DOMENICA 5 APRILE 2015
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Politica e migranti
L’Africa gialla
che ci salverà
di Guido Santevecchi
a pagina 19
Emanuele Severino
nel supplemento
Gli Stati Uniti hanno Big Blu.
Una super bomba in grado di
distruggere bunker o gallerie
scavate nei fianchi di una montagna, come l’impianto atomico iraniano di Fordow. Un messaggio a Teheran, fatto trapelare nei giorni dell’accordo sul
nucleare. Ma anche a Israele,
perché capisca che quello di
Obama non è un cedimento.
di Ernesto Galli della Loggia
AP
C
Il modello della «super bomba» Usa durante la fase di sviluppo, nel 2007
a pagina 16
● IL NUCLEARE& TEHERAN
IL COMMENTO
di Pierluigi Battista
Tangenti e appalti Il manager collabora con i magistrati. False consulenze per versare mazzette
a pagina 17
ROMA-NAPOLI
«Così corrompevo i politici»
Lo striscione
che offende
una madre
Il verbale di Simone, l’uomo della coop arrestato con il sindaco di Ischia E tutti noi
Video Un liceale racconta così la sindrome di Down
di Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini
di Mario Sconcerti
C
D
onsulenze e subappalti a soggetti legati a politici e funzionari che assegnano l’appalto. È
il sistema usato dalla Cpl Concordia, la coop al
centro dell’inchiesta di Ischia, rivelato ai pm dal
suo manager Francesco Simone.
alle pagine 2 e 3 Menicucci
● GIANNELLI
ha 18 anni, Giovanni 12. Giovanni
La sorpresa dei 5 Stelle:
«Vi presento G iacomo
è Down. Con l’aiuto delle due sorelle,
Giacomo ha girato un video ironico e
i consensi crescono ancora
Giovanni,
commovente, che racconta la distanza tra le
aspettative del mondo ordinario e i desideri di
«Giò»
(nella
foto):
«Lui
mi
cambia
la
vita
ogni
mio fratello» giorno, ho provato a cambiare quella degli di Nando Pagnoncelli
di Paolo Di Stefano
vivi accanto a un poQ uando
eta, un po’ poeta diventi. È
9 771120 498008
di Etgar Keret
a pagina 28
altri». Il video sta spopolando sul Web. E ora
potrebbe diventare una serie.
a pagina 22
P
d primo con il 35,7% (-0,9 da febbraio), M5S
secondo (21,3%, +1,5). Terza la Lega (13,7%)
che supera Forza Italia (13,5%).
a pagina 9
di Aldo Grasso ● LA STORIA
● PADIGLIONE ITALIA
CENTO ANNI DOPO
L’ADDIO E LE ACCUSE: L’ULTIMA POESIA DI LADY BONDI A TRIESTE,
50 4 0 5>
IL RACCONTO
LA PAURA
QUELLA NOTTE
(RAGIONEVOLE) CHE SOGNAI
DI ISRAELE
AHMADINEJAD
Conti, Olimpio, Sarcina
continua alle pagine 28 e 29
toccato a Manuela Repetti dettare l’addio a Forza Italia: ha parlato del suo destino (suo e del
compagno poeta Sandro Bondi)
come di un salto nel buio, intingendo le parole nel calamaio del
disamore.
Tutti a dire che se anche Bondi abbandona, significa che la fine di FI incalza, che se a lasciare
Berlusconi è un uomo che ha visto in lui il Redentore, allora è
tragedia politica. In realtà, a
ispirare il distacco è stata Ma-
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DEI CRISTIANI
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Le idee
Oggi
A lezione di maoismo
nelle campagne cinesi
Coscienza e coraggio
ristiana la nostra
identità? Ma quando
mai! Innanzi tutto
non ce lo permette
forse neppure la
nostra Costituzione;
sicuramente poi ce lo vieta
l’Europa e ancor più
sicuramente ce lo vieta il
pensiero dominante. Secondo
il quale tutto ciò che ci
distingue, infatti, a
cominciare dallo stesso
termine identità, è sospetto:
allude a possibili
discriminazioni, esclusioni,
persecuzioni. Se vogliamo
essere dei bravi democratici
(come vogliamo), possiamo
avere quindi solo identità
cosmopolite, universali,
fruibili e condivisibili senza
distinzioni da chiunque,
sanzionate da diritti
altrettanto universali. E
poiché ognuno di noi deve
sentirsi libero di essere
qualunque cosa, ne segue che
come collettività, come
insieme, non possiamo essere
nulla, consistere in nulla,
identificarci in nulla di
storicamente o culturalmente
determinato. Neppure
lontanamente possiamo
pensare, ad esempio, di avere
«radici» (ambiguo termine
biologico che, come è stato
denunciato, solo per questo
già sa di razzismo), radici in
una storia, in una tradizione,
in una cultura. Figuriamoci
poi in una religione. Ancora
ancora, grazie al ricordo della
Shoah, avvertiamo un leggero
soprassalto se ammazzano
qualche ebreo in un
supermercato parigino o in
un museo di Bruxelles. Ma se
in una contrada d’Africa o
d’Asia da anni abbattono croci
e incendiano chiese a decine,
fanno schiave e violentano
donne solo perché cristiane,
se per la stessa ragione
decapitano o freddano con un
colpo alla nuca chiunque non
preghi Allah, non riusciamo a
scomporci più di tanto.
ANNO 140 - N. 81
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Strappo
L’uscita
con il marito
da Forza
Italia
E Silvio
chiede il
silenzio
nuela, stufa che il suo Sandro
non conti più niente, delusa che
un poeta di corte sia stato soppiantato da una coorte di guardie del corpo pronte a fare il
vuoto attorno.
Silvio vorrebbe imporre loro
il silenzio (il silenzio a un poeta!), ma i due gli rinfacciano i
linciaggi patiti, rivendicano la
lealtà mostrata, condannano la
miseria morale in cui è caduta
FI. Manuela e Sandro non sono
Claire e Frank Underwood di
House of Cards, non sono una di
quelle che negli Usa chiamano
power couple, coppia di potere.
Condividono piuttosto un mutuo patto a cui sono fortemente
legati: un esercizio del potere
spalmato di amore e cortese determinazione (basti pensare al
Bondi ministro dei Beni culturali: l’ex moglie, insegnante, spedita a New York con un incarico
al consolato, il figlio e l’ex marito di Manuela gratificati di un
contratto d’area ministeriale).
Adesso, oplà!, il salto nel buio. E il buio, direbbe il poeta, è
solo il racconto del vuoto.
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INVISIBILE
E FOLGORANTE
di Aldo Cazzullo
a pagina 25
Ai lettori
Domani i quotidiani non usciranno.
Il
tornerà in edicola martedì 7 aprile.
Il sito www.corriere.it
sarà regolarmente aggiornato.
Alle lettrici e ai lettori
auguri di buona Pasqua
opo aver visto ucciso
Ciro Esposito in fondo
a un episodio criminale
senza innocenti, ma con una
vittima, le schegge della curva
romanista non gli rendono
nessun onore, infamano anzi il
malinconico protagonismo
della madre, colpevole,
secondo il loro perverso
pensiero, di portare troppo
il suo dolore sui media.
La tristezza dell’episodio,
il suo sapore acido, si
commentano da soli.
Offende una mamma e
tutti noi. È la conferma
che gli ultrà violenti hanno
una visione macabra del
loro compito.
Sono una legione alienata
convinta che la vita sia una
vendetta continua dove uno
sgarbo ne cancella un altro,
senza fine. E se qualcuno
muore devi tacere con
devozione e arroganza,
anche se il morto è tuo
figlio, perché così va il
mondo degli esclusi. Non
possiamo essere noi a
convincere i pazzi che la
vita è da un’altra parte.
Possiamo solo difendere
noi stessi e quel che rimane di
Ciro non smettendo mai di
inorridire.
a pagina 41
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
2
Primo piano L’inchiesta
«Pagavamo finte consulenze
ai politici e agli amministratori»
Simone, il manager della Cpl Concordia, svela il sistema ai pm. Agli atti le telefonate con D’Alema
L’indagine
● Con
l’iscrizione nel
registro degli
indagati anche
dell’ex sindaco
di Procida, Luigi
Muro, si allarga
l’inchiesta
condotta dai
pm di Napoli
sui lavori di
metanizzazione di Cpl
Concordia
● La svolta di
ieri sarebbe
arrivata dopo
alcune
dichiarazioni
rese da
Francesco
Simone,
responsabile
delle relazioni
istituzionali di
Cpl Concordia
NAPOLI Francesco Simone collabora con i magistrati di Napoli. Il manager della cooperativa «Cpl
Concordia» incaricato di tenere i rapporti con politici e amministratori pubblici parla per oltre otto
ore e ammette l’esistenza di un «sistema corruttivo» svelando il meccanismo che avrebbe consentito alla società di aggiudicarsi le gare per la metanizzazione dei Comuni. L’interrogatorio è avvenuto due giorni fa nel carcere di Poggioreale dove Simone è rinchiuso da lunedì insieme ai
responsabili della società e al sindaco di Ischia
Giuseppe Ferrandino, tutti accusati di corruzione,
turbativa d’asta, riciclaggio e false fatturazioni. Sospettati di aver «controllato» i bandi di assegnazioni grazie alle elargizioni illegali di soldi e utilità
e di aver così ottenuto una posizione di dominio rispetto alla concorrenza. La «rete» di Simone —
per anni segretario e uomo di fiducia di Bettino
Craxi — è stata ricostruita grazie a intercettazioni e
verifiche svolte dai carabinieri del Noe coordinati
dai sostituto procuratore Henry John Woodcock,
Celeste Carrano e Giuseppina Loreto. Ieri sono
scattate le prime perquisizioni. E sotto inchiesta è
finito l’ex senatore di Alleanza Nazionale ed ex sindaco di Procida Luigi Muro.
Le telefonate con D’Alema
È Simone che al telefono sollecita il responsabile commerciale della «Cpl» Nicola Verrini a finanziare la fondazione di Massimo D’Alema, ma anche a trattare l’acquisto dei vini prodotti dall’azienda che fa capo al leader del Partito democratico e
di 500 copie del suo libro «Non solo euro» in occasione di un appuntamento elettorale di Ferrandino. Allegata agli atti dell’inchiesta c’è la telefonata
albergatori più importanti e presentare il frutto
del sudore della fronte...».
Le false consulenze
del 3 luglio 2013 che il manager fa all’esponente
del Pd per invitarlo sull’isola. Si tratta di un’intercettazione ambientale fatta nell’ufficio di Simone:
per questo è impossibile sentire le risposte di
D’Alema. Il manager dice: «Ho parlato del nostro
incontro con Casari al sindaco di Ischia, che è un
compagno di vecchia data ed è in collegamento
con i 400 operatori alberghieri di Ischia. Siccome
tu ci avevi accennato della tua produzione eccellente, lui sarebbe disponibile quando vorrai, se
vorrai e riterrai, di fare una specie di riunione degli
Le carte
Il documento in
cui compare il
nome dell’ex
sindaco di
Procida Luigi
Muro, insieme
con quelli
dell’ex
presidente di
Cpl Concordia
Roberto Casari
e dell’ex
responsabile di
area Nicola
Verrini: sono
tutti indagati
nell’inchiesta
sui lavori per la
metanizzazione sull’isola.
Casari e Verrini,
secondo gli
inquirenti,
promettevano
ed erogavano
danaro e altre
utilità...
attraverso
l’intermediazione di Luigi
Muro ad
amministratori
comunali
e tecnici di
Procida che si
occupavano
delle pratiche
per i lavori
da appaltare
Giovedì, con il giudice, Simone si era avvalso
della facoltà di non rispondere ma subito dopo
aveva fatto sapere ai pm di essere disponibile a rispondere alle loro domande. Incontro fissato per il
giorno successivo. Il verbale è coperto da alcuni
omissis e ciò fa presumere che abbia raccontato
circostanze sulle quali devono essere effettuate verifiche. Il resto è stato inserito nell’ordine di perquisizione al Comune di Procida che aveva affidato
alla cooperativa l’appalto per la metanizzazione.
Dichiara Simone: «Lo strumento di “penetrazione” da parte di Cpl delle pubbliche amministrazioni, stazioni appaltanti dei lavori e dei servizi cui la
Cpl è interessata, è rappresentato dalle consulenze, dal subappalto ovvero dalle forniture in favore
di soggetti legati ai pubblici ufficiali che gestiscono i medesimi appalti. Voglio dire che Cpl affida o
una consulenza (più o meno fittizia) ovvero individua un subappaltatore o un fornitore segnalato dal
soggetto pubblico che poi gli fa aggiudicare l’appalto o che gestisce le pratiche amministrative,
tanto è avvenuto, secondo un protocollo ben consolidato».
Il ruolo dei «facilitatori»
Per spiegare concretamente quali siano le modalità utilizzate dalla cooperativa modenese, Simone parla dell’incarico ottenuto a Procida. E
spiega: «Lo stesso metodo e lo stesso protocollo è
stato usato in relazione all’appalto che la Cpl si è
recentemente aggiudicata per la metanizzazione
di Procida. Il “facilitatore” è stato l’ex senatore Muro, già sindaco di Procida è legatissimo all’attuale
sindaco». Il coinvolgimento di politici o funzionari prevede, secondo la versione fornita da Simone,
una contropartita: «La “Cpl” ha utilizzato Muro per
ingraziarsi l’amministrazione comunale e cioè per
ottenere le autorizzazioni e gli atti che il Comune
ha dovuto adottare. In tal caso l’utilità è stata destinata a Muro pagando a lui o a un suo prestanome
una quota tra il 10 e il 20% del capitale della società
che è stata costituita ad hoc dalla “Cpl” per tale
opera, le cui quote sono possedute dalla stessa
“Cpl”».
Società «di scopo» e finanziamenti
Simone parla di Procida e racconta come lo
stesso metodo sia stato utilizzato a Ischia. Ferrandino aveva negato di aver percepito «tangenti» per
agevolare l’appalto, Simone sostiene che tutti i lavori sono stati ottenuti seguendo le stessa procedura. È scritto a verbale: «Quando la “Cpl” partecipa a un appalto accade talvolta che si costituisca
una società di scopo (a Ischia per esempio era la
“Ischia gas”). Ebbene al momento della costituzione il capitale e dunque le quote di tale società di
scopo hanno un determinato valore — di regola
basso — che ovviamente lievita in modo straordinario dopo l’aggiudicazione dell’appalto e soprattutto dopo l’erogazione del finanziamento pubbli-
122
20
Mila euro
I soldi stanziati nel 2014 dalla cooperativa Cpl
Concordia alla voce «contributi elettorali».
A beneficiare di più — secondo la ricostruzione
degli inquirenti — sarebbe stato il Partito
democratico della provincia di Roma con 17 mila euro
THE CONVERSE PRO LEATHER LP
Mila euro
Quanto avrebbe dato Cpl Concordia l’anno scorso
alla fondazione Italianieuropei (il presidente
è Massimo D’Alema). La cifra si trova nell’elenco
delle «erogazioni liberali» che comprende centinaia
di nomi, associazioni, scuole, onlus, parrocchie e sagre
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
PRIMO PIANO
La cancelliera
Il riassunto della vicenda
E Angela Merkel
non tradisce
la «sua» Ischia
Il caso
e i protagonisti
L’indagine
si allarga
In Italia da ieri mattina, la
cancelliera tedesca Angela
Merkel è ritornata nel luogo
che da anni ha scelto come
meta delle sue vacanze:
l’isola di Ischia. In
compagnia del marito
Joachim Sauer resterà una
settimana al borgo di
Sant’Angelo, nel comune di
Serrara Fontana. Merkel e
consorte si sono imbarcati
sul traghetto da Pozzuoli e
sono arrivati al porto di
Casamiccio nel tardo
pomeriggio, scortati dagli
agenti della Digos e del
commissariato di Ischia.
Prima di approdare
sull’isola, i coniugi hanno
visitato gli scavi archeologici
di Stabia e di Ercolano e, tra
le due tappe, hanno pranzato
a Castellammare di Stabia
(nella foto). Il menù:
antipasto di mare e di terra,
paccheri con baccalà, olive,
capperi e alici fritte.
Da Ischia a Procida. Si allarga
l’inchiesta dei pm della
Procura di Napoli Woodcock,
Carrano e Loreto sui lavori di
metanizzazione affidati alla
cooperativa Cpl Concordia in
cambio — sostiene l’accusa —
di mazzette. I carabinieri
hanno notificato ieri un avviso
di garanzia all’ex sindaco di
Procida (ed ex parlamentare di
Alleanza nazionale) Luigi
Muro, indagato per corruzione
nell’inchiesta sui lavori per la
metanizzazione a Procida.
La stessa ipotesi di reato è
contestata all’ex presidente di
Cpl Concordia Roberto Casari e
all’ex responsabile di area
Nicola Verrini. Il caso scoppia
il 30 marzo quando Giuseppe
Ferrandino, primo cittadino di
Ischia, eletto con il Pd (poi si è
dimesso), viene arrestato —
assieme a 8 persone —
nell’inchiesta su presunte
tangenti attorno alla
realizzazione di un
metanodotto sull’isola. In tutto
gli indagati sono 11, gli altri
arrestati sono Massimo
Ferrandino (fratello dell’ex
sindaco), Silvano Arcamone
(dirigente dell’Ufficio tecnico
del Comune), Francesco
Simone (responsabile delle
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nuove perquisizioni, nel mirino ora c’è Procida
«Il facilitatore è stato Muro, l’ex senatore di An»
co. Voglio dire che se per esempio il 10% di tale società di scopo vale 100 euro prima del finanziamento, dopo il finanziamento il valore della stessa
quota sarà di 100 mila euro». Poi chiama direttamente in causa l’ex senatore Muro: «Tale stratagemma è stato utilizzato per retribuire il senatore
Muro al quale la “Cpl” ha (direttamente o per interposta persona) conferito una quota della società di
scopo che si occuperà della metanizzazione di
Procida il cui valore oggi è lievitato con conseguente realizzazione di una notevole plusvalenza».
I gestori della cooperativa
Le dichiarazioni rese dal manager chiamano in
causa i vertici della «Cpl». Descrivendo il metodo
utilizzato nei rapporti con la politica, Simone racconta infatti alcuni incontri ai quali dice di aver
partecipato e che avevano come protagonista Roberto Casari, il presidente della società. Intercettazioni e verifiche lo chiamavano in causa, ma nel
corso dell’interrogatorio l’imprenditore aveva negato di aver versato tangenti sostenendo come le
procedure seguite fossero regolari. Una versione
che Simone smentisce. Dichiara il manager: «Ho
assistito personalmente a conversazioni e colloqui
tra Casari e Muro che parlavano della vicenda, nel
senso che il riconoscimento di tale somma è stato
evidentemente messo in relazione alla sua attività
in seno all’amministrazione volta a facilitare e velocizzare tutte le pratiche amministrative che sono
moltissime. Ho anche sentito Casari lamentarsi
del fatto che Muro voleva monetizzare subito il
suo guadagno, nel senso che dopo la “lievitazione” del valore della sua quota voleva venderla appena arrivato il finanziamento. Ho sentito più volte Muro dire che grazie a lui l’amministrazione
avrebbe evaso ogni pratica e adottato ogni provvedimento in modo più rapido e con esito favorevole».
I nuovi appalti pubblici
Ieri mattina sono scattate le perquisizioni. Nel
provvedimento i magistrati evidenziano come «Simone ha contribuito ulteriormente a descrivere e
delineare il quadro e i connotati di quello che si
può definire un vero e proprio “sistema corruttivo”
assolutamente generalizzato che ruota intorno e
che ispira l’attività della cooperativa “Cpl Concordia”, soffermandosi inoltre e specificamente su talune ulteriori vicende illecite, rispetto a quelle già
contestate nell’ordinanza di custodia cautelare». È
il primo passo. Nei prossimi giorni i pm torneranno in carcere per affrontare gli altri capitoli dell’ordinanza di custodia cautelare e per conoscere i
retroscena degli altri appalti che la «Cpl» ha otte-
Il metodo
Per retribuire chi li favoriva
cedevano quote di società create ad
hoc dalla cooperativa: il valore
veniva gonfiato ad appalti erogati
nuto nel corso degli ultimi anni, tenendo conto
che l’inizio della consulenza di Simone risale al
2004.
I rapporti con le Regioni
Per avere un’idea di quale sia il volume d’affari
della società basta leggere l’elenco dei documenti
sequestrati nel corso di una perquisizione disposta agli inizi dell’indagine nella sede romana della
«Cpl» e in particolare nella borsa del direttore
commerciale Verrini: «Documentazione relativa a
bandi di gara della Regione Campania, cartellina
blu con la dicitura “Pratica di Mare 2014”, cartellina nera con all’interno documentazione inerente il
bando di gara con la Regione Campania; agenda di
pelle nera contenente vari appunti; opuscolo riportante i lavori presso l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù; elenco delle attività della “Cpl Concordia nella regione Lazio”». E il giudice, ordinando
gli arresti, a proposito di Simone parla di «complessa rete di relazioni interpersonali con esponenti di rilievo del mondo imprenditoriale e politico che utilizza d’intesa con i vertici della predetta
società, anche attraverso voto politico di scambio,
turbando la libertà degli incanti e l’assegnazione
di appalti attraverso un articolato sistema corruttivo alimentato da un circuito finanziario “opaco”
localizzato in Tunisia che consente di disporre di
somme di denaro “in nero”».
Fulvio Bufi
Fiorenza Sarzanini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Partiti traditi dal 2 per mille: solo 325 mila euro
Meno di 17 mila i contribuenti: Pd in testa con 10 mila sostenitori, seconda la Lega
ROMA Doveva essere, nelle intenzioni del governo Letta che
lo varò, un sistema di finanziamento alla politica «in chiaro»,
trasparente e regolare. Ma, almeno nel primo anno di vita, la
possibilità di devolvere il due
per mille della propria dichiarazione dei redditi ai partiti si è
rivelata un flop.
Secondo i dati pubblicati dal
Sole24ore, infatti, nel 2014 sono stati raccolti — complessivamente — appena 325.711 euro e solo 16.518 contribuenti
hanno deciso di finanziare un
partito. In testa alla classifica
c’è il Pd, con 10.157 contribuenti e 199.099 euro incassati. Molto dietro, tutti gli altri. La Lega
199
Mila euro
Quanto
è stato
devoluto
al Pd nel 2014
dai sostenitori
del partito
attraverso
il due per mille
della loro
dichiarazione
dei redditi
è seconda (1.839 persone,
28.140 euro), Sel è terza per aficionados (1.592) ma quarta come gettito (23.287 euro), scavalcata da Forza Italia che ha
molti meno contribuenti (appena 829) ma molto più «danarosi» (24.712 euro).
Un po’ quanto capita alla Sudtiroler Volkspartei, alla quale
bastano 511 persone per mettere insieme 16.600 euro. Per tutti gli altri — Partito socialista,
Fratelli d’Italia, Union Valdotaine, Scelta civica, Udc, Partito
autonomista trentino tirolese
(fanalino di coda: 39 contribuenti, 656 euro) — ci sono le
briciole. E oggi, visto che siamo
di nuovo sotto presentazione
della dichiarazione dei redditi,
sono tutti lì a chiedersi cosa è
andato storto.
Secondo Marco Marsilio, tesoriere di FdI (510 sostenitori,
9.326 euro incassati) «la legge
è tutta da rivedere. La gente
non si fida di dire, di fatto, per
chi vota. Se i dati del 2015 dovessero essere simili, va fatto
un discorso generale sul finan-
La poca fiducia
Marsilio, tesoriere FdI:
«Legge da rivedere, la
gente non si fida di dire,
di fatto, per chi vota»
3
ziamento ai partiti». Anche per
Roberto Calderoli, uno dei tre
«amministratori» della Lega,
«il problema è la forma di
schedatura politica, visto che il
voto dovrebbe essere segreto. E
poi, un anno fa, la modulistica
arrivò tardi». Chi si ritiene soddisfatta è Sel: «Quest’anno —
dice Massimiliano Smeriglio,
responsabile dell’organizzazione — puntiamo a raddoppiare
le nostre entrate e abbiamo già
avviato una campagna di sensibilizzazione tra gli iscritti. Non
potendo fare cene da mille euro a testa, è l’unico sistema che
ci rimane».
Ernesto Menicucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La scheda
● Luigi Muro,
ex sindaco
di Procida
indagato
nell’inchiesta
sulla
metanizzazione dell’isola,
non si
presenterà
alle elezioni
comunali
del prossimo
maggio
● Muro — già
presidente
della Provincia
di Napoli, poi
parlamentare
di An e di Fli —
era infatti
in corsa come
candidato
sindaco
«in pectore»:
«Questa
vicenda — ha
detto ieri — mi
amareggia
e sono
convinto
che la
magistratura
mi aiuterà
a chiarire tutto
e quindi
non entro
nel merito
dell’indagine»
● «È evidente
— ha
proseguito —
che per non
coinvolgere
la mia isola
e i miei amici
intendo uscire
dalla sfida
elettorale
fino a quando
la mia
posizione non
sarà chiarita»
Sotto accusa Luigi Muro
(a sinistra), ex sindaco di Procida,
e Giuseppe Ferrandino, ex primo
cittadino di Ischia (foto Di Meo, Ansa)
relazioni istituzionali di Cpl
Concordia), Roberto Casari (ex
presidente di Cpl), i dirigenti
Nicola Verrini (responsabile
commerciale dell’area
Tirreno), Bruno Santorelli
(responsabile Nord Africa),
Maurizio Rinaldi (presidente
del cda di Cpl distribuzione) e
l’imprenditore Massimiliano
D’Errico. Sono accusati, a vario
titolo, di associazione per
delinquere, corruzione
internazionale, turbativa
d’asta, false fatturazioni. Per i
pm la cooperativa avrebbe
pagato mazzette a Ferrandino
— attraverso la costituzione di
fondi neri — per ottenere
l’appalto di metanizzazione
dell’isola. Dalle intercettazioni
spuntano i nomi di uomini
politici, militari, membri del
governo, e persino di
protagonisti del mondo del
calcio (tutti non coinvolti
dall’inchiesta). Nelle carte si
parla anche di Massimo
D’Alema (anche lui non è
indagato) in relazione
all’acquisto nell’arco di tre anni
da parte di Cpl di 2.000
bottiglie di vino prodotte
dall’azienda della famiglia di
D’Alema. L’ex presidente del
Consiglio rivendica l’«assoluta
trasparenza» del suo operato e
in un colloquio con il Corriere
della Sera parla di «vicenda
scandalosa» e definisce
«incredibile diffondere
intercettazioni che nulla
hanno a che vedere con
l’indagine».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
5
Primo piano Il centrodestra
Fitto attacca il partito «senza regole»:
un cupo bunker intorno a Berlusconi
«La Rossi non può fare le liste». E lei: sono i cittadini che ci chiedono di cambiare
Tensioni
● Da mesi
Forza Italia è un
partito lacerato
da tensioni e
scontri interni.
In primo piano
la frattura di
Fitto, che
contesta la
linea di
Berlusconi su
riforme, classe
dirigente e
processi
decisionali e ha
dato vita alla
convention dei
«Ricostruttori»,
a cui hanno
aderito una
quarantina di
parlamentari
● A contribuire
ai malumori nel
partito è anche
il «cerchio
magico» vicino
a Berlusconi,
che per molti
starebbe
condizionando
troppo l’ex
premier. Tra le
collaboratrici
più fedeli c’è la
senatrice e
tesoriera
Mariarosaria
Rossi, che il 25
marzo ha
spedito una
lettera ai
comitati
regionali. Le
indicazioni per
le liste: favorire
i giovani,
garantire parità
di genere,
«over 65»
ammessi solo
in casi
eccezionali e se
in regola con il
versamento
delle quote
● Paolo
Romani,
capogruppo di
Forza Italia al
Senato, ha
invitato
all’unità:
«Siamo divisi,
litigiosi, i
peggiori di noi
vanno in tv a
dire cretinate.
Da Brunetta
alla melassa di
stampo Dc, non
abbiamo più,
capacità di
dialogo».
È in questo
contesto che si
colloca anche
l’addio al
partito di un
volto storico
come Sandro
Bondi e della
sua compagna
Manuela
Repetti
ROMA «C’è un cupo bunker intorno a Berlusconi, davvero
pensiamo che le liste possano
essere fatte e disfatte dalla senatrice Mariarosaria Rossi?»,
chiede Raffaele Fitto sferrando
un nuovo attacco al cuore pulsante dell’ultimo berlusconismo. E la domanda non rimane
inevasa. Perché, stavolta, Mariarosaria Rossi risponde. «Per
quanto riguarda le liste», è il
ragionamento della parlamentare più vicina a Silvio Berlusconi, «quelle dell’ultimo Parlamento non le ho fatte io. Non
mi sembra che qualcuno abbia
contestato la legittimità di chi
le aveva compilate, che non era
certo una legittimità diversa da
quella che ho io. E, soprattutto,
non mi sembra che gli esiti siano stati eccellenti». Un paio di
frasi, tre obiettivi diversi. Una
risposta all’eurodeputato pugliese e una puntura di spillo a
chi — come Denis Verdini e
Sandro Bondi — in passato
non troppo lontano decideva i
destini di chi veniva eletto e di
chi no, dentro Forza Italia.
L’ennesimo capitolo della
guerra interna al movimento
berlusconiano viene scritto nel
giorno in cui Silvio Berlusconi,
per la prima volta dopo due anni, torna a mettere piede a Villa
Certosa. Vi passerà Pasqua e
Pasquetta, in compagnia della
A Villa Certosa
Per il leader riunione di
famiglia in Sardegna. E
c’è anche la senatrice
nel mirino dell’ex ministro
tellettualmente onesto». E agg i u n g e : « I l ce n t ro d e s t r a
italiano, in primo luogo grazie
a Berlusconi, è stato a lungo
depositario delle speranze e
delle attese degli italiani in vista di una profonda riforma liberale. Un mix di errori politici
e di circostante esterne negative ha purtroppo impedito di realizzare questa promessa. Ma
non eravamo un partito liberale di massa?».
Nell’analisi di Fitto trovano
spazio anche le vicende che lo
riguardano più da vicino.
«Davvero pensiamo», scrive
l’europarlamentare, «che dirigenti possano essere esclusi in
Puglia, oggi dalle Regionali e
domani dalle Politiche, solo
per aver espresso un’opinione
o per aver partecipato a un’assemblea?». La risposta che Ber-
fidanzata Francesca Pascale, di
alcuni familiari e, appunto,
della senatrice Rossi. Di cui
guida tutte le mosse della controffensiva all’eurodeputato
«ribelle».
È proprio Fitto, ieri, a sferrare il primo attacco. «Piaccia o
no, la vecchia Forza Italia e il
Pdl avevano sempre rispettato
statuti e regole. Da un anno, invece, siamo in una terra di nessuno dove nulla, a Roma o sui
territori, corrisponde a quanto
scritto nello statuto». Una tesi
che la Rossi contesta, rivendicando una legittimità pari a
quella di chi l’aveva preceduta
nel coordinamento del partito.
Ma Fitto si spinge oltre. Parla
di una «Forza Italia senza regole», di «dirigenti delegittimati», della necessità di «discutere della situazione in modo in-
58
i senatori
nel gruppo
di Forza Italia
dopo l’addio di
Bondi e Repetti
(Paolo Romani
è capogruppo)
70
i deputati
che fanno
parte del
gruppo di Forza
Italia (Renato
Brunetta è
capogruppo)
lusconi gli invia tramite la Rossi sorvola su questi interrogativi. E arriva dritta a un punto.
«Fitto», è il ragionamento della
senatrice campana, «ormai si
muove come se fosse alternativo a noi. Come se si fosse messo da solo al di fuori dal partito».
Difficile intercettare quale
potrà essere il punto di caduta
di questa storia infinita. Di certo c’è soltanto che, dopo averla
ventilata per anni, la «rivoluzione generazionale» annunciata da Berlusconi sembra
davvero pronta. Nuovi dirigenti, nuove facce, nuove liste. Alle
Regionali oggi. Alle Politiche
domani.
Agli amici la Rossi, che su
quelle liste dovrà apporre lo
stesso timbro finale che un
tempo spettava a Verdini, ripete sempre lo stesso concetto:
«Sono gli elettori che ci chiedono di cambiare. Sono i cittadini che lo vogliono. Sono gli
amministratori locali che premono per il rinnovamento. La
mia circolare», quella sul limite dei tre mandati e sul tetto
agli over 65, «serviva semplicemente a fare chiarezza». La voce è la sua. La testa, ancora una
volta, quella dell’ex premier.
T.Lab.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il leader
La solitudine
18 mesi dopo
1
4
5
7
3
6
2
L’intervista
di Tommaso Labate
«Si scannino pure dopo il voto
Per vincere non rinuncio
ai cavalli di razza di Raffaele»
Schittulli: certa politica disgusta, io mi sono messo in gioco
«Se sono disgustato da
questa politica? Mentirei se le
dicessi di no. Del resto è questa
la politica che fa registrare un
così alto numero di indecisi al
voto. In Puglia oltre il 40% non
vuole andare alle urne. La mia
scommessa è convincerli. Dalla
mia professione ho ricevuto
tanto sotto l’aspetto umano. E
quel pragmatismo chirurgico
per vincere il cancro oggi può
rappresentare l’arma vincente
per una nuova politica».
Professore, in questi giorni
di tira e molla se è chiesto
«chi me l’ha fatto fare?».
«Ci sono tante malattie che
si protraggono nel tempo. Questa politica è paragonabile a
una malattia, mi auguro guaribile. Se si vuol davvero bene al
ROMA
proprio Paese, alla propria regione, al proprio comune, ci si
deve mettere in gioco, con spirito cristiano, al servizio della
persona. Io lo sto facendo».
Francesco Schittulli è il candidato governatore della Puglia
schierato dal centrodestra contro Michele Emiliano. L’ha lanciato Forza Italia. Ma ora, per
un giro di veti incrociati con
Raffaele Fitto, Forza Italia non
ha ancora accettato le sue condizioni di schierare in lista
«tutti i cavalli di razza» e di far
cadere il veto nei confronti di
«tutti i fittiani».
Un bel guaio, professore.
«Guardi, io faccio il senologo-oncologo e non mollerò la
mia professione. Sono stato direttore dell’Istituto tumori di
Bari. Lo sa che cosa ho dovuto
aspettare per fare politica?».
Che cosa?
«Che morisse mio padre.
Perché, da vivo, non me l’avrebbe mai permesso. Mio padre è
stato un democristiano moroteo dal 1946 al 1978, ha fatto anche il segretario provinciale
della Dc. Quando hanno ucciso
Moro ha lasciato la politica. E
mi ha sempre impedito di farla».
Come mai ha accettato l’invito di Forza Italia?
«Anni fa mi chiesero di correre per la presidenza della
Provincia di Bari. Maliziosamente me lo proposero, perché
forse speravano che arrivassi
giusto al ballottaggio. E invece
ho vinto al primo turno. Poi
m’hanno chiesto di candidarmi
al Comune di Bari ma ho detto
no. Troppo dolore umano,
troppa gente senza lavoro,
troppe situazioni drammatiche…».
E quando a febbraio le hanno chiesto di candidarsi alla
Regione?
«Sapendo quello che stava
succedendo dentro il partito
tra Berlusconi e Fitto, l’ho chiesto a tutti e due. C’è la possibilità di vincere oppure no? Lavoriamo per vincere oppure no?».
E loro?
«M’hanno detto sì entrambi».
Salvo poi…
«A FI ho detto che avevo bisogno di liste fatte con tutti i
migliori dentro. Se Fitto ha i ca-
Chi è
● Francesco
Schittulli, 68
anni, oncologo,
dal 2000 è
presidente
della Lega
italiana per la
lotta ai tumori.
Ex presidente
della Provincia
di Bari, ora è in
corsa per la
Regione
L’ultima foto di gruppo: di
quando il gruppo era unito
intorno al leader Silvio
Berlusconi (5). Taglio del
nastro della sede di FI di San
Lorenzo in Lucina, Roma, 19
settembre 2013. Due mesi
dopo ci sarà il passaggio dal
Pdl a FI, senza Angelino
Alfano (4) e Maurizio Lupi
(1), fondatori di Ncd. Oggi,
dopo l’addio di Sandro Bondi
(3), è rimasto solo Renato
Brunetta (2) tra i fedelissimi
del leader: la linea di
opposizione per cui è stato
spesso criticato, anzi, è ora
quella del partito. A
discapito del dialogo con
Renzi sulle riforme,
sostenuto in FI da Daniela
Santanchè (6) e Denis
Verdini (7). © RIPRODUZIONE RISERVATA
valli di razza, mica possiamo rinunciarci. Tra l’altro ha scelto
15 candidati su 50, s’é anche limitato».
Forza Italia, invece, mette
veti sui fittiani.
«A me di questa guerra che
si fanno tra loro non importa
nulla. L’ho detto a Berlusconi e
anche a Fitto: “Vi interessa la
guerra o il bene dei pugliesi?”.
A me interessa solo il secondo.
Se vogliono continuare a scannarsi, che lo facciano pure. Vogliono una resa di conti tra di
loro? Prego, si accomodino. Ma
dopo. Adesso lavoriamo per
vincere le elezioni».
È possibile che lei abbandoni FI e si schieri con Fitto?
«Io non sono né di Forza Italia né un fittiano. Il centrodestra ha scelto di confluire sulla
mia candidatura proprio per la
mia autonomia da ogni partito.
Ecco perché quello che giornalisticamente viene definito un
ultimatum, in realtà è un razionale invito a tutti coloro che
hanno a cuore la Puglia. Come
si fa? Includendo tutti, nessuno
escluso. Senza pregiudizi, senza se e senza ma. A FI ho chiesto che in lista ci fossero i consiglieri regionali uscenti, gli
amministratori e i dirigenti del
partito. Chiaro, no?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
6
#
Primo piano Il centrodestra
Il retroscena
Paola Di Caro
L’ex premier blinda la «sua» FI:
ci ho messo 119 milioni di euro
Il «rinnovamento» dopo le urne con un nuovo progetto: chi ci sta ci sta
Ha riaperto Villa Certosa
per ritrovare almeno un pezzo
della serenità perduta, per placare il malumore e il fastidio
che il suo partito ormai indomabile gli provoca ogni giorno
di più. Silvio Berlusconi è volato in Sardegna e accanto a sé ha
voluto i figli, la compagna
Francesca, la fedelissima Mariarosaria Rossi, perché anche
quando vorrebbe lasciar perdere e mollare tutto, la spinta a
resistere e a riprendere le redini resta.
È arrabbiato il leader azzurro, pronto dicono i suoi a «reagire». Non è solo Fitto a guastargli l’umore. Per Berlusconi,
con lui non c’è margine di ricucitura, non esiste possibilità alcuna di salvare un rapporto politico e umano completamente
consumato. L’ex premier pensa
ROMA
Lo scontro
● Berlusconi a
febbraio
«commissaria»
Forza Italia in
Puglia, dove
nomina alla
guida del
partito Luigi
Vitali. Raffaele
Fitto protesta:
«Ci stanno
epurando,
lasciano fuori
dalle liste per le
Regionali chi è
schierato con
me»
● Francesco
Schittulli,
candidato
governatore
del
centrodestra,
chiede che i
fittiani siano
ammessi nelle
liste azzurre o
che l’ex
governatore
possa fare una
lista in
appoggio alla
sua corsa:
«Oppure sarò
libero di fare
un’alleanza con
Fitto e i suoi»
● Venerdì lo
strappo di
Schittulli: Forza
Italia non ha
ancora aderito
alla mia
proposta, vado
avanti con
Fitto. Quello di
Berlusconi
rischia di
essere l’unico
partito senza
candidati in
Puglia. E il
giorno dopo
non c’è alcuna
ricucitura
Tosi
Il primo gazebo
poi il dramma
sul campo di calcio
Campagna elettorale al via
per Flavio Tosi: ieri, al
mercato dello stadio di
Verona, il candidato
governatore ha inaugurato il
primo gazebo del comitato
«Tosi Presidente»
(Fotoland). Il sindaco ha
incontrato centinaia di
persone e pranzato con la
gente negli stand. Subito
dopo, il dramma: Tosi, in
campo a Sommaruga, con la
sua squadra — il Rio Valli —
ha visto morire per un
infarto sul campo da calcio
Andrea Montanari,
giornalista, portiere della
squadra avversaria. Il
sindaco, scosso dal lutto, ha
commentato: «Una tragedia
immensa».
La Puglia
Berlusconi tentato
dall’idea di un altro
nome in Puglia: l’ipotesi
Poli Bortone
che l’unico interesse di Fitto —
e la prova provata sarebbe nell’intervento di ieri nel suo blog
personale nel quale contesta
alla Rossi la legittimità a firmare le candidature — sia quello
di conquistare la stanza dei
bottoni di un partito che lui, e
solo lui, ha permesso nascesse
e vivesse fino ad ora. Un partito
di sua proprietà — «Ci ho messo 119 milioni di fidejussioni»
ripete spesso —, che nessuno
può permettersi di ereditare
senza la sua volontà.
La Puglia insomma non vale
un compromesso col nemico
che ha osato sfidarlo attaccando la sua leadership. Piuttosto,
è la tentazione delle ultime ore,
venga messo in pista un altro
candidato, magari quella
Adriana Poli Bortone che a Fitto può creare problemi, e poi
chi ci sta, ci sta. Sarebbe un
modo anche di stanare «tutti
quelli che vogliono indebolirci,
che vogliono una FI non più
centrale per poi ridisegnare un
nuovo schieramento moderato
mettendo me da parte».
È questo il pensiero che gli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
rovina l’umore in questi giorni,
ed è rispetto a queste «manovre» che Berlusconi sta cercando il modo di «reagire». Il centrodestra che fu, per lui, non è
più «ricostruibile», la formula
è superata, quell’esperienza è
finita. Se gli alleati, come crede, stanno cercando di ridurre
il peso di FI per far contare ogni
pezzetto di consenso mettendolo in disparte, se si stanno
facendo «giochini» sulle alleanze tenendolo sulla corda, allora è il momento appunto di
«reagire». E la strategia immaginata procede su due binari.
Il primo è l’addio a una classe dirigente che, per Berlusconi, ha fatto il suo tempo. Bisogna «svecchiare», «rinnovare»,
e a chi scalpita o minaccia di
andarsene è ora di indicare la
porta, da Fitto a tutti gli altri.
L’ex ministro: peggio del leader azzurro solo Alfano
Scintille tra Passera e i centristi
Corrado Passera contro il centrodestra:
«La frantumazione di un partito,
l’isolamento di un ex leader. Questa è
oggi Forza Italia — ha commentato il
leader di Italia Unica —. L’ex Cavaliere
si è voluto fidare di Renzi e Verdini, ha
appoggiato lo sciagurato Italicum e la
sbagliatissima riforma del Senato, ha
sventolato i suoi “no” fuori tempo
massimo. Peggio di lui ha fatto solo
Alfano, che oggi si accontenta di
“scegliere” il ministro di rincalzo che
Renzi gli mette a disposizione». Frasi
che hanno causato la reazione di Ncd.
«Passera è stato un pessimo ministro
del governo Monti per cui non è affatto
nelle condizioni di svolgere il ruolo di
maestrino», ha replicato Fabrizio
Cicchitto. E la polemica è continuata
con Lelio Alfonso, coordinatore di IU:
«Cicchitto dice che il suo partito “sta al
governo per preparare un’alternativa”.
A nostro avviso non è questo né il
modo né il tempo». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Certo, le liti «non ci aiutano, gli
elettori non ci capiranno, ci puniranno, perderemo molti consensi», ma le regionali per Berlusconi restano «un passaggio», dopo il quale bisognerà
ricostruire un nuovo centrodestra basato su un nuovo progetto e un nuovo contenitore, chi
ci sta ci sta, dentro e fuori Forza
Italia.
Daniela Santanchè sembra
tradurre i desideri di Berlusconi quando invita tutti i suoi colleghi a stare uniti «indossando
la maglietta di Forza Italia per
batterci al meglio alle regionali», ma soprattutto quando dice che dopo il voto bisognerà
«rinunciare tutti a sigle di partito, a personalismi e piccole
convenienze» per costruire
«come avviene in tutta Europa
un partito conservatore» che si
opponga a quello riformista o
della Nazione guidato da Renzi
e «lo sfidi». Non Forza Silvio
dunque, non una nuova avventura personale, ma qualcosa di
contrapposto al modello di
partito renziano, del quale lui
potrebbe essere ispiratore e pa-
dre nobile. Nel frattempo, certo, non arrivare all’appuntamento con la dissoluzione di
Forza Italia aiuterebbe, e Berlusconi un suo impegno diretto
per la campagna elettorale lo
ha promesso.
Sono infatti quattro le regioni in cui i suoi ritengono che il
partito possa ottenere un risultato o importante — Veneto e
Campania — o almeno molto
La campagna
Per le Regionali il
leader pensa ad alcune
iniziative a fianco
di Toti e Caldoro
onorevole, Liguria e Umbria.
Per sostenere Toti e Caldoro,
Silvio Berlusconi scenderà in
campo direttamente, per il resto si vedrà, non bisogna caricare di troppi significati queste
urne. Perché l’appuntamento è
per il dopo Regionali. Per lui
come per i suoi avversari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
8
Primo piano Le riforme
Il colloquio
Il caso
Quei 60 mila libri
voluti dalle Coop
Landini: non prendo
un centesimo
di Alessandro Trocino
«L’Italicum non si cambia
La minoranza lo voti
così discuteremo sul Senato»
Il sottosegretario Rughetti: bisogna fare un patto tra quarantenni
Un «patto generazionale
tra quarantenni». A lanciarlo è
Angelo Rughetti, sottosegretario renziano alla Pubblica amministrazione. «Per la verità io
sono nella fascia alta dei quarantenni», ammette scherzando Rughetti, che è nato nel
1967. Ma quello che conta è l’offerta alla minoranza del Pd,
perché cambi rotta e trovi un
punto di incontro nel partito:
«Potremmo essere i primi in
Europa a interpretare un nuovo
modo di essere a sinistra».
Già, perché Rughetti, a differenza di qualche suo compagno di avventura, non pensa affatto che sinistra e destra siano
orpelli del passato: «Ha ragione Bobbio: la sinistra c’è e ci
deve essere. Solo che deve cambiare il modo in cui si interpreta». E non a caso l’appello è rivolto alla minoranza di sinistra
del Partito democratico, che da
settimane non nasconde il malumore per le riforme in arrivo.
Quella minoranza che, per Rughetti, «con la riunione dell’Acquario ha perso un po’ di
credibilità». Il sottosegretario
lancia un invito a deporre le armi: «Io credo che loro dovreb-
ROMA
I nodi
ROMA È un libro sul Primo
maggio e lo hanno scritto a
quattro mani Maurizio Landini
(foto) e il giuslavorista
Umberto Romagnoli, edito
dalla casa editrice L’io e il
mondo di Tj. Stampato in
60.000 copie e finanziato dalla
Cooperativa Adriatica, I miei
primi Primo maggio è stato
messo in vendita nelle librerie
della Coop a 5 euro a copia e
verrà distribuito, a ridosso del
Primo maggio, nei 195 punti
vendita Coop. La polemica è
scoppiata immediata. Chi ha
pagato per le copie di questo
libro? Meglio: perché? Chi ci
guadagna? Maurizio Landini è
finito subito sul banco degli
imputati. «Io non ci prendo
neanche un centesimo da tutta
questa operazione», risponde
il leader della Fiom. E spiega:
«È un’idea che è venuta ad una
mamma, Jaja Pasquini, e al
professor Emilio Rebecchi:
spiegare il Primo maggio ai
bambini. Me l’hanno proposta,
mi è piaciuta e ho deciso di
lavorarci». Ma la polemica è
rimbalzata sui giornali e la
domanda è nata
spontaneamente: calcoliamo
che 60.000 copie a 5 euro
l’una, fanno 300.000 euro.
Perché la Coop Adriatica ha
deciso di tirare fuori tutti
questi soldi per un libro per
bambini, per lo più distribuito
per la maggior parte
gratuitamente? «Macché
300.000 euro. Magari», dice
Jaja Pasquini, titolare della
casa editrice del libro. E
spiega: «Noi siamo una casa
editrice microscopica che
vuole rispondere alle
domande dei bambini. Questo
libro, poi, è nato dalla
domanda di mia figlia di 8
anni. Il Primo maggio voleva
andare alla Coop, io le ho detto
che era chiusa e lei voleva
capire perché era chiusa e
anche perché non andava a
scuola. Da qui l’idea di scrivere
un libro per spiegare ai
bambini la festa del Primo
maggio. Da qui l’idea di
chiedere un finanziamento
alla Coop. Che non ha
comprato le copie, ma ha
finanziato il lavoro di stampa e
di editing delle 60.000 copie
del libro». Un totale di spesa di
circa 20.000 euro, secondo le
stime di Adriano Turrini,
presidente della distribuzione
di Legacoop. Una polemica
che ha investito Landini anche
per la presenza della Lega
delle cooperative. Ma lui si
sente sereno: «Lo so che può
sembrare da stupidi, ma io ho
aderito al progetto di questo
libro soltanto perché mi
piaceva l’idea. Ripeto: non
prendo un centesimo né di
diritti di autore, né di anticipo.
Nulla di nulla. Sarò romantico
ma sono convinto: le idee
valgono più dei soldi».
Al. Ar.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● Il testo della
nuova legge
elettorale è alla
Camera per il
via libera
definitivo:
l’8 aprile sarà
all’esame della
commissione
Affari
costituzionali,
mentre per il
27 è previsto
l’approdo in
Aula
● La direzione
del Pd del 30
marzo ha
approvato la
relazione di
Matteo Renzi
sull’Italicum:
la nuova legge
elettorale
dovrà passare
in Aula senza
modifiche.
Il parlamentino
dem si è
espresso
all’unanimità,
ma la
minoranza del
partito non ha
voluto
prendere parte
al voto
bero mettere da parte i padri
putativi e noi dovremmo accantonare la tifoseria. Dovremmo tutti concentrarci sui temi e
collaborare».
Nel concreto, l’offerta di patto generazionale prevede due
tasselli fondamentali. Il primo
è il cessate il fuoco sulla legge
elettorale: «Se fossero coeren-
❞
I contrappesi
Il tema vero è la riforma
con i contrappesi alla
legge elettorale
e il parlamentarismo
ti, non dovrebbero chiederci di
rivederla. Quello è ormai un
dialogo impossibile da riaprire». Il secondo, è uno spiraglio
per rimettere mano alla riforma costituzionale: «Se oggi la
minoranza desse un segno approvando la legge elettorale,
domani potrebbe avere molta
più credibilità per discutere
sulla composizione e sui poteri
del nuovo Senato. Il tema vero è
quello: la forma di governo, i
contrappesi da porre alla legge
elettorale e la salvaguardia del
parlamentarismo e della democrazia dell’alternanza».
Il perché non si possa riaprire la legge elettorale è chiaro:
«In questo caso il merito viene
dopo il messaggio politico. Dal
punto di vista dei contenuti, la
legge è stata molto migliorata,
anche grazie al contributo della
minoranza. Ma soprattutto,
riaprendola, tornerebbe in Senato, dove la maggioranza è
più esile e quindi rischierebbe
di bloccarsi. E così perderemmo la sfida del cambiamento».
Che Renzi sia davvero disponibile a cambiare la riforma costituzionale non è certo: «Questo non lo so — dice Rughetti
—. Io però mi aspetterei dalla
minoranza che ci sfidasse su
questo. Altrimenti si torna a
schemi del passato. Vedo una
tendenza a chiudersi. Come dicono Piketty e Stiglitz, occorre
ridurre le distanze tra società e
Paese. E invece vedo che proprio quelli che pensano di essere culturalmente più attrezzati, poi finiscono per porsi co-
Governo
● Nato a Rieti,
47 anni, Angelo
Rughetti,
avvocato, alle
elezioni
politiche del
2013 è stato
eletto alla
Camera con il
Partito
democratico
● Dal 28
febbraio 2013
ha l’incarico di
sottosegretario
al ministero
della Funzione
pubblica nel
governo di
Matteo Renzi
me conservatori».
Il timore di una parte della
minoranza è la deriva del Pd
verso il partito della nazione,
un partito moderato acchiappa
voti vecchio stile: «Non siamo
la Dc, voglio rassicurare tutti.
Sul partito della nazione c’è un
equivoco. Renzi citò Reichlin,
che ne parlò per primo. Ma il
senso era che, essendo gli unici
ora in grado di portare avanti le
riforme, ci assumiamo il destino della nazione. Ma questo
non vuol dire raccogliere tutte
le forze che non hanno una linea ben precisa nella società».
Ncd rischia di finire assorbito dal Partito democratico:
«Ma questo è un loro problema
— dice Rughetti —. Dovranno
decidere loro se scegliere un
progetto di centrodestra o trovare una collocazione stabile
nel centrosinistra. Rispettiamo
le loro scelte. Le rispetto meno
quando Alfano dice che “il ministro ce lo scegliamo noi” e
che non dobbiamo dirgli se è
uomo o donna. L’alternanza di
genere è un punto qualificante
del governo e non può essere
ignorato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pontassieve
La moglie di Renzi
non dimentica
le uova di Pasqua
● Parte della
minoranza pd
contesta infatti
il premio di
maggioranza
alla lista e il
meccanismo
dei capilista
bloccati previsti
dalla nuova
versione
dell’Italicum. E
minaccia che,
senza
modifiche, non
voterà la legge
elettorale
Venerdì Renzi ha lasciato
Palazzo Chigi diretto a
Pontassieve, dove trascorrerà
in famiglia le vacanze di
Pasqua. Ieri mattina la
moglie Agnese Landini era al
mercato e in giro per gli
ultimi acquisti, uova di
cioccolato comprese. Prima
di rientrare a casa, la moglie
del premier è stata fermata
da Giuseppe Rudatis,
personaggio folcloristico di
Belluno chiamato il «barone
delle nevi», che già in
passato le ha regalato dei
fiori e che ieri le ha portato
una colomba.
(LaPresse)
«La legge elettorale è un pasticcio. Le riforme? Un alibi»
La Malfa: non vedo legami con la ripresa. E il premio di maggioranza è una forzatura
ROMA Giorgio La Malfa guarda
alla politica «con attenzione»,
ma anche «con un certo distacco». E «senza nessuna nostalgia». Ma ha un’idea. E si capisce che, nella sua ultima vita da
professore dopo molte legislature in Parlamento, non apprezzi granché l’attivismo di
Matteo Renzi sulle riforme.
Perché?
«Considero prioritari i problemi economici. E non vedo
un legame così forte tra riforme e ripresa. Mi sembra che si
parli di riforme per prepararsi
un alibi agli insuccessi: mi hanno eletto, ma con queste regole
non posso fare nulla».
La carriera
● Giorgio La
Malfa, 75 anni,
deputato dal
‘72 al 2013, ex
leader del Pri,
ministro del
Bilancio dall’80
all’82 e alle
Politiche Ue nel
Berlusconi III
In concreto cosa pensa della riforma elettorale?
«Il premio di maggioranza è
una forzatura molto pericolosa. Un partito del 20 per cento
al primo turno viene trasformato in un partito del 55, con
un potere enorme. Il doppio
turno poi determina un’opposizione frantumata. Il primo
partito prende il 55, gli altri 7-8
si dividono il restante 45».
Per favorire la governabilità.
«È un sistema inaccettabile,
con un governo forte e dieci
piccoli indiani. Un pasticcio tra
sistema presidenziale e parlamentare. E sul ballottaggio c’è
un equivoco: è un sistema con
il quale si può ridurre il numero dei partiti ma non può essere usato per eleggere il premier
e consegnargli una maggioranza assoluta».
E la riforma costituzionale?
«Non si capisce il senso di
una riforma che mette al centro
della vita del Paese le Regioni.
Proprio mentre stiamo riflettendo sull’eccessivo numero
delle Regioni, sui suoi problemi economici e corruttivi. Una
seconda Camera dovrebbe occuparsi più dell’Europa che
della Lombardia».
Renzi ha fretta.
«Sì ma se il governo vuole
❞
Il nuovo
Senato
Non si
capisce
il senso di
una riforma
che mette
al centro
della vita
del Paese
le Regioni
E l’Europa?
votare nel 2018, perché accelerare? Io credo che occorra sentire i cittadini. Con un referendum consultivo. È sufficiente
una legge costituzionale».
Sarebbe un referendum sul
governo.
«Ma no, potrebbe essere un
referendum aperto. Si sospende la discussione e si chiede il
parere dei cittadini. Capisco le
aspirazioni, il desiderio di rimettere in moto il Paese. Ma
Renzi lo sta facendo in modo
troppo brutale e non può dire
che gli italiani lo vogliono, se
prima non li sente».
Al. T.
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
9
#
Primo piano Il sondaggio
Scenari
Intenzioni di voto
(Dati in %)
Oggi
Febbraio 2015
di Nando Pagnoncelli
A maggio
● Il prossimo
banco di prova
elettorale per i
partiti è
rappresentato
dal turno per le
Regionali e le
Comunali in
programma il
31 maggio
(domenica
14 giugno
gli eventuali
ballottaggi)
● Nei comuni
del TrentinoAlto Adige e
della Valle
d’Aosta si
andrà alle urne
il 10 maggio
(ballottaggio il
24 maggio)
● Le regioni
chiamate al
voto sono 7
(Campania,
Liguria,
Marche, Puglia,
Toscana,
Umbria,
Veneto), cinque
governate dal
centrosinistra e
due dal
centrodestra
● Venti, invece,
saranno
i comuni
capoluogo al
voto. Tra le
città principali
Venezia,
Bolzano,
Trento, Aosta,
Matera,
Agrigento
● Nei comuni,
è prevista la
presentazione
delle
candidature il
1° e il 2 maggio
L
e intenzioni di voto degli
elettori italiani pur facendo registrare qualche variazione nell’ultimo trimestre non modificano
lo scenario politico complessivo. Il Partito democratico si
conferma al primo posto con il
35,7%, seguito dal Movimento
5 Stelle (21,3%). Rispetto a febbraio il Pd risulta in flessione
(-0,9%) e il M5S in crescita
(+1,5%). Al terzo posto la Lega
di Salvini (13,7%) supera Forza
Italia (13,5%), sia pure di poco e
in misura statisticamente non
significativa, e questa è l’unica
novità degli ultimi due mesi. A
seguire Fratelli d’Italia-An (4%)
che precede Sel (3,6%), poi Udc
(2,5%) e Ncd (2,2%) e infine Prc
(1,5%). Tutti gli altri partiti si
collocano al di sotto dell’1%.
Sulla base di questi dati,
qualora l’Italicum venisse approvato i centristi supererebbero la soglia di sbarramento
fissata al 3% solamente se confluissero in un unico soggetto
politico.
Rispetto ai mesi precedenti,
dal sondaggio odierno si possono trarre le seguenti indicazioni:
1) Nonostante la flessione
(-5,1% rispetto al risultato ottenuto alle elezioni europee), dovuta alla fine della luna di miele degli elettori con il governo,
alle difficoltà economiche patite da alcune categorie sociali
che gli hanno voltato le spalle e
alle tensioni interne che danno
l’immagine di una scarsa coesione, il Partito democratico
non ha avversari in grado di insidiare il suo primato. Si conferma un partito «pigliatutti»
primeggiando tra tutte le componenti sociali, con l’eccezione
degli elettori di 35-44 anni e
dei disoccupati tra i quali prevale il movimento di Beppe
Grillo.
2) Il centrodestra appare
molto frammentato e in forte
difficoltà: Forza Italia subisce
un’ulteriore flessione e, dopo
l’abbandono del patto del Nazareno, appare priva di una
strategia politica e in balia di
La novità
L’esperienza
sarebbe
nuova e
interessante
rispetto
a questi
lunghi
19 anni
di impegno
politico
34,3
19,8
20,9
Forza Italia
13,5
13,4
14,3
Lega Nord
13,7
13,7
13,5
Sel
3,6
3,9
4,1
Fratelli d'Italia-An
4
3,7
3,5
Nuovo centrodestra
2,2
Udc
2,5
Prc
1,5
Scelta civica
0,3
Altre liste
3,2
3,4
1,6
1,9
1,3
1,6
0,4
1,7
0,7
2,2
1,8
35,2
Indecisi + non voto + non indicano
35,2
34,3
Sondaggio realizzato da Ipsos PA per Corriere della Sera ciascuno presso un campione casuale nazionale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età,
livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del comune di residenza. Sono state realizzate 1.000 interviste (su 9.480 contatti), mediante sistema CATI, l'1 e il 2 aprile 2015.
Il documento informativo completo riguardante il sondaggio sarà inviato ai sensi di legge, per la sua pubblicazione, al sito www.sondaggipoliticoelettorali.it.
Corriere della Sera
Pd al 35,7%, M5S torna a crescere
La Lega resta davanti a Forza Italia
L’effetto inchieste incide sul risultato dei 5 Stelle (21,3%). Stallo al centro
conflitti interni culminati nell’ultima settimana con la decisione di lasciare il partito da
parte di uno dei simboli della
ortodossia berlusconiana, Sandro Bondi.
Al contrario la Lega registra
un consenso senza precedenti,
basti pensare che in oltre 25
anni di storia solo due volte ha
superato la soglia del 10%, in
occasione delle Politiche del
1996 e delle Europee del 2009.
Eppure, dopo la manifestazione di Roma, ha fatto segnare
una flessione e allontanato una
parte degli elettori più moderati. E, come abbiamo visto nel
sondaggio della scorsa settimana, l’ipotesi di un’alleanza
Le posizioni
Il Carroccio è al 13,7%,
poco sopra gli azzurri
L’astensione riguarda
più di un italiano su tre
politica tra i due principali partiti del centrodestra divide nettamente entrambi gli elettorati.
3) Il Movimento 5 Stelle
mantiene saldamente il proprio elettorato a dispetto delle
defezioni di alcuni parlamentari e delle critiche alla propria
azione politica, da molti giudicata sterile per l’indisponibilità
a trovare punti di convergenza
su riforme o provvedimenti importanti. E anche nonostante la
competizione con la Lega sul
fronte della protesta e dell’opposizione dura ed intransigente al governo. Tuttavia le indagini giudiziarie che si susseguono, dalle grandi opere a
quella sulla metanizzazione di
Ischia di questa settimana, rafforzano il posizionamento del
movimento di Grillo, considerato il vero paladino della lotta
alla corruzione della politica,
nonché l’alfiere della battaglia
contro i suoi privilegi e i suoi
costi, rispetto ai quali non ac-
Mazzoni: il ministro di Ncd
non deve essere per forza donna
Ma io ho un ottimo curriculum
❞
36,8
21,3
Movimento 5 Stelle
L’intervista
ROMA Erminia Mazzoni, secondo lei chi andrà al ministero degli Affari regionali?
«Non sono io a decidere. Anche se..».
Anche se?
«Sto leggendo il mio nome sui
giornali per quel posto al ministero».
C’è il suo nome perché lei
appartiene al Nuovo centrodestra ed è una donna come
chiede il presidente del Consiglio Matteo Renzi?
«Non credo, spero di no. Non
sono d’accordo con il concetto
di dovere mettere per forza una
donna in un certo posto soltanto perché è donna. Non è di questo che ha bisogno il Paese».
Allora è d’accordo con il
suo compagno di partito Gae-
Gennaio 2015
35,7
Partito democratico
tano Quagliariello quando dice che non gli piace l’indicazione del premier Renzi di
mettere una donna al ministero degli Affari regionali
così da mantenere le proporzioni rosa all’interno del governo ?
«Sono d’accordo con Gaetano quando dice che è all’interno di Ncd che dobbiamo decidere il candidato per la poltrona del ministero».
Ma non concorda quindi
con il senatore Quagliariello
nel fatto di tenere lontana
una donna da quel posto al
ministero degli Affari regionali?
«Ripeto: non penso sia giusto rivendicare un posto per
una donna a tutti i costi. Biso-
gna invece pensare ad una persona competente, anche donna. Una donna che abbia i requisiti giusti».
Lei si ritiene adatta per
quel posto al ministero?
«Beh, se leggo il mio nome
sui giornali vuol dire che sono
Le ministre negli ultimi
quattro governi
Berlusconi IV (2008-11)
Monti (2011-13)
Letta (2013-14)
Renzi (2014 -...)
5 su 24
3 su 18
5 su 21
6 su 15
40,8
la percentuale
ottenuta dal Pd
alle elezioni
europee del
maggio 2014
21,2
la percentuale
conquistata
dal Movimento
5 Stelle alle
scorse Europee
16,8
la percentuale
presa al voto
dello scorso
maggio per il
Parlamento Ue
da Forza Italia
cenna a diminuire l’insofferenza dei cittadini.
4)I partiti di centro non riescono a decollare, approfittando delle gravi difficoltà in cui
versa Forza Italia. Il partito di
Alfano risulta in flessione (dopo le dimissioni di Lupi) e l’Udc
in lieve crescita ma nell’insieme si collocano su valori in linea con i risultati delle Europee. Appaiono a metà del guado: il sostegno al governo e la
titolarità di dicasteri importanti non sembrano favorirli più di
tanto perché i riflettori sono
puntati più sul premier che sui
ministri. E, d’altra parte, andare all’opposizione sarebbe anche peggio in termini di consenso, sia perché rinuncerebbero a un forte tratto distintivo
sia perché farebbero fatica ad
emergere all’interno di un’opposizione variegata e più incline di loro ai toni forti.
In questo scenario potrebbe
esserci spazio per nuovi soggetti politici, esempio Italia
stata valutata per il percorso
politico che ho fatto, per il percorso che ho maturato in questi anni».
Valutata da chi? Ha parlato
con il presidente del Consiglio in questi giorni?
«No, no».
Ha avuto contatti con il senatore Quagliariello, allora?
«No, nemmeno con lui».
Avrà parlato almeno con
Angelino Alfano?
«Neanche con Alfano».
E quindi?
«La notizia che si fa il mio
nome per il posto al ministero
degli Affari regionali l’ho sentita al telegiornale, l’ho letta sui
giornali».
E secondo lei come è venuto fuori il suo nome?
«L’ho già detto: guardando il
mio percorso politico e professionale. Secondo me non c’è altro se non il fatto che sono una
donna e che ho un curriculum
di tutto rilievo. Basterebbe
guardare soltanto l’ultimo impegno che ho avuto a livello europeo».
Ovvero?
«Sono stata relatrice dell’agenda europea 2014 per
quel che riguarda il pacchetto
Chi è
● Erminia
Mazzoni,
campana,
49 anni, è stata
deputata per
Ccd e Udc dal
2001 al 2008
● Dal 2009 al
2014 è stata
parlamentare
europea: eletta
con il Popolo
della libertà, ha
aderito nel
novembre
2013 al Nuovo
centrodestra
unica di Corrado Passera o Coalizione sociale di Maurizio Landini? È difficile rispondere: la
frammentazione del centrodestra e lo scarso presidio dello
spazio politico a sinistra del Pd
sembrerebbero rappresentare
un viatico, a condizione di saper aggregare alcuni dei soggetti politici esistenti ed attrarre gli elettori delusi, parcheggiati nell’area grigia dell’astensione che si mantiene elevata
(35,2%).
Ma, in questa fase, la fluidità
del rapporto tra cittadini e politica non aiuta i partiti esistenti
e quelli nuovi: le appartenenze
si sono indebolite, il voto di
scambio sembra in declino per
la penuria di risorse «da scambiare», il voto di opinione è minacciato dalla volatilità delle
opinioni e l’erosione della fiducia nei leader attenua la portata
del voto personale. Insomma,
vita grama per i partiti e per i
loro spin doctor.
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coesione, i fondi strutturali.
Questi, per la maggior parte,
sono fondi che vengono gestiti
dalle Regioni. Ma poi c’è tutto
il resto».
Cosa?
«Ho un gran bel curriculum,
l’ho detto. Sono stata eletta
consigliere regionale, poi provinciale, quindi due volte eletta
nella legislatura nazionale, una
volta, appunto, sono stata se-
La «candidatura»
«La notizia che si fa il
mio nome l’ho vista al
tg e sui giornali. No, con
Alfano non ho parlato»
duta al Parlamento europeo come presidente di Commissione».
A questo punto le manca
soltanto la poltrona da ministro?
«Mi piacerebbe, certo. Sarebbe un’esperienza decisamente
interessante e nuova rispetto a
questi lunghi diciannove anni
di impegno politico».
Alessandra Arachi
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10
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
11
Primo piano Conti pubblici
L’intervista
di Enrico Marro
«Più controlli sulle invalidità
Comuni, tutte le spese online»
● Il caso
La Grecia, i prestiti
e l’incontro a Pasqua
Varoufakis-Lagarde
di Giuseppe Sarcina
Gutgeld: avanti con la spending review per ridurre le tasse
«Quest’anno ridurremo
la spesa pubblica di circa 14 miliardi di euro, come era negli
obiettivi. E l’anno prossimo andremo avanti, non solo per evitare che scattino le clausole di
salvaguardia, cioè l’aumento
dell’Iva, ma anche per dare
continuità alla riduzione delle
tasse sul lavoro che, nel 2016,
salirà dai 18 miliardi del 2015 ai
22 del 2016», tenendo conto
del bonus da 80 euro al mese e
dell’andata a regime del taglio
dell’Irap e degli sgravi sulle assunzioni. Fresco della nomina
a commissario per la spending
review da parte del premier
Matteo Renzi, Yoram Gutgeld
sta mettendo a punto il menù
dei tagli che finirà nel Def (Documento di economia e finanza), il piano che il governo approverà questa settimana.
Si tratta di 10 miliardi?
«L’obiettivo per il 2016 è questo, ma le cifre nel dettaglio saranno definite con la legge di
Stabilità a settembre».
Dove taglierete?
«Ci saranno interventi diversi settori che però ci tengo a
sottolineare non sono pensate
con la logica dei tagli, cioè di
far cassa, ma di migliorare l’efficienza. Per esempio, un capitolo importante sarà quello dei
costi standard. Che verranno
estesi dai comuni alle Regioni e
alla sanità. Basta insomma con
i trasferimenti sulla base del
criterio della spesa storica.
Metteremo tutte le spese on line e i cittadini potranno confrontare quanto una Regione o
una Asl spende per una prestazione rispetto ad un’altra Regione o Asl. E gradualmente i
centri di spesa dovranno convergere verso i costi standard».
Ai Comuni chiederete altri
sacrifici?
«Andremo avanti con la razionalizzazione delle società
partecipate. Entro il 31 marzo i
comuni dovevano presentare
un piano. Verificheremo e se
non saranno sufficienti prenderemo ulteriori misure».
L’obiettivo è passare da 8
mila a mille partecipate?
«Non è tanto importante il
numero finale, ma se queste
ROMA
L’economia e la spesa sociale
La crescita secondo La disoccupazione
le stime dell’Ocse
valori in %
13,2
Italia
Prestazioni agli invalidi civili
per residenza
13
2015
+0,6%
* in euro
Pensione
Indennità
medio Numero Importo medio
Numero Importo
mensile*
mensile*
12,8
Nord
260.299
270,48
722.356
481,91
Centro 158.395
266,12
414.743
482,56
12,7
12,5
2016
+1,3%
Fonte: Istat
12,3
feb apr giu ago ott
dic
feb
2014 2014 2014 2014 2014 2014 2015
Sud
438.947
277,14
786.881
479,90
Totale 857.641
273,08
1.923.980
481,23
Fonte: Materiali preparatori per dossier Cottarelli, ministero del Lavoro
Corriere della Sera
Chi è
● Yoram
Gutgeld, 55
anni,
economista
israeliano
naturalizzato
italiano, è
consigliere
economico di
Renzi
● È stato
senior partner
e direttore di
McKinsey ed è
stato eletto alla
Camera con il
Pd nel 2013
società sono efficienti e in grado di erogare servizi a costi
competitivi».
E per quanto riguarda la
spesa centrale?
«Un filone fondamentale sarà l’attuazione della delega sulla pubblica amministrazione.
Riorganizzeremo una struttura
che ha ancora l’impronta napoleonica, con duplicazioni in
ogni Provincia. Andremo verso
la concentrazione di tutti gli uffici pubblici in un solo edificio
per ogni città».
Tutto qui?
«Proseguiremo con la razionalizzazione dei corpi di polizia. Che non significa solo accorpare il corpo forestale in altre strutture, ma eliminare le
sovrapposizioni di funzioni e
di spesa che riguardano tutti i
corpi di polizia a prescindere
dal loro numero. Un capitolo
importante riguarderà la spesa
per beni e servizi, dove stiamo
riducendo le centrali d’acquisto. Siamo partiti da oltre 20
mila e entro settembre, grazie
agli interventi messi in atto, le
ridurremo a qualche decina.
Infine ci occuperemo anche
delle spese di investimento».
Che negli ultimi anni sono
molto diminuite, mentre sarebbero utili per la crescita.
«Sì, a patto che non contengano sprechi. Ecco perché renderemo operativi meccanismi
di attenta valutazione degli investimenti, per evitare di buttare risorse in opere inutili. Nei
trasporti ferroviari, per esempio, l’alta velocità è importante,
purché non si faccia come la
Roma-Milano che, realizzata
per il trasporto merci oltre che
dei passeggeri, è costata tantissimo senza che neppure un vagone merci vi transiti. Oppure,
passando ai trasporti pubblici
locali, bisogna generalizzare
gli affidamenti del servizio con
gara pubblica».
Ci saranno tagli delle prestazioni ai cittadini?
«Anche in questo caso non
vogliamo tagliare per ridurre le
prestazioni. Oltretutto la spesa
sociale in Italia è inferiore alla
media europea. Vogliamo invece spendere meglio. Ecco perché affronteremo il capitolo
delle tax expenditures, cioè
l’insieme delle agevolazioni,
degli incentivi e degli sgravi fiscali per eliminare duplicazioni e voci inutili. Così come bisogna ricondurre a efficienza la
spesa sociale, che assorbe 60
miliardi di euro l’anno, la metà
dei quali invece di andare verso
chi ha più bisogno si dirige a
favore di chi sta nel 50% della
popolazione più ricca».
Com’è possibile?
«È stata fatta analisi del profilo di chi riceve le prestazioni
sociali e risulta che sono quelli
col reddito relativamente più
La revisione
In certe Regioni e
Province sono troppe
le pensioni di invalidità,
vanno rivisti i criteri
alto, nel senso che quelli davvero poveri, specialmente se non
hanno famiglia, spesso neppure sono in grado di presentare
le domande per le prestazioni
cui avrebbero diritto».
Che pensate di proporre?
«Un primo settore sul quale
intervenire sono le pensioni di
invalidità. Ci sono troppe disparità per numero di prestazioni tra una Regione e l’altra,
talvolta tra una Provincia e l’altra che non sono giustificate da
ragioni socio-demografiche.
Bisogna quindi vedere, in collaborazione con le stesse Regioni, come ricondurre a normalità le situazioni anomale,
dove ci sono troppe pensioni di
questo tipo. Un secondo filone
riguarda la razionalizzazione
delle stesse prestazioni assistenziali. Oggi le istituzioni che
se ne occupano — Regioni,
Inps, Comuni — non sanno
l’una quello che fa l’altra e così
finisce che una persona riceve
tre prestazioni mentre un’altra,
magari più bisognosa, nessuna. Accade anche perché parte
delle prestazioni sono indipendenti dal reddito».
È il caso delle indennità di
accompagnamento che, da
sole, costano più di 13 miliardi l’anno. Pensa che andrebbero legate al reddito?
«In via di principio bisognerebbe andare in questa direzione, per concentrare le risorse
su chi ha più bisogno, ma so
che è un tema delicato. Si deciderà con la legge di Stabilità».
❞
Indennità di
accompagnamento
legate al
reddito? È
necessario
andare in
questa
direzione se
si vuole
dare di più
a chi ne ha
bisogno
Ridurremo
le centrali di
acquisto
pubbliche
di beni e
servizi da
ventimila a
poche
decine
entro il
prossimo
mese di
settembre
Taglio delle
società
partecipate,
verificheremo i piani
presentati
dai Comuni
Se non
basteranno
interverremo ancora
con altre
misure
I
l ministro delle finanze
greco Yanis Varoufakis
passa la Pasqua a
Washington, a colloquio
con il direttore del Fondo
monetario, Christine
Lagarde. Entro giovedì 9
aprile la Grecia deve
restituire un’altra tranche
del prestito concesso
dall’istituto internazionale:
450 milioni di euro. I
mercati finanziari
osservano con nervosismo,
sospettando che il governo
di Atene non abbia le
risorse per onorare il
debito. Tutto il poco che c’è
in cassa deve servire per
pagare le pensioni e gli
stipendi ai dipendenti
pubblici. Il ministero delle
Finanze, però, ha diffuso
una smentita molto irritata,
sostenendo che invece i
soldi ci sono e basteranno
per tenere fede a tutti gli
impegni. Se è così, non si
capisce per quale motivo
Varoufakis sia corso in tutta
fretta nell’ufficio di
Christine Lagarde, mentre
per domani è previsto un
incontro con alcuni
funzionari del ministero
del Tesoro americano. La
missione «serve per
illustrare le riforme
proposte dalla Grecia», è la
spiegazione dell’esecutivo
guidato da Alexis Tsipras. In
realtà la strategia di Atene si
è incagliata. L’affabulazione
visionaria di Varoufakis può
riscuotere la simpatia
perfino in settori
dell’establishment come si
era visto nel Workshop
Ambrosetti, il 14 marzo
scorso. Ma finora non è
riuscita a fare breccia nella
quadrata razionalità
dell’Eurogruppo. I ministri
Ue, e non solo quello
tedesco, non considerano
credibili le proposte di
risparmio arrivate finora da
Atene. Ne aspettano altre
per sbloccare quei 7,2
miliardi di euro che
consentirebbero al governo
greco di avere un orizzonte
per riportare a galla il Paese.
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Local tax, spazio ai sindaci. E l’imposta prima casa potrebbe calare
Nel Def il governo è orientato a confermare gli obiettivi di deficit e crescita concordati con Bruxelles
ROMA Con la prossima manovra
10
i miliardi
di tagli alla
spesa pubblica
che
eviterebbero
l’aumento Iva
5
miliardi
i risparmi per
gli interessi sul
debito pubblico
già nel 2015
di finanza pubblica il governo è
intenzionato anche a dare una
svolta profonda al fisco locale.
All’orizzonte, nel 2016, non c’è
solo la ri-trasformazione dell’Imu nella «local tax» e la riforma del Patto di Stabilità interno per i comuni, ma anche una
nuova spinta verso l’autonomia
finanziaria degli enti locali.
Il Documento di economia e
finanza che il governo esaminerà la prossima settimana
prevede, tra le varie operazioni
da adottare per il controllo della finanza pubblica, l’aumento
«della quota di trasferimenti
statali agli enti locali legati alla
capacità fiscale e ai fabbisogni
standard». Un nuovo passo verso il «superamento della spesa
storica» ed il contenimento dei
costi per il bilancio. Anche se
questo potrebbe significare un
aumento delle tasse locali. Regioni e Comuni, allo stato attuale, hanno mediamente ancora un margine piuttosto ampio per poter aumentare le ad-
dizionali Irpef. E non è escluso
che i Comuni abbiano la possibilità di manovrare più incisivamente le aliquote della nuova «local tax» rispetto a quando accade oggi con Imu e Tasi.
Due tributi che secondo le
● Le parole della finanza pubblica
1
Def
Il Documento di economia
e finanza, previsto dalla
legge del 7 aprile 2011
n. 39, è composto da:
Programma di stabilità,
dall’Analisi e tendenze della
finanza pubblica e dal
Programma di riforma
2
bozza del Def, dovrebbero convergere «in un’unica imposta
con aliquote differenziate», più
basse per le abitazioni principali, più alte per gli altri immobili. Anche per gli altri tributi
comunali, quelli che non verto-
Spending review
È la revisione della spesa
pubblica attraverso
l’analisi e la valutazione
sulla Pubblica
amministrazione. Gli enti
vengono passati
al vaglio per scoprire
inefficienze e spese
3
Legge di Stabilità
La legge di Stabilità che dal
2009 sostituisce la vecchia
legge finanziaria viene
presentata ogni anno dal
governo per fare coincidere
le entrate e le uscite dello
Stato (per il 2015 sono
previsti 36 miliardi)
no sugli immobili, il Def prefigura una «semplificazione»
con l’istituzione di «un unico
tributo-canone» che sostituisca l’insieme delle imposte locali esistenti. Nel Def il governo
ipotizza un miglioramento della congiuntura e delle prospettive di crescita, ma al momento
è intenzionato a confermare gli
obiettivi di deficit concordati
con la Ue lo scorso anno, cioè il
2,6% quest’anno e l’1,8% il prossimo. L’obiettivo primario è sostituire l’aumento Iva nel 2016
(vale 16 miliardi) con almeno 10
miliardi di tagli alla spesa pubblica, compensando il resto
con la minor spesa per gli interessi sul debito pubblico (5 miliardi già dal 2015).
M. Sen.
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12
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
13
Primo piano Le infrastrutture
di Fabrizio Caccia
ROMA «Io credo che gli impegni
saranno rispettati, credo nella
serietà del governo, ci siamo visti a Roma non più tardi di
mercoledì scorso col viceministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti, Riccardo Nencini,
c’era pure il capo di gabinetto
del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti...Abbiamo concordato insieme dei protocolli, perchè dunque all’improvviso l’opera dovrebbe saltare?». La voce di
Antonio Bargone, sottosegretario nei governi D’Alema e Prodi
e oggi numero uno di Sat (Società Autostrada Tirrenica), indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Firenze sulle Grandi Opere, arriva da un
telefono cellulare piuttosto disturbata e anche un po’ preoccupata. Perchè in realtà - secondo Il Sole 24 Ore di ieri proprio l’autostrada Tirrenica
(insieme alla Orte-Mestre) risulterebbe definitivamente
esclusa dall’elenco delle 49
opere prioritarie (per un valore
complessivo di 80 miliardi di
euro) previste dal nuovo piano
delle Infrastrutture che porterà
la firma, martedì prossimo, del
neo ministro Graziano Delrio.
Una bella sforbiciata da parte
Livorno-Civitavecchia,
l’«eterna incompiuta»
esce dai piani del governo
del governo Renzi, rispetto al
programma faraonico da 285
miliardi, suddiviso in 419 interventi, che a 14 anni dall’avvio
della Legge Obiettivo ha registrato, però, il completamento
di appena l’8 per cento delle
opere. Che ne sarà, dunque,
dell’eterna incompiuta, la mitica A12, i 242 chilometri da Livorno a Civitavecchia, secondo
il contratto ormai preistorico
del 1968 con cui lo Stato l’affidò
in concessione alla Sat? Di quei
242 chilometri se ne sono realizzati - tra estenuanti dibattiti
e proteste varie - appena 40 in
quasi mezzo secolo: il primo
tratto da Livorno a Rosignano
(36 chilometri) inaugurato nel
1993 e il secondo da Rosignano
a Cecina Nord (4 chilometri)
entrato in esercizio nel 2012.
Il progetto dell’autostrada
Livorno
San Pietro
in Palazzi
Elba
Arezzo
Siena
TOSCANA
Grosseto
LAZIO
Il caso
Tarquinia
km
20
Civitavecchia
Fonte: Sat, Società Autostrada Tirrenica Spa
d’Arco
I dati dei primi due mesi del 2015
La Cina investe 29 miliardi in strade e ferrovie
La Cina ha investito 176,3 miliardi di
yuan (28,7 miliardi di dollari) per la
costruzione di ferrovie, strade e corsi
d’acqua nei primi due mesi del 2015, in
crescita del 16,9 per cento rispetto allo
stesso periodo del 2014. I dati sono stati
diffusi dal ministero dei Trasporti
cinese. In particolare gli investimenti
per la costruzione di strade sono stati
pari a 116,4 miliardi di yuan, in crescita
del 15,9 per cento.
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Ma il resto? Autostrade per
l’Italia, che fa parte del gruppo
Atlantia (Benetton) ha da poco
acquistato il controllo della Sat
e a questo punto sembra disposta a proseguire da sola coi lavori, rinunciando al contributo
pubblico di 270 milioni di euro
che figurava nella prima bozza
del decreto “Sblocca Italia” ma
poi sparito dal testo. Al governo, però, mercoledì scorso,
avrebbe chiesto in cambio la
possibilità di aumentare i pedaggi autostradali sull’intera
rete in concessione. L’accordo
definitivo si dovrebbe raggiungere a metà maggio; a settembre poi dovrebbero essere approvati i progetti e nel 2016 sarebbero aperti i cantieri (1,2
miliardi di euro) da San Pietro
in Palazzi a Tarquinia (i lavori
per la tratta Civitavecchia-Tarquinia sono già in corso). Si sarebbe trovata una soluzione,
infine, anche per il tratto maremmano Orbetello-Capalbio,
quello famoso delle ville dei
vip: la Tirrenica fiancheggerebbe la ferrovia, passando lontano dalle proprietà. Ma i sindaci
del territorio devono ancora
pronunciarsi e insomma tutto
potrebbe bloccarsi di nuovo.
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Il rapporto
Tetto agli stipendi
dei manager,
i primi effetti
da Anas a Invitalia
80
miliardi
di euro è
il valore delle
49 opere
prioritarie
inserite
nell’elenco
del nuovo
piano delle
Infrastrutture
242
i chilometri
che da Livorno
dovevano
portare a
Civitavecchia,
secondo un
appalto del ‘68.
Da allora sono
stati realizzati
appena 40 km
A distanza di qualche anno
dalle leggi sui tetti agli
stipendi dei manager delle
società non quotate controllate
dal Mef, arriva anche il primo
monitoraggio sugli effetti
prodotti. In tutto, stando a un
rapporto del ministero
dell’Economia, sono risultate
sei le società interessate su un
totale di 20 soggetti coinvolti.
Invitalia ha visto scendere la
remunerazione deliberata per
l’amministratore delegato
Domenico Arcuri, da 750 mila
euro annui (considerando il
triennio precedente, inclusa la
parte variabile) a 300 mila euro
lordi. Idem per Anas con
l’amministratore unico Pietro
Ciucci, passato da 750 mila
euro (calcolando il valore
massimo della parte variabile)
a 301 mila. Hanno dovuto
tagliare anche Coni (a 240 mila
da 320 mila) e Sogin (da 551 a
242). Ma la vera sforbiciata si
vedrà solo con il 2014, quando
è entrato in vigore il decreto
che modula i tetti,
individuando tre fasce, in base
a indicatori dimensionali. E
poi c’è stato il dl Irpef, varato
sotto il governo Renzi che ha
imposto un nuovo tetto, valido
a partire da maggio, pari a 240
mila euro, come l’assegno del
presidente della Repubblica.
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
14
Esteri
La preghiera del Papa:
«Converti i cuori
dei seminatori d’odio»
Elogio alle donne che «non persero la fede»
«Notte di veglia fu questa, per i discepoli e
le discepole di Gesù. Notte di
dolore e di paura». Francesco
alza lo sguardo, per i cristiani è
la notte più importante, la Basilica di San Pietro rimasta al buio dalla Passione del Venerdì
Santo è tornata a illuminarsi ieri sera. «Non dorme il Signore,
veglia il Custode del suo popolo per farlo uscire dalla schiavitù e aprirgli la strada della libertà».
Nella Via Crucis, Francesco
ha denunciato il «silenzio
complice» del mondo davanti
ai cristiani «crocifissi», intorno
al Colosseo si è pregato per «il
diritto fondamentale alla libertà religiosa».
Così è significativo che tra i
dieci catecumeni che il Papa,
come tradizione, ha battezzato
e cresimato nella Basilica, ci
fossero anche una donna del
Kenya, Rache Khayesi, 67 anni,
e Mahmoud Samhoud, un
trentenne nato in Italia di origini egiziane.
Nelle intenzioni di preghiera
si ricorda la sorte di tanti fedeli:
«Rinvigorisci la fede nei cri-
CITTÀ DEL VATICANO
Le parole
● Nella Via
Crucis, intorno
al Colosseo,
Francesco ha
pregato per
«il diritto
fondamentale
alla libertà
religiosa»
● Alla lettura
della Genesi ha
invitato a
guardare alle
donne: «Gli
uomini
rimasero chiusi
nel cenacolo,
le donne
uscirono...
non rimasero
prigioniere
della paura e
del dolore»
L’intervista
di Alessandra Coppola
La vicenda
● Emmanuel
Carrère, nato a
Parigi nel 1957,
è scrittore e
sceneggiatore.
La sua opera
più famosa e
controversa è
Limonov,
biografia
dell’attivista e
poeta russo,
che ha
ottenuto il Prix
Renaudot
● Il suo ultimo
libro, Il Regno
è pubblicato da
Adelphi, con
traduzione di
Francesco
Bergamasco
(pp. 428, € 22)
Emmanuel Carrère, perché
adesso questo libro sui primi
cristiani e la scrittura dei Vangeli? A questo punto della sua
vita e della sua carriera? Che
cosa rappresenta per lei Il Regno?
«È un «adesso» molto lungo
— risponde lo scrittore francese —, perché è un libro cominciato sette, otto anni fa. Penso
che, anche se non si è credenti,
valga la pena porsi la domanda:
dove mi colloco rispetto a questa storia? Che cosa rappresenta per me?»
È la storia della prima generazione cristiana, ma è anche la vicenda di una «piccola
setta ebrea che in meno di tre
secoli ha divorato dall’interno
l’Impero romano». C’è anche
quest’atmosfera di fine di
un’era nel suo libro. Ne ha accennato sul Corriere nella recensione al romanzo di Michel Houellebecq, Sottomissione: «La laicità, il secolarismo, il materialismo ateo
hanno fatto il loro tempo».
Stiamo vivendo, anche noi, gli
ultimi giorni dell’Impero?
«Diffido delle grandi analisi
storiche. Ma sì, ho l’impressione che siamo alla fine di qualcosa. Non voglio giocare a fare
il profeta. C’è, però, una mutazione in corso. E Houellebecq
ne ha una visione molto acuta e
originale. È vero: il modo in cui
la civiltà greco-romana è arrivata alla fine è evocativo, ci ricorda qualcosa. Davanti a fenomeni storici, religiosi che disorientano, difficili da classificare, che non ci ispirano
stiani perseguitati», «benedici
i governanti che cercano la pace», «converti i cuori dei seminatori di odio», mentre tutti ripetono il Kyrie eleison, «Signore, pietà».
È una sera in cui anche le
preghiere rituali, «Liberaci, o
Signore, da tutti i mali, concedi
la pace ai nostri giorni», ritrovano un senso dimenticato. La
benedizione del fuoco, il silenzio perfetto tra le navate, la processione con il cero pasquale
acceso, il passaggio dal buio alla luce e l’annuncio solenne
della Risurrezione con il canto
dell’Exsultet.
● Il caso
Les Prêtres, gli aiuti
e il ridicolo
in nome della laicité
di Stefano Montefiori
Il dolore
Francesco
con la candela
in mano per
la «liturgia della
luce» nella
Basilica
di San Pietro
Durante
la messa della
vigilia pasquale
ha incitato
i fedeli ad avere
coraggio
e ha auspicato
la conversione
«dei seminatori
di odio»
«Nessuna esitazione! Sostegno totale ai Cristiani d’Oriente vittime della
barbarie», ha scritto ieri sera in un tweet Manuel Valls. Perché il premier si è
sentito in dovere di ribadire un’evidenza? Perché la Francia sta vivendo la
grottesca vicenda del manifesto del gruppo «Les Prêtres», che il 14 giugno si
esibirà all’Olympia «a beneficio dei Cristiani d’Oriente». La società Ratp che
gestisce il metrò di Parigi ha rifiutato l’annuncio in nome della laicità e della
«neutralità del servizio pubblico», come se tra carnefici e vittime sia corretto
restare neutri. Dopo le proteste, ieri l’apertura: sempre vietato evocare i Cristiani,
ma nel manifesto si potrà discretamente menzionare l’associazione L’Œuvre
d’Orient. Un tuffo nel ridicolo, prima dell’udienza in tribunale mercoledì.
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Si legge la Genesi, il libro
dell’Esodo, il racconto di Marco
delle donne che entrano nel sepolcro di Gesù. «Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel
mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere,
leggere...è di più, è molto di
più!», considera Francesco nell’omelia. Bisogna guardare a
ciò che fecero le donne: «Gli
uomini rimasero chiusi nel cenacolo. Le donne, invece, all’alba del giorno dopo il sabato,
andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù».
La veglia, il coraggio. «Entrare nel mistero ci chiede di non
avere paura della realtà: non
chiudersi in se stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli
occhi davanti ai problemi, non
negarli, non eliminare gli interrogativi», mormora il Papa.
«Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della
verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non
scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione».
È «l’umiltà di ridimensionarsi» e riconoscersi «peccatori bisognosi di perdono», conclude Francesco: «Tutto questo
ci insegnano le donne discepole di Gesù. Esse vegliarono,
quella notte, insieme con la
Madre. E lei, la Vergine Madre,
le aiutò a non perdere la fede e
la speranza. Così non rimasero
prigioniere della paura e del
dolore».
Gian Guido Vecchi
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Carrère: «Siamo alla fine dell’Impero
L’islamismo è l’alieno che intimorisce»
simpatia, abbiamo sempre interesse a ricordarci che cos’era
il cristianesimo, diventato poi
la base di una grande civiltà:
per il mondo greco-romano era
qualcosa di alieno, considerato
con disgusto, diffidenza, ripugnanza, qualcosa di pericoloso,
ostile. Una sorta di quinta colonna infiltrata: faceva paura e
disgustava».
Il fenomeno che oggi ispira
paura e diffidenza è l’Islam?
Nel Regno lei osserva che «la
democrazia laica è la nostra
religione (…) la superstitio
che vuole la nostra morte è
stato il comunismo oggi è
l’islamismo».
«Sì, e non è molto originale.
Si riferisce a un sistema di pensiero esterno al nostro, che non
bisogna ignorare. In fondo, era
Patrimonio Unesco
L’Isis distrugge
a picconate
le statue di Hatra
Mazze, picconi e tiro a
segno con i kalashnikov: i
jihadisti dell’Isis mostrano in
un video la distruzione di
statue e ornamenti
dell’antica Hatra, in Iraq,
patrimonio dell’Umanità
dell’Unesco, fiorente città
dell’Impero dei Parti. Un
un militante afferma che le
immagini umane venivano
«adorate al posto di Dio».
per me una delle poste in gioco
nello scrivere un libro come Limonov (il lavoro precedente di
Carrère,ndr), dedicato a lettori
come me, come lei: per quanto
possiamo essere diversi, abbiamo in comune la democrazia, i
diritti dell’uomo, la libertà
d’espressione. Cercare di fare il
ritratto di un uomo che considera eroi personaggi come Bin
Laden o Gheddafi è interessante. Limonov pensa, per esempio, che la democrazia che noi
cerchiamo di esportare sia
l’equivalente del colonialismo
cattolico, con la stessa convinzione di voler portare il bello, il
bene. Il suo punto di vista rappresenta tutto quello che è l’altro dalla nostra civiltà. Io non lo
condivido, ma mi interessa vedere il mondo dal punto di vista
❞
C’è una cosa
di cui non
parliamo
abbastanza:
a differenza
di Gesù,
il Profeta
era un
uomo
circondato
di donne,
amava
le donne
dell’avversario, di chi pensa di
dover far saltare tutto».
Con l’eccezione di un breve
episodio, «Il Regno» è un libro molto casto, asessuato.
«È il problema delle origini
del cristianesimo. Onestamente, mi infastidisce questo modo
di ignorare la sessualità. Ed è
vero che il libro è molto casto, e
i suoi eroi sono per la maggior
parte uomini».
Le tre religioni monoteiste
sono piuttosto misogine. Un
ritorno dei fenomeni religiosi
sotto questo aspetto deve preoccuparci?
«Apro una parentesi. Non
sono un conoscitore dell’Islam
e non voglio aggiungere sciocchezze alle numerose che già si
dicono a riguardo. Ma c’è una
cosa di cui non parliamo abba-
stanza. Contrariamente a Gesù,
il Profeta era un uomo circondato di donne, amava le donne.
È qualcosa che dovremmo dire
a sua difesa. Il puritanesimo
dell’Islam non è presente alle
origini».
Come è stato portare il suo
«Regno» — agnostico anche
se aperto al mistero — in un
Paese molto cattolico come
l’Italia (tradotto per Adelphi)?
«Pensavo che qualche lettore
sarebbe stato scioccato. Sarebbe stato bene essere un po’ condannato dalla chiesa, dare un
po’ scandalo (ride), ma per nulla. Meglio così».
Del resto, lei scrive che la
religione cattolica è l’unica di
cui si può scherzare senza
conseguenze gravi…
«Può succedere che qualcuno scenda in strada per protestare, ma nessuno prende una
mitragliatrice e spara. Certamente, è in ragione della sua
età: il cristianesimo è oggi una
religione che non fa male a nessuno».
Inoffensiva perché vecchia?
«Rispetto all’Islam ha cinque
secoli in più. Se si guarda al cattolicesimo anche solo 500 anni
fa, non è difficile pensare all’inquisizione, ai roghi, a volti che
non ci ispirano molta simpatia.
Al di là delle specificità di
ognuna di queste religioni, cinque secoli di scarto spiegano
qualcosa in termini di ritardo di
integrazione nei confronti di
una società laica, democratica e
della libertà di espressione».
@terrastraniera
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
Strage in Kenya,
cinque arresti
Il presidente:
combatteremo
ESTERI
Per stanarla hanno dovuto farle sentire la voce
di una sua insegnante. Solo allora Cynthia Cheroitich è uscita dal guardaroba del campus di
Garissa dove si nascondeva da due giorni, dopo
l’assalto degli shebab di giovedì. La studentessa,
diciannovenne, non voleva venir fuori neppure
ieri: «Come faccio a essere sicura che non siate
terroristi?» ha chiesto, con la voce impastata dalla sete. I soccorritori hanno chiamato una docente dell’ateneo. Cynthia si è palesata, non fa
più parte dell’ancora folto gruppo di dispersi.
Ieri sono saliti a cinque i sospetti arrestati per la
strage: ai due già presi all’interno del campus
(uno è un agente della sicurezza dell’ateneo) se
ne sono aggiunti tre, i coordinatori dell’attacco,
fermati mentre cercavano di fuggire in Somalia.
Ancora ieri sono arrivate nuove minacce dagli
shebab: «La guerra sarà lunga e terribile, le città
keniane diventeranno rosse di sangue» promettono in un comunicato inviato alla Reuters. Oltre
alla richiesta del ritiro delle truppe keniane dalle
forze dell’Unione africana presenti in Somalia, i
miliziani hanno fatto presente il loro progetto
nazionalistico: riunire il nord del Kenya, con abitanti di etnia somala, alla madrepatria.
«Risponderemo duramente agli shebab, non
riusciranno a creare un califfato in Kenya, combatteremo il terrorismo fino alla fine» ha reagito
15
il presidente Uhruru Kenyatta ieri in un messaggio alla nazione. Kenyatta, criticato per aver sottovalutato l’allerta dell’intelligence sull’imminenza di un attacco proprio in un’università e
per il rafforzamento tardivo delle misure di sicurezza, ha decretato tre giorni di lutto nazionale.
Ieri i corpi dei quattro miliziani uccisi nel blitz,
nudi e ancora sporchi di sangue, sono stati portati su una jeep in giro per Garissa. Una parata di
dubbio gusto anche per un Paese ferito. «Per facilitare la loro identificazione» si sono giustificate le autorità.
Alessandra Muglia
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PORTFOLIO MISSIONE IN SOMALIA
Città
Una donna
somala a
Mogadiscio,
capitale della
Somalia, ex
colonia italiana
dove la
comunità
internazionale
sostiene un
fragile governo
di transizione
contro le milizie
islamiste di
Al-Shebab.
Questo
reportage è
stato realizzato
per il Corriere da
Alessandro Rota
Con i soldati italiani
che a Mogadiscio
affrontano al-Shebab
La chiesa
Sopra, soldati
italiani in un
momento
di riposo su un
mezzo
corazzato
all’interno della
base. A destra,
le rovine della
cattedrale di
Mogadiscio
Sotto, un
somalo che
lavora nel
campo della
missione
militare Ue
MOGADISCIO La portiera da 300 chili del Lince si
chiude con rumore metallico. Al volante Maria
Salinas, fuciliere assaltatore, controlla le cinture
di sicurezza. Con Roberta Palmas forma un duetto di «sorelle» italiane nella Missione militare
Europea a Mogadiscio. Il blindato esce dalla base
all’interno dell’aeroporto. Un fuciliere veglia dalla torretta girevole, con le mani sul mitragliatore. Il jammer, dispositivo elettronico di protezione, viene attivato, in modo da ostacolare segnali
con cui potrebbero essere innescati ordigni radiocomandati. Il Lince si accoda ad altri quattro
veicoli quando il sole non ancora caldo si riflette
nel turchese dell’Oceano. La meta è il Jtc, il campo di addestramento: 3 chilometri di strada, con
il rischio di mine e di attacchi.
E’ l’Europa ad addestrare i soldati somali che
combattono al-Shabab. E gli italiani sono il 65%
del contingente Eutm che conta 75 militari (presto 109). Non escono dalle basi, tempo libero in
palestra o su Skype con i familiari. E’ stato il comandante uscente della missione, il generale
Massimo Mingiardi, a spostare l’addestramento
dall’Uganda a qui: un segnale forte ai terroristi.
«Quando a gennaio sono arrivato nel cielo di
Mogadiscio — ha raccontato Mingiardi — due
lacrime sono scese perché dall’alto ho rivisto la
stessa distruzione di vent’anni fa». Mingiardi è
stato in Somalia fino al giugno 1993, pochi giorni prima della battaglia al «check-point Pasta»
in cui persero la vita tre nostri soldati.
Italiani di nuovo in azione. «Il nostro impegno
è aiutare questo Paese e non abbandonarlo ancora una volta». Dal 9 marzo Mingiardi ha passato il comando della Training Mission a un altro
italiano, il generale degli Alpini Antonio Maggi.
«Sono colpito dalla vicinanza dei somali verso
l’Italia e la sua cultura, e dal fatto che alcuni parlino ancora la nostra lingua» dice Maggi appena
insediato alla base di Mogadiscio. «Questa gente
ha bisogno di pace e merita un futuro migliore».
Al Shebab permettendo. Gli addestratori ita-
liani hanno già servito in Afghanistan, e alcuni
anche in Kosovo. Nessuno si sente di fare confronti: «E’ una guerra del tutto diversa». «Non
esiste una linea del fronte» dichiara Scheik Issa,
consigliere per la sicurezza nazionale del presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, all’interno di Villa Somalia, sede del Governo di Transizione. Ma il generale Issa assicura che i miliziani hanno perso gran parte del loro potere: «Pensiamo di poterli rendere inoffensivi. La loro
guerra è anti-islamica, contro i principi della nostra stessa religione». Villa Somalia, ricordo dell’occupazione italiana terminata nel 1960, da una
collina sovrasta quella che fu la cattedrale più
grande d’Africa, nel centro di Mogadiscio, oggi
ridotta a rudere e latrina per gli sfollati.
Alessandra Morelli, responsabile dell’Alto
Commissariato per i Rifugiati Onu (Unhcr) per la
Somalia, l’anno scorso fu oggetto di un attentato
kamikaze mentre rientrava alla base dopo una
visita in città; il blindato la salvò dall’autobomba.
Oggi spiega che gli attacchi di Al-Shabab in Kenya hanno inasprito i rapporti con il governo di
Nairobi. E’ chiaro che destabilizzare l’intero Corno d’Africa — dice Morelli — è l’obiettivo dei miliziani . «E’ stato difficile dissociare la popolazione somala, e in particolare gli sfollati, dal terrorismo. Sicuramente la capacità e l’intento dei terroristi non svaniranno nei prossimi anni».
Il colonello Giovanni Dario, consigliere strategico della missione europea, spiega che occorre
consolidare la presa del governo e dell’esercito
somali sui territori già liberati, che oggi ammonterebbero a circa l’80% del territorio. Le elezioni
previste per il 2016 sono la prima preoccupazione di Fabrizio Marcelli, primo ambasciatore italiano in Somalia dopo 23 anni di assenza. Il terrorismo, confida un interprete alla base degli
europei, non si combatte solo con le armi, ma
con la volontà del popolo somalo.
Alessandro Rota
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La base
Soldati italiani
e somali della
missione di
addestramento
a Mogadiscio
A sinistra,
l’ambasciatore
Fabrizio
Marcelli nel
luogo dove
sorgerà
la nuova
ambasciata
italiana. Sotto,
un soldato
dell’esercito
somalo
16
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
ESTERI
#
Big Blu, la super bomba Usa per gli ayatollah
Svelata l’arma che può distruggere i bunker come l’impianto atomico di Fordow (se fallisce il negoziato)
WASHINGTON Con l’Iran si tratta,
da qui a giugno c’è tempo per
dare concretezza all’intesa nucleare. Tutti se lo augurano. Ma
senza lasciare da parte soluzioni alternative ed estreme.
Per questo il Pentagono ha
Big Blu. Una super bomba in
grado di distruggere bunker
sotterranei. O gallerie scavate
sotto le montagne. Obiettivi simili all’impianto atomico iraniano di Fordow. Oppure ad
uno dei centri segreti della Corea del Nord. L’ultimo test, a
metà gennaio, ha dimostrato la
potenza di un ordigno da 15 tonnellate. E gli Usa hanno fatto
trapelare la notizia in concomitanza con i negoziati con Teheran. Segnale evidente: crediamo nel dialogo, se però dovesse
andare male il bastone è pronto.
Un’allusione preceduta dalle
parole del segretario alla Difesa
Ashton Carter che ha rammentato — anche a fini interni —
come l’opzione militare non sia
stata abbandonata. Monito di
rito accompagnato dalle indiscrezioni sull’ordigno rilanciate
sul quotidiano Wall Street Journal, una conferma di quanto
uscito già all’inizio dell’anno.
Durante l’ultima prova, nel
poligono di White Sands, New
Mexico, un B2 decollato dalla
base di Whiteman, Missouri, ha
sganciato l’ordigno su un bersaglio. Raid seguito dalla ricogni-
Relazioni
di Paolo Conti
«Penso che ora ci siano tutti
i presupposti perché si ripeta la
grande stagione di rapporti tra
l’Italia e l’Iran che vedemmo
nel 1998, subito dopo l’elezione
del presidente moderato Khatami nel 1997, la visita del presidente Romano Prodi nel 1998
e l’arrivo di Khatami a Roma nel
1999». Ludovico Ortona fu ambasciatore d’Italia a Teheran
dal 1995 al 2000, tranne gli otto
mesi in cui gli ambasciatori europei tornarono in sede nell’aprile 1997 dopo l’annuncio
della sentenza di Berlino sul caso «Mykonos», verdetto che
coinvolse i vertici della Repubblica Islamica dell’Iran nell’assassinio di quattro oppositori
curdi nel 1992 in Germania.
Ortona conosce molto bene
la Repubblica Islamica, soprattutto quella cultura. E oggi, dice, il clima di rapporti privilegiati tra Roma e Teheran potrebbe ripetersi: «L’Italia è
sempre stato un Paese molto
popolare, in Iran. Gli iraniani
hanno una grande memoria
storica e non dimenticano che
noi rimanemmo molto vicini
alla Repubblica Islamica in un
momento difficilissimo come
la guerra con l’Iraq. Molti
scambi commerciali continuarono e i rapporti non si interruppero mai. Oggi quella carta
sarà importante nella partita
del futuro».
Lo fu anche nel 1998 quando
Romano Prodi, primo capo di
governo europeo ad atterrare a
Teheran dopo la rivoluzione
islamica del 1979, riuscì a riaprire il dialogo diplomatico ai
massimi livelli, incontrando
non solo Khatami ma anche la
Guida della Rivoluzione, Alì
Khamenei, il successore di
Khomeini. Prima di partire
Prodi consultò i colleghi dell’Unione Europea e lo stesso
presidente Usa, Bill Clinton. E
affrontò con chiarezza temi al-
15
tonnellate
Il peso
dell’ordigno,
che contiene
2,5 tonnellate
di esplosivo
zione di un Sentinel RQ 170,
drone sofisticato già impiegato
sui cieli dell’Iran, dove ne è precipitato uno nel 2011. Esito della
missione giudicato positivo dall’Air Force. Un esame legato alla
forza e alla capacità di resistere
a eventuali contromisure.
Il Pentagono ha lavorato per
anni alla bomba, progetto a cui
è stato garantito un budget sopra i 341 milioni di dollari. Realizzata nel 2008-2011, Big Blu ha
subito successive modifiche per
renderla capace di sfondare le
protezioni dei bunker. Tre anni
fa i tecnici hanno suggerito
nuovi interventi sul modello,
questo perché si sono convinti
che l’ordigno non avrebbe «bu-
L’ordigno
● Il budget per
realizzare la
super bomba
Big Blu ha
superato i 341
milioni di
dollari dal 2008
Il ritorno di Fidel in tuta da ginnastica
Castro riappare
in pubblico
dopo 14 mesi
Prime immagini di Fidel Castro in pubblico dopo 14 mesi di
«clausura». L’ex leader, 88 anni, ha visitato lunedì una scuola,
dove ha incontrato una delegazione venezuelana, ma solo ieri i
giornali di regime hanno pubblicato le foto della sua uscita in
tuta da ginnastica.
cato» il guscio realizzato dall’Iran attorno ad alcuni siti nucleari. I lavori sulla bomba hanno portato, nel 2013, ad una versione più efficace. Quindi a
gennaio l’ultima creazione che
ha lasciato soddisfatti i generali. Il successo ha spinto Washington a condividerne i risultati
con l’alleato israeliano. L’incursione a White Sands è stata filmata, quindi il video è stato girato a Gerusalemme per dimostrare come un paio di Big Blu
possano neutralizzare un target. Il messaggio per Netanyahu, tenacemente contrario all’intesa con Teheran, è evidente.
Non temete, se i mullah barano,
gli Usa saranno sempre in grado
di distruggere i suoi impianti.
Dal fronte atomico, dove Iran
e Usa, sono rivali, a quello dell’Iraq, che li vede collaborare
contro l’Isis. Non senza problemi. Le milizie sciite hanno riconquistato Tikrit grazie anche
ai raid americani, una vittoria
trasformatisi in abusi e ritorsioni. Un rischio temuto nonostante gli ordini del premier iracheno Abedi e dagli stessi americani che avevano chiesto l’esclusione dei militanti dalla
battaglia. Tutto inutile come testimoniano le foto dei saccheggi compiuti dagli sciiti.
Guido Olimpio
@guidoolimpio
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La «via persiana» da Andreotti a Totti
Il legame speciale tra l’Italia e l’Iran
lora roventi, come la fatwa lanciata contro Salman Rushdie.
Da quel momento l’Italia
venne considerata dall’Iran
l’apripista per l’Europa e per
l’Occidente. Anche perché la
storia dei legami Italia-Iran è
Protagonisti
1995
Giulio Andreotti
senatore a vita,
primo politico
occidentale a
sbarcare in Iran
dopo l’embargo
Usa (qui nel
1989 con
l’ambasciatore
iraniano a
Roma, De Mita
e Mousavi)
1999
Khatami a
Roma, prima
visita di un
presidente
iraniano in un
Paese
dell’Unione
europea (nella
foto Reuters
con l’allora
presidente
Scalfaro)
2013
Emma Bonino
a Teheran:
è la prima visita
di un ministro
degli Esteri
europeo
dall’elezione di
Rohani (nella
foto Epa con il
suo omologo
Zarif)
antica, comincia addirittura
nel 1862 quando il neonato regno d’Italia firmò un trattato di
amicizia con la Persia. Nel secondo dopoguerra i rapporti
commerciali con lo Scià si intensificarono, risale al 1977 la
visita ufficiale del presidente
della Repubblica Giovanni Leone. Poi, col regime degli Ayatollah, una faticosa risalita.
Fu essenziale un certo tipo di
diplomazia italiana, non sempre spettacolare e gridata. Per
esempio l’arrivo a Teheran nel
1995 di Giulio Andreotti, ai
tempi solo senatore a vita, primo tra i politici occidentali a
mettere piede in Iran dopo
l’embargo proclamato da Clinton. Non per niente l’1 marzo
scorso, incontrando a Teheran
l’attuale ministro degli Esteri
Paolo Gentiloni, Alì Akbar Velajati (potente ministro degli
esteri dal 1981 al 1997 e oggi
ascoltato consigliere per gli Affari internazionali di Ali Khamenei) lo ha ricordato: «Italia e
Iran hanno un rapporto storico
basato su un’amicizia reciproca
con grandi politici italiani. Se
devo nominarne uno faccio riferimento a Giulio Andreotti».
La memoria iraniana, lo ha detto Ludovico Ortona, è lunga e
solida. E in Iran ricordano l’aiuto di Andreotti all’Iran nella delicata chiusura della guerra con
l’Iraq, in tempi in cui la gran
parte del mondo era schierata
con Saddam. Più recenti le visite di Emma Bonino nel 2013 (il
presidente iraniano Hassan
Rohani disse: «L’Italia è la nostra porta verso l’Europa») e
quella, appena di marzo, di Paolo Gentiloni, che spiegò come
l’accordo sul nucleare avrebbe
certamente aperto nuove prospettive alle nostre imprese.
In un settore non ci sarà mai
crisi, quello del calcio. La popolarità dei nostri campioni è
indiscussa. Nel 2010 Francesco
Totti aderì alla campagna contro la condanna a morte di
Sakineh Mohammadi Ashtiani
(poi liberata nel 2014) e l’impressione tra i giovani di Teheran fu fortissima.
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12
anni
La durata delle
sanzioni all’Iran
decise
dall’Occidente
per via del
programma
nucleare di
Teheran
7
miliardi
di dollari l’anno
L’interscambio
tra Iran e Italia
prima delle
sanzioni, di cui
5 miliardi di
export iraniano
verso l’Italia
1
miliardo
di dollari l’anno
L’interscambio
Iran-Italia dopo
le sanzioni.
Tra le aziende
italiane più
attive in Iran le
petrolchimiche
e dei trasporti
● Il commento
Obama vede Raúl
Il teorema del dialogo
su scala globale
di Giuseppe Sarcina
I
ncassato l’accordo con
l’Iran, Barack Obama si
trova nella condizione di
poter allargare l’agenda
della sua politica
internazionale, con
potenzialità intraviste solo
nel 2009 all’inizio del suo
primo mandato. Il
presidente non vuole
confinare il dibattito sul
«framework», l’intesa
cornice di Losanna nel
perimetro politico di
Washington. Ieri, quindi, ha
telefonato ai leader di
Kuwait, Bahrein, Qatar ed
Emirati Arabi e li ha invitati
a Camp David in primavera,
insieme con il re dell’Arabia
Saudita, Salman bin
Abdulaziz al Saud e il
sultano Qabus dell’Oman. I
sei Paesi rappresentano il
blocco sunnita più ostile
all’espansionismo dell’Iran
sciita. In un certo senso è
come se Obama avesse
deciso di giocare una
partita con rilancio
continuo e a tutto campo. È
convinto che solo in questo
modo potrà lasciare agli
Stati Uniti e al mondo una
«legacy», un’eredità
politica meritevole di essere
ricordata. Il Medio Oriente
mette ancora oggi a dura
prova il ricordo dei
presidenti degli ultimi
quarant’anni. Da Jimmy
Carter e la vicenda degli
ostaggi a Teheran (19791980) a Bush padre e figlio,
con le due guerre contro
Saddam Hussein. Lo stesso
Obama non nasconde il
rischio di passare alla storia
come il primo presidente
americano ad aver messo in
pericolo la sicurezza di
Israele. Ma a fronte di
questa insidia ci sono
opportunità uniche e, va
riconosciuto, insperate.
Il numero uno della Casa
Bianca sta costruendo uno
schema ardito di alleanze a
intensità variabile. Vuole
restare il partner
irrinunciabile di Israele (da
recuperare al più presto),
ma anche diventare
l’interlocutore del leader
iraniano Hassan Rouhani.
Riconsegna le armi
all’Egitto di Al Sisi che
reprime i Fratelli
musulmani, ma invita i
monarchi sunniti del Golfo
negli Stati Uniti. Ma per
essere credibile la linea del
dialogo, va applicata in
modo universale.
L’apertura a Cuba è la
ricaduta più evidente di
questo teorema. Il 10 aprile
Obama parteciperà al
summit
dell’Organizzazione degli
Stati americani, a Panama.
Ci sarà anche il presidente
cubano, Raúl Castro. Non
sono previsti, al momento,
colloqui ufficiali, ma è
probabile che il numero
uno della Casa Bianca
coglierà l’occasione per
farsi vedere con Castro,
aggiungendo alla sua
«legacy» un’altra immagine
memorabile.
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
ESTERI
17
#
IL RACCONTO ETGAR KERET
Ex leader
Un’immagine
di video art
esposta in una
galleria di Tel
Aviv nel 2012 e
intitolata «Iran».
In tv il ritratto
dell’ex
presidente
iraniano
Mahmoud
Ahmadinejad.
Il racconto
di Keret è
ambientato in
una casa
israeliana che in
qualche modo si
adatta alla
minaccia
nucleare
rappresentata
dal piano
atomico portato
avanti dal
governo iraniano
(Ap/Oded
Balilty)
di Etgar Keret
Qualche settimana prima
della nascita di nostro figlio
Lev, quasi quattro anni fa, vennero alla ribalta due importanti
problemi filosofici.
Il primo – somiglierà alla
mamma o al papà? – fu risolto
alla nascita rapidamente e senza possibilità di equivoci: era
bellissimo. O, come dice la mia
cara moglie: «L’unica cosa che
ha ereditato da te sono i peli
sulla schiena».
E il secondo problema – cosa
farà da grande – è stato al centro del nostro interesse nei suoi
primi tre anni di vita. Il caratteraccio lo rendeva idoneo a fare
il tassista; la fenomenale capacità di trovare delle scuse indicava che avrebbe potuto cavarsela bene nella professione legale; e la sua sistematica prepotenza indicava che aveva le doti
per diventare un quadro di alto
livello di un qualche governo
totalitario. Ma negli ultimi mesi la nebbia che circondava il
futuro roseo e grassottello di
nostro figlio ha cominciato ad
alzarsi. Probabilmente farà il
lattaio, perché altrimenti la sua
rara capacità di svegliarsi ogni
mattina alle cinque e mezzo e
di insistere per svegliare anche
noi andrebbe completamente
sprecata.
Un mercoledì, due settimane fa, l’usuale procedura che
prevedeva la nostra sveglia alle
cinque e mezzo è stata sconvolta dal suono del campanello.
Con addosso i soli pantaloni
del pigiama, ho aperto la porta
e ho visto il mio migliore amico, Uzi, bianco come un lenzuolo, là fuori. Poi, fumando
nervosamente sul balcone, mi
ha detto che aveva cenato con
S., un ragazzo fuori di testa che
era stato con noi alle elementari ed era diventato, ovviamente,
un alto ufficiale dell’esercito
fuori di testa. Verso il dessert,
dopo che Uzi aveva finito di
vantarsi di una dubbia compravendita immobiliare che aveva
appena concluso, S. gli aveva
parlato di un dossier segreto
che era arrivato sulla sua scrivania. Riguardava il profilo psicologico del presidente iraniano. Secondo il dossier, che era
stato raccolto da agenzie d’intelligence straniere, Mahmoud
Ahmadinejad è uno dei pochi
leader viventi della Terra le cui
vere posizioni, espresse solo a
porte chiuse, sono ancora più
fanatiche di quelle espresse in
pubblico.
«Succede quasi sempre il
contrario», aveva spiegato S. «I
leader mondiali sono cani che
abbaiano ma non mordono. In
lui, invece, almeno così pare, il
desiderio di cancellare Israele
dalla faccia della Terra è davvero assai più forte di quello che
dice in realtà. E, come sai bene,
ne dice tante».
«Capisci?» mi ha chiesto Uzi,
madido di sudore. «Quel pazzo
è pronto a distruggere Israele
anche se questo significa il totale annientamento dell’Iran,
perché, da una prospettiva panislamica, la vede come una
vittoria. E tra pochi mesi quell’uomo avrà una bomba nucleare. Una bomba nucleare! Capi-
❞
La paura dell’Apocalisse
si infilò nella nostra cucina
Poi sognai Ahmadinejad
I sette anni del titolo sono quelli che vanno dalla nascita del figlio Lev (nel 2005) alla morte del padre. Mentre Etgar
Keret aspetta fuori dalla sala parto, al pronto soccorso di Tel Aviv arrivano le vittime di un attentato. Mentre è ancora
in lutto per il padre, tra Israele e Hamas a Gaza scoppia l’ennesima guerra. In mezzo la vita di un genitore in un Paese
«eternamente vulnerabile», esposto anche alle minacce dell’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad: il
racconto che presentiamo in anteprima (il libro esce mercoledì in Italia pubblicato da Feltrinelli) è ambientato nel
2009, i timori per il programma atomico iraniano restano gli stessi espressi in questi giorni dagli israeliani. Lo
scrittore parlerà di «Sette anni di felicità» al Festival internazionale del giornalismo a Perugia, venerdì 17 aprile.
Il libro
● Questo
racconto è
tratto da «Sette
anni di felicità»,
il nuovo libro di
Etgar Keret,
che esce
mercoledì 8
aprile
(Feltrinelli, 164
pagine, 14
euro)
● Il racconto,
pieno di ironia,
è ambientato
nel 2009,
quando
Ahmadinejad
era presidente
a Teheran.
I timori
israeliani
per il
programma
atomico
iraniano
restano gli
stessi di allora
sci che disastro sarà per me se
la sgancia su Tel Aviv? Io qui affitto quattordici appartamenti.
Hai mai sentito di una mutazione radioattiva che paga puntualmente l’affitto?».
«Controllati, Uzi», ho detto
io. «Non sei l’unico che soffrirà, se ci bombardano. Cioè, noi
abbiamo qui un bambino piccolo e...»
«I bambini non pagano l’affitto», ha urlato Uzi. «I bambini
non firmano con te un contratto che romperanno senza pensarci due volte appena gli sarà
spuntato un terzo occhio».
«Zio Uzi»,ho sentito la voce assonnata di Lev alle mie spalle,
«posso avere un terzo occhio
pure io?» A questo punto della
conversazione mi sono acceso
anch’io una sigaretta.
Il giorno dopo, quando mia
moglie mi ha chiesto di chiamare un idraulico per controllare una macchia di umidità sul
soffitto della camera da letto, le
ho raccontato della mia conversazione con Uzi. «Se S. ha
ragione», ho detto, «sarebbe
una perdita di tempo e di denaro. Perché aggiustare qualcosa
se tra due mesi l’intera città sarà spazzata via?» Le ho suggerito che forse dovremmo temporeggiare per un semestre, e se
in marzo saremo ancora interi
ripareremo il soffitto. Mia moglie non ha detto niente, ma
dalla sua occhiata ho potuto ca-
● Il caso
Ora le iraniane
potranno vedere
alcune partite
Le autorità iraniane
hanno parzialmente
rimosso il divieto alle
donne di assistere alle
partite di sport maschili.
Lo ha annunciato il vice
ministro dello Sport
Abdolhamid Ahmadi,
spiegando che le norme
entreranno in vigore entro
l’anno. Non tutti gli stadi
saranno aperti al pubblico
femminile: «Dipenderà dal
tipo di sport». Il governo ha
proibito alle donne l’ingresso agli stadi di calcio dal
1979 e più di recente anche
alle partite di pallavolo «per
proteggerle dai fan
uomini». Il presidente della
Fifa ha invitato Teheran a
sospendere questo divieto
«intollerabile». La scorsa
settimana una Corte d’appello di Teheran ha ordinato il rilascio di Ghoncheh
Ghavami, arrestata a giugno per aver cercato di
assistere ad una partita di
volley maschile.
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Chiamare l’idraulico sarebbe una perdita di tempo.
Perché aggiustare qualcosa se tra due mesi l’intera città
sarà spazzata via? Perché sprecare le piantine di agrumi
in giardino? Sono molto sensibili alle radiazioni
pire che non si era resa conto
della gravità dell’attuale situazione geopolitica. «Allora, se
ho capito bene, vuoi forse rinviare anche il lavoro in giardino?» ha chiesto. Ho annuito.
Perché sprecare le piantine di
agrumi e le viole che vorremmo metterci? Stando a internet,
sono particolarmente sensibili
alle radiazioni.
Aiutato dalle notizie di Uzi,
sono riuscito a risparmiarci un
bel po’ di lavori in casa. L’unico
al quale ho accettato di partecipare è la disinfestazione dagli
scarafaggi, perché nemmeno il
fallout radioattivo fermerebbe
questi parassiti. A poco a poco,
anche mia moglie ha cominciato a rendersi conto dei vantaggi
della nostra misera esistenza.
Dopo aver letto in un sito di notizie non proprio affidabile l’avvertimento che l’Iran poteva già
avere armi nucleari, ha deciso
che era ora di smettere di lavare
i piatti. «Non c’è nulla di più
frustrante che subire un attacco
nucleare mentre metti il detersivo nella lavastoviglie», ha
spiegato. «D’ora in poi laveremo i piatti solo quando ce n’è
immediato bisogno».
Questa filosofia — se devo
perire tra le fiamme comunque, non lo farò come un babbeo — è andata ben oltre l’editto della lavastoviglie. Abbiamo
smesso subito di lavare i pavimenti e portare via la spazzatura. Su astuto suggerimento di
mia moglie, siamo andati subito in banca a chiedere un grosso mutuo, immaginando che,
se preleveremo il denaro abbastanza in fretta, avremo fottuto
il sistema. «Vengano pure a
cercarci per farselo restituire
quando questo paese sarà diventato un gigantesco buco nel
terreno», abbiamo riso mentre, nel nostro lurido soggior-
no, guardavamo lo schermo
dell’enorme televisore al plasma nuovo. Sarebbe bello se almeno una volta nella nostra
breve vita riuscissimo davvero
a fregare la banca.
E poi ho avuto un incubo in
cui Ahmadinejad mi veniva incontro per la strada, mi abbracciava, mi baciava sulle guance e
diceva in un fluente yiddish:
«Ich hub dir lieb», «Io ti amo,
fratello mio». Ho svegliato mia
moglie. Il suo viso era coperto
d’intonaco bagnato. Il problema della macchia di umidità
nel soffitto sopra il letto stava
peggiorando. «Che succede?»
ha chiesto, spaventata. «Sono
gli iraniani?»
Ho annuito, ma per tranquillizzarla le ho detto subito che
era stato solo un sogno.
«Sognavi che ci hanno an-
L’autore
Marito e moglie
«Sognavi che ci avevano
annientato?» ha chiesto lei.
«Peggio», ho detto io.
«Che facevamo la pace»
● Etgar Keret,
47 anni,
sposato con
Shira, un figlio,
è uno dei
maggiori
scrittori
israeliani,
tradotto in 35
Paesi
nientato?» ha chiesto lei, facendomi una carezza sulla
guancia. «Io lo faccio ogni notte.»
«Peggio ancora», ho detto
io, «ho sognato che stavamo
facendo la pace con loro».
Questo è stato per lei un colpo proprio duro. «Forse S. si
sbagliava», ha mormorato, terrorizzata. «Forse gli iraniani
non attaccheranno. E noi saremo inchiodati in questo appartamento sporco e degradato,
con i nostri debiti e i tuoi studenti, ai quali avevi promesso
di restituire entro gennaio le
tesine che non hai ancora cominciato a correggere. E con
quei tuoi insopportabili parenti di Eilat che avevamo promesso di visitare a Pesach perché
eravamo sicuri che allora...»
«È stato solo un sogno», ho
cercato di rincuorarla. «Quell’uomo è pazzo, glielo leggi negli occhi». Ma era troppo poco,
troppo tardi. L’ho abbracciata
più forte che potevo, lasciandomi scorrere sul collo le sue lacrime, e le ho sussurrato: «Non
preoccuparti, amore. Siamo
dei sopravvissuti, tutt’e due.
Siamo già scampati, insieme, a
molte cose: malattie, guerre,
attacchi terroristici e, se è la pace che ci riserva il destino, sopravvivremo anche a quella».
Mia moglie alla fine si è riaddormentata, ma io non ci sono
riuscito. Allora mi sono alzato e
ho spazzato il soggiorno. Domattina, per prima cosa, chiamerò un idraulico.
● Noto
soprattutto per
i suoi racconti,
Keret ha
pubblicato in
Italia diversi
libri tra cui
ricordiamo:
«All’improvviso
bussano alla
porta», «La
notte in cui
morirono gli
autobus»,
«Papà è
scappato col
circo»
18
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
Il reportage
di Guido Santevecchi
ESTERI
19
Lezione di maoismo nelle campagne cinesi
«Il Sogno è una divisa con la stella rossa»
In una delle 150 scuole dedicate al culto del comunismo: la modernità non è arrivata (il calcio sì)
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO La scuola, circondata
da una campagna dura, stremata dall’inverno che tarda a finire e dall’inquinamento che
non va mai via, è l’unico edificio degno di questo nome nel
raggio di chilometri. È intitolata ai «Martiri dell’Armata rossa
rivoluzionaria». I bambini di
questa elementare di Luannan,
distretto rurale nella provincia
cinese dello Hebei, hanno in
dotazione una divisa celeste
carta da zucchero con fazzoletto al collo e berretto con la stella rossa: la copia di quella indossata in guerra dai soldati
dell’Esercito contadino e popolare di Mao negli anni Trenta e
Quaranta. Alla cerimonia dell’alzabandiera si cantano inni
Ai Martiri dell’Armata
Gli istituti come quello
di Luannan sono
finanziati dalla
«nobiltà» di Pechino
come «Marciamo sempre in
avanti, con fermezza».
Del sistema scolastico cinese
conosciamo i successi nei test
internazionali, che collocano i
ragazzi di Shanghai al primo
posto mondiale per apprendimento. Ma a Luannan la scuola
è dedicata al culto dei patrioti
comunisti: ce ne sono 150 sparse nella Repubblica Popolare,
soprattutto in luoghi dove
l’esercito di Mao combattè contro i nazionalisti e contro gli invasori giapponesi, vincendo.
Luannan e gli istituti gemelli
sono finanziati dalla «nobiltà
rossa», composta dai figli e nipoti dei comandanti delle forze
maoiste. È un «principe rosso»
anche il presidente Xi Jinping.
La nobiltà rossa vorrebbe che ai
bambini si insegnasse fedeltà
al partito comunista, in tempi
di crisi ideologica.
In divisa
I bambini in divisa della scuola elementare di
Luannan, dedicata ai Martiri dell’Armata rossa
rivoluzionaria, dove si insegna il culto del maoismo
delle origini. In alto, studenti di un’altra scuola
patriottica nella provincia di Sichuan (Afp)
La scuola è una palazzina su
due piani, dipinta di giallo ocra
e coperta da parole d’ordine
scritte in rosso, falci e martelli,
stelle a cinque punte. Il direttore, Zhang Shuzhi, 53 anni, ci attende nel piazzale, al suo fianco insegnanti e anche l’assessore. «Abbiamo 280 scolari dai
6 ai 12 anni, 9 classi e 18 insegnanti; lezioni dalle 8 alle 16
con un’ora di pausa per il pranzo, dal lunedì al venerdì». Sulle
pareti dei corridoi sono allineate foto in bianco e nero e biografie di eroi rivoluzionari che i
ragazzi di Pechino, imborghesiti, ormai non ricordano quasi
più. Il direttore ci spiega che la
divisa militare gli allievi la indossano solo in giorni speciali,
per non rovinarla.
Entriamo in una classe: 24
bambini e bambine di quinta,
tutti seduti composti davanti a
Il dibattito sui diritti gay negli Usa
Carly Fiorina (quasi candidata) a Tim Cook
«Ipocrita, non protesti mai con Pechino»
Chi è
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK «Tim Cook? Un ipocrita».
Carly Fiorina,
60 anni, ad di
Hp dal 1999
al 2005, è
pronta a
scendere in
campo con i
repubblicani
per sfidare la
Clinton nella
corsa alla
Casa Bianca
Carly Fiorina, ex amministratore di
Hewlett-Packard, potrebbe presto
aggiungersi alla lista dei candidati
repubblicani per la Casa Bianca. Si
capisce anche dai toni usati in
un’intervista al Wall Street Journal sul
caso nazionale più dibattuto negli Usa.
Nei giorni scorsi il governatore
dell’Indiana, il repubblicano Mike
Pence, ha firmato una versione
restrittiva del Religious Freedom
Restoration act, una legge federale per
la tutela delle minoranze religiose varata
nel 1993. Il testo dell’Indiana, però,
consente ai cittadini di invocare motivi
religiosi per rifiutare ogni tipo di
servizio in caso di matrimoni gay.
Il ceo di Apple, Cook, ha lanciato una
vera campagna contro la legge, seguito
poi da altri manager di grandi aziende,
da Lewis Strauss a Walmart.
Fiorina, 60 anni, fa parte di quel mondo,
anche se ci è arrivata con un percorso
atipico. Ha studiato filosofia e storia
medievale; ha fatto la segretaria e ha
lavorato da una parrucchiera, prima di
convertirsi agli studi aziendali fino a
conseguire un master in management al
Mit di Boston. Arriva al vertice di
Hewlett-Packard nel 1999 e ci rimane
fino al 2005. In quegli anni venne
inserita tra le figure più influenti degli
Usa. Ieri sono venute fuori le sue idee
texane, prima che repubblicane. Al
leader di Apple riserva una sola frase:
«Quando Tim Cook si indigna per come
vengono trattati i gay e le donne, allora
dovrebbe ritirare l’azienda dal 90% dei
mercati in cui vende i suoi prodotti,
comprese la Cina e l’Arabia Saudita. Ma
non l’ho mai sentito lamentarsi di quei
Paesi. Ecco perché qui vedo un livello di
ipocrisia davvero inopportuno». Per
Fiorina, non c’è nulla da «obiettare»
alla legge dell’Indiana. Senonché il
governatore Pence ha già provveduto
a correggerla e il suo collega
dell’Arkansas, Asa Hutchinson, ha
rimandato al Parlamento dello Stato un
testo simile.
La campagna di Cook e degli altri
manager sembra aver ottenuto il
risultato. Ma per Fiorina l’esito è
disastroso: «Penso si sia sviluppata una
controversia fomentata da persone che
sollevano questioni di identità politica
per dividere la nazione in un modo
pericoloso». Il resto, probabilmente,
nella campagna elettorale.
Giuseppe Sarcina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
tavolini quadrati. Naturalmente la maestra li aveva preparati.
Quando ho chiesto di fare qualche domanda la signora ha fatto alzare la capoclasse. «Mi
chiamo Zhang Likun, ho 12 anni». Dovete fare tanti compiti a
casa? «Noo, la maestra è molto
brava, ce ne dà pochi». E poi
che fai, giochi? «Noo, guardo la
tv, ci sono i notiziari». E niente
cartoni animati? «Mi piacciono
i film storici, come quello sul
Piccolo Soldato» (una sorta di
Piccola vedetta lombarda di De
Amicis in versione maoista).
Un’altra domanda banale, di
quelle che tutti i bambini del
mondo odiano: da grande che
cosa vuoi fare? La capoclasse
conosce a memoria la risposta:
«Realizzare il sogno cinese, facendo l’insegnante». E poi? Qui
Likun ha ceduto e ha ammesso
di volere anche «una bella
La storia
● L’Armata
rossa condusse
la lotta rurale in
Cina tra il 1927
e il 1949
● Costituì il
nerbo della
guerriglia di
Mao, della
«lunga marcia»
(1934-1935) e
della resistenza
antigiapponese
● Ribattezzata
Esercito
popolare di
liberazione nel
1946, portò i
comunisti al
potere nel ‘49
macchina, ma bianca». Sai
qualcosa dell’Italia? «Certo,
l’Europa è a nordovest della Cina e la capitale dell’Italia è Milano».
Poi ho chiesto quanti vogliono fare il soldato: si sono alzate
solo tre mani. Un cicciottino,
Wu Yulong, ha detto orgoglioso: «Voglio entrare in fanteria,
come gli eroi della Lunga Marcia». Ma a nessuno piacerebbe
fare il calciatore? Wang Shiy
scatta in piedi. E come giochi?
«Normale», replica con modestia. Ti piace la divisa dell’Armata Rossa? Gli si illuminano
gli occhi: «Sì, tanto». Perché?
«È speciale». Ti piace cantare
gli inni? «Non tanto, sono stonato». Le aule sono essenziali,
riscaldamento già spento e finestre aperte anche se la temperatura è ancora rigida. Nella
stanza dei giochi sono allineati
carri armati e cannoni di cartone e legno compensato; un diorama della stazione spaziale cinese con le figurine degli astronauti e orsacchiotti di peluche. Direttore a che serve una
«scuola rossa» come questa?
«A formare dei bravi comunisti». E chi è un bravo comunista? «Il bravo comunista salva
la Cina». Ma da che cosa dev’essere salvata la Cina? Il direttore
di campagna non ha saputo rispondere, ha sorriso.
Certo, impressiona vedere
dei bambini nella divisa dei rivoluzionari, allevati a slogan e
parole d’ordine. Ma a dire la verità l’ambiente di Luannan ricorda anche quello ingenuo
delle nostre scuole elementari
di paese com’erano ancora non
molti anni fa. Per arrivarci abbiamo attraversato villaggi fatti
di casette e catapecchie in strade polverose cosparse di spazzatura e plastica; sui tetti pile di
pannocchie di mais lasciate ad
asciugare. Niente a che vedere
con la Cina seconda potenza
economica del mondo.
@guidosant
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
20
Cronache
Oksana, ballerina di night in cella con la figlia
Milano, ha ucciso con una coltellata al cuore il fidanzato dopo una lite. «Aveva colpito la bimba»
Oksana ha appena trovato un lavoro. Ha incontrato il
proprietario di un night club.
Inizierà stasera. Ballerina. Dice:
«Finalmente starò più tranquilla». È in macchina; guida il
suo amico, Enzo; si sono conosciuti per caso, tre anni fa, hanno avuto una storia e lui si è attaccato molto alla giovane lituana, 26 anni; qualche ora prima è stata lei a chiamarlo,
anche se non si sentivano da
qualche mese: «Puoi accompagnarmi? Devo parlare con questa persona per il lavoro».
Ora stanno tornando verso
l’appartamento di via Ripamonti 193, periferia sud di Milano. Sui sedili posteriori è seduta la figlia di Oksana; la bambina non ha ancora 3 anni.
Squilla il cellulare: «Pronto». È
l’uomo con cui Oksana Murasova divide l’appartamento, il
suo convivente, e anche l’uomo
che l’ha picchiata e maltrattata
per un anno, a volte l’ha obbligata a prostituirsi, e lei non è
riuscita a staccarsene perché è
una ragazza sola, con una figlia, preoccupata. Oksana
chiude la telefonata e sbuffa:
«È ancora ubriaco. Chissà cosa
succede stasera». Poi però aggiunge: «Ora un lavoro ce l’ho.
Stavolta basta, faccio le valige e
me ne vado per davvero. Basta
con questa vita». Manca poco
alle 22 quando la ragazza scende dall’auto con la bambina in
via Ripamonti. Non passa nep-
MILANO
La vicenda
● Oksana
Murasova,
lituana di 26
anni e con una
bimba di due
anni e mezzo, è
stata arrestata
dai carabinieri
di Milano: ora è
in carcere a
San Vittore con
la figlia (che,
avendo meno
di 3 anni, non
deve essere
separata dal
genitore)
● La donna
avrebbe ucciso
con una
coltellata al
cuore, durante
una lite in via
Ripamonti, il
suo compagno,
Ruslan Bilous,
32 anni
● Secondo i
vicini l’uomo
faceva alla
compagna
scenate di
gelosia. La
bimba è figlia di
una precedente relazione
della donna
Con la figlia
A sinistra Oksana Murasova, cittadina lituana
di 26 anni. La donna è stata arrestata dopo aver
ucciso con una coltellata, durante una lite,
il convivente in via Ripamonti, a sud di Milano.
Sopra Oksana con la figlia di due anni e mezzo
che ora si trova con lei in carcere (Fotogramma)
pure mezz’ora e scende di nuovo in strada, è sconvolta, chiama il 118: «Venite, fate presto,
l’ho colpito con un coltello».
Ruslan Bilous, ucraino, 32
anni, lavori saltuari in una coop
di pulizie, nessun precedente
alle spalle, è morto perché la lama di quel coltello da cucina gli
ha trafitto il cuore. Ai carabinieri del Nucleo investigativo
Oksana racconta: «Mi ha aggredita. Mi sono difesa. Ha colpito la bambina».
I primi rilievi dei militari
sembrano confermare la sua
versione: Oksana ha qualche
graffio sul volto, un livido sul
petto; sua figlia è caduta, ha
battuto la testa e passa qualche
ora in osservazione all’ospedale. Davanti al sostituto procuratore Alessandro Gobbis, Oksana racconta di litigi sempre più
frequenti. «Non ha mai voluto
fare denuncia, aveva paura che
lei e la bambina venissero sbattute fuori di casa. Ha sempre
sopportato per lei», racconta
l’amico Enzo Pignatelli. La giovane lituana era arrivata in Italia nel 2010, aveva lavorato nei
locali notturni della Riviera romagnola. Poi, dalla relazione
con un altro uomo, era nata la
piccola. Oksana Murasova era
originaria di Klaipèda, unico
porto della Lituania sul Baltico.
«Aveva lasciato la bambina con
i genitori in Lituania, poi un
anno e mezzo fa l’aveva portata
a Milano. Ci eravamo visti in un
ristorante, lei faceva la “vita”
ma non voleva farle mancare
niente». Appena arrivata a Milano, si era stabilita con Ruslan
Bilous in un appartamento nel
quartiere di Città studi, poi un
paio d’anni fa il trasferimento
al quinto piano di via Ripamonti, zona sud di Milano.
Da sabato notte la donna è
nel reparto del carcere di San
Vittore che ospita le detenute
con figli sotto ai tre anni, che
per legge non possono essere
separati dalle madri. È accusata
di omicidio volontario. Nei
prossimi giorni il gip Stefania
Pepe dovrà esaminare la richiesta di custodia cautelare.
L’autopsia e le indagini dei
carabinieri dovranno invece fare chiarezza sulla dinamica dell’omicidio: dopo essere stato
Insieme
La piccola ha meno
di tre anni e non deve
essere separata
dalla donna
colpito, il 32enne avrebbe tentato di inseguire la compagna,
prima di crollare sul pavimento
davanti alla porta.
«Quel ragazzo è sempre stato aggressivo. Sabato sera,
quando mi ha visto arrivare
con lei — racconta Enzo Pignatelli —, mi ha detto: “Attento, ti
faccio tagliare la testa”. Poi ha
tirato un calcio alla portiera e
ha fotografato l’auto con il cellulare. Voleva intimidirmi, sono scappato. Avessi immaginato cos’è successo sarei sceso
per affrontarlo...».
Cesare Giuzzi
Gianni Santucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Imola
Espulso un cittadino marocchino
«Aveva aderito agli integralisti»
Khalid Smina, marocchino di 41 anni che viveva ad Imola con
moglie, figli e regolare permesso di soggiorno: è stato
rimpatriato ieri con un provvedimento di espulsione firmato dal
ministro dell’Interno. «Aveva aderito a una pratica integralista
della religione, con una vocazione al terrorismo» dice il
responsabile del Viminale. L’uomo era stato coinvolto in passato
in inchieste sull’estremismo di matrice islamica. Secondo gli
inquirenti faceva parte della rete di un sospetto terrorista
condannato in Italia, espulso dal nostro Paese nel 2008 e
rimpatriato in Tunisia: Jarraya Khalil, che viveva a Faenza con
moglie e figli ed era chiamato «il colonnello» per aver
combattuto con i mujaheddin nell’ex Jugoslavia. Sono trenta gli
espulsi da dicembre per motivi legati alla sicurezza. Smina
frequentava la Casa della cultura islamica di Imola, pur non
facendo parte del direttivo. Per diverso tempo è stato monitorato
dalla Digos e dall’Antiterrorismo. Era molto attivo anche in rete,
dove pare frequentasse siti e chat di ispirazione jihadista.
«Questa vicenda avrà per noi un impatto molto negativo — ha
detto Tajiri Abdelghani, vicepresidente dalla Casa della cultura
islamica di Imola —. Noi cerchiamo la massima chiarezza».
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
Il caso
di Fiorenza Sarzanini
e Mario Sensini
CRONACHE
21
Il giallo dei 4 mila passaporti
finiti sul mercato clandestino
Difettosi, andavano distrutti. Indagati due funzionari del Poligrafico dello Stato
La vicenda
● Nel 2014
la questura
di Milano
«ordina»
al Poligrafico
dello Stato
di stampare
4.000
passaporti.
Ma i funzionari
della questura
riscontrano
nei documenti
un difetto:
il microchip
non è regolare
● Viene
redatto
un verbale
di restituzione
e avviata
la procedura
di distruzione
dei passaporti
invalidati
Misteriosamente, però,
alcuni dei
documenti
d’identità,
che sarebbero
dovuti essere
mandati
al macero
dal Poligrafico,
vengono
segnalati nelle
mani di diversi
stranieri
che li utilizzano
per passare
le frontiere
Almeno un
lotto è arrivato
in Medio
Oriente
● Si mobilitano
due Procure
(Civitavecchia e
poi Roma) e le
verifiche
vengono
affidate alla
polizia di
Fiumicino
Sotto inchiesta,
per adesso,
ci sono due
funzionari
del Poligrafico
Ci sono 4.000 passaporti
stampati dal Poligrafico dello
Stato e finiti sul mercato clandestino. Documenti d’identità
che risultavano distrutti e invece sono stati ceduti illegalmente. Quanto basta per far
scattare l’allarme rosso ai vertici degli apparati di sicurezza.
Anche perché le prime segnalazioni dimostrano che almeno una parte del «lotto» è arrivata in Medio Oriente, usata da
alcuni siriani per cercare di
raggiungere l’Italia.
Una circostanza sufficiente a
comprendere perché i timori
non riguardino soltanto l’utilizzo da parte dei trafficanti di
uomini che gestiscono i canali
dell’immigrazione, ma anche i
fondamentalisti islamici.
L’elenco completo con i numeri di serie è stato inserito
nella «black list» internazionale — dall’Europa agli Stati Uniti
sono state allertate le polizie di
mezzo mondo — ma il timore
protocollato firmato dai responsabili dell’ufficio competente, che lo inviano anche alla
Questura di Milano proprio
per dimostrare che si è seguito
l’iter previsto.
Sembra tutto in regola: può
accadere che una «partita» mostri dei difetti e si decida di annullarla proprio per evitare
qualsiasi tipo di problema e
quindi nessuno si insospettisce.
La segnalazione
Dopo qualche settimana
dalla Turchia parte una segna-
lazione nei confronti di due
cittadini che — spacciandosi
per italiani e utilizzando passaporti non regolari — hanno
cercato di varcare la frontiera.
Il numero di serie dei documenti viene trasmesso alla polizia di frontiera di Fiumicino
e si decide di attivare anche i
canali diplomatici perché risulta che qualcuno abbia fatto
istanza all’ambasciata italiana
in Turchia per ottenere il visto
e recarsi in Nordamerica. Si
scopre così che i passaporti
utilizzati dagli stranieri sono
in realtà parte di quel blocco
che risulta distrutto. I due siriani non sono gli unici ad avere in mano un documento falso.
Analoga richiesta di chiarimenti all’Italia proviene dopo
qualche giorno dagli Stati Uniti. Altre si susseguono con il
trascorrere delle settimane.
Soltanto Istanbul trasmette
una decina di istanze. E tanto
basta per capire quanto grave è
la vicenda — per quanto se ne
sa, senza precedenti — e soprattutto le conseguenze che
359
Milioni
Il fatturato
(2013) di
Poligrafico e
Zecca dello
Stato S.pA.
(71,1 milioni
invece l’utile
netto)
può avere in materia di sicurezza, in un momento così delicato a causa delle minacce
dell’Isis.
Vengono convocate riunioni
d’urgenza al ministero dell’Economia — da cui dipende
il Poligrafico — e alla Farnesina. Scatta il massimo livello
d’allarme e l’indagine, inizialmente avviata dalla Procura di
Civitavecchia, competente visto che la prima segnalazione
è arrivata a Fiumicino, viene
poi trasmessa ai colleghi di
Roma.
L’indagine
La manifestazione In Brasile
Le verifiche sono affidate alla polizia di Fiumicino che collabora con gli altri reparti interessati. Il Dipartimento di
pubblica sicurezza dispone
una serie di controlli ulteriori,
nel pool investigativo ci sono
gli esperti del settore Immigrazione, naturalmente viene
allertata anche la polizia di
In Medio Oriente
Parte del «lotto»
è arrivata in Medio
Oriente. Documenti
usati da alcuni siriani
diretti in Italia
Il rischio
L’allerta internazionale:
il timore di una rete
che può dare supporto
ai fondamentalisti
islamici
forte è che gli utilizzatori possano sfuggire ai controlli. E soprattutto che quella «partita»
non sia l’unica ad essere stata
utilizzata in maniera illecita.
prevenzione. L’attenzione si
concentra sull’ufficio del Poligrafico che doveva provvedere
alla distruzione dei 4.000 passaporti.
Sotto inchiesta finiscono
due funzionari, ma gli accertamenti sono tuttora in corso.
Altri dipendenti dell’Istituto, o
distaccati al Poligrafico da altre amministrazioni, sono sotto osservazione. Il sospetto degli inquirenti è che la rete di
complicità interna al Poligrafico sia ben più vasta di quella
già individuata. E il timore più
grande è che anche in passato
possano essere accaduti episodi analoghi.
La lista con i numeri di serie
dei documenti compresi in
questa «partita» è nota, ma le
verifiche adesso riguardano
eventuali altri «lotti» distrutti
in passato.
E si lavora per scoprire se i
canali illegali utilizzati possano aver fatto finire i passaporti
italiani anche nelle mani dei
fondamentalisti.
La restituzione
La vicenda risale allo scorso
anno quando al Poligrafico
proviene da Milano un ordine
di stampa. I 4.000 passaporti
vengono creati e spediti dal
Poligrafico alla questura del
capoluogo lombardo, ma i
funzionari si rendono subito
conto che i documenti hanno
un difetto evidente perché il
microchip non risulta regolare
e dunque può causare problemi di identificazione al momento del transito alle frontiere. Per questo compilano un
verbale di restituzione che —
questa è la procedura per legge
— prevede pure la loro distruzione da parte della «zecca». E
ciò avviene, almeno ufficialmente. Negli uffici del Poligrafico si dispone che i passaporti
vengano mandati al macero,
come risulta da un documento
Marcia per la pace
dopo la morte
di un bambino
nella favela
È stata una lunga «catena della pace» quella formata dalle tante persone
scese in strada nel quartiere di Alemao, una favela a nord di Rio de
Janeiro. La gente (circa 1.500 persone) ha manifestato per dire no alla
droga e alla violenza. Ma soprattutto per protestare contro la morte di un
bambino di 10 anni ucciso dalla polizia brasiliana tre giorni fa durante
uno scontro con trafficanti di droga. L’uccisione del bimbo ha scatenato
reazioni rabbiose, sfociate in violenti scontri venerdì scorso con la
polizia: pesante il bilancio che parla di 4 vittime e molti feriti. Ieri è stata
la volta dei cartelli bianchi alzati da centinaia di manifestanti per chiedere
la fine della violenza e il ritiro della polizia dalle favelas ( foto Afp).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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22
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
CRONACHE
La storia
di Paolo Di Stefano
«Ecco il fratello che mi cambia la vita»
L’idea di un diciottenne veneto: raccontare chi è Giovanni, che ha la sindrome di Down
Il video conquista prima la sua scuola e poi la Rete. Ora potrebbe diventare una serie
D
ue fratelli e due sorelle
di Castelfranco Veneto. Il più piccolo ha
dodici anni, è Down e
si chiama Giovanni. Gli altri sono Chiara, Alice e Giacomo
Mazzariol. Per il 21 marzo, la
giornata della Sindrome di
Down, hanno voluto mettersi
insieme e girare un video di
poco più di cinque minuti che
è finito su You Tube attirando
l’attenzione di molti: «virale» è
l’aggettivo più inadatto a una
storia del genere. E poi, per una
volta, chi se ne frega dei numeri, che cosa importa se è stato
visto sei o nove o ventimila volte in dieci giorni. Quel che conta è capire che il video è un gesto d’amore fraterno affidato a
un messaggio in bottiglia.
Giacomo, in arte Jack, 18 anni, ne è l’artefice, le sue sorelle
l’hanno aiutato a girare; Giovanni, in arte John, è l’attore
protagonista. Suo fratello ha lavorato una notte per riuscire a
montarlo in tempo per proiettarlo, la mattina del 21, nell’aula
magna del suo liceo (lo Scientifico di Castelfranco) a 150 tra
compagni e professori. Risultato: applausi e commozione.
Non era mai stato capace di
raccontare il suo rapporto con
Il colloquio di lavoro
Una finta intervista
per avere un lavoro è
lo spunto per mostrare
la loro esistenza felice
la libertà e la sincerità del fratellino Down. Ora ce l’ha fatta.
È nata la «Jack & John Production», ma soprattutto è nato un
modo per comunicare con gli
altri qualcosa di molto difficile.
Sceneggiatura. Il piccolo
Giovanni si veste di tutto punto, giacca nera, camicia bianca,
farfallino nero, si pettina per
bene davanti allo specchio del
bagno, inforca un paio di occhiali, afferra una valigetta
ventiquattrore e cammina deciso come un commesso viaggiatore. Sta andando a proporsi per un posto di lavoro. Raggiunge un ufficio lindo fino allo squallore, dove c ’è suo
fratello Giacomo, seduto dietro una scrivania lucida, nei
panni del freddo datore di lavoro. Ecco che parte l’Intervista semplice, titolo del cortocortissimo, dove si alternano le
domande e le immagini interiori del bambino. Tra una do-
manda e la risposta c’è un
flashback, uno spazio di sincerità, di fantasia o di desiderio
che appartiene solo a Giovanni. La domanda provoca ricordi, scarti dell’immaginazione,
aperture, slittamenti del pensiero. Se il mondo non capisce
e fa richieste assurde, peggio
per il mondo.
«Quali sono le sue qualità?».
Le immagini interiori di Giò
dicono: saper addormentare
mia mamma con una fiaba, tirarle su le coperte quando ha
preso sonno, oppure accudire
una vecchietta in carrozzella, o
far ridere tutti facendo il pa-
● La parola
SINDROME DI DOWN
La sindrome di Down, detta anche trisomia
21, è un’anomalia cromosomica: chi ne è
affetto, nella coppia di cromosomi numero
21, ha tre cromosomi invece di due.
Si chiama così da John Langdon Down,
il medico inglese che nel 1862 descrisse per
primo le caratteristiche di questa sindrome.
Nel 1959 lo scienziato Jerome Lejeune ne ha
scoperto la causa: la presenza, appunto,
di un cromosoma in più.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
gliaccio a tavola... «Sono timido» risponde. Un’altra domanda: «Ha avuto molti successi finora?». Fare un gol al fratello
in cortile o centrare un canestro, nient’altro. Cosa vuol fare
da grande? Eccolo salire su un
camion dei pompieri e poi
suonare una batteria sulle sedie di casa. Precedenti esperienze di lavoro? Poco, portare
a tavola un piatto, annaffiare il
giardino, tagliare le foglie.
«Perché dovrei assumerla?»,
chiede algido l’altro. E Giovanni scoppia a ridere: «Vuoi una
caramella?».
Niente da fare, non c’è coin-
Il filmato
IIn alto, nella foto
grande, Giovanni,
12 anni, in arte
John, in un fermo
immagine del
video. A destra,
sopra, con il
fratello Giacomo.
Sotto, dà un bacio
alla mamma
dopo averle
rimboccato
la coperta
cidenza tra le aspettative del
mondo ordinario e i desideri di
un bambino eccezionale come
Giò. Riprende la sua valigetta e
si allontana in un cortile gigantesco. Non è triste, anzi sembra
ugualmente allegro, benché la
sua richiesta di lavoro sia fallita
nell’incomprensione.
«Con Giò — dice Giacomo
— ho sempre fatto interviste
fittizie molto divertenti: lui risponde a modo suo... L’altro
giorno gli ho detto “Salvini” e
lui: “un lattante...”». La fortuna
è l’incontro tra preparazione e
opportunità, continua Giacomo. La preparazione sono i
tanti video amatoriali che ha
girato per conto suo prima di
questo. L’opportunità è il coraggio di cogliere al volo l’occasione.
«Giovanni mi cambia la vita
ogni giorno, ho sempre avuto
con lui un rapporto bellissimo,
molto diretto, ma non ho mai
avuto il coraggio di parlarne
con gli altri. Poi ho pensato: come Giò ha cambiato la mia vita,
così io potrei cambiare quella
degli altri». Una valanga di
messaggi, post, lettere, mail da
tutta Italia. La richiesta di un ex
compagno di andare nel suo
college a Londra a raccontare
l’esperienza con Giò. La decisione di fare una serie video
sull’immaginazione, sulla dipendenza, sulla semplicità...
«Cercherò di far capire che non
esiste un noi-normali e un loro-Down... Sono pieno di questo mio rapporto con Giò e finalmente voglio dirlo!».
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Agrigento
Immigrazione
Il padre di Loris
in visita alla moglie
Litigio in carcere
Sbarco a Pozzallo
Soccorsi in mare
oltre 300 migranti
È andato a trovare la moglie
nel carcere di Agrigento, dove
è detenuta con l’accusa di aver
ucciso il loro primogenito,
Loris, di 8 anni, lo scorso 29
novembre a Santa Croce
Camerina, nel Ragusano.
Davide Stival ha incontrato
Veronica Panarello, ma non ha
cambiato posizione rispetto
alla donna che continua a
proclamare la sua innocenza e
sulla quale lui, invece, non
smette di nutrire dubbi. I due a
un certo punto hanno anche
cominciato a litigare, tanto da
far intervenire la polizia
penitenziaria che ha chiesto
loro di abbassare la voce.
Una nave militare irlandese
impegnata nell’operazione
europea «Triton» ha soccorso
nel Canale di Sicilia
un’imbarcazione con a bordo
318 persone: i migranti sono
sbarcati ieri sera nel porto di
Pozzallo (Ragusa). Tra di loro
c’erano anche 14 minori e 13
donne: cinque di queste,
in gravidanza, sono state
trasferite in ospedale. Gli
immigrati provengono da
Sudan, Ghana, Marocco, Mali,
Mauritania, Senegal, Pakistan,
Nigeria, Siria, Palestina,
Eritrea, India e Tunisia. La
polizia ha disposto controlli su
otto presunti scafisti tunisini.
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
CRONACHE
23
Germania
Germanwings, il ricordo
degli studenti scomparsi
Un tappeto di lumini, interrotto da qualche
pupazzo. Haltern am See, la cittadina tedesca
che ha perso sedici studenti nel disastro
dell’Airbus Germanwings sulle Alpi francesi, ha
onorato così le sue giovani vittime. Ieri si sono
concluse le ricerche dei 150 corpi: la prefettura
di Alpes-de-Haute-Provence ha precisato che
continuano le ricerche degli effetti personali
dei passeggeri. Sempre ieri è stata un’altra
giornata difficile per la compagnia aerea low
cost di Lufthansa: un suo velivolo è stato fatto
deviare a Stoccarda per una perdita di
carburante lungo la rotta Colonia/Bonn.
L’aereo era diretto a Venezia e qui i viaggiatori
sono atterrati alle 13.41 con un aereo sostitutivo:
a bordo c’erano 123 passeggeri e cinque
membri dell’equipaggio.
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Lo scienziato dello sviluppo
che spinge la biologia oltre Darwin
Minelli: ecco perché l’evoluzione da sola non può rispondere a tutte le nostre domande
La storia
● Charles
Darwin
(1809–1882),
naturalista
e geologo
britannico,
è il padre
della teoria
dell’evoluzione
delle specie
animali
e vegetali
per selezione
naturale
● I membri
dello stesso
gruppo si
somigliano
perché
si sono evoluti
da un antenato
comune
in un
processo di
«discendenza
con
variazione»
● La teoria
darwiniana
sull’evoluzione
venne spiegata
nell’opera
«L’origine
delle specie»
e i dati su cui si
basò vennero
raccolti nella
sua sosta
alle Isole
Galápagos nel
corso di un
viaggio intorno
al mondo
sul brigantino
Beagle iniziato
nel dicembre
del 1831
di Massimo
Piattelli Palmarini
È
la disciplina che completa il neo-darwinismo, si chiama biologia evoluzionistica
dello sviluppo (in sigla evo-devo) e, per una volta,
l’Europa ha aperto la strada agli
studi in questo rivoluzionario
settore. Trascinata anche dai
lavori e dalla visione di uno
scienziato italiano.
Nel 1999 l’editoriale del primo numero di «Evolution and
Development» (evoluzione e
sviluppo), provando a definire
l’evo-devo, parlava di una «strana disciplina... fluida e sintetica». Nel 2005 si tenne il primo
convegno europeo, promosso
appunto da Alessandro Minelli
(Università di Padova), che si
svolse a Venezia. Nello stesso
anno nacque la European Society for Evolutionary Developmental Biology, in sigla Eed.
Duecentocinquanta presenze
al successivo congresso, a Praga, e oltre 600 al quinto, quello
di Vienna, luglio 2014.
Nelle settimane scorse dagli
Stati Uniti è venuto l’annuncio
della creazione della società
americana di biologia evoluzionistica. «Un programma
aperto di collaborazione internazionale che coinvolge anche
ricercatori europei. Si preannunciano fruttuose interazioni, soprattutto a beneficio dei
ricercatori più giovani» commenta Minelli. Che la sua disciplina la racconta così: «Dagli
anni Trenta agli anni Ottanta
del secolo scorso biologia evoluzionistica e biologia dello
sviluppo sono andate avanti
senza scambi significativi. Ma
ci sono questioni fondamentali
che possono essere affrontate
solo su un terreno d’incontro
fra queste due tradizioni di ricerca. La selezione naturale
“vede” la struttura del corpo
dell’animale o della pianta,
cioè il fenotipo, ma questa è il
risultato di un processo di sviluppo. E lo sviluppo ha le sue
leggi: non solo non riesce a
produrre centauri, sirene o chimere, ma nemmeno a costruire un centopiedi con un numero pari di paia di zampe, o una
giraffa con un collo sostenuto
da vertebre in numero maggiore di sette, che è il numero presente negli altri mammiferi.
Studiando questi vincoli e, insieme, il loro opposto, cioè le
strade che il cambiamento evolutivo può imboccare, possia-
156
Gli anni
trascorsi dalla
pubblicazione
de «L’origine
delle specie»
di Charles
Darwin
mo affrontare anche le più vistose transizioni evolutive, come la comparsa di animali che
volano, o di piante che producono fiori».
Pensate a un modello di auto: confrontando la versione attuale con quella di dieci anni fa
ci interessano le migliorie apportate, non le modifiche al
processo di fabbricazione, né
gli schemi dei progettisti. Se
invece prendiamo due specie
animali e confrontiamo la attuale con una lontana progeni-
● La parola
Chi è
EVO-DEVO
Evo-devo è un acronimo che sta per
Evolutionary developmental biology
(Biologia evolutiva dello sviluppo). Studia il
processo che dalla cellula uovo porta
all’organismo finito. E cerca di stabilire come
e perché si differenziano le cellule di un
organismo durante la fase di sviluppo.
● Alessandro
Minelli
(foto sopra)
è nato
a Treviso
66 anni fa
● Professore
ordinario
di Zoologia
dal 1987
all’Università
di Padova
insegna
materie
zoologiche,
inclusa
Entomologia,
alla Facoltà
di Scienze
Matematiche,
Fisiche
e Naturali
● Si è laureato
in Scienze
Naturali presso
l’Università
di Padova
nel 1970
e ha iniziato
la sua attività
di ricerca
dedicandosi
a problemi
di sistematica
zoologica e di
filogenesi, per
poi indirizzarsi
verso
la biologia
evoluzionistica
dello sviluppo
● È membro
di diversi
organismi
nazionali e
internazionali
trice, le differenze di forme sono visibili ma, dato che in natura non ci sono progettisti (con
buona pace dei sostenitori del
disegno intelligente) e che il
processo di sviluppo, dall’uovo
fecondato all’adulto, è opera di
processi interni solo modulati
dall’ambiente, ci deve interessare come si è evoluto l’intero
processo. Infatti, i cultori di
evo-devo mettono in guardia
contro «l’adulto-centrismo».
Spiega Minelli: «Uno dei limiti della nozione tradizionale
di sviluppo è l’eccessiva attenzione per la condizione adulta,
che assume il valore di vero e
proprio obiettivo da raggiungere. Lo sviluppo sembra essere quella successione di eventi
che trasforma un uovo in animale adulto, o un seme in pianta matura. Questa nozione può
e dev’essere criticata. Da un lato ci sono processi di sviluppo
(e forme di riproduzione) che
non passano per l’uovo o il seme. Dall’altro, l’adulto-centrismo introduce in maniera strisciante una sorta di finalismo,
l’affermazione di una precisa
direzionalità nel cambiamento. Evo-devo sposta l’attenzione
dalle dinamiche da cui emerge
la sopravvivenza del più adatto
verso i processi che portano alla realizzazione (o all’arrivo)
del più adatto, e delle altre varianti possibili, e apre la scatola
nera in cui erano stati relegati i
processi di sviluppo, rivelando
in tutta la sua complessità e diversità la corrispondenza fra
genotipo e fenotipo. Perciò è
compatibile con la visione dell’evoluzione che ci è arrivata,
ma fornisce elementi complementari che possono diventare
utili a una teoria “estesa” dell’evoluzione. Evo-devo, tuttavia, porta anche a una rivisitazione del modo tradizionale di
considerare lo sviluppo. Che
non è solo, o necessariamente,
la costruzione dell’organismo
adulto, e non è ristretto agli
aspetti adattativi del cambiamento strutturale di un organismo. In altre parole, anche forme di morfogenesi patologica
rientrano nella biologia dello
sviluppo».
Del resto, la scoperta della
conservazione di intere «bancate» di geni tra noi e il moscerino della frutta è alla base dello studio comparato tra ritardo
mentale nell’uomo e mutazioni nel moscerino. La somiglianza, per sequenza, collocazione e funzione, tra i geni corrispondenti nelle due specie
consente di seguire le ricadute
di mutazioni sulle malformazioni del sistema nervoso e
sperimentare nuovi farmaci su
moscerini e topi.
Ci piaccia o no, siamo loro
parenti. L’evo-devo ci spiegherà come la diversa regolazione
di geni simili influisca sullo
sviluppo di forme viventi diverse. E pensare che i contemporanei di Darwin si scandalizzavano di essere imparentati con
le scimmie.
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
CRONACHE
4
Milioni
gli abitanti della
Silicon Valley,
espressione
con cui viene
chiamata la
parte sud della
San Francisco
Bay Area
116
Mila
dollari è il
salario minimo
della zona
(dato 2014),
quasi il doppio
della media
californiana
ferma a 58 mila
550
Mila
dollari è il
prezzo medio
di una casa a
San Francisco.
Un bilocale in
affitto costa in
media duemila
dollari al mese
A S a n F r a n c i s co , t r a l a
21esima e la Dolores c’è una casetta. Due piani, in legno scuro,
un po’ cupa. Un’impalcatura
nasconde le finestre. All’apparenza è un’abitazione come tutte le altre del quartiere. Di lusso, e in fase di ristrutturazione.
Ma niente di eccezionale. A
guardarla meglio si nota però
che gli operai del cantiere se ne
stanno a occhi bassi e non parlano quasi mai tra di loro. Un
cartello avverte: «Proprietà della Sf Llc».
Tom, l’autista di Uber che mi
sta accompagnando nella zona
non ha dubbi: «Quella è la casa
di Mark Zuckerberg», spiega
tutto orgoglioso. Tom pensa di
darmi uno scoop. In realtà la
faccenda è nota già da tempo.
Nel 2013 l’amministratore delegato di Facebook, stanco di vivere a Palo Alto, ha deciso di
comprare un’abitazione in città. Tre piani per 10 milioni di
dollari.
E fin qui niente di strano.
Quella villetta è interessante
per un’altro motivo. Come svela
il New York Times, Zuckerberg
ha obbligato idraulici, carpentieri e imbianchini a firmare
degli accordi di riservatezza severissimi sul contenuto e
l’aspetto dell’abitazione. A re
Mark e a sua moglie, regina Priscilla, per tenere celato al mondo il colore delle pareti della loro camera da letto, il tipo di legno scelto per il salotto o il
marmo della regale toilette è
bastato dunque andare da un
avvocato, aprire il portafogli e
chiedere un Nda, un non-disclosure agreement, ossia, un
accordo che vincola il contraente a mantenere il più stretto
riserbo sul servizio prestato.
Così mentre noi comuni
mortali condividiamo su Facebook pure il numero della nostra carta di credito e il nostro
orientamento sessuale, facendo entrare nelle tasche di Zuc-
ILLUSTRAZIONE DI ALBERTO RUGGIERI
24
Non parlare mai di me
La vita segreta della Silicon Valley
Nei contratti del personale di casa
la clausola per non rivelare notizie
kerberg miliardi di dollari tutti
i giorni, lui si assicura la massima riservatezza con la servitù.
La «colpa» però non è solo
di Re Mark. Gli accordi di non
divulgazione sono sempre più
frequenti nella Silicon Valley. I
giganti del tech sono disposti a
sborsare tanti soldi e laute parcelle agli avvocati per dormire
sonni tranquilli. Il venture capitalist Vinod Khosla ha bloc-
cato l’accesso alla spiaggia della sua villa e ha messo delle
guardie a presidiare l’ingresso
facendo infuriare i vicini. Marissa Mayer che vive per lo più
al Four Season di Market Street,
per i suoi party fa blindare a
suon di mance la penthouse
dell’hotel. E chiunque entri a
Twitter o in altri quartier generali delle società prima di varcare la soglia deve firmare lun-
ghi e complessi papiri. Gli Nda,
insomma, stanno diventando
un’ossessione in California,
tanto da aver sostituito le strette di mano. «Ti vedi, ti conosci
e, nel dubbio prima di parlare
ne firmi o nei fai firmare uno»,
spiega Eric Goldman, professore di diritto alla Santa Clara
University School of Law. Figuriamoci se prendi qualcuno a
lavorare per te, come nel caso
di un operaio, di una cameriera
o di un giardiniere.
In realtà, secondo il Pew Research Center, questo comportamento è la faccia di una medaglia ben più complessa. Nel
2025 la riservatezza diventerà
una cosa da ricchi, profetizzano gli esperti. E se molto tempo
fa Hans Christian Andersen
raccontava la storia dell’impe-
ratore vanitoso che se ne andava nudo per il villaggio convinto di essere coperto da stoffe
preziose, ora gli schemi si sono
ribaltati. Il re non è più nudo.
«Prima, se avevi tanto denaro
era facile che i tuoi affari fossero pubblici. Oggi invece la privacy è un bene di lusso», spiega l’esperta di big data Kate
Crawford. E il motivo è semplice da capire. «Usufruire di un
servizio gratuito come un’app o
un social network comporta
dei costi, misurabili in termini
di dati e informazioni personali». Il povero dunque si rassegni. La sua privacy è morta all’incrocio tra la 21 e la Dolores.
E per tutto il resto c’è Facebook.
Marta Serafini
@martaserafini
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● Il caso
Disney punta 250 milioni
sulle scommesse online
di Giuseppe Sarcina
L’impresa
● La Walt
Disney
Company
(conosciuta in
tutto il mondo
come Disney) è
la più grande
azienda del
mondo nel
campo dei
media e dello
spettacolo,
leader del
mercato
dell’intrattenimento per
l’infanzia
● È stata
fondata
il 16 ottobre
1923 da
Walter Disney
assieme
a suo fratello
Roy Oliver
Disney. Il suo
valore in Borsa
è di 158
miliardi
di dollari
(dato 2014)
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK Dai cartoni animati alle
scommesse con dollari veri, non quelli
custoditi nel deposito di Zio Paperone. La
Walt Disney è pronta a investire 250 milioni
di dollari su una startup di Boston, la
Draftkings. Questa società, scrive il Wall
Street Journal, sta raccogliendo un pubblico
crescente con le sue partite virtuali di basket,
baseball o football americano online. I
navigatori possono costruire le loro squadre
e poi sfidarsi tra di loro, puntando sul
risultato gara per gara. Incasso o pagamento
immediati con le carte di credito pre
registrate. Il vantaggio della Disney è
semplice. L’accordo prevede che Draftkings
acquisti spazi pubblicitari pregiati nel prime
time di Espn, l’emittente che trasmette solo
sport 24 ore su 24. La televisione fa parte
della casa dei cartoon. In sostanza il modello
di business è circolare in un settore che sta
attirando l’attenzione delle grandi
compagnie dei media: Disney finanzia,
Draftkings organizza le gare sul web e nello
stesso tempo paga la pubblicità su una tv che
a sua volta porterà nuovi clienti e così via. La
società fondata dal creatore di Topolino si sta
muovendo da qualche anno nel digitale. Lo
scorso anno ha acquisito per 500 milioni la
Maker Studio, una compagnia che
distribuisce video su Youtube e altre
piattaforme. Tutto bene, dunque? Sul sito di
Draftkings le sfide immaginarie, ma con una
posta reale, sono descritte come «giochi di
abilità» ed è vero che sulla mascherina di
accesso bisogna dichiarare di avere almeno
18 anni (19 in Nebraska e Alabama). Ma
basterà una casellina per filtrare il pubblico
di Espn? Tra i più assidui telespettatori ci
sono tanti giovanissimi, che seguono con
passione soprattutto il campionato Nba di
basket.
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
CRONACHE
25
IL REPORTAGE DAL CONFINE DELLA NOSTRA STORIA
dal nostro inviato
Aldo Cazzullo
TRIESTE Riconosciamolo: Trieste a diventare italiana ci ha perso. Cent’anni fa i triestini erano
234 mila, ed erano i più ricchi dell’Impero; oggi
sono 26 mila in meno, e sono i più vecchi del Paese. La città è stata inventata dagli austriaci, e dimenticata dagli italiani.
Quando Riccardo Illy nel 1993 fu eletto sindaco, per prima cosa andò a Roma al ministero
dell’Industria per salvare la ferriera, che era lì da
quasi due secoli. Il funzionario lo guardò con
stupore e gli disse: «Ma la ferriera di Trieste non
è già chiusa?». «Ha 1.500 operai» rispose Illy. Alla fine una soluzione si trovò, anche se l’acciaieria fu smontata e rivenduta in Sud America. Si
fanno ancora il coke e la ghisa. Ora l’impianto
l’ha comprato Arvedi: l’idea è portare la ghisa a
Mantova per farne l’acciaio e riportarlo a Trieste
per la laminazione; potrebbero venirne 300 posti di lavoro.
Un secolo fa, in questi stessi giorni, i triestini
non spasimavano per la guerra. Si sentivano
profondamente italiani, affollavano il teatro
Verdi costruito come una copia della Scala, leggevano il Corriere e il Piccolo nei caffè, l’11 novembre festeggiavano il compleanno del re Vittorio Emanuele III. La loro era un’Italia dello spirito: le letture di Dante, la laurea a Firenze, la curiosità per Marinetti, che definiva Trieste «la
nostra meravigliosa polveriera». Ma gli irredentisti erano una minoranza. James Joyce, che era
arrivato qui nel 1904 e non se ne sarebbe mai andato se con la guerra gli austriaci non avessero
cacciato gli stranieri, nel poema in prosa «Giacomo Joyce» annota: «Trieste si sta appena svegliando: sulla folla di tetti bruni testudiformi la
prima fredda luce del sole; una moltitudine di
prostrati scarafaggi attende una liberazione nazionale». Tra loro c’era Umberto Saba: per lui
Trento e Trieste erano come diastole e sistole,
un binomio che «batte più forte del mio stesso
cuore».
La città è di commovente bellezza, ma è assente dall’immaginario nazionale. Viste due
scolaresche romane in gita, stupefatte davanti
all’iconostasi dorata della chiesa greco-ortodossa di San Nicolò e alle cupole serbo-ortodosse di
San Spiridione. Si dicono tra loro che non sem-
Bilancio di cento anni
Un secolo fa i triestini erano 234
mila ed erano i più ricchi dell’impero
austroungarico. Ora sono 26 mila di
meno e sono i più vecchi del Paese
bra neppure di essere in Italia; e hanno ragione.
Sono nell’unica città della Mitteleuropa costruita sul Mediterraneo. Secondo Claudio Magris
«vale anche oggi quello che diceva Slataper
quando scriveva che, quando qualcuno viene,
non si sa far altro che condurlo per le grigie strade e meravigliarsi che non capisca».
Trieste era un borgo di settemila pescatori
quando l’Impero decise di farne un porto franco. La fortuna fu che nel 1866 l’Austria perse Venezia, e nel 1869 l’Adriatico divenne la rotta per
il canale di Suez. Al Salone degli Incanti, poetico
nome per il mercato del pesce, c’è una mostra
nostalgica sugli anni della «Grande Trieste». La
città si riempì di mercanti greci, tedeschi, ebrei;
funzionari e ufficiali asburgici; banchieri e assicuratori italiani. Finché gli slavi erano domestici e balie, non rappresentavano un problema.
Quando nacque un ceto medio sloveno, sostenuto dagli austriaci, la borghesia italiana cominciò a preoccuparsi. Luigi Barzini visitò l’entroterra e scrisse che gli slavi si stavano moltiplicando, ed erano pronti a «un’incruenta guerra
di sterminio».
Oggi l’Italia continua a pensare Trieste in un
angolo in alto a destra, anche adesso che, dopo
il crollo del comunismo, è tornata al centro
d’Europa. Il problema è che oltre il confine tutto
costa meno, il dentista la benzina la palestra, e a
Portorose ci sono pure i casinò. La ferrovia è una
vergogna: da Venezia si viaggia a passo d’uomo
su vagoni che sanno di stalla. Dall’aeroporto alla
città sono 70 euro di taxi. Il meraviglioso mare
urbano, la piazza d’acqua con le montagne dell’Istria che quando la bora libera il cielo pare di
poter toccare, è quasi vuoto di passeggeri. Da
anni stanno attrezzando la stazione marittima
per accogliere le navi da crociera che Venezia
non vuole più. La Evergreen, società di Taiwan,
ha comprato il Lloyd triestino ma dirotta volentieri i container a Capodistria. Il porto nuovo è
commissariato. Il porto vecchio è spettrale: vetri
rotti, muri smozzicati, erbacce. Il Comune l’ha
appena ottenuto dal demanio, dovrebbe farne
bar, alberghi, ovviamente l’acquario. Il Silos accanto alla stazione diventerà un centro congressi. Tra un anno apre Eataly nel magazzino vini.
Qualcosa insomma si muove.
La corsa
La gioia
degli abitanti
di Trieste, il 5
ottobre 1954,
all’annuncio
della firma,
a Londra, del
memorandum
che sanciva
il ritorno della
città all’Italia.
Il documento
— siglato dai
governi di Italia,
Regno Unito,
Stati Uniti e
Repubblica
federativa
popolare di
Jugoslavia —
stabiliva che
la «Zona A»
(in cui era
compresa
anche la città
di Trieste)
sarebbe
passata
all’amministrazione
provvisoria
civile italiana
e la «Zona B»
(compresi
Capodistria
e Isola) a quella
jugoslava
Diventò italiana e iniziò la sua crisi
Trieste, la città che non vediamo
I volti
● Scipio
Slataper (in
foto) scrittore.
Allo scoppio
della Grande
guerra del
1914 si arruolò
nell’esercito
Italiano. Morì
combattendo
● Riccardo Illy,
imprenditore,
è stato sindaco
di Trieste e per
cinque anni,
dal 2003
al 2008,
Presidente
del FriuliVenezia Giulia
❞
La notte del 24 maggio 1915 i caveau delle
banche furono svuotati, le casseforti caricate su
carri di buoi: gli austriaci consideravano la città
perduta; spenti i lumi a gas, vuoti i caffè, sbarrate le vie per il Carso. I fanti triestini erano su un
altro fronte: combattevano per Francesco Giuseppe in Serbia e in Galizia, contro i russi. Ma in
881 disertarono e andarono a combattere al
fianco degli italiani contro gli austriaci, andando incontro a morte quasi certa: se presi prigionieri venivano fucilati. Tra loro c’erano Carlo e
Giani Stuparich, che nello zaino avevano Dante,
Omero, la Bibbia e Mazzini. C’era l’ebreo Antonio Bergamas, che alla madre scrisse: «Mi riesce
le mille volte più dolce morire in faccia al mio
paese natale, al mare nostro per la Patria mia
naturale, che il morire laggiù nei campi ghiacciati della Galizia…». E c’era il «barbaro sognante» Scipio Slataper, che aveva predetto: «Un
giorno, ancora giovane, camminando sul Carso,
uno slavo mi scaglierà addosso un sasso corroso
e forte e pieno di spigoli. E io cadrò giù…».
Di stranieri Trieste è piena anche oggi. La Sissa, Scuola internazionale di studi superiori
avanzati, dove Claudio Magris ha tenuto un corso sui rapporti tra la cultura umanistica e quella
scientifica, attrae talenti dall’estero: si lavora a
superconduttori che trasportano elettricità per
migliaia di chilometri senza perdere un watt. Il
centro di fisica teorica guarda il castello di Miramare, dove Carducci vedeva il «teschio mozzo
contro te ghignante d’Antonietta». Al Science
Park attorno al sincrotrone è nato un pool di
piccole aziende da 3.800 addetti. Alla Cartubi si
saldano l’acciaio e l’alluminio, che pare sia difficilissimo. Alcatel ha uno stabilimento con 850
dipendenti, che hanno scioperato contro l’ipotesi di vendita; l’azienda smentisce. La Fincantieri fa lavorare ingegneri e architetti: la Carnival
ha appena commissionato cinque navi da crociera, e nessuna deve essere uguale all’altra. La
Grandi Motori, che la Fiat rilevò quando Trieste
divenne italiana, ora è finlandese. L’Its, International talent support, organizza un concorso
mondiale di design: vincono quasi sempre i co-
La statua Il James Joyce di bronzo
sul Ponterosso in via Roma (Ansa)
L’istituto La sede centrale di Generali
in piazza Duca degli Abruzzi (LaPresse)
Diceva Slataper: quando qualcuno viene,
non si sa far altro che condurlo per le grigie
strade e meravigliarsi che non capisca
Claudio Magris
reani. La sera i ricercatori si mischiano ai ventimila studenti universitari, odore di marijuana
come ad Amsterdam, tutti fuori dai caffè con lo
spritz in mano.
Eppure la città non si è ancora tolta la patina
di tristezza che le viene da una storia tormentata.
«Anche el tram de Opcina xe nato disgrazià» dice la canzone. C’era pure Italo Svevo sul molo Audace, il 3 novembre 1918, ad accogliere lo sbarco
italiano. Gillo Dorfles il critico aveva otto anni, lo
scrittore Boris Pahor cinque: nel ’21 vide il rogo
del Narodni Dom, la Casa degli sloveni di Trieste.
I fascisti tolsero agli slavi la lingua e anche il cognome. Poi giunsero i nazisti: 700 ebrei furono
presi; se ne salvarono venti. Quindi i titini e i loro
orrendi massacri: quando arrivarono gli inglesi
tentarono di recuperare i corpi dalla foiba di Basovizza, ma trovarono granate inesplose e —
raccontano i vecchi triestini — la carogna di un
cane nero, gettato come un’eterna maledizione
su duemila vittime colpevoli solo di essere italiane. Gli angloamericani si fermarono nove anni.
Oggi in centro si vedono gli striscioni del movimento «Territorio Libero di Trieste»: rivendica
gli accordi che prevedevano una «città libera»,
oggi si direbbe un paradiso fiscale.
«Sognano ancora una Montecarlo dell’Est»
sorride Riccardo Illy. Suo nonno Ferenc era ungherese di Timisoara, la donna tedesco-irlandese, i nonni materni esuli istriani. «La città è viva,
vivace. Il sindaco Cosolini è bravo, ma non ha
più un soldo». E la presidente Serracchiani? «La
vediamo poco». A ogni angolo c’è un palazzo
con la scritta «Generali»: la sede legale è ancora
qui, con 2.333 impiegati; ma il quartier generale
per l’Italia è emigrato a Mogliano, in Veneto. Cosolini, mamma slovena e papà istriano, dice che
«dobbiamo smettere di sentirci speciali, per
continuare a esserlo». Del passato resisterà il
muro del Pedocin, lo stabilimento dove uomini
e donne fanno il bagno separati come in Arabia:
«Volevo abbatterlo, hanno protestato tutti».
Oltre 300 volontari triestini morirono in
guerra. Antonio Bergamas cadde sul Carso, sua
madre Maria fu la donna incaricata di scegliere
il milite ignoto. Il 13 dicembre 1915 Scipio Slataper, colpito da una pallottola croata o bosniaca, morì sul Podgora: aveva 27 anni, era già un
grande scrittore. Scrive lo storico inglese Mark
Thompson che Sidney Sonnino, il ministro degli Esteri artefice dell’ingresso nel grande massacro, aveva predetto che per Trieste diventare
italiana sarebbe stata «una rovina». Essere all’altezza dei sogni degli irredentisti, e al di sopra
dei demiurghi della sventura: ecco la sfida che
un secolo dopo ci lancia Trieste.
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
26
EXCELLENCE
SUPERPREMIUM QUALITY
EXCELLENCE
SUPERPREMIUM QUALITY
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
CRONACHE
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La quinta edizione
A Hong Kong
la battaglia dei cuscini
Una battaglia senza esclusione di colpi. Chi in
pigiama, chi in costume da Uomo Ragno,
chi in tuta o con un abito comodo. Tutti, però,
con il cuscino di ordinanza, l’unica arma
consentita. Centinaia di persone hanno
occupato il quartiere finanziario di Hong
Kong, ieri, per la quinta edizione della
Battaglia dei cuscini che si è svolta ieri,
davanti all’occhio distratto delle forze
dell’ordine (la festa non era stata autorizzata).
C’erano solo due regole da rispettare:
non farsi male e non colpire i bambini.
Per il resto, risate e colpi bassi, di piuma
d’oca però. Al termine dell’evento (che
non aveva nessuno sponsor), i partecipanti
hanno ripulito le strade e ringraziato
la polizia per aver chiuso un occhio. Non
ci sono stati feriti, ha vinto il divertimento
(Foto Afp/Aaron Tam).
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Anche Pasqua con i tuoi
Il ritorno in famiglia
I cibi
● La carne
di agnello resta
l’alimento più
rappresentativo del menu
pasquale:
un’indagine
Coldiretti/Ixè
ha calcolato
che sarà
presente in più
di una tavola
su due
(51%)
● Nella gara
tra colombe
e uova
di cioccolato
vincono
le prime, anche
se il 51%
degli italiani
non rinuncia
alle seconde
● È di 60 euro
la spesa media
di ogni famiglia
per il pranzo
pasquale
Quando eravamo ragazzi
Natale con i tuoi, Pasqua con
chi vuoi era il mantra che ci faceva sopravvivere a pranzi estenuanti di fine dicembre, con il
miraggio della liberazione primaverile. Ora che siamo adulti,
riunirci intorno alla tavola bandita con il povero agnello, in un
pericoloso giubileo di colesterolo e trigliceridi, è un appuntamento voluto, anzi, ritrovato.
E non è solo la crisi, noiosa
compagna di viaggio degli ultimi anni, che terrà a casa più di
otto italiani su dieci (Coldiretti
ne conta l’85%).
È (anche) la «ridomesticizzazione», parola complicata
scelta dal sociologo dei consumi Enrico Finzi per indicare la
tendenza a «restare in casa
“calmamente”». Non che il rito
di Pasquetta perda smalto, ma
sarà domani, da tradizione,
con la gita fuori porta, rigorosamente in giornata, sfruttando la tregua del meteo. Almeno
oggi, però, possiamo dare sfogo alla nostra voglia di tenerezza, senza sottrarci al fuoco incrociato del salame Corallina
con le polpettine di agnello,
della pizza al formaggio con la
pastiera napoletana. Mai come
adesso ci sembrano innocui
questi piatti riempiti dalle mani sempre più raggrinzite delle
nostre mamme, custodi culi-
narie della nostra essenza di figli.
«La famiglia tradizionale del
Mulino Bianco non esiste più,
non si fa colazione insieme, i
giovani non lavorano nel negozio del padre, sono costretti a
cercare un’occupazione all’estero. Pasqua, come Natale e
Ferragosto, diventano i momenti della compensazione,
quando ritornare a casa è eccezionale, non più normale: per
questo la festività è rivalutata»,
spiega Paolo Legrenzi, psicologo cognitivo, che proprio ieri
ha celebrato la riunione di famiglia con un cinema pomeridiano assieme alla moglie e al
figlio arrivato da Oxford.
Ma c’è un’altra chiave di lettura, in questa Pasqua così essenziale. «Si sta di più con i genitori anziani perché sono anziani pure i figli: un papà ottantenne ha un figlio sessantenne,
non siamo più dei ragazzini»,
interviene il sociologo Domenico De Masi, che oggi resterà a
Lo psicologo
«La festa è rivalutata
perché tornare a casa
è eccezionale,
non più normale»
Roma, senza le figlie, con la sorella che lo raggiungerà da Napoli. «A mezzogiorno andrò in
piazza San Pietro, per osservare
le migliaia di pellegrini che si
affidano al Papa, esperienza tonificante, un po’ come il carnevale di Rio».
Non sarà semplicemente la
crisi la causa del nostro rintanarci in casa? «Crisi di dieci anni non passano da una stagione all’altra. Ma non è solo per
questo che consumiamo meno: è che ci siamo abituati all’indispensabile».
Enrico Finzi, però, in questa
Pasqua casalinga ci legge il «restringimento del perimetro
Tecnologie
La prima pianta robot che cercherà il petrolio
La prima pianta robot al
mondo è cresciuta: «coltivata»
con passione dai bioingegneri
dell’Istituto Italiano di
Tecnologia (Iit) , è pronta per
«sbocciare» in una nuova
versione con il tronco più
grande, le foglie più ampie e
reattive, le radici più numerose e «intelligenti»
capaci di esplorare il terreno e accrescersi in
risposta agli stimoli esterni proprio come fanno
le radici vere, combinando una nuova
generazione di tecnologie hardware e software.
La pianta robot, chiamata plantoide, per questo
potrà essere impiegata nelle attività più
disparate: dalla bonifica dei terreni agricoli alla
ricerca del petrolio, fino all’esplorazione del
suolo marziano. Il nuovo prototipo, simile ad
un bonsai hi-tech, sta venendo alla luce nei
laboratori del Centro di Micro-Biorobotica a
Pontedera (Pisa). Tutto sarà pronto a fine mese,
quando si concluderà il progetto «Plantoid»
finanziato dalla Commissione europea con 1,6
milioni di euro.
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Tra vite lontane
e tempi di crisi
si riscopre la gioia
di stare insieme
85,5
Per cento
Sono gli italiani
che secondo
Coldiretti consumeranno
il pranzo pasquale a casa
300
Mila
Gli italiani che
festeggeranno
il pranzo
di Pasqua e
Pasquetta in
un agriturismo
6,5
Milioni
Gli italiani che
pranzeranno
in un ristorante,
secondo
la Federazione
dei pubblici
esercizi
esistenziale». «La gente tende
a pensare più corto nel tempo,
scommette di meno in un futuro incerto, vive alla giornata. È
una condizione di arroccamento psicologico culturale legato
alla paura di ciò che è lontano.
Ed è probabile che l’Isis stia
contribuendo ad aumentare le
nostre paure e a spingerci a restare vicino con i nostri cari».
Ma non nasce certo dai timori del terrorismo il desiderio di
condividere un rito «più spiritualmente familiare, che religioso» per Marco Missiroli, autore di Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli).
Quest’anno, proprio per via
del libro appena uscito, non
tornerà nella sua Rimini a
mangiare i cappelletti al limone che nel romanzo sono la
specialità della casa di Madame Marsell, la madre del protagonista, ma anche piatto fisso
nel menu delle feste della madre dello scrittore. «A Rimini
stare in famiglia a Pasqua si
fonde con il rito dell’andar fuori, dopo pranzo, per la santificazione del primo mare. Non
essere lì con loro è abbastanza
tremendo per me. La mia porzione di cappelletti la mangerà
mia sorella».
Elvira Serra
@elvira_serra
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Cambiano i presidenti, ma alla Casa Bianca resta il coniglio
Il pupazzo di Easter Bunny come sempre alla tradizionale caccia alle uova nel giardino con Obama e Michelle
C
Sorrisi A sinistra il presidente Barack
Obama e Michelle con il coniglio
pasquale. Sopra George W. Bush; a destra
la coppia Bill e Hillary Clinton (Getty, Afp)
ambiano i presidenti, resta l’Easter Bunny. Il
coniglio pasquale, protagonista di fantastiche cacce al tesoro nella tradizione pasquale
statunitense, compare nelle foto con i diversi presidenti degli Stati Uniti degli ultimi venti anni.
Nella immagine più a sinistra assiste quasi imbarazzato, in versione nature, al bacio di Barack Obama a Michelle. Al centro, un coniglio in vestaglietta viola porge la zampa a George W. Bush. Mentre
indossa un vestitino a quadri nello scatto accanto
a Hillary Clinton, ai tempi First Lady di Bill (che
domani, chissà, potrebbe essere il First Husband), alla quale sembra raccontare qualcosa di
molto privato all’orecchio. Look diversi, anno dopo anno, e anche presidenti diversi. La caccia alle
uova è ormai un rito alla Casa Bianca, che anche
oggi accoglierà in giardino migliaia di bambini
che cercheranno estasiati le loro sorprese sotto lo
sguardo di Easter Bunny.
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
28
●
L’Iran e il nucleare L’accordo che è stato raggiunto con
Teheran non porterà allo smantellamento dell’atomica, ne
allungherà i tempi. Perché allora meravigliarsi se Gerusalemme
non partecipa alla festa con i potenti della Terra?
ANALISI
& COMMENTI
di Marilisa Palumbo
tareste tranquilli se chi ha giurato di annichilire
la vostra Nazione con la bomba atomica riuscisse a ottenere il permesso di costruirne i presupposti, sia pur al rallentatore? E se vi dicessero che
siete degli ottusi oltranzisti, solo perché fa festa
chi ha promesso di cancellarvi prima o poi dalle
carte geografiche? Ecco, lo Stato di Israele si sente così: i potenti della Terra fanno festa, mentre
la prospettiva della catastrofe si avvicina. E dicono anche che siete esagerati e paranoici. Lo dicono quelli che a veder sventolare una bandierina dell’Isis a qualche centinaio di chilometri di
distanza già sono travolti dal terrore.
L’Iran khomeinista, l’Iran degli ayatollah e dei
mullah al potere vuole l’arma finale per annientare Israele e cacciare gli ebrei che sporcano e deturpano la terra santa dell’Islam. Non è un progetto nascosto, non è il frutto della paranoia israeliana, dei guerrafondai che si inventano nemici
immaginari per perseguire i loro loschi interessi:
è un programma aperto, esibito, reiterato, argomentato, supportato da una lettura fondamentalista e intransigente dei testi sacri. L’antiebraismo è un tratto costitutivo dell’integralismo che
ha preso il potere a Teheran, non una sua superfetazione propagandistica, una fanfaronata da
bulli. Quel microscopico lembo di terreno che si
chiama Stato di Israele è l’ossessione di Stati giganteschi che circondano Israele con un mare di
ostilità. La questione palestinese non c’entra
niente. Nessun Paese arabo ha aiutato i palestinesi a costruire uno Stato autonomo e indipendente dal ’48 al ’67 secondo i confini tracciati dall’Onu con una risoluzione che Israele accettò e i
Paesi arabi rifiutarono. E l’Iran della rivoluzione
khomeinista, che non è un Paese arabo, ma che
ha contribuito fortemente alla islamizzazione di
un conflitto che ha perduto oramai ogni traccia
di nazionalismo laico finalizzato all’indipendenza e all’emancipazione dei territori occupati nel
’67 da Israele, ha da sempre l’obiettivo della costruzione dell’arma finale per cancellare lo
«scandalo sionista» dalla faccia della terra. La comunità internazionale lo ha sempre avuto chiaro. Le sanzioni sono state decise per questo. Tutti
sapevano che l’uranio arricchito dell’Iran in mano agli antisemiti non aveva uno scopo pacifico.
Tutti sapevano che le centrifughe per ottenerlo
venivano nascoste per impedire ai blitz israeliani
di intervenire e al resto del mondo di controllare
cosa si stava accumulando nel cuore di monta-
LA BENEDIZIONE
DEL PD
SUL MELE
DELLA DISCORDIA
A
ll’epoca, luglio 2007,
si giustificò così:
«Non gliene frega
nulla al mio elettore se io
vado con una donnina. A lui
interessa che io risolva i
problemi del territorio».
Cercò comprensione, anche,
Cosimo Mele, allora
deputato dell’Udc, il partito
della famiglia: «Non posso
non essere un buon padre,
un buon marito, solo perché
dopo cinque, sei giorni fuori
casa capita
un’occasione...». E la trovò:
il suo segretario Cesa, pur
accogliendone con sollievo
le dimissioni, incolpò per
certi comportamenti «la
solitudine dei
parlamentari», arrivando a
invocare una sorta di
«ricongiungimento
familiare». Ma non solo di
doppia morale si trattava.
Per quella notte di sesso e
cocaina con due escort
all’hotel Flora di via Veneto
l’ex deputato fu rinviato a
giudizio per cessione di
stupefacenti. Si è sempre
dichiarato innocente, ma il
processo è ancora aperto.
Alla politica è riuscito a
tornare solo nel 2013, da
sindaco della sua
Carovigno, nel brindisino,
dove, nostalgico, invitava i
dipendenti ad anteporre
onorevole alla sua firma nei
documenti ufficiali. Ma la
giunta è cascata e Mele è di
nuovo in campagna
elettorale. Con l’aiuto del
Pd, che era già entrato al
governo, e ora lo sostiene
apertamente. «Non ci vedo
lo scandalo», minimizzava
Giovanni Epifani,
consigliere regionale. Ma
qualche imbarazzo la
notizia l’ha creato se
Michele Emiliano, pur
ecumenico nel comporre
alleanze per la corsa a
governatore, è intervenuto
in qualità di segretario
regionale richiamando
all’ordine il Pd locale, che
per «non esporre il partito a
speculazioni» ha fatto
marcia indietro: sosterrà
Mele solo con liste civiche.
Eppure l’ex udc è un
renziano della prima ora:
«voterò Renzi», disse nel
2013 prima di recarsi ai
gazebo. Forse il premier
dovrebbe stare più attento
ai suoi tanti e multiformi
fan, e da ex sindaco che fece
un cavallo di battaglia della
buona amministrazione,
prestare più attenzione ai
grandi e piccoli allarmi che
arrivano dai territori.
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CHIARA DATTOLA
S
● Il corsivo del giorno
LA PAURA (RAGIONEVOLE)
DI ISRAELE E DEGLI EBREI
di Pierluigi Battista
gne inespugnabili, invisibili, capaci di sfuggire a
qualunque ispezione. Oggi si sta decidendo, con
un accordo che dovrà essere perfezionato da qui
a giugno ma che oramai è ben disegnato nei suoi
contorni essenziali, che l’uranio arricchito dell’Iran non viene fermato, ma soltanto frenato. Un
po’ di impianti da smantellare. Una consistente
diluzione dei tempi. Ma non la fine del programma atomico a scopi bellici. Hanno detto a Israele:
a quelli che vogliono distruggerti con l’arma finale abbiamo imposto di mettere le cose al rallentatore. La distruzione non è scongiurata, è solo posticipata. Nel frattempo la rimozione delle sanzioni sarà di giovamento agli scambi economici
internazionali. Israele si rassegni, e veda di non
ostacolare questo spettacolare «accordo di pace».
E invece, ostinati, testardi, incontentabili,
rompiscatole, gli israeliani che terrorizzati hanno votato ancora per Netanyahu (ma come mai?
saranno mica impazziti?), si permettono addirittura di avere paura. Ma come, dicono i seguaci
dell’equilibrio perfetto, ma se ce l’ha già Israele
perché all’Iran si dovrebbe negare la bomba ato-
mica? Solo che l’arma atomica nell’era della
Guerra fredda è stato un messaggio dissuasivo,
non aggressivo: guarda che se t’azzardi a usarla,
l’uso che ne faremo noi per rappresaglia vi annienterà all’istante. Mentre quella dell’Iran è solo
ed esclusivamente un messaggio aggressivo: abbiamo forse dimostrato di avere paura della morte, noi che abbiamo spedito sciami di bambini a
farsi uccidere nella guerra degli ayatollah contro
Saddam Hussein? Inoltre la bomba di Israele è
palesemente, nemmeno i più acrimoniosi dei
nemici potrebbero negarlo, uno scudo difensivo,
difficile pensare in tutta onestà che a Gerusalemme qualcuno stia progettando di fare di
Teheran la nuova Hiroshima. La pretesa iraniana
della bomba atomica invece fa tutt’uno con il
progetto di annientare Israele. È colpa di Netanyahu se in Israele hanno paura? Il governo israeliano doveva partecipare a negoziati con uno Stato che non ha nessuna intenzione di riconoscere
Israele? Sono tutti oltranzisti a Gerusalemme?
Pretendono addirittura che venga loro riconosciuto il diritto di esistere, questi estremisti.
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COSCIENZA E CORAGGIO
L’IDENTITÀ FRAGILE DEI CRISTIANI
di Ernesto Galli della Loggia
SEGUE DALLA PRIMA
C
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Puoi
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analisi dei nostri
editorialisti e
commentatori:
le trovi su
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i trattiene per l’appunto quanto dicevo sopra: quel discorso divenuto obbligatorio
con le sue false verità
che ci siamo costruiti (o che altri ha costruito per noi) su noi
stessi e sul mondo, e nel quale
siamo immersi senza scampo.
E del resto, se anche non lo
fossimo che cosa fare in pratica
contro la caccia al cristiano?
Contro chi con il pretesto della
religione alimenta un odio instancabile verso tutto quanto sa
di Occidente (in cui tra l’altro
siamo i primi a non voler essere
identificati, un Occidente il
quale paradossalmente esiste
ormai solo per i suoi nemici)?
Che cosa fare? La sola risposta è il silenzio. Al massimo riusciamo a immaginare vaghi
propositi di alleanze mondiali
benedette dall’Onu contro lo
Stato islamico. Propositi non
solo vaghi, ma resi ancora più
improbabili da quello che è divenuto un altro principio cardine del nostro bon ton sociale,
del discorso pubblico autorizzato: la guerra mai. Cosicché,
anche se invochiamo «mobilitazioni», anche se deprechiamo silenzi e complicità, poi in
realtà non sappiamo mai come
continuare il discorso, che cosa
dire: perché non sappiamo che
cosa fare. Perché siamo consapevoli che quando si arriva al
dunque, quando si tratta di
mettere piede sul sottile crinale
che divide la vita dalla morte,
specie noi europei — noi dell’Unione Europea voglio dire —
siamo paralizzati dal ricordo
del nostro passato, la nostra
opinione pubblica è trattenuta
da mille scrupoli religiosi, da
mille cautele filantropiche, da
mille obiezioni legalistiche, da
mille timori circa le conseguenze politiche. La disumanità avversaria, insomma, può sempre
contare sulla nostra coscienziosa umanità; la barbarie anticristiana farsi forte dell’incivilimento cristiano: almeno oggi.
Chi si prende la briga di
commentare questo genere di
cose su un giornale non può dire di più. Non può andare oltre
l’illustrazione di quelli che gli
sembrano i termini della questione senza correre il rischio
della mosca cocchiera, dell’«armiamoci e partite». Tanto
più parlando da questa piccola
parte del mondo che è l’Italia.
Ma proprio come italiano mi
domando: con l’operazione
Mare Nostrum abbiamo speso
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
PUBBLICO E PRIVATO
LA CORRUZIONE SI MOLTIPLICA
DOVE MANCANO LE MOTIVAZIONI
●
COMMENTI
DAL MONDO
di Marcello Veneziani
che viviamo una decadenza assoluta e totale; ci sono state altre epoche e altri momenti di
degrado, in forme diverse. Ma
possiamo dire che nell’arco di
una vita o di una generazione,
siamo nel ciclo basso, depresso
e deprimente, in cui sale la corruzione e scende la qualità. La
corruzione è un fatto mentale,
morale e culturale, un processo
interiore prima che un fatto
esterno. Compito principale
della politica, dei leader e delle
sorgenti culturali è trovare motivazioni all’impegno pubblico
e al sentirsi comunità; e poi selezionare i ranghi riconoscendo i meriti.
La buona politica non è solo
buona amministrazione, ma è
buona motivazione. La lotta alla corruzione si occupa degli
esiti, ed è compito delle leggi e
di chi le applica. La ricerca delle motivazioni, invece, si occupa delle fonti ed è compito della politica e della cultura indicarne di degne. La prima è consuntiva e controlla le risposte,
la seconda è preventiva e veicola le domande. La corruzione è
un effetto, come l’incorruttibilità; la sua causa è la demotivazione. Mancano i motivi per
non cedere alla corruzione. La
lotta alla corruzione colpisce la
mano che ruba, la motivazione
tocca invece la testa che opta.
In concorso col cuore.
Giornalista e scrittore
#
IL CASO IN FRANCIA
MA UNA LEGGE
POTRÀ
DEBELLARE
L’ANORESSIA?
A
centinaia di milioni per soccorrere, com’era giusto, chi rischiava la vita per raggiungere
le nostre coste. Ma non saremmo tenuti allora a mostrare oggi una generosità almeno
eguale verso le decine di migliaia di profughi cristiani che
si affollano in condizioni disperate nei tanti campi per rifugiati del Medio Oriente? Non
dovremmo loro un aiuto altrettanto sollecito ad esempio per
costruire ospedali, scuole, abitazioni? Perché dunque il governo italiano non si fa iniziatore a questo scopo di una
grande iniziativa, di una sottoscrizione nazionale tra tutti gli
italiani, tra tutte le istituzioni
pubbliche e private del Paese,
per raccogliere i fondi necessari a un cospicuo invio di aiuti?
Ci pensi, presidente Renzi: anche se l’idea non è sua, il grande merito di realizzarla può esserlo. E alla fine è questo ciò
che conta: non solo in politica
ma anche — mi pare — presso
Colui di cui oggi il mondo cristiano celebra la resurrezione.
prima vista, la proposta di legge contro l’istigazione all’anoressia approvata dall’Assemblea
nazionale francese sembrerebbe una misura di buon senso:
l’anoressia è una malattia grave, farne la propaganda è spaventoso, chi incita alla magrezza estrema — su Internet, con i
siti «pro ana» — va punito. Come non essere d’accordo?
E invece, si può non essere
d’accordo. Intanto perché c’è il
sospetto di un polverone politico-giuridico che viene sollevato periodicamente in più Paesi
con uguale, scarsa efficacia: un
emendamento analogo, anzi
più severo (due anni di prigione invece di uno, 30 mila euro
di multa invece di 10 mila) era
stato già presentato in Francia
nel 2008, senza arrivare mai all’approvazione definitiva del
Senato (e anche stavolta manca
quel passaggio, la proposta
non è ancora legge). Poi, i relatori francesi hanno portato a
esempio l’Italia, dove nell’agosto scorso è stato presentato un
testo bipartisan dai contenuti
simili, che però è rimasto lettera morta.
Se queste misure raccolgono
eco immediata ma poi faticano
a entrare in vigore, è anche perché molti esperti le giudicano
controproducenti: i divieti vorrebbero combattere la malattia, finiscono per colpire i malati. «Ho un vuoto allo stomaco, è lo stress — si legge per
esempio sul sito Pro-Ana, Mon
Désir —: lo stress di non raggiungere mai la magrezza.
Quando penso al ventre piatto,
alle ossa all’infuori, mi viene
l’angoscia. Sogno un corpo
perfetto, ma il mio non è che
un ammasso di grasso». Questa persona è da condannare o
da aiutare? Il suo sfogo va represso penalmente o affrontato al più presto con cure mediche?
I molti oppositori alla proposta di legge francese, per
esempio il gruppo di sociologi
e filosofi riuniti nell’équipe
«Anamia», sostengono che
questi siti sono — anche — dei
luoghi di aiuto reciproco, dove
i malati possono scambiarsi sì
informazioni sulla restrizione
calorica, ma pure su un buon
psichiatra. Una loro ricerca
condotta dal 2010 al 2014 ha dimostrato che le misure di repressione intanto sono inutili,
perché è molto facile spostare
un contenuto proibito da un sito a un altro; ma soprattutto
spingono i malati a nascondersi, a sentirsi perseguitati, a rinchiudersi ancora di più in una
nicchia auto-riferita senza rischiare contatti con il mondo
esterno che invece potrebbe,
dovrebbe salvarli.
Il problema è ovviamente
complesso e tutti i tentativi di
affrontarlo meritano attenzione. Però, c’è il pericolo che ancora una volta si scelga la scorciatoia più facile. Le società —
e i sistemi sanitari — fanno fatica a individuare e risolvere le
cause profonde, famigliari, esistenziali, psichiatriche dell’anoressia. Vietare i forum su
Internet è più semplice, e risponde alla tentazione in voga
di reprimere «il lato oscuro
della Rete». Resta il dubbio che
prendersela con i sintomi non
serva a sconfiggere la malattia.
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori
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Futuro Esiste un fattore
psicologico che magistrati e forze
dell’ordine non possono
contrastare. Ritrovare senso civico
spetta alla politica, che non può
essere solo buona amministrazione
C
aro direttore, c’è un
fattore decisivo ma
trascurato che genera,
rigenera e moltiplica
la corruzione. Un fattore che i magistrati, le forze
dell’ordine e le norme anti-corruzione al vaglio del Parlamento non possono debellare ma
che è il principale mandante
del malaffare italiano. Chiamiamolo fattore M, come motivazione. È un fattore psicologico ma la sua incidenza è
enorme sull’agire politico, sulla pratica quotidiana e sui comportamenti. Di che si tratta? Gli
italiani, incluse le classi dirigenti, sono demotivati, hanno
perduto la molla che li motiva e
li sospinge. La politica, in particolare, ha perso le motivazioni
che la muovono. Le motivazioni possono essere pubbliche o
personali. Le prime sono in larga parte motivazioni ideali.
Muovono leader, élite e popoli
sul filo della Grande Motivazione, che tante volte si è rivelata
poi una Grande Delusione o
una Nociva Illusione, ma che li
spinge ad agire, a fondare, a
perseguire un fine comune.
Motivazioni di ordine religioso
o morale, storico o ideologico,
etico o politico. Costituiscono
da sempre il sostrato di una civiltà, quel che unisce, anima e
muove una civiltà.
Ma le motivazioni pubbliche
si intrecciano al movente personale che nasce dalla legittima sete di riconoscimento,
dall’ambizione di distinguersi,
dal desiderio di veder riconosciuti i propri meriti, in un scala che va dalla buona reputazione alla gloria. L’agire umano, e
l’agire politico in particolare, è
spinto dalle due motivazioni,
l’amor patrio e l’amor proprio.
Certo, le motivazioni non
escludono la corruzione, ma
sono un argine. Nella migliore
delle ipotesi, la motivazione
superiore frena la corruzione
individuale e l’amor proprio
tiene troppo al buon nome per
rischiarlo nella gogna mediatico-giudiziaria. Nella peggiore
delle ipotesi la motivazione
non esclude la corruzione come mezzo al suo servizio, ovvero si usa la corruzione per conseguire il disegno politico; oggi
è invece più frequente il caso
inverso, che si usa il disegno
politico per conseguire il vantaggio individuale. Forse è deplorevole quando il fine giustifica i mezzi ma certo è spregevole quando i mezzi sostituiscono i fini.
Se una persona, un gruppo,
un popolo perde la sua motivazione sia nel senso della missione sia nel senso della buona
fama, il tessuto civile degenera.
La corruzione diviene inevitabile, deborda, ognuno coltiva
un risentimento di rivalsa perché si sente non riconosciuto
nei suoi meriti né motivato da
alcun mito o ideale di riferimento. E cerca di risarcirsi migliorando il suo status e il suo
tenore di vita, sibi et suis. C’è
un nesso strettissimo tra la crescita della corruzione e il declino della meritocrazia. Le capacità non vengono riconosciute,
i meriti non contano nulla, la
memoria collettiva è labile e
presto dimentica il bene come
il male, i meriti come i demeriti, il decoro come l’indecenza.
L’onorabilità decade al rango
d’immagine, così la dignità degrada a pura apparenza e simulazione e dura un attimo. Tutto
istiga a dire, come il personaggio goldoniano, se la casa brucia voglio scaldarmi anch’io,
ossia trarre profitto dalla rovina, badando ai miei vantaggi
personali. Se non c’è gloria cerco denaro, se non c’è stima cerco vantaggio, se non c’è convinzione c’è convenienza.
La corruzione dilaga quando
non devi render conto a nessuno, né a un dio né alla storia, né
a una comunità né alla propria
coscienza. Vivi e non rispondi
di nulla a nessuno. Non dirò
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Lotta fra poveri
per gli avanzi
dei raccolti
disoccupazione ha
●
❞ La
creato una nuova
professione in Spagna: il
raccoglitore d’olive «ai tempi
supplementari». Come Luis
Cardenas che, vagando per i
campi quando il raccolto
ufficiale è ormai finito e
raccattando ciò che è
rimasto sugli alberi e sul
terreno, tira su 20-30 euro
al giorno. Non è molto,
racconta Suzanne Daley
sull’International New York
Times, «ma con quattro figli
adulti e disoccupati a casa,
anche quello può aiutare». I
contadini dell’Estremadura,
però, si lamentano: quella
che una volta era un’attività
svolta dai compaesani oggi
è diventata un’invasione di
«stranieri», che «rompono i
recinti, entrano nei campi
con i camion e abbassano la
qualità e il prezzo dei
prodotti in vendita».
a cura di Sara Gandolfi
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
30
Economia
«L’Eni crescerà con le sue forze
Dividendo, il mercato ha capito»
La Lente
di Massimo Sideri
Facebook
e il «reality» Usa
sul finto azionista
scomparso
M
ark Zuckerberg
potrà godersi la
Pasqua. Il suo
avvocato no: dovrà lavorare
al più bizzarro caso che in
America sta diventando una
sorta di telenovela 2.0. Il
protagonista è Paul Ceglia,
un rocambolesco
startupper dei poveri,
famoso per aver denunciato
nel 2010 proprio
Zuckerberg per non avergli
dato «il suo 50%» di
Facebook. Secondo Ceglia,
che aveva conosciuto
Zuckerberg nel 2003, il
padre del social network gli
aveva promesso la quota
che oggi vale solo 115
Mark Zuckerberg
miliardi di dollari in
cambio di 1.000 dollari
ricevuti allora. Peccato che
Ceglia avesse falsificato i
documenti e che per questo
fosse finito già agli arresti
domiciliari con tanto di
braccialetto elettronico in
attesa del processo che
inizierà a maggio. Ceglia
non si è perso d’animo: ha
messo il braccialetto a un
robottino ed è scappato.
Ora un giudice federale,
Vernon Broderick, ha
chiesto comunque a
Zuckerberg di produrre le
email dal 2003 con Ceglia.
Facebook ha chiesto di
rinviare a quando il
fuggitivo sarà trovato.
Anche il procuratore ha
detto al giudice che non è il
caso di spendere i soldi dei
contribuenti. Ma niente.
Per una volta: povero (si fa
per dire) Zuckerberg.
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Descalzi: l’Africa resta centrale. Negli ultimi 7 anni scoperti 10 miliardi di barili
di Stefano Agnoli
MILANO Dire che abbia tirato un
sospiro di sollievo è forse troppo, ma a tre settimane dal taglio del dividendo annunciato
a Londra in occasione del piano al 2018 e dopo un lungo
road-show internazionale con
gli investitori «vecchi e nuovi»,
Claudio Descalzi appare sollevato. «Credo che oggi si possa
dire che il mercato abbia apprezzato la nostra decisione
secca, senza alchimie, e non la
forma ibrida cash-azioni che
altre compagnie hanno utilizzato», spiega l’amministratore
delegato dell’Eni, che a quasi
un anno dal suo insediamento
è pronto a tirare un bilancio.
Perché gli investitori del
Cane a sei zampe si sarebbero
convinti che ridurre la propria remunerazione è la cosa
giusta da fare?
«Perché il faro del nostro piano è quello della solidità del bilancio, che va ottenuta coprendo investimenti e dividendi con
la cassa che viene prodotta; riducendo la quota di utile distribuita in modo che scenda sotto
il 100% fino al 60% del 2017-2018;
tenendo il rapporto debito patrimonio sotto il 30% con un
trend in diminuzione a partire
dal 2016; avviando 16 nuovi progetti per produrre petrolio e
gas. Un percorso iniziato lo
scorso maggio subito dopo la
mia nomina, la nuova struttura
organizzativa e il taglio di costi
generali e amministrativi che
arriverà a 2 miliardi».
Siete partiti prima del crollo del prezzo del barile…
«È così. In questo modo siamo stati in grado di reagire alla
nuova situazione senza essere
costretti a muoverci da una
condizione di emergenza. In
passato l’Eni era abituata a stare seduta su diverse gambe robuste, come il gas, la raffinazione, che negli ultimi 5-6 anni
hanno però visto cronicizzarsi i
loro problemi strutturali. Dal
2009 al 2013 la raffinazione ha
perso 6 miliardi di euro e dal
2011 al 2013 il gas&power 4,8
miliardi, mentre la produzione
di petrolio e gas ha registrato
risultati operativi per oltre 70
miliardi. Insomma, il gruppo
Eni ora si fonda su una sola robustissima gamba, ma molto
legata all’andamento del petrolio. Per questo ci serve un bilancio solido, con un debito
basso e con la flessibilità per rispondere a ogni situazione».
Avete detto che il vostro
prezzo di equilibrio, quello
sotto il quale non si guadagna
più, è a 45 dollari al barile..
«Sì, 2 dollari per i costi
esplorativi, 8 per quelli operativi e 20 per lo sviluppo. Il resto
sono tasse e royalties».
A febbraio la produzione
giornaliera dell’Eni sarebbe
risalita a 1,7 milioni di barili,
ma ci sono dubbi sulla vostra
capacità di portare avanti così tanti progetti impegnativi.
Che risponde?
«Parlano i fatti, come accaduto nelle acque profonde dell’Angola; o in Congo, dove abbiamo messo in produzione in
tempi record un campo gigante. Certo, le preoccupazioni ci
sono, ogni progetto va seguito
passo dopo passo e magari in
qualche caso rinforzato con
personale nostro. Però credo
che gli investitori siano conten-
1,7
milioni
di barili al
giorno che
secondo le
stime sono la
produzione
toccata dall’Eni
lo scorso
febbraio. Nel
piano al 2018
la previsione di
crescita è del
3,5% l’anno
0,8
euro
il dividendo
2015 di Eni.
Prima era 1,12
euro.
«Il mercato ha detto
Descalzi - ha
apprezzato la
nostra
decisione
secca, senza
alchimie»
A Piazza Affari
Giovedì 19
-0,99% 18
16,08 € 17
16
15
14
13
12
Ott.
Nov.
Dic.
Gen.
2014
Feb.
Mar.
Apr.
2015
d’Arco
8
miliardi
di euro
le cessioni
previste da Eni
nel piano
2015-2018.
Il 70% delle
dismissioni
dovrebbe
avvenire nei
primi due anni
di attuazione
del piano
ti che negli ultimi 7 anni l’Eni
abbia scoperto 10 miliardi di
barili a un costo medio di due
dollari. Il nostro futuro passa
senza dubbio dalla capacità di
sviluppare tutte le risorse che
abbiamo trovato».
Si dice che per completare
il miliardo di dismissioni ancora scoperto vendereste una
quota del gas del Mozambico
agli indiani di Ongc, insieme
agli americani di Anadarko…
«Se venderemo quel 15% che
abbiamo messo sul mercato lo
faremo da soli e non con Ana-
Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni
darko. Stiamo analizzando».
E il maxi progetto di Kashagan, sul Mar Caspio, bloccato
dal 2013?
«Ripartirà a novembre-dicembre del prossimo anno».
Ci si attende che un periodo prolungato di prezzi bassi
del petrolio possa dare innescare una stagione di fusioni
e acquisizioni. L’Eni potrebbe
approfittarne?
«Onestamente adesso la nostra focalizzazione massima è
sugli obiettivi di bilancio, sui
nuovi progetti e sul ritorno all’equilibrio dei settori raffinazione e marketing e del gas.
Non pensiamo a fare acquisizioni, anche se tutto può succedere. Di solito le compagnie
comprano assets per acquisire
riserve senza rischio esplorativo, ma per noi è diverso, di risorse da sviluppare ne abbiamo
scoperte tante, e l’Eni si è sempre distinta per la sua capacità
di crescere organicamente».
Con la crescita del 3,5%
l’anno che promettete, l’Eni
arriverebbe a fine piano a 1,9
milioni di barili al giorno. La
soglia dei 2 milioni è sempre
proibita?
«Non credo che un target di
volumi sia rilevante in assoluto
se non è legato al valore associato a ogni barile prodotto.
Quanto alle aree, l’Africa è il
nostro pezzo forte, per tradizione e per quanto scoperto
negli ultimi anni. La diversificazione invece riguarderà il Pacifico, il Vietnam, Myanmar, e
poi gli Usa e anche il Messico,
dove siamo interessati al processo di privatizzazione».
❞
Acquisizioni? Per ora
siamo
focalizzati
sugli
obiettivi di
bilancio e
sui nostri
nuovi
progetti
Saipem? Il
nostro
interesse è
valorizzarla,
non ci sarà
alcuno
spezzatino.
Poi la
deconsolideremo
Nessun ripensamento sugli idrocarburi «non convenzionali», come shale oil e shale gas?
«No, tutte le major hanno
perso soldi e sono state costrette
a fare molti write-off in bilancio
a causa di quelle attività. Non ritengo che si sia perso un trend».
Il futuro Eni sarà quindi
quello di essere una «oil company» pura?
«Saremo una “oil and gas
company” integrata».
Ma secondo qualche indiscrezione la divisione gas potrebbe essere scorporata,
magari portata in Borsa…
«Il gas è un settore importante, che conta più di 10 milioni di
buoni clienti in Italia, Francia,
Belgio, Grecia. Dobbiamo essere più focalizzati, c’è molto valore aggiunto che si può estrarre a
livello commerciale e industriale. E se si parla di decarbonizzazione il gas è una risorsa che
tornerà ad essere importante».
Per raffinazione e chimica
sono possibili delle alleanze?
«Potrebbero esserci, non lo
escludiamo. La chimica è ricca
di brevetti interessanti e ci sono già degli accordi in Corea e
in ambito asiatico».
Caso Saipem, non sarebbe
più ragionevole una soluzione come quella Snam, con
l’intervento di Cassa depositi?
«Il nostro obiettivo rimane
deconsolidarla, visto che pesa
per il 34% sul nostro debito. È
nostro interesse avere una Saipem forte, robusta e indipendente, da cui estrarre il massimo valore. Non ci sarà alcuno
spezzatino, come ho letto da
qualche parte e al momento
giusto penseremo a deconsolidarla, rimanendo però azionisti, almeno in prima battuta».
Quanto l’ha condizionata, o
la condizionerà, essere indagato nel caso del blocco nigeriano Opl-245?
«Abbiamo collaborato, stiamo collaborando e siamo pronti a collaborare in ogni momento con la magistratura. È ovvio
che questa situazione non mi
faccia piacere, ma sono serenissimo e ciò mi permette di lavorare alla trasformazione dell’Eni senza nessun problema».
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L’azienda messa in vendita da Finmeccanica
Bill Gates
Danieli in corsa per rilevare l’impiantistica di Fata
Microsoft, lettera
per i 40 anni
Manifestazioni d’interesse in arrivo
per l’impiantistica di Fata, messa in
vendita da Finmeccanica che ha
affidato la pratica a Unicredit. Si
sono fatti avanti la Danieli di Udine,
un fondo sovrano arabo e Med
energy, società che opera nel
petrolio a capitale misto italiano e
inglese. La parte di Fata messa sul
mercato si occupa della
progettazione e realizzazione
d’impianti industriali completi. I
dipendenti sono circa 300, a cui
vanno aggiunti i lavoratori dei
cantieri aperti per le singole
commesse. Attualmente, per
esempio, sono attivi ad Abu Dhabi,
Doha, Sud Africa. L’interesse della
Danieli nasce per le sinergie con la
parte di Fata che opera nell’area
metalli, che rappresenta circa un
terzo dei ricavi. Si tratta, in
particolare, della divisione
specializzata nella progettazione e
fornitura d’impianti completi chiavi
in mano per la produzione di
alluminio primario e secondario.
Una seconda divisione, invece, si
occupa di stabilimenti e singoli
macchinari anche per acciaio e
acciaio inox, rame, magnesio. Gli
altri due terzi del fatturato
riguardano, in proporzioni uguali,
impianti per la produzione di
energia elettrica e per l’industria del
petrolio. Danieli, leader mondiale
nell’impiantistica siderurgica, è il
candidato favorito anche se
attraversa un momento delicato
essendo al centro di una inchiesta
della Procura di Udine per reati
finanziari su oltre 280 milioni di
euro, con l’accusa di averne evasi
circa 80. L’intero vertice, nelle
settimane scorse, era stato rinviato a
giudizio.
Fabio Tamburini
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Una lettera ai dipendenti per
«un giorno speciale». Così
Bill Gates (foto) ha
festeggiato i 40 anni di
Microsoft. «Avevamo fissato
l’obiettivo di un computer in
ogni casa. In molti hanno
pensato che fossimo dei folli.
Nei prossimi anni Microsoft
avrà la possibilità di
raggiungere ancora più
persone e organizzazioni in
tutto il mondo». Anche
Microsoft è più vecchia.
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
Lo studio
ECONOMIA
Negli ultimi 15 anni il ricorso al 730 è quasi raddoppiato. È quello che
sostiene la Cgia di Mestre dopo i dati pubblicati dall’Agenzia delle
Entrate secondo cui se nel 1999 i contribuenti che avevano
presentato il modello 730 erano poco più di undici milioni e mezzo di
italiani, quest’anno, stando alle previsioni, il numero sfiorerà i 20
milioni. Debutta tra l’altro tra pochi giorni il modello «precompilato»
con la possibilità di compilarlo online a partire dal 15 aprile.
Mancheranno però i dati sulle spese sanitarie che debutteranno solo
nel 2016.
Cgia, raddoppiati
i contribuenti 730
in 15 anni
Il gruppo
Saras, presentate
le liste per il consiglio
C’è anche Sechin
Tutto pronto per il rinnovo del consiglio di amministrazione di Saras.
Gli azionisti del gruppo della raffinazione , i fratelli Massimo e Gian
Marco Moratti e Rosneft, hanno presentato le liste che saranno
sottoposte all’assemblea del consiglio di amministrazione del 28
aprile. La famiglia Moratti (congiuntamente titolare del 50,02% del
capitale sociale) candida, tra gli altri, oltre a Gian Marco e Massimo, i
rispettivi figli Angelo e Angelomario. Rosneft (titolare del 20,98%)
mette in lista tre nomi: Igor Ivanovich Sechin, Didier Casimiro, Anna
Alexandrovna Drobakha.
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Comprare casa
Nel 2014 il mattone si è sbriciolato ancora un
po’. I prezzi hanno proseguito la discesa: dopo le
analisi dei vari istituti sono arrivati a testimoniarlo i dati ufficiali: l’indice Istat dei prezzi delle abitazioni è calato dello 0,7% su base annua per le
abitazioni nuove e dell’1% per l’usato. Un cedimento minimo ma che per le case usate si somma
a quelli inanellati dal 2010: in quattro anni gli ap-
partamenti usati hanno perso il 17,4% del loro valore nominale, mentre i prezzi del nuovo sono rimasti sostanzialmente stabili: la cosa non può
meravigliare perché i costruttori hanno poco
margine per ritoccare i listini; la rigidità sul prezzo però ha portato a un incremento molto forte
dell’invenduto e a rallentare nuove iniziative. Il
2014 ha però fatto segnare anche la prima ripresa
31
Prezzi ancora in calo nel 2014
e interessi ai livelli minimi
Cinque mosse per l’acquisto
del numero delle compravendite, con un trend
che nel 2015 dovrebbe consolidarsi mentre la fase
di discesa dei valori, perlomeno per gli immobili
di qualità, starebbe per concludersi. Nelle grandi
città, secondo l’ultimo rapporto Nomisma, i prezzi sono previsti in calo ancora del 2,9% per poi tornare in territorio positivo (+0,9%) nel 2016 e consolidare la ripresa (+3%) nel 2017. A tutto questo
va aggiunto il fatto che i tassi dei mutui sono ai
minimi storici e i titoli di Stato (la tipica alternativa di investimento al mattone) sono irrisori: tutti
dati da cui concludere che questo è il momento
buono per comprare. Ma è proprio così? Probabilmente sì, purché ci si muova senza fretta e valutando attentamente pro e contro.
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testi a cura di Gino Pagliuca
La selezione
Le agevolazioni
Il condominio
La trattativa finale,
sconti fino al 15%
L’eterno dubbio: meglio
il nuovo o l’usato?
Ostacoli e precauzioni
prima del rogito
U
n primo segnale che il clima per il mercato
sta cambiando è dato dalle rilevazioni delle
percentuale di sconto, cioè la distanza tra il
prezzo richiesto quando l’immobile viene messo
in vendita e quello effettivamente ottenuto al
rogito. Lo sconto non sta più aumentando e si
posiziona in media al 15% e anzi nelle grandi città
sta un po’ scendendo, soprattutto perché molti
potenziali venditori, indotti anche dagli agenti
immobiliari che li assistono, hanno fatto un sano
bagno di realismo e hanno ridimensionato le
loro aspettative. Ma per il dato medio che
abbiamo citato vale la famosa considerazione di
Trilussa sul pollo: in realtà una recente analisi
condotta su Corriere Economia sulle principali
città italiane mostra che per le case di maggior
valore lo sconto sul prezzo è ormai inferiore al
10% mentre per le abitazioni periferiche e da
ristrutturare è ancora sul 20%. Significa che
sicuramente vale la pena di presentare sempre
una controfferta ragionevole al ribasso ma
pensare di trattare a oltranza se la casa è di
oggettivo interesse espone al rischio di farsela
«soffiare» da qualcun altro.
Numeri
● Nel 2014 i
prezzi delle
abitazioni sono
diminuiti del
4,2% rispetto
al 2013
(quando la
variazione
media annua
era stata del
-5,7%)
● Lo ha
rilevato l’Istat
sottolineando
che il calo è
dovuto a una
riduzione del
5% dei prezzi
delle abitazioni
esistenti e del
2,2% dei prezzi
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Le compravendite in Italia
600
400
80
800
4.
1
83 26
3.
3
86 50
9.
3
80 07
8.
82
68
8
4.
60 033
9.
4
61 55
1.
8
59 79
8.
22
44
5
4.
0
40 17
3.
1
41 25
7.
5
47 24
0.
3
50 24
8.
2
51 57
7.
25
9
*stime di Nomisma
1.000
200
0
2004
2006
2005
2008
2007
2009
2010
2012
2011
2014
2013
Fonte: Agenzia delle entrate
2016*
2015*
2017*
d’Arco
di quelle nuove
La liquidità
Il mutuo e i mini tassi
ma occhio alle garanzie
I
l tasso nominale dei mutui variabili è sceso
anche sotto al 2%; per i fissi le richieste sono
minori al 3%: il denaro è decisamente a buon
mercato. Ma non è per tutti; in realtà la stretta
creditizia si è solo un po’ allentata e dei mini
tassi possono approfittare solo i potenziali
debitori con le migliori condizioni di partenza:
reddito derivante da contratto a tempo
indeterminato e sostanzioso apporto in
contante per l’acquisto della casa. Per chi non si
trova in queste condizioni il mutuo costa di più
o semplicemente non viene concesso. Due i
consigli da dare a chi per comprare deve
ricorrere al finanziamento: il primo è di
subordinare il contratto preliminare
all’ottenimento del mutuo e il secondo è di non
scegliere solo sulla base del tasso proposto dalla
banca ma guardare anche alle condizioni che
spesso fanno da contorno al contratto di mutuo
e che non entrano nel computo del tasso
effettivo. Ad esempio il tipo di garanzie
supplementari richiesto dalla banca, le
assicurazioni richieste, l’obbligo di accensione
di un conto corrente e i relativi costi.
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● Ma
nell’ultimo
trimestre 2014
i prezzi delle
abitazioni sono
scesi dello
0,8% rispetto
al trimestre
precedente e
del 2,9% nei
confronti dello
stesso periodo
del 2013
L’
acquisto di una casa appena costruita o in via di ultimazione
presenta pro e contro. Tra i vantaggi le migliori prestazioni
energetiche, la razionalità degli spazi, la presenza di almeno
un posto auto e la possibilità di personalizzare le finiture; inoltre
per 10 anni l’acquirente non andrà incontro a spese di riparazione
straordinaria. Gli aspetti negativi più importanti sono tre: il prezzo
è poco trattabile; il costo di acquisto non solo è più alto ma è
gravato da imposte più elevate (si paga l’Iva sul prezzo effettivo e
non l’imposta di registro sul valore catastale); si pagano Tasi e Imu
(se dovuta) maggiori. Una casa bisognosa di ristrutturazione oltre a
costare meno può godere delle agevolazioni fiscali legate alla
manutenzione straordinaria e all’efficientamento energetico: nel
primo caso si ottiene un bonus fiscale da spalmare in dieci anni del
50% sulla spesa effettuata fino a 96mila euro, nel secondo il
vantaggio è del 65% per importi variabili a seconda delle opere.
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TRIBUNALE DI ROMA
Fallimento n. 629/2011
In esercizio provvisorio ex art. 104 L.F.
AVVISO DI VENDITA DI AZIENDA E DEL COMPLESSO AZIENDALE
Il sottoscritto Dott. Andrea D’Ovidio, curatore del fallimento in epigrafe, rende noto che, a seguito
di apposita autorizzazione degli Organi della Procedura, intende cedere il complesso aziendale svolgente attività di torrefazione e commercio di caffè, completo di beni immobili (parte in leasing),
macchinari (parte in leasing), attrezzature e mobili per ufficio, nonché di eventuali marchi, insegne
e denominazioni che contraddistinguono l’attività stessa oltre ai contratti di somministrazione e non
attualmente in corso di esecuzione e di tutto il personale dipendente.
Il tutto meglio descritto nella perizia di stima depositata agli atti della Procedura nonché nell’inventario predisposto dal Cancelliere e altra documentazione eventualmente visionabile presso gli uffici
della società e nel disciplinare di vendita, a disposizione di coloro i quali manifesteranno interesse,
presso lo studio del Curatore Dott. Andrea D’Ovidio Via Giuseppe Mercalli, 80 - 00197 Roma Tel.
0680693837 Fax 0680692297 email: [email protected] o, previo appuntamento, presso la
sede della società. La procedura di vendita si svolgerà mediante un esperimento di gara regolato
nel disciplinare di vendita consultabile presso il Curatore, sul sito www.astegiudiziarie.it o sul sito
della procedura www.fallcoweb.it/espressaroma, che si terrà davanti al Giudice Delegato Dott.ssa
Luisa De Renzis il giorno 22 aprile 2015 alle ore 15,00. Termine per la presentazione delle offerte
presso la cancelleria del Giudice Delegato il giorno 21 aprile negli orari di apertura della cancelleria.
Il prezzo base fissato per la vendita del complesso aziendale è di € 19.150.000,00 (diciannovemilionicentocinquantamila/00) così come dettagliatamente precisato nel disciplinare di vendita. Ciascuna offerta dovrà essere accompagnata, a pena di inammissibilità, da un deposito cauzionale pari
al 10% del prezzo base, da imputarsi a titolo di cauzione, costituito da assegno circolare intestato
alla Procedura ovvero da ricevuta di bonifico bancario effettuato a credito della Procedura sul conto
corrente ad essa intestato. Nel caso di deposito di più offerte valide la gara sarà effettuata, immediatamente dopo l’apertura delle buste, tra coloro i quali avranno presentato l’offerta e il prezzo base
sarà quello più alto tra i prezzi offerti. Il complesso aziendale potrà esser visionato previa domanda
da inviarsi al Curatore in forma scritta e potrà avere luogo anche alla presenza di un delegato del
Curatore stesso. Con riferimento all’immobile si precisa che trattandosi di immobile industriale non
è soggetto a rilascio di certificazione energetica. Il presente avviso non costituisce offerta al pubblico
ex art. 1336 c.c. né sollecitazione del pubblico risparmio. Esso inoltre non comporta per la Procedura
fallimentare e per i suoi Organi alcun obbligo od impegno di alienazione nei confronti degli eventuali
offerenti sino al momento del completamento della procedura di comunicazione dell’aggiudicazione
e per questi ultimi alcun diritto a qualsivoglia rimborso, indennizzo o prestazione.
Il Curatore - Dott. Andrea D’Ovidio
TRIBUNALE DI NAPOLI - SEZIONE FALLIMENTARE
Fallimento “Magic World in liquidazione” (n. 413/2013)
Pec: [email protected]
Estratto avviso di vendita/affitto del complesso aziendale/beni
Avviso di vendita ed, in alternativa, di affitto - mediante procedura competitiva ex artt. 105 e 104-bis L.
fall. - del complesso aziendale, rappresentato da parco tematico, parco acquatico e relativi punti di ristorazione, insistenti su un’area sita in Giugliano in Campania (NA) Via Nullo, località Masseria Vecchia.
Il complesso aziendale sarà posto in vendita al prezzo base di Euro 4.700.000,00 (cauzione 10%). La
vendita verrà effettuata mediante raccolta di offerte segrete. Nel caso non dovessero pervenire offerte
per l’acquisto, saranno valutate le proposte di affitto al canone annuale base di Euro 350.000,00 oltre
IVA (cauzione 30%). Nel caso non dovessero pervenire offerte per l’affitto del complesso aziendale, saranno valutate le proposte di acquisto in blocco attrezzature del Parco Divertimenti al prezzo base di Euro
1.100.000,00 oltre IVA (cauzione 20%).
Gli interessati all’acquisto (azienda o beni) dovranno far pervenire, presso lo Studio del Curatore Dott.
Achille Coppola in Napoli, alla via dei Mille, 47, entro le ore 12:00 del giorno 20 aprile 2015, l’offerta in
busta chiusa, accompagnata da assegno circolare non trasferibile intestato al “Fallimento 413/2013 Magic World Spa in liquidazione” per l’importo della cauzione prevista. Gli interessati all’affitto dovranno
far pervenire, presso il medesimo Studio, medesimo giorno ed ora, l’offerta in busta chiusa, accompagnata da assegno circolare non trasferibile intestato a “Fallimento 413/2013 - Magic World Spa in liquidazione”, per importo almeno pari al 30% del canone annuo offerto, a titolo di cauzione.
Il bando integrale, contenente anche l’indicazione dei documenti da presentare e le modalità per richiedere
dati e informazioni relativi al complesso aziendale, è reperibile su www.trovoaste.it sul sito del Corriere
della Sera per l’intera durata della presente procedura, oppure contattando lo Studio del dott. Achille
Coppola, ai seguenti recapiti: tel. 081/669479, fax 081/7612469, mail: [email protected].
Il Collegio dei Curatori
Fallimento Magic World S.p.a. in liq. (n. 413/2013)
Dott. Achille Coppola - Dott. Vincenzo Moretta - Avv. Carlo Amatucci
In data 23.2.2015 il Tribunale di
Roma (R.G.N. 17829/14) ha ordinato
le pubblicazioni per la richiesta di
morte presunta di Giuseppe Alvano
nato a Sulmona il 25.9.1935 e scomparso dal 20.10.2004, con invito a
chiunque abbia notizie di farle pervenire al tribunale entro 6 mesi dall’ultima pubblicazione.
Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a:
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Tel. 02 2584 6665 - Fax 02 2588 6114
Via Campania, 59 C - 00187 Roma
Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12
C.so Vittorio Emanuele II, 60
70122 Bari
Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Previsioni
● Secondo
Nomisma nel
2015 il
mattone
scenderà in
media di tre
punti
percentuali:
-2,9% per le
abitazioni,
-3,1% per gli
uffici e -2,6%
per i negozi
● La flessione
è più
accentuata
rispetto alle
previsioni
elaborate nel
novembre
2014 a causa,
L
a strada che porta al rogito è irta di
ostacoli: se la casa è nuova bisogna
verificare che il costruttore abbia stipulato
una fideiussione a garanzia degli acconti e
verificare con l’ausilio di un tecnico il capitolato.
Se la casa è usata si deve controllare che chi
vende abbia il titolo per farlo e che non vi siano
ipoteche che potrebbero bloccare la vendita.
Quando per acquistare si ricorre all’opera di un
mediatore e se si tratta di un professionista
serio i problemi sono però abbastanza limitati,
perché l’agenzia avrà già effettuato i controlli.
Ci sono però problemi che potrebbero
evidenziarsi dopo il rogito: sono quelli relativi
al condominio per gli immobili usati. Bisogna
verificare qual è la situazione delle spese
arretrate, chiedendo che il venditore si faccia
rilasciare una liberatoria dall’amministratore e
facendosi dare i verbali delle ultime assemblee.
Se ci sono arretrati l’amministratore può
chiedere all’acquirente le somme relative
all’anno in corso e a quello precedente. Certo ci
si può poi rivalere sul venditore, ma con i tempi
della giustizia civile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le previsioni sui prezzi
Città
2015
Bari
-2,2
Bologna
-3,0
Cagliari
-3,2
Catania
-3,0
Firenze
-3,8
Genova
-3,0
Milano
-1,6
Napoli
-2,9
Padova
-3,2
Palermo
-2,9
Roma
-3,4
-2,6
Torino
-2,7
Venezia
Media 13 grandi città
-2,9
Fonte: Nomisma, valori in percentuale
in particolare,
della
deflazione
● Il 2016 sarà
l’anno di
conclusione
della fase di
flessione dei
prezzi mentre
nel 2017 si
avrà l’attesa
inversione con
una risalita tra
il 2,5% e il 3%
2016
0,4
1,1
0,9
0,9
0
1,4
1,7
0
0,9
0,5
0,8
1,1
0,9
0,9
2017
2,5
3,0
3,2
3,5
1,9
3,9
3,5
2,1
3,6
2,6
2,8
3,5
3,3
3,0
d’Arco
Le strategie
Quando e se conviene
investire nel mattone
I
n questa fase di mercato l’acquisto di una casa
da affittare può avere un senso finanziario,
beninteso in una logica di diversificazione di
portafoglio e non certo per puntarvi tutti i
risparmi. Il rendimento può superare il 2% netto
all’anno, una performance che quando i Btp
garantivano il doppio non interessava nessuno
ma che oggi ha un certo appeal.
La fiscalità sugli immobili è molto onerosa
perché si pagano due patrimoniali, la Tasi e
l’Imu, ma bisogna calcolare che su qualsiasi
somma investita si paga comunque una
patrimoniale dello 0,2% e che se si rivende la
casa dopo più di cinque anni guadagnandoci
non si paga nulla sul surplus mentre sugli
strumenti finanziari è dovuta l’imposta sul
capital gain (12,5% o 26% a seconda del tipo di
investimento).
L’acquisto però richiede molta attenzione
nella valutazione della solvibilità degli inquilini:
i tempi e i costi necessari per effettuare uno
sfratto per necessità potrebbero portare a
perdere una buona parte dei soldi investiti
nell’immobile.
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32
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
33
Cultura
& Spettacoli
7 giorni
di tweet
I consigli di
lettura dello
scrittore
Lorenzo
Marone su
Twitter
@La_Lettura
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Jonathan
Franzen,
Le correzioni.
Perché la vita
di ognuno di
noi è segnata
da correzioni
imposte e
subite
Charles
Bukowski,
Storie di
ordinaria follia.
Un magma
incandescente
di vita, dolore,
amore e
poesia
Elsa Morante,
L’isola di
Arturo. Perché
ti insegna che
l’amore vero
non ha
nessuno scopo
e nessuna
ragione
Enzo Striano,
Il resto di
niente. Perché
le vere
rivoluzioni
nascono dal
cuore
coraggioso
delle donne
Peter
Cameron,
Un giorno
questo dolore
ti sarà utile. La
sofferenza
plasma
anime più
meritevoli
Nick Hornby,
Febbre
a 90°.
Perché grazie
a un gol
possono
nascere
abbracci
inaspettati
Eduardo
De Filippo,
Gli esami non
finiscono mai.
Il grande
Eduardo ci
insegna a
rassegnarci al
giudizio altrui
Novecento Scritto negli anni Venti, «Cevengur» uscì in Russia solo nel 1988. Ora lo traduce Einaudi
Improvvisi
di Giorgio Montefoschi
di Sebastiano Vassalli
C
L’Expo era il cuore
della modernità
Oggi è come noi:
postmoderna
«N
Nella steppa dei soviet
la discesa di Platonov
al villaggio degli ultimi
Realismo
Qui sopra:
Marcia, opera
del 1941 di
Aleksandr
Deineka (Kursk
1899 - Mosca
1969),
esponente del
realismo russo
vedere in che modo vive la gente. E la gente è entusiasta, sgomenta, e come ebete in questo
grande sommovimento che deve produrre l’uguaglianza, la felicità, la liberazione dallo sfruttamento. Però continua a morire di fame — brodo e buccia di
patate — mentre passa il treno
blindato dei Bianchi, e poi quello dei Rossi stipati di corpi ignari che non sanno dove vengono
trasportati e perché, e si grattano i pidocchi nel sonno. I viandanti che attraversano i villaggi
non sanno rispondere a chi domanda loro dove vanno, oppure
dicono: dove capita, e disperdono la sofferenza nel cammino. I
briganti tendono agguati. Il tifo
uccide. I corpi bussano invano
alle porte dell’anima. Il sapore
della buona vodka, trasparente
come l’aria di Dio o la lacrima di
una donna, è un ricordo. Il pacifico odore della campagna: bruciaticcio di paglia e latte riscaldato, è inghiottito da quello della sporcizia e del sangue.
E i treni vanno: «i trasporti
sovietici sono i binari per la locomotiva della storia»; nelle comuni, alla luce di lampadine
nude che ogni tanto si spengono, si svolgono discussioni
estenuanti, al termine delle
«Art Newspaper»
È stata Yayoi Kusama
l’artista più popolare del 2014
È stata la giapponese Yayoi
Kusama (accanto) l’artista più
popolare del 2014, secondo
una valutazione di «Art
Newspaper» che ha calcolato
l’affluenza alle sue mostre: due
milioni di persone hanno
ammirato le sue opere l’anno scorso. Kusama,
86 anni, vive dal 1977 in una casa di cura per
malattie mentali a Tokyo per propria scelta.
quali gli oratori mettono in
guardia i bolscevichi perché devono sapere che la Russia sovietica è come una giovane betulla
sulla quale da un momento all’altro può avventarsi la capra
del capitalismo; le foreste sono
abbattute per costruire le case e
liberare il terreno per le semine;
il bestiame è ammucchiato e diviso; le tenute dei nobili sono
requisite; il pane e qualsiasi genere alimentare, piuttosto che
essere accumulato, deve essere
distrutto per il bene di tutti;
l’esaltazione fa dire che i soviet
sembra che esistano da sempre,
fin dai tempi antichi e il cielo
uniforme della Grande Russia è
la loro copia esatta.
Dov’è finito, nel frattempo,
Sasha Dvanov? Ha amato Sonja,
una ragazza pura come il pane
fresco e come il mattino, ma per
la rivoluzione ha rinunciato a
questo amore; si è avventurato
nelle regioni più lontane a verificare a che punto è la realizzazione del comunismo; ha condiviso con una quantità di personaggi il dubbio sulla reale esistenza di un qualcosa che non si
sa mai bene fino in fondo cosa
sia, eppure risponde a un bisogno di uguaglianza, di fratellanza, di movimento in avanti perché quella spinta a costruire un
progetto universale, che tutti
sentono, non si esaurisca; ha
conosciuto uomini cattivi e
buoni, innamorati (come un tale Kopenkin, che nella fodera
del berretto ha cucito il ritratto
di Rosa Luxemburg) e disperatamente infelici perché non
sanno a chi abbracciarsi; quindi
è approdato a Cevengur.
Cevengur è un piccolo villaggio della steppa che, dopo esser
stato attraversato dalla rivoluzione, adesso sembra dimenticato dal mondo. Lo abita un’esigua popolazione di miseri —
superstiti di una tragedia, piuttosto che di un trionfo — simili
L’autore
● Andrej
Platonovic
Platonov
nacque a
Voronez nel
1899 e morì a
Mosca nel
1951.
Ingegnere,
esordì nel 1929
con il romanzo
Il dubitoso
Makar. Nel
1931 scrisse A
buon pro che
provocò
l’intervento
dello stesso
Stalin. Dopo
qualche anno il
figlio
adolescente
venne
deportato in un
gulag
● Il romanzo
Cevengur esce
da Einaudi
nell’edizione
integrale a cura
di Ornella
Discacciati (pp.
502, 26)
a veri e propri fantasmi. Di giorno vagano oziando nelle strade
che non riconoscono più perché le case sono state spostate,
senza un motivo, e il paese ha
cambiato la sua fisionomia; la
notte, soprattutto durante le
bufere invernali, dormono sul
pavimento per essere più vicini
alla terra e alla tomba. Certo, c’è
un soviet anche a Cevengur, «il
soviet della umanità sociale della regione liberata di Cevengur», ma i suoi abitanti continuamente si domandano: dov’è
il socialismo? E Dvanov, che dopo anni ha rincontrato il fratellastro Prokofij, un tipo diverso
da lui, assai meno spirituale, si
arrovella, pensa che lì il comunismo, se davvero esiste, è da rifare da capo e forse, per sapere
una volta per sempre qual è la
verità, bisognerebbe scrivere al
compagno Lenin al Cremlino.
Siamo nel cuore del romanzo, a questo punto. La risposta
che Dvanov vorrebbe avere da
Lenin, i fantasmi di Cevengur la
cercano e la trovano nel vuoto.
Possono loro, dopo secoli di oppressione, sopravvivere in un
vuoto che li opprime altrettanto
crudelmente? O non devono suscitare in questo vuoto un nemico che, nell’odio, li faccia
sentire di nuovo vivi? Il nemico
sono i piccoli borghesi, niente
altro che dei contadini, rimasti
nel villaggio. La scena del loro
massacro – costruita con una
sapienza dei movimenti e delle
emozioni che possiamo definire straordinaria – è terribile.
Ma dopo, quando anche i
piccoli borghesi sono stati cancellati dal mondo, a Cevengur
ritorna il vuoto. E il vuoto universale è insostenibile: è come
la «tristezza indifesa» che si respira nel cortile della casa del
padre da cui è appena uscita la
bara della madre e tutti piangono, e più di tutti piange un bambino che, allo steccato, accarezza le assi ruvide nel buio di un
mondo spento. Così per avere
ancora qualcuno da guardare in
faccia, da Cevengur partono
messaggeri nella steppa infinita
a cercare i più poveri dei poveri:
gli «ultimi». E loro arrivano: per
essere fra le vittime del misterioso eccidio finale che rade al
suolo Cevengur. Mentre Dvanov, che all’eccidio è sfuggito,
torna sulla riva del lago in cui è
annegato suo padre, ci entra
dentro: lentamente, e va a cercarlo.
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oi siamo sul
promontorio estremo
dei secoli!»
Così scriveva Filippo
Tommaso Marinetti nel
Manifesto del Futurismo,
pubblicato dal «Figaro» di
Parigi il 20 febbraio 1909.
Arrivava, però, con qualche
ritardo. Il promontorio
estremo dei secoli, già
peraltro previsto da
Leopardi che proprio
futurista non fu, era stato
raggiunto e superato nel
1851 a Londra con la prima
esposizione universale: la
Great Exhibition tenutasi
al Crystal Palace. Che
registrò, dicono le
cronache dell’epoca, ben
sei milioni di visitatori! Ci
furono poi l’esposizione di
Parigi del 1855 con cinque
milioni di visitatori,
un’altra a Londra nel 1862,
un’altra a Parigi nel 1867
con sette milioni di
visitatori… L’Italia unita
arrivò tardi, con
LAMPADA «TOUR EIFFEL» DELLO STUDIO JOB
evengur, il capolavoro di
Andrej Platonov che oggi leggiamo nella splendida traduzione di Ornella Discacciati (Einaudi), fu
scritto nella seconda metà degli
anni Venti; ma in Russia venne
pubblicato solo nel 1988. Comprensibilmente. Perché Platonov in questo sterminato libro
corale davvero unico — un libro
che alterna il passo lungo del
racconto che vuole restituire la
realtà in ogni suo dettaglio, a
momenti lirici meravigliosi —
non fa altro che raccontare, dal
di dentro, da comunista che ci
ha creduto (anche se la tessera
del Partito la restituisce dopo
un solo anno), la storia di una
utopia fallita. Come poteva non
essere odiato da Stalin? Non essere messo al bando? Infatti fu
perseguitato; e morì in miseria.
L’incipit di Cevengur è straziante. E contiene tutto. Siamo
ancora in epoca zarista. Un pescatore che ha perso sua moglie, povero, ignorante e però
curioso di sapere cosa c’è oltre
la morte, affoga in un lago. Al
funerale, suo figlio Sasha, un
bambino, è davanti alla bara. Gli
dicono di dire addio a suo padre
perché per i secoli dei secoli
non lo vedrà più. Lui si china,
ma non sente l’odore di sudore,
di pesce, di lago, che aveva la camicia di suo padre quando era
vivo, perché gliene hanno messa un’altra. Allora si volta a guardare intorno. Vede degli estranei. Capisce che sarà solo per
sempre. E, cominciando a piangere, si aggrappa ai lembi di
quella camicia che non ha più
nessun odore di vita, come se
quella camicia potesse difenderlo.
Sasha, dunque, è orfano. In
un primo momento, è adottato
da una numerosa famiglia, la famiglia Dvanov, che vive nella assoluta miseria e viene mandato
in giro a elemosinare le croste
di pane. Quindi fugge. Finché
un vecchio del villaggio, un certo Zachar Pavlovic, pure lui solo, non lo rintraccia e lo prende
con sé. Pavlovic è un personaggio che sarebbe piaciuto molto
a Dickens. Il suo interesse è per
gli oggetti: di qualsiasi materia.
La sua capanna è piena di attrezzi con i quali è capace di riparare qualsiasi cosa. Ora, ha
grande passione per i treni:
quei vagoni neri stupendi, trainati dalle altere locomotive, che
da così poco tempo solcano le
immense distese della Russia,
corrono sprizzando scintille sui
binari, o procedono lentamente, e la notte fanno sentire il loro
ululato. I treni — pensa Zachar,
felice di poter lavorare ai treni
— sono macchine impressionanti che celebrano la forza dell’uomo. Il cielo è un grande nodo ferroviario. Sasha Dvanov,
invece, legge. E molto spesso
contempla le stelle.
Lo ritroviamo che ha 17 anni,
il vuoto dentro e nessuna corazza sul cuore. Intanto è scoppiata
la rivoluzione e c’è la guerra:
dentro e fuori i confini. La morte è dietro a ogni scalpitare di
zoccoli. Vengono istituiti i soviet, si compongono comitati
esecutivi, si avviano ispezioni
nei governatorati allo scopo di
l’esposizione di Torino del
1870 e quelle di Milano del
1881 e del 1906. Il secolo
della Modernità, del
Progresso (che Flaubert, e
mal gliene incolse, tentò di
mettere alla berlina nel suo
romanzo Bouvard et
Pécuchet) e, in definitiva,
del Futuro fu l’Ottocento:
anche la Tour Eiffel, a
Parigi, si fece per
l’esposizione universale del
1889. Queste e altre notizie,
con qualche testo di
accompagnamento e di
riflessione, si trovano in un
numero speciale: Expo.
Saggi e antologia, della
rivista letteraria «Nuova
corrente» che si pubblica a
Genova dal 1954. Non una
trattazione sistematica ma
materiali certamente utili
per comprendere la
trasformazione nel tempo
di un evento, nato
modernissimo, che ormai
è diventato postmoderno
come noi; e che ci
interesserà da vicino nei
prossimi mesi.
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34
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
Il divo
Leonardo DiCaprio
costruisce nel Belize
un resort ecologico
SPETTACOLI
Attento alle questioni ambientali, anche quando si tratta di
business. Leonardo DiCaprio (nella foto durante un discorso sul
clima tenuto alle Nazioni Unite nel 2014) aprirà un eco-resort in
Belize, non solo per salvare l’isola chiamata Blackadore Caye, ma
per renderla modello per il futuro. L’attore ha acquistato nel 2005
104 acri sull’isola, non distante dalle coste del Belize, e ora ha
avviato i lavori del suo resort eco-consapevole, la cui apertura è
prevista nel 2018. «L’obiettivo è fare qualcosa che cambi il mondo.
Non sarei potuto andare in Belize e costruire su un’isola se non
avessi ritenuto che poteva essere qualcosa di innovativo per il
movimento ambientalistico», ha detto DiCaprio al New York Times.
Il documentario
Arriva in Italia il film di Gibney su Scientology
Nei cinema italiani uscirà il 25 giugno il documentario-denuncia di
Alex Gibney Going Clear: Scientology and the Prison of Belief. Il
regista americano premio Oscar torna a indagare i segreti della
religione, questa volta basandosi sull’omonimo bestseller del
Premio Pulizer Lawrence Wright. Attraverso filmati di archivio e
testimonianze di ex membri del movimento fondato da L. Ron
Hubbard, Gibney mostra nel documentario quello che i seguaci di
Scientology sono disposti a fare in nome della loro religione.
Il caso
Tanta nostalgia
o poche idee
nella scelta
di riproporre
fiction di culto
Coppia
Gillian
Anderson (46
anni) e David
Duchovny (54)
sono i due
protagonisti
della serie
fantascientifica
di successo
«X-Files», nata
nel 1993 e
andata in onda
fino al 2002;
dopo alcune
indiscrezioni, è
arrivata la
conferma
(ufficializzata
anche dagli
attori tramite
Twitter)
di un prossimo
ritorno
del telefilm
U
no pensava di essersi
liberato degli anni 90.
E invece no. Finiti nella cripta del ricordo,
risorgono nuovamente perché
in tv anche il riciclo è una forma d’arte che si muove tra memoria (dello spettatore) e
brand (di un prodotto di successo). Così, rieccoli, X-Files,
Twin Peaks e i loro fratelli.
L’ultimo annuncio in ordine
di tempo è quello del ritorno, a
13 anni di distanza dagli ultimi
episodi, di X-Files, la serie di
fantascienza che ha segnato
un’epoca. Nove stagioni (dal
1993) con la coppia di fatto Dana Scully e Fox Mulder (Gillian
Anderson e David Duchovny)
che con i loro vestiti sempre
troppo larghi (era la moda) indagavano su paranormale, Ufo
e alieni. Il creatore Chris Carter
ha spiegato perché ha pensato
di realizzare sei nuove puntate:
«La buona notizia è che in questo tempo il mondo è divenuto
molto più strano, un momento
perfetto per raccontare queste
sei storie». Le riprese partiranno in estate e la reunion è stata
subito celebrata su Twitter:
«Mulder, sono io. Sei pronto?»
ha scritto Gillian Anderson.
Duchovny in risposta («Sono
pronto, G.»), per poi aggiungere: «Sono passati 13 anni, spero
che il vestito mi vada ancora
bene». Da questo punto di vista
non dovrebbero esserci problemi.
Misteri diversi. Ma anche
Twin Peaks si muove nella zona grigia del dubbio, delle sfumature che non portano mai a
un confine netto. Nel 2016 arriveranno nove nuovi episodi firmati da David Lynch. Ci saranno anche Kyle MacLachlan, ovvero l’agente speciale Dale Cooper, e Sheryl Lee, ovvero Laura
Palmer, la stecchita che dava
inizio alla vicenda («Chi ha uc-
35
«X-Files» risorge con un sequel
Le serie tv tornano agli anni 90
Dalle indagini sugli alieni ai misteri di Lynch, una nuova ondata revival
ciso Laura Palmer?»). Giovanni
Modina, direttore dei contenuti di Mediaset Premium, è scettico: «Nella maggior parte dei
casi sono operazioni commerciali facilmente smascherabili.
Ci sono corsi e ricorsi ciclici:
una prima fase di grande euforia creativa perché magari si è
trovata una chiave originale per
trattare un genere; lo sfruttamento fino a esaurimento di
quel filone aurifero; il ritorno a
quanto di buono è stato fatto.
Ecco, la riproposizione di vecchi titoli mi sembra rientri in
questa logica».
«Il periodico ritorno di un
decennio si spiega in parte con
la mancanza di idee, in parte
con la necessità di riempire palinsesti e canali — l’analisi di
Antonio Visca, direttore di Sky
Atlantic —: vengono prodotte
tantissime ore di tv, quindi è
inevitabile guardare anche al
passato. In molti casi — penso
«Twin Peaks»
Kyle
MacLachlan
nei panni
dell’agente Dale
Cooper
e, a sinistra,
Wendy Robie
in una puntata
di «Twin Peaks»,
serie cult degli
anni 90 diretta
da David Lynch
«Baywatch»
Si parla di un
possibile ritorno
di «Baywatch»,
serie nata nel
1989 ma
esplosa un
anno dopo sui
bagnini
californiani
capitanati da
David
Hasselhoff
a Fargo — ripescare però significa anche aggiungere idee
nuove». Le serie che hanno
marchiato i 90? Ancora Visca:
«Quella più rivoluzionaria è
stata Twin Peaks, per la prima
volta si vedeva qualcosa di diverso, con un vero autore di cinema che si cimentava anche
nella tv. Quanto all’immaginario collettivo, quelle che hanno
più segnato quegli anni sono
state Baywatch e Beverly Hills». Modina punta proprio su
Beverly Hills, strepitoso successo di Italia 1: «Fu un’operazione che oggi sarebbe impossibile: il rapporto costi/benefici fu estremamente positivo».
È passato sottotraccia, ma
anche House of Cards (Sky Atlantic), la serie sulla cinica corsa al potere dello stra-ambizioso Frank Underwood (Kevin
Spacey) nasce da un adattamento della serie inglese (dallo
stesso titolo) del 1990. Appena
❞
Io sono
pronto...
Spero solo
che dopo
13 anni
dall’ultimo
episodio
televisivo il
vestito mi
vada bene
David
Duchovny
quattro puntate, ispirate al romanzo scritto da Michael Dobbs, ex capo dello staff del Partito Conservatore sotto Margaret
Thatcher. The Flash — la serie
più vista della stagione con oltre 2.500.000 spettatori su Italia 1 — è un reboot, un riavvio,
della serie omonima del 1990
che durò un anno, e nasce dalla
serie di fumetti sul supereroe
che viaggia a velocità supersonica. Per quel gusto della citazione sempre più ricercata dagli autori il protagonista del serial anni 90, John Wesley Shipp,
interpreta il padre del nuovo
protagonista (Grant Gustin).
Poi ci sono progetti più fumosi, ma che potrebbero andare in porto. Voci e smentite su
una reunion (o comunque un
ritorno) di Baywatch (partito
nel 1989 ma esploso l’anno dopo) si sono rincorse. Certo il
bagnino David Hasselhoff viaggia per i 63, Pamela Anderson
per i 48 e al netto dell’abbondante chirurgia plastica che si
sono concessi, al massimo sarebbero credibili solo come genitori di nuovi palestratissimi
bagnini e svestitissime bagnine. Anche Friends (10 stagioni
dal 1994) rimane una suggestione, soprattutto per Jennifer
Aniston. Sei amici al bar, con
una buona sceneggiatura, funziona a qualunque età.
Renato Franco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il musical sull’ex presidente Usa
Sesso e sax, a Broadway la doppia anima di Bill Clinton
Debutto
● «Clinton The
Musical»
debutterà a
Broadway il 9
aprile. Lo
spettacolo è
stato premiato
come Miglior
nuovo Musical
2012 al Fringe
di Edimburgo.
Nel 2014 il New
York Theatre
Musical
Festival ha
ospitato una
performance
dello show
S
ax & sex. Allo Stage 4 New
World Stages di Broadway
to r n a p rot a g o n i s t a i l
42esimo presidente degli Stati
Uniti, Bill Clinton. Dalla cui autobiografia del 2004, My Life,
dove scrive di aver vissuto «vite
parallele», Paul e Michael Hodge hanno tratto spunto per
Clinton the Musical (debutto il
9 aprile; regia di Dan Knechtges), parodia irriverente e guascona sul primo presidente
della generazione dei baby
boomer. Lo show è incentrato
sulla «doppia anima» di Clinton: il maturo e carismatico
«WJ» (iniziali di William Jefferson, vero nome di Bill, interpretato da Tom Galantich) e il
divertente e spericolato «Billy»
(incarnato da Duke Lafoon),
che suona il sax alla nazione in
uno show televisivo.
Immaginando che le due
personalità abbiano caratteri
distinti, il musical segue (i due)
Clinton e la first Lady Hillary
(Kerry Butler) nei momenti salienti degli otto anni di mandato presidenziale (1993-2001).
Sottolineando ironicamente
come gli americani ancora oggi
ricordino, più che il lungo periodo di pace e prosperità economica vissuto sotto l’amministrazione Clinton, l’impeachment dopo lo scandalo Lewinsky, quel «Sexgate» da cui il
Senato poi lo assolse.
Premiato come Miglior nuovo musical al Fringe di Edim-
burgo nel 2012, in scena per tre
sole repliche al King’s Head
Theatre di Londra nel 2013,
presentato al New York Musical Theatre Festival lo scorso
anno — una sola performance
andata sold out e accolta con
entusiasmo da pubblico e critica —, il musical, spiega Paul
Hodge «è nato dall’idea che mi
è venuta dopo aver visto con
mio padre una replica di Keating!, uno show sull’ex premier
australiano Paul Keating».
Al termine della performance, «papà disse che secondo lui
i politici non erano un buon
soggetto per uno spettacolo.
Tranne, forse, Bill Clinton. Lo
scandalo Lewinsky — prosegue Hodge — ha una parte fon-
damentale nel musical. Il suo
personaggio è stato ripensato
dopo l’intervista rilasciata dall’ex stagista della Casa Bianca a
Vanity Fair, dove ha ricordato a
tutti “di essere una persona e
Protagonisti
Da sinistra,
Duke Lafoon,
Kerry Butler e
Tom Galantich
nel musical
non, come per anni sono stata
trattata, una barzelletta”».
Con i suoi 46 anni al momento dell’elezione, Clinton, il
terzo presidente Usa più giovane di sempre, ha segnato profondamente la cultura pop. A
partire da I colori della vittoria
(1998), il film di Mike Nichols
incentrato su un candidato democratico alla presidenza, uomo del sud, donnaiolo, bugiardo, fascinoso, perennemente
coinvolto in scandali sessuali, a
quello televisivo per Hbo, I due
presidenti (2010), in cui il regista Richard Loncraine racconta
i «rapporti speciali» tra Blair e
Bill Clinton.
Laura Zangarini
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
SPETTACOLI
La festa
Cinque serate per festeggiare il sessantesimo compleanno di
Francesco Nuti (foto). «Buon compleanno Francesco Nuti», si
svolgerà dal 20 aprile al cinema Terminale a Prato, città dove
l’attore-regista è nato il 17 maggio 1955. In questa rassegna i suoi
film saranno presentati da Giuliana De Sio, Edy Angelillo, Maurizio
Ponzi, Giovanni Veronesi e dal fratello Giovanni. Ad aprire il ciclo il
20 aprile sarà proprio la protagonista di Casablanca Casablanca,
Giuliana De Sio mentre la chiusura spetterà, il 18 maggio, a
Veronesi, amico e sceneggiatore di alcuni tra i film di maggior
successo della carriera di Nuti: in programma quel giorno Tutta
colpa del paradiso, in assoluto la prima collaborazione tra i due.
Cinque serate a Prato
per i 60 anni
di Francesco Nuti
L’intervista
«Er ricetta»
Bonolis attore nella serie web di Lillo e Greg
Paolo Bonolis torna a recitare. Lo si vedrà con la sigaretta in bocca,
il giubbotto di pelle e l’aria da duro nei panni di «Er ricetta», uno dei
peggiori personaggi della mala romana, nel nuovo episodio di
«Pupazzo criminale», la web serie di Lillo e Greg che unisce la
parodia di Romanzo criminale e un cult come il Muppet Show. Il
nuovo episodio con protagonista Bonolis, il diciassettesimo,
debutterà oggi. Visto il successo della serie, tra i progetti di Lillo e
Greg c’è anche quello di trasformarla presto in un film.
L’emigrante Brignano in tour:
spiego all’Europa i vizi italiani
«Siamo inventori della truffa. Ma vado per bacchettare francesi e tedeschi»
E
nrico Brignano l’emigrante: «Ai tempi dei
miei nonni, gli emigranti partivano con la
valigia di cartone. Oggi viaggiano con il trolley in fibra di carbonio». «Sono italiano, ma
non è colpa mia» si intitola il
nuovo spettacolo che l’attore
romano porterà in tour europeo dal 21 aprile: prima tappa
Parigi, poi Londra, Bruxelles e
Zurigo. Intanto dal 14 aprile all’Arcimboldi di Milano è protagonista con «Evolushow», reduce dal grande successo registrato al Sistina di Roma. «Ero
partito da “Sono romano, ma
non è colpa mia”. Stavolta ho
pensato di chiedere scusa all’Europa, perché nonostante il
fatto che l’Italia possieda l’80%
del patrimonio culturale mondiale e nonostante che il nostro
Paese abbia dato i natali a grandi personaggi della storia, siamo stati capaci di esportare soprattutto mafia, corruzione e
varia criminalità».
Un j’accuse sorprendente
da parte di un comico...
«Non proprio. Perché è vero
che parto da un’autocritica feroce per poi arrivare, però, a
scuotere la nostra coscienza di
italiani... sempre che ci riesca,
il che non è detto».
In che senso?
«I peggiori detrattori del nostro Paese siamo noi italiani,
ma col pessimismo distruttivo
non si va da nessuna parte. Certo, la cronaca quotidiana non ci
aiuta a essere ottimisti: se i nostri politici comprendessero il
valore dell’Italia, agirebbero in
altro modo. Invece pensano solo al valore delle mazzette. Ai
tempi di Mani pulite si diceva
37
Gli emigranti di oggi sono
molto diversi da quelli primi
Novecento.
«Sicuramente e non solo per
il trolley! I miei nonni andavano in America a fare gli operai.
Oggi la fuga di cervelli esporta
non solo capacità intellettuali,
ma pure buon gusto, eleganza... e quello che mi indigna è
che comunque ci mettiamo
sempre nelle condizioni di essere bacchettati dalle varie Merkel. Se ripenso a quello che diceva Gigi Magni...».
Che diceva?
«Quando i germani abitavano ancora sugli alberi, noi a Roma eravamo già avanti... La
cancelliera tratta da poveracci
noi e la Grecia, ma senza la nostra civiltà i tedeschi cosa sarebbero oggi?».
E glielo dirà ai tedeschi?
«Per adesso non ho in calendario Berlino, ma a Zurigo parlano tedesco e glielo dico, sa?».
Cosa?
❞
Gli svizzeri
Una neutralità da ridere:
giocano ai quattro
Cantoni con le banche
❞
Viene
voglia
di scusarsi:
da noi
i figli
dei politici
so’ piezz ‘e
Rolex
che con la fine della Seconda
Repubblica veniva archiviata la
politica corrotta, il degrado
morale... si diceva si volta pagina, si cambia... Sono cambiati
solo i nomi di certi politici, ma
il marcio è lo stesso. Certo, magari si sono ringiovaniti un pochino e questo può essere positivo. Poi sono comparse alcune
donne a governare la cosa pubblica, il che va benissimo, solo
che la situazione non mi pare
sia molto migliorata. Allora
viene voglia di scusarsi a livello
internazionale».
La corruzione esiste anche
in altre nazioni europee.
«Giusto, ma quelli che vengono beccati con le mani nel
sacco si dimettono. Da noi, i
politici figliano pure e i figli, si
sa, “so’ piezz ‘e rolex”. Il problema è che in Italia uno scandalo
viene dimenticato per via di
uno scandalo più grande».
Sembra essere un Brignano molto negativo, quello in
tournée europea. Non è così?
«No, è la voglia di assumersi
delle responsabilità, mettere a
nudo, pur scherzando, i nostri
peggiori difetti per superarli,
per migliorare, per diventare
diversi... Un’alzata di orgoglio
perché, ripeto: possiamo vantare una storia importante. Abbiamo fondato la prima banca... forse abbiamo fatto anche
la prima rapina. Abbiamo inventato la prima cambiale... e
forse la prima truffa».
In scena
Enrico
Brignano, 48
anni, girerà
l’Europa con la
tournée «Sono
italiano, ma non
è colpa mia».
La prima tappa,
il 21 aprile,
sarà Parigi. Poi
Londra,
Bruxelles
e Zurigo
«Che mi fa ridere la loro
neutralità, il loro giocare ai
quattro Cantoni... È facile fare
lo svizzero: con tutto il rispetto
per orologi e cioccolata, mi
piacerebbe che ci dicessero cosa nascondono ancora nei caveau delle loro banche».
Ai parigini invece che dirà?
«I nostri rapporti con i “cugini” d’oltralpe sono sempre
stati un po’ conflittuali: ci dividono quattro montagne, ma
non ci sopportiamo a vicenda.
Personalmente, diffido di chi
in bagno non ha il bidet».
E alla fine, questa povera
Italia?
«Sia pure con tutti i difetti
che abbiamo, questo mondo
senza Italia sarebbe peggiore».
Emilia Costantini
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Luchetti: il film su Bergoglio comincia dai desaparecidos
Set a Roma dopo le riprese in Argentina. «Mi ha colpito la sua testimonianza a un processo»
❞ N
Non ne farò
un santino,
voglio
raccontare
l’uomo
Mi ha
commosso
quando ha
detto quella
frase sui
gay. Sa
parlare da
contemporaneo anche
ai laici,
consapevole di fare
passi verso
la realtà
on sarà un santino. La
preoccupazione di
tutti gli autori quando
decidono di raccontare la vita di un personaggio famoso si fa anche più grande se
il personaggio in questione è il
Papa. È forse per questo che
Daniele Luchetti, parlando del
suo Chiamatemi Francesco,
per prima cosa chiarisce che il
film, appunto, «non sarà un
santino. La sfida è andare oltre
una figura già santificata, per
raccontare l’essere umano e i
punti di svolta nella sua vita».
Per interpretare il Papa arrivato «quasi dalla fine del mondo», il regista — in questi giorni sul set a Roma — ha scelto
due attori: l’argentino Rodrigo
De la Serna per tornare ai tempi
della sua giovinezza e il cileno
Sergio Hernandez per raccontarlo nella maturità. Già fissata
la data di uscita nelle sale: il 3
dicembre, a cui poi seguirà la
messa in onda anche in tv. «Era
importante uscire poco prima
del Giubileo e del compleanno
Giovinezza
Daniele Luchetti
(54 anni)
osserva Rodrigo
De La Serna (38)
ballare in
«Chiamatemi
Francesco»; a
destra l’attore
nei panni di
Bergoglio in altri
momenti del
film. La vita del
Papa viene
raccontata
partendo dai
desaparecidos,
poi il film
attraversa la
giovinezza fino
agli anni della
maturità, in cui
Francesco è
interpretato da
Sergio
Hernandez
del Papa», conferma Pietro Valsecchi, produttore di questo
progetto da 13 milioni di euro.
Le riprese — 17 settimane
divise tra Argentina, Germania
e Italia (Roma e Torino) —, si
concluderanno il mese prossimo. «Non è un instant movie
— vuole precisare Valsecchi —.
La preparazione è durata oltre
un anno, raccogliendo in Argentina tante testimonianze di
chi l’ha conosciuto, dai suoi allievi ai preti di strada».
Che su un personaggio tanto
carismatico si sarebbe presto
girato un film sembrava inevitabile. Al momento, in realtà,
se ne stanno girando addirittura due (anche lo spagnolo
Francesco: il padre Jorge).
Eppure Luchetti assicura di
essersi interessato al Papa solo
«quando ha detto quella frase
sui gay (“Chi sono io per giudicare un gay”). Mi ha commosso. Stava parlando da contemporaneo a contemporanei, stava compiendo un passo verso
la realtà. È un Papa che sa trasmettere emozioni anche al
mondo laico». Ma il vero aspetto «che mi ha convinto a fare il
film — prosegue — è stata una
testimonianza di Bergoglio a
un processo sui desaparecidos,
dieci anni fa. Ho usato quello
come punto di partenza, seguendo il suo racconto di quegli anni».
Il risultato è un film che
«non sarà religioso, ma su una
persona per cui la religione è
stata motivo di vita, di speranza, forza. E tutto questo l’ha comunicato anche agli altri».
C. Maf.
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
39
●
Risponde Sergio Romano
STORIE DI MARMI E CRATERI
PERIPEZIE DELLE OPERE D’ARTE
Caro Romano, ho letto con
interesse sul Corriere del 30
marzo, l’articolo di Paolo Mieli
riguardante il carteggio
falsificato tra Mussolini e
Churchill. Vorrei chiederle
perché Churchill, subito dopo
la guerra, venne sul lago di
Como? Cosa ne pensa?
Luciana Breda
[email protected]
Mi chiederei le ragioni della
visita di Churchill soltanto se
avessi qualche motivo per sospettare l’esistenza di un suo
carteggio con Mussolini. In assenza di qualsiasi prova, penso
che qualche giorno di vacanza
sulle coste di un bellissimo lago, dopo cinque anni di guerra,
sia una ragione più che sufficiente.
BULLISMO
Genitori responsabili
A proposito dell’episodio di
bullismo da parte di alcuni
liceali di Cuneo ai danni di un
compagno, mi stupisce la
scomposta e inqualificabile
reazione dei genitori. Penso
che sarebbe ora che venisse
studiata una legge che
permetta di denunciare e
processare i genitori dei bulli
minorenni, vista
l’inqualificabile
«ineducazione» data ai figli.
Le lettere firmate con
nome, cognome e
città, vanno inviate a
«Lettere al Corriere»
Corriere della Sera
via Solferino, 28
20121 Milano
Fax: 02-62827579
@
[email protected]
www.corriere.it
[email protected]
La tua
opinione su
sonar.corriere.it
Il neoministro
delle
Infrastrutture e
dei trasporti,
Graziano
Delrio:
dobbiamo
portare a
termine le cose
lasciate a metà.
C’è da essere
ottimisti?
SUL WEB
Risposte
alle 19 di ieri
51%
Giampaolo Caniato
La sentenza sull’omicidio di
Meredith Kercher che scagiona
Amanda Knox e Raffaele
Sollecito lascia con l’amaro in
bocca. Le sentenze si devono
rispettare, ma si resta
perplessi davanti alla diversa
interpretazione dei fatti data
da tre aule giudiziarie. Come è
possibile che prove e indizi che
una commissione ritiene validi
per un verdetto, un’altra li
ritenga nulli? In un senso o
Nel 1999 il presidente Usa Bill Clinton,
passando dalla Grecia dopo un viaggio in
Turchia, promise ai governanti greci il suo
interessamento per convincere la Gran
Bretagna a restituire i fregi del Partenone
esposti al British Museum di Londra. Gli inglesi
da quell’orecchio non ci sentirono. Se, in
ipotesi, avessero ceduto alla pressione di
Clinton, si sarebbe creato, mi pare, un
precedente di portata incalcolabile. Pensiamo
soltanto all’Italia. Una analoga richiesta «verso
l’esterno», con l’auspicato ma improbabile
risultato favorevole, avrebbe svuotato gran
parte dei musei pubblici e privati di mezzo
mondo. Basti pensare, tanto per fare un solo
nome, al Getty Museum di Malibu in California
che, nonostante qualche restituzione obtorto
collo, è imbottito di pezzi archeologici giunti,
non si sa per quali vie, dall’Italia. Per inciso,
ricordo che in un viaggio a Birmingham ebbi
modo di visitare un museo periferico, a
University, dove rimasi stupefatto alla vista di
una splendida terracotta di Andrea Della
Robbia e di numerosi quadri di Simone
Martini, Bellini, Veronese, Canaletto, Guardi e
altri. Dunque parlare di restituzione
generalizzata sembra, non le pare?, un’ipotesi
difficilmente percorribile.
Lorenzo Milanesi
[email protected]
Caro Milanesi,
on credo che Bill Clinton abbia preso la
sua intermediazione molto sul serio.
Suppongo che si sia sdebitato dell’impegno con i greci trasmettendo il loro desiderio al governo britannico e che questo, dopo
averlo cortesemente ascoltato, abbia ribadito la
propria posizione: i marmi sono stati comprati,
sono in Inghilterra da più di due secoli e sono stati straordinariamente valorizzati dal British Museum con una presentazione che ha probabilmente indotto un numero incalcolabile di persone a visitare l’Acropoli.
Quanto all’ipotesi che la restituzione dei marmi del Partenone possa giustificare altre richieste
del genere su scala mondiale, ricordo che anche i
N
Sì
49%
[email protected]
PROCESSO MEREDITH
Esito insoddisfacente
di Danilo Taino
Statistical editor
Il futuro delle religioni
Record dell’Islam
LETTERE
AL CORRIERE
CHURCHILL A COMO
Vacanze sul lago
●Più o meno
No
La domanda
di oggi
Il governo
iraniano
promuove una
legge contro il
divieto per le
donne di
assistere a
gare sportive
maschili. Un
passo avanti
verso
l’Occidente?
nell’altro questi fatti lasciano
allibiti. Se queste persone sono
colpevoli, insieme agli
avvocati, sono state molto
brave nella loro difesa, ma se
sono innocenti sono stati in
prigione per quattro anni e
hanno avuto un calvario di
otto d’inchiesta senza aver
fatto nulla. In entrambi i casi
la giustizia ha fallito.
Monica Stanghellini
[email protected]
musei hanno una storia meritevole di essere rispettata e conservata. Dovremmo forse smantellare l’Ermitage, il Louvre, l’Alte Pinakothek e le
grandi National Gallery di Londra e Washington?
Dovremmo dimenticare che le opere custodite
dai musei sono state donate o comperate? È giusto difendere l’arte dai furti, dai saccheggi, dagli
scavi illegali e dagli incauti acquisti. Ma non sarebbe altrettanto giusto spingere la difesa del
proprio patrimonio culturale sino a ignorare il diritto di proprietà. Anche se non piace a qualche
nemico della proprietà privata o a qualche arrabbiato nazionalista, il diritto di acquisire e disporre
dei propri beni è un «valore» della cultura occidentale che occorre difendere.
L’archeologia pone problemi diversi. Se gli oggetti fanno parte di un «unicum», come Pompei,
è meglio che tutto, nella misura del possibile, rimanga sul posto. Ma vi saranno sempre circostanze, come per i marmi di Lord Elgin, in cui sarà
necessario fare una eccezione. Dovremmo altresì
smetterla, caro Milanesi, di pensare che le opere
italiane all’estero siano state sottratte agli italiani
e debbano quindi rientrare in patria o addirittura,
per una sorta di campanilismo artistico, nel borgo dove furono realizzate. Dovremmo piuttosto
pensare al messaggio che queste opere trasmettono quando stupiscono i visitatori di un museo
straniero. E dovremmo fare, in molti casi, qualche calcolo. Ho fatto del mio meglio, parecchi anni fa, perché gli Stati Uniti restituissero all’Italia il
grande cratere di Euphronios, tornato finalmente
nel 2006. Ma suppongo che il suo creatore, dall’Olimpo, confronti amaramente il numero di coloro che lo ammiravano al Metropolitan di New
York con quello di coloro che gli fanno visita nel
museo nazionale etrusco di Roma. Non so quanti
siano i visitatori dei bronzi di Riace nel museo archeologico di Reggio Calabria, ma posso fornire
qualche cifra sulla dea di Morgantina, esposta per
tre decenni al museo Getty di Malibu e ora, dopo
la restituzione, in quello della cittadina siciliana
di Aidone. Nel 2013 la statua fu vista da 22.000 visitatori; nel 2010, a Malibu, in California, era stata
vista da 400.000 persone.
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RECLUSI PSICHIATRICI
Regioni impreparate
Si cambia registro per gli Opg,
gli ospedali psichiatrici
giudiziari trasformati in
Rems, Residenze per
l’esecuzione delle misure di
sicurezza detentive. Ma le
Regioni alle quali sono state
affidate non sembrano pronte
per prendersi in carico i
detenuti ospitati, molti dei
quali sono soggetti
socialmente pericolosi. Eppure
le sette strutture penitenziarie
esistenti avrebbero dovuto
essere chiuse da anni.
Immagino che per lo scarso
interesse del ministero della
Giustizia e quello della Salute
ancora non ci sono i risultati
che un problema così serio
necessita.
Nicodemo Settembrini
P
robabilmente per la prima volta nella
storia, nel 2050 il numero di
musulmani nel mondo sarà simile al
numero di cristiani. E negli anni successivi
lo supererà. Nel 2010, sulla Terra vivevano
2,17 miliardi di persone di religione
cristiana: a metà secolo saliranno a 2,92
miliardi. I fedeli all’Islam erano invece 1,6
miliardi e arriveranno a 2,76. Rispetto alla
totalità della popolazione mondiale, la quota
di cristiani rimarrà invariata al 31,4%, quella
dei musulmani salirà dal 23,2 al 29,7%. In
un mondo in cui le tensioni religiose
aumentano e determinano conflitti e
violenze fino a pochi anni fa impensabili —
come quelle viste nei giorni scorsi — questi
cambiamenti avranno grande influenza sul
futuro del pianeta. Non che il numero
determini tutto: è però importante, può dare
l’idea della rilevanza crescente che avranno
alcune parti del mondo — ad esempio il
Medio Oriente — ma anche dei problemi
che esse vivranno se alla crescita della
popolazione non corrisponderà una
maggiore capacità di creare ricchezza.
Le proiezioni sono state realizzate dal centro
studi americano, non partitico, Pew
Research e considerano le tendenze
demografiche, l’età delle popolazioni, le
migrazioni e i passaggi da una religione
all’altra.
Gli affiliati alla religione induista
passeranno da 1,03 a 1,38 miliardi, ma la
loro quota sulla popolazione globale resterà
stabile, attorno al 15%. Quella dei buddisti
scenderà invece dal 7,1 al 5,2% (il numero è
stabile sul mezzo miliardo) a causa di tassi
di nascita bassi in Cina, Giappone,
Thailandia. Gli ebrei passeranno da poco
meno di 14 a 16,1 milioni e la loro quota
resterà stabile attorno allo 0,2%. L’insieme
delle religioni tradizionali locali di Africa,
Cina, America e Australia passerà da 405 a
449 milioni, in calo dal 5,9 al 4,8%. I non
affiliati — atei, agnostici e persone che non
si identificano con alcuna religione —
cresceranno da 1,13 a 1,23 miliardi, ma in
percentuale scenderanno dal 16,4 al 13,2.
Se le tendenze in atto saranno confermate,
insomma, la popolazione mondiale crescerà
del 35% entro il 2050, percentuale uguale
all’aumento di cristiani e induisti; il numero
di musulmani lieviterà però del 73%. A
meno che i Paesi di religione islamica non
imbocchino quella strada di crescita
dell’economia e del benessere che di solito
produce un calo della natalità. Al momento,
non è prevedibile.
@danilotaino
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Arezzo
INTERVENTI E REPLICHE
Limite della riforma del Senato
Portata a termine la prima fase della riforma
costituzionale, può essere utile una riflessione
generale. La riforma si è proposta di ridisegnare
la seconda Camera come Senato delle
Autonomie che rappresenta le istituzioni
territoriali. Sembrerebbe un tentativo di modifica
in senso federale del Senato per limitare le
disfunzioni del tradizionale centralismo. Da più
parti si è fatto riferimento al modello tedesco, il
Bundesrat, i cui membri sono nominati dalle
maggioranze risultate vincitrici alle elezioni nei
rispettivi Länder. Le cose non stanno però così.
Nell’attuale proposta il Senato non è composto
soltanto dai senatori nominati dai Consigli
Regionali, ma anche da ventun membri scelti tra
i sindaci e cinque senatori nominati direttamente
dal presidente della Repubblica. Il Bundesrat
assolve però la sua funzione all’interno di uno
Stato federale, mentre il nostro non lo è mai
stato e con la Riforma rischia di diventare
addirittura più centralista di prima, poiché essa
prevede un ritorno della maggior parte delle
competenze allo Stato: la nuova «clausola di
supremazia» infatti permette che su proposta
del governo la legge dello Stato possa intervenire
in materie o funzioni non riservate alla
legislazione esclusiva quando lo richieda la
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tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica
della Repubblica o lo renda necessario la
realizzazione di programmi d’interesse
nazionale. Dove il Senato svolge la funzione di
rappresentanza delle Regioni, i senatori sono
sottoposti al vincolo di mandato. Nel Bundesrat
sono presenti i membri dei governi dei singoli
Länder, che hanno il potere di nominarli ed
eventualmente di revocarli e il voto viene
espresso unitariamente da ogni Land. Il sistema
è quello del mandato imperativo, in quanto il
rappresentante del Land non può votare
discostandosi dalle istruzioni ricevute dallo Stato
dal quale è delegato. La riforma di Renzi continua
invece a prevedere che i membri del Parlamento
esercitino le loro funzioni senza vincolo di
mandato, precisando al contempo che i membri
del Senato non rappresentano la Nazione, ma le
istituzioni territoriali. Un bella contraddizione! La
riforma finisce per disegnare un Senato federale
di rappresentanti del territorio non eletti e al
servizio di un governo che, grazie all’Italicum,
potrà contare su una Camera di nominati. Il
superamento del bicameralismo perfetto rischia
così di essere soltanto il grimaldello attraverso il
quale il governo si assicurerà il controllo totale
del Parlamento.
Paolo Becchi, [email protected]
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La tiratura di sabato 4 aprile è stata di 409.212 copie
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40
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
41
Sport
Serie A
29ª giornata
1-2
1-3
2-0
1-1
1-1
2-0
1-2
1-0
1-0
3-3
ATALANTA-TORINO
CAGLIARI-LAZIO
FIORENTINA-SAMPDORIA
GENOA-UDINESE
INTER-PARMA
JUVENTUS-EMPOLI
PALERMO-MILAN
ROMA-NAPOLI
SASSUOLO-CHIEVO
VERONA-CESENA
In curva Sud striscione contro la madre del tifoso morto
Ultrà senza vergogna, l’offesa alla mamma di Ciro
Classifica
JUVENTUS
ROMA
LAZIO
FIORENTINA
SAMPDORIA
NAPOLI
TORINO
MILAN
GENOA*
INTER
70
PALERMO
35
56
SASSUOLO
35
55
UDINESE*
34
49
EMPOLI
33
48
VERONA
33
47
CHIEVO
32
42
ATALANTA
26
41
CESENA
22
38
CAGLIARI
21
38
PARMA** (-3)
10
*una partita in meno; **due partite in meno
● L’analisi
L’unica difesa che ci resta
è non smettere mai
di inorridire per l’infamia
di Mario Sconcerti
La crisi Inter Dopo il k.o. dell’andata, i nerazzurri pareggiano in casa contro il Parma
ultimo e fallito: Mancini si infuria, oggi ad Appiano allenamento punitivo alle 8.30
Ai lavori forzati
ROSSONERI AVANTI
Grinta Jérémy Ménez, 27 anni, e Pippo Inzaghi, 41 (Pegaso)
Il Milan rinasce a Palermo
Cerci trova il primo gol
Ménez decide la partita
VERSO LO SCUDETTO
Capocannoniere Carlitos Tevez, 31 anni, 17 gol (LaPresse)
Il solito Tevez trascinatore
la Juve batte anche l’Empoli
e resta a +14 sulla Roma
I nuovi potenti
C’
è una perversa coscienza ultrà
secondo cui le vittime della guerriglia
del calcio sono semplici soldati, carne
da battaglia che quando cade non va
rimpianta. Ha fatto solo il suo dovere. Così,
dopo aver visto ucciso Ciro Esposito in fondo
a un episodio criminale senza innocenti, ma
con una vittima, le schegge della curva
romanista non gli rendono nessun onore,
infamano anzi il malinconico protagonismo
della madre, colpevole di portare troppo il suo
dolore sui media. La tristezza dell’episodio, il
sua sapore acido, si commentano da soli.
Offende una mamma e tutti noi. È la conferma
che gli ultrà violenti hanno una visione
macabra del loro compito. Sono una legione
alienata convinta che la vita sia una vendetta
continua dove uno sgarbo ne cancella un altro
senza fine. E se qualcuno muore devi tacere
con devozione e arroganza, anche se il morto
è tuo figlio, perché così va il mondo degli
esclusi. Non possiamo essere noi a convincere
i pazzi che la vita è da un’altra parte. Possiamo
solo difendere noi stessi e quel che rimane di
Ciro non smettendo mai di inorridire. L’Inter
è forse meno brutta di quel che sembra. Gioca
male, ma qualcosa le resta. Il problema è che è
sempre attesa a piccole imprese che non è in
grado di fare. C’è un’attesa, una pressione
mediatica adatta a una grande città come
Milano, ma non all’Inter di questi anni.
Questo dilata le distanze con la gente e
spaventa i giocatori. L’Inter è meno brutta di
quel che sembra, ma non è adatta a un buon
calcio. Non ha leader, anche i suoi giocatori
migliori (Guarin, Kovacic, Icardi, Palacio)
hanno bisogno di essere guidati, non sono dei
conduttori. Hanno voglia, ma non cuore.
Mazzarri dava almeno quell’aria di provincia
che teneva compatta la squadra. Mancini ha
provato a cambiare cercando una mentalità
più vasta. Ma non era cachemire, il cappotto
era solo rivoltato e sempre più stropicciato.
Non contano gli allenatori perché è
inesistente il feeling tra giocatori, non
collimano le qualità, solo i limiti. È un’Inter
da dimenticare. Il Milan ha vinto una buona
partita giocando in contropiede, la sua parte
migliore. Quando hai Ménez e Cerci non c’è
altro schema, è quello il più produttivo. Non è
la soluzione definitiva, è solo la più adatta agli
uomini. Il Napoli meritava il pareggio ma c’è
qualcosa di vecchio, di concluso, in questo
progetto che sostituisce Higuain, che è
incerto sul futuro dell’allenatore e sulla reale
dimensione della società. Come se tutti
fossero in attesa di cambiamenti e nel mezzo
il tempo passasse senza nostalgia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Delusione Juan Jesus, 23 anni, e Fredy Guarin, 28, a testa bassa: l’Inter non è riuscita a battere neppure il Parma (Fotopress)
Sua maestà il procuratore, vero padrone del calcio
Una categoria temuta, viziata e invadente tra guadagni, minacce e pressioni. La ribellione del Mancio
di Cristiano Gatti
Ormai sono arrivati alla prima persona plurale: noi preferiamo giocare a destra, noi ci
esprimiamo meglio dietro le
punte, noi non ci sentiamo valorizzati da questo allenatore. È
un fatto: i veri padroni del calcio, ma forse si fa prima a dire
dello sport, sono i procuratori.
Nati come oscuri consulenti
dell’atleta in faccende contrattuali e normative, sono rapidamente passati alla posizione di
soci in affari e infine hanno
completato la scalata societaria
diventando dispotici azionisti
di maggioranza.
Per qualche campione che si
appoggia al padre o al fratello,
per qualche mammone che ancora manda avanti la madre,
domina la regola generale del
procurato-Re. Re Sole, qualche
volta Re Sola. Raiola il numero
uno: basta il nome per seminare soggezione e terrore. Il mestiere è bellissimo: rischio zero. Rischiano club e giocatori,
loro incassano la percentuale e
vada come vada. Premono in
società contro l’allenatore che
non comprende il talento del
loro Maradona (l’ultimo quello
di Iturbe, genio incompreso da
Garcia), minacciano di portare
la creatura all’estero, montano
il giocatore contro il mister
Celebre
● Mino Raiola,
47 anni,
il più famoso
dei procuratori
● Tra i suoi
assistiti
Ibrahimovic,
Balotelli
e Pogba
zuccone. Studiano strategie,
tessono tele, provocano rotture. Flirtano su più tavoli, scatenano aste, mettono in giro voci.
E i contratti firmati? I più scafati di loro si pavoneggiano: beata ingenuità, i contratti sono
fatti per essere stracciati. La cosa bella è che quando si solleva
qualche dubbio su questa tracimazione di poteri, i migliori di
loro saltano su indignati: ma
come, abbiamo regole e statuti,
conosciamo bene la deontologia. E non è neppure una difesa
così campata per aria: qualcuno
davvero prova a essere professionista fino in fondo. Solitamente, si riconoscono questi
virtuosi per la pochezza del loro
portafoglio-assistiti. I più spregiudicati hanno invece la coda
fuori dalla porta. I calciatori
hanno capito: più il procuratore è disinibito e scaltro — diciamo così —, più si porta a casa. E
pazienza se la sua invadenza
può provocare qualche incidente diplomatico.
L’altro giorno, Mancini ha
mandato cortesemente a stendere il procuratore di Kovacic,
dicendo una cosa basilare, «se
ho qualcosa da chiarire lo faccio col giocatore», ma la frase
suona come una ribellione
scandalosa. Per dirla tutta, gli
allenatori non si devono più
permettere. A parte Zamparini,
che adora i procuratori come la
1061
gli agenti Fifa
in Italia. Sono
557 in Gran
Bretagna, 538
in Spagna, 461
in Germania e
164 in Francia.
Da noi 5 anni fa
erano 500
gastrite, in generale i presidenti preferiscono subire. Comunque mantenere il quieto vivere.
Il procuratore va rispettato,
blandito, anche viziato. Una cosa è avere contro il giocatore,
ma un’altra è avere contro il
procuratore: è come avere contro la suocera, non c’è partita.
Così, oltre agli stadi vuoti, ai
debiti, ai fallimenti, il calcio si
ritrova anche questa complicazione di ultima generazione:
un nuovo potere occulto, neanche tanto occulto, capace di fare il bello e il cattivo tempo. Un
altro potentato che vuole sedersi a capotavola, dove tutti
stanno già a capotavola.
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42
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
SPORT
Il dopopartita
(a.rav.) All’Europa (giustamente) non pensa
(«Dobbiamo vivere gara dopo gara»), alla sua
situazione personale neanche. Sa che non basta la
seconda vittoria di fila per dire più vicini i due
traguardi: il ritorno del Milan nelle Coppe e la sua
permanenza in panchina l’anno prossimo:
«Passeremo una buona Pasqua, ma da martedì
torniamo sul pezzo». Comunque vada, gli resterà il
rimpianto per quei mesi bui: «Il rammarico è di
aver avuto anche 15 giocatori infortunati a
Il sorriso di Inzaghi
«Dopo il rigore
era difficile reagire
ma ci siamo riusciti»
Le pagelle
gennaio e febbraio». Ora, però, Pippo Inzaghi ha
tanti motivi di soddisfazione. Il primo è la prova di
carattere dei suoi: «Era difficile reagire dopo il
rigore ma i ragazzi l’hanno fatto». Il più importante
è la scommessa vinta Ménez: «Siamo andati a
prenderlo quest’estate, veniva da stagioni difficili e
ha già fatto 16 gol. Si parla tanto dei parametri
zero, beh lui lo è». Il futuro è un’ipotesi, ma Inzaghi
sulle voci di cessione è netto: «A noi non deve
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riguardare, niente scuse».
DALLA NOSTRA INVIATA A PALERMO
Palermo
Vazquez troppo timido
5 Sorrentino Grave l’errore sul primo gol del Milan: non
trattiene il pallone che sbatte sul ginocchio di Cerci.
Bravo su Antonelli.
6 Rispoli Qualche imprecisione negli appoggi, ma
generoso. Alla lunga va in sofferenza con Antonelli.
5,5 G. Gonzalez La sua è una buona prova, ma rischia il
rigore fermando un pallone con il braccio e ha una parte
di colpa sul raddoppio di Ménez.
5 Vitiello È il più colpevole sul gol di Cerci perché cerca
il fuorigioco e lascia passare la palla di Van Ginkel. Non
impeccabile neanche nella fuga di Ménez.
6 Lazaar Bello il duello in velocità su Cerci, da cui esce a
testa alta.
6 Rigoni Non solo pressing, anche ricerca costante del
gol (ne ha già segnati 5) con inserimenti e tiri da fuori.
Peccato un suo retropassaggio inneschi Ménez.
6 Jajalo Fa una partita di contenimento, senza guizzi.
5,5 Barreto Poco brillante, fischiato per un tiraccio alto
prima di uscire a inizio ripresa per infortunio.
6,5 Quaison Velocità e tecnica: bella la sua discesa, con
tre milanisti saltati, poi vanificata dall’errore di Vazquez.
Nella ripresa però sparisce e Iachini lo toglie.
5 Vazquez Troppo molle, o timido su quel pallone a due
passi da Diego Lopez: uno sbaglio, sullo 0-0, che pesa
come un macigno.
7 Dybala Sprazzi di classe pura, pensa velocemente e
appena può tira. Con il rigore è a 13 gol.
5 Chochev Macchinoso, non lascia traccia di sé.
6,5 Belotti Tifoso milanista, prova a dare un dispiacere
ai rossoneri: è più lesto di Paletta che lo abbatte in area.
6 Iachini Non raddrizza il trend negativo per colpa di
tanti errori individuali, però si vede che il Palermo sa
cosa fare in campo.
Milan, 3 punti e segnali di ripresa
c’è dell’altro oltre al solito Ménez
Battuto il Palermo: Cerci trova il primo gol in rossonero, il francese decide
Palermo
Milan
1
2
Marcatori: Cerci 37’ p.t.; Dybala (rig.)
27’, Ménez 37’ s.t.
PALERMO (4-3-1-2): Sorrentino 5;
Rispoli 6, Gonzalez 5,5, Vitiello 5, Lazaar
6; Rigoni 6, Jajalo 6 (La Gumina s.v. 43’
s.t.), Barreto 5,5 (Chochev 5 9’ s.t.);
Quaison 6,5 (Belotti 6,5 13’ s.t.); Vazquez
5, Dybala 7. All.: Iachini 6
MILAN (4-3-3): Diego Lopez 6; Abate 6,
Paletta 5,5, Mexès 5,5, Antonelli 6,5; Van
Ginkel 6, De Jong 6, Bonaventura 6; Cerci
6,5 (Suso s.v. 32’ s.t.), Destro 6 (Pazzini
s.v. 32’ s.t.), Ménez 7 (Poli s.v. 47’ s.t.).
All.: Inzaghi 6,5
Arbitro: Doveri 6
Ammoniti: Abate, Vitiello, Jajalo, Paletta,
Mexès
Recuperi: 0’ più 4’
a.rav.
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Milan
Antonelli si scatena
Spietato
Jérémy Ménez, 27 anni,
realizza il gol del definitivo 2-1
del Milan a Palermo
(Liverani)
DALLA NOSTRA INVIATA
Da una parte Dybala:
classe, velocità di esecuzione,
tiro appena si può (6 verso la
porta) anche se non sempre
con precisione; dall’altra
Menéz: lunghe pause, a tratti
apparente svogliatezza, ma
scatto fulmineo e carattere
spietato. Tredici gol contro 16.
Da una parte il Palermo che
prova a giocare, che si capisce
avrebbe in testa una trama ben
scritta, tradita però da troppi
errori di battitura (sciagurato
Vazquez al 23’ che sbaglia un
gol sullo 0-0); dall’altra il Milan
che difende compatto ed è
pronto a pungere in contropiede, sfruttando la rapidità delle
sue frecce. Finisce che vincono
i rossoneri, probabilmente nella loro versione migliore del
2015 (non ci voleva molto, va
detto), per la prima volta nel
nuovo anno alla seconda vittoria di fila, che in trasferta non
PALERMO
arrivava dal 19 ottobre. Forse
non basterà per l’Europa: il 6°
posto è a 6 punti, ma averne rosicchiati 2 incoraggia qualche
folle sogno.
Non che sia stata uno spettacolo di partita: troppi gli errori
da entrambe le parti, ma il Milan può festeggiare segnali di
ripresa, può sperare che si sia
sbloccato Cerci (al primo gol
rossonero, di rapina, favorito
da un errore di Sorrentino),
può rallegrarsi perché, una volta raggiunto da Dybala su rigore
(fallo di Paletta, fin lì impeccabile, su Belotti), questa volta ha
saputo reagire anche sul piano
del carattere, può puntare sul
fatto che Van Ginkel, l’olandesino dai piedi buoni, si sia finalmente inserito (suo il cross del
gol), può aggrapparsi alla rete
probabilmente regolare che
Destro (ancora un po’ estraneo)
aveva comunque segnato. Oltre
a sapere che, in ogni caso, può
sempre risolverla Ménez, se-
polto dagli abbracci di mezzo
staff tecnico al momento del
2-1, che poi è stato un tiro preciso e potente sotto la traversa
dopo 40 metri di corsa solitaria.
«Inzaghi mi ha dato tanta fiducia, io ne ho bisogno per rendere — spiega il francese —. L’Europa? Finché c’è speranza ci
crediamo».
Che, come sostiene Inzaghi,
sia stato decisivo il recupero
degli infortunati (a Palermo
mancavano solo Montolivo, El
Shaarawy, Honda, Rami e lo
sconvocato Muntari) è spiegazione ragionevole. Che abbia
giovato il ritorno al 4-3-3 e al
vecchio, caro contropiede è al-
Buone notizie
Seconda vittoria di fila
(prima volta nel 2015)
e successo in trasferta:
mancava dal 19 ottobre
trettanto evidente. Sono state
premiate, questa volta, anche le
scelte di Inzaghi, che aveva
schierato il tridente Cerci-Destro-Ménez, con Bonaventura
mezzala, e quando, sul pari, è
stato il momento di fare i cambi
si è mantenuto offensivo (SusoCerci e Pazzini-Destro). Il Palermo in fase calante (nelle ultime
6 partite zero vittorie, 2 punti,
un gol su rigore) paga l’imprecisione dei suoi interpreti di
maggior qualità (soprattutto
Vazquez, ma anche il talentino
Dybala, da applausi per le sue
giocate, alla fine trova il gol solo
su rigore) e può incolparsi per
aver propiziato con errori individuali i 2 gol milanisti (il rimpallo di Sorrentino, il retropassaggio di Rigoni). Ma il Milan ci
ha messo del suo e considerando che squadra e società non
sanno nulla del loro futuro, fa
ampiamente il proprio dovere.
Arianna Ravelli
16
i gol segnati
da Jérémy
Ménez
in campionato:
nel 2015 vanta
8 reti e 3 assist,
è il migliore
in serie A
13
le conclusioni
del Palermo, 3
nello specchio
della porta, 10
fuori. Il Milan
ha tirato
10 volte, 5 tra
i pali e 5 fuori
6 Diego Lopez Sicuro tra i pali, non esce su Dybala
(quando poi sbaglia Vazquez), quasi intuisce il rigore.
6 Abate Festeggia la 200ª partita in A con una gara
attenta (su Lazaar e Quaison); nel primo tempo l’unico
affondo è quello che porterà al gol di Cerci.
5,5 Paletta Mette in mostra intelligenza e impeccabile
senso della posizione fino al fallo da rigore su Belotti
(non toglie in tempo il piede) che rovina tutto.
5,5 Mexès Alcune cose bene, altre meno, traballa un po’
su Dybala (clamoroso quando si ferma e lo lascia libero
di passare a Vazquez).
6,5 Antonelli Gara in crescendo: da disciplinato a
scatenato. Ottime chiusure, l’assist del gol annullato a
Destro e un colpo di tacco con cui va vicino a segnare.
6 Van Ginkel Parte ancora un po’ timido, ma trova il
cross buono per il primo gol e piano piano sembra che
l’inserimento sia completato.
6 De Jong Non si vede, ma c’è (sempre). Aiuta dietro
quando i due terzini si alzano.
6 Bonaventura Prova più incolore del solito, ma gioca
sempre al servizio della squadra.
6,5 Cerci Ha voglia di sfondare: trova il primo gol (di
ginocchio) con un po’ di fortuna ma la sua velocità è una
delle armi vincenti.
6 Destro A Palermo aveva già segnato quando giocava
nella Roma, ieri ci è andato vicinissimo (il gol sembra
regolare). È vero, è ancora un po’ fuori dagli schemi, ma
si sbatte e va al tiro altre due volte.
7 Ménez L’insostituibile. Si accende, parte e risolve le
partite. E ti scordi subito delle pause precedenti.
6,5 Inzaghi Il Milan più convincente del 2015: resta in
partita anche una volta raggiunto.
a.rav.
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Il Cagliari fa quello che può, la Lazio quello che vuole
Settimo successo consecutivo per i biancocelesti, poco brillanti ma efficaci. Zeman si lamenta
DAL NOSTRO INVIATO
La vittoria della Lazio
è ormai un fenomeno naturale, ineluttabile come il sole che
sorge e Lotito che parla latino.
L’Aquila vola leggera, implacabile, serena, e ottiene il massimo anche quando la manovra
non brilla, qualche individualità toppa e il killer instinct
sembra andato in ferie. Negli
anni magici, com’è questo, tutto però si sistema sempre, ed è
successo anche ieri a Cagliari
con un 3-1 pesantissimo e, a
suo modo, storico. Per la squadra dell’ottimo Pioli è infatti la
settima vittoria di fila, il miglior filotto di questa stagione.
CAGLIARI
Bomber Miroslav Klose, 36 anni (Ansa)
Non solo: il Napoli e la Sampdoria ora sono più lontane e
la Roma resta a portata di derby. Un momento magico che
sembra infinito. «Le vogliamo
vincere tutte» è il mantra di
Pioli e avanti di questo passo
non ci stupiremmo se il capolavoro riuscisse davvero. Pensiamoci: se vince anche quando «non gioca da Lazio» (Biglia dixit), chi lo ferma più
questo gruppo in stato di grazia?
Pioli temeva il rientro dopo
la pausa, sempre un’incognita.
Il primo tempo gli ha dato ragione. Così piatto, definito dal
pressing alto rossoblù sui mediani e dalle difficoltà di palleggio laziali, poteva cambiarlo
solo Felipe Anderson con il solito lampo improvviso del fuoriclasse: al 31’ fuga a destra che
semina tre avversari, palla secca al centro, Mauri col terzo occhio vede alle sue spalle Klose
Cagliari
Lazio
1
3
Marcatori: Klose 30’ p.t.; Sau 4’, Biglia
(rig.) 15’, Parolo 47’ s.t.
CAGLIARI (4-3-3): Brkic 6; Balzano 5,5,
Diakité 4, Rossettini 5, Avelar 5; Dessena
5,5 (Ekdal 5,5 14’ s.t.), Crisetig 5,5, Joao
Pedro 5; Farias 5,5 (Capuano s.v. 27’ s.t.),
Sau 7 (Cop s.v. 34’ s.t.), Mpoku 6,5.
All.: Zeman 6
LAZIO (4-2-3-1): Marchetti 6,5; Basta 6, De
Vrij 6,5, Mauricio 5,5, Braafheid 6; Biglia 6,5,
Parolo 6; Candreva 5,5 (Cataldi 6 14’ s.t.),
Mauri 5 (Keita 7 14’ s.t.), Felipe Anderson
6,5; Klose 7 (Lulic s.v. 36’ s.t.). All.: Pioli 7
Arbitro: Rocchi 6 Espulso: Diakité 23’ s.t.
Ammoniti: Parolo, Mauricio, Basta,
Crisetig, Rossettini, Mpoku, Keita
Recuperi: 2’ più 5’
che appoggia comodo il 9° gol
in campionato.
Nella ripresa, dopo il bell’1-1
di Sau (con distrazione di
Mauricio), hanno deciso invece le mosse rapide del tecnico,
preoccupato dal risveglio del
Cagliari e del Sant’Elia, fin lì
molto scettico: fuori i deludenti Mauri e Candreva, dentro la benzina verde dei ventenni Cataldi e Keita e passaggio dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Bingo.
Alla prima azione proprio Keita (fallo di Crisetig) si procura
il rigore che Biglia al 15’ trasforma. Lo stesso accade 8 minuti dopo (fallo di Diakité e
cartellino rosso) ma Biglia, per
il resto uno dei migliori, sta-
volta manda alto. L’ennesimo
spreco di una Lazio che nei 90’
ha fallito altre tre chance clamorose con Mauri (due parate
di Brkic) e lo scatenato Keita
(Balzano salva sulla linea, quasi dentro).
«Ci è mancato il cinismo —
si è lamentato Pioli —. Negli
ultimi 20’ non avrebbe dovuto
esserci partita». E invece il 3-1 è
arrivato solo al 92’ su bella punizione di Parolo dal lungomare.
E il Cagliari? Ha fatto ciò che
poteva con dignità e applicazione, e Zeman si è lamentato
per l’espulsione di Diakité:
«Avessero dato quel rigore
contro altre squadre, se ne parlerebbe un mese… ». Al boemo
resta comunque una consolazione: l’Atalanta ha perso e la
salvezza è ancora a 5 punti. In
palio ce ne sono 27. Sperare a
Cagliari si può ancora.
Alessandro Pasini
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
Estero
Adam, gol da 60 metri
ma il Chelsea
rimedia e allunga
Bayern senza freni
SPORT
Non basta il gol pazzesco dello scozzese Charlie
Adam (foto) — un sinistro da 60 metri che
scavalca lo svagato portiere Courtois — a togliere il
successo al Chelsea ormai vicino al quinto titolo di
Premier. La squadra di Mourinho supera 2-1 lo
Stoke City (in gol Hazard su rigore e, dopo il pari di
Adam, la rete decisiva di Remy al 17’ della ripresa)
e riporta a 7 il vantaggio sull’Arsenal che ha
umiliato 4-1 il Liverpool (senza Balotelli) e a 8
quello sul Manchester United (3-1 all’Aston Villa).
Domani (ore 21, FoxSports) il Manchester City fa
visita al Crystal Palace per risalire a -6 dal Chelsea,
al secondo posto ma con una gara in più. In
Germania il Bayern Monaco fa a meno di Ribèry,
Robben e Alaba, per battere a domicilio il Borussia
Dortmund (Immobile nemmeno in panchina)
grazie alla rete al 36’ dell’ex Lewandowski che gela
il Westfalen, suo palcoscenico per quattro stagioni.
Guardiola mantiene 10 punti di vantaggio sul
Wolfsburg. Oggi riprende la sfida per il titolo
43
spagnolo: a mezzogiorno il Real Madrid ospita il
Granada, in attesa dell’impegno del Barcellona
(alle 21, sempre FoxSports) sul campo del Celta
Vigo: Luis Enrique parte dal +4 su Ancelotti. In
Francia alle 21 scontro diretto fra Marsiglia e Paris
Saint Germain per definire la contendente del
Lione, già vittorioso 3-1 nell’anticipo sul terreno
del Guingamp. Se il Psg vince torna in testa.
Le pagelle
Federico Pistone
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Inter
Parma
1
1
Marcatori: Guarin 25’, Lila 44’ p.t.
INTER (4-3-3): Handanovic 6; Santon 5,
Ranocchia 5, Felipe 5 (Podolski s.v. 31’
s.t.), Juan Jesus 5; Guarin 6, Medel 5,
Brozovic 5,5; Shaqiri 5 (Hernanes s.v. 44’
s.t.), Puscas 5,5 (Kovacic 5 1’ s.t.), Palacio
6. All.: Mancini 5,5
Inter
Shaqiri si lamenta
6 Handanovic Un paio di interventi
(su Varela e sulla punizione di
Costa); la palla di Lila è imprendibile.
5 Santon Corre poco e corre male,
scivola spesso, fa confusione.
5 Ranocchia La sua partita è un
continuo corpo a corpo con Belfodil.
In più errori in quantità.
5 Felipe Esordio contro la sua ex
squadra. Comincia benino; finisce
male. In difficoltà su Ghezzal.
5 Juan Jesus Gioca da terzino
sinistro, come con la Samp, senza
esserlo. Confusionario e impreciso.
6 Guarin La deviazione di J. Mauri
gli consente di firmare il sesto gol.
Gioca da solo e sbaglia, ma cerca di
rompere il grigiore del match.
5 Medel Fa 103 passaggi, quasi
tutti ininfluenti. In ritardo sul
pareggio di Lila; chiude da difensore
centrale e Peruzzo gli fa la grazia
fischiando un fallo quando Ghezzal
scappa via.
5,5 Brozovic Un paio di conclusioni
che non inquadrano la porta, nella
ripresa migliora con il 4-2-3-1.
5 Shaqiri Parte da attaccante; si
lamenta perché non riceve la palla,
ma quando gli arriva la gioca male.
5,5 Puscas Volonteroso, ma ancora
acerbo. Ha un buono spunto a metà
primo tempo e su di lui c’è anche un
fallo da rigore di Feddal. Crescerà.
6 Palacio Vorrebbe giocare con gli
altri, ma nessuno lo segue. E non ha
mai una vera occasione da gol.
5 Kovacic Rileva Puscas, ma, a
parte un colpo di testa, non incide.
5,5 Mancini Quando si è disperati,
si prova tutto. E non tutto riesce.
f. mo.
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Parma
Jorquera domina
6 Mirante Pomeriggio di assoluta
serenità; mai sotto assedio.
6 Mendes Concentrato, anche se
non sempre impeccabile.
6,5 Costa Ottimo regista difensivo;
sfiora il vantaggio su punizione.
6 Feddal Rischia il rigore su Puscas,
poi se la cava senza problemi.
6,5 Varela Esterno di destra, mette
sempre in difficoltà Juan Jesus. Suo
il cross per il gol di Lila.
6,5 Lila Secondo gol con il Parma,
con un colpo di testa da attaccante.
Dopo un bel primo tempo, esce per
un problema alla coscia sinistra.
7 Jorquera Intorno a lui gira tutta la
squadra; preciso nel dare i tempi e
nel ribaltare l’azione.
6 José Mauri Esce in ritardo sul tiro
di Guarin e mette k.o. Mirante.
Partita di corsa e di sacrificio.
6 Gobbi Dà tutto quello che
ha; decisivo in alcuni interventi
difensivi.
5,5 Nocerino Non cambia
passo e questo consente agli
avversari di non soffrire. Parte da
seconda punta, retrocede a
centrocampo.
5,5 Belfodil Partita di lotta, in un
duello fisico con Ranocchia. Cerca di
fare spazio, allargandosi sull’esterno
e quando si avvicina all’area gli
manca lo spunto sotto rete.
6 Ghezzal Rileva Lila, gioca da
attaccante, mettendo in difficoltà i
difensori avversari. Scappa via a
Medel nel finale, ma Peruzzo fischia
un fallo che non c’è.
7 Donadoni In questo Parma non
c’è soltanto orgoglio, ma anche
calcio di qualità. E condizione fisica.
f. mo.
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PARMA (3-5-1-1): Mirante 6; Mendes
6, A. Costa 6,5, Feddal 6; Varela 6,5, Lila
6,5 (Ghezzal 6 1’ s.t.), Jorquera 7
(Cassani s.v. 39’ s.t.), José Mauri 6, Gobbi
6; Nocerino 5,5; Belfodil 5,5 (Coda s.v. 32’
s.t.). All.: Donadoni 7
Arbitro: Peruzzo 5
Ammoniti: Ranocchia, Felipe
Recuperi: 1’ più 4’
Testa vincente
Andi Lila, difensore albanese
di 29 anni, anticipa tutti e di testa
batte Samir Handanovic, 30
(Liverani)
Inter, la quaresima non finisce mai
E stavolta Mancini perde la pazienza
Fischi e insulti a San Siro per l’1-1 con il Parma, oggi tutti in campo ad Appiano alle 8.30
La quaresima dell’Inter
continua anche a Pasqua. L’1-1
con il Cesena (15 marzo) è stato
replicato contro il Parma, che
ha raccolto 4 punti con i nerazzurri tra andata e ritorno su un
totale di 13. L’Europa, che già
era un traguardo lontanissimo
(10 punti), è diventata un obiettivo impossibile e per la seconda volta in tre anni i nerazzurri
guarderanno in tv gli altri giocare le coppe europee.
Così è stato deciso da Mancini e dalla società (dopo una
lunga riunione con Zanetti e
Ausilio) di ritrovarsi ad Appiano oggi per l’allenamento alle
8.30. Non si sa se l’iniziativa va
considerata un castigo oppure
un tentativo estremo per cambiare il corso degli eventi, forse
il primo passo di quella «rivoluzione» della quale il tecnico
ha parlato alla fine. Perché non
bisogna mai esagerare. Anche
nelle brutte figure. Che il tecnico abbia scelto una conduzione
MILANO
3
i punti raccolti
nelle ultime 5
gare dall’Inter:
2 sconfitte
(Fiorentina
e Samp); 3 pari
(Napoli, Cesena
e Parma)
4
i punti fatti
dal Parma
contro l’Inter:
3 all’andata (20); 1 al ritorno
su un totale
di 13 (-3 di
penalizzazione)
più soft rispetto a quella severa
del 2004 non significa accettare tutto, compresi gli errori che
vengono replicati con puntualità e che sono costati l’eliminazione dalla Coppa Italia e dall’Europa League. È evidente
che la squadra è stata costruita
male ed è in corso una crisi di
rigetto, dopo il cambio di allenatore e alcuni segnali in controtendenza. Però i 22 punti (su
un totale di 54) raccolti nelle 18
partite della gestione Mancini
sono il segnale che la squadra
ha dato meno di quanto potesse e ha cercato di delegare tutte
le responsabilità al tecnico.
L’Inter ha pareggiato con il
Parma, perché come tante altre
volte è accaduto a San Siro, non
sa come colpire quando gli avversari si piazzano compatti e
organizzati dietro alla linea
della palla. La squalifica di Icardi ha tolto la possibilità di
sfruttare il gioco aereo ed è stata una complicazione in più
La delusione del Mancio
«Serve una rivoluzione,
qui va sempre peggio»
❞
Thohir
Ci sono
rimasto
male ma
continuo
a credere
in Mancini
MILANO Dopo aver difeso la
squadra in più occasioni, anche Roberto Mancini ha perso
la pazienza. Il risultato è che
oggi l’Inter si allenerà ad Appiano Gentile alle 8.30, nonostante la festività pasquale. Una
decisione che Piero Ausilio ha
spiegato così: «Allenarsi il
giorno di Pasqua non è una punizione, ma una presa di coscienza. Hanno riposato ieri,
hanno riposato oggi ed è giusto
che domani si allenino. Mancini? Nel momento in cui l’abbiamo preso era un’opportunità,
continuo a considerarlo un
grande».
Scuro in volto (dopo il gol di
Guarin ha anche litigato con alcuni tifosi), Mancini è apparso
deluso per la prestazione con il
Parma: «Sono io l’allenatore e
mi assumo le responsabilità.
Mi spiace che la situazione, anziché migliorare, sia peggiorata. Bisogna fare una rivoluzione per cambiare le cose. Penso
sempre in maniera positiva:
quando ci sono 30 punti a disposizione, speri sempre che le
cose cambino ed ecco perché
ero ottimista. Ma le ultime settimane ci sono girate male.
Continuiamo a concedere troppo e forse non riesco a esprimermi bene. Difficile vincere
quando subisci tanti gol ma, ri-
A rapporto
Roberto
Mancini,
50 anni,
catechizza
Xherdan
Shaqiri, 23,
ma lo svizzero
non ha fornito
una
prestazione
convincente
(Andreoli)
per un’Inter già depressa nel
morale e non solo. Perché il
gioco si sviluppa fra cento passaggi e con il pallone che gira a
ritmo di moviola, consentendo
all’avversario di difendersi con
ordine, senza mai soffrire.
Nemmeno il vantaggio, nato da
una conclusione di Guarin da
fuori, deviata da José Mauri (sesto gol), a metà primo tempo,
ha consentito all’Inter di portare a casa i tre punti, che mancano dal 22 febbraio (2-1 a Cagliari), perché a due minuti dall’intervallo Andi Lila, centrocampista albanese, arrivato a
Parma a gennaio dal Pas Giannina (Grecia), di testa, prima
ha messo fuori causa Medel e
poi ha battuto Handanovic.
Non c’è stata una vera reazione nerazzurra; di palle-gol nitide non se ne sono viste; soltanto colpi di testa o conclusioni
fuori misura o senza energia,
una produzione di calciatori
disperati, in attesa che lo strazio finisca. Mancini ha provato
di tutto, tornando al 4-2-3-1,
chiudendo con quattro attaccanti (anche Ranocchia), ma
senza segnali di risveglio. San
Siro, così vuoto (i 33.175 paganti erano solo teorici) da sentire
persino le urla dei giocatori in
campo, ha fischiato e insultato
tutti, ma per non più di due minuti. È un salto all’indietro di
vent’anni; era stato in una situazione simile che Moratti
aveva accettato di riprendere
l’Inter. Ma Thohir per ora è a
Giakarta e cambiare il biglietto
aereo è troppo complicato.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
peto, forse mi spiego io male.
Non è bello vedere cose opposte rispetto a quelle che proviamo». All’Inter è mancata la cattiveria? «Abbiamo fatto gol, ma
ci sono state alcune cose che
non mi sono piaciute. Così non
va bene. Se ho rimpianti per essere tornato? Nessuno. Ci sono
annate che iniziano male e finiscono peggio, non posso neanche rimproverare i giocatori di
allenarsi male, va così...».
I fischi di San Siro sono stati
la colonna sonora dell’uscita
dal campo dell’Inter: «Hanno
ragione a fischiarci», il pensiero di Guarin. «Dobbiamo accettare le critiche con umiltà.
Stiamo facendo male», ha aggiunto il colombiano. Dall’Indonesia filtra la rabbia del presidente Erick Thohir: «Sono
deluso, ma resto comunque sicuro che Mancini riporterà la
squadra a vincere».
Salvatore Riggio
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44
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
SPORT
Allegri
«Ci mancavano
giocatori chiave
ma non abbiamo
sofferto»
(f. bon.) Non parla ancora di scudetto ma Allegri
non nasconde la sua gioia per il successo
sull’Empoli: «Ci mancavano giocatori importanti
come Marchisio, Pirlo e Pogba, eppure abbiamo
battuto una squadra che non perdeva da 8 partite
e per noi è la quarta gara senza prendere reti». Il
pensiero va già alla Champions: «Ho visto la
partita del Monaco e ho capito che è una squadra
complicata da affrontare: concede poco e poi ha il
vantaggio di partire da non favorita. Per la
Le pagelle
Champions spero di recuperare Pirlo, almeno part
time». Protagonista, tanto per cambiare, Carlos
Tevez, autore del primo gol su punizione a due
dall’interno dell’area («Da quella posizione è
difficile, sapevo che dovevo tirare forte e verso
l’alto») e artefice del secondo, concretizzato da
Pereyra. L’argentino non doveva nemmeno
giocare: «Abbiamo tanti infortuni così ho chiesto
ad Allegri di giocare».
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI A TORINO
Juventus
Buffon sempre puntuale
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7 Buffon Una parata in controtempo e un’uscita di
grande tempismo su Pucciarelli salvano la baracca.
6 Barzagli Tira fuori alcuni interventi di puro artigianato
difensivo.
6,5 Bonucci Con la difesa a tre (e dopo dieci giorni di
Conte) ha ritrovato il gusto del lancio. E anche quello di
difendere in seconda battuta.
6 Ogbonna Pucciarelli fa l’effetto dell’antiruggine. Bella
la scivolata nel finale su Saponara.
6 Lichtsteiner Sempre elettrico, ma non proprio
illuminante. Fa diversi errori tecnici, compresa una
ciabattata in zona gol.
6 Vidal Molto pressing, senza perdere mai la posizione.
Ma senza mai una giocata vecchio stile.
6,5 Padoin Il posto di Pirlo o Marchisio tocca a lui:
nessuna paura e anche nessun tentativo di imitazione.
6 Sturaro Nel centrocampo inedito porta un discreto
passo e spalle larghe: è lui che costringe Rugani al
retropassaggio in area.
6 Evra Un primo tempo di buona spinta, un secondo di
puro controllo.
6 Llorente Serata di sacrificio ma non sacrificata: buone
aperture, un passaggio di petto da rivedere, molta corsa.
8 Tevez A lui fa bene il jet lag dopo il rientro dagli Usa: è
sempre ora di attaccare l’uomo, di rientrare per prendere
palla o agevolare gli inserimenti (vedi 2-0). Poi arriva
l’ora della magia: se c’è un angolo impossibile per la
punizione ravvicinata, lui lo trova.
6 Morata Ha avuto impatti migliori dalla panchina.
6,5 Peryera Al posto giusto per il 2-0 in ribattuta.
6,5 Allegri Senza le stelle di centrocampo la squadra si
orienta bene lo stesso: per lo scudetto avanti sempre
dritti. Ormai manca poco.
La Juventus non si riposa mai
l’Empoli fa la fine di tutti gli altri
Tevez prima e Pereyra nel finale domano la resistenza dei toscani
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
TORINO Due uomini al comando. La Juventus senza il blocco
Pirlo-Marchisio-Pogba non ha
mai giocato. Si ritrova a farlo
contro l’Empoli in una partita
per nulla facile, con un centrocampo rivoluzionato completamente, dove Padoin recita la
parte del regista con buoni risultati. Ma la differenza la fanno ancora i due giocatori che,
in una squadra d calcio, sono
fondamentali: il portiere e il
centravanti. E Madama li ha e
sono eccezionali: Carlitos Tevez porta avanti i bianconeri,
Gigi Buffon difende l’1-0, il risultato preferito di Max Allegri
che può santificare la Pasqua
con il vantaggio intatto sulla
Roma (più 14) e la vittoria numero 39 allo Stadium nelle ultime 43 gare disputate senza
sconfitte. Visto da qui sembra
tutto facile, ma la realtà è più
complicata, perché la partita è
viva fino al 2-0 di Pereyra al 49’
del secondo tempo, che la archivia definitivamente.
L’Empoli dimostra che non
c’è casualità nel suo campionato e negli otto risultati utili consecutivi con cui si presenta in
questa sera fredda. Senza paure, senza riverenze. Il suo pressing è convinto, la sua manovra
organizzata, i suoi movimenti
brillanti. A cominciare dall’uomo del momento, Mirko Valdifiori, ha giocatori con buona
capacità di palleggio. Difficile
da superare sia per l’organizzazione difensiva (bene il fuorigioco) ma anche perché la Juventus deve essere estremamente accorta in difesa, perché
la velocità degli avversari è temibile: come certifica un contropiede di Maccarone nel finale del primo tempo. Eppure
Madama rattoppata le sue occasioni le crea. È Carlitos Tevez
a dare spallate. La sua magistrale finta annichilisce la difesa dell’Empoli, ma il lob non è
abbastanza alto da vanificare la
bella uscita di Sepe che respin-
Paolo Tomaselli
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Empoli
Valdifiori non si ripete
Juventus
Empoli
2
0
Marcatori: Tevez 43’ p.t.; Pereyra 49 ‘ s.t.
JUVENTUS (3-5-2): Buffon 7; Barzagli
6, Bonucci 6,5 , Ogbonna 6; Lichtsteiner
6, Vidal 6 (Pepe s.v. 41’ s.t.), Padoin 6,5,
Sturaro 6 (Pereyra 6,5 33’ s.t.), Evra 6;
Llorente 6 (Morata 6 22’ s.t.), Tevez 8.
All. Allegri 6,5
EMPOLI (4-3-1-2 ): Sepe 6; Hysaj 5,5,
Rugani 5,5, Barba 6, Mario Rui 5,5;
Vecino 6, Valdifiori 5,5, Croce 6 (Zielinski
s.v. 29’ s.t.); Saponara 6; Maccarone 5,5
(Mchedlidze s.v. 28’ s.t.), Pucciarelli 6,5
(Verdi s.v. 33’ s.t.). All.: Sarri 6
Arbitro: Giacomelli 5,5
Espulso: Sarri 50’ s.t.
Ammoniti: Tevez, Mario Rui, Saponara,
Barzagli
Recuperi: 0’ più 5’
ge. In versione attaccante è Lichtsteiner a fallire due opportunità: con un diagonale di sinistro, non certo il suo piede
migliore, e riprendendo una
palla vagante ma c’è ancora Sepe a chiudere.
Proprio quando l’Empoli,
con quella sortita di Maccarone, sembra acquistare una certa baldanza, Carlitos Tevez confeziona l’ennesimo capolavoro.
L’arbitro Giacomelli interpreta
(decisione molto fiscale, vibranti le proteste di Sarri e dei
suoi giocatori), un tocco di Rugani, prossimamente su questo
schermo, a Sepe come retropassaggio vietato dal regolamento. Punizione da pochi
metri, ma con 20 uomini davanti alla porta, ci vuole un genio per imbastire un tiro che
sintetizzi precisione e potenza.
Eccolo: Tevez porta avanti la Juventus.
No, neanche questo rende la
partita commestibile per i
Rocchi e Rizzoli, interpretazioni diverse
e risultato identico: due ottimi arbitraggi
R
ROMA
NAPOLI
Pjanic (Ro) 25’ Arbitro: Rizzoli di Bologna
ammonito e autore di un fallo di mano che
comportava la seconda ammonizione. Non è
certo, pertanto, che tanti anni di scuola
arbitrale siano sufficienti per forgiare arbitri
tecnicamente confrontabili: il carattere di
ognuno non si può modificare. Peruzzo, in
Inter-Parma, ha preso qualche decisione
sbagliata ( fallo di Puscas su Mendes) ma la
modestia della partita deve attenuare le
critiche piovute sul fischietto. Banti ha
portato a termine Fiorentina-Samp su un
campo impossibile nel primo tempo. I gol
sono arrivati nella ripresa, su un terreno
accettabile; unica pecca di Banti la mancata
punizione contro Gonzalo Rodriguez,
trattenuta su Eto’o, che poteva causare
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l’espulsione del viola.
p. tom.
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ATALANTA
TORINO
1-2
Quagliarella (To) 20’, Glik (To) 39’, Pinilla (At) 29’
s.t. Arbitro: Guida di Torre
GENOA
UDINESE
1-1
De Maio (Ge) 19’, Thereau (Ud) 23’ s.t. Arbitro:
Mazzoleni di Bergamo
VERONA
CESENA
3-3
Toni (Ve) 3’, Gomez (Ve) 30’, Toni (Ve) 17’ s.t.,
Carbonero (Ce) 25’ s.t., Brienza (Ce) 32’ s.t., Succi
(Ce) 36’ s.t. Arbitro: Orsato di Schio (Vi)
INTER
PARMA
1-1
Guarin (In) 25’, Lila (Pa) 44’ Arbitro: Peruzzo di Schio
PALERMO
MILAN
1-2
Cerci (Mi) 37’, Dybala (Pa) rig. 27’ s.t., Menez (Mi)
38’ s.t. Arbitro: Doveri di Roma 1
SASSUOLO
CHIEVO
1-0
Berardi (Sa) rig. 23’ Arbitro: Pairetto di Nichelino
FIORENTINA
SAMPDORIA
2-0
Diamanti (Fi) 16’ s.t., Salah (Fi) 19’ s.t. Arbitro:
Banti di Livorno
JUVENTUS
EMPOLI
Tevez (Ju) 43’, Pereyra (Ju) 49’ s.t. Arbitro:
Giacomelli di Trieste
■ Partite totali ■ Casa ■ Fuori Casa
G Giocate V Vinte N Nulle P Perse F Reti fatte S Reti subite
SERIE A Classifica
1-0
CAGLIARI
LAZIO
1-3
Klose (La) 31’, Sau (Ca) 4’ s.t., Biglia (La) 16’ s.t.,
Parolo (La) 47’ s.t. Arbitro: Rocchi di Firenze
di Paolo Casarin
Imparabile
La violenta
punizione calciata
da Carlitos Tevez,
31 anni,
sotto la traversa,
imprendibile
per il portiere
empolese
Luigi Sepe, 23:
l’Apache è salito
a quota 17 gol
segnati
in campionato
quest’anno,
si è confermato
capocannoniere
e sta trascinando
la Juventus verso
lo scudetto
(Ipp)
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SERIE A 29a giornata
● Fischio finale
izzoli e Rocchi, arbitri di pari esperienza
ma molto diversi. Rocchi, in CagliariLazio, ha diretto con sicurezza
adottando i provvedimenti tecnici e
disciplinari senza il minimo dubbio; sono
arrivati, in momenti diversi, due falli in area
del Cagliari ai danni di Keita e il fischietto
fiorentino ha concesso due rigori, mostrando
anche il rosso a Diakité autore di un fallo sul
laziale a due passi da Brkic. Perfino il
salvataggio sulla linea di porta isolana da
parte di Balzano non ha preoccupato Rocchi,
rassicurato (con tutta probabilità) dal bravo
arbitro addizionale. Rizzoli alle prese con
Roma-Napoli ha scelto invece la strada della
calma e del dialogo, finendo, tra tante cose
ben fatte, per perdonare (al 16’) De Rossi già
bianconeri. L’Empoli non ha
gruppo periferico nella volontà
e a inizio secondo tempo rimette in circolo sua aggressività come se nulla fosse accaduto
e con Pucciarelli costringe Buffon a una parata d’istinto. Gara
non scontata malgrado l’evidente tentativo juventino di abbassare ritmo e intensità. Madama viene salvata da San Gigi,
spettacolare nell’uscita bassa
su Pucciarelli e reattivo sulla ribattuta di Croce. Partita da
chiudere, per evitare problemi,
ma la capolista non ci riesce e
resta appesa al risultato striminzito con l’Empoli che non
recede dai suoi propositi. È ancora Tevez, nel lungo recupero,
a trascinare avanti la squadra.
Sulla sua conclusione di sinistro, respinta, Pereyra spinge
in rete. E ora non è più peccato
fare i conti sulla giornata dello
scudetto.
Roberto Perrone
6 Sepe Reattivo e tecnico nelle uscite su Tevez e
Lichtsteiner. Sul primo gol, si fida troppo della barriera e
non riesce ad allungarsi come vorrebbe. Ma il merito è di
Tevez.
5,5 Hysaj Il rinvio sbilenco in area dopo 20’ non
promette bene. Ma l’albanese non si fa prendere dal
pessimismo.
5,5 Rugani Tevez e Llorente gli fanno capire il livello che
troverà quando tornerà alla Juve. Giacomelli lo punisce
per il retropassaggio di suola al portiere.
6 Barba Classe ’93, ha un anno in più di Rugani, meno
riflettori addosso e forse meno pressioni. Ne esce bene.
5,5 Mario Rui Tra i migliori all’andata, fatica a spingere
e anche a tamponare.
6 Vecino Fa valere il fisico con qualche inserimento.
5,5 Valdifiori A quattro giorni dal debutto in Nazionale
ritrova lo Stadium, ma non le stesse sensazioni: nel
primo tempo sembra un mediano di mischia, fa solo
passaggi all’indietro. Un po’ meglio nella ripresa.
6 Croce In A è arrivato anche lui molto tardi (è dell’82),
ma si conferma tra i più costanti nelle due fasi.
6 Saponara Il gioco passa soprattutto dai suoi piedi,
dalle sue intuizioni e dai suoi tentativi in profondità.
5,5 Maccarone L’occasione più pulita gli capita prima
dell’intervallo, ma calcia sull’esterno della rete.
6,5 Pucciarelli Punta subito Ogbonna, cercando di
indurlo all’errore. Non ci riesce, ma è sempre rognoso.
Come il colpo di testa e l’inserimento che costringono
Buffon a fare il Buffon.
6 Sarri Non cambia di una virgola il sistema di gioco,
soprattutto adesso che ha un trequartista come
Saponara, e resta in partita fino all’ultimo minuto.
2-0
JUVENTUS
ROMA
LAZIO
FIORENTINA
SAMPDORIA
NAPOLI
TORINO
MILAN
GENOA
INTER
PALERMO
SASSUOLO
UDINESE
EMPOLI
VERONA
CHIEVO
ATALANTA
CESENA
CAGLIARI
PARMA (-3)
Punti
70
56
55
49
48
47
42
41
38
38
35
35
34
33
33
32
26
22
21
10
G
29
29
29
29
29
29
29
29
28
29
29
29
28
29
29
29
29
29
29
27
V
21
15
17
13
12
13
11
10
9
9
8
8
8
6
8
8
5
4
4
3
N
7
11
4
10
12
8
9
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11
11
11
11
10
15
9
8
11
10
9
4
P
1
3
8
6
5
8
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10
10
8
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13
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V
13
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10
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7
7
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3
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N
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P
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0
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3
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6
6
6
9
10
V
8
7
7
7
5
6
6
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5
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3
3
1
3
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2
1
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5
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2
P
1
2
4
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5
6
6
4
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7
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6
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7
7
9
7
10
F
57
40
54
43
37
47
34
43
38
43
39
35
32
30
36
21
24
28
35
22
S
14
21
28
31
30
37
31
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34
37
43
43
37
32
51
31
40
52
56
54
MARCATORI: 17 RETI: Tevez (JUV) 16 RETI: Menez (MIL) 15 RETI: Icardi (INT), Toni (VER) 13 RETI: Higuain (NAP), Dybala
(PAL) 11 RETI: Quagliarella (TOR) 10 RETI: Di Natale (UDI), Gabbiadini (NAP) 9 RETI: Callejon (NAP), Felipe Anderson
(LAZ), Klose (LAZ), Thereau (UDI), Eder (SAM), Berardi (SAS) 8 RETI: Mauri S. (LAZ), Ljajic (ROM), Zaza (SAS)
PROSSIMO TURNO: Sabato 11/4, ore 18.00: Genoa-Cagliari, Parma-Juventus. ore 20.45:
Verona-Inter. Domenica 12/4, ore 12.30: Cesena-Chievo. ore 15.00: Atalanta-Sassuolo,
Lazio-Empoli, Napoli-Fiorentina, Torino-Roma, Udinese-Palermo. ore 20.45: MilanSampdoria.
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
SPORT
45
L’ultima offesa ultrà: l’attacco alla mamma di Ciro
La curva Sud espone uno striscione contro la madre di Esposito. La risposta: «Dio cambi i loro cuori»
❞
ROMA C’è chi crede di essere
l’unico custode della fede e che
il suo modo di viverla sia il solo
vero e inattaccabile. E c’è chi ha
il coraggio — o, chissà, la disperazione — per dire: «Dio
cambi i cuori di chi ha scritto
quelle cose». È questa la risposta di Antonella Leardi, madre
di Ciro Esposito, il tifoso napoletano morto il 25 giugno scorso, dopo essere stato colpito il
3 maggio da un colpo di pistola
negli scontri prima della finale
di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. Dell’omicidio è accusato Daniele De Santis( c’era
uno striscione anche per lui:
Daniele con noi), un ex frequentatore della curva Sud
giallorossa, legato all’estrema
destra.
In uno stadio Olimpico dove
vengono tolti i tappi alle bottiglie di plastica in mano a bambini di 7 anni è stato possibile
confezionare questi striscioni.
Il primo: «Che cosa triste... Lucri sul funerale con libri e inter-
Antonella
Leardi,
madre
di Ciro
Esposito
Dio cambi
i cuori di chi
ha scritto
quelle cose
viste!», con un chiaro riferimento alla recente presentazione del libro «Ciro vive». Il
secondo: «C’è chi piange un figlio con dolore e moralità e chi
ne fa un business senza dignità. Signora De Falchi, onore a
te». In questo caso il riferimento è a un’altra pagina nera della
violenza applicata al calcio italiano: la morte di Antonio Falchi, un tifoso romanista di diciannove anni, andato in trasferta a San Siro, aggredito selvaggiamente da ultrà milanisti
il 4 giugno 1989 e poi morto per
arresto cardiaco.
Ma chi può decidere quale è
il modo «giusto» di elaborare il
proprio lutto e vivere la disgrazia del dolore più contro natura
che esista? Chi può dire che sia
meglio il silenzio oppure parlare ogni volta che è possibile, di
chi non c’è più? È qui che arriva
la perdita totale del senso di
umanità ed empatia per entrare nella logica del branco, che
divide solo in amici e nemici. È
così che le vittime diventano
simboli di chi neppure li conosceva e, soprattutto, contro
ogni loro volontà, ricordi per
continuare ad odiare.
Per Roma-Napoli sono stati
mobilitati oltre mille agenti e il
settore ospiti è stato aperto per
una trentina di tifosi biancazzurri non provenienti dalla
Campania, anche se molti di
più erano quelli mescolati ai
romanisti in altri settori dello
stadio. Non ci sono stati problemi né fuori né dentro lo stadio, ma proprio come all’anda-
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La Roma ritrova l’umiltà
il Napoli la presunzione
Alla fine decide Pjanic
Decisivo
Miralem Pjanic,
25 anni, realizza
il gol che regala
alla Roma la vittoria
sul Napoli. A sinistra:
lo striscione esposto
dalla curva
giallorossa contro
la madre di Ciro
Esposito, tifoso
napoletano morto
dopo gli incidenti
del 3 maggio 2014
(Ipp, Ansa)
Vittoria importante per i giallorossi: sono a +9 sui rivali
ROMA Ha vinto chi ha saputo di-
fendersi in undici, quando ce
ne è stato bisogno, e chi ha voluto percorrere sempre quel
metro in più per aiutare il compagno in difficoltà, come aveva
chiesto Rudi Garcia alla sua Roma. Ha perso chi continua a
considerare il calcio con un
pizzico di snobismo, elenca
statistiche che a volte lasciano
il tempo che trovano e non riesce mai a fare il definitivo salto
di qualità. Il Napoli di Rafa Benitez ha preso tutti i pregi e tutti i difetti del suo allenatore.
Non vince in campionato da
cinque giornate, ha perso le ultime quattro gare in trasferta di
fila e sembra avere una doppia
personalità: una da campionato e una da Coppe.
La Roma non vinceva in casa
dal 30 novembre 2014, quando
aveva battuto l’Inter per 4-2.
L’Olimpico era diventato un tabù e anche ieri il clima non è
stato dei migliori. Lo stesso
ta (quando ai tifosi romanisti
fu proibito l’ingresso al San Paolo) la gara è stata giocata in
un clima che non ha nulla a
che vedere con lo sport. Gli
striscioni contro la madre di
Ciro, però, sono stati un salto
di qualità in negativo. Un conto
sono i cori (anche ieri è stato
intonato spesso «Vesuvio lavali
col fuoco») o gli striscioni che
promettono vendette ultrà (al
San Paolo ce n’era stato uno visibilissimo, esposto a lungo).
Un altro è non rispettare neppure il dolore di chi ha perduto
un figlio. La polizia ha già acquisito i filmati e li sta esaminando per identificare gli autori.I prossimi Roma-Napoli e
Napoli-Roma andranno giocati
a porte chiuse? È giusto far vincere chi mette prima l’odio verso il «nemico» e poi il tifo per
la propria squadra? La risposta
è di tutti, non solo delle istituzioni.
Luca Valdiserri
Roma
Napoli
1
0
Marcatore: Pjanic 25’ p.t.
ROMA (4-3-3): De Sanctis 7; Torosidis
5,5, Manolas 7,5, Astori 6,5, Cholevas 5
(Yanga-Mbiwa 6 26’ s.t.); Nainggolan 6,
De Rossi 5, Pjanic 7,5 (Paredes 5,5 23’
s.t.); Florenzi 7 (Ibarbo s.v. 34’ s.t.), Iturbe
6, Ljajic 6. All.: Garcia 7
NAPOLI (4-2-3-1): Andujar 6; Maggio
6, Albiol 5,5, Britos 6, Ghoulam 5,5; D.
Lopez 5, Jorginho 5,5; Callejon 5
(Gabbiadini 5,5 17’ s.t.), De Guzman 6
(Insigne s.v. 36’ s.t.), Mertens 7; Higuain
6 (D. Zapata s.v. 32’ s.t.). All.: Benitez 5
Arbitro: Rizzoli 5
Ammoniti: De Rossi, Cholevas, Albiol,
Florenzi, Torosidis
Recuperi: 0’ più 4’
Garcia ha ammesso che adesso, per la sua squadra, è diventato più facile giocare in trasferta. Eppure la Roma è seconda in campionato e ha 9 punti
di vantaggio sul Napoli, che ieri
aveva una panchina infinitamente più performante di
quella giallorossa. Benitez ha
potuto sostituire Callejon, Higuain e De Guzman con Gabbiadini, Zapata e Insigne, tenendo fuori Hamsik per 90’.
Garcia, invece, poteva solo contare gli assenti: Totti, Gervinho,
Keita, Strootman, Maicon e Castan. Ecco perché il Napoli aveva un’occasione unica per rientrare nel giro Champions League e perché la vittoria della
Roma è qualcosa in più dei
semplici tre punti.
C’è un dato che, più di tutti
gli altri, dimostra il lavoro che
Garcia è riuscito a fare nel preparare questa gara e Benitez
no. La Roma, per la prima volta
in questo campionato, ha fatto
registrare un possesso palla inferiore al 50% (46,5% totale, solo il 32,7% nel secondo tempo).
La squadra ha giocato un calcio
diverso dal solito, ma ha dato
tutto quello che aveva in corpo,
compresi quelli come Iturbe,
che ha sbagliato tanto ma si è
battuto sempre, o come Ljajic,
che si è sacrificato per 90’ in un
lavoro incessante anche in fase
difensiva. De Sanctis e Manolas
sono stati decisivi, ma per loro
è stato un po’ più semplice:
hanno fatto il lavoro abituale.
Discorso a parte per Miralem
Pjanic, che ha segnato un gol
bello e pesante, che può valere
30 milioni. Ai più vecchi ha ricordato quello di Gianni Rivera
in Italia-Germania 4-3, un colpo di piatto per prendere il
portiere in controtempo. Pjanic è nel mirino di molti critici
e altrettanti tifosi perché considerato discontinuo e perché ieri ha esultato polemicamente
dopo il gol. Ma se il problema
della Roma è un giocatore di 25
anni, di classe, capace anche di
sacrificarsi giocando spesso
sul dolore come gli è successo
quest’anno...
Il Napoli può protestare per
una decisione pilatesca dell’arbitro Rizzoli, che probabilmente ha patito la tensione esterna
della partita. Doveva espellere
De Rossi al 16’, ma ha punito
solo con la punizione un fallo
di mano del centrocampista
che era già ammonito. Fossimo
stati al 66’, chissà. Però sarebbe
sbagliato non analizzare anche
le proprie colpe. Ora Benitez si
potrà concentrare sulle Coppe:
la strada più breve per la Champions è vincere l’Europa League. Un cammino difficile, a
partire dal Wolfsburg.
l.v.
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Quagliarella e Glik avvicinano il Torino all’Europa
I granata passano a Bergamo, la cura Reja (3 punti in 4 partite) non rivitalizza l’Atalanta
Coppia gol
Fabio
Quagliarella, 32
anni, 11 gol in
campionato, e
Kamil Glik, 27,
7 reti: con loro
il Torino vola
(Getty Images)
BERGAMO Il Torino guarda l’Europa da più vicino.
Grazie alla vittoria per 2-1 a Bergamo i granata
accorciano da 8 a 6 i punti dal quinto posto. Lo
fanno causando il primo k.o. di Reja da quando è
sulla panchina dell’Atalanta. Lo score del tecnico
più anziano della A è deficitario: in 4 partite ha
raccolto tre pareggi e una sconfitta. Protagoniste
della gara sono le palle inattive. Da una parte e
dall’altra. La prima è il missile scagliato da Quagliarella su punizione dai 25 metri che bacia la
traversa e s’infila alle spalle di Sportiello; il bis è
il tiro potente (e vincente) sotto porta di Glik andato a cercare gloria su un calcio d’angolo. La
terza è una perla di Pinilla (espulso poi nel finale
con Basha), specializzato in reti spettacolari: la
sua sforbiciata, dopo la punizione di Maxi, non è
bastata alla causa orobica che si fa più delicata:
la zona retrocessione è solo a quattro lunghezze.
Matteo Magri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Atalanta
Torino
1
2
Marcatori: Quagliarella 20’, Glik 39’ p.t.;
Pinilla 29’ s.t.
ATALANTA (3-5-2): Sportiello 5,5; Biava
6, Stendardo 5,5, Bellini 5,5 (Masiello 6 5’
s.t.); Zappacosta 5,5 (Bianchi s.v. 17’ s.t.),
Migliaccio 6, Cigarini 5,5, Carmona 5,5
(D’Alessandro 6 1’ s.t.), Dramé 6; Moralez
6,5, Pinilla 5,5. All.: Reja 5
TORINO (5-3-2): Padelli 6; Peres 6,
Maksimovic 6, Glik 7, Moretti 6, Molinaro
6,5 (Darmian s.v. 15’ s.t.); Vives 6 (Basha
5 37’ s.t.), Gazzi 6,5, El Kaddouri 6;
Quagliarella 7, Maxi Lopez 5 (Amauri 5,5
10’ s.t.). All.: Ventura 6,5
Arbitro: Guida 5 Espulsi: Pinilla e Basha
47’ s.t. Ammoniti: Carmona, Peres,
Migliaccio, Padelli Recuperi: 2’ più 4’
Genoa
Udinese
1
1
Sassuolo
Chievo
1
0
Marcatori: De Maio 19’ p.t.; Thereau 21’s.t.
Marcatore: Berardi (rig.) 23’ p.t.
GENOA (3-4-3): Lamanna 5,5; Roncaglia
6,5, Burdisso 6,5, De Maio 6,5; Edenilson
6 (Kucka 6 27’ s.t.), Rincon 5,5, Tino Costa
7,5, Bergdich 7; Falque 5,5 (Lestienne s.v.
40’ s.t.), Borriello 6 (Niang 6 29’ s.t.),
Perotti 7. All.: Gasperini 6
SASSUOLO (4-3-3): Consigli 7; Vrsaljko
5,5 (Taider s.v. 36’ s.t.), Cannavaro 6,
Acerbi 6,5, Peluso 5; Missiroli 6, Biondini
6,5, Brighi 6; Floccari 6, Floro Flores 5,5
(Longhi 6 17’ s.t.), Berardi 6,5 (Natali 6
28’ s.t.). All.: Di Francesco 6,5
UDINESE (3-5-2): Karnezis 7; Wague 6,
Hertaux 6 (Allan 6,5 10’ s.t.), Piris 5,5;
Widmer 6,5, Guillherme 5, Kone 6 (Badu 6
22’ s.t.), Pinzi 5, Gabriel Silva 5,5; Thereau
7, Perica 5 (Di Natale 6 22’ s.t.). All.:
Stramaccioni 6
CHIEVO: (4-4-2): Bizzarri 6; Frey 6,5,
Gamberini 5,5, Cesar 6, Zukanovic 6
(Hetemaj 6 29’ s.t.); Schelotto 5,5
(Pellissier 5,5 23’ s.t.), Izco 6, Radovanovic
6, Birsa 6 (Botta 6,5 20’ s.t.); Meggiorini
6,5, Paloschi 6. All.: Maran 6
Arbitro: Mazzoleni 6
Ammoniti: Pinzi, Piris, Guillherme, Tino
Costa, Rincon
Recuperi: 1’ più 3’
Arbitro: Pairetto 6 Espulso: Peluso
14’ s.t. Ammoniti: Gamberini, Peluso,
Biondini,Vrsaljko, Radovanovic, Missiroli
Recuperi: 1’ più 3’
Verona
Cesena
3
3
Marcatori: Toni 3’, Gomez 30’ p.t.; Toni
17’, Carbonero 25’, Brienza 32’, Succi 36’ s.t.
VERONA (4-3-3): Benussi 5,5; Pisano 6,
Moras 6, Rodriguez 5,5, Brivio 5,5
(Campanharo s.v. 38’ s.t.); Sala 6,5, Greco
6, Hallfredsson 6,5 (Obbadi s.v. 24’ s.t.);
Jankovic 6,5, Toni 7,5, Gomez 6 (Nico
Lopez s.v. 38’ s.t.). All.: Mandorlini 5,5
CESENA (4-3-1-2): Leali 5,5; Perico 5,5,
Capelli 5, Lucchini 5, Krajnc 4,5; Giorgi 6,
De Feudis 6 (Cascione 6,5 37’ p.t.),
Pulzetti 5 (Carbonero 6,5 14’ s.t.); Brienza
6,5; Djuric 5 (Succi 6,5 31’ s.t.), Defrel 6,5.
All.: Di Carlo 7
Arbitro: Orsato 6
Ammoniti: Jankovic, Hallfredsson, Krajnc,
Rodriguez, Succi Recuperi: 2’ più 3’
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
46
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
SPORT
Diamanti e Salah
inceneriscono
la Samp in 3 minuti
Makaroni
di Luca Bottura
Varriale e le imperdibili
domande di Sanipoli
La Fiorentina sorpassa anche il Napoli, ora è 4ª
DAL NOSTRO INVIATO
FIRENZE La prima vittoria di Vin-
cenzo Montella sull’amico Sinisa Mihajlovic vale una fortuna
dentro un campo impossibile
che assomiglia ad una piscina.
La Fiorentina comincia un mese pieno di attese e speranze
con il passo giusto e il piglio
della grande squadra: sblocca
Diamanti, chiude Salah nel giro di tre minuti. Il talento al potere. La Samp è domata dopo
un assalto lungo un’ora. «Ringrazio il mercato di gennaio»,
dice l’aeroplanino bagnato e felice. La sua squadra, in un colpo solo, sorpassa i doriani e il
Napoli, si insedia al quarto posto, conferma tutto quanto di
buono aveva fatto vedere durante un marzo quasi perfetto.
Di solito, dopo le soste, la Fiorentina ha una partenza lenta.
Stavolta, invece, è subito concentrata, lucida, famelica.
La Samp, sorpresa, non riesce mai ad uscire dal guscio. Ha
un’occasione, dopo due minuti, con Eto’o, ma poi subisce
dall’inizio alla fine. La Fiorentina, padrona della scena, nel
primo tempo colpisce un palo
con Gonzalo Rodriguez e costruisce altre due occasioni.
Nella ripresa, quella giocata
meglio, con maggiore convin-
zione e intensità, segna due
volte e in altre due occasioni va
vicino al terzo gol: Viviano, tifoso viola applaudito dalla Fiesole, salva l’onore blucerchiato
in uscita su Aquilani e respingendo in tuffo il tiro di Gomez,
che resta all’asciutto ma gioca
tanto per la squadra. Il ritorno
di Mihajlovic a Firenze è amaro. I tifosi lo ignorano, la Fiorentina lo surclassa, Montella
lo saluta all’inizio poi vola via.
«Ho fatto i complimenti a Vincenzo perché ha vinto meritatamente», l’ammissione di Sinisa, che non si attacca alla
possibile espulsione di Gonzalo Rodriguez nel primo tempo.
La Samp si ferma dopo quattro
vittorie di fila. Prepara la partita sulle ripartenze, ma non riesce mai a metterle in pratica
perché in mezzo al campo solo
Obiang è all’altezza della situazione e le punte non accorciano restando isolate.
La Fiorentina, pur senza Pizarro, ha idee chiare e piglio
giusto. Badelj è sempre più
dentro la squadra, Gonzalo e
Basanta fanno muro davanti a
Neto, Aquilani e Borja non sono al massimo della condizione ma non abbassano mai la
guardia. Diamanti e Salah, i più
talentuosi, lasciano il segno.
Alino, titolare dopo quasi un
Decisivo
Mohamed
Salah, 22 anni,
ha segnato alla
Sampdoria il suo
4° gol in serie A
(Ramella)
Fiorentina
Sampdoria
2
0
Marcatori: Diamanti 16’, Salah 19’ s.t..
FIORENTINA (4-3-3): Neto 6; Richards
6,5, Gonzalo Rodriguez 7, Basanta 6,5,
Alonso 6,5; Aquilani 6 (Vargas s.v. 38’
s.t.), Badelj 6,5, Borja Valero 6; Diamanti
7 (Mati Fernandez s.v. 31’ s.t.), Gomez
6,5, Salah 7,5 (Lazzari s.v. 44’ s.t.). All.:
Montella 7
SAMPDORIA (4-3-3): Viviano 6,5; De
Silvestri 5 (Wszolek s.v. 29’ s.t.), Silvestre
5,5, Romagnoli 5 (Munoz s.v. 38’ s.t.),
Regini 6; Soriano 5 (Bergessio 5 22’ s.t.),
Palombo 5,5, Obiang 6; Eder 5,5, Muriel
5, Eto’o 5. All.: Mihajlovic 5
Arbitro: Banti 5
Ammoniti: Gonzalo Rodriguez,
Diamanti, Regini
Recuperi: 1’ più 3’
Tutto il fascino della Namibia in un tour
emozionante fra terra e cielo
Se ci sono dei luoghi che almeno una volta nella vita bisogna visitare, la Namibia è
sicuramente uno di questi. Un’Africa di paesaggi che stregano, capaci di conquistare
ogni viaggiatore. Qui si incontrano i grandi
animali africani, ma ciò che rimane negli
occhi sono soprattutto gli scenari naturali, fatti di grandi spazi, regione montuose
senza alcuna traccia umana, linee costiere
sterminate e deserte, disseminate di relitti di
navi tanto da guadagnarsi l’appellativo di
Costa degli Scheletri.
Un tour in aereo privato è il modo migliore
per completare l’esplorazione a terra e scoprire gli angoli più suggestivi di questo emozionante Paese. Dall’aria si percepisce l’infinita grandezza del deserto del Namib e lo
si abbraccia, con le sue dune che sembrano
onde in burrasca, mentre a terra le si percorre
in fuoristrada in un saliscendi emozionante
e poi a piedi, per provare la morbida sensazione della sua sabbia finissima dall’intenso
colore rosso-arancione. Dall’aria si scoprono
vallate e montagne che sembrano usciti dai
quadri surrealistici di Dalì, mescola bilanciata di forme violente e tratti leggeri e delicati.
A terra andiamo alla ricerca di animali, os-
47
serviamo le loro tracce e ne ascoltiamo il richiamo, li vediamo correre, cacciare ed essere prede. È in questo ambiente straordinario
che Il Gabbiano Livingston, tour operator di
Milano specializzato in viaggi esperienziali,
ha trovato casa in Africa. Grazie agli uffici sul
posto e ad una flotta aerea di proprietà, offre ai propri ospiti la massima competenza e
professionalità per creare esperienze di viaggio uniche. Guidati da esperti piloti, che una
volta a terra diventano abili guide, sarà possibile immergersi in una natura incontaminata, senza rinunciare al piacevole comfort
assicurato da lodge e campi tendati
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partecipanti) di 10 giorni Italia – Italia, di cui 7 giorni con aereo privato dedicato e pilota/guida parlante
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compresi. Per gruppi famigliari o di
amici è invece possibile prevedere
programmi e partenze su misura.
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mese, realizza l’1-0 di destro
(una rarità), grazie anche all’astuzia di Borja Valero che si
abbassa per far passare il pallone al momento giusto. L’egiziano, innescato da Gomez, semina Romagnoli e Silvestre e affonda dentro l’area facendo
esplodere di felicità la sua gente. È il settimo gol in 12 partite,
il quarto in serie A. Salah chiede il cambio tre minuti prima
del 90’ ed è l’unico momento in
cui i tifosi trattengono il fiato
pensando alla semifinale di
coppa Italia (martedì) con la Juventus. «Solo una botta» assicura Montella. Il Faraone non
dovrebbe saltare la partita più
importante della stagione.
Alessandro Bocci
11,6
la media
di tiri
a partita
della
Fiorentina:
è la terza
in serie A
alle spalle
di Juventus
e Napoli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ULTIM’ORA Non sono i cinesi che hanno comprato il
Milan. È Berlusconi che stavolta ha esagerato col lifting.
ABBACCHIATI «Balzano rifila una gomitata a Keita,
poi gliene dice di tutti i colori. Non gli sta certo
augurando buona Pasqua, semmai nella parte
dell’agnello» (Lucio Rizzica, Cagliari-Lazio, «Diretta gol»
di Sky).
QUOTO A PERDERE Quando parte il «collegamento»
con Bwin, Premium dovrebbe scrivere sullo schermo
Pubblicità. Invece manda in sovrimpressione una «P»
stilizzata che potrebbe significare qualunque cosa.
Anche, per dire, «paraculi».
PROFETA NON SARO’ «3-0 del Cesena! Partita
chiusa! Servirebbe un miracolo del Cesena» (Mario
Giunta, Verona-Cesena 3-3, «Diretta gol» di Sky).
IACHINISMI «Dobbiamo ritrovare quella cinicità che ci
ha consentito di fare punti importanti» (Giuseppe
Iachini e la sua personalissima Accademia della Crusca,
«Stadio Sprint»).
IO PENSO TRANSITIVO «Sudate la maglia»
(striscione della curva rossoblù, Cagliari-Lazio).
ANALISI INEDITE «Forse il problema dell’Inter è che ci
sono troppi stranieri» (Massimo Mauro,
«Skycalcioshow»).
CASA VARRIALE Sanipoli: «Enrico?». Varriale
(seccatissimo): «Sìììì». Sanipoli: «Enrico?». Varriale:
«Francesca, siamo veramente fuori tempo massimo.
Dicci». Sanipoli: «Posso chiedere a Zeman... Sì, no,
soltanto una domanda secca. Soltanto chi gli piacerebbe
che arrivasse al secondo posto tra la Roma e la Lazio
visto che in qualche modo è legato a tutt’e due». Zeman:
«Io spero quelli che se lo meritano e vediamo alla fine
chi se lo merita». Sanipoli: «Grazie mister». Varriale (con
incarnato tendente al blu cobalto): «Benissimo.
Imperdibile questa domanda e questa risposta»
(«Stadio Sprint»).
A TUTTO GAS I vostri bimbi ridono poco? Fate
ascoltare una loro qualunque telecronaca della Samp in
cui i cronisti pronuncino per esteso il nome di Vasco
Regini, specie se come Trevisani di Sky o Ciarapica di
Premium scontano l’accento romanesco e raddoppiano
la «g». I vostri figli, come i miei, si sganasceranno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Borgo dei Posseri: un percorso
multisensoriale dal vigneto alla degustazione
Una gita fra i vigneti, per trascorrere una giornata in allegria ed accostarsi ad uno dei
prodotti della terra più apprezzati e ricchi di storia. Con
l’arrivo della bella stagione il
Borgo dei Posseri propone
l’Enotour, un’occasione per
sorseggiare il proprio vino
direttamente tra le radure, i
boschi e i masi che lo vedono
nascere.
L’idea è venuta ai due giovani proprietari Martin Mainenti e Maria Marangoni, e
trasmette la voglia di riscoprire e rilanciare l’intrinseca forza agricola
del territorio, senza intaccarne l’identità.
Ecco da dove nasce il Borgo dei Posseri di
Ala (TN), un’azienda vinicola “sospesa” tra
la valle solcata dal fiume Adige e le cime
che portano verso le Piccole Dolomiti, ed i
suoi vini, dalla personalità forte ed originale, reinterpretati in modo che l’ambiente di
coltivazione divenga forte elemento di caratterizzazione stilistica. Durante l’Enotour è
possibile rivivere una storia che inizia dalla
terra, si trasforma in cantina e termina con
questa particolare degustazione ed il ricordo che ciascuno ne serberà, accompagnato
dalla dolce brezza primaverile o dai profumi
dell’estate. Il Borgo dei Posseri offre ai partecipanti un calice e una mappa, grazie alla
quale seguire un percorso “multisensoriale”
che condurrà all’interno di speciali “Isole”,
spazi organizzati posizionati vicino alle vigne che hanno dato vita ai vini. Diverse le
etichette che qui vengono prodotte: Müller
Thurgau Quadron, Sauvignon B. Furiel, Gewürztraminer Arliz, Pinot Nero Paradis, Merlot Rocol nonché
uno spumante Brut – metodo classico TrentoDoc Tananai. Gli ospiti sono liberi di
seguire il tragitto suggerito
oppure di scegliere il percorso che più preferiscono,
senza limitazioni di tempo.
Il costo dell’Enotour è di 15
euro a persona. La prenotazione è obbligatoria.
Per info: tel. 0464.671899;
[email protected].
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
48
La moglie Giuseppina, le figlie Annalisa e Mara
con Luca, i nipoti Lorenzo, Cecilia ed Arianna con
infinita tristezza annunciano la scomparsa del loro
caro
Il Dipartimento di Chirurgia dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano si unisce al dolore del collega Francesco Raspagliesi per la perdita della cara
mamma
Rag. Oscar Lamesta
- Milano, 4 aprile 2015.
Partecipano al lutto:
– Tanina Lavizzari e famiglia.
– Italo Lavizzari e famiglia.
– Margherita e Roberto Enrini e famiglia.
Siamo vicini a Giuseppina, Annalisa, Mara e Luca, Lorenzo, Cecilia e Arianna per la scomparsa del
nostro caro
Oscar Lamesta
fratello, cognato e zio di umanità, profondità ed
allegria unici e sempre presenti nella vita e nei ricordi di tutta la famiglia.- Famiglia Lamesta.
- Milano, 4 aprile 2015.
zio Oscar
Partecipano al lutto:
– Marco Greco.
– Marco Guzzo.
– Ermanno Leo.
– Enzo Masci.
– Vincenzo Mazzaferro.
– Ugo Pastorino.
– Roberto Salvioni.
– Mario Santinami.
dott.ssa Annamaria Marenghi
ci ha lasciato.- Con profonda tristezza e rimpianto
lo annunciano i figli Marina con Silvio, Stefano con
Chiara, i nipoti Graziella con Michele, Natalia, Federico, Elena e i pronipoti Jacopo e Martina.- Il funerale si terrà mercoledì 8 aprile alle ore 14.45
nella chiesa di Santa Maria Segreta.
- Milano, 3 aprile 2015.
Giovanna Cameli De Lucchi
per ricordarla, una Messa sarà celebrata alle ore
18.30 nella chiesa di San Marco.- Nicoletta.
- Milano, 5 aprile 2015.
Alfonso Marchianò e tutto il personale del Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radioterapia dell’Istituto Tumori di Milano sono vicini al dottor Francesco Raspagliesi in questo triste momento
per la scomparsa della mamma
sig.ra Maria Infarinato
5 aprile 2013 - 5 aprile 2015
Silvano Rossi
Juan Muñoz
Double Bind & Around
9 Apr — 23 Aug 2015
La tua forza, la tua rettitudine, il tuo sorriso sono
sempre con noi.- Ti ricordano con amore tua moglie Giuliana e tua figlia Laura.
- Milano, 5 aprile 2015.
- Milano, 3 aprile 2015.
- Miami, 4 aprile 2015.
La nostra carissima mamma
Martedì 7 aprile si compie un anno dalla scomparsa di
Juan Muñoz, Double Bind, 2001 (detail) – Tate Modern, London, 2001
Photo © Attilio Maranzano – Courtesy The Estate of Juan Muñoz, Madrid
Fabiana, Laura con Andrea Francesca e Giorgio,
Guido con Monica, Guia con Alberto Camilla e Filippo sono vicini a zia Giuseppina, Mara ed Annalisa per la perdita del caro
Maria
- Milano, 4 aprile 2015.
5 aprile 2008 - 5 aprile 2015
Melita Liuzzi Petroncini
Sei la primavera nei nostri cuori, il tuo ricordo e il
tuo amore sono nostro quotidiano sostegno.- Abbiamo tanta voglia di riabbracciarti.- I figli Claudio
e Magda con le famiglie.
- Assago, 5 aprile 2015.
il
Il 4 aprile 2015 è mancato all’affetto dei suoi cari
Dottor
Antonio Colantuoni
Maria Gabriella ne dà il triste annuncio a parenti,
amici e a quanti lo hanno conosciuto e stimato.Le esequie avranno luogo in Roma lunedì 6 aprile
2015, ore 11, presso la chiesa di Santa Maria del
Popolo, piazza del Popolo 12.
- Roma, 4 aprile 2015.
Dott.ssa Cinzia Fantelli
Da sei anni ci ha lasciato, ma è sempre con noi.La ricordiamo con tanto amore e struggente nostalgia.- La mamma Marialuisa, le sorelle Raffaella
e Marinella. - Milano, 5 aprile 2015.
1995 - 2015
Elisabetta Gismondi
I tuoi cari ti ricordano con amore ed infinita nostalgia. - Milano, 5 aprile 2015.
È mancato all’affetto dei suoi cari il
Prof. Avv. Gustavo Minervini
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Lo annunciano con profonda tristezza la moglie
Carla, il figlio Enrico con Eliana e Gustavo, la figlia
Laura con Gabriel.- Le esequie si terranno in forma
strettamente privata. - Napoli, 4 aprile 2015.
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
SPORT
49
Volley
Formula 1
Tennis
Busto in finale di Champions oggi su Gazzetta Tv Red Bull cede alla Audi? Marko per ora dice no Serena vince a Miami, oggi Djokovic-Murray
La Unendo Yamamay Busto Arsizio è in finale nella Champions
League: a Stettino, 3-0 alle polacche del Police (Diouf, 19 punti). Oggi
alle 18 (su Gazzetta Tv) sfida per il titolo europeo con l’Eczacibasi
Istanbul (3-1 nel derby con il Vakifbank). SuperLega maschile, ultimo
turno: Trento passa a Piacenza 3-0 e vince la stagione regolare. Alle
18 le altre sfide, che definiranno i 4 accoppiamenti-playoff:
Molfetta-Perugia, Modena-Treia (RaiSport1), Monza-Padova, Città
di Castello Sansepolcro-Verona, Ravenna-Milano; riposa: Latina.
Il personaggio
Mentre domenica la F1 torna in pista in Cina, Helmut Marko, che alla
Red Bull spesso interviene per conto del patron Dietrich Mateschitz,
ha smentito alla Nbc le voci di una cessione del team alla Audi. «Fino
al 2016 la squadra è legata alla Renault per la fornitura dei motori.
Quindi un cambiamento sarebbe possibile solo dal 2017; ma un
costruttore come Audi aspetterà di sicuro nuove norme prima di
entrare in F1». Frase chiara, ma che non esclude l’operazione. E che
pare contraddire la minaccia di lasciare, Audi o non Audi, a fine anno.
Serena Williams vince per l’ottava volta il torneo di Miami: in finale,
6-2, 6-0 alla spagnola Carla Suarez Navarro (che si appresta a
entrare tra le prime 10 al mondo). Per la 33enne statunitense,
numero uno del tennis femminile, è il 66° titolo in 88 finali, il secondo
del 2015 dopo gli Australian Open. Oggi la finale maschile: il numero
uno, il serbo Djokovic, ha vinto la semifinale (7-6, 6-2) su Isner (Usa)
e per la terza volta nella storia del torneo contenderà il successo allo
scozzese Murray, che ha eliminato il ceco Berdych (6-4, 6-4).
Barshim a 3 cm dal paradiso
«La gravità? Non esiste»
Ciclismo
A Doha con Mutaz: «Così nell’alto batterò il record di Sotomayor»
Candidato Luca Paolini, 38 anni (Afp)
DALLA NOSTRA INVIATA
Il campo d’allenamento,
accanto allo stadio dell’Al-Sadd
che aspetta a braccia aperte Xavi dal Barça, è deserto. Mutaz
— «orgoglio» in arabo — si sfila le cuffie da rapper e stringe
bene le scarpette chiodate. «La
gravità non esiste. Saltare è
uno stato della mente: vuoi vedere?». Eccome, siamo venuti
fin qui apposta. Coach Stanislaw Szczyrba tace, dunque acconsente. Otto passi, quattro
quando ha mal di schiena. Con
la disarmante naturalezza con
cui un albatros spicca il volo,
oplà, scavalca due metri frontale, come fosse il primo ostacolo
di un 110 hs siderale.
L’esistenza di Mutaz Barshim, 23 anni, il ragazzo venuto
dal mezzofondo («Ho provato a
correre, come papà, ma che noia: atterrare sul materassone
era molto più divertente») per
riscrivere le regole dell’alto,
unico fuoriclasse autoctono
del Qatar che si sta abbuffando
di sport (otto Mondiali da qui
al 2022, incluso quello di calcio, avranno luogo a Doha), si
svolge due metri sopra il livello
del mare dal 2009. «Aveva 17
anni. Quando l’ho preso non
scavalcava 2,05. Dopo quattro
mesi era a 2,25. Oggi vale
2,50». Stanley Szczyrba, 69 anni, polacco sedotto dall’Emiro,
è una rara specie di allenatore:
insegna con rapidi cenni delle
mani, parla poco e solo per
massime. «La sua forza è la velocità. Il suo talento è il mio talento. Dopo di me han buttato
lo stampo. Non molti avrebbero potuto vedere in Mutaz ciò
che ho visto io. Mi rispetta. Mi
usa. Si fida. E fa progressi».
La strana coppia, insieme al
museo d’arte islamica disegnato da Ieoh Ming Pei (lo stesso
della Piramide del Louvre), è la
principale attrazione del Qatar.
Quando l’omino in tuta e il
giunco rimbalzante (1,88 per 65
kg, in gara) vanno in giro insieme, fermano il traffico. Dall’oro
ai Campionati asiatici di Kobe
(2,35) al bronzo di Londra 2012
(2,29), dal volo a planare di Eugene 2013 (2,40) all’argento iri-
La scheda
DOHA
● Mutaz Essa
Barshim (foto)
è nato a Doha
(Qatar) il 24
giugno 1991.
Il papà è un ex
mezzofondista,
ha 5 fratelli
Uno, due, tre La facilità con cui Mutaz Barshim, 23 anni, salta 2 metri frontale a Doha sotto gli occhi di coach Stanislaw Szczyrba (Durand/Iaaf)
dato di Mosca (2,38), fino al record personale strappato alle
leggi della fisica al meeting di
Bruxelles 2014 (2,43), salto dopo salto Barshim figlio di Essa
Mohammed, appassionato di
PlayStation e Nba, disgustato
dal calcio («quando alla tv c’era
el Clasico sono andato a letto»)
ma non dalla pizza («Mangio
tutto, con moderazione: curo il
corpo perché è la mia arma»),
ha piazzato questo stato più
piccolo dello Yorkshire e non
meno ricco (gas e petrolio) degli altri emirati della penisola
arabica sulla mappa del mondo. Lo sport come pedina del
Risiko. Il governo, non a caso,
gli paga la casa dove vive con i
genitori e i cinque fratelli: «Andare a stare da solo? E perché
dovrei? — chiede sinceramente sconcertato —. La mia gior-
❞
Sono già
salito a 2,43,
ma il mio
coach dice
che valgo
2,50. Farò
una magia
❞
La mia
forza
è la velocità.
Se resto
in salute,
nulla sarà
impossibile
nata di riposo ideale è sul divano a guardare i cartoni con il
piccolo Mansour».
Insieme al fenomeno Bolt, e
a pochi altri, è Mutaz il predestinato che dovrà stupirci nei 12
mesi più elettrici dell’atletica
mondiale: Barshim è il Lampo
al contrario, che si scarica dalla
terra verso il cielo, in volo verso
i podi del Mondiale di Pechino
(22-30 agosto) e dell’Olimpiade di Rio 2016, i nobili rami cui
cercherà di appendere la sua
rotta di uccello migratore, ossa
cave contro la potenza muscolare del russo Ivan Ukhov («A
29 anni è arrivato in cima alla
sua curva di crescita» sentenzia
coach Szczyrba) e dell’ucraino
Bohdan Bondarenko, tutta
gente abbonata al club dei due
metri e quaranta, il confine oltre il quale l’eccellenza comincia a dare del tu, pericolosamente, alla storia. Javier Sotomayor, arrampicato lassù, a
2,45, dal lontanissimo 27 luglio
1993 (Salamanca), appartiene a
un’era geologica del salto in alto che ventidue anni dopo Barshim, stimolato dagli zii dell’Est, sembra pronto a riscrivere. «Quando Sotomayor faceva
il record, io avevo due anni —
racconta in thoob (tunica) e
kutra (copricapo tipico) sbranando una scodella di pasta a
fine giornata —. Non ne conservo ricordi, però l’asticella
piazzata così in alto mi motiva,
è ovvio. Stan dice che posso
scavalcare 2,50 e io gli credo. Al
di sopra di 2,40, ogni centimetro sembra un’eternità però
mentalmente sono pronto: dovrò essere veloce ma non troppo, per non perdere flessibilità». Come ti immagini il record, Mutaz? «Come un equilibrio tra forze. Una magia».
Dell’anno scorso, quando lui,
Ukhov e Bondarenko sembravano Ufo partiti alla conquista
dello spazio, ricorda poco: «I
salti degli altri non mi interessano. Non mi sottovaluto: so
che se sono in salute, nulla è
impossibile. E a fine carriera
non voglio avere rimpianti».
Alla scuola islamica (i libri di
matematica hanno la sua foto
in copertina) ha letto tutto il
Corano. «Inshallah» sussurra
con un sorriso da bambino
pronto alla marachella del secolo: «Dicono che per fare il
saltatore devi essere un po’
pazzo. È vero. Chi te lo fa fare,
sennò, di volare senza ali?».
Gaia Piccardi
● Fuoriclasse
dell’alto,
è allenato
dal polacco
Szczyrba. È
stato campione
del mondo
juniores 2010,
campione
asiatico indoor
2010-12-14,
campione del
mondo indoor
2014; oro
ai Campionati
asiatici 2011,
bronzo ai
Giochi olimpici
di Londra 2012
e argento
al Mondiale
di Mosca 2013
● Ha un
personale di
2,43 all’aperto
e 2,41 indoor
● Il record del
mondo dell’alto
maschile dura
da 22 anni:
Javier
Sotomayor,
2,45 il
23 luglio 1993
a Salamanca
Il Fiandre cerca
il nuovo re dei muri
Paolini ci prova
da outsider
Si sono contesi il trono delle
Fiandre nelle ultime dieci
stagioni, Tom e Fabian. Anno
dopo anno, lungo 250 km e 19
scivolosissimi «muri». Hanno
vinto tre edizioni a testa, ne
hanno perse altrettante causa
ruzzoloni, forature, indecisioni
fatali. Stamane, per la prima
volta, il loro regno sarà vacante.
Tom Boonen e Fabian
Cancellara non partecipano al
Giro delle Fiandre (Raisport 1 e
Eurosport dalle 12.10), la più
bella (con la Roubaix) corsa
ciclistica in linea al mondo.
Sono feriti, forse pronti ad
abdicare. Boonen si è giocato la
clavicola alla Parigi-Nizza,
Cancellara ha lasciato due
vertebre ad Harelbeke. Rischi
del mestiere, ma tornare ad
altissimi livelli a 35 anni è
difficile. I due non correranno
nemmeno la Roubaix. Come
capita nelle famiglie reali,
succedere a un grande monarca
è un’impresa. A provarci tocca
prima di tutto ai belgi, che
hanno vinto 68 edizioni su 98:
Vanmarcke, Van Avermaet e
Vandenbergh sono eccellenti
specialisti pur senza, per ora,
classe e spietatezza di Boonen. I
favori del pronostico se li
dividono l’inglese Thomas e il
norvegese Kristoff. Thomas ha
l’atavica fame di vittorie del
Team Sky e il supporto del
baronetto Wiggins, lo
schiacciasassi Kristoff un pesce
pilota come Luca Paolini, eroe a
Gand. Alle loro spalle i
bookmaker quotano Stybar,
Degenkolb, Devolder, Terpstra e
l’incompiuto Sagan. Gli italiani?
Paolini avrà via libera se Kristoff
non dovesse star bene. Pozzato,
Oss e Trentin sono outsider. Ma
al Fiandre conta molto il fattore
sorpresa: non sfruttarlo è
sempre un peccato.
Marco Bonarrigo
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Basket, travolta Capo d’Orlando
Metta World Peace trasforma Cantù, i playoff non sono un sogno
CANTÙ L’emozione si fa strada, nel boato del
Pianella che accompagna la presentazione di
Metta World Peace al suo esordio casalingo.
Prima del silenzio assoluto di un minuto troppo
breve per ricordare la lunga storia esemplare di
un galantuomo piemontese-brianzolo, il
presidente Francesco Corrado scomparso in
settimana, l’indimenticabile «che ha salvato il
basket di Cantù». Fiori sulla sedia vuota, lui che
nella gara contro Capo d’Orlando non ha potuto
vedere la Nba sbarcare al Pianella: ultimo
secondo del primo tempo, errore da 3 punti di
Johnson-Odom, Metta decolla da lontano,
artiglia al volo e affonda... Mi-ci-dia-le. 49-24 e
70-15 (!) di valutazione per l’Acqua Vitasnella,
dopo i primi 20’ contro l’Orlandina che, senza
Basile e Soragna, deve rifugiarsi nella zona
come fragile ombrello contro l’inondazione. Ed
è qui che ancor di più ammiriamo la qualità del
gioco del Panda’s Friend in versione italiana:
sempre in posizione, funge da specchietto per
le allodole siciliane e agevola i compagni. Se,
presentandosi, Metta aveva giurato di non «aver
mai fatto delle statistiche una ragione di vita»,
ora sembra intenzionato ad aggiustare anche le
cifre: 19 punti in 18’, 8 su 13 dal campo. Senza
mai uscire dal profilo di squadra (15 Feldeine, 12
Buva). Cantù in progressione tocca il +28 (91-63)
e chiude 93-67. Non sappiamo ancora se
aggancerà i playoff, ma siamo certi invece che
sarebbe un piacere vedere MWP il più a lungo
possibile sui nostri campi.
Werther Pedrazzi
Incisivo Metta World Peace, 35 anni, 19 punti ieri contro Capo d’Orlando (Bregani)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
25ª giornata
REGGIO EMILIA-VENEZIA
70-67
PESARO-CREMONA
74-89
ROMA-AVELLINO
81-72
CANTÙ-CAPO D’ORLANDO
93-67
BOLOGNA-VARESE
86-78
SASSARI-TRENTO
84-92
BRINDISI-PISTOIA
89-77
CASERTA-MILANO
domani, ore 20
(RaiSport1)
Classifica
Milano** 42; Reggio Emilia e Venezia
36; Sassari 34; Brindisi e Trento 30;
Bologna (-2) 24; Pistoia, Cremona,
Roma e Cantù* 22; Avellino 18;
Capo d’Orlando e Varese 16;
Pesaro 14; Caserta* (-1) 9
*una partita in meno; **due in meno
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
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CorriereSalute
Medicina
Medicina
Le differenze
fra l’esercizio aerobico
e quello anaerobico
Impianti cocleari
per la sordità
anche negli anziani
di Antonella Sparvoli
di Ruggiero Corcella
Le pagine del vivere bene
www.corriere.it/salute
Ci cambiano sempre
le carte in tavola
Il commento
di CRISTINA D’AMICO
NUTRIZIONISTI SIATE
PIÙ COMPRENSIBILI
N
el periodo dell’Expo i nutrizionisti
potrebbero vedere un’occasione per
elaborare indicazioni di sana alimentazione più sintetiche e facili da mettere in pratica rispetto a quelle che finora ci hanno fornito.
I modelli di comunicazione della dieta mediterranea, per esempio, pur se precisi dal
punto di vista scientifico, non sono certo
esempi di semplicità. Non sono immediate le
linee guida predisposte, ormai diversi anni fa,
dagli esperti italiani, con tutti quei distinguo
di porzioni e poi di grammi per singola porzione dei diversi alimenti. E, a ben vedere,
semplice non è nemmeno il My Plate statunitense, con le sue «cup» al posto delle porzioni,
«tazze» declinate a seconda dei cibi con cui
dovremmo riempirle.
Si sono mai chiesti i nutrizionisti perché —
e loro sono i primi a lamentarsene — l’equilibrata dieta mediterranea consigliata con tanta
dovizia di istruzioni perde seguaci, anche in
Italia? Ipotizziamo: perché la gente non ha
tempo di memorizzare tutte quelle indicazioni, perché non ha voglia di controllare sulla
bilancia se i biscotti che sta per mangiare pesano 30 grammi oppure 34 (o mio Dio!), perché molti consumano fuori casa quel che trovano, perché pochi hanno il tempo per preparare tanta varietà di cibi. O perché ci sono meno soldi per comprarli.
Meriterebbe un ripensamento da parte degli
scienziati dell’alimentazione anche il copioso
numero di studi che vengono svolti sui singoli
nutrienti, per poterci dire se ci fa bene, o no, lo
zero virgola in microgrammi. Il problema di
limiti metodologici spesso presenti in questo
tipo di ricerche è stato sollevato (come riferiamo nelle pagine seguenti) in un recentissimo
congresso internazionale organizzato a Firenze dai cardiologi ospedalieri. È sconcertante la
fragilità delle «conclusioni» di tante ricerche,
che oggi ci guidano nelle scelte a tavola e domani finiranno regolarmente smentite. Viene
da domandarsi: a chi giovano? Forse, ora a
qualcuno, ora a qualcun altro.
Ma noi, allora, che cosa dovremmo fare:
buttare quel che abbiamo comprato appena
ieri? Azzardiamo quindi una richiesta: per
favore, esperti di alimentazione, diteci in modo semplice e lineare come dovremmo mangiare. Abbozzate, rinunciate a qualche precisazione. Potrebbe capitare che vi seguiamo un
po’ di più. E se anche non dovessimo raggiungere la perfezione salutistica, magari faremo
qualche passo nella giusta direzione. Sempre
meglio di niente.
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Per saperne
di più
sugli argomenti
che riguardano
la nutrizione
corriere.it/
salute/
nutrizione
Negli anni ci hanno detto tutto e il contrario di tutto. I grassi
facevano malissimo, poi li hanno riabilitati; gli zuccheri erano
indispensabili, ora guai solo a guardarli. E così via. Perché?
Una delle ragioni è che gli studi sull’alimentazione possono
essere solo raramente «conclusivi». E le vere guide valide
rimangono, al solito, il buon senso e la moderazione
●Il numero
Per la Giornata dell’emofilia
una «famiglia globale» di sostenitori
4.300
sono gli italiani
affetti
da emofilia
di tipo A e B
L’
emofilia è una malattia rara, di origine
genetica, che colpisce soprattutto i maschi. Solo in Italia ne soffrono oltre
4.300 persone (circa 9 mila, quelle con
malattie emorragiche congenite). In Europa le
persone con emofilia A e B sono circa 31 mila.
In preparazione dell’XI Giornata mondiale dell’emofilia, dal tema «Costruire una famiglia
globale di sostenitori», in calendario il 17 aprile,
la Federazione delle Associazioni emofilici (FedEmo) lancia la campagna italiana dedicata
all’accesso alla pratica sportiva e più in generale
all’approfondimento dei benefici connessi al
movimento e allo sport anche per chi è affetto
da una malattia congenita. «L’argomento —
dice Cristina Cassone, presidente FedEmo — è
di crescente interesse per la comunità degli
8.800 pazienti che FedEmo rappresenta». Il 13
aprile si terrà una tavola rotonda sul tema,nella
sede del Coni, allo stadio Olimpico di Roma.
52
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
SALUTE
Dossier
Alimentazione
I tempi
Non conta solo
che cosa si
mangia, ma
anche come e
quando lo si fa.
«Essere più
consapevoli di
quel che
mettiamo nel
piatto e
assaporare
aiuta a nutrirsi
bene — dice la
nutrizionista
Sigrid Gibson
—. Il momento
del pasto poi
conta molto:
cenare dopo le
20 si associa a
un maggior
peso corporeo,
specie se
l’introito
calorico non è
contenuto.
Una colazione
“da re”, invece,
comporta
un minor
rischio di
sovrappeso».
U
n po’ di caffè fa bene al cuore. Contrordine: potrebbe aumentare le aritmie. Il cioccolato è ricco
di antiossidanti, riduce il rischio di malattie cardiovascolari. No, attenzione: contiene zuccheri e
grassi che fanno accumulare chili di troppo e
mettono in pericolo cuore e vasi. Messaggi contrastanti, ma all’ordine del giorno: c’è sempre
qualche nuovo studio che si premura di darci
l’ultima indicazione da seguire a tavola per migliorare la nostra salute, decantando gli effetti
benefici di questo o quel cibo o mettendo alla
gogna gli alimenti più disparati.
Il «bollino di sicurezza» della scienza c’è, ma è
difficile non restare quantomeno interdetti e
chiedersi a chi e a che cosa credere, quando un
nutriente sembra essere la panacea per tutti i
mali, oppure a fasi alterne diventa buono o cattivo. L’ultimo esempio, i grassi saturi di burro,
carne e simili: considerati il male assoluto per 40
anni, oggi sono stati parzialmente riabilitati e
fanno un po’ meno paura, mentre sembra avvia-
Interpretazione
Per avere benefici
spesso servirebbero
dosi non realistiche
er capire quanto poco praticabili siano
molte strade «portentose» di cui si sente
parlare per garantire la salute, spesso basta
un’occhiata un po’ più attenta ai dati degli
studi. Oggi le proprietà del resveratrolo del vino
rosso sono state ridimensionate rispetto a quando
sembrava l’elisir di lunga vita, ma anche ai tempi
del suo massimo «successo» bastavano due conti
per capire che i dosaggi necessari per un ipotetico
effetto non erano raggiungibili bevendo vino, a
P
meno di non diventare alcolisti. Un problema
comune a molte sostanze: per ovviarlo si sono
messi alla prova i supplementi, con quantità più
elevate di micronutrienti «buoni» rispetto ai cibi.
Quasi sempre i risultati sono stati deludenti: a
parte i casi in cui vanno colmate vere carenze, nei
sani non pare dimostrabile un evidente effetto
protettivo per sostanze che invece, assunte con i
cibi, sono note per essere benefiche.
E. M.
I messaggi contraddittori che si sono susseguiti nel tempo su grassi,
zuccheri e così via, dipendono anche dal fatto che gli studi
epidemiologici in tale settore sono penalizzati da limiti intrinseci.
Questo rende complicato giungere a risultati certi sui singoli nutrienti
Perché sul cibo è difficile
essere «conclusivi»
❞
Perplessità
È inevitabile restare
interdetti quando
un nutriente
prima sembra essere
la panacea per tutti
i mali , poi diventa
«cattivo», o viceversa
ta la crociata contro zuccheri e carboidrati. Come decidere chi ha ragione?
Se lo sono chiesto recentemente cardiologi e
nutrizionisti a Firenze, durante il convegno internazionale «Food science and food ingredients» organizzato dall’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) proprio per
capire perché nel campo dell’alimentazione sia
così complicato arrivare a un messaggio univoco
e condiviso. «Tutti sono molto interessati al cibo
e ai suoi effetti, ma l’informazione sulle caratteristiche nutrizionali di ciò che mettiamo in tavola è scarsa e talvolta fuorviante — osserva Michele Gulizia, presidente Anmco —. Le notizie però
incidono sulle scelte alimentari della popolazione, perciò occorre fare chiarezza senza semplificazioni eccessive o demonizzazioni inutili».
Purtroppo districarsi nel mare di studi di nutrizione per capire dove stia la verità e quali siano i dati realmente solidi non è facile, come
spiega Carlo La Vecchia, responsabile del Dipartimento di epidemiologia dell’Istituto Mario Negri di Milano: «In nutrizione la probabilità di
“falsi positivi” (ovvero un’associazione fra il consumo di un cibo e un effetto benefico sulla salute
che poi si rivela inesistente, ndr) è molto elevata.
Innanzitutto, spesso si usano questionari in cui
si indaga l’utilizzo di decine e decine di alimenti,
da cui si estrapolano gli introiti di altre decine di
micro e macronutrienti: è probabile che almeno
uno risulti positivo solo per caso. Pure analizzare
tanti sottogruppi di persone può portare a far
emergere vantaggi in uno di essi, così come considerare gli effetti possibili su molte malattie».
«Meno di un’ipotesi su quattro emersa dagli
studi epidemiologici, che valutano su gruppi
ampi di persone l’eventuale nesso fra un alimento e una patologia, viene confermata dagli studi
di intervento, in cui si “mette alla prova” il nutriente per valutare le conseguenze dirette del
suo consumo sulla salute — interviene Furio
Brighenti, presidente della Società italiana di
nutrizione umana —. Le sperimentazioni sui cibi peraltro sono difficili da realizzare: introdurre
un alimento in cieco (ovvero senza che il paziente sappia che cosa sta assumendo per evitare di
condizionare i risultati per le aspettative di medici e partecipanti, ndr) è complicato, modificare un’intera dieta senza che la persona lo perce-
pisca è impossibile; inoltre, quando interveniamo sull’alimentazione e inseriamo un cibo ipote t i c a m e n te “ b u o n o ” p e r va g l i a r n e l e
conseguenze lo stiamo sostituendo a qualcosa e
ciò può ulteriormente confondere, perché diventa complesso capire il ruolo reale di ciascun
elemento. Stabilire un legame causale fra cibo e
salute è arduo anche perché molte malattie sono
multifattoriali: le patologie cardiovascolari, ad
esempio, derivano da una complessa interazione fra fattori genetici, ambientali, esercizio fisico e dieta. Stabilire come un singolo nutriente
influenzi tutto ciò è difficile: si possono trovare
associazioni, ma rapporti certi di causa ed effetto sono parecchio faticosi da dimostrare».
Così non sorprende scoprire che se si passano
al vaglio le ricerche degli ultimi decenni sui cibi
e i nutrienti nella maggioranza dei casi ci si ritrova con un «nulla di fatto»: «Il consumo di carboidrati, dal pane alla pasta, non modifica il ri-
Considerare l’insieme
Ci sono dati sul ruolo protettivo
di un moderato consumo di vino
sul cuore. Ma bisogna chiedersi
se farà bene anche al fegato
schio cardiovascolare; lo stesso vale per latte e
latticini o per i flavonoidi antiossidanti, se si
esclude un lieve effetto protettivo per alcuni antociani; solo per l’uso moderato di alcol esistono
dati abbastanza solidi che dimostrano un’azione
benefica sul cuore — riprende La Vecchia —. Per
capire se un nutriente ha davvero effetto su una
malattia, in positivo o in negativo, occorre che la
variazione del rischio di svilupparla sia molto
ampia: se è minima è probabile si tratti di un’associazione casuale». Meglio non fidarsi del primo studio che promuove il cibo toccasana insomma, e soprattutto guai a incensare o condannare i singoli nutrienti: il risultato finale della
dieta sulla salute non dipende da uno o più alimenti buoni o cattivi, ma dall’equilibrio complessivo di tutto ciò che mettiamo nel piatto.
Elena Meli
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A contare davvero sono qualità
e quantità complessive nella dieta
F
ino a qualche anno fa i
grandi accusati erano
grassi saturi e colesterolo: meglio dare un taglio
netto al consumo di uova, carne, burro e panna. Oggi la bilancia si è spostata a sfavore dei
carboidrati: zuccheri e amidi
sono sotto la lente dei ricercatori e furoreggiano le diete ad
alto contenuto proteico. Senza
contare le ricerche che elogiano di volta in volta “supercibi”
capaci di prevenire qualsiasi
acciacco: dalle esotiche bacche
di goji, elisir di lunga vita, ai
classici broccoli antitumorali;
dall’alga spirulina, che tiene alla larga diabete e malattie cardiovascolari, alla papaia miracolosa per non invecchiare.
L’alimentazione rischia di diventare un puzzle insensato.
Un errore, come dimostra una
rivalutazione serena delle ricerche scientifiche degli ultimi
decenni.
«Prendiamo il caso dei gras-
❞
Ripensamenti
Oggi si sa che gli studi
da cui erano tratte
le raccomandazioni
a limitare l’uso di
carni, burro, panna
non erano «forti»
come si supponeva
si, demonizzati fin dalla fine
degli anni 60. Oggi sappiamo
che gli studi da cui si sono tratte le raccomandazioni a limitarne l’uso non erano “forti”
come si supponeva e che mangiare uova, ad esempio, non ha
un effetto sostanziale sul rischio cardiovascolare — dice
Dennis Bier, direttore del Children’s Nutrition Research Center del Baylor College of Medicine di Houston —. Il risultato
della fobia collettiva è stata l’introduzione su larga scala di cibi
modificati per contenere meno
grassi e colesterolo, l’arrivo sulle nostre tavole dei grassi trans
(questi sì dannosi per le arterie, ndr) e, di fatto, un esperimento di “correzione” della
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
SALUTE
Esiti da valutare
I provvedimenti
che funzionano
contro l’obesità
Il «grasso» più pericoloso in chiave di rischio cardiovascolare
è quello che si accumula a livello dell’addome
Parametri
P
A MELA
A PERA
Per semplificare il concetto si dice che è più rischioso
in questo senso ingrassare «a mela» (all’altezza della vita)
che «a pera» (su fianchi e cosce)
RAPPORTO VITA/ALTEZZA
Il metodo più semplice per
capire se è necessario perdere
peso è quello di misurare
il rapporto fra circonferenza
addominale e statura
Il rapporto non dovrebbe
essere superiore a 0,5.
Se è maggiore significa
che c’è la tendenza
a ingrassare «a mela»
ESEMPI
UOMO
180
cm
180
cm
90
cm
Non in sovrappeso
Vita 90 centimetri/
altezza 180 centimetri= 0,5
160
cm
120
cm
In sovrappeso
Vita 120 centimetri/
altezza 180 centimetri= 0,66
DONNA
160
cm
80
cm
100
cm
Non in sovrappeso
Vita 80 centimetri/
altezza 160 centimetri= 0,5
In sovrappeso
Vita 100 centimetri/
altezza 160 centimetri= 0,62
Corriere della Sera
dieta su larga scala le cui conseguenze non sono tuttora ben
chiare».
Oggi vanno per la maggiore
le diete iperproteiche: fanno
dimagrire velocemente (ma si
perdono soprattutto liquidi e
massa magra) e limitano al
massimo i sorvegliati speciali
del momento, gli zuccheri. Ma,
di nuovo, leggendo gli studi
senza pregiudizi si scopre che
il consumo di carboidrati non è
correlato a un maggior rischio
cardiovascolare. Perfino il vituperato fruttosio delle bevande
zuccherate è forse più innocente del previsto: «Il grasso viscerale, strettamente correlato all’aumento della probabilità di
diabete e malattie cardiovascolari, non dipende tanto dal
consumo di zuccheri quanto
dall’introito energetico in generale — interviene Luc Tappy
del Dipartimento di fisiologia
dell’Università di Losanna —.
L’eccesso di fruttosio, glucosio
e grassi saturi si associa a un
aumento del grasso depositato
sugli organi interni, ma ciascuno di questi nutrienti ha un effetto relativo: a far crescere
davvero il pericolo sono le
troppe calorie».
In altri termini, abbiamo bisogno di cibi di miglior qualità,
in minor quantità: serve buonsenso e per ridurre il rischio di
malattie bisogna mangiare con
moderazione un po’ di tutto,
senza fissarsi su nessun ali-
❞
Contrordine
Anche l’opinione
sulle uova è cambiata,
perché si è verificato
che mangiarne
non ha una ricaduta
sostanziale sul rischio
cardiovascolare
er tanti, quando si parla
di alimentazione,
l’obiettivo è innanzitutto perdere peso. Il primo passo però è sapere quanti
chili bisogna perdere e, stando
agli studi discussi al convegno
fiorentino, per valutarlo non
basta salire sulla bilancia.
L’indice di massa corporea
(Bmi), ad esempio, calcolato
dividendo il peso in chili per il
quadrato dell’altezza in metri,
non è più considerato il mezzo
migliore per capire se si deve
dimagrire. «Non fa differenza
fra massa magra e grassa e non
distingue dove si è accumulato
il tessuto adiposo — spiega la
nutrizionista inglese Sigrid Gibson —. Oggi è chiaro che il
grasso concentrato sul girovita
e l’addome, nella cosiddetta
forma “a mela”, è quello che
più aumenta il rischio di malattie cardiovascolari e diabete;
uomini e donne in sovrappeso
con adipe su fianchi e gambe,
che appartengono alla tipologia “pera”, hanno colesterolo e
insulinemia più bassi rispetto a
persone normopeso con la
struttura “a mela”. Misurando
solo l’indice di massa corporea
“perdiamo” il 10% di questi ultimi e sovrastimiamo il rischio
di chi è sovrappeso ma a “pera”. Neppure il girovita da solo
dice tutto, perché il significato
di una stessa cifra è ben diverso
a seconda della statura. Il rapporto girovita/altezza è l’indicatore migliore ed è semplicissimo da misurare, basta prendere un nastro lungo quanto la
nostra statura e passarlo attorno alla vita: per essere al sicuro,
la misura che otteniamo deve
essere pari o inferiore alla metà
della lunghezza totale del nastro».
Ma se scopriamo di dover dimagrire, quali sono le raccomandazioni davvero utili? Pare
chiaro che non sia opportuno
dar credito ai cibi sciogli ciccia,
perché non esistono alimenti
miracolosi, né a diete più o meno fantasiose che garantiscono
risultati in poche settimane.
«La dieta migliore è quella che
è possibile e realistico mantemento. L’insieme di ciò che
mangiamo, insomma, è molto
più che la somma delle singole
parti.
La dieta mediterranea sembra essere l’esempio ideale della moderazione a tavola che realmente previene le malattie: i
dati che ne provano la «bontà»
in questo caso sono tanti.
Seguirla davvero, senza esagerare con pane, pasta e pizza e
dando la preferenza ai cereali
integrali per una giusta quantità di carboidrati, garantisce un
apporto equilibrato di fibre, vitamine e micronutrienti da
frutta e verdura, comporta un
introito proteico adeguato grazie a legumi, pesce, carni bianche, latticini e uova e non rischia di farci introdurre troppi
grassi saturi, perché carni rosse e dolci dovrebbero essere
un’ «eccezione» rispetto all’alimentazione di tutti i giorni.
E. M.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
he cosa serve davvero per contrastare il
dilagare dell’obesità? Stando alla revisione
delle ricerche realizzate sull’argomento,
apparsa su Obesity Reviews, le
informazioni nutrizionali sui menu dei ristoranti,
ad esempio, non hanno sortito grossi effetti.
Molto più d’impatto sono risultate le limitazioni
alla disponibilità di cibi ricchi di grassi o di bibite
zuccherate: togliere i prodotti meno salutari dai
distributori di bevande e cibi nelle scuole, per
C
53
esempio, ha avuto conseguenze positive sul peso
dei ragazzi, ovunque lo si sia fatto.
Altrettanto utili sono stati i richiami a evitare i
prodotti contenenti grassi saturi trans, sulla cui
pericolosità c’è ormai l’accordo degli esperti. Da
valutare meglio, invece, gli esiti possibili con
l’imposizione di tasse sui cibi poco salutari e
l’agevolazione attraverso incentivi del consumo di
frutta e verdura.
E. M.
I chili da perdere?
Li misuri con il metro
nere nel lungo periodo — osserva Gibson —. Nei primi sei
mesi è più facile perdere peso,
ma se il nuovo stile alimentare
è astruso e difficile da seguire i
risultati prima o poi vengono
persi. Molti regimi possono
funzionare, non ne esiste uno
in assoluto migliore di altri:
l’unica regola sempre valida è
ridurre l’introito calorico, facendo però attenzione a mantenere un buon apporto di micronutrienti e aumentando la
“densità” nutritiva dei cibi scelti».
Significa in pratica prediligere alimenti con poche calorie ma tante sostanze utili, come frutta e verdura, limitando
ciò che dà tanta energia a fronte di scarsi contenuti di fibre,
minerali, vitamine, come i cibi
molto grassi o troppo ricchi di
zuccheri. Attenzione, stiamo
parlando di eccessi: grassi e
zuccheri servono, così come le
proteine che hanno un buon
effetto saziante e non devono
mancare nelle diete dimagranti. «Modificare il consumo dei
vituperati zuccheri non ha conseguenze eclatanti sul peso: è
Strumenti
L’indice
di massa
corporea (Bmi),
calcolato
dividendo il
peso (in chili)
per il quadrato
dell’altezza (in
metri), non è
più considerato
il mezzo
migliore per
capire se si
deve dimagrire,
perché non
distingue fra
massa magra
e grassa e non
dice dove si è
accumulato
il tessuto
adiposo
stato verificato che dimezzarne
la quantità senza interferire
sull’introito energetico generale comporta una perdita di peso di circa mezzo chilo al mese» fa notare la nutrizionista.
Per dimagrire, insomma, bisogna mangiar meno e muoversi di più: lo dimostra una revisione appena pubblicata su
Obesity Reviews in cui gli autori, analizzando tutte le ricerche
sull’obesità dal 2005 a oggi,
hanno cercato di stabilire quali
siano gli approcci più utili a ridurre il peso nella popolazione. Fra le iniziative più efficaci
tutte quelle che mirano a incentivare il movimento: dal
«bike sharing» al «pedibus»
per mandare i bimbi a scuola a
piedi, dai parchi attrezzati alle
città a misura di pedone, ciò
che favorisce il moto fa calare
di pari passo i chili di troppo.
«La sedentarietà è responsabile del doppio dei decessi rispetto all’obesità: bastano 20
minuti di camminata veloce al
giorno per ridurre la mortalità» conclude Gibson.
E. M.
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L'esperto
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alle domande
sulla
nutrizione
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nutrizione
54
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
SALUTE
Medicina
Prospettive
Test in pochi minuti
e apparecchi
meno costosi
ecnologie accessibili a basso costo e nuovi
modelli di business: sono questi i pilastri sui
quali si reggerà la «rivoluzione» nel campo
delle malattie uditive degli anziani. Ne è
convinto il professor Ferdinando Grandori,
direttore dell’Ieiit Cnr (Istituto di elettronica e
ingegneria delle informazioni e telecomunicazioni)
al Politecnico di Milano. «Siamo ormai a una svolta
— dice —. Prevedo che fra 5 anni in quasi tutte le
sale d’aspetto dei medici di base sarà possibile
T
L’anziano che sente bene
conserva la mente lucida
È provato che i deficit di udito si accompagnano
spesso a decadimento cognitivo. Protesi
acustiche e impianti cocleari potrebbero evitarlo
Il progetto
Nel reparto
di Otochirurgia
dell’Azienda
ospedaliera
Università
di Padova,
sta partendo
uno studio
innovativo
su 120 pazienti
con problemi
di udito e
decadimento
cognitivo.
La Regione
Veneto lo ha
finanziato
nell’ambito del
Programma
per la ricerca,
l’innovazione
e l’Health
Technology
Assessment.
Servirà
a valutare
l’efficacia della
riabilitazione
uditiva
attraverso
l’utilizzo
di impianti
cocleari
e protesi
acustiche.
C
on il trascorrere degli anni diminuisce la
capacità uditiva, questo è risaputo. Le
sempre più numerose prove scientifiche
della correlazione tra ipoacusia e malattie degenerative negli anziani, però, stanno
aprendo una nuova frontiera nella medicina come nelle tecnologia.
Nel mondo, 360 milioni di persone sono affette da sordità (328 milioni gli adulti; 32 milioni i
bambini). L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che 36 milioni di individui soffrano di deficit cognitivi e demenza ed entro il
2050 diventeranno più di 100 milioni. Interventi
in grado di ritardare anche di un solo anno
l’esordio della demenza come anche la sua progressione, possono incidere significativamente
sulla prevalenza (numero di casi presenti in assoluto) di questa malattia.
Nella Giornata mondiale dell’udito, celebrata
il 3 marzo scorso, l’Oms ha rilanciato la necessità
di programmi nazionali non solo di screening e
di offerta di servizi (compresi apparecchi acustici e riabilitazione), ma anche di informazione
perché aumenti la consapevolezza nella popolazione. «In studi recenti l’équipe del professor
Frank Lin, della Johns Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti — sottolinea il professor
Alessandro Martini, direttore del reparto di Otochirurgia dell’Azienda ospedaliera Università di
Padova — ha calcolato che un’ipoacusia di grado
moderato-severo è in grado di aumentare fino a
5 volte il rischio di sviluppare demenza in epoche successive. È una conferma della ricerca pionieristica da noi svolta nel 2001 sulla qualità della vita nell’anziano nel Veneto, da cui è risultato
chiaramente che l’invecchiamento uditivo è collegato con un aumento di depressione e di deficit cognitivo. Oggi il problema è esploso».
Quali sono i meccanismi che possono collegare l’ipoacusia a una forma di decadimento cognitivo? Sono state fatte diverse ipotesi. La più
Rischio maggiore
Un’ipoacusia moderata o severa
è in grado di aumentare
fino a 5 volte il pericolo di sviluppare
demenza nel corso degli anni
L'esperto
risponde
alle domande
sui problemi di
salute degli
anziani su
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geriatria
ovvia riguarda l’esistenza di un processo fisiologico comune che contribuisce sia all’ipoacusia,
sia al declino cognitivo. Un’altra possibilità è legata a quello che gli esperti chiamano «cognitive
load»: cioè lo stress esercitato sul cervello dal
continuo sforzo di comprensione dovuto a un
deficit uditivo. «Il maggiore sfruttamento ed
esaurimento delle riserve neuronali e cognitive
per controbilanciare la perdita uditiva — spiega
il professor Giancarlo Cianfrone, ordinario di
Audiologia alla Sapienza di Roma — farebbe venire meno queste risorse e il loro depauperamento sicuramente è una delle chiavi interpretative di alcune malattie neurodegenerative come l’Alzheimer».
Ma non solo. Un’altra ipotesi considera come
la perdita di udito possa modificare la struttura
del cervello, contribuendo così allo sviluppo di
problemi cognitivi. Infine, sembra possibile che
anche l’isolamento sociale, a cui spesso l’ipoacusia costringe, giochi un ruolo nel favorire lo sviluppo di questi disturbi. «La situazione è un po’
nuova, nel senso che non ci si era mai soffermati
sull’ipoacusia come fattore di rischio per le malattie neurodegenerative — aggiunge il professor Cianfrone —. Abbiamo sempre detto che
l’ipoacusia è un fattore di rischio per il decadimento cognitivo in generale e questo è abbastanza ovvio perché vengono meno le informazioni più importanti dall’esterno».
Con l’invecchiamento della popolazione a livello mondiale, dunque, la necessità di prevenire, ritardare e invertire il declino funzionale degli anziani diventa ancora più urgente. Oltre alla
diffusione degli screening come misura preven-
tiva (vedi box), attraverso studi scientifici si sta
cercando di verificare l’efficacia del recupero
della funzione uditiva — e quindi i possibili effetti su deficit cognitivi ed eventuali malattie
neurodegenerative — sia attraverso protesi di tipo tradizionale sia con impianti cocleari. «Abbiamo fatto una serie di studi sulla protesizzazione nell’anziano — racconta Martini — e abbiamo visto che anche in pochi mesi ci sono netti miglioramenti sia con le protesi acustiche sia
con l’impianto cocleare».
In Francia, l’équipe di Isabelle Mosniere, del
gruppo ospedaliero pubblico Ap-Hp Pitié-Salpetrière, ha appena pubblicato sulla rivista Jama
Otolaryngology - Head & Neck Surgery i risultati
di uno studio condotto in 10 centri francesi su 94
pazienti tra 65 e 85 anni con perdita di udito profonda, che sono stati sottoposti a impianto cocleare. Già dopo sei mesi, i test hanno dimostrato un miglioramento significativo nella percezione del linguaggio e nelle capacità cognitive
dei pazienti e un'influenza positiva sulla attività
sociale e sulla qualità di vita. «I dati sembrerebbero abbastanza consistenti sul fatto che eseguendo l’impianto su un soggetto si ha un rallentamento del deficit cognitivo — ribadisce
Martini —. Se ciò fosse confermato, avrebbe dei
fare il test uditivo in 5 minuti. Il costo degli
apparecchi è molto basso, anche perché si può
pensare ormai di svilupparli su un qualsiasi
smartphone, anche dotandoli di una cuffia
adeguata agli standard». Intanto, in Germania e in
Francia, gli esami di screening si fanno anche in
farmacia. E i costi degli apparecchi acustici stanno
comunque calando. Negli Usa, per le sordità lievi,
si vendono protesi a 100-200 dollari l’una.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le cifre
360 milioni
Le persone nel mondo
affette da sordità
40%
La quota
delle persone
tra 60-69 anni
che presenta
ipoacusia
significativa
In Italia
7 milioni
gli ipoacusici
700.000
I portatori
di apparecchi
acustici
90%
La quota
delle persone
oltre gli 80 anni
con deficit uditivo
rilevante
2-5 volte di più
10 anni
La possibilità di sviluppare
un deterioramento
delle funzioni cognitive
per le persone
affette da sordità
Il tempo medio
di diagnosi
dei disturbi uditivi
dal loro insorgere
negli anziani in Europa
Fonte: Oms, Onu, Commissione Europea
Problema trascurato
Ricorre a un ausilio
protesico solo il 16%
di coloro che
ne avrebbero bisogno
Corriere della Sera
risvolti enormi a livello sanitario, dati i costi
molto alti dei pazienti affetti da demenza».
L’impianto cocleare però è indicato solo per le
sordità gravi o profonde e riguarda quindi il
5-8% dei pazienti. «In Europa, l’Italia è un fanalino di coda — dice Cianfrone — . Secondo recenti indagini, solo un 16% della popolazione che
avrebbe bisogno di una correzione protesica di
fatto si avvia a questo tipo di rimedio».
Ruggiero Corcella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● La diagnosi
Lo screening
antisordità
dovrebbe essere
offerto a tutti
In Europa, tra l’insorgere
dei primi disturbi
e la diagnosi di una perdita
uditiva passano circa
10 anni. «Sono veramente
troppi — spiega il professor
Ferdinando Grandori,
direttore dell’Istituto di
elettronica e di ingegneria
delle informazioni e
telecomunicazioni (Ieiit)
Cnr Politecnico di Milano
—. Bisogna pensare a
screening esattamente
come per la perdita uditiva
del bambino». Grandori è
responsabile del progetto
europeo Ahead III, per
realizzare protocolli,
metodi e modelli
applicativi di programmi di
screening uditivo su ampia
scala. In Italia, lo screening
sulla popolazione non
esiste e manca inoltre una
sensibilizzazione anche a
livello dei medici di
famiglia. «Ci stiamo
muovendo per fare
seminari e incontri con
questi colleghi — dice
Matteo Richichi, presidente
dell’Associazione italiana di
otorinolaringoiatria
geriatrica —. Va trasmessa
l’informazione, e la
preoccupazione, che
nell’anziano la
sordità non è solo
un sintomo di vecchiaia,
ma che è correlabile
a importanti malattie
degenerative».
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
55
SALUTE
Differenze
Medicina
esercizio anaerobico lattacido usa gli
zuccheri di riserva del muscolo (glicogeno)
per produrre energia, dura da 30 secondi a
pochi minuti e comporta la produzione di
acido lattico. L’esercizio anaerobico alattacido
utilizza come substrato energetico la fosfocreatina,
dura pochi secondi e non rilascia acido lattico.
«L’acido lattico deriva dal metabolismo degli
zuccheri. Durante un esercizio intenso, i muscoli ne
producono più di quanto l’organismo possa
L’
Non sempre
viene prodotto
acido lattico
Mi spieghi dottore
metabolizzarne. Se la velocità di sintesi supera
quella di smaltimento, il composto si accumula nei
muscoli. L’acido lattico non è, però, responsabile
dei dolori muscolari avvertiti nei giorni successivi
l’allenamento. Questa sostanza viene infatti
smaltita in poche ore. Il dolore diffuso e
la stanchezza muscolare sono da attribuire
a un processo di “sfibramento muscolare”, legato a
microtraumi muscolari» puntualizza Beltrami.
A. S.
Meglio l’esercizio aerobico o anaerobico?
Lo specialista
Quando si parla di attività fisica si possono distinguere due grossi filoni a seconda di come
i muscoli generano energia durante l’allenamento
Il primo favorisce
circolazione e respiro,
l’altro potenzia
e rinforza i muscoli
ATTIVITÀ AEROBICA
Medico dello
sport, docente
al corso
di laurea in
Scienze motorie
dell’Università
di Parma
L'esperto
risponde
alle domande
sulla medicina
sportiva
all’indirizzo
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medicinasportiva
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Esempi
Esempi
Camminata
Nuoto ad alta intensità
Corsa (jogging)
Corsa 100-200 metri
Ciclismo
Attività anaerobiche alattacide: viene
utilizzata come substrato energetico
una sostanza chiamata «fosfocreatina».
Hanno una durata di pochi secondi
Esempi
Nuoto a bassa intensità
Sci di fondo
Cyclette e tapis roulant
Lancio del giavellotto
Sollevamento
pesi
I BENEFICI
Scatti
Aumenta la resistenza
Favorisce la moltiplicazione
dei capillari sanguigni, incrementando
così l'afflusso di sangue alle cellule
Riduce la frequenza cardiaca
Riduce la pressione sanguigna
Aumenta la capacità respiratoria
(maggiore ossigenazione dei tessuti)
Permette di «bruciare» i grassi di deposito
e quindi di favorire il dimagrimento
Abbassa i livelli di colesterolo e trigliceridi
Tonifica i grossi gruppi muscolari
Contrasta ansia e depressione
L’attività aerobica è consigliata a tutti
se svolta in relazione alle proprie possibilità
fisiche e all’età
Lancio
del peso
I BENEFICI
Aumenta la massa muscolare
Irrobustisce la muscolatura
Aumenta la forza
Aiuta a controllare il peso
e a rimanere in forma
L’attività fisica in generale è un ottimo strumento
di prevenzione e cura di molte malattie come
per esempio: diabete, dislipidemie (livelli elevati
di grassi nel sangue), ipertensione, patologie
reumatiche, disturbi dell’umore, ecc.
ATTIVITÀ AEROBICA
COME E QUANTO
ALLENARSI
L’attività anaerobica è sconsigliata a chi
non sia in piena salute. È utile anche negli
anziani per contrastare la perdita
muscolare. In questi casi conviene iniziare
con un allenatore che sappia dosare
lo sforzo e rendere la prestazione fisica
migliore in modo graduale
ATTIVITÀ ANAEROBICA
A prescindere dal tipo di attività che si intende praticare è bene prevedere
un periodo di riscaldamento di 5-10 minuti prima di iniziare, per esempio facendo una corsa lenta
un periodo di defaticamento finale, di altri 5-10 minuti, basato su esercizi di intensità decrescente
Corriere della Sera / Mirco Tangherlini
Gianfranco
Beltrami
Nell’allenamento anaerobico non è utilizzato l’ossigeno
per la combustione dei substrati energetici. Si tratta di attività di breve
durata con sforzo intenso. Esse si distinguono in:
Attività anaerobiche lattacide: viene utilizzato come substrato
energetico il «glicogeno» muscolare senza l’ossigeno.
Viene prodotto acido lattico. Hanno una durata che varia
da 30 secondi a pochi minuti
L'allenamento aerobico presuppone l’utilizzo
di ossigeno, fornito dal sistema cardiovascolare,
come combustibile per «bruciare» zuccheri
prima (glicogeno) e grassi poi (dopo i primi
20 minuti di attività). In generale si basa su attività
di bassa intensità e lunga durata
(almeno 20 minuti)
L’
attività fisica aiuta a prevenire e curare
molte malattie e rallenta il naturale
processo di invecchiamento. Ci si può
allenare in tanti modi, ma una distinzione fondamentale è quella tra attività aerobica e anaerobica. «Ciò che le differenzia è innanzitutto il tipo di energia utilizzata — spiega
Gianfranco Beltrami, medico dello sport, docente al corso di laurea in Scienze motorie dell’Università di Parma —. Durante l’attività aerobica l’organismo trae inizialmente energia dalle
riserve di zuccheri (glicogeno) e, poi, per sostenere lo sforzo, dai grassi di deposito, il tutto
usando come “combustibile” per bruciare i
substrati energetici l’ossigeno, fornito ai muscoli attraverso il sistema cardiovascolare. Nell’esercizio anaerobico l’organismo ha bisogno
di molta energia in brevissimo tempo, che ottiene senza usare ossigeno per la combustione
dei substrati energetici. L’attività aerobica richiede uno sforzo moderato per un periodo di
tempo prolungato, almeno 20 minuti. Ne sono
esempi marcia, jogging, nuoto, bicicletta e sci
di fondo. L’attività anaerobica è caratterizzata
invece da sforzi intensi ma brevi (da pochi secondi ad alcuni minuti) come, per esempio,
scatti, corsa sui 100-200 metri, salti e sollevamento pesi. Questo tipo di esercizio ha bisogno
di momenti di riposo prima di essere ripetuto».
Quali sono i benefici offerti dall’allenamento aerobico o anaerobico?
«Un programma regolare di attività aerobica
tonifica i muscoli, favorisce una riduzione della
pressione arteriosa e della frequenza cardiaca,
aiuta a ridurre lo stress e a controllare ansia e
depressione, fa dimagrire, migliora respirazione e resistenza. L’esercizio anaerobico è un allenamento di potenza, che irrobustisce i muscoli,
ne aumenta la massa, accrescendone la forza.
L’attività aerobica può essere praticata da tutti
calibrando gli sforzi in base a età, peso, condizioni generali; quella anaerobica è in genere
sconsigliata se si hanno problemi di salute importanti, per esempio al cuore. D’altro canto,
eseguita, almeno inizialmente, con la supervisione di un allenatore competente e alcune
cautele, può essere praticata anche dagli anziani. Nei bambini e negli adolescenti in crescita è
meglio evitare i pesi, cercando di migliorare la
muscolatura solo con esercizi a corpo libero».
Quale attività è più adatta per dimagrire?
«L’attività aerobica “brucia” i grassi di deposito e alza il metabolismo, che si mantiene più
attivo per ore dopo l’esercizio. Ma anche l’attività anaerobica contribuisce a far perdere peso
perché aumenta la massa muscolare. E visto che
il muscolo consuma molte calorie, più sono
sviluppati i muscoli più si consumano calorie.
L’ideale è abbinare i due tipi di attività, con allenamenti alternati o misti. Gran parte degli sport
prevedono un mix di esercizio aerobico e anaerobico».
Quanto bisogna allenarsi?
«In generale, se si svolge un’attività prevalentemente aerobica l’ideale è almeno tre volte a
settimana per circa un’ora, modulando l’intensità in base alle proprie esigenze, per esempio
un’intensità bassa è adatta per i principianti,
per chi ha problemi cardiovascolari e per chi è
in sovrappeso e desidera dimagrire. Per chi
predilige un tipico allenamento anaerobico,
come il sollevamento pesi, in genere si consigliano sedute di almeno 45 minuti, 2-4 volte a
settimana, a seconda del tipo di obiettivo.
L’intervallo tra una sessione di esercizio e l’altra
deve essere di circa un minuto, con un numero
di ripetizioni che di solito è compreso tra 10 e
15, a seconda di quanto è pesante il carico».
Antonella Sparvoli
ATTIVITÀ ANAEROBICA
Per ottenere benefici è fondamentale allenarsi con regolarità,
almeno tre volte a settimana
La durata dell’esercizio non dovrebbe essere inferiore
ai 40 minuti, per arrivare a un’ora e più man mano
che il fisico è maggiormente allenato
L’intensità con cui eseguire gli esercizi dipende dal livello
di allenamento e dalle proprie esigenze. Il parametro guida
è la frequenza cardiaca che varia in base all’età.
La frequenza cardiaca massima (FCM) si calcola
sottraendo a 220 la propria età.
Intensità bassa (60-70% FCM): in genere è consigliata
a chi comincia a fare moto, ha problemi cardiovascolari
o è in sovrappeso
Intensità media (70-80% FCM): è raccomandata
a chi desidera migliorare l’efficienza cardiovascolare
e mantenere una buona forma
Intensità elevata (80-90% FCM): di solito
è riservata a sportivi che vogliono massimizzare
le loro prestazioni aerobiche
Le caratteristiche di un tipico allenamento anaerobico,
come il sollevamento pesi, dipendono dall’obiettivo che si ha,
per esempio ottenere una buona definizione dei muscoli, ridurre
il tessuto adiposo o ancora aumentare la massa muscolare
Un buon allenamento con i pesi dovrebbe prevedere
sedute di durata compresa tra 30 e 75 minuti, dalle due
alle quattro volte a settimana
Tra una sessione e l’altra è buona regola far passare
un tempo inferiore ai 90 secondi
In genere si consiglia un numero di ripetizioni compreso tra 10
e 15, a seconda che il carico sia massimale o submassimale
Se si vuole ottenere una buona definizione dei muscoli
si consiglia di alternare agli esercizi con i pesi un’attività
aerobica. Un allenamento misto è ottimo
anche per chi vuole dimagrire
In bambini e adolescenti meglio evitare i pesi. Per rinforzare
la muscolatura sono più adatti gli esercizi a corpo libero
56
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
SALUTE
Criteri
Medicina
Le due procedure
da seguire
prima del prelievo
erché si possano prelevare organi a scopo di
trapianto, il potenziale donatore deve
essere deceduto e deve risultare la volontà
esplicita alla donazione. La morte può
essere accertata con criteri neurologici (nota come
«morte cerebrale») e con criteri cardiaci. Al di là
della modalità con la quale viene accertata, la
morte è unica e coincide con la totale e irreversibile
cessazione di tutte le funzioni cerebrali. In caso di
morte per lesioni encefaliche (donaziona a cuore
P
I Centri italiani si preparano
per i trapianti a cuore fermo
Donatori per milione di popolazione
Spagna
34,4
Portogallo
31,0
Verso un programma nazionale e linee guida cliniche,
giuridiche ed etiche. Possibili 150 interventi all’anno
Per saperne
di più
sui temi relativi
ai trapianti
e alle donazioni
www.trapianti.
salute.gov.it;
www.societait
alianatrapianti
diorgano.com
L
a «via inglese» che ha
portato la scorsa settimana al primo intervento al mondo di trapianto
di cuore fermo non è ancora
del tutto praticabile in Italia. La
Società italiana trapianti d’organo (Sito), assieme alla Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) e al Centro nazionale trapianti (Cnt), ha
organizzato di recente un
workshop al Policlinico Gemelli di Roma proprio su questo tema.
«La donazione di organi a
cuore non battente è ormai utilizzata di routine in altri Paesi e
molto sporadicamente in Italia
— spiega Franco Citterio, presidente della Sito —. Abbiamo
pensato che fosse giunto il momento di condividere i problemi e disegnare una strategia
comune per poter utilizzare
anche nel nostro Paese questa
preziosa forma di donazione».
Proprio dalla giornata di
battente) l’accertamento, durante un periodo di
osservazione di almeno sei ore, è effettuato da un
collegio di tre medici. Per i casi di morte dopo
arresto cardiaco la legge prevede un tempo di
accertamento di 20 minuti di elettrocardiogramma
piatto. In entrambi i casi, gli organi che si possono
prelevare sono: reni, fegato, cuore, pancreas,
polmoni e intestino. I tessuti sono: cornee, ossa,
muscoli, tendini, cute, arterie, vene, valvole
cardiache, membrana amniotica.
Usa
26,1
Belgio
25,8
25,0
Austria
21,3
ITALIA
21,0
Norvegia
I costi
● Quanto
costa una
singola
procedura
di donazione
a cuore non
battente?
Al Centro
regionale
trapianti degli
Ospedali Riuniti
di Ancona
lo hanno
calcolato,
assicurano,
«al millimetro»:
9.100 euro.
studio sono emerse alcune importanti novità: il Cnt sta puntando alla creazione di un programma nazionale e di linee
guida per la donazione a cuore
non battente.
«Dobbiamo avere un unico
riferimento per tutti — sottolinea Alessandro Nanni Costa,
direttore del Cnt — per questioni di carattere giuridico,
etico e anche clinico. Dobbiamo pensare che oggi è ragionevole effettuare a cuore fermo il 5% dei trapianti, ovvero
in Italia circa 150 trapianti per i
quali occorrono 80-90 donatori. Lo scorso anno ne abbiamo
avuto uno, ne mancano 79.
Questa è la nostra situazione.
Non partiamo da zero, siamo
solo indietro rispetto a un problema che tecnicamente non
abbiamo difficoltà ad affrontare. Il vero problema sta nella
diversa organizzazione delle
competenze che esistono».
Al momento, le due realtà
più avanzate sono il Centro tra-
pianti dell’ospedale San Matteo di Pavia, che dal 2007 porta
avanti un programma di prelievo di reni, e il Policlinico di
Milano dove nel novembre
scorso è stato eseguito il primo
trapianto di polmone da donatore a cuore fermo.
Proprio basandosi sull’esperienza dei due Centri e sulla
letteratura scientifica disponibile, Sito e Siaarti stanno stilando un Documento di consensus — ovvero delle linee di
indirizzo — sulla donazione a
cuore fermo, da sottoporre al
vaglio della comunità scientifica italiana.
«Vorremmo anche preparare un Position paper (cioè un
documento con la posizione
ufficiale, ndr) che valga per
operatori e cittadini — aggiunge Francesco Procaccio, responsabile Area medica del
Cnt — ma soprattutto iniziare
anche un monitoraggio della
situazione attuale nelle nostre
terapie intensive in collabora-
16,5
Irlanda
15,5
Gran Bretagna
14,9
Germania
13,0
Paesi Bassi
Australia
Nuova Zelanda
11,3
10,0
Fonte: British Journal of Anaesthesia 2012
zione con la Società di anestesia e rianimazione. Però, sia
chiaro: il prelievo e il trapianto
di organi da donatore a cuore
fermo non è un’alternativa alla
donazione a cuore battente,
ma è un’opzione ogni qualvolta
l’accertamento con criteri neurologici non sia possibile».
Nel Regno Unito, ad esempio, il programma di donazione a cuore non battente ha prodotto risultati importanti:
«Siamo riusciti ad aumentare
del 10% il prelievo di reni, del
Donatori
in morte cerebrale
Donatori a cuore
non battente
Corriere della Sera
20% quello di polmoni e del
12% quello di fegato — racconta Paolo Muiesan, chirurgo al
Queen Elizabeth Hospital di
Birmingham —. Nel nostro
centro, il 34% dei prelievi è ormai da cuore non battente».
L’auspicio di Alessandro
Nanni Costa è che si passi davvero alla fase operativa anche
in Italia: «Spero che alcuni
Centri — dice — possano fare
prelievi entro l’estate».
Ruggiero Corcella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Quei 20 minuti per legge
che ci differenziano
dal resto dell’Europa
L
a donazione a cuore fermo, in Italia, può avvenire solo dopo che un medico abbia accertato la
morte mediante l’esecuzione di
un elettrocardiogramma protratto per almeno 20 minuti.
Dopo venti minuti non è più
possibile il recupero della funzione cerebrale e di tutti gli altri organi e apparati. Nella
maggior parte dei Paesi europei questo intervallo di tempo
è invece di 5 minuti.
Per Ignazio Marino, intervenuto al workshop di Roma in
qualità di trapiantologo, la legge italiana sull’accertamento di
morte con criteri cardiaci andrebbe rivista. Altri esperti tuttavia hanno ribadito che i 20
minuti di elettrocardiogramma stabiliti dalla normativa per
certificare la cessazione dell’attività del cuore non sono un
ostacolo insormontabile.
«Grazie all’esperienza del
Centro trapianti di Pavia —
spiega Franco Valenza, del Dipartimento di anestesia del Policlinico di Milano e componente del Gruppo di studio intersocietario Sito-Siaarti — è
stato documentato che si può
lavorare alla donazione a cuore
fermo anche con questi 20 minuti tendenzialmente problematici. Nel primo trapianto di
polmone da donatore a cuore
fermo in Italia, anche noi siamo andati molto oltre i 20 minuti». «Non dobbiamo cambiare nulla di quello che legalmente esiste — aggiunge —,
forse potremmo migliorarlo,
ma non credo sia questo oggi
l’obbiettivo. Dobbiamo sfruttare al meglio tutto quello che
abbiamo e aprire un nuovo
fronte». Secondo Francesco
Procaccio, responsabile dell’Area medica del Centro nazionale trapianti: «Dobbiamo dare disponibilità a tutti i centri e
alla comunità scientifica di
quanto nel nostro Paese siamo
in grado di fare con la peculiarità anche dei 20 minuti di arresto circolatorio. L’obbiettivo
immediato non può essere
quello di modificare la legge,
non dovrebbe esserlo perché
creerebbe estrema confusione
nella popolazione». Nel trapianto a cuore non battente è
fondamentale la preservazione
Il dibattito
Secondo alcuni esperti
il limite di tempo
per accertare la morte
cardiaca è eccessivo
degli organi che non ricevendo
più ossigeno si deteriorano rapidamente.
L’operazione effettuata a novembre al Policlinico di Milano
per il primo trapianti di polmone a cuore fermo è riuscita grazie a una nuova tecnica che
permette di «ricondizionare»,
cioè ringiovanire il polmone
del donatore mediante perfusione e ventilazione extracorporea.
Allo studio, c’è anche la possibilità di riparare un organo
con i farmaci o con un trattamento cellulare a base di staminali.
R. Co.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
Prospettive
Diritto
a salute degli italiani, in generale, è migliorata
nel corso degli anni e il Servizio sanitario
nazionale «tiene». Ma, avverte il direttore
dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle
Regioni italiane, Walter Ricciardi: «Per la prima
volta quest’anno registriamo i risultati negativi del
“non fare” degli ultimi tempi: gli italiani vivono di
più, ma non sempre in buona salute, spesso in
solitudine e con difficoltà ad accedere ai servizi».
«Occorre investire in prevenzione, che non è un
L
Investire
in prevenzione
fa risparmiare
Aumentano i malati
che ricevono cure a casa
L’assistenza domiciliare integrata, anche in casi complessi, evita i ricoveri
Per saperne
di più
Il Rapporto
sulla salute
degli italiani e
l’assistenza
www.osserva
salute.it
Progressi
Segnali positivi
nel rapporto
dell’Osservatorio
nazionale
sulla salute nelle
Regioni italiane
C
ure ricevute direttamente a casa, evitando
il ricovero in ospedale.
È in continua crescita
l’Assistenza domiciliare integrata (Adi), per garantire una
risposta ai bisogni di salute,
anche complessi, dei malati,
attraverso medici, infermieri,
terapisti della riabilitazione,
operatori sociali. A segnalarlo è
il Rapporto osservasalute 2014,
realizzato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane, che ha sede presso
l’Università Cattolica di Roma.
«È una buona notizia, perché le cure a domicilio permettono una migliore qualità di vi-
Le cifre
Quanti malati (ogni 100 mila che ne avevano i requisiti)
1.066
hanno ricevuto assistenza domiciliare integrata
990
834
642
568
359
1998
703
422
2000
634.986
I pazienti
che hanno
usufruito
di Assistenza
domiciliare
integrata
nel 2012
2002
2004
2006
2008
2010
Dove di più
145/100.000
assistibili
nella P.A. di Bolzano
3.009/100.000
assistibili
in Emilia Romagna
Fonte: Rapporto Osservasalute 2014
Atri indicatori
Migliorano anche gli
interventi per frattura
di femore, importante
segno di efficienza
ta alle persone, soprattutto se
non autosufficienti o con disabilità, che possono rimanere
nel proprio ambiente abituale;
allo stesso tempo le cure a casa
fanno risparmiare risorse al
servizio sanitario — fa notare il
segretario scientifico dell’Osservatorio, Alessandro Solipaca —. Vanno segnalati, purtroppo, ancora ritardi in alcune
Regioni, con un numero di ore
dedicate a ciascuna persona
non sempre adeguato». Secondo i dati del Rapporto, si va da
un tasso minimo di 145 pazienti in Adi per 100.000 assistibili
nella Provincia di Bolzano, a un
valore massimo di circa 3000
(per 100.000) in Emilia Romagna, seguita da Friuli Venezia
Giulia e Umbria.
Tra i dati positivi rilevati c’è
anche l’incremento di interventi per frattura di femore
eseguiti entro 2 giorni dal ricovero: sono passati dal 35,1% nel
2010 al 50,2% nel 2013. «È un indicatore di appropriatezza clinica — spiega Solipaca —. Le
linee guida raccomandano
tempi rapidi perché, come dimostrano gli studi, operando
tempestivamente si hanno esiti
migliori, specie ne gli anziani».
Maria Giovanna Faiella
“lusso”, ma serve a salvare la vita delle persone e
lo stesso Servizio sanitario nazionale — afferma
Ricciardi — . In quali campi? Per esempio, si
registra tra i giovani un aumento di malattie
sessualmente trasmissibili. Ancora: in alcune
Regioni i cittadini non accedono alle prestazioni
perché nemmeno ne sono a conoscenza. E poi,
vanno riorganizzati i servizi: il Patto per la salute
deve essere tra le priorità del governo».
M.G.F.
Ora esami e visite
si prenotano online,
ma c’è meno
personale sanitario
D
a un lato, il processo di innovazione tecnologica dei servizi sanitari; dall’altro, i
tagli e il blocco del turnover del personale. Due aspetti contrapposti dei cambiamenti in atto nel Servizio sanitario nazionale,
segnalati dal Rapporto osservasalute.
Procede il processo di modernizzazione delle
Asl riguardo alla comunicazione con i cittadini.
«L’utilizzo di canali web 2.0 è ormai diffuso
ovunque — riferisce il segretario scientifico dell’Osservatorio, Alessandro Solipaca — . Consente di migliorare l’informazione dei cittadini,
nonché di prenotare o di disdire prestazioni tramite Internet». Nel 2014 a utilizzare almeno un
canale web 2.0 sono state 80 Asl su 143 (il 55,9%
rispetto al 32% del 2013).
Ma se questo facilita l’accesso al Servizio sanitario, la costante contrazione del personale, soprattutto nelle Regioni sottoposte a piani di
rientro, può tradursi in una riduzione dei servizi
e in un allungamento delle liste d’attesa . Secondo il Rapporto, c’è una forte eterogeneità tra Regioni: per esempio, nel 2012 solo Valle d’Aosta e
Trentino Alto Adige hanno completamente rimpiazzato i dipendenti andati in pensione, mentre rimane critica la situazione in Puglia, Lazio,
Campania, Molise e Calabria, che fanno registrare tassi di compensazione inferiori al 25%.
M. G. F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IN BREVE
Aiuto a chi è #senzafiato
Promossa dall’Osservatorio malattie rare,
è in corso #senzafiato, campagna nazionale
di sensibilizzazione sulla fibrosi polmonare
idiopatica, per conoscere una malattia del
polmone che colpisce migliaia di pazienti in
Italia e che ha come principale sintomo la
«mancanza di fiato». Chi ne soffre arriva
ad avere difficoltà a compiere le normali azioni
quotidiane. Per inf. www.senzafiato.org
I
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2012
Dove meno
Serve più impegno
per anziani
e patologie croniche
l Rapporto osservasalute registra altri segnali
positivi. Per esempio, emerge il netto calo dei
nuovi casi di tumore alla cervice uterina: (un
33,3% in meno tra il 2003 e il 2013). «Quando
si attuano programmi di prevenzione e screening ci si ammala di meno o, grazie a diagnosi
precoci, si vive più a lungo — commenta il segretario scientifico dell’Osservatorio, Alessandro Solipaca —. Sono invece aumentati negli ultimi dieci anni i casi di tumori ai polmoni prevenibili, soprattutto al Sud e tra le donne, anche
per il maggior numero di fumatrici».
Passi in avanti sono stati fatti anche per evitare ricoveri inappropriati, dovuti soprattutto a
scarsa o inadeguata assistenza a livello territoriale. Sono in calo i ricoveri per complicanze a lungo termine del diabete, per l’asma e per la gastroenterite nei bambini, anche se, in questi ultimi due casi, i tassi di ospedalizzazione sono ancora elevati in alcune Regioni meridionali. «C’è
un miglioramento, ma è ancora lento soprattutto in alcune realtà del Paese — riferisce Solipaca
—. Dove i servizi territoriali per curare patologie
croniche funzionano, si riesce a evitare il ricorso
all’ospedale».
A preoccupare gli esperti è l’aumento previsto
delle malattie croniche, a causa dell’invecchiamento della popolazione. «Già oggi molti italiani, soprattutto anziani, rinunciano alle cure — fa
notare Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di sanità pubblica del Policlinico Gemelli
di Roma, nonché commissario dell’Istituto superiore di sanità —. I motivi? Servizi carenti, cittadini che non hanno i soldi per bypassare, rivolgendosi al privato, le lunghe liste di attesa nelle
strutture pubbliche, oppure che rimandano più
in là esami e visite a causa di ticket che non possono permettersi di pagare». I più penalizzati
sono ancora i cittadini meridionali o coloro che
vivono in Regioni con piani di rientro. «Anche se
queste Regioni stanno riducendo i disavanzi,
non riescono a garantire tutte le prestazioni minime previste dai livelli essenziali di assistenza –
sottolinea Solipaca – . Proprio al Sud c’è un maggior numero di pazienti con malattie croniche.
Servono interventi mirati».
M. G. F.
57
SALUTE
Seminario Ail sul mieloma
In farmacia
«Seminario pazienti» sul mieloma multiplo,
promosso da Ail , l’Associazione italiana contro
le leucemie, i linfomi e il mieloma. L’incontro si
terrà il 18 aprile a Udine (dalle ore 9) nell’aula
magna dell’Università degli studi (Piazzale
Kolbe, 4). Il seminario vuole trasmettere, con
un linguaggio comprensibile a tutti, le
informazioni più aggiornate sulla malattia,
nonché essere occasione di incontro di pazienti
e familiari tra loro e con gli specialisti.
Per informazioni www.ail.it
Al concerto con SLAncio
Il 17 aprile al Teatro Villoresi di Monza (ore 21)
concerto jazz (del maestro Paolo Tomelleri, con
la sua orchestra) a favore (con l’intero ricavato)
del Progetto SLAncio, struttura che, a Monza,
garantisce ricovero e cure a oltre 70 malati di Sla
o in stato vegetativo, e che offre attività di
hospice per pazienti terminali. La
manifestazione è stata organizzata con la
collaborazione del Lions Club Monza parco
e degli altri Lions Club della Brianza. Per
informazioni: SLAncio www.progettoslancio.ittel. 039 39051, [email protected]
Dall’otorino gratuitamente
Il 10 aprile, in occasione della prima Giornata
nazionale della prevenzione
otorinolaringoiatria, a Milano e provincia gli
specialisti dell’Associazione otorinolaringologi
ospedalieri italiani offriranno uno screening
gratuito. Si potrà accedere agli ambulatori di:
A.O. Fatebenefratelli, Istituto europeo di
oncologia, Osp. S. Giuseppe , Osp. San Raffaele,
Humanitas (Rozzano), A.O. di Melegnano ( S.
Maria delle Stelle), Osp. di Vizzolo Predabissi.
Per prenot. www.giornataprevenzioneaooi.it
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
58
S
PECIALE
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graficocreativo
BENESSERE FEMMINILE
Colpisce soprattutto le donne, in Italia sono oltre due milioni tra i 35 e i 65 anni
Incontinenza urinaria:
ecco come risolverla
No a caffè, tè, alcol, cibi piccanti, sì alla ginnastica del pavimento pelvico
U
n colpo di tosse, uno o
più starnuti, una semplice risata, sollevare
un peso, possono avere una conseguenza poco piacevole: far sfuggire qualche goccia
di urina che, oltre a bagnare gli
indumenti intimi, produce un
odore inconfondibile. Sorpresa, imbarazzo, vergogna, sono i
sentimenti che accompagnano
nell’immediato un episodio di
questo tipo. Se quest’ultimo non
è occasionale, ma inizia a ripetersi nel tempo, allora la reazione di
chi ne è colpito può sfociare in
una tendenza a evitare gli spazi aperti, dove è difficile avere a
disposizione i servizi igienici, o
peggio, a rintanarsi in casa, impoverendo così la propria vita sociale. Si tratta delle conseguenze
di un disturbo ben noto agli urologi, l’incontinenza urinaria, il cui
impatto psicologico può essere
davvero pesante. A esserne colpito in misura maggiore è il sesso femminile, in diversi momenti
della vita, soprattutto gravidanza, parto, menopausa, e dopo la
terza età. Oggi si stima che in Italia siano oltre due milioni le don-
ne che soffrono di incontinenza
urinaria, da lieve a moderata. Ma
il dato è per difetto, in quanto rileva solo le diagnosi effettuate
dagli specialisti; mentre non segnala le tante persone che non
ne parlano neppure con il medico curante per pudore o perché
temono che non ci sia nulla da
fare. Invece, occorre intervenire
prima possibile e mettere in atto
tutti quei rimedi che spesso nel
giro di poche settimane riescono
a migliorare la situazione. Con la
prevenzione, infatti, e con l’aiuto
di ausili prodotti ad hoc, si può
tornare a vivere in pieno relazioni
sociali.
C’È QUELLA DA SFORZO
E QUELLA DA URGENZA
Ma vediamo più da vicino di che
cosasitratta.Laformapiùcomune
è detta“da sforzo”, cioè il disturbo
si verifica in coincidenza con il
sollevamento di un peso o per
molto meno, appunto uno starnuto. La causa è l’indebolimento
dei muscoli che sostengono il pavimento pelvico, quella specie di
fascia che a sua volta sostiene la
vescica. Questi muscoli, quando
sono tonici, riescono a tenere a
bada anche per ore una vescica
piena, quindi l’atto della minzione è un qualcosa di volontario, ma
se per diversi motivi non sono al
top, ecco che qualche goccia di
pipì sfugge al controllo. In gravidanza, con il peso dell’utero sulla vescica può succedere che si
sfianchi la struttura delicata che
sostiene quest’organo, come pure
dopo il parto per via dello sforzo
enorme che richiede la nascita
di un bambino. Ma anche essere
semplicemente sovrappeso può
favorire l’incontinenza urinaria,
l’eccesso di sedentarietà, il fumo:
È utile bere
la giusta quantità
di acqua non
solo ai pasti,
ma nell’arco
della giornata
in questi casi va cambiato lo stile
di vita per prevenire e risolvere il
disturbo quando si è manifestato.
Il secondo tipo è l’incontinenza da
“urgenza”, ossia si ha bisogno del
bagno molto più spesso del solito
e si avverte lo stimolo impellente
a volte anche dopo pochi minuti
averlo utilizzato. La causa risiede
in una vescica ipersensibile e iperattiva che invia messaggi errati al
cervello.
SEMPLICI RIMEDI
Secondo l’American College of
Physicians le linee guida per il
trattamento dell’incontinenza urinaria femminile prevedono come
prima scelta gli esercizi che vanno
arinforzareimuscolidelpavimento pelvico. Se eseguiti correttamente, con costanza giornaliera,
bastanounpaiodimesiperprevenire le perdite e migliorare il controllodellavescica.L’idealeèfarseli
insegnare da un fisioterapista che
vispiegheràcomericonoscerli(un
errore è quello di contrarre lo stomaco), ma sono davvero semplici:
laginnasticaconsistenelcontrarre
questi muscoli per 5-10 secondi,
rilasciarlisempreper5-10secondi,
e ripetere il tutto per dieci volte,
per due-tre volte al giorno. Gli
esercizi vanno eseguiti respirando normalmente e mai a vescica
piena.Invece,seilproblemanasce
da una vescica iperattiva bisogna
arrivare a posticipare il momento della minzione almeno di un
quarto d’ora, all’inizio basteranno
anche pochi minuti, l’importante
è gradualmente allenare i muscoli. Tra gli altri consigli non è utile
bere poco, ma è meglio distribuire i liquidi nell’arco della giornata,
escluderequeglialimentichepossono irritare le pareti della vescica,
come cibi piccanti, bevande che
contengono teina e caffeina, alcol,
alimenti acidi. Infine, per sentirsi
sempre tranquille, si possono indossare assorbenti specifici che
annullano odori e sensazione di
bagnato.
Più sicure
e protette
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Sentirsi a proprio agio in
ogni momento, senza limitare il proprio modo di essere: è l’esigenza delle donne
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Maxi, Maxi Night, Super.
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
SALUTE
@
Corriere.it/salute
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a cura di Daniela Natali
Oncologia
Il sito della settimana
È VERO CHE DI TUMORE AL POLMONE
OGGI SI PUÒ GUARIRE
CON UN INTERVENTO POCO INVASIVO?
Risponde
Armando
Santoro
Direttore
Humanitas
Cancer Center,
Milano,
e direttore
scientifico
Accademia
nazionale
di medicina
Mia cugina, che ha 52 anni, è appena
stata operata per un carcinoma polmonare. In famiglia siamo tutti preoccupati, ma anche stupiti, perché la nostra
parente non ha fumato in vita sua neanche una sigaretta, eppure si è ammalata. I medici, tuttavia, le hanno detto
che la sua lesione polmonare era piccola e localizzata; niente metastasi.
Asportata la lesione, con un intervento
chirurgico che peraltro non è stato molto invasivo, mia cugina dovrà fare soltanto dei controlli.
Ma possiamo davvero fidarci di quello che le dicono i medici, oppure peccano di eccessivo ottimismo? O ancora,
non sarà che, per non spaventarla, le
presentano una situazione più rosea di
quella reale?
Ho cercato notizie in proposito e così
ho letto che, con trentotto mila nuovi
casi in Italia ogni anno, quello ai polmoni resta un cancro «big killer», ovvero un tumore che causa ancora molte
morti. Possibile che non ci sia modo di
sconfiggerlo? A che punto è la ricerca su
questa malattia?
I
l fumo è la principale causa di tumore del polmone, sia tra i fumatori attivi sia tra chi è esposto al fumo passivo: nel nostro Paese, su 38 mila
nuovi casi ogni anno (quelli che lei cita
nella sua lettera) sono circa 35 mila
quelli correlati al fumo. Sua cugina appartiene, dunque, a una sfortunata minoranza.
Va detto, tuttavia, che il tumore polmonare è tanto più curabile quanto più
precocemente viene diagnosticato.
Si distinguono principalmente due
forme di questa neoplasia: «a piccole
cellule» e «non a piccole cellule».
Il primo tipo, quello «a piccole cellule», è più raro (rappresenta solo il 20
per cento dei casi) ed è anche il più difficilmente curabile, perché spesso viene diagnosticato in fase metastatica e,
comunque, non è operabile neppure
nelle forme apparentemente localizzate.
Per il carcinoma «a piccole cellule»
l’unica chance terapeutica è, dunque, la
chemio-radioterapia, in grado di ottenere la guarigione nel 20 per cento dei
casi se il tumore è allo stadio iniziale.
Più diffusi sono i tumori polmonari
«non a piccole cellule»: adenocarcinoma, carcinoma squamocellulare e carcinoma a grandi cellule costituiscono, in-
fatti, l’80 per cento dei casi.
Se diagnosticati precocemente,
quando ancora operabili, questi tumori
polmonari sono curabili con buone
percentuali di guarigione.
Le neoplasie in stadio iniziale guariscono nel 60-70 per cento dei casi con la
sola chirurgia; le forme intermedie con
interessamento linfonodale (quello che
gli oncologi definiscono «stadio III»)
sono comunque guaribili nel 30 per
cento dei casi con un approccio di cura
combinato, in cui all’intervento chirurgico viene associata la chemioterapia
ed, eventualmente, nei casi che presentano un esteso interessamento dei linfonodi mediastinici, anche la radioterapia.
Lei chiede notizie sulle novità dal
mondo della ricerca. Ebbene, possiamo
dire che nel campo della chirurgia in
questi ultimi anni abbiamo avuto una
grande evoluzione delle tecniche.
Oggi è, infatti, possibile asportare tumori del polmone al primo stadio in
modo non invasivo, cioè in «videotoracoscopia», con la stessa radicalità oncologica dell’intervento tradizionale, e
con un impatto prognostico che risulta
perfino migliore. Purtroppo, però, solo
una minoranza di tumori polmonari
viene diagnosticata in fase operabile:
neppure le campagne di screening con
Tac spirale annuale hanno dato risultati
chiari sui vantaggi di tale metodica.
L’astensione dal fumo rappresenta
perciò ancora la principale — se non
unica — forma di prevenzione.
Per le forme metastatiche di tumore
polmonare, le terapie di cui disponiamo attualmente sono solo in grado di
bloccare oppure di rallentare l’evoluzione della malattia, con un miglioramento dell’aspettativa di vita del malato che
comunque rimane limitata al breve-medio termine.
Nell’adenocarcinoma dei non fumatori, quale è sua cugina, spesso si riscontra la mutazione dei geni Egfr o
Alk, mutazioni per le quali è possibile
un approccio terapeutico con farmaci
biologici, che sono in grado di prolungare significativamente le aspettative di
vita con una tossicità limitata. Negli altri casi di tumore (adenocarcinomi senza mutazioni, carcinoma squamocellulare e a grandi cellule) la chemioterapia
rappresenta ancora oggi l’unica opzione terapeutica a nostra disposizione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Bollettino dei pollini,
contro le allergie
Dai forum dei nostri esperti
DERMATOLOGIA
L’impetigine può ripresentarsi?
Mio figlio, di 4 anni , l’estate scorsa ha contratto
lo staphylococcus aureus, che ha causato pustole all’inguine e alla pancia. È stato curato con
antibiotico e crema, ma ogni tanto si ripresentano piccole pustole. Possibile che non ci sia niente
da fare? Siamo molto preoccupati.
Risponde
Punto di riferimento per chi
vuole aggiornarsi
sull’andamento dei pollini
è il sito dell’Associazione
italiana di aerobiologia
www.ilpolline.it
In home page, cliccando su
«Bollettino pollinico»,
si possono consultare i dati aggiornati ogni mercoledì forniti dai centri della rete
italiana di monitoraggio
in aerobiologia, gestita
dall’Associazione. Il bollettino
si riferisce ai pollini più
allergenici della settimana.
Sempre in quest’area si può
scaricare l’applicazione
mobile gratuita «Polliniitalia»
che consente di conoscere
concentrazioni e tipo di
pollini allergizzanti su base
geografica. Nella sezione
«Speciale pollini» si segue
l’andamento dei principali
pollini allergenici nelle aree
climatiche di maggior
diffusione, mentre, cliccando
su «Vegetazione d’Italia»,
si hanno informazioni sulle
fasce vegetazionali presenti
nel nostro Paese.
La più cliccata
I sei più comuni sintomi
dell’infarto nelle donne
Nel sesso femminile in nove
casi su dieci sono diversi dal
«classico» dolore al torace
indicativo dell’infarto, che
inizia dietro allo sterno,
sulla parte sinistra del torace
Stefano
Cambiaghi
Unità
dermatologia
pediatrica
ospedale
Policlinico,
Milano
L
GERIATRIA
Disturbi psichici a 87 anni, come curarli?
Mia madre, 87 anni, dopo varie ischemie non
riesce neanche a muovere una mano. Cerchiamo
di non tenerla sempre a letto, ma lei non ne vuole
sapere. Inoltre, ci chiama e urla notte e giorno.
Fino a ora il geriatra non ha trovato una medicina per tranquillizzarla. Non vorrei farla ricoverare, ma sono allo stremo.
Risponde
Niccolò
Marchionni
Direttore
Struttura
medicina
geriatrica,
Ospedale
Careggi,
Firenze
ua madre ha disturbi psicocomportamentali associati a demenza vascolare. È opportuno cercare di controllarli (anche per
dare un po’ di tregua alla famiglia ed evitare l’istituzionalizzazione) con farmaci antipsicotici. Il geriatra troverà alla fine il farmaco (o i farmaci) più appropriati. Altrimenti, chieda una visita psicogeriatrica a una Unità valutativa Alzheimer. Per trovare quella a lei più vicina, si rivolga
alla Associazione italiana di psicogeriatria-Aip
(www.psicogeriatria.it).
S
CARDIOLOGIA
Aorta addominale da controllare?
Mi sono appena sottoposto a un’ecografia all’addome superiore e mi hanno riscontrato, oltre
a un’ernia iatale, un’ectasia sovrarenale dell’aorta addominale di dimensione 20x30 mm.
Come mi devo comportare per il futuro? E' preoccupante questo referto?
Il video
Risponde
Come si pone con sicurezza
la diagnosi di celiachia?
Da martedì su Corriere.it
intervista con il dottor
Luca Elli, responsabile
del centro per la prevenzione
e la diagnosi della celiachia
del Policlinico di Milano
e infezioni cutanee da stafilococco non lasciano un’immunità permanente, al contrario, ad esempio, della varicella. È quindi
sempre possibile avere nel corso della vita
altre infezioni stafilococciche, così come si può
riprendere il raffreddore. La più comune infezione da stafilococco aureo in età pediatrica è
l’impetigine, come nel caso di suo figlio, ma anche follicoliti, foruncoli e altre dermatosi sono
sostenute dallo stesso germe. Il trattamento adeguato è in ogni evenienza quello antibiotico, locale (creme, pomate) o per via orale.
Filippo Crea
Direttore
Dipartimento
scienze
cardiovascolari
Policlinico
Gemelli,
Roma
valori riscontrati, che lei riporta nella sua lettera, non sono preoccupanti e molto lontani
dalla soglia di 50 mm, oltre la quale va considerata l’opportunità di un impianto di protesi.
È tuttavia fondamentale un controllo ottimale
dei valori pressori e degli altri fattori di rischio
cardiovascolare come: fumo, ipercolesterolemia, diabete. I controlli dovranno essere concordati con il suo medico curante.
Le consiglio anche di sottoporsi a un controllo
ecocolordoppler dell’aorta addominale con cadenza annuale.
I
60
Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
61
Tv - Oggi
TELERACCOMANDO
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al 3 al 12 aprile, Sky
dedica il canale 304 al
magico mondo delle
Principesse Disney: 20 film
con 8 classici d’animazione.
E stasera in prima visione
l’originale rilettura de La
Bella addormentata nel
bosco, con Angelina Jolie
(foto) nei panni della strega
Malefica che, tradita
dall’uomo amato, lancia
una maledizione su Aurora.
Domani, Cenerentola.
Maleficent
Sky Cinema 1, ore 21.10
Il borgo più bello
di tutta Italia
È
arrivato il momento del
verdetto finale; Camila
Raznovich e Vergassola
incoroneranno il borgo più
bello. Scopriremo i 20
finalisti attraverso un
filmato di presentazione in
un viaggio alla scoperta di
luoghi, tradizioni, cibi e
folklore.
Kilimangiaro - Speciale
Rai3, ore 21.15
Sei speciali
sul culto di Cristo
U
n documentario sulla
vita di Gesù: 6 episodi
(che mescolano il
linguaggio
documentaristico con la
fiction), analizzano 6
oggetti legati al culto del
Cristo: la Sacra Sindone, le
reliquie di Giovanni
Battista, il vangelo di Giuda,
i frammenti della Vera
Croce, Maria Maddalena e il
misterioso fratello di Gesù.
Jesus Code
Focus, ore 21.15
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
62
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il dramma di Aurora,
una giovane donna lasciata
dal marito e per questo
costretta dalla crisi a vivere
con la figlia a bordo di
un’automobile. La
protagonista è interpretata
da Cristiana Capotondi
(foto). Per fortuna in suo
aiuto arriva un volontario,
Francesco (Simone
Montedoro).
Una casa nel cuore
Rai1, ore 21.15
Gerry Scotti saluta
con nuovi record
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Due melodrammi
da Salisburgo
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al Festival di Pasqua di
Salisburgo, uno dei più
rinomati del mondo, due
capolavori del grande
melodramma italiano.
Dalla Sala Grande del
Festival: «Cavalleria
Rusticana» di Pietro
Mascagni e «Pagliacci» di
Ruggero Leoncavallo. La
serata sarà introdotta da
Silvia Corbetta e Valerio
Cappelli.
Cavalleria rusticana e Pagliacci
Sky Classica HD, ore 21.10
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ltima puntata per Gerry
Scotti affiancato, in
veste di inviato, da suo
figlio Edoardo. Tra i record
più bizzarri proposti in
questa ultima puntata: Olga
Liashchuk, in un minuto,
cercherà di schiacciare tra
le cosce più angurie
possibili. I due giganti,
Zydrunas e Thor, si
affronteranno per decretare
chi è il più forte del mondo.
Lo Show dei record
Canale 5, ore 21.10
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Corriere della Sera Domenica 5 Aprile 2015
63
Sul web
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
LA TELEVISIONE IN NUMERI
Partenza in sordina per il «Karaoke» targato Angelo Pintus
Top & Flop
I
l «Karaoke reloaded» targato Angelo Pintus
parte in sordina, ma i confronti colla vecchia
edizione di Fiorello degli anni Novanta hanno
poco senso, perché in tv tutto è profondamente cambiato. Rilanciato questa settimana su
Italia 1 in una fascia del palinsesto particolarmente
delicata — caratterizzata dalla grande forza «rituale» che i tg della sera sanno ancora esprimere — lo
storico programma di casa Mediaset ha raccolto
nelle sue prime messe in onda 1.132.000 spettatori,
per una share del 4,9%.
La partenza, lunedì poco prima delle otto, è sembrata incoraggiante: 1.339.000 spettatori, per una
share del 5,6%. Poi, nei giorni successivi, con l’esau-
BULGARIA – ITALIA
Antonio Conte
Bulgaria – Italia (I tempo)
7.821.000 spettatori,
30,84% di share, Rai1,
sabato 28 marzo, ore 20.45
SPANGLISH – QUANDO...
Adam Sandler
«Spanglish -Quando in...»,
477.000 spettatori, 2,18%
di share, La7, sabato 28
marzo, ore 21.16
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avanti alla rete: +0,2%. L’aspetto curioso della vicenda «Karaoke» è che anche la prima edizione targata
Fiorello partì in sordina, per arrivare, in qualche
mese, a raccogliere quasi tre milioni di spettatori.
Certo è che la televisione generalista sembra oggi
un po’ involuta, incapace di sperimentare formule
innovative, ripiegata sulla ripetizione delle glorie
passate. (a.g.)
In collaborazione con Massimo Scaglioni
elaborazione Geca su dati Auditel.
rimento dell’effetto «novità» — se così si può dire
— la trasmissione ha perso qualche migliaia di
spettatori.
Un aspetto senz’altro positivo è rappresentato
dalla composizione del pubblico del programma:
oltre 7,8% lo share sul target commerciale, con picchi fra gli spettatori con età comprese fra i 15 e 24
anni (12,5% di share) e fra 35 e 44 anni (9,3%). Il «Karaoke reloaded» piace lievemente di più al pubblico
femminile (5% di share) rispetto a quello maschile
(4,7%), ma è la territorialità l’elemento più significativo: Pintus va meglio in alcune regioni (quasi 9%
in Liguria, oltre 6% in Lombardia) mentre resta al
palo in altre (meno del 3% in Toscana). Altro ele-
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Lotto Svizzero Estrazione di sabato 4 aprile 2015
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LA SOLUZIONE DI IERI
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Come si gioca
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Ai 2 stella:
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Agli 0 stella:
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28 Numero Jolly
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Jackpot indicativo prossimo concorso: 5.500.000,00
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Domenica 5 Aprile 2015 Corriere della Sera
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