ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE
di scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di 1° grado
“ALIA – ROCCAPALUMBA – VALLEDOLMO”
Opuscolo di informazione al personale scolastico ed agli
alunni ai sensi art. 36 d.lgs 81/2008 (allegato Circ. 43
del 16/11/2010)
Premessa
(pag. 01)
Rischi luoghi di lavoro
(pag. 02)
Rischi impianti
(pag. 03)
Rischi CONDIZIONI LAVORO:
illuminazione
(pag. 04)
micro-clima
(pag. 05)
macchine
(pag. 07)
movimentazione carichi
(pag. 09)
condiz. lav. alunni e lab
(pag. 11)
postaz. lavoro.
(pag. 14)
servizi appalto
(pag. 15)
mobbing e stress correlato
(pag. 16)
lavoratrici madri
(pag. 19)
aggressività- bullismo
(pag. 21)
Rischi elettricI
(pag. 25)
Rischi chimici
(pag. 29)
Rischi fisici
(pag. 32)
Rischi biologici
(pag. 34)
Rischi video terminali
(pag. 36)
Rischi incendio
(pag. 43)
Indicazioni su ruoli e responsabilità
Dlgs. 81/2008
(pag. 47)
Indicazioni su procedure evacuazione, primo soccorso
anti-incendio
(pag. 55)
Indicazioni su D.P.I
(pag. 60)
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RISCHI STRUTTURALI
La presenza di rischi di natura strutturale attiene ai rischi sui luoghi di lavoro previsti dall’art. 62
e succ. del dlgs 81/2008 e dal relativo allegato IV
Dove per luoghi di lavoro si intendono “i luoghi destinati ad ospitare i posti di lavoro…accessibili al
lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”.
Deve in particolare essere rispettato l’art. 64 comma 1 lett c) dove si legge che “i luoghi di
lavoro, …… vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più
rapidamente possibile i difetti rilevati che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori”.
Pertanto occorre essere consapevoli, nel proprio posto di lavoro, dei rischi derivanti dal posto
stesso capaci di pregiudicare la sicurezza dei lavoratori. Fra questi rientrano rischi di crolli derivanti
da elementi strutturali dello stabile, rischi di eliminazione delle barriere architettoniche, rischi
derivanti dalla presenza di spigoli vivi strutturali, dalla idoneità e la inibizione all’accesso dei locali
quali centrale termica, locale elettrico..ect, rischi derivanti da scivolamenti, dalla presenza di scale
interne non a norma, prive dei necessari parapetti, di locali aule non adeguati, porte di
emergenza….ect.
I requisiti degli elementi tecnici si trovano indicati nell’allegato IV del Dlgs. 81/2008 e in particolare:
stabilità solidità struttura
altezza, cubatura, superficie
pavimenti, muri, soffitti, lucernari…
vie circolazione, zone pericolo, pavimenti e passaggi
vie ed uscite emergenza
porte e portoni
scale
posti di lavoro e di passaggio e luoghi lavoro esterni
Microclima
Illuminazione
Locali riposo e refezione
Spogliatoi ed armadi per il vestiario
Servizi igienico assistenziali
Dormitori
In ambito scolastico in caso di presenza dei suddetti rischi è l’Ente Locale (Comune) che deve
provvedere alla rimozione degli stessi attraverso le necessarie opere strutturali e/o di manutenzione.
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RISCHI IMPIANTI
Gli impianti
Stabilisce l’art. 64 comma 1 lett.c) che ..”gli impianti …vengano sottoposti a regolare manutenzione
tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile i difetti rilevati che possono pregiudicare la
sicurezza e la salute dei lavoratori”.
Pertanto anche dalla presenza di impianti e dal cattivo loro stato di manutenzione possono derivare gravi
rischi per i lavoratori.
Gli impianti che risultano essere presenti in una Istituzione Scolastica sono generalmente:
Impianto caldaia, elettrico (principale e lab, informatico) e del contatore generale, ascensore, messa a
terra e protezione da scariche atmosferiche.
Di questi impianti pertanto occorre acquisire la conformità della certificazione iniziale (al momento
dell’Installazione) prevista dalla legge (L. 46/90, Dlgs 462/2001…) e curare il relativo stato di
manutenzione.
Anche in questo caso è il proprietario dell’immobile (ente locale) che deve garantire la presenza delle
suddette certificazioni.
Per legge le norme CE forniscono una presunzione assoluta, anche se non esclusiva, di regola d’arte e
quindi le apparecchiature e gli impianti realizzati e mantenuti secondo le indicazioni delle norme CE sono
da considerare sicuri. Gli impianti, inoltre, devono essere realizzati secondo i principi individuati dalla
legge 46/90 e normative di riferimento ; in particolare devono essere:
realizzati da ditte iscritte nell’apposito albo delle imprese artigiane o nel registro delle ditte presso le
Camere di Commercio;
progettati a partire dai limiti previsti dalla legislazione vigente;
realizzati secondo le norme CE o normativa equivalente;
realizzati con materiali anch’essi realizzati a regola d’arte;
verificati ai fini della sicurezza e funzionalità;
forniti di dichiarazione di conformità rilasciata dall’installatore completa di tutti gli allegati obbligatori.
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CONDIZIONI LAVORO :
ILLUMINAZIONE
INTRODUZIONE
I luoghi di lavoro devono essere adeguatamente illuminati. A tal fine è opportuno che siano dotati di:
una quantità di luce adeguata per una corretta visibilità nell’ambiente di lavoro e, in particolare, per lo
specifico
compito visivo da svolgere;
una distribuzione ed una collocazione adeguata delle fonti (naturali e/o artificiali) di illuminazione, atte ad
evidenziare eventuali situazioni di pericolo (ostacoli, spigoli vari, ecc.) e ad evitare fenomeni di
abbagliamento;
una qualità dell’illuminazione che consenta di distinguere convenientemente i colori.
La carenza di tali requisiti può produrre conseguenze sulla corretta regolazione dell’apparato visivo, con effetti
su:
a. per la nitidezza dell’immagine
più l’oggetto da osservare è vicino e di ridotte dimensioni, maggiore è lo sforzo che viene richiesto
all’apparato visivo per vedere nitidamente; più l’illuminazione dell’oggetto è debole, più la nitidezza è ridotta
ed aumenta lo sforzo di accomodamento;
b. per l’adattamento alla quantità della luce
gli oggetti riflettono in modo diverso la luce a seconda del loro colore (chiaro o scuro) e della loro superficie
(opaca o brillante); i cambiamenti rapidi di direzione dello sguardo e/o la presenza nel campo visivo di zone a
luminosità molto differenziata, impongono all’occhio una complessa attività di regolazione: per questa ragione
occorre evitare tanto la visione diretta delle sorgenti luminose di notevole intensità, quanto i loro riflessi
fastidiosi (dovuti a schermi, cristalli, vernici brillanti, ecc.); i contrasti sono tuttavia utili: un oggetto sarà più o
meno facilmente visibile a seconda del contrasto dello stesso al fondo.
EFFETTI SULLA SALUTE
La necessità di effettuare molteplici regolazioni della vista a causa di sfavorevoli condizioni di illuminazione, in
rapporto con
le operazioni da compiere, può affaticare sensibilmente l’apparato visivo; detto fenomeno che si manifesta agli
inizi con
irritazione degli occhi, finisce per determinare veri e propri disturbi.
Inoltre, la postura, eventualmente assunta per compensare insufficienti o inidonee condizioni di illuminazione
del posto di
lavoro, può provocare disturbi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
Al fine di prevenire i danni alla salute imputabili all’illuminazione, occorre adottare i correttivi che le norme di
legge o di
buona tecnica prescrivono in relazione alle possibili causali di rischio (tendaggi, corretto posizionamento della
postazione di
lavoro rispetto alle fonti di illuminazione, adeguamento della intensità,...).
Quanto, infine, alla intensità ed alle caratteristiche della illuminazione, è opportuno che esse vengano
adeguate in
relazione alle esigenze connesse al tipo di lavorazione/attività espletata.
Contro l’incidenza diretta o riflessa del flusso luminoso, possono essere adottate schermature, tendaggi,
veneziane
preferibilmente a lamelle orizzontali.
Effetti positivi possono riscontrarsi, inoltre, prevedendo, ove possibile, il corretto posizionamento delle
postazioni di lavoro
rispetto alle fonti di illuminazione, di cui dovrà curarsi la costante manutenzione e pulizia, soprattutto per le
superfici
vetrate o illuminanti.
L’illuminazione artificiale deve essere tale da rispettare i lux di luminosità per ambiente previsti dalle
normative tecniche:
linee guida Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro del 1/6/2006. In particolare prevede
Asili nido e scuole materne lux da 200 a 300
Scuole elementari e inferiori lux da 200 a 500
Sala lettura lux da 200 a 500
Laboratori lux da 300 a 750
…….
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 62 e succ. e allegato IV p. 1.10
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CONDIZ. LAVORO: MICRO CLIMA
INTRODUZIONE
Il corpo umano tende a mantenere il più costante possibile (intorno ai 37° c) la propria temperatura interna:
si dice pertanto
che l'uomo è omeotermo.
L'uomo sviluppa calore per effetto dei fenomeni di ossidazione dei tessuti e dei muscoli (calore metabolico).
Rispetto alla
normale produzione di calore in condizioni di riposo, nello svolgimento delle attività lavorative l'uomo deve
produrre una
maggiore quantità di calore, di cui però solo una parte si trasforma in energia meccanica (lavoro): si dice che
l'uomo è una
macchina a basso rendimento. D'altra parte, l'organismo umano scambia calore con l'ambiente esterno con
ulteriore apporto
ovvero sottrazione di calore.
Affinché siano rispettate le condizioni di omeotermia, cioè le condizioni di stabilità dell'equilibrio termico del
corpo umano, è
necessario che il bilancio termico sia nullo, cioè la somma del calore metabolico e di quello che il corpo può
ricevere
dall'ambiente sia uguale alla quantità di calore che può essere ceduto all'ambiente stesso.
Assume pertanto rilevanza la valutazione dell'ambiente termico in cui l'uomo si trova ad operare.
I fattori oggettivi ambientali da valutare sono:
a. temperatura dell'aria
b. umidità relativa dell'aria
c. velocità dell'aria
d. irraggiamento da superfici calde.
L'insieme di questi parametri che caratterizzano un ambiente confinato rappresentano il cosiddetto
"microclima".
E' proprio dalla misurazione di questi parametri che si può stabilire se le condizioni microclimatiche di un
determinato
ambiente, rientrano nella zona di benessere termico o possono rappresentare uno stress termico o
costituiscono un disagio
più o meno elevato per l'organismo umano.
EFFETTI SULLA SALUTE
Quando le condizioni microclimatiche di un ambiente diventano sfavorevoli e il bilancio termico diventa
positivo o negativo, il
sistema di termoregolazione del corpo umano mette in funzione opportuni meccanismi di difesa.
Dato che il calore scambiato dall'organismo viene trasportato con la circolazione sanguigna il sistema di
termoregolazione in
caso di freddo o di caldo tende rispettivamente a ridurre o ad aumentare il numero e le dimensioni dei vasi
sanguigni
funzionanti, con conseguente variazione del flusso sanguigno dalla parte centrale del corpo verso la periferia.
In questo modo
il sistema di termoregolazione riesce a mantenere l'equilibrio termico del corpo fino a quando la temperatura
dell' aria
ambiente raggiunge valori di 27-29 °C.
Per valori superiori di temperatura, il sangue non riesce a smaltire completamente il calore per cui il sistema
di
termoregolazione fa entrare in funzione le ghiandole sudoripare smaltendo il calore in eccesso con
l'evaporazione del sudore.
Per questo motivo vi possono essere condizioni microclimatiche nelle quali l'uomo può vivere indefinitamente
mediante
l'ausilio del sistema di termoregolazione, altre nelle quali può resistere per tutto il turno di lavoro, altre ancora
che
permettono una permanenza limitata.
Si possono definire condizioni di "benessere termico" quelle in cui l'organismo riesce a mantenere l'equilibrio
termico senza
l'intervento di alcuni meccanismi di difesa del sistema di termoregolazione. In altre parole il benessere termico
rappresenta
uno stato fisiologico caratterizzato dall'assenza di sensazioni di caldo o di freddo o di correnti d'aria.
Si definisce invece "stress termico" quelle condizioni microclimatiche nelle quali entrano in funzione i
meccanismi di termoregolazione per mantenere l'equilibrio termico del corpo.
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Il sistema di termoregolazione permette all'uomo di adeguarsi alle variazioni diurne e stagionali del clima.
Evidentemente se
le variazioni sono graduali, l'organismo umano tollera meglio gli sbalzi di temperatura.
Nelle nostre regioni si possono avere sbalzi di temperatura di 10-15 °C nel giorno, di 20-30 °C fra l'inverno e
l'estate.
L'acclimatazione è il fenomeno per cui mediante l'aiuto del sistema di termoregolazione l'organismo umano
raggiunge uno
stato più stabile di resistenza alle condizioni microclimatiche esterne con il minimo di sforzo delle sue funzioni
e di consumo di
energia.
L'adattamento è invece il fenomeno di acclimatazione a condizioni microclimatiche più onerose e richiede un
particolare
atteggiamento psichico e comportamentale verso queste situazioni.
L'adattamento può portare all'abitudine ossia ad accettare senza disagio psichico, condizioni inizialmente
ritenute sfavorevoli
o disagevoli.
Gli studi sugli effetti dell'ambiente termico sull'uomo sono stati diretti essenzialmente a determinare, da una
parte, le
condizioni che consentono il "benessere", e dall'altra, i limiti massimi di tollerabilità per esposizioni a
temperature elevate.
Dal punto di vista della patologia non risulta che siano state condotte ricerche approfondite sugli effetti a
lungo termine
provocati dall'esposizione al calore (effetti cronici).
Per quanto riguarda invece gli effetti acuti dell'esposizione a temperature elevate, è ben noto il quadro clinico
del "colpo di
calore" caratterizzato da un improvviso innalzamento della temperatura corporea, da confusione mentale,
irascibilità, delirio,
convulsioni e perdita di conoscenza.
Forme più leggere sono la sincope, il collasso e i crampi da calore. Più frequente, se pure non ben definita, è
la "fatica da
calore". Sintomi come spossatezza, irritabilità, facile affaticamento, sono da tutti sperimentati nei giorni molto
caldi. Disturbi simili accusano gli operai che lavorano in un ambiente con caratteristiche microclimatiche non
confortevoli. Sottoposti a fatica
da calore si sta male, ed è più elevata la possibilità di avere infortuni.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
La prevenzione dei danni da calore si attua principalmente con una buona progettazione dei locali e della loro
disposizione,
con la messa a punto di sistemi tecnico-ingegneristici che evitino il propagarsi del calore dalle sorgenti. Questi
sistemi sono
diversi per le diverse situazioni, ma si basano in generale sull'isolamento delle sorgenti di calore con materiali
scarsamente
conduttori (lana di roccia, ecc.) oppure con l'impiego di materiali dotati di potere rifrangente (lamiere di
alluminio).
Un mezzo di prevenzione diffuso è la ventilazione: l'ideale sarebbe il condizionamento generale dell'ambiente
di lavoro, cosa
non sempre praticabile quando si è in presenza di notevoli fonti di calore come nelle fonderie, nelle acciaierie,
nelle vetrerie,
nonché in alcuni lavori dell'agricoltura, dell'edilizia e stradali.
In casi eccezionali si può fare ricorso ad una ventilazione localizzata ("spot cooling"), dirigendo sull'operatore
un flusso di aria
fresca che da una sensazione di refrigerio.
Nel caso di situazioni termiche elevate, misure di carattere preventivo vanno individuate anche
nell'organizzazione del lavoro:
si dovranno prevedere, oltre ad un'adeguata preparazione tecnica, adeguati periodi di acclimatazione, pause e
periodi di
riposo.
Le pause durante la giornata lavorativa dovranno essere trascorse in locali climatizzati correttamente con a
disposizione
bevande fresche e sali.
L'adozione infine di abiti protettivi dovrebbe essere eccezionale. Il disegno di tali abiti deve permettere i
movimenti necessari
per il lavoro ed anche che il corpo elimini il calore
Normativa: Dlgs. 81/2008 art. 62 e succ. e allegato IV p. 1.9
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CONDIZIONI DI LAVORO: MACCHINE,
MOBILI, APPARECCHI DI
SOLLEVAMENTO
INTRODUZIONE
Le macchine, le macchine mobili e gli apparecchi di sollevamento sono all’origine di più del 10% degli
infortuni sul lavoro. Per quanto riguarda i rischi di natura meccanica, quelli tradizionalmente conosciuti
sono attualmente ben controllati, ma stanno emergendo nuovi rischi e nuove problematiche con lo
sviluppo di nuove tecnologie, come nelle macchine a controllo numerico e nella robotica.
EFFETTI SULLA SALUTE
Gli effetti, connessi all’uso dei macchinari in genere, sono schematizzabili nelle grandi categorie degli
infortuni e delle patologie a breve e lungo termine.
I fattori, che sono implicati in questi eventi dannosi, sono quelli meccanici (cadute dall’alto,
intrappolamento in parti di macchine, parti sporgenti, ...), quelli fisici (rumore, vibrazioni, radiazioni
ionizzanti e non ionizzanti, elettricità, temperatura, ..), quelli chimici (gas, vapori, fumi tossici a seconda
delle lavorazioni, oli minerali per manutenzione, polveri, fibre, ...) e quelli psicologici connessi
all’organizzazione del lavoro e al rapporto uomo/macchina.
Per definire e caratterizzare correttamente gli infortuni, sia in modo quantitativo che qualitativo, ci si può
avvalere delle statistiche che elabora l’INAIL, come prodotto parallelo della propria attività assicurativa.
In altre parole i casi d’infortunio, definiti ed indennizzati dall’Istituto assicuratore, possono costituire la
base di riferimento utile per la costruzione di immagini descrittive del fenomeno infortunistico, come
elaborato dal sistema informativo prevenzionale (SIPRE) che può dare disaggregazioni fino a livello di
USL
MACCHINE
Nell’ambito di tutte le aziende industriali ed artigiane, gli infortuni da macchine costituiscono l’8.5% del
totale degli eventi dannosi. La sede della lesione maggiormente interessata è la mano (oltre il 66%);
seguono, con percentuali molto più basse, il polso (4%), il braccio e l’avambraccio (3%), il ginocchio
(3%) ed il cranio (2.5).
Per quanto attiene la natura della lesione, le ferite rappresentano circa il 50% degli eventi lesivi, le
contusioni il 23%, le fratture, le lussazioni, le distorsioni complessivamente il 19%.
Riguardo le conseguenze, il grado percentuale medio di inabilità per postumi permanenti è il 20.4,
rispetto ad una media nazionale del 19.6.
MEZZI DI SOLLEVAMENTO - MACCHINE MOBILI
Il 12% degli infortuni totali sono causati da questi agenti.
In questi eventi, oltre alla mano (!5%), come sede della lesione è interessata la colonna vertebrale
(14%), il ginocchio (11%) ed il cranio (10%).
Le lesioni più frequenti sono le contusioni (44%) e le fratture, lussazioni e distorsioni (44%), con un
grado percentuale medio di inabilità permanente di 20.2.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
RICEVIMENTO DI UNA NUOVA ATTREZZATURA
E’ al momento dell'ordine o della redazione dei capitolati che si può agire meglio sulla prevenzione dei
rischi dovuti alle macchine. I capitolati contengono, in genere, le caratteristiche del prodotto ed una
formula che richiede il rispetto della normativa e delle regole dell'arte. Spesso è bene aggiungervi gli
aspetti specifici dell'impresa che hanno una incidenza sulle condizioni di lavoro e sulla sicurezza del
personale (condizioni ambientali, esperienza dei lavoratori, cambi di produzione, esigenze della clientela,
ecc.).
In ogni caso, il responsabile dell'impresa deve verificare che l'attrezzatura sia appropriata alla funzione a
cui è dedicata, adatta alle situazioni particolari di utilizzazione e che sia correttamente installata,
utilizzata e mantenuta. Infine, in caso di modifiche apportate alla macchina, queste non devono
compromettere la sicurezza del personale.
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L'INSTALLAZIONE MANUTENZIONE DELLA MACCHINA O DEL MOTORE
I rischi non sono sempre attribuibili solo all'attrezzatura di lavoro, ma anche alle condizioni di
installazione e alle condizioni ambientali.
Fondamentale è la informazione sul corretto uso della macchina. Per macchine più complesse sarà
necessario formare il lavoratore attraverso un apposito addestramento. Tutte le macchine rispondenti al
marchio CE sono accompagnate da un apposito libretto di istruzione da cui si desume le corrette modalità
di installazione, l’uso proprio cui la macchina è destinata, le istruzioni da impartire all’operatore, la
manutenzione da effettuare, ecc.
COSA FARE PER EVITARE RISCHI
Le attrezzature con l’uso si deteriorano, aggravando alcuni rischi e creandone dei nuovi.; dall'efficacia
della manutenzione preventiva dipende quindi, in parte, il livello di sicurezza dei macchinari.
Per questo motivo, oltre ai casi in cui la regolamentazione ha previsto delle verifiche generali periodiche,
è utile controllare le attrezzature laddove l’uso possa ridurre in modo sensibile il livello di sicurezza.
Per evitare i rischi pertanto è necessario:
a) che prima di procedere all’utilizzo dell’attrezzatura si legga il libretto di Istruzione
b) di astenersi all’uso della stessa se non si ha la necessaria competenza e chiamare il
personale idoneo allo scopo
c) evitare che gli alunni utilizzino l’attrezzatura nel modo più assoluto
d) segnalare immediatamente guasti, malfunzionamento e rotture
e) non effettuare mai nessun tipo di intervento senza fermare la macchina (es
fotocopiatrice…)
f) utilizzare eventuali DPI.
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 69 e succ. e allegato VI
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CONDIZIONI DI LAVORO:
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI
CARICHI
INTRODUZIONE
Per Movimentazione manuale dei carichi (MVC) si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un
carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, tirare, portare o
spostare un carico.
EFFETTI SULLA SALUTE
Lo sforzo muscolare richiesto dalla MVC determina aumento del ritmo cardiaco e di quello respiratorio ed
incide negativamente nel tempo sulle articolazioni, in particolare sulla colonna vertebrale, determinando
cervicalgie, lombalgie e discopatie.
In relazione allo stato di salute del lavoratore ed in relazione ad alcuni casi specifici correlati alle
caratteristiche del carico e dell'organizzazione di lavoro, i lavoratori potranno essere soggetti a
sorveglianza sanitaria, secondo la valutazione dei rischi.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
Partendo dal presupposto che occorre evitare la movimentazione manuale dei carichi adottando a livello
aziendale misure organizzative e mezzi appropriati, quali le attrezzature meccaniche, occorre tener
presente che in alcuni casi non è possibile fare a meno della MVC.
In quest'ultima situazione, oltre ad alcuni accorgimenti che il datore di lavoro adotterà dal punto di vista
organizzativo (es. suddivisione del carico, riduzione della frequenza di sollevamento e movimentazione,
miglioramento delle caratteristiche ergonomiche del posto di lavoro), è opportuno che il lavoratore sia a
conoscenza che la MVC può costituire un rischio per la colonna vertebrale in relazione a:
1. Caratteristiche del carico:
è troppo pesante
30 Kg per gli uomini adulti
20 Kg per le donne adulte
le donne in gravidanza non possono essere adibite al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché
ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri durante la gestazione fino a sette mesi dopo il parto
(legge 1204/71);
è ingombrante o difficile da afferrare;
non permette la visuale;
è di difficile presa o poco maneggevole;
è con spigoli acuti o taglienti;
è troppo caldo o troppo freddo;
contiene sostanze o materiali pericolosi;
è di peso sconosciuto o frequentemente variabile;
l'involucro è inadeguato al contenuto;
è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;
è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza
dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;
può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in
particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico richiesto:
è eccessivo
può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco
è compiuto con il corpo in posizione instabile
può comportare un movimento brusco del corpo
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3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro:
lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta
il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate
del lavoratore
il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale dei
carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione
il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a
livelli diversi
il pavimento o il punto di appoggio sono instabili
la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate.
4. Esigenze connesse all'attività:
sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo
prolungati
periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente
distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto
un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
Inoltre il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:
inidoneità fisica a svolgere il compito in questione
indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore
insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione
Tutti gli elementi sopra indicati devono essere oggetto di estrema attenzione da parte
dei lavoratori che si apprestano a spostare eventuali oggetti e/o attrezzature
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 167 e succ. e allegato XXXII p. 1.10
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CONDIZIONI DI LAVORO: RISCHIO
ALUNNI SICUREZZA E LABORATORI E
ATTIVITA’ MOTORIA
L’USO DI LABORATORI SCOLASTICI COMPORTA ESPOSIZIONE AD AGENTI
FISICO-CHIMICI POTENZIALMENTE FONTI DI PERICOLO ANCHE GRAVI SE NON
SI PONE LA MASSIMA cura ed attenzione nel rispetto delle regole per la sicurezza
La presenza di strumentazioni, utensili, sostanze chimiche o biologiche, impone che l’accesso e al
permanenza degli alunni in laboratorio debba essere assolutamente vietato se non risulta presente il
personale docente e non docente addetto.
Per tale motivo si porrà la massima cura nel chiudere a chiave i laboratori stessi nonché gli armadi
contenenti sostanze dannose ogni volta che i locali risultano incustoditi.
L’educazione degli alunni a rispettare queste e le altre regole di sicurezza, che dovranno essere esposte
in ogni laboratorio, insieme alle specifiche norme di funzionamento, non è solo un modo per evitare
incidenti ma anche per la valutazione degli stessi alunni
In particolare inoltre, bisogna:
1. le esperienze di lavoro programmatiche dovranno essere preventivamente testate ai fini
della sicurezza
2. Gli alunni sono tenuti ad indossare i necessari DPI in base all’attività di laboratorio
3. E’ obbligatorio da parte degli alunni e del personale delle schede di sicurezza previste per
l’uso di sostanze chimiche
4. Disinserire tempestivamente le alimentazioni elettriche degli impianti e delle
strumentazioni ogni volta che si verificano spargimenti d’acqua e in ogni caso alla fine
dell’utilizzo.
5. Tenere sempre in ordine e liberi gli spazi di lavoro, evitando la presenza di ingombri che
possono intralciare la circolazione
6. E’ vietato provvedere personalmente alla manutenzione e riparazione anche di modesti
guasti
Mentre per il laboratorio di attività motoria bisogna
1. utilizzare un abbigliamento idoneo
2. attendere all’arrivo del docente prima di iniziare l’attività e lavorare in sua presenza
3. eseguire un accurato e specifico movimento per riscaldare la muscolatura
4. lavorare in modo ordinato utilizzando solo l’attrezzatura necessaria e lo spazio adeguato
5. Informare il docente del proprio stato di salute segnalando immediatamente condizioni di malore,
anche momentaneo
6. evitare di affaticarsi eccessivamente attuando periodi di recupero, anche al termine delle lezioni
7. non utilizzare le attrezzature in modo improprio e senza l’autorizzazione del docente
8. non prendere iniziative personali
9. utilizzare le consuete norme igieniche al termine dell’attività
pertanto è necessario che i docenti
1. diano spiegazioni chiare e precise
2. evitino di far eseguire o svolgere attività non confacenti alle reali attitudine e capacità delle persone.
In materia di sicurezza si debbono rispettare le seguenti norme riportate nel
Regolamento d’ Istituto
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CAPO IX
SICUREZZA
Art. 40
Norme di comportamento
* Tenere un contegno corretto astenendosi da qualsiasi genere di scherzo e dal compiere atti che
possano distrarre o arrecare danno ai compagni di lavoro;
* Attenersi scrupolosamente alle disposizioni ricevute dal proprio superiore;
* Osservare scrupolosamente tutte le prescrizioni in materia di sicurezza ed igiene richiamate da
specifici cartelli o indicate dai propri superiori;
* Non usare macchine, impianti ed attrezzature senza autorizzazione;
* Non eseguire operazioni o manovre non di propria competenza, o di cui non si è a perfetta
conoscenza: in casi dubbi occorre rivolgersi al proprio superiore;
* Per accedere agli scaffali alti o a strutture sopraelevate, utilizzare le apposite scale. E'
opportuno, per le scale doppie, assicurarsi, prima di salirvi, che i tiranti o le catenelle siano in
tensione. Non utilizzare tali scale come scale semplici appoggiandole a muro né spostarle
quando su di esse vi sono delle persone;
* Non rimuovere gli estintori dalla posizione segnalata;
* Depositare i materiali nelle zone prestabilite e comunque in modo da non ingombrare,
ostacolare e/o impedire, anche solo parzialmente l'accesso alle uscite di sicurezza, al transito
sulle vie di fuga (corridoi, scale di sicurezza, ecc...), in prossimità di mezzi ed impianti atti ad
intervenire sugli incendi, ed in generale la normale circolazione;
* Ogni contenitore deve riportare l'etichetta con l'indicazione ben leggibile del contenuto;
* Non utilizzare bottiglie di bevande per il contenimento di altri liquidi, né abbandonare quelle
vuote sul posto di lavoro;
* Segnalare tempestivamente al proprio superiore ogni eventuale anomalia o condizione di
pericolo rilevata;
» In caso di infortunio, riferire al più presto ed esattamente ai propri superiori sulle circostanze
dell'evento;
* Se viene usato il materiale della cassetta di pronto soccorso ripristinare la scorta;
* Non circolare né sostare nei sottopiani, ecc., degli edifici salvo giustificato motivo di lavoro e
previa autorizzazione dei superiori. Non accedere nelle zone o nei locali in cui vige il divieto di
ingresso ai non autorizzati;
* Mantenere pulito ed in ordine il proprio posto di lavoro;
* Disporre in modo ordinato, stabile e razionale gli attrezzi di uso comune;
* Adoperare gli attrezzi solamente per l'uso cui sono destinati e nel modo più idoneo evitando
l'uso di mezzi di fortuna o di attrezzi diversi da quelli predisposti o di apportare agli stessi
modifiche di qualsiasi genere;
* Mantenere i videoterminali nella posizione definita secondo i principi dell'ergonomia delle norme
di legge e di buona tecnica. Qualsiasi variazione che si rendesse necessaria deve
essere concordata con il proprio responsabile;
* In caso di movimentazione manuale di materiali (risme di carta, dossier, ecc:) mantenere la
schiena eretta e le braccia rigide, facendo sopportare lo sforzo principalmente dai muscoli
delle gambe. Durante il trasporto a mano, trattenere il carico in modo sicuro nei punti di più facile
presa e se necessario appoggiarlo ai corpo, con il peso ripartito sulle braccia.
* Manipolare vetri o materiale pungente con i guanti;
* Negli armadi o negli scaffali disporre in basso i materiali più pesanti;
* Non dare in uso scale, utensili e attrezzi al personale di ditte esterne che si trovino a lavorare
nella scuola;
* Negli archivi il materiale va depositato lasciando corridoi di 90 cm;
* Riporre le chiavi nelle apposite bacheche, dopo l'uso;
* L'apertura di tutte le uscite di sicurezza deve avvenire prima dell'inizio delle lezioni.
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CONDIZIONI DI LAVORO:
SISTEMAZIONE DI UN POSTO DI LAVORO
INTRODUZIONE:
"Il posto di lavoro o l'ufficio è ingombro perché non disponiamo di sistemazioni
sufficienti. La fotocopiatrice è troppo lontana e spesso si aspetta il proprio turno. Nel periodo invernale
dopo le 16 non c'è luce sufficiente per valutare correttamente i difetti o fare una buona rifinitura. Se si
lascia la porta aperta per "avere un po' di aria" c'è troppo rumore per concentrarsi. Non è stato previsto
uno spazio per mettere le gambe e non è possibile sedersi. Mi curvo ed ho male alla schiena per poter
raggiungere i pezzi. Se giro spesso la testa è per intervenire più rapidamente possibile per evitare gli
scarti. Se lei fosse venuto la settimana scorsa, si facevano i pezzi W...: c'erano casse ovunque."
Questi esempi mostrano la diversità dei fattori di cui si deve tener conto nella disposizione di una
postazione di lavoro.
Si presentano spesso nei luoghi di lavoro alcune situazioni che predispongono ad infortuni e patologie
derivanti dalle condizioni in cui si opera.
Gli uomini hanno, in genere, una corporatura più grande delle donne. Tra due individui della stessa taglia,
la lunghezza delle membra, e il peso possono non essere uguali. Con l'età, l'ampiezza dei movimenti e gli
sforzi fatti si riducono ed aumentano i disturbi legati alla circolazione del sangue. Nella sistemazione di
una postazione di lavoro si deve tener conto delle differenze tra gli individui.
EFFETTI SULLA SALUTE
Le caratteristiche dimensionali del posto di lavoro possono obbligare l'operatore, per esempio, ad
adottare delle posizioni poco confortevoli. Con il passare del tempo, gli effetti sulla loro salute possono
prendere altre forme più durevoli: male alla schiena, dolori e problemi di circolazione del sangue alle
gambe provocati dalla prolungata posizione in piedi.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
Le norme sulla corretta organizzazione dei posti di lavoro (seduti, seduti e in piedi, in piedi) esistono ed è
necessario conoscerle ed utilizzarle per eliminare eventuali anomalie e determinare le migliori condizioni
delle postazioni.
Tuttavia, l'utilizzazione di queste norme non dispensa da una riflessione preventiva sul modo in cui
l'operatore deve procedere.
Esempio: l'altezza di un tavolo di lavoro sarà diversa a seconda:
dell'altezza degli oggetti lavorati,
dell'ambito dove devono agire le mani dell'operatore
del tipo di azione: gesti precisi, sollevare, spingere, direzione e consistenza delle forze esercitate,
della necessità di vedere (posizione della testa) e nello stesso tempo di agire (luoghi e posizioni
rispettive delle mani).
Inoltre, il posto di lavoro non deve essere percepito come un luogo limitato che si riduce al tavolo di
lavoro e al compito principale, ma deve essere visto come una serie di azioni legate al compito principale,
che si succedono nel tempo, con spostamenti che possono essere multipli e suddivisi su una vasta area.
Per esempio l'operatore deve poter fermare il nastro di approvvigionamento per far fronte ai rischi,
anticipare e/o risolvere gli inconvenienti, modificare la successione delle operazioni coordinandole con gli
altri colleghi per rispettare una scadenza... La realizzazione dei compiti connessi alla funzione principale,
quali l'approvvigionamento, la rimozione dei prodotti compresi i rifiuti hanno un ruolo preponderante nella
realizzazione della produzione e vanno quindi anch’essi presi in considerazione quando si tratta di
sistemare e coordinare le diverse fasi di lavoro.
La dimensione e l'ubicazione delle attrezzature, la concatenazione della situazione devono essere
compatibili con il contenuto reale del lavoro.
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 62 e succ. e allegato IV
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CONDIZIONI DI LAVORO: IMPRESE
ESTERNE, LAVORO PROVVISORIO
INTRODUZIONE
Sono molteplici le ragioni per le quali l’Istituzione scolastica può far ricorso ad imprese esterne:
per le normali attività di manutenzioni e riparazioni ;
in occasioni di operazioni di rinnovo o di sistemazione dei locali
L’intervento di queste imprese presenta delle caratteristiche particolari in materia di rischi professionali,
legati in particolare:
alla non conoscenza dei locali, dell’ambiente, delle attività dell’I.S. .
Si impongono delle misure di prevenzione per ridurre questi rischi specifici, anche con una concertazione
preventiva allo svolgimento dei lavori.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
informare il datore di lavoro dell’impresa ed i lavoratori impegnati nella prestazione, sugli
eventuali rischi legati alle attività presenti sul luogo di lavoro, sulle misure preventive da porre in
atto e sulle attrezzature da utilizzare;
cooperare nella valutazione dei rischi legati all’interferenza delle attività, degli impianti e dei
materiali - questa valutazione viene fatta dopo una ispezione preventiva, alla quale prendono
parte tutte le imprese interessate;
coordinare le misure i prevenzione dei rischi connessi all’attività delle imprese, in particolare con
la predisposizione del piano di prevenzione, con la realizzazione di ispezioni periodiche dei luoghi
di lavoro e con le riunioni di coordinamento;
informare i lavoratori dei pericoli specifici dei lavori da eseguire.
Art. 26 Dlgs. 81/2008
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CONDIZIONI DI LAVORO:
MOBBING E STRESS
Tipi di Mobbing
Il mobbing è, nell'accezione più comune in Italia, un insieme di comportamenti violenti (abusi
psicologici, angherie, vessazioni, demansionamento, emarginazione, umiliazioni, maldicenze,
ostracizzazione, etc.) perpetrati da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore,
prolungato nel tempo e lesivo della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello
stesso. I singoli atteggiamenti molesti (o emulativi) non raggiungono necessariamente la soglia del reato
né debbono essere di per sé illegittimi, ma nell'insieme producono danneggiamenti plurioffensivi anche
gravi con conseguenze sul patrimonio della vittima, la sua salute, la sua esistenza.
Esistono diverse tipologie di mobbing:
Mobbing di tipo orizzontale: l’azione discriminatoria è messa in atto dai colleghi nei confronti del soggetto
colpito.
Mobbing di tipo verticale: dall’alto verso il basso (bossing)
Dal basso verso l’alto (down-up).
Mobbing individuale: descrive una situazione in cui oggetto delle vessazioni è il singolo lavoratore.
Mobbing collettivo: indica che gli atti discriminatori colpiscono gruppi di lavoratori. In questa tipologia
possono rientrare i casi di ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa integrazione.
Mobbing dal passo sia individuale che collettivo: viene messa in discussione l’autorità di un superiore.
Mobbing emozionale: si scatena tra singole persone, più frequentemente tra capo e collaboratore
(bossing), ma anche tra colleghi (mobbing orizzontale).
Mobbing sessuale: indica attenzioni non volute, verbalmente offensive e aggressive.
Mobbing strategico: forma di pressione psicologica esercitate strategicamente dalle imprese
(prevalentemente private), per promuovere l’allontanamento dal mondo del lavoro di soggetti
diversamente “scomodi”.
Mobbing in cifre
Istituto per la prevenzione e sicurezza del lavoro (ISPESL)
1 milione e mezzo di lavoratori italiani vittime del mobbing su 21 milioni occupati
Nord 65%
Donne 52%
Pubblica amministrazione 70%
Calo di produttività di un lavoratore 70%
Categorie più esposte
Impiegati 79%
Diplomati 52%
Laureati 24%
Durata delle azioni mobbizzanti
1-2 anni 40%
altre i due anni 30%
dai 6 ai 12 anni 27%
Unione Europea: 12 milioni pari 8%
Inghilterra 16,3%
Svezia 10,2%
Francia 9,9%
Irlanda 9,4%
Germania 7,3%
Italia 4%
Costrittività organizzativa
Marginalizzazione dalla attività lavorativa
Svuotamento delle mansioni
Mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata
Mancata assegnazione degli strumenti di lavoro
Ripetuti trasferimenti ingiustificati
Prolungata attribuzione dei compiti dequalificati rispetto al profilo professionale posseduto
Prolungata attribuzione dei compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali di handicap
psico-fisici
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Impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie
Inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro
Esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento
Professionale
Esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo
Normativa:
Circolare INAIL 7/12/2003
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Stress da lavoro correlato
“Lo stress è una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o
sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di
non essere all’altezza delle aspettative. L’individuo può ben adattarsi ad affrontare un’esposizione alla
pressione a breve termine, cosa che può anche essere considerata positiva, ma ha una maggiore
difficoltà a sostenere un’esposizione prolungata a una intensa pressione. Inoltre i singoli individui possono
reagire differentemente ad una stessa situazione data oppure possono reagire diversamente a situazioni
similari in momenti diversi della propria vita. Lo stress non è una malattia, ma un’esposizione prolungata
ad esso può ridurre l’efficienza nel lavoro e può causare malattie.
Lo stress derivante da motivi esterni all’ambiente di lavoro può portare a cambiamenti nel
comportamento e ad una riduzione dell’efficienza nel lavoro.
Tutte le manifestazioni da stress nel lavoro non possono essere ritenute correlate al lavoro stesso. Lo
stress da lavoro può essere causato da fattori diversi, come ad esempio il contenuto del lavoro, la sua
organizzazione, l’ambiente, la scarsa comunicazione, eccetera”.
La misurazione dello stress dovrebbe tener conto di fattori riconducibili a 5 aree tematiche:
- indicatori di rischio generali;
- indicatori correlati;
- indicatori di stress legati alla percezione soggettiva;
Partiamo dunque dalla rilevazione dei principali fattori di rischio, gli indicatori di rischio generali relativi
agli aspetti della vita e dell’organizzazione aziendale: una “condizione basilare per un progetto di analisi
efficace”:
- rumore: il grado del disturbo è dato da fattori come l’intensità, la fluttuazione dell’intensità (“i livelli
sonori fluttuanti sono più fastidiosi di livelli sonori costanti”), dalla frequenza e fluttuazioni di frequenza,
dalla durata (“il disturbo aumenta con l'aumentare della durata”);
- microclima e qualità dell'aria: temperatura, umidità relativa, “caratteristiche illuminotecniche e di
pressione sonora”, agenti pericolosi “entro i limiti di legge ma ugualmente fastidiosi”,… ;
- comfort ambientale: la presenza di un “ambiente di lavoro salubre, confortevole e accogliente è un
elemento costitutivo del benessere sia dei lavoratori sia dei possibili fruitori degli spazi aziendali”. È
dunque “essenziale valutare la presenza o meno di aspetti di restorativeness ambientale da correlare alla
percezioni soggettive”;
- “orari di lavoro, lavoro e turni, con particolare attenzione a turni notturni e alla loro modulazione;
- lavori parcellizzati e/o ripetitivi, lavoro in posizioni obbligate e/o scomode;
- contatto con il pubblico; lavoro con stimoli emotivi rilevanti (sanità, assistenza, interventi in
emergenza/soccorso, ecc.)”.
Indicatori correlati:
- “assenteismo;
- presenza di infortuni e/o malattie professionali;
- rotazione del personale elevata, provvedimenti disciplinari, conflitti e vertenze;
- presenza in azienda di una politica della qualità, dell’ambiente e della sicurezza”;
Indicatori di stress legati alla percezione soggettiva:
- comfort ambientale percepito: elemento da analizzarsi “come mancanza di allineamento tra gli aspetti
reali dell’ambiente e le sue ricadute psicologiche (…) e la percezione soggettiva del vivere in quel
determinato ambiente”;
- valorizzazione personale: è significativo “sia il riconoscimento delle caratteristiche soggettive dei
lavoratori, sia la valorizzazione dei contributi che i singoli posso fornire all’azienda”;
- motivazione: la motivazione al lavoro e la disponibilità ad affrontare i sacrifici “sono tra gli aspetti più
incisivi”;
- relazioni interpersonali all’interno dell’azienda sia con i colleghi, sia con i dirigenti e i sottoposti: è un
aspetto complesso da esaminare “perché occorre tenere in debito conto anche l’effettivo organigramma
aziendale e la presenza o meno di figure intermedie (capi reparto, capi uffici, ecc.) che siano significative
nel determinare le relazioni interpersonali”;
- equità: equità di trattamento retributivo, di assegnazione di responsabilità e di promozione del
personale, … ;
- senso di utilità: “l’azienda stimola nei dipendenti il senso di utilità sociale, contribuendo a dare senso
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alla giornata lavorativa dei singoli e al loro sentimento di contribuire ai risultati comuni”;
- informazioni: mettere a disposizione dei dipendenti le informazioni sul lavoro e ascoltare le istanze dei
dipendenti con un sistema “fatto di strumenti e regole condivise per la diffusione delle informazioni”;
- chiarezza e trasparenza: obiettivi aziendali, regole, procedure, ruoli, … ;
- sicurezza e protezione: in questo periodo di timori per il futuro economico “appare utile rilevare gli
aspetti correlati alla sicurezza che l’azienda fornisce in merito”. aspetti che possono “fornire al dipendente
fiducia sul futuro aziendale e quindi tranquillità sul suo destino”.
Fonte
D.Lgs. 81/2008
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CONDIZIONI DI LAVORO:
TUTELA LAVORATRICI MADRI
La tutela delle lavoratrici madri
La gravidanza non è una malattia ma un aspetto della vita quotidiana. Tuttavia condizioni suscettibili di
essere considerate accettabili in situazioni normali possono non esserlo più in gravidanza o nel periodo
del puerperio e dell'allattamento.
Molte attività lavorative possono costituire per la Lavoratrice in gravidanza - puerperio - allattamento una
condizione di pregiudizio o di rischio per la sua salute o per quella del bambino. Per tale motivo il
Legislatore ha emanato specifiche norme preventive a tutela delle Lavoratrici madri.
In generale, per tutte le Lavoratrici è previsto il divieto di adibirle al lavoro nei due mesi antecedenti e nei
tre mesi successivi al parto (congedo di maternità).
In particolari condizioni è facoltà della Lavoratrice chiedere la flessibilità del periodo del congedo di
maternità (1 mese prima e 4 mesi dopo il parto).
Le Lavoratrici in gravidanza puerperio ed allattamento non possono essere adibite a lavori pericolosi,
faticosi ed insalubri così come individuati dalla normativa di riferimento.
Qualora ricorrano tali circostanze, la Lavoratrice deve essere allontanata dal rischio lavorativo,
assegnandola ad altra mansione compatibile oppure, qualora non fosse possibile lo spostamento di
mansione, con l'interdizione al lavoro.
L'interdizione viene disposta dal Servizio Ispezione della Direzione Provinciale del Lavoro, previa
acquisizione della valutazione - dichiarazione dei rischi occupazionali da parte del Datore di lavoro e se,
ritenuta necessaria, della certificazione sanitaria del medico del lavoro dello SPISAL.
La normativa di riferimento
L'attuale norma di riferimento di tutela delle lavoratrici madri è costituita dal DLgs 26 marzo 2001 n. 151,
"Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità".
La lavoratrice
È oggetto della tutela;
Deve informare il Datore di lavoro del proprio stato di gravidanza, al fine di attivare le misure di tutela
conseguenti ed ottenere i diritti previsti dalla Legge;
Può presentare istanza al Servizio Ispezione della Direzione Provinciale del Lavoro al fine di ottenere
l'astensione dal lavoro:
sia nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume
possano essere aggravate dalla gravidanza;
sia per condizioni di rischio lavorativo.
Il datore di lavoro
Compiti del datore di lavoro
È responsabile della tutela della sicurezza e della salute della lavoratrice;
Ha l'obbligo di valutare preventivamente, con il concorso del Responsabile del Servizio di Protezione e
Prevenzione dai rischi (RSPP), medico competente e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza
(RLS), i rischi presenti nell'ambiente di lavoro, tenendo conto anche della possibilità della presenza di
lavoratrici gestanti, puerpere o in allattamento;
In esito alla valutazione dei rischi definisce le condizioni di lavoro eventualmente non compatibili con lo
stato di gravidanza-puerperio-allattamento e le misure di prevenzione e di protezione che intende
adottare a tutela delle lavoratrici madri, informando le lavoratrici ed il RLS.
Condotta in caso di gravidanza della dipendente
Venuto a conoscenza dello stato di gravidanza di una lavoratrice:
la allontana immediatamente dalla eventuale situazione di rischio;
provvede ad assegnarla ad altra mansione compatibile con lo stato di gravidanza, anche modificando
temporalmente le condizioni o l'orario di lavoro, informando il Servizio Ispezione della Direzione
Provinciale del Lavoro del provvedimento adottato;
qualora le modifiche delle condizioni di lavoro non fossero possibili per motivi organizzativi o altro,
informa per iscritto il Servizio Ispezione della Direzione Provinciale del Lavoro per i provvedimenti di
competenza (interdizione al lavoro).
Il Datore di lavoro (Art. 11 D. Lgs. 151/2001), fermo restando i divieti già previsti dall'art. 7, nell'ambito
della valutazione dei rischi effettuata ai sensi dell'art. D. Lgs. 81/2008, dovrà tenere conto anche della
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presenza di personale femminile che può essere maggiormente suscettibile in gravidanza / puerperio /
allattamento all'esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o particolari condizioni di lavoro di
cui all'Allegato C del Testo Unico.
Il Datore di lavoro (Art. 11 D. Lgs. 151/2001), informa le lavoratrici ed il RLS sull'esito della valutazione e
sulle misure di prevenzione e di protezione che intende adottare al fine di evitare l'esposizione della
lavoratrice (gestante, puerpera o in allattamento) a rischi per la sua sicurezza e salute, del nascituro e
del neonato in allattamento.
Divieti
È fatto divieto (Art. 53 D. Lgs. 151/2001) di adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6,
dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino.
Normativa Dlgs. 151/2001
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CONDIZIONI DI LAVORO
AGGRESSIVITA’ –BULLISMO ATTIVO E PASSIVO
IL BULLISMO: COS’E’ COSA NON E’
Atti di intimidazione, sopraffazione, oppressione fisica e/o psicologica commessi da un soggetto
“forte” (bullo) nei confronti di uno “debole” (vittima) in modo intenzionale e ripetuto nel tempo
Comportamento aggressivo, violenza Aggressioni fisiche: calci, pugni, sottrazione di beni Atto
antisociale, vandalismo Aggressioni verbali: minacce, offese, insulti, prese in giro Devianza Violenze
psicologiche: esclusione, isolamento, diffusione di calunnie Criminalità
UNA DEFINIZIONE OPERATIVA
“Un atto di aggressione consapevole e volontario, perpetrato in maniera persistente e organizzata
da uno o più individui nei confronti di uno o più individui”. Come l’aggressività, il bullismo è diretto a
procurare danno a persone o cose, ma mentre la prima può essere occasionale, il secondo è sempre
INTENZIONALE e SISTEMATICO.
CARATTERISTICHE PREVALENTI DEL FENOMENO
1. Esiste una differenza di potere tra il bullo e la vittima. Il bullo, prima di agire, valuta la forza
(fisica o psicologica) della vittima e il suo grado di isolamento sociale per garantirsi dal rischio della
ritorsione;
2. l’azione del bullo è organizzata e sistematica, si accompagna a precedenti che assicurano
l’efficacia del comportamento lesivo e a strategie che, dopo l’azione, debbano inibire l’istinto della
vittima a denunciare l’episodio;
3. è un comportamento ripetitivo e persistente nel tempo che si focalizza sulla stessa vittima(e);
4. il bullo può agire con l’appoggio di complici che – oltre a sorreggerlo nei suoi atti – possono
svolgere la funzione di copertura delle responsabilità di fronte a terzi;
5. la vittima non è in grado di difendersi e teme perfino di riferire l’accaduto e chiedere aiuto perché
è ancora più spaventata dalle ritorsioni; anche eventuali spettatori delle imprese nullistiche cadono
negli stessi timori di rappresaglia. La presenza di spettatori, più che frenare la manifestazione dei
comportamenti aggressivi, potrebbe essere uno stimolo ulteriore;
6. la vittima del bullo viene de-umanizzata, ossia perde progressivamente l’autostima, matura una
psicologia di sottomissione e, paradossalmente, questa soggezione alleggerisce il senso di colpa nel
bullo, nei complici e negli stessi spettatori.
COMPORTAMENTO
Non tollera divieti e regole; non esegue le consegne; può presentare problemi di attenzione,
iperattività…
Non VOGLIONO contrapporsi agli adulti, piuttosto hanno una capacità limitata di autoregolazione e
adattamento ad un ambiente che, come la scuola, presenta richieste elevate e complesse.
Un’accorta lettura e osservazione da parte dei docenti, comporta un rafforzamento della relazione
dialogica e un graduale apprendimento di regole e comportamenti interattivi Secondo livello Allievo
indisciplinato Atteggiamento oppositivo e di esplicito rifiuto delle regole della scuola, con tratti
provocatori con esplicita aggressività verbale diretta sia verso i compagni, sia verso i docenti.
Gli insegnanti si sentono “disarmati” e, spesso, del tutto ignorati dalla famiglia. Ciò nonostante si
sforzano di agire sulla motivazione, col coinvolgimento, sulla strutturazione delle contingenze
ambientali…
Terzo livello Allievo minaccioso Compare una chiara e frequente aggressività eterodiretta. Collera e
minacce contro gli altri diventano quotidiane e si indirizzano sempre più spesso verso i compagni (e
i docenti) considerati più deboli.
L’osservazione di tali comportamenti implica che gli insegnanti debbano GIA’ predisporre strategie
antibullismo in collaborazione con i colleghi ed il pieno coinvolgimento della famiglia.
Quarto livello Allievo bullo Sono evidenti tutte le caratteristiche che, con frequenza variabile, si
esternano come minacce ai compagni e, talvolta, ai docenti, danneggiamenti volontari di arredi e
attrezzature scolastiche, comportamenti lesivi degli altri.
In presenza di tali soggetti non basta predisporre le opportune tecniche d’intervento, ma occorre
adottare da parte delle scuola UNA POLITICA ANTIBULLISMO esplicitata nel POF (preventivamente
nota, condivisa), concordata con le famiglie formalmente coinvolte, al fine di rendere note,
trasparenti e praticabili le azioni sanzionatorie e di risarcimenti sociali verso la comunità scolastica
lesa e offesa. Quinto livello Allievo violento Oltre il bullismo: episodi di violenza di particolare gravità
cui non deve far fronte solo la scuola, ma le istituzioni impegnate nell’area della devianza giovanile,
della criminalità.
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LE CARATTERISTICHE DEL COMPORTAMENTO DI BULLO
- Aggressività rivolta principalmente verso i compagni, ma anche verso i genitori e gli insegnanti.
- I bulli hanno il bisogno di dominare e si dimostrano spesso impulsivi.
- Vantano spesso la propria superiorità, vera o presunta, sono collerici e hanno bassa tolleranza alla
frustrazione.
- Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare contrarietà e ritardi.
- Tentano di utilizzare l’inganno per trarre benefici.
- Si dimostrano abili nelle attività sportive e sanno trarsi d’impaccio dalle situazioni difficili.
- Non presentano ansia e insicurezze.
- Sono connotati da un modello reattivo aggressivo associato, se maschi, alla forza fisica .
- I bulli hanno generalmente una buona considerazione di se stessi.
- Il rendimento scolastico è vario e tende ad abbassarsi con l’aumentare dell’età, con un parallelo
aumento di atteggiamenti negativi verso la scuola.
- Con l’età il bullismo tende a trasformarsi in un disturbo della condotta di tipo antisociale, con
abuso di sostanze.
- All’interno del gruppo vi possono essere i cosiddetti bulli passivi, seguaci o sobillatori, che non
partecipano attivamente agli episodi di bullismo.
LE CARATTERISTICHE DEL COMPORTAMENTO DI VITTIMA
- Solitamente più ansiose e insicure, spesso caute, sensibili e calme.
- Se attaccate, reagiscono chiudendo in se stessi o, se piccoli, piangendo.
- Talvolta soffrono anche di scarsa autostima ed hanno una opinione negativa si sé e della propria
situazione.
- Sono connotati da un modello reattivo ansioso o sottomesso associato, soprattutto nei maschi, ad
una debolezza fisica, rinforzata negativamente dall’ambiente.
- Tali atteggiamenti sono sempre a svantaggio della vittima perché non possiede le abilità per
affrontare la situazione o, se le possiede, non le padroneggia in modo efficace.
- A scuola vivono in una condizione di solitudine e abbandono.
- Manifestano particolari preoccupazioni rispetto al proprio corpo, non sono fisicamente sicuri e
potenti, non sono aggressivi, non amano prendere in giro i compagni, piuttosto hanno difficoltà ad
affermare se stessi nel gruppo.
- Il rendimento scolastico è vario e tende a peggiorare alle medie / superiori.
- Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli
altri insicurezza, incapacità impossibilità o difficoltà a reagire.
- Esiste poi un altro tipo di vittima: la vittima provocatrice, caratterizzata da una combinazione di
modalità di reazione ansiose e aggressive.
- Possono essere iperattivi, inquieti e offensivi.
- Tendono a controbattere e possono essere sgraditi anche agli adulti.
- Hanno la tendenza a prevaricare i compagni più deboli.
- Sono esposti a rischio di depressione.
In tutti i casi, le vittime presentano fin dall’infanzia un atteggiamento prudente e una forte
sensibilità. Nell’età adulta risultano a rischio di criminalità molto al di sotto della media.
BULLO E VITTIMA: IL DISAGIO SOTTOSTANTE
O ENTRAMBI I MODELLI REATTIVI
sono inadeguati, appresi dall’ambiente.
o Determinano effetti positivi a breve termine, e perciò si rinforzano, ma a lungo termine producono
disagio nella persona che li emette.
o Occorrono interventi precoci per evitare l’esordio di veri e propri disturbi.
o In particolare il modello reattivo ansioso (tipico della vittima) conduce ad evitare le situazioni che
si considerano potenzialmente pericolose (fobie, depressione, ecc…).
o Il modello reattivo aggressivo (tipico del bullo) può dar luogo a dipendenza, comportamenti
delinquenziali, ecc…
Anche se non si sfocia nel disturbo, nella patologia, entrambi i modelli reattivi comportano
problematiche, si strutturano in tipologie di personalità che non sono in grado di adeguarsi alle
richieste dell’ambiente.
Una personalità ansiosa rinuncerà ad esprimere i propri bisogni, eviterà il conflitto e diventerà una
persona insicura e passiva.
Una personalità aggressiva cercherà di imporsi sempre sugli altri, vivendo le relazioni in una
costante conflittualità, rischiando l’isolamento dagli altri.
In una prospettiva di intervento e di prevenzione occorre quindi agire non solo SUL fenomeno in sé
e sulle sue manifestazioni, ma anche SULLE competenze sociali sia della vittima che dell’aggressore.
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COME?
Migliorando le abilità di comunicazione
Migliorando le competenze per riconoscere ed esprimere le proprie emozioni
Di conseguenze, facilitando la comprensione delle emozioni altrui
Raggiungendo, tramite l’autoconoscenza, le capacità di assertività
Rispettando l’altrui PARI DIGNITA’
L’APPROCCIO PSICOEDUCATIVO
Lo sviluppo filogenetico ha consentito al cervello umano la capacità di comprendere il linguaggio non
verbale delle emozioni (universale, invariante), così come di condividere diritti umani naturali =
valori di base (individualità, dignità, rispetto, amore, ecc…)
Mettere a tacere tali capacità innate significa esercitare sul cervello un forte condizionamento, ad
opera di processi di dis-educazione, imitazione di modelli negativi, acquisizione di vantaggi
secondari.
Di conseguenza, una educazione fisiologica, basata su principi universalmente riconoscibili, che
rispettino la valorialità intrinseca nell’essere umano, dovrebbe CONDURRE o RIPRISTINARE, a livello
ontogenetico, I CONTENUTI PREVISTI DALLO SVILUPPO FISIOLOGICO DELL’INDIVIDUO UMANO, in
cui, come detto:
IL SOGGETTO DEVE PERCEPIRE QUANTO PIU’ POSSIBILE DI ESSERE UN
INDIVIDUO DEGNO RISPETTATO AMATO
Nella crescita di un individuo, le principale agenzie di socializzazione e di educazione
ISTITUZIONALMENTE preposte sono LA FAMIGLIA e LA SCUOLA.
- Che finalità esplicite hanno?
- Quanto condividono le rispettive finalità?
- Quanto collaborano?
- Quanto si legittimano a vicenda?
- E quanto sono (de)legittimate dalle altre agenzie di socializzazione e di “educazione” informali cui
attingono i bambini/adolescenti (TV, videogiochi, gruppi dei pari, associazioni di varia natura,
ecc…)?
In altre parole, FAMIGLIA E SCUOLA dovrebbero collaborare nel rendere i bambini/adolescenti
SOGGETTI
DEGNI
RISPETTATI
AMATI
in un clima di comunicazione aperta, condivisa, circolare, supportiva, assertiva, finalizzata. A scuola
e in famiglia dovrebbe sussistere coerenza e continuità educativa, come valori di base e strumenti
formativi, condivisi, esplicitati e verificati in un contesto di dialogo.
Da tutte le forme di “separazione” i bambini/adolescenti traggono un disagio (conflitto) e la ricerca
di benefici secondari (approfittando della non comunicazione, incoerenza degli adulti).
Se nell’ambiente familiare il bambino esperisce la carenza di cure materne, la privazione del padre,
la disgregazione familiare, egli sarà predisposto ad un futuro comportamento aggressivo nei
confronti di una situazione nella quale non può trovare alcun sostegno.
D’altronde una scuola non autorevole, incapace di porsi come ambiente di raccordo/mediazione tra il
privato e il mondo (“maestra di vita”), delegittimata dal ruolo educativo e investita solo di
competenze istruttive, non può che produrre, a sua volta, “laboratorio di disagio” nei soggetti
affidatile.
Di conseguenza, famiglia e scuola devono collaborare nell’intento formativo-educativo, in generale,
sempre, ANCHE per la prevenzione ed il trattamento di episodi di bullismo. La scuola al riguardo
deve sentire forte la propria prerogativa istituzionale, esplicitare il proprio mandato di
socializzazione e richiedere la collaborazione delle famiglie, in tutti i modi possibili, per rafforzare le
competenze sociali dei bambini e degli adolescenti.
Scuola e Famiglia devono cooperare affinché:
o siano espressi e comunicati i valori di riferimento a cui rifarsi, percependo l’intervento reciproco
come una positiva alleanza educativa e non come ingerenza,
o si crei un ambiente scolastico caratterizzato dalla comunicazione scuola-famiglia, aperta,
coinvolgente e supportava,
o si crei un ambiente educativo sia in famiglia sia a scuola caratterizzato da affetto e coinvolgimento
emozionale da parte degli adulti che sostengono i bambini/adolescenti, pronti ad intervenire
preventivamente, pedagogicamente con finalità di promozione di interessi positivi,
o il rapporto adulto-bambino (genitore figlio e docente alunno) deve essere caratterizzato comunque
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da saldi punti di riferimento che richiamano un’autorevolezza forte, presente, coerente.
Queste linee di condotta sono da costruire insieme, anche attraverso una serie di interventi ad hoc
finalizzati a conoscere i vissuti degli bambini/adolescenti, sui quali intervenire a scopo preventivo e
correttivo.
A tal fine,
o vi deve essere consapevolezza dei genitori, degli insegnanti, degli adulti in genere, di quali sono i
sentimenti profondi dei ragazzi, nonché il desiderio di condividere propositi operativi per intervenire
e cambiare le cose;
o questo è possibile, oltre che con una sistematica comunicazione efficace tra tutti gli interessati,
anche con l’utilizzo di questionari rivolti agli alunni, agli insegnanti, ai genitori,
o organizzazione di incontri, conferenze, all’interno della scuola stessa per presentare i problemi
emersi, in particolare il bullismo,
o una migliore supervisione durante gli orari in cui non vi è lezione,
o tempestività di intervento,
o incontri tra insegnanti, genitori, bulli e vittime.
CONCLUSIONI
I bulli e le loro vittime sono, a scuola, la rappresentazione dei problemi della nostra società. Ragazzi
senza una guida autorevole (in famiglia e a scuola), esposti a modelli reattivi disfunzionali propinati
loro da adulti oggetti di pulsioni e condizionati da memorie (più che soggetti di finalità verso cui
attivamente adoperarsi, nel rispetto della pari dignità degli altri), ragazzi che non vengono guidati
nella formazione di una personalità efficace in sintonia con le proprie inclinazioni, in cui tali
inclinazioni diventano “nevrotiche” modalità di porsi in relazione agli altri, sono ragazzi, appunto,
che meritano tutta la nostra attenzione ed il nostro rispetto di educatori. A nulla valgono punizioni
sempre più severe ed esemplari se non diamo loro (siano essi bulli o vittime) la tangibile certezza di
essere ascoltati, rispettati, consigliati con partecipazione emozionale profonda, senza giudizio sulla
persona, in un dialogo franco e autorevole che sappia rendere giustizia all’essere UMANO che è in
ciascuno. E’ in assenza di tale valorialità condivisa che l’individuo si avvia sulla strada del disagio,
con le modalità personali cui può permettersi di accedere.
Da educatori, insegnanti, genitori, non dobbiamo pensare all’allievo prepotente, al bambino debole,
al figlio difficile: piuttosto dobbiamo “sentire” (empaticamente) e dare voce (sostenere) all’essere
umano che è dentro di lui/lei, che soffre in un ambiente disfunzionale, e contribuire a riportarlo alla
sua fisiologia emozionale e valoriale affinché possa considerarsi, come detto, un SOGGETTO
comunque degno, rispettato, amato.
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ELETTRICITÀ
INTRODUZIONE
Gli effetti del passaggio della corrente elettrica nel corpo umano sono derivati da un ampio studio basato
su osservazioni cliniche, ricerche bibliografiche ed esperimenti effettuati su animali, persone defunte e, in
qualche caso, con correnti di breve durata, su persone vive consenzienti. In particolare sono stati studiati
gli effetti sul corpo umano dell’intensità della corrente elettrica anche in funzione della sua durata, del
suo percorso all’interno del corpo, delle caratteristiche elettriche dei tessuti interessati al passaggio della
corrente e della forma dell'onda. In queste note si farà riferimento esclusivamente ai rischi che possono
derivare dall’uso di macchine ed impianti elettrici sui posti di lavoro tenuto conto delle caratteristiche
dell’energia elettrica usata in Italia.
EFFETTI SULLA SALUTE
Il comportamento del corpo umano al passaggio della corrente elettrica
I movimenti muscolari del corpo sono originati da impulsi elettrici generati dal cervello. I muscoli,
stimolati da questi impulsi, reagiscono contraendosi; al di là di una visione meccanicistica del corpo, tutta
la possibilità di movimento dell'uomo è correlata con la capacità fine che hanno i muscoli di reagire agli
stimoli provenienti dal cervello.
Le fasce muscolari, quando vengono interessate da correnti che hanno origine da sorgenti esterne al
corpo, ad esempio quando si prende la "scossa", si contraggono obbedendo anche ad esse; se la corrente
"esterna" è più intensa di quella "interna" possono ingenerarsi situazioni di pericolo e le conseguenze, sul
corpo umano, possono essere le più varie. Di seguito si riportano solo i fenomeni più importanti.
La contrazione muscolare
E' quel fenomeno per cui i muscoli, se attraversati dalla corrente, si irrigidiscono. In sintesi si può dire
che quando le correnti sono di modesta intensità i muscoli maggiormente interessati alla contrazione
sono quelli posti in prossimità del punto di ingresso della corrente. Se l'ingresso della corrente elettrica
avviene attraverso una mano, come normalmente succede, la contrattura dei muscoli fa stringere la
mano sull’elemento in tensione (tetanizzazione). L'infortunato, pur nella consapevolezza del rischio corso,
non riesce a fare nulla per distaccarsi dalla parte in tensione. Quando si è investiti da correnti elevate,
invece, tutti i muscoli, normalmente anche quelli più lontani, vengono interessati al fenomeno; fra questi
anche quelli delle fasce lombari e delle cosce (eccitazione motoria). La contrazione dei muscoli degli arti
inferiori comporta violenti movimenti involontari che possono causare salti dell'infortunato con caduta
lontano dal punto di contatto.
L'arresto respiratorio
L' arresto viene provocato dall'entrata in contrazione dei muscoli respiratori (diaframmatici, intercostali,
pettorali) con conseguente paralisi della gabbia toracica ed impedimento dei normali movimenti
respiratori. In questi casi si presentano fenomeni di asfissia con progressivo impoverimento dell'ossigeno
presente nei polmoni e comparsa di cianosi. Le conseguenze possono arrivare fino alla perdita di
coscienza e, nei casi, più gravi alla morte dell'infortunato.
L'arresto cardiaco
Per comprendere il fenomeno occorre ricordare che il muscolo cardiaco si contrae ritmicamente
sostenendo, in tal maniera, la circolazione del sangue nel corpo; banalizzando il discorso si può dire che il
cuore si comporta come se fosse un motore. A differenza degli altri muscoli che vengono stimolati dalla
attività elettrica del cervello, la contrazione dei muscoli cardiaci è provocata dal cuore stesso. Quando per
un motivo qualsiasi si guasta e non è più in grado di elaborare gli stimoli elettrici necessari, il cuore si
ferma e la circolazione del sangue nel corpo si arresta con tutte le gravi conseguenze che ne derivano. Si
comprende facilmente come un passaggio di una corrente elettrica esterna, andando a sovrapporsi alla
attività elettrica propria del cuore, getti le fasce muscolari cardiache in uno stato di confusione
impedendo loro di svolgere la propria funzione.
Le ustioni
Alla stregua di qualsiasi circuito elettrico anche il corpo umano quando viene attraversato dalla corrente
si riscalda; se la quantità di calore sviluppata è molto alta possono aversi bruciature nei tessuti
attraversati dalla corrente. E' il famoso effetto Joule. La quantità di calore sviluppato è direttamente
proporzionale all’intensità di corrente che attraversa il corpo, alla sua resistenza ed alla durata del
fenomeno. La parte del corpo umano maggiormente interessato a questo fenomeno è la pelle. Ma quando
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le intensità di corrente sono molto alte si possono verificare ustioni profonde in molti tessuti e possono
essere danneggiati interi arti (braccia, spalle, arti inferiori, ecc.).
Le ustioni possono essere causate anche da archi provocati da scariche elettriche prodotte da
apparecchiature sotto tensione. Particolarmente pericolosi sono gli archi provenienti da apparecchiature
elettriche alimentate in alta tensione.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
I rischi connessi con l’uso dell’energia elettrica sono essenzialmente:
rischi dovuti a contatti elettrici diretti (sono quelli derivati da contatti con elementi normalmente in
tensione ad esempio l’alveolo di una presa, un conduttore nudo, ecc);
rischi dovuti a contatti elettrici indiretti (sono quelli derivati da contatti che avvengono con elementi finiti
sotto tensione a causa del guasto (ad esempio la scossa presa quando si apre un frigorifero o si tocca un
tornio o una qualsiasi altra macchina);
rischi di incendio dovuti a cortocircuiti o sovracorrenti;
rischi di esplosione (sono quelli dovuti al funzionamento degli impianti elettrici installati in ambienti
particolari nei quali è possibile la presenza di miscele esplosive come ad esempio nelle raffinerie, industrie
chimiche, in talune centrali termiche funzionanti a gas, nei mulini, ecc).
Tutti questi rischi sono stati studiati e la prevenzione degli infortuni in questi casi si basa sull’uso di
macchine ed impianti realizzati a regola d’arte, su una loro adeguata manutenzione e su un loro uso
corretto.
Gli impianti e le macchine
Per legge le norme CEI forniscono una presunzione assoluta, anche se non esclusiva, di regola d’arte e
quindi le apparecchiature e gli impianti realizzati e mantenuti secondo le indicazioni delle norme CEI sono
da considerare sicuri. Gli impianti, inoltre, devono essere realizzati secondo i principi individuati dalla
legge 46/90; in particolare devono essere:
realizzati da ditte iscritte nell’apposito albo delle imprese artigiane o nel registro delle ditte presso le
Camere di Commercio;
progettati a partire dai limiti previsti dalla legislazione vigente;
realizzati secondo le norme CEI o normativa equivalente;
realizzati con materiali anch’essi realizzati a regola d’arte;
verificati ai fini della sicurezza e funzionalità;
forniti di dichiarazione di conformità rilasciata dall’installatore completa di tutti gli allegati obbligatori.
Per quanto riguarda le macchine o i componenti elettrici non è ammesso l’uso apparecchiature "anonime"
per le quali non sia possibile risalire al costruttore. In particolare ogni componente elettrico deve essere
fornito degli elementi che lo identificano compiutamente (targa del costruttore, contrassegni, marcature o
marchi, libretti di manutenzione ed uso, ecc.).
La manutenzione
Al fine di evitare rischi connessi con l’uso di apparecchiature rotte o deteriorate occorre controllare
periodicamente lo stato di conservazione delle attrezzature che si usano segnalando al servizio di
manutenzione la loro sostituzione o riparazione. L’uso di componenti elettrici deteriorati (cavi spellati,
custodie rotte, connessioni elettriche approssimate, prese a spina spaccate, ecc.) fa aumentare
considerevolmente il rischio di contatti elettrici.
Usi impropri
Particolare cura deve essere posta nell’uso proprio di apparecchiature elettriche. Un impianto o un
apparecchio elettrico anche ben costruiti possono diventare pericolosi se utilizzati o conservati in maniera
impropria. Valgono le seguenti avvertenze:
non effettuare mai riparazioni sugli impianti elettrici o sulle macchine se non si è in possesso delle
caratteristiche di professionalità previste dalla legislazione vigente. Un impianto elettrico o una
apparecchiatura nati sicuri possono, per errata riparazione, diventare pericolosi. Inoltre la manomissione
di un impianto o di un componente fa perdere agli stessi la garanzia del costruttore;
non utilizzare componenti non conformi alle norme. Tutta la sicurezza di un impianto finisce quando si
usano utilizzatori elettrici (ad esempio spine, adattatori, prese multiple, prolunghe, lampade portatili, ecc)
non rispondenti alle norme;
non utilizzare componenti elettrici o macchine per scopi non previsti dal costruttore. In questi casi l’uso
improprio del componente può ingenerare situazioni di rischio, elettrico o meccanico, non previsti all’atto
della sua costruzione;
non usare apparecchiature elettriche in condizioni di rischio elettrico accresciuto (ad esempio con le mani
bagnate, con i piedi immersi nell’acqua o in ambienti umidi). In questi casi possono diventare pericolose
anche tensioni abitualmente non pericolose;
non lasciare apparecchiature elettriche (cavi, prolunghe, trapani, ecc.) abbandonate sulle vie di transito.
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In questi casi, oltre ad essere occasione di inciampo e di caduta di persone, i componenti sono soggetti a
deterioramento meccanico non previsto dal costruttore con conseguenti situazioni di rischio.
Segnalare sempre con tempestività ogni anomalia, quali cavi scoperti o danneggiati, prese di corrente o
interruttori mal fissati ai muri o senza protezioni;
Non toccare mai spine, interruttori o altra apparecchiatura elettrica con le mani bangate
Non usare collegamenti multipli (doppi prese, “ciabatte”, prolunghe( ne collegare più prese fra loro
Non disinserire le spine tirandone il cavo
Non toccare mai una persona folgorata se son si è certi che sia stata interrotta la corrente elettrica,
eventualmente spostare la persona dalla sorgente tramite bastone o altro oggetto di legno
Non lasciare portalampade senza lampadine;
Ricordare di non utilizzare fornelli o stufe elettriche
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 80 e succ. e allegato IX
Le più importanti leggi da rispettare nella prevenzione degli infortuni di origine elettrica sono
le
seguenti:
legge 1 marzo 1968 n. 186 "Disposizioni concernenti la produzione di materiali,
apparecchiature, macchinari, installazioni ed impianti elettrici ed elettronici";
legge 18 ottobre 1977 n. 791 "Attuazione della direttiva del Consiglio delle comunità
europee (n. 73/23 CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale
elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione";
legge 5 marzo 1990 n. 46 "Norme per la sicurezza degli impianti";
decreto legislativo 4 dicembre 1992 n. 476 "Attuazione della direttiva 89/336 CEE del
Consiglio del 3 maggio 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli stati
membri relative alla compatibilità elettromagnetica, modificata dalla direttiva 93/31 CEE
del Consiglio del 29 aprile 1992".
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AGENTI CHIMICI – PRODOTTI
CHIMICI
INTRODUZIONE
Numerosi prodotti chimici (sostanze, preparati, miscele, rifiuti) presentano un rischio per la salute e la
sicurezza dei
lavoratori. Tali pericoli si nascondono, talvolta, sotto nomi semplici come "varechina, antigelo, inchiostro,
vernice,
fertilizzanti..". Sono d'uso corrente e quotidiano in tutti i settori di attività. La pericolosità di tali prodotti è
legata alle loro
proprietà intrinseche di poter produrre effetti nocivi sull’organismo vivente, quali ad esempio: l'infiammabilità
, la reattività,
la tossicità, la corrosività .
Il rischio deriva dal contatto dei prodotti pericolosi con l'organismo umano, in particolare per le condizioni di
uso di questi
prodotti.
Durante il lavoro, i lavoratori possono essere esposti a sostanze, preparazioni o rifiuti pericolosi, sia in modo
accidentale
(esplosione, incendio, rottura di condutture, serbatoi o altri contenitori) sia in modo abituale (uso quotidiano
sul posto di
lavoro). Il livello di esposizione è legato alla dose assunta e al tempo durante il quale il lavoratore è stato in
contatto con il
prodotto o la sostanza pericolosa.
EFFETTI SULLA SALUTE
Vi sono tre vie principali di penetrazione dei tossici nell'organismo: la via cutanea (pelle), la respirazione
(polmoni) e
l’ingestione (bocca). Gli organi interni presentano diversa affinità ai prodotti chimici.
Esistono diversi tipi di intossicazione:nell'intossicazione acuta, gli effetti sono immediati a seguito di una
esposizione di breve
durata con assorbimento rapido del tossico; nell'intossicazione cronica, gli effetti sono tardivi (da qualche
giorno a diverse
decine di anni) e sono conseguenti alla esposizione a dosi minime ma frequenti per lunghi periodi. Tali effetti
dipendono dalla
natura dei prodotti in causa, dalle operazioni eseguite (durata dell'operazione, frequenza, .....) e dalla
sensibilità
dell'organismo.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
Ogni recipiente contenente un prodotto pericoloso deve essere etichettato da chi l'ha riempito.
Il fornitore deve predisporre una scheda con i dati sulla sicurezza e deve trasmetterla all'utilizzatore.
Una priorità assoluta è rappresentata dal censimento dei prodotti pericolosi per limitarne l'impiego e cercare
prodotti
sostitutivi meno pericolosi, soprattutto nel caso di agenti cancerogeni.
Far conoscere la composizione dei prodotti o delle preparazioni pericolose (etichettatura chiara, informazione
verbale o
scritta, se necessario).
Informare sistematicamente in anticipo ogni lavoratore sui rischi che presentano per la sua salute o la sua
sicurezza, prima di
utilizzarli e sulle modalità operative oltre che sulle condizioni e le precauzioni per l'uso.
Limitare il numero dei lavoratori esposti all'azione dei prodotti pericolosi, controllare e rispettare i livelli di
esposizione
regolamentari, tener conto dei valori raccomandati (i valori limite di esposizione e i valori medi sono stati
definiti per un
grande numero di sostanze).
Sviluppare i mezzi di protezione collettiva (captazione alla fonte, aerazione, purificazione dei locali, mezzi di
rilevamento...) o
quando ciò non sia possibile, utilizzare gli equipaggiamenti di protezione individuale.
Predisporre una nota informativa con le avvertenze per ogni posto di lavoro che espone i lavoratori a prodotti
pericolosi, per
informarli sui rischi e le precauzioni da prendere.
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Con riferimento alla situazione scolastica è necessario che i detersivi e detergenti siano tenuti chiusi in
appositi locali in
appositi armadi e tenuti fuori dalla portata dei bambini
Che i collaboratori scolastici nell’uso dei detersivi leggano le etichette di istruzione e usino i DPI (mascherine)
nel momento in
cui si usa in maniera diretta il liquido detergente.
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 201 e succ.
Decreto Ministeriale 7/9/2002. Recepimento della direttiva 2001/58/CE riguardante le modalità della informazione su
sostanze e preparati pericolosi immessi in commercio.
DM 26/02/04. Definizione di una prima lista di valori limite indicativi di esposizione professionale agli agenti chimici.
Decreto Legislativo 14 marzo 2003, n. 65. Attuazione delle direttive 1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione,
all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi
Decreto Legislativo 3 febbraio 1997, n. 52. Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed
etichettatura delle sostanze pericolose
D.Lgs n.194 del 17.3.1995
Attuazione della direttiva 91/414/CEE in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari
D.lgs n.475 del 4/12/1992; all. II punto 3.10
Attuazione della direttiva 89/686/CEE in materia di dispositivi di protezione individuale
D.M. del 28.1.1992
Classificazione e disciplina dell’imballaggio e della etichettatura dei preparati pericolosi in attuazione di direttive comunitarie
D.P.R. n.223 del 24/5/1988
Attuazione di direttive comunitarie sulla classificazione, imballaggio e etichettatura di preparati pericolosi (antiparassitari)
D.M. n.84 del 23.2.1988
Etichettatura speciale da applicare su sostanze e preparati pericolosi
D.M. del 3/12/1985 ; D.M. del 16/2/1993
Classificazione e disciplina dell’imballaggio e dell’etichettatura delle sostanze pericolose
D.P.R. n.904 del 10/9/1982 e successive modifiche
Attuazione della direttiva 76/769/CEE relativa alla immissione sul mercato e all’uso di talune sostanze e preparati pericolosi
Legge n.256 del 29/5/1974 e successive modifiche
Classificazione e disciplina dell’imballaggio e dell’etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi
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CHIMICI – INQUINAMENTO DA POLVERI
INTRODUZIONE
La composizione dell'aria negli ambienti di lavoro deve essere compatibile con il fabbisogno respiratorio dei
soggetti che vi
soggiornano: a tal fine occorre che siano assicurati il ricambio e l’eliminazione dell'aria viziata nonché
dell'anidride carbonica
prodotte dalla respirazione.
Il ricambio può essere effettuato mediante gli appositi dispositivi di aerazione o di purificazione dell’aria,
ovvero in modo
naturale mediante l’apertura di finestre, porte o vetrate.
Nei locali con inquinamento "non specifico" (dovuto alla sola presenza umana), il ricambio dell’aria deve
soddisfare due
esigenze:
- essere adeguato, in termini quantitativi e qualitativi, a preservare lo stato di salute dei lavoratori;
- non comportare sbalzi di temperatura.
Nei locali con inquinamento "specifico" (provocato, cioè, dall’emissione di sostanze pericolose usate o prodotte
durante la
lavorazione), si deve provvedere anche ad eliminare i fattori nocivi, ogni volta che ciò sia tecnicamente
possibile:
- mediante sostituzione delle sostanze inquinanti con altri prodotti meno pericolosi;
- captando gli inquinanti alla fonte.
A ciò si provvede mediante gli impianti di ventilazione, che devono assicurare l’allontanamento degli
inquinanti residui,
nonché la immissione dell’aria di compensazione e supplementare per la eventuale evacuazione a seguito di
incidenti.
Nell’impianto di aspirazione, viceversa, dovranno essere opportunamente curati il posizionamento degli
aspiratori alla fonte, il
loro ingombro, il livello sonoro e la eliminazione di correnti di aria indotte.
EFFETTI SULLA SALUTE
L’inquinamento "non specifico" dell’aria può concorrere all’insorgenza di modesti disturbi per la salute
(manifestazioni
irritative o allergiche a carico dell’apparato otorinolaringoiatrico), mentre l’inquinamento "specifico" può
provocare rilevanti
conseguenze per la salute (malessere, asma, intossicazione, vere e proprie malattie da agenti tossici inalati.)
che possono
aggravarsi in relazione alla durata ed alla intensità dell’esposizione.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
In caso di eventuale utilizzazione negli ambienti di lavoro di prodotti inquinanti, che per la scuola sono:
fotocopiatrici e
sistemi di ventilazione, occorre areare i locali e assicurare la corretta manutenzione degli impianti
(sostituzione filtri)
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 62 e succ. e allegato IV p. 1.9
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FISICI: RUMORE
INTRODUZIONE
Il rumore negli ambienti di lavoro è ormai diventato uno dei problemi più importanti tra quelli compresi
nell’igiene del lavoro.
La continua meccanizzazione della produzione con l’introduzione di processi tecnologici continui ha portato al
moltiplicarsi
delle fonti di rumore e ad un aumento della percentuale di lavoratori esposti a questo fattore di rischio.
Lo sviluppo tecnologico, con il relativo aumento esponenziale del rischio da esposizione, non e’ stato seguito
da adeguate
misure preventive.
Come rumore può essere indicato qualsiasi suono indesiderabile. Tuttavia, e’ impossibile stabilire in via teorica
se una
vibrazione meccanica percettibile con l’udito sarà per l'ascoltatore un suono o un rumore, in quanto tale
giudizio sarà
soggettivo e pertanto variabile da persona a persona.
Il rumore come trasmissione di suoni e’ un fenomeno vibratorio. I parametri più importanti per la misurazione
dell’onda
sonora sono l’ampiezza (rappresenta il valore che assume la pressione) e la frequenza (numero di oscillazioni
compiute dalla
vibrazione in un secondo). Il suono viene misurato in decibel per quel che riguarda la pressione sonora e in
hertz per quel che
riguarda la frequenza.
L’orecchio umano trasmette i rumori al cervello che li elabora per estrarne delle informazioni utili al soggetto
per la
comunicazione tra gli individui.
Il tempo di esposizione e la pressione sonora sono fattori fondamentali per definire l’azione biologica del
rumore stesso. Data
la complessità dell’azione biologica del fenomeno rumore, altri parametri possono influenzare la sua azione
quali, la
distribuzione delle frequenze o le caratteristiche proprie degli individui.
EFFETTI SULLA SALUTE
Il rumore è causa di danno (ipoacusia, sordità) e comporta la malattia professionale statisticamente più
significativa. Da qui
la crescente attenzione al problema, prestato da tecnici e legislatori, volta alla prevenzione e alla bonifica
degli ambienti di
lavoro inquinati.
Gli effetti nocivi che i rumori possono causare sull'uomo dipendono da tre fattori: intensità del rumore,
frequenza del rumore
e durata nel tempo dell’esposizione al rumore.
Questi effetti possono esser distinti in:
a. effetti uditivi: vanno ad incidere negativamente a carico dell'organo dell'udito provocando all'inizio fischi e
ronzii alle
orecchie con una iniziale transitoria riduzione della capacità uditiva e successiva sordità, che in genere è
bilaterale e
simmetrica.
Il rumore agisce sull’orecchio umano causando secondo la natura e l’intensità della stimolazione sonora:
uno stato di sordità temporanea con recupero della sensibilità dopo riposo notturno in ambiente
silenzioso;
uno stato di fatica con persistenza della riduzione della sensibilità e disturbi nell’udibilità della voce di
conversazione
per circa 10 giorni;
uno stato di sordità da trauma acustico cronico con riduzione dell'intelligibilità del 50%.
b. effetti extrauditivi: insonnia, facile irritabilità, diminuzione della capacità di concentrazione sino a giungere
ad una
sindrome ansioso-depressiva, aumento della pressione arteriosa, difficoltà digestiva, gastriti od ulcere,
alterazioni tiroidee,
disturbi mestruali, ecc.
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I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
La prima cosa da fare è ridurre i livelli di rumore.
E’ necessario ridurre il rumore alla fonte, cioè progettare ed acquistare macchine con la più bassa emissione di
rumore.
Limitare la propagazione delle onde sonore, isolando la sorgente sonora utilizzando per le pareti, i muri ed i
soffitti degli
ambienti di lavoro dei materiali assorbenti.
Limitare il tempo di esposizione del lavoratore.
Protezione del lavoratore o con ambienti cabinati o mediante protezioni individuali quali cuffie (abbattono circa
di 20 db
l'intensità dello stimolo sonoro) o tappi alle orecchie.
Il DLGs. 195/2006 fissa i seguenti nuovi limiti per il rumore:
Valore limite di esposizione (giornata lavorativa di 8 h): 87dB(A)
Valore superiore di azione (giornata lavorativa di 8 h): 85 dB(A)
Valore inferiore di azione (giornata lavorativa di 8 h): 80 dB(A)
Livello di esposizione settimanale al rumore (5 giorni lavorativi, 8 h al giorno, nel caso di esposizione
giornaliera variabile):
87dB(A).
Il datore di lavoro sottopone alla Sorveglianza sanitaria i lavoratori la cui esposizione al rumore supera gli 85
Decibel. La
sorveglianza sanitaria è estesa ai lavoratori esposti a livelli superiori di 80 Decibel su loro richiesta o qualora il
medico
competente ne conferma l’opportunità.
Nel caso in cui l’esposizione al rumore superi gli 80 Decibel il datore di lavoro mette a disposizione dei
lavoratori dispositivi di
protezione individuali dell’udito, nel caso in cui tale esposizione sia uguale o superiore agli 85 Decibel il datore
di lavoro fa
tutto il possibile per assicurare che vengano indossati i dispositivi di protezione individuale dell’udito.
I locali, in cui le lavorazioni comportano un'esposizione personale superiore agli 85 decibel, sono provvisti di
apposita
segnaletica ed eventualmente, qualora il rischio lo giustifichi, sono perimetrati per una limitazione d'accesso.
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 187 e succ.
D.M. n.316 del 4 marzo 1994, artt 1, 4, 8
Regolamento recante norme in materia di limitazione del rumore prodotto dagli escavatori idraulici e a funi apripista e pale
meccaniche
D.lgs. n.134 del 27 gennaio 1992
Attuazione della direttiva 86/494/CEE relativa al rumore aereo emesso dagli apparecchi domestici.
D.lgs. n.137 del 27 gennaio 1992
Attuazione della direttiva 87/405/CEE relativa al livello di potenza acustica ammesso delle gru a torre.
D. lgs. n. 277 del 15 agosto 1991, artt. 38-49 e allegati VI e VII
Attuazione delle direttive 80/1107, 82/ 605, 83/477, 86/188 e 88/642 in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro.
G.U. n. 200 del 27/8/91.
DPCM del 1 marzo 1991, artt. 1, 2, 6 e allegati A e B
Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno.
D.lgs. n.135 del 27 gennaio 1991. art. 7 e allegati II e III
Attuazione della direttiva 86/662/CEE e 89/514/CEE in materia di limitazione del rumore prodotto dagli escavatori idraulici e
a funi apripista e pale meccaniche
D.M. n.588 del 26 novembre 1987, art 6 e allegati da I a VII
Metodo di misura del rumore di motocompressori, gru a torre, gruppi elettrogeni di saldatura, gruppi elettrogeni e martelli
demolitori azionati a mano, utilizzati per compiere lavori nei cantieri edili e di ingegneria civile.
Legge n.862 del 19 novembre 1984
Ratifica convenzione OIL n.148
Legge n.864 del 19 ottobre 1970
Ratifica convenzione OIL n.120
D.P.R. n. 303 del 19 marzo 1956, art 24 e 48, tabella allegata
Norme generali per l’igiene del lavoro
art. 24 Rumori e scuotimenti
Norme tecniche armonizzate.
UNI 7545/22 - segni grafici per segnali di pericolo: rumore.
UNI 9432 - determinazione del livello di esposizione personale al rumore negli ambienti di lavoro.
UNI 10163 - acustica: cabina per personale in ambiente di lavoro; misurazioni della perdita per trasmissione sonora; metodo
di controllo.
UNI En 24869/1 - acustica, protettori auricolari, metodo soggettivo per la misura dell'attenuazione sonora.
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RISCHIO BIOLOGICO
INTRODUZIONE
Si riferisce al rischio di contratte infezioni e altre patologie mediche a seguito di trasmissione di
microorganismi
e/o inalazione di particelle particolari
Come si verifica:
1. per via aerea
2. per contatto
3. attraverso goccialine
Per via aerea
Avviene la disseminazione sia di nuclei di goccioline, sia di particelle contenenti l’agente infettivo
I micro-organismi trasportati in questo modo possono essere ampiamente dispersi nelle correnti d’aria ed
essere inalati da un ospite suscettibile, nella stessa stanza o a una maggiore distanza dalla sorgente, in
rapporto a fattori ambientali
Per Contatto
Il passaggio di micro-organismi da un soggetto infetto o colonizzato verso un ospite può avvenire per
contatto cute contro cute. Generalmente in attività di stratto contatto fisico
Attraverso goccioline
Attraverso le goccioline che vengono emesse durante la discussione o con la tosse. E’ però necessario un
contatto molto ravvicinato
Una particolare attenzione deve essere posta nella prevenzione delle malattie che possono essere
trasmesse tramite sangue (epatite B- C e HIV)
Precauzioni Universali
Costituiscono l’insieme delle misure di barriera e dei comportamenti volti a prevenire e contenere la
trasmissione dei micro-organismi
Occorre procedere a
1) lavaggio sociale e/o antisettico delle mani
2) adozione di idonee misure di protezione
3) adeguate procedure di decontaminazione, pulizia, disinfezione dei presidi e attrezzature
4) pulizia, sanificazione e disinfezione di superfici e ambienti
5) corretta gestione e del materiale biologico
DPI:
Camici forniscono una protezione estesa a tutto il corpo
Guanti monouso sterili che determinano contatto con il corpo normalmente sterili
Guanti in gomma per uso domestico per le operazioni di pulizia ambientale e per la decontaminazione di
attrezzature
Maschere, occhiali, copri faccia protettivi in caso di rischi di contatto di materiale biologico
Cosa fare in caso di contaminazione dell’ambiente
In caso di contaminazione accidentale di superfice (spandimento di liquidi biologici, sangue…) è
necessario
Indossare guanti, camici e mascherine
Spargere sulla zona interessata granuli di dicloisocianurato di sodio (bioni) e lasciali agire per 5 minuti
Raccogliere tutto con carta ed eliminare nei contenitori di rifiuti speciali
Lavare con detergente e disinfettante
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VIDEO TERMINALI - ATTREZZATURE
MUNITE DI SCHERMO VIDEO (V.D.T)
INTRODUZIONE
I problemi posti dalla utilizzazione "professionale" delle attrezzature dotate di schermo video (e cioè, secondo
la definizione dell'art. 172 del D. Lgs. n. 81/2008 "in modo sistematico ed abituale per almeno venti ore
settimanali"), sono collegati alle caratteristiche ed al posizionamento di dette apparecchiature; alla
presentazione dei programmi di software; al contenuto dei compiti con esse espletati, ed, infine, all'ambiente
prossimo al posto di lavoro.
Infatti, il lavoro con le apparecchiatura in questione non è caratterizzato da un impegno solo visivo, ma si
integra in un sistema suscettibile ad incidere sull'organizzazione, sul contenuto delle mansioni e sulla
sistemazione del posto di lavoro.
Dal punto di vista prevenzionale, il loro impiego pone dei problemi particolari in relazione: agli eventuali
riflessi fastidiosi; alla differenza di illuminazione fra schermo ed ambiente circostante; al posizionamento delle
apparecchiatura; alla progettazione degli ambienti; ecc., in relazione ai quali sono adottati specifici
accorgimenti consistenti:
nella corretta posizione rispetto alle fonti di illuminazione;
nella eventuale adozione di schermature fisse o mobili, atte a consentire il controllo delle fonti luminose
naturali;
nella ergonomia dei posti e dei luoghi di lavoro;
nella regolazione della luminosità e del contrasto dello schermo video da parte del lavoratore.
A ciò va aggiunto l'adeguamento dei programmi di software ai livelli medi di acquisizione degli addetti, per
migliorare la facilità di accesso e di gestione delle procedure informatiche, e conseguire, insieme al consenso
del lavoratore, una maggiore produttività ed efficienza del sistema.
EFFETTI SULLA SALUTE
Le conoscenze scientifiche più accreditate non consentono di stabilire rapporti diretti tra il carico dovuto al
lavoro al v.d.t. e le più diffuse patologie dell'apparato visivo.
Sono stati registrati, peraltro, a fronte di un errato posizionamento e di una prolungata utilizzazione degli
apparecchi, modici disturbi, sia a carico di tale apparato che di quello muscolo-scheletrico, normalmente
risolvibili tanto con il riposo giornaliero quanto con un più corretto posizionamento degli apparecchi medesimi.
Occorre pertanto che siano rispettati i seguenti dettami
1. Introduzione: L’impiego e i requisiti delle attrezzature munite di videoterminali (software incluso), le
caratteristiche dell’ambiente lavorativo in cui sono adoperate, l’informazione, la formazione e la sorveglianza
sanitaria dei lavoratori che le utilizzano sono disciplinati dal Titolo VII e dall’Allegato XXXIV
2. Definizioni
Per comprendere il contenuto del presente opuscolo, è indispensabile conoscere il significato che la
Legislazione Italiana attribuisce ai termini videoterminale (qui di seguito denominato anche VDT), posto di
lavoro e lavoratore, nell’ambito delle attività che comportano l’uso di attrezzature munite di VDT:
a) Videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico (o impiegato per visionare filmati analogici o
digitali) a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato (tubo catodico, schermo a cristalli
liquidi, schermo al plasma, etc.);
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con
tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli
accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la
stampante, il supporto per i documenti,la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro
immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico o
abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'art. 175.
3. Disturbi connessi all’uso di attrezzature munite di videoterminali
I principali disturbi legati all’uso di attrezzature munite di videoterminali sono qui di seguito esposti.
Disturbi visivi
Si manifestano sotto forma di pesantezza, tensione, bruciore, arrossamento oculare; deficit della messa a
fuoco; vista annebbiata. Possono presentarsi ove l'illuminazione dell'ambiente di lavoro sia incongrua nonché
quando si utilizzino schermi non idonei per la luminosità, il contrasto, le dimensioni dei caratteri, lo
sfarfallamento, etc. In passato erano i tipi di disturbi più frequenti; i monitor della generazione odierna, se
inseriti in un ambiente con illuminazione adeguata, rendono trascurabili i disagi visivi.
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Disturbi posturali
Derivano da posture scorrette assunte dall’operatore mentre svolge la propria attività. Possono dipendere
dalle caratteristiche del sedile (altezza, schienale, etc.), dalle dimensioni del tavolo di lavoro, dall’esistenza o
no di un poggia-piedi o di superfici di appoggio per gli avambracci, dall'altezza e dall’angolazione dello
schermo, dalla conformazione della tastiera, dalla posizione del portapagine, ma anche da una sbagliata
regolazione del sedile o disposizione delle parti costituenti la postazione di lavoro.
Disturbi psicologici
Sono causati, in genere, dall’organizzazione del lavoro e dal contenuto intellettuale dell’attività svolta. Si
presentano nella veste di ansia, nervosismo, irritabilità, demoralizzazione e alterazione dell'umore.
Disturbi da radiazioni e campi elettromagnetici
Tutti gli studi e le indagini epidemiologiche sinora svolti portano a escludere, per i videoterminali, rischi
specifici derivanti da radiazioni, ionizzanti e non ionizzanti, a carico sia dell’operatore sia della prole.
4. Obblighi del datore di lavoro
Il D.Lgs. n. 81/2008, relativo all'uso di attrezzature munite di videoterminali, stabilisce che il datore di lavoro,
all'atto della valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori deve compiere un’analisi dei posti
di lavoro al fine di determinare:
- i rischi per la vista e per gli occhi;
- i problemi legati alla postura nonché all'affaticamento fisico o mentale;
- le condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
È inoltre obbligatorio che attui l’adeguamento dei posti di lavoro occupati dai lavoratori nonché l’informazione
e la formazione di questi, che programmi i vari compiti in modo che siano evitati disagi fisici e morali a chi li
svolge e che fornisca a costoro gli eventuali dispositivi speciali di correzione
Obblighi del lavoratore
Il lavoratore deve svolgere la propria attività nel rispetto delle disposizioni e delle istruzioni impartite dal
datore
di lavoro, ai fini della tutela propria e collettiva, nonché applicando quanto ha imparato durante il corso di
formazione.
6. Interventi di prevenzione e dispositivi speciali di correzione
Gli interventi di prevenzione, richiesti per gli ambienti in cui operano i lavoratori definiti sopra, riguardano le
caratteristiche tecniche dell'attrezzatura di lavoro, del luogo in cui essa è collocata, della sua disposizione
all’interno del locale, nonché l’organizzazione dell’attività lavorativa, l’impiego di eventuali dispositivi speciali
di
correzione e la formazione dei lavoratori.
Le radiazioni devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della salute dei
lavoratori.
L’Allegato al Decreto 2 ottobre 2000 dichiara che, nei posti di lavoro con videoterminale, le intensità delle
radiazioni ionizzanti sono quelle rilevabili nei comuni ambienti di vita e di lavoro. La luce (radiazione
appartenente all’area visibile dello spettro elettromagnetico) artificiale è sufficiente che soddisfi le indicazioni
riportate nella Norma UNI 10380 (come modificata dall’aggiornamento A1 dell’ottobre 1999).
I campi elettromagnetici emessi dai videoterminali devono avere intensità mantenute al di sotto dei limiti
scritti
nella legislazione di riferimento: la presenza della marcatura CE sul videoterminale comporta che questa
norma
sia soddisfatta.
Il piano di lavoro dev’essere di profondità adeguata ad assicurare che la distanza visiva dallo schermo sia
proporzionale alle dimensioni di questo e compresa, indicativamente, fra 50 e 70 cm; inoltre deve avere
superficie:
· ampia a sufficienza da permettere sia una disposizione flessibile delle attrezzature (video, tastiera, etc.) e
dei
documenti, sia l’appoggio degli avambracci dell’operatore, davanti alla tastiera, durante la digitazione; si
consigliano: larghezza = 120÷160 cm, profondità = 90÷100 cm;
· di colore chiaro, non (o poco) riflettente;
· ben salda e di altezza, fissa o regolabile, compresa fra circa 70 e 80 cm.
Sotto il piano di lavoro, ci dev’essere lo spazio sufficiente per il comodo alloggiamento e la movimentazione
degli arti inferiori, nonché per l’inserimento del sedile.
L’eventuale portadocumenti dev’essere stabile, regolabile e collocato in modo da rendere minimi i movimenti
oculari e della testa fastidiosi; dev’essere inoltre disposto alla medesima altezza dello schermo nonché alla
stessa distanza che separa questo dagli occhi.
La tastiera deve avere superficie opaca e deve essere inclinabile, dissociata dallo schermo nonché posta sullo
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stesso piano del mouse (e di eventuali altri dispositivi di uso frequente). Occorre inoltre che le sue
caratteristiche e la sua disposizione ne agevolino l’impiego; in modo specifico, il Decreto 2 ottobre 2000
richiede che sia collocata davanti al video (salvo che l’uso di questo non avvenga saltuariamente), e che sia
assicurato lo spazio per appoggiare gli avambracci quando si digita.
I simboli dei tasti devono essere chiaramente leggibili dalla normale posizione di lavoro.
Lo schermo dev’essere collocato a circa 50÷70 cm dal viso dell’utente, in modo che il suo spigolo superiore
giaccia sotto l’orizzontale che passa per gli occhi di questo ; è necessario, inoltre, che la sua superficie rifletta
poco, che presenti caratteri definiti in modo chiaro e linee di testo ben separate fra loro. L’immagine
dev’essere stabile; la luminosità e il contrasto, regolabili senza difficoltà dal lavoratore. Dev’essere anche
semplice orientarlo e inclinarlo per, ad esempio, ridurre ai minimi termini gli eventuali riflessi, nonché
soddisfare le esigenze di chi lo adopera. È ammesso disporlo su di un sostegno adeguato, regolabile e distinto
dal piano di lavoro.
Il sedile dev’essere facilmente spostabile nonché saldo contro il rovesciamento e lo slittamento; deve
permettere al lavoratore una posizione comoda e di muoversi con una certà libertà; inoltre occorre che sia di
tipo girevole con basamento stabile e che abbia piano e schienale regolabili in maniera indipendente: il primo,
in altezza, il secondo, in altezza e in inclinazione. Affinché la stabilità sia garantita, occorre che la superficie
occupata dal basamento inglobi la proiezione orizzontale dell’area del piano; una soluzione è offerta dai
basamenti a 5 razze (che occupano quindi una superficie pentagonale) aventi estensione appropriata e rotelle.
Infine, il piano dev’essere permeabile al vapore, facilmente pulibile, con i bordi smussati e non troppo
cedevoli.
I braccioli, se presenti (alcuni esperti li sconsigliano, in quanto possono limitare i movimenti del corpo),
devono essere del tipo chiuso e costruiti in materiale antiurto; devono avere superficie opaca e antiriflesso,
inoltre non devono interferire col tavolo.
Il poggia-piedi (messo a disposizione di coloro che lo richiedano) deve avere in media dimensioni minime di
40 x 30 cm, con inclinazione regolabile ed altezza variabile fino a 15 cm
Le stampanti non devono perturbare, con il rumore emesso, né l’attenzione né la comunicazione verbale: in
caso contrario occorrerà segregare o insonorizzare le più rumorose (eventualmente tutte).
L'illuminazione deve essere idonea alla natura del lavoro, per intensità, qualità e distribuzione delle sorgenti
luminose. Si raccomanda un livello di illuminamento generale conforme alle indicazioni della Norma UNI
10380 (aggiornamento A1 – ottobre 1999); l’aggiunta di un’illuminazione localizzata integrativa può, in
determinate situazioni, migliorare il comfort dell’operatore. Per limitare l’affaticamento visivo, in certi casi
risulta necessario filtrare la luce naturale diurna, installando alle finestre tende regolabili (es. a veneziana), e
utilizzare, qualora fosse necessario, quella artificiale.
Occorre che si sostituiscano i tubi fluorescenti esauriti, per evitare il loro fastidioso sfarfallio.
Per quel che concerne il microclima, non devono esserci correnti d’aria; inoltre è importante che l’aria non sia
troppo secca per evitare possibili irritazioni agli occhi.
Il posto di lavoro deve essere allestito in modo che vi sia lo spazio per consentire cambiamenti di posizione e
di movimenti operativi.
La sua collocazione è legata a quella delle sorgenti di luce (e viceversa), siccome occorre realizzarla in modo
che risultino limitati fenomeni fastidiosi, tra i quali la riflessione sugli schermi e l’abbagliamento (senso di
disagio causato dalla presenza nel campo visivo di zone eccessivamente luminose sia in valore assoluto, sia
rispetto al resto del campo; il campo visivo è lo spazio che può essere abbracciato dallo sguardo, tenendo fissi
in un punto gli occhi). Pertanto, è consigliabile che:
· gli apparecchi di illuminazione generale siano distribuiti in file parallele alle finestre e laterali ai posti lavoro
· i videoterminali vengano posizionati in modo che lo schermo risulti perpendicolare alle finestre
Affinché l’abbagliamento riflesso risulti contenuto, si può:
· adottare l’impiego di arredi, apparecchiature, supporti cartacei, vestiti, ecc. dalla superficie poco riflettente;
· inclinare lo schermo, girarlo, regolarne l’altezza e, magari, utilizzarne uno piatto o con profilo schermante
(alcuni esperti sconsigliano l’uso dei filtri, in quanto ritengono che non migliorino e che spesso peggiorino la
qualità dell’immagine). Per di più, come sopra menzionato, la presenza di tende regolabili alle finestre,
opportunamente integrata da illuminazione artificiale (se del caso), permette di limitare l’affaticamento visivo.
La collocazione dei posti di lavoro è inoltre legata a quella delle sorgenti di calore: non dovrà essere attuata
nelle immediate vicinanze di radiatori ma, eventualmente, nemmeno di finestre che possano ricevere
l’irraggiamento solare diretto.
Altri interventi di prevenzione si attuano modificando temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro alle
eventuali lavoratrici gestanti (in osservanza al D.Lgs. 645/96, alla L.1024/71, nonché al Decreto 2 ottobre
2000), ma anche intercalando pause o cambiamenti di attività al lavoro di qualunque addetto al VDT che sia
classificabile in base alla definizione riportata nel capitolo 4, nonché riducendo ai minimi termini la ripetitività
e la monotonia delle operazioni.
Infine occorre che non si trascuri la prevenzione dei disturbi da affaticamento mentale: per attuarla è
necessario che l’attività al VDT sia preceduta da un adeguato periodo di formazione all’uso dei programmi e di
procedure informatiche. Si ricorda poi che la conoscenza del contesto in cui si colloca il risultato del lavoro al
VDT è un elemento utile per l’attenuazione di uno dei possibili fattori di stress.
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7. Sorveglianza sanitaria
La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente; consta di accertamenti preventivi (iniziali) e
periodici.
I lavoratori, prima di essere addetti alla propria attività, sono sottoposti a visita medica, affinché siano
evidenziate eventuali malformazioni strutturali, nonché all’esame degli occhi e della vista; sono sottoposti
anche a esami specialistici, qualora i controlli appena menzionati ne evidenziassero la necessità. I lavoratori
che in base a questi accertamenti siano stati classificati idonei con prescrizioni e quelli che abbiano compiuto
50 anni di età sono soggetti a visite di controllo biennali; per gli altri, idonei senza prescrizioni e non ancora
cinquantenni, la periodicità delle visite di controllo è quinquennale.
Le visite, preventive o di controllo, sono esplicate con le medesime modalità;
Informazione e formazione del lavoratore
Il lavoratore dev’essere informato che:
ha il diritto di interrompere lo svolgimento del proprio compito mediante pause ovvero cambiamento di
attività, quando sia impegnato a usare il VDT almeno quattro ore consecutive. Le caratteristiche delle
interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva, anche aziendale ma, in assenza di una disposizione
contrattuale in merito, esse sono di quindici minuti ogni centoventi di applicazione continuativa al VDT .
Esempi:
1) [1h:45m di applicazione al VDT + 15m di cambiamento di attività] + [1h:45m di applicazione al VDT +
15m di cambiamento di attività] = 4h consecutive ;
2) [55m di applicazione al VDT + 5m di interruzione] + [50m di applicazione al VDT + 10m di interruzione] +
[55m di applicazione al VDT + 5m di interruzione] + [50m di applicazione al VDT + 10m di interruzione] = 4h
consecutive .
Però è esclusa la cumulabilità delle interruzioni all’inizio e al termine dell’orario di lavoro. Esempio: nel caso di
attività lavorativa svolta quotidianamente al VDT, rispettando l’orario: 8÷12 e 14÷18, non si devono
concentrare le interruzioni in una pausa di 60 minuti prima delle 9 oppure dopo le 17, ma nemmeno fra le 11
e le 12 o tra le 14 e le 15. Inoltre, le modalità e la durata delle interruzioni possono venire stabilite
temporaneamente a livello individuale, ove il medico competente ne evidenziasse la necessità;
· è a sua disposizione un referente per la soluzione di problemi connessi ad anomalie del software o delle
attrezzature informatiche;
· la tastiera e il mouse si usano senza irrigidire né dita né polso e appoggiando gli avambracci sul piano di
lavoro (cosicché sia alleggerita la tensione muscolare del collo e delle spalle), cercando di mantenere questi
orizzontali e in modo che formino con i bracci un angolo di 70°÷ 90°;
· lo spigolo superiore dello schermo dev’essere disposto sotto l’orizzontale che passa per i suoi occhi ;
· durante le pause e i cambiamenti di attività, bisogna evitare compiti che richiedano un intenso impegno
visivo, come ad esempio la correzione di un testo scritto;
· occorre distogliere periodicamente lo sguardo dal video per guardare oggetti lontani, al fine di ridurre
l’affaticamento della vista;
· è importante la pulizia periodica di tastiera, mouse e schermo.
Per di più occorre che gli venga assicurata, da parte del datore di lavoro, una preparazione idonea affinché:
· acquisisca una confacente conoscenza delle apparecchiature e del software necessari per svolgere la sua
attività;
· sappia regolare bene il sedile e l’inclinazione dello schermo, ma anche assumere la postura corretta e
posizionare in maniera opportuna tastiera, mouse ed eventuale portadocumenti, in modo che siano limitati
affaticamenti fisici e visivi ;
· conosca la disposizione migliore del VDT rispetto alle sorgenti di luce;
· riesca a integrare correttamente l’illuminazione naturale con quella artificiale, per evitare fastidiose riflessioni
e abbagliamenti;
· impari inoltre, nel caso che la sua attività al videoterminale preveda posizioni fisse per tempi prolungati, gli
esercizi di rilassamento che dovrà svolgere per prevenire dolenzie al collo, alla schiena, agli arti.
NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 172 e succ. e allegato XXXIV
Ergonomia
UNI-EN 29211/1 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con
videoterminali - Introduzione generale
UNI-EN 29241/2 Videoterminali - Guida ai requisiti dei compiti
UNI-EN 29241/3 Requisii ergonomici per il lavoro di ufficio con
videoterminali - requisiti dell'unità video
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INCENDIO, ESPLOSIONE
INTRODUZIONE
L’incendio è una combustione che si sviluppa in modo incontrollato nel tempo e nello spazio. La
combustione è una reazione chimica tra un corpo combustibile e un corpo comburente. I combustibili
sono numerosi: legno, carbone, carta, petrolio, gas combustibile, ecc. Il comburente che interviene in un
incendio è l’aria o, più precisamente, l’ossigeno presente nell’aria (21% in volume). Il rischio di incendio,
quindi, esiste in tutti i locali.
L’esplosione è una combustione a propagazione molto rapida con violenta liberazione di energia. Può
avvenire solo in presenza di gas, vapori o polveri combustibili di alcune sostanze instabili e fortemente
reattive o di materie esplosive.
Per prevenire il rischio di incendio o di esplosione è necessario conoscere i rischi propri dell’impresa.
Le cause, che possono provocare un incendio, sono:
fiamme libere (p.es. operazioni di saldatura)
particelle incandescenti (brace) provenienti da un focolaio preesistente (p.es: braciere)
scintille di origine elettrica
scintille di origine elettrostatica
scintille provocate da un urto o sfregamento
superfici e punti caldi
innalzamento della temperatura dovuto alla compressione dei gas
reazioni chimiche
I diversi aspetti della combustione sono:
la combustione lenta: sprigiona un debolissimo calore e si
produce senza emissione di luce (caso della ruggine di ferro,
p.es.)
la combustione viva: sprigiona calore e luce; il fuoco può trasformarsi in fiamme, in incandescenza o, più
frequentemente, in entrambe.
Nel caso della esplosione, la propagazione può essere velocissima. La liberazione violenta di energia (in
un tempo dell’ordine del millesimo di secondo) provoca delle pressioni molto forti che hanno degli effetti
distruttivi enormi: deflagrazione con una velocità inferiore a quella del suono, detonazione con una
velocità superiore a quella del suono. Le esplosioni si producono in alcune miscele aria-gas infiammabili o
aria-materia polverulente (polvere di mina o grani, p.es.).
Classi di fuoco:
Classe A: fuochi di solidi, detti fuochi secchi.
La combustione può presentarsi in due forme:
combustione viva con fiamme
combustione lenta senza fiamme, ma con formazione di brace incandescente
L’agente di estinzione raccomandato è l’acqua.
Classe B: fuochi di idrocarburi solidificati o di liquidi infiammabili, detti fuochi grassi.
E’ controindicato l’uso di acqua a getto pieno.
Classe C: fuochi di combustibili gassosi.
Classe D: fuochi di metalli.
EFFETTI SULLA SALUTE
- dovuti alla fiamma
Il contatto diretto con la fiamma ed il calore da essa irradiato provocano ustioni.
- dovuti al calore
I gas caldi, di combustione e non, da soli possono provocare stress da calore, disitratazione ed edemi.
- conseguenti alla carenza di ossigeno
La concentrazione dell’ossigeno nell’aria, per effetto della combustione, può scendere sotto il 21% della
normalità. Alla diminuzione si associano via via, difficoltà di movimento, abbassamento capacità
valutativa, collasso ed asfissia.
- tossicità
I gas prodotti in una combustione possono essere tossici sia in relazione ai materiali coinvolti sia in
relazione alla quantità di ossigeno presente nel luogo dell’incendio. Al primo posto per numero di vittime
è il "famigerato" ossido di carbonio (CO). L’anidride carbonica (CO2) è un gas asfissiante ad elevate
concentrazioni. Tra gli altri gas più noti per la tossicità si rammentano l’idrogeno solforato, l’acido
cianidrico, l’ossido di azoto, l’ammoniaca, l’anidride solforosa, ecc.
- dei fumi
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Il termine fumo indica la fase nella quale i gas della combustione "trascinano" particelle solide o liquide
che lo rendono opaco. Il fumo produce un effetto irritante degli occhi e delle vie respiratorie, riduce la
visibilità con ostacolo per la evacuazione e per l’intervento dei soccorsi.
- traumatici
Quando all’incendio è associata una esplosione, le conseguenti onde di pressione possono provocare
eventi traumatici nei soggetti esposti.
I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
RIDURRE I RISCHI
Assicurare la salvaguardia delle persone:
rispettando il numero e la dimensione delle uscite di sicurezza regolamentari e controllando che le uscite
siano sempre completamente libere;
installando un sistema di allarme sonoro;
assicurandosi che la resistenza delle strutture al fuoco sia adeguata, permettendo l’evacuazione;
scegliere attrezzature che non possono provocare incendi;
limitare, per quanto possibile, la quantità di materiali e di prodotti infiammabili.
Inoltre, nel caso di rischio di esplosione:
isolare i locali a rischio dagli altri locali;
controllare l’atmosfera per restare sempre al di sotto del 25% dei limiti più bassi di esplosione (LIE);
evitare ogni fonte di ignizione (scelta di materiale adatto, misure contro la formazione di elettricità
statica, ...).
Limitare i danni:
facilitare l’intervento dei vigili del fuoco (accessi, prese d’acqua, ...);
fornire i mezzi di prevenzione e antincendio (dispositivi di rilevamento, mezzi di estinzione, ...);
organizzare la prevenzione incendio sul posto;
informare sistematicamente i lavoratori e i nuovi assunti sui dispositivi di estinzione e di primo soccorso
(localizzazione, condizioni d’uso) e svolgere delle esercitazioni periodiche;
in caso di rischio di esplosione, inoltre, prevedere mezzi per scaricare la pressione provocata
dall’esplosione.
Primi interventi:
E’ necessario prevedere degli estintori in numero sufficiente, di facile accesso e manovrabilità. Ad
esempio per 200 m2 di superficie, sono necessari almeno:
un estintore portatile ad acqua polverizzata da 6 litri come minimo;
in caso di rischi particolari, un numero di estintori di tipo appropriato ai rischi (p.es.: estintore a polvere
in caso di rischi elettrici).
Se necessario, si potrà prevedere, dietro consiglio dei servizi competenti:
l’installazione di RIA (rubinetti di incendio armati); colonne secche o colonne umide;
impianti fissi di estinzione automatica;
impianti di rilevamento automatico di incendio;
sabbia o terra mobile con mezzi di protezione.
Segnalazione per la prevenzione dei rischi legati all’incendio:
Deve durare nel tempo, collocata in punti appropriati e conforme alle norme e ai regolamenti in vigore
(segnali di direzione delle uscite, segnalazione delle attrezzature di primo soccorso e di lotta antincendio).
Allarme sonoro:
è installato in tutti gli stabilimenti dove sono riunite o occupate più di 50 persone, come pure in quelli
dove sono manipolate e lavorate delle materie infiammabili (esplosivi, comburenti, materie
estremamente infiammabili, materie il cui stato fisico può generare un’esplosione o una fiamma
improvvisa) quale che sia la grandezza dello stabilimento;
deve essere udibile:
in qualsiasi punto dello stabilimento con un’autonomia minima di 5 minuti non possa essere confuso con un
altro segnale
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NORMATIVA
Dlgs. 81/2008 art. 62 e succ. e allegato IV
D.M. DEL 30.11.1983 Termini, definizioni e simboli grafici di prevenzione incendi.
D.P.R. n.524 del 8.6.1982 Attuazione direttiva CEE in materia di segnaletica di sicurezza sul
posto di lavoro.
D.M. del 16.2.1982 Modificazioni del D.M. 27.9.1965 in materia di attività soggette alle
visite di prevenzione incendi.
Circolare n.27186/4101 del 17.12.79
Servizi antincendio negli stabilimenti industriali. Chiarimenti.
Legge n.469 del 13.5.1959 Ordinamento dei servizi antincendio e del Corpo Nazionale dei
Vigili
del Fuoco.
D.P.R. n.689 del 26.5.1959 Determinazione delle aziende e lavorazioni soggette, ai fini della
prevenzione incendi, al controllo del Comando dei Vigili del Fuoco.
Circolare n.538 del 4.3.1959 Determinazione dei luoghi di lavoro dove esistono pericoli di
esplosione e di incendio.
D.P.R. n.302 del 19.3.1956,
art.14
Norme di prevenzione infortuni integrative di quelle previste dal D.P.R.
547 del 27.4.1955 art.14 - Misure antincendio
D.P.R. 547 del 27.4.1955, artt.
33-37, 329-336, 358-365
Norme per la prevenzione degli infortuni
artt. 33-37- Difesa contro gli incendi
artt.329-336 - Installazioni elettriche in luoghi con pericolo di incendio
artt.358-365 - Materie e prodotti infiammabili
Legge n.1540 del 27.12.1940 Norme per l’organizzazione dei servizi antincendio.
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Ruoli e responsabilità dlgs 81/2008 e dei referenti anti-incendio e
pronto soccorso
Procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta anti-ncendio, e
l’evacuazione dai luoghi di lavoro
Di seguito si riportano i soggetti e i ruoli previsti dal Dlgs 81/2008 in materia di sicurezza in particolare si
indicherà:
definizioni, obblighi del datore di lavoro; obblighi del preposto; RLS e compiti; gestione emergenza;
Prevenzione Incendi e Primo soccorso
Art. 2. Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività
lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza
retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai
servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di
società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in
partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative
di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a
specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio
e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro;
l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei
quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi
comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia
effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco e della protezione civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n.
468, e successive modificazioni;
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto
che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha
la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e
di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio
avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo
conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di
autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non
conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;
c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore di lavoro pubblico o privato;
d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali
adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività
lavorativa e vigilando su di essa;
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e
funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce
l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed
esercitando un funzionale potere di iniziativa;
f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei
requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il
servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei requisiti
professionali di cui all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di
cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro
ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per
tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;
i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: persona eletta o designata per rappresentare i
lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o
interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e
sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle
modalità di svolgimento dell'attività lavorativa;
n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del
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lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della
popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di
malattia o d'infermità;
p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»: complesso dei soggetti istituzionali che concorrono,
con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a
migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei
lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad
individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure
atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;
r) «pericolo»: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare
danni;
s) «rischio»: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di
esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;
t) «unità produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi,
dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale;
u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da un'organizzazione internazionale, da un
organismo europeo o da un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia
obbligatoria;
Art. 17. Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
Art. 18. Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono
le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal
presente decreto legislativo;
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e
lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di
salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto
alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e
specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni
aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza
sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente
decreto;
g-bis) nei casi di sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, comunicare tempestivamente al medico
competente la cessazione del rapporto di lavoro;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni
affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o
la zona pericolosa;
i) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il
rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal
richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo
grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,
l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e
per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a),
anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5, nonché consentire al medesimo
rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r); il documento è consultato esclusivamente in
azienda;
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, anche su supporto informatico come previsto
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dall’articolo 53, comma 5, e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne
tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; il documento è consultato
esclusivamente in azienda;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi
per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante
assenza di rischio;
r) comunicare in via telematica all’INAIL e all’IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo
nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all’articolo 8, entro 48 ore dalla ricezione del
certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che
comportino l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento e, a fini assicurativi, quelli
relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni; l’obbligo di
comunicazione degli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni si
considera comunque assolto per mezzo della denuncia di cui all’articolo 53 del testo unico delle
disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui
al d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124;
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro,
nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure
devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al
numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, munire i lavoratori di
apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno
rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della
prevenzione e della protezione;
aa) comunicare in via telematica all’INAIL e all’IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo
nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all’articolo 8, in caso di nuova elezione o
designazione, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; in fase di prima applicazione
l’obbligo di cui alla presente lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori già eletti o
designati;
bb) vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla
mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.
1-bis. L’obbligo di cui alla lettera r) del comma 1, relativo alla comunicazione a fini statistici e informativi
dei dati relativi agli infortuni che comportano l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello
dell’evento, decorre dalla scadenza del termine di sei mesi dall’adozione del decreto di cui all’articolo 8,
comma 4.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente
informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del
presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche
amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico
dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In
tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si
intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro
adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi
di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati
ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile
unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
Art. 19. Obblighi del preposto
1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze,
devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge,
nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di
protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di
persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li
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espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e
dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il
posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il
rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro
attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle
attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si
verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.
Art. 20. Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla
sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi
previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini
della protezione collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di
trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei
dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a
conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e
possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave
e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di
controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che
possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico
competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita
tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione
del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente
la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Art. 23. Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori
1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro,
dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari
vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli
stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.
Art. 24. Obblighi degli installatori
1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro
competenza, devono attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai
rispettivi fabbricanti.
Art. 25. Obblighi del medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi,
anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della
attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di
formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione
del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari
modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi
volontari di «promozione della salute», secondo i principi della responsabilità sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari
definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
c) istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per
ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria; tale cartella è conservata con salvaguardia del
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segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della sorveglianza
sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della
nomina del medico competente;
d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, la documentazione sanitaria in suo
possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con
salvaguardia del segreto professionale;
e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, copia della cartella sanitaria e di rischio,
e gli fornisce le informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima; l’originale della
cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30
giugno 2003, n. 196, da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni, salvo il diverso termine
previsto da altre disposizioni del presente decreto;
f) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal
presente decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle disposizioni di cui al
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il lavoratore interessato puo' chiedere copia delle predette
cartelle all'ISPESL anche attraverso il proprio medico di medicina generale;
g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel
caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a
richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 e, a
richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile
del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati
anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti
risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei
lavoratori;
l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla
valutazione dei rischi;
la indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini
della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;
m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti
con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all'articolo 38 al Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto.
Art. 47. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è istituito a livello territoriale o di comparto, aziendale
e di sito produttivo. L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le modalità di cui al
comma 6.
2. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza.
3. Nelle aziende o unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza è di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure è individuato per più
aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo secondo quanto previsto dall'articolo 48.
4. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali
rappresentanze, il rappresentante è eletto dai lavoratori della azienda al loro interno.
5. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,
nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede
di contrattazione collettiva.
6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo
diverse determinazioni in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della
giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell'ambito della settimana europea
per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentite le confederazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di attuazione del presente comma.
7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 2 è il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 lavoratori;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1.000 lavoratori;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende o unità produttive oltre i 1.000 lavoratori. In tali aziende il
numero dei rappresentanti è aumentato nella misura individuata dagli accordi interconfederali o dalla
contrattazione collettiva.
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8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4, le funzioni di rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza sono esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo diverse
intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale.
Art. 50. Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla
individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità
produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività
di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di
prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli
impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare
la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è,
di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai
rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a
garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento
dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle
funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1,
lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dello
svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per
le rappresentanze sindacali.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione
collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua
funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro
committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione,
ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel
documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma
3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle
funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina
di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.
Art. 45. Primo soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attività e delle dimensioni dell'azienda o della unità
produttiva, sentito il medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia di
primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti
sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei
lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua
formazione, individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori
di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti
ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
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3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della Conferenza permanente, acquisito il parere
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, vengono definite le modalità di applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15
luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni
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COMPITI DEI REFERENTI DI PRONTO
SOCCORSO
Il referente deve:
- prestare soccorso alle persone infortunate;
- accertarsi del danno subito e valutare quanto prima se la situazione necessita di altro aiuto oltre
al proprio;
- spostare la persona dal luogo dell'incidente solo se necessario o c'è pericolo imminente;
- porre nella posizione più opportuna l'infortunato ed apprestargli le prime eventuali cure
E’ OPPORTUNO CHE LEI:
- mantenga la calma ed un atteggiamento autorevole;
- concordi il piano di soccorso con le altre figure che si occupano della prevenzione e delle misure
di emergenza;
- controlli periodicamente l'effettiva disponibilità e qualità dei presidi di Primo Soccorso;
- controlli periodicamente le condizioni e la scadenza dei presidi di Primo Soccorso;
- si adoperi, nell'ambito delle proprie possibilità per l'eliminazione delle condizioni di pericolo di cui
venga a conoscenza;
- avanzi proposte atte a migliorare le condizioni di sicurezza nella nostra scuola.
Nel caso che avverta la necessità di chiamare il 118 si ricordi di
- predisporre indicazioni chiare e complete per permettere ai soccorsi di raggiungere il luogo
dell'incidente;
- fornire già al primo contatto con i soccorritori un'idea abbastanza chiara di ciò che e' accaduto;
- in attesa dei soccorsi tenere libere le vie di accesso;
- prepararsi a riferire con esattezza quanto è accaduto;
- nel caso si preveda il trasporto di un infortunato con auto privata, avvisare il pronto soccorso
dell’ospedale dell'arrivo dell’infortunato informandolo sulle condizioni del ferito.
Art. 46. Prevenzione incendi
1. La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza
statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di
sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per
prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni
concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della
previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si
verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti
del personale addetto e la sua formazione.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza
antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro
dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi
dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del
Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei
specialistici per l'effettuazione di una specifica attività di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto
contiene le procedure per l'espletamento della attività di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni disposizione contenuta nel presente decreto
legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attività di disciplina che di controllo, deve
essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e
della difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le
rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di controllo di cui al presente articolo,
sono rassegnate al Corpo nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei
luoghi di lavoro.
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COMPITI DEI REFERENTI ANTINCENDIO
- Interruzione dell’Energia elettrica dal quadro generale, ove necessario
- Controllo delle operazioni di evacuazione del personale e degli allievi durante le prove di
sfollamento
- Attuazione delle misure minime di prevenzione incendi e lotta antincendio con l’utilizzo delle
attrezzature disponibili della scuola
- Controllo quotidiano della percorribilità delle vie di uscita, dell’efficienza delle porte di sicurezza e
dei mezzi anti-incendio
- Controllo delle operazioni di evacuazione del personale e degli allievi durante le operazioni di
sfollamento
- Effettuazione della ricognizione dei locali del settore di appartenenza e segnalazione di guasti,
rotture, anomalie alle strutture , agli impianti ed alle attrezzature al Dirigente Scolastico
- Lettura delle etichette di qualunque sostanza o prodotto da utilizzare per finalità didattiche e
osservazione scrupolosa delle indicazioni d’uso
- Controllo SEGNALETICA sulla sicurezza e segnalazioni di eventuali mancanze e/o distruzioni
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Procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta
anti-ncendio, e l’evacuazione dai luoghi di lavoro
Premessa
Il piano di evacuazione dell’Istituto è uno strumento operativo atto a garantire, in caso di
incendio, terremoto, emergenza, pericolo grave, l’esodo ordinato e sicuro di tutti gli occupanti
degli edifici scolastici.
Il piano contiene chiare istruzioni scritte:
a) sui doveri del personale incaricato a svolgere specifici compiti
b) sui doveri del personale a cui vengono affidate particolari responsabilità
c) sulle misure e procedure da porre in atto
d) sulla segnaletica di sicurezza
e) sulle norme di comportamento da adottare nelle situazioni di emergenza.
In ogni ambiente (aula didattica, laboratorio, palestra, ufficio..ect) sono affisse le istruzioni da
seguire per raggiungere il punto di raccolta.
RIFERIMENTI NORMATIVI
1) Dlgs 81/2008
2) Circ. Min. Interno 29/8/95 n. 1564 GU 6/10/95 n.234
3) DM 26/8/1992 (GU n.218 del 18/9/92)
4) DPR 12/1/98 n. 37 art.5
5) Decreto Interministeriale del 10/3/1988
Obiettivi
Il piano di evacuazione tende a perseguire i seguenti obiettivi:
1) affrontare l’emergenza fin dal primo insorgere per contenere gli effetti e riportare
rapidamente la situazione in condizioni di normale esercizio;
2) pianificare le azioni necessarie per proteggere le persone sia all’interno che nelle aree di
pertinenza
3) limitare i danni ai beni mobili e immobili
4) coordinare i servizi di emergenza
Definizione emergenza
Si definisce emergenza ogni scostamento delle normali condizioni operative, tale da
determinare situazioni di danno agli uomini ed alle cose
Gli stati di emergenza si classificano in 3 categorie a gravità crescente:
1. Emergenze minori: controllabili dalla persona che individua l’emergenza stessa o dalle
persone presenti sul luogo (es. principi incendio, perdita liquidi non significativi)
2 Emergenze di media gravità: controllabili soltanto mediante intervento degli incaricati per
l’emergenza come nel seguito definiti e senza ricorso agli enti di soccorso esterni (es.
principi di incendio di certa entità, black-out elettrico, danni significativi da eventi naturali)
3 Emergenze di gravi entità: controllabili solamente mediante intervento degli enti di
soccorso esterni (VVF, PS…) con l’aiuto della squadra di soccorso interna.
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FORMAZIONE
Il personale incaricato dell’attuazione delle misure di emergenza, evacuazione, lotta
all’incendio deve ricevere, sulla base dei programmi predisposti dal RSPP, una formazione e
informazione specifica
ESERCITAZIONI.
Al fine di automatizzare le misure di sfollamento il presente piano d’esodo prevede almeno n.
02 esercitazioni e/o prove di evacuazione ogni anno scolastico
NORME DI COMPORTAMENTI PER TUTTO IL PERSONALE IN CASO DI
EMERGENZA
NORME DI PREVENZIONI GENERALI
Affinché le situazioni previste dal presente piano abbiano a non verificarsi e/o possano essere ridotte come
numero e come entità di rischio, è indispensabile una fattiva collaborazione di tutti i soggetti presenti.
Chiunque riscontri eventuali anomalie, quali:
guasti di impianti elettrici
ingombro lungo le scale, le vie di fuga e le uscite di sicurezza,
perdita di acqua e di sostanze
principi di incendio
altre situazioni che utilizzando la diligenza del buon padre di famiglia possono comportare rischi per le persone,
è tenuto a darne segnalazione al RSPP o ai referenti per la sicurezza.
Inoltre:
Ingombri anche temporanei, accatastamento di carta, di raccoglitori, materiali vari, devono essere evitati;
Le macchine per scrivere, i personal computer, le calcolatrice, le fotocopiatrici e le altre attrezzature informatiche
devono essere sempre disinserite al termine dell’orario di lavoro
Le vie di fuga debbono essere mantenute sgombre
Gli estintori non debbono essere rimossi se non in caso di bisogno e inoltre vanno segnalati sia l’eventuale
utilizzo che la scomparsa degli stessi onde potere provvedere alla sostituzione.
Non è consentito, su iniziativa personale, richiedere l’intervento dei vigili del fuoco o altro organismo interno;
Inoltre al verificarsi di situazioni particolari di sfollamento dato da terremoto, incendio ci si dovrà attenere TUTTI
alle seguenti istruzioni
IN CASO DI TERREMOTO (SEGNALE D’ EVACUAZIONE: SUONO AD INTERMITTENZA)
Mantieni la calma e non precipitarsi fuori
Restare in classe e riparati sotto il banco, sotto l’architrave della porta o vicino ai muri portanti
Allontanati dalle finestre, porte con vetri, armadi perché cadendo potrebbero ferirti
Non usare l'ascensore (eventuale)
Ascoltare le istruzioni dell'insegnante.
Se ti trovi all’aperto:
allontanati dall’edificio, dagli alberi, dai lampioni, dalle linee elettriche perché potrebbero cadere e ferirti;
cerca un posto dove non hai nulla sopra di te;
non avvicinarti agli animali, potrebbero essere spaventati e aggressivi
DOPO LA SCOSSA
Chiudere acqua, luce e gas.
Dirigersi verso gli spazi aperti.
Aiutare i feriti, i disabili e i più piccoli.
Non usare il telefono.
Non intasare le strade con le auto.
IN CASO D'INCENDIO (SEGNALE D’ EVACUAZIONE: SUONO CONTINUO)
Seguire le istruzioni dell'insegnante.
Se l’incendio si è sviluppato in classe, esci subito, chiudi la porta e dai l’allarme;
Se l’incendio è fuori dalla tua classe e il fumo rende impraticabili scale e corridoi, chiudi bene le finestre (se il
fumo proviene dall’esterno) e cerca di sigillare le fessure con panni possibilmente bagnati e apri la finestra ( se il
fumo proviene dall’interno)
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Chiedi soccorso se il fumo non ti fa respirare, filtra l’aria attraverso un fazzoletto, meglio bagnato, e sdraiati sul
pavimento e, se devi spostarti, fallo a carponi o strisciando (il fumo tende a salire verso l’alto)
IN CASO D’ EMERGENZA (SEGNALE D’ EVACUAZIONE: SUONO CONTINUO)
Al segnale di evacuazione stabilito seguire le istruzione di evacuazione della classe
Le particolari tipologie di personale presenti nell’Istituto devono inoltre:
Il Dirigente Scolastico
Deve vigilare correttamente sulla corretta applicazione:
A) dell’ordine di servizio relativo al controllo quotidiano della praticabilità delle vie d’uscita da
effettuare prima dell’inizio delle lezioni;
B) delle disposizioni inerenti l’eliminazione dei materiali infiammabili,
del divieto di sosta degli autoveicoli nelle aree della scuola non espressamente dedicate a
tale uso e che, in ogni caso, creano impedimenti all’esodo;
C) dell’addestramento periodico del personale docente e non docente, all’uso corretto degli
estintori e delle attrezzature per l’estinzione degli incendi
PERSONALE DOCENTE
Compito principale del docente è quello di porre in atto tutti quei comportamenti utili per
salvaguardare la sicurezza della classe e in particolare, dovrà
- Informare adeguatamente gli alunni sulla necessita di una disciplinata osservanza delle
procedure indicate nel piano al fine di assicurare l’incolumità a se stessi e ad altri
- illustrare periodicamente il piano di evacuazione e tenere lezioni teorico-pratiche sulle
problematiche derivanti dall’istaurarsi di una situazione di emergenza nell’ambito dell’edificio
scolastico
- In caso di evacuazione:
a) mantenere la calma cercando di trasmetterla agli alunni
b) prendere il registro di classe
c) sovrintendere all’esodo della propria classe impartendo disposizioni in merito alla
formazione delle file e durante l’uscita di classe;
d) intervenire prontamente laddove di dovessero determinare situazioni critiche dovute a
condizioni di panico;
e) controllare che gli alunni apri e chiudi fila eseguano correttamente i compiti
f) condurre la classe nell’area di raccolta prefissata, effettuare il controllo delle presenze e
attendere ulteriori direttive.
L’insegnate di sostegno con l’aiuto, ove occorra, del personale ATA e degli assistenti
igienicosanitari, curerà le operazioni di sfollamento degli alunni a loro affidati, con
l’avvertenza di collocarsi in coda alla classe.
PERSONALE A.T.A
Il personale ATA, se previsto nell’apposito Organigramma sulla sicurezza, su ordine del
Dirigente Scolastico o dei suoi collaboratori darà il segnale d’allarme sonoro.
In caso di non funzionamento del segnale di allarme, l’ordine di evacuazione sarà
comunicato e diffuso dal personale ausiliario, assegnato al piano, in ogni classe normale,
laboratorio, biblioteca, servizi…etc.
Successivamente sarà data conferma al responsabile dell’evacuazione che tutti sono stati
avvertiti.
Al segnale di uscita rapida i collaboratori scolastici hanno il compito di agire sollecitamente e
rispettare i compiti loro assegnati nell’organigramma.
In particolare:
- spalancare porte principali e ogni uscita usufruibile
- spalancare i cancelli esterni
- verificare che nessuno si trovi nei servizi o in altri locali della scuola
- fare evacuare immediatamente eventuali genitori in visita e altri che si trovino nell’edificio .
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- aiutare nell’evacuazione docenti e alunni. Con riferimento agli alunni disabili occorre, al
bisogno e in caso di impossibilità di usare gli ascensori, che provvedano con l’aiuto del
docente e/o assistenti igienico-sanitari allo spostamento fisico dell’alunno.
- disattivare l’impianto elettrico, di riscaldamento, e idrico
- presidiare le uscite sulla pubblica via provvedendo all’interruzione del traffico
- raggiungere l’area di raccolta coadiuvando i docenti nella sorveglianza degli alunni
GLI ALUNNI
Dovranno adottare il seguente comportamento non appena avvertito il segnale di allarme:
1) interrompere immediatamente ogni attività
2) mantenere l’ordine e l’unità della classe durante e dopo l’esodo
3) tralasciare il recupero degli oggetti personali (libri, cartelle…)
4) disporsi in fila evitando il vociare confuso, grida, richiami. La fila sarà aperta dall’alunno
apri fila e chiusa dall’alunno chiudi fila.
5) rimanere collegati fra di loro
6) seguire le indicazioni dell’insegnate che accompagnerà la classe per assicurare il rispetto
delle precedenze con altre classi
7) camminare in modo sollecito, senza soste non preordinate e senza spingere i compagni:
Si riportano infine i numeri di telefono utili in caso di emergenza
VIGILI DEL FUOCO 115
CARABINIERI 112
POLIZIA 113
EMERGENZA SANITARIA 118
Dispositivi di protezione individuali
Chiunque afferisca ai seguenti Servizi:
Pulizia
Igiene personale alunni
deve avere in dotazione i Dispositivi di Protezione Individuale indicati nella scheda successiva relativa a
ciascun Servizio.
Consegna:
al momento dell'assegnazione di un lavoratore ad un Servizio gli vengono consegnati i D.P.I. individuati
per la mansione lavorativa da lui svolta e il lavoratore firma la Scheda di Consegna.
Sostituzione:
Ogniqualvolta il lavoratore debba sostituire un D.P.I. per usura, difetto o inconveniente ritirerà il nuovo
dispositivo e firmerà la sua Scheda Personale allegata al Registro.
ELENCO DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE DA UTILIZZARE
Descrizione DPI Attività con obbligo di utilizzo
guanti contro le aggressioni
meccaniche
Piccoli lavori di meccanica, movimentazione dei carichi, protezione dal calore e dal
freddo
guanti contro le aggressioni
chimiche
Utilizzo di sostanze irritanti, tossiche, nocive in genere
guanti in lattice lavorazioni con sostanze irritanti, nocive
mascherine antipolvere e antischizzi
Piccoli lavori di saldatura, lavori in ambienti particolarmente polverosi, utilizzo di
sostanze tossico-nocive per inalazione
Grembiuli da lavoro Disinfezione e pulizia particolarmente polverosi e problematiche biologiche.
Opuscolo sulla sicurezza nell’Istituto Comprensivo “Alia-Roccapalumba-Valledolmo”
informazione ai lavoratori art. 36 Dlgs 81/2008
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Opuscolo sicurezza - Istituto Comprensivo di "Alia