FRA NOI
FOGLIO INFORMATIVO
FRATI CAPPUCCINI DI LOMBARDIA
Numero 132 agosto 2009
L’amore per il Vangelo
Il prossimo 5 settembre cinque novizi lombardo-veneti
emetteranno la loro prima
professione; il 13 settembre
sei postnovizi emetteranno la
professione perpetua e il 26
dello stesso mese il Vescovo
di Bergamo, Mons. Francesco Beschi consacrerà un
frate diacono e tre diaconi
saranno ordinati presbiteri.
E’ l’occasione di ringraziare
il Signore per il dono di questi fratelli che, chiamati,
hanno risposto positivamente mettendosi al servizio di
Dio e dei fratelli.
Mi lascio guidare dall’apostolo Paolo per proporre a
questi giovani, ma anche per
tutti noi, alcune riflessioni
per la loro vita consacrata e
presbiterale
1. Il Vangelo non è mai un
fatto privato. E’ invece una
salvezza per tutti, e vuole
coinvolgere l’intera umanità.
Il progetto del cristiano è
quindi universale, è rivolto a
tutti gli uomini perché tutta
l’umanità sia un popolo fiducioso nella speranza e nell’amore. Il Concilio Vaticano II
ha specificato che l’identità
della Chiesa come pure del
cristiano (e anche del consacrato) è la missionarietà.
Per Paolo il Vangelo è esperienza di vita, di libertà, di
salvezza e ha in sé l’energia
e la profondità di dare ad
ogni uomo la vita piena, la
gioia piena. E’ un tesoro, il
Vangelo, un dono da comunicare e da passare assolutamente. La vocazione è missione.
2. Il Vangelo, la buona notizia da annunciare, è che
Gesù è il Figlio di Dio. Tutta la predicazione di Paolo
parte dalla convinzione: Gesù Figlio di Dio. Dunque al
primo posto nell’annuncio di
Paolo e nella sua vita, vediamo Gesù: lui, una persona, il
suo cuore, un volto.
La fede non è altro che questo rapporto privilegiato di
amore e di amicizia con Gesù. I suoi interessi, i suoi
desideri, i suoi gesti devono
diventare i nostri, perché a
questo conduce ogni amicizia autentica.
Come non pensare qui a san
Francesco. Il biografo scrive: “Era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù
sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi,
Gesù nelle mani, Gesù in
tutte le altre membra” (FF
522).
3. L’annuncio del Vangelo
passa per la sofferenza. Paolo a causa della sua predicazione deve fuggire per
salvarsi la vita: il Vangelo
non ci chiede di cercare la
persecuzione ma di testimoniare. Negli Atti degli Apostoli si coglie tutta la sofferenza a cui è soggetto Paolo
nella sua missione (minacce,
persecuzioni...); è un cammino il suo costellato di rifiuti,
odio, ferite, dubbi (leggiamo
2Cor 11).
Però mentre il suo rapporto
con il Signore si fa più forte,
Paolo diventa sempre meno
timoroso, più deciso, più
convinto.
Ce lo ricorda anche il salmo
23: chi si affida al Signore
di nulla teme anche se il
cammino è rischioso e disagiato.
4. Da ultimo il Vangelo apre sempre ad una novità,
ad una speranza. Il Signore
non fa mai mancare il suo
aiuto e la sua presenza alla
Chiesa e ad ogni uomo. E’
questa la speranza che mai
deve venire meno in tutti
noi!
Con l’augurio che il cammino di questi fratelli e quelli
di tutti noi sia sempre una
più profonda conoscenza di
Cristo, del suo Vangelo e
della sua missione.
► Agenda
- 24-28 agosto: pellegrinaggio a Lourdes sulle orme di frei Daniele da Samarate
- 5 settembre a Lovere h. 16.00: prime professioni
- 7 settembre a Casalpusterlengo h. 16.00: apertura del processo di beatificazione del S.d.D. P.
Carlo da Abbiategrasso
- 7-9 settembre a Folgaria: incontro fratelli laici delle Province del Nord
- 13 settembre a Cremona h. 16.00: professioni perpetue
- 17 settembre Chiesa di S. Angelo a Milano: incontro di preghiera per i francescani di Lombardia
- 21-23 settembre a Triuggio: Assemblea provinciale
- 26 settembre a Caravaggio h.10.00: ordinazioni presbiterali e diaconale
► Da Cancano
Il giorno 12 luglio si è celebrato l’annuale ricordo dei caduti durante la costruzione delle dighe di
Cancano. Ha presieduto la celebrazione dell’Eucaristia Mons. Luciano Monari, Vescovo di Brescia.
L’Azienda Elettrica Milanese si è fusa con l’Azienda Elettrica di Brescia formando così la nuova
società: A2A; ecco il perché della presenza di Mons. Monari.
Nell’omelia il Vescovo ha parlato del dono del lavoro per l’uomo, della dignità delluomo che si
realizza anche nel lavoro. Un’omelia che ha “colpito” i presenti per la profondità dei pensieri detti
con molta semplicità.
Hanno concelebrato con il Vescovo Fr. Gianluigi Ferrari, Fr. Pier Angelo Manenti, Fr. Antonio
Vegetali, il parroco di Isolaccia Don Andrea e il segretario del Vescovo.
► Ricordo del padre cappuccino Rufino Carrara
Il missionario con la bandiera eritrea
di Egidio Picucci , L’Osservatore Romano - 15 luglio 2009
Le complesse vicende dell’Eritrea non impedirono agli abitanti di Asmara di partecipare, nel luglio
del 2007, alla liturgia funebre per la morte di padre Rufino Carrara - che la gente chiamava Abba
Rufaiel - un cappuccino lombardo che per 47 anni aveva condiviso con essa la precarietà della vita,
l’amore per la fede cristiana, la passione per l’indipendenza del Paese, l’ansia di un avvenire
migliore.
Nato ad Albino, provincia di Bergamo, l’11 novembre 1915, padre Rufino arrivò in Eritrea il 13
gennaio 1947, dopo otto anni di richieste pressanti e di preghiere in cui coinvolgeva anche gli
alunni del seminario di cui per qualche tempo fu direttore. Compito che gli fu affidato anche
all’arrivo ad Asmara prima di essere nominato segretario del vescovo e poi responsabile del
santuario di Sant’Antonio a Godaif, un quartiere povero del capoluogo eritreo.
In quegli anni il santuario era frequentato quasi solo dagli italiani, tanto che dubitò di essere
veramente in Africa. Stupito e quasi incredulo, il missionario si guardò attorno e capì che, per
attirare i grandi, doveva servirsi dei piccoli, per i quali aprì subito una scuola che affidò alle suore
orsoline di Grandino.
Allora si mossero anche gli adulti e il santuario divenne un centro di riferimento per migliaia di
persone che, insieme alla devozione, mostravano le cicatrici di malattie antiche e recenti, alle quali
padre Rufino provvide immediatamente con l’apertura di un ambulatorio, ancora in attività, e
apprezzato sia dalla gente che dalle autorità governative.
Non gli ci volle molto per capire che il nemico maggiore della salute e del sottosviluppo era
l’ignoranza, per cui incrementò la scuola - nel giro di pochi anni vi accolse settecento alunni - e
costruì un ostello per ospitare i ragazzi che arrivavano dai villaggi vicini. Molti funzionari e
impiegati pubblici dell’attuale dirigenza politica del Paese sono usciti dalla sua scuola.
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Tuttavia non bruciò le energie solo per i bambini, ma si interessò anche dei poveri e degli anziani,
per i quali costruì una casa di accoglienza; ebbe a cuore le suore orsoline, a cui procurò una casa, né
dimenticò i confratelli, interessandosi della costruzione del convento. Buona parte dei
centocinquanta religiosi che formano oggi la “provincia di San Francesco” - la prima costituita in
Africa dai cappuccini - è frutto anche della sua attività vocazionale.
Padre Rufino amava profondamente l’Eritrea, ne studiava la storia, le tradizioni, la lingua;
somatizzò le sofferenze del popolo durante i trenta anni di guerra per la liberazione; approfittò
dell’amicizia con monsignor Macchi per chiedere un’udienza particolare a Paolo VI, al quale espose
la tragica situazione del Paese, ottenendo un intervento internazionale che salvò la gente dalla fame.
L’aspetto dimesso e una certa difficoltà nell’esprimersi in tigrino, la principale lingua dell’Eritrea,
nascondevano la vasta cultura maturata negli anni e ringiovanita da letture specifiche e impegnative,
riversata negli articoli destinati al periodico “Veritas et Vita”, di cui fu direttore, e che costituiva la
voce ufficiale e libera della Chiesa latina in Eritrea.
Se i confratelli italiani e indigeni erano come i ceppi natalizi di un tempo, che danno una brace
calma e durevole, lui, esile e sempre in movimento, era un rogo impetuoso che avrebbe voluto
consumare ogni scoria per purificare la situazione d’una società che lo teneva in un’apparente e
continua agitazione, dovuta più a un’attenzione rivolta altrove che a un’umana inquietudine.
Seguiva con interesse gli eventi del mondo, particolarmente quelli del Corno d’Africa, indignato
quando si violavano i diritti della gente povera e indifesa. Nel 1952, allorché una delegazione
dell’Onu si recò in Eritrea per decidere il futuro del Paese, incoraggiò il vescovo Marinoni perché
chiedesse che fossero rispettati i diritti della gente e fossero accolte le aspirazioni del popolo
all’indipendenza, alla quale lui, straniero, teneva più di un eritreo stesso.
Infatti, allorché le autorità etiopiche ordinarono di ammainare la bandiera eritrea e di issare sugli
edifici pubblici quella etiopica, padre Rufino consigliò di conservare le prime “per non lontani
tempi migliori”. Di fatto il 25 maggio 1991, le truppe nazionali che passavano davanti al suo
santuario, videro ondeggiare la bandiera nazionale sul campanile, tirata fuori da un misterioso
ripostiglio con un’audacia che avrebbe potuto costargli la vita e che, invece, pare abbia contribuito a
consolidare l’indipendenza, raggiunta il 24 maggio 1993.
“Ora dobbiamo ricostruire quello che le armi e l’odio hanno distrutto”, disse riferendosi anche alle
sue costruzioni, lesionate e divise dagli invasori da un muro alto e massiccio e che avrebbe voluto
riscattare subito, nonostante la cifra stellare richiesta dalle autorità. Non ci riuscì; fu l’unica
sconfitta della sua vita, addolcita dalla risoluzione di restare nel piccolo spazio che gli avevano
lasciato, resi-stendo agli imprevisti, ai ladri, alle perquisizioni periodiche della polizia.
“Quanto fa bene rivederti e risentirti in quella tua missione dedicata a sant’Antonio, spaziosa e
polivalente - ha scritto un suo confratello - e poi ridotta all’essenziale dalle avide autorità. Fa bene
rivederti simpaticamente arruffato, disordinato, affaccendato. Difficile accompagnarti nei tuoi
discorsi; più arduo ancora riuscire a dar corpo ai tuoi sogni; ma il tuo cuore era quello di sempre,
capace di captare con la velocità del suono bisogni grandi e piccoli, senza darti pace finché non ci
avevi messo sopra la mano del buon Dio”.
Tornò in Italia nel 1994 lasciando il cuore in Eritrea, in quell’angolo angusto che la guerra gli aveva
lasciato, insufficiente a contenere l’impeto missionario che gli faceva uscire di bocca torrenti di
parole che nessuno riusciva a fermare. “Un po’ come quando scriveva a macchina - attesta un
confratello - e riempiva la pagina più di parole “malate” che “sane”, postillate a penna con una
grafia sgraziata, spesso illeggibile, ma contenutisticamente sempre interessante”.
Passò gli ultimi anni nel convento dei cappuccini di Lecco, lieto di vivere e di convivere insieme a
confratelli e amici che interessava alla realtà della missione eritrea. C’era qualcosa di profetico nella
serafica serenità del suo volto ornato da una barba fluente, e una vaga somiglianza al cardinal
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Massaja, grazie anche al bastone quasi più alto di lui che gli regalò il cardinale Martini durane una
veglia missionaria - “missionario una volta, missionario per sempre”, gli disse consegnandoglielo e che portava sempre con sé.
Gli anni non attenuarono la sua limpida vivacità, neppure quando lasciò trapelare un certo
affievolimento del cuore che ne riduceva lentamente la prorompente vitalità in limiti sempre più
angusti. Lo teneva in vita l’ansia di giovare alla missione, per la quale mendicò aiuti, organizzò
mostre - famosa quella delle croci etiopiche nel chiostro conventuale - inventò iniziative d’ogni
genere, muovendosi da un luogo all’altro con passo lento, ma sicuro, che ne rivelava l’interiore
solidità.
Fece l’ultima spedizione di materiale ad Asmara pochi giorni prima della morte, avvenuta il 7 luglio
2007. L’arcivescovo ortodosso Abuné Kirillòs gli aveva chiesto una campana per la chiesa di San
Giorgio, situata nella regione di Kohaitò, dov’è ancora vivo il ricordo di padre Giuliani, caduto nel
1935 assistendo i soldati italiani nella battaglia di Tembien. “La campana è pronta - scrisse - e
presto partirà per l’Eritrea, significativo segno ecumenico e vera testimonianza dei valori cristiani,
sempre più largamente minacciati”.
► In ricordo di P. Taddeo Gabrieli
Domenica 19 luglio nella chiesa del convento di Albino si è ricordato il 6° anniversario della morte
di frei Taddeo Gabrieli, accoltellato a Imperatriz. Ha presieduto l’Eucaristia il guardiano della
fraternità. Erano presenti parenti, amici e l’Associazione Volontari per il Terzo Mondo di Vertova.
Per l’occasione gli amici hanno distribuito un libretto dove venivano riportati stralci di lettere che
frei Taddeo aveva scritto durante la sua lunga vita missionaria (1955-2003). Mons. Lino Garavaglia
così tratteggiava la sua figura: “Ha vissuto una lunga vita missionaria con passione nel senso
etimologico del termine: “patire con”, guardare il volto indigente, rispettarlo, comprenderlo,
accarezzarlo. Non con una mano, ma con una presenza che si fa carico dell’altro. Alto come un
giocatore di basket, forte e atletico tipico della gente delle sue valli (era nato a Cerete Alto, val
seriana) si è fatto piccolo e vicino per servire e annunciare il Signore”.
► Dal Ministro provinciale dell’Abruzzo.
Fra Domenico Del Signore, Ministro provinciale dell’Abruzzo ha inviato un ringraziamento per la
solidarietà fraterna in occasione del terremoto:
Caro p. Alessandro, solo ora sono riuscito a scrivere per ringraziare te e i tuoi confratelli della
Lombardia per esserci venuti incontro in questo momento difficile e impegnativo per la nostra
Provincia. La Vergine Santa e il serafico Padre impetrino per voi dal Padre di ogni bene grazie e
favori celesti. Un caro saluto e un fraterno abbraccio.
La somma raccolta con il contributo delle nostre fraternità e inviata ai frati dell’Abruzzo ammonta a
€ 57.054
► Nuovi postulanti.
Nei giorni 13-16 luglio u.s. il Ministro provinciale ha incontrato personalmente i sei giovani che
hanno presentato la richiesta d’entrare il postulato. Cominciamo a conoscerli:
Danilo di Pontirolo Nuovo (BG), Piergiacomo di Dalmine (BG), Davide di Crema (CR), Alberto di
Induno Olona (VA), Ivan di Rozzano (MI), Maichol di S. Paolo d’Argon (BG).
Questi giovani hanno vissuto il tempo di pre-postulato nella nostra casa di accoglienza di Albino e il
18 agosto partiranno per Lendinara dove inizieranno il tempo del postulato.
Li affidiamo al Signore affinché porti a compimento l’opera che ha iniziato in loro.
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► Fra Gabriele Maroscia festeggia 70 anni di Professione
Il giorno 31 luglio u.s. la Fraternità di Milano – Monforte ha festeggiato il 70.mo anniversario di
professione di fra Gabriele Maroscia. Durante la celebrazione dell’Eucaristia presieduta dal
festeggiato, il guardiano della fraternità, fra Costanzo Natali, ha descritto la lunga e feconda vita di
consacrazione al Signore vissuta da fra Gabriele e lo ha ringraziato per la sua presenza discreta e
preziosa.
Fra Gabriele appartiene alla Provincia di Assisi, e da ben 49 anni risiede a Milano nella Fraternità
di viale Piave. Licenziato in Teologia alla Pontificia Università dell’Angelicum, licenziato al
Pontificio Istituto di Alta Latinità a Roma, laureato in lettere classiche all’Università Cattolica del
Sacro Cuore di Milano dove successivamente è stato docente per molti anni. Quando Fra Gabriele
parla della sua attività di docente e di ricercatore ama dire che “tutte queste cose sono da attribuire
al Signore che gli ha regalato amore e perseveranza nello studio”.
Fra Gabriele il prossimo settembre compirà 90 anni e ancora dona volentieri la sua disponibilità per
l’ascolto delle confessioni e per l’accompagnamento del canto con l’organo durante la celebrazione
domenicale dell’Eucaristia. In queste righe desideriamo segnalare che, oltre alla fraterna cordialità
che dona ai confratelli, agli amici e ai penitenti, fra Gabriele coltiva un’amicizia tutta particolare
con una bicicletta ormai pronta per un museo d’antichità, con la quale molto spesso alle 05,30 del
mattino pedala tra corso Buenos Aires e Porta Venezia con il compito di svegliare l’aurora.
Auguri fra Gabriele e grazie per la tua testimonianza di fedeltà alla vocazione che il Signore ti ha
donato.
► Da Gerusalemme
A Gerusalemme presso la chiesa dei frati minori vicino al Cenacolo, Fr. Pasquale Rota ha
presieduto l’Eucaristia di ringraziamento per i suoi 51 anni di sacerdozio. Non essendo stato
possibile celebrare solennemente il 50° a causa della malattia e dell’intervento chirurgico, Fr.
Pasquale ha atteso di fare festa quando il Ministro provinciale gli ha fatto visita. La delegazione che
ha accompagnato il Ministro provinciale per il giubileo era composta da Fr. Luigi Pellegrini, Fr.
Costanzo Cargnoni, Fr. Sergio Pesenti e Fr. Luca Trivellato (della Provincia veneta, già guardiano
di Gerusalemme e attualmente maestro dei postulanti a Lendinara). Durante l’omelia il festeggiato
ha ricordato la fede dei suoi genitori, la carità esercitata verso i partigiani e i soldati nascosti in casa
loro durante la Repubblica di Salò, l’esperienza come animatore vocazionale (“Pasqualino
astronauta”), l’esperienza ventennale in Brasile e dal 1986 come animatore-guida dei pellegrini in
Terra Santa.
Fr. Pasquale attraverso questo lavoro cerca con tutta la sua “passione” di far incontrare i pellegrini
con il “Santo della Terra” (come definisce Gesù di Nazaret). Suo programma è di aiutarli non solo a
vedere scavi, pietre, chiese, icone... ma a fare un’esperienza di fede.
L’Ordine nostro deve a Fr. Pasquale una profonda gratitudine perché con carità, tanta umanità e
pazienza ha convissuto con i due custodi della nostra casa a Gerusalemme e li ha accompagnati
all’incontro con il Signore della vita. E solo dopo i frati sono entrati in possesso della casa.
Il sogno di Fr. Pasquale, che si sta realizzando, è che l’ex ospedale psichiatrico, costruito sul nostro
terreno e che era affidato al Governo israeliano e ora restituito, diventi un luogo per i frati che
vogliono fare un’esperienza prolungata a Gerusalemme; un luogo per la formazione permanente a
gruppi ed eventualmente, un luogo per accogliere pellegrini. Per questo “sogno” Fr. Pasquale si è
dato da fare per cercare finanziamenti privati per coprire le spese. L’anno prossimo si prevede
l’apertura di questo Centro che sarà intitolato “Cristo, luce del mondo”.
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► Dal monastero delle clarisse cappuccine di Capriate
Dal monastero di Capriate è arrivata la notizia della morte di Sr. M. Chiara Bastaroli di anni 97 e
75 di vita religiosa. “Giovanissima percepì la chiamata alla vita di totale dedizione a Dio nel
silenzio e nel nascondimento della vita claustrale. Anoma di intensa preghiera trascorse i lunghi
anni della sua vita sempre operosa e instancabile curando, sopratutto i sacri lini, la bincheria della
chiesa e tutte le cose inerenti al culto divino. Aveva un fratello sacerdote cappuccino missionario
che ha sostenuto con la preghiera” (Dalla necrologia).
Riposi in pace.
► LISTA DELLE NOMINE E DEI TRASFERIMENTI DELLA CUSTODIA DEL
CAMEROUN - 11 agosto 2009
FRATERNITÀ DI SHISONG
fra Maurizio Golino – guardiano ed economo della Custodia
fra Pascal Fomonyuy Tatah – vicario, maestro dei postulanti ed economo locale
fra Roberto Pirovano – parroco e assistente nazionale dell’OFS
fra Angelo Pagano - Custode
fra Vitalis Tatah Nyuysever – cappellano all’ospedale, vice assistente nazionale OFS
fra Frederick Jumferghai Bohtila – cappellano all’ospedale e responsabile delle scuole cattoliche
fra Kenneth Ayeni – vicario parrocchiale dal gennaio 2010
fra Felix Afoni Lukong – vice maestro dei postulanti e assistente spirituale della “Comunità
dell’Arca”
FRATERNITÀ DI BAMBUI
fra Gioacchino Catanzaro – guardiano, coordinatore dei Progetti sociali della Custodia, cappellano
delle carceri, in aiuto al Centro Emmaus
fra Kilian Ngitir – vicario, maestro dei post-novizi, vice maestro dei teologi, in aiuto al Centro
Emmaus
fra Giuseppe Panzeri – maestro dei teologi, economo, vice maestro dei post-novizi, animatore
vocazionale dell’area di Bambui
fra Cyril Kerla – coordinatore del Centro Emmaus
IN FORMAZIONE:
IV TEOLOGIA
Fra Julius Mbuye – fra Derick Agende – fra Thierry Yanou – fra Joshep Mengven - Fra Author
Abanfegha
III TEOLOGIA
fra Peter Bernsa – fra Aberra Achiso (Etiopia) - fraAlemayehu Woldesembet (Et.) - fra Worku
Yohannes (Et.)
II TEOLOGIA
Fra Jude Berinyuy – fra Philip Martin - fra Martin Dikwa - fra Terence Sahven - fra Berhanu
Michael (Et.) – fra Yohannes Zakarias (Et.)
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I TEOLOGIA
fra Nestor Nyamjo – fra Aloysius Kongnyuy –
POST-NOVIZI
I novizi che professeranno a Sop l’8 settembre 2009
FRATERNITA’ DI SOP
FraTobias Wirmum – guardiano e maestro dei novizi
fra Amlesom Gaim - vicario, vice maestro dei novizi
fra Peter Tar Fonyuy – parroco, economo locale, coordinatore degli animatori vocazionali
fra John Maindze Kpushavla – vicario parrocchiale, responsabile delle scuole cattoliche
fra Paul Nyuyen – fratello istruttore e responsabile dei servizi fraterni
FRATERNITA’ DI BAFOUSSAM
fra Joseph Dufe - guardiano, insegnante a Ouidah (Benin), e a Bambui, vicario parrocchiale
fra Pino Radice – vicario, parroco ed economo locale
fra Donatus Moshuimo – cappellano all’ospedale
fra Kennet Ayeni – in aiuto fino a dicembre
------------------------------------------------------------------POST-NOVIZI IN BENIN:
II FILOSOFIA
fra Divine Asue – fra Valentine Fuanwi - fra Cornelius Bamanjo – fra Amos Bamenjoh
I FILOSOFIA
fra Felix
IN ALTRE ATTIVITÀ
fra Felice Trussardi – anno sabbatico in Italia
fra Luca Piantanida, economo del Collegio Internazionale di Roma
fra Francis Dor – studente a Roma di teologia spirituale (2° anno)
fra Siver Kibuh – missionario in Costa d’Avorio
fra Mark Ndifor – studente in USA di teologia pastorale
- Commissioni:
FORMAZIONE INIZIALE: fra Kilian Ngitir (responsabile) fra Giuseppe Panzeri, fra Tobias
Wirmum , fra Pascal Fomonyuy , fra Peter Tar Fonyuy (responsabile dell’animazione vocazionale)
ECONOMICA: fra Maurizio Golino (responsabile), fra Angelo Pagano, fra Pino Radice, fra
Tobias Wirmum.
PROGETTI SOCIALI: fra Angelo Pagano, fra Gioacchino Catanzaro, fra Maurizio Golino, fra
Joseph Dufe, fra Kenneth Ayeni
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- ASSISTENTI DEI “GRUPPI DI PREGHIERA DI PADRE PIO”
fra Donatus -Bafoussam
fra Kilian - Bambui
fra Felix - Shisong
fra Tobias - Sop
► I nostri morti
Ricordiamo nelle nostre preghiere Giacomo Cropelli, papà di Fr. Giovanni, missionario in
Thailandia.
Da questo mese inizia la collaborazione di Fr. Agostino Colli il quale, mese per mese, ci
presenterà le pale dei nostri altari o quadri dei nostri conventi. E non tanto dal punto di vista
artistico, quanto iconografico e spirituale.
Lo ringraziamo per questo servizio, per la sua competenza e speriamo che questo lavoro aiuti
i frati a capire e valorizzare le opere che ci sono state consegnate dalla fede e dei gusti artistici
dei nostri padri.
Come primo lavoro viene presentata la pala del convento di Milano piazzale Velasquez,
dedicata all’indulgenza della Porziuncola di Ponziano Loverini.
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Il Perdono d’Assisi (1901), olio su tela di Ponziano
Ponziano Loverini
Chiesa di Santa Maria degli Angeli e san Francesco, Milano
L’Indulgenza della Porziuncola, più nota con il nome di “Perdono d’Assisi”, indissolubilmente
legata alla piccola chiesetta di Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola, è una delle indulgenze
più sentite e ancor oggi care alla devozione dei fedeli. Quando i Cappuccini alla fine dell’Ottocento
decisero di erigere un nuovo grande convento a Milano fuori porta Magenta, la chiesa fu dedicata
a Santa Maria degli Angeli e a san Francesco. La pala dell’altar maggiore fu commissionata al
celebre pittore bergamasco Ponziano Loverini (Gandino, Bergamo 1845 - 1929) scegliendo come
tema proprio l’Indulgenza della Porziuncola; nel recente catalogo delle opere dell’artista la pala
viene datata al 1901.
Il Loverini si era affermato come pittore di quadri di soggetto di genere e storico, oltre che come
sensibile ritrattista; successivamente aveva acquistato grande popolarità grazie a opere di soggetto
religioso, sia quadri che affreschi, destinate al papa Leone XIII e ad altri ecclesiastici, all’erigendo
Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, a numerose chiese parrocchiali e comunità
religiose nel bergamasco e nel bresciano. Dal 1 di novembre 1899 al 30 giugno 1926 fu Direttore
della prestigiosa Accademia Carrara di Bergamo.
Secondo la tradizione francescana, una notte del 1221 san Francesco, sollecitato da una visione
angelica, si recò nella chiesetta della Porziuncola: gli apparvero Gesù e Maria insieme ad una
grande schiera angelica. La Vergine sollecitò il Santo a chiedere una grazia, e questi chiese una
Indulgenza plenaria legata appunto alla chiesetta della Porziuncola. Gesù diede la sua
approvazione a tale richiesta, ma gli ingiunse di recarsi dal papa, che allora era Onorio III, perchè
emanasse il relativo decreto. Francesco si recò dal papa ma affermò che attendeva una conferma
della concessione dell’Indulgenza anche da Dio stesso, insieme all’indicazione del giorno
particolare in cui lucrarla. In un giorno di gennaio del 1223 il santo, sempre presso la chiesetta, fu
assalito da una forte tentazione; per liberarsene si buttò in un cespuglio di rovi, che si tramutarono
miracolosamente in rose senza spine: ancor oggi presso la Porziuncola cresce il roseto senza spine,
ricordo del miracolo. Poco dopo il santo, invitato dagli angeli a recarsi nella chiesetta, vi ebbe
un’altra visione di Gesù e di Maria, accompagnati dalle schiere angeliche, durante la quale il Cristo
gli precisò che l’indulgenza doveva essere celebrata dal mezzogiorno del primo di agosto, giorno
della memoria liturgica della liberazione di san Pietro dal carcere, a tutto il giorno seguente. Il
Papa, di fronte al miracolo delle rose fiorite miracolosamente a gennaio, non solo concesse la Bolla
ma volle che il vescovo di Assisi con i sei vescovi viciniori ne facessero ufficiale, pubblica e solenne
proclamazione alla Porziuncola.
Il dipinto del Loverini raffigura il momento in cui Gesù e di Maria compaiono la seconda volta a
san Francesco e si ispira alla grande pala collocata sull’altare della chiesetta della Porziuncola,
opera del pittore prete Ilario da Viterbo (1393) che raffigura appunto l’Annunciazione e Storie del
Perdono di Assisi. Il tema iconografico ebbe poi un grande sviluppo con la crescente diffusione
dell’Indulgenza; ricordiamo qui solo due esempi che ci sembrano particolarmente significativi: la
undicesima cappella del Sacro Monte d’Orta (Novara), con sculture e affreschi seicenteschi e
l’affresco realizzato nel 1829 sulla facciata della chiesetta della Porziuncola, ad opera del pittore
tedesco Johann Friedrich Overbeck (1789-1869), fondatore insieme a Franz Pforr del gruppo dei
Nazareni.
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La pala di Milano ha una forma non comune, che rievoca quella tradizionale delle grandiose pale
trecentesche e quattrocentesche con gli sfondi d’oro, forma in sintonia con l’architettura
neomedievale della chiesa e con il grandioso altare ligneo neogotico, in seguito sostituito, nella
quale era destinata ad essere inserita.
Dalla figura del Cristo scende un fiotto di luce che illumina san Francesco e lo spigolo della
predella dell’altare in primo piano, che si protende verso il fedele: questo particolare, insieme alla
prospettiva obliqua con cui è raffigurato l’altare stesso, contribuisce ad accentuare l’impressione di
essere presenti anche noi alla teofania celeste. Gesù è raffigurato con la mano destra piegata sul
petto e la sinistra distesa con la palma aperta e rivolta verso il santo, ad indicare la conferma divina
all’indulgenza. Da notare il bellissimo gesto e la particolare posizione di Maria con le mani giunte
e lo sguardo supplicante, ad intercedere presso il Figlio: Maria è sempre stata particolarmente
venerata dall’Ordine Francescano come Regina, Madre e Protettrice.
Caratteristica la presenza di un grandissimo numero di angeli, che popolano tutto il dipinto, molti
dei quali musicanti. Oltre agli angeli musicanti già presenti nella citata pala di prete Ilario alla
Porziuncola, viene naturale pensare alle schiere angeliche che popolano le grandi tavole di Simone
Martini, del Beato Angelico e degli altri artisti tre e quattrocenteschi. Per rimanere in ambito
lombardo, si pensi alle schiere angeliche che popolano le cupole affrescate, come quella
cinquecentesca del santuario di Santa Maria dei Miracoli a Saronno. Soprattutto dal Seicento gli
angeli sia in affreschi che in scultura rappresentati come giovanetti oppure come piccoli angioletti
bambini, dilagarono ovunque, non solo nelle chiese e nelle immagini di devozione privata ma
anche in quei luoghi così importanti per la diffusione capillare di una devozione e di una
sensibilità anche estetica che furono le cappelle dei Sacri Monti, come quello di Varallo, Varese o
Crea.
Vicini al santo di Assisi spiccano tre angeli, in pendant compositivo al gruppo di Maria, Gesù e
degli angeli dietro di loro e che raccordano, compositivamente e visivamente, le schiere angeliche e
san Francesco. Secondo il gusto della fine del secolo, gli angeli hanno figure allungate, con tratti
femminili, ed anche le grandi ali sono molto allungate, una caratteristica non solo del Loverini ma,
più in generale, dell’epoca: fra i molti possibili esempi, le decorazioni delle cappelle e della cupola
del Santuario di Santa Maria di Loreto. Uno degli angeli suona il violino, un motivo iconografico
presente soprattutto a partire dal Seicento in molte raffigurazioni di san Francesco, talvolta
stigmatizzato: l’angelo confortava il santo duramente provato nei suoi dolori fisici e spirituali. Un
altro angelo regge un giglio, che, secondo le stesse parole del Loverini in una sua lettera, intende
simboleggiare “la vittoria nella lotta sostenuta eroicamente dal povero d’Assisi pochi momenti
prima” dell’apparizione. Un altro angelo regge, se non vado errato, una disciplina, una sorta di
frusta formata da piccole catene o cordicelle annodate tra loro, usata dai religiosi come strumento
di penitenza: probabilmente tale particolare non solo ricorda la ricordata penitenza del santo per
vincere la tentazione diabolica, ma potrebbe anche alludere alla continuità della vita penitenziale
di san Francesco nella vita penitenziali dei frati.
Ai piedi dell’altare san Francesco è prostrato in contemplazione della apparizione celeste: come
nella tavola di prete Ilario ad Assisi, il santo ha le mani protese sull’altare, ad offrire a Gesù e
Maria un mazzo delle rose miracolosamente fiorite. La composizione del Loverini sottolinea
dunque la presenza delle rose, proprio come nella pala trecentesca, e suggerisce un particolare
legame fra la chiesa di Milano e la chiesetta della Porziuncola. D’altronde, la cornice che corre tutto
intorno alla chiesa di Milano è decorata con il motivo di rose a rilievo. Il rapporto con il roseto di
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Santa Maria degli Angeli fu particolarmente sottolineato in quegli anni anche in altre circostanze,
come testimonia un piccolo opuscolo, “Roseto”, una strenna francescana per l’anno 1905, titolo
scelto esplicitamente per ricordare il miracolo delle rose. In epoca successiva, il Centro Culturale
Francescano fondato nel 1956 presso il convento fu chiamato “Rosetum”, a continuare forse questa
tradizione.
Nell’angolo sinistro del dipinto, accanto all’altare, sono inginocchiati tre frati raccolti in preghiera.
Il dipinto presenta dunque non solo l’evento miracoloso della Indulgenza della Porziuncola,
ricordando così il titolo della chiesa, ma presenta anche la Madre di Dio come Colei che intercede,
allora come oggi; celebra il Santo di Assisi come santo vittorioso, attraverso la penitenza, della
tentazione, e come modello di purezza; la presenza dei cappuccini inginocchiati in preghiera
intende riaffermare discretamente la continuità del carisma francescano nella vita di preghiera e
penitenza.
Fonti e bibliografia
bibliografia
ROSETO, STRENNA FRANCESCANA PER L’ANNO 1905, Milano 1904
Ferdinando ZANZOTTERA, Architettura ed aspetti artistici del convento, in I FRATI
CAPPUCCINI DI PIAZZALE VELASQUEZ IN MILANO. CENTO ANNI DI SPIRITUALITÀ,
SOLIDARIETÀ E CULTURA, a cura di Fedele MERELLI, Milano 1998, Centro Culturale Rosetum Convento Frati Cappuccini
Maria PIATTO, Opere sacre diverse, scheda a pag. 94, in CAMILLO KAISER UN CAPPUCCINO
FRA GLI ARTISTI DELL'800 LOMBARDO a cura di Luca TEMOLO DALL'INGNA, Milano 2001,
Beni Culturali Cappuccini Museo
Il Santo Perdono, scheda a cura di Silvia CREMONINI, pp. 200-201, in PONZIANO LOVERINI
PITTORE UNIVERSALE. LE OPERE, a cura di Antonia ABBATISTA FINOCCHIARO, Clusone
2004, Ferrari Edizioni
http://www.ponzianoloverini.it/index.htm, home page ufficiale del “Progetto Loverini”: il
“Progetto Loverini”, promosso dal Comune di Gandino (Bg) in collaborazione con la Provincia di
Bergamo e con numerosi Enti culturali, ha lo scopo di ricordare la figura del pittore Ponziano
Loverini non solo con la catalogazione delle opere ma con numerose altre iniziative, premi,
manifestazioi eventi ecc...
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