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AVIGLIANA
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COLOPHON
INTERVENTO SINDACO
CON TE
Storia
Arte
Natura
Ricettività
Carla Mattioli sindaco di Avigliana.
piccola guida
turistica
alla scoperta
della città
Avigliana - aprile 2012
A cura dell’Ufficio cultura del Comune
Redazione, progetto grafico e impaginazione:
Ebe Gallo - Ufficio stampa Città di Avigliana
Stampa:
Graf Art - Grafiche Artistiche srl - Venaria
tel. 011.4551433 - www.grafart.it
Città di Avigliana - Assessorato Cultura, Turismo, Commercio
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INTERVENTO BRACCO
LA STORIA
nasteri di Oulx e della Novalesa, ma anche la stessa
valle di Susa. Contro i Saraceni combatte, su incarico
di Lotario di Provenza re d’Italia, Arduino il Glabro tra
il 940 e il 945, che riesce a sconfiggerli: ne riceve in
premio il titolo di Marchese e Conte di Torino.
Epoca romana
Angela Bracco assessore a cultura, turismo, commercio.
In epoca romana la valle di Susa costituisce un regno
indipendente che si estende dall’attuale Malano, nei
pressi di Drubiaglio (detto ‘ad fines Cotii’, ultimo borgo del regno di Cozio) fino a Diè, cittadina al di là delle Alpi. Vi regna il re Donno, cui succede il figlio Cozio,
che tratta con l’imperatore romano Cesare Ottaviano
Augusto, deciso a conquistare e annettere
le Alpi occidentali per assicurarsi l’accesso
alla Gallia: il patto stipulato nel 13 a.C. da
re Cozio gli consente di governare in nome
dei Romani. Segno tangibile di quel patto è
la costruzione a Susa dell’Arco di Augusto.
Viene inoltre costruita la strada che collega
Torino con la valle, lungo la quale si incontra,
a Malano, la dogana per le merci che entrano nel regno di Cozio. Sulla destra della Dora esiste
un’altra strada, che prosegue per Sant’Ambrogio e
lungo la quale sorgono le case del Borgo Romano,
taverne, alloggiamenti, stalle e magazzini, mentre
sul colle sorgono le case dei notabili e piazza Santa
Maria è il centro dei commerci.
Borgo Nuovo e Adelaide di Savoia
Ha così inizio un periodo di ricostruzione in tutta la
valle, mentre la strada di Cozio torna ad essere via
di transito per mercanti e pellegrini. È Arduino a ristrutturare la fortificazione di Avigliana, che
prende l’aspetto di castello. Sorge in questo
periodo il Borgo Nuovo, per desiderio della
contessa Adelaide, che aveva ricevuto in
eredità la contea di Avigliana e che sposa in
terze nozze Oddone I di Savoia. Entrano così
nella storia della valle di Susa i Savoia, che
stabilliscono la loro residenza ad Avigliana.
Il frontone dell’Arco di Augusto
a Susa in cui si racconta il patto
fra l’imperatore romano ed il re
Cozio.
Nel Medioevo si fortifica il Pezzulano
Sono scarse le notizie relative al medioevo: nel 574
il re dei Longobardi Clefi fortifica probabilmente per
primo il monte Pezzulano, dove nel 750 avviene uno
scontro armato tra Pipino il Breve, re dei Franchi, e
Astolfo, re dei Longobardi. Successivamente è Carlo
Magno che passa travolgendo le fortificazioni di Avigliana per battersi con Desiderio, re dei Longobardi.
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il Barbarossa aveva confermato al vescovo di Torino
Carlo (divenuto vescovo nel 1147) la donazione di
Avigliana. Umberto III perderà tutti i feudi ed Enrico
VI, re d’Italia in quanto figlio del Barbarossa, nel 1187
conquista Avigliana, che viene gravemente danneggiata. Alla morte di Umberto III e del Barbarossa,
Tommaso I ottiene dall’imperatore Enrico VI il riconoscimento dei suoi diritti su Avigliana, che torna così
ai Savoia. Nel 1350 inizia il periodo del conte Amedeo VII, detto il Conte Rosso, cui è dedicata la piazza
antistante l’attuale municipio, nel centro storico.
ALLA SCOPERTA
Arduino il Glabro.
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itinerario culturale
Da qualsiasi parte si arrivi, la prima immagine di Avigliana è rappresentata dal Castello, i cui ruderi si ergeono sulla sommità del monte Pezzulano. Sotto si
intuisce il vecchio borgo della città. È un colpo d’occhio assai suggestivo, che induce subito il turista ad
una scoperta più approfondita e non solo per i suoi
due laghi, per i quali è nota ai più, ma per immergersi
in vie, palazzi, monumenti che costituiscono il patrimonio artistico e culturale di cui la città è ricca.
I ruderi del Castello sul monte
Pezzulano dominano la città.
Inizio dell’itinerario
Che si arrivi in treno o in auto la via
principale in cui ci si imbatte è corso
Laghi che attraversa la città a partire
dalla stazione ferroviaria fino a giungere alla provinciale per Giaveno sulle rive del Lago Grande.
A circa 500 metri dalla stazione ferroviaria ci imbattiamo nella grande
piazza del Popolo dove si trova quella
che un tempo era la casa del fascio,
poi caserma della Guardia di Finanza.
Il nostro itinerario attraverso l’Avigliana storica comincia da qui, dai piedi
della collina su cui è stato costruito,
in epoca medievale, il vecchio borgo.
Da piazza del Popolo
a largo Beato Umberto
Il Castello di Avigliana nell’affresco in lunetta della navata
destra della chiesa di San Pietro.
Il maresciallo Nicolas Catinat
nel 1692 distrugge il Castello.
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DELLA CITTÀ
Amedeo VII di Savoia detto il
Conte Rosso.
Beato Umberto di Savoia.
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Avigliana viene poi ripetutamente distrutta e saccheggiata dai francesi nel 1535 e nel 1636. Il Castello,
insieme alle mura che cingono il villaggio composto
dai borghi Vecchio, Ferronia e San Pietro, viene invece definitivamente distrutto nel 1692 dal maresciallo
Nicolas Catinat, durante l’invasione del Piemonte: di
esso restano oggi poche rovine. Con il 1800 si sviluppa in Avigliana la piccola industria: famoso il dinamitificio Nobel, poi una ferriera, segherie e cave di torba
e pietrisco. A questo si è aggiunto un certo sviluppo
turistico, grazie alla posizione della cittadina tra i due
laghi e al suo patrimonio artistico e naturalistico.
Ottone I e Adelaide di Savoia.
Il primo agosto 1136 nasce in Avigliana Umberto III,
il Beato Umberto, principe di Savoia, destinato a diventare famoso, noto per la sua religiosità e la bontà
d’animo. Avigliana sarà poi motivo di contesa per un
lungo periodo tra l’imperatore Federico I, il Barbarossa, e i conti di Savoia, dopo che il 26 gennaio 1159
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Catinat e la distruzione del Castello
La città ne ricava molti benefici: ottiene gli Statuti
prima di altri paesi, e non viene mai affidata a feudatari. L’abitato ha quindi modo di svilupparsi: cresce
dapprima la parte bassa o Borgo Vecchio, intorno
alla piazza Santa Maria e alla strada di Francia (l’attuale via Galiniè) dove sorgevano la casa dei Savoia
e quella detta del Vescovo. Poi la parte più alta, quella del castello fortificato sul monte Pezzulano, poi il
Borgo Nuovo, intorno all’attuale piazza Conte Rosso,
dove si stabilirono molti commercianti venuti da Asti
o da Chieri, attratti dalle facilitazioni economiche
concesse dai conti Savoia.
Il Beato Umberto e il re Enrico IV
Arduino il Glabro scaccia i Saraceni
Dal X secolo in avanti si hanno notizie più precise. E
sono documentati i saccheggi da parte dei Saraceni,
che nel 906 compiono razzie in tutto il Piemonte e la
Lombardia: a farne le spese sono non soltanto i mo-
I Savoia si stabiliscono ad Avigliana
Ci incamminiamo lungo via Cavalieri
di Vittorio Veneto, che inizia accanto
alla scuola media. Percorsi duecento
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metri, la strada si fa ripida e stretta e ci introduce
nell’Avigliana medievale. Ci troviamo in piazzetta
Santa Maria, cuore dell’antico Borgo Vecchio, una
splendida fotografia di come doveva essere la città
nel Medioevo: infatti presenta
intatta la planimetria medioevale; su di essa prospettano edifici
tre-quattrocenteschi solo in parte trasformati nel XVII e XVIII sec.
Molto interessante è il palazzo
con portico a pian terreno e belle bifore al primo piano. Questa
costruzione presenta tracce di
decorazioni a fresco nelle fasce
marcapiano e nel contorno delle
finestre. Su questa piccola piazza c’erano allora le botteghe e il
primo mercato cittadino. Alcuni
edifici hanno subìto rimaneggiamenti nei secoli successivi, ma il recupero ed il
restauro operato nel corso degli ultimi 30 anni ha
restituito completamente il fascino di allora. Vale la
pena restare qualche minuto a guardarsi attorno ed
ammirare i particolari.
Dalla piazzetta, ci inoltriamo in via XX Settembre,
una strada stretta a scendere sulla quale si affacciano antiche case. Si notano finestre ogivali, rilievi nei
muri. Scendendo, incontriamo l’Oratorio del Gesù,
una cappella edificata nel XIV secolo trasformata, tre
secoli dopo, in stile barocco e ora sconsacrata. L’intervento di restauro, operato dal Comune nel 2006,
ha consentito il ripristino delle finestre originali consegnando al centro storico della città un importante
esempio dell’alta qualità raggiunta nell’espressione
dell’architettura durante il periodo di maggior fortuna di Avigliana. Attualmente viene utilizzato come
sala mostre o piccoli intrattenimenti musicali. Scendendo, incontriamo una delle antiche porte della
città, Porta Santa Maria (vedi scheda 1), di origine
medievale.
Piazzetta Santa Maria.
L’Oratorio del Gesù.
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La via termina in largo Beato Umberto, all’inizio del
quale, sulla sinistra, troviamo la casa di gusto tardogotico casa Beato Umberto detta anche casa del
sale (vedi scheda 2), dove visse il Beato e dove aveva sede l’antico ospedale in cui venivano ricoverati i
pellegrini che transitavano lungo la via Francigena.
Anche questo edificio è stato restaurato dal
Comune nel 2007. Di fronte, i resti di un’area
fortificata alla quale si accede attraverso un
piccolo ponticello in muratura. Si tratta della
cosiddetta Casaforte del Beato Umberto
(comunemente detta cantine Savoia) che
può essere identificata con la residenza cittadina della corte sabauda (vedi scheda 3).
Sul largo Beato Umberto si affacciano case
del XVII secolo e, appena la strada si restringe, ecco un altro gioiello, o meglio, ciò che ne rimane: il Palazzo del Vescovo o Casa Senore (vedi
scheda 4), il cui nome deriva dall’ultimo proprietario.
È un edificio del 1300, di cui resta, purtroppo solo
una parte, compreso un suggestivo portico.
Ripresa la salita, dopo pochi metri, quando la via si
fa più piana, sulla destra, si trova la magnifica Casa
di Porta Ferrata (vedi scheda 6), con una grande
porta ogivale e decorazioni gotiche molto elaborate. La casa risale al XII secolo e, nonostante il tempo, mantiene tutto il suo fascino. Non a caso
nella ricostruzione del borgo medioevale di
Torino, sulle rive del Po, è stata copiata proprio Porta Ferrata come esempio di perfetto
stile medievale.
Siamo quasi nel cuore del Borgo Nuovo.
Fatto qualche metro, saliamo lungo via Norberto Rosa e, sulla destra, notiamo un elegante palazzo neogotico detto Cantamerlo
con uno splendido giardino. È la casa dello
stesso Norberto Rosa, poeta nato proprio
ad Avigliana (ora di proprietà privata). Questo edificio è un bell’esempio di rielaborazione neogotica di
una struttura più antica, della quale rimane intatta
la torre ottagonale strutturalmente simile a quella
dell’Orologio. Questa torre è l’unica superstite delle
molte che probabilmente affiancavano più di un palazzo nell’Avigliana dei secoli XIV e XV.
Attorno, vecchie case che danno alla via una forte carica di suggestione. Arriviamo su un piccolo piazzale,
da dove la vista è tutta sul centro storico. Alziamo
gli occhi e sopra di noi
scorgiamo i ruderi del
Castello (vedi scheda 7), che possiamo
raggiungere percorrendo un sentiero tra
i pini. Sulla sommità
del Pezzulano, ecco ciò
che resta del maniero
distrutto dalle truppe
francesi nel Seicento.
Il panorama è mozzafiato, sulla pianura e la
valle di Susa.
La Casa del Beato Umberto detta anche Casa del sale.
Da Santa Maria Maggiore al Castello
Tornando sui nostri passi, lungo via XX Settembre,
superata la Porta Santa Maria, poco prima di arrivare
in piazzetta Santa Maria notiamo, sulla destra, una
scalinata. La saliamo e ci ritroviamo davanti alla chiesa di Santa Maria Maggiore in Borgovecchio (vedi
scheda 5). È un grande edificio molto antico che conserva al suo interno il ricordo del Beato Umberto III di
Savoia. Imponente il campanile, con una interessante decorazione trecentesca. Scendiamo la stradina
che ci riporta in piazzetta Santa Maria, e iniziamo a
salire lungo via Porta Ferrata. Il colpo d’occhio è di
quelli che restano nella mente. Sostando sul piccolo
slargo (fermata piacevole considerando la salita piuttosto ripida) possiamo ammirare sulla sinistra la città
nuova e, poco più su, i resti delle fortificazioni della
città, rappresentati da due torri, una a destra, una a
sinistra.
La chiesa di Santa Maria Maggiore in Borgovecchio.
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Da piazza Conte Rosso
alla torre dell’Orologio
La facciata del palazzo Cantamerlo.
Il portone d’accesso e la torre di
palazzo Cantamerlo.
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Ridiscendiamo il sentiero e ci immettiamo in via Piave. Pochi minuti, ed ecco un altro scorcio per il quale
è valsa la pena visitare Avigliana: piazza
Conte Rosso, il centro dell’antico Borgo Nuovo (vedi scheda 8). L’impianto, a
forma trapezoidale, è medievale, anche
se gli edifici che vi si affacciano appartengono anche ad epoche successive.
Al fondo di via Piave, appena giunti in
piazza, sulla destra vediamo la chiesa
sconsacrata di Santa Croce (vedi scheda
9), di antica origine, ma con un aspetto
rinascimentale. Recuperata, è ora uno
spazio espositivo, nonché una sala da
concerti. Poco più giù l’antico pozzo e,
subito dopo il Palazzo Comunale, di
origine settecentesca, addossato a un
edificio medievale, con splendidi portici dove trovano spazio botteghe artigiane. Entrando nel portone successivo
all’ingresso del municipio, percorso uno
stretto corridoio, possiamo ammirare il
Giardino delle donne un piccolo angolo verde attrezzato ristrutturato di recente da cui si gode uno
splendido panorama: da un lato la chiesa di San Giovanni, dall’altra San Pietro.
Per immergerci ancor più nello spirito medievale
vale la pena sedersi su una delle panchine e far scorrere lo sguardo sugli edifici quasi tutti ristrutturati e
sugli scorci che si intravvedono: l’Ostello del Conte Rosso, lo stretto imbocco verso via Umberto I e
dall’altro lato il profilo del Castello. Prima di scendere
possiamo ancora buttare uno sguardo sull’accesso di
via Porta Ferrata per ammirare la bottega della scuola civica di arte ceramica e due gallerie d’arte.
Riprendiamo il cammino scendendo lungo via Umberto I, l’antica via Maestra, con portici che conser-
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vano alcuni capitelli in pietra del XIV secolo, tra i più
interessanti di Avigliana; presentano raffigurazioni di
teste umane e animali e alcuni stemmi, tra gli altri
quello sabaudo. Interessanti sono le tracce delle finestre tre-quattrocentesche messe in luce dai restauri.
Da notare, all’imbocco della via, alcune bifore con
tracce di decorazioni a fresco nell’edificio che segue
il palazzo municipale.
Scendendo sulla sinistra, davanti ad un piccolo piazzale di recente sistemazione, la chiesa di San Giovanni (vedi scheda 10), il duomo, splendido esempio di architettura romanico-gotica. Una facciata
sobria e un possente campanile sono la quinta oltre
la quale, all’interno della chiesa, troviamo le tele del
pittore Defendente Ferrari e del Giovenone ed affreschi di autori non identificati.
Sulla destra della facciata di San Giovanni si nota subito un edificio dove recenti restauri hanno messo in
evidenza decorazioni in cotto e tracce dei portici che
si aprivano al pianterreno (ora tamponati); altri resti
di portici sono murati lungo via Umberto l, in quello
che ormai è un muro che delimita uno spazio aperto. Queste tracce testimoniano che le vie principali
di Borgo Nuovo erano affiancate da portici continui
che si sviluppavano dalla Torre dell’Orologio sino a
Porta Ferrata.
Proprio di fronte alla chiesa, via Garibaldi stradina in
discesa, il cui inizio è segnato dalla Porta San Giovanni (vedi scheda 1), essenziale, senza alcuna decorazione, ma fortemente evocatrice di
come doveva essere la città nel Medioevo. A cavallo della porta si possono ammirare una serie di caseforti affiancate
risalenti al XIV e XV secolo. Alcune conservano tracce di grandi finestre quattrocentesche poi murate e trasformate
mentre in alto, su un muro che ormai
racchiude uno spazio verde, si apre una
bella bifora murata testimone di edifici
distrutti probabilmente durante l’asse-
dio del Catinat.
Riprendiamo a scendere lungo via Umberto I e, sulla
sinistra, notiamo la Torre dell’Orologio (vedi scheda 11), un edificio a pianta ottagonale, con decorazioni in cotto, che nei primi anni del Trecento avrebbe dovuto accogliere, per l’appunto, un orologio.
serva pregevoli affreschi di epoca compresa tra XI e il
XV secolo. Qui è possibile vedere, inoltre, un affresco
che rappresenta il Castello come doveva essere nel
suo momento di massimo splendore. Nel perimetro
della chiesa è compreso anche un piccolo e suggestivo cimitero da poco restaurato.
La nostra visita volge quasi al termine. Facciamo a ritroso la strada che abbiamo percorso per giungere a
San Pietro e torniamo in via Umberto I. La percorriamo fino a corso Laghi e svoltiamo a destra, dirigendoci verso piazza del Popolo.
Da via Umberto I a San Pietro
Via Umberto I da piazza Conte
Rosso verso la chiesa di San
Giovanni Battista.
La facciata della chiesa di San
Giovanni Battista.
Proseguiamo la discesa e, sulla destra, incontriamo il piazzale col monumento ai caduti. Poco oltre,
sulla sinistra, una piccola salita ci porta alla scuola
elementare Norberto Rosa. Nel parco della scuola si
trova la Cappella della Madonna delle Grazie, di
proprietà comunale, finita di ristrutturare nel 2007.
Si tratta di un edificio a navata unica, suddiviso in
due ampie campate con volta a crociera decorate da
motivi geometrici dipinti e l’abside poligonale risalente al XIII secolo. La cappella della Madonna delle
Grazie non è accessibile con regolarità al pubblico.
Nell’atto di donazione al Comune è però indicato
l’obbligo di celebrare almeno una Messa all’anno e
la tradizione fa sì che questa celebrazione avvenga
l’8 dicembre.
Tornando su via Umberto I, subito dopo il piazzale
dei Caduti, si incontra la breve via Madonna delle
Grazie, che ci porta in via Cesare Battisti e di qui in
via Oscar Borgesa, al fondo della quale c’è un’altra
delle porte medievali della città, Porta Ferronia
(vedi scheda 1).
Risaliamo la strada e svoltiamo in
via Garibaldi, attraversiamo corso
Laghi e ci immettiamo in via San
Pietro. Poco più su notiamo un’altra
porta della città, Porta San Pietro
(vedi scheda 1), ma soprattutto, a
sinistra, l’imponente chiesa di San
Pietro (vedi scheda 12), alla quale
si accede da una ripida scalinata. Si
tratta di uno splendido edificio del
XI secolo che, al suo interno, con-
L’Ecomuseo
del Dinamitificio Nobel
La Torre dell’orologio.
La chiesa di San Pietro.
(vedi scheda 14)
Costruito tra il 1622 e il 1642, il Santuario
sorge sulle rive del Lago Grande, proprio
nel luogo in cui un tempo esisteva un
pilone votivo, meta di pellegrinaggi già
nel Trecento.
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schede di approfondimento
Chiesa di San Martino
SCHEDA
n.1
Le porte e la cinta muraria
La chiesa di San Bartolomeo.
Chiesa degli Eremitani Sant’Agostino
Un’altra chiesa scomparsa è quella degli Eremitani di
Sant’Agostino, fondata nel 1479 e distrutta nel 1808,
in periodo napoleonico. Su quell’area venne eretto
l’ospedale S.Agostino che ingloba una parte dell’antico chiostro della chiesa.
Sito archeologico Statio Ad Fines (vedi scheda 16)
La Sacra di San Michele.
Sacra di San Michele (vedi scheda 17)
La Sacra di San Michele, monumento simbolo della
Regione Piemonte, non si trova in territorio aviglianese ma vi si accede, in auto, solo da Avigliana. Per
raggiungerla occorre imboccare, su corso Laghi, la
rotonda per Giaveno e dopo un centinaio di metri
imboccare via Sacra di San Michele. Salendo in auto
l’impatto con l’edificio è davvero emozionante.
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PER SAPERNE DI PIÙ
Si trova in località San Bartolomeo, posta a sud del
lago Piccolo, la chiesa contiene un ciclo di pregiati
affreschi quattrocenteschi in parte poco leggibili. Acquistata dal Comune è stata di recente risanata.
Il sito denominato “Statio ad Fines” o “Fines Cotii”
che si trova in Borgata Malano di Avigliana è molto
importante per la ricostruzione storica del Piemonte
romano. Il suo appellativo indica che si tratta di un
confine di frontiera con dogana sulla via delle Gallie
fra l’Italia romana e il distretto delle Alpi Cozie.
Il Santuario
della Madonna dei Laghi
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Chiesa di San Bartolomeo (vedi scheda 15)
Dell’antica chiesa di San Martino non rimane oggi
che il toponimo. Era localizzata nella valletta tra il
Borgo Vecchio e l’area occupata in seguito dal Dinamitificio Nobel. La prima notizia documentata risale
al 1203 nella quale l’edificio religioso viene definito
Sanctum Martinum ruptum. Si presuppone che la
chiesetta venne abbandonata quando gli aviglianesi
si stanziarono ai piedi del Castello.
(vedi scheda 13).
In via Galiniè si trovano i monumentali resti della più
importante fabbrica mondiale di esplosivi del ‘900.
Il complesso, che rappresenta uno degli esempi più
interessanti di architettura industriale d’inizio secolo,
ha ospitato per ben novanta anni (dal 1872 al 1965)
la fabbrica di esplosivi più importante d’Europa.
L’Ecomuseo del Dinamitificio Nobel è stato inaugurato nel settembre del 2002. Oltre a pannelli esplicativi e filmati d’epoca che documentano le varie fasi
della lavorazione degli esplosivi, si possono visitare
il rifugio anti aereo per le maestranze, i vari cunicoli
e le camere di scoppio, riportati alla luce
durante i lavori di ristrutturazione.
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Sotto, l’ingresso all’Ecomuseo
del Dinamitificio Nobel con la
stele della Provincia di Torino.
In basso, il Santuario della Madonna dei Laghi visto dal lago
Grande.
Fuori dal centro storico
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In alto veduta aerea di piazza
Conte Rosso, sopra e in basso il
Palazzo Comunale.
Avigliana è stata per secoli
una città murata, con mura di
cinta che difendevano tutti i
suoi borghi estendendosi per
parecchi chilometri intorno
all’abitato. Fino a poco tempo
fa di queste mura rimanevano
solo alcune tracce ora, invece, il
lato sul quale era posto l’ingresso alla città, è venuto alla luce
e l’Amministrazione comunale
ha avviato, in collaborazione
Nelle due immagini i resti della cinta muraria.
con la Soprintendenza, un
lavoro per documentare e far emergere ciò che resta della fortificazione. Tutto è
iniziato nell’estate 2011, durante gli stage di educazione ambientale che ha visto
alcuni giovani impegnati nello scavo sotto la guida dell’archeologo Gabriele Gatti.
Un paio di settimane di lavoro hanno consentito di far emergere ciò che rimane di
una delle torri angolari e di parte del muro. Lo scavo non è andato in profondità ma
emerge l’importanza del ritrovamento. Così,
l’Amministrazione comunale, in accordo con
la Soprintendenza, ha promosso un gruppo di
lavoro per capire come si sviluppano le mura,
la loro consistenza e il legame con le altre strutture della città.
Della cinta muraria sono invece ben conservate, sparse per i vari borghi, alcune torri e porte.
La cinta di Avigliana non recingeva l’abitato (distribuito su un’area molto vasta e su un terreno
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molto irregolare) con un unico anello come accadeva in quasi tutti i
centri medievali fortificati: ad Avigliana ogni borgo aveva una cinta
muraria conclusa, anche se fortemente integrata con il resto delle
fortificazioni. Questa particolarità dava origine a un sistema di recinti indipendenti,
ognuno dei quali racchiudeva un settore
dell’abitato. Conquistato uno dei recinti,
l’eventuale assalitore doveva nuovamente
faticare per entrare nel settore successivo.
L’insieme delle fortificazioni era poi integrato con il castello posto in posizione centrale
e dominante sui borghi. Immediatamente
ai piedi del castello, il Borgo Nuovo era difeso da una cinta che racchiudeva la sommità
della collina con al centro lo spazio della
piazza (l’attuale piazza Conte Rosso).
Le fortificazioni di Borgo Nuovo sono oggi
le più leggibili, anche se le loro tracce si perdono sotto costruzioni più recenti o all’interno di parchi e giardini privati. Delle torri
che appartenevano a questa parte di cinta
una sola è conservata in tutta la sua impo- Sopra, Porta San Giovanni.
nenza. Si tratta di una torre semicircolare, Sotto, Porta Ferronia.
in laterizio, con apparato sporgente, che si
può osservare agevolmente al culmine della salita che da piazza Santa Maria raggiunge Porta Ferrata.
A destra della stessa salita i resti di un’altra
torre probabilmente simile alla precedente.
Qui sorgeva l’arco di Porta Ferrata, una
delle più importanti di Avigliana, oggi del
tutto scomparso. Sul lato opposto della
collina, verso i laghi, si conserva invece una
torre a pianta quadrata. Scomparsa Porta
Ferrata, delle porte che davano accesso a
Borgo Nuovo rimane Porta S. Giovanni
che si apre di fronte alla facciata della chiesa omonima. Si tratta di un varco aperto in
un edificio di origine medievale, una casaforte, costruita sul ciglio della collina.
La porta dà accesso alla ripida discesa che
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porta in Borgo Ferronia e da qui verso Borgo S. Pietro. Le uniche
tracce delle fortificazioni di Borgo Ferronia e Borgo S. Pietro
sono due porte, intatte e recentemente restaurate. Realizzate in
laterizio e pietrame e coronate di merli, queste due porte, che oggi non appaiono troppo imponenti, un tempo difendevano gli accessi alle vie maestre dei due
borghi (attualmente via S. Pietro per la porta
omonima e via Oscar Borgesa per porta Ferronia). Anche Borgo Santa Maria, sul lato
opposto della collina, conserva una porta:
quella che la separava da Borgo Vecchio. Si
tratta di una delle porte più interessanti di
Avigliana e, in origine, doveva avere l’aspetto di una bassa torre sovrastante la via (attualmente via XX Settembre).
Borgo Vecchio, infine, non conserva tracce
delle mura e delle porte che ne difendevano
gli accessi: d’altra parte le quattro porte che
ancora rimangono in Avigliana non sono
che una piccola parte di quelle che componevano il sistema di fortificazioni, per la
maggior parte andato distrutto nelle guerre. I resti delle fortificazioni cittadine ancora
conservati risalgono tutti al XIV e XV secolo Sopra, Porta San Pietro durante il Palio.
e non esistono tracce di opere bastionate; Sotto, Porta Santa Maria.
questo fa pensare che la cinta muraria non
venne adattata per resistere alle artiglierie,
come invece accadde alle fortificazioni del
castello nel XVI e XVII secolo.
Le difese dei borghi, non aggiornate, rimasero quelle tardomedievali e probabilmente
si rivelarono inutili per difendere la città durante gli attacchi che subì nel corso dei ‘600
da parte dei francesi.
Avigliana fu quindi una città ben difesa nel
‘300 e nel ‘400, periodo in cui raggiunse il
suo massimo splendore, ma nei secoli successivi le sue opere difensive divennero obsolete e quindi inutili e questo determinò,
sotto il fuoco delle artiglierie francesi, la loro
scomparsa.
SCHEDA
n.2
SCHEDA
Casa Senore o Casa del Vescovo
Ubicata in via XX Settembre, sul tratto cittadino dell’antica via Francigena, la Casa
del Beato Umberto è uno dei pochi edifici di cui si hanno notizie certe. Era sede
dell’Ospedale in cui si ospitavano i pellegrini che passavano per la via Francigena.
È stata costruita nel 1374, su un più antico ospedale di San Martino già noto nel
‘200, in seguito ad un lascito di 200 fiorini
da parte di Giuseppe Falleti, un usuraio di
Alba che aveva interessi in valle di Susa.Modificata spesso nel corso degli anni, la
costruzione originaria era edificata in stile gotico: presenta un portico ad arcata a
sesto acuto ed una bella facciata in laterizi. Nel 2007 è stata completata l’opera di
recupero per fini sociali ed espositivi.
Casa Senore è ubicata in via Galiniè subito dopo
largo Beato Umberto. Edificata nel corso del Trecento, conosciuta anche come Casa del Vescovo,
deve il suo nome all’ultimo proprietario. Questo
edificio, e quello a fianco, costituiscono gli ultimi
resti di un’area porticata destinata a botteghe che
subì profonde modifiche nel XIX secolo. L’aspetto
attuale di casa Senore è il risultato degli interventi di restauro compiuti da Alfredo D’Andrade fra il
1905 e il 1909. Della costruzione originaria rimangono solamente la facciata e il portico, arricchito
da archi a sesto acuto con cornici in cotto e capitelli
scolpiti in pietra. Al primo piano le finestre bifore
hanno pilastrini in pietra non originali ma realizzate dal D’Andrade su calco di quelli presenti nella Casa di Porta Ferrata. Recentemente la struttura è stata risanata.
n.3
SCHEDA
Casaforte del Beato Umberto
SCHEDA
Al fondo di via XX Settembre di fronte alla
Casa del Beato Umberto, si trova un’area
fortificata alla quale si accede attraverso
un piccolo ponticello in muratura. Si tratta
della cosiddetta Casaforte del Beato Umberto (detta anche Cantine Savoia) che
può essere identificata con la residenza
della corte sabauda. Si tratta di un complesso edilizio che si sviluppa intorno ad
un cortile quadrato che presenta un portico a pianterreno e logge, di gusto rinascimentale, all’ultimo piano. Il complesso
comprendeva edifici di servizio e un ampio spazio aperto terrazzato destinato probabilmente a frutteto e a giardino. All’interno restano un pozzo e un abbeveratoio.
L’edificio in parte modificato nel ‘600 è il più interessante complesso rinascimentale
della città e, vista la sua estensione, è lecito attribuirgli un ruolo pubblico quale sede
occasionale della corte. Recentemente il complesso è stato restaurato da privati.
SCHEDA
Casa di Porta Ferrata
Si accede dalla via omonima. La Casa di Porta Ferrata è uno degli edifici più interessanti della città
tanto da essere stata studiata da Alfredo D’Andrade
(architetto e archeologo medievista dell’inizio del
‘900 ) e riprodotta nel Borgo medievale di Torino.
La casa risale al XIII secolo ed è un esempio di abitazione mercantile di quell’epoca, ma di essa rimane
solo la facciata.
Edificata su due piani è preceduta da un bel porticato con arcate evidenziate da cornici in cotto e
pilastri tondi in muratura coronati da capitelli in
pietra. La fascia marcapiano è realizzata con archetti incrociati sostenuti da mensoline con teste umane, di animali e figure fantastiche. Al primo piano
si notano finestre a bifora trilobata, con cornici in
cotto, sostenute da colonnine in pietra con capitello scolpito. Di fronte alla Casa di Porta Ferrata si può ammirare un altro edificio che
presenta una bella bifora e tracce di portico murato.
SCHEDA
n.7
Il Castello
Si arriva ai ruderi dell’antico
castrum passando da piazza
Conte Rosso, per via Piave,
inoltrandosi per un sentiero
alberato in salita che porta
al piccolo parco sulla cima
del monte Pezzulano, collina
che domina la città.
La collina di Avigliana fu fortificata sicuramente nel X secolo, anche se non esistono
documenti che provino la
SCHEDA
n.8
Piazza Conte Rosso
Piazza Conte Rosso, cuore
dell’Avigliana medievale è a
forma trapezoidale. Gli edifici sono adornati da splendidi fregi in cotto secondo
la consuetudine del tempo.
Qui i portici, sui lati sud ed
est, della piazza hanno una
copertura fatta con volte a
crociera sorrette da pilastri
in pietra decorati da eleganti capitelli. Quando la corte
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Chi sale al Castello oggi deve tener conto di questa lunga storia e
girando tra le rovine, più che al Catinat, penserà all’epoca d’oro del
Castello quando, nel XV secolo, era sede (anche se solo occasionale)
di una corte colta e raffinata.
Gli scavi degli ultimi anni hanno chiarito alcuni aspetti della planimetria del Castello:
è riemersa la base dei grande torrione quadrato che si conosceva dalle immagini
antiche e dalle incisioni, ma del quale nulla rimaneva visibile.
Nelle strutture riportate alla luce è ancora riconoscibile la porta che metteva in comunicazione la corte bassa con quella alta. La corte alta, o corte d’onore, sul lato
rivolto verso il paese, presentava gli appartamenti residenziali e la grande sala comitale. Da quest’ultima si poteva accedere direttamente a est sui cammini di ronda, e a
nord alla cappella dedicata a S. Maria Maddalena. L’entrata del complesso si trovava
dalla parte opposta, a nord-ovest della grande torre. Nella corte bassa si trovavano
invece locali di servizio come magazzini e stalle.
Altri scavi potranno forse chiarire meglio l’aspetto antico del luogo, che conserva
comunque immutata la vista panoramica sulla bassa Val di Susa. Per avere un’idea
di come doveva essere il castello nel periodo di massimo splendore, basta ammirare
l’affresco custodito presso la chiesa di San Pietro..
Affacciandosi dalle rovine del Castello sulla pianura sottostante non si può non ricordare la battaglia delle Chiuse tra Carlo Magno e Desiderio, avvenuta forse nella
piana tra il Castello e l’imbocco della valle, o l’altro combattimento, ancora più antico, tra le truppe di Costantino e quelle di Massenzio, che ebbe luogo poco lontano,
ai piedi dei monte Musinè.
fondazione dei Castello per volontà di Arduino III detto il Glabro,
come vuole la tradizione. II primo documento certo che menziona
un Castrum Avilianae risale al 961 e, da allora, il Castello non ha
certo avuto una vita tranquilla: fu più volte conquistato, danneggiato e ricostruito.
Fu distrutto per la prima volta da Federico Barbarossa, nella sua calata in Italia nel
1174. Ben presto legato ai destini dei Savoia, divenne un punto fermo nella loro
espansione verso la pianura torinese. La dinastia sabauda, ancora fortemente radicata nei territori d’oltralpe, intorno al lago di Ginevra e a Chambéry, tra XIV e XV
secolo fece di Avigliana una piccola capitale, residenza occasionale della corte itinerante. Secondo la tradizione, ad Avigliana nacque Amedeo VII, il Conte Rosso, che
certo non abitò stabilmente il Castello (la sua residenza preferita fu Ripaille, sul lago
di Ginevra), pur legando per sempre il suo nome ad Avigliana.
Nei secoli successivi il Castello, esaurita l’epoca degli splendori di corte, assunse
esclusivamente il ruolo di sede di guarnigione e quindi di fortezza. I Savoia erano
ormai padroni di Torino, divenuta la loro residenza definitiva, e Avigliana rappresentava un ottimo punto di presidio per difendere il confine dai francesi. Nei secoli XVI e XVII
il Castello ebbe il ruolo che nel 700 fu ereditato
dalle fortezze di Exilles e di Fenestrelle, e ne
pagò le conseguenze: attaccato e conquistato dalle armate francesi nel 1536 e nel 1630
fu ristrutturato e rimodernato, secondo alcuni
storici nel 1655, forse ad opera di Amedeo di
Castellamonte. Si tratta di un adeguamento
delle strutture antiche, già in parte modificate
nel corso del ‘500, alla nuova tattica militare basata sull’uso massiccio delle artiglierie. Vennero
sicuramente bastionate le difese più esterne
e probabilmente furono abbassate le torri più
alte, ormai inutili e anzi pericolose in caso di
bombardamento.
ln questa nuova veste, il Castello affrontò la sua
ultima prova: l’attacco del generale Catinat nel
1691. Il generale francese, impegnato a spezzare la resistenza di Vittorio Amedeo II, attaccò il
Castello e, dopo averlo conquistato, lo distrusse
per renderlo inservibile. Nel XVIII secolo i Savoia
potenziarono le fortificazioni della Val di Susa e
della Val Chisone, abbandonando la piazzaforte
di Avigliana che non fu più ricostruita.
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n.6
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La chiesa di Santa Maria Maggiore, situata
nel Borgo Vecchio di Avigliana, sorge su
di un terrazzamento lungo le pendici del
Monte Pezzulano, mentre ai piedi della
chiesa scorre l’antica Strada di Francia (oggi
via Galiniè). Chiamata anticamente Chiesa
Ducale il suo edificio ha origini antichissime: si ha notizia di alcuni restauri già nel
VII secolo, ma la sua storia è documentata
dall’inizio del XII secolo, quando viene citata come dipendenza della Prevostura di San Lorenzo di Oulx. Sede di una importante pieve, trasformata in Collegiata dal pontefice Alessandro III, protetta dall’alto dal
Castello prima del Vescovo di Torino e poi sabaudo, la chiesa di Santa Maria ebbe fra
XII e XIII secolo un ruolo significativo nella cura delle anime in Bassa Valle di Susa.
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Il passaggio nel XIV secolo da pieve a parrocchia coincise con la
sempre maggiore autonomia della chiesa dalla Prevostura di Oulx,
ma contemporaneamente l’emergere del Borgo Nuovo di Avigliana, come centro commerciale dell’abitato, portò
ad un declassamento della chiesa a favore della
nuova parrocchiale di San Giovanni Battista.
Declassamento testimoniato dai resoconti delle
varie visite pastorali del XVI secolo, che parlano
di un degrado dell’edificio e degli arredi, dovuto
anche alla crisi conseguente all’occupazione francese. Nel XV secolo l’impianto della chiesa di Santa
Maria, a tre navate, si estendeva dall’area absidale
fino alle prime tre campate dell’attuale edificio;
testimonianze di questo periodo sono oggi visibili
nella parte bassa del campanile e zona adiacente
(fine XII - inizio XIII secolo), nel corpo absidale pentagonale (fine XV secolo), nella
seconda cappella sinistra con volta a crociera (XV secolo) e lacerto di affresco (XIV
secolo) e nel proseguimento della torre campanaria (XIV secolo), con cuspide ottagonale e pinnacoli, la cui decorazione trecentesca a bacini inseriti nella muratura è analoga a quella del campanile di San Giovanni. Gli altari laterali della chiesa,
pertinenti a facoltose famiglie locali o confraternite, erano impreziositi dalle opere
pittoriche di Defendente Ferrari, conservate nella chiesa fino al secolo scorso e poi
vendute ad alcuni musei torinesi o rubate. Il radicale rinnovamento della chiesa avvenne a partire dalla fine del XVI - seconda metà XVII secolo, quando con la chiusura
delle navate laterali in cappelle, la realizzazione della sacrestia a lato dell’ abside e
la ricostruzione della facciata l’edificio assunse l’aspetto attuale, anche se l’arredo
interno è il risultato della sistemazione ottocentesca. La facciata barocca, più ampia
a sinistra, presenta ai lati del portale due edicole ed è cadenzata da due ordini di
lesene. L’interno, a navata unica con volta a botte, è stato ridecorato all’inizio del
XIX secolo. Sul lato sinistro si trovano quattro cappelle e la sacrestia, sul lato destro
tre cappelle. Interessante la presenza di una cappella dedicata al Beato Umberto III
di Savoia (XII secolo), il cui culto fu molto rilanciato da Carlo Alberto per intenti di
prestigio politico. Il pulpito ligneo è settecentesco e fu portato qui all’inizio dell’Ottocento dalla scomparsa chiesa aviglianese di Sant’ Agostino. Ancora ottocentesco
è l’altare maggiore, in marmi policromi, e il baldacchino ligneo che lo sovrasta, mentre le tele con l’Annunciazione e la Presentazione di Gesù al Tempio sono riferibili
al Seicento. La chiesa è oggi divenuta, per concessione del parroco e della Curia di
Torino, esposizione permanente delle opere scultoree a carattere religioso dell’artista torinese Elsa Veglio Turino. (Per informazioni: Centro culturale “Vita e pace”, via
Einaudi 44, tel. 011 9313073 - [email protected] - www.vitaepace.it)
n.5
Chiesa di Santa Maria Maggiore in Borgovecchio
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n.4
Casa Beato del Umberto
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si trasferì, molte case subirono lavori di ridimensionamento ed è
per questo che oggi non possiamo più ammirare gli originali orizzontamenti in legno. Alcune finestre, probabilmente le più antiche,
vennero chiuse e la maggior parte degli edifici si trasformò in modeste case a tre
piani, più basse delle precedenti abitazioni signorili.
Sul lato sud della piazza si trova il Palazzo del Municipio che chiude la fila di portici.
Il palazzo presenta un aspetto seicentesco che nasconde strutture ben più antiche.
Nel cortile si trovano i resti di un’interessante torre a pianta quadrata inglobata nelle
strutture sei-settecentesche e, sotto i portici, sono evidenti tracce di antiche aperture con pregevoli decorazioni in cotto quattrocentesche.
Al fondo della piazza, sul lato ovest, si trova la Chiesetta di Santa Croce (vedi scheda
9), la cui origine è molto antica, anche se la facciata è in stile puramente rinascimentale. Poco distante dalla Chiesa si può osservare il profondo pozzo (circa 40 metri),
risalente agli ultimi decenni del 1300, che veniva utilizzato per garantire l’approvvigionamento idrico del borgo, anche se molte case erano dotate di pozzi privati.
L’antica Platea fori, così era detta la piazza, è stato, ed è, il centro amministrativo
della città situata al centro del Borgo Nuovo,
realtà insediativa che nasce a partire dal XII secolo ai piedi del Castello. All’epoca Borgo Nuovo
si affacciò a quella più antica di Borgo Vecchio
con un piano urbanistico abbastanza regolare.
Sulla piazza si concentravano le attività mercantili e quella giudiziaria (il tribunale era presente
dal 1345). Qui si teneva il mercato settimanale
e si procedeva alla pesa delle merci con il peso
pubblico comitale. In piazza sorgeva il macello
pubblico che, oltre a garantire il rifornimento
delle carni, forniva la materia prima per la lavorazione del cuoio cui si dedicavano gli artigiani
della Confreria dei SS Crispino e Crispiniano, di
cui si ha documentazione nel polittico di Defendente Ferrari posto nella chiesa di San Giovanni.
Lo sviluppo, in prevalenza mercantile, dell’Avigliana del XII secolo giustifica la presenza della
Zecca comitale documentata a partire dal 1272.
Questa istituzione è forse identificabile con i
resti di un edificio situato poco distante dalla
piazza Conte Rosso ai piedi del monte Pezzulano. Dell’edificio rimangono la facciata ed alcune
parti di una costruzione risalente probabilmente al XIV secolo.
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SCHEDA
n.9
Chiesa Santa Croce
Santa Croce è la chiesa sconsacrata situata in piazza Conte Rosso.
La data di costruzione della Chiesa è incerta: probabilmente è stata edificata nel corso del tardo
Cinquecento (lo testimoniano alcuni elementi
della facciata che ricordano la chiesa di Santa Maria in Borgovecchio) e rimaneggiata alla fine del
‘700. Fu sede della confraternita di Santa Croce.
L’interno si presenta in due spazi divisi dal grande
altare barocco dietro al quale si trova lo spazio destinato ai raduni dei confratelli. Presenta una sola
navata ed un soffitto a botte. Ristrutturata dal Comune ora è sede di mostre e concerti.
SCHEDA
n.10
Chiesa san Giovanni Battista
La chiesa di San Giovanni Battista è il duomo
di Avigliana ed il 24 giugno si festeggia il santo
che è il patrono della città. Si trova poco oltre
piazza Conte Rosso su una piccola piazza lungo
via Umberto I.
Venne fondata nel 1248 sotto Amedeo V Conte di Savoia ed eretta a parrocchia nel 1324, in
sostituzione della chiesa, solo più cimiteriale, di
San Pietro.
San Giovanni si caratterizza per la struttura a
navata unica allungata, risultato dei lavori che
nei secoli hanno progressivamente ampliato la
chiesa arretrando nella zona absidale, ed è preceduta da un atrio a pianta trapezoidale diviso
in due campate con volte a crociera ed archi
ogivali. Sulle pareti, nella parte alta, sono visibili degli affreschi, opera di due diversi pittori,
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databili al XV secolo: lato sinistro entrando, parte alta S.Bernardino
da Siena - Maria Maddalena - Madonna in trono - Santa Caterina,
parte bassa Tortura di Sant’ Agata; lato destro entrando, da sinistra
verso destra, San Cristoforo - Madonna in trono - San Giovanni Battista - Sant’ Antonio Abate - Visitazione, parte bassa Santo a cavallo. La facciata, restaurata nel
1895, presenta un portale sormontato da una lunetta con ai lati le statue dei santi
Pietro e Giovanni; completa la facciata
un rosone centrale e una ghimberga
con fregi in cotto. Sulla parete sinistra
della facciata tracce di un affresco raffigurante San Cristoforo, il protettore dei
viandanti.
Il campanile gotico del XV secolo, che
riutilizza come base la torre dell’antico
Palazzo dei Testa, è a pianta rettangolare e termina con una cuspide piramidale e si caratterizza per la presenza,
all’interno della muratura degli archivolti delle finestre, di bacini di ceramica
graffita databili fra il 1280 e il 1330. Con
il termine “bacini” si indicano oggetti in Alcuni bacini in ceramica del campanile della
ceramica - come ciotole, scodelle, piatti chiesa di San Giovanni.
e catini - inseriti nei muri come ornamento. Le decorazioni sono per lo più
geometriche e vegetali, ma presentano
anche animali e figure immaginarie.
Essi costituiscono il più ricco complesso per importanza, qualità di realizzazione e stato di conservazione tra quelli
noti del Piemonte medievale.
La chiesa è arricchita dalla presenza di
ben dieci tavole dipinte da Defendente Ferrari, pittore operante in Piemonte fra il 1480 e il 1530, di cui si hanno
numerose opere in vari edifici religiosi
della Bassa Valle di Susa.
Tutte le opere di Defendente Ferrari sono realizzate con la tecnica della
tempera su tavola lignea e si contraddistinguono per l’essere inserite in cornici
architettoniche ornate da colonnine tornite, lesene e capitelli.
La prima opera di Defendente si trova sopra l’altare della prima
cappella a sinistra entrando. Denominata Trittico della Madonna
dei Consorzio, proviene dalla
scomparsa chiesa degli Umiliati di Avigliana ed è deturpata nella sua unità compositiva
perché la pala centrale con Madonna in trono e Sposalizio mistico di S. Caterina fu sostituita
e trasferita nella parrocchiale
di Cavour. Ad Avigliana rimasero le tavole laterali, con San
Lorenzo e S. Giovanni Battista
che presenta il committente e
la predella in tre scomparti con Storie di Gioacchino ed Anna.
Sempre sul lato sinistro della navata si trova il pulpito ligneo, probabilmente composto da rilevi provenienti da un altare smembrato, scolpito da un maestro francotedesco nella prima metà del XVI secolo; il riadattamento fu realizzato nel 1594,
come indica l’iscrizione dedicatoria della comunità aviglianese.
Segue l’altare dell’antico patronato dei Provana di Collegno, su cui è collocato il
Polittico della Natività, qui giunto nel 1618 dalla distrutta chiesa degli Umiliati. Durante il trasloco si perse la predella originale. Quest’opera è di grande importanza
perché siglata da Defendente Ferrari e datata 1511. Al centro della composizione la
Natività; in alto un Cristo di Pietà che esce dal sarcofago; a sinistra San Sebastiano e
San Francesco; a destra San Rocco e un Santo di difficile attribuzione.
Alle pareti del presbiterio si trovano cinque ante da riferire a polittici smembrati
di Defendente di cui non si hanno documenti. I santi raffigurati sono Sant’Antonio
Abate, San Cristoforo, San Rocco e San Sebastiano, Sant’Orsola, Santa Lucia e San
Nicola. Tre di queste ante sono decorate anche sul retro, con la tecnica del grisaille,
da scene della Passione di Cristo.
Sul lato destro della navata, dopo l’altare delle Anime del Purgatorio, sul pilastro che
fronteggia il pulpito, si trova un altro trittico con San Giovanni Battista, San Gerolamo e San Bernardo da Chiaravalle, sempre di Defendente Ferrari.
Segue la Cappella della Madonna del Rosario, e l’altare con il Polittico della Madonna della Mercede o dei Santi Crispino e Crispiniano. Defendente Ferrari realizzò quest’opera su committenza della locale confraternita di artigiani dei cuoio (in
Borgo Nuovo ad Avigliana esisteva un macello). Al centro la Madonna in trono col
Bambino, ai lati i due santi fratelli con in mano gli strumenti da calzolaio; nella parte
alta Sant’Agostino e sua madre, Santa Monica. La predella, divisa in scomparti, illu-
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SCHEDA
La Torre dell’orologio è un bel esempio di
torre civica del XIV secolo a pianta ottagonale su base quadrata. È stata costruita
appositamente per accogliere un orologio
(1330): il primo orologio pubblico piemontese ed il secondo in Italia (dopo quello di
Milano), distrutto dai francesi del Catinat nel
1691.
L’edificio, decorato con belle cornici in cotto, è stato oggetto di studio da parte di
Alfredo D’Andrade e riprodotto nel Borgo
medievale del Valentino a Torino, nel cortile
dell’Osteria di San Giorgio.
SCHEDA
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panile e nelle due absidi (scansione del muro in lesene ed archetti
pensili; finestrelle strombate), mentre le ristrutturazioni effettuate
tra il XIII e il XVI secolo sono testimoniate dalla cuspide e dai pinnacoli del campanile e della facciata, quest’ultima decorata inoltre con cornici in cotto
ad archetti intrecciati e denti di sega.
L’interno della chiesa orientata con le absidi a sudest, è a due navate terminate da absidi semicircolari; dalla stretta navata di destra, prolungata a
sud-ovest oltre l’ingresso da una cappelletta, vi è
l’accesso al cimitero. A sinistra della navata centrale, presso l’ingresso, si apre una cappella con volta a crociera, cui segue la base del campanile che
immette in un’altra cappella, sempre con volta a
crociera, aperta sul presbiterio.
Purtroppo la consuetudine ottocentesca di coprire
gli affreschi con la calce ha distrutto irrimediabilmente molte delle pitture che decoravano l’intero
edificio e solo recenti restauri hanno rimesso in
luce, seppur in modo lacunoso e di difficile lettura, La chiesa di San Pietro fa da sfonparti dell’originario ciclo decorativo, databile dal XI do al Palio cittadino.
al XV secolo.
Torre orologio
n.12
Le opere
Chiesa di San Pietro
La chiesa di San Pietro è situata nella
via omonima e si accede attraverso una
ripida scalinata. Costruita nell’XI secolo,
a partire dal 1205, con l’arrivo dei Canonici del Moncenisio, la Chiesa diventa
un importante centro religioso.
La sua facciata conserva ancora le caratteristiche prettamente romaniche della
sua origine, cui però si sono aggiunte,
nel corso dei secoli XIV e XV, le decorazioni in stile gotico, come i pinnacoli e
la fascia di archetti in cotto.
Chiesa parrocchiale fino al 1320, nel 1324 fu sostituita in tale ruolo dalla chiesa di
San Giovanni Battista e adibita esclusivamente ad uso cimiteriale. L’antico cimitero è
tutt’ora esistente sul lato sud dell’edificio ed è stato oggetto di recente sistemazione
e restauro da parte del Comune così come la stessa chiesa.
La fase romanica, databile al XI – XII secolo è ben visibile nella muratura del cam-
Prima cappella a sinistra: storie dei santi Pietro e Andrea; San Matteo sulla volta
(metà del XIV secolo)
Presbiterio – parete sinistra: tracce di affreschi romanici (seconda metà XI secolo);
affreschi databili fra XIV e XV secolo (San Michele Arcangelo, Santo non attribuito,
Pesca miracolosa, Madonna della Misericordia, Santa con bambino in braccio)
Seconda cappella a sinistra: scene di vita della Maddalena, tratti dai Vangeli e da una
leggenda provenzale dell’XI secolo; scene della vita di Giuseppe e Maria tratte dal
Vangelo apocrifo detto “Protoevangelo
di Giacomo”, fine XV secolo attribuiti
alla bottega dei pittori piemontesi Giacomo e Bartolomeo Serra.
Abside maggiore
Arco trionfale: tracce di affreschi romanici (fine XI – inizio XII secolo), affreschi
databili alla seconda metà del XIV secolo (offerte di Caino e Abele, Annunciazione, Adamo ed Eva).
Catino absidale: Cristo in gloria fra i
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SCHEDA
n.13
Ecomuseo
del Dinamitificio Nobel
In via Galiniè si trovano i monumentali resti della
più importante fabbrica mondiale di esplosivi del
‘900: il dinamitificio Nobel
Il complesso, che rappresenta uno degli esempi
più interessanti di architettura industriale d’inizio secolo, ha ospitato per ben novanta anni (dal
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Due le pubblicazioni sul dinamitificio con il contributo del Comune:
“Il dinamitificio Nobel di Avigliana” di Sergio Sacco e Gigi Richetto e
“Viaggo intorno alla dinamite Nobel” di Paola Maria Delpiano.
Presso il Museo è inoltre disponibile il punto ristoro Caffè Tritolo, gestito dall’Associazione MusicAround. Offre ai visitatori la possibilità di fruire di una confortevole
sosta grazie ai servizi di caffetteria, ristoro, pasti completi e merende sinoire (su prenotazione) a base di prodotti tipici locali. Di recente, nell’area, il Comune ha eretto
una piccola arena per rappresentazioni teatrali e musicali.
Orari
Orari invernali
ottobre-aprile
lun - ven: 10.00-12.00, 14.00-18.00
sab e dom: 14.00-18.00
ultimo ingresso: 17.00
Orari estivi
maggio-settembre
lun - ven: 10.00-12.00, 14.00-19.00
sab e dom: 10.30-19.00
ultimo ingresso: 18.00
Chiusure festività annuali
Dal 24 dicembre al 31 gennaio; 25 aprile; 15 agosto; 1 novembre.
In caso di condizioni climatiche avverse
l’Ecomuseo può subire chiusure o variazioni d’orario.
Aperture straordinarie e serali
Su prenotazione o in occasione di eventi speciali.
Nei mesi estivi sono previste aperture
straordinarie serali.
Servizio prenotazione e visite guidate
prenotazione obbligatoria per visite
guidate, per gruppi numerosi e scuole.
tel. 0119327447
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1872 al 1965) la fabbrica di esplosivi più importante d’Europa. Fu
realizzato per iniziativa di un gruppo di cinque banchieri parigini e
della Società Alfred Nobel di Amburgo, la quale aveva optato con
ogni probabilità per tale scelta dislocativa sia per l’importante collocazione
sull’asse di comunicazione con il nord
Europa sia per la prossimità alla rete ferroviaria, ma anche e soprattutto per via
dell’alternarsi sul territorio di zone pianeggianti e di formazioni collinari che
consentivano una protezione dell’abitato dagli effetti delle deflagrazioni che
potevano essere causate da questa pericolosa attività.
L’Amministrazione comunale aviglianese ha lavorato anni per realizzare un
ecomuseo che ricordasse questo importante pezzo di storia. Inaugurato nel settembre del 2002, è stato allestito dall’Associazione Amici di Avigliana (con aiuti da
parte del Comune di Avigliana, Regione
Piemonte, Provincia di Torino e Compagnia di San Paolo) ed è attualmente
curato dall’Associazione MusicAround.
Oltre a pannelli esplicativi e filmati
d’epoca che documentano le varie fasi
della lavorazione degli esplosivi, si possono visitare il rifugio anti aereo per le
maestranze ed i vari cunicoli e le camere di scoppio, riportati alla luce durante
i lavori di ristrutturazione.
Sono presenti inoltre alcune suggestive
simulazioni sonore che si prestano a richiamare alla mente le condizioni di lavoro estremamente difficili dell’epoca.
Dal dicembre 2007 sono stati inoltre recuperati dall’Associazione Amici di Avigliana importanti materiali originali, tra
cui alcuni macchinari di lavorazione ed
oltre 300 volumi di letteratura specialistica internazionale appartenenti alla
Biblioteca originale del Dinamitificio.
simboli degli evangelisti, seconda metà del XIV secolo.
Tamburo absidale: figure dei dodici apostoli, due strati, il più antico
della metà del XII secolo, il più recente della seconda metà del XIV
secolo.
Presbiterio – parete destra: tracce di
affreschi romanici (Annunciazione di
inizio XIII secolo); S.Giorgio e il drago;
teste di Sante e Madonna col bambino
della seconda metà del XIV secolo.
Abside navata destra: attribuiti al pittore Giacomo Pitterio, inizio XV secolo,
Annunciazione, Cristo in mandorla fra
Santo e Santa Caterina. Fra le due absidi passaggio affrescato con San Bernardo d’Aosta e Santa Margherita.
Sottarco navata destra: Compianto sul Cristo morto (fine XV secolo); Annunciazione
e Natività (prima metà XV secolo).
Pareti navata destra lato sud: Trinità in mandorla, Cristo che esce dal sarcofago fra gli
attributi della passione, Natività, San Giacomo (XV secolo).
Pareti navata destra lato nord: Papa Gregorio Magno, Annunciazione, Maria Maddalena e Santo in abiti da vescovo (XIV – XV secolo)
Cappella terminale della navata destra: affresco che la tradizione popolare identifica
nel castello di Avigliana (unica testimonianza di come doveva essere la fortificazione).
Controfacciata: vari Santi fra cui Sant’Antonio abate.
Per la collana “Monumenti aviglianesi” il Comune ha pubblicato l’opera “La chiesa di
San Pietro” a cura del professor Paolo Nesta.
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n.11
stra episodi della passione di questi santi. Completa il percorso defendentiano la Pala di Sant’Orsola sull’ultimo altare che racchiude,
all’interno della cornice, una piccola tavola con Santa Lucia e una
predella con episodi della vita della Maddalena.
Nel 2011, per la collana “Monumenti aviglianesi”, il Comune ha pubblicato il volume “La chiesa di San Giovanni di Avigliana”
una ricerca dotta e scrupolosa durata circa
20 anni a cura del professor Paolo Nesta e
della sua equipe.
Di notevole rilevanza l’approfondimento di
alcuni documenti che hanno messo in luce,
ad esempio, l’esistenza di una preesistente
chiesetta dedicata a San Nicola risalente al
1300 e l’antica base del campanile suscettibile di una eventuale indagine archeologica. Ed ancora l’aver individuato la data
certa, 3 novembre 1447, in cui sono iniziati i
lavori per l’attuale atrio con il conseguente
spostamento della facciata: una scoperta
fondamentale per la datazione di tutte le
opere successive.
Un altro capitolo interessante è offerto dal- Defendete Ferrari: Trittico di San Gerolamo (1530).
lo studio e dalla pubblicazione sistematica,
(per la prima volta a colori), a cura dell’archeologo
medievista Mauro Cortelazzo, dell’intera serie di
piatti in ceramica di primo Trecento che adornano il
campanile: 40 bacini difficili da ammirare da vicino.
Da sottolineare anche il capitolo a cura di Fabrizio
Fantino sui dipinti cinquecenteschi per la puntuale
e accuratissima sistemazione delle opere presenti
in San Giovanni, di Defendente Ferrari e bottega, di
Gerolamo Giovenone e del cosiddetto pseudo Giovenone.
Anche la tecnologia entra in questo volume attraverso lo studio di Paolo Triolo con il ricorso alle riflettografie su alcuni dipinti ospiti in San Giovanni.
È la prima volta in cui queste opere sono sottoposte
La copertina del Libro sulla
a tale indagine, indagine dagli esiti sorprendenti per chiesa di San Giovanni della
determinare la correttezza della datazione ed in par- collana “Monumenti aviglianesi”.
ticolare individuare il tratto disegnativo dell’autore.
Tariffe
Ingresso intero
€ 4,00
Ingresso ridotto
minori 12 anni, gruppi organizzati oltre
le 10 persone, disabili
€ 2,00
Ingresso ridotto scuole
scolaresche su prenotazione oltre le 10
persone
€ 1,00
Ingresso gratuito
maggiori 70 anni; minori 6 anni; possessori abbonamento musei Torino Piemonte e Torino + Piemonte card
La storia del Dinamitificio Nobel di Avigliana
Le foto d’epoca sono state gentilmente concesse dal Museo ellenico di Halandri-Atene
su Alfred Nobel - collezione privata di Giorgio S. Marcou
“Gli esplosivi sono sostanze che in conseguenza di azioni esterne si trasformano
violentemente con notevole sviluppo di
calore e di gas, espandendosi con grande rapidità e determinando elevatissime
pressioni”.
Dietro a questa definizione c’è una lunga storia fatta di scoperte scientifiche e
di sviluppo tecnologico ma soprattutto
di uomini, soldati o operai, che a causa
degli esplosivi hanno perso la vita, dalle prime invenzioni alla bomba atomica. Una vicenda dunque fra la pace e la
guerra che, se ha portato lutti, ha pure consentito la realizzazione di grandi opere pubbliche
come i trafori e ha significato anche sviluppo
economico. Tutto ciò fa da sfondo alla storia del
dinamitificio Nobel di Avigliana, una vicenda
industriale, ma anche sociale e culturale che si
sviluppa dal 1872 al 1965.
Una grande occasione per la valle di Susa
A fondare il dinamitificio fu Alfred Nobel (leggi
scheda), imprenditore svedese, inventore della
dinamite, che profittò dell’abolizione nel 1869
del monopolio statale sulla fabbricazione degli
esplosivi. Nobel arriva in Italia anche sull’onda
di difficoltà col governo francese, al quale aveva
offerto la produzione della balistite, brevettata da lui stesso in Inghilterra nel 1888. Troppo
rischiosa la fabbricazione, dicono i francesi ed
allora Nobel si rivolge all’Italia.
La scelta di Avigliana è motivata da ragioni tecniche e dall’incoraggiamento dell’amministrazione comunale, che concede gratuitamente l’area sulla quale edificare la
fabbrica. Allora il processo di industrializzazione è solo agli inizi e questa è per la
valle di Susa una grande occasione. Così, il 24 ottobre del 1872 il Comune autorizza
Il percorso di visita dell’Ecomuseo del Dinamitificio Nobel è contrassegnato da pannelli
esplicativi.
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Città di Avigliana
Assessorato Cultura, Turismo, Commercio
Città di Avigliana
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la realizzazione dell’impianto nella zona al confine con Sant’Ambrogio, adiacente la statale e la linea ferroviaria, dove oggi si estende
la zona industriale della città. In un primo tempo i locali sono costituiti da baracche, separate da trincee che devono proteggere le maestranze da
eventuali incidenti.
Nel 1873 gli addetti sono 80 che nel volgere di
qualche anno diventano 250. Alla fine del 1893,
l’area sulla quale sorge la fabbrica è di oltre 200
mila metri quadri e vi sono impiegati 800 operai. L’andamento dell’occupazione, sarà sempre
altalenante, soggetto alle crisi di mercato e alla
presenza o meno di conflitti bellici. Già nel 1894
si paventa una prima crisi che rischia di mettere
in ginocchio Avigliana. I salari vanno da 2,50 a
7,50 lire al giorno e si lavora 10 ore per produrre
70 mila cartucce di dinamite.
Decine di morti nelle esplosioni accidentali
Iniziano anche i primi incidenti che nel corso
della storia dello stabilimento faranno 91 vittime. Il primo avviene nel 1874 con la morte di
un operaio in seguito all’esplosione di una macchinetta per incartucciare la dinamite. L’ultimo
avverà nel 1961, quattro anni prima della chiusura dell’azienda ed anche in questo caso un
operaio perderà la vita. In mezzo, una serie di
scoppi spaventosi che stendono sulla città una
cappa di paura.
Nel 1890 il più grave con 22 morti e dieci anni
dopo un’altra tragedia con 13 vittime. Proprio
quest’ultimo resterà più di altri nella memoria
collettiva. I mezzi d’informazione ne danno
grande risalto, un fotografo dilettante documenta la tragedia e si aprirà una grande catena
di solidarietà. Proprio allora iniziano le proteste
nei confronti della fabbrica, particolarmente da
parte degli abitanti di Sant’Ambrogio. Avigliana
è però preoccupata per la possibile chiusura e
difenderà per molti anni l’insediamento. Alla
fine del ‘900 nascono anche le prime rivendi-
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cazioni sindacali, conseguenza dei frequenti licenziamenti e della
pericolosià delle lavorazioni.
Nel 1908 si costruisce il polverificio Allemandi e qualche anno
dopo, in piena guerra mondiale, nel 1917, la Nobel ha il suo momento di splendore: gli occupati sono oltre 5000 e la fabbrica si
espande sino a Buttigliera.
Nasce la Duco per la produzione di vernici
Alla fine della prima guerra mondiale l’azienda
è costretta a riconvertire parte della sua produzione, esplorando altri settori della chimica.
Nasce così la Duco per la produzione di vernici sintetiche. Alla Duco lavorerà, dal 1946, per
qualche anno, lo scrittore Primo Levi, autore, tra l’altro di “Se questo è un uomo”,
dolente racconto della sua prigionia ad Auschwitz che pare abbia abbozzato nel suo
tragitto in treno, da pendolare, fra Torino e Avigliana. Ad Avigliana Levi dedicò anche una poesia e della città scrisse in un capitolo del suo libro “Il sistema periodico”.
Nel contempo però si fanno sentire i problemi derivanti dalla crisi del dopoguerra e
una parte degli azionisti mette in vendita le proprie azioni nel timore di non poter
più trarre degli utili. Queste vengono acquistate dalla Montecatini e nel 1925, la
Nobel cambia proprietà. Siamo ormai in pieno regime fascista e Mussolini invoca il
massimo possibile di autonomia della vita economica, soprattutto nel settore della
difesa. Alla Nobel si dà così il via alla produzione dell’esplosivo T4 o Exogene per il
quale si costruiscono gli edifici in zona Mareschi.
È ancora un altalenarsi di sviluppo e di crisi e
nel 1943 le maestranze sono circa 3800. Nel
1945 la fabbrica è vittima della guerra: ai primi
di marzo un bombardamento alleato distrugge
completamente il polverificio Allemandi, mentre il resto della fabbrica viene gravemente danneggiato.
Una fabbrica “al di sopra della città”
La produzione riprende nel 1947 e tra crisi ed
incidenti mortali si arriva sino al 1961, quando
la Montecatini decide di chiudere la fabbrica
aviglianese spostando la produzione ad Orbetello. È la fine di un epoca e di un incubo per
Avigliana. Il dinamitificio, dicono Gigi Richetto
e Sergio Sacco, è sempre stata una struttura “al
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SCHEDA
n.15
La località San Bartolomeo, posta a sud
del lago Piccolo di Avigliana, al quale
dette anche il nome, lacus sancti Bartolomei, è stata sede di un antico nucleo
monastico che dipendeva dall’abbazia
di San Michele. La tradizione locale
vuole il borgo assalito e distrutto dai
saraceni, riparato da Arduino il Glabro
e nuovamente distrutto dal Barbarossa. Nei pressi della chiesa sono state
scoperte inumazioni attribuite ad età
altomedievale. Dell’edificio, ora civile, si hanno notizie a partire dal XII secolo così
come sono evidenti trasformazioni sia nel XIII come nel XIV secolo. All’interno della
chiesa è visibile un ciclo di pregiati affreschi databile ‘300 -‘400 in parte poco leggibili, scoperti intorno al 1930 dallo studioso Cavallari Murat. Nel corso del 2006 la
chiesa è stata acquistata dal Comune di Avigliana e nel 2010 sono iniziati i lavori alla
copertura per evitare infiltrazioni e il restauro dei circa 60 metri quadri di affreschi.
SCHEDA
n.16
Sito archeologico
Statio Ad Fines
Il sito denominato “Statio ad Fines” o “Fines Cotii” che si trova in Borgata Malano di Avigliana
è molto importante per la ricostruzione storica
del Piemonte romano. Il suo appellativo indica
che si tratta di un confine di frontiera con dogana sulla via delle Gallie fra l’Italia romana e il
distretto delle Alpi Cozie.
La riscoperta della “Statio ad Fines”, nota grazie
agli itinerari stradali di epoca romana a 16-18
miglia da Augusta Taurinorum (Torino) verso
la Gallia, è da ricondursi all’attività di ricerca di
Ara votiva alle Matrone ritrovata a
Malano (Museo di Antichità - Torino)
SCHEDA
Sacra di San Michele - storia
La Sacra di San Michele, monumento simbolo della Regione Piemonte, non si trova
in territorio aviglianese ma vi si accede, in auto, solo da Avigliana. Per raggiungerla
occorre imboccare, su corso Laghi, la rotonda per Giaveno e dopo un centinaio di
metri imboccare via Sacra di San Michele. Salendo in auto sul monte Pirchiriano,
l’impatto con l’edificio è davvero emozionante.
Alcuni storici ipotizzano che sul Monte Pirchiriano esistesse già in epoca romana
un presidio militare che controllava la strada verso le Gallie. Probabilmente questo
insediamento doveva avere una cappella castrense ad uso delle truppe di fede cristiana. Come sempre si verificava in questi casi, la cappella veniva edificata fuori dal
castrum che, nel caso della Sacra, doveva trovarsi sulla parte nord, quella che domina le Chiuse sottostanti e che attualmente ospita le rovine del Monastero Nuovo.
Successivamente, anche i Longobardi installarono un presidio che fungeva da baluardo contro le invasioni dei Franchi e forse proprio ai Longobardi si deve la realizzazione del sacello a nord, il più antico tra quelli presenti nella cripta alla quale si
accede dal pavimento della chiesa.
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Un ulteriore sondaggio archeologico preventivo, per esigenze di
tutela (2003, 2006), ha portato alla luce notevoli strutture murarie
di epoca tardo imperiale, aprendo notevoli prospettive di ampliamento dell’area archeologica. Il Comune di Avigliana, attraverso una permuta, ha
infatti recentemente acquisito il terreno, consentendo la prosecuzione dello scavo archeologico.
Ad un primitivo edificio, contraddistinto da
un’esedra rivolta a sud, viene addossato dal medesimo lato un ambiente quadrangolare, privo
di pavimentazione finita, ma nel cui interno è
stato individuato uno strato di ceneri e carboni e tubuli fittili. Questo fa ipotizzare che possa
essere riferito ad un impianto termale dotato di
un sistema di riscaldamento ad ipocausto.
Un’inumazione in fossa terragna, priva di corredo, è stata poi individuata a sud del muro meridionale dell’edificio, disposta parallelamente
a questo, il cranio a est, testimonianza del consueto fenomeno delle sepolture altomedievali
tra i ruderi di edifici precedenti. Tali elementi sono certamente i primi segni tangibili di una realtà archeologica complessa e stratificata, che soltanto un’indagine
approfondita in estensione potrà ricondurre ad un’interpretazione precisa, a sua
volta prologo indispensabile ad un
eventuale progetto di sistemazione e
valorizzazione.
Sulla “Statio ad Fines” il Comune di
Avigliana ha in mente un progetto di
valorizzazione che coinvolge anche Almese e Caselette, con la realizzazione, a
Malano, di un centro didattico-museale
nell’edificio di proprietà comunale che
dovrà essere ristrutturato. Intanto il sito
di Malano è diventato oggetto di studio. Gli studenti del corso di laurea in
conservazione dei beni architettonici
della facoltà di architettura di Torino
hanno terminato un laboratorio di progettazione che si concluderà con un
workshop.
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Santuario della Madonna dei Laghi
Costruito tra il 1622 e il 1642, il Santuario della Madonna dei Laghi sorge sulle
rive del Lago Grande, proprio nel luogo
in cui un tempo esisteva un pilone votivo, meta di pellegrinaggi già nel Trecento: lo testimonia un affresco datato
XIV secolo. Affidata in origine all’Ordine
dei Cappuccini, nel 1892 la Chiesa passa nelle mani dei Salesiani.
Al suo interno si possono ritrovare tele
di vari artisti tra cui un trittico, degli inizi del Cinquecento, attribuito da buona parte
della critica al Defendente Ferrari, che la tradizione vuole donato ai frati Cappuccini
da parte di Carlo Emanuele I. Fra le altre opere: una tela dei primi del ‘600 con San
Maurizio attribuita a Guido Reni o alla sua scuola; una Madonna di Michele Antonio
Milocco della metà del ‘700; San Francesco e Sant’Antonio, due tele di Charles Dauphin; una copia della Madonna
dei Pellegrini del Caravaggio dell’inizio
‘600 donata dal cardinale Maurizio di
Savoia. Nel 1752 Bernardino Galliari,
scenografo del teatro Regio, realizzò
nella cupola l’Ascensione di Maria, dipinta su cartoni applicati alla muratura.
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padre Placido Bacco, tra il 1858 ed il 1874. La scoperta dei resti di un
edificio monumentale e di iscrizioni relative a personaggi impiegati presso l’ufficio doganale della Quadragesima Galliarum permise
subito di evidenziare l’importanza dei sito nel Piemonte romano e nel ruolo di cerniera tra l’Italia e le province occidentali svolto
dalla via diretta al valico del Monginevro.
La mancanza di un rilevamento preciso delle
strutture rinvenute e di ulteriori scavi archeologici, resi difficoltosi anche dal frazionamento
in molte unità immobiliari private, ha di fatto
congelato le conoscenze sino a tempi recenti,
quando l’attività di tutela della Soprintendenza,
ha messo sotto vincolo l’area. Si sono così portate in luce parti di edifici che testimoniano una
continuità insediativa per tutta l’età romana imperiale (I-V secolo d. C). Nel 1994 un intervento di emergenza in via Moncenisio ha portato
parzialmente in luce le fondazioni di un grande
edificio dotato di un vano absidato, arricchito
da intonaco parietale di colore rosso, da ricondurre probabilmente ad una funzione pubblica o
semi-pubblica nell’ambito delle infrastrutture della stazione. Questa ospitava monumenti pubblici
dedicati a membri della casa imperiale, con iconografie legate a vittorie militari sui barbari (rilievi del
Museo di Antichità di Torino e da collezione privata
ad Avigliana), nonché un culto alle dee epicorie
dette Matronae. Lo attesta, in particolare, il Cippo
in marmo con dedica alle matrone (risalente al I°
secolo dopo Cristo). Il culto delle Matrone, noto da
molte altre epigrafi piemontesi, affonda le proprie
radici nel patrimonio religioso primitivo preceltico.
Le Matrone in epoca romana sono molto popolari
negli ambienti rurali perché protettrici dei cicli generativi della natura e delle donne. La frequenza del
loro culto nei distretti alpini ne suggerisce la caratteristica di divinità tutelari dei luoghi di passaggio,
confermata anche dalla loro frequente associazione Rilievo con barbaro prigioniero
con Mercurio, dio protettore delle transazioni com- ritrovato a Malano (collezione
privata)
merciali.
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Chiesa San Bartolomeo
SCHEDA
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di sopra della città” ed una testimonianza riportata nel libro, quella
di Luigi De Matteis, ex operaio, la dice lunga sul clima che si respirava: «Quando si entrava in fabbrica dopo uno scoppio c’era un grande
silenzio, sembrava di entrare in chiesa. Poi passava tutto, si lavorava con il cuore in pace;
quando uno entrava al dinamitificio lo sapeva già che il pericolo c’era».
Nonostante questo, la storia degli esplosivi è intrecciata a quella di molti aviglianesi.
Alcuni aviglianesi furono, infatti, tra coloro che contribuirono a far nascere l’industria degli esplosivi in Sud Africa. I primi furono Modesto Gallo e Ferdinando De Matteis che nel 1888 giunsero nel paese africano dopo aver navigato 35 giorni seduti su
cinque casse di dinamite.
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Non è facile individuare con certezza il momento preciso in cui
ebbe a sorgere la Sacra di S. Michele. Alcuni studiosi sono orientati
a identificare negli anni 999-1002 il periodo in cui si avviò la realizzazione di questa Abbazia mentre per
altri la data di nascita dovrebbe essere
anticipata agli anni 983-987. In sostanza quindi l’origine vera e propria della
costruzione risale al tempo in cui visse
Giovanni Vincenzo, tra la fine del X e
l’inizio dell’XI secolo.
Accanto al sacello più antico, Giovanni Vincenzo ne realizzò un altro che
possiamo ancora vedere e che è l’ambiente centrale della cripta. Nei decenni successivi fu costruito un piccolo
cenobio che ospitava pochi monaci e
poteva accogliere anche qualche pellegrino. Questa costruzione è dovuta
alla magnanimità e alla fede di Ugo di
Montboissier. Proprio a questo nobile
Alverniate alcuni intendono attribuire la costruzione della terza cella (la
prima per chi scende dal pavimento
della chiesa). Nei decenni successivi la
struttura dell’Abbazia, affidata ai Benedettini, si sviluppò progressivamente
dando asilo ai pellegrini e protezione
alle popolazioni della zona. Nel secolo
XI fu infatti costruito l’edificio della foresteria, staccato dal monastero, e in grado di
accogliere i numerosi pellegrini che, percorrendo la via Francigena, vi salivano per
trovare ristoro fisico e spirituale: è la costruzione con merli che si incontra in cima
alla prima rampa di scale dopo la Porta di Ferro.
Probabilmente l’architetto Guglielmo da Volpiano realizzò il progetto della chiesa
posta sopra le tre preesistenti. Il periodo interessato da questo sviluppo è compreso
tra il 1015 e il 1035 e di quella costruzione rimane ancora il Coro Vecchio, il locale
posto immediatamente a sinistra del portale di ingresso nella chiesa. Contemporaneamente, le celle più antiche dei monaci sorgevano nella zona di sud-est, in prossimità del lato della chiesa attuale, nel cosiddetto Monastero Vecchio, quello che oggi
è occupato dai padri Rosminiani. Il Monastero Nuovo, quello oggi in rovina, venne
edificato sul lato nord e aveva tutte le strutture necessarie alla vita di molte decine
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di monaci: celle, biblioteca, cucine, refettorio, officine. Di questa
costruzione, che poteva ospitare diverse decine di monaci, rimangono ora dei ruderi affacciati sulla Valle di Susa: era un edificio a
cinque piani la cui imponenza, con i suoi muraglioni, archi e pilastri, impressiona
ancora oggi il visitatore. Svetta, su tutte
le rovine, la torre della Bell’Alda, oggetto di una suggestiva leggenda.
L’abate Ermenegaldo, che diresse il
monastero dal 1099 al 1131, affrontò
la nuova emergente esigenza e fece
realizzare l’opera più ardita di tutta l’imponente costruzione: l’impressionante
basamento che, partendo dalla base
del picco del monte, raggiunse la vetta
e costituì il livello di partenza per la costruzione della nuova capiente chiesa.
Questo basamento è alto 26 metri ed è
sovrastato dalle absidi che portano la
cima della costruzione a sfiorare i 1000
metri di altitudine rispetto ai 960 del
monte Pirchiriano. La nuova chiesa, che
è anche quella attuale, è stata eretta su
strutture possenti e sovrasta le più antiche costruzioni che sono state così inglobate. Secondo non pochi studiosi proprio
le sue peculiari caratteristiche ne consentirebbero l’attribuzione al maestro Nicolao.
Questa costruzione dovette richiedere molti anni e il trascorrere del tempo è infatti documentato nel passaggio che si trova all’interno delle campate tra il pilastro
cilindrico e quello polistilo e nel variare del gusto che passa dal romanico al gotico sia nelle decorazioni che nella forma delle porte e delle finestre. Tutto questo
ha comportato, nelle navate, il sovrapporsi di ben tre tipi di architettura: uno stile
romanico con caratteristiche normanne, uno stile romanico che si può definire di
transizione ed infine uno stile gotico francese. Va rilevato un elemento veramente
unico, originato proprio dagli interventi fatti per adattare lo sviluppo architettonico
al particolare ambiente costituito dalla vetta del Pirchiriano: siamo di fronte ad una
chiesa in cui gli elementi costitutivi fondamentali sono rovesciati. In tutte le chiese
la facciata è sempre localizzata frontalmente rispetto alle absidi poste dietro l’altare
maggiore e contiene il portale di ingresso. Al contrario, la facciata della Sacra si trova
nel piano posto sotto il pavimento che costituisce la volta dello Scalone dei Morti.
La curiosità è che la facciata è sotto l’altare maggiore, è sovrastata dalle absidi con la
Loggia dei Viretti ed è visibile dalla parte del monte rivolta verso la pianura Padana.
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Nel 1200 si cominciano a cogliere i primi segni di un cambiamento:
declino economico a causa delle continue spese per le costruzioni,
diminuzione delle donazioni dei laici, prime notizie di debiti, insofferenza dei monaci verso il potere
dell’Abate, prime ribellioni degli
abitanti dei borghi direttamente
controllati. Dal secolo XIV cominciò
il definitivo periodo di decadenza
che proseguì in modo lento ma
inarrestabile e che portò alla soppressione del monastero decretata
dal papa Gregorio XV nel 1622.
Nel 1630 le artiglierie francesi, colpirono ripetutamente il monastero nel quale si trovavano truppe
sabaude alleate della Spagna. Nel
1622 i monaci rimasti erano quattro e il 10 dicembre il pontefice
Gregorio XV soppresse il monastero affidandone la gestione alla
Collegiata di Giaveno. Nel 1836
per l’intervento di Carlo Alberto di
Savoia, il pontefice Gregorio XVI
cedette in perpetuo l’Abbazia ai
padri Rosminiani. Il monastero riscoprì una nuova vita, si iniziarono
opere di restauro che consentirono
il sostanziale recupero della struttura dopo secoli di abbandono ed incuria. A fine
secolo l’architetto D’Andrade effettuò una serie di rilievi e di restauri atti a fornire un
consolidamento di vasta portata al complesso abbaziale. Nel corso di quella campagna di lavori furono infatti realizzati anche i contrafforti e gli archi rampanti che
si appoggiano, sostenendola, alla parete sud della chiesa. Nel 1937 il monastero
ha subito una serie ulteriore di restauri nel corso dei quali fu rifatto il tetto della
chiesa in sostituzione di quello precedente costruito nel ‘600 e il cui peso eccessivo
costituiva una minaccia per la stabilità e la tenuta delle pareti laterali. Nei decenni
successivi poi gli interventi si sono susseguiti e hanno interessato i vari elementi
costitutivi del complesso: campanile, portale dello zodiaco, terrazza, coperture, monastero, affreschi, tele.
Per informazioni e visite: tel 011.93.91.30 - [email protected] - www. sacradisanmichele.com
PERSONAGGI
che hanno reso famosa Avigliana
Amedeo VII di Savoia, il Conte Rosso
Figlio di Amedeo VI e Bona di Borbone, nasce ad Avigliana nel 1360 e succede al padre nel 1383. Sposa, a 17 anni,
Bona di Berry, nipote di Carlo V, che viene chiamata “Madame la Jeune”, per identificarla in contrapposizione alla
suocera detta “Madame la Grande”.
La definizione di conte Rosso gli deriva dalla scelta di usare
questo colore così come il padre usava il verde (ha anche
indossato un abito di colore rosso combattendo a fianco di
Carlo VII di Francia contro gli inglesi). E, sempre a similitudine del padre, rivela presto le sue qualità di combattente e uomo politico. Sviluppa una politica espansionistica verso il mediterraneo; è costretto a combattere contro i marchesi di Saluzzo
conquistando Cuneo (1382) e Nizza (1388). È il primo dei Savoia ad adottare il motto
‘FERT’ e ad ornarsi dei ‘nodi di Savoia’.
Muore a Ripaille, il 1° novembre 1391; nel 1576 il duca Emanuele Filiberto farà trasportare le sue ceneri nella Cappella del Santo Sudario, nella Cattedrale di San Giovanni di Torino. Le cause della sua morte rimangono tuttora misteriose: caduta da
cavallo, epidemia, avvelenamento?
Quando scompare, l’erede Amedeo VIII ha solo otto anni. Bona di Borbone (Madame la Grande, moglie del Conte Verde), Bona di Berry (vedova del Conte Rosso) e
Amedeo d’Acaja, si contendono la reggenza. Al termine di travagliate vicende caratterizzate da una successione di accuse, imprigionamenti, condanne e riabilitazioni,
Bona di Berry si risposa e Bona di Borbone assume la reggenza dei possedimenti
Savoia fino alla maggior età di Amedeo VIII.
Defendente Ferrari
Sul pittore Defendente Ferrari si hanno poche notizie certe.
Si sa che dal 1502 si stabilì a Chivasso formandosi nella bottega di Giovanni Martino Spanzotti. Ebbe notevole successo come autore di polittici e di pale sacre, incontrando con
il suo stile, ricco di preziosismi decorativi e di colori smaltati, derivati in ampia misura dalla tradizione nordica, il favore di una larga committenza ecclesiastica nel Piemonte
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La copertina della rivista “La tribuna illustrata
della domenica” del 28 gennaio 1900
con il disegno dell’esplosione
al Dinamitificio Nobel di Avigliana
Il Palio dei borghi è la manifestazione storicopopolare più longeva in Avigliana, giunta ormai alla trentesima edizione. Innumerevoli i
cambiamenti e gli aggiustamenti che questo
evento ha avuto nel corso degli anni. La formula vincente, però, è stata quella di coinvolgere la
cittadinanza che, divisa in borghi, ogni anno si
disputa un drappo dipinto da un pittore locale.
I giochi spettacolari che culminano con la corsa
dei cavalli montati a pelo e le sfilate di oltre 500
figuranti in costume oltre alla Rievocazione storica, attirano ogni anno un numeroso pubblico.
I primi tre anni (1982 – 1983 – 1984) si svolgeva
a “mezzo maggio” era una festa in costume che
durava solo la domenica pomeriggio. I figuranti
scendevano in campo per dei giochi medievali:
un po’ di folklore e di agonismo per una sorta
di spettacolo, che però emozionava il pubblico.
L’idea era bella: questa comunanza con città
medioevali più note, magari, ma certo non più
belle di Avigliana, solleticava. Così nel 1985 si
disputa il primo Palio dei Borghi “vero” con la
cittadinanza impegnata a sfilare e a gareggiare.
Nascono subito i primi problemi: intanto con la
città di Siena che invita gli aviglianesi ad usare
il termine Borghi e non Contrade. Nessuna diatriba per il mese: si sceglie giugno (più sicuro,
metereologicamente parlando).
Si impegna il Comune, si impegnano le “Rate
Voloire” (la filodrammatica locale dell’epoca) e
altre associazioni. C’è chi definisce i nomi dei
Borghi, il loro perimetro, i loro colori; c’è chi riesuma la storia di Valentina Visconti che attraversa Avigliana per andare in Francia a conoscere
il suo sposo; c’è chi si mette a recuperare i co-
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Borgo Nuovo
Il borgo, che si trova nella parte alta della città, quella
che comprende la piazza Conte Rosso e le vie del centro
storico, originariamente era abitato da tutti quei mercanti e quei nobili
che avevano abbandonato il borgo Vecchio, ormai troppo affollato; i suoi
figuranti rappresentano dunque prevalentemente le classi alte della società, ma tra
le sue fila si trovano anche dei mendicanti.
Borgo Paglierino
Sulle pendici del colle Pezzulano, verso le rive del Lago Grande, si trova
il borgo Paglierino (originariamente detto Ferronia), che deve il nome ai
tetti delle sue umili abitazioni, realizzati con la paglia. I suoi abitanti erano
infatti principalmente poveri contadini e pescatori, ma il borgo aveva anche una fonte di ricchezza e di prestigio: la Zecca. A ricordare la sua composizione
originaria, tra i figuranti si trovano contadini, lavandaie, pescatori, il maestro della
Zecca e i lavoranti.
I Borghi che si disputano il Palio
Borgo Sant’Agostino
Il borgo deve il suo nome al convento degli agostiniani in cui è stato sacerdote anche il Beato Cherubino, protettore di Avigliana, ossia alla costruzione che attualmente è adibita ad ospedale. All’interno del convento era
presente in origine anche un Lazzaretto e a sua testimonianza ci sono, tra
i figuranti del borgo, anche alcuni lebbrosi, che si accompagnano a frati agostiniani,
artigiani, contadini, viticultori, segnalatori del vento, guardie delle torri e rappresentazioni delle stagioni.
Borgo Bertassi
Il borgo, dominato dalla Sacra di San Michele e dal Convento di San Francesco si trova al confine con Sant’Ambrogio ed è prevalentemente agricolo. I suoi figuranti rappresentano contadini, boscaioli, briganti, frati francescani e streghe. Da qualche anno per motivi organizzativi interni Borgo
Bertassi non partecipa più al palio
Borgo Drubiaglio
Il borgo, che si estende vicino alla Dora comprendendo le frazioni di Grangia e Malano, è l’insediamento più antico del comune, sul luogo sono infatti stati rinvenuti alcuni reperti romani che ne attestano l’esistenza già in
epoca imperiale. Nonostante la presenza di una stazione per l’esenzione
delle tasse, il borgo è sempre stato prevalentemente agricolo, pertanto i suoi figuranti rappresentano contadini e allevatori.
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quell’occasione si svolge una grande festa, durata più giorni, cui
partecipano tutti i nobili della zona e che si conclude con un torneo di giochi e corsa dei cavalli finale. La fantasia degli aviglianesi ha costruito tutto il resto.E se è vero
che la città, un tempo, era suddivisa in
Borghi che, pressappoco, portavano
i nomi attuali e avevano le stesse caratteristiche, si deve precisare che è il
lavoro, svolto dalle varie associazioni e
dai semplici cittadini che in tutti questi
anni si sono occupate di palio, ad aver
costruito questa mega-manifestazione
che in ogni edizione che passa cresce e
si arricchisce sempre di più.
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stumi d’epoca e chi si dà da fare per confezionarli; c’è chi, invece, si
occupa di imbandierare la città; c’è chi organizza le gare. Insomma
c’è un enorme lavorio.
Poi arriva il giorno e l’ambito drappo è vinto da Borgo Vecchio... l’anno dopo Bertassi
che vincerà ben tre volte e poi Paglierino, Pertusera, San Pietro e via via, anno dopo
anno.
Ogni anno che passa la manifestazione assume dimensioni sempre maggiori coinvolgendo mezza città. Si invitano le Corti in costume di paesi limitrofi e anche più
distanti, si mandano i ragazzi ad Asti per imparare a sbandierare (nasce il gruppo
sbandieratori di Borgo vecchio), si inventano
più giornate di festa con il mercatino dei borghi, l’osteria dei borghi … Fino ad allargare la
gara alle Castellanie.
Ma la giornata clou resta sempre quella della
domenica dove si disputa il drappo rosso. Sfilata in costume per le vie cittadine preceduta
dagli Sbandieratori e musici della Città di Avigliana, che nel frattempo è diventata un’associazione, a seguire la Corte del Conte Rosso e
tutti i borghi in costume. Si raggiunge così il
campo di gara di San Pietro per assistere alla
sfida con l’arco, con la fune, giostre medievali,
corse con le botti e in ultimo la corsa dei cavalli
che corona il vincitore.
Sulla spinta di Regione e Provincia nella giornata di sabato, precedente la disputa del Palio, si
svolge la Rievocazione storica.
L’aggancio storico per motivare la manifestazione del Palio dei Borghi aviglianesi sta fra verità
e leggenda.
La storia ci dice che è il 1389 quando Valentina
Visconti, figlia di Gian Galeazzo Visconti della
nobile e notissima famiglia milanese, passa per
Avigliana. L’imponente corteo, al suo seguito,
l’accompagna in Francia a conoscere il suo sposo, Luigi di Turenna fratello del re di Francia, che
ella aveva sposato per procura due anni prima.
Alla testa del corteo c’è Amedeo VII di Savoia,
detto il Conte Rosso, e il principe di Acaja.
La leggenda ci racconta, in aggiunta, che in
alla Corte del Conte Rosso
Alfred Nobel nasce a Stoccolma nel 1833. È ricordato per
due importanti accadimenti: la scoperta della dinamite nel
1866 e l’istituzione dei premi che portano il suo nome.
A lui si deve la ricerca per rendere più stabile la nitroglicerina, scoperta dal piemontese Ascanio Sobrero per fini terapeutici. Nobel aveva osservato che questo liquido, estremamente esplosivo, diventava manipolabile, quasi senza
rischio, se mescolato con il 75 per cento di una sostanza
inerte assorbente come la farina fossile. Il nuovo prodotto, che manteneva intatta
l’efficacia della nitroglicerina riducendone sensibilmente la pericolosità, venne chiamato dinamite e da quel momento sarà utilizzato in innumerevoli applicazioni civili
(trafori, miniere, scavi e demolizioni in genere) e nella confezione di ordigni bellici.
Ciò permise a Nobel di impiantare aziende in tutto il mondo, tra cui il Dinamitificio
di Avigliana che gli abitanti hanno sempre chiamato “la povrera”, la polveriera.
In seguito Nobel realizzò le gelatine esplosive (1875) e la balistite (1888), esplosivi
ancor oggi assai diffusi. A lui si devono 350 brevetti come scienziato e fabbriche e
laboratori in tutto il mondo, come imprenditore, ma è stato anche un cultore della
letteratura, scrivendo lui stesso poesie e racconti. Alla sua morte, avvenuta a Sanremo
nel dicembre 1896, egli lasciò tutto il suo patrimonio per l’istituzione di un premio che
ogni anno riconoscesse i migliori contributi a beneficio dell’umanità nel campo della
fisica, della chimica, della medicina, della
letteratura e della promozione della pace.
La Fondazione Nobel fu istituita nel 1900.
La prima premiazione venne effettuata il 10
dicembre 1901, anniversario della morte di
Nobel, e da allora viene sempre effettuato
in tale giorno a Stoccolma, eccenzion fatta
per quello della pace che viene consegnato
a Oslo.
Norberto Rosa nasce ad Avigliana il 3 maggio 1803, muore
a Susa il 27 giugno 1862.
Illustre aviglianese, giornalista e poeta, con la sua voce ha
contribuito ad affermare gli ideali di speranza e di unità
che hanno portato all’unità d’Italia.
La sua vita e la sua carriera si sono svolte per la maggior
parte in Val di Susa. Pubblicò sul Parnas Piemonteis, che
raccoglieva le composizioni di piccoli poeti, ma ne prese
poi le distanze dopo aver scoperto la poesia di Brofferio. Questo evento modificò
lo stile della sua poesia, la sua ispirazione trova più fresca espressione nel genere
gioioso, ma diventa poesia soprattutto, quando la passione politica, suscitata dal
nostro Risorgimento, offre un nuovo e impegnativo contenuto ai suoi versi. Trovò
spazio, per la sua nuova opera, sui giornali e sui volantini (scritti pubblicati in un
volume poco tempo fa, nel 1988).
Brofferio è di spirito rivoluzionario, democratico e repubblicano. È avvocato e giornalista e diventa deputato. Finisce in prigione alcune volte per la sua irruenza rivoluzionaria. Il Rosa è giornalista, sullo stile di Brofferio, ma più pacato.
Di famiglia non agiata, compie gli studi con difficoltà e poi diventa procuratore legale a Susa quindi provveditore agli studi e deputato al Parlamento Subalpino. Scrive
i tre poemetti Ij cativ médich, Le strade ferrate, sestine piemontesi e “Don Chissiòt.
Cant Prim”.
Delle favole che pubblica sul Parnas Piemontèis, alcune sono di satira sociale e politica, più tranquilla di quella di Brofferio, ma altrettanto mordace. Un’opera che i
critici valutano come la sua migliore è il componimento Ij piasì. Anche lui scrive versi
con temi d’altro genere, come ne Ël ver filòsofo.
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IL PALIO DEI BORGHI
Alfred Nobel
Norberto Rosa
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Fra le sue opere si ricordano le composizioni di stile patriottico Inno
dij piemontèis e Panegirich ‘d San Martin.
occidentale sino al termine della sua attività (intorno al 1535).
Di certo si sa delle sue opere nella precettoria di Sant’Antonio di
Ranverso per un documento in cui il Ferrari è menzionato e che
risale al 1530. Testimonianze importanti della sua opera si trovano nei musei piemontesi (Polittici di Sant’Ivo e di Santa Barbara alla Galleria sabauda di Torino; San
Gerolamo penitente nel Museo Civico d’Arte Antica di Torino; il Polittico di Bianzè al
Museo Borgogna di Vercelli). Sportelli di polittici smembrati sono presenti in numerosi musei italiani, europei e statunitensi.
Da ricordare sono anche le due tavole raffiguranti la Madonna col Bambino e Santi
conservate nella sacrestia del Duomo di Ivrea. Tra le opere ancora rimaste nelle chiese, per le quali furono costruiti, vanno menzionati almeno quelle poste nel Duomo
di Chivasso, nella chiesa di S. Giovanni in Avigliana e nella abbazia di Sant’Antonio
di Ranverso.
Borgo Pertusera
Non si sa di preciso a che cosa il borgo debba il suo nome: sicuramente
deriva da “pertus” (buco), ma non si sa se con esso si facesse riferimento
alla casa con la torre bucherellata sorta nel XIX secolo vicino alla ferrovia
o alla zona paludosa vicina alla Dora, piena di fossi e sorgenti. Pur comprendendo una zona piuttosto vasta, il borgo era abitato da poche famiglie, perché
il terreno era prevalentemente paludoso. I suoi figuranti rappresentano cavalieri,
scudieri, tessitori, vivandiere, maestri dolciari, erboristi e guardie del ponte.
Borgo San Pietro
Il borgo, conosciuto anche come San Pietro di Folonia, deve il suo nome
alla chiesa che si trova al suo interno. I suoi abitanti, i follones, erano prevalentemente tessitori e tintori, e in occasione del Palio li ritroviamo insieme a paggi, a boscaioli, all’ebreo, alla meretrice e alle suggestive masche
(streghe) di Montecuneo.
Borgo Vecchio
Probabilmente primo nucleo abitativo del comune di Avigliana, il borgo
si estende sulle pendici del colle Pezzulano, dominato dalle rovine del
castello, e racchiude alcuni monumenti tra i più significativi dell’epoca
medievale della cittadina, come la bella Chiesa di Santa Maria e la Porta
Ferrata. Originariamente abitato da mercanti, artigiani e ricchi borghesi, il borgo ha
sempre amato ostentare la propria ricchezza e ancora oggi gli abiti dei suoi figuranti (mercanti, borghesi, artigiani, cambiavalute e il taverniere) sono particolarmente
sfarzosi.
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PARCO NATURALE
dei Laghi di Avigliana
Tra il borgo medievale di Avigliana e
la val Sangone, ai piedi della Sacra di
San Michele, si apre la conca che ospita l’area umida più occidentale d’Italia:
due splendidi laghi, una palude e una
torbiera. È il parco naturale dei Laghi di Avigliana,
istituito nel 1980 dalla Regione Piemonte in provincia di Torino su una superficie di oltre 400 ettari. Un
autentico gioiello a due passi dalla metropoli, dove
coesistono ambienti diversissimi: il lago Grande affacciato ad Avigliana, con un’estensione di 90 ettari,
il solitario e selvaggio lago Piccolo (60 ettari), la palude dei Mareschi all’ombra della Sacra di San Michele, la torbiera di Trana (primitivo lago interrato, con
reperti conservati al museo di antichità di Torino e
nei musei universitari torinesi di Geologia e Antropologia), quindi gli aspri rilievi di monte Capretto e
del monte Pezzulano con le rovine del castello aviglianese e verso la val Sangone, la boscosa fascia
collinare morenica popolata di volpi, tassi e caprioli,
che divide il parco dalla piana di Giaveno.
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Creato per ricostituire gli equilibri naturali compromessi dallo sviluppo del dopoguerra e valorizzare le risorse dell’ambiente a due passi dal suggestivo nucleo
medievale aviglianese, il parco propone
diversi itinerari di visita autoguidati. I
sentieri lungolago che costeggiano i
due bacini nel regno delle anatre, dei
germani, dei cormorani e degli aironi, il sentiero collinare che lo sovrasta tra boschi di castagno e rovere,
il sentiero della palude tra i migratori
e gli aironi che popolano un ambiente
dominato da ciuffi di carici, tife e canne palustri, con cartelli che illustrano
la presenza degli uccelli, dei rettili, la
storia della pesca e le qualità di pesci
che si trovano nei laghi e il sentiero di
Montecapretto affacciato su Avigliana.
Nella palude dei Mareschi è stato realizzato un camminamento per l’osservazione degli animali. Infine tre itinerari
più impegnativi, della durata di tre ore:
il percorso didattico autoguidato che
attraversa tutti gli ambienti dell’area
protetta, il percorso dei massi erratici
ideale per la mountain bike e i cavalli,
e quello che s’inerpica sulla dorsale del
monte Cuneo all’estremità occidentale
della collina morenica di Rivoli e costituisce uno stupendo belvedere tra Avigliana e Reano, aperto a 360 gradi dal
Monviso al Musiné. La sede del parco si
trova davanti i vecchi ruderi del dinamitificio, dove si realizzava il T4.
Data la sua posizione geografica, la
zona ha subito nel corso dei secoli una
massiccia antropizzazione, di cui sono
preziosa testimonianza gli oggetti risalenti alla preistoria riapparsi durante
gli scavi per l’utilizzazione della torba
(oggi conservati in tre musei: Museo di
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Antichità di Torino e Musei delle Facoltà di Geologia
e Antropologia dell’Università di Torino).
Ben organizzato per la fruizione turistica, il parco
dispone di appositi parcheggi con posti riservati ai
disabili nell’area Fips del Lago Piccolo, nei pressi della borgata Sada e alla frazione Grignetto; parcheggi
solo per disabili in via Monte Pirchiriano e al punto
di osservazione del Lago Piccolo. Speciali leggii per
non vedenti in alfabeto Braille sono allestiti nei parcheggi del bar Le Terrazze, della birreria
Bel Sugnè, del ristorante Caccia Reale,
nella spiaggia dello Chalet del Lago, al
Nord-Nord Ovest Caffè, nel dehor della birreria Green Beach e in via Monte
Pirchiriano, area attrezzata T4, presso la
sede del parco. Sono inoltre presenti quattro punti
dell’Ecomuseo della Pesca (area Fips del Lago Piccolo, centro sportivo di via Suppo, area T4 e sentiero
lungolago), tre aree attrezzate (Fips, T4 e via Prole),
un punto ristoro sulle rive del Lago Piccolo nell’area
Fips, cartine di orienteering e tre punti di osservazione degli animali (sentiero della palude, riservino del
Lago Piccolo e via Giaveno).
Sopr
Sopra il parco, al di là della statale, si trova la borgata
Sada, splendido agglomerato di origine medievale,
e costeggiando
coste
il parco sul lago Piccolo, si può raggiunge
giungere la borgata San Bartolomeo, con la chiesa
del X
d
XIIII ssecolo.
I LAGHI, LA PALUDE
e il rilievi circostanti
L’origine dei laghi di Avigliana e dell’anfiteatro morenico risale alle ultime due
grandi glaciazioni pleistoceniche: quella Rissiana (230.000 anni fa) e quella
Würmiana (120.000 anni fa) quest’ultima responsabile della formazione dei
laghi.
Molto probabilmente le vicende glaciali generarono quattro bacini lacustri
due dei quali, la torbiera di Trana e l’attuale zona dei Mareschi, furono interrati dai detriti che scendevano dalle colline circostanti.
I due specchi d’acqua (lago Grande e lago Piccolo)
hanno quantitativi elevati di elementi nutritivi (soprattutto fosfati e nitrati) la cui digestione causa la
diminuzione dell’ossigeno disciolto nelle acque, soprattutto nel periodo estivo.
L’ittiofauna è caratterizzata prevalentemente da ciprinidi (cavedani, carpe, scardole), specie piuttosto
resistenti alle condizioni sopra descritte. Fra i pesci
presenti nei due laghi ricordiamo ancora: il luccio, il
pesce gatto, l’arborella, la tinca, il persico reale, il persico sole e il persico trota (quest’ultimo solo nel Lago
Grande) e l’anguilla.
Il Lago Piccolo
I bacini lacustri hanno peculiarità
individuali che li differenziano l’uno
dall’altro. Il Lago Piccolo (60 ettari,
356 m. s.l.m.) che riversa le proprie
acque nel Lago Grande, presenta
senza dubbio maggiori caratteristiche di naturalità poiché è circondato da boschi, prati e da una discreta
fascia di canneto.
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Centinaia di volatili di varie specie quali moriglioni,
morette, alzavole, fischioni, gallinelle d’acqua, mestoloni si concentrano sui laghi, in particolar modo
nel periodo autunnale ed invernale.
Il Lago Piccolo è particolarmente interessante per
l’osservazione dei germani (in netta maggioranza),
delle folaghe che tranquillamente nuotano sulle sue
acque, degli aironi cenerini e dei cormorani immobili
sui rami dei saliconi ormai bianchi del loro guano.
Tra gli animali più caratteristici segnaliamo lo svasso maggiore la cui spettacolare parata di corteggiamento chiamata danza dello specchio, è osservabile
a fine inverno – inizio primavera.
In seguito il nido galleggiante, costruito dalle coppie,
e i pulcini portati sul dorso dai genitori nei loro primi
spostamenti sono dimostrazioni pubbliche che si offrono a tutti gli appassionati di bird-watching.
Selvaggio e incontaminato, con rive completamente
naturali e prive di insediamenti umani, alimentato
da diversi ruscelli di cui il Rio Freddo è il maggiore,
rappresenta uno splendido esempio di ambiente lacustre morenico, ricco di fauna e flora e protetto dal
Parco Naturale dei Laghi di Avigliana.
All’altezza della borgata Sada si trova l’area attrezzata “la Zanzara”, ristrutturata dal Comune, situata sulla
spiaggetta del lago con ampio parcheggio, punto
ristoro e spazi verdi per pic nic .
Alle spalle del Lago Piccolo si estende l’area agricola della Torbiera di Trana, mentre verso Avigliana il
bacino cede acqua al Lago Grande tramite un breve
canale lungo appena qualche decina di metri.
riate attrazioni turistiche: ristoranti, bar, locali notturni e centri per gli sport acquatici. Protetto dal parco
naturale dei Laghi di Avigliana, nella sua parte più
settentrionale il bacino cede acqua al suo emissario,
il Canale della Naviglia, che alimenta la retrostante
Palude dei Mareschi, ricca di uccelli acquatici.
La zona dei Mareschi
I rilievi collinari
Le colline ad ovest del Lago Piccolo, percorse da numerosi ruscelli immissari del
lago, sono ricoperte da boschi cedui di
castagno e carpino frassino ed ospitano numerosi mammiferi (caprioli, volpi,
tassi, scoiattoli, faine) e uccelli (picchi,
cince, fringuelli, luì piccoli, ghiandaie,
merli, rigogoli, cardellini) che animano
i cespugli del sottobosco e le fronde
degli alberi. Una vita intensa che potrà
scoprire chi ne saprà ricercare le minime
tracce: movimenti rapidi, suoni curiosi o
improvvisi battiti d’ali.
Le colline centrali di Montecapretto, a
nord del Lago Grande, prive di corsi d’acqua sono caratterizzate da una maggiore xerotermia: la roverella, cui si accompagnano frassini, robinie, olmi e ciliegi, è
la piante più tipica.
Sul monte Pezzulano infine, all’estremità
nord del Parco, si ergono le rovine del castello Sabaudo la cui storia, con le prime
edificazioni in loco, si fa risalire al X secolo d.C. Nelle formazioni boschive dell’anfiteatro morenico aviglianese è possibile
incontrare dei massi erratici, spesso di
ragguardevoli dimensioni, silenziose testimonianze del glacialismo quaternario.
In queste valli un sentiero appositamente predisposto consente la loro scoperta
collegando così il Parco con il territorio
circostante.
Lago Grande
Il maggiore bacino di Avigliana
(90 ettari, 352 m. s.l.m.), di origine morenica, un tempo molto
inquinato ma ora completamente depurato, è da sei anni
balneabile.
Il lago Grande è animato da sva-
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ALBERGHI
Hotel Hermitage - via Sacra di San
Michele 12 - tel. 011/9369230.
Camere 8, posti letto16, bagni 8
Hotel Chalet del Lago - via Monginevro 26 - tel. 011/9369225.
Camere 23, posti letto 42, bagni 23
Hotel Sport - corso Torino 248
tel. 011/9342384.
Camere 29, psti letto 60, bagni 29
Hotel Caprice - via Pinerolo 1-3
tel. 011/9312646.
Camere 10, posti letto 18, bagni 10
Hotel Ninfa - via Gandhi 9
tel. 011/9761611.
Camere 76, posti letto 190, bagni 76
Domus Hotel - via Giaveno 4
tel. 011/9369059.
Camere 10, posti letto 21, bagni 10
Casa per Ferie Abbazia
1515 - via Sacra di San
Michele 51
tel. 335/7876161.
Camere 35, posti letto 75, bagni 38
San Francesco - Borgata Mortera 5
tel. 011/9369245
Caffè del Corso - corso Laghi 6
tel. 011/9327700
B&B Il Giardino delle Farfalle - via Belvedere 22 - tel. 011/9327685
392/5646148.
Camere 1, posti letto 2, bagni 1
 Albergo Vittoria - corso Torino 90
tel. 011/9367367.
Camere 10, posti letto 24, bagni 10
ALTRO
Casa per Ferie Conte Rosso - piazza
Conte Rosso 20 - tel. 011/9327791.
Camere 10, posti letto 50, bagni 10
Casa per Ferie Richelmy - corso Laghi 278
tel. 011/9328827.
Camere 24, posti letto 25, bagni 24
60
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White Bar - via C.A. Dalla Chiesa 17
tel. 011/9761004
RISTORANTI
San Michele - via Umberto I 33
tel. 011/9341818
Cibho - via Torino 130
tel. 011/9320364
Croce Bianca - via XX Settembre 56
tel. 011/9328191
Mojito Beach - via Monginevro, 26
tel. 331/4542039
INDIRIZZI
Caffetteria S. Agostino - via S. Agostino 26
tel. 011/9320374
PIZZERIE
Trattoria al Dente - corso Laghi 130
tel. 011/9327631
Caffè stazione - corso Laghi 7
tel. 011/9328386
El Mundo Calabro - corso Laghi 191
tel. 011/9327623
Affittacamere - via Pinerolo 51
tel. 011/9369151.
Camere 5, posti letto 8, bagni 5
Contea - via Monginevro 10
tel. 011/9369290
La Zanzara - via San Bartolomeo 2
tel. 011/9763184
Osteria Conte Rosso - piazza Conte
Rosso 34 - tel. 011/9328004
RISTORANTI CINESI
CAMPEGGI
La Burnia Coop. Drubiaglio - via Drubiaglio 18 - tel. 011/9342045
Il Torchio - corso Torino 248
tel. 011/9348676
Chong Qing - corso Torino 182
tel. 011/9367701
 Campeggio San Michele - strada
Antica Giaveno - Sant’ Ambrogio 29
tel. 011/9369067
Piazzole 90, posti persona 360, bagni: 33
L’Elisee - via Matteotti 44
tel. 011/9342221
King Rose - viale Gandhi 3
tel. 011/9366096
Ouyang - corso Laghi 74
tel. 011/9327762
Al Vin Santo - via Umberto I 27
tel. 011/3470323182
Domus - via Giaveno 4
tel. 011/9369059
Yang Zhou - corso Torino 90
tel. 011/9342373
veno 23 - tel. 011/9761051.
Piazzole 30, posti persona 120, bagni 6
Trattoria dei Turisti - corso Torino 19
tel. 011/9367543
Benna Bianca - via Giaveno 69
tel. 011/9369199
DISCOTECHE
TAVOLE CALDE
Torrefazione del Palio - via Garibaldi 2
tel. 011/9312985
RISTORANTI
Favola Fashion Club - via Monginevro 26
tel. 011/9369064
La Caffetteria - corso Laghi 147
tel. 011/9311940
Taverna del Lago - via Monginevro 10
tel. 011/9342796
The Lake - via Monginevro 8
Tel. 0119353964
Campeggio Avigliana Lacs - via Gia-
Hotel Miralago - via Giaveno 3
tel. 011/9369123.
Camere 10, posti letto 14, bagni 7
La zona dei Mareschi è l’area umida più occidentale
d’Italia, situata a nord-ovest del lago Grande; raccoglie le acque in uscita attraverso il Canale della Naviglia e rappresenta un ambiente rinaturalizzato dove
la presenza discreta dell’uomo s’interseca con la prorompente natura.
Lungo quest’area il silenzio è incombente, rotto solamente dai suoni della
natura. Si possono vedere grandi ciuffi di
carici, canne di palude e tife ondeggianti
sotto il peso della mazza ed ascoltare il
gracidare di rane e rospi. Veloci fagiani
attraversano i prati mentre sulle garzaie
o in volo si osservano gli aironi cenerini.
Nel cielo si ammirano anche, con un po’
di fortuna e attenzione, falchi di palude,
poiane e nibbi.
Sul lato est della zona palustre si trovano
i monumentali resti della più importante
fabbrica mondiale di esplosivi del periodo bellico: il dinamitificio Nobel (vedi
scheda 13), osservabile dietro la sede del
Parco, che rappresenta uno degli esempi
più interessanti di architettura industriale d’inizio secolo.
BAR - RISTORANTI
Caprice - via Pinerolo 3
tel. 011/9369152
La Crota - via Garibaldi 34
tel. 011/9328602
Antica Cappella - via Maritano Lino 10
tel. 011/9311155
PUB - BIRRERIE
Lago Grande - corso Laghi 296
tel. 011/9328801
Cin Cin - via Pinerolo 1 - tel. 011/9369136
Caffè Tritolo - via Galinier 46
tel. 011/9327447
Governatori di Avigliana
via XX Settembre 60/c
Malibù - corso Laghi 284
tel. 331/4542039
Caccia Reale - corso Laghi 409
tel. 011/9328717
Metropolis cafè
via Moncenisio 193
Ristorante Hotel Ninfa - viale Gandhi 9
tel. 011/9761611
La Crota - via Garibaldi 34
tel. 011/9328071
Hermitage - via Sacra San Michele 12
tel. 011/9369234
Vasco Kafè - corso Torino 73/b
tel. 366/4320164
Ponte Dora - via Almese 2
tel. 011/9342036
Gambrinus - piazza del Popolo
tel. 011/9341161
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UTILI
Ufficio Cultura, via IV Novembre 19
tel. 0119769117
www.comune.avigliana.to.it
mail: cultura.avigliana@reteunitaria.
piemonte.it
Biblioteca civica “Primo Levi”
via IV Novembre 19, tel. 0119769180
mail: [email protected]
Ente Parco Laghi di Avigliana
via Monte Pirchiriano 54,
tel. 0119313000
www.parconaturalelaghiavigliana.eu
Comando di Polizia Municipale
corso Laghi 92, tel. 0119367638
Pro Loco di Avigliana
tel. 3391413536
www.prolocoavigliana.org
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Città di Avigliana
Assessorato Cultura, Turismo, Commercio
Città di Avigliana
Assessorato Cultura, Turismo, Commercio
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