Vincenzo Guglielmucci – Michele Marotta RICORDO DEL CARABINIERE MICHELE CIOLA Nel Bicentenario della Fondazione dell'Arma dei Carabinieri (1814 – 2014) Progetto Carta e-Book Realizzazione pdf a cura di Mario Tommasuolo 2 CARTA E-BOOK Carta e-book è un progetto autogestito che ha l'obiettivo di creare prodotti culturali composti, oltre che dal tradizionale testo cartaceo, da allegati digitali di immagini, foto, video disponibili anche sul web. In tal modo il testo cartaceo contiene l'essenziale mentre un corredo esplicativo, più dettagliato, è contenuto negli allegati digitali. E' una formula che consente il contenimento dei costi realizzativi, la piena fruibilità gratuita, nonché la revisione e l'aggiornamento continuo, in tempo reale, del prodotto nel suo complesso. Inoltre, grazie a tali opportunità, l'accesso al prodotto culturale viene esteso ad un pubblico di lettori molto più ampio, attirando l'attenzione ed il coinvolgimento di quelli più giovani. Sulla copertina un particolare della foto del carabiniere Michele Ciola esposta sulla lapide cimiteriale 3 PREMESSA Nell’anno in cui si celebra il Bicentenario della Fondazione dell’Arma dei Carabinieri(1814-2014) il Dirigente Scolastico del Liceo Scientifico e delle Scienze Umane di Genzano di Lucania, prof. Michele Giammatteo, a completamento della iniziativa svolta nell’anno 2013 e dedicata alla rievocazione di atti di valore da parte dei Carabinieri, ha proposto di intitolare l'aula del laboratorio scientifico alla memoria del Carabiniere Reale Michele Ciola, nato a Genzano di Lucania nel 1902 e morto, nell'adempimento del proprio dovere, per difendere una donna minacciata dal proprio marito, a Pegli, in provincia di Genova nel 1926. Per tale atto eroico Michele Ciola fu insignito della medaglia d'argento al valore militare nel 1928. Dopo le solenni onoranze funebri, che ormai quasi un secolo fa gli furono tributate nel paese natio al rientro della salma, è giusto e altresì doveroso attestare e perpetuare il ricordo del gesto, che gli costò la vita nel pieno della sua giovinezza, essendo egli appena ventiquattrenne quando venne ucciso. Insieme alla intitolazione di un'aula si vuole rendere omaggio alla sua memoria anche con un opuscolo che illustri l’atto di eroismo da lui compiuto. L'opuscolo è stato quindi elaborato con l'intento di far conoscere gli aspetti di una vicenda che testimonia l'esaltazione dei valori del rispetto della persona e della difesa della legalità. Gli autori, accettando con entusiasmo l’invito loro rivolto a redigerlo, si augurano anche che giunga finalmente a compimento il desiderio, espresso in diverse occasioni, di intitolare al Carabiniere Michele Ciola la locale Caserma, sita in Via delle Puglie a Genzano di Lucania. 4 Il giovane carabiniere Michele Ciola, in servizio a Pegli, viene ucciso il 20 dicembre del 1926 dal marito di una donna che, avendo da lui ricevuto minacce, si rivolge alle forze dell’ordine del posto. E' una vicenda avvenuta quasi un secolo fa, eppure essa è connotata da forte attualità. Le minacce e le violenze alle donne ed in particolare alle mogli, come alle fidanzate e alle compagne, caratterizzano la cronaca recentissima in maniera esorbitante e quasi ineluttabile. La violenza di genere, alimentata dal desiderio di sopraffazione sessista, è tuttavia sempre esistita e il fatto di sangue, avvenuto a Pegli, dimostra il suo radicamento in tutte le epoche. La singolarità del fatto, che contraddistingue l'impeto eroico del carabiniere Michele Ciola nel difendere una donna minacciata, deriva inoltre dal sentimento del dovere che costituisce l'identità dell'Arma dei Carabinieri attraverso ripetuti e costanti esempi di fedeltà e sacrificio. In questo opuscolo si analizzano le circostanze e le conseguenze di questa azione eroica personale, attraverso un ritratto del protagonista, nella convinzione che la storia della nostra nazione non sia costituita soltanto dagli episodi straordinari che si leggono sui libri e che debba essere riservato maggiore spazio di approfondimento alle innumerevoli testimonianze umane individuali, nelle quali si incarnano i principi di democrazia e di rispetto della legge da parte di umili e sconosciuti rappresentanti delle istituzioni dello Stato, come il carabiniere Michele Ciola e tanti altri eroi da non dimenticare. 5 Carabiniere Reale a piedi Michele Ciola 6 IL RICORDO TRAMANDATO All’ingresso del paese di Genzano di Lucania, in provincia di Potenza, sulla destra della strada che collega questo centro abitato con la città capoluogo, si stende, per circa un chilometro, il largo e diritto viale XXIV Maggio, che conduce al Cimitero del paese. Il cimitero, ampliato in epoche successive a quella della prima costruzione, avvenuta nel 1840, è costituito dal comune campo di seppellimento di forma rettangolare, mentre il perimetro è contraddistinto dalla costruzione di cappelle gentilizie, con ulteriori ampliamenti, in epoca recente, sul retro e su un suo lato. Appena varcato il cancello di ingresso, percorso il viale sulla destra per qualche metro, il visitatore è attratto da un'ampia lapide funebre, collocata sulla facciata di una cappella. La lapide funebre, molto bella e di artistica qualità, riporta un’iscrizione che ricorda la morte del carabiniere Michele Ciola. La lapide funebre starebbe ad indicare il luogo della sepoltura della salma dell’eroico carabiniere o quantomeno del deposito delle ossa dopo l’esumazione, ma sia l’una che l’altra ipotesi non trovano, al momento, conferma. Infatti, all’interno della cappella, non si trova un riferimento alla tomba o all'ossario del carabiniere, né in corrispondenza della posizione della lapide all'esterno, né nelle altre tombe presenti. I resti della salma o piuttosto le ossa potrebbero forse essere stati allocati in altro posto o anche nella stessa cappella, ma in un loculo di qualche familiare, privo però di una necessaria indicazione. La risistemazione della salma o la composizione delle sue ossa potrebbe dunque essere avvenuta quando sono stati effettuati i lavori di rifacimento della vecchia cappella, ben più antica della attuale rifatta, come si individua sul lato posteriore della stessa e che conserva la muratura originale. 7 In alto sulla lapide è apposta una foto di Michele Ciola contornata sul bordo dalla scritta “N. Vallone. Spinazzola”, la quale indica che la lapide fu realizzata in un laboratorio di marmi del vicino centro pugliese di Spinazzola in provincia di Bari. Su questa lapide è scritto un testo che riassume il valore dell’azione compiuta da un giovane carabiniere di appena ventiquattro anni, che muore in difesa di una donna minacciata dal proprio marito. Carabiniere Ciola Michele a soli 24 anni nel fiore della giovinezza ardente e fiera educata alla grande scuola del dovere proditoriamente cadeva ucciso per mano assassina facendo col proprio corpo scudo a donna inerme cavalleresco e buono-umile e grande carabiniere del re martire del dovere riposa in pace si inchinano riverenti e ti salutano commossi i congiunti e commilitoni della Legione di Genova Genova – Voltri 20 dicembre 1926 – Anno V 8 A nostro parere questo testo, significativo nel suo contenuto e nella sua composizione,potrebbe essere stato elaborato dal Comando Carabinieri della Legione di Genova. E' da notare però che sulla lapide cimiteriale risulta erroneamente riportata, quale luogo dell'uccisione, la località di Voltri e non quella di Pegli. Un'altra testimonianza avvalora l'affetto e la riconoscenza dell’Arma dei Carabinieri nei confronti del carabiniere Michele Ciola ed è stata tramandata forse attraverso l'edificazione di una ulteriore lapide commemorativa, di cui però non conosciamo l’esatta ubicazione e di cui parleremo in seguito, nella quale il ricordo del carabiniere Michele Ciola viene infatti associato e celebrato insieme a quello di altri quattro carabinieri caduti nell’adempimento del proprio dovere in terra ligure e nello stesso periodo(novembre-dicembre 1926), corredato da un testo sintetico ma ugualmente denso di significato. Michele Ciola -C.P.(Carabiniere a piedi) -Mentre procedeva ad indagini sul conto di un individuo ricercato per gravi minacce in persona della moglie, venne improvvisamente fatto segno ad un colpo di pistola dallo stesso malvivente in quel frattempo sopraggiunto, cadendo vittima del dovere – Pegli (Genova) – 20 dicembre 1926 Potrebbe però non trattarsi di una lapide in quanto disponiamo solo di un'immagine nella quale il carabiniere Michele Ciola appare insieme a quella degli altri carabinieri uccisi, ciascuno con la motivazione della morte apposta sotto la propria foto. L'immagine, che riporta in calce l’autorizzazione del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, non contiene il riferimento ad una lapide e farebbe piuttosto pensare che si tratti di una cartolina commemorativa diffusa poco dopo lo svolgimento dei fatti sanguinosi o nei primi mesi del 1927. 9 La Cappella sulla quale è collocata la lapide del carabiniere Ciola nel cimitero di Genzano di Lucania (Foto di Michele Marotta) 10 Frontespizio della lapide (Foto di Michele Marotta) 11 Foto e motivazione riprodotte su cartolina 12 L'ARRUOLAMENTO NELLA REGIA GUARDIA Il carabiniere Michele Ciola nasce a Genzano di Lucania il 30 ottobre 1902, da Domenico, di professione calzolaio e da Persico Maddalena, donna di casa. Nella abitazione di Via Carmine, sita nella parte iniziale della strada che immette nel centro antico del paese, la nascita di Michele è salutata con gioia dai suoi fratelli. Penultimo di sei figli (l’ultimo è Luigi), pur nella modestia della situazione economica dovuta alla professione del genitore che non assicura lauti guadagni, Michele trascorre la sua fanciullezza in modo sereno, in famiglia e con gli amici, coi quali è dedito ai giochi tipici dell’infanzia dei primi anni del Novecento. Da adolescente, dopo aver frequentato le classi della scuola elementare, si dedica al lavoro di calzolaio, coadiuvando il genitore ormai cinquantenne, per contribuire così al reddito familiare. Al compimento dei diciotto anni Michele Ciola, dopo aver visionato un bando di arruolamento nel Corpo, appena istituito, delle Regie Guardie, decide di inoltrare domanda. La sua domanda viene accolta per cui, in data 2 agosto 1921, egli viene arruolato, in qualità di volontario, come allievo della Regia Guardia e destinato alla Legione di Bologna per la ferma di tre anni. A questo periodo certamente risale la foto in cui appare nella divisa delle Regie Guardie con la sciabola d’ordinanza al braccio. Appena due anni dopo, il 4 marzo 1923, come risulta dal foglio matricolare, si determina il passaggio nei Carabinieri Reali con la medesima destinazione della Legione di Bologna e con la stessa ferma di tre anni. Alla conclusione della ferma, in data 19 giugno 1926, egli è trasferito presso la Legione di Genova ed assegnato alla Stazione dei Carabinieri di Pegli, ove perderà la vita per mano assassina. 13 Michele Ciola in divisa da Regia Guardia 14 IL PASSAGGIO NEI CARABINIERI REALI Per spiegare i motivi del passaggio da Regia Guardia a Carabiniere Reale di Michele Ciola, occorre fare riferimento alle condizioni politiche e sociali dell’Italia subito dopo il primo conflitto mondiale. Con la fine del conflitto, nel 1918, a causa del difficile reinserimento nella vita civile di oltre 5 milioni di reduci, feriti e mutilati, esplodono violentissimi scontri di piazza che vedono contrapposti, da un parte molti ex-combattenti schierati nell’estremismo propugnato da Benito Mussolini e che presto sfocerà nella nascita del Partito Fascista, dall’altra i sostenitori dell’estremismo di sinistra e i socialisti che si oppongono al programma mussoliniano. Il governo che è allora guidato dal lucano Francesco Saverio Nitti, nell’intento di arginare questo acceso clima politico, decide nell’ottobre del 1919 di riformare il Corpo della Pubblica Sicurezza, non ritenendolo più in grado di impedire la rapida crescita della contrapposizione politica, anche violenta, che si sta diffondendo in tante parti dell’Italia. Con tale intento si creano due distinti corpi di polizia, quello degli Agenti di Investigazione e quello della Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza, a struttura militare, entrambe impegnate nell’ordine pubblico. L’emanazione dei bandi di arruolamento nelle Regie Guardie vede allora affluire nel nuovo Corpo di Pubblica Sicurezza molte reclute che provengono dalle regioni del sud e Michele Ciola è una di queste. Ma, con l’avvento del fascismo nel 1922, un Regio Decreto determina lo scioglimento del corpo delle Regie Guardie, reincorporando gli ufficiali nei corpi di polizia precedenti o ammettendoli nei Carabinieri Reali e prevedendo, per sottufficiali e regie guardie, di essere ammessi a domanda avendone i requisiti, nei Carabinieri Reali. Con lo scioglimento delle Regie Guardie, Michele Ciola, ritenendo di avere i requisiti, chiede ed ottiene nel 1923 il passaggio nel corpo dei Carabinieri Reali a piedi, con l’assegnazione alla Stazione dei Carabinieri di Pegli. 15 L'ANTEFATTO Nel 1926 a Pegli, pochi chilometri ad occidente da Genova, in via Vittorio Emanuele al numero 5, risiede la famiglia Torricella, al cui nucleo familiare appartiene la moglie dell’assassino di Michele Ciola. La signorina Maddalena Torricella è andata sposa qualche anno prima ad Ugo Del Basso di Benevento, conosciuto ad Ovada in occasione del servizio militare da lui prestato in una caserma di Alessandria. Dopo il matrimonio, celebrato a Pegli il 14 giugno 1923, la coppia si stabilisce a Benevento nell'abitazione di Corso Garibaldi al numero 203, ma in breve tempo si manifestano forti dissapori fra i coniugi, a causa degli affari non floridi di Ugo Del Basso nel commercio di stoviglie, vetrerie ed altri oggetti casalinghi. Egli giunge a pretendere dalla moglie la firma di cambiali, che potranno essere onorate dai suoi genitori benestanti. Infatti il padre della moglie, Pietro Torricella, è socio di una fabbrica di pasta alimentare, con propria sede in Piazza Porticciolo a Pegli, tanto che i Torricella, per questa attività, vengono indicati con il soprannome di “Maccarunetti”. Tuttavia tutti i tentativi fatti non risollevano la situazione economica del Del Basso, al punto che la moglie, vedendo comunque acuirsi i contrasti col marito, decide di abbandonare Benevento e far ritorno a Pegli presso l’abitazione di famiglia, che ospita la madre, nel frattempo rimasta vedova. Tornando a Pegli la signora Torricella-Del Basso avrebbe anche avuto così il modo di dedicarsi alla cura degli affari di famiglia, attraverso la gestione dei beni che la famiglia possiede sia a Pegli che ad Ovada. La donna in cuor suo spera pure che con l'allontanamento dal marito avrebbe potuto vivere momenti più tranquilli. 16 Il marito tuttavia continua imperterrito a richiedere alla moglie, con lettere e telegrammi, il versamento di somme di danaro e la situazione precipita quando la moglie riceve dal marito una lettera perentoria con la quale si chiede il versamento, entro la data del 13 dicembre 1926, della somma di 50 mila lire, che al Del Basso servirebbe per l’acquisto di una grande quantità di articoli casalinghi per l'esercizio della propria attività commerciale. La moglie allora decide di non rispondere a questa intimazione ed il marito a sua volta le invia un telegramma che contiene un ultimatum minaccioso affinché provvedesse subito al versamento della somma richiesta. La donna, che non intende soggiacere alle pretese minacciose del marito ed intuendo le sue cattive intenzioni che potrebbero condurlo a reclamare direttamente la somma recandosi di persona a Pegli, decide di informare dei fatti il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Sestri Ponente, chiedendo adeguata assistenza e protezione. L'ufficio di Polizia di Sestri incarica delle relative indagini la stazione dei Carabinieri Reali a Pegli, sottoposta al comando del Maresciallo Maggiore Cesare Cadario, coadiuvato dal ViceBrigadiere Pietro Bettoni e nella quale presta servizio il carabiniere a piedi Michele Ciola. Il Comandante della Stazione dei Carabinieri Reali, Maresciallo Cadario, affida al carabiniere Ciola il compito di procedere all’accertamento del caso, recandosi presso l’abitazione della vedova Torricella che ospita la signora denunciante. Fu così che si incrociano i destini di Michele Ciola e della coppia Del Basso-Torricella. 17 LA MORTE E LE ONORANZE FUNEBRI Ciò che succederà la sera del 20 dicembre 1926 a Pegli, nella abitazione di via Vittorio Emanuele al terzo piano del civico n.5, a causa del grave fatto di sangue nel quale perderà la vita il carabiniere Michele Ciola, è ricavabile soprattutto da quanto è stato riportato dalla cronaca apparsa sulla stampa dell'epoca, in particolare nelle corrispondenze che furono fatte da due importanti giornali come “Il Secolo XIX” di Genova e “La Stampa” di Torino. Soprattutto “Il Secolo XIX” dedicherà a questo fatto un lungo e dettagliato articolo il 21 dicembre. “La Stampa” farà apparire in successione sulla pagina delle notizie tre brevi articoli sull'argomento il 21, il 22 e il 24 dicembre. Dal complesso delle notizie raccolte dai giornali, pur con qualche incongruenza e qualche discordanza che appaiono comprensibili, si desume la sequenza di ciò che portò al gesto eroico e quindi alla uccisione del valoroso carabiniere. Risulta così che già tre giorni prima il carabiniere Ciola si era recato a casa della Torricella per rassicurarla e tranquillizzarla circa l'impegno e la cura dell'Arma dei Carabinieri per difenderla dalle insistenze minacciose del marito. Per una ulteriore verifica il carabiniere Ciola ritornò nella abitazione della signora Torricella, intorno alle ore 18,00 del giorno 20 dicembre 1926. Quando raggiunse l’abitazione egli venne accolto con evidente sollievo. Dopo aver tranquillizzato la donna, dicendole che nulla doveva temere perché i carabinieri avevano l'incarico di vigilare, il carabiniere Ciola chiese se il Del Basso fosse rientrato a Pegli. 18 Ricevuta risposta affermativa, il carabiniere lucano tranquillizzò ulteriormente la donna dicendole che i carabinieri sono decisi a compiere il proprio dovere anche a costo della propria vita. Dopo aver pronunciato queste frasi il carabiniere, accingendosi ad uscire dall'abitazione, valicando l'uscio che era rimasto nel frattempo aperto, si ritrovò dinanzi il marito della donna. Il marito puntò la pistola contro la donna e, prima ancora che fosse partito il colpo, il carabiniere Ciola si frappose in mezzo, restando colpito alla testa dal proiettile dell’assassino. La signora Torricella si precipitò terrorizzata per le scale, invocando soccorso, mentre il marito la inseguì a breve distanza minacciandola di morte. Per sua fortuna la signora Torricella riuscì a rifugiarsi in una vicina bottega, mentre il marito si diede alla fuga. A seguito dello sparo e delle grida della madre della Torricella, accorsero i passanti mentre nel frattempo la donna, scampata alla furia omicida del marito, uscì dal locale nel quale aveva trovato rifugio ed incaricò un ragazzo di recarsi alla Caserma dei Carabinieri per avvertirli che in casa sua un carabiniere aveva trovato la morte. A questa terribile notizia il maresciallo Cadario, senza indugiare, dopo aver chiamato alcuni militi si portò prontamente in via Vittorio Emanuele dove si trovò di fronte il carabiniere Ciola ancora rantolante ed immerso in una pozza di sangue. Raccolto con tutte le cure, il Ciola, ormai in fin di vita, venne adagiato su un divano sul quale pochi minuti dopo, tra la costernazione dei commilitoni, cessò di vivere. 19 L’assassino si diede alla fuga, ma venne arrestato a tarda sera del 20 dicembre a CampoLigure. L’arresto avvenne ad opera di due militi ferroviari i quali, mentre procedevano alla revisione dei biglietti dei passeggeri che si trovavano sul treno diretto ad Acqui, notarono che i connotati di un individuo corrispondevano a quelli che poco prima erano stati trasmessi telefonicamente dalle limitrofe stazioni dei Carabinieri Reali. Il Del Basso venne dapprima tradotto nella locale stazione dei Carabinieri Reali di CampoLigure, ove venne rinchiuso in camera di sicurezza per tutta la notte. La mattina del 21 dicembre l’assassino venne condotto a Sanpierdarena per essere sottoposto ad un lungo interrogatorio da parte del Commissariato di Pubblica Sicurezza. Nel pomeriggio del giorno 21 si recò a Pegli il Prof. Tomellini per eseguire l’esame autoptico sulla salma, ma l’esame verrà effettuato solo il giorno 23, in quanto il giorno 22 si tennero i funerali del carabiniere ucciso con una grande partecipazione di tutta la cittadinanza pegliese. La notizia dell’uccisione del carabiniere venne subito comunicata ai suoi familiari nel paese di origine ove naturalmente creò sconcerto e profondo dolore. 20 Nei giorni che seguirono, la popolazione di Genzano di Lucania, soprattutto attraverso l’impegno e l’opera della comunità scolastica, si apprestò ad organizzare le solenni onoranze funebri del valoroso carabiniere in occasione del rientro della salma. Il comitato incaricato delle onoranze era composto soprattutto dagli insegnanti della scuola elementare e dagli amici d'infanzia del defunto. Il feretro, trasferito per via ferroviaria, giunse alla stazione ferroviaria di Palazzo San Gervasio, paese a breve distanza da Genzano, anche qui accolto con solenni e grandiose onoranze da parte della popolazione, alla presenza del Sindaco Agostino D’Errico. In rappresentanza del Comune di Genzano di Lucania era presente ad accogliere la salma il Commissario Prefettizio Giambattista Di Bono e le autorità locali che provvidero ad accompagnare il feretro in paese. I funerali nel paese natio si svolsero in un clima di grande commozione, data la giovane età del carabiniere e l'atrocità della sua morte. 21 L'abitazione della famiglia Torricella a Pegli nel 1926 in fondo a Via Vittorio Emanuele sulla destra 22 L'abitazione della Torricella come appare oggi sulla sinistra del Lungomare di Pegli(Via Vittorio Emanuele) 23 LA MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITARE Il 31 marzo 1928 alla memoria del carabiniere Michele Ciola viene conferita dal re la medaglia d'argento al valore militare con la motivazione che sintetizza il suo eroico gesto. “Mentre, per incarico del comandante la stazione, procedeva ad accertamenti nell'abitazione di una donna, ch'era stata fatta segno a gravi minacce da parte del marito, visto che costui, sopraggiunto improvvisamente, tentava, con atteggiamento minaccioso, di penetrare nella casa, risolutamente gli sbarrava il passo per impedirgli di commettere le temute violenze, ma ferito mortalmente da un colpo di pistola esplosogli dal malvivente, cadeva vittima del suo generoso intervento.” Da questa motivazione si conoscono maggiori elementi riguardo le circostanze della sua tragica uccisione avvenuta poco più di un anno prima, provocata dal colpo di pistola sparato dal marito alla propria moglie, mentre il carabiniere le faceva da scudo con il suo corpo. Nella motivazione si fa difatti riferimento al fatto che il carabiniere Ciola si trovasse nella abitazione della donna minacciata, per effettuare i dovuti accertamenti del caso su incarico del comandante della stazione dei Carabinieri. Questa circostanza fu davvero provvidenziale per la donna in quanto la presenza del carabiniere, impedendo al marito di entrare nella abitazione e sbarrandogli l'accesso, le salvò la vita. Quanto riportato nel diploma è una conferma del valore eroico del gesto compiuto da Michele Ciola, ma un ulteriore elemento precisa ancor più il coraggio da lui dimostrato. 24 Nella motivazione del ricordo a lui dedicato insieme ad altri quattro suoi commilitoni come lui caduti nell'adempimento del dovere e che abbiamo già riportato in precedenza, si legge ulteriormente il particolare che il carabiniere Ciola stesse procedendo “ad indagini sul conto di un individuo ricercato per gravi minacce in persona della moglie”. Dunque il carabiniere Ciola era pienamente consapevole del pericolo al quale era esposta la donna minacciata e del fatto che il marito fosse ricercato e potesse in qualsiasi momento arrecare offesa alla donna nella sua abitazione, come accadde nella realtà. Ciò rende la sua azione ed il suo intervento ancor più meritevole del riconoscimento che alla sua morte gli fu tributato. 25 UN RICORDO ESEMPLARE Esiste infine un elemento che rende la vicenda della morte del carabiniere Michele Ciola un fatto esemplare che esalta il ruolo che l’Arma dei Carabinieri svolse in un difficile momento che la vide impegnata nell’attività di controllo e di repressione dei reati contro la persona e contro il patrimonio, in modo particolare nella regione ligure nei primi anni venti e soprattutto fino al 1927. In quegli anni in Liguria imperversavano i crimini e i delitti compiuti dal bandito Sante Pollastro, a cui si unì per alcuni anni anche l’altro bandito Renzo Novatore, provocando l’uccisione di alcuni carabinieri che tentavano di catturarli. La vicenda dell’uccisione del carabiniere Michele Ciola, avvenuta il 20 dicembre 1926, indirettamente si legò a quella degli altri commilitoni caduti in seguito ai tentativi di cattura dei due banditi nello stesso periodo e per tale motivo venne ricordata insieme ad essi, come documenta la foto commemorativa autorizzata dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e di cui abbiamo già parlato. L’uccisione di Michele Ciola avvenne infatti a solo poche settimane di distanza dalla morte di quella del carabiniere Brondolo Tommaso presso la stazione ferroviaria di Ventimiglia(9 dicembre) e del vicebrigadiere Somaschini Pietro e del carabiniere Gerbi Lodovico a Camporosso nelle vicinanze di Dolceacqua(7 dicembre). Il carabiniere Brondolo restò ucciso da un membro della banda Pollastro, il bandito Massari, mentre, dopo avergli intimato l’alt, lo inseguiva per impedirgli la fuga. Il vicebrigadiere Somaschini e il carabiniere Gerbi furono uccisi in un conflitto a fuoco con il capobanda Pollastro ed altri banditi. 26 Questi fatti infervorarono l’animo del Ciola al punto che, come riporta l’articolo de “Il Secolo XIX” sulla sua uccisione, quando si recò presso l’abitazione della Torricella, egli rincuorò e tranquillizzò la donna proprio facendo riferimento al fatto che l’Arma dei Carabinieri non poteva giammai venir meno al proprio compito e alla propria missione di tutela e salvaguardia della legge. E’ riportato inoltre nell’articolo che Ciola, riferendosi direttamente ai commilitoni periti nei “recenti fatti di Ventimiglia” (uccisione del carabiniere Brondolo e del vicebrigadiere Somaschini e del carabiniere Gerbi), disse espressamente alla donna che i suoi compagni vi avevano trovato la “morte più onorevole”. Una morte simile, qualche istante dopo queste parole, lo accomunerà ad essi. Il cronista anonimo dell’articolo, apparso sul giornale genovese del 21 dicembre 1926, non potrà fare a meno di aprire l’articolo sull’uccisione di Michele Ciola con una frase amara e rassegnata: “Un’altra vittima del dovere è perito ieri sera per mano assassina a Genova Pegli, nel mentre rassicurava una donna che l’arma benemerita nulla avrebbe tralasciato per sottrarla alle violenze del marito.” 27 Il ricordo dedicato al vicebrigadiere Somaschini e ai carabinieri Brondolo,Gerbi, Ciola e Bernardini La foto di questo ricordo o cartolina commemorativa è apparsa su un articolo delle cronache de “Il Giornale” del 15 luglio 2008, a firma del giornalista e presidente del Centro Ricerca Criminalistica Amedeo Ronteuroli, dal titolo “Quando la Liguria si tinge di noir”. In questo articolo, dedicato alla storia del bandito Sante Pollastro, Ronteuroli riferisce che in memoria dei carabinieri uccisi il padre Luigi Ronteuroli, all'epoca Maresciallo Capo dei Carabinieri e Comandante del reparto al quale appartenevano i tre militi caduti per mano della banda Pollastro, aveva fatto erigere un cippo. La didascalia, posta in calce a questo ricordo, riporta però solo l'indicazione dello Stabilimento Fotografico di Genova che ne curò la diffusione insieme alla autorizzazione del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, senza fare alcun accenno né ad un cippo, né ad una lapide tuttora esistenti. 28 Articolo de “Il Secolo XIX” sull'uccisione del carabiniere Michele Ciola 29 RINGRAZIAMENTI Gli autori sentono il dovere di ringraziare tutti coloro che hanno fornito indicazioni e documenti senza dei quali non sarebbe stata possibile la realizzazione di questo opuscolo. Si sottolinea la piena disponibilità dei famigliari del Carabiniere Ciola ed in particolare della nipote Michelina (che porta nel nome il ricordo dello zio deceduto per volere del padre Luigi) che hanno messo a disposizione tutto il materiale in loro possesso. La collaborazione, ampia e puntuale, ricevuta da parte della Stazione dei Carabinieri di Pegli, attraverso il comandante Luogotenente Antonio Esposito, è risultata di fondamentale importanza. Grazie a tale collaborazione si è venuti in possesso di una copia dell’articolo che “Il Secolo XIX” dedicò alla uccisione del carabiniere Ciola, sul quale il fatto viene descritto in modo molto dettagliato. Il Luogotenente Esposito ha infatti rintracciato l’originale della copia del giornale che un'anziana parente della donna, minacciata dal marito e salvata dal gesto del carabiniere Ciola, ancora conservava gelosamente. Inoltre anche la foto del 1926 che ritrae l’abitazione della signora Torricella in fondo alla via Vittorio Emanuele (successivamente divenuta Lungomare di Pegli) è stata fornita dal Luogotenente Esposito. Alla affettuosa disponibilità di Michele Di Pietro di Acerenza si deve la messa a disposizione della copia degli articoli del giornale“La Stampa” sulla uccisione a Pegli del giovane carabiniere lucano. Si formula naturalmente all'Arma dei Carabinieri e alla Associazione dei Carabinieri in congedo, rappresentate dai marescialli Calculli e Caputo, un ringraziamento particolare per il supporto e per la partecipazione che hanno dato all'organizzazione dell'evento. Questa iniziativa che comprende l'intitolazione dell'aula e la realizzazione dell'opuscolo, è merito indiscusso dell'ospitalità e dell'accoglienza che ad essa ha riservato il Liceo Scientifico e delle Scienze Umane di Genzano di Lucania nella persona del dirigente scolastico Prof. Michele Giammatteo e con il prezioso contributo di idee e di consigli della docente collaboratrice vicaria Prof.ssa Vincenza Bruscella. 30 INDICE PREMESSA PAG. 3 IL RICORDO TRAMANDATO PAG. 6 L'ARRUOLAMENTO NELLA REGIA GUARDIA PAG.12 IL PASSAGGIO NEI REALI CARABINIERI PAG.14 L'ANTEFATTO PAG.15 LA MORTE E LE ONORANZE FUNEBRI PAG.17 LA MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALORE MILITARE PAG.23 UN RICORDO ESEMPLARE PAG.25 RINGRAZIAMENTI PAG.29