sfondo La scuola dell’infanzia è il cuore della comunità Tutti i principali documenti elaborati dall’ADASM, sia giuridici che programmatici, affermano ripetutamente e con molta solennità che le scuole associate sono scuole della comunità. A questa affermazione possono essere attribuiti due significati complementari. In primo luogo la scuola dell’infanzia paritaria è una scuola nella comunità: progettando e costruendo la propria proposta educativa deve attingere alle radici culturali del contesto in cui è inserita. Ne consegue che gli educatori devono vivere in prima persona i valori della comunità, aver chiaro il senso dei riti che ne definiscono l’identità e conoscere gli usi ed i costumi che rendono peculiare l’appartenenza al territorio. Senza queste condizioni anche le feste e i contenuti della tradizione vengono fagocitati dalla spirale consumistica, annullati nel loro significato e destinati alla dispersione. Una comunità senza identità non è più tale, diventa “liquida” come gli ambienti metropolitani. È necessario allora che la scuola e gli educatori in particolare, si propongano come elemento propulsore della comunità nella consapevolezza che le famiglie con bambini che frequentano la scuola dell’infanzia stanno vivendo un periodo della loro vita educativa in cui vi è la maggior disponibilità a riflettere su temi educativi. Nei periodi successivi tale disponibilità si allenta perché più rare diventano le occasioni di incontri spontanei. In questa volontà di cooperazione, una scuola dell’ADASM si distingue dalle altre scuole: essa è in grado di creare una solidale comunità di famiglie che si ispira all’ideale valoriale del Vangelo di cui la nostra società è depositaria, ma che ha bisogno di essere alimentato con gesti di vita concreti. 01 introduzione In secondo luogo le scuole associate all’ADASM sono scuole paritarie e, come tali, sono scuole pubbliche che concorrono, in un sistema integrato, a garantire il servizio educativo previsto dalle leggi. Si differenziano però dalle altre scuole pubbliche per il maggior radicamento nella comunità locale; esse infatti sono state tutte istituite, per lo più in anni lontani, per iniziativa delle popolazioni locali contando sulla partecipazione della gente ed usufruendo della liberalità di qualche cittadino benestante. Gli intenti poi si sono concretizzati grazie alla disponibilità delle religiose di diversi ordini presenti sul territorio. Dopo l’istituzione della scuola dell’infanzia statale, a seguito di una regolamentazione sempre più complessa, la scuola paritaria può continuare a vivere solo se legittimata dalla comunità locale: la comunità tutta deve maturare la consapevolezza che l’educazione dei bambini non è solo un affare privato delle famiglie, ma è un fatto che deve mobilitare le energie di tutti proprio perché di tutti sono i bambini che rappresentano il futuro. Senza la radicalizzazione di tale consapevolezza, l’impellenza dei problemi di tipo economico, ideologico e multiculturale fanno guardare ad altre strade, oltrepassare la soglia della rinuncia ed affidare ad altri (lo Stato) il compito di educare i propri figli. La volontà di allontanare questo orizzonte fa emergere la necessità di impegnare energie e risorse non solo per difendere la scuola, ma anche garantire la qualità della sua proposta. Tutto ciò è realizzabile se rimane corale la convinzione che la scuola è della comunità. Le appartiene. 02 la storia C’era una volta… il Villaggio dei Tigli C’era una volta in un piccolo paese, come ce ne sono tanti, una scuola molto speciale perché nel suo verde prato c’erano cinque grossi alberi di tiglio posti nel lato nord del giardino. I bambini della scuola amavano molto rinfrescarsi all’ombra dei grandi alberi, giocare con le loro foglie, osservare gli uccellini che facevano il nido tra i rami. Dal ramo più grosso del tiglio vecchio, pendeva un’altalena fatta di corde e legno che non smetteva mai di dondolare portando i bambini in alto, quasi a toccare il cielo; fu proprio lì che un giorno di settembre andò a sedersi tutto imbronciato Paolo. Era così arrabbiato con i suoi amici che, dirigendosi di corsa verso l’altalena, gridò: “Andate via, non voglio più vedervi, non siete più miei amici!”. “Sono stati proprio cattivi, non mi hanno fatto giocare perché dicono che non sono capace di correre veloce, che ho le gambe troppo corte!” pensava Paolo tra sé e sé… “Io non andrò più a giocare con loro! Starò qui da solo!”. “Ma lo sai che non si può stare da soli per molto tempo? Tutti hanno bisogno degli amici, non credi?” sussurrò una vocina che sembrava provenire dal vecchio tiglio. Paolo era un po’ sorpreso, ma fece finta di nulla guardandosi le scarpe nuove che gli aveva regalato la nonna. “Che belle scarpe hai, scommetto che sono un regalo prezioso fatto da una persona che ti vuole molto bene”. Paolo si guardò intorno, ma, ancora una volta, non vide nessuno; allora si fece coraggio e chiese: “Ma chi sei, perché ti nascondi? Guarda che non ho voglia di giocare, oggi sono molto arrabbiato, vattene!” “Oh, questa è bella, un bambino che non vuole giocare. Dai, lasciami sedere accanto a te, ti porto anche una sorpresa”. Paolo era un pò preoccupato, non sapeva cosa fare, ma era anche molto curioso; decise così di aspettare… Passarono pochi minuti e, fra i rami più bassi, comparve un simpatico topolino dai lunghi baffi neri, gli occhietti allegri e due grossi denti bianchi che spuntavano dalla bocca sorridente: “Ciao, io sono Rosicchio del Bosco e in questo albero c’è la mia casa; vivo con la mia mamma che si chiama Mirtilla, con il mio papà, Topone, e le mie sorelline Camomilla e Campanella”. Rosicchio appoggiò il musetto sulle zampe e attese una risposta dal bambino che lo guardava stupito. Paolo non credeva ai suoi occhi, un topino che parlava e abitava nell’albero della scuola con la sua famiglia, proprio non poteva crederci. Avvicinò un po’ il suo naso a quello di Rosicchio per essere certo che non si trattasse di uno scherzo ed esclamò: “E la sorpresa che mi hai promesso me la dai? Voglio vedere cos’è!”. Rosicchio, che era curioso di conoscere quel nuovo amico, rispose: “Quanta fretta, almeno dimmi prima il tuo nome, raccontami un po’ di te come ho fatto io, poi ti darò la mia sorpresa” “Bhè, io sono Paolo, ho sei anni, vivo in una casa vicino alla scuola, la mia mamma si chiama Anna ed è una mamma molto bella, con i capelli rossi e ricciolini, porta sempre le scarpe con il tacco e dei vestiti colorati. Il mio papà è un giovanotto (come dice sempre la nonna), con i capelli biondi, più alto della mamma e veste sempre elegante. Ho anche un fratello piccolo, Leonardo, che piange sempre di notte, quando tutti dormono, mentre di giorno dorme perché è stanco”. Fece una pausa per pensare se aveva ancora qualcosa da dire e si affrettò ad aggiungere: “Mi stavo dimenticando di nonna Betta che vive nella casa vicino la storia alla nostra e mi prepara sempre la merenda quando torno da scuola. Adesso però mi fai vedere la sorpresa?”. Rosicchio rovistò un po’ nelle tasche della sua tutina a quadretti rossi e blu e ne tirò fuori un biscotto minuscolo profumatissimo di lamponi. “Ecco, questo l’ha fatto la mia zia Rosaspina che fa la pasticcera e ha un piccolo negozio nell’albero del parco giochi qui fuori dalla scuola, sentirai che bontà!”. Paolo assaggiò subito il minuscolo biscotto perché era affamatissimo. Ne volle subito un altro, non aveva mai assaggiato nulla di più buono. “Tua zia Rosaspina è proprio brava, nessuno mi hai mai dato un biscotto tanto buono!! Grazie Rosicchio, questo significa che siamo amici adesso?” - “Certo, è la prima volta che sono amico di un bambino, ma sento già che sarà stupendo. Scusami, ma ora devo andare, ci vediamo domani, ciaoooo”. Era quasi ora di tornare a casa e Paolo si riunì con gli altri bambini nel cortile della scuola in attesa della sua mamma; intanto continuava a pensare al suo nuovo amico… Il giorno dopo Paolo aspettava con impazienza il momento in cui la maestra avrebbe portato i bambini in giardino; era ansioso di incontrare Rosicchio per chiacchierare un po’ con lui e fargli ancora tante domande. Quando il momento tanto atteso arrivò, il bambino corse verso i grandi Tigli del giardino. Nello stesso istante comparve Rosicchio tutto affannato: “Ciao, scusa il ritardo ma non ho sentito la sveglia” - esclamò Rosicchio senza fiato - “Ti piacerebbe conoscere il Villaggio dei Tigli dove abito con la mia famiglia; è un posto molto bello, vedrai che piacerà anche a te”. E così dicendo cammina, cammina, cammina… arrivarono nei pressi di un bellissimo tiglio. “Ecco la nostra scuola che, come puoi vedere sorge in mezzo all’albero; qui noi topini ci ritroviamo ogni giorno per imparare, giocare e conoscere nuovi amici. Più in alto c’è la mia casa, Villa dei Pollini dove vivo con la mia famiglia. Io vado a scuola a piedi perchè sono vicino, ma i topini che abitano più lontano ci vanno in bicicletta o con lo scuolabus del signor Lumaca, un signore con un grosso guscio sulla schiena e con gli occhi in cima alle antenne lunghissime”. Rosicchio mostrava con orgoglio il suo meraviglioso mondo a Paolo che lo seguiva senza dire una parola; all’improvviso però si fermò di fronte ad un piccolo cespuglio dal quale usciva un sottile filo di fumo ed esclamò: “Ehi Rosicchio che succede lì? Sta andando a fuoco il cespuglio!” - “Ma no, quello è il cespuglio di sambuco dove c’è la casa della maestra Begonia. Dietro gli spessi occhiali ha due grandi occhi furbi ai quali non sfugge mai niente! Starà cucinando, come al solito”. Rispose Rosicchio sorridendo. E Paolo: “Anche la mia maestra ha gli occhiali ed è molto buona. A volte fa finta di non vedere quando facciamo i monelli, ma io lo so che ha gli occhi anche dietro la testa, come dice sempre la mia nonna”. Durante il loro viaggio di esplorazione del giardino Rosicchio fece conoscere a Paolo una famiglia arrivata da poco; avevano dei vestiti diversi dai loro e parlavano una lingua un po’ strana, ma erano simpaticissimi. Durante l’ultima festa del villaggio avevano preparato piatti squisiti e suonato musiche delicate che erano piaciute a tutti. Rosicchio e Paolo continuarono a passeggiare tra un albero e l’altro scoprendo moltissimi luoghi e personaggi che animavano il villaggio. la storia Paolo si stese un po’ sull’erba incantato e incuriosito: “Lo sai Rosicchio che non mi ero mai accorto dell’esistenza di questo mondo fantastico nel giardino della nostra scuola. Come mai avete costruito il vostro Villaggio proprio qui?”. -“Perchè, secondo il Grande Saggio, il luogo migliore per costruire un villaggio è dove ognuno si sente accolto, protetto e amato. Dice che si chiama Comunità. Per questo abbiamo costruito il villaggio proprio qui nel giardino di una scuola.” “Non credi anche tu che la scuola possa essere il cuore di ogni paese, dove tutto diventa possibile e dove si diventa grandi insieme?”. “Sì Rosicchio hai proprio ragione. Ma chi è il Grande Saggio?” chiese Paolo. “È il topo più anziano di tutti, vive nella radice più profonda del vecchio tiglio, ha studiato molti anni in giro per il mondo e guida la nostra comunità con saggezza. Pensa che invita spesso i topolini per raccontare storie avventurose e affascinanti”. “Paolo...! Paolo dove sei? Bambini... rientriamo... !” “Oh accidenti! - esclamò il bambino - devo andare la maestra mi chiama. Ci vediamo domani Rosicchio.” E così dicendo Paolo corse verso i suoi compagni unendosi al gruppo stava rientrando nella scuola. Il suo piccolo amico lo guardò sgattaiolare via e si accorse che stava già aspettando l’indomani per incontrarlo di nuovo. Anche Paolo guarda il giardino dalla finestra e gli sembra di intravedere una figurina che si muove veloce sull’erba, gli fa un cenno di saluto e pensa: “Voglio fare un bel disegno da regalare al mio amico Rosicchio domani, ma prima - pensa il bimbo - c’è una cosa che devo sapere… maestraaa, maestra ma cosa vuol dire “comunità”? 03 i disegni Il grande saggio i disegni Il vecchio tiglio La maestra Begonia i disegni Rosicchio Paolo i disegni il signor Lumaca Possibili sviluppi della storia La storia di Rosicchio e dei suoi amici si presta a molteplici utilizzi e sviluppi. Può diventare il filo conduttore della progettazione didattica annuale o, semplicemente, lo sfondo per iniziative a tema più semplici: la settimana della comunità, la festa del paese, lo spettacolo di carnevale… L’idea è non lasciare passare il prossimo anno scolastico senza aver proposto ai bambini ed ai genitori il tema della comunità. La storia contiene alcuni stimoli dai quali possono dipanarsi diversi percorsi: La famiglia come parte integrante e protagonista nella comunità Il paese (il quartiere, la città,..) come luogo di persone, luoghi, riti, dove le persone vivono e crescono insieme, aiutandosi e costruendo una realtà sempre nuova. I paesi lontani come luogo della ricchezza insita nella diversità. La scuola dell’infanzia come realtà viva all’interno della comunità e punto di riferimento per bambini e famiglie. Prima i bambini. La comunità come luogo dove l’attenzione e l’accoglienza verso i più piccoli è un valore irrinunciabile. Fra i materiali a disposizione potrete trovare: disegni, canzoni, attività, laboratori, da utilizzare nella realizzazione del progetto e dei vari temi (la famiglia, il paese, i paesi lontani,…) che a partire da esso si possono declinare in attività concrete con i bambini. La storia termina con una domanda “sospesa”. Paolo - il protagonista del racconto - chiede: “Maestra che cos’è la comunità?”. In realtà nella storia la risposta c’è già, ma perché non usare questo piccolo “artificio” per scoprirlo insieme ai bambini? AdasmFismBrescia Progetto Annuale 2009/2010 Pro manoscripto - ad uso ineterno dell’Associazione