SENTENZA n° 129/11
REPUBBLICA ITALIANA
In data 8.2.2011
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
RGNR 766/10
____________________
Il Tribunale di Vibo Valentia
- sezione penale -
REG. GEN. 3742/08
Depositata in cancelleria
Oggi
composto dai Magistrati
Dott. Giancarlo Bianchi
Presidente
Dott.ssa Manuela Gallo
Giudice est.
Dott. Alessandro Piscitelli
Giudice
IL CANCELLIERE
Proposto Appello
con l’intervento del P.M. rappresentato dal Sostituto Procuratore della
Ricorso
Repubblica dr Michele Sirgiovanni
e con l’assistenza del Cancelliere Annamaria Furci
In data
IL CANCELLIERE
all’udienza dell’8.2.2011, mediante lettura del dispositivo, ha pronunciato la
seguente
Esec. dal
SENTENZA
Scheda il
Estratto esecutivo
nella causa penale di primo grado
Al P.M. il
CONTRO
Camp. Pen.
1) DONATO Rosario Alfredo nato a Palmi il 2.6.1965, residente a Roma
alla via Cardarelli n. 9 – Libero – Presente – difeso di fiducia dall’avv.
Carlo Oliva del foro di Palmi;
IMPUTATO
Per il reato di cui all’art. 644 c.p., perché nella sua qualità di direttore pro
tempore della Banca Antonveneta – filiale di Vibo Valentia, mediante la
sottoscrizione dei contratti di conto corrente:
-
c/c n. 10868 A intestato a “Maglificio Gabriele Giampietro”: conto
corrente ordinario sottoscritto il 1.2.2001, sul quale sono stati concessi
PAGINA 2
diversi fidi bancari (il contratto presenta alcune anomalie: il numero del
conto è segnato a penna a correzione del numero 10880T, inoltre il
primo movimento di apertura del conto corrente risulta il 18.1.2001,
data anteriore all’apertura del conto);
-
c/c n. 11062 J intestato a “Gabriele Giampietro Ditta Maglificio” (del
quale non risulta alcun contratto di apertura): l’operatività di tale c/c è
limitata all’utilizzo di un fido per giro contare 50 milioni di vecchie lire
al fine di sottoscrivere i titoli di cui al c/c di seguito indicato;
-
c/c n. 1157 M intestato a Gabriele Giampietro: conto corrente personale
di Giampietro Gabriele, in realtà è un conto titoli della Banca
Antoniana Popolare Veneta e della società De Longhi s.p.a. – anche se
non è stata rinvenuta alcuna documentazione relativa né all’acquisto né
alla vendita e/o al riscatto dei titoli De Longhi;
si faceva promettere vantaggi ed interessi usurari come di seguito indicati, in
quanto superiori al tasso soglia previsto dalla legge.
In particolare, in relazione al c/c n. 10868 A:
-
anno 2001: nel I trimestre un vantaggio pari al 16,65% a fronte di un
tasso usuraio del 15,63%; nel III trimestre un vantaggio pari al 21,63%
a fronte di un tasso usuraio del 15,23%;
-
anno 2002: nel I trimestre un vantaggio pari al 18,42% a fronte di un
interesse soglia del 14,13 %; nel II trimestre un vantaggio del 34,04% a
fronte di un tasso soglia del 14,55%; nel III trimestre un vantaggio pari
al 31,86 % a fronte di una soglia del 14,67% e nel IV trimestre vantaggi
del 17,23% a fronte di una soglia del 14,7%;
-
anno 2003: nel I trimestre un vantaggio pari al 18,13% a fronte di un
interesse soglia del 14,6 %; nel II trimestre un vantaggio del 17,96% a
fronte di un tasso soglia del 14,6 %; nel III trimestre un vantaggio pari
al 20,85 % a fronte di una soglia del 14,19 % e nel IV trimestre
vantaggi del 19,87 % a fronte di una soglia del 13,89 %;
in relazione al c/c n. 11057M:
________________________________________________________________________
2
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 3
-
anno 2001: nel III trimestre un vantaggio pari al 26,76 % a fronte di un
tasso usuraio del 15,23% e nel IV trimestre vantaggi pari al 17,26 % a
fronte di una soglia del 15%;
-
anno 2002: nel I trimestre un vantaggio del 17,82% a fronte di un
interesse soglia del 14,13%; nel II trimestre un vantaggio del 18,61 % a
fronte di un tasso soglia del 14,55%; nel III trimestre un vantaggio del
20,69% a fronte di una soglia del 14,67% e nel IV trimestre ventaggi
del 20,69% a fronte di una soglia del 14,67%;
-
anno 2003: nel I trimestre un vantaggio del 20,85 % a fronte di un
interesse soglia del 14,6 %; nel II trimestre un vantaggio del 20,4 % a
fronte di un tasso soglia del 14,6 %; nel III trimestre un vantaggio del
20,29% a fronte di una soglia del 14,19 % e nel IV trimestre ventaggi
del 20,24 % a fronte di una soglia del 13,89 %;
in relazione al c/c n. 11062J:
-
anno 2001: nel III trimestre un vantaggio pari al 23,04 % a fronte di un
tasso usuraio del 15,23%;
-
anno 2002: nel II trimestre un vantaggio del 19,17 % a fronte di un
tasso soglia del 14,55 %; nel III trimestre un vantaggio del 20,69% a
fronte di una soglia del 14,67 % e nel IV trimestre vantaggi del 20,69 %
a fronte di una soglia del 14,7 %;
-
anno 2003: nel I trimestre un vantaggio del 29,43 % a fronte di un
interesse soglia del 14,6 %; nel II trimestre un vantaggio del 20,37 % a
fronte di un tasso soglia del 14,6 %; nel III trimestre un vantaggio del
20,29 % a fronte di una soglia del 14,19 % e nel IV trimestre vantaggi
del 20,15 % a fronte di una soglia del 13,89 %;
Fatti commessi in Vibo Valentia negli anni 2001, 2002, 2003.
All’udienza dell’8.2.2011 le parti concludevano come segue:
Pubblico Ministero: assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 530 comma 2
perché il fatto non costituisce reato;
________________________________________________________________________
3
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 4
Avv.to Antonio Paolì per le parti civili:conclusioni scritte;
Difesa avv.to Oliva: assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal GUP in sede in data
13.7.2010 Donato Rosario Alfredo veniva tratto innanzi al Tribunale di
Vibo Valentia in composizione collegiale in ordine al reato contestato in
epigrafe.
Alla prima udienza dibattimentale fissata per il 5 ottobre 2010, il
Tribunale, preliminarmente dichiarata la contumacia dell’imputato
regolarmente citato a giudizio e non comparso, dichiarava l’apertura del
dibattimento ed ammetteva i mezzi di prova richiesti dalle parti,
rinviando poi il dibattimento al 30.11.2010.
All’indicata udienza di rinvio si procedeva all’esame dei testi di P.G. Di
Lorenzo e Spataro e delle parti civili Gabriele Giampietro e Gabriele
Gaetano; quindi il Tribunale, sull’accordo delle parti, disponeva
acquisirsi al fascicolo per il dibattimento la relazione di consulenza
tecnica d’ufficio redatta dal dott. Tomaini rinviando poi la trattazione del
processo all’8.2.2011.
In tale ultima udienza il Tribunale, rilevata la presenza in aula
dell’imputato,
revocava
l’ordinanza
dichiarativa
di
contumacia;
disponeva quindi acquisirsi al fascicolo per il dibattimento la
documentazione offerta dal pubblico ministero, dal difensore di parte
civile e dal difensore dell’imputato e di qui, esaurita in tal modo
l’istruttoria dibattimentale e dichiarata l’utilizzabilità di tutti gli atti
contenuti nel fascicolo del dibattimento, ammetteva le parti alle rispettive
conclusioni e, previa camera di consiglio, definiva la causa mediante
lettura del dispositivo.
________________________________________________________________________
4
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 5
Il Collegio ha ritenuto di pervenire agli esiti decisori conseguiti sulla base
degli elementi emersi dalle prove dichiarative e documentali acquisite nel
corso
dell’istruttoria
dibattimentale,
valutati
in
rapporto
alla
contestazione di cui all’art. 644 comma 1 c.p., come modificato dalla
legge n. 108 del 1996.
Occorre preliminarmente operare una completa ricostruzione dei fatti
prendendo le mosse proprio dalla deposizione della persona offesa per
poi completare il quadro fattuale con gli ulteriori dati, dichiarativi e
documentali, acquisiti al fascicolo dibattimentale.
Riferiva il Gabriele Giampietro di essere titolare di un’impresa tessile,
avente ad oggetto la produzione di costumi da bagno e maglieria, dal
1986.
All’inizio del 2001, sebbene l’impresa fosse in piena attività, aveva avuto
bisogno immediato di liquidità per l’acquisto di materie prime e il
pagamento dei dipendenti (ciò perché le vendite e i relativi incassi si
sarebbero
concentrati,
proprio
per
le
caratteristiche
stagionali
dell’attività, dopo l’estate) e si era rivolto, su suggerimento di alcuni
commercianti della zona, alla Banca Antoniana Popolare Veneta di Vibo
Valentia.
Aveva avuto quindi un primo incontro con il direttore di filiale – il dott.
Donato Rosario Alfredo – nel gennaio del 2001 nel corso del quale gli
aveva esposto la necessità di aprire un conto-corrente che prevedesse la
concessione di un fido di 30 milioni di lire.
Il Donato gli aveva comunicato che non ci sarebbero stati problemi e gli
aveva indicato la documentazione da presentare ai fini dell’accensione
del conto.
In quella occasione il direttore non aveva fatto alcun cenno ai tassi di
interesse passivi che gli sarebbero stati applicati né lui aveva avuto la
lucidità di sollevare la questione.
Nel corso di un secondo incontro, a pochi giorni di distanza, il dott.
Donato gli aveva comunicato di aver bisogno, ai fini della concessione
________________________________________________________________________
5
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 6
del fido, di una garanzia personale da parte di un soggetto che avesse un
reddito fisso mensile.
Così si era rivolto a suo fratello Gaetano – dipendente ASL – che si era
impegnato ad aiutarlo.
Si erano quindi recati insieme presso l’ufficio del Donato dove suo
fratello – su indicazione del direttore – aveva firmato un foglio in bianco
e un modulo di condizioni generali di fideiussione bancaria.
A fronte dell’obiezione manifestata circa l’avvenuta sottoscrizione di
moduli in bianco, il direttore aveva replicato che in quel momento non
aveva tempo e che nei giorni successivi avrebbe consegnato loro copia
della documentazione (consegna che non sarebbe mai avvenuta).
In quella stessa occasione aveva sottoscritto il primo contratto di conto
corrente bancario, aderendo alle condizioni generali di contratto
sottopostegli dal direttore.
Solo in un secondo momento si era accorto che il contratto recava una
data diversa e successiva da quella dell’effettiva sottoscrizione, avvenuta
il 18 gennaio 2001 e che il numero di conto era stato aggiunto a penna a
correzione del diverso numero stampato sul documento.
Dopo un versamento di un milione di lire all’apertura del conto, aveva
iniziato ad utilizzare il fido facendo diversi prelievi ed andando subito in
rosso nei primi mesi del 2001.
Nel mese di marzo, a seguito di un rimborso IVA pari a £
235.000.000,000, aveva temporaneamente ripianato lo scoperto fino a
quando, a partire dal mese di giugno, aveva nuovamente esaurito il
credito andando nuovamente fuori fido nel mese di luglio.
A luglio era stato convocato dal direttore Donato che gli aveva suggerito
di aprire un secondo conto corrente sul quale traslare gli interessi
maturati sul primo conto, in modo da creare una sorta di filtro per rendere
meno onerosi i costi del credito.
A quel punto lui gli aveva manifestato la sua preoccupazione e aveva
evidenziato come gli interessi fossero molto elevati ma, a fronte della
________________________________________________________________________
6
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 7
rassicurazione da parte del direttore circa la piena legittimità del tasso di
interesse praticato, aveva infine acconsentito alla proposta, anche per
paura andare incontro ad ulteriori problemi, sottoscrivendo il secondo
contratto di conto corrente in data 23 luglio 2001.
Anche in questo caso non c’era stata alcuna trattativa sulla misura degli
interessi passivi applicati.
Precisava la persona offesa di non aver mai operato sul secondo conto
corrente, che era stato utilizzato dalla banca solo per fare delle operazioni
di giroconto.
Proseguendo nel racconto, riferiva che nel settembre dello stesso anno gli
era stato recapitato un estratto conto con un numero di conto che non
aveva mai visto (11062J); si era quindi recato dal direttore Donato per
chiedere spiegazioni ed era stato informato del fatto che il terzo conto
corrente era stato acceso per fare da filtro agli altri due.
Precisava che un paio di mesi prima – a luglio – il Donato gli aveva
chiesto verbalmente se avesse voluto acquistare una polizza vita e dei
fondi azionari e che, a fronte delle rassicurazioni ricevute circa la
convenienza dell’affare, aveva infine accettato sebbene con molte
perplessità.
Anche su questo terzo conto, utilizzato esclusivamente come conto titoli,
non aveva mai operato.
Nel corso degli anni si era quindi progressivamente indebitato, fino ad
arrivare ad uno scoperto pari a circa 80.000,00 euro nel 2005, quando, a
seguito di un decreto ingiuntivo notificato dalla banca a lui e a suo
fratello Gaetano, gli erano stati chiusi tutti e tre i conti.
La persona offesa riferiva di non aver avuto più contatti con il Donato
successivamente al settembre del 2001; lo aveva ripetutamente cercato
per parlargli, ma l’altro si era sempre fatto negare; ad un certo punto, alla
fine del 2002, gli era stato riferito che il direttore era stato trasferito ad
altra filiale (precisamente nel luglio del 2002).
________________________________________________________________________
7
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 8
La vicenda riferita lo aveva profondamente provato; a seguito della
notifica del decreto ingiuntivo da parte della banca, aveva infatti
intrapreso una controversia giudiziaria in sede civile, ancora pendente.
Inoltre aveva sofferto di depressione dovuta anche alle enormi difficoltà
nella gestione della sua attività commerciale, dal momento che nessun
istituto di credito era più stato disposto a concedergli finanziamenti.
Il teste Gabriele Gaetano – anche lui persona offesa dal reato –
confermava, per quanto a sua conoscenza, le dichiarazioni rese dal
fratello.
Precisava, con riferimento alla fideiussione prestata a favore del fratello,
di aver firmato nel gennaio del 2001 dei moduli in bianco e tuttavia di
aver preso precisi accordi con il dott. Donato secondo i quali l’importo
garantito non doveva essere superiore ai trenta milioni di lire.
Soltanto al momento dell’instaurazione della controversia in sede civile,
aveva nuovamente preso visione del contratto di fideiussione che recava
un importo di £ 225.000.000,000, dato certamente non contenuto nel
documento al momento della sottoscrizione da parte sua nel gennaio del
2001.
Il teste Spadaro Vincenzo – in servizio presso la sezione di Polizia
Giudiziaria della Procura della Repubblica in sede – riferiva degli esiti
degli accertamenti svolti in relazione alla vicenda in esame, consistiti
essenzialmente nell’acquisizione di documentazione bancaria relativa ai
contratti di conto corrente accesi dal Gabriele presso la filiale
dell’Antonveneta di Vibo Valentia.
Il teste riferiva che il Gabriele Giampietro, nel periodo gennaio-settembre
2001, aveva acceso presso la Banca Antonveneta di Vibo Valentia tre
contratti di conto corrente: il primo, recante il numero 10868A, in data
18.1.2001; il secondo, recante il numero 11057M, in data 23 luglio 2001
ed il terzo, contraddistinto dal numero 11062J e in relazione al quale non
era stata reperita alcuna documentazione , in data 16 settembre 2001.
________________________________________________________________________
8
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 9
I tre conti risultavano estinti contestualmente alla data del 2.2.2005, in
seguito alla notifica da parte della banca al Gabriele di un decreto
ingiuntivo per un importo di circa 80.000,00 euro.
Mentre il primo conto era risultato essere effettivamente operativo, il
secondo era stato utilizzato esclusivamente per traslare gli interessi
maturati sul primo, non essendovi tracce di movimentazioni di sorta, ed il
terzo aveva funzionato come conto-titoli.
Precisava il teste che, in relazione ai primi due conti-corrente, erano stati
acquisiti i documenti regolarmente sottoscritti dalle parti.
Riferiva infine di aver richiesto alla sede centrale della Banca
Antonveneta in Padova informazioni circa la presenza in servizio e il
ruolo rivestito dal Donato nel periodo 2 febbraio – 23 luglio 2001 e di
aver ricevuto una nota che confermava il ruolo di direttore della filiale di
Vibo Valentia dallo stesso svolto nel periodo considerato e ne indicava la
cessazione dal servizio, senza specificare la causa, a far data dall’8
novembre 2004.
Esaurita l’esposizione dei dati emersi dalla prova dichiarativa, occorre
ora soffermarsi sui dati documentali acquisiti al fascicolo per il
dibattimento.
E’ in atti la relazione di consulenza tecnica d’ufficio redatta dal dott.
Andrea Tommain – commercialista e revisore contabile – su incarico
conferitogli dal pubblico ministero in data 18.3.2009 avente ad oggetto la
ricostruzione dei rapporti bancari intercorsi tra Gabriele Giampietro e
Gabriele Gaetano Antonio e l’istituto bancario Antonveneta, filiale di
Vibo Valentia con particolare riferimento ai contratti di conto corrente
più volte citati nonché l’accertamento circa il superamento, mediante
l’imputazione degli interessi passivi, del tasso soglia previsto dalla legge.
Il consulente relazionava di aver condotto l’esame su tre conti-correnti
intestati alla persona di Gabriele Giampietro ovvero alla ditta allo stesso
riconducibile (Gabriele Giampietro Ditta Maglificio).
________________________________________________________________________
9
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 10
Dalla lettura della relazione in atti è possibile ricostruire i rapporti
bancari intercorsi tra il correntista e la banca nei termini di seguito
descritti.
Il CTU ha rinvenuto i contratti di apertura dei conti n. 10868A e 11057M
in cui si evidenziano le condizioni di costo, mentre non ha rinvenuto il
contratto relativo al conto 11062J.
Il conto corrente ordinario n. 10868A intestato a “Maglificio Gabriele
Giampietro” sottoscritto il 1.2.2001 riporta nella stampa meccanografica
del contratto il n.10880T poi corretto manualmente in 10868A. Il
contratto 10880T risulta intestato a persona terza.
Il primo movimento di apertura del conto in questione risulta essere il
18.1.2001, data antecedente la sottoscrizione del contratto.
Tale conto corrente veniva utilizzato per la normale operatività della ditta
Maglificio fino al 30.9.2001.
Dopo tale data su questo conto venivano girocontati anche gli interessi
passivi maturati sul conto 11062J.
Il conto corrente ordinario n. 11057M intestato a Gabriele Giampietro
risulta sottoscritto in data 23.7.2001.
L’operatività di tale conto risulta essere quella di un conto titoli.
L’unica operazione significativa segnalata su tale conto è quella
consistita nell’utilizzo del fido di £ 50.000.000,00, concesso sul conto
11062J, per acquisire i titoli De Longhi s.p.a. e B.A.P.V.
In relazione al conto corrente ordinario n. 11062J non risulta il contratto
di apertura.
Il primo estratto conto riporta la data di apertura 16.9.2001 ed è intestato
a “Gabriele Gimpietro Ditta Maglificio”.
L’operatività di tale conto è limitata all’utilizzo del fido per girocontare
50 milioni di lire sul conto 11057M in data 17.9.2001 al
fine di
sottoscrivere i titoli sopra menzionati.
A garanzia del fido concesso dalla banca sul conto 10868A, era stata
rilasciata fideiussione da parte di Gabriele Gaetano Antonio in favore di
________________________________________________________________________
10
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 11
Gabriele
Giampietro
in
data
9.2.2001
fino
all’importo
di
£
225.000.000,00.
Il CTU non ha rinvenuto il contratto di fideiussione, ma bensì una
missiva inviata dal Gabriele Gaetano alla banca Antonveneta di Vibo
Valentia nella quale si attestatava che la maggiorazione dell’importo
garantito fino a £ 225.000.000,00 non costituiva novazione del contratto
di fideiussione stipulato in data 9.2.2001 ed un modulo di condizioni
generali uniformi di fideiussione sottoscritto dal Gabriele in data
28.7.2001 (importo garantito pari a £ 225.000.000,00).
I rapporti contrattuali tra il Gabriele e la Banca Antonveneta di Vibo
Valentia risultano estinti alla data del 2.2.2005.
Nel corso del rapporto contrattuale, la banca ha liquidato al correntista
con cadenza trimestrale sia gli interessi attivi che gli interessi passivi e,
su ciascun conto, ha concesso affidamenti di importo variabile (contratto
di apertura di credito con scoperto su conto corrente).
La determinazione ed imputazione del tasso di interesse passivo avveniva
sulla base di periodiche comunicazioni di variazione univoca del tasso.
Il consulente tecnico ha verificato se l’imputazione degli interessi passivi
da parte della banca al correntista abbia superato la soglia anti-usura
prevista dalla legge, in relazione a ciascun conto corrente e a ciascun
trimestre di riferimento negli anni dal 2001 al 2004.
Nel condurre tale verifica, ha applicato i criteri legali per la
determinazione del Tasso Effettivo Globale (TEG) e del tasso-soglia
(criteri previsti dalla legge n.108 del 1996 che ha novellato l’art. 644
c.p.) ed ha accertato distintamente in quali casi il tasso di interesse
applicato superasse la soglia anti-usura anche escludendo la commissione
di massimo scoperto (CMS) dal calcolo del TEG ed in quali altri, invece,
il superamento del limite legale fosse determinato solo dalla sommatoria
del TEG e della CMS.
Dall’analisi condotta è risultato che:
________________________________________________________________________
11
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 12
-
in relazione al conto corrente n. 10868A, il tasso di interesse
passivo applicato al correntista è superiore alla soglia anti-usura
anche escludendo la CMS dal calcolo del TEG con riferimento al
2° e 3° trimestre del 2002; il tasso di interesse passivo è invece
superiore al tasso soglia solo includendo la CMS nel calcolo del
TEG con riferimento al 1° e 3° trimestre del 2001, 1° e 4°
trimestre del 2002, 1°, 2°, 3° e 4° trimestre del 2003;
-
in relazione al conto corrente n. 11057M, il tasso di interesse
passivo applicato al correntista è superiore al tasso soglia solo
includendo la CMS nel calcolo del TEG con riferimento al 3° e 4°
trimestre del 2001, 1°, 2°, 3°, 4° trimestre del 2002, 1°, 2°, 3°, 4°
trimestre del 2003;
-
in relazione al conto corrente n. 11062J, il tasso di interesse
passivo applicato al correntista è superiore al tasso anti-usura solo
includendo la CMS nel calcolo del TEG con riferimento al 3°
trimestre del 2001, al 1°, 2°, 3°, 4° trimestre del 2002, al 1°, 2°,
3° e 4° trimestre del 2003 ed infine al 1° trimestre del 2004.
Si darà conto nel prosieguo della parte motiva del significato delle
nozioni di “tasso effettivo globale” e di “commissione di massimo
scoperto” e dell’incidenza di tali voci nel calcolo del tasso-soglia
superato il quale gli interessi sono sempre da considerarsi usurari
secondo il disposto del comma 3 dell’art. 644 c.p., come novellato dalla
legge n. 108 del 1996.
Ebbene, prima di procedere alla valutazione delle acquisizioni probatorie
conseguite in rapporto alla contestazione mossa all’imputato, è opportuno
evidenziare come l’imputazione abbia ad oggetto la fattispecie p. e p.
dall’art. 644 comma uno, terzo (prima parte) e quarto nr. 1 e 4 del codice
penale.
Secondo l’ipotesi di accusa, infatti, il dott. Donato – nella sua qualità di
direttore della filiale di Vibo Valentia della Banca Antonveneta e dunque
________________________________________________________________________
12
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 13
nell’esercizio dell’attività bancaria – avrebbe posto in essere una
condotta usuraria in danno del Gabriele Giampietro – imprenditore
commerciale – condotta realizzata mediante la stipula di tre contratti di
conto corrente che prevedevano l’applicazione di tassi di interesse passivi
superiori alla soglia anti-usura prevista dalla legge, interessi capitalizzati
trimestralmente nel periodo compreso fra il 2001 ed il 2004.
All’imputato è dunque contestato il reato di usura “comune” che si
caratterizza per l’oggettivo superamento del tasso soglia legale degli
interessi oggetto di promessa o dazione da parte della persona offesa,
indipendentemente dalle condizioni soggettive di quest’ultima (stato di
bisogno).
E allora, deve osservarsi in punto di diritto, come l’art. 644 c.p. – a
seguito della novella del 1996 – contenga una disciplina che fa perno su
un rapporto di sproporzione fra le prestazioni, predeterminato attraverso
una procedura amministrativa, dunque in chiave tendenzialmente
oggettiva.
Ove – come nel caso in esame - non venga in considerazione l’abuso
della situazione di bisogno, l’elemento oggettivo del reato di usura è
integrato dall’obiettivo superamento del tasso soglia degli interessi.
Il superamento del tasso soglia, determinato secondo la procedura
amministrativa prevista dalla legge, comporta, infatti, una presunzione
legale di usurarietà degli interessi.
Più specificamente il comma 3 dell’art. 644 c.p. prevede che “la legge
stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”.
A norma dell’art. 2, comma 4, della legge 108 del 1996 “il limite previsto
dal terzo comma dell’art. 644 c.p., oltre il quale gli interessi sono sempre
usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente
alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della
metà”.
________________________________________________________________________
13
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 14
Lo stesso art. 2, ai commi 1 e 2, prevede le modalità di svolgimento della
procedura amministrativa per la determinazione del limite oltre il quale
gli interessi sono sempre usurari (decreto del Ministero del Tesoro di
rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio, adottato sulla
base del parere obbligatorio e vincolante della Banca d’Italia e
dell’Ufficio Italiano Cambi).
In sostanza la legge ha previsto una procedura amministrativa volta a
rilevare in modo oggettivo il livello medio dei tassi d’interesse praticati
dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati, ancorando il
disvalore sociale collegato al concetto di usura al superamento di tale
livello soglia, aumentato della metà.
Di conseguenza la norma di cui all’art. 644 c.p. si presenta come una
norma penale parzialmente in bianco, in quanto per determinare il
contenuto concreto del precetto penale è necessario fare riferimento ai
risultati di una complessa procedura amministrativa.
Questo percorso postula l’intervento della Banca d’Italia che nella sua
qualità di organo di vigilanza sul sistema bancario e creditizio deve
fornire le dovute istruzioni alle banche ed agli operatori finanziari
autorizzati per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi
praticati dal sistema bancario e finanziario in relazione alle categorie
omogenee di operazioni creditizie.
Tali istruzioni sono relative tanto alla classificazione delle operazioni
omogenee rispetto alle quali effettuare la rilevazione dei tassi medi
effettivamente praticati nel trimestre, quanto all’individuazione delle voci
(commissioni, remunerazioni, spese collegate all’erogazione del credito)
che devono essere incluse nel calcolo del TEG.
A questo riguardo occorre osservare – attesa la rilevanza della questione
ai fini decisori conseguiti – che le istruzioni di vigilanza emanate dalla
Banca d’Italia e in vigore fino al 2° trimestre 2009 prevedevano che la
commissione di massimo scoperto – da intendersi come il costo applicato
dall’intermediario
finanziario
al
cliente
quale
corrispettivo
per
________________________________________________________________________
14
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 15
l’utilizzazione dell’apertura di credito concessagli – non entrava nel
calcolo del TEG ma doveva essere rilevata separatamente ed espressa in
termini percentuali.
Tale metodologia di calcolo del TEG applicata dalla Banca d’Italia –
benché in contrasto con la disposizione di cui al comma quarto dell’art.
644 c.p. secondo la quale, ai fini della determinazione del tasso di
interesse usurario, si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a
qualsiasi titolo e delle spese collegate alla erogazione del credito – è stata
posta a fondamento dei decreti ministeriali di rilevazione trimestrale del
TEG adottati ai sensi della legge n. 108 del 1996.
Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, occorre ora accertare
– sulla base dei dati probatori a disposizione del Collegio – se le condotte
attribuite all’imputato nel periodo compreso fra il 2001 ed il 2004 siano
allo stesso riconducibili e, in questo caso, se siano idonee ad integrare
oggettivamente e soggettivamente il reato di usura contestatogli.
E’ bene premettere, in punto di diritto, come il reato di usura si configuri
come una fattispecie a consumazione prolungata che, nel caso in esame,
segue l’andamento del rapporto contrattuale di durata intercorso fra il
correntista e la banca.
Invero, la previsione normativa della promessa o della convenzione degli
interessi usurari come momento consumativo del reato non significa
affatto che tale momento possa aversi solo nella fase iniziale di un
rapporto di credito.
E’ infatti ben possibile che le condizioni contrattuali possano cambiare in
costanza di rapporto per fatto unilaterale accettato o per accordo
bilaterale.
Nel caso in esame, infatti, le condizioni stabilite al momento della stipula
dei contratti di conto corrente fra le parti sono state modificate con
periodicità trimestrale sulla base di comunicazioni unilaterali di
variazione dei tassi di interesse passivi praticati dalla banca al correntista
________________________________________________________________________
15
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 16
e ciò è avvenuto nel corso del rapporto di durata tra le parti, rapporto che
si è svolto negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
E allora – coerentemente con la strutturazione del capo d’accusa –
occorrerà analizzare la condotta dell’imputato e l’applicazione dei tassi di
interesse praticati con riferimento all’intera durata del rapporto
contrattuale tra il Gabriele Giampietro e la Banca Antoneveneta di Vibo
Valentia, verificando in quali trimestri l’imputazione dei tassi di interesse
abbia superato la soglia-antiusura e in relazione a quali periodi tale
imputazione sia riconducibile all’imputato ed allo stesso riferibile anche
sotto il profilo soggettivo.
Si è già detto, in parte ricostruttiva, dell’analisi condotta dal consulente
tecnico d’ufficio circa il carattere usurario o meno degli interessi praticati
dalla banca alla persona offesa in relazione ai tre conti-corrente di cui al
capo d’imputazione e a tutti i trimestri di riferimento.
Ancora, si è già dato atto di come l’esperto abbia fatto applicazione, nella
determinazione del TEG e del tasso-soglia, dei criteri legali indicati dalla
legge n. 108 del 1996 e di come, da questo profilo, l’indagine condotta
debba ritenersi pienamente affidabile e comunque non contraddetta dalla
difesa.
Ebbene, il CTU, nella relazione in atti, ha evidenziato come il tasso di
interesse applicato fosse obiettivamente superiore al tasso soglia in
diversi trimestri degli anni 2001, 2002, 2003 e 2004 ed in relazione ai tre
contratti di conto-corrente stipulati fra le parti.
Solo con riferimento al primo contratto di conto corrente (n. 10868A) ed
al 2° e 3° trimestre del 2002, ha concluso che il tasso di interesse passivo
è da ritenersi usurario secondo il criterio di calcolo del TEG che esclude
la CMS dal computo.
In tutti gli altri casi, ha evidenziato come il superamento del tasso
antiusura si sia determinato solo dalla somma del TEG e della CMS ai
fini della determinazione del tasso soglia.
________________________________________________________________________
16
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 17
E allora, ai fini decisori conseguiti, occorre distinguere le diverse
situazioni.
Non vi è dubbio – con riferimento al primo conto-corrente e al secondo e
terzo trimestre del 2002 – che l’imputato debba essere ritenuto
responsabile della concreta imputazione alla persona offesa di interessi
passivi superiori alla soglia legale antiusura.
Invero, occorre premettere che la contestazione nei confronti del Donato
ha ad oggetto una condotta attiva consistita nell’aver stipulato con la
persona offesa contratti di conto corrente a condizioni usurarie
(condizioni rinnovate di volta in volta, in relazione ai singoli trimestri di
riferimento, mediante comunicazioni unilaterali di variazione dei tassi di
interesse praticati).
Da questo profilo, la tesi difensiva secondo la quale, in presenza di
condizioni generali di contratto stabilite dai vertici dell’organizzazione
bancaria e segnatamente dalla direzione generale, non sarebbe
concretamente riconducibile all’imputato – nella qualità di direttore di
filiale – l’applicazione di interessi usurari, deve essere decisamente
respinta.
Può infatti convenirsi sui presupposti fattuali della ricostruzione
difensiva, ma ciò comunque non può condurre ad un esito assolutorio nei
confronti dell’imputato.
Sono certamente condivisibili le osservazioni secondo le quali
l’organizzazione bancaria è di tipo complesso e gerarchico ed, in
presenza di tali condizioni, la determinazione delle condizioni generali
poi concretamente applicate nei singoli rapporti con i clienti spetta ai
vertici e non certo ai funzionari.
Ciò posto, il margine di autonomia riservato ai funzionari nella
determinazione delle condizioni contrattuali e dei costi dell’accesso al
credito è certamente molto ristretto.
Deve osservarsi tuttavia che il momento consumativo del reato di usura –
nell’ipotesi di pattuizione di interessi superiori alla soglia legale
________________________________________________________________________
17
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 18
accessoria ad un contratto di apertura di credito su conto corrente, qual è
quella in esame – va riportato alla stipula del contratto tra il funzionario
ed il cliente, perché solo al momento del perfezionamento della
pattuizione le condizioni usurarie – pur determinate sulla base delle
direttive di soggetti gerarchicamente sovraordinati – trovano concreta
applicazione con conseguente lesione dell’interesse penalmente protetto.
In tali condizioni, non può allora sostenersi che la condotta posta in
essere dall’imputato non abbia carattere obiettivamente usurario,
concorrendo con sicura efficacia causale all’offesa dell’oggetto di tutela
penale.
Ampliando i termini del discorso, deve poi osservarsi come in effetti –
nel caso in esame e in casi analoghi – andrebbe ravvisata una
responsabilità concorsuale dei vertici aziendali e del funzionario di banca
che abbia concretamente condotto la trattativa che si risolve
nell’applicazione di condizioni usurarie determinate dall’alto ai rapporti
contrattuali con la clientela.
Vale al contrario rilevare, ed a sostegno della tesi concorsuale, che solo
attraverso la stipula di contratti da parte delle singole filiali, si attua
concretamente quel meccanismo di concessione del credito a tassi illeciti
che altrimenti non troverebbe pratica attuazione.
La difesa, a fini scriminanti, ha prodotto sentenza di altro Tribunale che
ha mandato assolti da simili contestazioni usurarie vertici di Istituti
Bancari nazionali e funzionari delle filiali.
Questo Collegio ritiene di non poter seguire logicamente quel percorso
decisorio.
E’ da ritenere, infatti, molto più pianamente, che in ipotesi quali quella
oggetto di giudizio, sono incontestati alcuni dati fattuali che conducono
all’individuazione, nella concreta consumazione del reato di usura, di
condotte concorsuali da parte dei vertici aziendali e dei funzionari locali
preposti alle varie filiali.
________________________________________________________________________
18
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 19
La previsione di tassi usurari avviene certamente ad opera dei vertici
aziendali ma al contempo è solo la stipula di contratti in sede locale che
permette la realizzazione della fattispecie usuraria in danno dei privati
contraenti i conti-corrente medesimi.
Appare evidente pertanto il meccanismo concorsuale postulato da questo
Collegio che finisce per coinvolgere necessariamente i funzionari e/o
direttori preposti alle diverse filiali territorialmente dislocate.
Né può attribuirsi alcuna valenza scriminante al carattere vincolante delle
direttive impartite dai vertici aziendali ai singoli funzionari – qual era,
nel periodo di riferimento, il dott. Donato – ed al ristretto margine di
autonomia a questi ultimi riconosciuto rispetto alla determinazione delle
condizioni contrattuali.
Ed invero, in nessun caso potrebbe attribuirsi efficacia scriminante ad
una direttiva o a un ordine gerarchico che imponga la realizzazione di
una condotta criminosa, atteso che il sottoposto ha sempre un’alternativa
perseguibile che è quella di astenersi dal tenere la condotta penalmente
vietata.
Nel caso in esame, quindi, la circostanza della indicazione di condizioni
contrattuali usurarie da parte della direzione generale della banca non
scrimina la condotta posta in essere dall’imputato e consistita nella
stipula di un contratto con oggetto illecito da individuarsi nelle
prestazioni usurarie pattuite.
Né può dirsi che la condotta del direttore di filiale possa ritenersi
scriminata dal punto di vista dell’elemento soggettivo del reato.
Non può sostenersi, invero, che l’imputato – pur agendo conformemente
alle direttive provenienti dall’alto – non fosse consapevole di applicare
condizioni contrattuali usurarie.
Quale direttore di banca deve ritenersi soggetto munito di specifica
competenza professionale nel settore e come tale certamente a
conoscenza delle regole del mercato creditizio e della normativa,
primaria e secondaria, applicabile.
________________________________________________________________________
19
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 20
Se ciò è vero in linea generale, è necessario tuttavia articolare meglio il
ragionamento.
E’ risultato che il tasso di interesse passivo applicato era superiore alla
soglia anti-usura anche senza considerare la commissione di massimo
scoperto ai fini del calcolo del tasso effettivo globale medio, dunque
aderendo al criterio di calcolo indicato dalla Banca d’Italia nelle
istruzioni di vigilanza in vigore fino al 2009, solo in relazione a due
trimestri (il secondo ed il terzo del 2002).
In relazione ad altri trimestri gli interessi sono risultati superiori alla
soglia legale solo includendo la CMS nel calcolo del TEG (con
riferimento a tutti i contratti di conto corrente conclusi dall’imputato con
la persona offesa ed al periodo compreso fra il 1° trimestre del 2001 ed il
1° trimestre del 2002).
Ebbene ritiene il Collegio che da tali ultime condotte l’imputato debba
essere assolto perché, pur ricorrendo l’elemento oggettivo del reato di
usura, deve escludersi la sussistenza del dolo.
Invero, questo Collegio ritiene che il chiaro tenore letterale del comma
IV dell’art. 644 c.p. (secondo il quale, come già detto, per la
determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle
commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse
quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito) impone di
considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di
usura nella sua componente oggettiva, tutti gli oneri che un utente
sopporti in connessione con il suo uso del credito.
Tra essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto,
trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all’erogazione del
credito giacchè ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza
concretamente lo scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo per
l’onere, a cui l’intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la
necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente.
________________________________________________________________________
20
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 21
E allora, la scelta della Banca d’Italia (fino all’inversione di tendenza del
2009) di non includere la CMS nella procedura di calcolo del TEG non
può ritenersi vincolante per l’interprete con la conseguenza che
l’elemento obiettivo del reato di usura deve ritenersi oggettivamente
integrato con riferimento a quei trimestri in relazione ai quali – per tutti i
conti corrente - è stato accertato l’esubero degli interessi applicati
rispetto alla soglia legale utilizzando il metodo di calcolo che tiene conto
della CMS ai fini della determinazione del TEG.
Deve tuttavia escludersi, in relazione agli indicati trimestri, la ricorrenza
dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato.
Se, invero, le istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia – normativa
secondaria di settore – non possono prevalere sulla normativa penale di
rango primario ai fini della determinazione dell’elemento obiettivo del
reato, tuttavia le stesse non possono non avere rilievo decisivo in ordine
alla coscienza e volontà, in capo al funzionario di banca, di porre in
essere una condotta usuraria.
Anche senza invocare la figura dell’errore scusabile di diritto (sulla
normativa extrapenale che stabilisce i criteri per la determinazione dei
tassi usurari, normativa richiamata dalla norma penale incriminatrice) la
cui configurabilità è negata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità
in relazione alla fattispecie di usura, deve tuttavia escludersi la ricorrenza
in concreto dell’elemento soggettivo del reato sulla base di una serie di
circostanze di seguito esposte.
Deve evidenziarsi ancora una volta, infatti, come le condotte attribuite
all’imputato si inquadrino nell’esercizio di un’attività professionale di
tipo bancario.
E allora, non può disconoscersi come le istruzioni diramate dalla Banca
d’Italia – Banca Centrale della Repubblica attributaria di funzioni di
vigilanza sul sistema bancario e creditizio - ai vari istituti di credito,
peraltro relativamente a nozioni di contenuto prettamente tecnico, siano
idonee a determinare un sicuro affidamento negli operatori del settore.
________________________________________________________________________
21
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 22
Inoltre deve evidenziarsi come, sulla base della normativa di settore, le
istruzioni della Banca d’Italia e quindi anche il metodo di calcolo del
TEG sono vincolanti per tutte le banche e gli altri intermediari finanziari
e come – circostanza, questa, di grande rilievo ai fini decisori che ci
occupano – sia la stessa legge n. 108 del 1996 a demandare alla Banca
d’Italia – unitamente all’Ufficio Italiano Cambi – il compito di effettuare
quelle rilevazioni tecniche che saranno poi vincolanti ai fini
dell’emissione del decreto ministeriale trimestrale di rilevazione del tasso
effettivo globale medio e del correlato tasso anti-usura.
Ciò posto, e a fronte del contrasto tra il dettato di cui al comma quarto
dell’art. 644 c.p. e il contenuto delle istruzioni di vigilanza della Banca
d’Italia fino al 2009 circa le modalità di calcolo del TEG e le voci da
includere, deve ritenersi che l’imputato – nei casi in cui ha applicato al
correntista condizioni contrattuali legittime alla luce delle direttive della
Banca Centrale – non fosse consapevole di porre in essere una condotta
obiettivamente usuraria.
Con riferimento alle condotte successive al 3° trimestre del 2002
consistite nell’applicazione di interessi passivi superiori alla soglia legale
(secondo il criterio di calcolo che include la CMS nel TEG) in relazione
ad alcuni trimestri ed a tutti i conti-corrente intestati alla persona offesa,
l’esito decisorio conseguito è ancora differente.
Costituisce dato fattuale acquisito al processo, infatti, come il Donato
abbia rivestito il ruolo di direttore di filiale nell’ambito della Banca
Antonveneta di Vibo Valentia fino al luglio del 2002, quando è stato
trasferito alla filiale di Polistena (RC) per poi cessare dal servizio nel
novembre del 2004 (v., sul punto, esame della p.o. Gabriele Giampietro e
del teste di P.G. m.llo Spadaro Vincenzo).
E’ evidente, allora, che l‘accertata obiettiva imputazione di interessi
usurari nel periodo compreso fra il luglio del 2002 (data del trasferimento
del Donato ad altra sede) e il dicembre del 2004 (i rapporti contrattuali
della persona offesa con l’Antonveneta di Vibo Valentia risultano estinti
________________________________________________________________________
22
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 23
alla data del 2 febbraio 2005) non è soggettivamente riconducibile
all’imputato, che dovrà conseguentemente essere assolto dalle indicate
condotte per non aver commesso il fatto.
Dunque l’imputato va riconosciuto colpevole del delitto ascritto
limitatamente agli interessi usurari praticati nel 2° e 3° trimestre del
2002, periodo in cui la soglia di legge è stata superata anche senza la
considerazione della C.M.S..
In relazione a tali ipotesi non possono ravvisarsi elementi di carattere
scriminante, tali non potendosi considerare i vincoli di subordinazione
gerarchica dell’imputato rispetto ai vertici aziendali, nella perfetta e
necessaria consapevolezza da parte sua sulla misura illecita del tasso di
interesse praticato al contraente debitore.
Valutati i criteri di cui all’art. 133 c.p. ed in particolare le modalità della
condotta e la personalità dell’ imputato, previo riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche – atteso lo stato di incensuratezza
dell’imputato e la correttezza del comportamento processuale –
equivalenti alle aggravanti contestate in fatto, si ritiene equa la pena di
anni 1 di reclusione ed euro 3500,00 di multa.
Segue di diritto alla pronuncia la condanna al pagamento delle spese
processuali.
Sussistono le condizioni previste dall’art. 163 c.p. per la sospensione
condizionale della pena a termini e condizioni di legge.
Considerato che la condotta delittuosa posta in essere dall’imputato ha
senz’altro cagionato alla persona offesa danni patrimoniali e non
patrimoniali tuttavia non liquidabili in questa sede si ritiene che, ai sensi
degli artt. 538 e 539 comma 1 c.p.p., l’imputato debba essere condannato
al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile da
liquidarsi aventi il competente giudice civile.
________________________________________________________________________
23
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 24
Ai sensi dell’art. 541 c.p.p., l’imputato deve essere infine condannato alla
refusione delle spese di rappresentanza processuale in favore della parte
civile che si liquidano in euro 2.700,00 oltre IVA e CAP come per legge.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.
DICHIARA
Donato Rosario Alfredo colpevole del reato ascritto, limitatamente alle
condotte riferibili al conto corrente n. 10868 A secondo e terzo trimestre 2002
e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti
ravvisate, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed euro 3.500,00 di
multa.
Condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali.
Ordina che la pena inflitta rimanga sospesa a termini e condizioni di legge.
Visti gli artt. 538 e 541 c.p.p.
CONDANNA
L’imputato al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile,
da liquidarsi avanti il competente giudice civile, nonché alla refusione delle
spese di rappresentanza processuale che liquida in euro 2.700,00 oltre IVA e
CAP come per legge.
Visto l’art. 530, comma 2
ASSOLVE
Donato Rosario Alfredo relativamente alle condotte contestate fino al primo
trimestre del 2002 perché il fatto non costituisce reato;
Visto l’art. 530, comma 1, c.p.p.
ASSOLVE
Donato Rosario Alfredo relativamente alle condotte successive al terzo
trimestre del 2002 per non aver commesso il fatto.
Visto l’art. 544, comma 3, c.p.p., indica in giorni novanta il termine per il
deposito della motivazione.
________________________________________________________________________
24
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
PAGINA 25
Vibo Valentia, li 8.2.2011
Il Presidente
Il Giudice estensore
________________________________________________________________________
25
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
Scarica

Il Tribunale di Vibo Valentia