CORSO
RESPONSABILI DEI SERVIZI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
ai sensi del D.Lgs. 626/94 e dell’Accordo tra Stato e Regioni ai fini dell’attuazione
dell’art. 2, commi 2, 3, 4, 5, del D.Lgs. 195/2003 che integra il D.Lgs. 626/94
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI
A cura di:
Giancarlo Mannozzi
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
INTRODUZIONE
Con l’emanazione del D.Lgs. 25 del
02/02/2002 viene recepita dal nostro
ordinamento legislativo la Direttiva Europea
n. 98/24, la quale si integra con le
disposizioni della Direttiva quadro 89/391
recepita nel titolo I del D. Lgs. 626/94
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
INTRODUZIONE
Il testo del D.Lgs. 25/02 è stato aggiunto al
titolo VII del D.Lgs. 626/94, riguardante la
“Protezione dagli Agenti Cancerogeni e
Mutageni”, come titolo VII-bis concernente la
“Protezione da Agenti Chimici”
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
INTRODUZIONE
Gli agenti cancerogeni e mutageni, così
come definiti nel Titolo VII del D.Lgs. 626/94,
sono anch’essi agenti chimici, ma la loro
trattazione riservata e precedente evidenzia
una maggiore considerazione correlata ad
una pericolosità intrinseca più elevata per gli
esposti
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
INTRODUZIONE
Il D.Lgs. 25/02 stabilisce quindi l’adozione di
misure generali e specifiche di prevenzione
e protezione relative agli agenti chimici con
modalità diverse dagli agenti cancerogeni e
mutageni, mantenendosi comunque
all’interno del sistema generale di
prevenzione vigente in Italia
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CAMPO DI APPLICAZIONE
• Agenti chimici presenti durante il lavoro a qualsiasi titolo
(impiego, deposito, trasporto…)
• Agenti chimici che a qualsiasi titolo derivino da una attività
lavorativa quale risultato di un processo (saldatura,
combustione, sintesi chimiche, stampaggio a caldo di materie
plastiche, impiego di motori diesel ed a benzina…)
• Agenti cancerogeni e mutageni
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DEFINIZIONI
1. Agenti chimici
2. Agenti chimici pericolosi (applicazione della norma): sostanze e preparati
classificati pericolosi ai sensi della normativa vigente in materia di immissione
sul mercato comunitario (D.Lgs. 52/97 e D.Lgs. 285/98 e loro successive
modificazioni)
3. Sostanze e preparati non classificati pericolosi ai sensi della normativa vigente in
materia di immissione sul mercato comunitario, ma dotati di etichettatura
provvisoria del costruttore
4. Sostanze e prepararti che corrispondono ai criteri di classificazione della
normativa vigente (escluse le sostanze classificate pericolose solo per
l’ambiente)
- cosmetici, medicinali ad uso umano e veterinario, prodotti fitosanitari, munizioni,
esplosivi…
5. Agenti chimici che pur non essendo classificabili come pericolosi possono
comportare un rischio per la salute e la sicurezza a causa:
- delle proprietà chimico-fisiche e tossicologiche
- delle modalità con cui sono utilizzati e presenti nel luogo di lavoro
6. Agenti chimici dotati di un valore limite di esposizione professionale
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Molto tossici
Tossici
Nocivi
Irritanti
Sensibilizzanti
Tossici per il ciclo riproduttivo
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DEFINIZIONI
Attività che comporta la presenza di agenti
chimici: ogni attività lavorativa in cui sono
utilizzati agenti chimici o se ne prevede l’utilizzo
in ogni tipo di procedimento:
- Produzione
- Manipolazione
- Immagazzinamento
- Trasporto
- Eliminazione
- Trattamento rifiuti
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DEFINIZIONI
• Valore limite di esposizione professionale: il limite della
concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico
nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in
relazione ad un determinato periodo di riferimento
• Valore limite biologico: il limite di concentrazione del relativo agente,
di un suo metabolita o di un indicatore di effetto nell’appropriato
mezzo biologico
• Sorveglianza sanitaria: valutazione dello stato di salute del singolo
lavoratore in funzione della esposizione ad agenti chimici sul luogo
di lavoro
• Pericolo: proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre
effetti nocivi
• Rischio: probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle
condizioni di utilizzazione o esposizione
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO
• Il D.Lgs. 25/02 pone a carico dei Datori di lavoro
un’ulteriore specifica analisi, un
approfondimento ed una razionalizzazione dei
requisiti di sicurezza da adottare per tutelare i
lavoratori dalla esposizione ad agenti chimici.
• Tale approfondimento deve essere espletato
nell’ambito della valutazione di cui all’art. 4 del
D.Lgs. 626/94, non modificando rispetto agli
obblighi documentali i contenuti di cui ai commi
2 ed 11.
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Il titolo VII bis prevede la valutazione del
rischio:
Rischio = f(P,M) ossia: R = P x E
P = indice di pericolosità intrinseco di una
sostanza o di un preparato
E = esposizione nella specifica attività
lavorativa
IDENTIFICAZIONE DEI PERICOLI
Liste sostanze e preparati
Processi lavorativi,FrasiR
È IDONEA L ’ APPLICAZIONE
DELLE MISURE DI PREVENZIONE
NO
PROVVEDERE ALLA REVISIONE
DELLE MISURE DI PREVENZIONE
E PROTEZIONE E POI
RIPRENDERE IL PROCESSO DI
VALUTAZIONE
E PROTEZIONE PREVISTA
DALLE NORME VIGENTI ?
SI
VALUTAZIONE PRELIMINARE DEI RISCHI
ART . 72 – QUATER COMMA 1
PROPRIETÀ PERICOLOSE
QUANTITÀ E MODALITÀ D ’USO
NATURA ED ENTITÀ
MISURE DI PROTEZIONE ADOTTATE
VALORI LIMITE
ESITI SORVEGLIANZA SANITARIA
LIVELLI
ESPOSIZIONE/S TIME QUALITATIVE
NO
È NECESSARIO
APPROFONDIRE LA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO ?
GIUSTIFICAZIONE
Art. 72- quater
comma 5
RISCHIO MODERATO
SI
VALUTAZIONE APPROFONDITA DEL RISCHIO
MISURAZIONI E /O MODELLI/ALGORITMI
RISCHIO MODERATO
CRITERI :
ESPOSIZIONE INALATORIA :
secondo il modello utlizzato
ESPOSIZIONE CUTANEA :
IL RISULTATO DELLA
VALUTAZIONE E’ COSì
BASSO DA CONSENTIRE LA
CLASSIFICAZIONE DI
RISCHIO MODERATO ?
SI
secondo il modello utilizzato
INCENDIO /ESPLOSIONE
DI INCENDIO BASSO”
D.M. 10/3/98 “RISCHIO
“
:
CEI-EN 60079-10 E CEI 64-2
LUOGO
NON
PERICOLOSO
“
”
SONO DI AUSILIO
NO
RISCHIO
SI
APPLICANO
SUPERIORE AL
“MODERATO”
:
72-SEXIES
72-SEPTIES
72-DECIES
72-UNDECIES
MISURE SPECIFICHE
MISURE DI EMERGENZA
SORVEGLIANZA SANITARIA
CARTELLE SANITARIE E DI RISCHIO
DIRETTIVA CE 99/82/CE
“LUOGO NON PERICOLOSO”
PERCORSO CHE CONSENTE DI CLASSIFICARE IL
RISCHIO DA AGENTI CHIMICI
i) Identificazione dei pericoli mediante: la lista esaustiva di tutte le sostanze e
preparati utilizzati in azienda;
ii) la rassegna dei processi e lavorazioni per verificare se si sviluppino, in
qualunque modo, agenti chimici pericolosi;
iii) la classificazione di tutti gli agenti chimici individuati con le frasi di rischio R (CE).
 Valutazione preliminare dei rischi connessi all’uso o alla presenza di tutti gli
agenti chimici pericolosi prima fase della valutazione
 Quando natura e entità dell’agente chimico lo consentono è possibile arrestare il
processo di valutazione e “classificarsi” al di sotto della soglia del rischio
“moderato”
 Sviluppo, nei casi in cui è necessario, di una più dettagliata valutazione del
rischio seconda fase anche attraverso misurazioni ambientali per esposizioni
inalatoria e/o cutanea o mediante algoritmi o modelli per stime del rischio
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RISCHIO MODERATO
L’introduzione della soglia di rischio moderato pone alcuni problemi
per la sua definizione sia sotto gli aspetti relativi alla interpretazione
della Direttiva 98/24/CE, sia sotto alcuni aspetti tecnici e scientifici:
1. Nella traduzione della Direttiva 98/24/CE degli altri Paesi UE il
termine è stato definito come rischio BASSO
2. Le Direttive CE recepite nel nostro ordinamento non possono
ridurre i livelli di tutela della salute e sicurezza raggiunti nelle
norme nazionali previgenti
3. Nel D.P.R. 303/56 l’articolo 35 comma 2 prevede l’esonero degli
obblighi di sorveglianza sanitaria quando “…possa fondatamente
ritenersi irrilevante il rischio per la salute dei lavoratori”
Per cui può essere ritenuto ragionevole definire il rischio moderato
previsto dal D.Lgs. 25/02 come una soglia al di sotto della quale il
rischio è BASSO
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ART. 72-QUATER (VALUTAZIONE DEI RISCHI)
Prima fase della valutazione (identificazione dei pericoli)
a) Il Datore di Lavoro procede preliminarmente alla identificazione di tutti gli agenti
chimici utilizzati, stilando una lista completa di tutte le sostanze e preparati utilizzati
a qualunque titolo in azienda
b) Per ognuno di questi deve essere poi associata la classificazione CE o in
assenza di questa deve essere identificato se l’agente chimico utilizzato possa
comportare un rischio per la salute e la sicurezza
c) Il datore di lavoro deve tener conto delle attività produttive svolte, al fine di
identificare se vi siano processi o lavorazioni in cui si sviluppano agenti chimici
pericolosi (attività di saldatura, eliminazione o trattamento rifiuti, fusione o tempra di
metalli ecc…)
d) Già in questa prima fase è utile che vengano stabilite anche le quantità di prodotti
utilizzati, il luogo e le modalità di uso dell’agente
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ART. 72-QUATER (VALUTAZIONE DEI RISCHI)
Il datore di lavoro deve sviluppare, nei casi in cui è
necessario, una dettagliata valutazione del rischio
attraverso:
a) Misure o valutazioni già eseguite in precedenza
b) Misure eseguite ad hoc (es.: nel caso in cui si
supponga già in questa fase una esposizione
superiore al rischio moderato)
c) Algoritmi per stime di rischio o modelli per stime di
rischio
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Nel caso in cui venga avviata una nuova
attività, il datore di lavoro deve:
• Predisporre la valutazione del rischio
prima dell’inizio dell’attività
• Iniziare l’attività solo dopo aver effettuato
la valutazione ed aver predisposto le
idonee misure di prevenzione dei rischi
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COME VALUTARE LE MISURE ESEGUITE
La UNI EN 689 in allegato al D.Lgs.
25/02 propone due procedure di
confronto delle misure eseguite con il VL
(Valore Limite):
• Procedura formale (appendice C)
• Procedura statistica (appendice D)
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CONFRONTO CON IL VL:
PROCEDURA FORMALE
E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti
condizioni:
• Le singole misure di esposizione degli addetti sono
rappresentative dell’esposizione professionale
• Le condizioni operative nel posto di lavoro si ripetono
regolarmente e i fattori che provocano le emissioni sono
specifici del processo o dell’impianto
• Nel lungo periodo le condizioni di esposizione non
cambiano sensibilmente
• Condizioni di esercizio chiaramente differenti vengono
valutate separatamente
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CONFRONTO CON IL VL:
PROCEDURA FORMALE
Se è applicabile, per ogni singola misurazione
si calcola il rapporto:
C
I
VL
dove:
C = concentrazione di esposizione professionale ponderata sulle otto ore
VL = valore limite
I = indice di esposizione
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CONFRONTO CON IL VL:
PROCEDURA FORMALE
Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle seguenti possibilità:
• Se ciascun indice di un turno di lavoro è < 0,1 l’esposizione dei lavoratori è
inferiore al valore limite e se le condizioni indagate rimangono costanti per
lunghi periodi si possono evitare le misurazioni periodiche (almeno fino a
cambiamenti del ciclo produttivo)
• Se ciascun indice di almeno tre diversi turni è < 0,25 l’esposizione dei
lavoratori è inferiore al valore limite e se le condizioni indagate rimangono
costanti per lunghi periodi si possono evitare le misurazioni periodiche
(almeno fino a cambiamenti del ciclo produttivo)
• Se ciascun indice di almeno tre diversi turni è < 1 e la media geometrica di
tutte le misurazioni è inferiore o uguale alla metà del valore limite,
l’esposizione è minore del valore limite ma occorrono misure periodiche
• Se anche un solo indice è >1 l’esposizione è maggiore del valore limite
In tutti i casi che non soddisfano le condizioni precedenti la procedura non
porta ad alcuna decisione
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CONFRONTO CON IL VALORE LIMITE:
PROCEDURA STATISTICA
• Può essere applicata per misurazioni relative ad un
gruppo di lavoratori ad esposizione omogenea, ossia un
gruppo di lavoratori che svolgono mansioni simili e per i
quali si può ragionevolmente presupporre una
esposizione della stessa entità.
• Presuppone che si effettuino almeno 6 misurazioni
personali (meglio se 10) e che la distribuzione dei dati
sia Log-normale
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CONFRONTO CON IL VALORE LIMITE:
PROCEDURA STATISTICA
Una volta accertata la
distribuzione dei dati si
calcola la probabilità di
superamento del valore
limite (anche tramite
l’intervallo di confidenza
della media delle misure).
In base alla probabilità di
superamento si possono
avere tre possibilità:
Situazione verde - p < 0,1%
L’esposizione è < VL. Non sono
necessarie misurazioni periodiche
se non si verificano cambiamenti
del ciclo produttivo
Situazione arancio - 0,1%< p <5%
L’esposizione sembra < VL ma va
confermata con misurazioni
periodiche
Situazione rossa – p >5%
La probabilità di superamento
del valore limite è troppo
elevata
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CONFRONTO CON IL VALORE LIMITE:
PROCEDURA STATISTICA
N.B. nei casi in cui la variabilità delle misure è
molto bassa (deviazione standard < 1,5), il
criterio statistico non deve essere applicato,
poiché ci si può trovare nelle seguenti
condizioni:
Probabilità di superamento del V.L. minore o
uguale allo 0,1%, ma a concentrazioni di
esposizione vicine al V.L.
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VALORI LIMITE
• Con la Gazzetta Ufficiale N. 58 del 10 marzo 2004 è stato
pubblicato il Decreto 26 febbraio 2004 con la definizione di
una prima lista di valori limite indicativi di esposizione
professionale a 64 agenti chimici in recepimento della direttiva
2000/39/CE della Commissione dell’8 giugno 2000
• Valori Limite a cui riferirsi sono inoltre quelli relativi alle liste
predisposte dallo SCOEL (Scientific Commitee on
Occupational Exposure Limit), che assiste la Commissione
Europea
• Valori limite a cui riferirsi sono anche quelli raccomandati
dall’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial
Hygienists)
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CONCLUSIONI
Indipendentemente dal metodo di confronto con
il valore limite (VL) si deve arrivare ad una delle
seguenti conclusioni:
• L’esposizione supera il VL (rimuovere le cause e
ripetere le misurazioni)
• L’esposizione è ben al di sotto del VL (non sono
necessarie misure periodiche)
• L’esposizione non rientra in nessuna delle
condizioni precedenti (occorrono misure
periodiche)
COS’È UN MODELLO/ALGORITMO ?
Gli algoritmi (o i modelli o modelli
indicizzati) sono procedure che assegnano
un valore numerico ad una serie di fattori o
parametri che intervengono nella
determinazione del rischio pesando, per
ognuno di essi in modo diverso,
l’importanza assoluta e reciproca sul
risultato valutativo finale.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
ALGORITMI
Sono stati elaborati diversi tipi di algoritmi o
modelli per stime di rischio.
In questa sede verrà illustrato il modello
elaborato dalle Regioni Emilia-Romagna,
Lombardia e Toscana, Assessorati alla
Sanità
movaRisCh
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
IL MODELLO PER LA VALUTAZIONE DEL
RISCHIO PER LA SALUTE
DERIVANTE DA ESPOSIZIONE AD
AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
movaRisCh
R = P(HAZARD) x E(EXPOSURE)
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PERICOLO
Il PERICOLO P rappresenta l’indice di pericolosità intrinseca di una sostanza
o di un preparato, che nell’applicazione di questo modello viene identificato
con le FRASI DI RISCHIO R (riportate nell’etichettatura e sulla scheda
informativa in materia di sicurezza secondo i dettami del D.M. 07/09/2002),
che sono utilizzate nella classificazione secondo la Direttiva Europea 67/
548/CEE e successive modifiche (gli effetti a lungo termine, allegrgenici
sub-acuti o cronici sono più importanti rispetto agli effetti acuti).
Ad ogni frase R è stato assegnato un punteggio (score) da 1 a 10, tenendo
conto dei criteri di classificazione delle sostanze e dei preparati pericolosi,
indicati nei Decreti Legislativi 52/97, 65/2003 e nei Decreti Ministeriali
28/04/1997 e 14/06/2002.
Il pericolo P rappresenta quindi …
la POTENZIALE PERICOLOSITA’ di una sostanza indipendentemente dai livelli
a cui le persone sono esposte (pericolosità intrinseca).
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
PERICOLO
Il metodo per l’individuazione di un indice di
pericolo P si basa sulla classificazione delle
sostanze e dei preparati pericolosi
stabilita dalla normativa italiana vigente che,
com’è noto, proviene da direttive e regolamenti
della CE (Direttiva 67/548/CEE e successive
integrazioni e modifiche).
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
PERICOLO
L’individuazione dell’indice di pericolo P per la
salute di un agente chimico segue una modalità
convenzionale e cautelativa/ conservativa in
conformità ai criteri UE.
Mediante l’assegnazione di un valore alla frase di
rischio (Frase R) singola o combinata attribuito alla
PROPRIETA’ PIU’ PERICOLOSA e di conseguenza
alla classificazione più pericolosa si ottiene UN
INDICE numerico (score) di pericolo per ogni
agente chimico pericoloso impiegato.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
ESPOSIZIONE
L’esposizione E rappresenta il livello di
esposizione dei soggetti (singoli lavoratori
esposti o potenzialmente esposti) nella
specifica attività lavorativa.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
RISCHIO
Il rischio R per la SALUTE, determinato secondo
questo modello, tiene conto dei parametri di cui
all’articolo 72-quater del Titolo VII-bis del D.Lgs.
626/94
Mentre per il pericolo P sono tenuti in
considerazione le proprietà pericolose per la
SALUTE e l’assegnazione di un valore limite
professionale, mediante il punteggio assegnato
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
RISCHIO
Per l’esposizione E si sono presi in considerazione:
• tipo
• durata dell’esposizione
• le modalità con cui avviene l’esposizione
• le quantità in uso
• gli effetti delle misure preventive e protettive
adottate
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
RISCHIO
Il rischio R per la SALUTE, in questo modello,
può essere calcolato separatamente per
esposizioni inalatorie e per esposizioni cutanee:
Rinal = P x Einal
Rcute = P x Ecute
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
RISCHIO
Nel caso in cui per un agente chimico
pericoloso siano previste
contemporaneamente entrambe le vie di
assorbimento il rischio R cumulativo (Rcum) è
ottenuto tramite il seguente calcolo:
Rcum =
Rinal2 + Rcute2
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
DETERMINAZIONE DELL’INDICE DI
ESPOSIZIONE PER VIA INALATORIA (EINAL)
L’indice di esposizione per via inalatoria Einal è
determinato attraverso il prodotto di un
- Sub-indice I (Intensità dell’esposizione) per un
- Sub-indice d (distanza del lavoratore dalla
sorgente di intensità I):
Einal = I x d
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
IMPORTANTE
Fra le proprietà tossicologiche valutate NON
vi sono le proprietà cancerogene e/o
mutagene, le quali vengono considerate
esclusivamente nel Titolo VII D.Lgs. 626/94.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
DETERMINAZIONE DELL’INDICE DI
ESPOSIZIONE PER VIA INALATORIA (EINAL)
Il calcolo del Sub-indice I (Intensità
dell’esposizione) comporta l’uso delle
seguenti 5 variabili:
1.
2.
3.
4.
5.
Proprietà chimico-fisiche
Quantità in uso
Tipologia d’uso
Tipologia di controllo
Tempo di esposizione
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
1. PROPRIETÀ CHIMICO-FISICHE
• stato solido/nebbie [largo spettro granulometrico]
• liquidi a bassa volatilità [bassa tensione di vapore]
• liquidi a alta e media volatilità [alta tensione di
vapore] o polveri fini
• stato gassoso
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2. QUANTITÀ IN USO
Per quantità in uso si intende la quantità di agente
chimico o del preparato effettivamente presente e
destinato, con qualunque modalità, all’uso nell’ambiente
di lavoro su base giornaliera.
0,1 kg
0,1 – 1 kg
1 – 10 kg
10 – 100 kg
> 100 kg
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3. TIPOLOGIA D’USO
•
•
•
•
Uso in sistema chiuso:
La sostanza è usata e/o conservata in reattori o contenitori a tenuta stagna e
trasferita da un contenitore all’altro attraverso tubazioni stagne.
Uso in inclusione in matrice:
la sostanza viene incorporata in materiali o prodotti da cui è impedita o limitata
la dispersione nell’ambiente.
Uso controllato e non dispersivo:
questa categoria include le lavorazioni in cui sono coinvolti solo limitati gruppi
selezionati di lavoratori, adeguatamente esperti dello specifico processo, e in
cui sono disponibili sistemi di controllo adeguati a controllare e contenere
l’esposizione.
Uso con dispersione significativa:
questa categoria include lavorazioni ed attività che possono comportare
un’esposizione sostanzialmente incontrollata non solo degli addetti, ma anche
di altri lavoratori ed eventualmente della popolazione generale. (possono
essere classificati in questa categoria processi come l’irrorazione di prodotti
fitosanitari, l’uso di vernici ed altre analoghe attività).
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
4. TIPOLOGIA DI CONTROLLO
•
•
•
•
•
Sono individuate, per grandi categorie, le MISURE che possono essere
previste e predisposte per evitare che il lavoratore sia esposto alla
sostanza:
Contenimento completo: corrisponde ad una situazione a ciclo chiuso.
Ventilazione - aspirazione locale degli scarichi e delle emissioni: questo
sistema rimuove il contaminante alla sua sorgente di rilascio, impedendone
la dispersione nelle aree con presenza umana, dove potrebbe essere
inalato.
Segregazione - separazione: il lavoratore è separato dalla sorgente di
rilascio del contaminante da un appropriato spazio di sicurezza, o vi sono
adeguati intervalli di tempo fra la presenza del contaminante nell’ambiente
e la presenza del personale nella stessa area.
Diluizione - ventilazione: questa può essere naturale o meccanica.
Manipolazione diretta (con sistemi di protezione individuale): in questo caso
il lavoratore opera a diretto contatto con il materiale pericoloso, adottando
unicamente maschera, guanti o altre analoghe attrezzature.
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5. TEMPO DI ESPOSIZIONE
Sono individuati cinque intervalli per
definire il tempo di esposizione alla
sostanza o al preparato:
– inferiore a 15 minuti
– tra 15 minuti e 2 ore
– tra 2 ore e 4 ore
– tra 4 ore e 6 ore
– più di 6 ore
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
IDENTIFICAZIONE DEL SUB-INDICE d
(DISTANZA DEGLI ESPOSTI DALLA SORGENTE)
Il sub-indice d tiene conto della distanza fra
una sorgente di intensità I e il lavoratore/i
esposto/i:
– nel caso che questi siano prossimi alla sorgente
(<1 metro) il sub-indice I rimane inalterato (d =1)
– via via che il lavoratore si allontana dalla sorgente
il sub-indice di intensità di esposizione I deve
essere ridotto proporzionalmente fino ad arrivare
ad un valore di 1/10 di I per distanze maggiori di 10
metri
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Schema per la
determinazione dell’indice di esposizione
per via inalatoria (Einal)
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
DETERMINAZIONE DELL’INDICE DI
ESPOSIZIONE PER VIA CUTANEA (ECUTE)
L’indice di esposizione per via cutanea Ecute
viene determinato attraverso una semplice
matrice che tiene conto di due variabili:
• Tipologia d’uso
• Livelli di contatto cutaneo
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
1 . TIPOLOGIA D’USO
•
•
•
•
Uso in sistema chiuso
Uso in inclusione in matrice
Uso controllato e non dispersivo
Uso con dispersione significativa
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2 . I LIVELLI DI CONTATTO CUTANEO
• Nessun contatto
• Contatto accidentale; non più di un evento al giorno,
dovuto a spruzzi o rilasci occasionali (come per esempio
nel caso della preparazione di una vernice)
• Contatto discontinuo; da due a dieci eventi al giorno,
dovuti alle caratteristiche proprie del processo
• Contatto esteso; il numero di eventi giornalieri è
superiore a dieci
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MODELLO PER LA VALUTAZIONE DEL
RISCHIO DA AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
DERIVANTI DA ATTIVITÀ LAVORATIVE
movaRisCh può essere applicato anche alle esposizione
di agenti chimici pericolosi che derivano da un’attività
lavorativa.
• La scelta di P (score) dipende dall’entità dello sviluppo
degli inquinanti dall’attività lavorativa (quantità in uso del
materiale di partenza) e da quale classificazione possa
essere attribuita agli agenti chimici che si sviluppano.
• Dopo aver scelto l’entità dell’emissione, per attribuire il
punteggio P è necessario:
– identificare gli agenti chimici che si sviluppano, assegnare la
rispettiva classificazione (molto tossico, tossico, nocivo per
l’inalazione, ecc…..)
– utilizzare, per il calcolo di R, il valore di P più elevato.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Valori di Rischio (R)
Classificazione
Rischio moderato
CRITERIO PER
LA
VALUTAZIONE
DEL
RISCHIO DA
AGENTI
CHIMICI
PERICOLOSI
Intervallo di incertezza.
E’
necessario, prima della classificazione in
rischio moderato, rivedere con scrupolo
l’assegnazione dei vari punteggi e rivedere
le misure di prevenzione e protezione
adottate
21 < R < 40
Rischio superiore al moderato.
Applicare gli articoli 72-sexies, septies,
decies e undecies.
Zona di rischio elevato.
40 < R < 80
Zona di grave rischio. Riconsiderare il
R > 80
percorso dell’identificazione delle misure di
prevenzione e protezione ai fini di una loro
eventuale implementazione.
Intensificare i controlli quali la
sorveglianza sanitaria, la misurazione degli
agenti chimici e la periodicità della
manutenzione.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
I DIVERSI MOMENTI DI INTERVENTO
DEL MEDICO COMPETENTE
PRIMA
(al momento della
valutazione preliminare
del rischio)
partecipazione attiva alle
misure di valutazione del
rischio chimico e dei suoi
possibili effetti
DOPO
(successivamente alla
valutazione)
attivazione della
sorveglianza sanitaria
come misura specifica di
prevenzione
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
COS’È LA SORVEGLIANZA SANITARIA
• Accertamenti sanitari prima di adibire il lavoratore alla
mansione che comporta l’esposizione
• Accertamenti sanitari periodici “di norma una volta
l’anno”. Il Medico Competente può decidere una
periodicità diversa riportando una adeguata motivazione
sul documento di valutazione dei rischi o salvo diversa
specifica determinazione a sua volta espressa
dall’organo di vigilanza
• Accertamenti finali alla cessazione del rapporto di lavoro
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AZIONI DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA
• Istituzione ed aggiornamento della cartella
sanitaria e di rischio contenente i dati
sanitari e quelli di esposizione
professionale individuale (custodita presso
l’azienda. Alla cessazione del rapporto di
lavoro le cartelle sanitarie e di rischio
devono essere trasmesse all’ISPESL)
• Informazione al singolo lavoratore
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CONSEGUENZE DELLA
SORVEGLIANZA SANITARIA
•
•
•
•
Giudizio di idoneità
Allontanamento del lavoratore
Identificazione corretti DPI
Comunicazione (relazione) anonima
collettiva dei dati sanitari
• Comunicazione di superamento dei valori
limite biologici
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CONTROLLO DELL’AVVENUTA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
•
•
•
•
Elenco con l’identificazione delle sostanze e dei preparati utilizzati e dei
processi produttivi attuati in azienda, compresa la manutenzione
I modelli e/o gli algoritmi di valutazione del rischio utilizzati, secondo i
parametri dell’art. 72-quater comma 1 del D.Lgs. 626/94 ed il risultato
conseguito relativamente alla giustificazione del rischio (art.72 quater
comma 5 D.Lgs. 626/94) ed al rischio superiore o inferiore alla soglia di
moderato (art. 72 quinquies comma 2 D.Lgs 626/94)
Le relazioni corrispondenti ai resoconti di prova delle misurazioni
ambientali di esposizione eventualmente effettuate
Le principali misure generali di prevenzione e protezione attuate con
particolare riguardo a: progettazione ed organizzazione dei sistemi di
lavorazione, fornitura di attrezzature idonee al lavoro e procedure
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CONTROLLO DELL’AVVENUTA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
•
•
•
•
Nel caso di rischio dichiarato superiore al moderato devono
essere presi in esame:
I risultati delle misurazioni periodiche
La progettazione e predisposizione delle misure specifiche di
protezione collettiva
Individuazione delle misure di protezione individuale compresi i
D.P.I.
Le relazioni del Medico Competente redatte ai sensi dell’art. 72
decies comma 2 lettera b) su: motivazioni riguardanti la
periodicità diversa dall’attuale, degli accertamenti sanitari da
eseguire, i risultati del monitoraggio biologico e della
sorveglianza sanitaria in forma anonima.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CONTROLLO DELL’AVVENUTA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
In caso di RISCHIO MODERATO, a seguito dell’analisi
degli atti documentali acquisiti e degli accertamenti
effettuati sul luogo di lavoro si possono verificare due
eventualità:
• Il rischio è palesemente moderato, si accetta quanto
certificato
• Il rischio è dichiarato moderato, ma risulta dubbia la
valutazione, in questo caso dovranno essere fatti
approfondimenti valutativi con personale più esperto
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
“L’uomo e la sua sicurezza devono
costituire la prima preoccupazione
di ogni avventura tecnologica.
Non lo dimenticate mai quando
siete immersi nei vostri calcoli e
nelle vostre equazioni”
Albert Einstein
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Noi siamo quelli che sono morti per niente.
Siamo il prezzo del progresso,anche se a noi ,da
quel progresso,cosa è venuto?
Forse non era neanche un vero progresso.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Questo significa che non è possibile stilare una lista “chiusa” e definita di agenti cancerogeni e/o
mutageni, neppure ad una certa data.
Tabella 1: Definizione di agente cancerogeno e mutageno
Si deve intendere per “agente cancerogeno”:
1. una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali
categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del D.Lgs. 52/97, e
successive modifiche ed integrazioni, in attuazione di corrispondenti
Direttive Comunitarie;
2. un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1., quando
la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai
requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un
preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi dei
D.Lgs. 52/97, e D.Lgs. 285/98;
3. una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato VIII,
nonché una sostanza od un preparato emessi durante un processo
previsto dall’allegato VIII.
Si deve intendere per “agente mutageno”:
1. una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali
categorie mutagene 1 o 2, ai sensi del D.Lgs. 52/97, e successive
modifiche ed integrazioni, in attuazione di corrispondenti Direttive
Comunitarie;
2. un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 4., quando
la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai
requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un
preparato nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti ai sensi dei
D.Lgs.52/97 e D.Lgs.285/98.
AGENTI
CANCEROGENI
E MUTAGENI
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Tabella 2: Categorie di sostanze cancerogene e relative frasi di rischio
Categoria 1
Sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo.
Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione
dell’uomo ad una sostanza e lo sviluppo di tumori.
Categoria 2
Sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo.
Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione
dell’uomo ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di tumori, in
generale sulla base di:
-
adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali,
-
altre informazioni specifiche.
Per le categorie 1 e 2 sono utilizzati i seguenti simboli e le seguenti
specifiche frasi di rischio:
T; R 45 Può provocare il cancro.
Per le sostanze ed i preparati che presentano un rischio cancerogeno
soltanto per inalazione (ad esempio sottoforma di polveri, vapori o fumi)
devono essere utilizzati il seguente simbolo e specifica frase di rischio:
T; R 49 Può provocare il cancro per inalazione
AGENTI
CANCEROGENI
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Tabella 3: Categorie di sostanze mutagene e relative frasi di rischio
I mutageni sono agenti che aumentano la frequenza delle mutazioni.
Categoria 1
Sostanze note per gli effetti mutageni sugli esseri umani.
Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione
degli esseri umani ad una sostanza e alterazioni genetiche ereditarie
Categoria 2
Sostanze che dovrebbero considerarsi mutagene per gli esseri umani.
Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione
dell’uomo ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di alterazioni
genetiche ereditarie, in generale sulla base di:
- adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali,
- altre informazioni specifiche.
Per le categorie 1 e 2 sono utilizzati i seguenti simboli e le seguenti
specifiche frasi di rischio:
T; R 46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie
AGENTI
MUTAGENI
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Un preparato, come previsto dal D.Lgs.285/98 (Tabella 4), è considerato
cancerogeno e/o mutageno quando contiene almeno una sostanza
cancerogena e/o mutagena in percentuale maggiore o uguale allo 0,1%, salvo
limiti diversi e specifici di concentrazione di cancerogenicità riportati nella
scheda delle singole sostanze nell’Allegato I alla Direttiva 67/548 CEE e
successive modifiche.
Tabella 4: Definizioni di preparato cancerogeno e/o mutageno e relative frasi di rischio
I preparati sono cancerogeni e/o mutageni sulla base della percentuale di
presenza di sostanze cancerogene e/o mutagene.
Se in Allegato I alla Direttiva 67/548/CEE non sono riportati limiti di
concentrazione specifici, valgono le seguenti regole generali:
a) un preparato è cancerogeno quando contiene una o più sostanze
cancerogene appartenenti alle categorie 1 o 2 in concentrazione
maggiore o uguale a 0,1%
b) un preparato è mutageno quando contiene una o più sostanze
mutagene appartenenti alle categorie 1 o 2 in concentrazione
maggiore o uguale a 0,1%.
Le frasi di rischio associate sono:
R45 “Può provocare il cancro”
R49 “ Può provocare il cancro per inalazione”
R46 “Può provocare alterazioni genetiche ereditarie”.
PREPARATI
CANCEROGENI
E MUTAGENI
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
Vale per tutte le sostanze e i preparati la procedura prevista dal comma
4. dell’art. 72-quater del D.Lgs. 25/02: “il fornitore od il produttore1 di
agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente
tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa valutazione del
rischio”.
[1] Si ritiene che ai sensi del D.Lgs. 25/02 il produttore ed il fornitore siano da
considerare i responsabili dell’immissione sul mercato degli agenti chimici
pericolosi. Il produttore, ossia il fabbricante, l’importatore o il distributore, è
soggetto agli obblighi di cui ai DD.LLgs. 52/97 e 285/98 e successive
modificazioni. Il fornitore è soggetto agli obblighi di cui al D.Lgs.185/99 e
successive modificazioni.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
La valutazione, e le corrispondenti misure di
prevenzione, come è stato già detto, devono essere
predisposte preventivamente, quindi prima dell’inizio
dell’attività lavorativa e ciò ai sensi dell’art.72-quater
comma 6. Titolo VII-bis D.Lgs. 626/94.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
L’attenzione deve essere rivolta prima di tutto alle
materie prime impiegate, prevedendo come primo
passo la lettura attenta dell’etichettatura di pericolo
del prodotto utilizzato e, principalmente, della relativa
scheda di sicurezza, per verificare se siano riportate
le frasi di rischio e/o le loro esplicitazioni più estese:
“Può provocare il cancro”(R 45),
“Può provocare il cancro per inalazione” (R 49);
“Può provocare alterazioni genetiche ereditarie”
(R 46).
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
In caso di dubbio rimane in capo al datore di lavoro
l’impegno/obbligo di identificare univocamente le
sostanze chimiche attraverso il numero del Chemical
Abstract Service (CAS), il numero CEE o numero
Indice
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
Infine, anche in applicazione di quanto previsto per
sostanze,
preparati
e
processi
elencati
nell’allegato VIII del D.Lgs. 626/94, risulta
indispensabile individuare tutte le possibili lavorazioni
che possono comportare l’esposizione a fuliggine,
catrame, pece di carbone, polvere di legno duro,
anche in maniera indiretta, come può succedere nel
caso di lavoratori addetti alla manutenzione e alle
pulizie.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
Tabella 6: Sostanze per le quali sono vietati produzione, lavorazione ed impiego
N° EINECS N° CAS Nome Agente
Limite per l’esenzione
202-080-4 91-59-8 2-naftilamina e suoi sali
0,1% in peso
202-177-1 92-67-1 4-amminodifenile e suoi sali
0,1% in peso
202-199-1 92-87-5 Benzidina e suoi Sali
0,1% in peso
202-204-7 92-93-3 4-nitrodifenile
0,1% in peso
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
SOSTITUZIONE E RIDUZIONE
L’art. 62 del D.Lgs. 626/94 prevede, in primis, una sorta di
gerarchia comportamentale:
Il primo comma dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94, “sostituzione e
riduzione”, prevede in effetti l’eliminazione o la riduzione
dell’utilizzazione di un agente cancerogeno e/o mutageno mediante
sostituzione di sostanza, di preparato o di procedimento, “sempre
che ciò” sia “tecnicamente possibile”.
Il secondo comma dello stesso articolo prevede il ricorso ad un
“sistema chiuso” per la produzione o l’utilizzazione dell’agente
cancerogeno e/o mutageno, “sempre che ciò” sia “tecnicamente
possibile”.
Il terzo comma dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94 prevede “la riduzione
del livello di esposizione dei lavoratori al più basso valore
tecnicamente possibile. L’esposizione non deve comunque
superare il valore limite dell’agente stabilito nell’allegato VIII-bis”.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
La valutazione deve essere integrata con i dati previsti dal comma 4 dell’art. 63 del D.Lgs. 626/94:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni
e/o mutageni, o di processi industriali di cui all’allegato VIII, con l’indicazione dei
motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni e/o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni e/o mutageni
prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni e/o mutageni;
d) l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota, e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezion
e individuale utilizzati;
f)
le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni
e/o mutageni, le caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche delle
sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
INIZIO ATTIVITA’ CON ESPOSIZIONE
O ATTIVITA’ IN ATTO (artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70
D.Lgs. 626/94)
Aggiorna il documento di Valutazione dei Rischi con la valutazione del
rischio da esposizione a benzene in cui verranno precisate le attività che ne
comportano l'esposizione, il numero di lavoratori esposti, i quantitativi
utilizzati, e il grado di esposizione;
istriutisce e aggiorna il registro degli esposti
Invia copia del registro a ASL(PISLL)
ISPESL
Limita al più basso valore tecnologicamente possibile l’esposizione
dei lavoratori attuando tutte le misure tecnico organizzative e
procedurali necessarie (impianti di aspirazione, pulizia dei locali, delle
attrezzature ecc., limitazione del numero degli esposti);
Attua tutte le misure igieniche e tecniche possibili compresa la
distribuzione ai lavoratori di idonei indumenti protettivi ed integra
l’attività di informazione e formazione ai lavoratori con specifici
argomenti sulla cancerogenicità delle polveri di legno duro e sulle
misure di prevenzione e protezione anche individuale;
OGNI 3 ANNI E A RICHIESTA
(art.70 comma 8 lett.a)
Invia eventuali variazioni intervenute nel registro degli
esposti ASL(PISLL)
ISPESL
A RICHIESTA (art.70 comma 8 lett.b)
Invia copia registro degli esposti a ISS
(Istituto Superiore di Sanità)
CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO (art.70 comma
4)
Invia cartella clinica e annotazioni
del registro a ISPESL
ASSUNZIONE DI LAVORATORE GIA’ESPOSTO (art.70
comma 8 lett.d)
Chiede al lavoratore cartella clinica ,se non c’è la chiede
all’ISPESL
CESSAZIONE ATTIVITA’ LAVORATIVA
(art.70 comma 5 e 8 lett.c)
Invia registro e cartelle cliniche a ISPESL
Invia copia del registro alla ASL(PISLL)
Il datore di lavoro istituisce e aggiorna il REGISTRO DEGLI
ESPOSTI  TRAMITE
IL MEDICO COMPETENTE
RSPP e RLS hanno accesso
al REGISTRO
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CLASSIFICAZIONE DEI LEGNI
Appare necessario evidenziare come in linea generale
con il termine “legni duri” vengono rappresentate le
LATIFOGLIE e con il termine “legni teneri” o dolci siano
rappresentate le CONIFERE.
Esistono dei legni che pur essendo teneri da un punto di
vista di lavorabilità vengono compresi tra i legni duri es. il
pioppo.
Classificazione dei legni (Monografia n. 62 - IARC)
Genere e Specie
Nome comune Inglese
Softwood
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
Nome comune Italiano
Essenze legni dolci
Fir
Abete
Cedar
Cipresso-Cedro
Cypress
Cipresso
Larch
Lance
Spmce
Peccio-Abete
Pine
Pino
Douglas fìr
Abete di Douglas
Redwood
Sequoia gigante
Thuja, arbor fìtae
Tuia-Cipresacea
Hernlock
Tsuga-Pinacea
Hardwood
Essenze legni duri
Acer
Maple
Acero
Alnus
Alder
Olmo
Betula
Birch
Betulla
Carya
Hickory
Noce americano o Noce Hickory
Carpinus
Hombeam, white beech
Carpino o Faggio bianco
Castanea
Chestnut
Castagno
Fagus
Beech
Faggio
Fruxinus
Ash
Frassino
Juglans
Watout
Noce
Platanus
Sycamore
Platano americano
Populus
Aspen, poplar
Pioppo
Pruftus
Cherry
Ciliegio
Salix
Willow
Salice
Quercus
Oak
Quercia
Tilia
Lime, basswood
Tiglio
Ulmus
Elm
Olmo
Tropical Hardwood
Essenze legni duri tropicali
Agathis australis
Kauri pinc
Pino kauri
Chiorophora excelsa
Iroko
Iroko
Dacrydium cupressinum
Rimu, red pme
Pino rosso
Dalbergia
Palisander
Palissandro
Dalbfsrgia nigra
Brazilian tóseAvood
Palissandro brasiliano
Diospyros
Ebony
Ebano
Khaya
African mahogany
Mogano Africano
Mansonia
Mamoma, bete
Mansonia
Ochroma
Balsa
Balsa
Palaquium hexandrum
Nyatoh
Nyatoh
Pericopsis elata
Afronnosia
Afronnosia
Shorea
Meranti
Meranti
Tectona grandis
Teak
Teak
Abies
Chamaecyparis
Cupressus
Larix
Picea
Pinus
Pseudotsuga menziesii
Sequoia sempervirens
Thuja
Tsuga
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
POLVERI DA LEGNO DURO
La letteratura internazione segnalava la cancerogenità
di alcune lavorazioni che esponevano i lavoratori a
polveri da legno duro già dal 1987 (IARC).
L’Italia, nel febbraio del 2000 con il D.Lgs. 66/00, che
recepisce la direttiva Europea 99/38/CE che va ad
integrare il Titolo VII “protezione da agenti cancerogeni
e mutageni” del D.Lgs. 626/94, fissa il valore limite di
esposizione a polveri di legno duro a:
5 mg/m3
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
COSA FARE
Sostituzione e riduzione (Art. 62)
Per le Polveri di Legno si deve tener presente:
 limitare al più basso valore tecnologicamente
fattibile l’esposizione dei lavoratori (il limite di 5
mg/m3 rappresenta un valore di salvaguardia il cui
rispetto deve essere garantito per gli stabilimenti
esistenti entro 31/12/02 e per i nuovi o comunque
entrati in funzione dopo 08/04/00 al momento
dell’inizio attività)
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
COSA FARE
Sostituzione e riduzione (Art. 62)
 Non essendo ipotizzabili sostituzioni del legno, avendo
difficoltà nel realizzare sistemi chiusi, si deve ricordare
che per la maggior parte delle lavorazioni del settore
esistono soluzioni di bonifica idonee e consolidate dal
punto di vista tecnico.
Con sistemi di aspirazione localizzata sulle macchine si
riesce a ottenere valori di esposizione inferiori a quanto
previsto dal D.Lgs.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
COSA FARE
Sostituzione e riduzione (Art. 62)
A far data dal 01/01/03 i datori di lavoro che
effettuano lavorazioni comportanti l’esposizione a
polveri di legno duro dovranno essere in grado di
dimostrare:
• di aver messo in atto tutte le misure previste per la
riduzione dell’esposizione al valore più basso
tecnicamente possibile
• che l’esposizione all’interno della loro attività è
inferiore a 5 mg/m3
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
(ARTT. 4 E 63)
Le aziende devono rieffetuare una rilettura e una
integrazione del documento di valutazione dei rischi che
consideri la cancerogenicità delle polveri di legno duro
che approfondisca i seguenti aspetti:
• le attività lavorative che comportano esposizione a
polveri di legno duro
• i quantitativi di legno duro lavorato
• l’esposizione dei lavoratori e il grado della stessa
• le misure preventive e protettive adottate, il tipo di D.P.I.
usati
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
(ARTT. 4 E 63)
L’autocertificazione (per aziende fino a 10
dipendenti) si basa sulla dei seguenti dati che devono
essere reperibili:
• tipologia e quantità del legno usato
• schede di istruzione ed uso delle macchine e/o impianti
• istruzioni relative alle procedure di
manutenzione delle macchine e/o impianti
• rapporto di prova delle misure effettuate
• protocollo di sorveglianza sanitaria
pulizia
e
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
MISURE TECNICHE ORGANIZZATIVE E
PROCEDURALI (ART.64)
Si ritengono rilevanti:
1. La limitazione del numero degli esposti e la
segregazione delle lavorazioni dove possibile
2. L’aspirazione alla fonte senza ricircolo in ambiente di
lavoro attuata secondo le norme di buona tecnica
3. La regolare e sistematica pulizia dei locali, delle
attrezzature e degli impianti, adottando sistemi di
aspirazione
4. L’individuazione di idonee procedure di intervento per
ridurre il rischio di esposizione nelle fasi di
attrezzaggio e manutenzione
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
MISURE TECNICHE ORGANIZZATIVE E
PROCEDURALI (ART.64)
5. La corretta gestione dei residui delle lavorazioni
6. La valutazione dell’esposizione residua
Il D.Lgs. 624/94 prevede espressamente all’art. 64
che il datore di lavoro provveda alla misurazione
delle polveri di legno per verificare l’efficacia delle
misure adottate
Tale misurazione dovrà ripercorrere quanto stabilito
dalla Norma UNI-EN 689 del 1997
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CAMPIONAMENTI
In allegato VIII-bis del D.Lgs. 626/94 viene indicato come
valore limite, su un periodo di riferimento di 8 ore, 5 mg/m3
della Frazione Inalabile
Per polvere inalabile si intende quella definita dalla norma UNI
EN 481/1994, come recentemente confermato dal D.Lgs.
25/02. Tale norma prescrive che il campionamento della
frazione inalabile sia conforme alla seguente convenzione la
percentuale Ei, di particelle aerodisperse di diametro
aerodinamico D (in μm) che devono essere raccolte è data da:
Ei=50[1+exp(-0,06D)
La convenzione non deve essere applicata a particelle con
D>100 μm
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CAMPIONAMENTI
Per quanto detto allo stato attuale l’unico strumento
di raccolta delle particelle con le caratteristiche
elencate precedentemente sia lo IOM
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CAMPIONAMENTI
Il campionamento deve essere effettuato di TIPO
PERSONALE, questo campionamento consente di
fornire risultati rappresentative dell’esposizione del
lavoratore, scelta del tutto conforme alla Norma UNI
689/97 citata nell’allegato VIII-sexties del D.Lgs.25/02.
Il campionamento deve essere eseguito nella zona
respiratoria del lavoratore e l’orifizio di entrata del
campionatore deve essere mantenuto parallello al
corpo.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CAMPIONAMENTI
Il tempo di campionamento relativo ad ogni singolo
prelievo, dipende dalla polverosità presente nell’ambiente
di lavoro e di conseguenza alla polvere che si può misurare
sulla membrana:
• per ambienti poco polverosi i tempi di campionamento
possono andare da un semiturno a tutto il turno lavorativo
• per ambienti polverosi i tempi di campionamento possono
essere più brevi (fino a 30 minuti) in maniera che non vi sia
sul filtro un deposito eccessivo di polveri
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CAMPIONAMENTI
Le pompe di campionamento devono essere conformi
alla Norma UNI-EN 1232 e devono essere tarate con il
flussimetro a bolla.
Le membrane utilizzate devono avere caratteristiche
idrofobe, meglio se filtri in fibra di vetro.
Modulo A - Ver. 1.0 - ottobre 2006
CAMPIONAMENTI
Numero di Campionamenti
Nei luoghi di lavoro con un numero di esposti inferiore a 5
e consigliabile campionare tutti i lavoratori. In aziende più
grandi, invece di campionare tutti gli addetti che
effettuano una stessa mansione, sarà possibile,
utilizzando un criterio statistico, selezionare un numero
più ristretto di soggetti da sottoporre a monitoraggio.
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Agenti chimici - Mannozzi