LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 1 degli Stelliniani Periodico d’informazione culturale dell’Associazione “Gli Stelliniani” di Udine – Anno X – Numero 2 – Dicembre 2011 Periodicità quadrimestrale – Spedizione in abbonamento postale – Articolo 2, comma 20/c, legge 662/96 – D.C.I. “UD” Economia e valori C ome è noto, il pensiero economico di ogni tempo ha cercato sempre di distinguere tra valore d’uso e valore di scambio, preferendo ora l’uno ora l’altro a seconda dell’ideologia di riferimento. Come non ricordare il detto di Luca, 12,15: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede”. Il monito dell’evangelista, pur esprimendo un precetto condivisibile, potrebbe tuttavia autorizzare interpretazioni eccessivamente radicali e sancire il rifiuto di ogni forma di produzione, che non fosse limitata al soddisfacimento delle esigenze primarie. Si cadrebbe, così, nel paradosso evocato da Mandeville nella sua Favola delle api: “se mancasse tutto ciò che non è necessario all’esistenza di un ‘nudo selvaggio’, finirebbe ogni socialità umana”. Come conciliare, dunque, l’etica della “mortificazione” con quella della “soddisfazione”, che spinge gli uomini della società civile? Già Aristotele, nell’Etica a Nicomaco, vedeva il vizio nello scambiare il mezzo per il fine, cioè il valore d’uso (fine) subordinato a quello dello scambio (mezzo), e San Tommaso percepiva nella cupidigia l’opposizione della volontà umana a quella divina. Nel mondo moderno, poi, i vizi da Kraepelin sino a Freud diventano espressioni di “psicopatologia”: non più vizi ma vere e proprie malattie dello spirito. Non a caso, Kant, nella sua Antropologia pragmatica, univa il concetto di deviazione morale a quello di patologia caratteriologica. Nasce così il concetto di avaro, cioè di colui che ha il vizio di usare il denaro non come mezzo ma come potere: potere, tuttavia, che quanto più sarebbe nelle condizioni per acquistare beni materiali, tanto meno spende per acquistarli e, quindi, tanto più si preclude la possibilità di vivere. Il piacere lussurioso del potere nasconde, in realtà, il desiderio di essere immortali, che è appunto un vizio capitale. Con l’accumulazione del denaro l’avaro cerca, infatti, di sottrarsi alla mortalità degli oggetti temporanei e transeunti. Del tutto diverso è il concetto di “pauper”, che indicava per i latini non il povero ma colui che può operare nei soli limiti delle possibilità che gli sono concesse e dunque nel rispetto di un “modus”. Non si tratta dunque di discettare sulla superiorità o meno del valore d’uso contro il valore di scambio, valore che domina nella civiltà industriale dell’etica della soddisfazione. In tal senso appaiono datate le polemiche come quella di Marx contro Adam Smith che, nella Ricchezza delle Nazioni, vedeva la proprietà privata già presente nella società naturale e quindi giusta, contro l’opinione del filosofo tedesco. Come ci spiega Kaneman, economista americano, ormai è superato da un pezzo il punto di equilibrio dopo il quale la ricchezza non genera più la felicità. Oltrepassato quel punto, la ricchezza cessa pertanto di essere un valore di investimento razionale. Se la felicità è, infatti, il prodotto di una combinazione fra la somma dei beni materiali posseduti dall’individuo e il moltiplicatore costituito dalle sue relazioni con gli altri (la famiglia, gli amici, etc.), l’assenza di queste relazioni rende il prodotto pari a zero e toglie significato ad ogni possesso. Le conseguenze di un’economia dissociata dalle relazioni e dai valori sono apparse, proprio in questi anni, in tutta la loro gravità. Il primato assunto dai processi finanziari ha costretto, infatti, non solo i singoli ma anche le nazioni alla dittatura dei mercati, che appaiono entità segrete e neutrali le quali impongono circostanze, azioni, convincimenti e infine valori cui tutti si sono dovuti adeguare. Come diceva Antonio Genovesi, ripreso da Einaudi: “Si può essere ricchi da soli e contro gli altri, ma per essere felici si deve essere per forza in due”. Croce commentava tale massima distinguendo tra il liberismo economico e il liberalismo etico e ricordando che, se è vero che il primo è il fondamento del secondo, è altrettanto vero che il liberismo trova solo nel liberalismo (cioè nelle categorie della relazionalità e del valore) il suo completamento. Se le cose stanno in questi termini, cosa dobbiamo aspettarci in un mondo dominato dalla finanza virtuale, nel quale si consuma anche ciò che non si produce? Daniele Picierno Al via il nuovo progetto editoriale dell’Associazione: due secoli di storia attraverso gli stelliniani da ricordare Facciamo l’appello! Carlo Sgorlon Ardito Desio Angelo Arboit Sergio Maldini Vincenzo Manzini Tarcisio Petracco Elio Bartolini Alberto Asquini Teobaldo Ciconi Luciano Morandini Tomaso de Vergottini Carlo Giorgio Conti Giovanni Battista Berghinz Tiziano Tessitori Loris Fortuna S alutato con entusiasmo da una folla di stelliniani da lungo tempo in attesa del dell’evento, nell’ottobre del 2010, veniva alla luce, dopo quattro anni di gestazione, il corposo volume Il Liceo Classico ‘Jacopo Stellini’. Duecento anni nel cuore del Friuli. Come è ormai noto, il volume ripercorre attraverso i contributi di una sessantina di autori le vicende dell’istituto e ne recupera la memoria storica attraverso un impianto che è in parte saggistico e in parte narrativo. I vari saggi e articoli sono raccolti in varie sezioni dedicate alla storia, all’istituzione, alla didattica, ai ricordi degli ex allievi, e così via. Ma la sezione che ora interessa più da vicino è quella intitolata Uomini e vicende, estesa a quasi un quarto dell’intero libro. Così la presentava nella sua nota introduttiva Federico Vicario, curatore dell’opera: “La sezione Uomini e vicende propone una rassegna di alcuni tra i personaggi – docenti, presidi, ex allievi – che hanno contribuito a illustrare il nome del Liceo o che sono restati, comunque, nella memoria di chi l’ha vissuto… Gli stelliniani hanno dato un contributo fondamentale al progresso civile, morale e culturale del Friuli, e non solo, andando ad occupare posizioni di rilievo in molti e diversi settori della vita della nostra comunità. Da questo punto di vista, la presentazione delle vite e delle opere di alcuni di (segue a pagina 2) LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 2 2 Primo Zanotti, docente di francese questi personaggi, quelli che i nostri collaboratori ci hanno proposto, non va assolutamente considerata come conclusiva, per quanto riguarda la categoria degli “stelliniani illustri”; ancor meno dobbiamo pensare che quanti sono presenti in queste pagine debbano per forza essere considerati migliori o più meritevoli di quelli che presenti non sono.” In effetti era stato questo il principale cruccio del curatore e più ancora di chi scrive, al suo fianco nelle varie fasi di redazione del volume: l’inevitabile esclusione di tanti personaggi che avrebbero meritato di essere biografati o almeno citati. Mentre eravamo intenti a risolvere i mille problemi relativi alla pubblicazione in corso, con insistenza sempre maggiore si presentava pertanto l’idea di dare, prima o poi, un seguito a quella prima fatica editoriale con un secondo volume che potesse riparare, in qualche misura, al necessario anche se doloroso oblio di tante figure ragguardevoli. Fino al punto che la scrivente, nel salutare la neonata pubblicazione, formulava il seguente auspicio: “…ci auguriamo che possano seguire ulteriori ricerche e contributi a illustrare la vita e le opere degli stelliniani che dal nostro Liceo uscirono tamquam ex equo Troiano meri principes exierunt …per distinguersi nei diversi campi della cultura, della ricerca, delle professioni e della politica. E non è detto che in un futuro prossimo l’Associazione non decida di accettare una sfida così stimolante”. L’idea di una rassegna di stelliniani illustri è rimasta finora allo stato embrionale: come si poteva pensare al nuovo azzardo finché non si fosse felicemente conclusa quella prima operazione così impegnativa sotto tanti punti di vista e soprattutto dal punto di vista finanziario? Ma ora che la riuscita ha superato tutte le aspettative, ora che il libro è stato accolto dalla critica favorevolmente e dal pubblico dei lettori con tale entusiasmo da esaurire velocemente le scorte, i privati che hanno reso possibile quell’impresa con il loro contributo sono pronti a scommettere sulla nuova. Resta dunque da augurarci che anche gli enti pubblici – già lodevoli sostenitori di quell’iniziativa – vogliano sostenere la nostra associazione in questa nuova e non meno ardua sfida. Ma quello che più conta è Don Francesco Placereani che molti degli autori che hanno collaborato alla stesura del precedente volume hanno aderito con entusiasmo a questa ulteriore chiamata. Ad essa ha risposto anche un gruppo di altri volontari, appena usciti dalla titanica impresa del Nuovo Liruti e c’è posto per nuove adesioni. Pertanto quanti vogliono aggiungere le loro forze per la realizzazione di questo nuovo progetto editoriale prendano pure contatto con la scrivente, cui è stata affidata la curatela del volume. Questo secondo volume sarà dunque quasi un seguito del precedente, anche se si occuperà in particolare degli stelliniani che hanno illustrato il Liceo con la loro opera distinguendosi nei vari settori della vita sociale, politica, professionale, nella nostra regione e nel mondo. Nemmeno quest’opera, per quanto destinata a integrare in tale ambito specifico il precedente, potrà naturalmente esaurire l’immenso archivio di figure egregie che l’Istituto ha educato e consegnato alla società. Ben consapevoli di questo limite saremo paghi se, fatta salva la ripresa di alcune personalità illustri già per diverse vie assai note, riusciremo a fare emergere o valorizzare il contributo di tanti altri che hanno lasciato con il loro operato una traccia incisiva sebbene non conosciuta ai più. Il volume, che non vuole essere una raccolta di schede biografiche ma avrà un taglio narrativo, prenderà in Silvia Crichiutti, docente di scienze Un inno per lo Stellini N ell’ultimo consiglio direttivo l’associazione Gli Stelliniani ha deliberato di dare il via al progetto “Un inno per lo Stellini”, ritenendo che lo storico Liceo, a più di duecento anni dalla sua istituzione, debba esserne finalmente dotato. L’iniziativa è parsa opportuna anche in considerazione delle prestigiose realtà, coro e orchestra, già attive da lungo tempo nella Scuola (oggi rispettivamente dirette da Anna Morsut e Giacomo Pirani) con esibizioni apprezzate non solo al suo interno o in ambito cittadino, ma anche fuori Regione. Giacché la redazione di un inno consta di due fasi successive (stesura del testo e composizione della musica), si è pensato di procedere in ciascuna di essa con criteri diversi: mentre per la composizione musicale verrà bandito un vero e proprio concorso, viene fatta ora “una chiamata aperta” per la stesura del testo. Stelliniani, militanti e reduci, volete contribuire alla storia del Liceo collaborando alla redazione di quello che rimarrà il suo inno imperituro? Volete essere voi a scrivere le parole che presto sentiremo sulle bocche di tutti gli stelliniani, coristi e non? La formula di contribuzione è assolutamente libera, perché il testo definitivo, che verrà scelto da un’apposita commissione, potrà essere quello proposto da un singolo autore, come pure quello risultante dalla combinazione di testi scritti da mani diverse. E questo per non limitare l’apporto di tanti stelliniani forniti di una genuina passione per la penna. I vari elaborati saranno perciò valutati con riferimento ad ogni loro singolo aspetto (strofe, ritornello, parole, etc.), perché ciascuna di queste parti potrà concorrere alla composizione del testo finale. Dal momento che il testo sarà poi “vestito” dalle note, e anche per considerazioni generali di stile, si danno in questa sede alcune necessarie indicazioni: • l’inno dovrà essere composto da un ritornello di due versi e da tre strofe di cinque versi ciascuna; • il ritornello dovrà essere in lingua latina; • le strofe dovranno essere invece in lingua italiana, anche se non risulterà sgradito l’inserimento di singole parole in latino o in greco; • le strofe dovranno avere un evidente schema metrico sillabico, tale da permettere di comporre, nella seconda fase, un’unica melodia che possa agilmente adattarsi a tutte le strofe: se, exempli gratia, il primo verso della prima strofa consta di sette sillabe con gli accenti sulla prima, la quarta e la settima, mentre il secondo è composto di undici sillabe con gli accenti su prima, quarta, nona e undicesima, medesimo numero di sillabe e medesima accentazione dovranno avere il primo e il secondo verso della seconda strofa. E così via procedendo per i versi successivi; • il testo dovrà ispirarsi ai valori e all’identità del Liceo, ferma restando la possibilità di licenze tipiche degli inni goliardico-studenteschi. E adesso veniamo alla procedura da seguire per rispondere alla “chiamata”: • i lavori dovranno essere presentati in forma anonima e dattiloscritta, inseriti all’interno di una busta con soprascritto un motto, che dovrà essere ripetuto anche sopra una seconda busta, inserita all’interno della prima e contenente i dati personali e l’indirizzo dell’/degli autore/i; • il mancato rispetto di tali norme, o anche solo di una di esse, comporta l’esclusione dalla collaborazione; • i plichi dovranno recare un timbro di spedizione non successivo al 29 febbraio 2012 ed essere inoltrati al seguente indirizzo: Associazione “Gli Stelliniani”, Progetto Un inno per lo Stellini, piazza I Maggio 26, 33100 Udine. La Commissione esaminatrice, composta dai membri del Consiglio direttivo e da un esperto scelto tra i musicisti stelliniani disponibili, sceglierà a suo insindacabile giudizio tra i contributi pervenuti il testo più idoneo, riservandosi la possibilità di procedere a una “contaminatio”, cioè a una combinazione di testi appartenenti ad autori diversi. Il testo scelto verrà reso pubblico, con la segnalazione dell’autore o degli autori, in occasione del bando di concorso per la composizione della musica, entro il 31 marzo 2012. Geda Jacolutti, docente di lettere e poetessa esame personaggi vissuti negli ultimi due secoli e comunque non più viventi, dei quali si cercherà di tratteggiare, per quanto possibile, il profilo umano e caratteriale. È comunque ancora in attesa di essere definito se l’ordine di inserimento delle biografie debba essere cronologico, alfabetico o in base all’attività svolta e alla funzione ricoperta nella società. L’occasione offrirà la possibilità di aggiornare gli elenchi dei maturi e dei docenti con i nomi degli ultimi anni, di pubblicare del materiale fotografico che non è stato possibile inserire nel primo volume per mancanza di spazio o perché giunto troppo tardi. A questo punto agli Stelliniani non resta che augurare un buon esito a questa loro nuova impresa, rigettando le preoccupazioni e affrontando con fiducia ed entusiasmo gli svariati problemi che non mancheranno di presentarsi. Forza allora! La campanella della Scuola è già suonata e l’attività sta per incominciare. Penna, carta e calamaio sono già pronti: si proceda con l’appello! Giandaniele Asquini, contrammiraglio della Marina Militare Gaetano Marini, magistrato e filosofo Elettra Patti LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 3 3 TERZA PAGINA Intervista alla studiosa che la rivista specializzata Popular Science ha indicato tra i 10 migliori ricercatori under 40 negli Stati Uniti Alessandra Luchini, una stelliniana in America C ara Alessandra, come è nata la tua passione per la ricerca scientifica? La mia passione per la ricerca nasce proprio durante i miei studi allo Stellini. Quando ero in seconda liceo, Mauro Ferrari, il “re” delle nanotecnologie nel mondo, venne a scuola per fare una presentazione del suo lavoro. Ricordo che le sue parole mi toccarono profondamente e mi si aprì una nuova dimensione: quella della ricerca, del desiderio di allargare le frontiere di quello che sappiamo e di quello che possiamo costruire. Quali erano le motivazioni per cui avevi scelto di andare al classico e cosa ricordi dei tuoi cinque anni allo Stellini? Ho sempre avuto (e ho tutt’ora) un profondo amore per le lettere classiche e in generale per la letteratura. Sono stata felice della mia scelta di fare il liceo classico, che è stato un periodo molto fecondo per la mia formazione e ha stabilito le basi della mia identità culturale. Ho dei ricordi molto belli di quegli anni: le stimolanti discussioni durante le ore di filosofia, le belle lezioni di letteratura greca, i momenti di aggregazione durante le gite scolastiche. Qual è stata l’eredità che ti hanno lasciato gli studi umanistici? La cultura è l’unica cosa che, in ogni condizione, non ti può essere tolta. L’eredità dei miei studi è la radice profonda della mia cultura, che definisce il mio modo di vedere il mondo, di relazionarmi con la gente e di orientare la mia condotta personale nei momenti più critici. Il mio bagaglio di cultura umanistica mi accompagna nella mia professione e mi aiuta a proseguire nel modo migliore in ogni nuova sfida. Nel tuo curriculum, dopo la maturità allo Stellini, ci sono stati una laurea in ingegneria chimica e un dottorato in bioingegneria. Ci racconti come sì è svolto questo percorso? Mi sono spostata a Padova per studiare ingegneria chimica, ho fatto un anno a Milano in un laboratorio di ricerca all’Università di Milano Bicocca per poi tornare a Padova per fare il dottorato. Gli studi tecnici sono stati un buon complemento agli studi umanistici delle superiori. Ho incontrato molte persone stimolanti durante il mio percorso ed esempi costruttivi di tenacia nel superare gli ostacoli. Quindi è arrivato il trasferimento negli Stati Uniti. Come sei giunta a questa decisione? Durante il dottorato ho vinto una borsa di studio finanziata dall’Istituto Superiore di Sanità per venire a lavorare in un laboratorio di ricerca negli Stati Uniti. La mia borsa di studio faceva parte di un progetto di oncoproteomica che dura ancora oggi. L’Istituto Superiore di Sanità ha organizzato una rete di ospedali a carattere scientifico in tutta Italia che forniscono giovani ricercatori e campioni che vengono spediti nella mia università (George Mason University, Virginia). È un’ottima opportunità per continuare le collaborazioni con i colleghi italiani. Adesso sono passati sei anni dal momento in cui sono arrivata ed eventi personali si sono aggiunti a motivi professionali, movimentando la mia permanenza negli Stati Uniti. Quali sono state le tue esperienze negli States e di cosa ti occupi attualmente? Sono arrivata alla George Mason University nel 2005 e A lessandra Luchini è nata a Novara il 19 aprile 1977 e si è maturata allo Stellini nel 1996 (sezione D). Nel 2001 ha conseguito la laurea in Ingegneria chimica presso l’Università di Padova, dove nel 2005 si è perfezionata con un dottorato in Bioingegneria. Nello stesso anno si è trasferita presso la George Mason University della Virginia (Stati Uniti), dove è stata assunta come ricercatore e si è specializzata in Nanotecnologie. Attualmente ha il titolo di Assistance Professor presso il Centro per la Medicina Proteomica e Molecolare della George Mason University. Vasto è il catalogo delle sue pubblicazioni e numerosi sono i suoi attestati di merito. Nel 2009 ha vinto la prima edizione del premio Award, indetto dall’associazione Bridges to Italy e riservato alla più brillante studiosa italiana nel Nord America. Nel 2011 la rivista specializzata Popular Science l’ha inserita tra i dieci migliori ricercatori di età inferiore a quarant’anni operanti negli Stati Uniti. mi sono occupata di sviluppo di sensori per quantificare modifiche posttranslazionali nelle proteine. Costruivo microcircuiti in cui misuravo la corrente elettrica che passava attraverso singole molecole proteiche. Dopo ho incominciato a lavorare sui marcatori tumorali. L’idea è quella di mettere a punto un esame del sangue per individuare la presenza di un tumore agli stadi iniziali, prima che produca metastasi, quando l’efficacia del trattamento è maggiore. Ho messo a punto una tecnologia, le “nanoparticelle di idrogel”, che vengono mescolate al sangue e catturano e proteggono i biomarcatori in modo che possano essere misurati con le correnti tecniche per la ricerca e la diagnostica clinica. Quali differenze hai notato tra l’Università italiana e quella americana? L’università americana è un sistema molto efficiente e funzionale. Lo studente dispone di una grande libertà di scelta nell’orientamento didattico, è molto seguito nel suo percorso di studio e molto raramente ci sono studenti fuori corso (anche perché le tasse universitarie sono davvero alte!). L’università americana, come luogo di lavoro, offre molta più libertà ma esercita anche molta più pressione rispetto a quella italiana. Gli stipendi dei dipendenti sono generalmente anticipati dall’università e, a seconda dei contratti, il ricercatore deve “ripagare” l’università fino al 50% del suo salario. Il modo in cui il ricercatore ripaga il suo salario è con il finanziamento della sua ricerca scientifica. Ogni finanziamento americano prevede circa il 60% del budget da dedicare agli stipendi dei ricercatori. Se non si riesce a onorare il contratto e a ripagare l’università del salario ricevuto, il contratto viene rescisso! La procedura amministrativa e burocratica è in media molto snella. Immagino che ci siano anche motivazioni etiche alla base del tuo impegno. Certamente. Una forte motivazione etica è quella di cercare di capire meglio una malattia, come il tumore, che rappresenta un’epidemia nel mondo occidentale (anche a causa dell’invecchiamento generale della popolazione). Lavoro anche sulla diagnosi precoce di malattie infettive come tubercolosi, malattia di Lyme e Chagas (molto diffusa nell’America Latina). La migliore soddisfazione è riuscire a portare i risultati della mia ricerca nella clinica, a beneficio del paziente. Cosa sono per te Udine e il Friuli? Udine e il Friuli rappresentano la famiglia e gli affetti, il luogo del rientro a casa e delle vacanze ristoratrici. Le persone con cui ho vissuto la mia infanzia e adolescenza a Udine sono stati modelli che hanno formato la mia personalità e mi hanno dato valori forti di etica lavorativa e personale. Chi è e cosa fa Alessandra Luchini, quando non è all’Università? È importante fare una distinzione, come amo dire scherzando con mio marito. BS (before Sofia) mi piaceva molto viaggiare per esplorare nuovi luoghi e godere dei molti e bellissimi musei che ci sono in questa zona. Ho sempre amato molto cucinare e diffondere la “vera” cucina italiana e friulana anche negli Stati Uniti. Da quando è nata Sofia, dedico tutto il tempo libero alla mia bimba (che sembra sempre così poco). Adesso ha quasi due anni e incominciamo a esplorare insieme tutte le cose meravigliose che popolano il nostro mondo! Quale consiglio ti sentiresti di dare agli studenti del classico? Di sicuro, possono andare contenti, perché hanno fatto un’ottima scelta e incominceranno la loro vita universitaria con un ottimo bagaglio culturale. Ma devono anche imparare a conoscere le proprie aspirazioni e non smettere mai di lottare per realizzarle. Ci saranno molte opportunità nel loro futuro: stiano attenti a coglierle al volo! Andrea Purinan LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 4 4 CRONACHE STELLINIANE Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, è stato ospite di un’affollata assemblea d’istituto “Il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare” (Paolo Borsellino) I l giorno 18 novembre si è tenuta l’assemblea d’istituto degli studenti, incentrata sul tema della lotta alla criminalità organizzata. In questa occasione gli alunni del liceo Stellini hanno avuto l’opportunità di incontrare Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino che dedicò tutta la propria vita alla lotta alla mafia e che venne ucciso in un terribile attentato il 19 luglio del 1992. L’incontro, reso possibile grazie al “Movimento Agende Rosse”, che ha fatto da tramite tra i rappresentanti d’istituto e Salvatore Borsellino, è avvenuto nella palestra della scuola e ha visto una grande partecipazione da parte degli studenti, che sono rimasti affascinati dall’ospite. Salvatore Borsellino ha infatti raccontato la vita del fratello dal suo punto di vista e la difficoltà di comprendere la profondità e la forza della sua scelta, contrapponendo se stesso, di fatto fuggito da Palermo, sua città natale, al fratello Paolo, rimasto invece per poter cambiare quello che non andava. E così ricorda le celebri parole del fratello: “Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”. Borsellino ha poi affrontato il tema del “dolore della perdita” dopo la strage di via d’Amelio che gli ha impedito per molti anni di parlare del fratello, ma che infine è riuscito a vincere. Da quel momento, racconta, è iniziata la sua attività nelle scuole “... soprattutto, per far conoscere il grandissimo contributo di Paolo Borsellino alla lotta alla mafia”. E da qui è cominciato il racconto della vita del fratello Paolo, di come, dopo essersi laureato in giurisprudenza, egli abbia deciso di combattere la mafia, di come abbia affiancato il giudice Giovanni Falcone collaborando con lui nella creazione del pool antimafia, dei primi successi, dell’ideazione del maxi processo, fino alla morte avvenuta sotto la casa della madre in via d’Amelio. Un racconto e un’analisi davvero lucidi che hanno ripercorso la storia della lotta alla mafia nell’ultimo decennio, dalla connivenza tra stato e mafia all’azione del giudice Corrado Carnevale, soprannominato l’ammazza-sentenze, che vanificò parte del lavoro fatto riuscendo a far assolvere alcuni degli indagati per mafia. Salvatore Borsellino incontra gli studenti dello Stellini Due ore di intenso intervento che si è concluso con un prolungato applauso e grande commozione da parte di tutti i presenti: studenti, Dirigente Scolastico, docenti e personale della scuola. Grazie Signor Borsellino! Galatea Bernardis classe III F Lo Stellini all’European Summer School of Classics di Trieste “ G Il prof. Agostino Longo con il gruppo dei “Quattordici” raecia capta, il vinto come educatore” era il tema proposto dalla X edizione dell’European Summer School of Classics, progetto promosso dall’Università di Trieste, a cui ha partecipato un gruppo di quattordici studenti delle classi seconde del Liceo Jacopo Stellini. La famosa locuzione oraziana ha fornito lo spunto per un’ampia ed appassionante riflessione sull’influenza della cultura greca sul mondo latino. Attraverso un ciclo di conferenze tenutosi dal 19 al 23 settembre, gli esperti relatori hanno preso in esame ora l’aspetto letterario, ora quello filologico o archeologico. Gli studenti udinesi, sotto la guida del prof. Agostino Longo, hanno seguito in modo particolare il curriculum teatrale-musicale, percorso che li ha portati ad approfondire le loro conoscenze sui meccanismi dello spettacolo tragico e le sue relazioni con la musica. La fase conclusiva del progetto consisteva poi nell’elaborazione autonoma di una conferenza, ispirata ai temi suggeriti dalla Summer School. Gli studenti hanno dunque elaborato la conferenza “Famam sequi, costru- zioni e ricostruzioni di Elettra”. L’evoluzione della complessa figura di Elettra è stata oggetto di un’accurata analisi che ha seguito i profondi rimandi intertestuali che, dalle tragedie di autori classici quali Sofocle ed Euripide, conducono fino alle moderne rivisitazioni di Hugo von Hofmannsthal e di Marguerite Yourcenar, senza naturalmente tralasciare i riferimenti musicali all’Elektra di Richard Strauss. La conferenza è stata presentata venerdì 28 ottobre nell’Aula Magna dell’Istituto alla presenza della preside Giovanna Marsoni e del direttore della Summer School, prof. Marco Fernandelli, ed è stata applaudita da un folto pubblico di insegnanti, allievi e genitori. Questi i nomi degli alunni partecipanti: Ester Peric, Giacomo Battaini, Simone Langellotti, Serena Sangoi, Beatrice Bancheri, Rossana Bulfone, Matteo Fornasin, Martina Zuliani, Sara Marchesano, Camilla Folisi, Anna Venturini, Vittoria Brusco, Giacomo Pirani ed Erica Tonutto. Ester Peric, classe II B LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 5 5 I VIAGGI DEGLI STELLINIANI Emozioni e sorprese girovagando in Sicilia Davanti al Tempio di Segesta D ifficile condensare in un articolo le emozioni e le sollecitazioni culturali prodotte da un viaggio come quello che un gruppo di Stelliniani ha intrapreso nell’agosto di quest’anno: un itinerario tanto atteso, da parte di chi scrive, che finalmente ha avuto l’opportunità di conoscere un lembo di questa terra così particolare e grande, sotto ogni punto di vista (fisico, letterario, artistico…), ove le stratificazioni storiche inducono continuamente a riflettere e sul passato e sugli esiti del presente. Provo a tratteggiare alcuni ricordi ancora vividi, per rendere almeno in parte la suggestione di ciò in cui ci siamo imbattuti. Innanzi tutto Palermo: una città multiforme e dai forti contrasti, con parti estremamente belle in un tessuto edilizio che è cresciuto a dismisura negli ultimi decenni, portando a un degrado di certe parti che lascia stupefatti di fronte a gemme mozzafiato: la città normanna, ad esempio, con il Palazzo che svetta in tutta la sua imponenza, mentre all’interno rivela l’incanto dei mosaici bizantini della Cappella Palatina o quelli a soggetto profano delle sale ove i re normanni si proteggevano dalla calura con ingegnosi sistemi di ventilazione sognando le tenute di caccia poco distanti, come il Castello della Zisa (da noi visitato), fuori città, ai piedi del monte, sintesi tra culture diverse: la struttura compatta di forma quasi L’efebo di Mozia cubica, l’eredità araba nell’articolazione degli ambienti interni e la frescura della loggia solcata da un canaletto e da una cascata, i mosaici naturalistici che superano l’idealizzazione bizantina per suggerire il fasto di queste residenze di diporto e dei loro giardini, magnificati dal geografo arabo Edrisi. Nel cuore del centro storico salire a S. Giovanni degli Eremiti significa distaccarsi dall’intorno e proiettarsi in un tempo remoto, ammirando la severità delle strutture e la perfezione delle cupole a contrasto con gli spazi circoscritti del chiostro, circondati da una vegetazione lussureggiante. A proposito di imponenza vegetale, impressiona – per via della loro crescita continua e dei loro tronchi smisurati, come se provenissero da ere oramai estinte – il dominio esercitato dai ficus magnolioides in vari punti della città, a Piazza Marina o nell’Orto Botanico di ben meritata notorietà. Come non segnalare poi l’appartato Palazzo Abatellis nei pressi della Kalsa, un gioiello del gotico catalano, valorizzato al suo interno grazie all’allestimento museografico curato da Carlo Scarpa, un distillato di capolavori su cui svettano l’affresco potente del Trionfo della Morte (staccato da Palazzo Sclafani) e l’Annunciata di Antonello da Messina, che trasmette il mistero sacrale che pervade Maria, sommessa e forte insieme? Tante Palermo si alternano in un tessuto urbanistico additivo, basato su alcune direttrici privilegiate, ma a tratti labirintico: la città multietnica dell’epoca medievale, l’influsso catalano, gli splendori barocchi (nella ricchezza degli interni di alcuni oratori, come quelli di S. Cita e S. Domenico, ove trionfa il virtuosismo del maestro stuccatore Giacomo Serpotta), l’esotismo della Casina Cinese ai margini del Parco della Favorita, il rigore neoclassico, il decoro borghese della città opulenta del XIX secolo, con i suoi palazzi e teatri, come il Massimo, il fascino liberty dell’età dei Florio e di Ernesto Basile, del Grand Hotel et des Palmes, e, per contrasto, l’intrico dei mercati (quello del Capo o la Vucciria) con i loro suoni, odori e colori decisi che hanno ispirato pittori come Guttuso, l’incombente complesso carcerario dell’Ucciardone e l’austera mole del Palazzo di Giustizia, le brutture dell’incontrollato sfruttamento edilizio degli anni ‘70 che ha divorato quasi del tutto il verde dei villini di Viale Libertà: la città è contraddistinta da un incredibile groviglio di degrado e preziosità in attesa di adeguata valorizzazione. L’assaggio, dunque, di un mondo inquieto, un tempo al passo con le capitali europee ora pervaso da un evidente disagio, colpisce, avvince e un po’ turba chi vi si avvicina, anche per poco, com’è capitato a noi. La visita alla cattedrale di Monreale, per converso, rasserena ed esalta: percorrendo inebriati le navate per l’oro dei mosaici si giunge all’abside con la raffigurazione dell’Onnipotente a mezzo busto in atto di benedire, con le dita disposte a evocare il simbolismo trinitario. Le meraviglie continuano all’esterno, con il chiostro, e gli archi moreschi intrecciati della zona absidale. Da un simile universo composito si è approdati alla realtà completamente diversa di un centro come Trapani, città che sorprende positivamente per la cura con cui è stata restaurata buona parte del centro storico, ordinato nell’assetto, vivace e opulento, specie nei momenti di festa: matrimoni fastosi il sabato pomeriggio nelle chiese del centro, processioni a passeggio nella sera prefestiva, tutti stipati e agghindati a sfilare lungo la direttrice principale. Deborda pure il Museo Pepoli, dove si trova di tutto: dalla ghigliottina ai presepi, dall’oreficeria ai dipinti (tra cui uno stupendo ritratto eseguito da un Balla ancora divisionista). Da questa località è agevole raggiungere siti di grande interesse, come Erice, innanzitutto, una magnifica cittadina arroccata su un’altura da cui si domina la forma a falce di Trapani protesa sul mare. Presa d’assalto soprattutto dai crocieristi, l’incantevole località – una specie di Capri sicula – non sembra accusare il colpo, ma mette in luce il suo lato migliore nelle stradine lastricate, nelle infinite chiese che la distinguono, nei negozi dove si vendono le specialità ittiche (il famoso tonno) e i dolci della tradizione conventuale: la pasticceria di Maria Grammatico, con trionfi di cassate e cannoli, ne è la riprova. Da Trapani si sviluppano innumerevoli percorsi archeologici, a cui gli Stelliniani, dato il loro background, hanno dedicato particolare attenzione. Si è iniziato con Segesta, dove si è provata l’emozione di ammirare la perfezione dell’architettura inserita in maniera sublime nel contesto naturale: si è saliti, lungo la via sacra fiancheggiata da agavi giganti, all’imponente tempio, interamente conservato a parte la copertura, di ordine dorico ma anomalo, per le colonne a fusto liscio; si è aspettato il tramonto per raggiungere il teatro, più in alto, adagiato lungo il pendio, dove il nostro gruppo – nel contesto più appropriato – ha avuto il privilegio di assistere alla rappresentazione dell’Edipo Re, in versione moderna ma rispettosa del testo originale (tali caratteristiche sono state preventivamente e opportunamente rinfrescate, con espressività tale da coinvolgerci tutti, da Elettra, la nostra Presidente). Abbiamo così avuto modo di seguire il dramma di Edipo con particolare trasporto, anche per l’incanto di un momento che sarà raro ripetere, come la gioia della camminata notturna, col tempio illuminato sullo sfondo, per tornare al nostro bus. Scenari mozzafiato anche a Selinunte: con determinazione (dopo una breve immersione nelle acque della spiaggia di Marinella) si è sfidata la calura del primo pomeriggio siculo tra i templi in rovina, i loro giganteschi rocchi e capitelli sparsi a terra, spingendosi sempre più addentro nelle rovine della città fino al santuario. Perlustrare l’orizzonte di antichi popoli è stato anche il motivo dominante della nostra visita all’isola di Mozia, uno dei tre capisaldi fenicio-punici in Sicilia, accompagnati dal bravo Giovanni che ce l’ha fatta percorrere per intero: grazie alle sue spiegazioni siamo riandati alle usanze del popolo fenicio, ritrovando il genius loci, imbattendoci in un manipolo di studiosi che stavano compiendo i loro scavi sotto il sole cocente. S’è pure compiuta una buona azione, offrendo da bere al professore che li guidava, docente all’Università di Roma “La Sapienza” che, piccolo ma energico e scattante, con la pelle color cuoio per l’esposizione al sole, aveva esaurito temporaneamente la sua scorta d’acqua. S’è proseguito il cammino, facendo rimbalzare lo sguardo tra i resti dell’antica colonia e lo spettacolare ambiente lagunare circostante, che collega l’isola alle saline di Marsala, città (tirata a lustro, forse anche a motivo delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia) dove si sono ammira- ti i resti della nave fenicia conservata nel locale museo. Nella memoria si sono fissati alcuni dei gioielli conservati nelle raccolte espositive di questi centri “minori”: la Venere, mutila ma splendida, conservata proprio a Marsala, l’Efebo del Museo Whitaker (modernamente allestito e dotato di adeguati apparati scientifici) a Mozia, opera studiata in particolar modo da Paolo Moreno, nostro socio onorario, e il Satiro Danzante di Mazara del Vallo. L’efebo marmoreo, rinvenuto nel 1979, è un superbo esempio di statuaria severa: la posa è avvitata, il corpo sinuoso avvolto da una veste aderente e pieghettata; doveva recare sul capo un copricapo (forse la pelle del leone di Nemea, la cui uccisione costituisce la prima fatica di Eracle). Commissionata dai cartaginesi di Mozia a uno scultore greco o frutto del saccheggio a una città ellenica? Oppure era la statua di culto del tempio di Melqart, divinità fenicia venerata in tutte le colonie e assimilata al semidio Eracle? Sostenitore di quest’ultima identificazione è proprio il prof. Moreno, che l’ha motivata in modo convincente con ampia documentazione. E noi, che seguiamo l’illustre studioso, restiamo avvinti dallo splendore di questo giovane, muscoloso e leggiadro insieme, calmo e fiero, realizzato con finezza rara. All’opposto si colloca lo straordinario bronzo originale greco che nei locali di Mazara (che si vanta d’essere la città del Satiro) aveva solo noi come visitatori: l’opera tardo-classica, pervasa da un dinamismo sfrenato consono alla natura dionisiaca del personaggio, ci trasporta in un mondo di rituali orgiastici che fanno parte anch’essi della realtà del mondo greco, non ispirato solo ad armonia e misura. Porli a raffronto consente di scoprire le diverse anime, complementari, che rendono grande e sempre attuale il lascito della cultura ellenica. Un ultimo accenno alla nostra escursione alle isole Egadi: mi ha più colpito la piccola Levanzo, col suo rustico abitato affacciato sul mare di un azzurro intenso mai visto prima e l’escursione in barca alla Grotta del Genovese: circumnavigata l’isola dal paesaggio aspro, inerpicati lungo un sentiero fiancheggiato da un paesaggio lunare costellato da cristalli di sale, si è entrati negli anfratti della roccia. Sono apparsi ai nostri occhi, illuminati dalla torcia della guida, le sagome di uomini e animali tracciati nella remota età neolitica: un ritorno al mondo delle origini, ai suoi rituali e valori espressi in una sintesi di grande potenza. Il nostro viaggio a ritroso nel passato era giunto alla preistoria e ai misteri che i nostri progenitori cercavano di interpretare, un mondo ove dominava il pensiero magico, che ancora aleggiava su di noi nel silenzio del grembo terrestre in cui ci si era avventurati. Anche questo incanto dei primordi dell’umanità ha completato degnamente il nostro percorso in una terra, la Sicilia, fascinosa e sorprendente. Francesca Venuto Il Satiro danzante LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 6 6 I VIAGGI DEGLI STELLINIANI Zaijian, Cina, moderno ed antico paese L ’11 ottobre scorso un gruppetto di Stelliniani, che aveva aderito al viaggio organizzato dalla Turismo 85, è atterrato in Cina, realizzando il sogno di una vita. I siti visitati hanno superato talora le aspettative; ma straordinario è stato soprattutto l’impatto con questo splendido paese, la cui realtà culturale ha sollecitato interesse, curiosità e non poche riflessioni. Arrivati a Pechino, incontriamo la nostra guida Serena (Yajing significa tranquillità) di cui apprezzeremo spesso la premurosa sensibilità. Durante il tragitto (intensamente trafficato) fino all’albergo, dopo averci fornito utili frasari e dati socio culturali1, ci spiega che Pechino, che conta ora 18.000.000 di abitanti, nacque come città quando l’imperatore Qin Shi Huangdi (di cui sentiremo ancora parlare) unificò la Cina nel 3° sec. a. C. La sera stessa, dopo cena, ci mostra il villaggio olimpico e l’animatissimo mercato dei fiori di loto, sulla sponda del lago Hou Hai, con gente di ogni età che si esibisce in balli figurati per strada. L’indomani visitiamo il Tempio del Cielo (nel parco antistante vediamo cinesi impegnati nella pratica coordinata del Tai Chi), il Tempio dei Lama e la Città Proibita (dal 1987 Patrimonio dell’Umanità), enorme museo all’aperto che ci stupisce per la bellezza delle architetture, ma anche per la spettacolarità dei dettagli. Per esempio quello simbolico della Sala della Perfetta Armonia il cui spiovente a cresta mostra una teoria di 12 statuine, invece delle solite 7 o 9, a segnalarne l’importanza2; oppure quello funzionale delle teste di drago alla base dei numerosi pilastri della balaustra per drenare l’acqua piovana dalla terrazza marmorea che sostiene 3 sale. Un giro in risciò tra le tranquille case con cortile interno (siheyuan) del quartiere Hutong e lo spettacolo La leggenda del Kung Fu concludono degnamente questa nostra memorabile giornata. La sezione Badaling della Grande Muraglia condo la tradizione Buddha, che volava come oca con uno stormo, si lasciò cadere al suolo per fornire aiuto ad un monaco) e parte dei 14 chilometri delle Mura della città, in particolare la Porta Occidentale da cui iniziava la mitica Via della seta. A cena ci aspetta un gustoso banchetto di ravioli al vapore ed uno spettacolo di canti e danze in sgargianti costumi d’epoca Tang. L’indomani andiamo a vedere l’Esercito di terracotta, opera voluta dall’imperatore Shi Huangdi a custodia della sua tomba; per preservarne la segretezza vennero eliminati tutti gli operai e funzionari che lavorarono al progetto. Scoperta nel 1974 ed ancora oggetto di ricerche e restauri, ha messo finora in luce 8000 reperti tra carri, cavalli e soldati. È la più importante scoperta archeologica del 20° secolo, considerata dal 1987, come la Grande Muraglia, Patrimonio dell’Umanità. Al pomeriggio, dopo una visita alla Piccola Pagoda dell’Oca Selvatica dall’ambientazione piuttosto suggestiva, il gruppo si divide; alcuni di noi, con Serena ed Annarita (nostra accompagnatrice udinese), visitano la Grande Moschea, unica in Cina a non avere uno stile arabo, tant’è che il suo minareto ha forma di pagoda ottagonale a 3 spioventi. Simpatico il limitrofo mercatino ove facciamo acquisti con giusto equilibrio fra gli interessi nostri e dei venditori. La tappa seguente, Guilin, ci offre uno straordinario paesaggio caratterizzato da alture di forma bizzarra, di origine tettonica e successivamente modellate dall’erosione, che si ergono su un antichissimo territorio carsico. Ne apprezziamo meglio la bellezza durante la distensiva navigazione sul fiume Li, vedendo villaggi, capre pascolare lungo sponde Un particolare della Sala della Perfetta Armonia Il giorno 13 ci vede impegnati in una ascensione (molto gratificante, ma resa faticosa dal vento) lungo le prime quattro rampe della sezione Badaling della Grande Muraglia, che si attribuisce all’imperatore Shi Huangdi, con lo scopo di proteggere i confini settentrionali da incursioni nemiche. Nel pomeriggio Serena ci mostra la splendida via Sacra che, fiancheggiata da statue in marmo di animali simbolicamente allusivi alle qualità dell’impero cinese e altre di dignitari imperiali, conduce alla tomba Chan Li dell’imperatore Yongle (14° secolo). Alla fine della suggestiva visita ci aspetta una contadina con il suo coloratissimo carrettino di frutta, che compriamo in molti con mutuo gradimento. All’alba del 14 voliamo con Serena (che ci accompagnerà per tutto il viaggio) alla volta di Xian, ove ci aspetta Stella, la guida locale. Apprendiamo che la città è stata, in tempi diversi, capitale di 11 dinastie; e che ora conta ca. 8.000.000 di abitanti. Visitiamo la Grande Pagoda dell’Oca selvatica (se- Dettaglio dell’Esercito di terracotta 1 Serena compare in basso a destra nella foto di gruppo. Da lei impariamo che ni hao vuol dire “buongiorno”, wan shang hao “buonasera”, xie xie “grazie, bu “no” (queste ultime ci saranno molto utili per liberarci con grazia da venditori insistenti). Ci spiega che la vigente legge per la limitazione delle nascite obbliga le coppie ad avere un solo figlio e prevede il pagamento di una multa (corrispondente a 20 volte il loro stipendio medio alto di 450 euro) per ogni figlio in più; ma che due figli unici possono averne due e che i cinesi che tornano in patria non devono pagare multe per i figli in più avuti all’estero. Ci dice infine che in Cina Mao Tze Tung rimane ancora un mito, anche se ridimensionato del 25%. 2 Non manca di segnalarci in proposito che la chiave per comprendere le decorazioni cinesi risiede nel principio armonico di yin e yang, elemento, questo, maschile associato all’imperatore e rappresentato dai numeri dispari che ricorrono nei dettagli architettonici: p. es. le 81 borchie delle porte d’uso imperiale. Ci spiega che tali principi si ritrovano anche nell’arte culinaria: sono cibi yin quasi tutte le verdure fresche, che compensano il caldo della carne e del peperoncino, cibi yang. Freddo e caldo, yin e yang, sono, nella medicina cinese, forze opposte e complementari. LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 7 7 Tetti del Bazar di Shanghai Il fiume Li piene di canne di bambù e cassie, bufali e papere sguazzare in acqua, zattere di bambù usate per la pesca con cormorani appositamente addestrati. Sullo sfondo gli innumerevoli pinnacoli offrono uno skyline naturalistico davvero eccezionale. Nel viaggio di ritorno da Yangshuo la nostra guida Pan ci mostra vaste risaie spiegandoci che il clima sub-tropicale ne consente la coltivazione per due cicli annuali. Concludiamo con un’ottima cena in un simpatico ristorantino di Guilin. Il 18 arriviamo a Shanghai, ammirandone i grattacieli, alcuni molto belli, che incontriamo lungo il trasferimento dall’aeroporto. La nostra guida Giorgio ci spiega che la città (da shang “sopra” e hai “mare”) conta 25.000.000 di abitanti ed è il più importante porto cinese. Ci porta poi alla terrazza sul fiume Huangpu davanti a Pudong (zona economica speciale fondata nel ‘90) e ci scatta una foto ricordo tutti insieme. Siamo sul Bund, cuore della Shanghai coloniale, con alcuni edifici famosi come la Dogana e il Peace Hotel3. Il 19 visitiamo il Tempio del Buddha di Giada, il Museo di Shanghai (ove abbiamo tempo per delibarvi diversi reperti) ed i Giardini Yu divisi in 6 splendide aree paesaggistiche in cui vediamo giardini ben curati, ponticelli e padiglioni in un contesto armonioso. Bello anche l’animato Bazar antistante di cui ammiriamo l’articolata struttura dei tetti ed il caratteristico ponte a zigzag apotropaico. La sera concludiamo con un tour notturno, in cui abbiamo l’occasione di vedere la Concessione Francese4. Il 20 siamo a Suzhou, famosa per la produzione della seta, ove visitiamo i giardini dell’Umile Amministratore con splendidi alberi, bonsai, rocce a forma di piante ed anatre mandarine, del Maestro delle Reti e della Collina della Tigre, luogo sepolcrale di He Lu, fondatore di Suzhou, il cui spirito si dice protetto da una tigre bianca che apparve dopo la sua morte. Tutti i giardini sono stati degnamente acquisiti tra i Patrimoni dell’Umanità nel 1997. Visitiamo anche la pagoda Beisi Ta e l’interessante Museo della Seta, nonché i canali cittadini lungo i quali navighiamo. A sera banchettiamo in un bel ristorante di Shanghai, in cui l’indomani continueremo a girare per vedere autonomamente altri siti e per fare le ultime spese. Abbiamo fatto davvero un bel viaggio, ma realizzato in tempi tanto stretti che si pensa già di tornare: arrivederci, Cina, zaijian! Eppure, ripenso alle considerazioni socio-economiche di Serena e Stella sulla scuola che, gratuita dai 3 ai 15 anni, non offre però l’alto livello di quelle a pagamento; ai loro problemi per la casa, ai costi elevati dei mutui. Ripenso al contrasto dello smog persistente a Pechino con l’uso dei parchi per pratiche ginniche collettive, e con la cura maniacale degli spazzini nel togliere tracce di rifiuti dalle strade della città. Ripenso al contrasto tra i viluppi di fili elettrici che pendono dall’alto a Xian con i costosi grattacieli di Shanghai. La Cina ci appare in sostanza un paese diviso tra situazioni terzomondiste e vocazione capitalistica. Essa ci ha mostrato il suo volto migliore, sorridente di gentilezza, non quello inquietante che abbiamo letto in Operaie di Leslie Chang… Non so se ho proprio voglia di vederne gli sviluppi futuri... Betuel Arci Biffoni Foto ricordo a Shangai, davanti a Pudong Anatre mandarine nel giardino dell’Umile Amministratore 3 Il nome sembrerebbe omologo ad eventi politici di rilievo: qui si incontrarono, nel 1956, il maresciallo britannico B. Montgomery e Mao Tze Tung; nel 1964 il premier cinese Zhou Enlai incontrò il collega francese E. Faure pochi giorni prima dell’apertura delle relazioni diplomatiche fra i due paesi. 4 Conclusa la Guerra dell’Oppio, l’Inghilterra impose (trattato di Nanjing del 1842) che il porto fosse aperto al traffico marittimo internazionale, obbligando la città ad ospitare Concessioni straniere (GB, F, USA), aree cui era concessa l’extraterritorialità amministrativa e giudiziaria, pur restando nominalmente territorio cinese. Poi ci furono fenomeni di corruzione, delinquenza, di contrasti tra estrema ricchezza e povertà, che innescarono varie reazioni di cui un atto significativo fu la costituzione del Partito Comunista Cinese il 1° luglio 1921 in quello che, nella Concessione francese, è attualmente il n. 374 della Huangpi Nan Lu. LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 8 8 I VIAGGI DEGLI STELLINIANI Alla scoperta dei tesori nascosti tra le Giulie Gioielli di confine I n una splendida giornata dello scorso autunno, la visita alla mostra “Aldilà. L’ultimo mistero” di Illegio ha offerto a un nutrito gruppo di Stelliniani l’occasione di spostarsi nel limitrofo Tarvisiano per percorrere quello che dal Lions Club Tarvisio Giovane Europa viene definito “un affascinante itinerario ambientalistico e culturale tra Friuli, Carinzia e Slovenia” e le cui tappe successive sono costituite dalle chiesette di S. Dorotea a Camporosso, S. Nicolò a Coccau, St. Andreas a Thörl-Maglern e San Tommaso a Rateče. Guidati dal prof. Franco Perraro e dalla prof.ssa Silvana Londero, presidente e vicepresidente del Lions Club Tarvisio Giovane Europa, che, grazie anche al sostegno della Fondazione CRUP e al contributo dei tanti visitatori, si è fatto carico del restauro della chiesa di Santa Dorotea, gli Stelliniani hanno potuto così apprezzare dei veri gioielli il cui valore storico e artistico spinge a farne in questa sede una sia pur breve descrizione, non mancando di sottolineare come, mentre oggi Friuli Venezia Giulia, Carinzia e Slovenia rappresentano tre etnie diverse per cultura, lingua, religione e nazionalità, i caratteri comuni di tali chiesette, quali la data di edificazione (XI/XIII secolo) e la presenza sulle pareti interne di affreschi di argomento religioso o storico, pu- Le stelliniane davanti alla Pala di Santa Dorotea re essi databili intorno allo medesimo periodo, il Quattrocento, rivelino la presenza in tempi antichi di aspet- mente influenzata da contaminazioni grottesche padovati fortemente aggreganti. ne.” Tali opere appartengono all’area pittorica che si espriIl percorso è iniziato con la visita della chiesa parrocchia- me anche in Carinzia e Slovenia e “che ha nella robusta e le di S. Nicolò, a Coccau. Questa, collocata sulla cima di una popolana vigoria, nell’esasperata drammaticità e nella marmontagnola da cui si dominano le vallate di Tarvisio e di Ar- cata linea di contorni i suoi elementi caratterizzanti.” noldstein, fu la prima chiesa fortezza della Valcanale, capace L’affresco sulla parete destra della Chiesa, che raffigura di contenere tutta la popolazione del paese durante gli asse- l’Adorazione dei Magi ed è di autore sicuramente tedesco, di, le incursioni dei nemici e le scorribande dei predoni. è il più grande ma è stato anch’esso rovinato da un interL’impianto originario, del Trecento, costituito da un’uni- vento strutturale (l’apertura di una finestra). Un’altra pittuca aula rettangolare dotata di feritoie per la difesa dall’inter- ra (dipinto su malta asciutta), opera di un pittore di scuola no, fu ampliato verso la metà del XV secolo con l’aggiunta nordica della fine del 1400, se non addirittura del primo del presbiterio e della torre campanaria. L’interno della chie- Cinquecento, mostra S. Nicolò con le tre sfere d’oro. Da nosa è impreziosito dal più bel ciclo di affreschi della Valcana- tare ancora due statue lignee di S. Nicolò, una delle quali rile, scoperto nel 1940 e recuperato con una lunga opera di re- salente al 1300. stauro terminata negli anni ‘90 del secolo scorso. Durante i Dalla chiesa di S. Nicolò il gruppo si è spostato nella polavori di restauro è stata scoperta, sotto il campanile, una co distante chiesa di St. Andreas che si trova menzionata cripta contenente i resti di circa trecento persone, il cui ritro- per la prima volta in un documento del Patriarca Ulrico di vamento sembra ricollegarsi alla battaglia avvenuta il 27 lu- Aquileia datato 1169. Nella sua lunga storia subì più volte glio 1478 nella piana di Coccau tra i Turchi di Iskender Pascià manomissioni e saccheggi, il più grave dei quali fu senz’ale uno sparuto numero di contadini del luogo. tro l’incendio del 1482 per opera dei Turchi, in seguito al Alcuni affreschi, situati sopra l’ingresso e sulla parete si- quale dovette essere completamente restaurata. nistra della Chiesa, rappresentano episodi della Passione di Le mura della navata e del presbiterio appartengono alCristo (la Flagellazione, la Salita al Calvario, la Crocifissio- l’epoca romana. Le pareti erano state intonacate, probabilne, la Deposizione, la Sepoltura e la Resurrezione) e la fi- mente anche in tempi lontani, nascondendo affreschi dell’igura del profeta San Daniele (sotto il quale rimane traccia nizio del XV secolo di stile gotico-carinziano. Essi sono stadella porta laterale poi murata); in continuazione su questa ti recuperati e restaurati, in particolare quelli della volta, parete era dipinta l’Ultima Cena, di cui rimane, splendida- dal prof. Walliser (1938/1940) che reperì una scritta riferimente recuperata, probabilmente solo la metà dell’origina- bile al pittore Thomas Von Villach. Gli affreschi seguono un le a causa dell’apertura di una finestra e dell’accorciamen- percorso che inizia da sinistra in basso. Le scene riguardato di circa un metro del muro della chiesa primitiva. Secon- no l’ingresso di Cristo in Gerusalemme, dove scaccia i comdo il Marchetti, l’autore di questi affreschi appartiene “a mercianti dal tempio, si lava i piedi, prega sul monte degli quella scuola di dipintori centro friulani che a cavallo del Ulivi, viene imprigionato, ecc. fino alla Resurrezione e al1300 e 1400 diffusero di qua e di là delle Alpi in accenti l’Ascensione. piuttosto paesani un tipo di pittura nostrana impostata soLa necessità di ridurre l’itinerario per motivi di tempo ha stanzialmente sul modello di Vitale da Bologna e legger- imposto la rinuncia alla successiva tappa costituita, come si diceva, dalla chiesa di San Tommaso a Rateče. Gli Stelliniani sono dunque rientrati in Italia per visitare la chiesetta di S. Dorotea, che, edificata in stile gotico-carinziano tra il 1007 e il 1017 su uno sperone di roccia, si trova in una posizione elevata rispetto al paese. Nei secoli l’edificio ha subito più ristrutturazioni, a una delle quali si riferisce sicuramente la data del 1665 che si legge sul frontone nord del campanile, mentre l’intervento più recente è seguito al terremoto del 1976. Entrando dal piccolo pronao con tettuccio in legno nell’aula rettangolare, gli Stelliniani sono rimasti colpiti dal bell’altare in marmo policromo della fine del ‘700, la cui pala mostra l’immagine della santa decapitata nel quarto secolo, durante la persecuzione di Diocleziano. Un affresco della chiesa di Santa Dorotea Dorotea, di religione cristiana, viveva a Cesarea di Cappadocia distinguendosi per sapienza, carità e purezza. La fama delle sue virtù arrivò fino al “preside” Sapricio che la fece chiamare e la invitò a sacrificare agli dei. Ma Dorotea, nonostante la tortura, si rifiutò di farlo. Allora Sapricio, deciso a ottenere il suo scopo, affidò la fanciulla a due sorelle apostate, Criste e Callista, con l’incarico di farle rinnegare la sua fede. Fu invece Dorotea a riconvertirle al Cristianesimo. Irritato, Sapricio condannò le due sorelle al rogo e Dorotea alla decapitazione. Durante il percorso verso il martirio, si fece incontro alla fanciulla un certo Teofilo, che per dileggiarla le disse: “Sposa di Cristo, mandami delle mele e delle rose dal giardino del tuo sposo”. Dorotea, sfidandolo, promise. Mentre, in attesa di essere uccisa, stava pregando, comparve all’improvviso un bambino che le offrì tre rose e tre mele, ma Dorotea gli disse di portarle a Teofilo. Questi, che stava raccontando agli amici la sua bravata, rimase confuso nel ricevere quel dono perché era febbraio, un mese in cui normalmente le rose non fioriscono. Turbato dal miracolo, improvvisamente credette; e così, dopo essere stato torturato sul cavalletto e scarnificato, venne a sua volta decapitato. Appresa dalla guida la tragica vicenda ingentilita dal miracolo delle mele e delle rose, le visitatrici hanno voluto rendere omaggio alla Santa venerata come patrona dei fioristi, posando per una foto ricordo davanti all’urna che ne contiene le ceneri. Quindi l’attenzione dei visitatori si è concentrata sugli affreschi che costituiscono il pregio principale dell’edificio sacro. È stata proprio la scoperta di uno o più strati di affreschi sotto l’intonaco bianco delle pareti dell’aula e dell’abside a indurre il Lions Club Tarvisio Giovane Europa a intraprendere una serie di iniziative per riportarli alla luce. Gli affreschi recuperati, alcuni dei quali sono ben conservati altri piuttosto rovinati, risalgono per lo più al XV secolo e rivelano un’eccellente fattura, come, per esempio, la Fuga in Egitto (molto deteriorata) e il Martirio di San Sebastiano. Nel ballatoio dell’organo c’è una splendida Adorazione dei Magi e la raffigurazione di un gruppo di pastori che osserva, le mani giunte e lo sguardo rivolto verso l’alto, l’angelo con il cartiglio annunciante la nascita di Gesù. Prima che il gruppo lasciasse la chiesetta, il prof. Stefano Perini, partecipante anche lui all’escursione con la gentile consorte, dott.ssa Ondina Zuccheri, ha integrato le accurate spiegazioni delle illustri guide già menzionate, tracciando, sia pure a grandi linee, un quadro storico dell’intera vallata, panoramica che ha reso ancora più chiari la natura e il ruolo sostenuto nella zona dalle chiese visitate. Concluso così il programma della mattina, il gruppo ha fatto pausa nel ristorante All’orso di Bagni di Lusnizza. Ritemprato quindi dalla gustosa cucina locale, nel primo pomeriggio ha raggiunto Illegio per la tradizionale visita alla mostra sacra, ivi allestita con le consuete competenza ed efficienza da don Alessio Geretti. Elettra Patti La chiesetta di Santa Dorotea a Camporosso LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 9 9 ALBUM “AUSONIE MUSE” DI SERGIO ZANNIER: UNA RILETTURA DELL’OPERA DI DOMENICO TOPPANI N el contesto delle celebrazioni per il centocinquantenario dell’Unità è stata organizzata a Roma una mostra dedicata alle eccellenze delle regioni italiane nel campo della cultura, della scienza, dell’economia e dello sport. La mostra – che era ospitata al Vittoriano, nell’area di Valle Giulia e presso l’aeroporto di Fiumicino – è stata inaugurata alla presenza del presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, nonché del presidente del Comitato per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Giuliano Amato. A Valle Giulia, nello spazio dedicato alla nostra regione, è stato esposto il volumetto «AUSONIE MUSE» dello stelliniano Sergio Zannier. L’opuscolo contiene una biografia di don Domenico Toppani (Vito d’Asio 1817-1843) e il commento ad una sua composizione di 163 versi, dal titolo «Il genio italiano». La pubblicazione è stata curata da «Edizioni L’Omino Rosso» – Pordenone 2011. La canzone del Toppani si ispirava alle celebri opere del Petrarca e del Leopardi sul tema della decadenza e rinascita della nazione italiana e rivelava, con il supporto di una raffinata tecnica letteraria, un sentimento di commossa adesione alla causa risorgimentale. Sergio Zannier – cui si deve la riscoperta di Domenico Toppani e della sua breve ma intensa parabola di vita – si è diplomato allo Stellini e laureato in Filosofia all’Università di Trieste. Residente fin dalla nascita nella borgata Celante di Vito d’Asio, insegna nella scuola primaria. Fa parte del gruppo «Poeti della Val d’Arzino». Ha partecipato a vari concorsi letterari, ricevendo attestazioni di merito. L’ISTRUZIONE IN FRIULI DURANTE IL VENTENNIO FASCISTA I l 23 novembre scorso il prof. Bruno Forte dell’Università di Trieste ha presentato, nell’Aula Magna del Liceo, il libro L’istruzione in Friuli durante il Ventennio fascista dalla Riforma Gentile alla Riforma Bottai, ultimo frutto di un’accurata e approfondita ricerca sulla storia dell’istruzione in Friuli cui il prof. Bruno Londero, personaggio di spicco nel panorama culturale cittadino e socio onorario della nostra Associazione (cfr. profilo su La Voce IX, 1 p. 6), si dedica con competenza e passione da oltre quindici anni. Dopo il saluto della prof.ssa Giovanna Marsoni, Dirigente Scolastico dell’Istituto, il prof. Forte ha illustrato e commentato, facendosi lui stesso apprezzare per la competenza nel campo e la gradevolezza dell’eloquio, l’interessante contenuto del volume che, facendo seguito a due precedenti lavori, del 2005 (La scuola friulana postunitaria – Saggi e documenti 1866-1881) e del 2008 (Lo sviluppo dell’istruzione tra Ottocento e Novecento: il caso Friuli), completa la trilogia sulla storia friulana dall’annessione del Friuli al regno d’Italia, alla seconda guerra mondiale. Il volume, in cui vengono privilegiati i rapporti tra le istituzioni e le scuole, prende in esame i distinti istituti scolastici friulani, in un puntuale confronto con la situazione nazionale, sottolineandone le differenze più cospicue, in relazione alla domanda e alle condizioni economiche e sociali locali. La sezione AFDS dello Stellini fa appello alla generosità dei lettori A nche quest’anno la sezione dell’AFDS del Liceo Stellini è impegnata nella diffusione della cultura del dono. I dati forniti di recente dal Centro di Udine ci dicono che nei prossimi anni diminuiranno i giovani tra i diciotto e i trent’anni e che saranno messi a riposo per raggiunti limiti di età tanti donatori attivi. La demografia è una scienza esatta per cui già da oggi bisogna correre ai ripari: tanti giovani devono diventare donatori e devono donare almeno due volte all’anno per garantire il soddisfacimento di un fabbisogno che crescerà in futuro. Le sezioni studentesche sono particolarmente coinvolte in questa nuova sfida e la risposta entusiastica dei ragazzi non si è fatta attendere, ma non si deve mollare la presa; per cui anche la nostra sezione, che ha appena compiuto 28 anni e che ha avviato al dono oltre 500 studenti, intende continuare senza sosta l’opera di sensibilizzazione. Nei prossimi mesi saranno organizzati appuntamenti con medici specialisti; il dottor Vincenzo De Angelis, Direttore del Centro Trasfusionale dell’Ospedale S. Maria della Misericordia di Udine, incontrerà quanto prima i nostri alunni e saranno organizzate donazioni di gruppo coordinate dal prof. Andrea Nunziata, Presidente della sezione della scuola. A tutti i lettori lanciamo l’appello: donate, donate, donate! Qualcuno ha bisogno anche del Vostro sangue. Andrea Nunziata e gli studenti donatori dello Stellini La dott.ssa Marina Conte ha donato un defibrillatore allo Stellini in memoria della sorella Alessandra, già allieva dell’istituto G iovedì 29 Settembre, al Liceo Stellini, si è svolta una cerimonia semplice, ma di grande significato. La dott.ssa Marina Conte, medico fisiatra presso la Casa di Cura Pineta del Carso di Aurisina (Trieste), ha effettuato una generosa donazione a beneficio dell’Istituto in ricordo della sorella Alessandra, scomparsa improvvisamente, a causa di un arresto cardio-circolatorio, nel 2004. In quella drammatica situazione il personale del 118 aveva inutilmente tentato di rianimare la giovane donna, impiegata in una banca di Lignano dove allora lavorava, ma a nulla erano valsi tutti gli sforzi: il suo cuore aveva cessato di battere. La sorella ha inteso perciò generosamente offrire la possibilità al Liceo di dotarsi di un’attrezzatura in grado di salvare la vita nel malaugurato caso si dovessero presentare situazioni analoghe: un defibrillatore. Ha pensato in tal modo alla scuola che Alessandra aveva frequentato con tanta dedizione e passione, in cui si era diplomata e a cui era sempre rimasta legata nel ricordo degli anni liceali. Il tipo di strumentazione scelta dalla dott.ssa Conte è un modello semi-automatico, utilizzabile da tutti, non solo dagli esperti del ramo: l’intento è che, in caso di necessità estrema, rara ma non impossibile a verificarsi, tutte le persone dell’Istituto, dai ragazzi ai docenti e al personale ATA, possano ricorrere ad uno strumento semplice, che consenta di intervenire immediatamente e di salvare chi sia colpito da un malore che altrimenti potrebbe rivelarsi fatale. Il gesto, di grande valore umano e di non comune sensibilità sociale, rispecchia gli ideali di Alessandra che hanno trovato nella sorella Marina una sincera ed altruista interprete. Erano presenti alla consegna del defibrillatore e alle spiegazioni per il suo corretto uso il Dirigente Scolastico, prof.ssa Giovanna Marsoni, la dott.ssa Marina Conte, i docenti Andrea Nunziata, Francesca Noacco, Francesca Venuto, Luigi Sepulcri e la DSGA, sig.ra Mariangela Rizzolatti. Francesca Venuto Marina Conte e la Preside dello Stellini LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 10 10 LA RUBRICA DELLA MEMORIA Il mio Stellini Q uando l’amico e collega Andrea Purinan mi ha chiesto di scrivere un articolo sulla mia esperienza di ex allievo dello Stellini non ho potuto fare a meno di meditare sul mistero del rapporto fra l’uomo e il tempo. Infatti, benché la nostra vita sia composta dal susseguirsi di un numero enorme di attimi, minuti, ore non mi rendo conto di come possano essere già trascorsi quarantadue anni da quel giorno di luglio del 1969 allorché uscii dallo Stellini con un diploma di maturità conseguito con un voto inaspettatamente alto al termine di una carriera scolastica semplicemente dignitosa. Quando cinque anni prima mi ero timidamente presentato alle porte dell’austero palazzo di piazza Primo Maggio, il Liceo classico era una scuola che non offriva un diploma immediatamente spendibile sul mercato del lavoro ma consentiva l’accesso a tutte le facoltà universitarie, da Lettere classiche a Ingegneria, da Matematica ad Economia ecc. proprio perché perseguiva un ambizioso progetto culturale e formativo anziché l’addestramento a una specifica attività professionale. Appena ebbi superato l’esame di maturità, le facoltà universitarie vennero aperte a tutti coloro che avessero conseguito un qualsiasi diploma di scuola media superiore, così mi trovai a studiare legge fianco a fianco con ragionieri, geometri e maestri elementari. Fu una scelta politica presa nella infuocata temperie del sessantotto ma che personalmente ritengo giusta perché le potenzialità di una persona sono così grandi e misteriose da sconsigliare l’apposizione di barriere per l’accesso ai corsi di studio, compresi quelli universitari. Basti pensare che Salvatore Quasimodo aveva conseguito il diploma di geometra, il che non gli impedì di tradurre mirabilmente i lirici greci, mentre Eugenio Montale aveva studiato ragioneria. In ogni caso non è mutata ed è da sperare che non muti la natura formativa del corso di studi del Liceo classico: in questa scuola infatti non ci si può limitare a impartire nozioni, per quanto complesse e importanti, ma occorre perseguire un processo di formazione umana e culturale che porti a una visione insieme equilibrata e critica della realtà nonché a una “educazione” ai valori fondanti della convivenza civile (libertà, respon- sabilità, giustizia, solidarietà, tolleranza ecc.) tramite quel formidabile veicolo che è la cultura classica e umanistica non disgiunta dalla scienza e dalla tecnica. Perché sia così devono però concorrere due elementi fondamentali: una classe di insegnanti sensibile e preparata a questa specifica attività formativa e anche un insieme di alunni dotati di ingegno e tanta buona volontà. Il Liceo Stellini possedeva queste componenti? Basandomi sulla mia esperienza di studente posso rispondere: sì, ma non sempre. Cominciamo dagli insegnanti. Dico subito che non di tutti ho un buon ricordo. Non farò classifiche per rispetto a persone in buona parte defunte. Desidero però ricordare con gratitudine il prof. Corrado Fo- giavano la nozione in sé, il dato biografico di un autore, i minuti particolari delle sue opere. Si sentiva che avevano appreso ma non assimilato il sapere, che insegnavano da sempre le stesse cose allo stesso modo e che così avrebbero continuato a fare fino al pensionamento, insensibili ai mutamenti del mondo che li circondava e con il quale del resto avevano scarsi contatti perché in genere conducevano una vita molto ritirata, tutta casa, libri e insegnamento. Allora subentravano in me apatia e noia e, per non odiare la materia, cercavo sui libri di testo o su quelli della Biblioteca Civica quelle emozioni che l’insegnante non sapeva darmi. I professori inoltre operavano in assoluta autonomia e solitudine, senza alcun controllo o collegialità, e questo era poeta e un attento critico letterario. Ma mio padre non trovò proprio nulla da ridere; la colpa era mia che avevo fatto arrabbiare e confondere l’insegnante. Quand’ero ormai in terza le cose cambiarono un po’ perché era scoppiato il famoso sessantotto che vide in prima linea anche gli studenti dello Stellini. L’atteggiamento degli insegnanti verso gli studenti divenne meno rigido. Qualcosa ma non molto mutò anche nei metodi di insegnamento, con l’introduzione in alcuni casi di tesine, lavori di gruppo ecc. Del resto era impensabile che un professore di tipo tradizionale potesse dopo tanti anni derogare a metodi per lui ormai collaudati e insostituibili: spiegazione, interrogazione, valutazione delle risposte esatte e di quelle sbagliate, vo- Udine 1969: in piazzale XXVI Luglio viene inaugurato il Monumento alla Resistenza schiani, che ci insegnò per un solo anno Filosofia e Storia e lasciò in noi un ricordo indelebile. Si percepiva subito, appena iniziava a parlare, il suo amore per la cultura, intimamente recepita e interiorizzata come una categoria dello spirito e non come mero insieme di concetti e nozioni. Il pensiero dei grandi filosofi, gli eventi della Storia, venivano esposti in maniera insieme rigorosa e agile, approfondita e vivace, in un dialogo costante con gli studenti e con riferimenti frequenti al presente e all’attualità. Le sue ore di lezione volavano, la disciplina e l’attenzione erano totali e spontanee, il rendimento degli studenti ottimo. Anche altri docenti che ho conosciuto possedevano doti professionali ed umane di alto livello, ma nessuno come Foschiani. Alcuni invece privile- un handicap per una scuola che appunto si promuoveva come obiettivo un’elevata e armoniosa formazione dei discepoli. Le famiglie approvavano supinamente tutto ciò che i docenti facevano; un ricorso al T.A.R. avverso una bocciatura era impensabile, anche perché i T.A.R. allora nemmeno esistevano. Ricordo che una mattina mi presentai a scuola più svagato e addormentato del solito. Il professore di lettere mi rivolse a bruciapelo un paio di domande secche cui seguirono due risposte assai confuse, quindi il voto negativo sul registro e la nota sul libretto personale. Quando lessi il testo della nota mi misi a sghignazzare per l’errore (“Nascimbeni impreparato d’italiano”) in cui era incorso il professore che pure era un valido to, compito in classe, accertamento degli errori (segno blu o rosso a seconda della gravità), conteggio matematico degli stessi, voto, media matematica dei voti riportati, arrotondamento di norma per difetto, voto in pagella. Ma ora basta con gli insegnanti, ne ho parlato fin troppo, passiamo agli studenti, che anche qui non sono tutte rose e fiori, come adesso vedremo. La allora opulenta borghesia udinese riteneva fosse un punto d’onore e uno status symbol la frequenza del liceo classico da parte dei propri figli, anche se poco dotati e ancor meno volenterosi. Lo Stellini era quindi frequentato da alcuni alunni benestanti, la cui voglia di studiare era inversamente proporzionale allo spessore del portafogli dei loro genitori. I risultati non pote- di Adriano Nascimbeni vano che essere pessimi ma poi, a forza di lezioni private e magari con qualche trasferimento anche temporaneo in istituti meno severi, l’agognata maturità veniva conseguita. Quasi sempre la successiva carriera universitaria si concludeva con un nulla di fatto, così il soggetto arrivava sulla soglia dei trent’anni senza aver combinato niente di buono ma avendo beneficiato di una dorata giovinezza. Diversa per non dire opposta era la situazione degli studenti provenienti da famiglie non ricche, specialmente se dimoranti in provincia. Qui c’era innanzitutto una feroce preselezione perché, se un ragazzo non andava già molto bene alle scuole medie inferiori, la famiglia neppure si sognava di mandarlo allo Stellini, lo spediva di corsa a imparare un mestiere o, nel migliore dei casi, a un istituto professionale. E allora questi giovani sopravvissuti alla prima setacciata dovevano alzarsi che era ancora buio e farsi qualche ora buona di corriera sui mezzi dell’epoca che fermavano in ogni villaggio che attraversavano e così partivano svantaggiati rispetto a noi ragazzi di città ma poi, con grande costanza e forza di volontà, riuscivano egualmente ad emergere come nel caso del mio amico Stefano Perini di Aiello, attualmente apprezzato docente di quel Liceo Stellini frequentato con tanto impegno negli anni sessanta. Questa era press’a poco la situazione del Liceo Stellini ai tempi in cui lo frequentai io, e ritengo di averla descritta in modo sufficientemente obiettivo anche perché, fra i miei molti difetti, non c’è quello del reducismo. Mi rendo conto che oggi la situazione non è più quella di una volta anche se, a quanto ne so, lo Stellini rimane una scuola sicuramente impegnativa. Ma l’atteggiamento degli insegnanti è molto più comprensivo ed umano, i compiti in classe sono assai più accessibili e anche i voti vengono attribuiti in modo più equo rispetto ai miei tempi quando, specialmente nelle prime classi, i nove e i dieci erano numeri sconosciuti anche per studenti che poi nella vita avrebbero dimostrato capacità fuori del normale. Paradossalmente proprio l’apertura delle facoltà universitarie a tutti i diplomati e non solo ai liceali ha giovato alla nostra scuola, che non viene più frequentata, come A driano Nascimbeni, nato a Udine nel 1950, ha conseguito la maturità classica al Liceo Stellini nel 1969 e la laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Trieste nel 1974. Esercita la professione di avvocato. Ha partecipato attivamente alla vita politica, militando con onore per oltre vent’anni nel Partito Socialista Italiano. Ha fatto parte della prima e della sesta Circoscrizione del Comune di Udine nonché del Comitato di Controllo sugli Enti Locali della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Attualmente ricopre la delicata carica di Difensore Civico nel capoluogo friulano. Nel 2008 ha pubblicato (ed. Leonardo di Pasian di Prato) l’opera “Ricordi di un socialista friulano (di quarta fila)” in cui ha rievocato, secondo una sua particolare angolazione, fatti e persone (Candolini, Fortuna, Castiglione, Lepre, Roberta Breda ecc) che avevano avuto un ruolo importante nelle nostre Comunità e non dovevano essere dimenticati. Nel 2009 ha pubblicato (ed. Leonardo) una raccolta di liriche intitolata “Il volto della luna”. Con “Jo e Luzie. Un delit di paîs”, recentemente edito dalla Forum di Udine, ha vinto la trentunesima edizione del prestigioso Premio San Simon per il romanzo in lingua friulana. capitava in certi casi, controvoglia solo per poter poi studiare Giurisprudenza o Medicina. Oggi ci si iscrive allo Stellini nella stragrande maggioranza dei casi perché si “crede” in questa scuola e nell’offerta formativa che essa propone. Concludo affermando che noi “stelliniani” non dobbiamo considerarci né diversi né migliori degli altri anche per non cadere nel ridicolo. Ma dobbiamo essere coscienti di aver fruito, pur con le “ombre” di cui ho detto, di una formazione di alto livello, e quindi dobbiamo dimostrare di averla assimilata al di là del conseguimento della maturità e soprattutto di meritarla, con un comportamento sul piano personale e sociale ispirato a quei valori che hanno costituito la base dei nostri studi. LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.48 Pagina 11 11 LA PAGINA DELLA SCRITTURA A Roberta Roberta Ieva, la quarta da sinistra in alto, con la classe II A e il prof. Franco Romanelli L a nostra vita ci sembra sempre tanto frenetica, affollata di impegni che ci paiono “irrinunciabili”. Crediamo di non aver tempo per fermarci, per prendere il respiro. Crediamo i nostri giorni estremamente faticosi e se sorridiamo, lo facciamo in maniera distratta. Ma poi arriva un giorno, uno qualunque, in cui ci svegliamo, sfogliamo il giornale e vi troviamo una notizia che non avremmo mai voluto leggere. Mentre scrivo questo articolo, ho sotto gli occhi la tua foto, Roberta, scattata nella nostra aula di scuola in un giorno di Carnevale di qualche anno fa, e nel cuore tanta tristezza. Entrasti nella nostra classe all’inizio della seconda liceo. Ricordo ancora l’eufo- ria di noi ragazze: finalmente una nuova compagna! Ma, subito, noi tutti ci accorgemmo che non eri una studentessa qualunque, con i problemi di una studentessa qualunque. Ti impegnavi tanto nello studio, ma le frequenti assenze mettevano duramente alla prova la tua tenacia. Nulla sapevamo della tua malattia, qualcosa forse l’avevamo intuita, ma la tua riservatezza, la tua grinta e il tuo coraggio smentivano puntualmente ogni nostra ipotesi. Ricordo in particolare le ore passate insieme nella palestra del Liceo: noi a correre e a fare gli esercizi, tu seduta in panchina a guardarci talvolta sorridendo, tal’altra ridendo di gusto di fronte al nostro scarso atletismo. Ma, quando la prof. Tonutti ci concedeva un attimo di tregua, subito noi ragazze ci sedevamo accanto a te per riprendere fiato, ma soprattutto perché era sempre un piacere parlare con te. Ti ricordo come una bella ed esile ragazza dal volto pallido, con gli occhi chiari e i capelli rossi, da fata. Eri una ragazza dolce e sensibile, ma dotata di una grande forza interiore che nemmeno lo sguardo malinconico riusciva a nascondere. Capimmo che la tua salute stava peggiorando, quando, negli ultimi mesi di quell’anno scolastico, le tue assenze divennero sempre più frequenti, fino a quando tu, allo Stellini, non ci venisti più. Provammo a scriverti più volte, ma anche le tue risposte divennero assenti. Ci consolammo quando, all’inizio della terza liceo, ti inviammo un DVD con i nostri ricordi del viaggio in Grecia, del quale, con quel piccolo gesto, intendevamo renderti partecipe, e un professore ci disse che lo avevi tanto apprezzato e che ci salutavi con affetto. Il tuo nome era ancora scritto sul nostro registro di classe e per parecchi mesi sperammo di vederti ricomparire in aula, fino a quando venne cancellato. Ci dissero che ti eri iscritta al Convitto di Cividale e che ti stavi riprendendo dalla tua, per noi ancora “misteriosa”, malattia. E questo bastò a cancellare la nostra delusione per non averti più con noi: ti credevamo ormai al sicuro. Guardo la tua foto sul giornale, Roby, e mi sembra come una nota stonata su un pentagramma musicale. Tu così giovane, così piena di vita! E noi così attoniti di fronte alla Morte, che non ha risparmiato neppure una ragazza splendida come te. Di fronte alla tua bara adorna di rose bianche, così belle e composte come composta e bella eri tu, il sacerdote ha sottolineato con voce commossa tutta la digni- tà e la fede che hai dimostrato di fronte al dolore e alla paura dell’ignoto. La chiesa di Savogna era così affollata che moltissime persone erano rimaste fuori, in strada, sotto la pioggia. Perché, cara Roberta, anche il cielo sembrava triste e piangeva, insieme ai tuoi genitori, ai tuoi parenti e ai tuoi amici. Ma io, che non rammento di averti mai visto piangere, voglio ricordarti sempre sorridente, anche se talvolta ci guardavi con quello sguardo malinconico che oggi ci rammenta quanto sia importante vivere ogni giorno pienamente e intensamente come se fosse l’ultimo, quanto sia fondamentale cogliere ogni possibilità come se fosse davvero unica e irripetibile. Perché anche a vent’anni anni si può morire, anche i fiori dai colori più sgargianti possono, all’improvviso, appassire. Ma i tuoi occhi chiari e i tuoi capelli da fata, rimarranno a lungo nei cuori di chi ti ha amata. Ciao Roby. Giulia De Luca Un tremito lieve “E nasci vena bianca nell’attimo d’azzurro, nudo canto proteso oltre le nubi mute.” Antonia Pozzi, La sorgente. D a quassù le cose degli umani sembravano snodarsi secondo schemi che si ripetevano: cacce, guerre, tregue, periodi di carestia seguiti da altri in cui la terra si donava in opulenza di frutta e di armenti; poi ancora guerre, tregue, carestie… Il sole sorgeva e tramontava elargendo il suo calore benefico; la luna emanava la sua luce azzurrina. Tutti gli esseri viventi si moltiplicavano. Continuavo a restare, appagato, all’ombra di Lui; in realtà più che un’ombra era un fascio di luce appena smorzato rispetto a quello che promanava da Lui e dalle cose che Lo circondavano. Una musica dolce si diffondeva ovunque. Quella mattina però fu diverso. Sentii che la Sua mano si posava con una dolcezza infinita su una mia spalla. Fui pervaso fino alla mia più intima fibra da una sensazione benefica che andò ad aumentare il mio perenne stato di piena pace interiore. Una pace senza sbavature. Mi parve che la mano avesse in sé come un tremito leggero, come se ciò che stava per dirmi fosse molto importante e nel contempo – se posso osare un simile giudizio – Gli generasse una sofferenza nell’animo. Anche nella Sua voce, sempre calma e pacata c’era… come dire? la preveggenza di un dolore. (Ho davvero pensato, detto una cosa simile? Che anche Lui potesse temere di soffrire? Alla stessa stregua degli umani?). Poi mi ricordai, sì, di quelle parole profonde e lontane: “Li farò a mia immagine…”. “È tempo di andare. Affiderò mio figlio agli umani. Tu lo annuncerai agli uomini che amano il Bene, perché tra loro e da loro si diffonda letizia. Ti preparerai ad accogliere la stella più luminosa che sorgerà a Oriente e ti farà da guida, così come guiderà tre uomini sapienti e miti che traverseran- no buona parte delle terre note agli umani per raggiungere una meta da tanti anni annunciata. Posero doni preziosi acil luogo dove il piccolo verrà al mondo. Le loro profezie sa- canto al bambino. ranno compiute e si sposeranno al mio volere”. Tutto era gioia pacata e serena intorno e mi parve di riIl mio cuore nell’udire quelle parole si sentì colmo di una udire, sommessa, la stessa musica che da sempre, lassù, acserenità senza pari: Lui mi aveva prescelto perché annun- carezzava le mie orecchie. ciassi quella nascita attesa da sempre. Lei stringeva al seno il suo piccolo d’Uomo. Teneramente. Eccola la stella, luminosissima. Quando sembrò posarsi La notte era punteggiata di stelle. La più grande, la più sulla sommità di alcune colline scabre, punteggiate qua e là luminosa, si tuffò nel mare, a Occidente. da radi palmizi, compresi che quello era il luogo. Non un Mai mio volo fu più leggero. Eppure continuavo a sentipalazzo, non una reggia, come il mio animo intriso di inge- re la mano di Lui sulla mia spalla. Con quel tremito lieve… nua, fanciullesca immaginazione s’era prefigurato. Una semplice cavità nella roccia. Un ricovero di pastori rabberLucio Costantini ciato alla meglio. Lei, la madre, era come se emanasse una luce vivida. Quel sorriso, così dolce, tenero, compiaciuto, non lo dimenticherò mai. Né scorderò il modo in cui cullava suo figlio. Giuseppe non le distoglieva gli occhi di dosso, pervaso da una sensazione che non avrebbe saputo descrivere e che aveva spazzato via il disorientamento dei mesi trascorsi nell’attesa. Il bambino era circonfuso di luce come la madre. Avevano trovato rifugio – fredda la notte – in quel misero anfratto roccioso dopo il no di tanti umani, del tutto ignari di quanto da Lui stava per essere donato al mondo. Era il mio momento: dovevo dare l’annuncio a uomini che amassero il Bene. Poco lontano pastori vegliavano. Sfiorai con le vesti uno di loro e un altro, un altro ancora; sospinte le greggi, mossero verso la grotta, in silenzio, come se nel profondo del loro animo di uomini semplici e liberi, perché alieni dal male, sapessero che là avrebbero trovato più luce e un’acqua leggera che potesse dissetarli. Adorarono. Giunsero tre saggi da terre perdute nella non conoscenza, con la certezza di Acquerello di Rosalba Cuttini LAVOCE_STELLINIANI_2DIC_LA VOCE 3_06 27/12/11 09.49 Pagina 12 12 L’AGENDA DELL’ASSOCIAZIONE CONSUNTIVO 2011 degli Stelliniani CONVENZIONI/COLLABORAZIONI • con l’Unione Giuristi Cattolici Italiani, Sezione di Udine e Gorizia, e il Liceo “J. Stellini” per il Progetto Diritto e Giustizia • con la Fondazione Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” per il Progetto Cultura teatrale: andare a teatro • con la Società Filologica Friulana e il Liceo “J. Stellini” per il Progetto Traduzion leterarie da lis lenghis classichis al furlan • con l’Associazione Gli amici della musica, il Centro Servizi Spettacoli – Teatro stabile d’innovazione del FVG, la Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe”, l’Euritmica Associazione Culturale e il Teatro Club per il Progetto Cultura teatrale: andare a teatro • con l’Associazione “Raffaella Piva Fund” per il Progetto Batticaloa (adozione a distanza di cinque ragazzi della città di Batticaloa nello Sri Lanka) PROGETTO TRADUZION LETERARIE DA LIS LENGHIS CLASSICHIS AL FURLAN • Bando del concorso regionale di traduzione dalle lingue classiche al friulano Gennaio • Premiazione del concorso (nel contesto della “Fraie de Vierte” a Sappada) 26 giugno CONFERENZE • Paolo Moreno: Grandi bronzi, nuova storia dell’arte antica 19 febbraio • Daniela Zorzini: monologo drammatico da La signora Sandokan di Osvaldo Guerrieri nell’ambito dell’iniziativa Omaggio a Emilio Salgari 10 giugno PROGETTO BATTICALOA • Iniziative a favore del Raffaella Piva Fund Mercatino di beneficienza (Basilica della Beata Vergine delle Grazie - Udine) 29 maggio PROGETTO CULTURA TEATRALE: FARE TEATRO • Rappresentazione delle Troiane di Euripide, da parte del Gruppo Teatrale Gli Stelliniani Auditorium A. Zanon - Udine 13 giugno PROGETTO CULTURA TEATRALE: ANDARE A TEATRO • Campagna abbonamenti stagione 2011/2012 Settembre/ottobre PROGETTO UN INNO PER LO STELLINI • Bando per la composizione di un inno degli stelliniani Dicembre VIAGGI E VISITE CULTURALI • Tour della Sicilia Occidentale 18/25 agosto • Escursione nella zona al confine tra l’Italia e l’Austria per visitare le chiesette di S. Dorotea a Camporosso, S. Nicolò a Coccau e St. Andreas a Thörl-Maglern, in occasione della visita alla mostra Aldilà. L’ultimo mistero (Illegio - Casa delle Esposizioni) 2 ottobre • Viaggio in Cina 10/22 di ottobre • Visita della città di Cento e della mostra Gli anni folli. La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalì (Ferrara - Palazzo dei Diamanti) 23 ottobre La Redazione de “La Voce” ringrazia la Cartostampa Chiandetti per la competenza e la disponibilità con cui cura da anni l’uscita del giornale. Convocazione Assemblea ordinaria 2012 È indetta presso l’Aula Magna del Liceo “Stellini”, in Udine, piazza Primo Maggio 26, l’assemblea ordinaria per il 2012 dell’Associazione “Gli Stelliniani”, la quale avrà luogo, in prima convocazione, alle ore 12.00 e, in seconda convocazione, alle ORE 17.00 di VENERDÍ 27 GENNAIO 2012 L’assemblea avrà il seguente ordine del giorno: 1. Relazione sull’attività sociale del 2011 2. Presentazione e approvazione del consuntivo 2011 e del preventivo 2012 3. Rinnovo degli organi sociali per il triennio 2012-2014* (Consiglio direttivo – Collegio dei Probiviri – Collegio dei Revisori dei conti) 4. Programmazione delle attività per il 2012 e nomina dei soci onorari 5. Varie ed eventuali La partecipazione all’assemblea e l’espressione del voto saranno consentite soltanto ai soci regolarmente iscritti per l’anno 2012. Le iscrizioni saranno raccolte prima dell’inizio dell’assemblea. *Tutti i soci che intendano ricandidarsi o candidarsi per la prima volta per i vari organi sociali sono invitati a contattare la segreteria dell’Associazione entro il 15 gennaio 2012. Direttore editoriale Andrea Purinan [email protected] Direttore responsabile Davide Vicedomini Direzione e redazione Associazione “Gli Stelliniani” c/o Liceo Ginnasio “Jacopo Stellini” Piazza I Maggio, 26 33100 Udine LA VOCE DEGLI STELLINIANI • Pubblicazione de La Voce degli Stelliniani (Anno X, 1) Luglio • Pubblicazione de La Voce degli Stelliniani (Anno X, 2) Dicembre Il Consiglio direttivo dell ’Associazione formula i più sinceri auguri di Buone Feste a tutti gli stelliniani Anno X, N. 2 – Dicembre 2011 Comitato di redazione Andrea Purinan - Elettra Patti ATTIVITÀ SVOLTE PROGETTO DIRITTO E GIUSTIZIA • Settima edizione del concorso di filosofia Premio Sergio Sarti 19 marzo • Premiazione del concorso Premio Sergio Sarti 19 marzo • Seminario di studi sul tema Il Risorgimento d’Italia: una questione di diritti e di giustizia. 26 marzo Periodico di informazione culturale Hanno collaborato a questo numero Betuel Arci Biffoni Galatea Bernardis Giulia De Luca Adriano Nascimbeni Andrea Nunziata Elettra Patti Ester Peric Daniele Picierno Andrea Purinan Francesca Venuto Consiglio direttivo Presidente onorario: Daniele Picierno Presidente: Elettra Patti Vice Presidente: Gabriele Damiani Segretaria: Albarosa Passone Consiglieri: Giovanna Marsoni (Dirigente Scol.) Ettore Giulio Barba Gaetano Cola Pier Eliseo De Luca Andrea Nunziata Andrea Purinan Gabriele Ragogna Daniele Tonutti Francesca Venuto Francesco Zorgno Collegio Probiviri Paolo Alberto Amodio Carlo Appiotti Marco Marpillero Flavio Pressacco Collegio Revisori dei Conti Gino Colla Paolo Gandolfo Federico Vicario Stampa e spedizione Cartostampa Chiandetti Reana del Rojale Iscrizione al Tribunale di Udine N° 27/2000 del 30/11/2000 COME DIVENTARE SOCI Quote associative per l’anno sociale 2012 socio sostenitore: .......................................................................€ 40 socio ordinario: ..........................................................................€ 20 socio simpatizzante:..................................................................€ 20 socio studente universitario: ...................................................€ 10 Possono iscriversi, in qualità di soci sostenitori o ordinari, gli ex allievi, i docenti ed il personale amministrativo e tecnico dell’Istituto, anche se non più in servizio. Possono aderire come soci simpatizzanti tutti coloro che, pur non godendo dei requisiti per iscriversi come soci ordinari o sostenitori, condividano le finalità dell’associazione. La durata dell’iscrizione è annuale. Lo statuto dell’associazione e le altre notizie che la riguardano sono reperibili sul sito internet. L’iscrizione avviene: – rivolgendosi alla segreteria dell’Associazione: cell. 347/9241345 – oppure compilando il modulo che si può scaricare dal sito internet dell’Associazione (www.stelliniani.it) e inviandolo a mezzo posta alla prof.ssa Elettra Patti, 33100 Udine, via Brazzacco n. 3, corredato della ricevuta di versamento sul c.c.b. n° 740/4341669 P, presso la Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia - Codice IBAN IT80 V063 4012 3000 7404 3416 69 L’indirizzo di posta elettronica e l’indirizzo del sito internet dell’Associazione sono: [email protected] – www.stelliniani.it