i r e i t n ca ne ella tt e r d e l s w casa e e ditric h biblo aus BH cato i d e io d p p o ero d over si m u N rt o R e b o ere a R iffond per d o d o fica, un m a è r i g r o i e bl canti e e bi l a i r o dit ura e t l u c la numero 21-22 settembre dicembre 2012 o ment a t n a u p grafic o un ap p i t ra eratu t t e l a con l a, tecari o i l b i eb tà , derni o ampa t m s i a l d i con ratter a c i e nso d rta e il se lla ca e d o nd al mo o s s e a. d’acc a i v enari l a l i n u m è e dizion a r t a su e alla roberto roversi Il nostro sacro mestiere esiste da millenni. anniversari Con lui al mondo non occorre luce: ma nessun poeta ha detto ancora editoriali che la saggezza non esiste, che non esiste la vecchiezza, e forse nemmeno la morte. spigolature Anna Achmatova editoriali Questi versi della grande poetessa russa mi risuonavano in testa quando ho appreso, come tanti, della morte di Roberto Roversi (Bologna, 1923-2012) avvenuta sabato 15 archeologia settembre e, come tanti, ne ho assai sofferto. È vero: Il libraria mestiere sacro dei poeti esiste da millenni, scrive la Achmatova come meglio non si potrebbe; e Roversi, poeta e intellettuale finissimo, era anche saggio, vecchio archeologia e mortale, esattamente come nei versi citati. Quel mestiere sacro, che libraria aveva lungamente condiviso col suo grande amico PPP, lui lo ha portato avanti per una vita, lunga come la sua e piena, in quella luce che pur non occorre perché siamo poeti. Roversi ci piace cultura ricordarlo in questo numero di “Cantieri” soprattutto editoriale come appartato libraio antiquario, impegnato in quella libreria Palmaverde, nata a Bologna nel lontano 1948, che qualchegadda anno fa luiedecise di vendere per i soliti motivi legati alla vecchiezza e, forse, anchel’editoria alla stanchezza (fondo acquisito dalla Coop Adriatica che ha poi destinato alle grandi biblioteche bolognesi antiquariato quell’importante patrimonio bibliografico). Di quella entusiasmante stagione culturale librario ci resta anche, e forse soprattutto, il suo patrimonio editoriale perché Palmaverde fu, oltre che libreria antiquaria, raffinata libri e librai casa editrice; e al mondo del libro il poeta ha dedicato non poche attenzioni liriche. a venezia Gli amici della Pendragon (casa editrice di Bologna, diretta da Antonio Baglioni, nipote di Roversi, al quale è toccata l’eredità letteraria del poeta bolognese), nel 2010 hanno meritoriamente dall’oblio, pagine salvato e salumi nel quale troppo sovente precipitano, nel nostro Paese, le vere eccellenze, quel patrimonio editoriale allestendo un catalogo segnalazioni della Palmaverde, per la gioia dei tanti estimatori delbiblohaus Roversi libraio-editore e del quale la Pendragon ha appena mandato in libreria un volume di versi che riassume il rapporto di amicizia e amore che Roversi, per circa 70 anni, ebbe con l’oggetto-libro: Libri e contro il tarlo inimico, una promessa che Roversi ha mantenuto; ricordo, infatti, che quando nel gennaio 2004 mi inviò in omaggio l’elegante plaquette Spaventoso rombo e notturna devastazione nella grande città di Parigi 1908, che il microeditore Zanetto gli aveva stampato nel maggio del 1989 in 400 copie numerate e firmate dal poeta (titolo che i bibliofili più esperti collegano alla figura del bibliomane e notaio parigino Antoine Marie Henri Boulard, e sulla cui biblioteca-monstre di oltre 400.000 volumi si sono sprecati fiumi di inchiostro), ebbene all’opuscolo era allegata una lettera in cui 2 librografie poesia bibliografie biblografie bibliofollie Roversi mi scriveva del suo desiderio di poter raccogliere in futuro, in un volume, tutti i suoi testi “librari”, desiderio che la Pendragon con questa bella antologia poetica, illustrata da decine di foto a colori refusiana di librai, librerie, biblioteche e lettori, ha giustamente onorato; ed un elemento paratestuale come l’aletta ha fatto in modo che la presenza di Roversi sia sempre viva: infatti nella breve scheda biografica viene rino indicata la sola data difabbri nascita (1923), pur essendo il volume uscito postumo. Altre sfaccettature riguardano la sua lunga attività intellettuale: scrittore, poeta, paroliere (per Dalla), fondatore della celebre rivista biblionarrativa «Officina», Roversi era una personalità ricca e composita, sobria, elegante nel suo essere appartato e fuori della mischia; moltissime sue opere, inoltre, preferiva pubblicarle in forme povere e inusuali, fototopipittori copie, legature essenziali, costi bassi e tirature minimali. Un minimalismo segno di profondo rispetto per l’umano, il popolare, la semplicità della vita. Di lui mi restano alcune lettere e un enorme bagaglio di suggestioni e stimoli, oltre a un bellissimo profumi libri volume che Sandro Dorna e e Nico Orengo vollero dedicargli nel 1996 in quella che è, forse, una delle più belle e suggestive imprese editoriali totalmente “a perdere”, cioè In Carta Linda di Torino (ogni volume tirato in sole 100 copie), dove i due amici amavano ospitare 25 poesie autografe (rese a stampa) di alcuni dei più importanti poeti del secondo Novecento. Le 25 poesie di Roversi io le ho nella tiratura speciale di 25 copie, con allegata una poesia autografa del poeta bolognese. E qui il ricordo si conclude nel nome di Roversi, di Dorna e di Orengo, una triade che ha condiviso tutto dei versi della Achmatova: il sacro mestiere, la saggezza e la morte. Che la terra sia lieve ai nostri tre amici. Si ringrazia Gian Mario Fazzini per lo scritto che ha voluto dedicare al suo amico poeta. I volumi citati e riprodotti appartengono al Fondo bibliografico di “Cantieri”, che ringrazio per la consueta disponibilità. mg Roberto Roversi, Libri e contro il tarlo inimico, Bologna, Pendragon, 2012 [Poesia, 52], 142 p. ill., € 14,00. Catalogo editoriale della Libreria antiquaria Palmaverde, a cura di Antonio Bagnoli, Bologna, Pendragon, 2010, X, 148 p., ill. [tiratura limitata]. - ti riaccompagnavano, poi, verso l’uscita, verso la città (sotto lo sguardo sorridente della signora Elena, inseparabile compagna) tu ti ritrovavi una Bologna con nuovi profili. Con altre sembianze. Il profumo, gli odori -anche- erano cambiati. E vedevi le stesse strade di poco prima come immerse in un silenzioso fuori campo. Solo allora, si poteva mettere a fuoco l’idea di aver parlato con il poeta di ‘Officina’ e che magari i tuoi versi, le tue ‘poesie’ potevano addirittura essere belle, e che comunque ogni piccola parte dei discorsi intrapresi con Lui, sarebbero stati un prezioso tesoro da conservare per il più lungo tempo possibile... Roberto Roversi verso la fine degli anni ‘70 (quando ebbi la fortuna e l’onore di conoscerlo) si occupava innanzitutto della sua mitica ‘Libreria Palmaverde’, in Via dei Poeti e da lì, nel retaggio e la consapevolezza di una vita già passata alla difesa dei libri e della Cultura, si pre-occupava di gestire un manipolo di giovani poeti e collaboratori Per saperne di più: Michele Smargiassi, L’ultimo Roversi. Poesie per i libri, «la Repubblica», martedì 9 ottobre, 2012, p. 54. Il mio amico Roberto Roversi, un ricordo Roberto Roversi, Tre invettive contro il tarlo, nemico del libro. Tre poesie, con una incisione di Romano Masoni, Scandicci, Luna & Gufo di Fabrizio Mugnaini, 1997 [400 esemplari numerati]. Si potrebbe cominciare proprio dagli occhi (come accennavo all’amico Gatta) per tentare un ricordo, un personale ritratto della figura e lo spessore intellettivo - ma anche emozionale - di Roberto Roversi. I suoi occhi profondi, acuti e vivi che disponevano ogni successiva sequenza che avrebbero dedicato il proprio tempo Roberto Roversi, 25 poesie autografe, Torino, La Città del Sole/In Carta Linda, 1996 [100 esemplari numerati e firmati dall’autore, di cui 25 con allegata poesia manoscritta]. del dialogo in corso, o dell’incontro occasionale, nel migliore dei modi e con la massima tranquillità. Giacché di questo si trattava: con Roberto Roversi, ci si sentiva a proprio agio, come sul divano di casa e tra gli amici più cari e confidenziali. Quando andavi via dalla Libreria Palmaverde, riattraversando all’incontrario quel cunicolo, misterioso, grave e saporifero di libri che fungevano da corridoio e che ti avrebbero portato fino al suo studio e che a partire dalla sua scrivania nell’ultima stanza dell’appartamento di Via dei Poeti alla stesura degli innumerevoli ‘fogli volanti’ da distribuire poi nelle piazze e nei luoghi fisici della città: nelle facoltà, alle manifestazioni, nei reading di poesia. Ricordo ‘Lo spartivento’ e ‘La tartana degli influssi’, e anche ‘Dispacci’, dove pubblicai le mie primissime poesie dedicate al ‘vecchio signore’... Le 3 prime volte, agli appuntamenti da Roversi, andavo con il caro amico Alfredo Colitto, oggi noto autore (bolognese d’adozione) di gialli, edito in tutt’Italia. Abitavamo insieme -io e Alfredo- in un appartamento di Via del Carro, e ci si divertiva a fare i poeti... Poi, Roberto scelse alcuni dei miei versi e da lì a qualche anno, lavorando e rielaborando, diedi alle stampe il mio primo e unico volumetto di poesie (“Altri Fiancheggiamenti”, Firenze, L’Autore Libri, 1990) impreziosito da una sua presentazione. Questo evento, inutile nasconderlo, sancì per me -contestualmente- l’esordio ed il tramonto della mia vita di poeta ‘al pubblico’: cosa altro ancora o di più - mi dissi - avrei potuto sperare?! Spesso capita, nel ricordo, di essere egoisti: ci si intrattiene sui momenti ‘privati’ piuttosto che sulle celebrazioni del mito. Ma cosa si potrebbe aggiungere al ritratto di un monumento della cultura italiana se non sala -curiosa e invidiosa- che tra noi ci fosse ben altro da dire, che un semplice saluto di convenienza. Credo di aver raggiunto il soffitto di quella sala convegni a Bologna, quel pomeriggio, nell’inverno dell’ 83... roberto roversi O forse, chissà... in realtà sono ancora lì... caro Roberto. gian mario fazzini anniversari editoriali spigolature editoriali bibliografie archeologia libraria biblografie cultura editoriale 4 poesia Gli 80 anni della Guanda (1932-2012) archeologia libraria quei piccoli, cari profili di memoria che per anni e anni hanno puntellato - e ancora oggi reggono - un ‘presente’ così offensivo, così vuoto e povero nei confronti di quell’Italia sepolta sotto la neve... tanto cara al Poeta. Come potremmo non essere egoisti, quando il pensiero corre a quella sala convegni dove - se ben ricordo - avrebbe dovuto parlare qualche personalità della cultura di allora (Umberto Eco? Giorgio Bocca?) ed io, in attesa -seduto in dispartevidi ad un tratto occupare la sedia posta alla mia sinistra (fino ad allora vuota, come del resto lo era anche quella alla mia destra) da un signore conosciuto solo qualche giorno prima, nella sua libreria in Via de’ Poeti... Non volli svenire subito, quando riconobbi Roberto Roversi, che aveva scelto di venire a sedersi vicino a me, saltando a piè pari il fior fiore dell’intellighentia bolognese là convenuta... Ma l’esaltazione, mia, totale fu quando poi Egli si avvicinò al mio fianco, bisbigliando qualcosa nel mio orecchio sinistro (fino ad allora vuoto, come del resto lo era anche quello destro!) dando così ad intendere all’intera platea presente in librografie bibliofollie Giorgio Montecchi e Anna Rosa Venturi, Modena, Edizioni Artestampa, 2012, 255 p., € 28,00 [Atti del Convegno di studi su Guanda, Delfini e la cultura modenese, Modena, Collegio San Carlo, 19-20 aprile 2007]. refusiana gadda e l’editoria rino fabbri antiquariato librario biblionarrativa libri e librai a venezia topipittori pagine e salumi profumi e libri segnalazioni biblohaus Salutiamo gli 80 anni di questa storica casa editrice fondata da Ugo Guandalini. Lo facciamo con alcuni volumi usciti in questi giorni e che testimoniano sia la vitalità della Guanda e sia l’attenzione agli aspetti anche grafici, curati da un maestro come Guido Scarabottolo del quale segnaliamo una interessante mostra legata alle copertine da lui disegnate. mg Per saperne di più: Guanda, Delfini e la cultura modenese, a cura di A vent’anni dalla morte di Roberto Lerici Roberto Lerici (Firenze, 1931 - Roma, 1992) è stato un fine e multiforme intellettuale italiano: editore, commediografo, sceneggiatore, scrittore e autore televisivo. “Cantieri” vuole ricordare, a vent’anni dalla morte, l’editore Lerici cogliendo l’occasione della ristampa di un celebre libro, A me gli occhi, please, testi scritti per vari spettacoli di Gigi Proietti. md Roberto Lerici, A me gli occhi, please e altre storie. Materiali scritti per e con Gigi Proietti, con la Lettera a un amico di Gigi Proietti, Roma, Editori Internazionali Riuniti, 2012, 189 p., € 16,00. di Fernanda Pivano, ritratti di Salvatore Ciaurro, Napoli, Pironti, 2005, 206 p., ill., € 10,00. Tullio Pironti: 40 anni di editoria controcorrente Festeggia 40 anni di attività Tullio Pironti, editore e libraio napoletano di lungo corso. A lui si devono anche due bellissimi volumi di ricordi autobiografici di una Napoli d’antan, che si stenta oggi a riconoscere. “Cantieri” saluta Tullio Pironti lodando la sua azione editoriale condotta con invidiabile coerenza. mg Tullio Pironti, Il paradiso al primo piano, prefazione di Francesco Patierno, Napoli, Pironti, 2010, 208 p., € 12,00. Marco Piscitello, Pagine, pugni e splendide sfide nei 40 anni di Pironti, in «Leggere:tutti», n. 67, aprile 2012, pp. 74-75. Compleanno papiniano. I 60 anni di Le disgrazie del libro in Italia (1952-2012), un “manuale del perfetto scroccone (di libri)”. Appunti bibliografici. Quattro artisti e un editore, testi di Francesco Durante, Mario Franco, Armida Parisi, Eleonora Puntillo, Salvo Vitrano, fotografie di Rino Palma, Napoli, Edizioni Morra [ma Arti Grafiche Zaccaria, Napoli], 2012, [senza paginazione], ill., € 10,00. Per saperne di più: Tullio Pironti, Libri e cazzotti, prefazione Compie 60 anni un curioso e ricercato opuscolo di Giovanni Papini, Le disgrazie del libro in Italia, che ha spesso dato filo da torcere ai bibliografi. Cerchiamo, quindi, di fare un poco d’ordine cronologico tra le tante edizioni stampate in questi 60 anni. Come detto la princeps risulterebbe (il condizionale è d’obbligo) quella stampata anonima a Firenze dagli “Stabilimenti Tipolitografici Vallecchi” nel 1952, opuscolo n.2 a cura dell’Ufficio Propaganda Vallecchi Editore (il n.1 della serie è a firma Enrico Vallecchi, Gli italiani e i libri, 5 sempre del ’52), mentre il n.3 dovrebbe essere un interessante opuscolo, del giugno ’52 sempre a cura dell’Ufficio propaganda di Vallecchi, dedicato ai giudizi della stampa italiana e internazionale dell’opera di uno scrittore anomalo e oggi dimenticato come Carlo Coccioli, opuscolo raro introdotto da uno scritto firmato Vallecchi. La particolarità della prima edizione papiniana è di non avere il nome dell’autore in copertina ma, dopo il titolo, l’indicazione Appunti d’uno scrittore. Roberto Palazzi, il compianto libraio antiquario ed editore scomparso tragicamente giusto dieci anni fa, nel suo Piccolo periplo papiniano, introduzione (pp. 5-10) alla ristampa dell’opuscolo eseguito da Stampa Alternativa nel 1993 nella celebre collana “Millelire” (ma edizione speciale, fuori commercio, stampata in occasione della Fiera del Libro di Napoli “Galassia Gutenberg”, 5 localizzazioni in SBN), scrivendo della prima edizione la situa (erroneamente) al 1953 (p. 6); anche Luca Ferrieri, in La lettura? Che storia! (Modena, Comune di Modena, 1993, seconda ediz. Carpi, Nuovagrafica, 1997, p.58), la data al 1953. Inoltre Marco Dall’Occa e Giorgio Mosci in un loro vecchio catalogo librario (n. 4, 1991, p. 16, scheda 104), nella scheda bibliografica di un volume di Attilio Vallecchi, Ricordi e idee di un editore vivente (Firenze, Vallecchi, 1934, offerto a lire 50.000), inseriscono nel lotto n.104 anche due opuscoli vallecchiani, uno dei quali è questo Appunti d’uno scrittore, del ’52, omettendo però il nome di Papini quale autore. L’edizione del ’52 risulta peraltro censita nel Catalogo SBN (bid TSA/850003) 6 e localizzata in sole tre biblioteche: Universitaria di Bologna, Comunale Saffi di Forlì e Statale Isontina di Gorizia. Il Catalogo SBN censisce altra edizione dell’opuscolo, datato 1953 (l’edizione indicata da Palazzi e Ferrieri), localizzata solo nella Biblioteca dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana “Giovanni Treccani” di Roma e nella Biblioteca dell’Istituto di storia della Resistenza di Forlì (bid IEI/49687). La copia da me collazionata riporta chiaramente la data a stampa 1952, potrebbe trattarsi di un refuso per 1953? I dubbi restano. Due anni dopo l’opuscolo viene ristampato, sempre dagli “Stabilimenti Tipolitografici Vallecchi” di Firenze, in occasione della Settimana Vallecchi per il libro italiano (12-20 giugno 1954), e in concomitanza col quarantennale della Vallecchi (1914-1954), “al servizio della cultura italiana”, come indicato a stampa in seconda di copertina. Questa edizione, sempre n.2 a cura dell’Ufficio Propaganda Vallecchi Editore identica la grafica, ha però la particolarità di contenere, alla fine, una Breve storia di un editore (senza paginazione), assente dall’identica edizione del ‘52. Il Catalogo SBN localizza l’opuscolo nella sola Biblioteca Malatestiana di Cesena (bid RAV/1959507). Nel 1959 Le disgrazie del libro in Italia venne ristampato nelle Prose morali di Papini (Milano, Mondadori, “Tutte le opere di Giovanni Papini – I classici contemporanei italiani, n.7). Nel 1982 lo scritto verrà riproposto invece ne «La Bibliofilìa», a. LXXXIV, disp. 1 (pp. 66-70), presentato da Alessandro Olschki; questa ristampa olschkiana venne forse realizzata in occasione dei 30 anni dalla prima edizione? Ciò avvalorerebbe la tesi della princeps datata 1952; non lo sappiamo. Solo tre anni dopo (1985) lo scritto verrà ripubblicato in una edizione tipograficamente elegante e del tutto sconosciuta ai repertori consultati, non localizzata in alcuna biblioteca italiana (fonte SBN). L’edizione è curata da Ugo Boccassi, microeditore in Alessandria il quale, nella breve prefazione, cita anche lui come prima edizione la Vallecchi 1953. Il sottotitolo di questa particolare edizione riporta: Appunti d’uno scrittore chiosati ed integrati da un “abbozzo” di editore in una piccola città di provincia, e risulta stampato nel 1985, ad Alessandria, nello “scantinato della Tipografia WR”, tiratura sicuramente molto bassa fuori commercio, ma non indicata. Nessuna informazione è disponibile circa questa sconosciuta “Tipografia WR”. L’anno precedente lo scritto di Papini era stato, giustamente, inserito nell’elegante antologia Il Metalibro. Viaggio intorno al libro, a cura di Gaetano Colonnese, Vittorio Dini ed Elio Morelli (Napoli, Colonnese, 1984, pp. 47-54, II ediz. Colonnese, 2000, pp. 47-54), che ristampano l’edizione Vallecchi 1954. Nel 1993, intanto, viene riproposto, come già detto, da Stampa Alternativa di Marcello Baraghini, mentre del dicembre 2003 è la preziosa microedizione stampata a Modica dalle “Edizioni La Biblioteca di Babele” di Giovanna Modica, che è anche libreria, in soli 111 copie numerate e firmate a mano dal recensore, Saro Jacopo Cascino, il quale firma un “Pretesto posposto”, Notizie utili a trovare ragioni per leggere opere di Giovanni Papini (pp. 27-63), copertina illustrata da Guglielmo Manenti (opuscolo localizzato nelle sole Nazionali Centrali di Firenze e Roma, fonte SBN). La composizione, l’impaginazione elettronica e la stampa risultano realizzate all’interno della stessa libreria siciliana. Siamo così giunti a settembre 2012, a 60 anni dalla prima edizione, con l’interessante ristampa proposta dalle Edizioni CUSL dell’Università Cattolica di Milano, n.13 della simpatica collana “Minima Bibliographica”, che intitola l’opuscolo “Italiani, io vi esorto a comprar libri”, due scritti di Giovanni Papini (Le disgrazie del libro in Italia) e Guido Mazzoni (Editori antichi, moderni e odierni), a cura di Vittoria Polacci e prefazione di Edoardo Barbieri (pp. 5-11), che cita le edizioni 1982, 1993 e 2003. L’attualità dello scritto di Papini è stata ribadita da Giuliano Vigini su «La Lettura», il supplemento domenicale del «Corriere della Sera» (n. 33, domenica 1 luglio 2012, p. 21) che scrive: “A distanza di quasi vent’anni (dalla ristampa di Marcello Baraghini per Stampa Alternativa, N.d.A.) – che si potrebbe definire il “manuale del perfetto scroccone” – resta sempre d’attualità. Indica tra l’altro i 7 modi a cui ricorre un italiano prima di compiere il disperato gesto di comprarsi un libro con i proprio soldi. Oltre a chiederlo in omaggio all’editore o all’autore, c’è la tentazione di rubarlo a qualche conoscente o di chiederlo in prestito a un amico”. In occasione del centenario della nascita (1881-1981) Firenze gli dedicò una bella mostra bibliografica, ospitata a Palazzo Medici-Riccardi del quale resta l’ottimo catalogo curato da Marco Marchi e Jole Soldateschi (con uno scritto di Primo Conti); ebbene anche in quell’occasione venne ricordata ed esposta solo l’edizione Vallecchi del 1954 (cfr. Giovanni Papini 1881-1981, Firenze, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, 1981, p. 159, scheda 469), opuscolo appartenente alla “Fondazione Primo Conti” di Firenze. Lo scrittore toscano morirà quattro anni dopo la prima edizione del suo simpatico opuscolo, l’8 luglio del 1956. Si ringrazia il Fondo bibliografico di “Cantieri” per i volumi messi a disposizione, e la Biblioteca del Dipartimento di studi umanistici dell’Università del Piemonte Orientale di Vercelli, per l’opuscolo su Carlo Coccioli messo a nostra disposizione. mg Bibliografia consultata: Bibliografia degli scritti di Giovanni Papini, a cura di Andrea Aveto e Janvier Lovreglio, premessa di Franco Contorbia, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2006. lettori al sessantesimo feltrinelliano che cadrà nel 2015 (sperando che per allora “Cantieri” sia ancora in attività). bella copertina di E. Caesar. Per ricordare questa longeva collana, ancora ben viva nelle edicole, segnaliamo alcuni volumi ad essa dedicati compreso un bel volume su Giorgio Monicelli sfuggito, forse, a molti recensori. La redazione di “Cantieri” dedica questo omaggio uraniano a Bruno Baronchelli, salutandolo con simpatia, considerato a ragione, coi suoi circa 55.000 volumi, il massimo collezionista al mondo di fantasy, senza peraltro dimenticare il genio di Fruttero&Lucentini, che per primi sdoganarono un genere considerato all’epoca, a torto, di serie B. om 1955-2005: 50 di Feltrinelli attraverso suoi Cataloghi storici Piccolo omaggio grafico ai 50 anni della Feltrinelli attraverso le copertine dei suoi cataloghi storici, chiude il cerchio la bella intervista a Inge Feltrinelli pubblicata di recente. Diamo appuntamento ai nostri I miei primi 60 anni. Urania [10 ottobre 1952 - 10 ottobre 2012] Giusto sessant’anni fa nasceva, editorialmente, dal genio di Giorgio Monicelli, fratello del Mario regista e cugino di Alberto Mondadori (una triade di assoluto prestigio), una delle collane mondadoriane più importanti e longeve: “Urania. Rivista mensile di avventure nell’universo e nel tempo”, celebre perché per prima introduceva in Italia il genere fantascientifico, ma anche, e forse soprattutto, perché sdoganava la narrativa d’intrattenimento facendole assumere caratteri di vera e propria letteratura (De Turris). Il 10 ottobre 1952 i lettori trovarono in edicola il numero 1, Le sabbie di Marte di Arthur Clarke, con Il secolo Contini Cento anni fa nasceva a Domodossola Gianfranco Contini (1912-1990), tra i più prestigiosi e influenti critici e filologi del Novecento. “Cantieri” ha scelto di ricordarlo attraverso una interessante mostra sul rapporto triangolare Contini-TallonePetrarca, perché il celebre stampatore di Alpignano stampò a Parigi, nel 1949, i Rerum Vulgarium Fragmenta di Petrarca, curati da Contini, volume che Giuseppe Ungaretti 7 salutò come un “miracolo” e ristampato con la lezione continiana invariata, da Einaudi nel 1964 [NUE, 41]. La mostra è stata ospitata, dal 24 al 31 ottobre, presso l’Atrio Pio XI dell’Università Cattolica di Milano e nell’occasione è stato presentato anche il ricco volume-catalogo, Il bello e il vero. Petrarca, Contini e Tallone tra filologia e arte della stampa, a cura di Roberto Cicala e Maria Villano (Milano, EduCatt, 2012), ultimo tra gli interessanti progetti didattici del sempre molto attivo “Laboratorio di Editoria” dell’ateneo milanese. I rapporti tra Contini e il mondo dell’editoria e della tipografia meritano un intero numero di “Cantieri”, tanto ricchi e proficui furono, e non è detto che la nostra rivista non ritorni in futuro sull’argomento. Abbiamo pensato di arricchire queste poche righe con qualche copertina di volumi continiani che testimoniano il suo amore e il suo interesse per il mondo del libro e della stampa, e per quel culto dell’amicizia che nel filologo fu spinta vitale e nucleo centrale dell’esistenza. Per i volumi si ringrazia il Fondo bibliografico di “Cantieri”, un ringraziamento particolare anche al prof. Roberto Cicala. gn Pound. “Cantieri” lo ricorda in maniera essenziale e silenziosa, com’era nel suo stile, attraverso qualche copertina di libri in suo omaggio e con una delle bellissime e intense foto che Lisetta Carmi realizzò nel periodo estremo di Pound, a Sant’Ambrogio di Rapallo, l’11 febbraio del 1966. Tutti i volumi appartengono al Fondo bibliografico di “Cantieri”, che al solito ringraziamo. ab Norman Douglas e Pino Orioli, un doppio anniversario Doppio anniversario in questo 2012: ricorrono, infatti, i 60 anni dalla scomparsa dello scrittore Norman Douglas (avvenuta a Capri) e i 70 da quella del libraioeditore Giuseppe (Pino) Orioli (avvenuta a Lisbona), amici fraterni e sodali nel culto (anche pagano) della vita, dell’ebbrezza, dei libri e del sesso. Una amicizia cementata attraverso comuni interessi per l’arte, il vino, i piaceri della vita, i libri antichi, la natura. Ma amicizia anche letteraria se è vero che alcuni titoli furono scritti a quattro mani, anche se non ufficialmente, penso alle celebri e raffinate Adventures of a Bookseller di Orioli (Firenze, Orioli, 1937) o alla Venere in cucina di Pilaff Bey/Douglas (Milano, Longanesi, 1954). gp roberto roversi anniversari editoriali Quarant’anni fa a Venezia Il primo novembre del 1972 moriva a Venezia ilspigolature grande poeta statunitense Ezra 8 editoriali librografie Autolibrografie del Novecento: qualche esempio Svariati sono i modi coi quali intrattenersi poesia nei dintorni del libro e della lettura, sulla loro soglia avrebbe scritto Genette; ma svariati sono anche i giochi bibliografici che possiamo bibliografie abbiamo individuato alcuni esempi degli ultimi anni, tra italiani e francesi. Del resto, come detto in apertura, non è semplice individuare interi biblioromanzi o biblioracconti dedicati all’autolibrografia, per cui almeno per il momento la nostra indagine potrebbe essere abbastanza significativa, aperta come tutte le indagini bibliografiche a suggerimenti, integrazioni, segnalazioni, confronti, tutte modalità auspicabili e perseguibili nel lavoro bibliografico, per definizione un perenne work in progress. Lasciando ad un prossimo appuntamento l’analisi di qualche biolibrografia, concentriamo la nostra attenzione su quelli scelti per la nostra passeggiata nei boschi bibliografici. Risale a ben 105 anni fa un primo esempio di autolibrografia d’autore. Era infatti il 3 novembre del 1907 e sulle pagine de “L’Illustrazione italiana” compariva un racconto di Edmondo De Amicis, proprio l’autore di Cuore, un breve scritto fortunatamente recuperato negli ultimi anni da un micro editore torinese, La Biblioteca di Galeno, che lo ha meritoriamente ristampato nel 1995. In compagnia di De Amicis ecco una piccola folla di amici, Kerbaker, Desalmand, Giancaspro, che insieme a lui hanno dedicato all’amico libro una serie di librografie; e nel recente bel romanzo di Alberto Schiavone, La libreria dell’armadillo, ad esempio, il libro protagonista della storia è nato giusto 40 anni fa: Randagio è l’eroe di Giovanni Arpino (Rizzoli, febbrario 1972), che aveva una bella copertina disegnata da Mario Dagrada e col quale salutiamo i nostri bibliolettori. mg Milano. Il libretto documenta, attraverso decine di foto in bianco e nero di Aragozzini, il nuovo stabilimento romano della Società Campari. Sia su Dardo Battaglini che sulle edizioni Ariel di Franco Ciarlantini, il discorso andrebbe approfondito e “Cantieri” lo farà in uno dei prossimi numeri; analogamente ricco di suggestioni e il binomio Campari-Depero, già ampiamente analizzato in volumi, cataloghi e mostre. Questo libretto è di una certa rarità essendo presente in sole due biblioteche italiane (fonte ICCU). Si ringrazia il fondo bibliografico di Cantieri per la copia messa a nostra disposizione. kb La Campari e il suo nuovo stabilimento di Roma 1952, a cura di Dardo Battaglini, fotografie di Vincenzo Aragozzini, Milano, Ariel, 1953, 66 p., ill. Per saperne di più: Massimo Gatta, Il decoratore di libri. I fregi di Dardo Battaglini, «Charta», 2007, n. 86, pp.48-52. Editoria anarchica a New York intraprendere nel maremagnum dell’universo libresco. Uno dei sottogeneri biblionarrativi meno conosciuti, e per la verità anche meno praticati dagli scrittori, è quello dell’autolibrografia, cioè storie di libri raccontate dagli stessi protagonisti: i libri appunto. Una variante di questo genere biblionarrativo, peraltro più ampia del precedente e che confina più con la saggistica bibliografica, è quella della storia bibliografica ed editoriale di un libro o la storia di una intera biblioteca d’autore. In questo caso potremmo coniare un altro neologismo: biolibrografia essendo altri a scriverne la biografia. Per quanto riguarda invece l’autolibrografia come sottogenere della biblionarrativa, la quale negli ultimi anni sta riscuotendo un certo successo, anche commerciale e di vendite, sia per le svariate proposte editoriali, sia per il numero di lettori che sembra seguano abbastanza fedelmente queste proposte, ebbene Il volo mortale di un uomo e di un libro: Andrea Salsedo “suicidato” a New York in compagnia delle memorie di Clement Duval, da lui edite nel 1917. mg roberto roversi librografie anniversari editoriali poesia spigolature editoriali bibliografie Dardo Battaglini e la Campari Compie 60 anni un elegante libretto che archeologia Dardo Battaglini, personaggio oggi dimenticato ma di notevole spessore artisticolibraria culturale, curò per la Società Campari, pubblicandolo nelle sue edizioni Ariel di archeologia biblografie bibliofollie 9 Clemente Duval, Memorie Autobiografiche, New York, Tipografia Andrea Salsedo, 1917. Finora pubblicati: Esmahan Aykol, Divorzio alla turca, Palermo, Sellerio, 2012. Librai a Napoli alla corte Aragonese Segnaliamo un notevolissimo studio sui librai napoletani nel Rinascimento scritto da Gianni Macchiavelli, che dirige la storica libreria e casa editrice M. D’Auria, nella centralissima Piazza del Gesù Nuovo a pochi passi da Palazzo Filomarino della Rocca che fu, ed è ancora, dimora e biblioteca di Benedetto Croce. E per quei rimandi storico-culturali che “Cantieri” predilige rimandiamo all’ormai classico Un angolo di Napoli, dello stesso Croce, per una panoramica di straordinario valore letterario e storico di questo angolo della Neapolis greco-romana che proprio nel Rinascimento raggiunse vertici di assoluto prestigio e importanza. gp Clemente Duval, Memorie Autobiografiche, prefazione di Luigi Gallegani, Newark (NJ), Biblioteca de L’Adunata dei Refrattari, 1929 [ma stampa 1930], seconda ediz. completa. Per saperne di più: Autobiografia di Carlo Tresca, con introduzione e note di Nunzio Pernicone, Roma, Anicia, 2006. Maurizio Antonioli, Editori e tipografi anarchici di lingua italiana tra Otto e Novecento, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2007 [Quaderni della Rivista storica dell’anarchismo, 2]. Valentina Beretta, Giuseppe Monanni, un editore anarchico, «Storia in Lombardia», a. XXVIII, n. 2, 2008, pp. 71-107. Pino Cacucci, E in cuor mio, non vi ho più perdonato, in Id., Nessuno può portarti un fiore, Milano, Feltrinelli, 2012, pp. 129-205. Esmahan Aykol, Hotel Bosforo, Palermo, Sellerio, 2010. roberto roversi librografie anniversari editoriali poesia spigolature editoriali bibliografie archeologia libraria biblografie Esmahanarcheologia Aykol, Appartamento a Istanbul, Palermo, Sellerio, 2011. libraria cultura editoriale gadda e l’editoria Leggere come un turco: la trilogia libraria di Esmahan Aykol In compagnia della protagonista, la bella libraia berlinese Kati Hirschel, nelle strade di Instanbul tra libri e delitti, nella simpatica trilogia pubblicata in Italia di Esmahan Aykol. gp 10 antiquariato librario libri e librai a venezia bibliofollie Gianni Macchiavelli, Dizionario dei librai a Napoli nel Rinascimento, Napoli, M. D’Auria Editore, giugno 2012, 200 p., s.i.p. refusiana “Cantieri” continua la sua peregrinazione nel variegato mondo dei refusi e rinodellefabbri della correzione bozze. Questa volta siamo in compagnia di uno dei Tre sogni premonitori con i quali lo scrittore Filippo Tuena termina il suo simpatico Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante. Il sogno è emblematicamente intitolato La correzione biblionarrativa dei refusi. Inoltre ristampiamo parte di un interessante articolo, firmato nel 2008 da Emanuele Castelli, dove viene ricordato Titivillus, il demone dei copisti medievali. Si ringraziatopipittori «L’Osservatore Romano» per avere autorizzato la ristampa dell’articolo. E come dimenticare il grande scrittore di Comiso, Gesualdo Bufalino, che nel 1991 affidava ai torchi di Franco Sciardelli (che “Cantieri” saluta con affetto) le pagine del suo L’inchiostro del diavolo, stampato in soli 150 esemplari numerati e con una acquaforte di Mario Gosso. Un’ultima segnalazione bibliografica riguarda il breve racconto Il correttore di bozze, dello scrittore barcellonese Fernando Trìas De Bes, di recente tradotto in italiano e pubblicato nella sua simpatica raccolta Inchiostro. mg Rag. Riccio Lino], 15 marzo1932, pp. 45-58, prima e unica ediz. roberto roversi librografie anniversari editoriali poesia spigolature editoriali bibliografie archeologia biblografie archeologia libraria bibliofollie Fernando Trìas De Bes, Il correttore di bozze, libraria 13 giugno 1913, in Id., Inchiostro, trad. di Giulia Bassi, Milano, Rizzoli, 2012, pp. 97-123, € 12,00. Compleanni di archeologia libraria Emanuele Castelli, Titivillus, diavolo di un errore, «L’Osservatore Romano», mercoledì 23 aprile 2008, p. 4. Filippo Tuena, La correzione dei refusi, in Id., Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante, Fidenza, Mattioli 1885, 2010, pp. 103-106, € 12,00. Nel corso di una recente campagna archecultura ologica di scavi bibliografici sono venuti alla luce tre preziosi reperti risalenti rispettivaeditoriale mente a 80, 70 e 50 anni fa, e che il nostro collaboratore Massimo Gatta non aveva censito nella sua Bibliografia sui librai e le librerie. La gadda scoperta hae riscosso un notevole successo nell’ambiente l’editoria dell’archeologia libraria nazionale, anche perché i reperti biblioarcheologici erano sepolti in siti del tutto sconosciuti e che difficilmente avrebantiquariato bero potuto rivelare la presenza dei tre rari reperti. La scoperta si deve alla nostra collalibrario boratrice Gina Palestri, vero bibliosegugio, libraia ed esperta di letteratura sui librai e le librerie. Offriamo quindi ai nostri lettori, librai e ai cultori libri di storiaedella libreria, queste preziose schegge biblioarcheologiche sperando a venezia in altri prossimi fortunati ritrovamenti. In particolare si segnala che il reperto firmato da Bianca De Maj, e non presente in alcuna biblioteca italiana (fonte ICCU e e salumi Mai Azalai),pagine potrebbe essere tra i rarissimi esemplari scampati al bombardamento su Milano del ’44 durante il quale quasi tutti i depositi editoriali (tra i quali quello della segnalazioni Garzanti) e le tipografie furono distrutte dalle bombe. biblohaus L’unica edizione conosciuta del libro della De Maj, prima della scoperta di Gina Palestri, era la prima edizione edita da Treves nel 1927. Si ringrazia il Fondo bibliografico di “Cantieri” per i tre reperti messi a nostra disposizione. om refusiana rino fabbri biblionarrativa Bianca De Maj, La bottega del libraio. Romanzo, Milano, Garzanti, 10 luglio 1942, seconda ediz. topipittori profumi e libri Cesare Meano, Il tipografo diventato libraioeditore, in Id., Questa povera Arianna. Romanzo, Torino, Ai 4 20 [ma Torino, Arti Grafiche 11 librografie Lucio d’Aquara, Gaspare Casella, in Id., Personaggi e pretesti, Napoli, Edizione a cura del “Roma”poesia [ma Napoli, Arti Grafiche G. D’Onofrio], dicembre 1962, pp. 95-98, prima e unica ediz. bibliografie Catalogus librorum Per gli appassionati di chicche bibliografiche segnaliamo un raffinato ed elegante biblografie opuscolo di recente pubblicato dalla benemerita “Società Bibliografica Toscana”. L’autore, che si firma cripticamente PTMdSM, è un raffinato bibliofilo, magna pars della medesima Società Bibliografica, bibliofollie che con questo libretto ci fa strada nei meandri della bibliofilia d’alto lignaggio. L’opuscolo, che molto difficilmente troverete in libreria (e anche nelle biblioteche) è impreziosito da belle illustrazioni di refusiana antichi volumi, frontespizi e antiporte ed ha una intrigante introduzione di Oliviero Diliberto, emblematicamente intitolata L’ossessione del catalogo. Sui cataloghi librari, soprattutto rino d’antiquariato, si sono scritte fabbri intere biblioteche ma a me piace ricordare in particolare lo scritto di un grande amico dei libri e della lettura, purtroppo scomparso, e del quale meritoriamente le edizioni del “Sole 24 Ore” hanno ristambiblionarrativa pato Le sabbie immobili (Il Mulino, 1991), libretto di aurea bellezza nel quale c’è uno scritto breve ma elegantissimo, com’era nello stile e nell’atteggiamento del suo autore, Giuseppe Pontiggia. Rimandando topipittori quindi alle pagine di Cataloghi e vizi salutiamo l’Autore, ovunque egli sia in questo momento. kb profumi e libri spigolature editoriali roberto roversi archeologia libraria anniversari editoriali archeologia libraria spigolature editoriali cultura editoriale archeologia libraria gadda e l’editoria archeologia libraria antiquariato librario Quattrocultura passi (in inglese) nel commercio del libro raro. editoriale libri e librai a venezia gadda e l’editoria pagine e salumi antiquariato librario segnalazioni biblohaus Una breve carrellata nell’antiquariato libriineEngland libraiand United librario made States, con quattro titoli di non facilisa venezia sima reperibilità ma che garantiscono una lettura appassionante e istruttiva. Tra questi la celebre autobiografia di Hans Kraus, tra i massimi librai antiquari del Novecento. pagine e salumi gp segnalazioni biblohaus PTMdSM, Il catalogo, con uno scritto di Oliviero Diliberto, Sinalunga, Tipografia Rossi per la Società Bibliografica Toscana, Natale 2011, 47 p., ill., s.i.p. Giuseppe Pontiggia, Cataloghi e vizi, in Id., Le sabbie immobili, Il Sole 24 Ore, 2012 [Racconti d’autore, 73], pp. 79-80. 12 bibliografie librografie biblografie poesia bibliofollie bibliografie refusiana biblografie rino fabbri bibliofollie biblionarrativa refusiana topipittori rino fabbri profumi e libri biblionarrativa topipittori profumi e libri Karl Lagerfeld, bibliomane e libraio (e sarto) Mai e poi mai il morigerato padovano Don Gaetano Volpi avrebbe potuto immaginare che quanto da lui enciclopedicamente e minuziosamente elencato nelle sue celebri (ma quanti le hanno davvero lette?) Avvertenze necessarie e profittevoli a’ Bibliotecari, e agli Amatori de’ buoni Libri, gustosa appendice bibliofila del suo La Libreria de’ Volpi, e la Stamperia roberto roversi anniversari editoriali eccezioni, ci saremmo aspettati che una geniale idea come questa fosse più indicata per un profumo maschile; ma in tempi di totale parità di diritti chi può impedire a un maschio di librografie cospargersi il volto con questo biblioprofumo? pardon con questo Paper passion. Per saperne di più: Annette Popel Pozzo, La Libreria de’ Volpi poesia e la Stamperia Cominiana, «la Biblioteca di via Senato», a. II, n. 2, febbraio 2010, pp. 25-40. spigolature editoriali bibliografie archeologia libraria biblografie archeologia libraria bibliofollie cultura editoriale refusiana Cominianagadda illustrate con e utili e curiose annotazioni (Padova, Giuseppe Comino, 1756), alla voce l’editoria Odore (dei libri) avrebbe trovato, oltre 250 anni dopo quella sua fatica editoriale, un solerte, quanto inconsapevole, antiquariato sostenitore nel geniale e bibliofolle stilista, editore e libraio Karl Lagerfeld. Non sappiamolibrario se Lagerfeld abbia mai sfogliato, con quelle mani perennemente mezze inguantate di nero, le sublimi e polverose libri e libraine dubitiamo pagine del prete padovano, fortemente. Fatto sta che lo stilista editore a venezia libraio, nonché bibliofolle (collezionista di oltre 400.000 volumi, conservati nelle sue svariate magioni sparse per l’Europa), ha di recente incarnato alla perfezione la voce Odore (deipagine libri) realizzando un profumo e salumi all’aroma … di carta. Non sto scherzando, è la verità. Già il nome è un programma: Paper passion, (nomen omen), realizzato segnalazioni insieme all’editore tedesco Steidl, mentre l’essenza è stata creata da Geza Schoen. biblohaus La confezione riproduce un libro con le pagine rosse, con tanto di copertina, frontespizio e dorso, e le prime pagine contengono testi di Steidl e dello stesso Lagerfeld. La boccetta con l’essenza profumata è contenuta all’interno del libro le cui pagine rosse, vuote, sono state tagliate e sagomate in profondità, racchiudendo così al loro interno la boccetta. Il volume ha anche una fascetta rossa con stampato in nero For booklovers, poteva mancare in un profumo per donne bibliofile? Anche se, per la verità, essendo il mondo femminile meno attratto di quello maschile dalla bibliofilia o bibliofollia, nonostante alcune importanti rino fabbri La scomparsa di Rino Fabbri, grande editore popolare Scompare uno degli ultimi grandi editori biblionarrativa popolari del secondo Novecento italiano, Rino Fabbri, al quale sono legate preziose iniziative editoriali a dispense che hanno avvicinato moltissimi lettori al mondo topipittori dell’arte, come “I Maestri del colore”, diretta da Roberto Longhi, e all’inglese “Impariamo l’inglese”, a cura di Mario Hazon. La Fratelli Fabbri Editori nasce nel 1947, ad opere di Giovanni Fabbri, roberto roversi in una Italia ancora distrutta dal conflitto mondiale. Rino Fabbri, da tempo ritiratosi profumi e libri dal mondo editoriale e dalla casa editrice (fondata coi fratelli Dino e Giovanni), viveva daanniversari 34 anni in Paraguay, aveva 85 anni. Due recenti volumi hanno ben delieditoriali neato la lunga storia di una delle più popolari case editrici italiane. “Cantieri”, in uno degli ultimi numeri, ricordava la Fabbri a propositospigolature di un recente volume ad essa dedicato e che, paradossalmente, aveva editoriali l’identico titolo di un vecchio libro dedicato ad un altro dei nostri grandi editori del ‘900: Enrico Vallecchi. mg archeologia Per saperne di più: Dino Messina, Rino Fabbri, il padre delle encilibraria clopedie a dispense, «Corriere della Sera», venerdì 2 novembre 2012, p. 41. La Fabbri archeologia dei Fratelli Fabbri, a cura di Carlo Carotti e Giacinto Andriani, Milano, Franco Angeli, 2010 [Studi e ricerche di libraria storia dell’editoria, 51]. librografie Sergio Marchi, Giovanni Fabbri, L’uomo che faceva i libri, Milano, Bietti, 2011. poesia George Santayana (1863-1952) Per una serie di quei cortocircuiti tra lettebibliografie ratura, poesia ed editoria, (che Cantieri ama), desideriamo ricordare che giusto 60 anni fa moriva a Roma il filosofo, scrittore e poeta madrileno, naturalizzato americano, George Santayana. Almeno due sono le biblografie grandi suggestioni che ci hanno condotto a questo ricordo: la meravigliosa poesia che Wallace Stevens dedicò al filosofo all’indomani della scomparsa, To an Old Philosopher in Rome, e alcune pagine che lo scrittore Frederic Prokosch scrisse in occasione della bibliofollie sua visita a Roma al vecchio filosofo, negli ultimi anni della sua vita, ospitato per 11 refusiana 13 anni presso il collegio di suore della “Clinica della Piccola Compagnia di Maria”, pagine roberto roversi pubblicate in Voices. A Memoir. Ma il cortocircuito di cui si parlava all’inizio è nato leggendo tra le righe del bel romanzo di Piersandro Pallavicini (Romanzo per signora, anniversari Milano, Feltrinelli, 2012) dove infatti ritroviamo Prokosch. Non possiamo, per editoriali evidenti motivi di spazio, ristampare né la lunga poesia, né le pagine di Prokosch. Ci limitiamo, pertanto, a riportare solo la fine spigolature della poesia di Wallace Stevens invitando i nostri lettori interessati ad approfondire editoriali la conoscenza di questi tre giganti della cultura del Novecento. ab […] Total grandeurarcheologia of a total edifice, Chosen by an libraria inquisitor of structures For himself. He stops upon this threshold, As if the design of all his words takes form And frame from thinking and is realized. archeologia Wallace Stevens Per sapernelibraria di più: Frederic Prokosch, Silenzi, in Id., Voci, Milano, Adelphi, 1985, pp. 212-218. cultura editoriale Altri letterati-editori ancora nell’ombra ed una riflessione ulteriore su Giorgio gadda e Bassani redattore-editore l’editoria A 17 anni dalla prima edizione (Milano, Il Saggiatore), e a 9 dalla benemerita ristampa (Milano, Net), un ulteriore e prezioso antiquariato tassello cerca di rifinire il reticolo critico che Alberto Cadioli ha tessuto intorno alla librario da cui il titolo figura del letterato-editore, del suo fortunato saggio del ‘95. In esso i protagonisti erano Papini e Prezzolini, Carocci e Bonsanti, Debenedetti e libri eRusca, librai Calvino. In questa ulteriore ricognizione a venezia critica la parola passa a quei protagonisti del mondo editoriale ritenuti, a ragione, ancora per certi versi nell’ombra, da qui il titolo del libro: Roberto Bonchio, Gian Piero Brega, Giansiro Ferrata, Niccolò pagine e salumi Gallo, Cesare Garboli, Natalia Ginzburg, Luciano Mauri, Ervino Pocar, Domenico Porzio. Ma altri ancora, suggerisce Gian segnalazioni Carlo Ferretti nell’introduzione, sono i nomi che dovranno costituire ulteriore biblohaus materia di indagine e di studio: Bertolucci, Del Buono, Fortini, Manganelli, Montano, Pavese, Pontiggia, Raboni, Sciascia, Zavattini, anche se per alcuni già esistono studi sulla loro collaborazione editoriale. L’intento è chiaro: riuscire a far luce sulle tante professionalità, più o meno creative, più o meno manageriali, ruotanti intorno al mondo editoriale, allora come oggi, e sul quale il felice e pioneristico saggio di Cadioli ha aperto uno spiraglio critico, di notevole interesse per gli studi sulla cultura editoriale, nel nostro Paese ancora per certi versi in ritardo. Di notevole interesse, infine, è il recente volume degli Atti dedicati a Giorgio Bassani critico, redattore, editore, che analizza alcuni snodi culturali della multiforme personalità critico-lette14 raria dello scrittore ferrarese; un volume, questo, che rappresenta un ulteriore librografie tassello, insieme all’altro recente saggio di Gian Carlo Ferretti dedicato allo stesso tema (di cui Cantieri si è già occupato), per una adeguata ricognizione critica su uno dei nostri massimi scrittori del Novecento. mg poesia bibliografie e Ada Gigli Marchetti, una attenta lettura dei fenomeni di cultura editoriale nel nostro Paese. Tra gli ultimi titoli la ristampa di un classico saggio di Marino Berengo, uscito da Einaudi nel 1980 [Einaudi Paperbacks, 114], ancora oggi di pregnante attualità, e un ottimo saggio dedicato alla multiforme personalità culturale di Gianluca Zanetti. Questi ultimi titoli sono anche l’occasione per ricordare il fondatore della casa editrice che porta il suo nome, Franco Angeli, attraverso un numero della rivista “Storia in Lombardia” con alcuni ottimi saggi a lui dedicati. mg biblografie bibliofollie refusiana rino fabbri Protagonisti nell’ombra, a cura di Gian Carlo Ferretti, Milano, Unicopli-Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2012 [L’Europa del libro, 8], 254 p., € 15,00. biblionarrativa topipittori Marino Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, presentazione di Mario Infelise, Milano, Franco Angeli, 2012 [Studi e ricerche di storia dell’editoria, 1615.55], 388 p., € 39,00. profumi e libri Giorgio Bassani critico, redattore, editore, a cura di Massimiliano Tortora, Roma, Fondazione Camillo Caetani – Edizioni di Storia e Letteratura, 2012 [Atti e rendiconti, 2], 233 p., € 38,00. Una Collana per la storia culturale dell’editoria: Studi e ricerche di storia dell’editoria e il ricordo del suo editore Franco Angeli La casa editrice milanese da molti anni porta avanti, con una sua specifica e fortunata collana diretta da Franco Della Peruta Barbara Boneschi, Gianluca Zanetti. Dall’avvocatura al giornalismo, all’editoria, Milano, Franco Angeli, 2012 [Studi e ricerche di storia dell’editoria, 1615.56], 272 p., € 34,00. Per saperne di più: Ada Gigli Marchetti, Una scelta imprenditoriale: “Il libro per tutti non esiste”. Intervista a Franco Angeli, «La Fabbrica del Libro», V, 1999, 1, pp. 23-27. Ead., Un ricordo di Franco Angeli (1930-2007), «La Fabbrica del Libro», XIII, 2007, 2, pp. 2-4. roberto roversi anniversari editoriali spigolature editoriali archeologia libraria Per Franco archeologia Angeli: ricerche e testimonianze, «Storia in Lombardia», vol. XXVIII, n. libraria 2, 2008, pp. 109-173. Contiene: Andrea Moroni, Per una storia della casa editrice Franco Angeli (pp. 109-131); Guido Baglioni, Franco Angeli di fronte al mondo del lavoro e alle relazioni cultura industriali (pp. 133-145); Marcello editoriale Cesa Bianchi, Franco Angeli e la psicologia (pp. 147-152); Egle Becchi, Imparare a fare i libri (pp. 153-170); Luisa Finocchi, Lezioni private gadda di editoria (pp. 171-173). e Gianfrancol’editoria Tortorelli, Formare o informare? L’editoria italiana del Novecento e la sua memoria, «History of Education & Children Literature», VI, n.antiquariato 2, 2011, p. 447, 451. Arturo Colombo, “La Sera”, il quotidiano che sfidò il Duce.librario La vita tumultuosa di Gian Luca Zanetti, che fu giornalista ed editore milanese contrario al fascismo, «Corriere della Sera», libri e librai 24 aprile 2012, p. 39. traduttore, giornalista, critico letterario, teorico della letteratura e consulente editoriale per Einaudi, Adelphi e Mondadori. Parlandone a mia madre, che di anni ne ha 84, e ricordandole nel contempo un altro dei nostri sublimi irregolari come Aldo Buzzi, mi rendevo lentamente conto di quanto il suo sguardo si perdesse nel flusso ininterrotto di parole con le quali tentavo di descriverle questi due nostri mostri benigni della letteratura. Poi, per quei raffinati e imprevedibili cortocircuiti librografie mentali che “Cantieri” tanto ama mentre, parlando con mia madre, mi rigiravo tra le mani il delizioso volume illustrato che la figlia Lietta ha dedicato al padre, l’occhio è come caduto su quella emblematica foto poesia che Giulio Bollati scattò a Manganelli nel 1964, a Dogliani, proprio mentre il Manga, con aria furtiva e circospetta, usciva da una salumeria stringendo a sé un succulento (s’immagina) involto, dopo una delle bibliografie periodiche riunioni redazionali di Casa Einaudi. È una foto emblematica perché è riuscita a stringere in un semplice scatto in bianco e nero l’intima esistenza, e insieme la genialità ebiblografie la poetica, di questo nostro grande scrittore. Scrive Lietta Manganelli a corredo di quella foto: “Questa è una bellissima foto mentre esce furtivo dal salumaio, a Dogliani in Piemonte, nell’intervallo di una riunione Einaudi, dove secondo lui si bibliofollie mangiava troppo poco, e doveva andarsi a fare un panino, infatti si guarda in giro, “oddio se mi vedono…”, soprattutto temeva ci fosse in giro Einaudi che magari gliene mangiava un pezzo, questa era una refusiana cosa che lui non sopportava, Einaudi era l’editore e il padrone, e durante i pranzi allungava la forchetta nei piatti dei suoi autori per assaggiare, era cosa notoria e abituale, miorino padre un giorno si è offeso fabbri mortalmente, ed è scappato. Alla ripresa della riunione, alle tre, Manganelli era scomparso, “dov’è?”; aveva preso un taxi e si era fatto accompagnare in stazione, e con Einaudi non ha mai avuto più niente biblionarrativa a che fare”. Giravolte, salti mortali, strane complicità, il fascino sottile della bibliografia. Anni fa con una prosa sapida ed elegante Benito Iezzi, indimenticabile intellettuale topipittori Matteo Noja, La professione del letterato, «la a venezia Biblioteca di via Senato Milano», a. IV, n. 4, aprile 2012, p. 34. pagine e salumi Proprio il 15 novembre di quest’anno avrebbe compiuto 90 anni, il Manga. Nato segnalazioni a Milano nel 1922 “in una casa che non biblohaus esiste, via Boscovich 4” (Lietta Manganelli), e scomparso a Roma nel 1990 (“Il mio psicanalista dice che non ho più voglia di vivere e forse ha ragione”), Giorgio Manganelli è stato il più complesso, multiforme e geniale scrittore del secondo Novecento letterario italiano. Personalità molteplice e ondivaga, il Manga è stato scrittore, profumi e libri napoletano, bibliotecario raffinato e onnivoro e bibliomane incallito, nella sua noterella finale alla ristampa dell’aureo libello Croce bibliofilo di Dora Marra, che per anni ne fu la fedele bibliotecaria a Palazzo Filomarino, a proposito di una paradossale e quantomeno censurabile abitudine libresca di Antonio Magliabechi, così scriveva: “Difatti, egli, al modo stesso che se ne servì, fu asservito dai libri, confinandosi in esilio tra loro e lardellandone le pagine con fette di salame, allorché, costretto ad interromperne la (per lui) vitale compulsazione a cagione di meno partecipi ma più nutrienti digressioni, vi depositava appetitose, e sia pur grevi, postille. E qualche rinsecchito avanzo fu trovato, tra carte altrimenti venerande, da Giuseppe Fumagalli, che vi ricamò sopra, ma amabilmente, da par suo”. Infatti così il Fumagalli, nel suo celebre libretto degli Aneddoti bibliografici, ricordava questa stramba abitudine biblio-culinaria magliabechiana: “Come ciò non bastasse, si diceva che il povero Magliabechi, cibandosi di ordinario di salumi, poiché non voleva servi per casa e non intendeva perder tempo a cucinarsi pietanze, adoperasse le fette di salame come segnalibri e questo forse è vero, poiché anche ai tempi miei se ne sono ritrovate”. E a Francoforte, giovedì 11 ottobre 2012, è stato presentato, nell’ambito dell’annuale e storica Fiera dell’editoria, il volume Il sole e la neve , con testo di Luigi Alfieri e disegni di Enrico Robusti (edito da Fermoeditore di Parma), stampato su carta da formaggio, cioè quella che i droghieri usavano per involgere i salumi: “I testi e le immagini sono stampati sulla carta paglia, usata dai droghieri degli anni Sessanta per accartocciare formaggi e salumi. Rigorosamente manuale, la rilegatura è fatta con lo spago, come quella dei salami e dei culatelli. Sfogliarlo produce fruscii, sensazioni tattili, illuminazioni di colori che portano nel cuore della narrazione, nel pieno della campagna italiana degli anni ‘60” (dalla presentazione editoriale al sito www.ilsoleelaneve.com). E di nuovo la mente perversa del bibliografo, estensore di questa nota, vola al 1923, anno successivo alla nascita milanese del Manga, quando venne stampato un rarissimo e curioso Campionario di Carte fine da involti della Ditta G. De Dominici di Milano (via Rastrelli, 6, magazzino di carte di ogni genere, per Farmacie, Drogherie, Confetterie). Dal Listino prezzi allegato apprendiamo che la carta pelle aglio per involti, la stessa forse che il salumaio, nella foto di Bollati, aveva usato per incartare il succulento panino al Manga, costata lire 5 al chilogrammo; e inoltre che quella utilizzata per il volume di Luigi Alfieri, chiamata 15 Goudron, costava nel 1923 lire 3 al chilogrammo. E proprio in questo ottobre 2012 è giunta sulla scrivania del bibliografo l’edizione numero 8700 del Pulcinoelefante di Alberto Casiraghy, un microtesto proprio di Manganelli sulla tipografia, a cura di Roberto Bernasconi, e che riproduciamo in omaggio al Manga e a Casiraghy. Si ringrazia il Fondo bibliografico di “Cantieri” per i volumi messi a disposizione per la stesura di questo curioso articoletto, minuscolo ma sentito omaggio alla memoria, alla grandezza di Giorgio Manganelli, e alla sua origine parmense, come la casa editrice del libro di Alfieri; come infatti ha scritto la figlia Lietta: “ È sempre stato spacciato come scrittore lombardo, ma era d’origine decisamente parmigiana”; la madre, Amelia Censi, era infatti di Roccabianca in provincia di Parma, dove il piccolo Manga trascorreva le estati. E un ringraziamento anche ad Alberto Casiraghy che coi suoi magici librini ci regala un sorriso al giorno. mg Giorgio Manganelli, Il lavoro del tipografo, Osnago, Edizioni Pulcinoelefante, ottobre 2012, stampato in 25 copie. Fonti bibliografiche utilizzate: roberto roversi anniversari Album fotografico di Giorgio Manganelli. editoriali Racconto biografico di Lietta Manganelli, a cura di Ermanno Cavazzoni, Macerata, Quodlibet, 2010 [Compagnia Extra, 18], spigolature pp. 66-68, la foto di Bollati che ritrae Manganelli (Dogliani, 1964) è a p.67. editoriali Giulio Bollati, Intermittenze del ricordo. Immagini della cultura italiana, a cura di Rosa Tamborrino, Torino, Fondazione Torino archeologia Musei, 2006, p. 69 [la stessa foto di Manganelli a Dogliani nel ‘64]. libraria Dora Marra, Croce bibliofilo, con una noterella di Benito Iezzi, Napoli, Libreria Dante & archeologia Descartes, 28 maggio1989, p. 16 [edizione privata fuori commercio]. Giuseppelibraria Fumagalli, Aneddoti bibliografici, Roma, Angelo F. Formìggini, 1933, p. 110, n. 84. G. De Dominici, Campionario di Carte fine da involti cultura per Farmacie, Drogherie, Confetterie. Listino 1923, Milano, s.n.t. [1923]. 16 editoriale Luigi Alfieri, Il sole e la neve, illustrazioni di Enrico Robusti, Parma, Fermoeditore, 2012, € 190,00. librografie In Fiera, «Il Sole 24 Ore-Domenica», 7 ottobre 2012. poesia Editoria, poesia ed amicizia: Allen Ginsberg e Il Saggiatore bibliografie Ad integrazione dell’articolo dedicato ad Alberto Mondadori e Il Saggiatore, pubblicato su Cantieri n.14, abbiamo pensato di segnalare un ulteriore, importante tassello della storiabiblografie culturale della casa editrice fondata e diretta dal figlio di Arnoldo; fortunatamente l’importante carteggio di Ginsberg con la casa editrice, pubblicato fuori commercio e a tiratura limitata nel 1997, è stato ora pubblicato a corredo della bibliofollie ristampa dell’ultima raccolta poetica edita dal grande beat americano, che copre un arco temporale che va dal 1986 al 1992. Dal carteggio emergono tutte le notevoli e complesse implicazioni che unirono il poeta refusiana alla casa editrice milanese. mg antiquariato gaddiani, ben consapevoli di quanto centrale, spesso problematico, ma di enorme interesse librario fosse il rapporto tra Gadda, la sua opera e i suoi editori. mg libri e librai a venezia Allen Ginsberg e Il Saggiatore, con uno scritto introduttivo di Luca Formenton, Milano, Il Saggiatore, 1997 [edizione fuori commercio a tiratura limitata e numerata] roberto roversi librografie anniversari editoriali poesia spigolature editoriali bibliografie archeologia libraria biblografie archeologia libraria Allen Ginsberg e Il Saggiatore, in Allen Ginsberg, Saluti cosmopoliti. Poesie 19861992, premessa di Luca Formenton, traducultura zione di Luca Fontana, Milano, Il Saggiatore, 2011, editoriale pp. 9-66 [la prima edizione fu pubblicata da Il Saggiatore nel 1996]. gadda e l’editoria Corrispondenze editoriali con Einaudi, Ricciardi, Rosa e Ballo, Neri Pozza, antiquariato Garzanti e Mondadori. librario “I Quaderni dell’Ingegnere”, la preziosa rivista di testi e studi gaddiani fondata e diretta fino alla morte da Dante Isella, e oggi da Clelia Martignoni, ha offerto nel libri e librai corso degli anni una imprescindibile serie a venezia di corrispondenze gaddiane con alcuni dei maggiori editori italiani del Novecento. L’ultimo numero appena pubblicato, il n.3 della nuova gestione editobibliofollie riale Guanda/Fondazione Pietro Bembo, offre agli studiosi, e ai cultori del grande scrittore lombardo, la corrispondenza tra Gadda e l’editore Mondadori, lungo l’arco temporale 1943-1968, ottimamente curato refusiana da Giorgio Pinotti. Oltre ai “Quaderni” in un volume di Neri Pozza era ricostruito l’intero carteggio tra Gadda e appunto l’editore vicentino, volume curato da uno specialista quale Pasquale Di Palmo (Neri rino fabbri Pozza, Saranno idee d’arte e di poesia, 2006). Con questa ampia serie di epistolari editoriali è ora possibile avere un quadro più completo dei rapporti che legarono il gran lombardo ai suoi editori, e dove proprio l’epistolario biblionarrativa rappresenta una chiave di volta negli studi editoriali sulla genesi e l’evoluzione del binomio autore/editore. Tanto più meritevole appare quindi l’opera di documentazione storico-filologica che topipittori in tal senso “I Quaderni dell’Ingegnere” da anni portano avanti, nel contesto degli studi Con questo bel saggio storico di Alessandro Marzo Magno, dedicato alla straordinaria e complessa presenza di Venezia nella storia della pagine tipografia europea e che verrà e salumi presentato alla Tipoteca Italiana Fondazione di Cornuda (TV), tra i maggiori musei della stampa e del carattere a livello segnalazioni internazionale, si chiude un cerchio che negli ultimi anni ha prodotto alcuni volumi biblohaus di notevole interesse. Ad integrazione del discorso saggistico si inserisce anche un intrigante romanzo di Michelle Loric, ancora inedito in Italia, nel quale tra i vari protagonisti compaiono anche celebri tipografi (Giovanni Da Spira) e calligrafi (Felice Feliciano) i quali, sullo sfondo della magica città lagunare, intessono relazioni amorose e professionali. Chiude il cerchio il libro di Laura Lepri appena pubblicato da Mondadori che si dilunga, in maniera documentata, sul primo editor della storia: Giovan Francesco Valier. gn Alessandro Marzo Magno, L’alba dei libri. Quando Venezia ha fatto leggere il mondo, Milano, Garzanti, 2012. Per approfondire l’argomento: Venezia 1469. La legge e la stampa, a cura di Tiziana Plebani, Venezia, Marsilio, 2004 [Albrizziana]. Michelle Loric, The Floating Book, London, Virago Press, 2005. Stampa meretrix. Scritti quattrocenteschi contro la stampa, a cura di Franco Pierno con la collaborazione di Gianluca Vandone, Venezia, Marsilio, 2011 [Albrizziana], edizione in 1000 copie fuori commercio, per il Natale 2011. Laura Lepri, Del denaro o della gloria. Libri, editori e vanità nella Venezia del Cinquecento, Milano, Mondadori, 2012. 17 anniversari l’editoria editoriali antiquariato spigolature librario editoriali libri e librai aarcheologia venezia libraria pagine e salumi archeologia libraria segnalazioni biblohaus cultura editoriale gadda e l’editoria antiquariato librario libri e librai a venezia pagine e salumi segnalazioni biblohaus 18 poesia biblionarrativa bibliografie Biblionarrativa proibizionista Mario Baudino, nel suo simpatico trafiletto topipittori sull’impressionante serie di biblionarrativa con al centro libri, biblioteche, pergamene proibite e/obiblografie maledette, ha però dimenticato di inserire un altro libro proibito, quello di Aldo Gritti che, per la verità, si pone un gradino al di sopra dei suoi omologhi bibliogialloroprofumi libri manzi. E ora col romanzo e di H. Koschhyk siamo a benbibliofollie 9 biblioromanzi proibiti e maledetti e che la festa…continui. kb Gritti, I custodi della pergamena proibita Mosca, Il profanatore di biblioteche proibite Harper, La città dei libri proibiti refusiana Roca, La bottega dei libri proibiti Harding, La biblioteca dei libri proibiti Garrido, Il monastero dei libri proibiti Starling, La rilegatrice dei libri proibiti Simoni, Il mercante libri maledetti rinodeifabbri Heike Koschhyk, La pergamena maledetta Per saperne di più: Mario Baudino, Ne uccide più la penna. Storia di crimini, libraibiblionarrativa e detective, Milano, Rizzoli, 2011. Mario Baudino, Proibizionismo, «La Stampa», venerdì 6 aprile 2012. topipittori La vera storia dei Topipittori ovvero come e perché siamo diventati editori di picture books di giovanna zoboli Nel periodo in cui vibrissee[bollettino profumi libri di letture e scritture curato da giulio mozzi, ndr] è stato assente, ho fondato una piccola casa editrice di libri illustrati per ragazzi. Quando vibrisse è riapparso, mi è sembrata una buona idea chiedere a giulio mozzi di pubblicare la notizia di questa nascita, invitando anche eventuali scrittori o illustratori interessati a inviarci testi. Riceviamo già parecchi testi, naturalmente. Quasi tutti impubblicabili, e per le più svariate ragioni. Ci arrivano cose molto diverse. Romanzi di centinaia di pagine, storie di trenta, quaranta, cinquanta cartelle. Una delle tante caratteristiche dei libri illustrati, è che, nella norma, hanno intorno alle trentadue pagine, le quali, fra l’altro, devono essere condivise con le immagini. Ci vengono spediti anche testi brevi, quindi appropriati per quantità di testo. Tuttavia, la maggior parte non funziona. Credo ci sia molta confusione, riguardo al concetto di letteratura per ragazzi. E che questa confusione sia una delle cause per cui ci arrivano testi inadeguati, mal scritti, mal pensati. Riflettono concetti vaghi, oltre a un’immagine oleografica dell’infanzia e dei libri a essa destinata, considerati una sequenza di pagine colorate, popolate di animali e gnomi, nuvole e tramonti, colme della poesia della vita, preclusa agli adulti. Scrivendo l’annuncio, mi sono accorta che probabilmente vibrisse è il posto giusto dove provare a ragionare sul perché questi testi non vanno bene e che caratteristiche non devono avere quelli che vogliamo pubblicare. Così, l’annuncio si è mutato in una lunga esposizione di vicende biografiche ed editoriali, e delle riflessioni personali che le hanno accompagnate. Entrambe sono di qualche rilevanza, non in sé, ma per spiegare cos’è un libro illustrato, che genere di editore siamo equali sono state le esperienze che ci hanno portato a pubblicare, scrivere e creare i nostri libri. Non intendo in alcun modo fissare una regola, né riguardo al modo in cui si fanno i libri né riguardo a quello in cui si scrivono. La storia è piena di persone che hanno compiuto grandi imprese seguendo strade del tutto opposte a quelle teorizzate da altri, conseguendo ottimi risultati. Nel 1986, partecipai a un concorso letterario indetto dalla rivista Linus in occasione del premio Andersen-Baia delle Favole, organizzato annualmente dal Comune di Sestri Levante. Si intitolava “La controfiaba” e prometteva di premiare la fiaba più trasgressiva. Inviai due cose: la prima raccontava in rime baciate la storia dell’amore impossibile fra una meringa e un dirigibile, e non vinse; la seconda, I topi pittori, aveva come protagonisti tre roditori, che esercitavano la loro arte nell’ambito, rispettivamente, del cubismo, del surrealismo e del futurismo. La vicenda, del tutto sconclusionata, in ossequio allo sperimentalismo più ribaldo, mosse la giuria a giudizio positivo. Vinsi il concorso al quale non si vinceva nulla, se non la traboccante soddisfazione di essere menzionati sulle pagine del mensile e la salita sul palco, allestito nella piazza di Sestri, al suono della banda municipale. I topi pittori sono stati la prima cosa che ho scritto per ragazzi. Allora avevo poco più di vent’anni e più d’uno mi pronosticò una brillante carriera nell’ambito della letteratura per l’infanzia, nel quale, si rimarcava costantemente, mancano buoni autori, intesi come scrittori di testi. L’unico editore con il quale mi fu vagheggiato un incontro passò a miglior vita nei sei mesi successivi e io, dopo aver riflettuto sulla iattura che si abbatteva sul mio brillante futuro, mi dedicai ad altro. La vena infantile entrò in una sorta di letargo, alimentata, però, da numerose letture. In effetti, ho continuato a leggere libri per bambini, ben oltre il termine della mia infanzia. E fra le cose che rileggo con immutato piacere ci sono le raccolte di fiabe. Il fascino che queste esercitano risulta chiaro leggendo Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, di Bruno Bettelheim, edito da Feltrinelli, saggio da cui sarebbe meglio non prescindere, nel caso si volesse tentare un approccio con la letteratura per ragazzi. Trascorsi alcuni anni dall’esordio dei Topipittori, nel 1994, con un amico, Massimo Scotti, scrissi un romanzo per ragazzi. Era la storia di due figli di genitori separati che in vacanza, l’una al mare e l’altro in campagna, si spedivano lettere raccontandosi le reciproche avventure estive. Lo spedimmo, fra gli altri, a Mondadori Ragazzi, e piacque a Francesca Lazzarato, curatrice della collana Junior, che decise di pubblicarlo. Sinceramente, non avevo pianificato la mia attività in questo settore. Ma il contatto con Mondadori Ragazzi, segnò l’inizio di una collaborazione che è stata per me utile e importante, avendomi permesso di conoscere il lavoro editoriale in questo specifico settore, come autrice, ma anche curatrice, traduttrice ed editor. Su questo insisto, perché la conoscenza del lavoro editoriale, non solo in questo ambito, si è rivelata fondamentale per diventare editore. Editore per ragazzi sono diventata nel 2004. Esattamente dieci anni dopo la pubblicazione di Alla conquista del passato. Lo staff di questa casa editrice, che per ora pubblica esclusivamente libri illustrati, è composto da me e da Paolo Canton. Paolo Canton, laureato in economia alla Bocconi con una tesi sull’editoria periodica, ha sempre lavorato in ambito editoriale. Dapprima, da studente, come magazziniere e tuttofare, poi, laureato, con mansioni organizzative e produttive, e, in seguito, avendo ottimamente appreso, nel corso del tempo, il lavoro di redattore e di traduttore, occupandosi delle cose più diverse. A conoscere i libri, le tecniche di produzione antiche e moderne, ha imparato anche frequentando alcuni corsi estivi della Columbia University, e poi fin da piccolo, frequentando le tipografie dove lavorava suo padre. Una notevole conoscenza l’ha accumulata anche studiando e collezionando libri antichi, in particolare, erbari. Io e Paolo ci siamo conosciuti nel 1990 in una casa editrice che pubblica libri e riviste su automobili. Io facevo la redattrice di una rivista dedicata a proprietari di Ferrari, lui teneva le pubbliche relazioni per l’azienda. A entrambi interessava lavorare a contatto con il processo produttivo da cui nasce un libro. In quel periodo, imparavamo e sperimentavamo e ci erano più che sufficienti le case editrici degli altri per fare i nostri tentativi. Editori, infatti, credo si diventi senza deciderlo su due piedi: fissarne la nascita a tavolino, secondo programmi pianificati su modelli economici e organizzativi, è come cercare di dare vita al Golem o a Frankenstein, pensando di farne la creatura perfetta e non il temibile e rozzo patchwork da cui le fiction di tutti i tempi ci mettono in guardia. Una casa editrice è frutto di una quantità di fatti, eventi, incontri, pensieri, esperienze, scambi, competenze particolari, sfuggenti, complessi e imprevedibili. Alla base della nostra casa editrice, sicuramente c’è stato il nostro incontro. Ho cominciato a lavorare come redattrice dopo aver frequentato un corso sulle pratiche editoriali, tenuto da due redattori della casa editrice Garzanti. Finito il corso, mi interessava fare pratica e ho accettato la prima offerta di lavoro: quella della rivista dedicata alle Ferrari. Mi avessero offerto un posto al mensile Il panificatore, ci sarei andata. In generale, credo sia utile e interessante lavorare in ambienti che mai si sarebbe immaginato di frequentare, facendo cose che mai si sarebbe immaginato di fare. Alla prima esperienza lavorativa è un errore puntare alla redazione cultura del Corriere della Sera, che, fra l’altro, a meno che non si abbiano conoscenze opportune, rimane inaccessibile. Io non guido e le macchine per me sono enigmi inspiegabili, ma scrivere di automobili mi risultò facile e mi divertii a farlo. Credo che chiunque ami scrivere e si proponga di farne un lavoro, dovrebbe applicare le proprie capacità ad argomenti che gli sono ostici. Le pagnotte vanno benissimo, come l’arredo bagno, l’allevamento dei samoyedo o la coltura dei bonsai. È un esercizio di distacco, concentrazione e precisione: si impara a non divagare e a pensare a fondo a quello che si vuole dire e a come lo si vuole dire. Affrontare senza schermi sentimenti molto privati, come la mamma o il primo innamoramento, aiuta molto a perdere il filo del discorso e a trasformare una onesta frase in una imbarazzante mistura di ovvietà e affermazioni incongrue. Sottolineo questo rischio perché chi immagina di rivolgersi a lettori bambini, attinge spesso alla propria emotività e a temi intimi. E i risultati sono quasi sempre catastrofici. Il mio lavoro, che si sia trattato di scrittura per ragazzi, testi commerciali, redazionali o altro, mi ha interessato. Scrivere è divertente, un divertimento che riguarda proprio il fare della professione, collegato anche all’intero processo produttivo editoriale: cioè redazione, impaginazione, stampa. Con me, a progettare e sviluppare la rivista di Ferrari c’era un grafico. Una collaborazione che ha comportato l’ingresso, nella prassi solitaria della scrittura, di una grande quantità di elementi: caratteri, corpi, titoli, colonne, fotografie, disegni eccetera. Dopo l’esperienza in editoria, sono passata ad altro. Il lavoro dipendente mi imponeva un tipo di organizzazione della giornata e della vita che non mi piaceva. Così, ho aperto uno studio di comunicazione la cui principale attività è la redazione di testi su commissione. Non è esattamente un lavoro di copywriter. Un copy di solito collabora con una agenzia di pubblicità, viene annoverato fra i “creativi” e, fra le tante cose che fa, scrive testi pubblicitari. Di pubblicità, invece, io mi sono sempre occupata pochissimo: non è mai stato il mio campo. Il servizio che offro ad aziende e istituzioni è la confezione di testi complessi, articolati, realizzati dopo una attenta valutazione degli obiettivi e dei contenuti da esplicitare, a stretto contatto con il committente. È un lavoro molto particolare per il quale tutta l’esperienza precedente maturata sia da me sia da Paolo, dato che insieme abbiamo fondato anche questo studio, è stata fondamentale. Ho lavorato per i clienti più diversi, occupandomi degli argomenti più diversi. Ci sono state occasioni più o meno interessanti, ma raramente, ho odiato quello che stavo facendo. Ammetto di essermi divertita persino a scrivere le comunicazioni alla clientela di una banca. Non era affatto noioso scrivere queste lettere. Bisognava risolvere molti problemi e non è mai scontato trovare buone soluzioni a questioni di lingua e di struttura del discorso. Del resto, il piacere che dà la scrittura, come tecnica della parola e del pensiero, risulta ben chiara quando si leggono gli Esercizi di stile di Raymond Queneau. Che si tratti di una lettera di banca o di una poesia, le cose non cambiano poi molto, aumenta solo il grado di complessità. Come fra l’addizione e il calcolo differenziale. Il fatto è che, la concezione che ho del mio mestiere è molto più simile a quella di un disegnatore, di un pittore o di un grafico, che a quella di uno scrittore. Me ne sono resa conto in questi mesi di lavoro alle prese con la mia casa editrice, dovendo selezionare i testi che sono cominciati ad arrivare, in cerca di pubblicazione. L’autore tende a sentire il linguaggio come un organo interno, una specie di ventre, stomaco, polmone che fa parte del suo corpo. Come se non avesse ben chiara la distinzione fra sé e il linguaggio. Al contrario, l’illustratore sa benissimo di costruire attraverso qualcosa che è altro da sé, cioè con la materia – colore, pennelli, carta – e a questa materia tributa un interesse appassionato. Basti dire che gli illustratori nutrono un amore al limite del feticismo per i propri strumenti di lavoro. Sebbene siano spesso squattrinati, sono disposti a spendere cifre ragguardevoli per una carta fatta a mano, un tempera matite o una scatoletta da sei gessetti. Inoltre, conservano tutto quello che trovano: spaghi, nastri, biglietti, giornali, bottoni, foto, stoffe, braccia di bambole, insetti mummificati, foglie secche, convinti che un giorno capiterà loro di averne bisogno. In verità, è che sono sedotti dalla materia, la conservano per puro amore: sono collezionisti spazzini nati. L’uso del linguaggio, invece, è più automatico, inconscio, inconsapevole. Lo è per ragioni intuibili, a cui posso solo accennare: prima di essere scritta, di acquisire un corpo visibile e 19 materiale, la parola è sonora, cioè invisibile, incorporea, come il respiro. E quando si fa materiale, scritta, rimane, comunque, astratta. Inoltre, la lingua è per definizione “madre” e come tale è ritenuta un’acquisizione scontata: si apprende e si comincia a usare inconsapevolmente. Basti dire che nessuno ricorda il momento in cui ha detto la prima parola e che pochi sanno fissare quello in cui hanno cominciato a leggere. Tutti sappiamo parlare, e questo porta facilmente a confondere il piano del linguaggio orale, quotidiano e funzionale, e il piano del linguaggio scritto, i quali non sono affatto la medesima cosa, quanto meno negli obiettivi. Insomma, per numerose ragioni l’uso del linguaggio è, per propria natura, equivoco, equivocabile, ambiguo. Gli artisti, come osserva lo studioso Rudolf Arnheim nel saggio Arte e percezione visiva, raramente, nel momento della creazione artistica, si pongono il problema della bellezza. Piuttosto pensano ai pigmenti, alla granulosità di una superficie, alla qualità di una tela o di un intonaco; piuttosto riflettono su come è fatta una mano, su come usare il giallo insieme al rosso, se utilizzare un pennello di tasso o di marmotta per ottenere un certo effetto. La bellezza è una conseguenza che si forma nell’occhio di chi guarda e sarà il risultato di un’enorme quantità di questioni pratiche e tecniche e delle soluzioni trovate via via che si pongono. Sciaguratamente, gli scrittori, quando impugnano la penna, pensano alla bellezza più spesso di quanto dovrebbero, e cercano di costruire un testo dotato di caratteristiche “letterarie”, prima di costruire un discorso. Bruce Chatwin riporta le parole di un celebre commediografo inglese, Noel Coward, che gli raccomandò: “Non si lasci mai intralciare da preoccupazioni artistiche”. L’elaborazione di una “letterarietà”, infatti, è teorica, rispetto al fare; ci si potrà applicare a essa, ma in un secondo momento, una volta ottenuti risultati accettabili, quando si avrà chiaro come utilizzare gli strumenti del discorso. In sostanza, prima di farsi prendere da preoccupazioni artistiche, è necessario svincolarsi dall’uso automatico che si fa della lingua, dal concetto materno, sentimentale, avvolgente, ma equivoco, di lingua, per riflettere su di essa, osservandola nelle sue componenti, nella sua logica profonda. Tengo a sottolineare che nella letteratura per l’infanzia questo problema della lingua materna è diabolico, rovinoso. Perché la scrittura rivolta ai bambini viene concepita, a quanto pare, in uno stato mentale di regressiva euforia, che dispone lo scrivente a immergere ogni concetto in una sorta di incontrollata proliferazione verbale kitsch, una proto lingua pacioccona 20 e pseudo poetica, consolatoria e senza regole, dove imperano sovrani i totem della Creatività e della Fantasia. Bengodi verbale, equivalente linguistico del Paese dei Balocchi, dove finiscono i principianti più sprovveduti e buontemponi. Invano, Gianni Rodari ha parlato di grammatica della fantasia. Per svincolarsi da questa lingua mammona, apparentemente generosa, ma, in verità, infida e tiranna, esistono diversi modi. Avere la fortuna di incontrare un bravo professore di lingua e letteratura italiana. Leggere. Tradurre. Frequentare un corso di scrittura. Far pratica di ascolto, sia in ambito letterario sia nella propria vita privata. Uno, poco noto e non augurabile, è frequentare lo studio di uno psicanalista. Qualunque sia il mezzo scelto per cominciare a riflettere sull’uso che si fa della lingua, l’obiettivo è demolire il concetto di “uso naturale del linguaggio” che si possiede, per portare alla luce l’evidenza che una lingua madre è un prodotto culturale, pertanto non libera, ma soggetta a norme, divieti, consuetudini eccetera. È solo un’impressione che questo modello appreso corrisponda all’uso istintivo, giusto, appropriato, naturale. In parole povere, è necessario guardare alle parole come a invisibili contenitori di storia privata, abitudini, mentalità, culture e tradizioni (simili, in questo a quelle campionature, dette “carote”, prelevate dai geologi per studiare la composizione del terreno e apprenderne la storia attraverso le stratificazioni che lo compongono). Fra l’altro, riflettere sulle proprie modalità di espressione e, più in generale, su quelle delle persone che ci vivono intorno è molto utile: si possono scoprire molte cose su come la lingua determini, attraverso il suo “corpo invisibile”, il corso materiale di tante vite. Ed, eventualmente, cominciare a pensare in che modo e misura sia possibile sottrarsi a questa sovra determinazione per cominciare a parlare una lingua più consona a sé. Non si tratta di avere come obiettivo un controllo assoluto sugli strumenti linguistici, cosa per altro impossibile. Senza contare che per scrivere veramente bene, bisogna accedere a un livello in cui si opera nella dimenticanza di ciò che si sa. Si tratta solo di mettersi in una prospettiva corretta. Esistono persone, che, come Mozart per il suono, possiedono un orecchio assoluto nei confronti della parola, sono individui che della lingua possiedono un’intelligenza istintiva accompagnata a una consapevolezza totale. Ma sono poche e, in generale, è meglio partire dal presupposto di non appartenere a questa razza fortunata, piuttosto che il contrario. Ho avuto modo di chiarirmi le idee su questi temi, anche perché, nel corso del mio lavoro di redattrice di testi su commissione, ho lavorato, in diverse occasioni e per svariate ragioni, a stretto contatto con degli illustratori. Gli illustratori, in genere, sono pazzi scatenati: ritardatari, inaffidabili, ipersensibili, illogici, suscettibili e maniaco depressivi. Ma professionalmente sono più rigorosi e pignoli di un ragioniere contabile: attentissimi, precisi, incontentabili, ossessionati, perfezionisti. È curioso notare quanto poco di irrazionale, non pianificato, imprevedibile vi sia in quello che fanno. Manipolano con perfetta conoscenza i loro strumenti in modo finalizzato, per ottenere quello che hanno in mente. Quando prendono in mano un pennarello o un pennello, non cercano di spremere dai loro cervelli concetti come “autenticità”, “caleidoscopica fantasia”, “sentimenti positivi”, “amore per la vita”, “rispetto dei deboli”, “bellezza”, “verità”, come, a quanto pare, fanno non pochi autori dei testi che arrivano alla mia casa editrice. Al contrario, osservano con attenzione e distacco quel che vogliono rappresentare, pensano a come possono realizzarlo materialmente e poi ci provano, scontrandosi ogni volta, per quanto siano esperti, con l’opacità della materia che stanno utilizzando. Lo scrittore, invece, ritiene spesso che ciò che ha “messo dentro ” un testo – una storia e i “contenuti” che questa veicola, la loro verità, giustezza e bellezza - siano un viatico sufficiente alla pubblicazione e alla gloria. Ritiene, cioè, che la lingua accolga in modo naturale storia e contenuti, proprio come è naturale che faccia una madre con i propri figli. Ma la lingua, è ambigua e traditrice. E di madri assassine è pieno il creato, da Medea in poi. L’unica fatica autentica, proficua, in campo creativo, credo sia quella dell’esperienza che si fa dei propri limiti, dello scontro con la materia di cui è fatto il linguaggio, scontro che dà la misura della propria impotenza, rispetto all’onnipotenza del proprio immaginario. E saper scrivere è un utilissimo supporto a un pensiero compiuto. Non per niente, spesso, gli scrittori riportano la sensazione di non sapere una cosa prima di averla scritta. Se un pensiero non è all’altezza dei suoi strumenti, cioè sufficientemente realizzato per assumere una forma, si esprime sommariamente e tende a utilizzare il linguaggio in modo approssimativo, inconsapevole, come puro strumento e non, paradossalmente, come componente essenziale di sé. Questo è un passaggio fondamentale nella comprensione della scrittura. Lo dico a proposito di quanto affermato all’inizio, che nella letteratura per ragazzi scarseggiano buoni autori di testi. A tanti anni di distanza, oggi posso confermarlo. Ma torniamo alle nostra vicenda editoriale. Ho collaborato con Mondadori Ragazzi per parecchi anni. Con il tempo, il mio interesse per le prestazioni che mi venivano richieste si è esaurito. Ho iniziato a pensare ad altro, in particolare a un tipo di pubblicazione a cui sapevo che una grande casa editrice non sarebbe stata interessata. In particolare, ai libri illustrati. Ogni anno, quando visitavo la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, che è il più importante evento del settore nel mondo, restavo impressionata dalla bellezza dei libri illustrati che si pubblicavano in diversi paesi d’Europa, come Francia, Germania, Olanda. Libri di una qualità inimmaginabile, da noi. Erano quelle le cose che volevo fare. Lo sapevo. Quello che non sapevo era come arrivarci. In quel periodo, fra l’altro, fui anche contattata da una piccola, ma conosciuta casa editrice di libri illustrati che cercava autori. Provai a scrivere dei testi, ma in quel momento ero ancora molto lontana dall’aver capito come scrivere quello che volevo; così produssi storie francamente orribili, che infatti non furono pubblicate. Erano storie piene di “bellezza” e di “caleidoscopica fantasia”, di “poesia dell’infanzia” e di “autenticità”. Quando parlo di libro illustrato, intendo quello che nella letteratura anglosassone è chiamato picture book, cioè non, semplicemente, un libro al cui interno si trovano tavole che illustrano momenti salienti della storia. Le favole classiche o i romanzi per ragazzi con illustrazioni di Gustave Doré, Arthur Rackham, Milton Glaser, Enrico Mazzanti, non sono picture books. Nel picture book non si dà testo senza immagini, il che significa che testo e immagini sono in un rapporto di reciproca dipendenza, non autonomi l’uno rispetto alle altre. Le avventure di Pinocchio, Peter Pan nei giardini di Kensington e Cappuccetto Rosso si possono leggere in un’edizione priva di figure senza che perdano nulldella loro comprensibilità. Il Piccolo Principe è già più simile a un picture book: in esso il narratore fa continuo ricorso alle immagini per raccontare fatti e personaggi. Sappiamo, fra l’altro, che il protagonista di questa storia uscito prima dalla matita che dalla penna dell’autore, derivando da una figurina senza nome che Saint-Exupéry aveva l’abitudine di disegnare ai margini dei suoi manoscritti. Anche La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Dino Buzzati, si avvicina abbastanza a un picture book. Dino Buzzati affermava spesso di essere un pittore prestato alle lettere. Lo conferma il fatto che i disegni che accompagnano il suo celebre romanzo per ragazzi, sono parte integrante di esso. Infatti, che io sappia, nessun illustratore si è mai azzardato, come capita con Le avventure di Pinocchio, a darne una propria interpretazione. Un picture book meraviglioso, non per ragazzi, sempre di Dino Buzzati, è I miracoli della Val Morel, libro che ha molto da insegnare, sia sulla scrittura sia sulla illustrazione. Alcuni classici del genere, ormai entrati nella storia, poiché hanno fatto scuola presso generazioni di grafici e illustratori, sono Nella nebbia di Milano e Nella notte buia di Bruno Munari. E lo stupefacente Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni. D’altra parte, se Le avventure di Pinocchio, Cappuccetto Rosso o La Sirenetta sono testi autosufficienti, che preesistono all’immagine, ci possono essere loro rielaborazioni – dato che i classici sono continuamente soggetti a rilettura e riscrittura - in cui le immagini acquistano un peso e un’importanza pari a quella del testo. Tutto sta nel modo in cui si imposta il libro. Ecco, l’ho detto: il libro. Perché nel picture book, è il libro che viene prima di tutto. L’idea del libro che si vuole fare. Il resto viene dopo, modellato su questa idea di partenza. Il numero 61 della rivista Liber. Libri per bambini e ragazzi, ha dedicato vari articoli al tema “Picture book. Raccontare per parole e immagini”. È qui che ho trovato, fra le tante cose, tre citazioni che mi sembrano condensare in poche ed efficaci righe molte problematiche legate a questo tipo di pubblicazione. Barbara Bader in American Picture Books from Noha’s Ark to the Beast Within: “La natura artistica del picture book si basa sull’interdipendenza di immagini e parole, sul simultaneo dispiegarsi della doppia pagina, e sulla tensione che si determina ogni volta che si volta pagina. Nella specificità della sua natura, il picture book ha possibilità illimitate”. J. Scieszka, in “Design Matters”, The Horn Book Magazine: “Il design è parte essenziale di qualsiasi picture book. È il primo aspetto del libro giudicato dal lettore. È la trama sottile che tiene insieme parole e immagini permettendo a entrambe di raccontare una storia priva di cuciture”. Jane Yolen, in Guide to writing for children: “Un picture book ben riuscito deve avere la densità di una poesia e l’esattezza psicologica di un romanzo; la sua struttura deve essere salda, l’intreccio deve essere avvincente e il linguaggio deve possedere qualità poetiche. In pratica, il picture book deve possedere tutte le caratteristiche positive di opere di molto più ampio respiro, ma deve saper contenere tutto in trentadue pagine”. Le trentadue pagine non sono tassative, stanno a indicare solo un’estensione limitata, rispetto al romanzo, per esempio. Albi sostanziosi, lunghi, sono quelli, fra i tanti da poco usciti, di Neil Gaiman e Dave McKean. Gli illustratori sono ossessionati dall’idea di scrivere i loro libri. I più non ci riescono, perché la scrittura è una competenza sofisticata che non possiedono e non dominano. Molte volte capita che un illustratore mi confidi di avere in mente una storia fantastica, che però non trova il tempo di scrivere. I più, quando comprendono che non troveranno mai il tempo per scriverla, abbandonata ogni speranza, cominciano a progettare un libro che racconti una storia solo attraverso le immagini. Di solito è questo il momento in cui, rendendosi conto che non saper raccontare, o scrivere, una storia, equivale a non saperla immaginare, di malavoglia accettano la sciagura di uno scrittore con cui dividere i diritti d’autore. Alcuni illustratori detestano le parole, soprattutto se di altri. Le trovano accessorie e, se sono costretti ad ammettere che hanno qualche utilità, allora le trovano inadeguate. Molti di loro hanno anche una considerazione delle parole puramente grafica; amano l’alfabeto per il contributo estetico che può offrire alla pagina. Va detto, naturalmente, che ce ne sono non solo capaci di scrivere, ma anche piuttosto bravi o, addirittura, geniali, fra i tanti basti l’esempio di Altan. Fra l’altro, alcuni testi scritti da illustratori hanno quelle caratteristiche di onestà che mancano allo scrittore puro cooptato ai libri illustrati. Sono testi, cioè, consapevoli dello spazio che devono occupare, della funzione che hanno e del ruolo che gli spetta. Ed esistono anche bellissimi libri che raccontano storie senza l’ausilio di parole. Qui, però, è importante osservare come il desiderio degli illustratori di produrre testi sia legato all’istinto dominante di controllare l’intero processo del libro. Un istinto, tutto sommato, molto giusto, nel caso del libro illustrato. Perché questo tipo di oggetto, va ideato nell’insieme, prima che nelle singole parti, ed è questa una delle fondamentali ragioni per cui sono pochi gli autori che riescono a scrivere in modo adeguato. In questo senso, è più facile che l’idea di libro la possieda un illustratore, più abituato a contaminare la fonte della propria ispirazione con tecniche e materia, che uno scrittore abituato a delegare tutto il processo produttivo a chi istituzionalmente lo gestisce. Si tenga presente, infine, che se esistono illustratori che considerano unicamente le parole segni eleganti, per molti autori le immagini sono ornamenti colorati, vestiti cuciti a misura del corpo perfetto e autosufficiente della propria prosa. L’autore, infatti, non di rado pensa che sia il suo testo a condurre i giochi. Ho parlato delle numerose collaborazioni che ho avuto con illustratori. È stato un passaggio cruciale per diventare autrice ed editore di picture books, non solo per i contatti che mi ha procurato. È stato, infatti, proprio lavorando e parlando con queste persone, a contatto con i loro disegni, che l’idea di fare libri illustrati ha potuto prendere forma e concretizzarsi. I primi libri illustrati che ho scritto non sono stati per ragazzi. Si è trattato di pubblicazioni progettate per un pubblico adulto, spesso con intenti promozionali, anche se in senso molto lato. Un’esperienza fondamentale, perché mi ha portato a riflettere sul rapporto fra parole e immagini, sul tipo di relazione che volevo queste intrattenessero fra loro, e sul tipo di significati, 21 di effetti che scaturivano o potevano scaturire da questa relazione. E perché mi ha aiutato a non pensare alla lingua come a un braccio con cui afferrare concetti. Ho iniziato a vedere le parole anche come segni in relazione allo spazio della pagina, ai colori e alle forme. Osservare le caratteristiche, anche grafiche, di ogni parola, mi ha reso più consapevole rispetto al loro uso. Mi sono resa conto che saper scrivere è un po’ come saper fotografare: quando un inesperto inquadra un vaso di fiori e scatta, il risultato che si aspetta è molto diverso da quello che ottiene, da ciò che appare nella fotografia. Fra quello che ha in mente e quello che vede nella fotografia, c’è di mezzo la macchina fotografica, lo strumento. Per ottenere quello che ha in mente è necessario che conosca il modo in cui vede la macchina e lo utilizzi sfruttandone le potenzialità. Per ottenere quello che ha in mente deve smettere, cioè, di fidarsi di una visione pensata come “naturale”. I cassetti del dilettante, nel corso del tempo, si riempiono di immagini di vasi di fiori, facce di congiunti, monumenti famosi. Immagini che avranno un valore unicamente privato o documentario. Ma non testimoniano di una capacità di visione, che poi equivale alla capacità di saperla esprimere, e sembra essere un requisito delle persone capaci di abbandonare il paradiso terrestre delle certezze esistenziali più radicate e istintive. La maggior parte degli illustratori con cui ho lavorato, al momento del nostro incontro non erano attivi nel settore dei libri per ragazzi, ma avevano operato in campi diversi, come l’architettura, la grafica, il design, l’editoria periodica eccetera. Tuttavia, parlando con molti di loro, mi accorsi che da tempo desideravano cimentarsi con i libri illustrati per ragazzi, l’unico problema è che non conoscevano il settore, non sapevano come muovercisi, avevano l’impressione di fare cose che non andavano bene, e non conoscevano autori di testi. Praticamente, se a loro mancava quello che io potevo dargli, a me era necessario quello che loro possedevano. Così con alcuni di loro abbiamo pensato di unire le forze e cominciare a creare progetti di libri illustrati. Tutti questi progetti sono nati da una vicinanza molto stretta fra il creatore dei testi e quello delle immagini. Testi e immagini sono nati da un’interazione reciproca e da un continuo scambio. Ciò che sia io sia l’illustratore abbiamo avuto in mente fin dall’inizio è stato il libro: l’idea del libro. È stata questa idea che ci ha guidato in ogni fase, 22 costringendoci ad adeguare continuamente il nostro lavoro alla sua riuscita. All’inizio, Paolo e io abbiamo pensato di creare uno studio editoriale che proponesse all’estero i nostri progetti (per il tipo di pubblicazione che avevamo in mente il mercato italiano ci sembrava improbabile). Abbiamo lavorato per circa un anno, suscitando un incoraggiante interesse da parte di alcuni editori europei. A sorpresa, siamo anche riusciti a venderne uno a La Joie de lire di Ginevra. Non un colosso editoriale: un editore piccolo, ma noto per la qualità delle pubblicazioni. A questo punto, abbiamo preso la decisione di diventare editori per pubblicare i nostri libri in Italia. L’investimento non era eccessivo e ci permetteva di realizzare quello a cui da molto tempo, probabilmente, ci stavamo preparando. Così sono nati i Topipittori. I Topipittori ci hanno consentito di pubblicare libri illustrati dotati delle caratteristiche che noi desideriamo. Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Nel libro illustrato, al contrario di quanto accade per altri prodotti editoriali, tutto concorre alla sua riuscita. Si può leggere Cent’anni di solitudine stampato sulla carta igienica, e rimarrà sempre Cent’anni di solitudine. E se Anna Karenina ha una copertina sgradevole o è stampato su una carta che non ha un tatto di nostro gradimento, a meno che non si sia paranoici, lo si legge ugualmente. Si prenda invece Nel paese dei mostri selvaggi di Sendak, e gli si cambino i caratteri, la carta, il formato, si risparmi sulla stampa, e si chiami un nipote o un cugino neo diplomato all’istituto professionale, per avere una grafica più moderna e “sfiziosa”, e si avrà la certezza di avere distrutto uno dei più bei picture books mai apparsi. Si può anche fare una soltanto di queste cose e il colpo inferto sarà letale. Di solito, nella consueta prassi editoriale, un libro illustrato si crea nel seguente modo: l’autore scrive un testo, lo consegna all’editore, che sceglie un illustratore, che si mette a illustrare il testo. Se l’editore è molto corretto, l’autore viene a sapere chi sta illustrando il suo testo. Dopo di che un grafico si dà da fare per mettere insieme le due cose. Infine, trascorsi molti mesi, l’autore e l’illustratore hanno la soddisfazione di vedere finalmente in libreria il libro pubblicato. Soddisfazione, a dire il vero, ben magra, perché di solito nessuno è contento: l’autore spesso trova inadatto l’illustratore, il quale, d’altra parte, spesso, quando legge il testo per la prima volta, pensa che come al solito gli tocca illustrare una storia che non gli piace, non gli interessa e che sente non essere nelle sue corde. Hanno ragione entrambi. Questo, infatti, è il modo più sbrigativo ed economico di realizzare un libro illustrato, e non dà i risultati migliori. Esiste un sistema diverso di lavorare, e non liquidabile con una decina di telefonate, poiché richiede una enorme quantità di scambi e contatti fra le tutte le parti in questione. Alla base di questa prassi è l’idea che fra chi scrive e chi illustra il rapporto debba essere significativo. E che, garante di tale rapporto - cioè in grado di valutarlo, renderlo possibile, sorvegliarlo e, attraverso le proprie scelte e competenze, mediarlo - sia l’editore. A chi edita, inoltre, spetta la scelta della terza componente fondamentale del processo: quella del grafico, la persona a cui tocca il compito di comporre parole e immagini in un insieme dove le cuciture scompaiano, per dare luogo a una unità organica e funzionante. Non èraro che il grafico sia lo stesso illustratore, che, spesso, possiede studi ed esperienze specifici in questo campo e sa “vedere” subito la pagina, ha una visione sensibile e intelligente che gli consente di progettare con molta coerenza rispetto al testo e alle immagini. Ottenere questo risultato di perfetta omogeneità è difficile, e ogni volta per ragioni diverse e imprevedibili, poiché ogni libro è, davvero, una cosa a sé. E, in questo senso, impone scelte sempre diverse. Finora i Topipittori hanno pubblicato quattro volumi (e tre usciranno a breve): se potessi tornare indietro cambierei parecchie cose. Molti errori, imperfezioni eccetera, purtroppo, si vedono solo a lavoro finito. E bisogna rassegnarsi a trovarsele davanti agli occhi ogni volta che si sfoglia il libro. D’altra parte, non ci sono scuole che insegnino il mestiere di editore di picture books; bisogna fare pratica da sé e mettere in conto gli errori. Detto questo, torno al problema specifico dei testi. Il fatto che nel picture book l’idea di libro debba venire prima di tutto e farsi guida dell’intero processo creativo, non significa che le cure da rivolgere al testo siano inferiori a quelle che si prodigano a testi “per adulti”: che siano romanzi, racconti, poesie o altro. Consiglio di non prendere a esempio le numerose porcherie che si trovano in libreria nel settore ragazzi: spesso libri spaventosi con brutte immagini, brutti testi, storie insignificanti e grafica mostruosa. Ma libri, da un certo punto di vista, allettanti poiché inducono l’aspirante autore per ragazzi a pensarsi all’altezza della situazione e degli obiettivi. Se l’unico obiettivo è la pubblicazione, per ottenerla sarà sufficiente molta pervicacia e astuzia: guardandosi intorno, pianificando la propria carriera, utilizzando bene le proprie relazioni e scopiazzando quello che va per la maggiore, si riuscirà ottenerla senza difficoltà. Se, invece, l’obiettivo è altro, focalizzato sul lavoro e non sui vantaggi che si acquisiscono nel farlo, il discorso è diverso. Alla base di tanta pessima produzione di storie per bambini e ragazzi, credo vi sia un equivoco generale a proposito del concetto di fiaba o di favola, che dir si voglia. Uno dei commenti più frequenti che ascolto quando dico di scrivere storie per ragazzi è: “Uh, che bello le fiabe!” Le fiabe, invece, ahimè, sono un genere precluso a noi, intesi come autori contemporanei. Le fiabe appartengono alla tradizione e sono patrimonio della cultura di tutti i paesi e i popoli del mondo. Sono storie che si tramandano “dalla notte dei tempi”: racconti orali che si sono tramandati per secoli e che nel tempo hanno assunto una forma scritta, grazie a letterati, etnologi, folkloristi che li hanno fissati sulla carta, per ordinare in un corpus il loro disordinato e vitale riprodursi. Fiabe sono quelle che si leggono nelle raccolte dei fratelli Grimm, di Collodi, Perrault, Andersen, Madame D’Aulnoy. Italo Calvino in Fiabe italiane, ha riscritto le favole delle tradizioni regionali, attingendo a noti repertori favolistici. Per intenderci Le avventure di Pinocchio, Mary Poppins, Peter Pan nei giardini di Kensington, Winny-Puh l’orsetto, Alice nel Paese delle Meraviglie, Il Mago di Oz e Il signore degli anelli non sono fiabe, bensì romanzi. E le bellissime Favole al telefono di Gianni Rodari sono, in verità, racconti. Il profano quando pensa alla fiaba tende a immaginare una storia fantasiosa, poetica, piena di buoni sentimenti, in cui le persone volano, gli animali parlano e le cose finiscono bene. È vero: nelle fiabe ci si imbatte spesso in animali magici, e i protagonisti, in volo o a terra, escono vittoriosi da avventure di ogni sorta. Tuttavia, di buoni sentimenti nelle favole se ne trovano pochi. È più facile riscontrarvi un severo senso della giustizia, uno sguardo crudamente realistico sulle miserie della vita, un pensiero non rimosso sulla parte più oscura dell’animo umano, in particolare riguardo ai rapporti familiari, di amicizia, di amore. E a suffragare questo legame con la dimensione più tenebrosa della vita umana, ricordo che Sharhazàd, la narratrice della più celebre raccolta di fiabe del mondo, Le Mille e una notte, dà fondo al suo serbatoio di storie per non essere uccisa. Sì, le favole sono crudeli e spietate, sanguinarie e terribili. La loro trama è un congegno perfetto, senza sbavature e preziosismi; la loro lingua una lama levigata e tagliente, che nulla concede al superfluo. Secoli di storia hanno dilavato l’individualità dei narratori, lasciando solo il necessario. Le fiabe sono ossa immacolate e splendenti. Difficilmente, un autore può ottenere risultati simili, gravato com’è dalla sua cultura e dalla sua personalità. La volgarizzazione del concetto di fiaba si deve anche alla rilettura e all’uso che ne ha fatto la cinematografia. Walt Disney valga per tutti. Il disegno animato tende per propria natura a spettacolarizzare i contenuti delle storie, rielaborandoli e alterandoli, ove non si prestino alle logiche di una narrazione per immagini. Così, da Biancaneve in poi, ecco schiere di uccellini e scoiattoli, cerbiatti e coniglietti, del tutto assenti, nelle storie originali. Se volete provare a scrivere qualcosa, una delle tante cose da fare, per evitare gli errori più frequenti, è non cadere nei luoghi comuni su questo genere di letteratura, intramontabili assurdità che nocciono gravemente all’aspirante autore di libri per l’infanzia. Eccone alcuni: - Scrivere per bambini è un’attività da vecchie signore, come fare torte di mele e ricamare centrini. Una volta su tre, alla notizia che siamo editori di libri illustrati per ragazzi, qualcuno sente l’esigenza di comunicarmi che ha una zia, un’amica, una vicina di casa ottantenne che scrive storie per bambini. Retaggio di un’epoca lontana in cui agli anziani era delegato il compito di istruire la prole, raccontando fole e tramandando attraverso di esse il patrimonio di saggezza della tradizione, queste nonne-fate ormai sono scomparse da tempo poiché in crisi anch’esse, dirottate verso navi crociera, scuole di ballo, corsi di lingue straniere. Perché ostinarsi a tenere in vita il luogo comune che le vuole fabbriche di pasticceria casalinga, oggetti improponibili, storie dolciastre? - Per scrivere buoni testi è sufficiente avere molta fantasia e adorare i bambini. Se avete raccontato storie inventate da voi ai vostri figli e nipoti, non fidatevi del successo che hanno riscosso. I bambini amano stare con gli adulti, essere oggetto della loro attenzione, e quando dicono che la vostra storia è bellissima, quando ridono ascoltando le vostre parole, lo fanno per contentezza, euforia, amore. Il loro entusiasmo, nella maggior parte dei casi, non ha nulla a che vedere con la possibilità di pubblicazione della storia. E in ogni modo non siete voi i giudici migliori, al riguardo. Quale editore pubblicherebbe mai un romanzo perché l’autore giura che a sua figlia, gran lettrice, è piaciuto moltissimo? Nessuno. E, infatti, nessuno scrittore si azzarda a farlo notare, quando scrive a un editore per proporgli il suo lavoro. L’editore per ragazzi, invece, si sente continuamente pubblicizzare il gradimento riscosso dalle storie che gli sono inviate. Tenete anche presente una cosa: un buon testo per picture book non è una storia della “buona notte”, deve essere letto guardando le figure. Le storie che i genitori, giustamente, inventano per i loro bambini dubito che nascano accompagnate da immagini. - Gli editori di libri per ragazzi sono un consesso di anime belle, sensibili alla poesia della vita. Idea balzana: ci sono fior di mascalzoni, nel settore, come dappertutto. E comunque, anche se si è bravissime persone, è seccante venire considerati come eletti amici, con cui poter condividere la propria idea “giusta” delle cose. - L’infanzia è un mondo di ingenuità e bellezza perduta, un’età dell’oro a cui hanno accesso solo adulti speciali, rimasti bambini. Due fra i migliori romanzi per ragazzi Tom Sawyer e Huckleberry Finn dell’americano Mark Twain, hanno come protagonisti due ragazzini che si sollazzano roteando gatti morti per la coda e tenendo prigioniero uno schiavo nero. E fra i maggiori scrittori per ragazzi figurano scapoli misantropi, zitelle incallite, ambigui reverendi, rudi chirurghi, aviatori squilibrati e truffatori. Tutta gente che i bambini li vedeva pochissimo o addirittura mai. - Per scrivere per ragazzi bisogna abbassarsi al loro livello. È vero, nello scrivere, l’autore deve compiere lo sforzo di recuperare il sentimento dominante della propria infanzia. Ciò non significa in alcun modo “abbassarsi” , in particolare in relazione agli strumenti espressivi utilizzati. Poiché l’aspirante autore per ragazzi è adulto e vuol fare il mestiere di scrittore, usi una lingua adulta e colta. Una lingua adulta e colta non significa una lingua fredda, oscura, difficile, noiosa, bacchettona, supponente. I bambini sono molto imbarazzati dagli adulti infantili, e annoiati a dismisura da chi simula il loro linguaggio e i loro comportamenti. - I libri per ragazzi devono essere utili, insegnare qualcosa, istruire e educare. Ci sono autori la cui maggiore preoccupazione consiste nel raccontare storie che veicolino “idee giuste”. È un errore clamoroso e il miglior presupposto per dare alla luce mostri inimmaginabili. Un giorno ho letto una storia di una famiglia di porcospini alle prese con il problema della droga. Era una storia a tesi, pensata per instradare la gioventù a comportamenti virtuosi. I piccoli porcospini mangiavano foglie allucinogene e diventavano dei pelandroni perditempo. Gli esiti erano paradossali e davano luogo a effetti umoristici straordinari, anche se non voluti. Ma ho letto anche storie a sfondo psicoanalitico, di orsetti che rifiutano la sofferenza, e di bambine anoressiche che riescono a sconfiggere il loro problema grazie all’intervento di un gatto magico. Io preferisco evitare questo genere di approccio. Di solito, la sproporzione fra la gravità di problemi reali e la soluzione trovata dalla storia è molto irritante. Fare un libro “utile” per ragazzi, a mio giudizio, significa semplicemente farlo bene. Di questo, innanzi tutto, dovrebbero preoccuparsi editori, autori, grafici, illustratori. Realizzare libri ben fatti, cioè ben scritti, ben disegnati, ben impaginati e stampati, libri non furbi, pensati con serietà, professionalità, competenza, è la miglior cosa che si può fare nei confronti del lettore, sia esso adulto o bambino. È un segnale di rispetto molto concreto, che più di qualsiasi messaggio ideologico o pedagogico pretestuoso, può cogliere nel segno, interessare la persona che legge, fornirgli non idee, ma strumenti di interpretazione e di valutazione a proposito di sé e del mondo che la circonda. Un libro sciatto, fatto in economia di mezzi - non solo materiali, ma anche intellettuali – un libro mal scritto e mal disegnato, può anche raccontare il Vangelo o perché bisogna amare la pace, ma non sarà migliore, per questo. Forse, anzi, sarà peggiore, per la presunzione e l’inganno che sottende. Topipittori per gatti lettori et sodalibus Per un recensore che faccia gatta di cognome parlare di una casa editrice che si chiama Topipittori è un invito a pranzo… pardon a nozze. Scherzi a parte la casa editrice milanese, fondata nella primavera del 2004 da Paolo Canton e Giovanna Zoboli, che firma una interessante storia della casa editrice (www.topipittori.it) e che “Cantieri” ristampa in questa occasione, è una delle più raffinate ed eleganti espressioni dell’editoria per bambini e ragazzi, senza peraltro perdere di vista il pubblico degli adulti in quanto le edizioni Topipittori, grazie alla loro innovativa veste grafica (compresi i cataloghi editoriali), all’elevato livello dell’apporto iconografico e illustrativo, alla peculiarità delle scelte tematiche, fanno l’occhiolino anche al colto lettore adulto, al collezionista di libri per l’infanzia (Benjamin insegna), al bibliofilo esigente. Tra le ultime proposte di questa fine 2012 mi piace in particolare 23 segnalare un delizioso librino che, oltre ad essere tematicamente affine agli interessi della nostra rivista è, nello stesso tempo, un omaggio a un grande grafico editoriale ed illustratore statunitense, scomparso giusto 20 anni fa: John Alcorn (1935-1992). Come giustamente ha scritto Marta Sironi, che di Alcorn è la massima esperta in Italia, “All’inizio degli anni ’70 la grafica editoriale italiana ha subito un radicale cambiamento in una direzione ‘pop’: attore primo John Alcorn […], a partire dallo stravolgimento ‘psichedelico’ degli storici volumi grigi dalla rigorosa intestazione in Bodoni della Biblioteca Universale Rizzoli”, quei celebri volumetti grigi che fecero come da architrave portante della lettura popolare dei classici di ogni tempo. Occasione per parlare di questo volume è anche il fatto che BOOKS! proprio quest’anno compie 50 anni, pubblicato infatti a New York da Simon and Schuster nel 1962. Dicevamo dell’impegno di Marta Sironi a favore di una migliore conoscenza, in Italia, di Alcorn; lo ricordava Andrea Kerbaker in un interessante articolo sul “Domenicale” del Sole 24 Ore, quando la stessa Sironi volò negli USA per seguire da vicino, insieme a Stephen Alcorn figlio di John e attento custode della sua memoria professionale, le complesse fasi del trasferimento dell’Archivio John Alcorn, che felicemente sarebbe approdato nelle auguste sale milanesi del Centro Apice in comodato d’uso per 20 anni (Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale, presieduto da Alberto Cadioli e diretto da Claudia Piergigli; Centro che proprio in questo 2012 festeggia il decennale, con una elegante pubblicazione nella quale dieci artisti hanno illustrato dieci Fondi bibliografici di Apice, il tutto condito dalla sapiente stampa tipografica di Giorgio Lucini, ultimo tra i grandi maestri della tipografia italiana), la stessa Apice che nel 2011 dedicava ad Alcorn un importante convegno in due giorni nell’ambito della rassegna Testi, forme e usi del libro, e i cui Atti speriamo di vedere presto pubblicati, attesi per la gioia di studiosi e cultori del grafico, illustratore e pubblicitario made in USA. Marta Sironi ha continuato nel tempo ad occuparsi di Alcorn; suo è l’ampio saggio illustrato inserito nel bel volume celebrativo dedicato ai 60 anni della BUR, e sua è la cura generale e la traduzione del delizioso volumetto che segnaliamo in questo ultimo “Cantieri” 2012, in prima edizione italiana, quel LIBRI! col quale, oltre che ricordare il lavoro e la “rivoluzione grafica” alcorniana in chiave pop, facciamo ai nostri fedeli lettori i migliori auguri per un sereno 2013, dando loro appuntamento al prossimo numero 23 della nostra rivista, ricca di nuovi articoli e immagini dedicati, com’è nella nostra tradizione, al libro cartaceo e alla sua benigna e lunga presenza (speriamo) sui nostri scaffali. mg simone volpato riccardo cepach simone volpato riccardo cepach roberto roversi anniversari editoriali prefazione di mario sechi postfazione di piero innocenti i libri ritrovati di italo svevo isbn 978-88-95844-27-5 brossura con alette pp. 352 15 euro a cura di massimo gatta prefazione di mario sechi postfazione di piero innocenti biblohaus BH poesia L’INTELLIGENZA SEGRETA spigolature editoriali Andrea Kerbaker, Alcorn, alfiere delle copertine, «Il Sole gadda e 24 Ore-Domenica», 3 aprile 2011, pp. 14-15. l’editoria Marta Sironi, L’epoca di Alcorn, genio da copertina, «Il Sole 24 Ore-Domenica», novembre 2011. John Alcorn e la grafica editoriale italiana intorno antiquariato al 1970, “Testi, forme e usi del libro. Edizione 2011”, Milano, Università degli librario Studi di Milano, 23-24 novembre 2011. Evaldo Violo, Ah, la vecchia BUR! Storie di libri e di editori, alibri cura dieMarco Vitale, Milano, librai Edizioni Unicopli, 2011, pp. 75-78. a venezia Stephen Alcorn, Evolution by design. Reflectionson thelifeandart of my father, John Alcorn (1935-1992) «Bibliologia», n. 6, 2011, pp. 99-121, con illustrazioni. pagine e salumi Marta Sironi, L’Archivio di John Alcorn ad Apice, «Bibliologia», n. 6, 2011, pp. 123-131. segnalazioni biblohaus luigi mascheroni SCEGLIERE I LIBRI È UN'ARTE, COLLEZIONARLI UNA FOLLIA ritratti d’autore dei peggiori bibliofili d’italia a cura di massimo gatta prefazione di mario baudino e un dialogo con luigi mascheroni isbn 978-88-95844-22-0 brossura con alette pp. 178 15 euro a cura di massimo gatta prefazione di mario baudino e un dialogo con luigi mascheroni biblohaus BH fabio ghersi fabio ghersi LA SIGNORA IN ROSSO un secolo di guide del touring club italiano a cura di massimo gatta presentazione di franco iseppi prefazione di stefano pivato introduzione di rossano pazzagli isbn 978-88-89177-25-1 brossura con alette pp. 340 18 euro a cura di massimo gatta presentazione di franco iseppi prefazione di stefano pivato introduzione di rossano pazzagli biblohaus BH LA GRANDE FAMIGLIA Marta Sironi, La BUR disegnata da John Alcorn. Anni Settanta, in Biblioteca Universale Rizzoli. 60cultura anni in 367 copertine, a cura di Alberto Cadioli, con Marco Fumagalli, editoriale Isotta Piazza e Marta Sironi, Milano, Rizzoli, 2009, pp. 73-153. ritratti d’autore dei peggiori bibliofili d’italia con uno scritto di massimo gatta biblografie massimo gatta Per saperne di più: Oliviero Diliberto, Nostalgia del grigio. 60 anni di BUR, a cura di Massimo Gatta, archeologia introduzione di Marco Santoro, Macerata, Biblohaus,libraria 2009. SCEGLIERE I LIBRI È UN'ARTE, COLLEZIONARLI UNA FOLLIA comisso tra amici, librai e poeti prefazione di nico naldini isbn 978-88-95844-26-8 brossura con alette pp. 206 15 euro archeologia libraria luigi mascheroni anna modena L’INTELLIGENZA SEGRETA bibliografie comisso tra amici, librai e poeti prefazione di nico naldini con uno scritto di massimo gatta un secolo di guide del touring club italiano 24 librografie i libri ritrovati di italo svevo a cura di massimo gatta ALLA PEGGIO ANDRÒ IN BIBLIOTECA anna modena LA SIGNORA IN ROSSO Murray McCain, LIBRI!, illustrazioni di John Alcorn, cura e traduzione di Marta Sironi, Milano, Topipittori, 2012, ill., € 15,00. ALLA PEGGIO ANDRÒ IN BIBLIOTECA biblohaus BH storie di editoria e bibliografia massimo gatta LA GRANDE FAMIGLIA storie di editoria e bibliografia a cura di filippo umberti prefazione di ugo rozzo isbn 978-88-95844-23-7 brossura con alette pp. 350 18 euro bibliofollie a cura di filippo umberti prefazione di ugo rozzo biblohaus BH refusiana massimo gatta DALLE PARTI DI ALDO massimo gatta DALLE PARTI DI ALDO vicende e protagonisti della cultura tipografica italiana del novecento rino fabbri isbn 978-88-95844-24-4 brossura con alette pp. 442 18 euro a cura di dionigi colnaghi prefazione di edoardo barbieri con uno scritto di mauro chiabrando vicende e protagonisti della cultura tipografica italiana del novecento a cura di dionigi colnaghi prefazione di edoardo barbieri con uno scritto di mauro chiabrando biblohaus BH biblionarrativa come ogni anno biblohaus sarà presente al salone del libro usato di milano dal 7 al 9 dicembre 2012 e alla fiera della piccola e media editoria di roma piùlibripiùliberi dal 6 al 9 dicembre 2012, con le novità 2013. topipittori l’abbonamento annuale a cantieri (5 numeri) costa € 25, per richiederlo: [email protected], numeri arretrati € 5 cadauno compresa spedizione. profumi e libri cantieri viene pubblicato ogni due mesi e nasce dal gruppo di lavoro che si riunisce intorno alla casa editrice biblohaus: oliviero diliberto massimo gatta simone berni simone pasquali duccio benocci rebecca simpson olga mainieri annette baugirard michelle delattes gaspare naldi konstantin bellmer gina palestri edizioni biblohaus via weiden 27 macerata italia t f 0039 0733 265384 www.biblohaus.it [email protected] fb: biblohaus casa editrice