non comportanti l’uso di sostanze radioattive.
9.5 Misure di sicurezza e antincendio
Volendo allargare il significato del termine “radioprotezione”, anche nel verso di quanto già sancito dal
D.Lgs. 52/07, ai fini dello scopo del presente documento è importante prevedere procedure che minimizzino
il rischio di incendi in tutti quei locali nei quali sono presenti sorgenti di radiazioni ionizzanti: infatti, un
incendio in detti locali potrebbe accompagnarsi alla dispersione del materiale radioattivo e, dunque, alla
contaminazione delle aree circostanti.
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La prevenzione incendi è un insieme di misure tecniche, provvedimenti, accorgimenti e modi d’azione
intesi a evitare l’insorgenza di un incendio e a limitarne le conseguenze.
Esse, in particolare, si suddividono in misure di prevenzione e misure di protezione (attive/passive) che
devono essere ispirate a quanto contenuto nelle norme di riferimento, la cui conoscenza è tradizionalmente
ormai ben consolidata.
È il caso, quindi, di ricordare che esistono norme cosiddette verticali e norme cosiddette orizzontali che
regolano la prevenzione incendi.
Tra le norme verticali di particolare interesse per le strutture sanitarie si annovera il:
• D.M. 18/9/2002 relativo a: “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private”;
Invece, tra le norme orizzontali d’interesse si annovera il:
• D.M. 10/3/1998 relativo a: “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza
nei luoghi di lavoro”.
D.M. 16/2/1982 (per es. al punto 86: ”Ospedali, case di cura e simili con oltre 25 posti letto”): è necessario
il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi da parte del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco
competente per territorio mediante le procedure previste dal D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37 (Regolamento
recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’art. 20 comma 8, della L.
15/3/1997, n. 59) e dal D.M. 4/5/1998 (Disposizioni relative alle modalità di presentazione e al contenuto
delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché all’uniformità dei connessi
servizi resi dai comandi provinciali dei vigili del fuoco).
In generale, le normative sopra citate costituiscono un prezioso aiuto per la garanzia della sicurezza
nucleare, rendendo obbligatorie delle misure di prevenzione e protezione che di fatto concorrono a questo
fine.
10. La formazione
La formazione del personale è ritenuta dalla totalità delle categorie addette ai lavori un passaggio
fondamentale per il successo di qualunque iniziativa volta all’implementazione di un sistema che privilegi
la sicurezza nucleare negli ambiti sanitari presentati: in particolare, l’attività formativa deve essere
continuativa e calata nella specifica realtà lavorativa. Lo strumento normativo all’interno del quale muoversi
è rappresentato dall’art. 12 del D.Lgs 52/07 e dall’art. 61 del D.Lgs. 230/95 e s.m.i. che pone l’obbligo
al datore di lavoro di provvedere affinché i lavoratori vengano resi edotti “nell’ambito di un programma
di formazione finalizzato alla radioprotezione e in relazione alle mansioni cui essi sono addetti, dei rischi
specifici cui sono esposti, delle norme di protezione sanitaria, delle conseguenze derivanti dalla mancata
osservanza delle prescrizioni mediche, delle modalità di esecuzione del lavoro e delle norme interne”.
I criteri fondamentali da tenere presenti nell’attività formativa sono:
• l’identificazione e la differenziazione dei soggetti cui l’attività formativa in questione è rivolta;
• la scelta dei programmi in funzione delle specifiche attività condotte nel sito e dei soggetti a cui i corsi
sono rivolti (essenzialmente, il responsabile della sorgente e gli utilizzatori);
• le modalità organizzative con cui il percorso formativo si svolge.
Quindi, si tratta di progettare corsi periodici indirizzati sia al responsabile della/e sorgente/i, sia ai lavoratori,
tenendo ben presenti diversità e specificità dei ruoli e prevedendo schemi realizzativi fortemente flessibili
e modulabili.
Il responsabile della sorgente deve essere edotto circa l’entità dei rischi associati alla gestione della sorgente
in ogni fase della sua permanenza all’interno del sito, valutando le criticità associate e implementando
le misure di sicurezza e formalizzando le procedure ritenute idonee; i lavoratori devono sviluppare le
competenze operativamente necessarie per l’utilizzo in sicurezza delle sorgenti, sia in condizioni di normale
esercizio sia in condizioni d’emergenza, attenendosi alle norme formalizzate. Il livello di approfondimento
è opportunamente dimensionato in funzione del fatto che il lavoratore sia direttamente coinvolto nella
gestione delle sorgenti, piuttosto che marginalmente e/o in attività di supporto alla gestione delle sorgenti
(ad esempio, il personale incaricato delle pulizie, il personale incaricato della manutenzione ordinaria dei
locali, etc.).
L’acquisizione e il consolidamento delle competenze necessarie, nell’ambito delle attività sanitarie oggetto
del presente documento, non può prescindere dal fatto che il personale, oltre a possedere un adeguato
curriculum, è già oggetto di percorsi formativi strettamente connessi all’impiego di sorgenti di radiazioni
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ionizzanti: pertanto, è opportuno che, nello stesso ambito dei corsi periodici già previsti, si dia maggiore
enfasi alle attività che consolidano “sul campo” conoscenze teoriche già acquisite, anche in relazione alle
tematiche di sicurezza nucleare.
In tal senso, è necessario che tale consolidamento sia il più interattivo possibile, usando come metodo
d’insegnamento, ogniqualvolta possibile, quello che porta da esperienze pratiche alla teoria, e non
viceversa, al fine di stimolare interesse e discussione.
Il processo formativo può essere organizzato mediante corso frontale, ovvero formazione a distanza: in
entrambi i casi, lo sforzo profuso rischia di non raggiungere l’obiettivo senza che segua la fase applicativa
sul campo: dimostrazioni, simulazioni e verifiche della giusta messa in atto delle procedure sono lo
strumento principe per acquisire informazioni e maturare la “cultura della sicurezza”.
Per una maggiore efficacia, tale modalità formativa dovrebbe essere attuata contestualmente e/o
successivamente alla definizione o alla modifica delle procedure interne di sicurezza, collocata pertanto
in un più generale processo di miglioramento continuo delle competenze acquisite e delle procedure
definite.
Gli obiettivi dell’intero processo formativo sopra delineato e la sua efficacia devono essere misurabili
attraverso un test d’ingresso e uno di fine corso.
In particolare, al termine del processo formativo il partecipante deve essere in grado di:
• individuare i rischi da radiazioni ionizzanti nell’ambiente di lavoro;
• identificare e comprendere il significato della segnaletica e in generale delle misure e delle procedure
di sicurezza;
• conoscere e attuare le procedure di gestione e corretto impiego delle sorgenti di radiazioni ionizzanti;
• impiegare correttamente gli strumenti di misura delle radiazioni e interpretarne i risultati per quanto di
propria competenza.
Appare opportuno, inoltre, sottolineare che, collocandosi il processo formativo sopra indicato nell’ambito
degli obblighi previsti dai D.Lgs. 626/94 e dal D.Lgs. 230/95 e s.m.i., dovrebbe essere documentabile
su base individuale e in ogni sua fase: pertanto, anche al fine di garantire standard minimi di qualità
dell’insegnamento, è auspicabile che il processo formativo sopra delineato trovi la sua naturale collocazione
nell’ambito degli attuali processi di accreditamento della formazione professionale in ambito sanitario
(vincolato al superamento di un questionario finale, come, per esempio, nel sistema ECM).
11. Conclusioni
La sicurezza, intesa nel senso più ampio del termine, è un problema che impatta fortemente sulla realtà
delle strutture sanitarie presenti nel territorio nazionale.
Il particolare momento storico, caratterizzato dall’attenzione agli aspetti di prevenzione di eventuali minacce
di matrice terroristica, impone una particolare attenzione a tutti gli aspetti connessi alla gestione della
sicurezza, con particolare riguardo a quei settori dell’attività sanitaria che più di altri potrebbero essere
strumentalmente “colpiti” a tale fine.
La “gestione del rischio” diventa quindi un’attività strategicamente articolata, volta a ridurre il margine di
rischio attraverso la pianificazione, la prevenzione, la protezione.
Pianificare significa progettare le strutture tenendo conto dei possibili “obiettivi sensibili”.
Prevenire vuol dire effettuare un’attenta analisi e uno studio del rischio, ma anche formare e informare
i soggetti coinvolti al fine di “costruire” una nuova “mentalità della sicurezza”, nella quale fare confluire
comportamenti, protocolli, procedure, che devono essere pensati e realizzati anche nell’ottica di quegli
obiettivi di sicurezza che oggi, forzatamente, dobbiamo considerare di non così facile realizzazione.
Proteggere si traduce nell’utilizzazione di dispositivi e di strumenti di protezione passiva e/o attiva volti
alla minimizzazione del rischio, o, se del caso, alla minimizzazione delle eventuali conseguenze a esso
correlate.
Il settore delle radiazioni ionizzanti - proprio in virtù delle caratteristiche dell’agente di rischio fisico coinvolto
- riveste un ruolo particolarmente delicato e complesso, nel quale gli obiettivi di sicurezza devono con
particolare forza essere perseguiti attraverso un’opera di ottimizzazione delle risorse, volta a rendere più
efficaci:
• le misure di protezione già in atto;
• il senso di responsabilità di tutto il personale;
• le strategie della “radioprotezione”, quale azione da considerare nella sua accezione più ampia, e che
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va al di là anche di quanto formalmente previsto dalla normativa attualmente vigente.
In realtà, la natura stessa delle sorgenti utilizzate in campo medico, rende non così numerosi e potenzialmente
gravi gli scenari di rischio da prevenire in relazione a eventuali atti dolosi di matrice terroristica, ma certamente
molto può e deve essere fatto affinché anche nelle strutture sanitarie - soprattutto quelle più grandi e
articolate - ci sia un più elevato standard di sicurezza, ovvero siano garantite installazioni conformi alle
esigenze attuali (ovvero che tengano conto delle criticità proprie del momento storico che stiamo vivendo),
nonché misure di sicurezza (di vario genere e varia natura) finalizzate alla prevenzione ed eventualmente
alla minimizzazione di siffatti scenari di rischio.
12. Bibliografia
IAEA, Preparedness and response for a nuclear or radiological emergency, Safety Standard Series GS R-2, 2002
IAEA, Code of conduct on the safety and security of radioactive sources, CODEOC 2004
IAEA, Dangerous quantities of radioactive material (D-values), EPR-D-Values, 2006
IAEA, Categorization of radioactive sources, Safety Standards, RS-G-1.9, 2005
IAEA, Method for developing arrangements for response to a nuclear or radiological emergency (updating
IAEA-TECDOC-953), EPR-Method, 2003
Training in Radiation Protection and the safe use of radiation sources, IAEA Safety Reports Series n. 20, 2001.
Glossario
Adroterapia
Radioterapia effettuata con fasci di adroni (protoni, neutroni, ioni).
Area di Frazionamento
Locale in cui vengono immagazzinati i radioisotopi e in cui avviene
la preparazione delle dosi necessarie per la sperimentazione o gli
impieghi clinici.
Area di Stoccaggio
Area in cui vengono mantenuti i rifiuti radioattivi prima del loro
smaltimento.
Attività
Numero di trasformazioni nucleari spontanee di un radionuclide che si
producono nell’unità di tempo: A = dN/dt; si misura in becquerel (Bq).
Becquerel (Bq)
Unità di misura dell’attività; 1 Bq = 1 disintegrazione al secondo.
Brachiterapia
Terapia con radiazioni ionizzanti - emesse da una o più sorgenti
sigillate poste alla minima distanza possibile dal volume da irraggiare
- condotta mediante la loro inserzione nel tessuto con tramiti chirurgici
(brachiterapia interstiziale - irraggiamento interno), o nelle cavità
naturali del corpo (brachiterapia endocavitaria), o nel lume di una
struttura tubolare (brachiterapia endoluminale), oppure mediante il loro
posizionamento a contatto della pelle (brachiterapia superficiale).
In rapporto all’attività delle sorgenti che vengono utilizzate, la
brachiterapia è ad “alto rateo di dose” (HDR) o a “basso rateo di dose”
(LDR). Il basso rateo di dose consente somministrazioni continue o
intermittenti.
Bomba Sporca
Un ordigno esplosivo ordinario combinato con una congrua quantità
di isotopi radioattivi che, a seguito di deflagrazione, può produrre la
contaminazione radioattiva di vaste aree.
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Classificazione dei Rifiuti
Radioattivi
Individuazione e ripartizione dei rifiuti radioattivi in relazione alle
caratteristiche e alle concentrazioni dei radioisotopi in essi presenti.
Nota 1) - Con la raccomandazione 1999/669/CE, Euratom, la Commissione delle Comunità Europee ha proposto la ripartizione dei rifiuti
radioattivi in:
transitori;
a livello basso e intermedio, a loro volta suddivisi in “rifiuti radioattivi a
vita breve” e “rifiuti radioattivi a vita lunga”;
a livello alto.
Nota 2) - La Guida Tecnica N. 26 dell’ENEA/DISP classifica i rifiuti radioattivi in tre categorie:
prima categoria: rifiuti radioattivi che richiedono tempi dell’ordine di
mesi, sino a un tempo massimo di alcuni anni, per decadere a
concentrazioni di radioattività inferiori al livello di allontanamento,
e rifiuti contenenti radionuclidi a lungo periodo di dimezzamento
purché in concentrazioni inferiori a tale livello;
seconda categoria: rifiuti radioattivi che richiedono tempi variabili da
qualche decina fino ad alcune centinaia di anni per raggiungere
concentrazioni di radioattività dell’ordine di alcune centinaia di becquerel per grammo, nonché rifiuti contenenti radionuclidi a vita
molto lunga purché in concentrazioni di tale ordine;
terza categoria: tutti i rifiuti radioattivi che non appartengono alle categorie precedenti, in particolare i rifiuti che richiedono tempi dell’ordine di migliaia di anni e oltre per raggiungere concentrazioni di
radioattività dell’ordine di alcune centinaia di becquerel per grammo.
Contaminazione Esterna
Presenza di sostanza radioattiva su parti esterne del corpo umano.
Contaminazione Interna
Presenza di sostanza radioattiva d’origine artificiale all’interno del
corpo umano, oppure incremento - dovuto ad attività antropiche - del
fondo di radioattività naturale nell’uomo.
Contaminazione Radioattiva
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
1, lettera h): Contaminazione di una matrice, di una superficie, di un
ambiente di vita o di lavoro o di un individuo, prodotta da sostanze
radioattive. Nel caso particolare del corpo umano, la contaminazione
radioattiva include tanto la contaminazione esterna quanto la
contaminazione interna, per qualsiasi via essa si sia prodotta.
Contaminazione Superficiale Contaminazione radioattiva di una superficie, che può essere fissa,
ossia non asportabile mediante strofinio, oppure rimovibile, ossia
asportabile mediante strofinio.
Contenimento
(di Materia Radioattiva)
Complesso dei metodi o strutture fisiche che prevengono la dispersione
di materia radioattiva o ne garantiscono lo scarico.
Contenitore di Trasporto
Contenitore schermato, utilizzato per il trasporto di materiali radioattivi,
in grado di assicurare un adeguato contenimento della contaminazione
radioattiva.
Decadimento Radioattivo
(oppure Disintegrazione
Radioattiva)
Fenomeno di instabilità nucleare che presentano gli isotopi radioattivi;
consiste nella trasformazione, spontanea o indotta artificialmente, del
nucleo di detti isotopi, cui è associata l’emissione di particelle cariche
(α, β) e, generalmente, di raggi γ.
Decontaminazione
Rimozione di contaminazione radioattiva da una superficie, o da una
matrice, oppure da una parte esterna del corpo umano.
Detentore di Sorgente
di Radiazioni Ionizzanti
Qualsiasi persona fisica o giuridica che ai sensi del diritto nazionale è
responsabile della detenzione di una sorgente di radiazioni ionizzanti.
35
Detrimento Sanitario
Stima quantitativa di tutti i danni sanitari, mediati su più popolazioni,
attribuibili alle radiazioni ionizzanti.
La stima viene condotta aggregando con opportuni coefficienti di
peso:
• la probabilità di morte attribuibile;
• il contributo dei tumori non letali;
• il contributo degli effetti ereditari;
• la perdita media di attesa di vita.
Nota - La definizione è tratta dall’ICRP 60 (1991), par. 51, 156, B114,
B119, e dall’NCRP 115 (1993), par. 14.2.
La definizione data dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e
integrazioni, art. 4, comma 1, lettera l), è la seguente:
“Stima del rischio di riduzione della durata e della qualità della vita che
si verifica in una popolazione a seguito dell’esposizione a radiazioni
ionizzanti. Essa include la riduzione derivante da effetti somatici,
cancro e gravi disfunzioni genetiche”.
Dose
Quantità di radiazioni ionizzanti o di energia assorbita.
Nota - Il termine “dose” viene utilizzato come termine generico
applicabile a ognuna delle grandezze dosimetriche d’interesse.
Emergenza
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
1, lettera t): Una situazione che richiede azioni urgenti per proteggere
lavoratori, individui della popolazione ovvero l’intera popolazione o
parte di essa.
Emergenza Nucleare
Emergenza determinata da incidenti in impianti nucleari.
Emivita
Vedi Tempo di Dimezzamento
Esercente
Soggetto titolare dell’autorizzazione o del nulla osta alla detenzione e
impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti.
Esposizione
ISO 921:1997, n. 435:
Incidenza delle radiazioni ionizzanti, casuale o intenzionale, sulla
materia vivente o inanimata.
Nota - La definizione data dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche
e integrazioni, art. 4, comma 1, lettera v), è la seguente: “Qualsiasi
esposizione di persone a radiazioni ionizzanti. Si distinguono:
• l’esposizione esterna: esposizione prodotta da sorgenti situate all’esterno dell’organismo;
• l’esposizione interna: esposizione prodotta da sorgenti introdotte
nell’organismo;
• l’esposizione totale: combinazione dell’esposizione esterna e dell’esposizione interna.”
Esposizione Accidentale
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
1, lettera z): Esposizione di singole persone a carattere fortuito e
involontario.
Esposizione D’emergenza
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
2, lettera a): Esposizione giustificata in condizioni particolari per
soccorrere individui in pericolo, prevenire l’esposizione di un gran
numero di persone o salvare un’installazione di valore, e che può
provocare il superamento di uno dei limiti di dose fissati per i lavoratori
esposti.
Fondo Naturale di Radiazioni D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
2, lettera e): Insieme delle radiazioni ionizzanti provenienti da sorgenti
naturali, sia terrestri sia cosmiche, sempreché l’esposizione che ne
risulta non sia accresciuta in modo significativo da attività umane.
36
Fornitore (di Sorgenti
Radioattive)
Direttiva 2003/122/EURATOM, art. 2, lettera l): Qualsiasi persona fisica
o giuridica che fornisce o mette a disposizione una sorgente.
Impatto Radiologico
Ambientale
Conseguenze delle attività umane connesse con le radiazioni ionizzanti
sull’ambiente (naturale e antropizzato) e sul territorio.
Incidente
Evento che provoca danni a un’installazione o ne perturba il buon
funzionamento e può comportare, per una o più persone, dosi superiori
ai limiti.
Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche
e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera i).
Informazione della
Popolazione
Informazione, sia preventiva sia nel corso di un’emergenza,
prevista dalla legislazione vigente in merito alle azioni protettive e al
comportamento da adottare nei casi d’emergenza.
Nota - L’informazione deve essere fornita alla popolazione interessata
senza che la stessa debba farne richiesta, e deve essere accessibile
al pubblico sia in condizioni normali sia in fase di preallarme o
d’emergenza.
Intervento
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
2, lettera l): Attività umana intesa a prevenire, o limitare, l’esposizione
degli individui alle radiazioni dalle sorgenti che non fanno parte di una
pratica o che sono fuori controllo per effetto di un incidente, mediante
azioni sulle sorgenti, sulle vie d’esposizione e sugli individui stessi.
IRCCS
Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.
Irraggiamento Esterno
Modalità d’irraggiamento - a fini diagnostici o terapeutici - per mezzo di
una sorgente di radiazioni ionizzanti posizionata all’esterno del corpo.
Vedi anche Radioterapia.
Irraggiamento Interno
Modalità d’irraggiamento - a fini diagnostici o terapeutici - per mezzo di
una sorgente di radiazioni ionizzanti posizionata all’interno del corpo.
Vedi Radioterapia, Medicina Nucleare e Brachiterapia.
Materiale Radioattivo
Materiale di cui uno o più costituenti presentano radioattività ai sensi
della normativa di legge.
Nota 1) - Nella regolamentazione IAEA per il trasporto, “materiale
radioattivo” è qualsiasi materiale contenente radionuclidi nel quale
la concentrazione di attività e l’attività totale del collo superano valori
specificati.
Nota 2) - La scritta “materiale radioattivo”, ben visibile e con il simbolo
della radioattività, accompagna obbligatoriamente ogni sorgente
radioattiva immessa in commercio.
Materia Radioattiva
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4,
comma 2, lettera s): Sostanza o insieme di sostanze radioattive
contemporaneamente presenti. Sono fatte salve le particolari definizioni
per le materie fissili speciali, le materie grezze, i minerali quali definiti
dall’articolo 197 del trattato che istituisce la Comunità europea
dell’energia atomica e cioè le materie fissili speciali, le materie grezze
e i minerali nonché i combustibili nucleari.
Matrice
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4,
comma 2, lettera v): Qualsiasi sostanza o materiale che può essere
contaminato da materie radioattive; sono ricompresi in tale definizione
le matrici ambientali e gli alimenti.
Matrice Ambientale
Matrice componente dell’ambiente (aria, acqua, suolo, etc.).
Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche
e integrazioni, art. 4, comma 2, lettera z).
37
Medicina Nucleare
Settore della medicina che utilizza sorgenti di radiazioni ionizzanti non
sigillate a fini diagnostici (PET, SPECT) o terapeutici (terapia mediconucleare).
Misura Ambientale
In dosimetria interna, misurazione volta alla determinazione qualitativa
e quantitativa dei radionuclidi presenti in una matrice ambientale che
possa costituire un veicolo di contaminazione interna.
Misura della
Contaminazione Interna
Misurazione volta alla determinazione qualitativa e/o quantitativa
della sostanza radioattiva presente all’interno del corpo umano in un
determinato istante dall’introduzione (misura “in vivo” o misura “in
vitro”), oppure alla stima dell’introduzione attraverso l’applicazione
di opportuni modelli di trasferimento del contaminante dall’ambiente
all’uomo (misura ambientale).
Misura di Protezione
Sanitaria
Contromisura adottata o prevista nel piano d’intervento al fine di evitare
o ridurre l’esposizione della popolazione in caso d’emergenza.
Nota 1) - Le misure di protezione sanitaria includono il riparo al chiuso,
la iodioprofilassi, l’evacuazione, l’interdizione alimentare, etc.
Nota 2) - Il termine è generalmente impiegato come sinonimo di
azione protettiva.
Monitoraggio
Insieme delle misurazioni di radioprotezione volte alla determinazione
e al controllo dell’esposizione dei lavoratori e dell’esposizione
nell’ambiente.
Piano di Emergenza
Insieme coordinato dei provvedimenti che le Autorità responsabili
debbono adottare in caso di incidente, con la gradualità che le
circostanze richiedono, per assicurare la protezione della popolazione
e dei beni dagli effetti dannosi derivanti da un’emergenza.
Piano d’Emergenza Esterna
Piano d’emergenza predisposto per un incidente nucleare le cui
conseguenze attese siano circoscrivibili nell’ambito provinciale o
interprovinciale.
Piano d’Emergenza Interna
Insieme delle procedure predisposte per situazioni d’incidente senza
fuoruscita di radioattività dagli edifici, o comunque dal perimetro
dell’impianto.
Piano d’Intervento
Piano d’emergenza, oppure piano eventualmente predisposto
dall’Autorità di protezione civile, in relazione alle varie ipotesi di
rischio.
Piano di Trattamento
Programma di somministrazione di dose o di radiofarmaci, con
riferimento alla loro sequenza temporale, entità e durata, attuato in
radioterapia o in terapia radiometabolica.
Piano Nazionale di
Emergenza
Piano d’emergenza contenente i provvedimenti necessari a fronteggiare
le eventuali conseguenze di un incidente su tutto il territorio dello
Stato.
Prova di Strofinio
Tecnica di prelievo di un campione della radioattività superficiale
trasferibile, effettuata mediante strofinio di un dischetto di carta bibula
su una superficie di area nota.
Nota 1) - Un campione rappresentativo della radioattività superficiale,
sottoposto a misure radiometriche per determinare il tipo, la qualità
e l’attività dei radionuclidi, consente di stimare la concentrazione di
attività trasferibile della superficie di provenienza.
Nota 2) - La prova di strofinio può essere effettuata a secco, o ad
umido con l’uso di acqua o solventi di varia natura.
R.D.D. (Radioactive
Dispersal Device)
Qualsiasi dispositivo per la dispersione della radioattività, attraverso
l’utilizzo di ogni mezzo ritenuto idoneo.
38
Radioattività
Proprietà di alcuni nuclidi (per ciò detti “radionuclidi”) di emettere
spontaneamente radiazioni ionizzanti (particelle cariche e/o raggi γ).
Tale proprietà può essere ottenuta artificialmente, irraggiando nuclidi
stabili con particelle cariche o con neutroni.
Radioisotopo, Radionuclide
Isotopo che presenta il fenomeno della radioattività (naturale o
artificiale).
Radioprotezione
Disciplina tecnico-scientifica finalizzata alla protezione dei lavoratori,
della popolazione (persone del pubblico) e dell’ambiente dai rischi
derivanti dall’esposizione a radiazioni ionizzanti.
Radioprotezione Operativa
Insieme delle procedure operative, dei controlli, dell’assistenza “in
loco”, delle misure radiometriche e dosimetriche e dei dispositivi di
protezione, volto a garantire la radioprotezione nell’esecuzione di una
pratica o di un intervento.
Radioterapia
Impiego delle radiazioni ionizzanti sul tessuto interessato per la terapia
di patologie specifiche, principalmente di natura oncologica.
Può utilizzare sorgenti esterne come gli acceleratori lineari
(irraggiamento esterno), oppure sorgenti interne. Queste ultime
possono essere sigillate, vedi Brachiterapia, o non sigillate per essere
iniettate, vedi Medicina Nucleare.
Responsabile d’Impianto
Radiologico
D. Lgs. 187/2000, art. 2, comma 2, lettera b): Il medico specialista
in radiodiagnostica, radioterapia o medicina nucleare individuato
dall’esercente. Il responsabile d’impianto radiologico può essere lo
stesso esercente qualora questo sia abilitato a svolgere direttamente
l’indagine clinica.
Nota - La figura del “responsabile d’impianto radiologico” è priva di
corrispettivo nella normativa di lingua inglese.
Rete d’Allarme
Complesso delle stazioni di rilevamento radiometrico delle situazioni
ambientali determinate da incidenti che possano comportare
un’emergenza.
Ricaduta Radioattiva
Deposizione di materia radioattiva dispersa nell’atmosfera, o la materia
radioattiva depositata.
Nota - Il termine “ricaduta radioattiva” viene principalmente associato
alla deposizione di materia radioattiva conseguente a esplosioni
nucleari o ad incidenti nucleari.
Rifiuti Radioattivi
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
3, lettera i): qualsiasi materia radioattiva, ancorché contenuta in
apparecchiature o dispositivi in genere, di cui non è previsto il riciclo
o la riutilizzazione.
Rilascio (di Materia
Radioattiva)
Immissione non intenzionale di materia radioattiva nell’ambiente, in
condizioni totalmente o parzialmente fuori controllo ed entro o al di
sopra dei limiti autorizzati, conseguenza di un malfunzionamento o di
un incidente.
Rischio da Radiazioni
Ionizzanti
Eventualità, per un individuo esposto a radiazioni ionizzanti, di subire un
danno a seguito del verificarsi di circostanze più o meno prevedibili.
Nota - Secondo l’ICRP 60 (1991), par. 43, il concetto di “rischio da
radiazioni ionizzanti” include non soltanto la probabilità di un evento
dannoso, ma anche le sue conseguenze (gravità del danno e sua
distribuzione nel tempo).
Scenario di Riferimento
Reference Scenario
Descrizione realistica dell’incidente previsto, comprensiva delle
valutazioni “a priori” degli effetti sulla popolazione e sui beni in una
collocazione spaziale e temporale definita.
Nota - Il piano d’emergenza viene sviluppato sulla base dello scenario
di riferimento.
39
Sicurezza Nucleare
(Safety)
Complesso delle azioni di analisi, valutazione e attuazione volte al
raggiungimento di condizioni operative appropriate e alla prevenzione
di incidenti o alla mitigazione delle loro conseguenze, al fine della
protezione dei lavoratori, della popolazione (persone del pubblico) e
dell’ambiente dai rischi indebiti connessi alle radiazioni ionizzanti.
Sicurezza Nucleare
(Security)
Complesso delle azioni di analisi, valutazione e attuazione, volte alla
prevenzione di furti, di azioni di sabotaggio, di accessi non autorizzati,
di trasferimenti illegali, e di altri atti criminosi che coinvolgano materiali
radioattivi e/o apparecchiature e strumenti con essi associati.
Sito
Area d’insediamento di un impianto nucleare o di altra installazione
radiologica, tenuto conto delle sue caratteristiche geografiche,
sismiche, morfologiche, meteorologiche, idrologiche, agricole,
demografiche e socio-economiche, ai fini della radioprotezione della
popolazione e dell’ambiente.
Smaltimento (dei Rifiuti
Radioattivi)
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
3, lettera n): Collocazione dei rifiuti, secondo modalità idonee, in un
deposito, o in un determinato sito, senza intenzione di recuperarli.
Sorgente Ad Alta Attività
Sorgente sigillata contenente un radionuclide la cui attività al momento
della fabbricazione o, se questa non è nota, al momento della prima
immissione sul mercato è uguale o superiore al livello di attività fissato
nell’allegato I del decreto legislativo 52/07.
Sorgente Non Sigillata
D. Lgs 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
3, lettera s): Qualsiasi sorgente che non corrisponde alle caratteristiche
o ai requisiti della sorgente sigillata.
Sorgente Orfana
Sorgente sigillata la cui attività è superiore, al momento della sua
scoperta, alla soglia stabilita nella tabella VV-I dell’allegato VII del
D.Lgs. 230/95, e che non è sottoposta a controlli da parte delle autorità
o perché non lo è mai stata o perché è stata abbandonata, smarrita,
collocata in luogo errato, sottratta illecitamente al detentore o trasferita
ad un nuovo detentore non autorizzato ai sensi del D.Lgs. 52/07 o
senza che il destinatario sia stato informato.
Nota - Definizione tratta dal D.Lgs. 52/07
Sorgente Radioattiva
Sorgente di radiazioni ionizzanti costituita da materia radioattiva,
ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, dei
quali, ai fini della radioprotezione, non si può trascurare l’attività o la
concentrazione di radionuclidi o l’emissione di radiazioni.
Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche
e integrazioni, art. 4, comma 3, lettera q).
Sorgente Sigillata
Sorgente formata da materie radioattive solidamente incorporate in
materie solide o di fatto inattive, o sigillate in involucro inattivo che
presenti una resistenza sufficiente per evitare, in condizioni normali di
impiego, dispersione di materie radioattive superiore ai valori stabiliti
dalle norme di buona tecnica applicabili; la definizione comprende, se
del caso, la capsula che racchiude il materiale radioattivo come parte
integrante della sorgente.
Nota - Definizione tratta dal D.Lgs. 52/07
Sorveglianza Fisica
D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e integrazioni, art. 4, comma
3, lettera u): L’insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni,
delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei
provvedimenti formulati dall’esperto qualificato al fine di garantire la
protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione.(persone del
pubblico).
40
Sorveglianza Medica
Attività di prevenzione medica basata sui princìpi di medicina del lavoro,
condotta sul lavoratore esposto al rischio da radiazioni ionizzanti per
ragioni professionali; essa è affidata al medico competente o al medico
autorizzato, ed è costituita dall’analisi dei rischi individuali connessi
all’attività lavorativa e al tipo di mansione, e dall’insieme delle visite
mediche, degli esami di laboratorio e strumentali, delle consulenze
mediche specialistiche, della trasmissione di informazioni sul rischio
e sui risultati delle valutazioni sanitarie, dei provvedimenti e degli
interventi medici.
La sorveglianza medica ha come obiettivo la valutazione e la
conservazione dello stato di salute del lavoratore ed il giudizio sulla
compatibilità con il rischio, sia in condizioni normali di lavoro sia in
condizioni anormali*.
* Le condizioni anormali di lavoro, riguardanti sia esposizioni accidentali
o esposizioni d’emergenza, sia esposizioni soggette ad autorizzazione
speciale, sono di pertinenza della sorveglianza medica eccezionale.
Nota - La definizione data dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche e
integrazioni, art. 4, comma 3, lettera v): “L’insieme delle visite mediche,
delle indagini specialistiche e di laboratorio, dei provvedimenti sanitari
adottati dal medico, al fine di garantire la protezione sanitaria dei
lavoratori esposti”, non riporta tutte le attività connesse con i compiti
della sorveglianza medica.
Sorveglianza Radiologica
Termine generico che include sia la sorveglianza fisica dell’ambiente
di lavoro o dei lavoratori esposti, sia la sorveglianza ambientale.
Sostanza Radioattiva
Ogni specie chimica contenente uno o più radionuclidi di cui, ai
fini della radioprotezione, non si possono trascurare l’attività o la
concentrazione.
Tempo di Dimezzamento
Biologico (Tb)
Intervallo di tempo nel quale metà della quantità di una data sostanza
presente nell’intero organismo, o in un particolare organo o tessuto,
viene mediamente eliminata a seguito dei normali processi fisiologici
e metabolici.
Tempo di Dimezzamento
Effettivo (Te)
Intervallo di tempo nel quale, in ragione del concorrere del decadimento
fisico e dell’eliminazione biologica, l’attività di un dato radionuclide
presente nell’intero organismo, o in un particolare organo o tessuto,
mediamente si dimezza.
In formula: Te = Tb. TR / (Tb + TR)
dove: Tb è il tempo di dimezzamento biologico;
TR è il tempo di dimezzamento fisico.
Tempo di Dimezzamento (o
Emivita) Fisico (TR)
Intervallo di tempo nel quale l’attività di un dato radionuclide mediamente
si dimezza a seguito di processi di trasformazione nucleare.
L’emivita è una misura della stabilità di un isotopo: più è breve, meno
stabile è il nucleo.
Zone Calde
Ambienti di lavoro afferenti alla Medicina Nucleare: a) locali in cui si
mantiene e/o si manipola il materiale radioattivo al fine di preparare il
radiofarmaco (camera calda); b) locali del reparto in cui attendono i
pazienti trattati (attesa calda).
Zona Classificata
Ambiente di lavoro sottoposto a regolamentazione per motivi di
protezione dalle radiazioni ionizzanti. Le zone classificate possono
essere zone controllate o zone sorvegliate.
Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche
ed integrazioni, art. 4, comma 4, lettera c), e dall’Allegato III allo stesso
Decreto.
41
Zona Controllata
Zona classificata, il cui accesso è segnalato e sottoposto a
regolamentazione, nella quale, sulla base di accertamenti e valutazioni
compiuti dall’esperto qualificato, sussiste per i lavoratori che vi operano
il rischio di superamento di prefissati valori di dose.
Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche
e integrazioni, art. 4, comma 4, lettera c), e dall’Allegato III allo stesso
Decreto.
Zona Sorvegliata
Qualsiasi zona classificata che non sia zona controllata; in essa, sulla
base di accertamenti e valutazioni compiuti dall’esperto qualificato,
sussiste per i lavoratori che vi operano il rischio di superamento di uno
dei limiti di dose fissati per le persone del pubblico.
Nota - Definizione tratta dal D. Lgs. 230/1995 e successive modifiche
e integrazioni, art. 4, comma 4, lettera c), e dall’Allegato III allo stesso
Decreto.
42
Note di interesse per i soci AIRP
Applicabilità della norma CEI EN 50104 per la taratura dei sensori
di monitoraggio dell’ossigeno utilizzati nelle sale esami ospitanti le
apparecchiature di Risonanza Magnetica
Francesco Campanella, Massimo Mattozzi
ISPESL
Dipartimento Igiene del Lavoro - Laboratorio Radiazioni Ionizzanti
Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive in Radiazioni Ionizzanti (RI) e Risonanza Magnetica (RM)
istituito con Decreto ISPESL del 6 Aprile 2009, pubblicato in G.U. – Serie Generale n. 102 del 05.05.2009.
I sensori ossigeno sono stati introdotti nella tecnologia comune per scopi inizialmente del tutto diversi
dall’odierno utilizzo in Risonanza Magnetica (RM), ovvero in applicazioni industriali ove il possibile
arricchimento di ossigeno, all’interno di ambienti ospitanti alcuni tipi di lavorazioni, poteva favorire l’innesco
di incendi o esplosioni: a conferma di ciò, tutti i sensori sul mercato danno la possibilità di impostare
una soglia di allarme connesso al superamento del tenore di ossigeno in aria rispetto ad un valore del
23%, oltre il quale inizierebbe a paventarsi una situazione di possibile rischio incendio –esplosione. Nelle
applicazioni relative all’installazione nelle sale di diagnostica RM, i livelli di allarme sono invece impostati
sulla base dei rischi connessi a un insufficiente tenore di ossigeno in aria, ovvero a valori al di sotto dei
quali si paventerebbe una situazione di insufficienza respiratoria.
Pertanto, in Risonanza Magnetica, il fine non è la pronta rilevazione di un eventuale arricchimento, ma
quella di una depauperazione di ossigeno nell’ambiente, pur sfruttando la stessa tecnologia di rilevazione
e di allarme: di fatto, mediante un riadattamento dell’elettronica associata al sistema di rilevazione l’utilizzo
del dispositivo, è diventato il principale dispositivo di sicurezza utilizzato in Risonanza Magnetica nel
caso di presenza di apparecchiature con magnete superconduttore. La rimodulazione dell’elettronica del
dispositivo ha consentito l’impostazione di altre due soglie di intervento, nel rispetto di quanto disposto dal
D.M. 2.8.91, ovvero il “preallarme” (19 - 20 % O2) e l’ “allarme” (18% O2), utilizzate, rispettivamente, per
l’attivazione di un primo sistema acustico/luminoso di allerta, e di un secondo connesso con l’attivazione
contestuale ed automatica della ventilazione di emergenza.
Stante la premessa storica di cui sopra, preme evidenziare che, ovviamente, la procedura di taratura e dei
metodi di prova a cui si è fatto inizialmente riferimento per l’utilizzo in RM di questo genere di dispositivo,
non poteva che fare riferimento agli usi già in atto, almeno a livello di protocollo di lavoro generale.
Le evoluzioni succedutesi nel tempo hanno portato alla NORMA CEI EN 50104 a diverse revisioni, ed oggi,
arrivati alla terza edizione pubblicata nel 2003, ha di fatto sancito in via definitiva che qualunque sensore di
monitoraggio dell’ossigeno, prescindendo dalla natura del suo elemento sensibile di rilevazione o dal suo
particolare utilizzo, è soggetto, rispetto alle prove iniziali di laboratorio, a perturbazioni nel suo funzionamento
che sono dovute alle specifiche di installazione (ad esempio, in RM il dispositivo è permanentemente
immerso in un intenso campo magnetico), alla tipologia di elettronica associata, ai parametri microclimatici
a cui è chiamato a lavorare il dispositivo stesso, etc… Dalla presenza di tali perturbazioni ne consegue che
l’unico metodo affidabile per consentire una corretta procedura di taratura, nonché una riproducibilità di
funzionamento, prevede l’utilizzo – per l’espletamento di tale procedura - di bombole (necessariamente in
lega amagnetica per gli usi in RM) certificate pre - miscelate a concentrazione nota di ossigeno, (in genere
N2/O2) secondo quanto introdotto dalla norma medesima CEI.
La norma CEI EN 50104, ad oggi, è da considerarsi applicabile integralmente e senza riserve ai sensori
ossigeno installati sulle apparecchiature di risonanza magnetica, poiché essi vanno intesi, non come
dispositivi medici o parte integrante di essi, ma come dispositivi di sicurezza accessori asserviti a un
dispositivo medico, e la cui presenza non è di fatto pregiudizievole né per il corretto funzionamento
dell’apparecchiatura, né per la sua capacità clinico diagnostica.
Pertanto, in RM, il sensore per il monitoraggio dell’ossigeno non rientra nelle specifiche costruttive
43
dell’apparecchiatura elettromedicale, e non incide altresì in alcun modo nella sua performance diagnostica.
Ne consegue che l’impiego del sensore stesso non si configura in alcun modo come attività di carattere
“medico”, cosa che, per esempio, non vale per le camere iperbariche, dove l’arricchimento di ossigeno ha
un preciso scopo terapeutico, e il sensore ossigeno fa parte integrante del dispositivo medico in quanto
consente l’operatività del medesimo, svolgendo di fatto un ruolo preponderante nell’applicazione della
metodica medica, e consentendo la giusta performance dell’apparecchiatura ai fini della terapia ad essa
correlata.
Conseguentemente, mentre nel caso delle camere iperbariche il sensore ossigeno deve riportare
necessariamente l’iscrizione al “Repertorio D.M. del Ministero della Salute N…….”, necessitando, per il
suo utilizzo, di una specifica autorizzazione da parte del Ministero stesso (così come per una qualunque
apparecchiatura elettromedicale), nel caso della risonanza magnetica il sensore di monitoraggio
dell’ossigeno è svincolato da tale autorizzazione, in quanto appunto “accessorio di sicurezza”: il dispositivo
e la sua procedura di taratura, comprensiva di specifiche prove di funzionamento, rientrano pienamente
nel campo di applicazione richiamato nella norma CEI EN 50104.
Cita infatti testè la norma, che lo scopo correlato all’utilizzo del sensore, per rendere la medesima
applicabile, è quello di “...fornire un’indicazione, un allarme, o altri segnali di uscita, allo scopo di dare
un avvertimento della presenza di un rischio potenziale, e in alcuni casi per intraprendere, in modo
automatico o manuale, un’azione di protezione...”, ovvero, nel caso specifico della Risonanza Magnetica,
attivare la ventilazione di emergenza, quale ulteriore dispositivo di sicurezza atto allo scopo di ovviare alla
depauperazione dell’ossigeno presente nell’ambiente, e specificatamente in sala magnete, in ciò non
venendo in alcun modo contemplato il criterio della performance diagnostica legate alla metodica medica.
Il sensore ossigeno in sala RM è di fatto riconducibile agli stessi scopi di sicurezza dei sensori di fumo/
incendio che vengono installati nella sala magnete o nel locale tecnico, e che sono necessari per ottenere il
CPI dei vigili del fuoco in un ambiente di lavoro che di fatto ha un livello di rischio incendio non trascurabile.
Esattamente come per il sensore ossigeno, nessun sensore per il fumo/incendio è dotato d’iscrizione al
registro sopra richiamato del Ministero della Salute semplicemente perché utilizzato in ambienti ospitanti
dispositivi medici.
Come ulteriore elemento di considerazione, si evidenzia che la norma CEI EN 50104 viene tra l’altro
richiamata dagli stessi costruttori del dispositivo quale riferimento basilare per la realizzazione di una
corretta e riproducibile procedura di taratura, tale da consentire la calibrazione del sistema di rilevamento
nel suo complesso (elemento sensibile + cavo schermato + elettronica per l’elaborazione del segnale +
display), di fatto rappresentando un’impeccabile sistema di verifica in alcun modo dipendente dalla:
• tecnologia di realizzazione dell’elemento sensibile (cella elettrochimica, etc.)
• tempo di vita dell’elemento sensibile
• parametri in qualche modo correlati alla specifica installazione, (temperatura, umidità, intensità di campo magnetico, etc.)
A corollario di quanto detto, preme evidenziare che, qualora venisse disatteso quanto di merito sopra
asserito sulla base di elementi che attualmente risultano del tutto sconosciuti a questo Istituto, tutti i sensori
installati in RMad oggi operanti sarebbero da considerarsi:
• “fuori legge”, in quanto non preventivamente autorizzati dal Ministero della Salute
• non tarati in ossequio alle procedure ed alle norme di buona tecniche valide per gli strumento di misura.
In conclusione, la presente nota rappresenta l’interpretazione corretta ed autentica che l’Istituto da molti
anni divulga e diffonde in merito alle problematiche sopra trattate, e che sono frutto di approfondimento e
studio da parte degli addetti al Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive nelle Radiazioni Ionizzanti
ed in Risonanza Magnetica, di cui al decreto commissariale ISPESL 6 aprile 2009.
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Sistema per il monitoraggio radiologico
automatico delle tubazioni
EL.SE è stata fondata nel 1990 con lo
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strumentazione
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Via Pier della Francesca, 26 – 20090 Trezzano sul Naviglio (MI)
Telefono 02 48409290 – Fax 02 48409294
www.el-se.com - [email protected]
Domanda di iscrizione all’AIRP
Al Presidente dell’AIRP
Il sottoscritto
Titolo di studio
nato il
residente in CAP
via
tel. ab.
tel. uff.
tel. cellulare
e-mail
fax
altro eventuale recapito per posta AIRP:
città
CAP
via
• ha preso visione degli artt. 2, 7, 8, 9 dello Statuto e degli artt. I, II, III, IV del Regolamento AIRP
• dichiara di svolgere la seguente attività nel campo della radioprotezione:
in qualità di
presso la seguente struttura
• allega curriculum vitae
• chiede di far parte dell’Associazione Italiana di Radioprotezione (AIRP) in qualità di
SOCIO ORDINARIO
SOCIO AGGREGATO
A tal fine è presentato dai seguenti soci ordinari AIRP regolarmente iscritti (nome e cognome in stampatello):
1)
Firma
2)
Firma
In caso di accettazione della presente domanda, il sottoscritto s’impegna a osservare lo Statuto e il
Regolamento dell’AIRP, di cui ha preso doverosa conoscenza.
Nota - Il testo della presente domanda di iscrizione, dello Statuto e del Regolamento sono disponibili sul
sito www.airp-asso.it
Data Firma
INFORMATIVA PER LA TUTELA DELLA PRIVACY
I dati personali contenuti nella domanda verranno trattati nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 “Codice
in materia dei dati personali”.
In caso di ammissione alla Associazione l’indirizzo verrà usato per inviare le comunicazioni riguardanti la attività
dell’Associazione e il Bollettino. Inoltre verrà inserito nell’elenco da fornire, dopo aver valutato la legittimità della
richiesta, ad altre Associazioni, Enti o Ditte per la diffusione di notizie scientifiche o materiale informativo di interesse
specifico. I dati potranno essere cancellati o rettificati in ogni momento su richiesta
Firma per consenso
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Vol. 169, numero 1,2 – aprile 2010