2 Primo Piano Primo Piano mercoledì 22 | ottobre 2008 | mercoledì 22 | ottobre 2008 | 2 3 Venerdì assemblea d’ateneo Proteste a La Sapienza. Frati concede un solo giorno di blocco della didattica Roma, oggi la protesta Bologna, irruzione nel rettorato Poi tutti in piazza Il rettore cede al governo gli studenti occupano facoltà e dipartimenti Alemanno sgombera l’Horus Scontri e tensioni con la polizia Benedetta Aledda Bologna L’avevano annunciato e l’hanno fatto. Gli universitari di Bologna ieri mattina hanno fatto irruzione nella sede del rettorato. Poi si sono mossi in corteo spontaneo per le vie del centro. In più di mille sono arrivati fino al primo binario della stazione, dove hanno sostato per dieci minuti. La giornata di mobilitazione bolognese era iniziata con un incontro fra gli studenti delle facoltà scientifiche e il rettore Pier Ugo Calzolari, che alle 9.30 ha lasciato il Senato accademico e li ha raggiunti nel cortile del rettorato. In duecento, dopo essersi tolti il nastro adesivo sulla bocca (perché i tagli «ci tolgono la parola», spiegavano), gli hanno chiesto di respingere, a nome dell’Alma Mater, la legge 133, che introduce la possibilità per gli atenei di trasformarsi in fondazioni per raccogliere sovvenzioni private. Per ora, oltre al faccia a faccia, hanno incassato un’assemblea d’ateneo che si terrà venerdì pomeriggio nell’Aula magna di Santa Lucia. «Non basta dire no, bisogna ragionare», ha detto loro Calzolari, favorevole a un patto di stabilità tra le università virtuose e il governo basato sui bilanci in ordine degli atenei («divisione fra università di serie A e di serie B», traducono i critici di questa posizione). Quando gli altri studenti, che fino ad allora erano rimasti fuori, sono entrati nel cortile, il rettore se n’è andato e gli “scienziati”, che si erano portati i libri con l’intenzione di restare a studiare nel cortile di Palazzo Poggi, si sono uniti al corteo che di lì a poco ha attraversato la zona universitaria (dietro allo striscione «Indietro non si torna dalle facoltà in rivolta!») e ha proseguito oltre, per portare la protesta dell’assemblea anti-Gelmini fino alla stazione centrale. Dopo una sosta breve sul primo binario (durante la quale, secondo la Questura, alcuni manifestanti avrebbero lanciato pietre contro la polizia), gli universitari sono tornati, sempre in corteo, verso piazza Verdi. Si sono trattenuti a lungo in via Zamboni, davanti a Lettere, dove hanno portato delle casse per mettere musica e per fare in assemblea il bilancio della giornata («abbiamo fatto un passo avanti», scrivono in un comunicato che riprende il significato dello striscione). Il coordinamento delle facoltà scientifiche, invece, ha fatto il proprio bilancio in un’assemblea ad Astronomia. Le diverse pratiche scelte per contestare le politiche del governo ieri sono confluite nel corteo unitario. «Speriamo di continuare ad avere più punti di vista», sintetizza ottimista una studentessa di scienze. Daniele Nalbone > Milano, studenti caricati dalla polizia > Salmoirago 40mila in piazza a Firenze, 20mila a Palermo, 5mila a Napoli. Al via il confronto rettori-ministra Ovunque cortei e assemblee Lezioni all’aperto e blocchi Atenei molto pre-occupati Il settimanale cattolico contro le classi-ghetto Famigliacristiana: «Questoèapartheid» Ravasi:«L’oradiBibbia» > Napoli, corteo contro la riforma Gelmini > Ansa Davide Varì Fulvio Fania Città del Vaticano L’ora di religione nella scuola italiana? Certo non sarà monsignor Gianfranco Ravasi ad affossarla. «E’ una componente fondante della nostra identità», ci risponde infatti l’esperto biblista ora a capo del dicastero vaticano per la cultura. Eppure, appena gli chiediamo come mai, malgrado la lezione cattolica, la Bibbia resti così sconosciuta e se non sarebbe dunque preferibile una storia laica delle religioni, il vescovo ricorda di aver proposto personalmente l’introduzione di un insegnamento «per tutti», quindi obbligatorio, di quell’antico testo che è un grande «codice» per interpretare arte e cultura. Tempo fa espresse questa idea, non in veste canonica, ma «come italiano» insieme a studiosi laici tra cui Umberto Eco e incontrò il favore dell’allora ministro Tullio De Mauro. Secondo Ravasi la nuova disciplina dovrebbe «affiancarsi», non sostituire, l’ora confessionale la quale - deduciamo noi - non sembra servire molto a far valere il rilievo culturale della Bibbia. Va però aggiunto che la Cei ha invece guardato sempre con sospetto a ipotesi di storia delle religioni o anche soltanto di lezione laica sui libri sacri dell’ebraismo e del cristianesimo. Proposte analoghe, avanzate unitariamente dai giovani cattolici delle Acli, gioventù ebraica e gruppi islamici caddero assolutamente nel vuoto. E’ toccato a Ravasi incontrare ieri i giornalisti per il consueto aggiornamento sui lavori del Sinodo dei vescovi dedicato appunto alla “Parola di Dio” che si sta avviando alla conclusione. Il biblista, autore della bozza del “messaggio finale” che pare aver suscitato vasti elogi, sfoglia l’opuscolo con le 53 “propositiones” da sottoporre al papa, finora segrete. Almeno trenta di esse - rivela - sono «incandescenti». Sicuramente si parlerà dell’Islam e degli ebrei ma anche dell’ammissione delle donne al ministero del “lettorato” biblico, della lotta al fondamentalismo cristiano e del necessario «connubio» tra le diverse letture della Bibbia, quella storica e quella teologica. L’annunciata presenza all’incontro-stampa del presidente della Cei Angelo Bagnasco è sfumata all’ultimo momento, a detta del Vaticano per disguidi organizzativi, e con essa anche l’occasione per domande di attualità politica. Ma a questo supplisce ancora una volta il settimanale paolino Famiglia cristiana. Un suo editoriale scarica l’indignazione contro la «fantasia padana» della Lega, senza «più limiti né pudore», che ha partorito la pretesa di segregare i ragazzi immigrati nelle «classi ghetto». Nessuna attenuante per i giochi di parole: «Si dice classi ponte - attacca la rivista - ma leggasi ghetto». Dopo le impronte ai bambini rom, il permesso di soggiorno a punti, l’impedimento ai ricongiungimenti familiari dei migranti, ecco ora questa risposta «criptorazzista» che viene coperta da presunte volontà di integrazione sociale. «Chi pensa ad uno sviluppo separato degli stranieri - ribatte il settimanale - sappia che quel concetto si chiama apartheid». L’immigrazione resta un tema caldo per la Chiesa. Il governo italiano ha già dovuto subire le critiche del Pontificio consiglio per i migranti. Continuando su questa strada, potrebbe infrangere anche la benevolenza dimostrata nei suoi confronti dalla Cei in materia scolastica. Presidi, prime occupazioni e cortei. Continua la protesta, la vera e propria mobilitazione all’Università La Sapienza di Roma. Da una parte loro, gli studenti, giunti alla seconda settimana di protesta; e dall’altra il Senato accademico, l’assemblea dei Presidi di facoltà che ieri era chiamata a decidere sulla possibilità del blocco delle attività didattiche in segno di protesta contro il decreto Gelmini. Il tutto, sotto l’occhio vigile di centinai di studenti di tutte le facoltà che hanno organizzato un presidio permanente sulla scalinata del rettorato. Una divisione che ieri si è accentuata ancora di più. Il Rettore Luigi Frati dopo giorni di equilibrismi sempre più improbabili - nè contro il governo nè contro gli studenti sembrava essere il suo motto - ieri è finalmente uscito allo scoperto e si è schierato al fianco di questo Governo che sta distruggendo l’istruzione pubblica italiana. Una prova? «Come università bisogna aprire un confronto con il governo», ha fatto sapere il signor rettore alla fine della riunione. Non solo, di fronte alla proposta di bloccare l’anno accademico il rettore ha infatti concesso un solo giorno di blocco delle attività, previsto per venerdì prossimo. Una decisione respinta dal movimento degli studenti mobilitati. «Non ci facciamo prendere in giro», gridavano davanti al portone del rettorato “assediato”. «Frati deve decidere se sta con noi o contro di noi. E per stare con noi c’è solo una cosa che deve fare: bloccare le attività didat- tiche fino a quando quella legge non ci sarà più». E a fine serata, di fronte alle decisioni del Senato accademico, partivano le prime occupazioni delle facoltà. Insomma, anche ieri a Roma questo nuovo movimento degli studenti universitari si è fatto sentire. Un movimento nato con un unico obiettivo: bloccare la legge 133. «Noi non ci fermiamo- ripete Giulia, 24 anni, studentessa di Scienze politiche - faremo come le proteste contro i Cpe in Francia. Blocchiamo la città finchè non ritirano quella legge». Un modello, quello delle proteste degli studenti francesi contro i Contrat première embauche, che riecheggia spesso tra le fila di questo movimento. Un modello di mobilitazione che ha funzionato piuttosto bene visto che, dopo settimane di blocchi studenteschi, l’allora presidente Chirac fu costretto a ritirare quel decreto che permetteva ai padroni di licenziare senza giusta causa i lavoratori con meno di 26 anni nei primi due anni di impiego. E in effetti il clima di questo movimento degli studenti è grosso modo lo stesso: «Noi non ci fermiamo, noi siamo qui per vincere. Loro ci bloccano il futuro? E noi gli blocchiamo la città», urla Laura, 22 anni, studente fuori sede di medicina. «Io non so se stiamo facendo politica, io so soltanto che questa legge non deve passare. E’ la prima volta che mi ritrovo coinvolta in un movimento. I primi giorni ero scettica, poi mi sono informata, ho capito che questa legge ci distruggerà il futuro, e distruggerà l’università pubblica. Per questo sono qui, per questo siamo qui». Già, l’impressione è proprio quella di trovarsi in un movimento che sa bene quello che vuole, un movimento pragmatico, che punta tutto sulla cancellazione di quella legge, ma disposto a mettersi in gioco, a mobilitarsi «fino alla vittoria». Nel frattempo, altre voci si muovono intorno agli studenti. Le voci della politica del palazzo, a cominciare dal governo che per oggi ha annunciato una conferenza stampa in cui parteciperanno sia il ministro Gelmini che il primo ministro Berlusconi. Uno spot annunciato il cui unico scopo sarà quello di sostenere l’azione del ministro della pubblica istruzione. Timide voci di appoggio alla mobilitazione arrivano invece dal Pd, da Massimo D’Alema per la precisione: «Credo che la protesta dei giovani sia giusta». Solidarietà piena arriva invece dal Prc. Singolare la presa di posizione dei Giovani di Forza Italia i quali, di fronte alla possibilità del blocco delle lezioni, annunciano niente meno che una querela: «Una class action degli studenti se agli universitari continuerà ad essere impedito di frequentare le lezioni, per le quali le famiglie, spesso tra mille sacrifici, pagano le tasse», ha infatti annunciato Luca Mariotti, vicepresidente del vonsiglio Nazionale Forza Italia Giovani. «La stragrande maggioranza degli studenti frequenta le università per migliorare la propria condizione di vita; i rigurgiti sessantottini sponsorizzati spesso da alcuni docenti, molti dei quali si sono laureati con gli esami di gruppo, non faranno breccia tra le nuove generazioni». Checchino Antonini Innanzitutto diamo i numeri di ieri: sessantamila a Firenze, ventimila a Palermo, cinquemila a Napoli, un po’ di meno a Roma. Imponente la manifestazione regionale fiorentina: perfino la questura riesce a contare fino a 40mila. Per i promotori se n’è persi un terzo di partecipanti. Da Piazza S.Marco alla Ss.ma Annunziata percorrendo tutto il centro, sotto le sedi di Regione, prefettura, Comune, studenti, docenti, ricercatori e lavoratori «coagulati» dal dl 133. Unico partito con le proprie bandiere Rifondazione comunista. «Cause totalmente condivisibili», sarà il commento del rettore Augusto Marinelli che lunedì si vedrà con i colleghi toscani e una rappresentanza bipartizan di parlamentari. La nuova legge lascia anche il “suo” ateneo in situazione oggettivamente insostenibile». Erano cinquemila a Napoli, i medi e gli universitari a sfilare contro la “riforma” Gelmini. La manifestazione, non autorizzata, s’è mossa da Piazza del Gesù verso la locale sede di Confindustria dove si aspettava Berlusconi. La polizia l’ha bloccata a Piazza Plebiscito ma gli studenti hanno svoltato all’improvviso verso Via Toledo, poco prima del Teatro S.Carlo, seminando gli “sbirri” e manifestandosi nella via dello shopping da sempre off limit per i cortei. E sotto le banche hanno scandito lo slogan di questo movimento: «Noi la crisi non la paghiamo». Oggi l’assemblea d’ateneo all’Orientale. A Palermo, ci si è mossi dalla cittadella di Viale delle Scienze, per giungere, in diecimila, sotto la Prefettura. E’ il secondo grande corteo in 48 ore. A sostegno della mobilitazione, il rettore Silvestri ha oscurato per alcune ore il sito www.unipa.it. Sull’home page si poteva leggere: «Il Senato accademico ribadisce la sua contrarietà nei confronti di ogni ipotesi di trasformazione dell’Università di Palermo in una Fondazione e ritiene necessario, per ristabilire una base di discussione serena e costruttiva, la revoca della legge 133 e la reale attivazione del tavolo interistituzionale annunciato dal ministro Gelmini, dal quale fare partire una consultazione ampia e partecipata». Non sempre funziona così democraticamente: da Trento, giunge la notizia che il Cda di martedì prossimo «non potrà che svolgersi in forma di assemblea pubblica alla presenza di studenti, ricercatori e ricercatrici, docenti, personale tecnico amministrativo». Lo chiede il comitato No Gelmini critico sull’atteggiamento del rettore Bassi di affrontare unilateralmente decisioni che riguardano tutti. Ma Bassi è tipo da prendersela anche con la sua categoria. Mica sarebbe colpa dei tagli ripetuti, ma dei rettori con le mani bucate. Allora i sacrifici li facciano loro, lui non ne vuole sapere. A Roma 3, in mattinata s’è svolta una partecipatissima assemblea con almeno 800 tra studenti, docenti e ricercatori disturbata - «nell’indifferenza delle forze dell’ordine», denunciano gli studenti di Lettere - da una trentina di squadristi del Blocco studentesco, i “piccoli” della Fiamma. L’assemblea li ha isolati e oggi la mobilitazione proseguirà con un’assemblea permanente. Secondo giorno di lezioni all’aperto a Genova tra Via Balbi e i carruggi sopra via di Prè: psicologia cognitiva, letteratura latina o storia moderna ai truogoli di Santa Brigida, documentari sulla precarietà di Virzì con Ascanio Celestini e assemblee di studio del dl dentro le facoltà come Lingue, Sciende della formazione, architettura, Giurisprudenza. Nella piazzetta dinanzia alla biblioteca, Antonio Gibelli riesce anche a trovare le parole per commemorare Vittorio Foa. Domani pomeriggio corteo in forma di funerale tra Via Balbi e piazza De Ferrari. Aggiornamenti da Torino, spediti a Liberazione, da Alice Pettenò, dei Gc: il preside di Scienze Politiche sospende la didattica per assicurare la partecipazione studentesca ad un’assemblea indetta dal collettivo Bonobo, tenutasi in Piazza Vittorio all’aperto, a cui hanno anche partecipato lo storico Angelo D’Orsi (suo il prezioso editoriale su questo giornale, proprio ieri) e altri ricercatori.300 gli studenti che discutevano se bloccare o no il ponte sul Po. A Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche si sta preparando la notte bianca. Martedì si scenderà in piazza anche a Perugia dove si moltiplicano le assemblee e i consigli di facoltà aperti. Ieri, a Ingegneria, erano almeno in 500 a fare un’assemblea. E il 30 si scenderà in massa a Roma per lo sciopero dei confederali. Martedì prossi- mo l’assemblea dell’Unical a Cosenza dove ogni facoltà ha intrapreso un percorso di lotta contro il dl che taglia fondi ordinari, blocca il turn over dei docenti e condanna al licenziamento migliaia di ricercatori. Blocco della didattica a mezzogiorno di oggi a Bari dove il preside di Scienze politiche ha invitato i docenti a discutere con gli studenti i contenuti del pasticciaccio firmato Gelmini. Il blocco servirà anche a facilitare la partecipazione al corteo indetto per oggi dai collettivi di Giurisprudenza, Lettere e Scienze politiche. Marceranno appresso a un manichino simbolo del cadavere dell’università pubblica. Martedì prossimo la didattica sarà sospesa un’ora prima. Stato di agitazione generale, deciso da un’assemblea mista, anche all’Università della Basilicata. Anche nel Vallo di Diana, in provincia di Salerno, gli universitari sono scesi in piazza, ieri, in 500. Oggi nuova manifestazione a Sala Consilina. Altre assemblee si sono tenute a Cagliari, L’Aquila, Parma. Ed è per oggi l’assemblea d’ateneo di Ancona. E, tra ministro e rettori, oggi sarà il giorno dell’inizio del confronto. La Flc Cgil e i suoi omologhi di Cisl e Uil, intanto, preparano lo sciopero del 14 novembre con una serie di sitin da tenersi sotto i ministeri dell’Agricoltura (il 28) e dell’Istruzione (5 novembre). Adu (docenti), Udu (studenti) e sindacati confederali hanno presentato una propria piattaforma per la difesa della natura pubblica del sistema universitario, il suo ruolo sociale e la sua natura cooperativa, partecipata, laica e razionale. Alemanno dichiara guerra alla Roma libera, alla sua gente, alla politica fatta da chi vive la città e alla cultura indipendente. Ieri è stato sgomberato con la forza l’Horus Occupato. Blindati della polizia, agenti in tenuta antisommossa «hanno occupato militarmente la piazza – denunciano i ragazzi del centro sociale – in quella che è una vera e propria operazione di guerra motivata con le parole fredde e burocratiche di un presunto “sequestro preventivo”». Sin dalle prime ore del mattino il tam tam ha fatto il giro della città e nella piazza si sono riversate decine di persone per mostrare il loro sdegno contro lo sgombero dell’Horus e il pretestuoso ritrovamento al suo interno di bottiglie molotov: «La scuola Diaz ha insegnato quanto sia facile inserire all’interno di uno stabile armi in grado di giustificare un’operazione di polizia» commenta il consigliere provinciale Gianluca Peciola, giunto sul posto. Con lui Giovanni Russo Spena, che nel Municipio IV vive, e il consigliere regionale Anna Pizzo che spiega come «quanto accaduto oggi è l’inizio di ciò che temevano: un giro di vite da parte di Alemanno contro le esperienze politiche di autogestione che da sempre contraddistinguono la vita politica di questa città». Dopo l’assemblea pubblica tenuta dalle 11 in piazza Sempione un corteo spontaneo si è riversato per le vie del quartiere sino alla sede del Municipio dove è stata occupata la presidenza di Bonelli che ha promesso il suo impegno per attivare un tavolo di confronto fra gli occupanti e le istituzioni. L’Horus si è distinto in questi anni per aver ridisegnato il territorio dal basso, promovendo occupazioni abitative, reti antisfratto, sportelli contro la precarietà, palestre popolari, laboratori di sperimentazione culturale. Solidarietà ai ragazzi e condanne al sindaco arrivano da diversi artisti che per vari motivi all’occupazione erano fortemente legati: per Andrea Rivera eventi come questi «ricordano la canzone di Stefano Rosso “Arrestato ragazzo per porto di sciarpa abusiva”».«Le politiche della giunta Alemanno ricordano moltissimo quelle che hanno caratterizzato l’Italia fra il 1922 e il 1945» afferma Ulderico Pesce che all’Horus pochi mesi fa ha portato in scena il suo spettacolo “Asso di Monnezza”, «in una delle migliori serate della mia carriera, da far invidia al Teatro Eliseo di Roma». Andrea Satta non si mostra sorpreso, in quanto «è normale che una politica che si pone l’obiettivo di tenere sotto controllo il pensiero libero si scagli con ogni mezzo contro degli spazi autogestiti in zone di Roma desertificate culturalmente». Alle ore 17 un corteo di circa duemila persone è partito da via Capraia, sede del centro sociale Astra, e, passando davanti la palestra intitolata a Valerio Verbano e a diverse occupazioni abitative promosse dall’Horus Occupato, è giunta nella militarizzata piazza Sempione: davanti la struttura sgomberata circa cento agenti di polizia attendevano i manifestanti: fumogeni, cori, un cassonetto incendiato. E un appuntamento da non mancare: oggi, alle ore 17, per un assemblea cittadina che dimostri, ancora una volta, come recita ancora l’ingresso dell’Horus, che “la felicità non si paga, si strappa!”.