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degli Stelliniani
Periodico d’informazione culturale dell’Associazione “Gli Stelliniani” di Udine – Anno X – Numero 2 – Dicembre 2011
Periodicità quadrimestrale – Spedizione in abbonamento postale – Articolo 2, comma 20/c, legge 662/96 – D.C.I. “UD”
Economia e valori
C
ome è noto, il pensiero economico di ogni tempo ha
cercato sempre di distinguere tra valore d’uso e valore di scambio, preferendo ora l’uno ora l’altro a seconda dell’ideologia di riferimento.
Come non ricordare il detto di Luca, 12,15: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché anche se
uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che
possiede”. Il monito dell’evangelista, pur esprimendo un
precetto condivisibile, potrebbe tuttavia autorizzare interpretazioni eccessivamente radicali e sancire il rifiuto di
ogni forma di produzione, che non fosse limitata al soddisfacimento delle esigenze primarie. Si cadrebbe, così, nel
paradosso evocato da Mandeville nella sua Favola delle api:
“se mancasse tutto ciò che non è necessario all’esistenza di
un ‘nudo selvaggio’, finirebbe ogni socialità umana”.
Come conciliare, dunque, l’etica della “mortificazione”
con quella della “soddisfazione”, che spinge gli uomini
della società civile? Già Aristotele, nell’Etica a Nicomaco, vedeva il vizio nello scambiare il mezzo per il fine, cioè il valore d’uso (fine) subordinato a quello dello scambio (mezzo), e San Tommaso percepiva nella cupidigia l’opposizione della volontà umana a quella divina. Nel mondo moderno, poi, i vizi da Kraepelin sino a Freud diventano
espressioni di “psicopatologia”: non più vizi ma vere e
proprie malattie dello spirito. Non a caso, Kant, nella sua
Antropologia pragmatica, univa il concetto di deviazione
morale a quello di patologia caratteriologica.
Nasce così il concetto di avaro, cioè di colui che ha il vizio di usare il denaro non come mezzo ma come potere:
potere, tuttavia, che quanto più sarebbe nelle condizioni
per acquistare beni materiali, tanto meno spende per acquistarli e, quindi, tanto più si preclude la possibilità di vivere. Il piacere lussurioso del potere nasconde, in realtà, il
desiderio di essere immortali, che è appunto un vizio capitale. Con l’accumulazione del denaro l’avaro cerca, infatti, di sottrarsi alla mortalità degli oggetti temporanei e
transeunti. Del tutto diverso è il concetto di “pauper”, che
indicava per i latini non il povero ma colui che può operare nei soli limiti delle possibilità che gli sono concesse e
dunque nel rispetto di un “modus”.
Non si tratta dunque di discettare sulla superiorità o meno del valore d’uso contro il valore di scambio, valore che
domina nella civiltà industriale dell’etica della soddisfazione. In tal senso appaiono datate le polemiche come
quella di Marx contro Adam Smith che, nella Ricchezza delle Nazioni, vedeva la proprietà privata già presente nella
società naturale e quindi giusta, contro l’opinione del filosofo tedesco. Come ci spiega Kaneman, economista americano, ormai è superato da un pezzo il punto di equilibrio
dopo il quale la ricchezza non genera più la felicità. Oltrepassato quel punto, la ricchezza cessa pertanto di essere
un valore di investimento razionale.
Se la felicità è, infatti, il prodotto di una combinazione
fra la somma dei beni materiali posseduti dall’individuo e
il moltiplicatore costituito dalle sue relazioni con gli altri
(la famiglia, gli amici, etc.), l’assenza di queste relazioni
rende il prodotto pari a zero e toglie significato ad ogni
possesso. Le conseguenze di un’economia dissociata dalle
relazioni e dai valori sono apparse, proprio in questi anni,
in tutta la loro gravità. Il primato assunto dai processi finanziari ha costretto, infatti, non solo i singoli ma anche le
nazioni alla dittatura dei mercati, che appaiono entità segrete e neutrali le quali impongono circostanze, azioni,
convincimenti e infine valori cui tutti si sono dovuti adeguare.
Come diceva Antonio Genovesi, ripreso da Einaudi: “Si
può essere ricchi da soli e contro gli altri, ma per essere felici si deve essere per forza in due”. Croce commentava tale massima distinguendo tra il liberismo economico e il liberalismo etico e ricordando che, se è vero che il primo è il
fondamento del secondo, è altrettanto vero che il liberismo
trova solo nel liberalismo (cioè nelle categorie della relazionalità e del valore) il suo completamento.
Se le cose stanno in questi termini, cosa dobbiamo aspettarci in un mondo dominato dalla finanza virtuale, nel
quale si consuma anche ciò che non si produce?
Daniele Picierno
Al via il nuovo progetto editoriale dell’Associazione:
due secoli di storia attraverso gli stelliniani da ricordare
Facciamo l’appello!
Carlo Sgorlon
Ardito Desio
Angelo Arboit
Sergio Maldini
Vincenzo Manzini
Tarcisio Petracco
Elio Bartolini
Alberto Asquini
Teobaldo Ciconi
Luciano Morandini
Tomaso de Vergottini
Carlo Giorgio Conti
Giovanni Battista Berghinz
Tiziano Tessitori
Loris Fortuna
S
alutato con entusiasmo da una folla di
stelliniani da lungo
tempo in attesa del dell’evento, nell’ottobre del
2010, veniva alla luce, dopo quattro anni di gestazione, il corposo volume Il
Liceo Classico ‘Jacopo Stellini’. Duecento anni nel cuore
del Friuli. Come è ormai noto, il volume ripercorre attraverso i contributi di una
sessantina di autori le vicende dell’istituto e ne recupera la memoria storica
attraverso un impianto che
è in parte saggistico e in
parte narrativo. I vari saggi
e articoli sono raccolti in
varie sezioni dedicate alla
storia, all’istituzione, alla
didattica, ai ricordi degli ex
allievi, e così via. Ma la sezione che ora interessa più
da vicino è quella intitolata
Uomini e vicende, estesa a
quasi un quarto dell’intero
libro.
Così la presentava nella
sua nota introduttiva Federico Vicario, curatore dell’opera: “La sezione Uomini e vicende propone una
rassegna di alcuni tra i personaggi – docenti, presidi,
ex allievi – che hanno contribuito a illustrare il nome
del Liceo o che sono restati,
comunque, nella memoria
di chi l’ha vissuto… Gli
stelliniani hanno dato un
contributo fondamentale al
progresso civile, morale e
culturale del Friuli, e non
solo, andando ad occupare
posizioni di rilievo in molti e diversi settori della vita
della nostra comunità. Da
questo punto di vista, la
presentazione delle vite e
delle opere di alcuni di
(segue a pagina 2)
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Primo Zanotti, docente di francese
questi personaggi, quelli che
i nostri collaboratori ci hanno proposto, non va assolutamente considerata come
conclusiva, per quanto riguarda la categoria degli
“stelliniani illustri”; ancor
meno dobbiamo pensare che
quanti sono presenti in queste pagine debbano per forza essere considerati migliori o più meritevoli di quelli
che presenti non sono.”
In effetti era stato questo il
principale cruccio del curatore e più ancora di chi scrive, al suo fianco nelle varie
fasi di redazione del volume: l’inevitabile esclusione
di tanti personaggi che
avrebbero meritato di essere
biografati o almeno citati.
Mentre eravamo intenti a risolvere i mille problemi relativi alla pubblicazione in
corso, con insistenza sempre
maggiore si presentava pertanto l’idea di dare, prima o
poi, un seguito a quella prima fatica editoriale con un
secondo volume che potesse
riparare, in qualche misura,
al necessario anche se doloroso oblio di tante figure
ragguardevoli. Fino al punto
che la scrivente, nel salutare
la neonata pubblicazione,
formulava il seguente auspicio: “…ci auguriamo che
possano seguire ulteriori ricerche e contributi a illustrare la vita e le opere degli
stelliniani che dal nostro Liceo uscirono tamquam ex
equo Troiano meri principes
exierunt …per distinguersi
nei diversi campi della cultura, della ricerca, delle professioni e della politica.
E non è detto che in un futuro prossimo l’Associazione non decida di accettare
una sfida così stimolante”.
L’idea di una rassegna di
stelliniani illustri è rimasta
finora allo stato embrionale:
come si poteva
pensare al nuovo
azzardo finché non
si fosse felicemente
conclusa
quella
prima operazione
così impegnativa
sotto tanti punti di
vista e soprattutto
dal punto di vista
finanziario?
Ma ora che la riuscita ha superato
tutte le aspettative,
ora che il libro è
stato accolto dalla
critica favorevolmente e dal pubblico dei lettori con
tale entusiasmo da
esaurire
velocemente le scorte, i
privati che hanno reso possibile quell’impresa con il loro
contributo sono pronti a
scommettere sulla nuova.
Resta dunque da augurarci
che anche gli enti pubblici –
già lodevoli sostenitori di
quell’iniziativa – vogliano
sostenere la nostra associazione in questa nuova e non
meno ardua sfida.
Ma quello che più conta è
Don Francesco Placereani
che molti degli autori che
hanno collaborato alla stesura del precedente volume
hanno aderito con entusiasmo a questa ulteriore chiamata. Ad essa ha risposto
anche un gruppo di altri volontari, appena usciti dalla
titanica impresa del Nuovo
Liruti e c’è posto per nuove
adesioni. Pertanto quanti
vogliono aggiungere le loro
forze per la realizzazione di
questo nuovo progetto editoriale prendano pure contatto con la scrivente, cui è
stata affidata la curatela del
volume.
Questo secondo volume
sarà dunque quasi un seguito del precedente, anche se
si occuperà in particolare
degli stelliniani che hanno
illustrato il Liceo con la loro
opera distinguendosi nei vari settori della vita sociale,
politica, professionale, nella
nostra regione e nel mondo.
Nemmeno quest’opera,
per quanto destinata a integrare in tale ambito specifico
il precedente, potrà naturalmente esaurire l’immenso
archivio di figure egregie
che l’Istituto ha educato e
consegnato alla società. Ben
consapevoli di questo limite
saremo paghi se, fatta salva
la ripresa di alcune personalità illustri già per diverse
vie assai note, riusciremo a
fare emergere o valorizzare
il contributo di tanti altri che
hanno lasciato con il loro
operato una traccia incisiva
sebbene non conosciuta ai
più.
Il volume, che non vuole
essere una raccolta di schede
biografiche ma avrà un taglio narrativo, prenderà in
Silvia Crichiutti, docente di scienze
Un inno per lo Stellini
N
ell’ultimo consiglio direttivo l’associazione Gli Stelliniani ha
deliberato di dare il via al progetto “Un inno per lo Stellini”, ritenendo che lo storico Liceo, a più di duecento anni
dalla sua istituzione, debba esserne finalmente dotato. L’iniziativa
è parsa opportuna anche in considerazione delle prestigiose realtà,
coro e orchestra, già attive da lungo tempo nella Scuola (oggi rispettivamente dirette da Anna Morsut e Giacomo Pirani) con esibizioni apprezzate non solo al suo interno o in ambito cittadino, ma
anche fuori Regione.
Giacché la redazione di un inno consta di due fasi successive (stesura del testo e composizione della musica), si è pensato di procedere in ciascuna di essa con criteri diversi: mentre per la composizione musicale verrà bandito un vero e proprio concorso, viene fatta ora “una chiamata aperta” per la stesura del testo.
Stelliniani, militanti e reduci, volete contribuire alla storia del
Liceo collaborando alla redazione di quello che rimarrà il suo inno
imperituro? Volete essere voi a scrivere le parole che presto sentiremo sulle bocche di tutti gli stelliniani, coristi e non?
La formula di contribuzione è assolutamente libera, perché il testo definitivo, che verrà scelto da un’apposita commissione, potrà essere quello proposto da un singolo autore, come pure quello risultante dalla combinazione di testi
scritti da mani diverse. E questo per non limitare l’apporto di tanti stelliniani forniti di una genuina passione per la
penna. I vari elaborati saranno perciò valutati con riferimento ad ogni loro singolo aspetto (strofe, ritornello, parole,
etc.), perché ciascuna di queste parti potrà concorrere alla composizione del testo finale.
Dal momento che il testo sarà poi “vestito” dalle note, e anche per considerazioni generali di stile, si danno in questa sede alcune necessarie indicazioni:
• l’inno dovrà essere composto da un ritornello di due versi e da tre strofe di cinque versi ciascuna;
• il ritornello dovrà essere in lingua latina;
• le strofe dovranno essere invece in lingua italiana, anche se non risulterà sgradito l’inserimento di singole parole
in latino o in greco;
• le strofe dovranno avere un evidente schema metrico sillabico, tale da permettere di comporre, nella seconda fase,
un’unica melodia che possa agilmente adattarsi a tutte le strofe: se, exempli gratia, il primo verso della prima strofa consta di sette sillabe con gli accenti sulla prima, la quarta e la settima, mentre il secondo è composto di undici sillabe con
gli accenti su prima, quarta, nona e undicesima, medesimo numero di sillabe e medesima accentazione dovranno avere il primo e il secondo verso della seconda strofa. E così via procedendo per i versi successivi;
• il testo dovrà ispirarsi ai valori e all’identità del Liceo, ferma restando la possibilità di licenze tipiche degli inni goliardico-studenteschi.
E adesso veniamo alla procedura da seguire per rispondere alla “chiamata”:
• i lavori dovranno essere presentati in forma anonima e dattiloscritta, inseriti all’interno di una busta con soprascritto un motto, che dovrà essere ripetuto anche sopra una seconda busta, inserita all’interno della prima e contenente i dati personali e l’indirizzo dell’/degli autore/i;
• il mancato rispetto di tali norme, o anche solo di una di esse, comporta l’esclusione dalla collaborazione;
• i plichi dovranno recare un timbro di spedizione non successivo al 29 febbraio 2012 ed essere inoltrati al seguente
indirizzo: Associazione “Gli Stelliniani”, Progetto Un inno per lo Stellini, piazza I Maggio 26, 33100 Udine.
La Commissione esaminatrice, composta dai membri del Consiglio direttivo e da un esperto scelto tra i musicisti stelliniani disponibili, sceglierà a suo insindacabile giudizio tra i contributi pervenuti il testo più idoneo, riservandosi la
possibilità di procedere a una “contaminatio”, cioè a una combinazione di testi appartenenti ad autori diversi.
Il testo scelto verrà reso pubblico, con la segnalazione dell’autore o degli autori, in occasione del bando di concorso
per la composizione della musica, entro il 31 marzo 2012.
Geda Jacolutti, docente di lettere e poetessa
esame personaggi vissuti
negli ultimi due secoli e comunque non più viventi, dei
quali si cercherà di tratteggiare, per quanto possibile,
il profilo umano e caratteriale. È comunque ancora in attesa di essere definito se l’ordine di inserimento delle
biografie debba essere cronologico, alfabetico o in base
all’attività svolta e alla funzione ricoperta nella società.
L’occasione offrirà la possibilità di aggiornare gli
elenchi dei maturi e dei docenti con i nomi degli ultimi
anni, di pubblicare del materiale fotografico che non è
stato possibile inserire nel
primo volume per mancanza di spazio o perché giunto
troppo tardi.
A questo punto agli Stelliniani non resta che augurare
un buon esito a questa loro
nuova impresa, rigettando
le preoccupazioni e affrontando con fiducia ed entusiasmo gli svariati problemi
che non mancheranno di
presentarsi.
Forza allora! La campanella della Scuola è già suonata
e l’attività sta per incominciare. Penna, carta e calamaio sono già pronti: si proceda con l’appello!
Giandaniele Asquini, contrammiraglio
della Marina Militare
Gaetano Marini, magistrato e filosofo
Elettra Patti
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TERZA PAGINA
Intervista alla studiosa che la rivista specializzata Popular Science
ha indicato tra i 10 migliori ricercatori under 40 negli Stati Uniti
Alessandra Luchini,
una stelliniana in America
C
ara Alessandra, come è nata la tua
passione per la ricerca scientifica?
La mia passione per la ricerca nasce
proprio durante i miei studi allo Stellini.
Quando ero in seconda liceo, Mauro Ferrari,
il “re” delle nanotecnologie nel mondo, venne a scuola per fare una presentazione del
suo lavoro. Ricordo che le sue parole mi toccarono profondamente e mi si aprì una nuova dimensione: quella della ricerca, del desiderio di allargare le frontiere di quello che
sappiamo e di quello che possiamo costruire.
Quali erano le motivazioni per cui avevi
scelto di andare al classico e cosa ricordi dei
tuoi cinque anni allo Stellini?
Ho sempre avuto (e ho tutt’ora) un profondo amore per le lettere classiche e in generale
per la letteratura. Sono stata felice della mia
scelta di fare il liceo classico, che è stato un periodo molto fecondo per la mia formazione e
ha stabilito le basi della mia identità culturale. Ho dei ricordi molto belli di quegli anni: le
stimolanti discussioni durante le ore di filosofia, le belle
lezioni di letteratura greca, i momenti di aggregazione
durante le gite scolastiche.
Qual è stata l’eredità che ti hanno lasciato gli studi
umanistici?
La cultura è l’unica cosa che, in ogni condizione, non ti
può essere tolta. L’eredità dei miei studi è la radice profonda della mia cultura, che definisce il mio modo di vedere il mondo, di relazionarmi con la gente e di orientare la mia condotta personale nei momenti più critici. Il
mio bagaglio di cultura umanistica mi accompagna nella mia professione e mi aiuta a proseguire nel modo migliore in ogni nuova sfida.
Nel tuo curriculum, dopo la maturità allo Stellini, ci
sono stati una laurea in ingegneria chimica e un dottorato in bioingegneria. Ci racconti come sì è svolto questo percorso?
Mi sono spostata a Padova per studiare ingegneria chimica, ho fatto un anno a Milano in un laboratorio di ricerca all’Università di Milano Bicocca per poi tornare a
Padova per fare il dottorato. Gli studi tecnici sono stati
un buon complemento agli studi umanistici delle superiori. Ho incontrato molte persone stimolanti durante il
mio percorso ed esempi costruttivi di tenacia nel superare gli ostacoli.
Quindi è arrivato il trasferimento negli Stati Uniti.
Come sei giunta a questa decisione?
Durante il dottorato ho vinto una borsa di studio finanziata dall’Istituto Superiore di Sanità per venire a lavorare in un laboratorio di ricerca negli Stati Uniti. La
mia borsa di studio faceva parte di un progetto di oncoproteomica che dura ancora oggi. L’Istituto Superiore di
Sanità ha organizzato una rete di ospedali a carattere
scientifico in tutta Italia che forniscono giovani ricercatori e campioni che vengono spediti nella mia università
(George Mason University, Virginia). È un’ottima opportunità per continuare le collaborazioni con i colleghi italiani. Adesso sono passati sei anni dal momento in cui
sono arrivata ed eventi personali si sono aggiunti a motivi professionali, movimentando la mia permanenza negli Stati Uniti.
Quali sono state le tue esperienze negli States e di cosa ti occupi attualmente?
Sono arrivata alla George Mason University nel 2005 e
A
lessandra Luchini è nata a Novara il 19 aprile 1977 e si è maturata allo Stellini nel 1996 (sezione D). Nel 2001 ha conseguito la laurea in Ingegneria
chimica presso l’Università di Padova, dove nel 2005 si è perfezionata con
un dottorato in Bioingegneria. Nello stesso anno si è trasferita presso la George Mason University della Virginia (Stati Uniti), dove è stata assunta come ricercatore e
si è specializzata in Nanotecnologie. Attualmente ha il titolo di Assistance Professor
presso il Centro per la Medicina Proteomica e Molecolare della George Mason University. Vasto è il catalogo delle sue pubblicazioni e numerosi sono i suoi attestati di
merito. Nel 2009 ha vinto la prima edizione del premio Award, indetto dall’associazione Bridges to Italy e riservato alla più brillante studiosa italiana nel Nord America. Nel 2011 la rivista specializzata Popular Science l’ha inserita tra i dieci migliori
ricercatori di età inferiore a quarant’anni operanti negli Stati Uniti.
mi sono occupata di sviluppo di sensori per quantificare modifiche posttranslazionali nelle proteine. Costruivo microcircuiti in cui misuravo la corrente elettrica che passava attraverso singole molecole proteiche. Dopo ho incominciato
a lavorare sui marcatori tumorali. L’idea è quella di mettere a punto un esame del sangue per individuare la presenza di un tumore agli stadi iniziali, prima che produca metastasi, quando l’efficacia del trattamento è maggiore. Ho messo a punto una tecnologia, le “nanoparticelle di idrogel”, che vengono mescolate al sangue e catturano e proteggono i biomarcatori in modo che possano essere misurati con le correnti tecniche per la ricerca
e la diagnostica clinica.
Quali differenze hai notato tra l’Università italiana e
quella americana?
L’università americana è un sistema molto efficiente e
funzionale. Lo studente dispone di una grande libertà di
scelta nell’orientamento didattico, è molto seguito nel
suo percorso di studio e molto raramente ci sono studenti fuori corso (anche perché le tasse universitarie sono davvero alte!). L’università americana, come luogo di
lavoro, offre molta più libertà ma esercita anche molta
più pressione rispetto a quella italiana. Gli stipendi dei
dipendenti sono generalmente anticipati dall’università
e, a seconda dei contratti, il ricercatore deve “ripagare”
l’università fino al 50% del suo salario. Il modo in cui il
ricercatore ripaga il suo salario è con il finanziamento
della sua ricerca scientifica. Ogni finanziamento americano prevede circa il 60% del budget da dedicare agli stipendi dei ricercatori. Se non si riesce a onorare il contratto e a ripagare l’università del salario ricevuto, il contratto viene rescisso! La procedura amministrativa e burocratica è in media molto snella.
Immagino che ci siano anche motivazioni etiche alla
base del tuo impegno.
Certamente. Una forte motivazione etica è quella di
cercare di capire meglio una malattia, come il tumore,
che rappresenta un’epidemia nel mondo occidentale
(anche a causa dell’invecchiamento generale della popolazione). Lavoro anche sulla diagnosi precoce di malattie
infettive come tubercolosi, malattia di Lyme e Chagas
(molto diffusa nell’America Latina). La migliore soddisfazione è riuscire a portare i risultati della mia ricerca
nella clinica, a beneficio del paziente.
Cosa sono per te Udine e il Friuli?
Udine e il Friuli rappresentano la famiglia e gli affetti,
il luogo del rientro a casa e delle vacanze ristoratrici. Le
persone con cui ho vissuto la mia infanzia e adolescenza
a Udine sono stati modelli che hanno formato la mia personalità e mi hanno dato valori forti di etica lavorativa e
personale.
Chi è e cosa fa Alessandra Luchini, quando non è all’Università?
È importante fare una distinzione, come amo dire
scherzando con mio marito. BS (before Sofia) mi piaceva
molto viaggiare per esplorare nuovi luoghi e godere dei
molti e bellissimi musei che ci sono in questa zona. Ho
sempre amato molto cucinare e diffondere la “vera” cucina italiana e friulana anche negli Stati Uniti. Da quando è nata Sofia, dedico tutto il tempo libero alla mia bimba (che sembra sempre così poco). Adesso ha quasi due
anni e incominciamo a esplorare insieme tutte le cose
meravigliose che popolano il nostro mondo!
Quale consiglio ti sentiresti di dare agli studenti del
classico?
Di sicuro, possono andare contenti, perché hanno fatto
un’ottima scelta e incominceranno la loro vita universitaria con un ottimo bagaglio culturale. Ma devono anche
imparare a conoscere le proprie aspirazioni e non smettere mai di lottare per realizzarle. Ci saranno molte opportunità nel loro futuro: stiano attenti a coglierle al volo!
Andrea Purinan
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CRONACHE STELLINIANE
Salvatore Borsellino, fratello di Paolo,
è stato ospite di un’affollata assemblea d’istituto
“Il vero amore consiste
nell’amare ciò che non ci piace
per poterlo cambiare”
(Paolo Borsellino)
I
l giorno 18 novembre si è tenuta l’assemblea d’istituto degli studenti, incentrata sul tema della lotta alla criminalità organizzata. In questa occasione gli alunni del liceo Stellini hanno avuto l’opportunità di incontrare Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino che dedicò tutta la propria vita alla lotta alla mafia e che venne ucciso
in un terribile attentato il 19 luglio del 1992.
L’incontro, reso possibile grazie al “Movimento Agende Rosse”, che ha fatto da tramite
tra i rappresentanti d’istituto e Salvatore Borsellino, è avvenuto nella palestra della scuola
e ha visto una grande partecipazione da parte degli studenti, che sono rimasti affascinati
dall’ospite. Salvatore Borsellino ha infatti raccontato la vita del fratello dal suo punto di vista e la difficoltà di comprendere la profondità e la forza della sua scelta, contrapponendo
se stesso, di fatto fuggito da Palermo, sua città natale, al fratello Paolo, rimasto invece per
poter cambiare quello che non andava. E così ricorda le celebri parole del fratello: “Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”.
Borsellino ha poi affrontato il tema del “dolore della perdita” dopo la strage di via d’Amelio che gli ha impedito per molti anni di parlare del fratello, ma che infine è riuscito a
vincere. Da quel momento, racconta, è iniziata la sua attività nelle scuole “... soprattutto,
per far conoscere il grandissimo contributo di Paolo Borsellino alla lotta alla mafia”. E da
qui è cominciato il racconto della vita del fratello Paolo, di come, dopo essersi laureato in
giurisprudenza, egli abbia deciso di combattere la mafia, di come abbia affiancato il giudice Giovanni Falcone collaborando con lui nella creazione del pool antimafia, dei primi successi, dell’ideazione del maxi processo, fino alla morte avvenuta sotto la casa della madre
in via d’Amelio.
Un racconto e un’analisi davvero lucidi che hanno ripercorso la storia della lotta alla mafia nell’ultimo decennio, dalla connivenza tra stato e mafia all’azione del giudice Corrado
Carnevale, soprannominato l’ammazza-sentenze, che vanificò parte del lavoro fatto riuscendo a far assolvere alcuni degli indagati per mafia.
Salvatore Borsellino incontra gli studenti dello Stellini
Due ore di intenso intervento che si è concluso con un prolungato applauso e grande commozione da parte di tutti i presenti: studenti, Dirigente Scolastico, docenti e personale della
scuola. Grazie Signor Borsellino!
Galatea Bernardis classe III F
Lo Stellini all’European Summer School
of Classics di Trieste
“
G
Il prof. Agostino Longo con il gruppo dei “Quattordici”
raecia capta, il vinto come educatore” era il tema proposto dalla X edizione dell’European Summer School
of Classics, progetto promosso dall’Università di Trieste, a cui ha partecipato un gruppo di quattordici studenti delle classi seconde del Liceo Jacopo Stellini.
La famosa locuzione oraziana ha fornito lo
spunto per un’ampia ed appassionante riflessione sull’influenza della cultura greca
sul mondo latino. Attraverso un ciclo di
conferenze tenutosi dal 19 al 23 settembre,
gli esperti relatori hanno preso in esame ora
l’aspetto letterario, ora quello filologico o
archeologico.
Gli studenti udinesi, sotto la guida del prof.
Agostino Longo, hanno seguito in modo particolare il curriculum teatrale-musicale, percorso che li ha portati ad approfondire le loro conoscenze sui meccanismi dello spettacolo tragico e le sue relazioni con la musica.
La fase conclusiva del progetto consisteva
poi nell’elaborazione autonoma di una conferenza, ispirata ai temi suggeriti dalla Summer School. Gli studenti hanno dunque elaborato la conferenza “Famam sequi, costru-
zioni e ricostruzioni di Elettra”. L’evoluzione della complessa figura di Elettra è stata
oggetto di un’accurata analisi che ha seguito i profondi rimandi intertestuali che, dalle
tragedie di autori classici quali Sofocle ed
Euripide, conducono fino alle moderne rivisitazioni di Hugo von Hofmannsthal e di
Marguerite Yourcenar, senza naturalmente
tralasciare i riferimenti musicali all’Elektra
di Richard Strauss.
La conferenza è stata presentata venerdì 28
ottobre nell’Aula Magna dell’Istituto alla
presenza della preside Giovanna Marsoni e
del direttore della Summer School, prof.
Marco Fernandelli, ed è stata applaudita da
un folto pubblico di insegnanti, allievi e genitori.
Questi i nomi degli alunni partecipanti:
Ester Peric, Giacomo Battaini, Simone Langellotti, Serena Sangoi, Beatrice Bancheri,
Rossana Bulfone, Matteo Fornasin, Martina
Zuliani, Sara Marchesano, Camilla Folisi,
Anna Venturini, Vittoria Brusco, Giacomo
Pirani ed Erica Tonutto.
Ester Peric, classe II B
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I VIAGGI DEGLI STELLINIANI
Emozioni e sorprese girovagando in Sicilia
Davanti al Tempio di Segesta
D
ifficile condensare in un articolo le
emozioni e le sollecitazioni culturali
prodotte da un viaggio come quello
che un gruppo di Stelliniani ha intrapreso nell’agosto di quest’anno: un itinerario tanto atteso, da parte di chi scrive, che finalmente ha
avuto l’opportunità di conoscere un lembo di
questa terra così particolare e grande, sotto
ogni punto di vista (fisico, letterario, artistico…), ove le stratificazioni storiche inducono
continuamente a riflettere e sul passato e sugli
esiti del presente. Provo a tratteggiare alcuni
ricordi ancora vividi, per rendere almeno in
parte la suggestione di ciò in cui ci siamo imbattuti.
Innanzi tutto Palermo: una città multiforme
e dai forti contrasti, con parti estremamente
belle in un tessuto edilizio che è cresciuto a
dismisura negli ultimi decenni, portando a un
degrado di certe parti che lascia stupefatti di
fronte a gemme mozzafiato: la città normanna, ad esempio, con il Palazzo che svetta in
tutta la sua imponenza, mentre all’interno rivela l’incanto dei mosaici bizantini della Cappella Palatina o quelli a soggetto profano delle sale ove i re normanni si proteggevano dalla calura con ingegnosi sistemi di ventilazione
sognando le tenute di caccia poco distanti, come il Castello della Zisa (da noi visitato), fuori città, ai piedi del monte, sintesi tra culture
diverse: la struttura compatta di forma quasi
L’efebo di Mozia
cubica, l’eredità araba nell’articolazione degli
ambienti interni e la frescura della loggia solcata da un canaletto e da una cascata, i mosaici naturalistici che superano l’idealizzazione
bizantina per suggerire il fasto di queste residenze di diporto e dei loro giardini, magnificati dal geografo arabo Edrisi. Nel cuore del
centro storico salire a S. Giovanni degli Eremiti significa distaccarsi dall’intorno e proiettarsi in un tempo remoto, ammirando la severità delle strutture e la perfezione delle cupole a contrasto con gli spazi circoscritti del
chiostro, circondati da una vegetazione lussureggiante. A proposito di imponenza vegetale, impressiona – per via della loro crescita
continua e dei loro tronchi smisurati, come se
provenissero da ere oramai estinte – il dominio esercitato dai ficus magnolioides in vari
punti della città, a Piazza Marina o nell’Orto
Botanico di ben meritata notorietà.
Come non segnalare poi l’appartato Palazzo Abatellis nei pressi della Kalsa, un gioiello del gotico catalano, valorizzato al suo interno grazie all’allestimento museografico curato da Carlo Scarpa, un distillato di capolavori su cui svettano l’affresco potente del
Trionfo della Morte (staccato da Palazzo Sclafani) e l’Annunciata di Antonello da Messina,
che trasmette il mistero sacrale che pervade
Maria, sommessa e forte insieme? Tante Palermo si alternano in un tessuto urbanistico
additivo, basato su alcune direttrici privilegiate, ma a tratti labirintico: la città multietnica dell’epoca medievale, l’influsso catalano,
gli splendori barocchi (nella ricchezza degli
interni di alcuni oratori, come quelli di S. Cita
e S. Domenico, ove trionfa il virtuosismo del
maestro stuccatore Giacomo Serpotta), l’esotismo della Casina Cinese ai margini del Parco
della Favorita, il rigore neoclassico, il decoro
borghese della città opulenta del XIX secolo,
con i suoi palazzi e teatri, come il Massimo, il
fascino liberty dell’età dei Florio e di Ernesto
Basile, del Grand Hotel et des Palmes, e, per
contrasto, l’intrico dei mercati (quello del Capo o la Vucciria) con i loro suoni, odori e colori decisi che hanno ispirato pittori come
Guttuso, l’incombente complesso carcerario
dell’Ucciardone e l’austera mole del Palazzo
di Giustizia, le brutture dell’incontrollato
sfruttamento edilizio degli anni ‘70 che ha divorato quasi del tutto il verde dei villini di
Viale Libertà: la città è contraddistinta da un
incredibile groviglio di degrado e preziosità
in attesa di adeguata valorizzazione. L’assaggio, dunque, di un mondo inquieto, un tempo
al passo con le capitali europee ora pervaso
da un evidente disagio, colpisce, avvince e un
po’ turba chi vi si avvicina, anche per poco,
com’è capitato a noi.
La visita alla cattedrale di Monreale, per
converso, rasserena ed esalta: percorrendo
inebriati le navate per l’oro dei mosaici si
giunge all’abside con la raffigurazione dell’Onnipotente a mezzo busto in atto di benedire, con le dita disposte a evocare il simbolismo trinitario. Le meraviglie continuano all’esterno, con il chiostro, e gli archi moreschi intrecciati della zona absidale.
Da un simile universo composito si è approdati alla realtà completamente diversa di
un centro come Trapani, città che sorprende
positivamente per la cura con cui è stata restaurata buona parte del centro storico, ordinato nell’assetto, vivace e opulento, specie nei
momenti di festa: matrimoni fastosi il sabato
pomeriggio nelle chiese del centro, processioni a passeggio nella sera prefestiva, tutti stipati e agghindati a sfilare lungo la direttrice
principale. Deborda pure il Museo Pepoli, dove si trova di tutto: dalla ghigliottina ai presepi, dall’oreficeria ai dipinti (tra cui uno stupendo ritratto eseguito da un Balla ancora divisionista). Da questa località è agevole raggiungere siti di grande interesse, come Erice,
innanzitutto, una magnifica cittadina arroccata su un’altura da cui si domina la forma a falce di Trapani protesa sul mare. Presa d’assalto soprattutto dai crocieristi, l’incantevole località – una specie di Capri sicula – non sembra accusare il colpo, ma mette in luce il suo
lato migliore nelle stradine lastricate, nelle infinite chiese che la distinguono, nei negozi
dove si vendono le specialità ittiche (il famoso tonno) e i dolci della tradizione conventuale: la pasticceria di Maria Grammatico, con
trionfi di cassate e cannoli, ne è la riprova.
Da Trapani si sviluppano innumerevoli percorsi archeologici, a cui gli Stelliniani, dato il
loro background, hanno dedicato particolare
attenzione. Si è iniziato con Segesta, dove si è
provata l’emozione di ammirare la perfezione
dell’architettura inserita in maniera sublime
nel contesto naturale: si è saliti, lungo la via
sacra fiancheggiata da agavi giganti, all’imponente tempio, interamente conservato a parte
la copertura, di ordine dorico ma anomalo,
per le colonne a fusto liscio; si è aspettato il
tramonto per raggiungere il teatro, più in alto,
adagiato lungo il pendio, dove il nostro gruppo – nel contesto più appropriato – ha avuto
il privilegio di assistere alla rappresentazione
dell’Edipo Re, in versione moderna ma rispettosa del testo originale (tali caratteristiche sono state preventivamente e opportunamente
rinfrescate, con espressività tale da coinvolgerci tutti, da Elettra, la nostra Presidente).
Abbiamo così avuto modo di seguire il dramma di Edipo con particolare trasporto, anche
per l’incanto di un momento che sarà raro ripetere, come la gioia della camminata notturna, col tempio illuminato sullo sfondo, per
tornare al nostro bus. Scenari mozzafiato anche a Selinunte: con determinazione (dopo
una breve immersione nelle acque della
spiaggia di Marinella) si è sfidata la calura del
primo pomeriggio siculo tra i templi in rovina, i loro giganteschi rocchi e capitelli sparsi a
terra, spingendosi sempre più addentro nelle
rovine della città fino al santuario.
Perlustrare l’orizzonte di antichi popoli è
stato anche il motivo dominante della nostra
visita all’isola di Mozia, uno dei tre capisaldi
fenicio-punici in Sicilia, accompagnati dal
bravo Giovanni che ce l’ha fatta percorrere
per intero: grazie alle sue spiegazioni siamo
riandati alle usanze del popolo fenicio, ritrovando il genius loci, imbattendoci in un manipolo di studiosi che stavano compiendo i loro
scavi sotto il sole cocente. S’è pure compiuta
una buona azione, offrendo da bere al professore che li guidava, docente all’Università di
Roma “La Sapienza” che, piccolo ma energico
e scattante, con la pelle color cuoio per l’esposizione al sole, aveva esaurito temporaneamente la sua scorta d’acqua. S’è proseguito il
cammino, facendo rimbalzare lo sguardo tra i
resti dell’antica colonia e lo spettacolare ambiente lagunare circostante, che collega l’isola
alle saline di Marsala, città (tirata a lustro, forse anche a motivo delle celebrazioni per il
150° dell’Unità d’Italia) dove si sono ammira-
ti i resti della nave fenicia conservata nel locale museo. Nella memoria si sono fissati alcuni
dei gioielli conservati nelle raccolte espositive
di questi centri “minori”: la Venere, mutila ma
splendida, conservata proprio a Marsala, l’Efebo del Museo Whitaker (modernamente allestito e dotato di adeguati apparati scientifici) a
Mozia, opera studiata in particolar modo da
Paolo Moreno, nostro socio onorario, e il Satiro Danzante di Mazara del Vallo. L’efebo marmoreo, rinvenuto nel 1979, è un superbo
esempio di statuaria severa: la posa è avvitata,
il corpo sinuoso avvolto da una veste aderente e pieghettata; doveva recare sul capo un copricapo (forse la pelle del leone di Nemea, la
cui uccisione costituisce la prima fatica di Eracle). Commissionata dai cartaginesi di Mozia
a uno scultore greco o frutto del saccheggio a
una città ellenica? Oppure era la statua di culto del tempio di Melqart, divinità fenicia venerata in tutte le colonie e assimilata al semidio Eracle? Sostenitore di quest’ultima identificazione è proprio il prof. Moreno, che l’ha
motivata in modo convincente con ampia documentazione. E noi, che seguiamo l’illustre
studioso, restiamo avvinti dallo splendore di
questo giovane, muscoloso e leggiadro insieme, calmo e fiero, realizzato con finezza rara.
All’opposto si colloca lo straordinario bronzo
originale greco che nei locali di Mazara (che si
vanta d’essere la città del Satiro) aveva solo
noi come visitatori: l’opera tardo-classica, pervasa da un dinamismo sfrenato consono alla
natura dionisiaca del personaggio, ci trasporta in un mondo di rituali orgiastici che fanno
parte anch’essi della realtà del mondo greco,
non ispirato solo ad armonia e misura. Porli a
raffronto consente di scoprire le diverse anime, complementari, che rendono grande e
sempre attuale il lascito della cultura ellenica.
Un ultimo accenno alla nostra escursione alle isole Egadi: mi ha più colpito la piccola Levanzo, col suo rustico abitato affacciato sul
mare di un azzurro intenso mai visto prima e
l’escursione in barca alla Grotta del Genovese:
circumnavigata l’isola dal paesaggio aspro,
inerpicati lungo un sentiero fiancheggiato da
un paesaggio lunare costellato da cristalli di
sale, si è entrati negli anfratti della roccia. Sono apparsi ai nostri occhi, illuminati dalla torcia della guida, le sagome di uomini e animali tracciati nella remota età neolitica: un ritorno al mondo delle origini, ai suoi rituali e valori espressi in una sintesi di grande potenza.
Il nostro viaggio a ritroso nel passato era giunto alla preistoria e ai misteri che i nostri progenitori cercavano di interpretare, un mondo
ove dominava il pensiero magico, che ancora
aleggiava su di noi nel silenzio del grembo
terrestre in cui ci si era avventurati. Anche
questo incanto dei primordi dell’umanità ha
completato degnamente il nostro percorso in
una terra, la Sicilia, fascinosa e sorprendente.
Francesca Venuto
Il Satiro danzante
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I VIAGGI DEGLI STELLINIANI
Zaijian, Cina, moderno ed antico paese
L
’11 ottobre scorso un gruppetto di Stelliniani, che
aveva aderito al viaggio organizzato dalla Turismo
85, è atterrato in Cina, realizzando il sogno di una vita. I siti visitati hanno superato talora le aspettative; ma
straordinario è stato soprattutto l’impatto con questo splendido paese, la cui realtà culturale ha sollecitato interesse,
curiosità e non poche riflessioni.
Arrivati a Pechino, incontriamo la nostra guida Serena
(Yajing significa tranquillità) di cui apprezzeremo spesso la
premurosa sensibilità. Durante il tragitto (intensamente
trafficato) fino all’albergo, dopo averci fornito utili frasari e
dati socio culturali1, ci spiega che Pechino, che conta ora
18.000.000 di abitanti, nacque come città quando l’imperatore Qin Shi Huangdi (di cui sentiremo ancora parlare) unificò la Cina nel 3° sec. a. C. La sera stessa, dopo cena, ci mostra il villaggio olimpico e l’animatissimo mercato dei fiori di
loto, sulla sponda del lago Hou Hai, con gente di ogni età
che si esibisce in balli figurati per strada.
L’indomani visitiamo il Tempio del Cielo (nel parco antistante vediamo cinesi impegnati nella pratica coordinata
del Tai Chi), il Tempio dei Lama e la Città Proibita (dal 1987
Patrimonio dell’Umanità), enorme museo all’aperto che ci
stupisce per la bellezza delle architetture, ma anche per la
spettacolarità dei dettagli. Per esempio quello simbolico della Sala della Perfetta Armonia il cui spiovente a cresta mostra
una teoria di 12 statuine, invece delle solite 7 o 9, a segnalarne l’importanza2; oppure quello funzionale delle teste di
drago alla base dei numerosi pilastri della balaustra per
drenare l’acqua piovana dalla terrazza marmorea che sostiene 3 sale. Un giro in risciò tra le tranquille case con cortile interno (siheyuan) del quartiere Hutong e lo spettacolo
La leggenda del Kung Fu concludono degnamente questa nostra memorabile giornata.
La sezione Badaling della Grande Muraglia
condo la tradizione Buddha, che volava come oca con uno
stormo, si lasciò cadere al suolo per fornire aiuto ad un
monaco) e parte dei 14 chilometri delle Mura della città, in
particolare la Porta Occidentale da cui iniziava la mitica Via
della seta. A cena ci aspetta un gustoso banchetto di ravioli
al vapore ed uno spettacolo di canti e danze in sgargianti
costumi d’epoca Tang.
L’indomani andiamo a vedere l’Esercito di terracotta, opera voluta dall’imperatore Shi Huangdi a custodia della sua
tomba; per preservarne la segretezza vennero eliminati tutti gli operai e funzionari che lavorarono al progetto. Scoperta nel 1974 ed ancora oggetto di ricerche e restauri, ha
messo finora in luce 8000 reperti tra carri, cavalli e soldati.
È la più importante scoperta archeologica del 20° secolo,
considerata dal 1987, come la Grande Muraglia, Patrimonio
dell’Umanità. Al pomeriggio, dopo una visita alla Piccola
Pagoda dell’Oca Selvatica dall’ambientazione piuttosto suggestiva, il gruppo si divide; alcuni di noi, con Serena ed Annarita (nostra accompagnatrice udinese), visitano la Grande
Moschea, unica in Cina a non avere uno stile arabo, tant’è
che il suo minareto ha forma di pagoda ottagonale a 3 spioventi. Simpatico il limitrofo mercatino ove facciamo acquisti con giusto equilibrio fra gli interessi nostri e dei venditori.
La tappa seguente, Guilin, ci offre uno straordinario paesaggio caratterizzato da alture di forma bizzarra, di origine
tettonica e successivamente modellate dall’erosione, che si
ergono su un antichissimo territorio carsico. Ne apprezziamo meglio la bellezza durante la distensiva navigazione sul
fiume Li, vedendo villaggi, capre pascolare lungo sponde
Un particolare della Sala della Perfetta Armonia
Il giorno 13 ci vede impegnati in una ascensione (molto
gratificante, ma resa faticosa dal vento) lungo le prime quattro rampe della sezione Badaling della Grande Muraglia,
che si attribuisce all’imperatore Shi Huangdi, con lo scopo
di proteggere i confini settentrionali da incursioni nemiche.
Nel pomeriggio Serena ci mostra la splendida via Sacra che,
fiancheggiata da statue in marmo di animali simbolicamente allusivi alle qualità dell’impero cinese e altre di dignitari
imperiali, conduce alla tomba Chan Li dell’imperatore Yongle (14° secolo). Alla fine della suggestiva visita ci aspetta
una contadina con il suo coloratissimo carrettino di frutta,
che compriamo in molti con mutuo gradimento.
All’alba del 14 voliamo con Serena (che ci accompagnerà
per tutto il viaggio) alla volta di Xian, ove ci aspetta Stella,
la guida locale. Apprendiamo che la città è stata, in tempi
diversi, capitale di 11 dinastie; e che ora conta ca. 8.000.000
di abitanti. Visitiamo la Grande Pagoda dell’Oca selvatica (se-
Dettaglio dell’Esercito di terracotta
1 Serena compare in basso a destra nella foto di gruppo. Da lei impariamo che ni hao vuol dire “buongiorno”, wan shang hao “buonasera”, xie xie “grazie, bu “no” (queste ultime ci saranno molto utili per
liberarci con grazia da venditori insistenti). Ci spiega che la vigente legge per la limitazione delle nascite obbliga le coppie ad avere un solo figlio e prevede il pagamento di una multa (corrispondente a
20 volte il loro stipendio medio alto di 450 euro) per ogni figlio in più; ma che due figli unici possono averne due e che i cinesi che tornano in patria non devono pagare multe per i figli in più avuti all’estero. Ci dice infine che in Cina Mao Tze Tung rimane ancora un mito, anche se ridimensionato del 25%.
2 Non manca di segnalarci in proposito che la chiave per comprendere le decorazioni cinesi risiede nel principio armonico di yin e yang, elemento, questo, maschile associato all’imperatore e rappresentato dai numeri dispari che ricorrono nei dettagli architettonici: p. es. le 81 borchie delle porte d’uso imperiale. Ci spiega che tali principi si ritrovano anche nell’arte culinaria: sono cibi yin quasi tutte le
verdure fresche, che compensano il caldo della carne e del peperoncino, cibi yang. Freddo e caldo, yin e yang, sono, nella medicina cinese, forze opposte e complementari.
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Tetti del Bazar di Shanghai
Il fiume Li
piene di canne di bambù e cassie, bufali e papere sguazzare in acqua, zattere di bambù usate per la pesca con cormorani appositamente addestrati. Sullo sfondo gli innumerevoli pinnacoli offrono uno skyline naturalistico davvero eccezionale. Nel viaggio di ritorno da Yangshuo la nostra
guida Pan ci mostra vaste risaie spiegandoci che il clima
sub-tropicale ne consente la coltivazione per due cicli annuali. Concludiamo con un’ottima cena in un simpatico ristorantino di Guilin.
Il 18 arriviamo a Shanghai, ammirandone i grattacieli, alcuni molto belli, che incontriamo lungo il trasferimento dall’aeroporto. La nostra guida Giorgio ci spiega che la città
(da shang “sopra” e hai “mare”) conta 25.000.000 di abitanti
ed è il più importante porto cinese. Ci porta poi alla terrazza sul fiume Huangpu davanti a Pudong (zona economica
speciale fondata nel ‘90) e ci scatta una foto ricordo tutti insieme. Siamo sul Bund, cuore della Shanghai coloniale, con
alcuni edifici famosi come la Dogana e il Peace Hotel3.
Il 19 visitiamo il Tempio del Buddha di Giada, il Museo di
Shanghai (ove abbiamo tempo per delibarvi diversi reperti) ed i Giardini Yu divisi in 6 splendide aree paesaggistiche
in cui vediamo giardini ben curati, ponticelli e padiglioni in
un contesto armonioso. Bello anche l’animato Bazar antistante di cui ammiriamo l’articolata struttura dei tetti ed il
caratteristico ponte a zigzag apotropaico. La sera concludiamo con un tour notturno, in cui abbiamo l’occasione di
vedere la Concessione Francese4.
Il 20 siamo a Suzhou, famosa per la produzione della seta, ove visitiamo i giardini dell’Umile Amministratore con
splendidi alberi, bonsai, rocce a forma di piante ed anatre
mandarine, del Maestro delle Reti e della Collina della Tigre,
luogo sepolcrale di He Lu, fondatore di Suzhou, il cui spirito si dice protetto da una tigre bianca che apparve dopo la
sua morte. Tutti i giardini sono stati degnamente acquisiti
tra i Patrimoni dell’Umanità nel 1997. Visitiamo anche la
pagoda Beisi Ta e l’interessante Museo della Seta, nonché i canali cittadini lungo i quali navighiamo. A sera banchettiamo
in un bel ristorante di Shanghai, in cui l’indomani continueremo a girare per vedere autonomamente altri siti e per
fare le ultime spese.
Abbiamo fatto davvero un bel viaggio, ma realizzato in
tempi tanto stretti che si pensa già di tornare: arrivederci,
Cina, zaijian!
Eppure, ripenso alle considerazioni socio-economiche di
Serena e Stella sulla scuola che, gratuita dai 3 ai 15 anni,
non offre però l’alto livello di quelle a pagamento; ai loro
problemi per la casa, ai costi elevati dei mutui. Ripenso al
contrasto dello smog persistente a Pechino con l’uso dei
parchi per pratiche ginniche collettive, e con la cura maniacale degli spazzini nel togliere tracce di rifiuti dalle
strade della città. Ripenso al contrasto tra i viluppi di fili
elettrici che pendono dall’alto a Xian con i costosi grattacieli di Shanghai. La Cina ci appare in sostanza un paese
diviso tra situazioni terzomondiste e vocazione capitalistica. Essa ci ha mostrato il suo volto migliore, sorridente di
gentilezza, non quello inquietante che abbiamo letto in
Operaie di Leslie Chang…
Non so se ho proprio voglia di vederne gli sviluppi futuri...
Betuel Arci Biffoni
Foto ricordo a Shangai, davanti a Pudong
Anatre mandarine nel giardino dell’Umile Amministratore
3 Il nome sembrerebbe omologo ad eventi politici di rilievo: qui si incontrarono, nel 1956, il maresciallo britannico B. Montgomery e Mao Tze Tung; nel 1964 il premier cinese Zhou Enlai incontrò il collega francese E. Faure pochi giorni prima dell’apertura delle relazioni diplomatiche fra i due paesi.
4 Conclusa la Guerra dell’Oppio, l’Inghilterra impose (trattato di Nanjing del 1842) che il porto fosse aperto al traffico marittimo internazionale, obbligando la città ad ospitare Concessioni straniere (GB, F,
USA), aree cui era concessa l’extraterritorialità amministrativa e giudiziaria, pur restando nominalmente territorio cinese. Poi ci furono fenomeni di corruzione, delinquenza, di contrasti tra estrema ricchezza e povertà, che innescarono varie reazioni di cui un atto significativo fu la costituzione del Partito Comunista Cinese il 1° luglio 1921 in quello che, nella Concessione francese, è attualmente il n. 374
della Huangpi Nan Lu.
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I VIAGGI DEGLI STELLINIANI
Alla scoperta dei tesori nascosti tra le Giulie
Gioielli di confine
I
n una splendida giornata dello scorso autunno, la visita alla mostra “Aldilà. L’ultimo mistero” di Illegio ha offerto a un nutrito gruppo
di Stelliniani l’occasione di spostarsi nel limitrofo Tarvisiano per percorrere quello che dal Lions
Club Tarvisio Giovane Europa viene definito “un
affascinante itinerario ambientalistico e culturale
tra Friuli, Carinzia e Slovenia” e le cui tappe successive sono costituite dalle chiesette di S. Dorotea a Camporosso, S. Nicolò a Coccau, St. Andreas a Thörl-Maglern e San Tommaso a Rateče.
Guidati dal prof. Franco Perraro e dalla
prof.ssa Silvana Londero, presidente e vicepresidente del Lions Club Tarvisio Giovane Europa, che,
grazie anche al sostegno della Fondazione CRUP
e al contributo dei tanti visitatori, si è fatto carico
del restauro della chiesa di Santa Dorotea, gli
Stelliniani hanno potuto così apprezzare dei veri
gioielli il cui valore storico e artistico spinge a
farne in questa sede una sia pur breve descrizione, non mancando di sottolineare come, mentre
oggi Friuli Venezia Giulia, Carinzia e Slovenia
rappresentano tre etnie diverse per cultura, lingua, religione e nazionalità, i caratteri comuni di
tali chiesette, quali la data di edificazione
(XI/XIII secolo) e la presenza sulle pareti interne
di affreschi di argomento religioso o storico, pu- Le stelliniane davanti alla Pala di Santa Dorotea
re essi databili intorno allo medesimo periodo, il
Quattrocento, rivelino la presenza in tempi antichi di aspet- mente influenzata da contaminazioni grottesche padovati fortemente aggreganti.
ne.” Tali opere appartengono all’area pittorica che si espriIl percorso è iniziato con la visita della chiesa parrocchia- me anche in Carinzia e Slovenia e “che ha nella robusta e
le di S. Nicolò, a Coccau. Questa, collocata sulla cima di una popolana vigoria, nell’esasperata drammaticità e nella marmontagnola da cui si dominano le vallate di Tarvisio e di Ar- cata linea di contorni i suoi elementi caratterizzanti.”
noldstein, fu la prima chiesa fortezza della Valcanale, capace
L’affresco sulla parete destra della Chiesa, che raffigura
di contenere tutta la popolazione del paese durante gli asse- l’Adorazione dei Magi ed è di autore sicuramente tedesco,
di, le incursioni dei nemici e le scorribande dei predoni.
è il più grande ma è stato anch’esso rovinato da un interL’impianto originario, del Trecento, costituito da un’uni- vento strutturale (l’apertura di una finestra). Un’altra pittuca aula rettangolare dotata di feritoie per la difesa dall’inter- ra (dipinto su malta asciutta), opera di un pittore di scuola
no, fu ampliato verso la metà del XV secolo con l’aggiunta nordica della fine del 1400, se non addirittura del primo
del presbiterio e della torre campanaria. L’interno della chie- Cinquecento, mostra S. Nicolò con le tre sfere d’oro. Da nosa è impreziosito dal più bel ciclo di affreschi della Valcana- tare ancora due statue lignee di S. Nicolò, una delle quali rile, scoperto nel 1940 e recuperato con una lunga opera di re- salente al 1300.
stauro terminata negli anni ‘90 del secolo scorso. Durante i
Dalla chiesa di S. Nicolò il gruppo si è spostato nella polavori di restauro è stata scoperta, sotto il campanile, una co distante chiesa di St. Andreas che si trova menzionata
cripta contenente i resti di circa trecento persone, il cui ritro- per la prima volta in un documento del Patriarca Ulrico di
vamento sembra ricollegarsi alla battaglia avvenuta il 27 lu- Aquileia datato 1169. Nella sua lunga storia subì più volte
glio 1478 nella piana di Coccau tra i Turchi di Iskender Pascià manomissioni e saccheggi, il più grave dei quali fu senz’ale uno sparuto numero di contadini del luogo.
tro l’incendio del 1482 per opera dei Turchi, in seguito al
Alcuni affreschi, situati sopra l’ingresso e sulla parete si- quale dovette essere completamente restaurata.
nistra della Chiesa, rappresentano episodi della Passione di
Le mura della navata e del presbiterio appartengono alCristo (la Flagellazione, la Salita al Calvario, la Crocifissio- l’epoca romana. Le pareti erano state intonacate, probabilne, la Deposizione, la Sepoltura e la Resurrezione) e la fi- mente anche in tempi lontani, nascondendo affreschi dell’igura del profeta San Daniele (sotto il quale rimane traccia nizio del XV secolo di stile gotico-carinziano. Essi sono stadella porta laterale poi murata); in continuazione su questa ti recuperati e restaurati, in particolare quelli della volta,
parete era dipinta l’Ultima Cena, di cui rimane, splendida- dal prof. Walliser (1938/1940) che reperì una scritta riferimente recuperata, probabilmente solo la metà dell’origina- bile al pittore Thomas Von Villach. Gli affreschi seguono un
le a causa dell’apertura di una finestra e dell’accorciamen- percorso che inizia da sinistra in basso. Le scene riguardato di circa un metro del muro della chiesa primitiva. Secon- no l’ingresso di Cristo in Gerusalemme, dove scaccia i comdo il Marchetti, l’autore di questi affreschi appartiene “a mercianti dal tempio, si lava i piedi, prega sul monte degli
quella scuola di dipintori centro friulani che a cavallo del Ulivi, viene imprigionato, ecc. fino alla Resurrezione e al1300 e 1400 diffusero di qua e di là delle Alpi in accenti l’Ascensione.
piuttosto paesani un tipo di pittura nostrana impostata soLa necessità di ridurre l’itinerario per motivi di tempo ha
stanzialmente sul modello di Vitale da Bologna e legger- imposto la rinuncia alla successiva tappa costituita, come si
diceva, dalla chiesa di San Tommaso a
Rateče.
Gli Stelliniani sono dunque rientrati in Italia per visitare la chiesetta di
S. Dorotea, che, edificata in stile gotico-carinziano tra il 1007 e il 1017 su
uno sperone di roccia, si trova in una
posizione elevata rispetto al paese.
Nei secoli l’edificio ha subito più ristrutturazioni, a una delle quali si riferisce sicuramente la data del 1665 che
si legge sul frontone nord del campanile, mentre l’intervento più recente è
seguito al terremoto del 1976. Entrando dal piccolo pronao con tettuccio in
legno nell’aula rettangolare, gli Stelliniani sono rimasti colpiti dal bell’altare in marmo policromo della fine del
‘700, la cui pala mostra l’immagine
della santa decapitata nel quarto secolo, durante la persecuzione di Diocleziano.
Un affresco della chiesa di Santa Dorotea
Dorotea, di religione cristiana, viveva a Cesarea
di Cappadocia distinguendosi per sapienza, carità
e purezza. La fama delle sue virtù arrivò fino al
“preside” Sapricio che la fece chiamare e la invitò
a sacrificare agli dei. Ma Dorotea, nonostante la
tortura, si rifiutò di farlo. Allora Sapricio, deciso a
ottenere il suo scopo, affidò la fanciulla a due sorelle apostate, Criste e Callista, con l’incarico di
farle rinnegare la sua fede. Fu invece Dorotea a
riconvertirle al Cristianesimo. Irritato, Sapricio
condannò le due sorelle al rogo e Dorotea alla decapitazione.
Durante il percorso verso il martirio, si fece
incontro alla fanciulla un certo Teofilo, che per
dileggiarla le disse: “Sposa di Cristo, mandami
delle mele e delle rose dal giardino del tuo sposo”. Dorotea, sfidandolo, promise.
Mentre, in attesa di essere uccisa, stava pregando, comparve all’improvviso un bambino che
le offrì tre rose e tre mele, ma Dorotea gli disse di
portarle a Teofilo. Questi, che stava raccontando
agli amici la sua bravata, rimase confuso nel ricevere quel dono perché era febbraio, un mese in
cui normalmente le rose non fioriscono. Turbato
dal miracolo, improvvisamente credette; e così,
dopo essere stato torturato sul cavalletto e scarnificato, venne a sua volta decapitato.
Appresa dalla guida la tragica vicenda ingentilita dal miracolo delle mele e delle rose, le visitatrici hanno voluto rendere omaggio alla Santa venerata come patrona dei fioristi, posando per una foto ricordo davanti all’urna che ne contiene le ceneri. Quindi l’attenzione dei visitatori si è concentrata sugli affreschi che costituiscono il pregio principale dell’edificio sacro. È stata proprio la scoperta di uno o più strati di affreschi sotto l’intonaco bianco delle pareti dell’aula e dell’abside a indurre il Lions Club Tarvisio Giovane Europa a intraprendere una serie di iniziative
per riportarli alla luce. Gli affreschi recuperati, alcuni dei
quali sono ben conservati altri piuttosto rovinati, risalgono
per lo più al XV secolo e rivelano un’eccellente fattura, come, per esempio, la Fuga in Egitto (molto deteriorata) e il
Martirio di San Sebastiano. Nel ballatoio dell’organo c’è
una splendida Adorazione dei Magi e la raffigurazione di
un gruppo di pastori che osserva, le mani giunte e lo sguardo rivolto verso l’alto, l’angelo con il cartiglio annunciante
la nascita di Gesù.
Prima che il gruppo lasciasse la chiesetta, il prof. Stefano Perini, partecipante anche lui all’escursione con la gentile consorte, dott.ssa Ondina Zuccheri, ha integrato le accurate spiegazioni delle illustri guide già menzionate, tracciando, sia pure a grandi linee, un quadro storico dell’intera vallata, panoramica che ha reso ancora più chiari la natura e il ruolo sostenuto nella zona dalle chiese visitate.
Concluso così il programma della mattina, il gruppo ha
fatto pausa nel ristorante All’orso di Bagni di Lusnizza. Ritemprato quindi dalla gustosa cucina locale, nel primo pomeriggio ha raggiunto Illegio per la tradizionale visita alla
mostra sacra, ivi allestita con le consuete competenza ed efficienza da don Alessio Geretti.
Elettra Patti
La chiesetta di Santa Dorotea a Camporosso
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ALBUM
“AUSONIE MUSE” DI SERGIO ZANNIER:
UNA RILETTURA DELL’OPERA DI DOMENICO TOPPANI
N
el contesto delle celebrazioni per il centocinquantenario dell’Unità è
stata organizzata a Roma una mostra dedicata alle eccellenze delle regioni italiane nel campo della cultura, della scienza, dell’economia e
dello sport.
La mostra – che era ospitata al Vittoriano, nell’area di Valle Giulia e presso
l’aeroporto di Fiumicino – è stata inaugurata alla presenza del presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, nonché del presidente del Comitato per le
celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Giuliano Amato.
A Valle Giulia, nello spazio dedicato alla nostra regione, è stato esposto il volumetto «AUSONIE MUSE» dello stelliniano Sergio Zannier. L’opuscolo contiene una biografia di don Domenico Toppani (Vito d’Asio 1817-1843) e il commento ad una sua composizione di 163 versi, dal titolo «Il genio italiano». La
pubblicazione è stata curata da «Edizioni L’Omino Rosso» – Pordenone 2011.
La canzone del Toppani si ispirava alle celebri opere del Petrarca e del Leopardi sul tema della decadenza e rinascita della nazione italiana e rivelava, con
il supporto di una raffinata tecnica letteraria, un sentimento di commossa adesione alla causa risorgimentale.
Sergio Zannier – cui si deve la riscoperta di Domenico Toppani e della sua
breve ma intensa parabola di vita – si è diplomato allo Stellini e laureato in Filosofia all’Università di Trieste. Residente fin dalla nascita nella borgata Celante di Vito d’Asio, insegna nella scuola primaria. Fa parte del gruppo «Poeti della Val d’Arzino». Ha partecipato a vari concorsi letterari, ricevendo attestazioni di merito.
L’ISTRUZIONE IN FRIULI
DURANTE IL VENTENNIO FASCISTA
I
l 23 novembre scorso il prof. Bruno Forte dell’Università di Trieste ha presentato,
nell’Aula Magna del Liceo, il libro L’istruzione in Friuli durante il Ventennio fascista
dalla Riforma Gentile alla Riforma Bottai, ultimo frutto di un’accurata e approfondita ricerca sulla storia dell’istruzione in Friuli cui il prof. Bruno Londero, personaggio
di spicco nel panorama culturale cittadino e socio onorario della nostra Associazione
(cfr. profilo su La Voce IX, 1 p. 6), si dedica con competenza e passione da oltre quindici anni.
Dopo il saluto della prof.ssa Giovanna Marsoni, Dirigente Scolastico dell’Istituto, il
prof. Forte ha illustrato e commentato, facendosi lui stesso apprezzare per la competenza nel campo e la gradevolezza dell’eloquio, l’interessante contenuto del volume
che, facendo seguito a due precedenti lavori, del 2005 (La scuola friulana postunitaria –
Saggi e documenti 1866-1881) e del 2008 (Lo sviluppo dell’istruzione tra Ottocento e Novecento: il caso Friuli), completa la trilogia sulla storia friulana dall’annessione del Friuli al regno d’Italia, alla seconda guerra mondiale.
Il volume, in cui vengono privilegiati i rapporti tra le istituzioni e le scuole, prende
in esame i distinti istituti scolastici friulani, in un puntuale confronto con la situazione nazionale, sottolineandone le differenze più cospicue, in relazione alla domanda e
alle condizioni economiche e sociali locali.
La sezione AFDS
dello Stellini
fa appello
alla generosità
dei lettori
A
nche quest’anno la sezione dell’AFDS del Liceo Stellini è impegnata nella diffusione della
cultura del dono. I dati forniti di recente dal
Centro di Udine ci dicono che nei prossimi anni diminuiranno i giovani tra i diciotto e i trent’anni e che saranno messi a riposo per raggiunti limiti di età tanti
donatori attivi. La demografia è una scienza esatta per
cui già da oggi bisogna correre ai ripari: tanti giovani
devono diventare donatori e devono donare almeno
due volte all’anno per garantire il soddisfacimento di
un fabbisogno che crescerà in futuro.
Le sezioni studentesche sono particolarmente coinvolte in questa nuova sfida e la risposta entusiastica dei
ragazzi non si è fatta attendere, ma non si deve mollare
la presa; per cui anche la nostra sezione, che ha appena
compiuto 28 anni e che ha avviato al dono oltre 500 studenti, intende continuare senza sosta l’opera di sensibilizzazione. Nei prossimi mesi saranno organizzati appuntamenti con medici specialisti; il dottor Vincenzo
De Angelis, Direttore del Centro Trasfusionale dell’Ospedale S. Maria della Misericordia di Udine, incontrerà quanto prima i nostri alunni e saranno organizzate
donazioni di gruppo coordinate dal prof. Andrea Nunziata, Presidente della sezione della scuola.
A tutti i lettori lanciamo l’appello: donate, donate,
donate! Qualcuno ha bisogno anche del Vostro sangue.
Andrea Nunziata
e gli studenti donatori dello Stellini
La dott.ssa Marina Conte ha donato un defibrillatore allo Stellini
in memoria della sorella Alessandra, già allieva dell’istituto
G
iovedì 29 Settembre, al Liceo Stellini, si è svolta una cerimonia semplice, ma di grande significato. La dott.ssa Marina Conte, medico fisiatra presso la Casa di Cura Pineta del Carso di Aurisina (Trieste), ha effettuato una generosa donazione a beneficio dell’Istituto in ricordo della sorella Alessandra, scomparsa improvvisamente, a causa
di un arresto cardio-circolatorio, nel 2004. In quella drammatica situazione il personale del
118 aveva inutilmente tentato di rianimare la giovane donna, impiegata in una banca di Lignano dove allora lavorava, ma a nulla erano valsi tutti gli sforzi: il suo cuore aveva cessato di battere.
La sorella ha inteso perciò generosamente offrire la possibilità al Liceo di dotarsi di un’attrezzatura in grado di salvare la vita nel malaugurato caso si dovessero presentare situazioni analoghe: un defibrillatore. Ha pensato in tal modo alla scuola che Alessandra aveva
frequentato con tanta dedizione e passione, in cui si era diplomata e a cui era sempre rimasta legata nel ricordo degli anni liceali. Il tipo di strumentazione scelta dalla dott.ssa
Conte è un modello semi-automatico, utilizzabile da tutti, non solo dagli esperti del ramo:
l’intento è che, in caso di necessità estrema, rara ma non impossibile a verificarsi, tutte le
persone dell’Istituto, dai ragazzi ai docenti e al personale ATA, possano ricorrere ad uno
strumento semplice, che consenta di intervenire immediatamente e di salvare chi sia colpito da un malore che altrimenti potrebbe rivelarsi fatale. Il gesto, di grande valore umano e di non comune sensibilità sociale, rispecchia gli ideali di Alessandra che hanno trovato nella sorella Marina una sincera ed altruista interprete.
Erano presenti alla consegna del defibrillatore e alle spiegazioni per il suo corretto uso il
Dirigente Scolastico, prof.ssa Giovanna Marsoni, la dott.ssa Marina Conte, i docenti Andrea Nunziata, Francesca Noacco, Francesca Venuto, Luigi Sepulcri e la DSGA, sig.ra Mariangela Rizzolatti.
Francesca Venuto
Marina Conte e la Preside dello Stellini
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LA RUBRICA DELLA MEMORIA
Il mio Stellini
Q
uando l’amico e collega Andrea Purinan
mi ha chiesto di scrivere un articolo sulla mia
esperienza di ex allievo dello
Stellini non ho potuto fare a
meno di meditare sul mistero
del rapporto fra l’uomo e il
tempo. Infatti, benché la nostra vita sia composta dal susseguirsi di un numero enorme
di attimi, minuti, ore non mi
rendo conto di come possano
essere già trascorsi quarantadue anni da quel giorno di luglio del 1969 allorché uscii
dallo Stellini con un diploma
di maturità conseguito con un
voto inaspettatamente alto al
termine di una carriera scolastica semplicemente dignitosa.
Quando cinque anni prima
mi ero timidamente presentato alle porte dell’austero palazzo di piazza Primo Maggio, il Liceo classico era una
scuola che non offriva un diploma immediatamente spendibile sul mercato del lavoro
ma consentiva l’accesso a tutte le facoltà universitarie, da
Lettere classiche a Ingegneria,
da Matematica ad Economia
ecc. proprio perché perseguiva
un ambizioso progetto culturale e formativo anziché l’addestramento a una specifica
attività professionale.
Appena ebbi superato l’esame di maturità, le facoltà universitarie vennero aperte a
tutti coloro che avessero conseguito un qualsiasi diploma
di scuola media superiore, così mi trovai a studiare legge
fianco a fianco con ragionieri,
geometri e maestri elementari.
Fu una scelta politica presa
nella infuocata temperie del
sessantotto ma che personalmente ritengo giusta perché le
potenzialità di una persona
sono così grandi e misteriose
da sconsigliare l’apposizione
di barriere per l’accesso ai corsi di studio, compresi quelli
universitari.
Basti pensare che Salvatore
Quasimodo aveva conseguito
il diploma di geometra, il che
non gli impedì di tradurre mirabilmente i lirici greci, mentre Eugenio Montale aveva
studiato ragioneria.
In ogni caso non è mutata
ed è da sperare che non muti
la natura formativa del corso
di studi del Liceo classico: in
questa scuola infatti non ci si
può limitare a impartire nozioni, per quanto complesse e
importanti, ma occorre perseguire un processo di formazione umana e culturale che porti a una visione insieme equilibrata e critica della realtà
nonché a una “educazione” ai
valori fondanti della convivenza civile (libertà, respon-
sabilità, giustizia, solidarietà,
tolleranza ecc.) tramite quel
formidabile veicolo che è la
cultura classica e umanistica
non disgiunta dalla scienza e
dalla tecnica.
Perché sia così devono però
concorrere due elementi fondamentali: una classe di insegnanti sensibile e preparata a
questa specifica attività formativa e anche un insieme di
alunni dotati di ingegno e tanta buona volontà. Il Liceo Stellini possedeva queste componenti? Basandomi sulla mia
esperienza di studente posso
rispondere: sì, ma non sempre.
Cominciamo dagli insegnanti.
Dico subito che non di tutti
ho un buon ricordo. Non farò
classifiche per rispetto a persone in buona parte defunte. Desidero però ricordare con gratitudine il prof. Corrado Fo-
giavano la nozione in sé, il dato biografico di un autore, i
minuti particolari delle sue
opere. Si sentiva che avevano
appreso ma non assimilato il
sapere, che insegnavano da
sempre le stesse cose allo stesso modo e che così avrebbero
continuato a fare fino al pensionamento, insensibili ai mutamenti del mondo che li circondava e con il quale del resto
avevano scarsi contatti perché
in genere conducevano una vita molto ritirata, tutta casa, libri e insegnamento. Allora
subentravano in me apatia e
noia e, per non odiare la materia, cercavo sui libri di testo o
su quelli della Biblioteca Civica quelle emozioni che l’insegnante non sapeva darmi.
I professori inoltre operavano in assoluta autonomia e solitudine, senza alcun controllo o collegialità, e questo era
poeta e un attento critico letterario. Ma mio padre non
trovò proprio nulla da ridere;
la colpa era mia che avevo fatto arrabbiare e confondere
l’insegnante.
Quand’ero ormai in terza le
cose cambiarono un po’ perché
era scoppiato il famoso sessantotto che vide in prima linea
anche gli studenti dello Stellini. L’atteggiamento degli insegnanti verso gli studenti divenne meno rigido. Qualcosa
ma non molto mutò anche nei
metodi di insegnamento, con
l’introduzione in alcuni casi
di tesine, lavori di gruppo ecc.
Del resto era impensabile che
un professore di tipo tradizionale potesse dopo tanti anni
derogare a metodi per lui ormai collaudati e insostituibili:
spiegazione, interrogazione,
valutazione delle risposte
esatte e di quelle sbagliate, vo-
Udine 1969: in piazzale XXVI Luglio viene inaugurato il Monumento alla Resistenza
schiani, che ci insegnò per un
solo anno Filosofia e Storia e
lasciò in noi un ricordo indelebile. Si percepiva subito, appena iniziava a parlare, il suo
amore per la cultura, intimamente recepita e interiorizzata
come una categoria dello spirito e non come mero insieme di
concetti e nozioni. Il pensiero
dei grandi filosofi, gli eventi
della Storia, venivano esposti
in maniera insieme rigorosa e
agile, approfondita e vivace, in
un dialogo costante con gli
studenti e con riferimenti frequenti al presente e all’attualità. Le sue ore di lezione volavano, la disciplina e l’attenzione
erano totali e spontanee, il rendimento degli studenti ottimo.
Anche altri docenti che ho
conosciuto possedevano doti
professionali ed umane di alto
livello, ma nessuno come Foschiani. Alcuni invece privile-
un handicap per una scuola
che appunto si promuoveva
come obiettivo un’elevata e
armoniosa formazione dei discepoli. Le famiglie approvavano supinamente tutto ciò
che i docenti facevano; un ricorso al T.A.R. avverso una
bocciatura era impensabile,
anche perché i T.A.R. allora
nemmeno esistevano.
Ricordo che una mattina mi
presentai a scuola più svagato
e addormentato del solito. Il
professore di lettere mi rivolse
a bruciapelo un paio di domande secche cui seguirono
due risposte assai confuse,
quindi il voto negativo sul registro e la nota sul libretto
personale. Quando lessi il testo della nota mi misi a sghignazzare per l’errore (“Nascimbeni impreparato d’italiano”) in cui era incorso il professore che pure era un valido
to, compito in classe, accertamento degli errori (segno blu
o rosso a seconda della gravità), conteggio matematico degli stessi, voto, media matematica dei voti riportati, arrotondamento di norma per difetto, voto in pagella.
Ma ora basta con gli insegnanti, ne ho parlato fin troppo, passiamo agli studenti, che
anche qui non sono tutte rose
e fiori, come adesso vedremo.
La allora opulenta borghesia
udinese riteneva fosse un
punto d’onore e uno status
symbol la frequenza del liceo
classico da parte dei propri figli, anche se poco dotati e ancor meno volenterosi. Lo Stellini era quindi frequentato da
alcuni alunni benestanti, la
cui voglia di studiare era inversamente proporzionale allo
spessore del portafogli dei loro
genitori. I risultati non pote-
di Adriano Nascimbeni
vano che essere pessimi ma
poi, a forza di lezioni private e
magari con qualche trasferimento anche temporaneo in
istituti meno severi, l’agognata maturità veniva conseguita. Quasi sempre la successiva
carriera universitaria si concludeva con un nulla di fatto,
così il soggetto arrivava sulla
soglia dei trent’anni senza
aver combinato niente di buono ma avendo beneficiato di
una dorata giovinezza.
Diversa per non dire opposta era la situazione degli studenti provenienti da famiglie
non ricche, specialmente se dimoranti in provincia. Qui c’era innanzitutto una feroce
preselezione perché, se un ragazzo non andava già molto
bene alle scuole medie inferiori, la famiglia neppure si sognava di mandarlo allo Stellini, lo spediva di corsa a imparare un mestiere o, nel migliore dei casi, a un istituto professionale.
E allora questi giovani sopravvissuti alla prima setacciata dovevano alzarsi che era
ancora buio e farsi qualche ora
buona di corriera sui mezzi
dell’epoca che fermavano in
ogni villaggio che attraversavano e così partivano svantaggiati rispetto a noi ragazzi
di città ma poi, con grande costanza e forza di volontà, riuscivano egualmente ad
emergere come nel caso del
mio amico Stefano Perini di
Aiello, attualmente apprezzato docente di quel Liceo Stellini frequentato con tanto impegno negli anni sessanta.
Questa era press’a poco la
situazione del Liceo Stellini ai
tempi in cui lo frequentai io, e
ritengo di averla descritta in
modo sufficientemente obiettivo anche perché, fra i miei
molti difetti, non c’è quello del
reducismo.
Mi rendo conto che oggi la
situazione non è più quella di
una volta anche se, a quanto
ne so, lo Stellini rimane una
scuola sicuramente impegnativa. Ma l’atteggiamento degli insegnanti è molto più
comprensivo ed umano, i
compiti in classe sono assai
più accessibili e anche i voti
vengono attribuiti in modo
più equo rispetto ai miei tempi quando, specialmente nelle
prime classi, i nove e i dieci
erano numeri sconosciuti anche per studenti che poi nella
vita avrebbero dimostrato capacità fuori del normale.
Paradossalmente proprio
l’apertura delle facoltà universitarie a tutti i diplomati e
non solo ai liceali ha giovato
alla nostra scuola, che non
viene più frequentata, come
A
driano Nascimbeni,
nato a Udine nel
1950, ha conseguito la
maturità classica al Liceo Stellini nel 1969 e la
laurea in Giurisprudenza all’Università degli
Studi di Trieste nel 1974.
Esercita la professione
di avvocato. Ha partecipato attivamente alla vita politica, militando
con onore per oltre vent’anni nel Partito Socialista Italiano. Ha fatto
parte della prima e della
sesta Circoscrizione del
Comune di Udine nonché del Comitato di
Controllo sugli Enti Locali della Regione Autonoma Friuli Venezia
Giulia. Attualmente ricopre la delicata carica
di Difensore Civico nel
capoluogo friulano.
Nel 2008 ha pubblicato
(ed. Leonardo di Pasian
di Prato) l’opera “Ricordi di un socialista friulano (di quarta fila)” in cui
ha rievocato, secondo
una sua particolare angolazione, fatti e persone (Candolini, Fortuna,
Castiglione, Lepre, Roberta Breda ecc) che avevano avuto un ruolo importante nelle nostre Comunità e non dovevano
essere dimenticati.
Nel 2009 ha pubblicato
(ed. Leonardo) una raccolta di liriche intitolata
“Il volto della luna”.
Con “Jo e Luzie. Un delit di paîs”, recentemente edito dalla Forum di
Udine, ha vinto la trentunesima edizione del
prestigioso Premio San
Simon per il romanzo in
lingua friulana.
capitava in certi casi, controvoglia solo per poter poi studiare Giurisprudenza o Medicina. Oggi ci si iscrive allo
Stellini nella stragrande maggioranza dei casi perché si
“crede” in questa scuola e nell’offerta formativa che essa
propone.
Concludo affermando che
noi “stelliniani” non dobbiamo considerarci né diversi né
migliori degli altri anche per
non cadere nel ridicolo. Ma
dobbiamo essere coscienti di
aver fruito, pur con le “ombre” di cui ho detto, di una
formazione di alto livello, e
quindi dobbiamo dimostrare
di averla assimilata al di là del
conseguimento della maturità
e soprattutto di meritarla, con
un comportamento sul piano
personale e sociale ispirato a
quei valori che hanno costituito la base dei nostri studi.
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LA PAGINA DELLA SCRITTURA
A Roberta
Roberta Ieva, la quarta da sinistra in alto, con la classe II A e il prof. Franco Romanelli
L
a nostra vita ci sembra
sempre tanto frenetica,
affollata di impegni
che ci paiono “irrinunciabili”. Crediamo di non aver
tempo per fermarci, per
prendere il respiro. Crediamo i nostri giorni estremamente faticosi e se sorridiamo, lo facciamo in maniera
distratta. Ma poi arriva un
giorno, uno qualunque, in
cui ci svegliamo, sfogliamo
il giornale e vi troviamo una
notizia che non avremmo
mai voluto leggere.
Mentre scrivo questo articolo, ho sotto gli occhi la tua
foto, Roberta, scattata nella
nostra aula di scuola in un
giorno di Carnevale di
qualche anno fa, e nel cuore
tanta tristezza.
Entrasti nella nostra classe all’inizio della seconda liceo. Ricordo ancora l’eufo-
ria di noi ragazze: finalmente una nuova compagna!
Ma, subito, noi tutti ci accorgemmo che non eri una
studentessa qualunque, con
i problemi di una studentessa qualunque. Ti impegnavi tanto nello studio, ma
le frequenti assenze mettevano duramente alla prova
la tua tenacia. Nulla sapevamo della tua malattia,
qualcosa forse l’avevamo
intuita, ma la tua riservatezza, la tua grinta e il tuo coraggio smentivano puntualmente ogni nostra ipotesi.
Ricordo in particolare le
ore passate insieme nella
palestra del Liceo: noi a correre e a fare gli esercizi, tu
seduta in panchina a guardarci talvolta sorridendo,
tal’altra ridendo di gusto di
fronte al nostro scarso atletismo. Ma, quando la prof.
Tonutti ci concedeva un attimo di tregua, subito noi
ragazze ci sedevamo accanto a te per riprendere fiato,
ma soprattutto perché era
sempre un piacere parlare
con te.
Ti ricordo come una bella
ed esile ragazza dal volto
pallido, con gli occhi chiari
e i capelli rossi, da fata. Eri
una ragazza dolce e sensibile, ma dotata di una grande
forza interiore che nemmeno lo sguardo malinconico
riusciva a nascondere.
Capimmo che la tua salute stava peggiorando, quando, negli ultimi mesi di
quell’anno scolastico, le tue
assenze divennero sempre
più frequenti, fino a quando
tu, allo Stellini, non ci venisti più. Provammo a scriverti più volte, ma anche le
tue risposte divennero assenti.
Ci consolammo quando,
all’inizio della terza liceo, ti
inviammo un DVD con i
nostri ricordi del viaggio in
Grecia, del quale, con quel
piccolo gesto, intendevamo
renderti partecipe, e un professore ci disse che lo avevi
tanto apprezzato e che ci salutavi con affetto.
Il tuo nome era ancora
scritto sul nostro registro di
classe e per parecchi mesi
sperammo di vederti ricomparire in aula, fino a quando venne cancellato.
Ci dissero che ti eri iscritta al Convitto di Cividale e
che ti stavi riprendendo
dalla tua, per noi ancora
“misteriosa”, malattia. E
questo bastò a cancellare la
nostra delusione per non
averti più con noi: ti credevamo ormai al sicuro.
Guardo la tua foto sul
giornale, Roby, e mi sembra
come una nota stonata su
un pentagramma musicale.
Tu così giovane, così piena
di vita! E noi così attoniti di
fronte alla Morte, che non
ha risparmiato neppure una
ragazza splendida come te.
Di fronte alla tua bara
adorna di rose bianche, così
belle e composte come composta e bella eri tu, il sacerdote ha sottolineato con voce commossa tutta la digni-
tà e la fede che hai dimostrato di fronte al dolore e
alla paura dell’ignoto.
La chiesa di Savogna era
così affollata che moltissime
persone erano rimaste fuori, in strada, sotto la pioggia. Perché, cara Roberta,
anche il cielo sembrava triste e piangeva, insieme ai
tuoi genitori, ai tuoi parenti
e ai tuoi amici.
Ma io, che non rammento
di averti mai visto piangere,
voglio ricordarti sempre
sorridente, anche se talvolta
ci guardavi con quello
sguardo malinconico che
oggi ci rammenta quanto
sia importante vivere ogni
giorno pienamente e intensamente come se fosse l’ultimo, quanto sia fondamentale cogliere ogni possibilità
come se fosse davvero unica e irripetibile.
Perché anche a vent’anni
anni si può morire, anche i
fiori dai colori più sgargianti possono, all’improvviso,
appassire. Ma i tuoi occhi
chiari e i tuoi capelli da fata,
rimarranno a lungo nei cuori di chi ti ha amata.
Ciao Roby.
Giulia De Luca
Un tremito lieve
“E nasci
vena bianca nell’attimo d’azzurro,
nudo canto proteso
oltre le nubi
mute.”
Antonia Pozzi, La sorgente.
D
a quassù le cose degli umani sembravano snodarsi
secondo schemi che si ripetevano: cacce, guerre, tregue, periodi di carestia seguiti da altri in cui la terra
si donava in opulenza di frutta e di armenti; poi ancora
guerre, tregue, carestie… Il sole sorgeva e tramontava elargendo il suo calore benefico; la luna emanava la sua luce
azzurrina. Tutti gli esseri viventi si moltiplicavano.
Continuavo a restare, appagato, all’ombra di Lui; in realtà più che un’ombra era un fascio di luce appena smorzato
rispetto a quello che promanava da Lui e dalle cose che Lo
circondavano. Una musica dolce si diffondeva ovunque.
Quella mattina però fu diverso. Sentii che la Sua mano si
posava con una dolcezza infinita su una mia spalla. Fui
pervaso fino alla mia più intima fibra da una sensazione benefica che andò ad aumentare il mio perenne stato di piena
pace interiore. Una pace senza sbavature. Mi parve che la
mano avesse in sé come un tremito leggero, come se ciò che
stava per dirmi fosse molto importante e nel contempo – se
posso osare un simile giudizio – Gli generasse una sofferenza nell’animo. Anche nella Sua voce, sempre calma e pacata c’era… come dire? la preveggenza di un dolore. (Ho
davvero pensato, detto una cosa simile? Che anche Lui potesse temere di soffrire? Alla stessa stregua degli umani?).
Poi mi ricordai, sì, di quelle parole profonde e lontane: “Li
farò a mia immagine…”.
“È tempo di andare. Affiderò mio figlio agli umani. Tu lo
annuncerai agli uomini che amano il Bene, perché tra loro e
da loro si diffonda letizia. Ti preparerai ad accogliere la stella più luminosa che sorgerà a Oriente e ti farà da guida, così come guiderà tre uomini sapienti e miti che traverseran-
no buona parte delle terre note agli umani per raggiungere una meta da tanti anni annunciata. Posero doni preziosi acil luogo dove il piccolo verrà al mondo. Le loro profezie sa- canto al bambino.
ranno compiute e si sposeranno al mio volere”.
Tutto era gioia pacata e serena intorno e mi parve di riIl mio cuore nell’udire quelle parole si sentì colmo di una udire, sommessa, la stessa musica che da sempre, lassù, acserenità senza pari: Lui mi aveva prescelto perché annun- carezzava le mie orecchie.
ciassi quella nascita attesa da sempre.
Lei stringeva al seno il suo piccolo d’Uomo. Teneramente.
Eccola la stella, luminosissima. Quando sembrò posarsi
La notte era punteggiata di stelle. La più grande, la più
sulla sommità di alcune colline scabre, punteggiate qua e là luminosa, si tuffò nel mare, a Occidente.
da radi palmizi, compresi che quello era il luogo. Non un
Mai mio volo fu più leggero. Eppure continuavo a sentipalazzo, non una reggia, come il mio animo intriso di inge- re la mano di Lui sulla mia spalla. Con quel tremito lieve…
nua, fanciullesca immaginazione s’era prefigurato. Una
semplice cavità nella roccia. Un ricovero di pastori rabberLucio Costantini
ciato alla meglio.
Lei, la madre, era come se emanasse
una luce vivida. Quel sorriso, così dolce,
tenero, compiaciuto, non lo dimenticherò mai. Né scorderò il modo in cui cullava suo figlio. Giuseppe non le distoglieva gli occhi di dosso, pervaso da
una sensazione che non avrebbe saputo
descrivere e che aveva spazzato via il
disorientamento dei mesi trascorsi nell’attesa. Il bambino era circonfuso di luce come la madre. Avevano trovato rifugio – fredda la notte – in quel misero anfratto roccioso dopo il no di tanti umani, del tutto ignari di quanto da Lui stava per essere donato al mondo.
Era il mio momento: dovevo dare
l’annuncio a uomini che amassero il Bene. Poco lontano pastori vegliavano.
Sfiorai con le vesti uno di loro e un altro,
un altro ancora; sospinte le greggi, mossero verso la grotta, in silenzio, come se
nel profondo del loro animo di uomini
semplici e liberi, perché alieni dal male,
sapessero che là avrebbero trovato più
luce e un’acqua leggera che potesse dissetarli. Adorarono.
Giunsero tre saggi da terre perdute
nella non conoscenza, con la certezza di Acquerello di Rosalba Cuttini
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L’AGENDA DELL’ASSOCIAZIONE
CONSUNTIVO 2011
degli Stelliniani
CONVENZIONI/COLLABORAZIONI
• con l’Unione Giuristi Cattolici Italiani, Sezione di Udine e Gorizia, e il Liceo “J. Stellini” per il Progetto Diritto e Giustizia
• con la Fondazione Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” per il Progetto Cultura teatrale: andare a teatro
• con la Società Filologica Friulana e il Liceo “J. Stellini” per il Progetto Traduzion leterarie da lis lenghis classichis al furlan
• con l’Associazione Gli amici della musica, il Centro Servizi Spettacoli – Teatro stabile d’innovazione del FVG, la Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe”, l’Euritmica Associazione
Culturale e il Teatro Club per il Progetto Cultura teatrale: andare
a teatro
• con l’Associazione “Raffaella Piva Fund” per il Progetto Batticaloa (adozione a distanza di cinque ragazzi della città di Batticaloa
nello Sri Lanka)
PROGETTO TRADUZION LETERARIE
DA LIS LENGHIS CLASSICHIS AL FURLAN
• Bando del concorso regionale di traduzione
dalle lingue classiche al friulano
Gennaio
• Premiazione del concorso
(nel contesto della “Fraie de Vierte” a Sappada)
26 giugno
CONFERENZE
• Paolo Moreno:
Grandi bronzi, nuova storia dell’arte antica
19 febbraio
• Daniela Zorzini: monologo drammatico da
La signora Sandokan di Osvaldo Guerrieri
nell’ambito dell’iniziativa Omaggio a Emilio Salgari
10 giugno
PROGETTO BATTICALOA
• Iniziative a favore del Raffaella Piva Fund
Mercatino di beneficienza
(Basilica della Beata Vergine delle Grazie - Udine)
29 maggio
PROGETTO CULTURA TEATRALE: FARE TEATRO
• Rappresentazione delle Troiane di Euripide,
da parte del Gruppo Teatrale Gli Stelliniani
Auditorium A. Zanon - Udine
13 giugno
PROGETTO CULTURA TEATRALE: ANDARE A TEATRO
• Campagna abbonamenti stagione 2011/2012
Settembre/ottobre
PROGETTO UN INNO PER LO STELLINI
• Bando per la composizione di un inno degli stelliniani
Dicembre
VIAGGI E VISITE CULTURALI
• Tour della Sicilia Occidentale
18/25 agosto
• Escursione nella zona al confine tra l’Italia e l’Austria per visitare le
chiesette di S. Dorotea a Camporosso, S. Nicolò a Coccau e St. Andreas a Thörl-Maglern, in occasione della visita alla mostra Aldilà.
L’ultimo mistero (Illegio - Casa delle Esposizioni)
2 ottobre
• Viaggio in Cina
10/22 di ottobre
• Visita della città di Cento e della mostra
Gli anni folli. La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalì
(Ferrara - Palazzo dei Diamanti)
23 ottobre
La Redazione de “La Voce” ringrazia la Cartostampa Chiandetti per la competenza
e la disponibilità con cui cura da anni l’uscita del giornale.
Convocazione Assemblea ordinaria 2012
È indetta presso l’Aula Magna del Liceo “Stellini”, in Udine, piazza Primo Maggio 26, l’assemblea ordinaria per il
2012 dell’Associazione “Gli Stelliniani”, la quale avrà luogo, in prima convocazione, alle ore 12.00 e, in seconda convocazione, alle
ORE 17.00 di VENERDÍ 27 GENNAIO 2012
L’assemblea avrà il seguente ordine del giorno:
1. Relazione sull’attività sociale del 2011
2. Presentazione e approvazione del consuntivo 2011 e del preventivo 2012
3. Rinnovo degli organi sociali per il triennio 2012-2014*
(Consiglio direttivo – Collegio dei Probiviri – Collegio dei Revisori dei conti)
4. Programmazione delle attività per il 2012 e nomina dei soci onorari
5. Varie ed eventuali
La partecipazione all’assemblea e l’espressione del voto saranno consentite soltanto ai soci regolarmente iscritti per
l’anno 2012. Le iscrizioni saranno raccolte prima dell’inizio dell’assemblea.
*Tutti i soci che intendano ricandidarsi o candidarsi per la prima volta per i vari organi sociali sono invitati a contattare la segreteria dell’Associazione entro il 15 gennaio 2012.
Direttore editoriale
Andrea Purinan
[email protected]
Direttore responsabile
Davide Vicedomini
Direzione e redazione
Associazione “Gli Stelliniani”
c/o Liceo Ginnasio
“Jacopo Stellini”
Piazza I Maggio, 26
33100 Udine
LA VOCE DEGLI STELLINIANI
• Pubblicazione de
La Voce degli Stelliniani (Anno X, 1)
Luglio
• Pubblicazione de
La Voce degli Stelliniani (Anno X, 2)
Dicembre
Il Consiglio direttivo
dell ’Associazione
formula i più sinceri auguri
di Buone Feste
a tutti gli stelliniani
Anno X, N. 2 – Dicembre 2011
Comitato di redazione
Andrea Purinan - Elettra Patti
ATTIVITÀ SVOLTE
PROGETTO DIRITTO E GIUSTIZIA
• Settima edizione del concorso di filosofia
Premio Sergio Sarti
19 marzo
• Premiazione del concorso
Premio Sergio Sarti
19 marzo
• Seminario di studi sul tema
Il Risorgimento d’Italia: una questione di diritti e di giustizia.
26 marzo
Periodico
di informazione culturale
Hanno collaborato
a questo numero
Betuel Arci Biffoni
Galatea Bernardis
Giulia De Luca
Adriano Nascimbeni
Andrea Nunziata
Elettra Patti
Ester Peric
Daniele Picierno
Andrea Purinan
Francesca Venuto
Consiglio direttivo
Presidente onorario:
Daniele Picierno
Presidente: Elettra Patti
Vice Presidente: Gabriele Damiani
Segretaria: Albarosa Passone
Consiglieri:
Giovanna Marsoni (Dirigente Scol.)
Ettore Giulio Barba
Gaetano Cola
Pier Eliseo De Luca
Andrea Nunziata
Andrea Purinan
Gabriele Ragogna
Daniele Tonutti
Francesca Venuto
Francesco Zorgno
Collegio Probiviri
Paolo Alberto Amodio
Carlo Appiotti
Marco Marpillero
Flavio Pressacco
Collegio Revisori dei Conti
Gino Colla
Paolo Gandolfo
Federico Vicario
Stampa e spedizione
Cartostampa Chiandetti
Reana del Rojale
Iscrizione al Tribunale di Udine
N° 27/2000 del 30/11/2000
COME DIVENTARE SOCI
Quote associative per l’anno sociale 2012
socio sostenitore: .......................................................................€ 40
socio ordinario: ..........................................................................€ 20
socio simpatizzante:..................................................................€ 20
socio studente universitario: ...................................................€ 10
Possono iscriversi, in qualità di soci sostenitori o ordinari, gli ex allievi, i docenti ed il personale amministrativo e tecnico dell’Istituto,
anche se non più in servizio. Possono aderire come soci simpatizzanti tutti coloro che, pur non godendo dei requisiti per iscriversi come soci ordinari o sostenitori, condividano le finalità dell’associazione. La durata dell’iscrizione è annuale. Lo statuto
dell’associazione e le altre notizie che la riguardano sono reperibili sul sito internet.
L’iscrizione avviene:
– rivolgendosi alla segreteria dell’Associazione:
cell. 347/9241345
– oppure compilando il modulo che si può scaricare dal sito internet dell’Associazione (www.stelliniani.it) e inviandolo a
mezzo posta alla prof.ssa Elettra Patti, 33100 Udine, via Brazzacco n. 3, corredato della ricevuta di versamento sul c.c.b.
n° 740/4341669 P, presso la Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia - Codice IBAN IT80 V063 4012 3000 7404 3416 69
L’indirizzo di posta elettronica e l’indirizzo del sito internet
dell’Associazione sono:
[email protected] – www.stelliniani.it
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