PRESENTAZIONE
Corso
Counselling
Dott. Giovanni Chirico
Psicologo-Psicoterapeuta-Counsellor
Didatta IPR
Consulente USP di Caserta
Counsellor Formatore
Presidente APA
CMI ICF-CY 2009
www.psicologia-logopedia.it
E-mail: [email protected]
Premessa
BURN OUT
E’ fondamentale saper aiutare altrimenti si rischia la sindrome del burn
out (bruciatura da inefficacia).
Gli operatori delle professione di aiuto (medici, insegnanti, educatori,
psicologi, sacerdoti…) soffrono, più degli altri, di un crollo motivazionale.
Chi aiuta se lo fa effettivamente, non solo aiuta gli altri, ma aiuta anche
se stesso. Aiutare veramente gli altri è come una ricarica per sé. In
quanto il soggetto si sentirà soddisfatto sia a livello della dimensione del
saper fare che del saper essere.
Mentre se non vi sono risultati l’energia e la motivazione ad aiutare andrà
esaurendosi.
Anche le agenzie formative possono perdere la fiducia nella propria
capacità educativa e formativa.
Noi siamo chiamati, in quanto educatori-insegnanti, ad avviare relazione
di aiuto, che stimolino la crescita dell’altro.
COSA NON E’ IL COUNSELLING
Il counselling non è:
-dare consigli (consulenza dall’inglese), dire
all’altro come agire;
-dare informazioni: rispetto ad un problema;
-agire in prima persona: ad esempio aiutare
l’altro nel risolvere un suo problema concreto;
-insegnamento: aiutare qualcuno ad
acquisire tecniche e abilità.
COSA DOVREBBE ESSERE
Afferma Rogers che quando qualcuno si trova in
difficoltà non è bene dirgli cosa deve fare, in questo
modo non l’ho aiutiamo ma bisogna aiutarlo a:
-comprendere la situazione
-a gestire il problema
-attuando da solo le scelte che desidera
realizzare.
Quindi bisogna far leva sulle competenze che la
persona possiede e far sviluppare queste
competenze per gestire da solo il problema.
COSA DOVREBBE ESSERE
Bisogna partire dal presupposto della
psicologia umanistica:
la persona ha le competenze (cognitive,
affettive e comportamentali) e noi dobbiamo
semplicemente aiutare l’altro a vederle ed
utilizzarle o svilupparle.
Per Rogers scopo dell’aiuto è accompagnare
l’altro in questa sua tendenza attualizzante o
risorsa interna.
COSA DOVREBBE ESSERE
Per K quando una situazione è oggettivamente poco rischiosa ma il
soggetto la rende difficile allora si parla di psicoterapia,
mentre se la situazione è oggettivamente rischiosa ma vi sono anche
fattori personali interni che favoriscono ciò, allora si parla di counselling.
Il counselling da alcuni viene definito come un aiuto in situazioni di crisi
psico-sociali.
-Come una vedova incapace di elaborare un lutto;
-genitori che non accettano la nascita di un figlio DA;
-una persona che non è capace di sopportare
l’insoddisfazione del lavoro.
Per alcuni autori il counselling può essere utilizzato anche per far
crescere e sviluppare l’altra persona (developmental counselling).
Spesso si decide di crescere dopo una sofferenza, ma in realtà si può
intraprendere il counselling anche in situazioni dove tutto va bene.
CARKHUFF E ROGERS
C, sulla scia di Rogers si è posto due domande:
1.quali sono gli atteggiamenti personali che
rendono efficace chi aiuta?
2.quali sono le abilità che ci permettono di
aiutare l’altro?
R accentua gli atteggiamenti personali,
mentre C focalizza l’attenzione sulle abilità che
estrinsecano questi atteggiamenti (molto più
pragmatico).
ATTEGGIAMENTI DI BASE
DEL COUNSELLOR
Per Rogers le disposizioni di fondo o gli atteggiamenti di base dell’operatore sono
(in ordine di priorità):
1.GENUINITA’/SPONTANEITA’: noi ci fidiamo di coloro che sono come
appaiono, trasparenti ed aperti. Siamo consapevoli che non ci troviamo di
fronte ad una facciata o un ruolo ma stiamo di fronte a ciò che lui
realmente è. Non ci si pone sopra il piedistallo dato dal ruolo di terapeuta,
di esperto…
Si è genuini quando si è se stessi e in continuo rapporto con ciò che si
vive dentro, senza negare o distorcere. L’operatore genuino non nega la
propria personalità, ma la esprime.
Per essere genuini c’è bisogno di congruenza tra ciò che si sente, si
pensa, si fa.
Ma attenzione bisogna essere se stessi in senso costruttivo (Mucchielli,
Apprendere il Counselling), non si può esprimere liberamente
atteggiamenti distruttivi perché bloccano e creano difficoltà relazionali.
Per R è la disposizione di base su cui poggia tutto.
Senza la genuinità non si è efficaci nella relazione di aiuto.
ATTEGGIAMENTI DI BASE
DEL COUNSELLOR
2. ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA:
R
afferma
che
bisogna
accettare
la
indipendentemente da ciò che fa, pensa e sente.
persona
L’operatore deve comunicare al cliente il suo profondo e
sincero interesse per lui come persona con potenzialità
umane senza farsi condizionare dalle idee, sentimenti e
azioni del soggetto.
Vanno evitati i giudizi morali di disapprovazione o di
approvazione
(evitare
atteggiamenti
di
giudizio,
interpretazioni… vedi esercizi).
Coloro che trovano un operatore o un interlocutore non
giudicante e genuino vengono aiutati a sviluppare in
pienezza la loro personalità.
ATTEGGIAMENTI DI BASE
DEL COUNSELLOR
-EMPATIA:
le prime due disposizione ci permettono di entrare in con-tatto con l’altro,
mentre questa ci permette di rendere il nostro intervento efficace rispetto
ai contenuti che vengono esposti.
Le prime sono la porta e questa è la sedia o il divano su cui far
accomodare l’altro.
L’empatia è “mettersi al posto dell’altro, di vedere il mondo
come lo vede costui” (Rogers e Kinget, Psicoterapia e
relazioni umane, 92).
Nel comprendere empaticamente l’altro bisogna usare
-emozioni (sentire con l’altro) e
-cognizioni (cogliere l’altro secondo i nostri schemi cognitivi).
ATTEGGIAMENTI DI BASE
DEL COUNSELLOR
GENUINITA’-ACCETTAZIONE-EMPATIA
Vengono definite disposizioni di tipo passivo.
Mentre R afferma che l’operatore deve soprattutto saper accogliere
(caratteristica femminile),
C afferma che oltre a ciò un valido operatore deve anche saper dirigere
(caratteristica maschile).
E per questo motivo che aggiungerà alla sua teoria il costrutto o l’abilità
dell’agire (iniziare). Oltre a rispondere al contenuto e al sentimento è
fondamentale agire, fare.
Quindi si supera la dicotomia tra counselling non direttivo e
counselling direttivo.
Per R l’aiuto si può dare anche solo ascoltando l’altro senza agire
direttamente con tecniche o strategie. Lui combatteva gli operatori
invadenti e manipolativi.
ATTEGGIAMENTI DI BASE
DEL COUNSELLOR
C ha aggiunto alla triade degli atteggiamenti di R altri:
1.CONFRONTO: si tratta di contrapporre alcuni pensieri o
modi di sentire e di agire del cliente che sono contraddittori o
incoerenti e che impediscono la crescita della persona.
Si tratta di abbattere dei meccanismi interni che ostacolano
un sano sviluppo della personalità.
Attraverso il confronto aiutiamo il cliente a:
-esplorare pensieri, sentimenti e comportamenti che si
evitano e non si vogliono vedere;
-analizzare comportamenti autodistruttivi;
-sviluppare risorse sottovalutate.
ATTEGGIAMENTI DI BASE
DEL COUNSELLOR
Per Egan con il confronto possiamo aiutare l’altro ad eliminare:
DISCREPANZE:
-incongruenze tra ciò che uno pensa e ciò che uno sente (penso che la vita sia bella ma si
sente spesso triste);
-incongruenze tra ciò che uno sente e ciò che uno dice (si sente ansioso e dice di essere
calmo);
-incongruenze tra ciò che uno dice e ciò che uno fa (io sono un vero credente e poi agisce
in modo incoerente).
DISTORSIONI:
quando si è incapaci di leggere la realtà per com’è al fine di evitare ciò che spaventa o è
spiacevole.
Vedi il meccanismo della distorsione cognitiva o della dissonanza cognitiva o i meccanismi
di difesa…
GIOCHI PSICOLOGICI:
dove il soggetto tende a strumentalizzare l’altro per difendersi o ricevere gratificazioni.
Il Confronto va fatto con cautela e al momento giusto (qualcuno lo sconsiglia), sicuramente
in una seconda fase dei colloqui.
Però è una fase fondamentale perché aiuta a prendere consapevolezza di modalità
inadeguate che bloccano la crescita della propria personalità.
ATTEGGIAMENTI DI BASE
DEL COUNSELLOR
2. IMMEDIATEZZA:
si tratta della capacità di saper vedere ed essere
consapevoli.
Comunicando le proprie impressioni, nel qui e ora,
circa ciò che si sta realizzando, di significativo, tra
l’operatore e il cliente.
Questo intervento aiuta (modeling) l’altro a vedere
come si può esprimere direttamente ciò che si
pensa o si sente nei confronti degli altri.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING
1.Attenzione
4. Iniziare
counselling
3.Personalizzare
2.Rispondere
ATTENZIONE
L’attenzione è un’abilità di pre-aiuto.
Questa permette il coinvolgimento del cliente.
Si ha attraverso l’attenzione fisica:
-OSSERVARE
(l’aspetto fisico e comportamentale dell’altro)
-ASCOLTARE
(capire il tono e lo spirito delle espressioni verbali
dell’utente).
RISPONDERE
Il rispondere (psicoanalisti, post analisti
rogersiani…) è una fase che porta all’insight.
e
Per il fattore rispondere si fa riferimento alle
seguenti abilità:
-empatia,
-rispetto,
-calore umano,
-concretezza o specificità…
Tutto ciò facilita l’autoesplorazione e lo sviluppo di
una buona consapevolezza e questa ci permette di
vedere dove siamo e chi siamo. Io reale.
RISPONDERE
Il Rispondere ha 3 diversi livelli:
-rispondere al contenuto attraverso la
riformulazione di ciò che l’altro sta dicendo;
-rispondere ai sentimenti e lo si fa
riflettendo o verbalizzando le esperienze
dell’altro.
-Infine si può unire in un'unica risposta
contenuti e sentimenti per esprimere il
significato che quella esperienza ha per il
cliente.
PERSONALIZZARE
Personalizzare o interiorizzare.
Questo aiuta il cliente nel processo di auto comprensione.
Permette all’utente di vedere dove desiderano o
dovrebbero essere. Io Ideale.
Il
personalizzare
permette
al
cliente
di
comprendere e quindi di trasformare i loro problemi
in obiettivi.
INIZIARE
La fase dell’iniziare porta all’azione (comportamentisti).
Per il fattore iniziare sono importanti abilità quali:
-genuinità
-capacità di aprirsi all’altro
-concretezza nel risolvere problemi e realizzare programmi
di azione.
Attraverso l’iniziare si aiuta il cliente ad agire
concretamente.
L’azione ci permette di muoverci da dove siamo a dove
vogliamo arrivare. Si attua attraverso dei programmi concreti
di azioni. Si parte dal definire gli obiettivi e dei compiti e
passi specifici necessari per raggiungere quegli obiettivi.
INIZIARE
Nell’azione si fissano delle precise scadenze temporali.
Si stabiliscono rinforzi in riferimento ai passi fatti (un premio
dopo il passo) e infine vi è la verifica.
Esempio:
il tuo obiettivo è quello di migliorare le risposte alle
esperienze degli altri. I tuo compiti comprendono
l’attenzione fisica, l’osservare e l’ascoltare… Il primo passo
da dare è guardare in faccia alla persona.
Poi vi è il feedback che focalizza l’attenzione sull’efficacia
delle azioni realizzate dal cliente e dal grado di
soddisfazione dell’azione compiuta.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING
L’attenzione porta al coinvolgimento.
Il coinvolgimento porta all’autoesplorazione.
Un soggetto esplora il suo mondo intrapersonale quando:
-riesce a comunicare delle esperienze assai importanti con
un intensa immediatezza emotiva,
-inoltre riesce ad esprimere le sue esperienza con
specificità, esprime il suo vissuto non in modo astratto ma in
modo concreto.
Ad esempio afferma: nessuno dei miei rapporti sembra che
vada bene, sia a casa, che a scuola e sembra che tutti mi
trattino male e per questo motivo non mi va di vedere
nessuno.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING
Grazie all’autoesplorazione io posso arrivare alla comprensione degli
obiettivi.
Essi (utente) mettono a fuoco i loro occhi interni per trovare una
soluzione ai loro problemi.
Quindi comprendono dove dovrebbero essere o dove desiderano che
siano.
Un soggetto è impegnato in un processo interno di comprensione
quando prende in considerazione e verbalizza delle possibili alternative
di azione. In questo senso la persona costruisce possibili alternative alla
sua attuale situazione e poi decide in base alle convinzioni personali e
ambientali.
Un esempio di comprensione di sé: penso di essermi comportato male,
credo che dovrei cercare di trattare loro come io desidero essere
trattato.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING
Successivamente viene l’azione, cioè il raggiungimento di
obiettivi concreti, ci si muove verso la situazione desiderata.
Agire richiede di definire degli obiettivi specifici, sviluppare
dei programmi per raggiungerli e mettere in pratica passi
concreti del programma.
Si agisce in modo programmatico quando ad esempio un
soggetto afferma: nelle relazione con gli altri cercherò di
capirli, ad essere attento ed empatico e così loro mi
tratteranno allo stesso modo.
Una volta che agiamo abbiamo anche un feedback che ci
permette di verificare il livello di prestazione raggiunto dal
soggetto.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING
ATTENZIONE
COINVOLGIMENTO
RISPONDERE
ESPLORAZIONE
PERSONALIZZARE
COMPRENSIONE
INIZIARE
AZIONE
1.ATTENZIONE
Per poter passare le varie fasi del processo di aiuto è
fondamentale coinvolgere il cliente.
Questo si ottiene prestando loro attenzione.
Esercizio della difficoltà di prestare attenzione… pag 64
Le fasi del prestare l’attenzione comprendono:
1.1. PREPARARSI ALL’ATTENZIONE
1.2. PRESTARE ATTENZIONE ALLA PERSONA
1.3. OSSERVARE
1.4. ASCOLTARE
1.ATTENZIONE
1.1. PREPARARSI ALL'ATTENZIONE
Le sottofasi del prepararsi all’attenzione sono:
1.1.1. Preparare il cliente
1.1.2. Preparare il contesto.
1.1.3. Preparare noi stessi.
1.ATTENZIONE
1.1.1. Preparare il cliente
Attività che comprende:
1.1.1.1.conattarli. Salutarli in modo formale e stabilire un
accordo comune circa il motivo della consulenza.
1.1.1.2.informarli. Questo implica:
CHI: incontreranno
QUANDO: avranno luogo gli incontri
DOVE: dove avranno luogo gli incontri
COME: arrivarci
QUALI: scopi generali di questo contatto
PERCHE’: il motivo dell’incontro
1.1.1.3.incoraggiarli. Implica il puntare sulla possibilità di
offrire motivazioni al cliente per lasciarsi coinvolgere.
1.ATTENZIONE
1.1.2. Preparare il contesto.
Questa implica il preparare bene il contesto,
mobili, sedie ed organizzare il nostro studio.
1.1.2.1. Predisporre i mobili: Ideale 2 sedie
senza scrivania o altre barriere di fronte. Quando
ci sono colloqui con le coppie o famiglie è utile
mettere le sedie in cerchio.
1.1.2.2. Predisporre gli oggetti affinché siano
stimoli per un rapporto (soprattutto per i bambini).
1.1.2.3. Ordinare, senza un disordine eccessivo e
tenere pulito l’ambiente del colloquio.
1.ATTENZIONE
1.1.3. Preparare noi stessi.
Rilassandoci attraverso il ricordo di esperienze
piacevoli e la tecnica del rilassamento muscolare,
il training autogeno, la fantasia guidata, il respiro
rilassante.
Inoltre si prepara la scheda degli obiettivi e anche
gli appunti presi e le considerazioni avute.
E’ bene scrivere una sintesi dopo il colloquio e
rileggerla prima del colloquio.
1.ATTENZIONE
1.2. PRESTARE ATTENZIONE ALLA PERSONA
Il prestare attenzione alla persona è certamente una delle
abilità più importanti del processo di aiuto psicologico.
Ciò non solo coinvolge la persona, ma la fa anche sentire
importante.
Per realizzare ciò basta seguire alcune indicazioni preziose
di Carkhuff.
1.ATTENZIONE
1.2. PRESTARE ATTENZIONE ALLA PERSONA
1.2.1. La prima è quella di mettersi di fronte. Infatti le
sedie vanno posizionate in modo da poter stare uno di
fronte all’altro (in posizione angolare).
1.2.2. L'altra indicazione è di inclinare il corpo in avanti.
Appena ci si è seduti si appoggiano i gomiti sulle cosce e in
questo modo si ottiene l'inclinazione in avanti.
1.2.3. Infine, si cerca di seguire il cliente soprattutto
tenendo il contatto oculare durante tutto l'incontro.
Contatto non fisso perché le persone timide si sentono controllati o giudicati.
1.ATTENZIONE
1.3. OSSERVARE
OSSERVARE L'ASPETTO ESTERIORE E IL COMPORTAMENTO
Si tratta di osservare il comportamento non verbale.
Attraverso questi inferire il suo grado di energia fisica, lo
stato emotivo e la disponibilità all’aiuto.
Osservare è certamente una opportunità unica per cogliere
quanti più elementi è possibile sulla persona.
Anche il viso ci da molti segnali dello stato interiore e dei
sentimenti del cliente.
Infine si pone l'attenzione alla cura che la persona ha di sé.
1.ATTENZIONE
1.3. OSSERVARE
1.3.1. Il grado di energia
L’energia è la quantità di sforzo fisico che si è in grado di
investire nello svolgimento di un compito. Per vedere ciò
dobbiamo analizzare la dinamicità delle posture.
Si cerca di vedere, attraverso l'osservazione dei movimenti
del corpo:
-del peso corporeo (peso grande o piccolo non sono buon
segno di energia)
-della cura di sé (pulizia e ordine richiedono energia)
-e della dinamicità della postura (se siede scomposto e
con le spalle curve non ha tanta energia, se si muove
troppo può essere indice di agitazione).
1.ATTENZIONE
1.3. OSSERVARE
1.3.2. Inferire i sentimenti
K ricorda che sono soprattutto le espressioni del viso a
rivelare i sentimenti che il soggetto vive.
Ma anche i movimenti del corpo -troppo lenti o troppo
rapidi- e la postura danno valide indicazioni.
La tristezza si esprime con: fronte corrugata,
atteggiamento scomposto, occhi bassi, aspetto trascurato,
movimenti lenti…
La gioia si vede da: sopracciglie sollevate, posizione vigile,
contatto oculare, aspetto curato, movimenti rapidi…
1.ATTENZIONE
1.3. OSSERVARE
1.3.3. Disponibilità all'aiuto
L'aspetto e il comportamento ci danno valide indicazioni
sulla disponibilità all'aiuto del soggetto.
Una volta visto il livello di energia e il sentimento si deduce
se la persona è interessata al colloquio. Bassi livelli
indicano anche poca disponibilità all’aiuto.
1.3.4. Trarre inferenze dalle osservazioni
Ciò che noi osserviamo ci permette di fare ipotesi che
vanno confermate da altri dati. Sono inferenze e non dati
oggettivi. Le ipotesi vanno confermate dalla raccolta di tanti
dati oggettivi.
1.ATTENZIONE
1.3. OSSERVARE
1.3.5. Osservare le incongruenze
Le incongruenze si hanno quando la persona non dimostra coerenza
nei diversi aspetti del proprio comportamento e del proprio aspetto
esteriore.
Ad esempio alcune persone si dimostrano disponibili solo a livello
verbale, mentre poi a livello non-verbale si nota che il colloquio non
interessa molto.
Ad esempio dice di stare bene ed è seduta con un atteggiamento di
stanchezza e con la testa abbassata.
1.3.6. Osservare noi stessi
E’ molto utile durante il colloquio osservare ciò che facciamo e ciò che
sentiamo. Siamo congruenti, abbiamo energie per aiutare e siamo
attenti?
1.ATTENZIONE
1.4. ASCOLTARE
L'ascolto continuo e attento dell'altro è certamente uno degli aspetti
centrali per poter cogliere come la persona percepisce se stesso e il
mondo intorno a sé.
K da alcuni suggerimenti che motivano il conduttore all'ascolto.
1.4.1. Un motivo per ascoltare
Perché ascoltiamo le persone, cosa ci spinge a fare ciò? La relazione
di aiuto è il motivo principale.
L'ascolto riguarda
l'aspetto fisico, emotivo e intellettuale. Cioè
dobbiamo concentrarci non solo sulle parole (contenuto), ma anche sul
tono della voce e come si esprime la persona (relazione).
1.ATTENZIONE
1.4. ASCOLTARE
1.4.2. Sospendere il giudizio
Per poter ascoltare l'altro è importante sospendere qualsiasi giudizio
personale. E ciò vuol dire sospendere i nostri valori e le nostre opinioni
rispetto a ciò che l’altro va dicendo.
1.4.3. Concentrarsi sulla persona
Non solo bisogna cercare di evitare di seguire la voce giudicante che è
dentro di noi, ma bisogna anche evitare di distrarsi durante il colloquio.
Quindi, durante l'incontro si cerca di eliminare tutti gli stimoli che
possono distrarci. Per esempio si abbassa la suoneria del telefono,
evitare posti rumorosi, si dice agli altri di non interrompere per nessun
motivo...
1.ATTENZIONE
1.4. ASCOLTARE
1.4.4. Concentrarsi sul contenuto
Ho visto, nella mia pur breve esperienza, che concentrarsi sul contenuto
che l'altro sta dicendo è centrale per tutto il processo di aiuto.
Basta far riferimento alle 6 domande:
-Chi? -Cosa? -Perché? -Quando? -Dove? -Come?
1.4.5. Ricordare
E’ importante ricordare ciò che l’altro dice e sente e per fare questo occorre
sintetizzare l’esposizione orale del cliente e provare a cogliere il contenuto
che ne è alla base.
1.4.6. Temi ricorrenti
In genere i clienti hanno dei temi ricorrenti in cui sono particolarmente
coinvolti.
Livello Benessere
estetica
salute
sessuale
Valori…
atletica
Arte…
cognitiva
fede
relazioni
significato
emotiva
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