Il Quotidiano del Fisco
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STAMPA NOTIZIA 04/04/2015
Donazioni fuori dalla diclosure: istruzioni
per l’uso
di Stefano Mazzocchi
La voluntary disclosure è una procedura, regolata dalla legge 186 del 15 dicembre 2014 ,
che prevede l’autodenuncia globale delle ricchezze celate all’estero in cambio di una
cospicua riduzione delle sanzioni (penali ed amministrative) ad esse collegate. Tuttavia,
all’interno di tale procedimento di collaborazione volontaria, non è stato esteso il regime
premiale alle imposte di successione e donazione, nonostante il disegno di legge 1642
abbia previsto inderogabilmente un’assoluta resipiscenza su tutte le attività e gli
investimenti di natura patrimoniale e finanziaria detenute dall’istante.
Non di rado potrebbe verificarsi la situazione in cui le attività detenute all’estero siano
frutto di donazioni di denaro, ossia liberalità indirette rientranti nella fattispecie imponibile
delle donazioni. Infatti, non vi sono dubbi sul fatto che i suddetti atti di liberalità rientrino,
al pari delle donazioni contrattuali tipiche, nella sfera applicativa dell’imposta di
donazione. In particolare, nel Testo Unico dell’imposta sulle successioni e donazioni (Dlgs
346/1990) è stato inserito l’articolo 56-bis, con il quale il legislatore ha introdotto
nell’ordinamento tributario l’istituto dell’accertamento delle liberalità indirette e quello
della registrazione volontaria delle stesse.
In riferimento alla procedura di collaborazione volontaria, come detto in precedenza, le
donazioni indirette non rientrano tra le attività regolarizzabili previsti dalla legge
186/2014 : tuttavia, esse andranno indicate al fine di dimostrare la natura patrimoniale e
non reddituale di tali assets. Al fine di rendere inconfutabile la portata patrimoniale degli
investimenti, i documenti che devono essere forniti sono quelli che dimostrino l’apertura e
la gestione dei rapporti finanziari, ovvero i movimenti finanziari che possono essere
considerati donazioni effettuate o ricevute.
Le informazioni dedotte dai documenti hanno tre finalità:
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07/04/2015
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-permettere di datare con certezza i movimenti e di documentare come ed in quali
annualità si è formata la provvista estera;
-determinare i rendimenti derivanti dalle attività estere (metodo analitico/forfettario);
-quantificare gli importi che non sono stati indicati, in ciascun anno, nel quadro RW
(quadro concernente gli obblighi di monitoraggio fiscale) della dichiarazione dei redditi.
Di vitale importanza è riuscire ad individuare con precisione l’annualità in cui si è
costituita la provvista estera.
Se dai documenti risultasse con chiarezza che le somme esistevano in precedenza rispetto
al primo periodo oggetto di collaborazione volontaria, sulle attività non saranno dovute le
imposte ordinarie, e il calcolo sarà limitato alla tassazione dei proventi da esse derivanti e
alle sanzioni relative al quadro RW.
Nel caso in cui, invece, le somme siano pervenute al contribuente in anni recenti, la prova
documentale della liberalità sarà ancora più rilevante per riuscire a dimostrare con
nitidezza la natura patrimoniale degli assets per scongiurare eventuali ripercussioni
reddituali. Se cosi non fosse, allora, la natura della provvista potrebbe essere
presumibilmente considerata dall’Amministrazione Finanziaria di derivazione reddituale e
di conseguenza sottoposta a tassazione ordinaria, con delle ripercussioni negative di non
poco conto sul costo complessivo della procedura di Disclosure.
Questa tematiche, tuttavia, non sono state in alcun modo affrontate dalla circolare n. 10/E
del 13 marzo 2015 , lasciando irrisolta la questione delle donazioni indirette estere.
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Donazioni fuori dalla disclosure