TRATTATO DELLA MORTE MISTICA
ovvero
OLOCAUSTO DEL PURO SPIRITO
DI UN’ANIMA RELIGIOSA
Introduzione:
P. Paolino Alonso Blanco cp
Commento:
P. Antonio Artola, c. p.
INTRODUZIONE - Gli studiosi della dottrina spirituale di S. Paolo della Croce (1)
non possono più rammaricarsi per la perdita di un manoscritto reputato di particolare
interesse per la conoscenza del pensiero del santo intorno all’essenza della sua
spiritualità, cioè la mistica della Passione. La Divina Provvidenza ha disposto che,
dove nemmeno si sospettava, mani affettuose e cuori contemplativi della comunità
delle monache passioniste di Bilbao, ce lo abbiano conservato, per l’appunto, senza
sapere esattamente di che cosa si trattasse. Ci riferiamo al trattatello del Fondatore dei
Passionisti, chiamato “Morte Mistica”. Intorno allo scritto suddetto si hanno dati certi
e si sono formulate, in varie opere, supposizioni più o meno fondate. Desumiamo
dalla storia ciò che si può provare criticamente (2) e, nel pubblicare per la prima volta
il manoscritto così come è stato trovato, pensiamo che si imporrà una revisione, o per
lo meno un arricchimento degli studi intorno alla dottrina spirituale e passiologica
del Fondatore dei Passionisti. 1. L’esistenza del manoscritto.
Il 10 settembre 1762 S. Paolo della Croce scriveva a suor Angela M. Maddalena dei
Sette Dolori (3); ricordandole l’anniversario della sua “Morte Mistica”, ossia della sua
professione religiosa. Dopo aver ringraziato il Signore per il privilegio, le raccomanda
di esprimere questo desiderio: “Vorrei che lei leggesse spesso quella direzione della
morte mistica che io le mandai in quel libricciolo manoscritto, che so molto le gioverà”
(4). Pur essendo certo il fatto che glie lo aveva mandato anteriormente, come si
deduce dalle sue stesse parole, con tutto ciò non disponiamo di riferimenti storici che
documentino la data precisa della consegna e, tanto meno della sua composizione. Con
lo Zoffoli (5) conveniamo sulla probabilità che essa avvenne in occasione della prima
professione religiosa della carmelitana il 22 novembre 1761, ricevuta personalmente
da Paolo della Croce (6). Di sicuro entro gli anni 1760-1762, secondo l’affermazione di
Brovetto (7).
2. La sua restituzione a Paolo della Croce.
Suor Angela M. Maddalena aveva una sorella maggiore, suor Luisa M. della Passione,
anch’essa religiosa carmelitana di Vetralla. Costei ci accompagnerà lungo il filo
conduttore della storia del manoscritto. Suor Luisa M. che non e(a certa se lo spedì, o
se lo consegnò personalmente a Paolo della Croce, riconosceva però che la scrittura
era quella del Santo (8), depose nei processi di beatificazione (9) che alla morte della
sorella, il 17 dicembre 1764 (10) i religiosi del ritiro dell’Angelo- Vetralla (Viterbo)
mandarono a chiedere il libretto della morte mistica e la religiosa lo consegnò loro (11).
Il documento dovette ritornare nelle mani del suo autore, Paolo della Croce, perchè
in data 17 maggio 1765 scrivendo da Vetralla al P. Pietro di S. Giovanni, maestro dei
novizi nel ritiro di S. Giuseppe sul monte Argentario, gli annunciava !’invio della
“Morte Mistica” come già gli aveva promesso (12). A suo giudizio era necessario
ricopiar/a apportandovi delle correzioni, cioè mutando il genere e le parole scritte al
femminile, nel maschile e, in luogo di monastero, scrivere ritiro. Tutto fa credere che il
manoscritto arrivò nelle mani del maestro dei novizi, perchè appunto ci è pervenuta
la lettera che lo accompagnava. Questa è l’ultima notizia da fonte diretta che di
questo esemplare si abbia nella Congregazione dei Passionisti. Nessuno riparlò del
manoscritto durante la vita di Paolo della Croce. Lasciando da parte le congetture,
è certo che nessun passionista menziona questo scritto nei processi sia ordinari che
apostolici di beatificazione e canonizzazione del Fondatore. Nemmeno coloro che
dovettero rispondere espressamente a domande formulate intorno agli scritti dello
stesso. In realtà esistono fondati sospetti che permettono di affermare che il trattato
della morte mistica sia stato conservato dai Passionisti. Pare che il P. Filippo della
Immacolata Concezione, rettore del ritiro di Corneto, custodisse nel 1783 il manoscritto
in questione, se ci atteniamo alla testimonianza del P. Eutizio di S. Filippo Neri e
ammettiamo che nella frase “un certo opuscolo di mistica” (13) si parli del trattatello
in questione.
3. Le copie delle Carmelitane di Vetralla.
A contrario, di sicuro il trattatello della morte mistica fu copiato più volte dalle
religiose del Carmelo di Vetralla. Le religiose se lo passavano l’un l’altra “perchè ne
restavano sommamente edificate” (14), “è un’opera di grande edificazione” (15) e
si parla di essa “come dell’opera di un santo” (16). . Due documenti della massima
importanza ci aiutano a identificare il presente trattato che pubblichiamo con lo scritto
di S. Paolo della Croce. Nel 1790 suor Maria Celeste Serafina dell’Amore di Dio, anche
lei carmelitana di Vetralla, depose al Processo sulla revisione degli scritti del Servo di
Dio, dopo di aver consegnato copia del trattato in questione all’autorità ecclesiastica,
la seguente testimonianza che riportiamo:
“Parimenti mi ritrovo un libricino scritto di alieno carattere, ricoperto di Cartone torchino,
che parimenti gli consegno. E’ intitolato, “Morte mistica ovvero olocausto del puro spirito
di un’anima Religiosa”. Mi fu detto, non mi ricordo da chi, che d. libercolo era composto dal
Servo di Dio P. Paolo Croce (sic!) e mandato ad una nostra Religiosa, ora defunta, suor Angela
M. Maddalena de’ Dolori. Il med.mo libercolo è della med.ma qualità, scritto in carattere secco
e minuto. Si protesta in esso di fare tutto ciò che piace all’Altissimo per mezzo della Santa
Obbedienza, ed è diviso in 17 &. Incomincia con le seg. parole: ‘Affinché per umana fragilità e
mia negligenza non venissi a perdere quei lumi’, ecc. e termina con le seguenti: ‘Gesù, l’ultimo
mio respiro sia il vostro amore. Amen.’ (17).”
La seconda testimonianza è contenuta nella “positio super revisione scriptorum”
redatta il 23 aprile 1974:
“Libretto
manoscritto in ottavo con copertine volgarmente chiamate di ‘Cartone’,
ceruleo di dieci pagine non numerate e scritte nelle due facciate, che è intitolato: ‘J.C.P. Morte
mistica, ovvero Olocausto del puro spirito d’un’anima Religiosa’ nella prima pagina dopo il
detto titolo, inizia: ‘Affinché per umana fragilità’; e conclude nell’ultima pagina: ‘Sia il vostro
amore. Amen’ (18)”.
Le due testimonianze ci danno la sicurezza di poter identificare l’autore del detto
trattato con S. Paolo della Croce. Inoltre, questa descrizione ci dà un solido fondamento
per riconoscere che quello trovato nel monastero delle monache passioniste di Bilbao
(19) sia lo stesso opuscolo che scrisse il fondatore dei Passionisti e che si dava per
smarrito.
4. La copia delle Passioniste di Bilbao.
Il suo ritrovamento non è avvenuto in uno degli archivi di qualche monastero in
diretta relazione con S. Paolo della Croce. La storia del suo ritrovamento è intessuta
di dati commoventi e di peripezie peregrine. Disponiamo di una relazione dettagliata
e firmata e che non trascura nessun particolare. La religiosa che l’ha firmata chiede
che si taccia il suo nome perchè desidera che figuri la comunità a cui appartiene.
Tutto è così recente e vi sono coinvolte persone con differenti titoli di merito per cui
la prudenza e la delicatezza consigliano l’omissione dei nomi. Riassumo i fatti dando
solo le notizie essenziali. Durante gli anni 1943-44 la detta religiosa trovò nel ripostiglio
del monastero, dentro una cassa piena di carte, due quaderni scolastici, scritti con
una calligrafia che si suppone essere stata quella di M. Geltrude di Gesù (20) e che
contenevano, oltre alle conferenze di M. Giuseppa del S. Cuore (21), uno scritto che
alla religiosa sembrò essere una “regola di vita spirituale”. Le piacque molto e pensò
di tenerselo, cosa che le fu permessa con facilità dalla superiora del tempo, la Madre
Mercedes del Volto Santo. Qualche tempo dopo, parlando con un’altra superiora, fu
toccato il tema del manoscritto e poco mancò che esso sparisse per sempre. La resistenza
della religiosa che non voleva distaccarsi da quello che chiamava il “Regolamento” le
consentì di conservarne una copia a lapis scritta su carta di pessima qualità. Durante
gli anni 1970-71 la religiosa cominciò a sospettare, durante la lettura della vita di S.
Paolo della Croce dello Zoffoli che quel “regolamento” potesse essere lo scritto di
S. Paolo della Croce che si ricerca ve. Da quel momento lei si preoccupò di trovare,
con esito non sempre positivo, qualcuno che confermasse i suoi sospetti. Alcuni mesi
fa le sue preghiere furono ascoltate e fu tentata la ricerca della copia che le era stata
tolta. Il primo materiale che venne alla mano non fu quello desiderato, ma un altro
quaderno contenente lo stesso scritto in italiano e che oggi abbiamo la soddisfazione
di pubblicare. Predicavo gli esercizi spirituali alla comunità e, conversando con la
religiosa, costei mi parlò fra l’altro, del manoscritto. Chiesta la copia, potei costatare
immediatamente che si trattava del famoso “Trattato della Morte mistica” di S. Paolo
della Croce. Erano le 18,30 del 26 giugno 1976, sabato festa del Cuore Immacolato di
Maria. Una delle sere più emozionanti della mia vita. Si può dare una risposta alla
domanda su come è potuta finire a Bilbao la copia del manoscritto? Certamente da
Lucca, dal monastero delle Passioniste, giacché esse fecero la fondazione di Bilbao.
Pensiamo che a Lucca sia arrivata da Corneto e che abbia qualcosa a che vedere con
la copia che custodiva il P. Filippo dell’Immacolata Concezione, rettore del ritiro
passionista. Con la religiosa, alla quale bisogna riconoscere pubblicamente il merito, si
può concludere questa sintesi dicendo: Grazia a Dio e sia benedetto il suo santo Nome”.
5. Significato del trattato della Morte mistica di S. Paolo della Croce.
Mi sono proposto di mantenermi nella linea che dovrebbe essere di mia stretta
competenza, cioè la storia. Di conseguenza, mi limito ad una semplice presentazione
del trattato. Gli specialisti ne deducano le implicanze dottrinali. Sappiamo cosa
pensasse Paolo della Croce del suo scritto soltanto dalla lettera inviata a P. Pietro
di S. Giovanni e che accompagnava il testo manoscritto: “In detta Morte Mistica vi
sta racchiusa un’altissima perfezione e santità. Non conviene però darla ai novizi, finché
non siano quasi al fine del noviziato e non si conosca che abbiano fatto qualche notabile
profitto nell’orazione e sante virtù; altrimenti, se si desse loro tale scritto al principio, vi
sarebbe pericolo che si fissassero ed apprendessero troppo ardua la via della virtù... “ (22).
Sarebbe azzardato il solo desiderio di fare un confronto analitico del contenuto del
libretto con la restante dottrina di S. Paolo della Croce. Già l’elenco delle opere sul tema
riempirebbe numerose pagine. Si è cercato di riassumere tutti gli insegnamenti del
Santo intorno alla vita mistica cosi come appaiono dai suoi scritti (23). Qualcuno (24)
è del parere, inoltre, che il contenuto non aggiunga niente alla dottrina già nota sulla
morte mistica secondo S. Paolo della Croce. . Si possono verificare questo come anche
altri giudizi. Però qualcosa c’è di nuovo e di certo: che cioè ci troviamo di fronte ad una
esposizione originale, formulata dal Santo, del suo pensiero su questo elevato tema. A
nostro parere, cioè è un dato totalmente nuovo rispetto alle esposizioni dottrinali di
molti autori che svilupparono il tema con il desiderio della maggiore fedeltà possibile,
solo partendo da quello che supponevamo essere, più o meno lo schema ideologico
di S. Paolo della Croce. A nostro giudizio, non è da prendere come un fatto casuale
che i destinatari del trattato scelti da S. Paolo della Croce, siano stati neo-pro fesse
come su or Angela M. Maddalena dei Sette Dolori o i novizi passionisti. Sembra certo
che il trattato fosse destinato a chi abbracciava la vita religiosa, e in secondo luogo
alla formazione del passionista. Questo è il valore più originale e sconosciuto della
dottrina esposta nel presente trattato. Esso offre alla spiritualità della Congregazione
qualcosa che ancora non si era scoperto: la spiegazione della vita religiosa passionista
come morte mistica con Cristo sulla croce. Non è il caso di sviluppare l’idea, però ci
sia permesso di anticipare che ci troviamo di fronte al concetto più puro e perfetto
del carisma passionista ricevuto da S. Paolo della Croce. Lo conferma il sottotitolo:
“Olocausto del puro spirito di un’anima religiosa”. “Morire povero come te sulla
Croce... Oh santa morte di chi muore così per te, Gesù mio! Obbedienza santa! Oh
morte santa di chi muore casto per te, Gesù mio...! Morte santa! Amore santo...! “Sono
l’essenza di tutta una vita consacrata a Cristo in croce che esige un lungo periodo di
maturazione. Fornendo queste due indicazioni non si pretende di limitare il valore del
documento giacché esso è tale da essere una ricchezza per tutta la spiritualità della
Chiesa, uno dei suoi tesori di maggior valore di tutti i tempi. Ce lo confermeranno e
spiegheranno gli specialisti.
6. La presente edizione.
Nel presentare al pubblico il trattato della “Morte mistica” di S. Paolo della Croce
è stato adottato il criterio di una trascrizione totalmente fedele alla copia a nostra
disposizione. Non trovandosi alcun punto di confronto il testo, così come si trova
nel manoscritto, è l’unica base di cui disponiamo. La sua esatta riproduzione è il
miglior metodo scientifico per metterlo a disposizione dei lettori. Abbiamo eliminato
alcuni “errata” evidenti della copista. Vada la nostra più profonda riconoscenza alle
monache passioniste di Bilbao per la collaborazione offerta e per la bontà di averci
concesso di pubblicare il manoscritto di loro proprietà per la presente edizione.
(Trad. dallo spagnolo: Teresa Barbieri) IESU CHRISTI PASSIO - Affinché per umana
fragilità e per mia negligenza [non] avessi a perdere quei lumi e sante ispirazioni, che
Gesù per sua infinita misericordia si è degnato darmi perchè scossa dal letargo della
mia infedeltà e pigrizia, sorga al lume della divina grazia, ed intraprenda quella via
di perfezione, che più piacerà al mio Signore: Quindi è che a fine di facilitarmene la
strada e camminarvi con sicurezza, tutto quello che in questo foglio si contiene e che da
me parmi richieda al presente Iddio, acciocché approvatami dalla santa Ubbidienza,
di cui ne voglio essere martire e fedelissima figlia sino all’ultimo respiro di mia vita,
mi serva di stimolo a proseguire e a vincere colle violenze le mie ripugnanze:Gesù
dunque mi conceda la grazia di un buon principio, e santa perseveranza. Una sola
cosa richiede Dio da me, ma se ne richiedono moltissime per conseguirla e giungervi.
Oh! Dio che violenza! Si deve Morire ed Ubbidire mio Gesù! in una cosa troppo
mi chiedete perchè volete che io muoia con Voi sulla Croce. Morte mistica, morte
per me troppo dura ma soave perchè prima di morire a mille morti mi conviene
sottopormi! Signore, al solo pensarvi l’umanità s’inorridisce trema e sgomenta, ma
lo spirito quale Voi comandate, è già pronto per eseguirla sull’infallibile certezza
che se voi la volete non mancherà il vostro soccorso per conseguirla; devo tuttavia
lasciare un tale riflesso per potere in fede e alla cieca correre con tutta indifferenza,
come cervo assetato al fonte delle divine disposizioni, con un totale abbandono in
Voi, lasciandomi guidare come Voi volete, non cercando me stessa, ma solo che Dio
compiaccia se stesso, con l’adempimento della sua volontà mi annienterò in me stessa
ammirando come Dio voglia ricevere tal minimo compiacimento, da una miserabile
creatura ripiena di tanti difetti e peccati, e per tale effetto, mi umilierò sempre
dentro me stessa stimandomi come sono, ed avrò un altissimo concetto di Dio, come
padrone di tutto, amore immenso, giudice inesorabile, bontà senza fine. Oh Dio!
Non mi muoverò punto dal mio nulla se non venga mossa da Dio, primo principio
ed ultimo fine, ed allora non mi alzerò più di quello che Dio vuole, affinché per mia
presunzione non venga a precipitarmi e cadere. No Signore! Starò rassegnata e pronta
al divino volere col nulla bramare, niente ricusare, ed egualmente contenta di ogni suo
volere. Mi spoglierò di tutto con un totale abbandono di me stessa in Dio, lasciando
interamente la cura di me a Lui; Egli sa ed io non so, quello che mi conviene, e però
riceverò con eguale rassegnazione si la luce che le tenebre, si le consolazioni che le
calamità e le croci, si il patire che il godere; in tutto e di tutto lo benedirò, e più di
tutto quella mano che mi flagella, fidandomi interamente di Lui. E se talvolta mi vorrà
aggraziare della sua presenza, o con soli effetti di essa, o con l’atto pratico e continuo,
non mi attaccherò mai al gusto dello spirito, né mi affliggerò per timore di restarne
priva, ma prontissima alla pena meritata dei suoi abbandoni, gli farò sempre il dono
della pura e nuda mia volontà, con offrire Lui a Lui, un anima Crocifissa e morta, a
Gesù Crocifisso e Morto, poiché a Lui cos ì piace, contenta e rassegnata tornerò alle
tenebre ed agonie, quando così voglia pregandolo a permettermi di poter dire: Spero
dopo le tenebre la luce: Mio Gesù ti adoro e sto morendo per non morire:
Oh che santa Morte! Perchè in agonia!
Se Gesù mi vorrà desolata, morta e sepolta nelle tenebre, rifletterò che dovendo per i
miei enormi peccati starmene meritevolmente nell’Inferno, essere bontà del mio Dio
avermelo mutato in tali pene, mi attaccherò ben soda all’ancora della potentissima sua
misericordia, acciò diffidando di essa non facessi torto alla sua bontà tanto grande!
Oh che bontà di Dio!
Procurerò a tutto mio potere seguire del mio Gesù le pedate, se afflitta, abbandonata,
desolata, mi troverò, mi accompagnerò seco nell’Orto. Se disprezzata, ingiuriata, mi
accompagnerò nel Pretorio. Se depressa ed angustiata nelle agonie del patire, con
fedeltà mi accompagnerò al Monte, e con generosità alla Croce, colla lancia nel cuore.
Oh che dolce morire!
Mi spoglierò d’ogni mio proprio interesse con non riguardare né pena, né premio; ma
solo alla gloria di Dio, ed al puro suo gusto, non cercando di stare che fra questi due
termini; Qui agonizzare fino che Dio vuole, e qui morire di puro suo amore. Oh che
benedetto Amore di Gesù!
Non cercherò né amerò altra cosa che Dio solo, perché in questo solo godrò il
Paradiso, pace, contento, e amore; e mi armerò di un odio santo ed implacabile
contro tutto quello che può da Lui distormi. Gesù mio, mai peccato nel cuore!
Sbandirò da me ogni pazzo timore che render mi possa pusillanime nel suo santo
servizio; con questa sola massima che, se sarò fedele e forte a Dio, egli sempre sarà
mio, temerò Lui solo, e ciò che può apportargli disgusto fuggirò sempre, e per ciò starò
sempre sopra me stessa, guardando a tutto mio potere non apportargli volontariamente
disgusto, benché minimo: per quanto colla sua divina grazia mi sarà possibile. Oh che
bella speranza!
Se per mia debolezza cadessi in qualche errore sorgerò subito col pentimento,
riconoscendo la mia miseria, e quello che sono, e quello che posso, pregando il mio
Dio col capo a terra, colle lagrime su gli occhi, e coi sospiri nel cuore per il perdono e
grazia di mai più tradirlo; ma di stabilirmi più seco. Né qui mi fermerò più di quello che
mi conviene per riconoscere me stessa miserabile, ma tornerò a Lui dicendo: Mio Dio,
mio Gesù, questo è il frutto che posso rendervi: non vi fidate di me, sono miserabile!
Stabilirò sempre il mio cuore in Dio con distaccarlo a tutto mio potere per forza dalla
terra, e da tutto quello che Egli non è; Voglio che sia stanza di Gesù, e farmelo un
Calvario di pene, come la B. Chiara di Montefalco, dandone a Lui solo la chiave, acciò
ne sia assoluto padrone per abitarvi a suo piacere, e riporvi ciò che gli piace. Il mio
cuore non sarà più mio, perchè neppure io sono più mia, mio non sarà solo che Dio.
Ecco il mio amore!
Io morirò tutta a me stessa per vivere solo a Dio, e a Dio certo morirò, perchè senza
Dio vivere non posso: Oh che vita! Oh che morte! Vivrò, ma come morta, e con tale
riflesso passerò la mia vita con stabilirla in una continua morte. Mi voglio risolvere a
morire per Ubbidienza. Benedetta Ubbidienza!
Pondererò questa massima forte di spirito della Morte Mistica, nei tre Voti Religiosi,
di Povertà, Castità, e Ubbidienza. Mi figurerò morta nella Povertà. Il morto, dirò a
me stessa, non ha se non quello che gli si pone in dosso né si cura che sia buono o
cattivo; nulla chiede, e nulla vuole, perché non è più di questo mondo, ed ancora
per non essere più di questa terra. Sarò poverissima come il morto, e per quanto
mi sarà possibile, non terrò cosa alcuna presso di me, con questo solo riflesso, che
non devo aver niente, e ogni cosa è di più, come al morto, che è superflua ogni cosa
che gli si pone in dosso. Quello che mi verrà dato, lo riceverò per carità, senza mai
lamentarmi, ma terrò sia sempre troppo, per non meritar niente. Non chiederò cosa
alcuna, se non fosse per estrema necessità, e questa la riceverò per pura carità, e sarò
tarda a richiederla, per provare e soffrire gl’incomodi della S. Povertà. Nel vitto e
vestito procurerò sempre il peggio, morendo ad ogni desiderio e gusto del senso, non
chiedendo e ritenendo mai niente senza licenza dei miei Superiori, e questi pregherò
che mi siano sempre rigorosi, per soddisfarmi meno che possono rimettendomi tutta a
Dio. Cercherò in questo di imitare Gesù povero in tutto: essendo Egli Signore del Cielo
e non si vergognò di abbracciare questa estrema Povertà, di fare una vita poverissima
in tutto ed abbietta per mio amore ed esempio. Disprezzerò me stessa e godrò di
essere disprezzata da gli altri, e posposta ad ognuno. Il morto è il vero povero di
Gesù, non si cura degli onori e disprezzi, e però non dimostrerò neppure desiderio
o inclinazione a cosa alcuna, affine di non esser compiaciuta, insomma studierò
essere poverissima, di essere privata di ciò che ho, perchè non mio, e di sempre più
impoverirmi per rendermi simile a Gesù poverissimo. Povera morire in Croce come Voi!
Morirò nella Castità col sottoporre il mio corpo ad ogni sorta di strazi e patimenti
per amore del mio Dio, ed acciò non si ribelli per farmi offuscare un sì bel giglio,
fuggirò ogni occasione, e custodirò i miei sentimenti, con somma vigilanza, acciò per
essi non entri cosa che sia cattiva. Il morto non ha senti menti, così neppure io voglio
avere alcun sentimento in offesa del mio Dio. Fuggirò anche ogni minima occasione
di attacco, perchè Gesù del mio cuore vuole Egli solo esserne assoluto padrone: e pura
d’intenzioni, gloria di Dio, salute dell’anima: pura di affetti, mai amore alle creature,
né ad altro: pura di desideri i e non cercare altro che Gesù, che si pasce tra i gigli
immacolati. Così mi voglio rendere morta ad ogni piacere di me stessa, sacrificandomi
sempre alla Croce purissima del mio sposo Gesù. Oh morte santa di chi vive casta per
Voi, Gesù mio!
Morirò nell’Ubbidienza. Oh che santo sacrificio! Oh santo martirio di volontà pura,
dandomi totalmente morta in essa, qui si ha da finire di morire con sottoporre la
volontà propria, ed in tutto e per tutto vincerla sino che sia morta affatto, senza dare
neppure un sospiro. Sarò con la grazia del Signore pronta e indefessa nell’Ubbidienza,
alla cieca, senza replica, e se mi fosse comandata cosa ardua e difficile, e di somma
mia ripugnanza, un’occhiata a Gesù alla Colonna, un’altra all’Orto, nell’Agonia della
sua orazione, un’altra sulla Croce in cui spirò per obbedienza all’Eterno Padre; nel
primo ricordandomi degli avvertimenti che mi dà dirò: benedetta Ubbidienza, santa
Ubbidienza mi fai morire, mi farò santa ed in fine beata: così mi renderò dolce e soave
l’Ubbidienza e l’eseguirò con contento. Oh che beata morte di chi muore per obbedienza!
Come fece Gesù caro Sposo dell’anima mia. Non solo poi ubbidirò a chi devo ma anche
alle eguali ed inferiori, procurerò essere tutta di tutti acciò tutti mi possano con libertà
comandare; starò indifferente in tutto, non mostrando dispiacere o rincrescimento in
cosa alcuna per dare una santa libertà di comandarmi. Starò sopra a me stessa sempre
per non fare capire la minima inclinazione acciò non mi sia soddisfatta né a questo né
a quello, anche sotto titolo di essere mortificata, volendo anche in questo far languire
l’amor proprio, ed in tutto farlo morire; e piuttosto contenta a quelle ripugnanze
acciò mi sia comandato sempre contro mia voglia e volontà conoscendo per lume
di Dio consistere in questo forte punto la soda virtù, e l’ubbidienza che si domanda
vero sacrificio dello spirito. Andrò così sempre contro me stessa, per non fidarmi mai
di me, e calpestare così la mia inclinazione mala, superbia e passioni, privandomi
sempre del proprio gusto si nel temporale che nello spirituale, ed in questo essere
pronta a lasciare lo stesso Iddio per Dio, con quella santa libertà di spirito e depurata
intenzione che deve avere una Religiosa morta a se stessa fino all’ultimo respiro. Oh
santa Morte che fa vivere di vero spirito di Gesù! Santa Ubbidienza! Santa Morte!
Santo Amore!
Mi guarderò dal soverchio parlare stando anche in questo punto forte e costante, per
riposarsi Gesù nelle anime Solitarie, gustando solo di parlare con Dio, di Dio, per Dio,
acciò Egli parli con me. Non mi diffonderò in parole vane, superflue, ed inutili, acciò
il soverchio parlare non mi faccia mancare alla carità e non mi ingombri nell’ozio;
volendo morire anche del tutto nel parlare: e voglio che sia considerato, poco, prudente
e santo”acciò la lingua mi serva solo per esempio, e non mai per scandalo. Il morto
non parla, e la Religiosa morta a sè non deve parlare se non con Dio solo, e per Iddio.
SILENZIO!
Starò sempre in dietro in tutte le cose della Religione, come cosa non buona, e da nulla,
non ingerendomi in niente, così portando il mio niente; né darò mai il mio parere,
lasciando tutto a chi deve farlo, perchè così porta il mio niente. Stimarmi niente, e
questo solo sapere ed intendere: di non sapere ed intendere niente, ma solo bramare,
sapere, ed intendere la vita di Gesù, umile, disprezzata, e non conosciuta. Questa è la
via, la verità, e la vita. Santa Umiltà, voglio morire con questa! Oh Santa Morte!
Userò carità con tutte ed in particolare con quelle colle quali avessi qualche controgenio.
Con le difettose, impazienti, superbe: e dirò: Signore, ecco il mio guadagno, ecco la
mia pace, vincere me stessa, con rendere bene per male, amore per odio, umiltà per
disprezzo, e pazienza per impazienza. Chi è morto non si risente; così voglio far io.
Più carità al prossimo e più Gesù l’avrà con me: qui non la sbaglio. La carità ruba il
cuore a Gesù, con questa posso essere una gran santa. Si, lo voglio essere, si voglio
morire per morire a me stessa.
Non avrò punto compassione a me stessa, portando così lo stato di una persona
penitente, che voglia guadagnare il Cielo a forza di violenza. Mi affaticherò indefessa
per la gloria di Dio, e per la Santa Religione, per sollevare dalle fatiche l’altre, mi
offrirò a fare quanto posso, e comparire tutta nel mio uffizio, lascerò il sopraintendere
alla mia compagna, standovi solo per operare, per servire, per umiliarmi, ed essere
comandata come l’infima del Monastero, per essere come diceva (lo confesso di
cuore) la gran Maddalena de’ Pazzi, nobile e delicata giovane, ma gran penitente
ed umilissima: voglio essere lo straccio del Monastero. Mio Dio, questo ed altro farò
con la grazia vostra; ma se Voi punto vi discostate da me, farò più di male di quello
che ora propongo di operare di bene; ed acciocché questo per mia disgrazia non mi
avvenga, di che molto temo, ma molto più confido in Voi. Procurerò di star sempre
con Voi unita, e temerò non discostarmi un momento da Voi, perchè un sol momento
da Voi disgiunta posso perdervi, e perdendo Voi, perdo tutto. Voglio così ridurmi con
questi santi sentimenti ad un agonia spirituale, con cui voglio distruggere tutto il mio
amor proprio, inclinazioni, “passioni e volontà”. Volendo così morire sulla Croce con
quella santa Morte di Gesù, con cui muoiono sul Calvario collo Sposo delle Anime
innamorate, e muoiono di una morte più dolorosa di quella del corpo, per poi risorgere
con Gesù trionfante nel Cielo. Beata me, se praticherò questa santa morte, la benedirò
nell’ultimo mio punto l:on mia grande consolazione. Gesù sia sempre meco: Gesù, la
ultima mia parola sia il vostro Nome: Gesù, l’ultimo mio respiro sia il vostro Amore.
Amen. FINE PREGHI PER ME! ! !
NOTA BIBLIOGRAFICA PAULOCRUCIANA
A) Scritti di S. Paolo della Croce:
1) Diario spirituale. , Testo critico, introduzione e note a cura di P. E. ZOFFOLI c.p.,
Roma 1964 (riportato in PAOLO DELLA CROCE, Scritti spirituali, a cura di C. Chiari);
2) Lettere di S. Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, disposte ed annotate dal
P. Amedeo della Madre del buon Pastore, della stessa Congregazione, Roma 1924, 4
voll.
3) Lettere di S. Paolo della Croce, rinvenute dopo la pubblicazione della collezione
delle medesime in “Bollettino della Congregazione della Croce e Passione di N. S. G.
C.”, VII (1926), 147, 205, 244, 266, 302; VIII (1927), 13, 172, 291, 356; IX (1928). 39, 90,
135, 167, 207.
4) Prediche del N. s. Padre Paolo della Croce, in “Bollettino della Congregazione...”,
VI (1925), 5 69, 180, 218, 277, 307, 375;VII (1926), 29, 115, 119, 137, 166; VIII
(1927), 40, 70, 168, 200, 260; IX (1928), 230, 268, 293, 354, 328; X (1929), 10, 54, 90,
139, 145, 196; 328, 363. Altre Prediche di S. Paolo della Croce, inedite, ms.,
in Archivio generalizio dei Passionisti, p.za Ss. Giovanni e Paolo, 14, Roma.
5) Scritti spirituali, 1 - Diario spirituale. Lettere a familiari e laici; 2 - Lettere
a laici ed ecclesiastici; 3 - Lettere a religiosi, a cura di C. Chiari, Roma 1974-1975.
6) Cfr. Regulae et Constitutiones C. P., curante F. Giorgini, Romae 1958.
B) Testimonianze, biografie e studi fondamentali:
1) Atti del Congresso internazionale ‘La Sapienza della Croce, oggi’, Roma 13-18
ottobre 1975. Leumann (TO) 1976, 3 voli. Vedi in particolare voI. Il, “La Sapienza della
Croce nella Spiritualità” pp. 18-36; 53-134.
2) I processi di Beatificazione e Canonizzazione di S. Paolo della Croce, a cura del P.
Gaetano dell’Add. (Raponi): I, Testimonianze del processo informativo di Vetralla,
XVI-720, Roma 1969; Il, Testimonianze dei processi informativi di Alessandria, Gaeta,
Orbetello, Corneto, 666, Roma 1973; 111/1, Testimonianze del processo informativo di
Roma, V I, 520, Roma 1976.
3) BRETON S., La mystique de la Passion. Etude sur la doctrine spirituelle de Saint
Paul de la Croix, Tournai 1962, 253.
4) BROVETTO C., Introduzione alla spiritualità di S. Paolo della Croce. Morte
mistica e divina natività, S. Gabriele (TE) 1955, XV-216, con annessa bibliografia.
5) GAETAN du Saint Nom de Marie, Doctrine de Saint Paul de la Croix sur l’oraison
et la mystique, Louvain 1932.
6) GARRIGOU-LA GRANGE R., Nuitde l’esprit réparatrice en Saint Paul de la Croix,
in “Etudes Carmelitaines XXIII (1938), t. Il, 287-283.
7) MEAD J., Spiritualità sacerdotale secondo la dottrina di S. Paolo della Croce, Roma
1975.
8) POMPI LI O S. L., L’esperienza mistica della Passione in S. Paolo della Croce, Roma 1973.
9) ZOFFOLI E., S. Paolo della Croce, Roma 1963-1968, 3 voll.
* Ringraziamo il P. Tito Zecca per questa nota bibliografica e per la collaborazione
nell’allestimento di questo numero.
MORTE MISTICA E VITA RELIGIOSA - Introduzione.
1 - Il testo.
La dottrina del Fondatore dei Passionisti sul modo di vivere la Passione si sviluppa
intorno a due concetti fondamentali. Il primo di essi è il concetto neo-testamentario
della memoria (1). Questo pensiero acquista la sua adeguata chiarificazione e culmina
in un altro concetto neo-testamentario: la crocifissione e la morte con Cristo, come
viene detto in Galati (2,19s), in Romani (6,4s) e Colossesi (3,3) (2). Il sistema spirituale
paulocruciano viene polarizzato dalla doppia preoccupazione della memoria della
Passione, Crocifissione e morte mistica con Cristo.
2 - Struttura del testo.
Il trattatello di S. Paolo della Croce sulla morte mistica ha la forma di una serie di proponi
menti strutturati intorno all’idea che la vita consacrata realizza in modo perfetto le
condizioni richieste dalla trasformazione in Cristo per mezzo della Crocifissione e
Morte con Gesù. Si tratta di uno scritto composto per la professione religiosa di una
carmelitana del monastero di Vetralla. Si compone di una parte centrale formata da una
serie di 17 proponimenti. Lo precede una introduzione sulle condizioni generali della
Morte mistica e termina con una conclusione che riassume l’essenziale della dottrina
esposta nei proponi menti. La forma letteraria è quella propria di un elenco di proponi
menti. In apparenza, niente di più semplice e ascetico di una disadorna serie di regole
spirituali. Però l’interessante nello scritto del Fondatore dei Passionisti sta, più che nella
forma semplice dei proponi menti, nel fatto che si coglie con facilità la dottrina mistica
che gli serve da base e di ispirazione. Il gruppo principale dei 17 proponimenti appare
diviso in due sezioni. La prima affronta i primi dieci proponimenti. La seconda, gli
ultimi sette. Ma ciò che vi è di più originale e valido nella sintesi mistica paulocruciana
figura nella prima parte. La seconda è una breve sintesi delle principali preoccupazioni
riferentesi alla migliore osservanza dei voti religiosi e di alcune virtù più direttamente
riferite alla vita consacrata. In questa parte è più evidente la preoccupazione ascetica;
tuttavia non trascura di puntare il suo interesse sul nucleo passiocentrico della vita
religiosa, dato che i suddetti proponimenti hanno il fine di consentire la realizzazione
dei voti e l’insieme delle virtù proprie della vita consacrata, in una forma privilegiata
che meglio disponga l’anima alla Morte mistica.
I° - Caratteristiche generali della dottrina della Morte mistica.
1 - Sintesi introduttiva.
Lo scritto comincia con un doppio paragrafo introduttivo. Nel primo vengono indicate
le ragioni di utilità per le quali questo scritto è composto. Dette ragioni sono la fragilità
umana e la negligenza nella quale facilmente cadiamo nonostante l’illuminazione
ricevuta da Dio. Per evitare questa negligenza e per tenere sempre davanti agli occhi
un serio programma di spiritualità è stato appunto formulato lo scritto in questione.
Trascurando qualsiasi pretesa scientifica o dottrina le lo scritto ha la struttura di una
serie di 17 scarni proponimenti.
Affinché per umana fragilità e per una negligenza non avessi a perdere quei lumi e
sante ispirazioni, che Gesù per sua infinita misericordia si è degnato darmi perchè
scossa dal letargo della mia infedeltà e pigrizia, sorga al lume della divina grazia ed
intraprenda quella via di perfezione che più piacerà al mio Signore: Quindi è che a fine
di facilitarmene la strada e camminarvi con sicurezza, tutto quello che in questo foglio
si contiene e che da me parmi richieda al presente Iddio, acciocché approvatami dalla
Santa Ubbidienza, di cui ne voglio essere martire e fedelissima figlia sino all’ultimo
respiro di mia vita, mi serva di stimolo a proseguire e a vincere colle violenze le
mie ripugnanze: Gesù dunque mi conceda la grazia di un buon principio e santa
perseveranza.
Nel secondo paragrafo esso descrive le condizioni globali della Morte mistica.
Innanzitutto la Morte mistica è l’unica cosa che il Signore chiede. Questo iniziare
dall’idea di un’unica cosa, fa istintivamente pensare alla dottrina del NT sopra
l’unica cosa che Dio ci richiede: la nostra santificazione (3). Per l’autore l’unica
cosa che sintetizza tutti i voleri e le richieste di Dio, è la morte con Gesù sulla
Croce. Però quest’unica cosa è insieme il principio e il termine di molte altre cose:
Una sola cosa richiede Dio da me, ma se ne richiedono moltissime per conseguirla e
per giungervi.
E queste cose che si esigono come preparazione, sono un cumulo di “morti” preliminari:
“Morte per me troppo dura, ma soave perchè prima di morire a mille morti mi conviene
sottopormi!
“
In concreto questa morte mistica è una morte per obbedienza. Questa obbedienza,
senza escludere minimamente l’obbedienza religiosa speciale, ha la dimensione
teologica della obbedienza che condusse Gesù alla morte. E’ per ciò che si parla
genericamente di obbedienza a Gesù e cioè a tutte le richieste fatte dal Cristo, più
che alle prescrizioni concrete di una Regola o all’autorità religiosa. Si tratta di una
obbedienza superiore e totale a quanto richiede Gesù. La reazione immediata che
l’anima sperimenta di fronte a questa morte mistica e alle mille morti che la precedono,
è di paura e di orrore: “Oh Dio che violenza! “ “In una cosa troppo mi chiedete”...
“Signore
al
solo
pensarvi
l’umanità
s’inorridisce,
trema
e
sgomenta”.
L’anima non si dispone a seguire questo cammino se non è garantita dalla parola di
Dio che promette lo spirito, e la ferma convinzione che essendo voluto da Dio, non
verrà meno la grazia per sopportare questa morte. “Ma lo spirito quale Voi comandate,
è già pronto per eseguirla sull’infallibile certezza che se voi la volete non mancherà
il vostro soccorso per conseguirla”. In questa condizione l’anima si lancia verso il
cammino della morte mistica, però attraverso un cammino fatto di pura e cieca fede.
“Devo tuttavia lasciare un tale riflesso per potere in fede e alla cieca correre con tutta
indifferenza”.
La disposizione d’animo che domina sopra tutte le altre è quella di una
accettazione della volontà divina, con un totale distacco da se stesso e una
identificazione disinteressata con l’assoluto volere di Dio.
“Con un totale
abbandono in Voi, lasciandomi guidare come Voi volete, non cercando me stessa,
ma solo che Dio compiaccia se stesso con l’adempimento della sua volontà”.
Questo abbandono e consegna di sé ma mette l’anima in una disposizione di
realizzazione delle volontà divine. “Correre come cervo assetato al fonte delle divine
disposizioni”. Creatasi questa disposizione, l’anima giunge alla profondità del suo
nulla e rimane nell’adorazione degli infiniti attributi di Dio, in particolare il suo
dominio universale, il suo infinito amore, la sua inesorabile giustizia, la sua infinita
bontà. “Mi annienterò in me stessa ammirando come Dio voglia ricevere tal minimo
compiacimento, da una miserabile creatura ripiena di tanti difetti e peccati, e per
tale effetto, mi umilierò sempre dentro me stessa stimandomi come sono, ed avrò un
altissimo concetto di Dio, come padrone di tutto, amore immenso, giudice inesorabile,
bontà senza fine. Oh Dio! “ non costituisce una passività inoperante, ardente desiderio
dal quale ne consegue.
2. Lo sviluppo della Morte mistica.
A. Il trittico-base: il nulla, l’abbandono, il patire.
Come si è già detto, questa parte centrale ha la forma letteraria o la struttura di una
serie di proponimenti. Questa struttura non impedisce in alcun modo che si scopra
con facilità l’ispirazione mistica che la pervade. E con un minimo di trasposizione,
ogni proponimento può trasformarsi in un assioma mistico. Il punto di partenza del
processo che conduce alla Morte mistica viene segnalato da una triplice esigenza
radicale che potremmo definire il trittico maggiormente caratteristico della mistica
paulocruciana. Si tratta delle tre esigenze seguenti: il proprio nulla, l’abbandono al
volere divino e la scelta del patire.
1) Il proprio nulla.
La prima condizione per iniziare il processo della Morte mistica è l’immersione più
profonda nel proprio nulla.
“Non mi muoverò punto dal mio nulla se non venga mossa da Dio, primo
principio ed ultimo fine, ed allora non mi alzerò più di quello che Dio vuole,
affinché per mia presunzione non venga a precipitarmi e cadere. Mio Signore!”
Ci incontriamo qui con una delle preoccupazioni più tipicamente paulocruciane:
lo sprofondare nel proprio nulla come esigenza fondamentale per qualsiasi
trasformazione interiore. Possiamo dire che si tratta di un atteggiamento teologico o
metafisico caratteristico di tutto il suo pensiero. Questo consolidamento nel proprio
nulla costituisce l’esperienza antropologica-base dalla quale si inizia qualsiasi ascesa
spirituale. S. Paolo della Croce non prende in considerazione i propri peccati, né
le proprie miserie, né tutte le altre cose che s’incontrano negli altri mistici. Questa
insistenza metafisica per il nulla fa pensare che l’esperienza primordiale di S. Paolo
della Croce non fosse l’esperienza del peccato, come nel caso dei grandi convertiti,
né il caso dell’impotenza morale per realizzare l’ideale della autorealizzazione etica,
come in S. Paolo apostolo e le spiritualità configurate secondo l’Apostolo delle Genti.
S. Paolo della Croce parte dall’esperienza originaria e fondante della coscienza
creaturale del nulla che costituisce l’essere creato.
2) L’abbandono al volere di Dio.
Il secondo aspetto del trittico mistico paulocruciano è l’abbandono al volere di Dio:
Da vari decenni gli specialisti della dottrina spirituale si mostrano imprèssionati
dall’importanza capitale che la volontà di Dio occupa nel suo sistema spirituale.
In questo scritto la dottrina dell’abbandono appare integrata in una sintesi.
E in questa sintesi l’abbandono costituisce la disposizione fondamentale che
costituisce il complemento del collocarsi nella considerazione del proprio nulla.
“Starò
rassegnata
niente
ricusare
e
ed
pronta
al
egualmente
divino
volere
contenta
di
col
ogni
nulla
bramare,
suo
volere”.
L’atteggiamento di abbandono è sottolineato dalle seguenti caratteristiche:
L’abbandono di tutte le preoccupazioni personali:
“Mi spoglierò di tutto”.
L’abbandono in Dio di tutte le preoccupazioni: “Con un totale abbandono di me stessa
in Dio”. Una totale indifferenza per tutto, accettandolo come ugualmente venuto dalle
mani di Dio. “Lasciando interamente la cura di me a lui: Egli sa ed io non so, quello
che mi conviene, e però riceverò cori eguale rassegnazione sì la luce che le tenebre, sì
le consolazioni che le calamità, e le croci, sì il patire che il godere; in tutto e di tutto lo
benedirò, e più di tutto quella mano che mi flagella, fidandomi interamente di lui”.
3) Il puro patire.
La terza condizione del trittico paulocruciano è la rinuncia a qualsiasi piacere e la scelta
preferenziale a favore del puro patire. Questa condizione, che contraddistinguerà
tutte le tappe del processo verso la Morte mistica, merita una valutazione a parte.
S. Paolo distingue in essa tre grandi: - La rinuncia ad ogni piacere compreso quello
spirituale: “E se talvolta mi vorrà aggraziare della sua presenza, o con soli effetti di
essa, o con l’atto pratico e continuo, non mi attaccherò mai al gusto dello spirito”.
- Esclusione della paura di privarsi delle soddisfazioni: “Né mi affliggerò per timore
di restarne priva”.
- Dedizione lieta al penoso e al doloroso: “Prontissima alla pena meritata dei suoi
abbandoni... Contenta e rassegnata tornerò alle tenebre ed agonie, quando così voglia”.
In questa suprema scelta per le pene e le sofferenze, si verifica la dedizione
amorosa e il dono della pura e nuda volontà: “Gli farò sempre il dono della pura
e nuda mia volontà” che non è altro se non un offrire la stessa divinità alla divinità:
“Con offrire lui a lui” e cioè, un’anima crocifissa e morta con Gesù crocifisso e morto:
“Un’anima crocifissa e morta, a Gesù crocifisso e Morto”, per il solo motivo che quella
è la sua volontà: “Poiché a lui così piace” che costituisce uno stato spirituale che
si definisce come uno star morendo per non morire: una morte in perpetua agonia:
“Mio Gesù ti adoro e sto morendo per non morire: Oh che santa morte! Perché in
agonia!”
E’ in questa adesione della pura volontà a voler patire per amore di Gesù che appare
più chiaramente l’idea che Paolo ha della Morte mistica. A partire da questo momento,
le tappe seguenti sono un correre verso la Morte mistica dopo la scelta amorosa per
il dolore. A questo punto l’attenzione viene richiamata sulla chiara intenzionalità
resurrezionista della dottrina della Morte mistica. Infatti questa descrizione dello stato
della scelta amorosa per la sofferenza postula una ferma speranza per un termine di
trasformazione gloriosa: “Pregandolo a permettermi di poter dire: Spero dopo le
tenebre la luce”.
B. L’inferno e l’esperienza della divina misericordia.
L’esistenza nel dolore obbliga l’anima a mettersi in rapporto con le sofferenze proprie
dell’inferno, che prepara l’esperienza della divina misericordia. Vi è in ciò, un’eco di
quella esperienza giovanile, quando il Signore gli fece vedere le pene dei dannati. La
struttura di questa esperienza risulta al punto terzo. L’esperienza fondamentale del
proprio nulla pretende che non si miri a questa esistenza nel dolore e alla sofferenza
come a uno stato superiore o degno di stima, ma sebbene come a un condono amoroso
che il Signore concede all’anima delle pene eterne meritate per i propri peccati.
“Se Gesù mi vorrà desolata, morta e sepolta nelle tenebre, rifletterò che dovendo per
i miei enormi peccati starmene meritevolmente nell’inferno, essere bontà del mio
Dio avermelo mutato in tali pene”. E’ qui che l’anima fa una singolare esperienza
della divina misericordia vedendosi preservata, dal puro amore, dalle pene eterne
dell’inferno: “mi attaccherò ben soda all’ancora della potentissima sua misericordia,
acciò diffidando di essa non facessi torto alla sua” bontà tanto grande! Oh che bontà
di Dio! “
C. La comunione con le sofferenze di Gesù.
Preparata l’anima con l’accettazione del suo nulla, con la disposizione all’abbandono
e la scelta preferenziale per la sofferenza, gradita alla misericordia divina a causa del
condono delle pene eterne nelle sofferenze attuali, essa entra per il cammino della
imitazione di Gesù nei suoi misteri dolorosi. Le principali forme della sofferenza
spirituale dell’uomo hanno perfetta corrispondenza ed esemplarità nella Passione
di Gesù. L’afflizione, l’abbandono e la desolazione fanno pensare al Getsemani.
Gli scherni e le ingiurie trovano il loro motivo di superamento nelle scene del
Pretorio. La più amara agonia della sofferenza ha il suo riscontro sul Calvario.
La generosità più grande si rispecchia nel costato di Gesù aperto dalla lancia.
“Procurerò a tutto mio potere seguire del mio Gesù le pedate, se afflitta, abbandonata,
desolata, mi troverò, mi accompagnerò seco nell’Orto. Se disprezzata, ingiuriata, mi
accompagnerò nel Pretorio. Se depressa ed angustiata nelle agonie del patire, con
fedeltà mi accompagnerò al Monte, e con generosità alla Croce, colla lancia nel cuore.
Oh che dolce morire! “
D. La Morte Mistica e il Puro Amore.
Le disposizioni interiori della più perfetta imitazione di Gesù mette l’anima in
uno stato che si può chiamare di Puro Amore. Infatti la descrizione che il santo fa
di detto stato concorda alla lettera con ciò che dicono al riguardo i mistici del Puro
Amore. L’attuazione umana non può essere sottoposta a nessuna finalità interessata
al premio o al castigo, ma unicamente al supremo scopo della gloria di Dio e al
sommo gradimento di Dio non cercando l’anima per sé se non di agonizzare qui sino
a quando Dio lo vorrà, e morire di puro amore. “Mi spoglierò d’ogni mio proprio
interesse con non riguardare né pena né premio: ma solo alla gloria di Dio, ed al
puro suo gusto, non cercando di stare che fra questi due termini: qui agonizzare fino
che Dio vuole, e qui morire di puro suo amore. Oh che benedetto Amore di Gesù!
Questo stato di Puro Amore porta come conseguenza una concentrazione
di tutta la capacità amorosa in Dio, con un intenso odio per il peccato.
“Non cercherò né amerò altra cosa che Dio solo, perchè in questo solo godrò il Paradiso,
pace, contento, e amore; e mi armerò di un odio santo ed implacabile contro tutto
quello che può da Lui distormi. Gesù mio, mai peccato nel cuore! “
E. Guerra alla pusillanimità e apertura alla speranza.
Lo stabilirsi dell’anima in Dio, in cui incontra il suo contento e il suo paradiso, e
la fiducia che questa dedizione a Dio le procura, crea all’interno dello spirito che si
dirige verso la Morte mistica, un odio contro ogni tentazione di paura e pusillanimità,
ricolmandolo di speranza e di ottimismo.
“Sbandirò da me ogni pazzo timore che render mi possa pusillanime nel suo santo
servizio; con questa sola massima che, se sarò fedele e forte a Dio, egli sempre sarà
mio, temerò Lui solo, e ciò che può apportargli disgusto fuggirò sempre, e per ciò starò
sempre sopra me stessa, guardando a tutto mio potere non apportargli volontariamente
disgusto, benché minimo: per quanto colla sua divina grazia mi sarà possibile. Oh che
bella speranza!”
F. Imperfezioni e morte mistica.
La presenza delle imperfezioni del peccato costituisce una costante preoccupazione
per le anime spirituali. Anche Paolo della Croce prende in esame, nel suo scritto,
questa condizione di imperfezione nel processo della Morte mistica. Per quanto
riguarda la dottrina sull’influsso di tali difetti, il santo non appare eccessivamente
preoccupato per ciò che potremmo definire il complesso di colpevolezza o l’angustia
dell’impotenza morale che danno alla vita spirituale l’aspetto di un moralismo poco
conforme con lo spirito del Vangelo. Per lui mostrare tali difetti è rivelare la propria
miseria. L’atteggiamento che l’anima dovrebbe assumere è molto di più di una pronta
richiesta di perdono con una ardente supplica che Dio gli conceda la sua grazia e la
speranza del suo amore.
“Se per mia debolezza cadessi in qualche errore sorgerò subito col pentimento,
riconoscendo la mia miseria,. e quello che sono, e quello che posso, pregando
il mio Dio col capo a terra, colle lagrime su gli occhi, e coi sospiri nel cuore,
per il perdono e grazia di mai più tradirlo; ma di stabilirmi più seco”.
Fatto questo, l’anima non deve crogiolarsi nella considerazione delle sue colpe, ma
elevarsi subitamente al Signore, compiendo atti di riconoscimento della propria
miseria. “Né qui mi fermerò più di quello che mi conviene per riconoscere me stessa
miserabile, ma tornerò a Lui dicendo: Mio Dio, mio Gesù, questo è il frutto che posso
rendervi: non vi fidate di me, sono miserabile! “
G. La “Salita al Monte Calvario”.
San Giovanni della Croce ha strutturato la sua dottrina dello sviluppo mistico tramite
la simbologia della Salita al Monte Carmelo. San Paolo della Croce cambia il nome della
montagna e preferisce parlare della permanenza sul Calvario. Le tappe precedenti
parlano di un dinamismo, di uno sviluppo verso la tappa finale della Morte mistica.
AI termine della prima parte dello scritto, destinato a definire i caratteri della Morte
mistica, il Fondatore dei Passionisti parla di fissare una dimora. Questa residenza o
dimora, per usare la terminologia teresiana, si realizza mediante la collocazione o
dedizione del cuore in Dio. Tale dedizione o insediamento esige un distacco totale, di
tutto quanto non è Dio. Fatto questo, il cuore insediato in Dio, diventa una dimora:
un Calvario di sofferenze.
“Stabilirò sempre il mio cuore in Dio con distaccarlo a tutto mio potere
per forza dalla terra, e da tutto quello che Egli non è. Voglio che sia stanza
di Gesù, e farmelo un Calvario di pene, come la B. Chiara di Montefalco”.
San Paolo della Croce non parla di una cella destinata al puro raccoglimento come
diceva Santa Caterina da Siena. Egli preferisce parlare di una dimora di sofferenze:
un Calvario vivente. Fissata la dimora sul Calvario, l’anima si consegna nel modo
più completo al Signore. Gli consegna la chiave della propria volontà, affinché
il Signore sia il suo unico padrone. Talmente grande è il distacco da sé che non si
riserva nemmeno il possesso del cuore. Tutto è di Dio. E Dio è tutto per l’anima.
“Dandone a Lui solo la chiave, acciò ne sia assoluto padrone per abitarvi a suo piacere
e riporvi ciò che gli piace. Il mio cuore non sarà più mio, perchè neppure io sono più
mia, mio non sarà solo che Dio. Ecco il mio amore! “
H. La vita come continua morte.
La dimora delle pene, stabilita sul Calvario, è una dimora di morte. Di morte a se
stesso per vivere in Dio. Perchè non si può vivere di Dio senza morire a se stesso; e
anche l’anima non può vivere senza Dio. Perchè in esso non può vivere senza in esso
morire. “Io morirò tutta a me stessa per vivere solo a Dio, e a Dio certo morirò, perchè
senza Dio vivere non posso”.
Il risultato è una vita nella morte e una esistenza nella continua morte.
“Oh che vita! Oh che morte! Vivrò ma come morta, o con tale riflesso passerò la mia
vita con stabilirla in una continua morte”. D’altra parte questo morire ha luogo, come
in Gesù, per mezzo dell’obbedienza. “Mi voglio risolvere a morire per ubbidienza.
Benedetta Ubbidienza!”.
Quest’ultimo punto della prima parte è come una sintesi di tutta la
dottrina
condizioni
sviluppata
della
nei
Morte
10
paragrafi
mistica
dedicati
e
alla
riconducono
descrizione
delle
all’Introduzione.
II° - Morte mistica e vita religiosa.
La seconda parte è una applicazione della teoria generale della morte mistica alla vita
religiosa. Non ha quell’afflato mistico che distingue la prima parte. Trattasi di una serie di
consigli pratici per vivere i voti religiosi e le principali virtù cristiane con l’ansia di pervenire
per mezzo di tali pratiche alla Morte Mistica di cui si parlava nella parte precedente.
I. Morte mistica e pratica dei consigli evangelici.
1. Povertà religiosa e Morte Mistica.
“Pondererò questa massima forte di spirito della Morte Mistica, nei tre Voti Religiosi,
di Povertà, Castità e Ubbidienza. Mi figurerò morta nella Povertà. “ morto, dirò a
me stessa, non ha se non quello che gli si pone in dosso, ne si cura che sia buono o
cattivo; nulla chiede, e nulla vuole, perchè non è più di questo mondo, ed ancora
per non essere più di questa terra. Sarò poverissima come il morto, e per quanto
mi sarà possibile, non terrò cosa alcuna presso di me, con questo solo riflesso, che
non devo aver niente, e ogni cosa è di più, come al morto, che è superflua ogni cosa
che gli si pone in dosso. Quello che mi verrà dato, lo riceverò per carità, senza mai
lamentarmi, ma terrò sia sempre troppo, per non meritar niente. Non chiederò cosa
alcuna, se non fosse per estrema necèssità, e questa la riceverò per pura carità, e sarò
tarda a richiederla per provare e soffrire gl’incomodi della sua Povertà. Nel vitto e
vestito procurerò sempre il peggio, morendo ad ogni desiderio e gusto del senso, non
chiedendo e ritenendo mai niente senza licenza dei miei Superiori, e questi pregherò
che mi siano sempre rigorosi per soddisfarmi meno che possono rimettendomi tutta a
Dio. Cercherò in questo d’imitare Gesù povero in tutto, essendo Egli Signore del Cielo
e non si vergognò di abbracciare questa estrema Povertà, di fare una vita poverissima
in tutto ed abbietta per mio amore ed esempio. Disprezzerò me stessa e godrò di essere
disprezzata da gli altri e posposta ad ognuno. Il morto è il vero povero di Gesù, non si
cura degli onori e disprezzi, e però non dimostrerò neppure desiderio o inclinazione
a cosa alcuna, affine di non esser compiaciuta, insomma studierò essere poverissima,
di essere privata di ciò che ho, perchè non mio, e di sempre più impoverirmi
per rendermi simile a Gesù poverissimo. Povera morire in Croce come voi! “.
2. Castità e Morte mistica.
“Morirò nella castità coi sottoporre il mio corpo ad ogni sorta di strazi e patimenti per
amore del mio Dio. ed acciò non si ribelli per farmi offuscare un si bel giglio, fuggirò
ogni occasione, e custodirò i miei sentimenti, con somma vigilanza, acciò per essi non
entri cosa che sia cattiva. Il morto non ha senti mentii così neppure io voglio avere alcun
sentimento in offesa del mio Dio. Fuggirò anche ogni minima occasione di attacco,
perchè Gesù del mio cuore vuole Egli solo esserne assoluto padrone: e pura d’intenzioni,
gloria di Dio, salute dell’anima: pura di affetti, mai amore alle creature, ne ad altro:
pura di desideri i e non cercare altro che Gesù, che si pasce tra i gigli immacolati. Cos ì
mi voglio rendere morta ad ogni piacere di me stessa, sacrificandomi sempre alla Croce
purissima del mio sposo Gesù. Oh morte santa di chi vive casta per Voi, Gesù mio! “
3. Obbedienza e Morte mistica.
In questo scritto è proprio l’obbedienza quella che realizza la Morte mistica. E’ la
morte della volontà. Questa morte per obbedienza si chiama: “Santo martirio della
volontà pura”. Questo morire e questo martirio consistono nella sottomissione della
propria volontà fino al conseguimento della piena sottomissione, annientando ogni
resistenza.
“Morirò
nell’Ubbidienza.
Oh
che
santo
sacrificio!
Oh
santo
martirio
di volontà pura, dandomi totalmente morta in essa, qui si ha da finire
da morire con sottoporre la volontà propria, ed in tutto e per tutto
vincerla
sino
che
sia
morta
affatto,
senza
dare
neppure
un
sospiro”,
E’ proprio qui che i motivi della Passione appaiono nuovamente descritti: uno sguardo
alla flagellazione, un altro al Getsemani, un altro al Calvario su cui Gesù spirò per
obbedienza.
“Sarò con la grazia del Signore pronta e indefessa nell’Ubbidienza, alla cieca, senza
replica, e se mi fosse comandata cosa ardua e difficile, e di somma mia ripugnanza,
un’occhiata a Gesù alla Colonna, un’altra all’Orto. nell’Agonia della sua orazione,
un’altra sulla Croce su cui spirò per obbedienza all’Eterno Padre; nel primo ricordandomi
degli avvertimenti che mi dà dirò: benedetta Ubbidienza, santa Ubbidienza mi fai
morire, mi farò santa ed in fine beata: cosi mi renderò dolce e soave l’Ubbidienza e
l’eseguirò con contento. Oh che beata morte di chi muore per obbedienza! Come fece
Gesù, caro Sposo dell’anima mia”.
La morte per obbedienza ha come scopo di evitare qualsiasi atto della propria volontà.
L’atteggiamento più generico per esso è l’obbedienza totale: compresa quella più
difficile e costosa. Obbedire, non soltanto ai superiori, ma anche agli eguali e agli
inferiori.
“Non solo poi ubbidirò a chi devo ma anche alle eguali ed inferiori. e
procurerò essere tutta di tutti acciò tutti mi possano con libertà comandare”.
Il secondo grado è quello di pervenire ad una indifferenza completa, senza
manifestare alcuno scontento, affinché tutti possano agire con piena libertà.
“Starò
in
indifferente
cosa
alcuna,
in
tutto,
per
non
dare
mostrando
una
santa
dispiacere
libertà
o
di
rincrescimento
comandarmi”.
In terzo luogo, si tratta di evitare qualsiasi esteriorizzazione di qualsiasi desiderio
che possa essere soddisfatto. Compreso lo stesso desiderio di mortificazione che
deve restare nascosto e non venire manifestato, per far morire tramite esso la propria
volontà. Solo rimane il gaudio superiore di essere contrariato in ciò che è maggiormente
desiderato dalla propria volontà.
“Starò sopra a me stessa sempre per fare capire la minima inclinazione acciò non
mi sia soddisfatta, né a questo, né a quello, anche sotto titolo di essere mortificata,
volendo anche in questo far languire l’amar proprio, od in tutto farlo morire; e
piuttosto contenta a quelle ripugnanze acciò mi sia comandato sempre contro
mia voglia e volontà conoscendo per lume di Dio consistere in questo forte
punto la sola virtù, e l’ubbidienza che si domanda vero sacrificio dello spirito”.
In quarto luogo, si tratta di attuare tutto contro se stessi, privandosi completamente
di ogni gusto materiale e spirituale.
“Andrò cosi sempre contro me stessa, per non fidarmi mai di me, e calpestare
così la mia inclinazione mala superbia e passioni, privandomi sempre del proprio
gusto sì nel temporale che nello spirituale, ed in questo essere pronta a lasciare lo
stesso Iddio per Dio, con quella santa libertà di spirito e depurata intenzione che
deve avere una Religiosa morta a se stessa fino all’ultimo respiro. Oh santa Morte
che fa vivere di vero spirito di Gesù! Santa Ubbidienza! Santa Morte! Santo Amore!
II. Morte Mistica e virtù religiose.
Dopo i voti vengono le principali virtù religiose, la cui pratica dispone singolarmente
alla Morte mistica. Sono le seguenti:
a) La solitudine e il silenzio;
b) L’umiltà;
c) La carità;
d) La penitenza.
1. Morte mistica e silenzio.
“Mi guarderò dal soverchio parlare stando anche in questo punto forte e costante, per
riposarsi Gesù nelle anime Solitarie, gustando solo di parlare con Dio, di Dio, per Dio,
acciò Egli parli con me. Non mi diffonderò in parole vane, superflue, ed inutili, acciò
il soverchio parlare non mi faccia mancare alla carità e non mi ingombri nell’ozio;
volendo morire anche del tutto nel parlare o voglio che sia considerato poco, prudente
e santo, acciò la lingua mi serva solo per esempio, e non mai per scandalo. “ morto
non parla, e la Religiosa morta a se non deve parlare se non con Dio solo, e per Iddio.
SILENZIO!”
2. Morte mistica e umiltà.
“Starò sempre in dietro in tutte le cose della Religione, come cosa non buona, e da
nulla, non ingerendomi in niente, così portando il mio niente. Stimarmi niente, e
questo solo sapere ed intendere: di non sapere ed intendere. niente: ma solo bramare,
sapere ed intendere la vita di Gesù, umile, disprezzata e non conosciuta. Questa è
la via, la verità e la vita. Santa Umiltà, voglio morire con questa! Oh Santa Morte! “.
3. Morte mistica e carità.
“Userò carità con tutte ed in particolare con quelle colle quali avessi qualche controgenio.
Colle difettose, impazienti, superbe: e dirò: Signore, ecco il mio guadagno, ecco la
mia pace, vincere me stessa, con rendere bene per male, amore per odio, umiltà per
disprezzo, e pazienza per impazienza. Chi è morto non si risente: così voglio far io, Più
carità al prossimo e più Gesù l’avrà con me: qui non la sbaglio. La carità ruba il cuore
a Gesù, con questa posso essere una gran santa. Sì, lo voglio essere, sì voglio morire
per morire a me stessa”.
4. Morte mistica e penitenza.
“Non avrò punto compassione a me stessa, portando così lo stato di una persona
penitente, che voglia guadagnare il Cielo a forza di violenza. Mi affaticherò indefessa
per la gloria di Dio, e per la Santa Religione, per sollevare dalle fatiche l’altre, mi
offrirò a fare quanto posso, e comparire tutta nel mio uffizio, lascerò il sopra intendere
alla mia compagna, standovi solo per operare, per servire, per umiliarmi, ed essere
comandata come l’infima del Monastero, per essere come diceva (lo confesso di cuore)
la gran Maddalena de’ Pazzi nobile e delicata giovane, ma gran penitente e umilissima:
voglio essere lo straccio del Monastero”.
Conclusione.
Comprende le seguenti considerazioni:
1) I proponimenti formulati per conseguire la Morte mistica non possono tradursi
nella pratica se Dio non interviene con l’aiuto della sua grazia, perchè allora l’anima
soffrirà d’un male maggiore di tutto il bene proposto in questi santi desideri.
“Mio Dio, questo ed altro farò con la grazia vostra; ma se Voi punto vi discostate da
me, farò più di male di quello che ora propongo di operare di bene; ed acciocché questo
per mia disgrazia non mi avvenga, di che molto temo, ma molto più confido in Voi”.
2. Per conseguire la realizzazione di questi santi propositi non vi è altro rimedio che
una unione continua con Gesù. “Procurerò di star sempre con Voi unita, e temerò
non discostarmi un momento da Voi, perchè un solo momento da Voi disgiunta posso
perdervi, e perdendo Voi, perdo tutto”.
Lo scritto termina con delle frasi che vengono ad essere come la sintesi di tutta la
dottrina proposta nei 17 punti. Ecco qui le idee principali:
La Morte mistica consiste nella volontà di dar morte all’amor proprio, alle passini,
alle inclinazioni e alla volontà. “Distruggere tutto il mio amar proprio inclinazioni,
passioni e volontà”.
Questa situazione spirituale di negazione totale pone l’anima in uno stato d’agonia
spirituale. “Voglio così ridurmi con questi santi sentimenti ad un’agonia spirituale”.
E’ un morire sulla croce con la stessa santa morte di Gesù e delle anime più innamorate,
che muoiono con lo Sposo divino sul Calvario. “Volendo così morire sulla Croce con
quella santa Morte di Gesù, con cui muoiono sul Calvario collo Sposo delle Anime
innamorate”.
E’ una morte più dolorosa della morte corporale “Muoiono di una morte più dolorosa
di quella del corpo”.
6. Ma tutto termina nella risurrezione gloriosa con Gesù trionfante in Cielo. “Per poi
risorgere con Gesù trionfante nel Cielo”.
CONSIDERAZIONI FINALI
Quando nel 1924 è stato pubblicato per la prima volta il “DIARIO SPIRITUALE” di S.
Paolo della Croce, quello scritto fu salutato come una perla della letteratura spirituale.
Lo scritto sopra la Morte mistica non possiede né l’estensione, né la varietà dei dati
autobiografici del Diario, né l’abbondanza dei riferimenti sugli stadi di preghiera.
Malgrado ciò, nelle sue modeste pretese di programma spirituale per una religiosa
di grandi aspirazioni, esso offre una bella sintesi di tutti gli elementi della spiritualità
paulocruciana, incentrata sul mistero della morte di Gesù, riprodotta misticamente per
l’anima devota della Passione. Per quanto riguarda le ipotesi sulla sua teologia, si deve
notare che non vi è alcuna menzione della nascita divina come termine della Morte mistica.
Il termine finale è molto di più cioè la risurrezione con Gesù. La realtà della resurrezione
è bene inserita nel sistema mistico paulocruciano. La natività divina ha un riferimento
nelle sue lettere, con il superamento del proprio volere, subordinato al volere di Dio.
Il merito principale del piccolo scritto sulla Morte mistica è senza dubbio quello di aver
ricondotto a sintesi tutti gli elementi della mistica paulocruciana, eccetto la Natività
divina. A prescindere da ciò, nello scritto che abbiamo commentato, la Morte mistica
appare strettamente rapportata alla teologia della vita consacrata e alle sue principali
obbligazioni. Infine, in questo scritto destinato a un monastero di carmelitane, il santo
evidenzia il rapporto con la grande scuola carmelitana, come la sua dottrina sul “fondo
dell’anima” mostra il rapporto con la mistica renana di Taulero e della sua scuola.
Terminiamo queste riflessioni indicando gli aspetti provvidenziali della scoperta. In
occasione del II° centenario della morte del Fondatore dei Passionisti sono stati scoperti
vari suoi ritratti che ci hanno aiutato a ricostruire meglio la sua immagine fisica.
Il Congresso internazionale “La Sapienza della Croce oggi” rese noti diversi
aspetti del suo messaggio teologico della mistica della Croce. Ora, la scoperta
di una teologia mistica della vita religiosa nei mesi immediatamente anteriori al
Capitolo generale dei Passionisti viene a coronare tutte le scoperte antecedenti.
Infatti, per questo Capitolo, preoccupato del problema della identità passionista,
questo scritto offre un importante messaggio. Fin dai tempi del Fondatore ad
oggi l’Istituto dei Passionisti è stato caratterizzato da una profonda spiritualità.
Lo scritto in questione ci ricorda ugualmente che la Congregazione di S. Paolo della
Croce ha speciale professione di riprodurre nei suoi membri la morte di Gesù, mediante
una assidua memoria delle sue sofferenze; un genere di vita di grande rinuncia e una
attività apostolica centrata sull’annuncio di Gesù morto crocifisso e risorto per amore
degli uomini, in obbedienza al Padre.
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