Felice Clima L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata di Felice Clima Brevissimo excursus sui siti di maggiore interesse storico nel periodo svevo nella provincia grande della Capitanata Medioevale Con il prezioso contributo tecnico di Ciro Inicorbaf Prefazione L’occasione di uno degli incontri dell’Associazione Libera Amici della Storia e della Geografia di Capitanata (ALA), tenutasi la sera del 19 febbraio 2009 in Foggia presso il ristorante ‘La Locanda di Hansel’ sul tema ‘Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata’ con l’ausilio prezioso di Ciro Inicorbaf, fervente federiciano e degli amici della non dimenticata associazione ‘Puer Apuliae’, anche con la partecipazione di Roberto Benvenuto, correlatore, mi sono permesso di ‘rubare’ ad altri miei vagabondaggi storici (in corso di stesura e….. se vanno in porto !!) e di tradurre in questo opuscolo quanto negli stessi già tracciato sul tema de quo, con una breve divagazione ‘extra moenia’ un po’ romantica, introduttiva del tema principale. Ovviamente il presente argomento è trattato in maniera ‘essenziale’ e senza alcuna pretesa storica, ma che ritengo sia opportunamente condiviso e divulgato, pur chiedendo scusa al lettore di queste brevissime note e rinviandolo agli scritti di autori ben più impegnati di me (puramente dilettante!), autori di cui alla bibliografia in coda. Voglio augurarmi di aver reso un modesto servigio a questa comunità che 261 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata spesso si piange addosso, vagamente interessata alla propria storia, virtualmente ignara della sua grandezza nel periodo svevo con un viatico di buona lettura. Foggia, 19 febbraio 2009. Felice Clima Introduzione Il sogno del giovane Federico (da Haguenau in Alsazia ad Apricena in Capitanata) Eran trascorsi molti anni dalle sue ragazzate nelle scorribande nei vicoli e nei souk della Medina di Palermo1. Senza alcun segno dell’imperiale regalità, sgusciava dalla porta secondaria della reggia del Palazzo dei Normanni, per immettersi, da subito, per confondersi nel popolo minuto della capitale, nel sole del mediterraneo, nei profumi e nel vivere della gente variegata della città. Il giovane Federico abbandonava gli umori ed i primi amori letterari e di vita, di dame e musici, di poeti e cavalieri della corte degli Altavilla e degli uomini del nord, sfuggendo anche ai dettami della dolce Costanza, cui la giovinezza era sfiorita anzitempo, la madre ansiosa che faticava a stargli dietro2. Nelle vene del giovane Federico pulsava il sangue impetuoso degli antichi normanni, errabondi, pirati ed avventurieri, malconiugati con quello gentile degli Altavilla; né gli erano utili in qualche modo i consigli che gli venivano da 1 Una Palermo multietnica dove cupole islamiche svettavano sulle basiliche latine; dove artigiani magrebini e bizantini decoravano chiese cristiane; dove per le vie si incontravano mercanti, geografi e matematici di ogni razza e provenienza: longobardi, ebrei, slavi, berberi, persiani, tartari. La piccola Cuba, Palazzo dell’Uscibene e soprattutto la Zisa (la Al’Aziz araba) contribuivano alla creazione dello Ggennart (al Genar al Art) il Paradiso sulla terra, realizzato dai condottieri venuti dal nord, fedeli a dio, cavalieri di Cristo, i fratelli Ruggero e Roberto D’Altavilla, nel 1071 che divennero i più orientali dei sovrani dell’Occidente Cristiano. Come dice A. Bolzoni ricordando la Palermo dei Normanni in «La Zisa», vedi ‘La Domenica di Repubblica’, 14 agosto 2005. 2 Nella infanzia avventurosa del Re dei Romani, non si ricordano maestri di fama, tranne un tal Guglielmo Francesco. Il piccolo Federico era sostanzialmente un autodidatta, lo aiutava una pronta intelligenza, una vivace curiosità ed anche l’ambiente dove si formava, crogiuolo e miscuglio di razze e culture diverse. Eloquente sin da ragazzo, esuberante e vivace, autonomo sin nei suoi spostamenti per una Palermo poliglotta con lingue e culture e religioni diverse, dalla latina alla saracena a quella ebraica.Apprese ben presto le numerose lingue ed imparò a destreggiarsi nel tempestoso mare delle insidie che lo circondavano, essendo sostanzialmente abbandonato a se stesso. Libero da ogni controllo, vagava per conto suo per i vicoli dei mercati ed i giardini della capitale, in mezzo all’andirivieni della gente intenta negli affari.Non mancavano le giornate, nelle quali rischiava di rimanere digiuno, se non fosse stato per la benevolenza di alcune famiglie palermitane, che a turno, lo ospitavano....(Vedi - ‘Federico II’, di R. Russo, Ed. Rotas - Barletta 1994) 262 Felice Clima Castello di Waschenbeuren “Culla degli Svevi” Papa Innocenzo III da Roma e dalla lontana Palestina3 attraverso il Cardinale Cencio Savelli, e che si perdevano nel turbinio della vita spensierata e disordinata del giovane svevo; suggerimenti e consigli che pure avevano contribuito alla sua maturazione, tanto da consentirgli nel 1208 - ad appena 14 anni - ad autoproclamarsi maggiorenne ed ad assumere le responsabilità del governo del regno con l’assenso del principe della chiesa, che gli riconosceva le necessarie virtù e capacità4 pur nello spirito inquieto e critico, già manifestato. Ripristinata l’autorità regale in Sicilia con l’aiuto dei cavalieri aragonesi portati in dote alla moglie Costanza, sposata su sollecitazione del papa e indossata con gran pompa l’enorme mantello rosso tempestato di perle, ricamato in oro, 3 Il Papa il 22/08/1203, in seguito ad una rivolta popolare, fuggì da Roma per rifugiarsi in Palestina, ove restò per ben 2 anni. 4 Così scriveva un anonimo del giovane sovrano: lo descriveva di statura non grande, con membra robuste in un corpo solido che gli consentiva di venire a capo di qualsiasi impresa. Mai in ozio, sempre occupato in un qualche esercizio fisico; esperto nell’ uso delle armi e nel cavalcare i cavalli di razza e veloci; dotato di maestà regale e di un aspetto gentile; fronte serena, occhi brillanti, viso espressivo, animo ardente, ingegno pronto..... 263 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata già di Ruggero II, di fattura islamica5, a Roma viene incoronato dal pontefice, imperatore dei romani nel giorno di Pasqua del 1212. Ma l’appena diciassettenne principe, parte per la Germania, l’antica terra degli Svevi6, dileggiato dai tedeschi di fazione ostile col termine diminuitivo – se non proprio dispregiativo di: Puer Apuliae; mai appagato, inquieto come sempre e come sempre errabondo alla ricerca non solamente di onori e gloria, ma di un luogo della memoria che cercava con affanno, quasi con avidità, ove riscoprire non tanto la terra dei padri (in cui ballavano forsennatamente i fantasmi dei corsari del canale della Manica, quelli mitici dei Nibelunghi e finanche quegli indomiti dei Galli di Vercingetorige su un altare degli dei) ma il sito ideale della pace e della giustizia in cui immergersi e restarvi. Tra i fitti boschi della Alsazia e le colline che dagli aspri monti dei Vosgi, dolcemente degradano verso il Reno, si acquartiera (1212) nella deliziosa Haguenau7. Per cingere la corona imperiale, per convocare la dieta dei principi tedeschi, per affrontare e dirimere i problemi mitteleuropei; per ipotizzare una grande Europa, unita ma laica, sia pur nel rispetto della chiesa e delle altre confessioni religiose. E quivi conosce e perfeziona l’arte nella caccia agli orsi ed ai cinghiali, prima sconosciuti; si allontana dalla ressa dei mercati di Palermo, dalla pompa di Roma papalina; dal periglio delle onde infide dei mari, dalla polvere negli attraversamenti degli stradoni con armati e carriaggi; si immerge nel profumo degli abeti e delle querce secolari dei boschi e nella tranquillità del castello immerso nella fitta vegetazione d’attorno, ma soprattutto nella atmosfera raccolta della ricca biblioteca. Il biondo principe però, non amava molto il clima uggioso della Germania, il suo pallido sole e il suo paesaggio tetro e monotono che gli affievolivano la forza e la volontà e non gli davano la carica giusta. E l’abbandonò appena possibile. Ritrova invece negli anni della maturità, definitivamente, quella atmosfera di pace e serenità, la gioia di vivere e il gusto nello studio solamente alla sua discesa in Italia, la insegue nella Puglia piana8 l’antica terra dei Dauni e nella Capitanata, solatia e ferace e la trova nel castello normanno di Apricena. Lo amplia, lo abbellisce, 5 Il mantello arabo era stato confezionato a Palermo nella anno 528 dell’Egira (1133 dell’ Era Cristiana) da artigiani mussulmani su commissione di Ruggero II, nonno materno, per la propria incoronazione. Attualmente è conservato assieme ad altri mantelli, reliquiari, scettri, corone di eccezionale valore, nella camera del tesoro del Kunsthistorischen Museum di Vienna (vedi B. Tragni in la Gazzetta del Mezzogiorno del 02-0805, Federico II, Il mantello) 6 Federico II non amava molto la Germania, (dice R. Russo o.c.) eppure ci stette 8 lunghi anni dando di sé un immagine di un Re umano, giusto, tollerante e munifico. 7 Haguenau è attualmente una città della Francia nord orientale, presso Strasburgo, al centro della foresta omonima. Si trova nella Alsazia, una regione di confine quasi al centro dell’Europa abitata originariamente da tribù celtiche, invasa dagli Alemanni, inglobata nel ducato di Svevia, da sempre contesa tra Francia e Germania. Non a caso proprio Strasburgo, 8 secoli dopo, è stata ufficialmente scelta quale sede del parlamento dell’Europa unita. 8 Intesa per estensione nella Puglia attuale, che comprendeva anche parte della Basilicata finanche il Molise e si estendeva oltre l’Ofanto e sino al Trigno. 264 Felice Clima facendolo diventare la più nota Domus Solaciorum, la preferita, la più amata. Questa Domus sotto molti aspetti gli ricorda la lontana perduta Hagenau: i fitti boschi che coprivano le colline e le montagne inaccessibili del Gargano, gli aspri Vosgi; le acque del fiume che scorrevano nel piano, il Candelaro che inondava la valle fertile e aprica, il Reno impetuoso e fecondo. L’ama anche per l’aria salubre impregnata della salsedine proveniente dall’Adriatico, per la luce solare che la illumina; per gli orizzonti luminosi e gai; per il clima dolce degli inverni quivi trascorsi; per la tranquillità che vi regna che gli consente raccoglimenti e studi; per gli immensi spazi che la circondano per le sue scorribande e le sue cacce; per l’affabilità e l’amabilità oltre che l’affidabilità della gente che lo circonda. L’amò fin dal primo incontro nel dicembre del 12229, la frequentò assiduamente e quivi se ne veniva appena poteva10 e quivi, quasi certamente, era diretto nell’ultimo suo viaggio (quel triste 13 dicembre 1250!) in cui la morte lo colse all’improvviso, rubandolo al mondo, nella sconosciuta Fiorentino11. La scelta strategica dell’imperatore Fedrico II: la Capitanata dal Biferno all’Ofanto «Cum solatiis nostris Capitanatae provinciam frequentius visitemus et magis quam in aliis provincis regnum nostri moram saepius trahimus ibidem» così l’imperatore Federico II di Svevia evidenziava il suo grande amore per la Capitanata, che più di ogni altra provincia frequentava12 In funzione della vastità dell’impero che spaziava dalla Germania, nel nord Europa, alla Sicilia e a Malta a sud, fino a Gerusalemme ad est, la centralità della Capitanata, oltre che per la bellezza e feracità - non disgiunta dalla spontaneità e disponibilità della popolazione - suggeriscono all’Imperatore di eleggere Foggia quale Capitale ideale del suo Impero, ritenendola agevolmente collegata agli altri territori posseduti, o forse perché gli consentiva un più efficace controllo del nemico ai confini (?!), ma forse, e più, per la ricchezza e la feracità della Daunia tutta e 9 Da un borgo sperduto dal nome nemmeno consolidato nella toponomastica regionale: Procina, Prechina (o addirittura Porcina) la fece diventare ufficialmente una Domus Regia, così come è stato ufficialmente riconosciuto. Durante la permanenza dell’Imperatore, essa divenne automaticamente un crocevia sociale, culturale e commerciale dell’intera area con la frequentazione nella piazza non solo di dignitari e cavalieri ma di mercanti provenienti dalle varie parti del regno. Quivi si potevano comprare stoffe della Toscana, lane delle Puglie, spezie della Sicilia, con menestrelli e cantastorie della Calabria e della Campania 10 Viene attestata la sua presenza ad Apricena per ben 11 volte, nel dicembre del 1222, dicembre 1226, febbraio e dicembre 1230, dicembre 1232, novembre 1234, aprile 1235, marzo e maggio 1240 ed ancora nel dicembre 1241 e nel gennaio e marzo 1243 11 Vedi anche infra: ‘L’ultimo viaggio dell’Imperatore’. 12 Tanto da meritarsi il titolo molto esplicativo (seppur di scherno e riduttivo): Puer Apuliae. 265 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata per la vicinanza e i controlli dei porti della costa. Non ultimo, forse per quegli ancestrali, fascinosi legami alla Magna Grecia, ma anche ai progenitori Normanni, o forse, ma più ancora, per il peso esercitato dalla passione per la caccia, fra laghi, paludi e boschi, dello sterminato Tavoliere dal Biferno all’alto Ofanto. Nel caso di specie abbiamo debitamente circoscritto il discorso alla Capitanata Medievale, nella sua ampia estensione ed abbiamo escluso ogni altra contigua area e città del Vulture e della Murgia da Melfi, Lagopesole al Castello misterioso del Garagnone e dell’alto barese da Altamura a Terlizzi e del basso Ofanto da Barletta, Andria a Castel del Monte. Sulla scorta, infatti, del modo di gestire l’autorità regia dei sovrani dell’Europa del nord della fine del primo millennio13, sia per essere più vicini alla popolazione, sia per affermare la propria presenza, oltre che per esercitare un diritto consolidato di ospitalità forzosa, l’Imperatore Federico non scelse una capitale. Peraltro ogni città del vasto impero ove dimorava per qualche tempo il sovrano, diventava virtualmente una capitale, sia pure circoscritta nel tempo in cui vi permaneva. La scelta dell’Imperatore - dopo le violenti rivolte arabe in Sicilia e la estrema perifericità dell’antica capitale (Palermo) cadde sulla Capitanata soprattutto per la sua centralità, oltre che per la sua particolare conformazione geomorfologica: relativamente poco abitata, con a disposizione ampi spazi, boschi (ed acquitrini per l’esercizio della caccia e dell’uccellagione). Eran quivi disponibili superfici piuttosto estese per la coltivazione soprattutto del frumento (ma anche della vite e dell’olivo) e per la istituzione delle ‘massariae’ per la sperimentazione e lo sviluppo degli animali (cavalli e mucche). Non ultimo motivo - e forse più importante - la vicinanza dei porti (Barletta e Bari), e l’attraversamento armentizio dai tratturi dell’Abruzzo e il flusso di vario genere dalle vie consolari romane, il che consentiva il controllo del commercio interno e internazionale e sostanziosi apporti economici all’erario imperiale. Foggia Capitale: l’ombelico del mondo. E Foggia divenne il centro del mondo, con castelli o castra e domus solaciorum dislocati nella vasta area d’attorno e nella intera Daunia, intesa nella sua antica dimensione dal Biferno al Vulture. Solitamente - quando libero da maggiori impegni - d’inverno risiedeva in pianura e d’estate si trasferiva nelle aree di collina della Basilicata e della Daunia o delle stesse contigue. La frequentazione del Palatium a Foggia è documentalmente accertata da tutta una serie di provvedimenti emessi in Foggia e raccolti dalla Cancelleria 13 Che richiamava Merovingi, Carolingi e Ottoni - vedi F. CUOZZO e J. M. MARTIN: Le tre Capitali - Napoli, Procaccini Ed., luglio 1995. 266 Felice Clima Imperiale: nel 1221 - 1225 - 1226 - 1228- 1230 - 1231 - 1234 - 1235 - 1240 - 1241 1242 - 1243 - 1244 - 1245 - 1246 - 1249 - 125014 in cui vivono e operano personaggi di alto lignaggio locali e internazionali; in cui sono trattati argomenti della più disparata natura, anche spesso riguardando i rapporti con gli stessi ma soprattutto con le varie città del suo vasto impero oltre che con vescovi prelati e papi e con molte abbazie e chiese spesso poste sotto la sua personale protezione; principi,personaggi pullulano nella città di Foggia capitale che dimostra una grande vitalità, centro che in quel momento rappresentava l’ombelico del mondo Nel 1223 diede quindi ordine alle sue maestranze di realizzare quivi la reggia per gli affari di Stato. La reggia di Foggia del grande imperatore è stata per parecchi decenni non solo uno dei punti centrali degli avvenimenti politici dell’Europa15 (paragonabile alla Roma dei Cesari e dei Papi e alla Costantinopoli bizantina), ma contemporaneamente anche un centro intellettuale di particolare dimensione di tutto il mondo allora conosciuto16. Splendore del Palatium Riassumendo - e facendo proprie - notizie frammentarie dei cronisti dell’epoca, il Kantorowicz così riferisce del Palatium di Foggia: «...nel vasto Castello di Foggia descritto come un palazzo ricco di statue, colonne di marmo verde antico, con leoni e fontane pure di marmo, devono essersi svolte quelle leggendarie e fragorose feste, il cui splendore ha circondato fino ad oggi l’immagine degli Svevi del sud. Ogni tipo di gioia festosa ed ogni delizia avevano qui il loro sito, e gai ed allegri non si stentava certo a diventare con l’alternanza dei cori e dei costumi purpurei dei giocolieri e musicanti. Alcuni di questi erano fatti Cavalieri, altri ornati ed insigniti di onorificenze di particolare dignità. Tutto il giorno veniva trascorso e, quando stava per volgere al termine, alla luce delle fiaccole fiammeggianti, che quà e là sfavillavano, fra le gare dei giocolieri, la notte diventava giorno. Così racconta un cronista, mentre un’altro sa anche riferire delle meraviglie 14 Appare molto interessante il carteggio intercorso con i vari Papi dall’imperatore, durante la sua permanenza a Foggia e nelle domus di Capitanata. Va doverosamente ricordato all’uopo che in relazione alla particolare struttura itinerante della Corte, gli affari di Stato venivano trattati ovunque la Corte stessa si trasferisse, così come viene confermato dalla indicazione della città nei numerosi provvedimenti dell’Imperatore, raccolti dalla sua Cancelleria, che sempre lo seguiva. Vedi H. BREHOLLES, o.c., nella Historia diplomatica Federici II - Parigi, Ed. Plon, 1852 - la indicazione dei luoghi di emissione dei detti provvedimenti resi dalla Cancelleria Imperiale. 15 MARIA STELLA CALÒ MARIANI, o.c., in conseguenza della centralità di Foggia, quale punto di riferimento di tutte le iniziative dell’Imperatore dell’intero meridione, vede una città densa anche di vita culturale e un ambiente di chiaro accento europeo. 16 Vedi KANTOROWICZ, o.c. ed anche P. Soccio, o.c. 267 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata delle sale interne della Corte, che il figlio del Re d’Inghilterra, il Duca Riccardo di Cornovaglia potè vedere17. Dapprima, con bagni, salassi e tonici medicinali, si sarebbero fatte dimenticare al principe inglese, proprio allora reduce dalla crociata, gli strapazzi della guerra e del viaggio per mare nella calura estiva; poi questi sarebbe stato allietato da ogni specie di giochi. Con stupore il Duce avrebbe ascoltato rare melodie su strumenti esotici, avrebbe visto buffoni e giullari ostentare le loro arti e si sarebbe rallegrato allo spettacolo danzante di belle e formose ragazze saracene, che su grandi sfere giravano sul liscio e colorato pavimento della sala. Le novelle e le fiabe raccontano però delle feste di Federico II e dei fasti della sua corte in una trasfigurazione leggendaria: come centinaia di cavalieri di tutte le nazioni furono ospitati dall’Imperatore sotto le tende di seta, come giullari confluissero da ogni parte alla Corte Imperiale e come invitati stranieri portassero in dono all’Imperatore le cose più rare e preziose. Si racconta come i messaggeri di re Giovanni portarono all’Imperatore una tunica di amianto, una pozione che aveva il potere di far ringiovanire, un anello magico che rendeva invisibile ed infine anche la pietra dei saggi». Foggia: il crepuscolo, nel silenzio delle pecore! Eppure, alla morte dello svevo, questa città, questa regione già fulgida memoria per dirla con P. Soccio «…venne rapina.: L’Angioino, l’Aragonese e lo Spagnolo fecero il deserto; imposero il tormento dell’immobilismo, il silenzio ininterrotto delle pecore, la tenebra canicolare!». Lucera – castello Svevo 17 Riccardo di Cornovaglia (1229 - 1272), figlio secondogenito di Giovanni Senzaterra e fratello di Re Enrico III di Inghilterra e di Isabella (terza moglie di Federico II) fu sempre sostenitore dello Svevo. È nota la sua meraviglia ed ammirazione per lo splendore e la ricchezza del Palazzo Imperiale di Foggia, che lo ospitò al ritorno da Gerusalemme. Vedi anche L. Bibbò nella traduzione del testo dell’HASELOFF: Architettura sveva nell’Italia meridionale - La reggia di Foggia, Bari, Ed. Adda, gennaio 1992.Altro ospite illustre fu il figlio del Re di Castiglia che venne a Foggia nell’aprile del 1240 (vedi Riccardo di San Germano, o.c.). 268 Felice Clima La Capitanata del XIII° sec.(da “Castelli e palazzi della Capitanata del XIII secolo” di D. Leistikow, 1969) 269 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata Emergenze storiche attuali 18 all’interno della città Dello splendore del Palazzo oggi non è rimasto se non la traccia scritta di qualche appassionato ricercatore, essendo andato pressoché tutto distrutto per il trascorrere memorabile dei secoli, il susseguirsi dei terremoti, ma soprattutto per l’ignavia degli uomini. Tutto tranne il pezzo marmoreo incastonato nell’arco del Palatium stesso del Mastro marmorario Bartolomeo da Foggia, che così recita: «hoc fieri iussit Fredericus Caesar ut urbs sit Fogia regalis sede inclita imperialis» Può essere peraltro ragionevolmente ipotizzato il collegamento all’esterno del Palatium con alcune altre emergenze storiche quali: il Palazzo della Pianara negli avanzi dell’edificio ubicato sulla via San Lazzaro e - sia pure con qualche riserva - con la c.d. Taverna dell’Aquila o della Cavalleria, nei resti dell’edificio, pure fatiscente, riscontrabili nell’area di Porta Arpana, all’inizio dell’attuale via Manzoni, ai margini del Piano delle Fosse. Epigrafe dell’arco del portale della reggia di Foggia Domus e massarie imperiali d’attorno al Palatium Collegate alla Capitale sono da evidenziare una serie di emergenze storiche alla stessa d’attorno in un raggio di una ventina di chilometri e quasi tutte conservano tracce materiali più o meno evidenti. In appresso così le ricordiamo: 1) Domus Pantani (ormai lambita dall’estensione a sud della città, verso 18 Per un più approfondito studio sul tema (anche per quello che segue) leggasi B. BIAGI: Foggia Imperiale, in «Raccolta di Studi Foggiani», a cura del Comune di Foggia, 1933, ed ancora D. LEISTIKOW in Castelli e Palazzi nella Capitanata del XIII secolo, e soprattutto Foggia Medioevale a cura di M. S. CALÒ MARIANI (Banca del Monte, Foggia, 1997) 270 Felice Clima San Lorenzo e sulla direttrice per l’Incoronata, ai bordi dell’alveo del lago (o pantano) ormai asciutto, costituente una piscaria ed adatta allo studio degli uccelli acquatici: L’azione lentamente ed inesorabilmente mutatrice se non distruttrice nel tempo e dell’uomo hanno fatto ormai scomparire sia il bacino lacustre, che i resti dell’originaria costruzione (che secondo l’Haseloff indicavano l’antico lago e la domus19. Nell’area della stessa domus, attualmente invece, insistono su un perimetro di circa metri 500, cospicue emergenze murarie che si susseguono completamente diverse e quasi certamente riferibili a periodi successivi. Le stesse a forma quasi di ‘L’ si susseguono in una serie di stanzoni, in cui si notano delle stalle; con probabile superfetazioni proseguite nel corso dei secoli. Interessantissimi sono soprattutto i locali interrati, al di sotto del piano di campagna20. Questi prendono luce ed aria anche da ampie finestre che si affacciano sull’esterno; presentano delle scale di accesso dal cortile interno; hanno un’altezza considerevole e presentano volte a crociere (alleggerite con la tecnica dei ‘caroselli’). Ipotizzare l’uso di questi enormi locali interrati è alquanto arduo, essendo da escludere - per ovvi motivi tecnici di impermeabilizzazione - un loro utilizzo quali vasche per le piscarie - pur riferibili al tema; o per funzioni di stalle o di prigioni. Potrebbero essere stati utilizzati come grandi magazzini per la conservazione di merci o derrate alimentari21. 2) A seguire sulla stessa direttrice, distante pochissimi chilometri, si arriva all’ex domus o palatium di San Lorenzo. Altro castello di soggiorno con uno zoo ricollegabile al predetto pantano. È peraltro deducibile che la Domus Pantani, quale masseria o castello di caccia, nonché l’attuale chiesa di San Lorenzo insistessero in un unico grande spazio individuabile dall’aereofotogrammetria che ha evidenziato un nucleo centrale abitato, difeso da un profondo fossato al quale venivano aggiunti altri due fossati ad est e a sud-ovest22. 19 Vedi H. HASELOFF: Architettura sveva nell’Italia meridionale, o.c., e M.S. CALÒ MARIANI: Foggia medioevale e Capitanata medioevale, oo.cc..V. anche D. Leistikov o. c. che, pur evidenziando l’esistenza di un fantasioso castello di soggiorno di San Lorenzo in Carmignano, afferma essere andato lo stesso completamente distrutto; V. ancora G. TRIFILETTI: La farina del diavolo finisce in crusca (FG 2000, inedito) in cui riferisce che ancora nel 1935 eravi, nel luogo qui descritto, un boschetto di circa sette ettari, che si estendeva in un acquitrino di acque sorgive (da cui prendeva il nome di Pantano) tra un fitto canneto... utilizzato per la caccia. 20 È stato ipotizzato l’esistenza di un camminamento sotterraneo, che avrebbe dovuto collegare la domus Pantani al Palatium, partendo da alcuni scavi effettuati dall’attuale Piazza Duomo sino alla prosecuzione ideale per il collegamento relativo. È tutto da dimostrare! 21 Se così fosse, dovremmo ipotizzare una sua realizzazione in un periodo successivo legato alla transumanza. 22 Vedi Il Casale di San Lorenzo da G. NOIÈ, riportato in un opuscolo omonimo del 2000 a cura di cultori appassionati di storia patria da C. Inicorbaf a L. Masullo a R. Borgia e altri; nonché l’ampio corredo fotografico su San Lorenzo in Carmignano a cura di L. MASULLO in Paesaggio storico di Capitanata (FG Gercap 2001). 271 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata Il suddetto castello era indicato appunto quale domus curiae vivarii S. Laurencii in Carminianum. J. M. Marten riferisce documentalmente dell’esistenza di un borgo rilevandolo da una citazione del 1092. Altri documenti dicono che nel 1100, il Vescovo di Troia (da cui dipendeva) concede un privilegio per popolare il borgo; nel 1166, il borgo stesso è munito di mura e quindi di un castrum con un importante sobborgo. Oggi si nota la storica chiesa di San Lorenzo in pessimo stato, tutta tralicciata e quasi cadente. 3) Ancora sulla stessa direttrice - ad 11 chilometri a sud-est - si giunge al bosco dell’Incoronata, ove era ubicato il castello di caccia relativo. 4) Solamente da alcuni testi si rileva l’esistenza di un Casale Fabrica (già di proprietà dell’Abazia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni) ora scomparso. Peraltro nei dipressi pare sia stata realizzata l’attuale masseria Giardino, tuttora imponente nelle sue struttura murarie, da cui sono facilmente deducibili la ricca produzione dei terreni e degli allevamenti degli animali. 5) Puranche verso sud-est, a circa 13 chilometri, era costruita l’altra Domus Pontis Albaniti, appunto nell’attuale contrada di Ponte Albanito. Essa era posta a guardia, come del resto molti altri castra (quello di Monselice nel Veneto sull’Adriatica, quello di Castelpagano di Apricena sulla via dei Longobardi o dei Pellegrini) della gola nel Vallo di Bovino, sulla direttrice per l’area interna appenninica verso Benevento, ed oltre verso Capua, Napoli e Roma. Della originaria domus costituita da una torre quadrata con torri angolari pure quadrate, attualmente si nota l’antica e possente costruzione a lati uguali, detta anche ‘dei diavoli’. 6) Altre domus circondano la città, alcune scomparse o di difficile individuazione: ‘S. Agapito’, a 12 chilometri, pare sulle rive del Vulgano (tra la masseria Selvaggi e Pavone); Torre di Lama, a nord-est di Foggia; San Lotherii, tra Foggia ed Apricena; Casale Sala, forse tra Apricena ed il Gargano, per finire a Castiglione (ex Domus Castellionis) a nord-est (già di proprietà dell’Abazia di Monte Cassino) ora facilmente individuabile sul c.d. Tratturo di Castiglione che menava al mare di Siponto. 272 Felice Clima Masseria Ponte Albanito – Castello dei diavoli Castra e domus di Capitanata - Cenni Mediamente a 40 km di distanza dalla sede imperiale di Foggia erano collocati una serie di castelli e fortificazioni che costituivano il sistema difensivo della stessa. E nella Capitanata si trovavano ben 23 Castra e 28 Domus regie; nel Gargano 10 Castra e 2 Domus; nel Subappennino 10 Castra ed una Domus. A raggiera erano posti i vari castra: gli insediamenti fortificati di Serracapriola e Vico a nord; Dragonara, Pietra, Motta Montercorvino e Tertiveri ad ovest; Orsara, Bovino, Deliceto, Torre Alemanna a sud, e ancora più a sud Melfi e Canosa (più defilato il castello del Garagnone e - non certo per difesa - quello di Castel del Monte) e ad est Rignano, Manfredonia e Monte S. Angelo23. Peraltro il maggior numero delle opere difensive si trovava nel Gargano e nel Subappennino, in quanto per le loro posizioni strategiche a difesa il primo dagli attacchi via mare e dalla direttrice terrestre dal nord, le seconde per controllare le 23 Vedi BURGENKARTE: Der Kapitanata, di DANKWART LEISTKOW, in Castelli e Palazzi nella Capitanata del XIII. Amministrazione Provinciale di Foggia, 1989. Vedi anche STHAMER in R. De Vita: Castelli, 1974 Burghen und Schloner, nella traduzione di L. Bibbò, Comune di Foggia 1977. 273 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata altre vie di penetrazione da ovest lungo le valli del Fortore, del Calaggio, del Celone e del Cervaro24. Arco della Caserma della Cavalleria Federiciana – B. Biagi - Foggia Imperiale Domus Precina: posizione e funzione Sulla direttrice nord per San Lotheri era posta la domus Precina, dagli storici indicata impropriamente quale casa di vacanza o - riduttivamente - luogo utilizzato per la caccia (domus solaciorum) o addirittura castello (luogo fortificato il che non poteva ritenersi del tutto escluso). Era invece da ritenersi una vera e propria residenza imperiale25 immersa tra i boschi, vicina alle Piscarie di Alesinae, dotata di un proprio castrum, di una marescalla e protetta da Castelpagano. Certamente non poteva competere né con Foggia, né con Castel del Monte, che rappresentavano – almeno in Capitanata – le massime espressioni di potenza e di bellezza realizzate dall’imperatore, quest’ultima in specie fu concepita come monumento del potere imperiale e della cultura del suo tempo che, peraltro, non venne mai abitata, mentre la prima aveva una vera funzione di capitale26. 24 Vedi l’introduzione di M. GESUALDI a Castelli e Palazzi nella Capitanata del XIII° secolo di D. LEISTKOW (pubblicato a cura dell’Amministrazione provinciale di Foggia nel 1989). 25 Vedi molto più ampiamente in Apricena, città federiciana. 26 Vedi innanzi la rievocazione che ne fa il Kantorowitz e la nota integrativa relativa. 274 Felice Clima La domus Precina doveva invece assolvere una funzione pratica di vita in tutte le sue numerose sfaccettature27. Apricena – Torre del Castello Lucera: dall’urbs romana alla civitas saracenorum Un fatto eccezionale all’interno del regno ed un evento di grande rilevanza rappresenta Lucera a prescindere dal modo violento in cui l’etnia saracena venne espulsa dalla Sicilia e introdotta in Capitanata nella Luceria già romana (SPQL) trasformandola così in una civita saracenorum di stirpe, lingua, tradizione, cultura e religione diversa. La scelta dell’imperatore impresse cambiamenti all’intero tessuto urbano e al contesto culturale della cittadina Lucera28 che nel corso dei secoli rivaleggiò per grandezza con Roma contrapponendosi efficacemente nelle guerre sannitiche, dalla stessa riguadagnandosi successivamente lo status delle città latine, assolse nel periodo dello Svevo la funzione della città fortezza, ospitando la grande colonia dei saraceni, fedeli all’Imperatore e fornendogli milizie specializzate. Divenne così 27 Vedi infra ed anche MARIA STELLA CALÒ MARIANI sul tema ed ancora i miei scritti: Il Processo contro Firenze nella Procina del XIII secolo, Foggia, Ed. del Rosone, 2005 e La cena del cinghiale, Foggia, Ed. Bastogi, 2008. 28 In relazione all’importanza, preferisco non avventurarmi nella disamina della Città di Lucera, lavoro peraltro abbondantemente e approfonditamente assolto da storici ben più preparati di me, cui rimando il lettore. Vedi anche ne «Il Quotidiano», Foggia, 13.11.02 l’articolo di G. Stafforello: Da Luceria a Lucera; e J. ROSS: La Puglia dell’Ottocento, Capone Ed., 1978 (con le note relative). Succintamente, ma in maniera molto esplicativa, vedi anche AA.VV.: Lucera: in città da scoprire. Italia meridionale Touring Club Italia, Milano, 1985. 275 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata un primo esempio di pacifica convivenza nel mondo, con i cristiani, unitamente ad altre esperienze consimili avvenute in altre città dell’impero ed anche con gli ebrei (seppur di diversa natura, spesso e soprattutto economica) e da cui tutti, pur attingeva fonti di danaro per le casse imperiali,sempre assetate. Mi piace utilizzare la descrizione altamente suggestiva di una scrittrice straniera: Kazimieri Alberti «…Lucera che al principio sul corpo statuario aveva il peplo, in testa l’elmo di Pallade, pregava nel tempio di Apollo e parlava la lingua di Omero; nell’epoca romana si cucì addosso l’imponente tunica latina, frequentò con passione il circo e si bagnò nelle terme; con l’Imperatore svevo si avvolse nel “burnus” e devotamente si toglieva le scarpe prima di entrare nella moschea29». Testa di moro e giovinetto - Lucera Museo Fiorilli 29 Tratto da una rappresentazione rievocativa suggestiva di KAZIMIERA ALBERTI (in «Segreti di Puglia» nella traduzione di A. Coppola - Arti grafiche di D. Conte - Napoli 1951). Su Luceria saracenorum vedi anche l’opuscolo esplicativo: Alla Corte di Federico II: le ceramiche sveve di Lucera a Castel del Monte (30/05 31/12/03) a cura del Sovrintendente B.A.P. di Puglia Dott. G. M. Jacobetti. «…a Lucera sul colle più alto della città, Federico II tra il 1223 e il 1233 creò una nuova colonia musulmana in terra cristiana. Ancora oggi Lucera... conserva tra le strade del centro storico echi della presenza araba, nelle architetture di alcuni palazzi dove caratteristiche torrette ricordano i minareti di tradizione islamica, nei giardini interni ai cortili degli edifici storici, persino in alcune espressioni del dialetto locale...». Aggiungono Gli storici arabi delle crociate a cura di F. Gabrieli, Einaudi Tascabili Ed., Cles, Trento, 2002, pag. 273 a Lucera vi era un istituto scientifico islamico, perché vi fossero coltivati tutti rami delle scienze speculative. 276 Felice Clima Il castello di Lucera – Jean Louis Desprez 277 L’Imperatore Federico II di Hohenstaufen e la Capitanata BIBLIOGRAFIA KAZIMIERA ALBERTI, Segreti di Puglia, trad. A. Coppola, Napoli, Arti grafiche di D. Conte, 1951 H. BREHOLLES, Historia diplomatica Federici II, Parigi, Ed. Plon, 1852 B. BIAGI, Foggia Imperiale, Raccolta di Studi Foggiani, a cura del Comune di Foggia, 1933 FELICE CLIMA, Processo contro Firenze nella Procina del XIII secolo, Foggia, Ed. del Rosone, 2005. FELICE CLIMA, La cena del cinghiale, Foggia, Ed. Bastogi, 2008. FELICE CLIMA, Apricena…percorsi, Foggia, Tipografia Litostampa, 1994 M. S. CALÒ MARIANI, Foggia Medievale, Foggia, Ed. Grenzi, 1997 M.S. CALÒ MARIANI, Capitanata Medievale, Foggia, Ed. Grenzi, 1998 F. CUOZZO E J. M. MARTIN, Le tre Capitali, Napoli, Procaccini Ed., luglio 1995. M. FRACCACRETA, Teatro topografico storico della Capitanata, Napoli, Tip. A. Coda, 1834 Gli storici arabi delle crociate a cura di F. Gabrieli, Trento, Einaudi Tascabili Ed. Cles, 2002 D. HASELOFF, Architettura Sveva nell’Italia Meridionale, trad. L. Bibbo, Bari, Ed. Adda, 1998 E. KANTOROVITZ, Federico II imperatore, Milano, Ed. Garzanti, 1970 D. LEISTIKOVV, Castelli e palazzi di Capitanata nel XIII secolo, Amm. Prov.le Foggia 1989 R. LICINIO, Masserie Medioevali, Bari, Ed M. Adda, 1998 San Lorenzo in Carmignano a cura di L. Masullo Paesaggio storico di Capitanata, Foggia, Gercap 2000. J. ROSS, La Puglia dell’Ottocento, Cavallino Capone, 1978 R. RUSSO, Federico II, Barletta, Ed. Rotas, 1994 G. STAFFORELLO, Da Luceria a Lucera in «Il Quotidiano», Foggia, 13.11.02 G. TRIFILETTI, La farina del diavolo finisce in crusca, Foggia, 2000, inedito 278