Numero 1- NOVEMBRE 2013 il Bartolomeo Il giornale degli Zucchini Editoriale Ricordo che all'età di sei anni chiesi per la prima volta un diario personale: avevo appena imparato a scrivere, ma già mi piaceva e da allora non ho più smesso. Credo che in uno dei tanti cassetti (puntualmente disordinati) della mia libreria ci siano circa una ventina di diari e non biasimo coloro che mi reputano un po' matta. Talvolta mi diverto a rileggerli tutti e a osservarli anche da un punto di vista estetico: ognuno, immancabilmente, rappresenta una fase, uno slancio o un cambiamento della mia vita. Una svariata moltitudine di copertine continua a dare colore e luce alle mie giornate e quei diari sono uno il prosieguo dell'altro, si succedono senza posa sino ad arrivare all'ultimo, quello attuale, che in sé li contiene tutti. Sembra quasi che si siano vicendevolmente aspettati e dati il cambio. Questo legame che ho instaurato con la parola scritta è un aspetto che certamente mi appaga ma che tuttavia un po' mi limita...Quando infatti esprimo un sentimento o un pensiero ho sempre prima l'istinto di scrivere piuttosto che di parlare: citando il film “Mine vaganti” di Ferzan Ozpetek , anch'io, come il protagonista, se dovessi per esempio rispondere a una domanda , direi: "aspettate un attimo, adesso vado di là, la scrivo, e ve la faccio leggere, così magari mi capite ...riesco a spiegarmi meglio". Per questo adoro il teatro, adoro il cinema, adoro le poesie: tu devi “solo” fare tuo quello che leggi, ma ogni cosa è già scritta e fissata nel momento dell'espressione del sentimento. Non è come nella realtà quotidiana, che ti costringe alla velocità, alla immediatezza, per cui bisogna dire tutto e subito e, oltre a tentare di frenare il frantumarsi dei sentimenti sullo scoglio della tua anima, tu devi preoccuparti all'istante di come dire una certa cosa... Assurdo, se ci pensate. Non a caso molte persone si “preparano prima” i discorsi importanti: improvvisare è un'impresa spavalda e, senza dubbio, rischiare a mo' di Don Chisciotte dà il brivido del rischio (che ci piace), ma quando ci troviamo a girare incastrati nelle pale del mulino a vento è più difficile liberarsi...! Il libro che mi insegnò a scrivere, e a cui devo la metà delle mie conoscenze di aspirante scrittrice, è il “Manuale del giovane scrittore creativo “ di Bianca Pitzorno. È in suo onore infatti che si spiega il titolo di tale articolo. Era un libro per bambini, ma bambini che volevano capire la bellezza dell'arte, in questo caso dell'arte dello scrivere. Citando testualmente il primo capitolo del manuale, la Pitzorno scrive: “Per diventare un vero scrittore creativo , prima di tutto vi occorre un luogo in cui ritirarvi a scrivere in pace, o anche solo a meditare in attesa dell'ispirazione (…) Ma non è indispensabile che sia proprio una stanza. Nella storia della letteratura troviamo autori che hanno cercato il raccoglimento e l'ispirazione nei luoghi più diversi. Che sia la cima di un albero, uno scompartimento ferroviario, l'anticamera del dentista o la vasca da bagno, l'essenziale è che il luogo prescelto piaccia a voi(...)” E aggiunge poi un aspetto che riguarda noi studenti in particolare : “ Si sconsiglia (…) di usare l'aula scolastica durante una lezione. A meno che non vogliate sottoporre il vostro capolavoro al giudizio di quegli esseri, spesso non benevoli nei confronti degli artisti, che si chiamano insegnanti(...)” In qualità di direttrice del giornalino studentesco di quest'anno ho pensato di esordire con un elogio della scrittura, perché questo nella vita voglio fare: voglio scrivere. Scrivere e trasformare ciò che scrivo in sequenze di luce,colori e figure, in immagini, in un film. E voglio che la gente legga, che la gente guardi. Ogni lavoro, davvero qualsiasi attività, può essere artistica e creare nel suo piccolo un quadro di vita. E se la vita ci annoia veramente, se i sentimenti che proviamo sono destinati a finire e se siamo condannati a vivere in una eterna illusione, l'arte però, come diceva Foscolo, crea mondi diversi. E a quei mondi alternativi noi possiamo ispirarci per migliorare il mondo in cui viviamo. E perciò, come disse Charles Bukowski, “se fra voi c'è qualcuno che si sente abbastanza matto da voler diventare scrittore, gli consiglio: va' avanti, sputa in un occhio al sole, schiaccia quei tasti, è la migliore pazzia che possa esserci, i secoli chiedono aiuto, la specie aspira spasmodicamente alla luce, e all'azzardo, e alle risate. Regalateglieli. Ci sono abbastanza parole per noi tutti...” Alice Pennino 3°D Numero 1- NOVEMBRE 2013 INDICE • Editoriale pag. 1 • Antimafia pag. 3 • Questo amore innocente pag. 5 • I'll see you when I fall asleep pag. 6 • Kung Fu Panda pag. 7 • The only way to have a friend is to be one pag. 8 • Manipolazioni mediatiche e mondo del cosplay pag. 9 • Effice ut ego mortem non effugiam, vita me non effugiat pag. 10 • Cambio vita...vado allo Zucchi! Pag. 11 • Una puzzola di nome Henry pag. 12 • Network pag. 14 • Forse pag. 15 • Mare di Sangue pag. 16 • Il bar degli scrittori mancati VII pag. 17 • Memento Movie pag. 19 • The Bling Ring pag. 22 • La rubrica storica: Historiae modoetia pag. 23 • Il cavallo che sussurrava all'arte pag. 24 • Viaggio con una sola guida: “L'arte contemporanea” pag. 25 • L'eredità pag. 26 • Fin dove la ragione può? Pag 27 • U.S.E. Pag. 28 • Eric Priebke: storia e polemiche pag. 29 • Peter Gabriel: Secret World Live pag. 30 • Le ricette per gli zucchini & Co pag. 31 • Le 9 cose che non sa i pag. 32 • L'altra finale, se il calcio è solo felicità pag. 33 • Interviste ai professori pag. 34 • Eventi pag. 35 • Giochi pag. 36 • Vignette pag. 37 • Redazione pag. 39 RIFLESSIONI ZUCCHINE 2 RIFLESSIONI ZUCCHINE Numero 1- NOVEMBRE 2013 Antimaf ia Apriamo gli occhi e parliamo di mafia Ho deciso di parlare di mafia nei miei articoli poiché sono convinta che in Italia (e non solo) sia un tema fondamentale ma di cui non si parla abbastanza, o meglio, che viene volutamente e costantemente ignorato, e questo mi fa provare un’ immensa amarezza. Come si può trascurare il fatto che nel nostro paese la criminalità organizzata esista, continui ad agire credendo e basandosi sull’illegalità e a crescere trovando consenso o, appunto, disinteresse e noncuranza? E’ assolutamente innegabile che la mafia ci sia, abbia una storia ed un’ evoluzione nel tempo, si sia diffusa in tutta Italia e nel mondo. E vi assicuro che sentendone parlare da persone competenti, perché l’hanno studiata o perché l’hanno vissuta in prima persona, ci si rende conto che si tratta di un fenomeno molto sottovalutato e più complesso di quanto comunemente si creda. Di fronte ad un nemico interno pericolosamente organizzato e radicato nel territorio, che si crede e si comporta da padrone, che rovina intere generazioni, che si basa su una mentalità malsana, ingiusta, crudele e illegale, che agisce per il proprio sporco guadagno contro ogni diritto, lo Stato e tutti i cittadini dovrebbero interessarsi e combattere. Invece non è così, se ne occupano solo pochissimi cittadini, e qualche volta (forse?) anche lo Stato. Ora, il primo passo per combattere la mafia è parlarne. Le mafie sono una forma di criminalità organizzata nata nel XIX secolo nell’Italia meridionale ponendosi in opposizione e come alternativa ad uno stato che non rispondeva, bensì reprimeva le richieste di diritti che la popolazione bisognosa avanzava; ha sfruttato la povertà, l’ignoranza, la debolezza per farsi strada e crescere. In una fase successiva si è diffusa nel nord Italia poiché vi ha trovato persone (né siciliane, né calabresi, né campane, né pugliesi) economicamente benestanti o politicamente potenti disposte e favorevoli all’illegalità, alla corruzione, all’ingiustizia. Mi è stato sufficiente cercare nei giornali usciti nell’arco di tempo di un solo mese per trovare numerose notizie sull’attività dell’ organizzazione mafiosa in diversi luoghi del paese. Devo però tristemente constatare e voglio sottolineare che tali informazioni non le ho ricavate dai telegiornali o nelle prime pagine dei quotidiani nazionali. La conclusione che posso trarre da ciò è che non solo le istituzioni (intese come strutture dello Stato), ma anche i media sembrano trascurare uno dei maggiori e più gravi problemi del nostro paese. Si tratta quindi di storie nascoste e poco raccontate di persone coraggiose, coerenti, ottimiste in tutta Italia (Calabria, Lombardia, Sicilia, Toscana) che si rimboccano le maniche nella lotta contro la mafia. Ne cito solo alcune come esempio. Giovedì 12 settembre i componenti della cooperativa Terre Ioniche della rete di Libera hanno trovato sul portone del capannone la scritta “State attenti allontanatevi morte” insieme a tre proiettili attaccati col nastro adesivo, un chiaro tentativo di minaccia e intimidazione. Questo capannone si trova presso le terre confiscate alla 'ndrina degli Arena di Isola Capo Rizzuto (Calabria) e consegnate a questa associazione che se ne occupa in modo pulito anziché restare abbandonate e improduttive. Il motivo di questo gesto è proprio il timore della ‘ndrangheta di fronte al consenso che questi giovani con il loro lavoro stanno iniziando ad ottenere nel “loro” territorio. Questo episodio, però, non ha fermato la cooperativa poiché la fede nel progetto di lotta antimafia è in loro più forte della paura causata dalle minacce di morte. Giovedì 26 settembre su Il Cittadino MB è uscito un articolo relativo ad una conferenza stampa sulla sentenza Infinito (una maxi operazione contro la criminalità organizzata in Lombardia). Qui si può leggere che i magistrati parlano espressamente di “’ndrangheta padana”, parzialmente autonoma rispetto alla casa madre calabrese, che opera nella “diffusa omertà”. Condizione “che porta le vittime a subire senza denunciare, a nascondere piuttosto che a rivelare” . L’attività dei mafiosi nella nostra regione consiste prevalentemente nell’infiltrarsi nelle attività economiche e politiche locali. Ed è interessante rilevare un nuovo fenomeno all’interno della ‘ndrangheta: negli ultimi anni le locali (o cosche) al nord (in particolare in Lombardia) tendono sempre più a ricercare una autonomia dalla base calabrese, fatto testimoniato dall’assassinio di Carmelo Novella, al vertice della ‘ndrangheta del nord. 3 RIFLESSIONI ZUCCHINE Domenica 8 settembre associazioni, enti locali e singoli cittadini si sono uniti in manifestazione a Suvignano (Siena) per impedire la vendita all’asta dei 700 ettari di terreno confiscati a Vincenzo Piazza, imprenditore che intratteneva affari con Cosa Nostra. Perché? Perché questo avrebbe comportato la possibilità (se non la certezza) che la mafia si riappropriasse del bene mediante un prestanome o ricattando chi la avesse acquistata, rendendo vano tutto il lavoro precedente culminato nella confisca e facendo risultare i mafiosi come vincitori e superiori rispetto allo Stato e alla legge. Cosa Nostra è uscita perdente da questa battaglia, infatti l’asta è stata fermata e i beni in questione sono stati affidati alla regione Toscana per un riutilizzo sociale e pulito delle terre e delle aziende. Nella quinta puntata della quinta stagione de Il Testimone Pif racconta la storia di Giorgio, proprietario di un bar a Càccamo (Palermo) che ha denunciato un suo compaesano poiché da qualche tempo aveva iniziato a chiedergli in modo ambiguo sempre più soldi e favori. E’ poi emerso dalle indagini che quest’uomo aveva rapporti e legami con la mafia, è stato arrestato e dall’inizio del processo Giorgio ha iniziato a perdere clienti perché dichiaravano di avere paura di sparatorie o situazioni pericolose nel suo locale. Molti nel paese gli rivolgono sguardi malevoli e lo allontanano perché lui avrebbe potuto sistemare la faccenda e risolvere il problema senza ricorrere alle autorità e facendo arrestare un suo compaesano e padre di famiglia. Questo giovane imprenditore ha compiuto consapevolmente e coraggiosamente una scelta impopolare: denunciare la mafia in un piccolo centro di Sicilia; e lo ha fatto una seconda volta quando gli è stato proposto del denaro in cambio della ritrattazione della denuncia al processo. E’ stato il primo a rivolgersi all’Associazione antiracket AddioPizzo, formata pochi anni fa da un gruppo di giovani Palermitani. Ora quell’uomo è uscito di prigione, abita di fronte a Giorgio e ha aperto un’attività a poche decine di metri dal suo bar; ma la lotta continua, le intimidazioni vengono respinte. Resta però l’amarezza e lo sconforto di “un sistema Numero 1- NOVEMBRE 2013 che non va”, di uno Stato che non è presente e di “persone che stanno a guardare”. Il filo conduttore, l’ elemento comune a tutte queste vicende consiste nel coraggio, nell’onestà, nella fiducia e nella speranza nella lotta alla mafia in opposizione alla paura che essa vuole suscitare in chi vi si oppone. “Ci sono stati uomini che hanno scritto pagine Appunti di una vita dal valore inestimabile Insostituibili perché hanno denunciato il più corrotto dei sistemi troppo spesso ignorato […] Ci sono stati uomini che sono morti giovani Ma consapevoli che le loro idee Sarebbero rimaste nei secoli come parole iperbole Intatte e reali come piccoli miracoli Idee di uguaglianza idee di educazione Contro ogni uomo che eserciti oppressione Contro ogni suo simile contro chi è più debole Contro chi sotterra la coscienza nel cemento […] Ci sono stati uomini che hanno continuato Nonostante intorno fosse tutto bruciato Perché in fondo questa vita non ha significato Se hai paura di una bomba o di un fucile puntato” (Pensa, Fabrizio Moro) Se parliamo di queste storie e di queste persone contribuiamo ad evitare che le loro vite e, in certi casi, le loro morti siano state inutili, vane. Perciò parlatene, informatevi, non lasciatevi prendere in giro e non fate finta di niente. Simona Pronestì IIID 4 RIFLESSIONI ZUCCHINE Numero 1- NOVEMBRE 2013 Questo amore innocente Oltre le apparenze di un amore scontato Questo amore che ci consuma. L’amore, non solo l’inchiostro di una vecchia penna stilografica che tracciava parole su di un foglio bianco. Perché l’amore non è mai solo un amore di carta: esso esiste, perché si versa in forma materiale, altrimenti non potrebbe mai essere visto. Lo puoi trovare nel movimento lento di un cucchiaino nella caffettiera, quando la mamma prepara la merenda; nel bacio di una sorella prima di andare a dormire; nella dedica incredibile di un amico creduto troppo chiuso in se stesso per dimostrarti che ti vuole bene o nel regalo a sorpresa in un giorno qualunque. Amare si manifesta in tante sfaccettature, con mille maschere. Affetto, amicizia, fiducia, sono tutte forme di amore, in fondo. Vivere senza amore sarebbe come vivere senza un braccio o una gamba, senza una parte importante di noi. Ma è tanto diverso dal vivere senza un amore ricambiato? Come puoi guardare un amico struggersi per una persona che lo tratta male, sapendo che non potrai mai farci assolutamente niente? Come sentirsi impotenti di fronte ad una ruota che continua a girare, sapendo benissimo che, se solo tentassi di fermarla, ti faresti inevitabilmente del male. E intanto, non puoi fare altro che restare a guardare, supportare il tuo amico e sperare che un giorno, quella persona, dall’altra parte, dimostri di meritarlo. Esistono gli amori sbagliati? Esiste un amore che possa ritenersi giusto? Un unico modo di amare che condividono tutti? L’amore è l’energia che fa andare avanti il mondo, perché senza amore non avresti la forza per superare gli ostacoli che la vita ti presenta. Perché senza amore, non c’è perdono e nemmeno salvezza. Non c’è speranza. Non si tratta solo di amore per un’altra persona, quello che toglie il respiro e la lucidità mentale, ma anche di amare ciò che esiste, di rendersi conto che qualunque esperienza stiamo vivendo, nel bene o nel male, sia irripetibile. Per quanto se ne dica, Aristotele aveva ragione, quando diceva di guardare il mondo con gli occhi di un bambino: bisogna farci caso, per rendersene conto, provare a camminare per strada con passo lento, toccare le colonne di pietra, ascoltare il rumore delle gomme delle auto contro l’asfalto, riempirsi i polmoni dell’odore della pioggia. Non possiamo andare avanti ad occuparci di ciò che è futile, di preoccuparci di qualcosa di inutile, di dimenticarci quanto siamo fortunati semplicemente ad esistere, anche senza conoscere il perché o il come. C’è qualcosa che l’umanità ha perso. Quando si sente in televisione di un massacro, di una guerra, di una sfilata di moda, della scoperta di qualche rarità, ormai si tende a dare tutto per scontato. I bambini rimangono sempre in casa a giocare con gli apparecchi elettronici; i ragazzi studiano solo per il voto scolastico; gli adulti vanno presto a dormire senza ascoltare la giornata dei propri figli. Può apparire davvero stupido, ma è importante chiedere: “Com’è andata oggi?” o “Ti sei divertito a scuola?” Quando Giovanni XXIII diceva ai genitori di tornare a casa e di fare una carezza ai figli, lo faceva a buon diritto. Non sono mai sprecati i gesti d’affetto, non bisognerebbe mai avere paura di dimostrarne. Sarà proprio questo amore, nascosto e maltrattato, a salvarci. Da una parte è difficile sentirlo nostro, da una parte vorremmo non provarlo, perché provoca troppo dolore, a volte; ma è una parte troppo rilevante della nostra vita per lasciarci andare all’odio. Non possiamo permettere che gli avvenimenti brutti della vita ci facciano dimenticare di chi siamo o di chi vogliamo bene, perché uscire dall’acqua senza ossigeno non ha mai aiutato nessuno. Nessuno può dire che sia facile, nessuno può dire che sia la strada più comoda da seguire, ma tutti possono dire che sia la migliore. Non facciamo sparire l’amore dalle nostre vite per la paura di soffrire, di essere respinti o presi in giro. Sbagliamo, anche per amore o amando, poi rialziamoci e permettiamoci di sbagliare di nuovo. Sarà l’amore a tirarci su, sarà l’amore a salvarci. Erica De Matteo I B 5 RIFLESSIONI ZUCCHINE Numero 1- NOVEMBRE 2013 I'll see you when i fall asleep In questo mondo siamo tutti sognatori. Basta guardare un punto qualsiasi di una stanza, il cielo azzurro, il vetro di una finestra, ed ecco che esso si trasforma improvvisamente nello sfondo di una piacevole fantasticheria, dove ogni desiderio sembra realizzarsi senza alcuno sforzo: davanti ai nostri occhi increduli si manifesta una realtà completamente diversa, dove -anche per poco- possiamo avventurarci nei nostri libri e film preferiti, sposiamo il cantante che ci fa battere il cuore e riviviamo momenti perduti. Tutto ciò appartiene solo a noi, in questo luogo gli occhi curiosi dei passanti sempre pronti ad osservare e giudicare non possono arrivare; è una separazione da ciò che di concreto ci circonda, perché spesso preferiamo l'intangibilità di un sogno e di una speranza alla noiosa quotidianità. E basta scuotere impercettibilmente il capo, strizzare gli occhi poco prima persi ed ecco che lentamente riappare il paesaggio, il chiacchiericcio delle persone, gli odori di pioggia e città: con uno schiocco di dita siamo tornati al punto di partenza, un sorrisetto enigmatico stampato sul volto ad indicare le nostre segrete attività. Eppure io odio i sogni. Parlo dei sogni veri, quelli che appena chiudi gli occhi ed appoggi la testa stanca sul morbido cuscino ti assalgono e ti prendono alle spalle, codardi e vigliacchi come solo loro possono essere. Ognuno di noi, per diversi motivi e situazioni, racchiude dentro sé le verità taciute persino a se stesso, quelle verità segrete nascoste sotterrate forse quasi dimenticate, quelle che, appena ne percepisci la flebile presenza, ti allontani furtivamente con la paura di essere scoperto. Nel buio del sonno esse si liberano dalle loro catene, sovraffollano la mente attaccando a tradimento: il profumo di pelle familiare, voci da tempo conosciute che strappano una fitta al cuore si avvicinano sotto mentite spoglie, i pianti malinconici cessano e ci appare una nuova realtà fatta di gioia, sorrisi e speranze; e nel sogno ci sembra di volare verso i colori accesi di un arcobaleno, quando altri non siamo che un Icaro in procinto di cadere rovinosamente al suolo. Basta aprire faticosamente gli occhi alle luci di un nuovo giorno e sbattere un paio di volte le palpebre per realizzare con inquietudine crescente che il nostro sogno notturno è appena andato in pezzi davanti al nostro sguardo incredulo: e non ti capaciti, la mente ancora annebbiata dal sonno appena interrotto, che quanto poco prima sembrava così vero e tangibile ora altro non è che un ricordo sbiadito, velato di quella malinconia che ogni giorno rifuggi. Vane promesse, gioie temporanee o anche paure nascoste e dolori scoperti, ecco quanto i sogni hanno da offrirci: non ci resta che la speranza, il sogno di chi è sveglio, poiché noi comuni mortali nulla possiamo contro le capricciose decisioni di Morfeo. Giorgia D'Aversa I E 6 Numero 1- NOVEMBRE 2013 RIFLESSIONI ZUCCHINE Kung Fu Panda In questo mio primo mese di scuola il compito che mi ha più stupita è stato quello assegnato dal prof. Ceriani Andrea, l’insegnante di religione. Si trattava di guardare il film “Kung Fu Panda”. Inizialmente ero molto perplessa: non capivo a cosa servisse guardare un cartone animato per bambini!! Nonostante tutto era pur sempre un compito, così ho deciso di vederlo comunque. Ora, dopo averlo visto ben due volte, ho capito perché il prof ce l’ha assegnato. Questa non è solamene la storia di un panda ciccione che cerca di diventare il guerriero più grande e più potente di tutta la Cina. È una storia che ci insegna ad avere autostima e a credere in noi stessi. Al giorno d’oggi ci lasciamo molto influenzare dal pensiero di chi ci circonda perché abbiamo paura di non essere accettati. Viviamo in una società nella quale per farsi rispettare è indispensabile diventare qualcuno, e per diventare qualcuno dobbiamo rientrare in particolari canoni. In questo modo ci stiamo trasformando in una società di persone identiche, nella quale non esiste più originalità e dove il diverso è disprezzato ed isolato. Penso perciò che ognuno di noi debba avere lo stesso coraggio di Po: non dobbiamo temere di essere noi il “diverso”. Po, che riveste il ruolo del diverso, è un arricchimento: nessuno avrebbe mai pensato che un panda ciccione sarebbe riuscito a sconfiggere il guerriero più forte e cattivo di tutta la Cina. Non dobbiamo vergognarci dei nostri difetti, ma piuttosto avere autostima in noi stessi e non arrenderci mai, perché solo così prima o poi riusciremo ad abbattere i nostri limiti. Nulla infondo è impossibile se crediamo veramente in ciò che facciamo. Questo concetto è ribadito nel film anche da maestro Oogway, la vecchia e saggia tartaruga, che infatti dice: “ T u d e v i s o l a m e n t e c r e d e r e ! ”. Dobbiamo far nostra la scoperta di Po: “n o n e s i s t e u n i n g r e d i e n t e s e g r e t o , p e r c h é l ’ i n g r e d i e n t e s e g r e t o s e i t u ”. Ognuno di noi è unico e speciale e per questo motivo non dobbiamo cercare di imitare gli altri: dobbiamo difendere la nostra identità!! Non dobbiamo sprecare il nostro tempo alla ricerca di un ingrediente segreto per la felicità: “ Non esiste un ingrediente segreto. P e r r e n d e r e u n a c o s a speciale devi solo credere che sia s p e c i a l e ”. Questo è il vero segreto per vivere una vita felice: bisogna saper apprezzare ogni cosa, anche la più piccola. Una delle frasi che viene ripetuta molte volte in questo film è: “ I l c a s o n o n e s i s t e ”. Nulla nella nostra vita accade per caso: tutte le cose che ci accadono dipendono da noi, dalla nostra volontà, dalle nostre scelte, dalle nostre decisioni, tutto ha un motivo. Un’altra frase citata dal saggio maestro Oogway è: “ N o n esistono buone e cattive notizie: esistono s o l o n o t i z i e ! ”. Tutti gli eventi che accadono nella nostra vita sono neutri: siamo noi che diamo loro una valenza positiva o una negativa. La frase più famosa di questo film è sempre detta da Oogway: “ T i p r e o c c u p i t r o p p o d i c i ò c h e era e di ciò che sarà. C ’è un detto: ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un d o n o … p e r q u e s t o s i c h i a m a p r e s e n t e ”. Molte volte nella nostra vita ci preoccupiamo di ciò che è già accaduto di ciò che ci potrà accadere. In questo modo però non viviamo la vita momento per momento, o meglio non viviamo il presente perché presi da 1000 pensieri. Per vivere bene bisogna saper vivere il presente che, come dice la parola stessa, è un dono e perciò come tutti i regali deve essere apprezzato. Credo che abbiate capito che maestro Oogway in questa storia riveste il ruolo di saggio, di punto di riferimento, di guida. Egli crede davvero che Po sia il Guerriero Dragone nonostante il suo aspetto fisico e le sue capacità. Oogway crede in lui e infine riesce anche a convincere maestro Shifu a credere in Po. Un altro importante personaggio è Tai Lung, il cattivo e potente guerriero che vuole impadronirsi della Pergamena del Drago. Tai Lung rappresenta un po’ tutti i nostri impulsi, la nostra rabbia e la nostra cattiveria che teniamo chiusa nel nostro cuore. Più li teniamo dentro di noi più essi aumentano e meno riusciamo a controllarli. Nel film l’evasione di Tai Lung è dovuta a un fatto banale: una piuma persa dal pennuto messaggero di Shifu. Basta così una piccola cosa per far esplodere ciò che è rinchiuso in noi. Ho capito che questo cartone animato è un vero e proprio insegnamento di vita e in queste righe spero di essere riuscita a trasmettervi i tanti insegnamenti di questo film, in particolare quello di C R E D E R E S E M P R E I N S E S T E S S I . Martina Girardi IV E 7 RIFLESSIONI ZUCCHINE Numero 1- NOVEMBRE 2013 The only way to have a fr iend is to be one Il miglior modo per avere amici è esserlo Amicizia vera. Due delle poche parole che solo a sentirle sono in grado di darci una garanzia, una certezza. L’amicizia è quel sentimento che è in grado di darci grandi gioie ma anche grandi delusioni. L’amicizia è qualcosa in continua evoluzione, è qualcosa che cresce con noi .. Quando siamo bambini l’amicizia è basata sui giochi e sul divertimento, poi cresciamo e diventiamo adolescenti e anche l’amicizia cresce e incomincia a basarsi su dei sentimenti profondi come la fiducia, la sincerità e la disponibilità; infine si diventa adulti e capita che l’amicizia si trasformi in qualcosa di più grande, l’amore. Io personalmente credo che l’amicizia sia una delle cose più belle che Dio ci abbia dato, perché, per mia esperienza, è sempre stata quella cosa che ha saputo darmi un sorriso o un consiglio quando ne avevo bisogno. Avere un amico però significa anche sapere essere onesti e sinceri, perché l’amicizia è un rapporto alla pari, basato sul rispetto, la stima, e la disponibilità reciproca. Una vera amicizia non ha condizioni, non ha gelosie o invidie. Una vera amicizia vive solo per la voglia di avere qualcuno con cui parlare senza aver paura di sbagliare, una vera amicizia resiste perché, anche se c’è il buono ed il cattivo tempo, esiste sempre un modo per far risorgere il sole quando piove. Una vera amicizia è rara .. e va custodita come uno dei tesori più preziosi . Gli amici si differenziano in semplici amici e migliori amici, e penso che sia il caso di specificare il significato di queste due categorie nonostante possano sembrare uguali. I migliori amici sono quelle persone che quando sanno che stai male, non solo ti consolano, ma ovunque tu ti trovi vengono da te e ti danno quell’abbraccio di cui hai bisogno; i migliori amici sono coloro che anche alle tre di notte sono disposti a parlare con te; i migliori amici sono coloro alla quale sai che puoi dire tutto e si terranno tutto per sé; i migliori amici sono coloro che, col tempo, diventeranno i tuoi fratelli o le tue sorelle. Un buon amico non ha solo parole confortanti, ma anche rimproveri e opinioni. Un vero amico non sa dire solo bravo, ma sa dirti anche che hai sbagliato. Se nel momento in cui lo fa ci sentiamo criticati e giudicati, allora forse non sappiamo cosa sia un “vero amico”. Sono proprio quelli che ti rimproverano se sbagli ad essere i migliori non certo quelli che dicono sempre e solo “si, si”! E sono i migliori perché sai che ciò che uscirà dalla loro bocca sarà sempre ciò che realmente pensano. Un grande commediografo greco antico di nome Aristofane affermò che: “Si decide in fretta di essere amici, ma l’amicizia è un frutto che matura lentamente”; penso che l’amicizia sia un sentimento che si coltiva e che col tempo possa diventare qualcosa di immenso e di bellissimo. Fino ad ora abbiamo parlato dell’amicizia tra due o più uomini ma sappiamo che esiste anche l’amicizia tra uomo e animale, per esempio quella con il gatto e il cane, due tipici animali domestici. L’amicizia tra l’uomo e il cane, per esempio, è diversa da quella tra gli uomini, fondamentalmente per il fatto che l’uomo è dotato di parola, mentre il cane, o qualsiasi altro animale no; comunque viene chiamata amicizia anche quella tra l’uomo e l’animale perché l’animale ascolta, ti segue, ti obbedisce e passa del tempo con te e per questo, giorno dopo giorno, si instaura un rapporto di affetto bellissimo e molto forte. L’amicizia dà stabilità emotiva a tutti noi e per alcuni di noi è forse più importante dell’amore perché spinge a desiderare il bene dell’altro senza la pretesa di trattenerlo a sé. Spesso si dice che ognuno di noi ha bisogno dell’aiuto di un amico, ma in realtà ognuno di noi ha bisogno della certezza del suo aiuto. Concludo dicendo che l’amicizia può diventare motivo di felicità per ognuno di noi e auguro a tutti quanti di avere dei migliori amici con cui condividere ogni momento insieme. "Ci si dovrebbe comportare con i propri amici come noi vorremmo che si comportassero con noi." Aristotele Alessandra Zane IVC 8 RIFLESSIONI ZUCCHINE Numero 1- NOVEMBRE 2013 Manipolazioni mediatiche e mondo del cosplay Il mondo della televisione, si sa, è infido e spesso pieno di persone pronte a sfruttare le emozioni, le passioni, la buona volontà, i talenti o i drammi di alcuni per aumentare gli ascolti, per fare audience. Tutto viene estremizzato, portato al limite, affinché il singolo caso venga usato per dare spettacolo. È accaduto, purtroppo, anche con il Romics di Ottobre, la fiera romana che tratta di animazione e fumetti –soprattutto giapponesi- e che si è conclusa tra le polemiche e l’indignazione generale. La protagonista di tutto ciò è l’emittente televisiva Mediaset, o meglio, il servizio da lei organizzato per Italia 2 in onore del Romics Cosplay Award, il concorso che ha come concorrenti ragazze e ragazzi da tutta Italia. Si gareggia in cosplay, neologismo giapponese che vede la sua nascita tra gli anni Settanta e Ottanta, è la contrazione dei due termini inglesi “costume” e “play”, e che significa quindi impersonare qualcuno – sia esso di provenienza giapponese o meno- non solo tramite il vestiario, ma anche con i modi di fare e di parlare. Mediaset è stata da alcuni accusata di “ aver fatto di tutto per farci sentire fuori posto, quando quelli fuori posto erano soltanto loro ”, in primo luogo perché nessuno dei partecipanti alla fiera o alla gara era stato precedentemente avvisato del programma tv: si è venuti a sapere di ciò solo in seguito all’acquisto dei biglietti, grazie a dei cartelli appesi all’entrata di ogni padiglione, i quali avvisavano gli appassionati che entrando anche solo per farsi un giro, tacitamente si acconsentiva ad essere filmati (e parte della colpa va sicuramente all’organizzazione, che ha evidentemente preferito sorvolare su questo dettaglio). Durante la gara, il presentatore improvvisato chiamava uno ad uno i concorrenti, intervistandoli prima di farli esibire, salvo poi ordinare loro di scendere dal palco il più in fretta possibile (e non sono stati pochi i casi di persone che lamentano un trattamento sgarbato nei loro confronti o con le proprie scenografie). Tutti sembrano d’accordo nell’affermare che l’intero contest è uscito come un brutto crossover tra “X-Factor” e “Il grande Fratello”, con la differenza che in questi due casi si accetta coscientemente di apparire in tv, e di conseguenza ci si prepara ad un certo tipo di situazioni spiacevoli. Ho preso come esempio quanto accaduto al Romics 2013 –poiché l’argomento mi tocca personalmentema di sicuro casi simili sono all’ordine del giorno, a partire dai programmi del primo pomeriggio Rai e Mediaset, che non possono che essere definiti tristi. Interesse per persone, disgrazie, talenti e vincite miracolose che si trasforma sempre più in una sorta di accanimento morboso, di continua sete di fatti personali e privati di gente comune, che magari avrebbe continuato a vivere tranquillamente –se non meglio- anche senza mostrarsi in tv, e spesso con un’immagine distorta rispetto alla realtà. Perché trasformare qualcuno in una persona che non è? Perché rendere agli occhi degli spettatori un hobby quale il Cosplay –ma che potrebbe benissimo essere la breakdance, il paracadutismo, la caccia o la pittura ad olio- un’attività spregevole per gente disadattata che non è capace di vivere nella società? Perché fermarsi alla mera competizione? Non sarebbe meglio usare un po’ di umiltà e di tatto prima di gettare sotto i riflettori ragazzi sognatori con la passione per il canto, sportivi che praticano l’attività che amano o Cosplayer che, semplicemente, si “travestono come a carnevale” (parole della troupe) per il semplice gusto di essere qualcun altro per poche ore? Personalmente penso che il rispetto e l’educazione siano qualità fondamentali nel relazionarsi con gli altri, specialmente quando si ha di fronte qualcosa di nuovo o di eccezionale. Il mondo dello spettacolo non è la vita vera, così come la realtà quotidiana non può essere trasformata, banalizzata a tal punto da diventare finzione, un qualcosa di artificiale e costruito. Come canta Caparezza “La verità nella tua mentalità/ è che la fiction sia meglio della vita reale,/ che invece è imprevedibile,/ e non è frutto di qualcosa già scritto/ su di un libro che hai già letto tutto” : è proprio impossibile creare una trasmissione sulla ginnastica artistica senza rendere Carlotta Ferlito una Hannah Montana nostrana? È impossibile per dei ragazzini con una passione andare ad un programma come “Io canto” senza essere mostrati come degli ingenui bambini, giovani promesse della musica italiana? Siamo proprio sicuri che non sia possibile smettere di giocare con le vite altrui per trasmettere, scrivere, mandare in onda qualcosa di interessante? Claudia Quagliarini IE 9 RIFLESSIONI ZUCCHINE Numero 1- NOVEMBRE 2013 “Ef f ice ut ego mortem non fugiam, vita me non effugiat” Recentemente ho avuto - purtroppo - più di una occasione di riflettere su un aspetto della vita del quale fa sempre un po’ paura a tutti persino parlare: la morte. Nel dizionario, la morte è la cessazione delle funzioni vitali negli organismi viventi e nell’uomo. Affrontata e discussa da letterati, filosofi, religiosi, artisti e musicisti, la morte è sempre stata per l’uomo qualcosa di oscuro, davanti a cui non può che sentirsi impotente. Charles Bukowski diceva che parlare di morte è come parlare di denaro: noi non sappiamo né il prezzo né il valore. Quando sei un bambino ti presentano la morte come una favoletta, ti dicono che il pesciolino rosso che avevi vinto alla fiera del paese, il cane della vicina di casa, il nonno del tuo migliore amico dell’asilo sono andati in cielo. E allora tu pensi all’azzurro pieno di nuvole che sembrano zucchero filato e agli angioletti che cantano, e immagini che tutti siano felici lassù, e che la morte sia come un viaggio senza ritorno. Poi cresci, e prima o poi sei costretto ad affrontare il vero concetto e significato della morte. Il tempo passa per te, per i tuoi familiari, per i tuoi conoscenti, e presto o tardi devi imbatterti nel dolore della perdita di qualcuno. Adesso che sei grande non pensi più al mondo che sta al di là delle nuvole, e capisci che il tuo pesciolino rosso non è mai andato lì, ma la verità è che è stato buttato nello scarico del water dalla mamma prima che tu potessi vederlo galleggiare nella boccia. Se poi una ragazza della tua età, con cui hai condiviso qualche momento della tua infanzia, muore ingiustamente in un incidente tornando da un normalissimo pomeriggio di shopping adolescenziale, mi riesce ancora più difficile e faticoso pensarla felice immersa nell’infinito blu cobalto. Per quanto ci si possa preparare al pensiero di vedere qualcuno morire e lasciare questo mondo non si è mai abbastanza allenati. Già Platone affermava che vivere significa prepararsi alla morte, perché il distacco dell’anima dal corpo va preparato moralmente. Ci sono diverse reazioni davanti alla morte: chi piange la perdita del defunto, chi si rasserena pensando che forse adesso è in un posto in cui si sta meglio, chi non riesce a esprimere i propri sentimenti a riguardo, chi pensa che prima o poi dovremo passarci tutti, chi inizia ad aver paura e chi riflette sul significato di un evento così oscuro e inspiegabile. Che tu creda o non creda in una religione e nell’aldilà, la morte è sempre fonte di emozioni forti e pensieri profondi. Sicuramente, io penso, chi crede che esista un Dio che ci aspetta dall’altra parte delle nuvole e che accoglie tutti benevolmente, affronterà il pensiero della morte più serenamente rispetto a un ateo. Sant’Agostino diceva la morte non è niente; sono solamente passato dall'altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io direi: l’importante è crederci. Ma per un credente con una fede molto salda è una certezza, non c’è nulla da temere perché dopo la morte, per coloro che rimangono ancora in questa stanza, non c’è solitudine, ma soltanto un rapporto a distanza, comunque forte. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Si ma, realmente, cosa rimane? Se non credi in niente, puoi solo pensare al vuoto che questa persona ti ha lasciato, che è incolmabile, che non puoi riempire con nessun’altro, con nessuna fede. Se non credi in niente, vieni lasciato solo con il patrimonio di ricordi del tempo trascorso e un’eredità di parole, insegnamenti e affetto, che nonostante tutto la morte non può portarsi via. E se poi dall’altra parte non ci fosse nulla? Se le nuvole non nascondessero nient’altro che uno strato di cielo più azzurro? A cosa servirebbe tutto questo dolore, tutte queste lacrime che scorrono dai miei occhi, tutta questa vana sofferenza? Insegnami come affrontare questa situazione; fa' che io non fugga la morte, che la vita non fugga me. Incoraggiami contro le difficoltà, contro i mali inevitabili; prolunga il poco tempo che ho. Insegnami che il valore della vita non consiste nella sua durata, ma nell'uso che se ne fa; che può accadere, anzi accade spessissimo, che chi è vissuto a lungo è vissuto poco. Dimmi, quando sto per addormentarmi: "Potresti non svegliarti più"; e quando mi sono svegliato: "Potresti non addormentarti più". Dimmi quando esco: "Può accadere che tu non torni"; e quando ritorno: "Può accadere che tu non esca più." Sbagli a ritenere che soltanto in mare è minima la distanza che separa la vita dalla morte: è ugualmente breve in ogni posto. La morte non si mostra dovunque tanto vicina: ma dovunque è tanto vicina. (Seneca, Epistulae 49, 10-11) Alice Lombardo III E 10 RIFLESSIONI ZUCCHINE Numero 1- NOVEMBRE 2013 Cambio vita: vado allo Zucchi! Ero davanti a quel cancello, sopra la scritta “LICEO GINNASIO B.ZUCCHI” “Ma cosa sto facendo?” mi chiedevo: il cuore mi batteva a mille, le gambe mi tremavano, sentivo il sangue scorrermi nelle vene, avrei voluto tornare alla “mia” estate, avrei voluto gridare al mondo che anch’io stavo per diventare una zucchina, ma allo stesso tempo scappare, si, scappare il più lontano possibile, ma poi spinta dalla curiosità, al suono della campanella, ho deciso di entrare (come se avessi potuto scegliere!) e di cominciare la mia nuova avventura: mi sono fatta coraggio e ho varcato quella soglia che d’ora in avanti attraverserò due volte al giorno per duecento giorni all’anno ,per cique anni di scuola (se tutto andrà bene). Ero spaventata perchè non conoscevo nessuno,era una scuola nuova,quando sono entrata nella mia classe c’erano volti nuovi, molti di Monza,mi sentivo una “campagnola solitaria” che viene dall’altra parte del mondo (io abito a Calco in provincia di Lecco),ma poi mi sono rilassata quando due ragazze sedute davanti al mio banco si sono girate per fare la mia conoscenza: “Ciao, io sono Arianna” “piacere,Cristina”. Uno dei motivi per cui ho scelto il classico è il greco, quando mi hanno parlato di “Antenato della nostra lingua”mi sono subito incuriosita: non penso che sia una lingua morta, perchè mi sembra più viva che mai in tutte (o quasi) le parole che usiamo quotidianamente. All’ intervallo mi sono persa: ho fatto tre volte il giro della scuola prima di trovare il bagno e finalmente quando l’avevo raggiunto era suonata la campanella che indicava la fine della ricreazione,così per paura di rientrare in classe in ritardo, ho fatto una corsa e sono arrivata alla lezione di greco con il fiatone! Non ho mai provato tante emozioni in una sola mattina, così tante che non basterebbe nemmeno un numero del “Bartolomeo” per descriverle tutte, ma quella che porterò sempre con me è stata la più speciale: per la prima volta in vita mia in mezzo a venticinque ragazzi che ancora non conoscevo, mi sono sentita a casa, nel posto giusto,(cosa che nella mia vecchia classe non succedeva mai, dal momento che i miei compagni sembrava sapessero dire solamente: “Sei matta! Al classico perdi solo tempo, studi le lingue morte che non ti servono a niente!”) finalmente non ero più la pecora nera amante delle materie umanistiche: eravamo ben venticinque pecore nere innamorate della storia, della letteratura e del latino! Non dimenticherò mai il primo giorno da quartina! Venire allo Zucchi mi ha davvero cambiato la vita: mi sveglio tutti i giorni alle 6.00, “acchiappo” al volo il treno delle 6.57, traduco tutti i giorni frasi di greco e latino, ma sono felice! Ester Melchiorre IV E 11 Numero 1- NOVEMBRE 2013 RACCONTI Una puzzola di nome Henr y C'era un terrazzo sul cielo. Sul terrazzo viveva una puzzola di nome Henry. Henry era stato espulso da Puzzolopoli perchè nato senza ghiandole puzzifere. Solo e abbandonato, si rese conto che gli mancava ciò che rende una puzzola una puzzola: chi era allora? Non sapeva rispondersi. Sentiva solo una gran rabbia, per questo decise di dedicarsi all'arte dei profumi: proibita e temuta da tutti! Ma quella che era stata una ripicca divenne presto la sua passione, la sua identità, e la rabbia alimentò l'orgoglio per quella diversità prima tanto odiata. Imparò così a creare i profumi più soavi, sul suo terrazzo profumato in mezzo al cielo. A volte si sentiva solo, a volte era preda di contrastanti passioni, ma quando inventava profumi il suo animo si acquietava. Conobbe qualche uccello che volava nei paraggi. Gli piacevano gli uccelli: non amavano le puzze nè odiavano i profumi, semplicemente volavano liberi nell'aria. Il tempo passava. Ricercando con febbrile emozione e continui ripensamenti, Henry scoprì anche come creare le puzze. A tratti odiava le puzze, ma con esse avrebbe potuto impuzzarsi e tornare amato e benvoluto tra i suoi simili (aveva forse dimenticato che quelli erano totalmente dissimili da lui?). Non solo! Poichè sapeva creare diversi tipi di puzze, attraverso le quali le puzzole giudicano il potere e le qualità le une delle altre, avrebbe potuto ingannare le altrui percezioni e ottenere ogni cosa. L'occasione alimentò in lui lo spirito di rivalsa: era allettante l'idea di mostrare a coloro che l'avevano allontanato quanto potente e popolare potesse diventare. Spinto dall'eccitazione del momento scese a Puzzolopoli. Purtroppo dopo tanto tempo passato nel cielo fresco e pulito, il terribile miasma gli provocava continui conati di vomito. Henry si rese conto che non poteva vivere puzzando: il profumo era troppo bello per essere perduto. Lo disgustava riempirsi di viscida puzza, lo disgustava ingannare le altre povere puzzole. Non provava più rabbia verso i suoi simili, ma verso il sistema che imponeva la puzza. Svanito il senso d'impotenza non desiderava più la vendetta: ora voleva cambiare il mondo. Henry fondò così una setta segreta chiamata "Profumeria". All'inizio non riusciva a guadagnare nessun adepto, ma poi arrivò Mario. Mario era una puzzola allegra e affascinante, e fu grazie a lui se riuscirono a mettere un buon numero di cittadini dalla propria parte. Infatti molti, che avevano le ghiandole puzzifere inibite, furono attratti dall'occasione di ribellarsi e dalla fighissima espressione "setta segreta" sussurrata da Mario. Come inizio non era male, ma Henry sapeva che finchè la setta rimaneva segreta, nulla poteva cambiare davvero. Così prese coraggio e cominciò a manifestare per strada, a distribuire opuscoli e campioncini. Voleva un mondo libero, dove nessuno venisse giudicato per la puzza emessa dalle proprie ghiandole puzzifere, dove tutti potessero avere una propria identità creando il proprio profumo. Voleva un mondo giusto, dove nessuno fosse obbligato a puzzare per sopravvivere, dove tutti potessero essere buoni e profumati. Il governo cominciò subito una campagna diffamatoria contro le nuove idee, con slogan del tipo "Chi rinuncia alla machopuzza rinuncia alle sexy puzzolette". Nel frattempo la maggior parte della popolazione pensava a cosa preparare per cena. Uno dopo l'altro gli adepti, imbarazzati, abbandonavano la causa. Erano anche delusi perchè la setta non era più segreta. Henry spronava tutti con ardore, ma non riusciva a cambiare le cose. C'erano anche puzzole che credevano davvero nei profumi, ma erano troppo poche. Un giorno Mario, ormai disilluso, gli si avvicinò: <<Il nostro sogno è grande, ma le puzzole non sono pronte,>> disse, <<la situazione è critica, sei stato esiliato, rimanendo qui rischi di essere condannato alla diffamazione su grande shermo: torna a vivere sul terrazzo, nel regno degli uccelli. Loro accettano i profumi, lì sarai felice.>> 12 RACCONTI Henry gli piantò negli occhi il suo sguardo di fuoco: <<Credi davvero che fuggirò? Dopo tutte le ingiurie sopportate? Dopo tutte le gastriti nervose?>>. Mario sospirò:<<Senti, noi puzzole nasciamo con le ghiandole puzzifere. Nonostante alcuni di noi, virtuosi, tentino di inibirle, alla fine esse fanno parte della nostra natura. Come non possiamo cambiare ciò che siamo, così non possiamo cambiare questa città maleodorante. Tu sei l'unico diverso, per questo devi salvarti.>> <<E che mi dici di te? Che mi dici di chi ha lottato per i nostri ideali? Sai perchè non posso regalare il profumo agli uccelli? Perchè loro non possono sentirlo. Volano in alto, ma non hanno nè un naso nè delle ghiandole puzzifere. Con il naso si sentono puzze e profumi. Ed è forse possibile amare il profumo se non si sente la puzza? Con le ghiandole puzzifere si produce puzza. E senza la consapevolezza di produrre puzza, ci si può forse stupire di fronte alla scoperta di poter creare anche meravigliosi profumi?>> <<E va bene, i tuoi ragionamenti come sempre non fanno una piega, però non è questo il punto: a me importa di te! Ti prego scappa, te lo chiedo come amico! Se vuoi la mia compagnia verrò con te, se invece preferisci che io resti qui e continui a combattere, beh lo farò, ma tu salvati.>> <<Mi fai davvero incazzare. Numero 1- NOVEMBRE 2013 Possono anche diffamarmi, anzi, che mi uccidano per bene come si faceva ai vecchi tempi! Resterà il ricordo di me nella mente di qualcuno, le mie idee serpeggeranno, s'insinueranno tra le crepe dei pensieri inconsci, riempiranno i vuoti della coscienza, e tra anni e anni tutti, senza nemmeno accorgersene, ameranno i profumi.>> Poichè sapeva per cosa combattere, Henry non era affatto disperato. Alessandra Mansueto III E 13 Numero 1- NOVEMBRE 2013 RACCONTI Network CAPITOLO 1 -Ci sentiamo domani-Ok.Ti amo,Noah-Anche io-. Rose chiuse la finestra di Skype con un sospiro. Per quanto amasse vivere a Londra, non poteva negare di sentire molto la mancanza del suo ragazzo. Si era trasferita lì da Whitsand, Alabama, a suo avviso una delle città più deprimenti sulla faccia della terra, spinta dall'amore per l'Inghilterra e intenzionata a trovarsi una casa e un lavoro lì,ma l'unico impiego che era riuscita a trovare era un lavoro part-time come cameriera in uno dei numerosissimi Starbucks a Londra. Si guardò intorno: viveva in un loft che divideva con una ragazza di nome Heater, della quale non sapeva quasi niente visto che passava la maggior parte del tempo al lavoro o nei locali. L'ambiente era piuttosto piccolo e squallido,con i muri ricoperti di una carta da parati a fiorellini ormai rovinata,ma si affacciava sul lato sud di Hyde Park, e la vista dalla sua camera era splendida: ogni giorno poteva alzarsi e guardare il sole che (molto raramente) sorgeva alle spalle del laghetto,sempre affollato da piccioni. Con un sospiro ancora più grande, spense il computer e uscì di casa per dirigersi al negozio.Quel giorno era in anticipo, così decise di fare una passeggiata a Hyde Park per rinfrescarsi le idee, ora più confuse che mai: forse sarebbe dovuta tornare in America, dove c'erano il suo ragazzo, la sua famiglia e un lavoro sicuro presso l'agenzia del padre, ma sentiva che dopo aver vissuto per due mesi a Londra non sarebbe più riuscita a tornare alla monotonia dell'Alabama.E poi, Noah le aveva promesso che l'avrebbe raggiunta non appena avesse finito il primo anno di università. Londra la lasciava senza fiato ogni volta che usciva di casa, con la sua grandezza e il suo movimento, mentre a Whitsand il massimo del divertimento era vedere una macchina bloccata in strada da un gregge di pecore, il che, dovette ammettere, era piuttosto divertente Dopo aver girovagato per un po' fra le strade del parco, si accorse che era quasi l'ora di inizio del suo turno e imboccò un vicolo che l'avrebbe portata vicino a Starbucks evitando la folla. Arrivata a metà del vicolo, si fermò all'improvviso: sentiva nell'aria un fortissimo odore di violetta, come se qualcuno si fosse fatto il bagno nel profumo. Nonostante fossero le sette del mattino, nel vicolo c'era ancora buio pesto, leggermente illuminato dalle luci fioche dei lampioni sulla via principale,ormai in procinto di spegnersi. L'odore di violetta si fece sempre più forte. Sentì un fruscio alle sue spalle e si fermò di scatto. I peli sulle braccia le si erano rizzati, ma la ragione le diceva che non doveva aver paura. “Faccio questa strada tutte le mattine e sono solo le sette. Non può succedermi niente.” Un rumore alle sue spalle la fece sussultare. Rose si voltò di scatto, poi avvertì un fortissimo dolore alla testa e non sentì più niente, solo il sangue che dalla testa le gocciolava sulle spalle. I passi pesanti degli scarponi rimbombavano nel tunnel buio. Il tanfo era quasi insopportabile, ma a lui non importava. Alla sua sinistra scorreva silenzioso in canale di scolo, portando con sé oggetti identificati di cui preferiva non conoscere la provenienza. Camminava a passo deciso, portando sulle spalle il grosso sacco nero. Lo stringeva forte, come se fosse un tesoro. Bè, per lui lo era. Anni passati nel buio e nella confusione, e ora, finalmente, era tornata da lui. “Mia piccola Sophie, finalmente ti ho ritrovata”. Beatrice Battistini IB 14 Numero 1- NOVEMBRE 2013 RACCONTI Forse “Lo aveva notato fin da subito. L’aveva rapita con quel volto tutto occhi, che sorridevano alla vita ma che spesso erano troppo stanchi anche per restare aperti. Lo vedeva tutte le mattine, con quelle labbra socchiuse, che ne era certa, sapevano di sogni. Ogni volta che ci passava di fianco avrebbe voluto allungare una mano, perché le mani sono fatte per aggrapparsi, ma lui le teneva sempre nelle tasche dei pantaloni, quasi a sorreggersi da solo. Ogni volta che le sorrideva, quella malinconia che non la lasciava mai, risaliva costole, polmoni e cuore e si rimpiccioliva fino ad arrivare agli angoli degli occhi. Avrebbe voluto parlargli di tante cose, portarlo in mille posti, a partire da quelli che gli vedeva dentro e che per lui erano ancora tutti da scoprire. Avrebbe voluto chiedergli di insegnarle a impastarsi le mani di vita, di andare con lei a inchiodare le stelle, di correre fino a imparare a respirare. Gli avrebbe domandato di che colore e` il cielo, se il mare dopo che si infrange ritorna lo stesso, perché per ritrovarsi bisogna perdersi. Avrebbe poi aggiunto che alla fine non importava dove andassero e cosa facessero, insomma i suoi occhi avevano già delle foreste in cui smarrirsi, i suoi capelli strade da percorrere, la sua pelle costellazioni da tracciare e il suo petto canzoni da scrivere. bisogno di vivere e di viverti perciò prendi lo zaino e perdiamoci. E lui avrebbe sorriso con quegli occhi quasi verdi e un po’ meno stanchi, avrebbe incastrato la mano nella sua e avrebbe aggiunto solo per ritrovarci. Forse.” Serena Altare V A. E forse un giorno lo avrebbe fatto, di parlargli di tutte queste cose. Un giorno sarebbe andata li` a dirgli senti, ho 15 RACCONTI Numero 1- NOVEMBRE 2013 Mare di sangue Nikki sedeva sui gradini del ponte di quella grande nave, la fronte premuta contro le fredde sbarre del parapetto. Guardava la familiare distesa d'acqua luccicare sotto il sole che andava avvicinandosi sempre di più alla linea dell'orizzonte. Ovest. “Yay, si va in vacanza!” esclamava la vocina infantile dentro la sua testa, ottenendo un sorriso distratto da quella più matura e meditabonda che prevaleva in quel momento. Già, che bello, mormorava la Nikki per cui sua nonna si preoccupava sempre. Cosa c'è, tesoro? Ti vedo pensierosa. Niente, nonna. Anche se, a dire il vero, in quel momento qualcosa c'era. Viaggiava verso la Sicilia, dove avrebbe passato tutto il mese d'Agosto, ma la sua mente non sembrava voler smettere di riproporle le immagini dell'ultimo naufragio a Lampedusa. Come quando William e Kate si erano sposati ed in tv non c'era altro che loro, loro, loro e loro. “Basta! Basta...” sussurrò. Ancora fissava il mare, ma con occhi diversi da quelli di un paio d'ore prima, quando il sole brillava ancora relativamente alto. Ora si avvicinava il crepuscolo... e dai suoi auricolari Confortably Numb cullava i suoi pensieri. Comodamente intontita. Non sarebbe mai riuscita a descrivere meglio il suo stato d'animo. Uomini, donne, bambini ammassati su un barcone. Bam. Tabula rasa. Coperti dalle acque limpide del Mediterraneo. “si stima che, negli ultimi dieci anni, nel Mediterraneo abbiano perso la vita più di 20 000 persone”. Oh, grandioso. Ci sei pure tu, vocina irritante. E pensare che non vedeva l'ora di andare in spiaggia e fare il bagno in mare, ora il solo pensiero la sconcertava. Potrei... vomitare. La vocina infantile ridacchiò alla citazione di Severus Piton, ma Nikki la ignorò. Ugh, senza contare quel libro che le avevano dato da leggere per scuola. Ora il pensiero di tutte quelle vittime delle Mafia disseminate per i fondali marini con un blocco di cemento ai piedi la tormentava. Come quei palloncini alle feste... col sacchetto di sabbia perchè non volino via. Ora la vocina infantile taceva, pure quella irritante se ne stava buona. “ci fai paura, Nikki. Non scherzare...” sussurrava tremante. Ma Nikki non scherzava, purtroppo. Gli occhi spalancati a fissare inorridita la massa liquida metri e metri sotto di lei. Un mare di sangue. La consapevolezza la colpì come uno schiaffo. Imprecò sottovoce. In effetti, quel mare non era mai stato tanto carino con gli uomini, basti pensare a Ulisse ed i suoi amichetti... Un dio lunatico e vendicativo. Egoista. Assetato. Le coppiette avevano abbandonato il ponte e si erano ritirate nelle loro cabine. Quei bambini che se ne stavano tutti accalcati attorno ad un DS erano stati richiamati dalle madri già da un po'. Era sola, i suoi genitori la aspettavano all'interno, dove guardavano il suo fratellino divertirsi con la baby-dance. La canzone era cambiata. Estranged. Nel video Axl Rose si buttava da una petroliera, ma in quel preciso momento la ragazza aveva come l'impressione che se avesse fatto lo stesso non sarebbe comparso Slash a fare il suo assolo camminando sulle acque. Ma se poi Poseidone avesse avuto voglia di, non so, affondare la loro nave? Così, per il gusto di farlo o per vendetta perchè aveva scoperto il suo piccolo segreto. Si sarebbe potuta offrire come tributo... Hey, cos'era questa vocina nuova? Era davvero inquietante, ma lì per lì non le parve una brutta idea. Già sporgeva la testa oltre il corrimano, scrutando il mare che, con il tramonto, si era tinto di una sconcertante sfumatura violacea. Uhm, quanto sarebbe stata fredda l'acqua? “hey! Nicole! La mamma dice che devi venire dentro!”. Vocina infantile, sei tu? No, era suo fratello che la chiamava. “Arrivo!” gli gridò di rimando lei, uscendo da quella specie di trance. Salì velocemente le scale, come quando si deve uscire da una cantina e si avverte come una presenza demoniaca alle proprie spalle. Abbracciò il bambino e lo seguì verso la porta. Si fermò. Lanciò un ultimo sguardo al mare e si diede mentalmente dell'idiota. Voleva comunque uscirne in modo cool, magari con una di quelle frasi ad effetto tipo Hollywood. “Bel tentativo, Posey” fu il meglio che riuscì a produrre così, su due piedi. Entrò. Si immaginò un'esplosione alle sue spalle, lei che camminava lentamente oltre la porta a vetri. Era al sicuro. Carlotta Mascheroni IV B 16 RACCONTI Numero 1- NOVEMBRE 2013 Il bar degli scr ittori mancati VII. Dove l'ultima bizzarra signorina svela il suo mistero Cosa diavolo ci fa una bimba in un bar perso su una spiaggia d'Inverno? Fu questo il pensiero che Francesco rivolse a se stesso osservando stupefatto la bionda, riccia e cicciottella bambina che si era infilata nel locale da una porta che il ragazzo non aveva mai notato, ma lì per lì non trovò una risposta. Attese quindi, sempre più sbalordito, che la signorinella, vestita con una gonna ed una camicina a fiori color cipria, si sedesse con molta cautela e fatica su uno degli alti sgabelli del bancone ed ordinasse al rosso e silente barista un succo di frutta - con una cannuccia rosa, se fosse stato possibile - prima di voltarsi e bisbigliare frettoloso a Valerio: "Ma.. lei.." L'uomo lo ignorò, e lo interruppe pure, perché si aprì in un morbido, affettuoso sorriso e disse gentile: "Benvenuta di nuovo fra noi, Debora." La bimba voltò il viso verso i tre che se ne stavano seduti poco distanti, e Francesco notò di nuovo e con maggior sicurezza che tutto sul suo viso la faceva assomigliare ad una piccola nobildonna preoccupata: la posa corrucciata delle labbra, i tristi occhi cilestrini, le guance piene ma dal colorito smunto. Faceva tenerezza e sembrava comica al tempo stesso, soprattutto quando alzò una manina e fece un cenno di saluto. "Ciao, Valerio. Ciao, Cristina." disse, con una vocetta gradevole ma dal tono arreso, quasi disperato. Cristina piegò un poco il collo, con un mezzo sorriso e aggiunse, con la stessa delicatezza di Valerio: "E' quel giorno, vero?" Debora annuì con desolazione e riprese a bere il suo succo di frutta, emettendo un leggero risucchio, che risuonò come un'eco nel caldo silenzio del bar. Francesco a quel punto riprese la parola con Valerio, leggermente risentito per il trattamento di prima, e disse: "Come è possibile che una bambina delle elementari sia giunta da sola qui?" ma fece l'errore di chiederlo a voce troppo alta, perché la ragazzina lo udì e rispose da sé, guardandolo negli occhi: "Oggi è il giorno del tema. E ogni volta che c'è il giorno del tema a scuola, io chiedo di andare in bagno.. ma in verità non ci vado mai per davvero: apro la porta a fianco di quella e mi ritrovo qui. E' da quasi due anni che succede." Debora tornò a bere con quelle sue movenze tragicomiche, e Francesco si ritrovò perso a fissare i suoi movimenti, senza veramente vederli, mentre sulla sua fronte una ruga iniziava a crucciarlo ed insieme a quella un pensiero bizzarro, chiacchierino ed insistente: com'era possibile? Com'era possibile che quella bambina fosse giunta lì dalla sua scuola, semplicemente aprendo una porta sbagliata? Era sicuro, sicurissimo! che lui fosse arrivato all'ultima fermata del bus e fosse sceso sulla spiaggia, prima di incrociare sulla propria via quel locale bizzarro. Era assolutamente e categoricamente impossibile che potesse essere collegato a una qualsivoglia altra struttura, perso com'era in mezzo alla sabbia e al vento pregno di salsedine, figuriamoci ad una scuola elementare. Eppure.. ora lei è qui. Quindi, o ho le traveggole oppure tutto questo è reale e questa creatura da qualche parte è saltata davvero fuori. In quel momento la sua mente aggiunse un altro pensiero, che cominciò a far traballare tutto le sue certezze: aveva visto entrare Valerio e Cristina? No. Si era voltato e li aveva trovati lì, al suo fianco, prima il vecchio e poi la donna. Erano giunti dalla porta principale? O anche loro, da una secondaria? Ma quante porte poteva avere quel luogo..? E come poteva essere tutte collegate.. Valerio interruppe bruscamente le sue riflessioni, proprio nel momento di massima tensione, in cui al ragazzo parve di essere sul punto di afferrare a piene mani la soluzione, o almeno la comprensione, di tutto ciò che stava suo malgrado vivendo. "Qual'è la traccia, questa volta?" Francesco sbattè le palpebre e la mano che aveva appoggiata sul bancone ebbe un fremito, come se anche lei si fosse risvegliata in quel momento dalla propria profondissima concentrazione, e sentì la confusione impossessarsi immediatamente di tutto il ragionamento che aveva seguito, e rispedirlo da dove era arrivato, nel suo inconscio. Con una leggera sensazione di smarrimento, cercò di tornare alla realtà, e udì chiaramente Debora ribattere: "Deve essere una storia fantastica. Che assomigli ad una fiaba, ha detto la maestra. Ma non dobbiamo prendere a modello le fiabe che conosciamo." 17 Numero 1- NOVEMBRE 2013 RACCONTI rancesco si rese conto di avere aperto la bocca solo quando ebbe pronunciato le parole: "Non ti piace scrivere?" Lo sguardo che la bambina gli lanciò lo trafisse, lo fece boccheggiare. Il suo visetto paffuto emanava dolore, e i suoi occhi sprizzavano stille di sofferenza, come Francesco aveva visto in poche altre iridi nella sua vita: le proprie e quelle dei due scrittori conosciuti qualche ora prima. Era come un filo rosso, rosso sangue, che li collegava tutti. Di nuovo la soluzione si palesò alla mente del ragazzo, ma nuovamente si perse, scomposta come sabbia desertica nel vento. Si sentì involontariamente e senza sapere perché in colpa per la domanda posta con così poca delicatezza, gli parve di aver perpetrato una gran villania nei confronti della bionda signorina dal nobile volto offeso, quasi si sentì in dovere di chiederle perdono. Ma lei non gliene diede il tempo. "Io amo scrivere." fu la sua risposta, vibrante di passione, spezzandosi sulla seconda parola in un tremolio smorzato "Ma temo il giudizio altrui. Temo di essere giudicata. Io metto la mia anima nella storia che scrivo.. cosa potrò fare, se alla mia maestra non piace? Se i miei compagni mi prendono in giro? Mi sentirei morire. Mi sento male solo a pensarci.." "E' come se la parte più profonda, recondita, intima di noi stesse fosse messa alla sbarra, dinnanzi agli occhi e alla lingua, molto spesso tagliente, di tutti." aggiunse Cristina, annuendo lievemente a conferma del pensiero appena espresso da Debora. Francesco sentì quelle parole fare presa dentro di lui, sfiorargli l'orecchio e sussurrare alla sua mente: non ti ricorda qualcosa? Non hai mai provato le stesse cose? Non sei tu quello che non si vuole confidare con i suoi amici per paura del loro giudizio? Capì, ma poi dimenticò per la terza volta la soluzione al suo rompicapo.. Cari lettori, Vorrei ringraziare tutti coloro che l'anno scorso hanno letto le puntate di questo breve - si fa per dire - raccontino filosofico, e anche chiedere loro scusa, poiché non riuscii a completarlo nella puntate previste, promettendo ora la conclusione tanto attesa. Inoltre, vorrei dire grazie anche ai nuovi arrivati - ginnasiali e nuovi acquisti zucchini interessati alla mia storia. Se volete leggere le puntate precedenti, potete trovarle tutte sui numeri precedenti del Bartolomeo dell'anno scorso, sul sito della scuola. Alla prossima puntata! Alice Casiraghi IIIA 18 CINEMA E SPETTACOLO Numero 1- NOVEMBRE 2013 Dopo un’estate passata a recuperare i film che lo studio zucchino mi aveva negato, eccomi a presentare la nuova stagione! Hermione e Harry crescono, e crescono bene: • T H E B L I N G R I N G – Insolito personaggio per Emma, che dà vita a una ragazza capricciosa ossessionata dal lusso delle star hollywoodiane. Discutibile l’approccio forse non abbastanza critico della regista Sofia Coppola. • G I O V A N I R I B E L L I , K I L L Y O U R D A R L I N G S – Harry impersona in modo convincente il poeta Allen Ginsberg. I detrattori del film rimproverano alla regia una presentazione troppo "romantica" del gruppo di scrittori leggendari, ma poco capaci di gestire le relazion i umane. Personalmente, però, ho gradito il film, ma detesto la traduzione italiana del titolo che banalizza quello inglese. La citazione da Faulkner, infatti, allude alla distruzione che lo scrittore deve compiere nell’atto di scrivere e il titolo originale allude sia a questo sia all’uccisione di chi ci è caro nella vita reale. Tutte queste sfumature, purtroppo, vanno lost in translation. • 17 ottobre • U n a P i c c o l a I m p r e s a M e r i d i o n a l e - Dopo Basilicata Coast to Coast, Rocco Papaleo si cimenta nuovamente nella regia, proponendo piccole ricette di filosofia quotidiana, mantenute leggere dall’ironia. Dalle location lucane, qui si vanno a conoscere gli angoli nascosti della Sardegna. Film italiano meritevole della nostra attenzione. • C o s e N o s t r e – M a l a v i t a – Luc Besson alla regia propone un cast che parla da sé: Robert De Niro nei panni del capofamiglia e dell’ex mafioso, Michelle Pfeiffer è la moglie dallo spirito focoso, che ha trasmesso ai due figli, soprattutto alla ragazza, interpretata da Dianna Agron – Quinn in Glee . Apprezzata l’abilità di Besson di mescolare un tema così drammatico – la mafia – con l’umorismo e la sottile ironia. 19 CINEMA E SPETTACOLO Numero 1- NOVEMBRE 2013 24 ottobre La vita di Adèle – Assolutamente da non perdere " una delle più belle, vive e sofferte storie d’amore cinematografiche di sempre", cit. Ciak. Non per niente il film ha vinto la Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes. 7 novembre • R a m p a r t – Film tratto dall’omonimo libro di J. Ellroy e animato da un cast notevole, tra cui spiccano Woody Harleeson, Steve Buscemi e Sigouney Weaver. Protagonista è un singolo agente di polizia che si muove in un clima di corruzione e violazione dei doveri all’interno dell’unità poliziesca della Rampart. • M a c h e t e k i l l s – Ecco che Robert Rodriguez ci propone il ritorno di Machete, ancora una volta interpretato da Danny Trejio. Con Jessica Alba al fianco, si spera che il protagonista non manchi di soddisfare gli amanti del primo film. Ma ci sono novità nel cast : oltre ad Amber Heard, vedremo sul grande schermo anche l’eccentrica cantante Lady Gaga ! • U n W e e k e n d d a B a m b o c c i o n i 2 – Personalmente, il genere non mi elettrizza, ma saranno entusiasti di essere presenti nelle sale tutti i fan del famosissimo Adam Sandler. • L a G a b b i a D o r a t a – Racconta il duro cammino di tre adolescenti guatemaltechi che cercano di sfuggire alle povere condizioni della terra d’origine per raggiungere la speranza di una nuova vita negli Stati Uniti. 14 novembre • D o n J o n – Un felice esordio alla regia peri Joseph Gordon Levitt, ricoperto di lodi dalla critica. La storia è quella di un Don Giovanni moderno che ha per mentore una donna. Da vedere anche per la presenza nel cast di Scarlett Johansson e Julianne Moore. • Jobs – Questo film indipendente potrebbe stuzzicare la curiosità di alcuni : Ashton Kutcher veste i panni di Steve Jobs nei primi anni della giovinezza hippie prima di diventare il grande innovatore dell’industria informatica contemporanea. 20 CINEMA E SPETTACOLO Numero 1- NOVEMBRE 2013 18 novembre • A m a n t i p e r d u t i – Un capolavoro senza tempo, che conserva il fascino della regia di Micheal Carnè. Il film esce per la prima volta nel 1945 in due episodi che intrecciano il teatro alla relazioni amorose dei personaggi. • E z i o A v i t a b i l e M u s i c L i f e – Il leggendario regista Jonathan Demme presenta un documentario che mostra la carriera del musicista internazionale Avitabile, soffermandosi sulla città di Napoli, con le sue bellezze e contraddizioni. 20 novembre • T h o r, T h e D a r k W o r l d – Vediamo ancora Hemsworth nei panni dell’eroe dei fumetti, affiancato dalla bella Natalie Portman. La lotta del Vendicatore prosegue con effetti speciali e azione non stop : riuscirà questo Thor a intrattenere gli spettatori come ha fatto il primo film ? 28 novembre • S t i l l l i f e – La seconda regia di Uberto Pasolini, che racconta di un meticoloso impiegato il cui compito è ricercare i parenti di chi muore in solitudine. Tuttavia, in seguito al ridimensionamento del suo ufficio, si dedicherà ad un caso che gli cambierà radicalmente la vita. 27 novembre • THE HUNGER GAMES, LA RAGAZZA DI FUOCO – Il film più atteso di questo periodo. La ragazza torna in fiamme sul grande schermo per la seconda volta. Il traile r promette bene, ma tutti ci chiediamo se il film sarà degno del libro da cui è tratto. Da parte mia, proporrei di alzare tre dita in segno di buona fortuna e di augurare al film : may the odds be ever in your favour . Bianca C. Burini III A 21 Numero 1- NOVEMBRE 2013 CINEMA E SPETTACOLO The Bling Ring “The Bling Ring” è un film uscito nelle sale dei cinema il 26 settembre 2013, diretto dalla regista italiana Sofia Coppola. Ispirato ad una storia vera, è ambientato nella moderna Los Angeles, dove un gruppo di adolescenti ossessionati dalla lussuosa vita delle star di Hollywood decide di rintracciare gli indirizzi di alcune celebrità su Internet, tra cui Paris Hilton, Orlando Bloom e Rachel Bilson. Il loro scopo era di rubare poco alla volta vestiti, scarpe e oggetti molto preziosi, in modo che non se ne accorgessero. Infatti quasi tutte le sere cercavano di capire quali vip si trovavano fuori città per festericevimenti o sfilate e immediatamente ne approfittavano per andare a fare “ shopping “, come dice Nick ( nel film interpretata da Emma Watson ) e ad usufruire delle discoteche private delle celebrità con musica,divanetti e poltrone. Si calcola che i ragazzi abbiano rubato circa 3 milioni di euro in beni di lusso. Ovviamente le telecamere di sicurezza delle case delle star hanno ripreso i giovani ladri che per evitare di essere identificati si coprivano il volto con i cappucci delle felpe. Ma non essendo esperti, l’unico ragazzo del gruppo ( Marc ) viene visualizzato da una telecamera interna a volto scoperto. Ed è proprio qui che entra in gioco la polizia, la quale pensa che i furti nelle varie case di Hollywood siano riconducibili ai ragazzi dei video; così vengono identificati il ragazzo e le ragazze della band grazie all’aiuto di una loro compagna di scuola che fornisce nome e cognome di tutto il gruppo avendoli riconosciuti nei servizi dei telegiornali. differenza del ragazzo negano tutto quanto e Nick ( Emma Watson ) lo negherà per sempre. Inoltre una delle ragazze cerca persino di far sparire tutti i vestiti rubati prima che la polizia arrivi, ma il tempo era poco e non è riuscita a sbarazzarsi completamente della merce. Alla fine il gruppo viene arrestato con l’accusa di furto e dovranno rimanere in carcere da due a quattro anni. Questo film ha messo in evidenza che a questi ragazzi viziati non bastava mai niente, volevano sempre di più ed è stato proprio questo che li ha portati alla rovina perché quando si desidera talmente tanto una cosa a tal punto da mettersi contro la legge si è e si sarà sempre puniti. E ricordatevi: chi troppo vuole nulla stringe… Ludovica Allevi IV B Gli ispettori si precipitano a casa di Marc dove lui non ha il coraggio di negare i vari furti compiuti o è troppo debole per resistere e decide di confessare tutto. Anche le altre ragazze del gruppo vengono arrestate e a 22 CULTURA Numero 1- NOVEMBRE 2013 L A RUBRICA STORICA: HISTORIAE MODOETIA dalle origini a Berengari Carissimi lettori, benvenuti in questa nuova sezione del Bartolomeo! In questa pagina, intitolata “la rubrica storica”, cercherò di trattare eventi storici e descrivere monumenti del nostro territorio che hanno caratterizzato la nostra città. Penso che sia fondamentale partire da una panoramica generale sulla storia della nostra città prima di analizzare il singolo dettaglio o esempio architettonico. Detto ciò penso di poter iniziamo!... ….Urne e corredi funerari, armi, lucerne, spilloni, vasellame vario furono scoperti nel territorio monzese sul finire del 1800: questi ritrovamenti, oggi conservati nei depositi dei Musei Civici, documentano la sicura presenza nella regione di comunità socialmente organizzate di probabile origine celtica in un’ epoca in cui l’ uomo viveva in insediamenti palafitticoli, usava ceramica rozza, asce, spilloni di bronzo, utensili di corno e osso. Gli Insubri, un popolo dell'antica Gallia, valicate le Alpi, si era stabilito intorno a Mediolanum (l’ attuale Milano), dividendosi in numerosi villaggi. In precedenza nella zona dell'antico vicus di Monza una tribù gallo-celtica aveva già fondato un villaggio in riva al fiume Lambro, così le due popolazioni si fusero. Le prime testimonianze del vicus romano di Monza ci vengono da due iscrizioni su stele di pietra risalenti al I secolo d.C., ritrovate l'una nella chiesa di S.Maria in Carrobiolo, l'altra nei giardini della Villa Reale. Il nome latino della città non ancora autonoma, ma sotto il controllo di Medioladium era probabilmente Modicia (come testimonia la dedica incisa su di un'ara del II secolo dedicata ad Ercole ) anche se non lo si ritrova menzionato nei documenti né di età repubblicana, né imperiale. In base ai ritrovamenti, è stato individuato come centro dell’ antico nucleo abitativo l’ area che andava dal Duomo alla chiesa di San Maurizio (fine di Corso Vittorio Emanuele), separata dall’ acqua del Lambro. L’ unico passaggio che collegava le due parti di città era il ponte d’ Arena (ancora visibile nelle vicinanze del ponte dei leoni) così chiamato perché si trovava nelle vicinanze di un luogo in cui i giovani praticavano attività ginnico-sportive. Un'altra testimonianza tardo romana nella nostra città è un ninfeo tardo romano, tuttora visibile in via canonica. Alla disgregazione dell'impero romano Monza condivide le vicende dell'intera Italia che subisce lo stanziamento di nuovi popoli a partire dagli Eruli di Odoacre (476 d.C.), seguiti dagli Ostrogoti di Teodorico (493),infine. L’ arrivo dei Longobard nel territorio monzese (568 d.C) corrisponde a un periodo di grande splendore. Autari, e soprattutto sua moglie, la regina Teodolinda, rendono Monza un centro politico, culturale e religioso di grande importanza. Il secondo marito della regina, Agilulfo, viene convertito da lei al Cristianesimo, grazie all’ influenza di Gregorio Magno. Teodolinda fece innalzare nel 595 la Basilica di San Giovanni Battista, ora Duomo, dove nel 603 avvenne il battesimo del figlio Adoaldo e dove sono conservate le sue spoglie e ricchi tesori, tra cui la corona ferrea, simbolo della nostra città. Teodolinda morì il 21 gennaio 627. Nell'anno 774 i Longobardi di Desiderio sono sconfitti dai Franchi di Carlo Magno che riceve la Corona Ferrea nel 775. I Franchi portarono la città di Monza a ulteriori fasti, contribuendo grandemente al suo sviluppo e progresso. Berengario cinse la corona imperiale nell’ 888. Sembra certo che fu proprio la Corona Ferrea ad essere posata sul suo capo per la prima volta, avviando una tradizione di incoronamenti che giunge sino al 1848 (Ferdinando d’ Austria fu l’ ultimo sovrano di una serie che comprende Federico Barbarossa, Carlo V e Napoleone). Berengario muore nel 924, dopo aver favorito la Chiesa con grandi concessioni. Monza intanto appare come una grande città, con un castello e nuove chiese. Ottone III dichiara nel 995 la città sede imperiale, capo della Lombardia e del governo (“Est Sedes Italiae Regni Modoetia Magni”) e tale espressione compare tuttora nello stemma della città, diventando anche una delle cause delle future ostilità con la vicina Milano…. (continua nel prossimo numero) Non perdetevi il prossimo numero del Bartolomeo, dove troverete altre notizie della nostra città fino ad arrivare ai giorni nostri. A presto! Alberto Pessina IV B 23 Numero 1- NOVEMBRE 2013 CULTURA Il cavallo che sussurrava all'arte Gli equini che si resero partecipi nell'arricchimento culturale dell'occidente Fin da quando è comparso sulla terra, il cavallo è sempre stato d’importanza fondamentale per l’umanità: nato per la caccia, la guerra e l’agricoltura, questo animale ha migliorato notevolmente le prestazioni degli uomini in questi campi. Se si parla per esempio dell’equino per usi bellici, vediamo subito l’importante funzione che la cavalleria svolgeva anche in uno dei più famosi trattati di guerra dell’antichità: il De Bello Gallico di Giulio Cesare. Nell’opera si può notare come l’attacco dei cavalieri fosse fondamentale sia da parte dei Romani stessi, sia da parte dei Galli. Nel passo VII, 70 Cesare evidenzia il ruolo centrale della cavalleria germanica, mandata in aiuto delle legioni romane in difficoltà. Questa sconfigge, in una battaglia a cavallo, il comandante Vercingetorige. In questo brano, viene evidenziato anche come i cavalli siano vitali: questi vengono catturati come bottino di guerra, essendo preziosi per l’esercito. “Vercingetorix iubet portas claudi, ne castra nudentur. Multis interfectis, compluribus equis captis Germani sese recipiunt.” Nel mondo greco, a proposito del cavallo parla Senofonte nella sua Περὶ ἱππικῆς. Viene sempre visto come animale da guerra, ma ci sono passaggi interessanti che anticipano la odierna disciplina dell’horsemanship. L’attenzione è prettamente finalizzata a scopi utili all’uomo, ma è già un inizio verso la vera e propria relazione tra uomo e equino, con gesti finalizzati a mettere a proprio agio l’animale solamente per il rilassamento di questo o del cavaliere. Il cavallo viene citato anche nella mitologia greca e latina: se bianco, trainava i carri di numerose divinità, quali Apollo, Aurora, Sole, Plutone e Marte nella religione pagana, oppure quello di Mitra nella religione mitradica. Il cavallo nero aveva invece un’accezione ctonia e veniva sacrificato agli dei degli Inferi. Questo trainava i carri di Notte e Luna. Abbiamo inoltre un esempio nel mito di Pegaso e Bellerofonte: Animale selvaggio e libero, Pegaso viene inizialmente usato da Zeus per trasportare le folgori fino all'Olimpo. Grazie alle briglie avute in dono da Atena, viene successivamente addomesticato da Bellerofonte, che se ne serve per uccidere la Chimera. Anche nel mito delle dodici fatiche di Ercole se ne parla, quando l’eroe cattura la cavalla di Diomede, una delle giumente che si nutrivano, secondo la tradizione, della carne dei soldati caduti in battaglia e appartenenti al re della Tracia. Il significato che il cavallo assume nella letteratura e nell’arte medioevale e poi rinascimentale è quello di forza, vitalità ed allegoria della vittoria. Ma ha anche accezioni negative, quali la superbia e la lussuria. Questa ambivalenza è interessante da notare, perché potrebbe anche riprendere il fattore di dualità, solare e ctonia, che il cavallo aveva nella mitologia classica. Un esempio del cavallo ambivalente è nel quadro Hans Hemling, Dittico dell’allegoria del vero amore, nel quale vediamo da una parte una ragazza con in mano un garofano, simbolo di fedeltà e del fidanzamento, mentre dall’altra sono posti due cavalli accanto ad una pozza d’acqua: uno sauro, che si volge verso la fanciulla e sdegna l’acqua, simbolo dell’amore nobile e disinteressato, e un altro, albino e con in groppa una scimmia, rappresentante gli appetiti bestiali, che beve avidamente nel ruscello: esso incarna dunque l’amore egoista, dominato dalla voluttà. Per quanto riguarda la società di oggi, il cavallo resta comunque un animale amatissimo, sia dal punto di vista artistico letterario, come dimostrano le opere surrealiste di Salvador Dalì, ma anche dal punto di vista sportivo e nell’interazione umana. Qui l’uso del cavallo è ampio e articolato: si va dalle discipline olimpiche del salto a ostacoli o del dressage, fino all’ippoterapia,branca dell’equitazione con fine terapeutico nei pazienti con malattie mentali o disabili, ma anche negli anziani. Chiara Borghi IB 24 CULTURA Numero 1- NOVEMBRE 2013 Viaggio con una sola guida: “L'arte contemporanea” Ciao ragazzi! Come avrete intuito dal titolo questa sarà la rubrica dedicata allʼarte contemporanea; qui andremo alla scoperta di nuove e geniali forme dʼarte. In ogni articolo visiteremo i quartieri più originali delle più importanti capitali internazionali dove gli artisti possono esprimersi tramite le loro opere; perché anche lʼarte ha il suo linguaggio. Diciamocelo..chi preferirebbe tra noi ragazzi passare un sabato pomeriggio chiusi in un museo circondati da arte preistorica e armi medioevali invece che immergersi nelle strade delle città più famose del mondo respirando unʼatmosfera del tutto diversa e creativa?! Volete sapere quale sarà la nostra prima tappa? Vi porto a New York City! Cosa meglio di Soho o del Greenwich Village per incontrare oggetti e persone mai viste prima? In questi quartieri non ci sono particolari luoghi da visitare, ma "un'aria da respirare", che in questo caso non ha un "sapore" etnico ma culturale e artistico. Immaginatevi lì in una fredda mattina invernale mentre passeggiate in questa parte poco conosciuta della Grande Mela con un biccherone di caffè fumante americano (avete presente, vero? Quelli alla Audrey Hapburn in “Colazione da Tiffany”. Alla Starbucks..per intenderci) Perché é dʼobbligo visitarli almeno una volta nella vita. Cosa meglio di Soho? Con le sue insegne luminosissime è uno dei quartieri più trendy di Manhattan, ricco di gallerie dʼarte e non solo, grandi magazzini in ogni angolo ma soprattutto è residenza delle stelle della musica e del cinema. Già che passate di lì non potete dimenticare di fare un giro al Greenwich Village, confina direttamente con Soho, ma possiede ancora di più.. Eʼ considerato la casa degli artisti, delle leggende viventi, dei folli e degli anticonformisti. Questo quartiere in passato è stato l'epicentro dell'arte e della musica di New York; Artisti e musicisti di tutto il mondo venivano qui per frequentare i caffè letterari e i fumosi jazz clubs e per respirare un'atmosfera tipicamente parigina oltreoceano. Con il passare degli anni, nelle strade del Village sono passati tantissimi musicisti, scrittori e attori famosi, tra cui leggende del calibro di Bob Dylan, Edgal Allan Poe, Jimi Hendrix e colui che riuscì a ridefinire lʼarte: Andy Wharol. Se siete degli amanti della vera e propria arte di strada dovete assolutamente visitare il mitico 5Pointz ovvero unʼenorme struttura nei cui loft abitano più di 200 artisti. Le pareti esterne sono completamente coperte da graffiti che molto spesso vengono considerati, erroneamente, atti di puro vandalismo.. oggi a New York i graffiti sopravvivono solo in certe aree delimitate e mettono in evidenza il percorso compiuto dai giovani artisti alla ricerca di spazi in cui vivere, non sono semplicemente scritte senza senso sui treni della metro. Oltre a questi piccoli esempi se avete notato qualche riga precedente ho fatto riferimento ad un grande artista degli anni ʼ60 e ʻ70 che ha rivoluzionato lʼarte.. sto parlando proprio di Wharol, il mito della pop art. I suoi capolavori sono diventati famosi in tutto il mondo, se volete un esempio pratico basta aprire il frigo e osservare la bottiglitta di vetro della coca cola. Su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori prendendo immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali o immagini d'impatto come incidenti stradali o sedie elettriche, riusciva a svuotare di ogni significato le immagini che rappresentava proprio con la ripetizione dell'immagine stessa. La sua arte, che portava gli scaffali di un supermercato all'interno di un museo o di una mostra d'arte, era una provocazione nemmeno troppo velata: l'arte doveva essere "consumata" come un qualsiasi altro prodotto commerciale. Eʼ riuscito a diventare una icona mondiale specialmente grazie alle molteplici opportunità che gli ha offerto la Città che non dorme mai. Perché se ce la fai a New York ce la puoi fare ovunque. il nostro viaggio finisce qui per questa volta, ma preparatevi al prossimo, ce ne andremo a Parigi! Alessia Mazzotta IVC 25I Numero 1- NOVEMBRE 2013 ATTUALITÀ L'eredità “And till my ghastly tale is told This heart within me burns” - S.T. Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner, VII, 584-585 Quest'estate sono tornato in Sicilia. Dico tornato non solo perché ci ero già stato, ma perché sono fermamente convinto che quella terra- quella lacrima d'Africa perduta, quel perno del Mediterraneo- sia in qualche modo già inscritta nel nostro sangue, tanto che l'andare ci pare sempre un tornare. Non sono tornato però come turista, ma come cercatore, come pellegrino. Ho partecipato ad un viaggio organizzato dal comitato Addiopizzo. Non basterebbe questa pagina per descrivere luoghi, persone, storie, cibi di una settimana così ricca. Vorrei solo riflettere sui ragazzi che formano questo comitato. Addiopizzo è nata nel 2004 da una bravata di sette giovani sulla ventina, che hanno tappezzato Palermo di finti necrologi che recitavano: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Fortunatamente il loro impegno non si è fermato all'attacchinaggio: nel tempo essi hanno aiutato i commercianti che subivano estorsioni a denunciare, garantendo loro avvocati, protezione da parte delle forze dell'ordine e una fitta rete di consumatori “critici” che si impegnavano a comprare da esercizi “Pizzofree”. Dati del 2009 dicono che il 65% dei commercianti palermitani paga il pizzo, contro l'80% del 2004. Le statistiche non sono certo esaltanti. Ma è proprio di questo che mi piacerebbe parlare: un paio di anni fa il mio professore di matematica mi disse che il futuro di noi giovani non sarebbe certo stato in Italia, ma che se volevamo combinare qualcosa saremmo dovuti andare all'estero. Io, sulla scorta anche di esperienze dirette di conoscenti, ho preso per buono questo consiglio: anzi, sicuramente esso è ancora molto valido e veritiero. Eppure dopo la Sicilia la mia prospettiva è cambiata. Pensate di avere la Crisi, il poco lavoro e tutti i problemi che avete: andarsene è la cosa più sensata. Poi fermatevi a pensare che in Sicilia c'è qualcuno con tutti i vostri problemi più la Mafia (non che non ci sia anche qui), ma che non è scappato. Pensate che ha la vostra età e che lavora tutti i giorni (anche ad Agosto) con poco profitto monetario e con il 65% della sua città che gli vuole male. Pensate che il suo sforzo contro il Sistema che combatte equivale forse a quello di uno che trasporti acqua con un setaccio, che probabilmente solo i suoi figli vedranno il risultato del suo lavoro. E poi pensate che ogni giorno che l'avete incontrato aveva sempre il sorriso sulla bocca e gli occhi che brillavano come il mare a San Vito Lo Capo. Ecco, io quando penso a queste cose mi sento un po' più responsabile e un po' più impotente. E mi scappa la voglia di scappare. Perché mi pare che a sapere queste cose e a non fare niente, e a non dire niente, e ad abbandonare la propria terra, poi uno dovrebbe faticare a guardarsi allo specchio. Io non voglio condannare chi se ne va e chi se ne andrà dall'Italia. Vorrei che chi si sottraesse a un compito ne fosse consapevole, vorrei che chi decidesse di andarsene sapesse cosa lascia dietro di sé. Mi vengono in mente le parole di Peppino Impastato: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. [...] È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. La nostra scuola educa alla Bellezza. La nostra terra è la terra della Bellezza. Noi siamo eredi di un patrimonio che dobbiamo ad un tempo riconquistare, proteggere e donare. Questo va fatto mediante l'educazione: insegnando e studiando, riflettendo e scrivendo, ricercando e narrando, noi ci riappropriamo della Bellezza, proteggiamo la Bellezza, trasmettiamo Bellezza. Sicuramente non saremo noi a cambiare le cose. Sicuramente ci converrebbe andarcene dall'Italia. Abbiamo il diritto di farlo: facciamo almeno in modo che il nostro passo esiti prima di varcare il confine. E se scegliamo di rimanere, e di combattere una battaglia persa, sappiamo che, come diceva Padre Pino Puglisi, le nostre azioni non saranno più che un segno, testimonianze di un modello diverso. E se scegliamo la Bellezza facciamolo col sorriso sulla bocca e con gli occhi che brillano, come il mare a San Vito Lo Capo. O come la neve sul Resegone. Giovanni Colpani IIIE 26 Numero 1- NOVEMBRE 2013 ATTUALITÀ Fin dove la ragione pu ò? Il mese di Ottobre è stato teatro della morte dell’ex capitano delle Schutzstaffeln (le SS) Erich Priebke. Essendo morto in Italia il funerale andrebbe fatto a Roma, ma in molti e per l'indignazione per le colpe del defunto e per evitare che la tomba diventi luogo di culto di forze di estrema destra, sono fortemente contrari non solo alla sepoltura su suolo laziale, ma anche alla concessione dei riti funebri (la Chiesa infatti può negarne lo svolgimento a persone che hanno forti colpe sotto il punto di vista o giuridico o dottrinale). La grave colpa causa dell'indignazione è di aver sostenuto il dominio nazi-fascista in Italia e, in particolare, di aver preso parte attivamente al massacro delle Fosse Ardeatine del '44, in cui morirono 335 persone. Priebke si è sempre difeso minimizzando i fatti e asserendo di star solo eseguendo un ordine, che se non l'avesse fatto l'avrebbero ucciso. Eppure sono esistiti soldati tedeschi che hanno preferito non eseguire gli ordini e hanno preso parte alla resistenza; inoltre, se la paura avesse effettivamente bloccato la sua capacità di giudizio, la mancanza di un qualsiasi tipo di pentimento anche a distanza di molti anni lascia trasparire molto su quanto l'ordine sia stato eseguito contro la sua volontà. Altri sostenitori ritengono il gesto giustificabile dal contesto, nel senso che la colpa non sarebbe tale in quanto Priebke ha ricevuto un'educazione di stampo nazista, che insomma sia stato condizionato dall'ambiente. E' davvero possibile che fu l'educazione e la forma mentis del suo ambiente a portarlo a non avere rimorsi? In tal caso la colpa non sarebbe sua. Lui, ritrovatosi a pensare in un modo sbagliato senza volerlo né rendendosene conto, diventando così emblema della massima dal sapore socratico: “Nessuno compie il male consapevolmente”. Ovviamente questo intellettualismo etico non poté certo evitare a Priebke la condanna, l'ignoranza di un uomo (ma anche di dieci, cento, tutti gli uomini) non vale certo la vita di 335 persone, né di una sola. Ora, oltre al caso Priebke, è necessario capire e confutare questa visione della colpa, per evitare di finire paradossalmente a giustificare colpevoli e condannare insegnanti. Le nozioni vengono assorbite passivamente solo dai bambini, in età adulta ogni cosa che facciamo passa, più o meno coscientemente, attraverso la nostra volontà e il nostro spirito critico. Quest'ultimo va oltre la semplice capacità di apprendere informazioni, ma è propriamente l'abilità nell'interpretarle. Si sviluppa naturalmente nell'uomo e viene solamente aiutato dalla quantità e qualità di nozioni che ci arrivano. Dipende quindi non solo dalla ragione, ma è qualcosa che per produrre ragionamenti riesce a rapportarsi e basarsi anche sulla realtà istantanea ( quella che avviene sul momento ) oltre che sulle conoscenze date da un'educazione o dalla frequentazione per lunghi periodi di determinati luoghi. Per questo una persona adulta che si ritrova a compiere un'azione, sia in circostanze nuove che di routine, sia nella piacevolezza responsabilizzante del libero arbitrio che sotto ordini, passerà per propria natura attraverso un processo di giudizio dell'ambiente e della situazione circostante. Quindi, in mancanza di un pentimento, lo sforzo di Priebke nell'accettare l'ordine (sforzo nullo perché fatto di certo non contro la propria volontà) deve essere passato da un suo giudizio personale. Questo giudizio, seppur effettivamente influenzato dal modo di pensare diffuso, accettato dalla maggioranza e quindi ritenuto all'epoca come “normale”, non può di fronte ad un così grande dolore dato da così tante morti avere un grado di consapevolezza così basso da scagionare lo stesso Priebke. Difatti l'uso dello spirito critico non si limita alla sola ragione, ma passa anche dall'etica e dai sentimenti fisici che un uomo prova (o dovrebbe provare) davanti alla morte di un altro. Posto come premessa tutto questo non si può usare quest'intellettualismo etico come scusante\attenuante perché le scelte che si compiono sono frutto di uno sforzo della testa ( che è condizionata dall'ambiente sociale ), ma passa anche attraverso uno sforzo di volontà che arriva dall'istinto naturale di ogni animale che va contro l'omicidio tra simili. Andrea Talarico II C 27 Numero 1- NOVEMBRE 2013 ATTUALITÀ U.S.E Euskadi Ta Askatsuna; letteralmente Paese Basco e Libertà. Il tal movimento detto anche ETA è uno dei tanti, troppi, gruppi che, in modi più o meno violenti, lottano per l'indipendenza di una regione rispetto allo stato a cui essa appartiene. L'Europa è caratterizzata da questi movimenti indipendentisti che mirano a frammentarla e a renderla disunita fomentando odio razziale, religioso e culturale. Alcuni esempi clamorosi ci vengono forniti dalla piaga che fu la guerra serbo-croata e, successivamente, da quella ancor più sanguinolenta che fu combattuta tra la Serbia e la Bosnia-Erzegovina. E non potrebbe forse qualcuno ricordare proprio queste due guerre per fondare la tesi secondo la quale la convivenza forzata tra due popoli è cosa erronea e sbagliata? Giusto, in effetti un'Italia frammentata come quella risorgimentale potrebbe evitare episodi di odio e discriminazioni tra le città; immaginiamo dunque il Bel Paese frazionato in una trentina di piccole regioni-stato: la prospettiva appare interessante. Pensiamo però al momento in cui i vari ministri degli esteri si recano da uno sceicco per gestire gli affari legati all'oro nero: quest'ultimo, minimamente interessato a rifornire stati così piccoli, proporrà prezzi estremamente alti. A rigor di logica è impensabile una gara al ribasso tra i vari petrolieri per rifornire questi paesini, che potremmo tranquillamente chiamare ''nani economici''. Se già questi nani decidessero di unirsi almeno nella politica estera riuscirebbero a strappare prezzi migliori. Potremmo dunque affermare che l'unione fa la forza. E se le varie nazioni europee (s'intendono ovviamente gli stati facenti parte dell' UE) decidessero di unirsi in una superpotenza paragonabile agli U.S.A.? Non credete che per rifornire di petrolio (il ragionamento si può naturalmente applicare a tutto il materiale d'importazione: gas, uranio..) questa nazione i grandi sceicchi si batterebbero dunque nella famigerata gara al ribasso riducendo sensibilmente il costo della vita? ITA EST! E' però impensabile considerare un bulgaro e un finlandese, i quali differiscono per etnia, cultura, lingua e religione, concittadini. Si rischierebbe infatti di creare una situazione simile a quella della ex Jugoslavia, di cui abbiamo già in precedenza trattato. Per la creazione della nostra superpotenza, che definiamo gigante economico, si potrebbe prendere spunto dagli USA: questo paese potrebbe prendere il nome di United States of Europe (USE) e, come ogni nazione che si rispetti, dovrà avere una Costituzione riscritta adattandosi ai vari codici legislativi degli Stati membri. Si rende necessaria l'unificazione totale della moneta (pena l'inevitabile espulsione) e una completa ed assoluta unità in politica estera, con abolizione del relativo ministro di ogni singolo paese. Enormi facoltà al Parlamento ed al Presidente europeo, con inevitabile centralizzazione del potere e quindi perdita di importanza dei governi nazionali, che avranno comunque libertà di gestire la politica interna e la legislazione (nel rispetto comunque della Costituzione di Bruxelles, capitale del gigante). La lingua sarà l'inglese, con perdita progressiva, e non improvvisa, di quella di ogni singola nazione. Questo modello, che si ispira alla Confederazione degli Stati del Sud nella guerra civile americana, potrebbe essere chiamato Super Federalismo e di per sé non esclude scissioni tra i vari stati, a patto che esse restino all'interno della NazioneGigante. Dunque i nostri USE avrebbero un'importanza devastante nell'ambito politico, militare ed economico senza creare quelle convivenze forzate che, come già abbiamo visto, portate all'esasperazione, generano odio e guerre troppo cruente per essere accettate. Utopia? Forse, ma la speranza, si sa, è l'ultima a morire. Tommaso Filippo Morlini IE 28 Numero 1- NOVEMBRE 2013 ATTUALITÀ Er ich Pr iebke: storia e polemiche Da venerdì 11 ottobre, con la morte di Erich Priebke, ex ufficiale delle SS e responsabile dei massacro delle fosse Ardeatine, Roma è teatro di continui contrasti che continuano ancora oggi. La storia del sopracitato Priebke già da tempo suscita stupore, e in molti casi indignazione. Dopo l'arrivo degli alleati nella penisola egli si dilegua misteriosamente, fuggendo dalla sua prigione ad Ancona. Svariati decenni dopo, nel 1994, la troupe del programma televisivo inglese Prime Time live lo rintraccia a San Carlos de Bariloche, in Argentina. Non oppone resistenza ma, per quanto riguarda i suoi crimini, si dichiara solamente vincolato agli ordini e inconsapevole di aver ucciso persone innocenti. Viene portato in Italia, e il 14 aprile del 1997 viene condannato all'ergastolo, pena che pochi mesi viene ridotta a 15 anni (10 dei quali condonati e 3 già scontati) suscitando lo scalpore della comunità ebraica. Successivamente la condanna diventa nuovamente all'ergastolo, anche se la Corte di Cassazione concede all'ex ufficiale nazista di scontarla agli "arresti domiciliari" nella sua villa a Roma. Dopo la sua morte è stata ritrovata una cassetta testamentaria, in cui nega addirittura la stessa esistenza dell'olocausto, e rimarcava l'orgoglio per il suo passato. stessa (15 ottobre) la bara è stata trasportata di nascosto all'aereoporto militare di Pratica di Mare, e da lì verso una destinazione ignota. Le ipotesi sono scarse, dal momento che l'Argentina ha rifiutato categoricamente il corpo dell'ex SS, e la Germania ha dichiarato che non si occuperà della sepoltura. Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, suggerisce con un pizzico di malizia: "Qualora non si trovasse soluzione che venga cremato e le sue ceneri disperse come lo furono quelle dei nostri nonni. Sarebbe cremato da morto e non come il milione di bambini usciti dai forni di cui Priebke all’epoca non ebbe pietà". In conclusione, bisogna restare all'erta per i possibili sviluppi internazionali della faccenda, dal momento che essa è legata non solo all'Italia. Erich Priebke è di certo stato un criminale, ma, come molte persone non mancano di sottolineare, non possiamo negare una degna sepoltura a un morto, anche a un ufficiale delle SS. Perche forse non saremmo migliori di lui. Federico Artoni IV C Insomma, si può dire che la storia di quest'uomo abbia lasciato con il fiato sospeso l'Italia negli ultimi decenni, e l'atto finale non si rivela da meno. La cerimonia funeraria, celebratosi dopo numerose polemiche ad Albano, è stata bruscamente interrotta per l'assalto di gruppi di cittadini scesi in piazza che con calci e pugni hanno reso a dir poco difficoltoso il passaggio del carro funebre. A complicare la situazione anche un gruppo di neonazisti che, con bottiglie e spranghe, si sono scatenati contro la folla inerme. Proprio a causa di questi intoppi la notte 29 MUSICARADIO FREE ZUCCHI Numero 1- NOVEMBRE 2013 PETER GABRIEL: SECRET WORLD LIVE Visto che per questo mese sono stato lasciato solo a scrivere per questa rubrica ho deciso di fare qualcosa di leggermente diverso: per una volta non scriverò propriamente di un album “normale”, ma dell’album e del video tratto dal concerto del 16 e 17 Novembre 1993 a Modena di Peter Gabriel, Secret World Live Tour. Sinceramente io Gabriel lo conoscevo solo per l’esperienza con i Genesis, poi un giorno, non avendo nulla da fare, girando su Sky ho trovato questo concerto e che dire, sono rimasto folgorato! Quel Peter Gabriel, che al tempo dei Genesis era diventato famoso per le sue maschere e i suoi personaggi con i quali, per sua ammissione, non solo creava spettacolo per il pubblico, ma anche una protezione per se stesso (era molto timido e le folle lo mettevano a disagio) qui propone uno spettacolo incredibile sia con la propria persona che con un’incredibile apparato scenografico, ideato dallo sceneggiatore canadese Rober Lepange, che lo assisterà poi nei successivi tour. Due palchi, collegati da una rampa e sovrastati da uno schermo con videoproiezioni psichedeliche, nonché una serie di elementi fatti apposta per stupire lo spettatore come una cabina telefonica dal quale all’inizio il cantante esce, rampe mobili, fumogeni, un albero luminescente che spunta al centro del palco e una cupola che verso la vince del concerto cala dal tetto sopra Gabriel, che si destreggia assieme agli altri musicisti in particolari coreografie che riesco ad apparire tanto complesse quanto naturali (ed era timido…). Il pubblico poi non solo si gode lo spettacolo ma ne è partecipe (bellissimo il momento in cui al buio totale si accendono migliaia di accendini, veri, non iphone). Passando poi al lato puramente musicale l’album presenta una raccolta dei migliori pezzi della prima parte della carriera di Gabriel solista e guidano l’ascoltatore in un viaggio di generi e suoni, in cui si incontrano il rock progressivo, passato dell’artista, pezzi più commerciali e orecchiabili che abbracciano il funky e ovviamente la musica etnica da lui tanto amata e valorizzata, tanto da fondare la Real World, casa con la quale ricerca e promuove generi musicali da tutto il mondo. Ovviamente si devono tralasciare tutti i discorsi legati alla coerenza e al valore d’insieme dell’album essendo una racconta per un live, anche se personalmente non ho trovato nessuno dei pezzi fuori posto o inserito “perché è una hit e va messa perché piace ai fan”. In conclusione posso dire che consiglio questo album (o meglio ancora questo video perché perdersi questa esperienza sarebbe un peccato quasi mortale) non solo ai fan di Peter Gabriel ma a chiunque voglia conoscerlo o abbia voglia di provare un’esperienza particolare, diversa, ma decisamente entusiasmante e toccante. ALBUM : Secret World Live ARTISTA: Peter Gabriel ANNO: 1993 GENERE: Progressive, world music "Come Talk to Me" "Steam" "Across the River" "Slow Marimbas" "Shaking the Tree" "Red Rain" "Blood of Eden" "Kiss That Frog" "Washing of the Water” "Solsbury Hill" " Digging in the Dirt" Lorenzo Secondin IIIE TRACKLIST: "Sledgehammer" "Secret World" "Don't Give Up" 30 Numero 1- NOVEMBRE 2013 CUCINA Le r icette per gli ZUCCHINI & Co. Salve a tutti! Questa è una nuova rubrica dedicata agli amanti della cucina, dove troverete ricette per succulenti piatti da gustare con gli amici! Buon appetito! ROTOLINI DI FRITTATA SAPORITI: Ingredienti (4 persone): • 4 uova; • 300 g di robiola; • 16 pomodorini piccoli; • basilico; • erba cipollina; • burro; • sale. DIFFICOLTA’: ● ○ ○ TEMPO: 20 minuti+ raffreddamento. PREPARAZIONE: • Rompete le uova in una ciotola, unitevi un pizzico di sale e sbattetele con una forchetta finché i tuorli e gli albumi saranno ben amalgamati. • Scaldate una noce di burro in una padella antiaderente e cuocete a 2 riprese (prima un po’ di composto e poi l’altro), ricavando così 2 frittate. Tritate una manciatina di foglie di basilico e un ciuffetto di erba cipollina. Impastate in una ciotola la robiola con il trito di erbe e un pizzico di sale. • Stendete le frittate su 2 larghi fogli di alluminio e distribuitevi uniformemente il composto di formaggio. Disponete al centro di ogni frittata una fila di 8 pomodorini interi. Avvolgete le frittatine ben strette e impacchettate nei fogli di alluminio. Lasciatele raffreddare, quindi tagliatele a fetta grosse un dito e servitele. COCKTAIL DI GAMBERI: INGREDIENTI (4 persone): • 4 etti di maionese in barattolo • 2 cucchiai abbondanti di salsa RUBRA • 1 cucchiaio di salsa di concentrato di pomodoro. • 1 cucchiaio di cognac • 300 gr di gamberetti già puliti e cotti / 1 kg di gamberetti crudi col guscio • 1 cipolla media, 1 gambo di sedano, 1 carota • 3/4 chiodi di garofano • 8 foglie di lattuga. DIFFICOLTA’: ● ○ ○ TEMPO: circa 60 minuti + raffreddamento PREPARAZIONE: • Lavate e sgusciate i gamberetti e lasciatene • • • • • qualcuno con la coda attaccata, vi serviranno per decorare. Lessate i gamberetti in abbondante acqua salata, dove avrete messo la cipolla, il sedano, la carota e i chiodi di garofano. Fate bollire per 2-3 minuti, poi scolate i gamberi e fateli raffreddare. Lavate ed asciugate le foglie di lattuga integre, quelle esterne più grandi, e posizionatele a due a due in 4 coppe, vi serviranno da letto per il cocktail di gamberetti. Tagliate finemente le restanti foglie di lattuga e posizionatele al centro delle coppe, fino a riempirle per ¾. Prendete una ciotola, mettete la maionese, la salsa rubra, il concentrato di pomodoro e il cognac e mescolate delicatamente. Aggiungete i gamberetti e mescolate il tutto. Lasciate riposare in frigorifero almeno 12h. Suddividete i gamberetti nelle 4 coppe, sopra l'insalata, spolverizzate a piacere con del prezzemolo o erba cipollina e decorate con i gamberetti provvisti di coda che avete tenuto da parte Rebecca Caniatti IV B Costanza Cerrano IVB 31 CURIOSITÀ Numero 1- NOVEMBRE 2013 Le 9 cose che non sai L'argomento di cui parleremo oggi è.... (rullo di tamburi) LE 9 COSE CHE NON SAI! cinquecento mila palloncini per far volare casa tua come in UP. Sarebbe fantastico provare, chi mi aiuta a gonfiarli? Senza tanti giri di parole, cominciamo. Prima cosa: in Spagna vicino a Valencia c'è un locale chiamato "Casa Pocho", nel quale il barista capo del locale offre un giro gratis a colui che si dimostra inventore dell'insulto più originale. In pratica, se insulti, bevi gratis. Il genio proprietario di "casa Pocho", Mariusz Bernard, ha avuto questa idea perchè ritiene necessario che i clienti debbano scaricare tutte le loro frustrazioni derivanti dalla crisi e dalla sfiducia nel futuro che da essa deriva."Almeno non si rifanno sulla loro famiglia" ha pacatamente osservato Bernard. Seconda cosa che non sai: nessuna parola fa rima con UVA. Per quanto tu ci possa pensare o per quanto questo possa diventare uno dei tuoi problemi esistenziali, non ne troverai nessuna. Quindi, se avevi intenzione di comporre una poesia in rima mettendo alla fine del verso "UVA", ora sai che non puoi più, mi dispiace. Terza: chi non ha mai colorato dentro dentro gli spazietti delle lettere? Bene, quelli di voi che l'hanno fatto è perchè cercavano di colmare una mancanza di affetto. Che cosa triste, no? Quarta curiosità, anche se si tratta di un fatto un po' vecchiotto: a Bruxelles, il 20-01-09, è successo un fatto strabiliante, e se i media hanno conferito ai protagonisti di questa storia la candidatura all'Oscar dei cretini, un motivo ci sarà: una signora svedese di 61 anni si è presentata allo sportello della banca "Norde bank" di Svendborg chiedendo di cambiare le sue corone svedesi per un equivalente di circa 190 euro. Fino a qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che i soldi usciti dalla borsetta della cliente erano banconote del Monopoli. Il cassiere, senza batter ciglio ha cambiato il denaro e la signora indisturbata ha lasciato la banca. Qualche giorno dopo, la stessa signora ha tentato di nuovo il colpo, con una somma decisamente più alta, ma ha incontrato un altro cassiere, che ha chiamato immediatamente la polizia. Ora, non si sa se l'Oscar vada assegnato alla vecchietta, che ha tentato il colpo due volte di fila, o al primo cassiere, che ha cambiato il denaro senza batter ciglio. Quinta verità: ti servirebbero 9 milioni e Sesta notizia: alla fine degli anni 90 è sorto un vero problema per la BMW in Germania che è stata costretta a ritirare dal mercato i propri navigatori GPS, dopo che schiere di automobilisti indignati hanno chiamato in massa il numero verde per i reclami. E tutto queso perchè? Per le voci femminili dei navigatori. Per il maschio tedesco, l’incubo si presenta così: salita in macchina ,programma il navigatore, mette in moto, e poi -aiuto!- sente una voce femminile: “La rotta è stata individuata.". Richiamandosi questo episodio, Clifford Nass, professore di Comunicazione all’Università di Stanford offre la sua spiegazione: "Una donna che dia istruzioni di guida metterebbe in discussione un'idea tradizionale del ruolo della donna". In poche parole: i tedeschi sono maschilisti e non sopportano di essere comandai da una donna. Ottava novità per te che stai leggendo: i canguri saltano perchè, tranne quando nuotano, non sono in grado di muovere le zampe posterioiri indipendentemente una dall'altra. Ma non è sempre stato così: gli antenati dei canguri di oggi correvano a 4 zampe. Nei millenni, però, il paesaggio è diventato più arido e pieno di ampie pianure e perciò il canguro si adattato: i mega salti (arrivano in altezza ai 4 metri, in lunghezza fino ai 10 metri, e in velocità oltre i 50 km/h!) sono diventati fondamentali per percorrere le grandi distanze dell’Australia in modo rapido. Bravi canguri! Nona cosa che ora non sai ma che tra poco saprai: la marca ASICS è l'acronimo di Anima Sana In Corpore Sano, variante di "Mens sana in corpore sano", celebre frase del poeta e oratore romano Decimo Giunio Giovenale. Se tu, caro lettore/lettrice sapevi già tutte queste cose, ti faccio i miei complimenti: non ti si può sorprendere in niente! Se invece non ne eri a conoscenza (cosa che sinceramente spero perchè altrimenti la mia carriera finisce qui dal momento che non ho saputo ”intrattenere il lettore con novità e curiosità”), allora vorrà dire che adesso potrai andare in giro a pavoneggiarti con i frisini perchè tu sai cose che loro non sanno. Alessandra Masetto IA 32 STORIE DI CALCIO Numero 1- NOVEMBRE 2013 L'altra f inale,se il calcio è solo felicità 30 giugno 2002, Changlimithang Stadium, Thimphu, Bhutan. L’arbitro inglese Steve Bennett osserva la scena: di fronte a lui lo attende una folla di 15.000 spettatori, divisi fra giallo-rossi (i sostenitori del Bhutan) e verdi (quelli di Montserrat). Dietro le tribune svetta da sotto le nubi, maestoso come sempre, l’Himalaya. Wow. Il calcio inglese ne ha di strada da fare per arrivare a uno spettacolo del genere. Questa è “l’Altra Finale”, una sfida epica quanto quella dei mondiali giapponesi che Germania e Brasile, le due squadre più forti al mondo, si giocheranno tra poche ore. Qui le formazioni in campo sono, almeno secondo il ranking FIFA, le peggiori del mondo: n. 202 contro 203. Siamo a Thimphu, 2300 metri di altitudine, capitale del Bhutan, ultimo regno indipendente dell’Himalaya, i cui sudditi non sono autorizzati a guardare negli occhi il loro re. L’isola caraibica di Montserrat, perla verde dei caraibi, è diventata famosa nel 1995, dopo che un’eruzione vulcanica ha sommerso due terzi del suo (minuscolo) territorio e sparso per il mondo gran parte dei suoi abitanti. Due piccoli, splendidi paesi che, a quanto pare, producono il peggior calcio di tutto il mondo. Il calcio è arrivato in Bhutan per la prima volta negli anni Settanta ma subito è stato accolto con grande entusiasmo, tanto che re Jigme Singye Wanchuck prima di salire al trono ha giocato come portiere. L’entusiasmo però non è bastato per evitare un debutto sulle scene internazionali disastroso. Nell’albo non proprio d’oro di questa federazione c’è una sola partita: 14 febbraio 2000, zero a venti contro il modesto Kuwait. La federazione, come d’altronde anche quella del Montserrat, non ha infatti abbastanza fondi per pagare dei professionisti ed è per questo che chi gioca nell’Altra Finale ha un lavoro a tempo pieno. In realtà, però, il vero problema con cui per molto tempo hanno convissuto i bhutanesi è un altro: trovare le scarpe da gioco. Per anni infatti non sono state cambiate, bensì rattoppate più e più volte, come pure i palloni; questo fino a quando, qualche mese fa, la nazionale sudcoreana, in occasione di un’amichevole, ha regalato seicento paia di scarpe. Bel gesto. Nessuno dei due paesi ha mai sentito parlare dell’altro, tanto che il Kuensel, l’unico giornale del Bhutan, ha dedicato un’intera pagina a “Dov’è Montserrat”. (P.s: è quel piccolo puntino di fianco ad Antigua). I verdi del Montserrat abitano un’isoletta a forma di perla e hanno una squadra a forma di cozza: solo sconfitte. Sono però giunti in Bhutan orgogliosi di essere riusciti, a differenza degli avversari, ad aver segnato una rete in un incontro ufficiale: il match era Montserrat – Rep. Dominicana, e lo storico marcatore Wayne Dyer. Anche qui in tutta la nazione non c’è un negozio sportivo, e così i giocatori e l’allenatore, prima della trasferta, sono emigrati ad Antigua per comprare le scarpe (i primi) e i fischietti (il secondo): la federazione ne era sprovvista. Gli isolani hanno avuto i loro problemi durante il tragitto: il viaggio è durato cinque giorni, gran parte della squadra è stata bloccata dai monsoni a Calcutta e, per finire, il giorno prima della partita, i giocatori sono stati male per un’intossicazione alimentare. Ed è forse per questo che la partita è molto meno combattuta di quanto tutti, anche l’arbitro Bennett, si aspettassero. Risultato finale: 4 a 0 per il Bhutan, con storica tripletta del capitano Wangyel Dorji. O forse può darsi che la colpa sia dei preparativi: quelli del Montserrat hanno detto una semplice preghiera, i bhutanesi sono andati in pellegrinaggio al monastero di Dechen Phug, pregando di giocare lealmente e senza farsi male. E così e andata: lo spettacolo è stato magnifico. E unico: non un marchio o una sponsorizzazione, pallone totalmente bianco e maglie senza logo. La scelta di non avere sponsor è stata fatta per differenziarsi dal Mondiale che, guarda caso, è finito per essere una sfida fra multinazionali: Nike contro Adidas. Tanto per ribadire che il calcio non è un supermercato o una guerra tra marchi, e ritornare così all’essenza di questo bellissimo gioco, fatto di passione e divertimento. Il motto nazionale del Bhutan recita: “Il prodotto interno lordo è meno importante della felicità interna lorda del paese”. Ecco, serviva un paese sperduto nell’Himalaya per sposare di nuovo due parole così distanti, ultimamente: calcio e felicità. Fabio D'aguanno IV C 333 Numero 1- NOVEMBRE 2013 INTERVISTE Interviste ai professor i PROFESSOR GALEOTTO e PROFESSORESSA DE SIMONE DOMANDA:Quando ha capito che avrebbe fatto il professore? GALEOTTO: Avevo già una mezza idea alle medie ,ma soprattutto quando ho fatto il servizio sociale ,per il quale andavo a fare il doposcuola aiutando gli studenti in difficoltà. DE SIMONE :Pensavo di fare il professore già da quando ero piccola, poiché mi piaceva spiegare alle altre persone e parlare in pubblico. DOMANDA:Che liceo ha frequentato e quale professore ha amato maggiormente? GALEOTTO:Ho frequentato il Liceo Classico Sant’Ambrogio ai Salesiani di Milano. In questi anni alle superiori ho stimato tre professori: il mio professore di lettere al ginnasio Enrico Elli dovuto al fatto che aveva un approccio un po’ originale e ci trattava come studenti già maturi;Don Paolo Borroni, l’insegnante di filosofia e storia al triennio essendo un professore colto e voleva instaurare dialogo con gli studenti e perché non stava troppo al libro. DE SIMONE:Ho frequentato il Liceo Classico Telesio a Cosenza .La professoressa che ho preso come esempio per svolgere il mio lavoro fu la mia insegnante di Latino e greco perché le sue lezioni erano piene di entusiasmo tanto da trasmetterlo ai suoi studenti. DOMANDA:Quale professore ha odiato di più? GALEOTTO:Il mio insegnante di Lettere nel triennio e che per un anno mi fece anche Latino perché oltre ad essere stretto nei voti era molto attaccato ai libri e esigente su particolari indifferenti. DE SIMONE:Nessuno ,ma avrei preferito che tutti mi trasmettessero la stessa passione per la materia come fece la mia prof di Latino e Greco,per esempio ho riscoperto la filosofia in un momento successivo poiché la mia insegnante non me ne ha fatto appassionare. DOMANDA:Ritiene di esser stato un buono studente? GALEOTTO:Direi di sì,anche se si può dire che avessi un altro senso del dovere verso le materie che non mi piacevano DE SIMONE:Sì,avevo il massimo dei voti in tutto DOMANDA:Quali caratteristiche deve avere il suo studente ideale? GALEOTTO:Deve essere diligente ,attento,si deve aspettare qualcosa dal lavoro della scuola e molto partecipe. DE SIMONE:Per me non esiste la fotografia dello studente ideale ,ma dovrebbe avere entusiasmo nello studio delle materie. DOMANDA:Quali caratteristiche invece non sopporta vedere negli studenti? GALEOTTO:Non mi piace vedere una classe troppo apatica e passiva e mi dispiace vedere studenti che non sfruttano il loro potenziale e quelli che copiano. DE SIMONE:Non mi piace quando uno studia solo per il voto. DOMANDA:E’ soddisfatta del lavoro che svolge? Cosa cambierebbe della scuola? GALEOTTO:Sostanzialmente sì,anche se la scuola ha molti problemi,io per esempio avvicinerei le strutture delle superiori con l’ Università e poi ci sono veramente pochi finanziamenti. DE SIMONE:Soddisfattissima .Della scuola cambierei un bel po’ di cose troppo lunghe da elencare ,dalla logistica alla valutazione. DOMANDA: Cosa fa nel tempo libero? GALEOTTO:Porto avanti gli studi e le letture ,gioco a calcetto e a tennis ascolto musica. DE SIMONE:In realtà ne ho poco, durante il quale porto avanti gli studi,pratico sport,porto a passeggio il cane e sto con i miei figli .Mi piace anche assistere a mostre d’arte,camminare e fare del turismo etico (quello che non comporta dispendio di soldi e a misura dell’uomo e del pianeta), fotografare e leggere poesie. DOMANDA:Sport ,libro,film e pezzo musicale preferito. GALEOTTO:I miei sport preferiti sono calcio e tennis,per quanto riguarda i film invece mi piace molto “Il mio amico Erik”di Ken Loach,il mio album musicale preferito è “Selly England buy the pound”dei Genesis,i libri invece sono due: “ Dialoghi con Leucò” di Cesare Pavese e “Iliade e Odissea”. DE SIMONE: Il mio sport preferito è il nuoto,poi mi piacciono i film che contengono un messaggio come per esempio “Non uno in meno” e “Camera con vista”,i libri che mi appassionano maggiormente rispetto agli altri sono quelli di saggistica e quelli di poesia come “Medicamenta” un altro libro interessante è”Teoria della Halbbildung” .Il mio pezzo musicale preferito è “The wall”. Paolo Emanuele Leone IV B EVENTI Numero 1- NOVEMBRE 2013 Eventi di Novembre Ciao a tutti ragazzi, siamo già a Novembre e quelli che sto per elencare sono una serie di incontri/eventi/organizzazioni che si svolgeranno in questo mese: Teatro: • Lo schiaccianoci, balletto di Tchaikovsky Milano Teatro Nuovo, 30 Novembre, 1 Dicembre Prezzo: Da 54,50 a 64,50 • Ghost Il musical Milano Barcalys Teatro Nazionale, dal 10 Ottobre all'1 Dicembre Prezzo: Da 23,00 a 61,00 Musica: • Bring Me The Orizon - Sempiternal Milano Alcatraz, 25 Novembre Prezzo: 28,75 • Chiara Galiazzo Milano Teatro Nuovo, 26 Novembre Prezzo: da 34,50 a 40,25 • Fabri Fibra Milano Alcatraz, 12 Novembre Prezzo: 25,00 • Arctic Monkeys Assago Mediolanum Forum, 13 Novembre Prezzo: 36,80 Vans Off the Wall Music Night 2013 Milano Magazzini Generali, 21 Novembre Prezzo: 28,80 • Negramaro Assago Mediolanum Forum, 16 Novembre Prezzo: da 39,10 a 57,50 Dai ragazzi per i ragazzi: • Metalheads III edition Monza Circolo libertà in Via Libertà 33, 9 Novembre ore 19.30 Ingresso Libero • Scuola di formazione “L'Europa che farei” tema del giorno: scuola e istruzione – disoccupazione giovanile Meda, 16 novembre dalle ore 15.00 alle 18.00 • E questo è tutto per questo numero; se avete dei suggerimenti per il mese di Dicembre o domande non esitate a contattarmi, mi trovate in I E o su Facebook, alla prossima C: Diana Bettin IE 35 Numero 1- NOVEMBRE 2013 GIOCHI GIOCHI! LABIRINTO: Aiuta il fantasma ad arrivare alla casa stregata in tempo per Halloween! SUDOKU: Scrivi nei quadretti vuoti i numeri da 1 a 9 in modo che in nessun box, riga e colonna compaia più volte lo stesso numero. CRUCIPUZZLE: Trova le parole segnate in fondo, sapendo che sono scritte in tutti i versi possibili. BARZELLETTE & INDOVINELLI 1. Chi la crea la vede. Chi la compra non la usa. Chi la sta usando non la vede. Cos’è? 2. La sera di Halloween che cosa cade senza farsi alcun male? 3. Dove vanno in vacanza i fantasmi? 4. La strega dice allo scheletro: “Che bello, finalmente è la notte di Halloween! Si festeggia!” E lo scheletro: “Non sto più nella pelle!” 5. Due vampiri si levano dalla bara. La moglie esclama: “Ho fatto un incubo! Ho sognato che dormivo in un letto!” E il marito: “E questo è niente: io ho sognato che bevevo dell’acqua!” (1.La bara; 2.La notte; 3.Al Mar Morto) Francesca Gargioli IV D 36 VIGNETTE Numero 1- NOVEMBRE 2013 37 VIGNETTE Numero 1- NOVEMBRE 2013 Elena Gargioli VD 38 il Bartolomeo Il giornale degli Zucchini LA REDAZIONE DIRETTRICE: Alice Pennino 3D VICEDIRETTORI: Chiara Borghi IB Andrea Talarico IIC CAPOREDATTORI: Giorgia D'Aversa 1E Claudia Quagliarini 1E Giacomo Palmaro 4A Alberto Pessina 4B IMPAGINAZIONE E GRAFICA: Andrea Talarico IIC Beatrice Battistini IB COLLABORATRICE: Silvia Spadari IIC REDATTORI: Alessandra Mansueto IIIE Andrea Missaglia IA Alessandra Masetto IA Erica de Matteo IB Rachele Vergani ID Federica Panzeri ID Tommaso Filippo Morlini IE Diana Bettin IE Serena Altare VA Elena Gargioli VD Paolo Leone IVB Rebecca Caniatti IVB Carlotta Mascheroni IVB Costanza Cerrano IVB Ludovica Allevi IVB Bianca Mapelli IVB Alessandra Zane IVC Alessia Mazzotta IVC Fabio D'Aguanno IVC Laura Cecchetto IVC Francesca Gargioli IVD Ester Melchiorre IVE Martina Girardi IVE Riccardo Fazio IVC Sara Tozzi IVC Ringraziamo inoltre tutti coloro che hanno collaborato all'uscita del Bartolomeo (collaboratori,insegnanti ed operatori scolastici). Ricordiamo che chiunque può partecipare alla redazione del Bartolomeo inviando un suo articolo all'indirizzo email b [email protected] Chi desisera inviare un messaggio alla rubrica “Quorinfranti” può farlo inviando una mail all'indirizzo sopracitato. I numeri del Bartolomeo sono disponibili anche on line sul sito www.liceozucchi.it N°1 – a.s. 2013/2014 – NOVEMBRE 2013