ENOS RIZZI SUL MURO DEL TEMPO MAM - MUSEO D’ARTE MODERNA DELL’ALTO MANTOVANO GAZOLDO DEGLI IPPOLITI (Mn) - 28 FEBBRAIO - 28 MARZO 2016 INAUGURAZIONE DOMENICA 28 FEBBRAIO ORE 17 Sul muro del tempo Città di Gazoldo degli Ippoliti Museo d’Arte Moderna dell’Alto Mantovano Patrocini Città di Castiglione delle Stiviere Comune di Medole Antichi fogli da spolvero e tavole di registri dimenticati dal tempo sono diventati d’improvviso il supporto ideale per le trame forti e sicure dell’operare estetico di Enos Rizzi. Mentre carezzava quelle superfici ingiallite, mentre avvertiva le asperità delle loro superfici bucherellate, mentre pensava il posizionamento dei ritagli e degli strappi, da quei fogli emergeva un nuovo racconto per immagini. Sul muro del tempo: una mano sapiente ha fissato mirabilmente molti segni di epoche passate. Perché ad Enos appartiene questo suo modo di operare, questa modalità di affidarsi alla carta come materiale segnato da altre vite, da svariate vicissitudini che l’hanno resa materiale di scarto, materia non più utile né commerciabile nella realtà quotidiana. Mille volte Enos ha ripensato a quel lontano 1912, a quell’atto di nascita di una tecnica, il collage, che si deve all’intelligenza di Braque e di Picasso. «Sto usando i tuoi ultimi procedimenti fatti di carta e polvere» scriveva Picasso al suo sodale il 9 ottobre del 1912, appunto. Mille volte ha soppesato il procedere di una tecnica che presuppone un ritmo lento, l’uso minuzioso del prelievo e della sua riformulazione sia visiva sia concettuale; l’accumulo, su di un piano, di frammenti di disegni e di scritture, di tracce d’arte non propriamente illibate. I suoi punti di arrivo, tra astrazione e poesia visiva, tra assemblage ed environment, non possono prescindere da un sentimento del vissuto che resta legato ai suoi materiali, a un sentimento del tempo che rientra nella poetica assestata dell’autore perché data almeno dalla metà degli anni ottanta. Ma ora gli esiti sapienti della sua ricerca, i codici identificativi della sua scrittura per immagini, gli accostamenti inusuali di materiali adespoti e senza immediato carisma estetico, si offrono come raffinata metafora dei punti di arrivo più recenti. Gli eventi cromatici, le suggestioni che si materializzano sulla superficie delle sue opere assumono così una duplice connotazione, alla ricerca di una dimensione emozionale e immaginativa, una dimensione onirica e sognata che procede parallela alla determinazione razionale di chi calcola con cura l’impatto visivo, le simmetrie, gli equilibri, i rapporti plastici, la dimensione delle partiture, al fine di approdare sulle rive di inedite opere di collage-scrittura. Le opere del ciclo sul muro del tempo ci presentano dunque un artista maturo, un autore che dichiara, innanzitutto, l’antico apostolato con l’indimenticabile Danilo Guidetti; ma che, nell’attuale struttura dell’organizzazione rappresentativa delle opere, si affida ad esiti tutti personali, di una essenzialità sorprendente. Le carte invecchiate, accartocciate, decolorate, lacerate, strappate, incollate, ridipinte e ricombinate non rimandano che in minima parte alle vecchie tracce figurali che pur possedevano. Non hanno solamente vecchie memorie da riproporre, non appartengono alla suggestione dei décollage di Mimmo Rotella e meno che mai a papiers collés di ascendenza cubista, con tutto il rispetto per i geniali inventori del genere (senza tralasciare Kurt Schwitters e molti altri). Parlano ovviamente della trasgressione dei generi codificati, a cominciare dalla pittura; parlano della stretta relazione tra opera e oggetto d’uso che deriva da molteplici ricerche artistiche del Novecento fin dalle prime esperienze in seno alle avanguardie storiche. Sul muro del tempo si accumulano, nel frattempo, piccoli e vari detriti dell’umana esistenza, poveri frammenti anonimi, scritture senza riferimenti. Ma l’artista, lungo la linea di confine tra scrittura e visione, riscatta la materia con una alchimia indicibile, al di là di ogni qualsivoglia gerarchia intellettuale e tecnica. Esalta gli antichi schizzi riemersi, le carte sbiadite, i partitari inchiostrati da contabili ignari, le molte materie della più diversa natura che si ibridano, di volta in volta, con tracce di colore. È il suo un gioco irriverente, composito, articolato, ibrido, bizzarro e meticcio. E il discorso estetico procede adottando il concetto di “impuro”, mentre le materie di Enos trovano sempre più la loro ragion d’essere nelle inedite strutture sintattico/estetiche cui danno forma, nella riappropriazione del reale. La superficie si organizza in un impeto espressivo che rimanda ai rituali ineludibili della composizione poetica, a materiali fisici portatori di una loro aura che, nell’amalgama, si trasformano in significanti aperti a molteplici significati, alla varietà caotica con cui portano in scena ignoti grafemi. Enos lavora dunque con i segni piuttosto che con i concetti. Siamo ben oltre la pittura. Ci addentriamo in una pratica che ci porta ai cambiamenti linguistici del dopoguerra, a nuovi e inediti spazi dell’arte in grado di produrre senso. Intanto i suoi lavori, come le pagine di un racconto, ci portano sul piano di narrazioni iconiche che non hanno avuto inizio e non avranno una fine. E nulla di greve emerge nelle carte, nulla di disarmonico si apre davanti a chi guarda: non si aggrovigliano sul suo volto le bende di una cecità mortale. Si naviga invece nell’ispirazione forte della migliore immaginazione. Ecco quindi che i giardini estetici delle sue carte diventano rigogliosi, tra sentori di meraviglia, tra sogni ad occhi aperti, tra una ritrovata felicità nel suo fare arte in opposizione all’ampollosità degli dèi dell’antica pittura. È ovvio che ci muoviamo nell’ambito più seducente degli orizzonti estetici della contemporaneità. I collage di Enos Rizzi ritrovano così memorie remote. Le sue intuizioni ripercorrono con passi post-moderni le orme di importanti sperimentazioni. E Rizzi si muove, disinvolto e oramai sicuro, tra vecchie idee di composizioni autonome ed assolute, tra concetti di dimensioni plastiche nuove e reali, nella prospettiva di dare forma a una coinvolgente creatività poetica, a grafie fluenti e originali, che tendono a coagularsi e a crescere in perfetta libertà germinativa, per metamorfiche e imprevedibili varianti. L’esperienza di questa personale al Mam di Gazoldo ci porta alla fine ad ammirare e a consacrare un petit-maître in quello stesso museo in cui, nel lontano 1984 (nel contesto della mostra Nuove presente, nuove immagini), aveva trovato importante conferma delle sue potenzialità. E non è questo un punto di arrivo di poco conto. Gianfranco Ferlisi Questa collezione di lavori “Sul muro del tempo” nasce da un primo nucleo dal titolo “Il muro del tempo”. Questo è significativo perché “il muro” è ben determinato in una solida dimensione spaziotemporale che può concedere una qualche sospensione o superamento solo alla speculazione metafisica ed all’avventura onirica. Non è il caso di Enos Rizzi che “Sul muro del tempo” impegna la propria fatica artistica e di ricerca di emozioni ed ispirazioni che necessitano di giustificazione e definizioni che l’autore stesso invoca dal lettore appassionato. Il lavoro stesso della memoria è tutto teso al suggerimento della visione che ancora non è. Si può giungere alla figurazione partendo dalla sua stessa astrazione. La tecnica ed il materiale consueti concedono largo spazio ai “fogli di spolvero”, che sanno di antico, ed al contrasto forte fra i colori ed ai segni grafici che conducono alla costruzione tutta soggettiva della figura e del messaggio di cui è maschera. La novità interessante del sottotitolo aiuta il lettore e l’autore a cogliere i colori forti di due epoche a confronto e di trasparenza come attraverso una vetrata veneziana multicolore. Manlio Paganella Senza dubbio Sul muro del tempo è una delle reincarnazioni dell’arte di Enos Rizzi più riuscite. L’artista castiglionese ha alle spalle una lunga storia che parte dal figurativo, passando per il paesaggio e arrivando all’astratto. La produzione che qui presenta, dunque, non è una scorciatoia, né un sotterfugio. La conquista della forma astratta è sintesi ultima, ed estrema, di un lungo percorso di ricerca che ha nella carta, l’elemento senza dubbio più amato dal Nostro, il materiale che meglio si addice alla creazione artistica della sue immagini. Non che il colore gli vada stretto, ma è senza dubbio vero che Rizzi usa la carta proprio come altri suoi colleghi utilizzano il colore, il punto, la linea e la superficie. Rizzi trasforma la carta in gesto, la rende cioè materia capace di significare. “Ho fatto l’immagine” afferma l’uomo di Beckett, e questo grida si declina nelle opere di Rizzi. Sul muro del tempo, dunque, la carta testimonia il suo valore storico, altra componente chiave del Rizzi-pensiero, e diventa gesto creativo che si trasforma in segno grafico. La triade di Rizzi è dunque rispettata: storia, gesto e segno che il pittore castiglionese ritrova nella sua amata carta, materiale che fonde insieme questi elementi per produrre un’immagine… giusto un’immagine. Luca Cremonesi Sul muro del tempo Prima sono nate le opere con titolo “il muro del tempo” e poi su questo spazio che si è aperto all’improvviso nella mia ricerca artistica è seguita la tematica “Sul muro del tempo” a cui ho dedicato tanto lavoro e che mi ha regalato emozioni a non finire. “Sul muro del tempo” ci sono immagini e parole e spazi vuoti e silenzio e lettere dell’alfabeto che cercano inutilmente di comporre qualcosa che assomiglia vagamente a un pensiero. C’è anche della musica “Sul muro del tempo”, si, musica che viene da molto lontano e che porta lontano note che non finiscono mai di raccontarci qualcosa che è stato. Musica che raccoglie la polvere che il vento ruba a questo muro di disgregazione e la fa volare come un mulinello di tanti colori che prende la forma, dopo il temporale, di un arcobaleno nuovo. “Sul muro del tempo” si trattengono anche i sogni di passaggio e occhi indiscreti li osservano e cercano qualcosa che non c’è. “Sul muro del tempo” ho fissato antichi fogli da spolvero recuperati in soffitte dimenticate e mi è apparso subito un mondo avvolto nel silenzio più assoluto. “Sul muro del tempo” è solo l’inizio di un racconto che nasce proprio lì, fra due pietre, quattro mattoni e uno spiraglio che lascia intravedere uno spicchio di cielo grande a sufficienza per far capire che il traguardo è ancora maledettamente lontano. Enos Rizzi Breve profilo biografico ENOS RIZZI nasce il 10 gennaio del 1944 in località Levatello di Gozzolina, frazione di Castiglione delle Stiviere, in quella terra gonzaghesca che nel ‘900 fu del Chiarismo. Figlio di Rocco, allievo dello scultore medolese Giuseppe Brigoni, Enos fin da bambino è a contatto con la materia dell’arte. La famiglia Rizzi, trasferitasi a Castiglione delle Stiviere, vede Enos scolaro e studente presso le scuole della cittadina, sino al conseguimento del diploma di ragioneria. Successivamente, a fine anni Cinquanta, Enos è assiduo alla Scuola Serale di Disegno e Pittura diretta da Oreste Marini (pittore, storico e critico d’arte), scuola in cui operano anche artisti quali Mario Porta e Danilo Guidetti. Da molti anni Enos dipinge, sperimentando svariate tecniche e nuovi itinerari di ricerca. Lavora alacremente, studia e guarda ai grandi maestri; parallelamente osserva con una lente le fantasie dell’anima sua. È partecipe della vita artistica d’oggi e ha partecipato a importanti rassegne collettive oltre ad aver allestito prestigiose mostre personali. Sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero. MAM - Museo d’Arte Moderna dell’Alto Mantovano Villa Ippoliti, via Marconi , 126 - Gazoldo degli Ippoliti (MN) info: tel 0376 659315 - http://www.comune.gazoldo.mn.it www.turismo.mantova.it - [email protected] +39 0376 432432 Orari: 9/12 lunedì a sabato sabato e domenica 16/19 Sono possibili visite su appuntamento con preavviso ([email protected]) - ingresso gratuito -