SENTENZA n° 129/11 REPUBBLICA ITALIANA In data 8.2.2011 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO RGNR 766/10 ____________________ Il Tribunale di Vibo Valentia - sezione penale - REG. GEN. 3742/08 Depositata in cancelleria Oggi composto dai Magistrati Dott. Giancarlo Bianchi Presidente Dott.ssa Manuela Gallo Giudice est. Dott. Alessandro Piscitelli Giudice IL CANCELLIERE Proposto Appello con l’intervento del P.M. rappresentato dal Sostituto Procuratore della Ricorso Repubblica dr Michele Sirgiovanni e con l’assistenza del Cancelliere Annamaria Furci In data IL CANCELLIERE all’udienza dell’8.2.2011, mediante lettura del dispositivo, ha pronunciato la seguente Esec. dal SENTENZA Scheda il Estratto esecutivo nella causa penale di primo grado Al P.M. il CONTRO Camp. Pen. 1) DONATO Rosario Alfredo nato a Palmi il 2.6.1965, residente a Roma alla via Cardarelli n. 9 – Libero – Presente – difeso di fiducia dall’avv. Carlo Oliva del foro di Palmi; IMPUTATO Per il reato di cui all’art. 644 c.p., perché nella sua qualità di direttore pro tempore della Banca Antonveneta – filiale di Vibo Valentia, mediante la sottoscrizione dei contratti di conto corrente: - c/c n. 10868 A intestato a “Maglificio Gabriele Giampietro”: conto corrente ordinario sottoscritto il 1.2.2001, sul quale sono stati concessi PAGINA 2 diversi fidi bancari (il contratto presenta alcune anomalie: il numero del conto è segnato a penna a correzione del numero 10880T, inoltre il primo movimento di apertura del conto corrente risulta il 18.1.2001, data anteriore all’apertura del conto); - c/c n. 11062 J intestato a “Gabriele Giampietro Ditta Maglificio” (del quale non risulta alcun contratto di apertura): l’operatività di tale c/c è limitata all’utilizzo di un fido per giro contare 50 milioni di vecchie lire al fine di sottoscrivere i titoli di cui al c/c di seguito indicato; - c/c n. 1157 M intestato a Gabriele Giampietro: conto corrente personale di Giampietro Gabriele, in realtà è un conto titoli della Banca Antoniana Popolare Veneta e della società De Longhi s.p.a. – anche se non è stata rinvenuta alcuna documentazione relativa né all’acquisto né alla vendita e/o al riscatto dei titoli De Longhi; si faceva promettere vantaggi ed interessi usurari come di seguito indicati, in quanto superiori al tasso soglia previsto dalla legge. In particolare, in relazione al c/c n. 10868 A: - anno 2001: nel I trimestre un vantaggio pari al 16,65% a fronte di un tasso usuraio del 15,63%; nel III trimestre un vantaggio pari al 21,63% a fronte di un tasso usuraio del 15,23%; - anno 2002: nel I trimestre un vantaggio pari al 18,42% a fronte di un interesse soglia del 14,13 %; nel II trimestre un vantaggio del 34,04% a fronte di un tasso soglia del 14,55%; nel III trimestre un vantaggio pari al 31,86 % a fronte di una soglia del 14,67% e nel IV trimestre vantaggi del 17,23% a fronte di una soglia del 14,7%; - anno 2003: nel I trimestre un vantaggio pari al 18,13% a fronte di un interesse soglia del 14,6 %; nel II trimestre un vantaggio del 17,96% a fronte di un tasso soglia del 14,6 %; nel III trimestre un vantaggio pari al 20,85 % a fronte di una soglia del 14,19 % e nel IV trimestre vantaggi del 19,87 % a fronte di una soglia del 13,89 %; in relazione al c/c n. 11057M: ________________________________________________________________________ 2 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 3 - anno 2001: nel III trimestre un vantaggio pari al 26,76 % a fronte di un tasso usuraio del 15,23% e nel IV trimestre vantaggi pari al 17,26 % a fronte di una soglia del 15%; - anno 2002: nel I trimestre un vantaggio del 17,82% a fronte di un interesse soglia del 14,13%; nel II trimestre un vantaggio del 18,61 % a fronte di un tasso soglia del 14,55%; nel III trimestre un vantaggio del 20,69% a fronte di una soglia del 14,67% e nel IV trimestre ventaggi del 20,69% a fronte di una soglia del 14,67%; - anno 2003: nel I trimestre un vantaggio del 20,85 % a fronte di un interesse soglia del 14,6 %; nel II trimestre un vantaggio del 20,4 % a fronte di un tasso soglia del 14,6 %; nel III trimestre un vantaggio del 20,29% a fronte di una soglia del 14,19 % e nel IV trimestre ventaggi del 20,24 % a fronte di una soglia del 13,89 %; in relazione al c/c n. 11062J: - anno 2001: nel III trimestre un vantaggio pari al 23,04 % a fronte di un tasso usuraio del 15,23%; - anno 2002: nel II trimestre un vantaggio del 19,17 % a fronte di un tasso soglia del 14,55 %; nel III trimestre un vantaggio del 20,69% a fronte di una soglia del 14,67 % e nel IV trimestre vantaggi del 20,69 % a fronte di una soglia del 14,7 %; - anno 2003: nel I trimestre un vantaggio del 29,43 % a fronte di un interesse soglia del 14,6 %; nel II trimestre un vantaggio del 20,37 % a fronte di un tasso soglia del 14,6 %; nel III trimestre un vantaggio del 20,29 % a fronte di una soglia del 14,19 % e nel IV trimestre vantaggi del 20,15 % a fronte di una soglia del 13,89 %; Fatti commessi in Vibo Valentia negli anni 2001, 2002, 2003. All’udienza dell’8.2.2011 le parti concludevano come segue: Pubblico Ministero: assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 530 comma 2 perché il fatto non costituisce reato; ________________________________________________________________________ 3 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 4 Avv.to Antonio Paolì per le parti civili:conclusioni scritte; Difesa avv.to Oliva: assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto. Svolgimento del processo e motivi della decisione Con decreto che dispone il giudizio emesso dal GUP in sede in data 13.7.2010 Donato Rosario Alfredo veniva tratto innanzi al Tribunale di Vibo Valentia in composizione collegiale in ordine al reato contestato in epigrafe. Alla prima udienza dibattimentale fissata per il 5 ottobre 2010, il Tribunale, preliminarmente dichiarata la contumacia dell’imputato regolarmente citato a giudizio e non comparso, dichiarava l’apertura del dibattimento ed ammetteva i mezzi di prova richiesti dalle parti, rinviando poi il dibattimento al 30.11.2010. All’indicata udienza di rinvio si procedeva all’esame dei testi di P.G. Di Lorenzo e Spataro e delle parti civili Gabriele Giampietro e Gabriele Gaetano; quindi il Tribunale, sull’accordo delle parti, disponeva acquisirsi al fascicolo per il dibattimento la relazione di consulenza tecnica d’ufficio redatta dal dott. Tomaini rinviando poi la trattazione del processo all’8.2.2011. In tale ultima udienza il Tribunale, rilevata la presenza in aula dell’imputato, revocava l’ordinanza dichiarativa di contumacia; disponeva quindi acquisirsi al fascicolo per il dibattimento la documentazione offerta dal pubblico ministero, dal difensore di parte civile e dal difensore dell’imputato e di qui, esaurita in tal modo l’istruttoria dibattimentale e dichiarata l’utilizzabilità di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, ammetteva le parti alle rispettive conclusioni e, previa camera di consiglio, definiva la causa mediante lettura del dispositivo. ________________________________________________________________________ 4 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 5 Il Collegio ha ritenuto di pervenire agli esiti decisori conseguiti sulla base degli elementi emersi dalle prove dichiarative e documentali acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale, valutati in rapporto alla contestazione di cui all’art. 644 comma 1 c.p., come modificato dalla legge n. 108 del 1996. Occorre preliminarmente operare una completa ricostruzione dei fatti prendendo le mosse proprio dalla deposizione della persona offesa per poi completare il quadro fattuale con gli ulteriori dati, dichiarativi e documentali, acquisiti al fascicolo dibattimentale. Riferiva il Gabriele Giampietro di essere titolare di un’impresa tessile, avente ad oggetto la produzione di costumi da bagno e maglieria, dal 1986. All’inizio del 2001, sebbene l’impresa fosse in piena attività, aveva avuto bisogno immediato di liquidità per l’acquisto di materie prime e il pagamento dei dipendenti (ciò perché le vendite e i relativi incassi si sarebbero concentrati, proprio per le caratteristiche stagionali dell’attività, dopo l’estate) e si era rivolto, su suggerimento di alcuni commercianti della zona, alla Banca Antoniana Popolare Veneta di Vibo Valentia. Aveva avuto quindi un primo incontro con il direttore di filiale – il dott. Donato Rosario Alfredo – nel gennaio del 2001 nel corso del quale gli aveva esposto la necessità di aprire un conto-corrente che prevedesse la concessione di un fido di 30 milioni di lire. Il Donato gli aveva comunicato che non ci sarebbero stati problemi e gli aveva indicato la documentazione da presentare ai fini dell’accensione del conto. In quella occasione il direttore non aveva fatto alcun cenno ai tassi di interesse passivi che gli sarebbero stati applicati né lui aveva avuto la lucidità di sollevare la questione. Nel corso di un secondo incontro, a pochi giorni di distanza, il dott. Donato gli aveva comunicato di aver bisogno, ai fini della concessione ________________________________________________________________________ 5 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 6 del fido, di una garanzia personale da parte di un soggetto che avesse un reddito fisso mensile. Così si era rivolto a suo fratello Gaetano – dipendente ASL – che si era impegnato ad aiutarlo. Si erano quindi recati insieme presso l’ufficio del Donato dove suo fratello – su indicazione del direttore – aveva firmato un foglio in bianco e un modulo di condizioni generali di fideiussione bancaria. A fronte dell’obiezione manifestata circa l’avvenuta sottoscrizione di moduli in bianco, il direttore aveva replicato che in quel momento non aveva tempo e che nei giorni successivi avrebbe consegnato loro copia della documentazione (consegna che non sarebbe mai avvenuta). In quella stessa occasione aveva sottoscritto il primo contratto di conto corrente bancario, aderendo alle condizioni generali di contratto sottopostegli dal direttore. Solo in un secondo momento si era accorto che il contratto recava una data diversa e successiva da quella dell’effettiva sottoscrizione, avvenuta il 18 gennaio 2001 e che il numero di conto era stato aggiunto a penna a correzione del diverso numero stampato sul documento. Dopo un versamento di un milione di lire all’apertura del conto, aveva iniziato ad utilizzare il fido facendo diversi prelievi ed andando subito in rosso nei primi mesi del 2001. Nel mese di marzo, a seguito di un rimborso IVA pari a £ 235.000.000,000, aveva temporaneamente ripianato lo scoperto fino a quando, a partire dal mese di giugno, aveva nuovamente esaurito il credito andando nuovamente fuori fido nel mese di luglio. A luglio era stato convocato dal direttore Donato che gli aveva suggerito di aprire un secondo conto corrente sul quale traslare gli interessi maturati sul primo conto, in modo da creare una sorta di filtro per rendere meno onerosi i costi del credito. A quel punto lui gli aveva manifestato la sua preoccupazione e aveva evidenziato come gli interessi fossero molto elevati ma, a fronte della ________________________________________________________________________ 6 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 7 rassicurazione da parte del direttore circa la piena legittimità del tasso di interesse praticato, aveva infine acconsentito alla proposta, anche per paura andare incontro ad ulteriori problemi, sottoscrivendo il secondo contratto di conto corrente in data 23 luglio 2001. Anche in questo caso non c’era stata alcuna trattativa sulla misura degli interessi passivi applicati. Precisava la persona offesa di non aver mai operato sul secondo conto corrente, che era stato utilizzato dalla banca solo per fare delle operazioni di giroconto. Proseguendo nel racconto, riferiva che nel settembre dello stesso anno gli era stato recapitato un estratto conto con un numero di conto che non aveva mai visto (11062J); si era quindi recato dal direttore Donato per chiedere spiegazioni ed era stato informato del fatto che il terzo conto corrente era stato acceso per fare da filtro agli altri due. Precisava che un paio di mesi prima – a luglio – il Donato gli aveva chiesto verbalmente se avesse voluto acquistare una polizza vita e dei fondi azionari e che, a fronte delle rassicurazioni ricevute circa la convenienza dell’affare, aveva infine accettato sebbene con molte perplessità. Anche su questo terzo conto, utilizzato esclusivamente come conto titoli, non aveva mai operato. Nel corso degli anni si era quindi progressivamente indebitato, fino ad arrivare ad uno scoperto pari a circa 80.000,00 euro nel 2005, quando, a seguito di un decreto ingiuntivo notificato dalla banca a lui e a suo fratello Gaetano, gli erano stati chiusi tutti e tre i conti. La persona offesa riferiva di non aver avuto più contatti con il Donato successivamente al settembre del 2001; lo aveva ripetutamente cercato per parlargli, ma l’altro si era sempre fatto negare; ad un certo punto, alla fine del 2002, gli era stato riferito che il direttore era stato trasferito ad altra filiale (precisamente nel luglio del 2002). ________________________________________________________________________ 7 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 8 La vicenda riferita lo aveva profondamente provato; a seguito della notifica del decreto ingiuntivo da parte della banca, aveva infatti intrapreso una controversia giudiziaria in sede civile, ancora pendente. Inoltre aveva sofferto di depressione dovuta anche alle enormi difficoltà nella gestione della sua attività commerciale, dal momento che nessun istituto di credito era più stato disposto a concedergli finanziamenti. Il teste Gabriele Gaetano – anche lui persona offesa dal reato – confermava, per quanto a sua conoscenza, le dichiarazioni rese dal fratello. Precisava, con riferimento alla fideiussione prestata a favore del fratello, di aver firmato nel gennaio del 2001 dei moduli in bianco e tuttavia di aver preso precisi accordi con il dott. Donato secondo i quali l’importo garantito non doveva essere superiore ai trenta milioni di lire. Soltanto al momento dell’instaurazione della controversia in sede civile, aveva nuovamente preso visione del contratto di fideiussione che recava un importo di £ 225.000.000,000, dato certamente non contenuto nel documento al momento della sottoscrizione da parte sua nel gennaio del 2001. Il teste Spadaro Vincenzo – in servizio presso la sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica in sede – riferiva degli esiti degli accertamenti svolti in relazione alla vicenda in esame, consistiti essenzialmente nell’acquisizione di documentazione bancaria relativa ai contratti di conto corrente accesi dal Gabriele presso la filiale dell’Antonveneta di Vibo Valentia. Il teste riferiva che il Gabriele Giampietro, nel periodo gennaio-settembre 2001, aveva acceso presso la Banca Antonveneta di Vibo Valentia tre contratti di conto corrente: il primo, recante il numero 10868A, in data 18.1.2001; il secondo, recante il numero 11057M, in data 23 luglio 2001 ed il terzo, contraddistinto dal numero 11062J e in relazione al quale non era stata reperita alcuna documentazione , in data 16 settembre 2001. ________________________________________________________________________ 8 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 9 I tre conti risultavano estinti contestualmente alla data del 2.2.2005, in seguito alla notifica da parte della banca al Gabriele di un decreto ingiuntivo per un importo di circa 80.000,00 euro. Mentre il primo conto era risultato essere effettivamente operativo, il secondo era stato utilizzato esclusivamente per traslare gli interessi maturati sul primo, non essendovi tracce di movimentazioni di sorta, ed il terzo aveva funzionato come conto-titoli. Precisava il teste che, in relazione ai primi due conti-corrente, erano stati acquisiti i documenti regolarmente sottoscritti dalle parti. Riferiva infine di aver richiesto alla sede centrale della Banca Antonveneta in Padova informazioni circa la presenza in servizio e il ruolo rivestito dal Donato nel periodo 2 febbraio – 23 luglio 2001 e di aver ricevuto una nota che confermava il ruolo di direttore della filiale di Vibo Valentia dallo stesso svolto nel periodo considerato e ne indicava la cessazione dal servizio, senza specificare la causa, a far data dall’8 novembre 2004. Esaurita l’esposizione dei dati emersi dalla prova dichiarativa, occorre ora soffermarsi sui dati documentali acquisiti al fascicolo per il dibattimento. E’ in atti la relazione di consulenza tecnica d’ufficio redatta dal dott. Andrea Tommain – commercialista e revisore contabile – su incarico conferitogli dal pubblico ministero in data 18.3.2009 avente ad oggetto la ricostruzione dei rapporti bancari intercorsi tra Gabriele Giampietro e Gabriele Gaetano Antonio e l’istituto bancario Antonveneta, filiale di Vibo Valentia con particolare riferimento ai contratti di conto corrente più volte citati nonché l’accertamento circa il superamento, mediante l’imputazione degli interessi passivi, del tasso soglia previsto dalla legge. Il consulente relazionava di aver condotto l’esame su tre conti-correnti intestati alla persona di Gabriele Giampietro ovvero alla ditta allo stesso riconducibile (Gabriele Giampietro Ditta Maglificio). ________________________________________________________________________ 9 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 10 Dalla lettura della relazione in atti è possibile ricostruire i rapporti bancari intercorsi tra il correntista e la banca nei termini di seguito descritti. Il CTU ha rinvenuto i contratti di apertura dei conti n. 10868A e 11057M in cui si evidenziano le condizioni di costo, mentre non ha rinvenuto il contratto relativo al conto 11062J. Il conto corrente ordinario n. 10868A intestato a “Maglificio Gabriele Giampietro” sottoscritto il 1.2.2001 riporta nella stampa meccanografica del contratto il n.10880T poi corretto manualmente in 10868A. Il contratto 10880T risulta intestato a persona terza. Il primo movimento di apertura del conto in questione risulta essere il 18.1.2001, data antecedente la sottoscrizione del contratto. Tale conto corrente veniva utilizzato per la normale operatività della ditta Maglificio fino al 30.9.2001. Dopo tale data su questo conto venivano girocontati anche gli interessi passivi maturati sul conto 11062J. Il conto corrente ordinario n. 11057M intestato a Gabriele Giampietro risulta sottoscritto in data 23.7.2001. L’operatività di tale conto risulta essere quella di un conto titoli. L’unica operazione significativa segnalata su tale conto è quella consistita nell’utilizzo del fido di £ 50.000.000,00, concesso sul conto 11062J, per acquisire i titoli De Longhi s.p.a. e B.A.P.V. In relazione al conto corrente ordinario n. 11062J non risulta il contratto di apertura. Il primo estratto conto riporta la data di apertura 16.9.2001 ed è intestato a “Gabriele Gimpietro Ditta Maglificio”. L’operatività di tale conto è limitata all’utilizzo del fido per girocontare 50 milioni di lire sul conto 11057M in data 17.9.2001 al fine di sottoscrivere i titoli sopra menzionati. A garanzia del fido concesso dalla banca sul conto 10868A, era stata rilasciata fideiussione da parte di Gabriele Gaetano Antonio in favore di ________________________________________________________________________ 10 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 11 Gabriele Giampietro in data 9.2.2001 fino all’importo di £ 225.000.000,00. Il CTU non ha rinvenuto il contratto di fideiussione, ma bensì una missiva inviata dal Gabriele Gaetano alla banca Antonveneta di Vibo Valentia nella quale si attestatava che la maggiorazione dell’importo garantito fino a £ 225.000.000,00 non costituiva novazione del contratto di fideiussione stipulato in data 9.2.2001 ed un modulo di condizioni generali uniformi di fideiussione sottoscritto dal Gabriele in data 28.7.2001 (importo garantito pari a £ 225.000.000,00). I rapporti contrattuali tra il Gabriele e la Banca Antonveneta di Vibo Valentia risultano estinti alla data del 2.2.2005. Nel corso del rapporto contrattuale, la banca ha liquidato al correntista con cadenza trimestrale sia gli interessi attivi che gli interessi passivi e, su ciascun conto, ha concesso affidamenti di importo variabile (contratto di apertura di credito con scoperto su conto corrente). La determinazione ed imputazione del tasso di interesse passivo avveniva sulla base di periodiche comunicazioni di variazione univoca del tasso. Il consulente tecnico ha verificato se l’imputazione degli interessi passivi da parte della banca al correntista abbia superato la soglia anti-usura prevista dalla legge, in relazione a ciascun conto corrente e a ciascun trimestre di riferimento negli anni dal 2001 al 2004. Nel condurre tale verifica, ha applicato i criteri legali per la determinazione del Tasso Effettivo Globale (TEG) e del tasso-soglia (criteri previsti dalla legge n.108 del 1996 che ha novellato l’art. 644 c.p.) ed ha accertato distintamente in quali casi il tasso di interesse applicato superasse la soglia anti-usura anche escludendo la commissione di massimo scoperto (CMS) dal calcolo del TEG ed in quali altri, invece, il superamento del limite legale fosse determinato solo dalla sommatoria del TEG e della CMS. Dall’analisi condotta è risultato che: ________________________________________________________________________ 11 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 12 - in relazione al conto corrente n. 10868A, il tasso di interesse passivo applicato al correntista è superiore alla soglia anti-usura anche escludendo la CMS dal calcolo del TEG con riferimento al 2° e 3° trimestre del 2002; il tasso di interesse passivo è invece superiore al tasso soglia solo includendo la CMS nel calcolo del TEG con riferimento al 1° e 3° trimestre del 2001, 1° e 4° trimestre del 2002, 1°, 2°, 3° e 4° trimestre del 2003; - in relazione al conto corrente n. 11057M, il tasso di interesse passivo applicato al correntista è superiore al tasso soglia solo includendo la CMS nel calcolo del TEG con riferimento al 3° e 4° trimestre del 2001, 1°, 2°, 3°, 4° trimestre del 2002, 1°, 2°, 3°, 4° trimestre del 2003; - in relazione al conto corrente n. 11062J, il tasso di interesse passivo applicato al correntista è superiore al tasso anti-usura solo includendo la CMS nel calcolo del TEG con riferimento al 3° trimestre del 2001, al 1°, 2°, 3°, 4° trimestre del 2002, al 1°, 2°, 3° e 4° trimestre del 2003 ed infine al 1° trimestre del 2004. Si darà conto nel prosieguo della parte motiva del significato delle nozioni di “tasso effettivo globale” e di “commissione di massimo scoperto” e dell’incidenza di tali voci nel calcolo del tasso-soglia superato il quale gli interessi sono sempre da considerarsi usurari secondo il disposto del comma 3 dell’art. 644 c.p., come novellato dalla legge n. 108 del 1996. Ebbene, prima di procedere alla valutazione delle acquisizioni probatorie conseguite in rapporto alla contestazione mossa all’imputato, è opportuno evidenziare come l’imputazione abbia ad oggetto la fattispecie p. e p. dall’art. 644 comma uno, terzo (prima parte) e quarto nr. 1 e 4 del codice penale. Secondo l’ipotesi di accusa, infatti, il dott. Donato – nella sua qualità di direttore della filiale di Vibo Valentia della Banca Antonveneta e dunque ________________________________________________________________________ 12 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 13 nell’esercizio dell’attività bancaria – avrebbe posto in essere una condotta usuraria in danno del Gabriele Giampietro – imprenditore commerciale – condotta realizzata mediante la stipula di tre contratti di conto corrente che prevedevano l’applicazione di tassi di interesse passivi superiori alla soglia anti-usura prevista dalla legge, interessi capitalizzati trimestralmente nel periodo compreso fra il 2001 ed il 2004. All’imputato è dunque contestato il reato di usura “comune” che si caratterizza per l’oggettivo superamento del tasso soglia legale degli interessi oggetto di promessa o dazione da parte della persona offesa, indipendentemente dalle condizioni soggettive di quest’ultima (stato di bisogno). E allora, deve osservarsi in punto di diritto, come l’art. 644 c.p. – a seguito della novella del 1996 – contenga una disciplina che fa perno su un rapporto di sproporzione fra le prestazioni, predeterminato attraverso una procedura amministrativa, dunque in chiave tendenzialmente oggettiva. Ove – come nel caso in esame - non venga in considerazione l’abuso della situazione di bisogno, l’elemento oggettivo del reato di usura è integrato dall’obiettivo superamento del tasso soglia degli interessi. Il superamento del tasso soglia, determinato secondo la procedura amministrativa prevista dalla legge, comporta, infatti, una presunzione legale di usurarietà degli interessi. Più specificamente il comma 3 dell’art. 644 c.p. prevede che “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”. A norma dell’art. 2, comma 4, della legge 108 del 1996 “il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 c.p., oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà”. ________________________________________________________________________ 13 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 14 Lo stesso art. 2, ai commi 1 e 2, prevede le modalità di svolgimento della procedura amministrativa per la determinazione del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari (decreto del Ministero del Tesoro di rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio, adottato sulla base del parere obbligatorio e vincolante della Banca d’Italia e dell’Ufficio Italiano Cambi). In sostanza la legge ha previsto una procedura amministrativa volta a rilevare in modo oggettivo il livello medio dei tassi d’interesse praticati dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati, ancorando il disvalore sociale collegato al concetto di usura al superamento di tale livello soglia, aumentato della metà. Di conseguenza la norma di cui all’art. 644 c.p. si presenta come una norma penale parzialmente in bianco, in quanto per determinare il contenuto concreto del precetto penale è necessario fare riferimento ai risultati di una complessa procedura amministrativa. Questo percorso postula l’intervento della Banca d’Italia che nella sua qualità di organo di vigilanza sul sistema bancario e creditizio deve fornire le dovute istruzioni alle banche ed agli operatori finanziari autorizzati per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi praticati dal sistema bancario e finanziario in relazione alle categorie omogenee di operazioni creditizie. Tali istruzioni sono relative tanto alla classificazione delle operazioni omogenee rispetto alle quali effettuare la rilevazione dei tassi medi effettivamente praticati nel trimestre, quanto all’individuazione delle voci (commissioni, remunerazioni, spese collegate all’erogazione del credito) che devono essere incluse nel calcolo del TEG. A questo riguardo occorre osservare – attesa la rilevanza della questione ai fini decisori conseguiti – che le istruzioni di vigilanza emanate dalla Banca d’Italia e in vigore fino al 2° trimestre 2009 prevedevano che la commissione di massimo scoperto – da intendersi come il costo applicato dall’intermediario finanziario al cliente quale corrispettivo per ________________________________________________________________________ 14 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 15 l’utilizzazione dell’apertura di credito concessagli – non entrava nel calcolo del TEG ma doveva essere rilevata separatamente ed espressa in termini percentuali. Tale metodologia di calcolo del TEG applicata dalla Banca d’Italia – benché in contrasto con la disposizione di cui al comma quarto dell’art. 644 c.p. secondo la quale, ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario, si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese collegate alla erogazione del credito – è stata posta a fondamento dei decreti ministeriali di rilevazione trimestrale del TEG adottati ai sensi della legge n. 108 del 1996. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, occorre ora accertare – sulla base dei dati probatori a disposizione del Collegio – se le condotte attribuite all’imputato nel periodo compreso fra il 2001 ed il 2004 siano allo stesso riconducibili e, in questo caso, se siano idonee ad integrare oggettivamente e soggettivamente il reato di usura contestatogli. E’ bene premettere, in punto di diritto, come il reato di usura si configuri come una fattispecie a consumazione prolungata che, nel caso in esame, segue l’andamento del rapporto contrattuale di durata intercorso fra il correntista e la banca. Invero, la previsione normativa della promessa o della convenzione degli interessi usurari come momento consumativo del reato non significa affatto che tale momento possa aversi solo nella fase iniziale di un rapporto di credito. E’ infatti ben possibile che le condizioni contrattuali possano cambiare in costanza di rapporto per fatto unilaterale accettato o per accordo bilaterale. Nel caso in esame, infatti, le condizioni stabilite al momento della stipula dei contratti di conto corrente fra le parti sono state modificate con periodicità trimestrale sulla base di comunicazioni unilaterali di variazione dei tassi di interesse passivi praticati dalla banca al correntista ________________________________________________________________________ 15 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 16 e ciò è avvenuto nel corso del rapporto di durata tra le parti, rapporto che si è svolto negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004. E allora – coerentemente con la strutturazione del capo d’accusa – occorrerà analizzare la condotta dell’imputato e l’applicazione dei tassi di interesse praticati con riferimento all’intera durata del rapporto contrattuale tra il Gabriele Giampietro e la Banca Antoneveneta di Vibo Valentia, verificando in quali trimestri l’imputazione dei tassi di interesse abbia superato la soglia-antiusura e in relazione a quali periodi tale imputazione sia riconducibile all’imputato ed allo stesso riferibile anche sotto il profilo soggettivo. Si è già detto, in parte ricostruttiva, dell’analisi condotta dal consulente tecnico d’ufficio circa il carattere usurario o meno degli interessi praticati dalla banca alla persona offesa in relazione ai tre conti-corrente di cui al capo d’imputazione e a tutti i trimestri di riferimento. Ancora, si è già dato atto di come l’esperto abbia fatto applicazione, nella determinazione del TEG e del tasso-soglia, dei criteri legali indicati dalla legge n. 108 del 1996 e di come, da questo profilo, l’indagine condotta debba ritenersi pienamente affidabile e comunque non contraddetta dalla difesa. Ebbene, il CTU, nella relazione in atti, ha evidenziato come il tasso di interesse applicato fosse obiettivamente superiore al tasso soglia in diversi trimestri degli anni 2001, 2002, 2003 e 2004 ed in relazione ai tre contratti di conto-corrente stipulati fra le parti. Solo con riferimento al primo contratto di conto corrente (n. 10868A) ed al 2° e 3° trimestre del 2002, ha concluso che il tasso di interesse passivo è da ritenersi usurario secondo il criterio di calcolo del TEG che esclude la CMS dal computo. In tutti gli altri casi, ha evidenziato come il superamento del tasso antiusura si sia determinato solo dalla somma del TEG e della CMS ai fini della determinazione del tasso soglia. ________________________________________________________________________ 16 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 17 E allora, ai fini decisori conseguiti, occorre distinguere le diverse situazioni. Non vi è dubbio – con riferimento al primo conto-corrente e al secondo e terzo trimestre del 2002 – che l’imputato debba essere ritenuto responsabile della concreta imputazione alla persona offesa di interessi passivi superiori alla soglia legale antiusura. Invero, occorre premettere che la contestazione nei confronti del Donato ha ad oggetto una condotta attiva consistita nell’aver stipulato con la persona offesa contratti di conto corrente a condizioni usurarie (condizioni rinnovate di volta in volta, in relazione ai singoli trimestri di riferimento, mediante comunicazioni unilaterali di variazione dei tassi di interesse praticati). Da questo profilo, la tesi difensiva secondo la quale, in presenza di condizioni generali di contratto stabilite dai vertici dell’organizzazione bancaria e segnatamente dalla direzione generale, non sarebbe concretamente riconducibile all’imputato – nella qualità di direttore di filiale – l’applicazione di interessi usurari, deve essere decisamente respinta. Può infatti convenirsi sui presupposti fattuali della ricostruzione difensiva, ma ciò comunque non può condurre ad un esito assolutorio nei confronti dell’imputato. Sono certamente condivisibili le osservazioni secondo le quali l’organizzazione bancaria è di tipo complesso e gerarchico ed, in presenza di tali condizioni, la determinazione delle condizioni generali poi concretamente applicate nei singoli rapporti con i clienti spetta ai vertici e non certo ai funzionari. Ciò posto, il margine di autonomia riservato ai funzionari nella determinazione delle condizioni contrattuali e dei costi dell’accesso al credito è certamente molto ristretto. Deve osservarsi tuttavia che il momento consumativo del reato di usura – nell’ipotesi di pattuizione di interessi superiori alla soglia legale ________________________________________________________________________ 17 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 18 accessoria ad un contratto di apertura di credito su conto corrente, qual è quella in esame – va riportato alla stipula del contratto tra il funzionario ed il cliente, perché solo al momento del perfezionamento della pattuizione le condizioni usurarie – pur determinate sulla base delle direttive di soggetti gerarchicamente sovraordinati – trovano concreta applicazione con conseguente lesione dell’interesse penalmente protetto. In tali condizioni, non può allora sostenersi che la condotta posta in essere dall’imputato non abbia carattere obiettivamente usurario, concorrendo con sicura efficacia causale all’offesa dell’oggetto di tutela penale. Ampliando i termini del discorso, deve poi osservarsi come in effetti – nel caso in esame e in casi analoghi – andrebbe ravvisata una responsabilità concorsuale dei vertici aziendali e del funzionario di banca che abbia concretamente condotto la trattativa che si risolve nell’applicazione di condizioni usurarie determinate dall’alto ai rapporti contrattuali con la clientela. Vale al contrario rilevare, ed a sostegno della tesi concorsuale, che solo attraverso la stipula di contratti da parte delle singole filiali, si attua concretamente quel meccanismo di concessione del credito a tassi illeciti che altrimenti non troverebbe pratica attuazione. La difesa, a fini scriminanti, ha prodotto sentenza di altro Tribunale che ha mandato assolti da simili contestazioni usurarie vertici di Istituti Bancari nazionali e funzionari delle filiali. Questo Collegio ritiene di non poter seguire logicamente quel percorso decisorio. E’ da ritenere, infatti, molto più pianamente, che in ipotesi quali quella oggetto di giudizio, sono incontestati alcuni dati fattuali che conducono all’individuazione, nella concreta consumazione del reato di usura, di condotte concorsuali da parte dei vertici aziendali e dei funzionari locali preposti alle varie filiali. ________________________________________________________________________ 18 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 19 La previsione di tassi usurari avviene certamente ad opera dei vertici aziendali ma al contempo è solo la stipula di contratti in sede locale che permette la realizzazione della fattispecie usuraria in danno dei privati contraenti i conti-corrente medesimi. Appare evidente pertanto il meccanismo concorsuale postulato da questo Collegio che finisce per coinvolgere necessariamente i funzionari e/o direttori preposti alle diverse filiali territorialmente dislocate. Né può attribuirsi alcuna valenza scriminante al carattere vincolante delle direttive impartite dai vertici aziendali ai singoli funzionari – qual era, nel periodo di riferimento, il dott. Donato – ed al ristretto margine di autonomia a questi ultimi riconosciuto rispetto alla determinazione delle condizioni contrattuali. Ed invero, in nessun caso potrebbe attribuirsi efficacia scriminante ad una direttiva o a un ordine gerarchico che imponga la realizzazione di una condotta criminosa, atteso che il sottoposto ha sempre un’alternativa perseguibile che è quella di astenersi dal tenere la condotta penalmente vietata. Nel caso in esame, quindi, la circostanza della indicazione di condizioni contrattuali usurarie da parte della direzione generale della banca non scrimina la condotta posta in essere dall’imputato e consistita nella stipula di un contratto con oggetto illecito da individuarsi nelle prestazioni usurarie pattuite. Né può dirsi che la condotta del direttore di filiale possa ritenersi scriminata dal punto di vista dell’elemento soggettivo del reato. Non può sostenersi, invero, che l’imputato – pur agendo conformemente alle direttive provenienti dall’alto – non fosse consapevole di applicare condizioni contrattuali usurarie. Quale direttore di banca deve ritenersi soggetto munito di specifica competenza professionale nel settore e come tale certamente a conoscenza delle regole del mercato creditizio e della normativa, primaria e secondaria, applicabile. ________________________________________________________________________ 19 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 20 Se ciò è vero in linea generale, è necessario tuttavia articolare meglio il ragionamento. E’ risultato che il tasso di interesse passivo applicato era superiore alla soglia anti-usura anche senza considerare la commissione di massimo scoperto ai fini del calcolo del tasso effettivo globale medio, dunque aderendo al criterio di calcolo indicato dalla Banca d’Italia nelle istruzioni di vigilanza in vigore fino al 2009, solo in relazione a due trimestri (il secondo ed il terzo del 2002). In relazione ad altri trimestri gli interessi sono risultati superiori alla soglia legale solo includendo la CMS nel calcolo del TEG (con riferimento a tutti i contratti di conto corrente conclusi dall’imputato con la persona offesa ed al periodo compreso fra il 1° trimestre del 2001 ed il 1° trimestre del 2002). Ebbene ritiene il Collegio che da tali ultime condotte l’imputato debba essere assolto perché, pur ricorrendo l’elemento oggettivo del reato di usura, deve escludersi la sussistenza del dolo. Invero, questo Collegio ritiene che il chiaro tenore letterale del comma IV dell’art. 644 c.p. (secondo il quale, come già detto, per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito) impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura nella sua componente oggettiva, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito. Tra essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all’erogazione del credito giacchè ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo per l’onere, a cui l’intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente. ________________________________________________________________________ 20 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 21 E allora, la scelta della Banca d’Italia (fino all’inversione di tendenza del 2009) di non includere la CMS nella procedura di calcolo del TEG non può ritenersi vincolante per l’interprete con la conseguenza che l’elemento obiettivo del reato di usura deve ritenersi oggettivamente integrato con riferimento a quei trimestri in relazione ai quali – per tutti i conti corrente - è stato accertato l’esubero degli interessi applicati rispetto alla soglia legale utilizzando il metodo di calcolo che tiene conto della CMS ai fini della determinazione del TEG. Deve tuttavia escludersi, in relazione agli indicati trimestri, la ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato. Se, invero, le istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia – normativa secondaria di settore – non possono prevalere sulla normativa penale di rango primario ai fini della determinazione dell’elemento obiettivo del reato, tuttavia le stesse non possono non avere rilievo decisivo in ordine alla coscienza e volontà, in capo al funzionario di banca, di porre in essere una condotta usuraria. Anche senza invocare la figura dell’errore scusabile di diritto (sulla normativa extrapenale che stabilisce i criteri per la determinazione dei tassi usurari, normativa richiamata dalla norma penale incriminatrice) la cui configurabilità è negata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità in relazione alla fattispecie di usura, deve tuttavia escludersi la ricorrenza in concreto dell’elemento soggettivo del reato sulla base di una serie di circostanze di seguito esposte. Deve evidenziarsi ancora una volta, infatti, come le condotte attribuite all’imputato si inquadrino nell’esercizio di un’attività professionale di tipo bancario. E allora, non può disconoscersi come le istruzioni diramate dalla Banca d’Italia – Banca Centrale della Repubblica attributaria di funzioni di vigilanza sul sistema bancario e creditizio - ai vari istituti di credito, peraltro relativamente a nozioni di contenuto prettamente tecnico, siano idonee a determinare un sicuro affidamento negli operatori del settore. ________________________________________________________________________ 21 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 22 Inoltre deve evidenziarsi come, sulla base della normativa di settore, le istruzioni della Banca d’Italia e quindi anche il metodo di calcolo del TEG sono vincolanti per tutte le banche e gli altri intermediari finanziari e come – circostanza, questa, di grande rilievo ai fini decisori che ci occupano – sia la stessa legge n. 108 del 1996 a demandare alla Banca d’Italia – unitamente all’Ufficio Italiano Cambi – il compito di effettuare quelle rilevazioni tecniche che saranno poi vincolanti ai fini dell’emissione del decreto ministeriale trimestrale di rilevazione del tasso effettivo globale medio e del correlato tasso anti-usura. Ciò posto, e a fronte del contrasto tra il dettato di cui al comma quarto dell’art. 644 c.p. e il contenuto delle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia fino al 2009 circa le modalità di calcolo del TEG e le voci da includere, deve ritenersi che l’imputato – nei casi in cui ha applicato al correntista condizioni contrattuali legittime alla luce delle direttive della Banca Centrale – non fosse consapevole di porre in essere una condotta obiettivamente usuraria. Con riferimento alle condotte successive al 3° trimestre del 2002 consistite nell’applicazione di interessi passivi superiori alla soglia legale (secondo il criterio di calcolo che include la CMS nel TEG) in relazione ad alcuni trimestri ed a tutti i conti-corrente intestati alla persona offesa, l’esito decisorio conseguito è ancora differente. Costituisce dato fattuale acquisito al processo, infatti, come il Donato abbia rivestito il ruolo di direttore di filiale nell’ambito della Banca Antonveneta di Vibo Valentia fino al luglio del 2002, quando è stato trasferito alla filiale di Polistena (RC) per poi cessare dal servizio nel novembre del 2004 (v., sul punto, esame della p.o. Gabriele Giampietro e del teste di P.G. m.llo Spadaro Vincenzo). E’ evidente, allora, che l‘accertata obiettiva imputazione di interessi usurari nel periodo compreso fra il luglio del 2002 (data del trasferimento del Donato ad altra sede) e il dicembre del 2004 (i rapporti contrattuali della persona offesa con l’Antonveneta di Vibo Valentia risultano estinti ________________________________________________________________________ 22 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 23 alla data del 2 febbraio 2005) non è soggettivamente riconducibile all’imputato, che dovrà conseguentemente essere assolto dalle indicate condotte per non aver commesso il fatto. Dunque l’imputato va riconosciuto colpevole del delitto ascritto limitatamente agli interessi usurari praticati nel 2° e 3° trimestre del 2002, periodo in cui la soglia di legge è stata superata anche senza la considerazione della C.M.S.. In relazione a tali ipotesi non possono ravvisarsi elementi di carattere scriminante, tali non potendosi considerare i vincoli di subordinazione gerarchica dell’imputato rispetto ai vertici aziendali, nella perfetta e necessaria consapevolezza da parte sua sulla misura illecita del tasso di interesse praticato al contraente debitore. Valutati i criteri di cui all’art. 133 c.p. ed in particolare le modalità della condotta e la personalità dell’ imputato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche – atteso lo stato di incensuratezza dell’imputato e la correttezza del comportamento processuale – equivalenti alle aggravanti contestate in fatto, si ritiene equa la pena di anni 1 di reclusione ed euro 3500,00 di multa. Segue di diritto alla pronuncia la condanna al pagamento delle spese processuali. Sussistono le condizioni previste dall’art. 163 c.p. per la sospensione condizionale della pena a termini e condizioni di legge. Considerato che la condotta delittuosa posta in essere dall’imputato ha senz’altro cagionato alla persona offesa danni patrimoniali e non patrimoniali tuttavia non liquidabili in questa sede si ritiene che, ai sensi degli artt. 538 e 539 comma 1 c.p.p., l’imputato debba essere condannato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile da liquidarsi aventi il competente giudice civile. ________________________________________________________________________ 23 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 24 Ai sensi dell’art. 541 c.p.p., l’imputato deve essere infine condannato alla refusione delle spese di rappresentanza processuale in favore della parte civile che si liquidano in euro 2.700,00 oltre IVA e CAP come per legge. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. DICHIARA Donato Rosario Alfredo colpevole del reato ascritto, limitatamente alle condotte riferibili al conto corrente n. 10868 A secondo e terzo trimestre 2002 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti ravvisate, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed euro 3.500,00 di multa. Condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali. Ordina che la pena inflitta rimanga sospesa a termini e condizioni di legge. Visti gli artt. 538 e 541 c.p.p. CONDANNA L’imputato al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, da liquidarsi avanti il competente giudice civile, nonché alla refusione delle spese di rappresentanza processuale che liquida in euro 2.700,00 oltre IVA e CAP come per legge. Visto l’art. 530, comma 2 ASSOLVE Donato Rosario Alfredo relativamente alle condotte contestate fino al primo trimestre del 2002 perché il fatto non costituisce reato; Visto l’art. 530, comma 1, c.p.p. ASSOLVE Donato Rosario Alfredo relativamente alle condotte successive al terzo trimestre del 2002 per non aver commesso il fatto. Visto l’art. 544, comma 3, c.p.p., indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione. ________________________________________________________________________ 24 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA PAGINA 25 Vibo Valentia, li 8.2.2011 Il Presidente Il Giudice estensore ________________________________________________________________________ 25 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA