Corso base Relatori: Dott. Zecchini Andrea Dott. De Grandis Ugo La strada giusta Come arterie d'un ciclope febbricitante queste strade cavalco in sella al mio ronzino, la bussola trema nel fitto gomitolo d'incroci. "Ecco, mi dico, questa è giusta!" Era bella, attraente... ma come le sirene omeriche ammaliava soltanto. Guido con gli occhi bendati fidandomi solo dell'istinto. Galarico 1 INDICE 1. La pavimentazione stradale: Definizione e tipologie………..…pag. 3 2. La fondazione stradale……………………………………………………………….pag. 6 • • • • Stabilizzazione meccanica…………………………………………………pag. 6 Stabilizzazione con calce…………………………………………………..pag. 6 Stabilizzazione con cemento……………………………………….…..pag. 7 Misti cementati……………………………………………………………….…..pag. 9 3. Il conglomerato bituminoso: Definizione e caratteristiche..pag. 10 4. Il conglomerato bituminoso e i suoi costituenti Gli aggregati……………………………………………………………………………..….pag. 11 • Caratterizzazione geometrica……………………………….…………pag. 13 • Influenza della forma dei grani sulle miscele di aggregati e sulle miscele bituminose……………………………………………………….......………….pag. 18 • Caratterizzazione fisica…………………………………………………….pag. 21 5. Il conglomerato bituminoso e i suoi costituenti Il bitume…………………………………………………………………………….……….…pag. 25 • Caratterizzazione fisica del bitume……………………….…….…pag. 27 • Classificazione dei bitumi…………………………………….…………..pag. 29 • Il bitume modificato…………………………………………….…………...pag. 30 6. I requisiti del conglomerato bituminoso………………………….…...pag. 31 • • • Il conglomerato bituminoso Progettazione di una miscela bituminosa (Mix-Design) Metodo Marshall……………………………..…………………………….....pag. 33 Il conglomerato bituminoso Progettazione di una miscela bituminosa (Mix-Design) Metodo con la Pressa Giratoria…..…………………………………..pag. 36 Il conglomerato bituminoso Metodi di prova per il controllo dei requisiti di accettazione delle miscele bituminose…..……………………………………………..pag. 38 7. Prove in situ per le pavimentazioni stradali……………………....…pag. 45 8. I principali ammaloramenti e degradi nelle pavimentazioni stradali…………………………………………………………………………………….……..pag. 54 9. La marcatura CE del conglomerato bituminoso…………….……….pag. 61 2 10. 11. 12. 13. Le prove dinamiche sul conglomerato bituminoso …………..….pag. 64 Cenni sui conglomerati bituminosi speciali………………………….…pag. 68 Bibliografia……………………………………………………………………………….…..pag. 71 Allegati…………………………………………………………………………..………….…..pag. 72 3 Le pavimentazioni stradali Corso base 1. La pavimentazione stradale: Definizione e tipologie La pavimentazione stradale è quella struttura idonea a garantire la transitabilità del traffico veicolare e deve assolvere a tre funzioni fondamentali: Garantire una superficie di rotolamento regolare e poco deformabile per i veicoli stradali Ripartire sul terreno le azioni statiche (peso del veicolo, aderenza) e dinamiche (urti causati da discontinuità) dei veicoli in misura tale da non determinare deformazioni del piano viabile, decisamente dannose al comfort di viaggio, alla struttura del veicolo ed in taluni casi alla sicurezza stessa del trasporto (si ricorda che il requisito di sicurezza è uno dei punti base su cui si articola la definizione di sistema di trasporto) Proteggere il terreno dagli agenti atmosferici in modo che le azioni di dilavamento, gelo e disgelo etc... non determinino condizioni di inutilità del piano stradale. Gli sforzi a cui è sottoposta la pavimentazione stradale sono tipicamente di due tipi: Sforzi Normali (azioni verticali) Gli sforzi normali sono connessi al peso stesso della struttura e al carico del veicolo che transita sulla superficie. I carichi a cui è sottoposta la pavimentazione si distribuiscono in profondità su aree sempre maggiori per cui le sollecitazioni dovute alla pressione б tendono a diminuire negli strati più profondi. Sforzi Tangenziali (azioni orizzontali) Gli sforzi tangenziali sono la conseguenza diretta del moto dei veicoli e sono trasmessi al piano di rotolamento attraverso l’aderenza; hanno direzione del moto nel caso di accelerazioni e decelerazioni mentre sono trasversali, all’asse longitudinale della strada, nel caso di moto in curva (forza centrifuga). Gli sforzi tangenziali sono molto forti negli strati superficiali e si esauriscono negli strati più profondi. 4 Figura 1 Schema delle azioni trasmesse dalle ruote alla pavimentazione stradale Nelle pavimentazioni stradali è necessario porre attenzione agli strati superficiali gravati in particolar modo da tensioni tangenziali indotte dal fenomeno dell’aderenza che viene smorzato rapidamente al variare della profondità e agli strati profondi in genere gravati da sollecitazioni di flessione dovuta ai carichi verticali. In particolare per i carichi orizzontali è indispensabile porre cura ai trattamenti superficiali, mentre per i carichi verticali è indispensabile disporre di sottofondi, su cui si disporrà la fondazione, dotati di buona portanza che non subiscano sensibili cedimenti. Una distinzione tradizionale suddivide le tipologie di strutture viarie in: Pavimentazioni Flessibili Pavimentazioni Semirigide Pavimentazioni Rigide La differenza essenziale tra le tre tipologie consiste nel modo in cui esse distribuiscono il carico sul piano di posa. In particolare nelle pavimentazioni rigide la maggior parte delle sollecitazioni sono sopportate dalla piastra stessa realizzata in calcestruzzo; essa è dotata di una forte resistenza al taglio e di discreta resistenza flessionale. Questo tipo di pavimentazione svolge contemporaneamente le funzioni della fondazione e degli strati superficiali. Al disotto di questa lastra è uso disporre una fondazione in materiale lapideo non legato o di misto cementato, mediante la quale si può garantire alla lastra un buon funzionamento nei confronti dell’acqua che può, quindi, raggiungere agevolmente la fondazione attraverso i giunti. 5 Figura 2 Schema della pavimentazione rigida Al contrario una pavimentazione flessibile costituita in genere da una serie di strati di qualità via via crescente verso la superficie, assicura la distribuzione del carico al piano di posa attraverso il sistema stratificato piuttosto che assorbire gli sforzi mediante lavoro di flessione. L’introduzione, fra gli strati di una pavimentazione flessibile, di uno strato di base in misto cementato, che ha una rigidezza abbastanza elevata, può determinare un comportamento globale che, in un certo senso, si avvicina a quello della piastra rigida; la sovrastruttura, in tal caso, si definirà come semirigida. Figura 3 Schema degli strati tipici di una pavimentazione flessibile e semirigida 6 2. La fondazione stradale Nella moderna tecnica stradale, in special modo dove la natura dei terreni di sottofondo fa temere possibili plastificazioni e cedimenti, per le fondazioni della sovrastruttura si preferisce l’adozione di strati granulari di opportune caratteristiche. Infatti su sottofondi argillosi, o comunque sensibili all’infiltrazione dell’acqua, le massicciate di pietrame determinavano grossi cedimenti di alcuni elementi con conseguente formazione di avvallamenti e deformazioni in tutta la sovrastruttura stradale. Per ovviare a questo inconveniente per le strade a grande traffico si procede alla stabilizzazione dello strato di fondazione. Per stabilizzazione dei terreni o più particolarmente la costruzione di fondazioni in terre stabilizzate si intende ogni procedimento che tende a migliorarne le proprietà meccaniche, sia al fine di aumentarne la portanza o conferire ad esso opportune caratteristiche inesistenti prima della stabilizzazione (maggiore coesione ed attrito interno, insensibilità all’acqua e al gelo,….) che comunque si ripercuotono sulla portanza. Si ricordi che esistono dei materiali che posseggono già i requisiti accennati precedentemente e se costipati con opportuna quantità d’acqua e con particolari accorgimenti possono fornire una buona portanza; in questo caso si parla di stabilizzazione non corretta. Riepilogando, quindi, la stabilizzazione di una fondazione può avvenire nei seguenti modi: • Stabilizzazione di un terreno per il quale non occorre nessuna correzione; • Stabilizzazione di un terreno per il quale si richiede la correzione, quest’ultima può essere : Stabilizzazione meccanica –Stabilizzazione granulometrica Viene effettuata attraverso l’aggiunta di altro materiale oppure attraverso anche l’eliminazione parziale di alcune frazioni. Stabilizzazione con calce L’aggiunta di calce, sottoforma di calce viva o di idrossido di calcio, in un terreno limoso-argilloso produce un’immediata riduzione del contenuto in acqua insieme ad una modificazione delle caratteristiche fisiche e meccaniche. Nel tempo da luogo a reazioni chimiche complesse con formazione di cristalli di silicati ed alluminati di calcio idrati, che costituiscono un cemento tra i granuli di terra. Di solito le percentuali di calce che si aggiungono ad un terreno variano tra il 3% e il 6% in ragione del contenuto d’acqua al quale si opera la miscelazione. Le resistenze meccaniche che si 7 raggiungono sono dell’ordine di circa 25 daN/cm² con l’aggiunta del 5% di calce in un terreno con argilla molto plastica (IP≈37). Per il trattamento terra-calce occorre tener presente la variabilità dei fattori che possono influire sul risultato finale del prodotto sui quali uno studio preliminare da svolgere in laboratorio, può fornire indicazioni: 1. Dosaggio in calce 2. Tenore in acqua 3. Costipamento 4. Finezza di miscelazione 5. Natura del terreno Figura 4 Stabilizzazione a calce 8 Stabilizzazione con cemento Non tutti i terreni sono idonei per la stabilizzazione a cemento, sarebbero preferibili i terreni sabbiosi a granulometria continua con una percentuale di passante al setaccio 0,075 mm non superiore al 10-15%. Per sabbie troppo uniformi in genere i risultati sono poco soddisfacenti in quanto vengono utilizzate grosse quantità di cemento. I limiti granulometrici per l’utilizzo della stabilizzazione a cemeno sono i seguenti: Setacci 3 pollici Setaccio n. 4 ASTM Setaccio n. 40 ASTM Setaccio n. 200 ASTM Passante in % 100% 50-100% 15-100% 0-50% IP≤15 Per quanto riguarda il dosaggio di cemento e la quantità di acqua é sempre necessario fare le valutazione ed eseguire i controlli di laboratorio per non eccedere mai con le resistenze che possono provocare nel tempo grossi ritiri. Figura 5 Stabilizzazione con cemento 9 Misto cementato L’aumento del traffico, soprattutto quello pesante, ha creato grosse problematiche sulla duratura della pavimentazione stradale di tipo flessibile fu quindi inserito nel pacchetto stradale uno strato di fondazione in miscela stabilizzata con leganti idraulici. Il misto cementato è una miscela costituita da aggregati provenienti da formazioni naturali o da frantumazione con requisiti ben classificati con l’aggiunta di modeste quantità di cemento (dal 3% al 5%) ed acqua (dal 5% al 7%). Lo strato in misto cementato introdotto nelle pavimentazioni flessibili produce un netto miglioramento di tutta la struttura dal punto di vista della resistenza alla fatica; nelle pavimentazioni rigide viene inserito per evitare il brusco salto di rigidezza tra la piastra di calcestruzzo e il sottofondo e per dare uno strato uniforme su cui stendere la piastra. Nel confezionamento del misto cementato bisogna avere molta cura soprattutto nell’evitare che vengano confezionati strati troppo rigidi, questa eccessiva rigidezza potrebbe dar luogo in primo luogo ad un’eccessiva concentrazione di carichi verticali negli strati superiori e successivamente a fenomeni di ritiro. Pertanto nell’utilizzo dei misti cementati occorre valutare bene la composizione della miscela e la più idonea percentuale di cemento confezionando vari provini e dosaggi di cemento e il contenuto d’acqua in laboratorio; questi verranno rotti a compressione dopo 7 giorni di stagionatura valutando il risultato che deve risultare maggiore di 2,5 N/mm² e inferiore a 4,5 N/mm² per evitare che il misto cementato sia troppo rigido. Figura 6 Provini di misto cementato 10 Il conglomerato bituminoso: Definizione e caratteristiche Il conglomerato bituminoso è costituito da miscele accuratamente proporzionate di aggregati grossi aggregati fini e filler minerali impastati con bitume. Gli aggregati sono graduati con cura dalla dimensione massima fino al filler allo scopo di ottenere una miscela con una percentuale di vuoti controllata, la quantità di bitume immessa successivamente è in rapporto al contenuto di vuoti. Quando questi componenti sono progettati accuratamente forniscono una pavimentazione con un’elevata durabilità e in grado di sopportare i carichi del traffico pesante sempre più diffuso sulle strade; il conglomerato bituminoso viene utilizzato, con le dovute cautele, per la pavimentazione di strade a traffico pesante, autostrade e piste aeroportuali. Le principali caratteristiche che deve soddisfare un conglomerato bituminoso sono le seguenti: Elevata Stabilità La miscela deve essere in grado di sopportare i carichi derivanti dal traffico senza dislocarsi o ammalorarsi. Durabilità e assenza di fessurazioni (bassa deformabilità) Le elevate temperature nei mesi estivi (45-60°C) esaltano le deformazioni viscose dei manti di usura pertanto se la miscela non è stata studiata in modo opportuno (eccesso e difetto di bitume oppure tipologia di bitume errata) possono verificarsi, dopo il passaggio di carichi pesanti, rifluimenti e ormaie. Permeabilità (bassa nel caso di conglomerati tradizionali oppure alta nel caso di manti drenanti) Rappresenta la capacità di un conglomerato bituminoso di essere attraversato dall’acqua; oggi per scopi particolari, manti di usura drenanti, si adottano elevate percentuali di vuoti con l’uso di bitumi addittivati con polimeri (bitumi modificati) Elevata aderenza (Antisdrucciolevole) Il coefficiente di aderenza che offre la pavimentazione deve essere elevata. Questa dipende dallo stato e dalla natura delle superfici a contatto con il pneumatico, essa è in funzione del numero di asperità per unità di superficie. Economica Senza tralasciare i quattro punti precedenti di fondamentale importanza la progettazione deve tenere conto anche degli aspetti economici. 11 Il conglomerato bituminoso e i suoi costituenti: Gli aggregati Gli aggregati costituiscono lo scheletro di tutti gli strati che compongono la sovrastruttura stradale; questi sono divisibili in categorie differenti tra di loro soprattutto per l’origine: Materiali litici da frantumazione Questi aggregati sono ottenuti da rocce con particolari caratteristiche di resistenza mediante un processo di frantumazione artificiale, per mezzo di frantoi, ed una successiva vagliatura. Il materiale risultante dalla vagliatura è un prodotto con un prestabilito assortimento granulometrico e spigoli vivi. Gli aggregati di questo tipo vengono impiegati soprattutto negli strati più superficiali e quindi più sollecitati della sovrastruttura. Figura 7 Impianto di frantumazione Sottoprodotti dell’industria Questi aggregati sono costituiti da scorie di altoforno (loppe granulari e frantumate) ceneri volanti, etc… il cui utilizzo risolve, in parte, il problema dello smaltimento. Aggregati artificiali prodotti industrialmente Questi aggregati sono prodotti, per esempio, mediante fusione ad alte temperature di determinati minerali o rocce (ad es. la bauxite o alcune argille). Le proprietà di tali aggregati sono elevate ed è per questo motivo che sono impiegati solo “localmente” cioè dove le caratteristiche richieste non sono possedute dagli aggregati naturali. 12 Dal gennaio 2004 in sostituzione delle precedenti norme sugli aggregati è in vigore la norma UNI EN 13043 “Aggregati per miscele bituminose e trattamenti superficiali per strade, aeroporti e altre aree soggette a traffico”. Nella suddetta norma si fa riferimento alle caratteristiche prestazionali a prescindere dalla sua origine. Per ogni caratteristica (geometrica, fisica o chimica) è possibile classificare l’aggregato in varie categorie qualitative, in funzione delle sue proprietà. Il progettista, di conseguenza, può precisare nel Capitolato Speciale di Appalto quali sono le categorie minime alle quali devono appartenere gli aggregati che costituiscono lo strato di fondazione, lo strato di base, etc…. Figura 8 Caratteristiche geometriche per aggregato grosso (Estratto Capitolato) Dal 1 giugno 2004 è indispensabile e obbligatoria la marcature CE per la commercializzazione di ogni prodotto relativo alla suddetta norma. Questo significa che il produttore deve effettuare specifiche dichiarazioni per l’identificazione dell’aggregato nonché garantire la categoria di appartenenza alle varie caratteristiche geometriche, fisiche e chimiche. Per esempio vengono definite le seguenti categorie: MDE 15 Resistenza all’usura, con coefficiente Micro Deval ≤ 15 FI35 Forma dei granuli con indice di appiattimento ≤ 35 LA30 Resistenza alla frammentazione (Los Angeles) ≤ 30 Nella norma UNI EN 13043 vengono definiti i metodi di prova per la caratterizzazione geometrica, fisica e chimica dell’aggregato grosso e fine 13 Gli aggregati – Caratterizzazione geometrica L’analisi granulometrica (UNI EN 933-1) In un conglomerato bituminoso si cerca di ottenere la massima densità impiegando la maggior quantità possibile di aggregati: tale obiettivo si ottiene quando i granuli hanno dimensioni assortite, in modo che i più piccoli possano penetrare nei vuoti lasciati dai più grandi. Punto di partenza è l’analisi granulometrica ossia il procedimento che consente di determinare, mediante vagliatura, la distribuzione dimensionale degli aggregati. Per effettuare l’analisi granulometrica si utilizzano dei vagli con dimensioni standardizzate (UNI EN 13043 al punto 4.1.2.). Figura 9 Dimensioni dei setacci per le analisi granulometriche (estratto da UNI EN 13043) Per ottenere dati attendibili il campione deve avere una massa minima che è funzione del suo diametro massimo: Dimensione massima mm 63 32 16 8 ≤4 Massa minima kg 40 10 2,6 0,6 0,2 14 I setacci vanno sistemati uno sull’altro, in ordine crescente di apertura dal basso verso l’alto. Si introduce il campione sulla batteria di setacci e la si agita per far sì che il materiale passi attraverso di essa. Il periodo di agitazione va prolungato fino a che, attraverso ogni setaccio, non passi più dello 0,1% della massa trattenuta nel tempo di 1 minuto. Terminata l’operazione si pesa ciascuna frazione trattenuta nei setacci successivi e si calcola per ciascun setaccio la percentuale trattenuta e, per differenza a 100, quella passante. Si costruisce così la curva granulometrica dell’aggregato: 100 90 80 P a s s a n te (% ) 70 60 50 40 30 20 10 0 100 10 1 0.1 0.01 Apertura stacci (mm) Figura 10 Esempio curva granulometrica 15 Il contenuto e la qualità dei fini Se richiesto deve essere determinato il contenuto di fini di un aggregato in conformità alla UNI EN 993-1 e deve essere espresso mediante la categoria “f”; questa indica la percentuale di passante al setaccio 0.063 mm e può essere effettuata sia su aggregati grossi che fini (es: categoria f4 , indica un aggregato con passante al setaccio 0.063mm inferiore o uguale a 4%). Quando il contenuto di fini è maggiore del 3% occorre determinare il valore di blu di metilene (UNI EN 933-9). Questo è un parametro che serve a definire il carattere più o meno argilloso della frazione finissima. Una porzione del campione passante a 2 mm, di massa M1, viene mescolata con 500 ml di acqua distillata. La soluzione viene miscelata con un agitatore e addizionata con volumi progressivi di una soluzione colorante a base di blu di metilene. Dopo ogni aggiunta si preleva una goccia di soluzione con una bacchetta e si verifica la colorazione assunta dalla goccia su una carta filtro. Quando la macchia assume un alone persistente di colore blu chiaro, la prova è terminata e si registra il volume corrispondente di soluzione colorante introdotta (V1). Il valore di blu è: MB = 10 * V1 M1 Se la percentuale di fini è superiore al 10% occorre effettuare tutta una serie di prove previste dalla UNI EN 13043 punto 5 per valutare le proprietà geometriche e fisiche del filler. Figura 11 Attrezzatura per determinazione del valore di blu di metilene 16 Forma e appiattimento aggregato grosso (UNI EN 933-3 e 4) L’aggregato ideale è quello la cui forma è prossima alla sfera (detto anche isodiametrico), perché consente di ottenere il maggior grado di compattezza con il minimo indice dei vuoti. I granuli vengono classificati in base al rapporto tra il diametro massimo (lunghezza L) e quello medio (spessore E) tramite un calibro speciale: Figura 12 Attrezzatura per determinazione forma aggregati Tutti i granuli (con massa M1) vengono fatti passare attraverso le ganasce del calibro, separando quelli con rapporto L/E > 3 che sono classificati come non cubici. Successivamente occorre pesare la massa dei granuli non cubici (M2). L’indice di forma SI è dato dal rapporto: SI = M2 M1 *100 Per quanto concerne il campione con massa M1 viene separato in determinate classi granulometriche mediante setacciatura con la serie di setacci normali. Ciascuna classe viene poi setacciata attraverso setacci a barre con apposite aperture corrispondenti alle rispettive classi granulometriche. 17 Figura 13 Attrezzatura per la determinazione dell’indice di appiattimento degli aggregati Si pesa poi il materiale di ciascuna classe passato attraverso lo staccio a barre (M2). Il coefficiente di appiattimento FI del campione è calcolato dal rapporto tra la somma dei passanti agli stacci a barre e la massa totale del campione: FI = ∑ M2 ∑ M1 *100 18 Influenza della forma dei grani sulle miscele di aggregati e sulle miscele bituminose Allo scopo di evidenziare l’enorme importanza che ricopre la forma degli aggregati lapidei che poi costituirà il conglomerato bituminoso futuro sono qui di seguito riportati alcuni risultati ottenuti con una ricerca sperimentale e pubblicati sulla rivista “Le strade” n. 1277. Massa volumica È stato assestato con una tavola a scosse una graniglia (diametro max pari a 10 mm) con vari indici di forma ed è stata calcolata la massa volumica in gr/cm³ di ogni campione. 1.64 SI Mv (g/cm³) 0.0 1.59 9.2 1.58 16.5 1.57 25.8 1.54 28.7 1.50 47.0 1.48 80.0 1.48 100.0 1.46 1.59 1.54 1.49 1.44 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Indice di f or ma (If ) Dall’andamento del grafico si evince che al diminuire del valore di SI (indice di forma) il valore di massa volumica aumenta, questo dipende dal fatto che, come già accennato, l’aggregato isodiametrico è quello che raggiunge il maggiore valore di compattabilità quindi un valore di massa volumica maggiore. 19 Stesso approccio sperimentale è stato utilizzato per valutare l’influenza della forma degli aggregati sulle miscele di conglomerato bituminoso. Sono stati confezionati dei provini attraverso il metodo di compattazione Marshall, tutti corrispondenti alla medesima curva granulometrica degli inerti, con la stessa percentuale di legante, variando esclusivamente l’indice di forma (SI); qui di seguito sono stati rappresentati i risultati di questo studio. 2.6 2.5 SI Mv (g/cm³) 5.5 2.49 12.2 2.47 32.9 2.44 2.4 2.3 2.2 95.0 2.44 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 90 100 Indice di forma (If) 1400 SI Stabilità (da ) (daN) 5.5 1357 12.2 1345 32.9 1136 95.0 963 1300 1200 1100 1000 900 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Indice di forma (If) Anche in questi due casi si può osservare come le caratteristiche volumetriche (Massa Volumica) e le caratteristiche meccaniche (Stabilità) della miscela di conglomerato bituminoso sono influenzate dalla forma degli aggregati costituenti la miscela; in particolare, come nello studio precedente, i valori più alti sono rintracciabili a bassi valori di indice di forma quindi ad alte percentuali di aggregati cubici. 20 Per la caratterizzazione geometrica dell’aggregato si possono citare anche: Determinazione della percentuale delle superfici frantumate negli aggregati grossi (UNI EN 933-5) La prova consiste nella determinazione visiva, per ogni frazione granulometrica esaminata, della massa dei granuli frantumati/spezzati (anche parzialmente) o arrotondati (anche parzialmente). Determinazione della spigolosità degli aggregati (UNI EN 933-6) La prova consiste nel far passare un prestabilito quantitativo di aggregato grosso, inserito in un cilindro, attraverso una bocca calibrata laterale, fornita di otturatore e misurare il tempo di efflusso. Per gli aggregati fini il principio rimane lo stesso ma vengono utilizzati degli imbuti con fori di 12 o 16 mm rispettivamente per aggregati con dimensioni 0/2 e 0/4. Entrambe queste prove, come quelle precedentemente descritte, indicano categorie di appartenenza in accordo con la UNI EN 13043. 21 Gli aggregati – Caratterizzazione fisica Prova “Los Angeles” (UNI EN 1097-2) La resistenza all’abrasione e alla frammentazione degli aggregati grossi viene misurata con la prova “Los Angeles”. Una frazione granulometrica con massa M1 di circa 5000 g dell’aggregato viene introdotta nella macchina “Los Angeles” assieme ad un determinato numero di sfere d’acciaio. Figura 14 Attrezzatura per prova di frammentazione Los Angeles Il tamburo viene fatto ruotare per 500 giri: i granuli di aggregato sono così sottoposti alle azioni di urto e rotolamento tra di loro e con le sfere di acciaio. Al termine delle rotazioni il campione viene setacciato al setaccio 1,6 mm ed il trattenuto viene pesato. La perdita di massa percentuale rispetto alla massa iniziale è il coefficiente Los Angeles: M1 – M2 LA = *100 M1 22 Coefficiente di levigabilità accelerata (UNI EN 1097-8) Il C.L.A. è una misura dell'attitudine di alcuni materiali a consumarsi superficialmente (perdendo la microrugosità) e a diventare scivolosi sotto l'azione del traffico stradale. Una serie di elementi in esame (pietrischetto – graniglia) viene incollata in un unico strato su lamelle ricurve che vengono poi applicate sulla superficie di rotolamento di una ruota. Figura 15 Provini per prova C.L.A. Questa viene fatta girare mentre è premuta energicamente (725 N) contro una ruota munita di pneumatico con interposizione d’ acqua e di polvere abrasiva "corindone" (Al2O3) con due diverse granulometrie. Dopo sei ore di rotazione le lamelle vengono smontate e si misura lo stato di levigatezza della superficie dell'aggregato così trattato, sottoponendola ad una serie di prove di attrito radente con apposito apparecchio a pendolo "Skid Tester Resistence", normalizzato per le prove di scivolosità sulla superficie delle pavimentazioni stradali. Maggiore è il valore C.L.A. , migliore è la resistenza all'usura riferita alla microtessitura degli aggregati. Figura 16 Provini per prova C.L.A inseriti nell’attrezzatura. 23 Resistenza all’usura dell’aggregato grosso – Micro Deval (UNI EN 1097-1) Il coefficiente Micro-Deval è definito come la percentuale di materiale fino prodotto dall'azione esercitata da sfere di acciaio standardizzate entro l'apparecchio Micro-Deval. Gli aggregati, 500 g di materiale (frazioni tra 4 e 14 mm), vengono immessi in un cilindro di acciaio insieme a sferette metalliche di 10 mm di diametro, in quantità dipendente dalla pezzatura della graniglia. Il cilindro verrà poi disposto orizzontalmente e sottoposto a 12000 giri. Figura 17 Cilindri di acciaio e inserimento nell’apparecchiatura In questo caso, il coefficiente è dato dal rapporto percentuale in massa del fino passante al setaccio da 1,6 mm così ottenuto, e la massa iniziale del provino: M: massa in g del provino prima della prova; m: massa in g del trattenuto al setaccio da 1,6 mm dopo la prova. La prova può essere eseguita sia su un aggregato asciutto, sia su un aggregato bagnato (aggiungendo in tal caso nel cilindro 2,5 litri d'acqua), la Micro-Deval umida intende simulare l'effettiva condizione di stato umido delle graniglie nelle pavimentazioni stradali. Minore è il valore Micro-Deval, migliore è la resistenza all'usura riferita alla macrotessitura degli aggregati. 24 Per la caratterizzazione fisica dell’aggregato si possono citare anche: Massa Volumica dei granuli e assorbimento d’acqua (UNI EN 1097-6) A seconda delle situazioni si utilizzano i seguenti parametri: 1. massa volumica reale: è la massa per unità di volume della materia che costituisce l’aggregato, senza vuoti né porosità. Si determina sul prodotto di macinazione finissima dell’aggregato asciutto; 2. massa volumica del granulo saturo a superficie asciutta: è la massa dei granuli con i pori superficiali imbibiti di acqua. 3. massa volumica in mucchio: è la massa per unità di volume degli aggregati, compresa la porosità superficiale e i vuoti intergranulari. E’ utile nella conversione peso/volume. L’assorbimento è la quantità d’acqua che un aggregato assorbe nei pori superficiali per portarsi dalla condizione “essiccato” (M1) a quella “saturo a superficie asciutta” (M2). Viene calcolato come dell’aggregato essiccato: percentuale dell’acqua assorbita sulla massa a% = M2 – M1 M1 L’assorbimento è in funzione della natura petrografica, del grado di alterazione, della forma e delle dimensioni. Valori tipici sono da 1,0 a 2,0% per le sabbie e da 0,5 a 1,5% per gli aggregati grossi. Resistenza al gelo e disgelo (UNI EN 1367-1) E’ una prova che fornisce una caratteristica di durabilità del materiale. L’aggregato di una classe granulometrica prestabilita viene esposta a cicli di gelo e disgelo da 20°C a -17°C per 10 giorni e poi successivamente vagliato al setaccio d/2 e pesato il trattenuto. Nel caso ideale, il valore della resistenza al gelo e disgelo è dello 0 %. 25 Il conglomerato bituminoso e i suoi costituenti: Il Bitume I bitumi sono materiali principalmente utilizzati per la realizzazione delle pavimentazioni stradali, ma hanno un’ampia varietà di applicazioni dove siano richieste caratteristiche di adesione e di resistenza all’acqua. Sono materiali solidi o semisolidi a temperatura ambiente ma termoplastici. La definizione viene riportata nella norma UNI EN 12597 Bitumen and bituminous binders: “Materiale virtualmente non volatile adesivo e impermeabile derivato dal petrolio greggio oppure presente nell’asfalto nativo completamente o quasi completamente solubile in toluene molto viscoso o quasi solido a temperatura ambiente” Il bitume viene ricavato dalla lavorazione del petrolio grezzo; il processo di produzione più comune è quello della distillazione frazionata mediante il quale si ottiene il frazionamento del grezzo sfruttando le differenze esistenti fra le temperature di ebollizione dei suoi vari componenti. Gas GPL T o p p i n g Benzina Kerosene Gasolio Leggero 370-550 + Gasolio vacuum Gasolio Medio Gasolio Pesante 370 + Residuo atmosferico Bitume atmosferico V A C U U M 550 +Residuo vacuum o bitume 26 Dal punto di vista fisico, il bitume da luogo ad un sistema multifasico caratterizzato da una fase oleosa (malteni) contenente una fase dispersa; questa è rappresentata da molecole adsorbite (resine) che circondano molecole ad alto peso molecolare con struttura chimica complessa (asfalteni). Le resine fanno da “zona di transizione” tra gli asfalteni e la fase oleosa nella quale gli asfalteni sono insolubili. Gli asfalteni Le resine I malteni Figura 58 Schema del sistema multifasico Ciascuna classe ha una propria comportamento fisico del bitume. funzione nel quadro totalitario del Gli Asfalteni sono, in gran parte, responsabili del comportamento del bitume come corpo viscoso dotato di plasticità ed elasticità. Le Resine svolgono un’azione disperdente degli asfalteni, esse conferiscono flessibilità consentendo al bitume di comportarsi come un corpo elastico quando viene sottoposto a rapide sollecitazioni e contribuiscono a rendere il bitume duttile. I Malteni sono il componente bituminoso più fluido e perciò rendono il bitume scorrevole a caldo conferendogli la capacità di “bagnare” o ricoprire estese superfici di altro materiale 27 Caratterizzazione fisica del bitume Le determinazioni che qui seguiranno vengono effettuate per permettere una classificazione e il controllo qualitativo del bitume. Penetrazione a 25°C (EN 1426) Con questa prova si determina la durezza del bitume a temperatura ambiente (convenzionalmente a 25°C) misurando di quanto penetra un ago standardizzato sotto un carico fissato (100 gr) entro 5 s dal momento dell’inizio della penetrazione. Quanto più il bitume è molle tanta più la penetrazione sarà elevata; attraverso questa prova si può operare una classificazione tecnico commerciale dei bitumi in base al loro grado di durezza come intervallo di valori. Per esempio un bitume classificato 50/70 ha una penetrazione compresa tra 50 e 70 dmm Figura 19 Penetrometro per bitumi Punto di rammollimento (EN 1427) Il bitume viene versato in uno speciale anello di ottone e caricato al centro con una sfera di acciaio di determinate dimensioni e peso, il tutto inserito in un bagno riscaldato; con l’aumento della temperatura il bitume, sotto il peso della sfera, si deforma e si abbassa fino a toccare un traguardo posto a 2.54 cm sotto il piano di partenza. La temperatura del bagno corrisponde al punto di rammollimento, il quale rappresenta la temperatura alla quale il bitume passa dallo stato semisolido allo stato liquido; questo varia in funzione della struttura chimico fisica del bitume in esame. Figura 20 attrezzatura per punto di rammollimento 28 Punto di rottura Fraass (EN 12593) Il bitume, al diminuire della temperatura, diventa fragile; il metodo di prova determina la temperatura alla quale un provino di bitume sottoposto a flessione presenta fenomeni di rottura (fessure o screpolature). Il punto di rottura Fraass, cioè la temperatura alla quale si presenta la rottura, evidenzia la resistenza meccanica del bitume alle basse temperature. L’intervallo di temperatura compreso tra il punto di rottura Fraas e il punto di rammollimento viene definito come “intervallo di elastoplasticità” nel quale il bitume varia il suo comportamento. Figura 21 attrezzatura per Punto di rottura Fraass Perdita per riscaldamento in strato sottile (Rolling Thin Oven Test) (EN 12607-1) La prova consiste nel riscaldare un sottile film di bitume in una stufa rotante a 163°C per 85 minuti; il risultato si esprime come percentuale in relazione al peso originario prima del riscaldamento, e misura la quantità di sostanze volatili che, nelle condizioni di prova, lasciano il bitume. Si possono eseguire, inoltre, le prove precedentemente descritte sul residuo della prova. Il confronto con i valori determinati sul campione prima del riscaldamento rende possibile una valutazione sugli effetti subiti dal bitume durante la prova (invecchiamento). Generalmente si riscontrano aumenti per quanto riguarda la durezza del bitume, quindi un aumento del punto di rammollimento e una diminuzione della penetrazione. Questa prova simula la tendenza del bitume ad indurire nelle varie fasi di lavorazione del conglomerato bituminoso condotte ad elevate temperature (la miscelazione con gli aggregati e la posa in opera). Figura 22 Forno rotante per RTFOT 29 Classificazione dei bitumi I bitumi, come già descritto precedentemente, possono essere classificati attraverso il valore d penetrazione a 25°C. Figura 23 La classificazione del bitume (estratto UNI EN 12591) 30 Il bitume modificato Con l’espressione “bitume modificato” si indica un bitume che, tramite lavorazione in impianto, viene “modificato” con idonei polimeri al fine di incrementare le prestazioni e il comportamento. Per la preparazione e l’uso del bitume modificato gli aspetti fondamentali sono l’omogeneizzazione del polimero e la stabilità del bitume finale. Modificare un bitume significa modificare le caratteristiche fisiche e reologiche del bitume tramite l’aggiunta di componenti quindi modificare la struttura del bitume fino ad ottenere un bitume che abbia caratteristiche reologiche e prestazionali assimilabili a quelle del polimero modificante utilizzato senza, peraltro, modificare le proprietà intrinseche del bitume base utilizzato. I bitumi modificati, a parità di valore di penetrazione, hanno, rispetto ad un bitume tradizionale, un intervallo di elastoplasticità mediamente più elevato (tra 15 – 20 °C). Il polimero conferisce al bitume ottime resistenze all’invecchiamento, alla deformazione e ne riduce la fragilità alle basse temperature. In un conglomerato la presenza del polimero consente un miglior assorbimento delle sollecitazioni cicliche indotte dal traffico veicolare e questo si traduce in una maggiore resistenza alla fatica. La componente elastica del bitume modificato determina una spiccata reversibilità alle deformazioni sotto l’azione del traffico e quindi limita la formazioni di deformazioni residue (ormaie). % di modificante Temperatura di (polimero) miscelazione Grandezza delle particelle dei Velocità di polimeri miscelazione Bitume Impianto di produzione •Più ampio intervallo di plasticità Bitume Modificato •Aumenta la resistenza all’invecchiamento •Aumenta la resistenza alla deformazione ad alte temperature •Riduce la fragilità alle basse temperature Polimeri 31 I requisiti del conglomerato bituminoso I requisiti cui debbono soddisfare i conglomerati bituminosi sono i seguenti: A) Resistere alle sollecitazioni, verticali e tangenziali, trasmesse dalle ruote dei veicoli Elevate qualità meccaniche Elevata stabilità e compattezza B) Costituire un manto impermeabile che protegga gli strati inferiori della sovrastruttura ed il terreno di sottofondo dall’azione dell’acqua e delle intemperie Bassa Permeabilità Ridotta percentuale di vuoti residui C) Costituire un piano viabile che possegga una ruvidità tale da consentire lo svolgersi del traffico in condizioni di elevate velocità, anche durante il maltempo, presentando cioè una superficie non scivolosa, in grado di assicurare un buon coefficiente d’aderenza. Elevata qualità degli aggregati Prove per la caratterizzazione fisica degli aggregati Stabilità e compattezza Si può definire stabilità l’attitudine di un conglomerato a resistere alle azioni del traffico senza fessurarsi nè deformarsi eccessivamente. Occorre però fare una distinzione tra la stabilità intrinseca della miscela, che può essere studiata e determinata in laboratorio, dalla stabilità dello strato cioè la stabilità degli strati sottostanti; sarebbe illusorio disporre di un conglomerato avente alta stabilità poggiato su strati di fondazione o di base cedevoli. La stabilità dipende in primo luogo dall’attrito interno della miscela e dalla coesione della miscela. La prova di laboratorio di più largo impiego, al momento attuale, è la prova di stabilità Marshall sia per la sua versatilità sia perché viene ancora utilizzata per le prove preliminari di studio delle miscele in laboratorio. Ridotta percentuale di vuoti residui Affinché un manto sia impermeabile, occorre che il conglomerato di cui esso è costituito possegga, una bassa percentuale di vuoti. Per ottenere questo si ricorre a miscele con alti gradi di compattazione ma soprattutto con composizioni granulomeriche ben proporzionate. Per conglomerati chiusi, strati di usura, si richiedono percentuali di vuoti comprese 32 tra il 3% e il 6%. Si osservi bene che al di sotto del 3% si otterrebbero conglomerati bituminosi troppo chiusi, nei quali il bitume, per effetto dell’ulteriore costipamento prodotto dal traffico, non trovando vuoti da occupare, produrrebbe fenomeni di instabilità e tenderebbe a rifluire in superficie, rendendo il manto scivoloso; in inverno, inoltre, il conglomerato bituminoso acquisterebbe troppa rigidezza generando fenomeni di rottura a fatica. Scivolosità (Microtessitura e macrotessitura) Per garantire, sulla superficie dello strato di usura, un idoneo coefficiente d’aderenza, occorre prescrivere valori minimi di microrugosità e di macrorugosità: perciò, oltre all’impiego di aggregati non facilmente levigabili (Prova di coefficiente di levigazione accelerata – C.L.A.) deve essere impostato anche un minimo di scabrosità della superficie dello strato di conglomerato bituminoso realizzato in opera (questo viene verificato con le prove di “altezza in sabbia” e con il “pendolo (Skid-Tester)”). 33 Il conglomerato bituminoso – Progettazione di una miscela bituminosa (Mix-Design) – Metodo Marshall Le prestazioni delle pavimentazioni flessibili in termini di sicurezza stradale sono strettamente condizionate dal comportamento in opera dei conglomerati bituminosi. Questi infatti, sono soggetti ad una progressiva variazione delle proprie caratteristiche meccaniche e funzionali a causa dell’azione degradante indotta sia dal traffico che dagli agenti atmosferici. Conseguenza di ciò sono i numerosi ammaloramenti quali fessurazione, ormaie, avvallamenti e sgranamenti superficiali, levigazione degli aggregati, risalita di bitume per lo strato di usura. Al verificarsi di tali fenomeni di degrado contribuiscono anche le caratteristiche degli aggregati lapidei poiché essi sono coinvolti nei fenomeni di frammentazione, abrasione e levigazione in funzione delle loro caratteristiche intrinseche e, in funzione della curva granulometrica, nelle caratteristiche meccaniche della miscela. Il primo passo per la progettazione della miscela bituminosa è il proporzionamento degli inerti a disposizione, questo viene effettuato per progettare una curva granulometrica che varii gradualmente dalle parti più grosse sino ai fini così da avere una miscela chiusa con una percentuale di vuoti controllata in modo quindi da ottenere una pavimentazione stabile e durevole. 3-6 100.0 100.0 100.0 100.0 99.8 33.8 2.1 0.7 0.7 0.6 Filler 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 99.5 97.0 81.9 Aggregati 25 20 15 12 10 5 2 0.4 0.180 0.075 Crivelli 0-3 100.0 100.0 100.0 100.0 99.6 98.1 92.2 53.1 19.8 4.2 Setacci 25 20 15 12 10 5 2 0.4 0.18 0.075 0-3 28.0 28.0 28.0 28.0 27.9 27.5 25.8 14.9 5.5 1.2 3-6 66.0 66.0 66.0 66.0 65.9 22.3 1.4 0.5 0.5 0.4 Filler 6.0 6.0 6.0 6.0 6.0 6.0 6.0 6.0 5.8 4.9 Somma 100.0 100.0 100.0 100.0 99.8 55.8 33.2 21.3 11.8 6.5 Fuso di riferimento 100 100 100 100 100 100 100 100 70 100 43 67 25 45 12 24 7 15 6 11 Media 100 100 100 100 85 55 35 18 11 8.5 Tappeto 0-12 100 90 % passante Setacci Crivelli PROPORZIONAMENTO DEGLI AGGREGATI 80 FUSO GRANULOMETRICO 70 CURVA GRANULOMETRICA 60 50 40 30 20 10 0 100 10 1 Diametro (mm) 0.1 0.01 34 Il controllo della percentuale dei vuoti nella miscela è essenziale per produrre miscele durevoli e che non diano luogo a fenomeni di rifluimento del bitume sotto l’azione del traffico moderno, veloce e pesante. La scelta del contenuto di bitume ottimo è uno dei problemi principali della progettazione di un conglomerato bituminoso, viene risolto utilizzando la prova Mashall e misurata la stabilità della miscela e lo scorrimento dei campioni compattati con diverse percentuali di bitume entro i valori prescritti dal Capitolato. Si opera nella seguente maniera: stabilita la composizione granulometrica attraverso il proporzionamento degli aggregati, si confezionano più serie di provini con contenuti di bitume crescenti, differenti tra loro dello 0.5%, determinandone sia i parametri della prova Marshall (stabilità e scorrimento), sia la massa volumica, sia la percentuale dei vuoti residui cioè quei vuoti presenti nella miscela dopo la compattazione. Si riportano tutti i risultati in un diagramma dove in ascisse la percentuale di bitume e sulle ordinarie i parametri calcolati precedentemente. % Bitume % Vuoti 3.0 7.39 3.5 5.011 4.0 4.027 Stabilità (kg) 1776.5 1995.9 1734.5 Rigidezza 376.90 431.39 279.46 2.71 2.756 2.761 2.927 2.901 2.876 3.095 3.095 3.095 4.71 4.63 6.21 7.39 14.99 3.095 2.631 50.68 5.011 13.96 3.095 2.663 64.1 4.027 14.22 3.095 2.655 71.68 Stabilità - % Bitume 2050.0 2000.0 1950.0 Massa volum. max conglom. Bituminoso Massa vol. aggregati Scorrimento 1900.0 Stabilità Densità 1850.0 1800.0 1750.0 1700.0 VIM VM A SGMA CDMA VFB 1650.0 1600.0 3.0 Scorrimento - % Bitume 500.00 9 450.00 8 400.00 7 350.00 6 Rigidezza Scorrimento 4.0 Rigidezza - % Bitume 10 5 4 300.00 250.00 200.00 3 150.00 2 100.00 1 50.00 0.00 0 3.0 3.5 % Bitum e 3.0 4.0 Densità - % Bitume 3.5 % Bitum e 4.0 % Vuoti - % Bitume 2.77 8.00 2.76 7.00 2.75 6.00 % Vuoti 2.74 Densità 3.5 % Bitume 2.73 2.72 2.71 5.00 4.00 3.00 2.00 2.7 1.00 2.69 0.00 2.68 3.0 3.5 % Bitum e 4.0 3.0 3.5 % Bitum e 4.0 35 Dai grafici esposti si possono fare alcune considerazioni: Grafico Stabilità - % di bitume Si osserva come la miscela acquista stabilità all’aumentare del bitume fino ad un punto dove la stabilita (che dipende dalla coesione e dall’attrito interno) decade perché il bitume immesso a reso il film attorno agli aggregati troppo spesso e la miscela non risente più dell’attrito interno tra i granuli che “scivolano” gli uni sugli altri. Scorrimento - % di bitume Come gia anticipato nel grafico precedente la miscela all’aumentare del bitume si deforma di più quando le viene applicato un carico Rigidezza - % di bitume La rigidezza è il rapporto tra la stabilità e lo scorrimento della miscela Densità - % di bitume All’aumentare della percentuale di bitume all’interno della miscela questa acquista una maggiore densità perché il bitume va ad occupare i vuoti presenti nella miscela degli aggregati. % dei vuoti - % di bitume Con l’aumentare della densità, di conseguenza del bitume, la miscela si compatta e diminuiscono i vuoti residui presenti dopo la compattazione. Esiste un contenuto di bitume denominato “ottimo” a cui corrisponde un massimo di stabilità compatibile con la rigidezza e la % di vuoti prescritte dal Capitolato; nel caso sovraesposto i parametri soddisfacevano tutte le prescrizioni del Capitolato quindi abbiamo valutato la percentuale di bitume ottima concentrandoci più che altro sulla % di vuoti. 36 Il conglomerato bituminoso – Progettazione di una miscela bituminosa (Mix-Design) – Metodo con la Pressa Giratoria La pressa giratoria o compattatore giratorio è lo strumento utilizzato per la “progettazione volumetrica” delle miscele bituminose. Questo metodo si propone di raggiungere in laboratorio caratteristiche del materiali commisurate alla reali condizioni di impiego ed alla risposta della pavimentazione in relazione al traffico ed al clima. Il compattatore è in grado di applicare simultaneamente ai provini di conglomerato bituminoso, leggermente inclinati rispetto all’orizzontale, sia una pressione verticale, sia un moto rotatorio. Questo moto, grazie all’inclinazione, mescola il conglomerato durante la fase di rotazione aumentando così la possibilità di incastro tra gli aggregati e fornendo una costipazione più simile a quella che si riscontra in situ mediante un rullo. Questa tecnica prevede di ottenere campioni con gradi di addensamento e proprietà volumetriche analoghe a quelle riscontrabili in sito, è possibile raggiungere vari livelli di addensamento che rappresentano le varie fasi di vita di un conglomerato bituminoso in opera e di valutare l’attitudine alla compattazione della miscela. Nella progettazione del mix-design per una miscela con pressa giratoria l’operazione di proporzionamento degli aggregati è assolutamente necessaria, successivamente, al variare del contenuto di bitume, si addensano i provini con la pressa giratoria e si valutano i risultati sia come variazione dei vuoti nella miscela sia, successivamente, come resistenza alla trazione indiretta, parametro meccanico della miscela. C C P L - B IN D E R Conglomerato bituminoso strato di binder 4,5 % 5 ,0% 5,5% D e n s ità % V u o ti D e n s ità % V u o ti D e n s ità % V u o ti 10 g iri 2 188 2 131 2 180 2 166 13,07 15,34 13,39 13,90 2 196 2 180 2 207 2 194 1 2,16 1 2,80 1 1,72 1 2,23 2 22 4 2 20 5 2 19 5 2 20 8 10,43 1 1,2 1 1,6 11,08 100 g iri 2 365 2 331 2 354 2 350 6 ,0 4 7 ,3 9 6 ,5 0 6 ,6 4 2 374 2 364 2 383 2 374 5 ,0 4 5 ,4 4 4 ,6 8 5 ,0 5 2 39 4 2 38 5 2 38 3 2 38 7 3 ,5 8 3 ,9 5 4 ,0 3 3 ,8 5 180 g iri 2 404 4 ,4 9 2 373 5 ,7 2 2 394 4 ,8 9 2 390 5 ,0 3 G m m = 251 7 2 413 3 ,4 8 2 408 3 ,6 8 2 422 3 ,1 2 2 414 3 ,4 3 G m m = 25 00 2 42 9 2 ,1 7 2 42 2 2 ,4 6 2 42 3 2 ,4 2 2 42 5 2 ,3 5 G m m = 2 4 83 P S m isc ela di a ggre gati= 269 3 k g/m 3 P S bitu m e= 10 26 k g/m 3 37 C C P L B IND E R 1 6 ,0 0 10 giri 1 4 ,0 0 10 0 g iri 18 0 g iri % V u o ti R e s id 1 2 ,0 0 Lim iti da c a pit ola to p er 10 giri 1 0 ,0 0 Lim iti da c a pit ola to p er 10 0 giri 8 ,0 0 Lim iti da c a pit ola to p er 18 0 giri 6 ,0 0 4 ,0 0 2 ,0 0 0 ,0 0 4 ,3 % 4 ,8 % 5 ,3 % 5 ,8 % % B itu m e La percentuale di bitume “ottimo” viene scelta in base alla percentuale di vuoti nella miscela al variare del numero di giri; il Capitolato in questione era quello Autostrade che imponeva valori di vuoti a 10 giri, 100 giri e 180 giri. Scelta la percentuale di bitume “ottimo” la miscela viene sottoposta a trazione indiretta. Determinazione della trazione indiretta (Norma interna Società Autostrade) campione 1 2 3 4 6 7 Media Rt: Dc/D: Dt/D: PDc: PDt: CTI: diametro D mm 150 150 150 150 150 150 altezza h carico kN Rt N/mm2 mm 114 26,56 0,99 118 25,24 0,91 112 26,05 0,99 117 26,25 0,95 118 25,53 0,92 119 27,40 0,98 26,2 0,96 Dc mm Dc/D Dt mm Dt/D 2,84 2,95 3,04 2,84 2,85 2,94 2,91 0,0189 0,0197 0,0203 0,0189 0,0190 0,0196 0,0194 0,54 0,65 0,52 0,56 0,68 0,60 0,59 0,0036 0,0043 0,0035 0,0037 0,0045 0,0040 0,0039 PDc N/mm2 18,71 17,93 20,1 17,96 17,48 19,21 18,57 PDt N/mm2 3,56 3,94 3,43 3,55 4,17 3,92 3,76 CTI N/mm2 82,13 72,68 76,73 78,82 76,06 78,54 77,5 resistenza a trazione indiretta deformazione unitaria di compressione a rottura deformazione unitaria di trazione indiretta a rottura deformabilità di compressione a rottura deformabilità di trazione a rottura coefficiente di trazione indiretta Temperatura di prova: 25 °C 38 Il conglomerato bituminoso – Metodi di prova per il controllo dei requisiti di accettazione delle miscele bituminose. Qui di seguito saranno elencate i metodi di prova per i conglomerati bituminosi per il controllo dei requisiti di accettazione Metodi di prova per conglomerati bituminosi a caldo Misurazione della temperatura (UNI EN 12697-13) La norma descrive un metodo per la misurazione della temperatura di miscele bituminose a caldo dopo la miscelazione e durante lo stoccaggio, il trasporto e la stesa. Misurazioni della temperatura in un autocarro Inserire la sonda in un autocarro, carico di materiale, fino ad una profondità minima di 100 mm. Effettuare almeno quattro misurazioni ad intervalli regolarmente distanziati lungo ogni lato dell'autocarro e ad una distanza minima di 500 mm dai bordi dell'autocarro. Calcolare il risultato come media di tutte le letture. Misurazioni della temperatura di materiali stesi Effettuare almeno quattro misurazioni del materiale con l'elemento sensibile alla temperatura il più vicino possibile alla profondità media dello strato. Calcolare il risultato come media di tutte le letture. Figura 24 Termometro per la determinazione della temperatura Misurazioni della temperatura in un cumulo Inserire la sonda nel materiale ad una profondità minima di 100 mm. Effettuare almeno quattro misurazioni ad intervalli attorno al perimetro accessibile e ad almeno 300 mm dalla base. Calcolare il risultato come media di tutte le letture 39 Metodi di prova per conglomerati bituminosi a caldo Contenuto di legante solubile (UNI EN 12697-1) Metodo dell’estrattore a caldo L’estrazione e successivamente il calcolo del contenuto di legante avviene per dissolvimento del bitume da pare di un solvente caldo; la determinazione avviene per differenza di pesate. Scaldare il conglomerato bituminoso da testare in forno. Pesare il cestello vuoto (Tara) Inserire il conglomerato bituminoso nel cestello e pesarlo (Peso campione netto) Aggiungere il solvente all’interno del cilindro di vetro Avviare la piastra riscaldante Avviare il circuito di raffreddamento Schema dell’estrattore a caldo Tappo con circuito di raffreddamento ad acqua Figura 25 Estrattore a caldo Quando il solvente viene riscaldato si innesca l’ebollizione dello stesso che evapora ma arrivato al tappo, che viene mantenuto freddo attraverso un circuito di raffreddamento ad acqua, condensa e ricade sotto forma di gocce all’interno del cestello dive si trova il conglomerato bituminoso. Il cestello, al di sotto, ha una rete che quindi trattiene il campione ma si Piastra riscaldante lascia attraversare dal solvente che dopo aver percolato nel campione ricade sul fondo del cilindro di vetro. La prova si ritiene conclusa quando le goccioline di solvente che cadono dal cestello verso il fondo del cilindro di vetro sono chiare o gialle paglierino. Lasciato tutto raffreddare si conclude la prova facendo le pesate dopo estrazione. Il problema che questo metodo comporta è che quando le goccioline di solvente, che hanno attraversato il campione, cadono nel cilindro di vetro si portano dietro la maggior parte dell’aggregato minerale fine denominato “Filler” falsando in tal caso la prova. 40 Per ovviare si deve estrarre dal solvente la frazione fine; questo lo si fa attraverso la centrifuga a flusso continuo. Pesare un filtro vuoto prima di inserirlo all’interno della centrifuga Inserire il filtro e avviare la centrifuga Trasferire il solvente con all’interno il filler nell’imbuto posto in alto e aprire il rubinetto Lavare l’imbuto con solvente pulito Estrarre il filtro ed essiccarlo Pesare il filtro Figura 26 Estrattore a caldo La differenza tra la pesata del filtro vuoto e quello dopo la centrifuga è il quantitativo di aggregato fine “filler” recuperato. Peso cestello Peso netto campione Peso cest + inerti Peso del filtro vuoto Peso del filtro + filler 282.92 2490.00 2603.20 251.33 307.36 Filler netto Inerti post estraz Bitume + filler Bitume netto Inerti netto 56.03 2320.28 169.72 113.69 2376.31 A questo punto si calcola la percentuale di bitume riferita alla miscela facendo: Bitume netto %bit (rif miscela) = *100 Peso netto campione 113.69 %bit (rif miscela) = *100 = 4.57 % 2490 41 Metodi di prova per conglomerati bituminosi a caldo Determinazione della distribuzione granulometrica (UNI EN 933-1) Dopo aver completato l’estrazione del legante il campione utilizzato, che ora non presenta più il bitume al suo interno, viene immesso attraverso una serie di setacci per calcolare e determinare la curva granulometrica della miscela di aggregati utilizzati per il confezionamento del conglomerato bituminoso. La metodologia di prova è identica a quella degli aggregati (vedi precedente). Metodi di prova per conglomerati bituminosi a caldo Preparazione del provino mediante compattatore ad impulsi e prova Marshall (UNI EN 12697-30 e UNI EN 12697-34) Preparazione del provino Il compattatore ad impulsi è un’attrezzatura per il confezionamento dei provini utilizzati per il calcolo della massa volumica della miscela di conglomerato e per la prova Marshall (Stabilità e scorrimento) Il conglomerato bituminoso viene preventivamente riscaldato in forno per portarlo alla temperatura di compattazione (la temperatura di compattazione dipende dal tipo di legante utilizzato, per bitumi modificati dovrà essere indicata dal fornitore) e successivamente inserito all’interno di formelle cilindriche, anch’esse riscaldate. Ogni singolo provino è composto da circa 11001300g di materiale e da normativa per ogni singolo campione ne servono quattro. Figura 27 Compattatore ad impulsi La prova si esegue in questo modo: Riscaldare il piatto costipatore (vedi foto) per almeno 10 minuti prima della prova Posizionare un disco di carta sulla base dello stampo Versare la miscela all’interno dello stampo dolcemente, livellarla e aggiungere il secondo disco di carta Inserire lo stampo nell’attrezzatura e avviare la costipazione. Il numero di colpi che il costipatore andrà ad applicare sono 75 per conglomerati a caldo normali mentre per usure drenanti i colpi sono 50 L’applicazione dei colpi deve essere effettuata su entrambe le facce del provino Terminata la compattazione si identifica il provino, lo si lascia raffreddare e, attraverso l’apposito strumento, si procede all’estrusione. 42 La prova Marshall (UNI EN 12697-34) La prova misura convenzionalmente le proprietà meccaniche di miscele bituminose confezionate a caldo con bitume e aggregati lapidei, sottoponendo a rottura provini cilindrici, confezionati con il compattatore ad impulsi, del diametro di 101.6 mm. Il provino di conglomerato bituminoso viene portato alla temperatura di prova immergendolo per una durata tra 30 e 40 minuti nel bagno termostatico mantenuto ad una temperatura di 60±1 °C. Al termine del periodo di immersione il provino viene disposto nella testa di rottura e sottoposto a compressione applicando una velocità di deformazione pari a 51 mm al minuto fino a raggiungere il carico massimo di rottura. La stabilità Marshall è il carico di rottura del provino espresso in kN. Lo scorrimento Marshall è deformazione subita dal provino momento della rottura la al Figura 28 Prova Marshall Determinazione della densità di volume (UNI EN 12697-6) La densità di volume è un parametro molto importane nel controllo e nella verifica di accettazione di un conglomerato bituminoso. Questo rapportato alla massa volumica massima del conglomerato bituminoso (massa per unità di volume, senza vuoti) determina la percentuale di vuoti. Per la determinazione della densità di volume di una miscela bituminosa compattata vengono descritte diverse metodologie: Densità di volume in condizioni di superficie asciutta Si determina la massa del campione asciutto (m1), si immerge in acqua il campione e si determina la massa del campione immerso in acqua (m2) ρb, dry = m1 * ρw m1 − m2 Densità di volume in condizioni di superficie satura e asciutta 43 Si determina la massa del campione asciutto (m1), si immerge in acqua il campione e si lascia che l’acqua lo saturi per almeno 30 min. Si determina la massa del campione immerso in acqua (m2) e una volta rimosso e asciugato solo esternamente la massa del campione saturo superficie asciutta (m3). ρb, ssd = m1 * ρw m3 − m2 Densità di volume per dimensioni (geometrica) Si determinano le dimensioni del campione in mm e la massa del campione asciutto. ρb, s dim = m1 V La determinazione della densità di volume può essere applicata sia a provini Marshall, che a campioni della pavimentazione prelevati attraverso il carotaggio. Determinazione della massa volumica massima (UNI EN 12697-5) La massa volumica massima di una miscela bituminosa (massa per unità di volume, senza vuoti, ad una temperatura nota) viene utilizzata per calcolare il contenuto di vuoti %. I procedimenti per determinarla sono i seguenti: Procedimento volumetrico Si determina la massa del campione asciutto (m1), si inserisce il campione nel picnometro, riempito d’acqua priva d’aria e collocato in un bagno termostatico fino a quando l’acqua non raggiunge la temperatura del bagno: ρmv = m2 − m1 1000 * Vp − (m3 − m2) / ρw dove : m1= massa picnometro m2= massa picnometro più campione m3= massa del picnometro più campione più acqua Vp= volume del picnometro ρw = massa volumica acqua alla temperatura di prova 44 Procedimento matematico La massa volumica massima si determina a partire dalla sua composizione (aggregati+legante) e dalla densità dei suoi componenti ρmv = 1000 ( pa / ρa) + ( pb / ρb) dove : m1= massa picnometro pa= % degli aggregati nella miscela ρa= massa volumica apparente degli aggregati pb= % di legante nella miscela ρb= massa volumica del legante a 25°C n.b. pa+pb= 100 % Determinazione delle caratteristiche bituminoso (UNI EN 12697-5) dei vuoti del conglomerato Il calcolo per determinare la percentuale dei vuoti prende in considerazione la densità di volume (UNI EN 12697-6) e la massa volumica massima (UNI EN 12697-5). Vm = ρmv − ρb *100 ρmv dove: Vm= contenuto di vuoti nella miscela (%) ρmv= densità massima della miscela (kg/m³) ρb= densità di volume del conglomerato bituminoso (kg/m³) VFB = ((B * ρb / ρB) / VMA) *10 dove: VFB = vuoti riempiti di bitume (%) B= percentuale di bitume nel campione (%) ρb= densità di volume del conglomerato bituminoso (kg/m³) ρB= densità di volume del bitume (kg/m³) VMA = vuoti contenuti nella miscela minerale (kg/m³) 45 Prove in situ per i materiali stradali E’ molto importante, in ogni sovrastruttura, tenere sotto controllo i parametri che possono constatare l’andamento delle sue caratteristiche prestazionali, affinché sia verificato, a seguito dell’effettivo traffico che impegna la sovrastruttura, che le sue caratteristiche funzionali e strutturali siano ad un accettabile livello di efficienza. Questi parametri sono anche indicatori di stato in grado di fornire un giudizio oggettivo sulla condizione della pavimentazione. L’aderenza pneumatico-pavimentazione L’aderenza rappresenta un fattore molto importante dato che è direttamente collegato al livello di sicurezza della strada ed è influenzata dalle caratteristiche superficiali delle pavimentazioni. La microtessitura ha una benefica influenza sull’aderenza sviluppata a tutte le velocità. La macrotessitura ha una benefica influenza sull’aderenza sviluppata alle velocità elevate per la facilitazione del drenaggio dell’acqua che si accumula all’interfaccia pneumatico-pavimentazione Fig. 28 Differenza tra microtessitura e macrotessitura 46 La misurazione delle caratteristiche superficiali delle pavimentazioni si può effettuare attraverso due metodologie ben distinte: MISURAZIONI PUNTUALI Consentono la misura dei parametri in punto e di solito rimangono fisse durante l’operazione MISURAZIONI IN CONTINUO Consentono la misura delle caratteristiche superficiali lungo un determinato allineamento longitudinale e l’apparecchiatura è in movimento durante la procedura di misura Misurazioni puntuali – Prova di carico su piastra (C.N.R. 146 - 1992) (Vedi Allegato 1 – Modulo per la determinazione del modulo di deformazione) Le prove di carico su piastra consistono nell'applicare ad una piastra di forma rettangolare o circolare, di diametro o lato dai 25 cm ai 150 cm, una pressione normale fornita o da un carico di contrasto o da ancoraggi. La prova può essere eseguita in superficie, in trincee, in pozzetto scavato con i tradizionali mezzi meccanici o in pozzetti profondi rivestendo opportunamente le pareti Si misurano ad ogni gradino di carico i corrispondenti cedimenti ottenendo in un diagramma pressioni/cedimenti la curva caratteristica del terreno. I carichi sono applicati gradualmente attendendo, tra un gradino ed il successivo, che il terreno abbia cedimenti trascurabili (≤ 0.02 mm/min). La prova fornisce in definitiva un modulo di deformazione (E) ed è valida sia su terreni che su rocce. Fig. 29 Prova di carico su piastra 47 Diagramma cedimento - carico 0.00 0.00 0.10 0.20 0.30 N/m m 2 0.40 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00 1.20 1.40 mm 1.60 1.80 2.00 Md (Md’) = ( ∆p / ∆s ) x 300 in N/mm2 Strato di rilevato sottoposto a prova Piano di posa della fondazione della sovrastruttura stradale Piano di posa del rilevato posto a 1,00 m al di sotto del piano di posa della sovrastruttura stradale Piano di posa del rilevato posto a 2,00 m, o più, al di sotto del piano di posa della sovrastruttura stradale Strato stabilizzato Strato di conglomerato bituminoso (Sub-ballast) Intervallo di lettura Valore minimo richiesto 0.15 – 0.25 N/mm² 50 MPa 0.05 – 0.15 N/mm² 20 MPa 0.05 – 0.15 N/mm² 15 MPa 0.25 – 0.35 N/mm² 80 MPa 0.25 – 0.35 N/mm² 200 MPa Qui sopra sono riportati alcuni esempi tratti dal Capitolato ANAS e dal capitolato Italferr. 48 Misurazioni puntuali - Misurazione dei BPN su strada (con Skid Tester) (Vedi Allegato 2 – Modulo per Skid-Test su pavimentazione stradale) Fig.30 Skid Tester. E’ uno strumento portatile consistente in un pendolo dotato all’estremità di pattino in gomma che striscia sulla pavimentazione in precedenza bagnata. All’altezza di arresto corrisponde sulla scala graduata un numero (BPN) qualitativamente indicativo del livello di attrito radente del punto della pavimentazione esaminato. Durante un rilievo in strada la norma prescrive che si effettuino, lungo un allineamento, cinque prove l’una distanziata dall’altra di circa 4-5 metri. Per le particolari condizioni operative in cui avviene la prova, il numero di Pendolo Britannico (BPN) risulta sensibilmente influenzato dalla microtessitura della pavimentazione. Pertanto da molti studiosi il BPN è considerato un parametro di misura surrogato della microtessitura. Fig.31 Skid Tester 49 Misurazioni puntuali - Misurazione dell’altezza in sabbia (HS) (Vedi allegato 3 – Modulo per la determinazione dell’altezza in sabbia) Fig.32 Sand Patch (altezza in sabbia) Il sistema permette di stimare le caratteristiche di aderenza delle pavimentazioni mediante misure di macrotessitura ovvero di rugosità. Il metodo dell’altezza in sabbia consiste nel distendere, con un apposito tampone, un volume noto di sabbia, con caratteristiche granulometriche prestabilite, sulla superficie da analizzare. L’operazione permette la misura dell’area della superficie circolare che è possibile ricoprire, in ragione delle depressioni e degli interstizi fra le asperità della superficie stradale, con il volume di sabbia in dotazione. Le misurazioni così condotte si effettuano in 5 punti su un allineamento in zone distanti almeno di 50 cm fra loro e in altri 5 punti su un’ulteriore allineamento che dista almeno 20 m dal primo. Misurazioni puntuali – Misurazione dell’irregolarità delle pavimentazioni: Misura con regolo di 4 m (Vedi allegato 4 – Modulo per rilevazione delle irregolarità della superficie con regolo da 4m) Il metodo di prova verifica la conformità o meno, entro i limiti specificati, di irregolarità. Le irregolarità nel manto superficiale delle strade possono causare elevate variazioni del carico dinamico delle ruote, impedire il drenaggio dell’acqua superficiale a discapito della durabilità e influenzare negativamente la movimentazione, la sicurezza, i costi di esercizio e il comfort del veicolo. La misurazione della regolarità della pavimentazione avviene appoggiando il regolo in senso trasversale, o longitudinale, sul manto stradale e inserendo un cuneo, marcato sul piano di pendenza, tra il regolo e la superficie di prova. Il risultato della prova evidenzia la variazione del profilo stradale in riferimento al piano orizzontale del regolo. 50 Sezione Trasversale Scostamento (mm) 12.0 10.0 8.0 6.0 4.0 2.0 0.0 0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50 3.00 Posizioni (m) ∆max = 10,5 mm x 3,4 metri lineari Misurazioni puntuali – Misurazione della deflessione con la trave di Benkelmann La prova è finalizzata alla misurazione della deflessione della pavimentazione flessibile sotto l’azione di un carico volvente. La trave, normalizzata e della lunghezza di 2500 mm, è realizzata in lega leggera e viene posizionata tra i pneumatici del veicolo di prova, in contatto con la superficie della pavimentazione. La deflessione viene misurata quando il veicolo passa sopra la zona di prova. La trave può essere accessoriata con una piastra di carico per misurare la deflessione della pavimentazione al centro della piastra medesima, da un punto di riferimento non influenzato dal carico. 51 Misurazioni in continuo – Mezzi ad alto rendimento Misura del coefficiente di aderenza con l’apparecchio SCRIM Questo sistema misura in continuo il coefficiente di aderenza trasversale (CAT). Il rilevamento avviene tramite una specifico autocarro (SCRIM) sul quale è posizionato il complesso di misura costituito da una ruota inclinata di 20°, rispetto alla direzione del moto, e caricata mediante una massa di 200 kg. Un apposito dispositivo controlla l’erogazione dell’acqua sulla superficie di prova. Figura 6 SCRIM Quando la ruota di misura viene posta a contatto con la pavimentazione si genera una forza ortogonale al piano di rotolamento corrispondente alla componente trasversale dell’aderenza, questa è rilevabile in continuo attraverso dei trasduttori di pressione. Tale forza, rapportata al valore della forza normale che grava sulla ruota di misura, fornisce il valore di CAT. Questa metodologia di misura è applicabile limitatamente a tronchi autostradali di primaria importanza; il limite di accettabilità nel caso di nuove pavimentazioni in conglomerato bituminoso tradizionale è 0.60. Misurazioni in continuo – Mezzi ad alto rendimento Misura del coefficiente di aderenza con l’apparecchio SUMMS Sempre in ambito autostradale la misura dell’aderenza può venire effettuata con l’apparecchiatura SUMMS che permette la misura contemporanea sia del CAT che dell’altezza in sabbia (HS) tramite un’apparecchiatura laser. 52 Misurazioni in continuo – Mezzi ad alto rendimento Misura della portanza con il Falling Weight Deflectometer (FWD) Il Falling Weight Deflectometer (FWD) consente di ricavare dai dati di rilievo, informazioni sui moduli dei vari strati e sulla vita residua a fatica della pavimentazione. Il principio di funzionamento è basato sull’applicazione di una massa cadente su una piattaforma connessa, per mezzo di una serie di molle, con una piastra appoggiata sulla pavimentazione. Dopo aver lasciato cadere la massa battente da una altezza che può variare da 2 cm a 40 cm essa produce, nella pavimentazione, una sollecitazione di tipo sinusoidale che simula quella che si genera al passaggio di un veicolo in transito a 50-70 km/h. Le deflessioni sono misurate per mezzo di trasduttori accellerometrici (Geofoni). Figura 7 Falling Weight Deflectometer (FWD) L’effetto della forza esercitata è quello di produrre un abbassamento della pavimentazione sotto e all’intorno dell’area di carico. Il computer registra in tempo reale gli abbassamenti provocati dal carico e attraverso un processo di elaborazione successivo, conoscendo lo spessore degli strati, determina i moduli elastici dei diversi strati che compongono la pavimentazione. 53 I principali ammaloramenti e degradi nelle pavimentazioni stradali Scopo principale dei rilievi e delle misurazioni, argomentate nel capitolo precedentemente, è l’individuazione dei degradi superficiali e profonde nelle pavimentazioni stradali. I dissesti nelle pavimentazioni stradali possono essere suddivisi in tre grandi “famiglie”: Alterazioni delle condizioni della superficie stradale; Alterazioni della regolarità della pavimentazione; Fessurazione della pavimentazione. - Alterazioni delle condizioni della superficie stradale Rifluimento di bitume Descrizione Il legante affiora in superficie. Il fenomeno interessa principalmente la traiettoria dei pneumatici. Cause Azioni Preventive Interventi - Eccessivo bitume nella miscela - Curva granulometrica con eccesso di fini - Corretto proporzionamento degli aggregati. - Corretta valutazione del quantitativo di bitume da immettere nella miscela in rapporto alla curva degli aggregati e del traffico a cui la pavimentazione sarà sottoposta. - Asportazione meccanica della superficie interessata da rifluimento - Fresatura e rifacimento dello strato 54 - Alterazioni delle condizioni della superficie stradale Sgranamento (Disgregazione e distacco inerti) Descrizione Sgranamento superficiale a causa della perdita di inerti. Il fenomeno può interessare la superficie in modo puntuale o diffuso Cause - Invecchiamento del bitume - Insufficiente legante nella miscela e quindi progressivo spogliamento degli aggregati - Aggregati con bassa affinità con il bitume - Rullatura a freddo - Aggregato umido o sporco all’atto della miscelazione Azioni Preventive - Valutazione della qualità bitume (RTFOT) - Corretta valutazione quantitativo di bitume immettere nella miscela - Valutazione dell’affinità aggregato e bitume Interventi del del da - Se il fenomeno è puntuale si possono eseguire trattamenti localizzati - Se il fenomeno è esteso Fresatura e rifacimento tra 55 - Alterazioni della regolarità della pavimentazione Usura superficiale Descrizione Usura del materiale superficiale dovuta all’azione meccanica del traffico, visibile soprattutto lungo la traiettoria delle ruote Cause Azioni Preventive Interventi - Utilizzo nella miscela di aggregato non idoneo in quanto scarsamente resistente (Basse caratteristiche meccaniche) - Valutazione della qualità dell’aggregato: - Los Angeles - Usura Micro Deval - Coefficiente di levigabilità accellerata - Irrudivimento meccanico (intervento temporaneo) - Rifacimento strato superficiale 56 - Alterazioni della regolarità della pavimentazione Buche Descrizione Buche di forma circolare che possono arrivare fino agli strati profondi della pavimentazione. Cause Azioni Preventive Interventi - Strutture mal dimensionate (spessori esigui) - Strati superficiali poggiati direttamente sul sottofondo - Infiltrazione progressiva d’acqua - Valutazione del carico di traffico per una buona progettazione del pacchetto stradale - Valutazione della portanza del sottofondo. - Se il fenomeno è puntuale si possono eseguire trattamenti localizzati (rappezzo) – intervento temporaneo. - Se il fenomeno è esteso Fresatura e risanamento profondo 57 - Alterazioni della regolarità della pavimentazione Ormaie e avvallamenti Descrizione Deformazioni della sovrastruttura. La profondità della deformazione si estende al conglomerato bituminoso, allo strato di fondazione e alla sottofondazione Cause Azioni Preventive Interventi - Miscele realizzate con eccesso di bitume e fini. - Spessori degli strati di conglomerato bituminosi sovradimensionati - Cedimento della fondazione e del sottofondo causati dal gelo-disgelo - Terreni plastici nel sottofondo (argilla) - Cattiva compattazione degli strati di fondazione - Corretta valutazione del quantitativo di bitume da immettere nella miscela in rapporto alla curva degli aggregati e del traffico a cui la pavimentazione sarà sottoposta. - Valutazione del sottofondo attraverso la prova di carico su piastra. - Qualità delle terre e degli aggregati (Limiti di Atterberg, classificazione, gelo-disgelo, etc….) - Prove geotecniche (Proctor e CBR) per valutare la compattabilità del fondo. - Gli interventi vanno dal rifacimento del tappeto d’usura alla fresatura e ricostruzione di tutto il pacchetto bitumato. 58 - Fessurazione della pavimentazione Fessure longitudinali e trasversali Descrizione Fessurazioni della pavimentazioni. Hanno prevalentemente andamento lineare con diramazioni più o meno accentuate. Cause Azioni Preventive Interventi - Richiami in superficie di fessurazioni negli strati portanti della pavimentazione - Miscele eccessivamente rigide - Sottofondi stabilizzati con cemento (Ritiro termico) - Corretta valutazione in laboratorio del sottofondo stabilizzato in cemento - Corretta valutazione del quantitativo di bitume da immettere nella miscela in rapporto alla curva degli aggregati e del traffico a cui la pavimentazione sarà sottoposta. - Nei casi di piccole fessure si può effettuare una sigillatura. - Nel caso di evidenti fessurazioni si procede ad un risanamento profondo. 59 - Fessurazione della pavimentazione Fessure a pelle di coccodrillo Descrizione Le fessure conferiscono al rivestimento l’aspetto della pelle di coccodrillo Cause Azioni Preventive Interventi - Collasso della sovrastruttura stradale - Variazioni cicliche di gelo-disgelo - Carichi sulla pavimentazioni eccessivi - Se le fessure non sono accompagnate da deformazione del piano viabile la causa è l’eccessiva rigidità dello strato di usura. - Invecchiamento del bitume - Corretta progettazione del conglomerato bituminoso in rapporto al traffico a cui la pavimentazione sarà sottoposta. - Valutazione del sottofondo attraverso la prova di carico su piastra. - Valutazione delle caratteristiche del bitume utilizzato. - Nei casi di piccole fessure si può effettuare un trattamento superficiale. - Nel caso di evidenti fessurazioni si procede ad una fresatura ed un risanamento profondo. Ai fini della scelta dell’intervento manutentivo più appropriato è comunque sempre opportuno eseguire una valutazione dettagliata del dissesto attraverso carotaggi nella pavimentazione e prelievi di materiali (per valutare la profondità delle fessure, lo spessore degli strati, la densità, i vuoti, la percentuale di bitume, etc.) nonché prove in sito (aderenza, portanza, etc.). 60 La marcatura CE del conglomerato bituminoso Il 1° marzo 2007 è iniziato il periodo transitorio per la marcatura CE dei conglomerati bituminosi secondo la direttiva 89/106/CEE concernente i prodotti da costruzione. Tale periodo si è concluso il 1° marzo 2008 quindi tutte le miscele di conglomerato bituminoso ad ora devono essere marcate. Ai fini della marcatura CE, i produttori di conglomerati bituminosi si devono dotare di un Controllo di Produzione in Fabbrica (CPF). Il controllo di produzione in fabbrica consiste nel controllo permanente da parte del fabbricante dei parametri che influenzano la produzione. Questo significa che tutte le procedure adottate dal fabbricante devono essere documentate in forma scritta e le variabili significative atte a descrivere un prodotto o a tenere sotto controllo un processo devono essere registrate. La norma di riferimento per marcatura CE dei conglomerati bituminosi è la serie UNI EN 13108: Parte 1: conglomerato bituminoso prodotto a caldo Parte 2: conglomerato bituminoso per strati molto sottili Parte 3: conglomerato bituminoso con bitume molto tenero Parte 4: conglomerato bituminoso chiodato Parte 5: conglomerato bituminoso antisdrucciolo chiuso Parte 6: asfalto colato Parte 7: conglomerato bituminoso ad elevato tenore di vuoti Parte 8: conglomerato bituminoso di recupero Parte 20: prove di tipo Parte 21: controllo di produzione in fabbrica Con esclusione della Parte 8 (fresato), le norma è stata sviluppata secondo il mandato M/124 “Prodotti per la costruzione di strade” che prevede un sistema di attestazione di conformità di tipo 2+. La certificazione secondo il Sistema 2+ prevede: L'effettuazione di prove iniziali di tipo effettuate sotto la responsabilità del produttore (direttamente o presso un laboratorio); La certificazione di conformità alla norma di riferimento rilasciata da parte di un organismo notificato a seguito di un'ispezione del sito produttivo e della verifica della documentazione e delle registrazioni del controllo di produzione in fabbrica; L'effettuazione di verifiche annuali di sorveglianza da parte dell'organismo certificatore. 61 IL PERCORSO DELLA MARCATURA Il Produttore identifica le miscele di conglomerato che devono essere marcate CE e individua le norme di riferimento Per tali miscele il Produttore individua le caratteristiche che deve dichiarare obbligatoriamente, quelle che decide di dichiarare volontariamente e realizza le Prove Iniziali di Tipo (ITT) A seguito dell’ITT il Produttore implementa e attua il Controllo della Produzione di Fabbrica che rispetti le prescrizioni della UNI EN 13108-21 e tenga sotto controllo le caratteristiche dichiarate Il Produttore, partendo dal Livello di Conformità Operativo Z-OCL C (tonn/prova 500) 1. Determina 32 risultati di prova 2. Applica il metodo del singolo risultato o della media dei 4 risultati e verifica il livello del proprio OCL 3. Applica l’allegato A della 13108-21 per la verifica del proprio OCL e dello scarto medio dall’obiettivo Il Produttore richiede la certificazione del proprio Controllo di Produzione (FPC) ad un Organismo Notificato (N.B. anche prima di aver completato i 32 risultati) Successivamente al rilascio del Certificato di FPC da parte dell’Organismo il Produttore è autorizzato a predisporre la propria Dichiarazione di Conformità e a marcare i prodotti Il Produttore mantiene attivo il FPC effettuando le prove con frequenza settimanale e verificando in continuo il Livello di Conformità Operativa sulla base dei 32 risultati precedenti 62 La più grande famiglia di conglomerati bituminosi utilizzati in Italia ovvero i conglomerato bituminoso prodotto a caldo, sono contenuti, come già accennato precedentemente, nella UNI EN 13108-1; qui di seguito sono richiamate solo alcune osservazioni sui contenuti di tale normativa: Ai tradizionali metodi di controllo delle miscele basati sulla determinazione delle caratteristiche dei leganti e degli aggregati (percentuale di bitume e granulometria), è stato affiancato il controllo volumetrico delle miscele ovvero di tutti quei parametri che descrivono la compattabilità della miscela (massa volumica, vuoti residui, vuoti riempiti dal bitume, etc ….) Le caratteristiche che definiscono un conglomerato bituminoso (conglomerato bituminoso tradizionale a caldo) possono essere sia di tipo empirico (requisiti della granulometria, del legante e altre prove empiriche) sia di tipo fondamentale ovvero che un prodotto sia descritto nelle norme tecniche in base alla sua prestazione non alle prestazioni dei suoi componenti. La frequenza delle prove durante il Controllo di Produzione di Fabbrica non è più definita dalle esigenze del committente ma bensì dall’affidabilità del produttore (Livelli di Conformità Operativo) Con l’approccio fondamentale vengono previste prove di controllo che fanno ricorso ad apparecchiature complesse quali prove dinamiche che controllano i parametri di fatica del conglomerato bituminoso piuttosto che valutare, come nel caso della prova Marshall, i parametri a rottura. 63 Le prove dinamiche su conglomerato bituminoso – L’approccio fondamentale La normativa UNI EN 12697 “Miscele bituminose - Metodi di prova per conglomerati bituminosi a caldo - Parte 24 – Resistenza alla fatica App. E Prova di trazione indiretta su provini di forma cilindrica ” L’appendice E caratterizza il comportamento delle miscele bituminose sotto prove a fatica con carico ripetuto con una modalità di carico costante utilizzando la prova a trazione indiretta. Il provino di forma cilindrica può essere confezionato sia in laboratorio che prelevato da un manto stradale. Il carico sviluppa una sollecitazione a trazione relativamente uniforme, perpendicolare alla direzione del carico applicato, che causa la rottura del provino mediante spaccatura lungo la parte centrale del diametro verticale. La deformazione orizzontale risultante del provino deve essere misurata e si deve utilizzare un coefficiente di Poisson ipotizzato per calcolare la deformazione a trazione al centro del provino. Cella di carico La vita a rottura deve essere definita come il numero totale di applicazioni del carico prima che si verifichi la rottura del provino. Listelli di carico Provino Bande di deformazione Estensimetro Determinazione della vita a rottura di un provino 64 La normativa UNI EN 12697 “Miscele bituminose - Metodi di prova per conglomerati bituminosi a caldo - Parte 25 – Prova di compressione ciclica” a) Prova di compressione ciclica uniassiale con confinamento b) Prova di compressione ciclica triassiale Impulso applicato al campione di conglomerato bituminoso attraverso una compressione ciclica. La norma descrive due metodi (sopraillustrati) per la determinazione della resistenza alla deformazione permanente delle miscele bituminose. La prova misura la deformazione permanente dopo n cicli di carico (di solito il n° di sollecitazioni dopo le quali si calcola la deformazione è 3600). 65 La normativa UNI EN 12697 “Miscele bituminose - Metodi di prova per conglomerati bituminosi a caldo - Parte 26 - Rigidezza” Il rapporto tensioni/deformazioni è concettualmente descritto da un modulo di elasticità che, per i materiali lapidei legati con bitume, prende il nome di modulo di rigidezza; esso, rispetto al modulo elastico adottato con i materiali per i quali si ammetta la legge di Hooke, tiene in considerazione le caratteristiche viscose che sono invece proprie del bitume e di conseguenza del conglomerato bituminoso Modulo di rigidezza “L’abilità della miscela di conglomerato bituminoso di generare deformazioni conseguenti dalle tensioni indotte dall’applicazione di un carico”. Relativamente ad una pavimentazione stradale il modulo di rigidezza è la capacità di diffondere le deformazioni all’interno del pacchetto stradale e quindi di assorbire i carichi (traffico veicolare). Una pavimentazione caratterizzata da un alto modulo di rigidezza (conglomerati ad alto modulo) trasferisce sul sottofondo i carichi di compressione su un’area più ampia e con una intensità minore rispetto ad una pavimentazione caratterizzata da un modulo più basso; è possibile affermare 66 che in una sovrastruttura caratterizzata da un basso modulo di rigidezza, gli sforzi di tensione tendono a concentrarsi in aree più ristrette e a causare fessurazioni. La prova non comporta la rottura del provino, di conseguenza esso può essere utilizzato per altre prove (tipo la prova a fatica) questo avviene perché la prova viene effettuata ancora nel campo elastico. Il tecnico in questa prova deve selezionare l’elongazione trasversale lungo il diametro orizzontale ed il tempo di incremento del carico (Rise time); il dispositivo pneumatico applica al provino degli impulsi di prova per calibrare l’ampiezza dell’impulso necessario a raggiungere la deformazione preimpostata. Completati i primi cicli parte la vera e propria prova con almeno 5 impulsi, calcolo del modulo ad ogni impulso e media dei valori. La prova viene effettuata di nuovo sollecitando il diametro ortogonale al precedente e mediando il risultato con il precedente. I fattori che contribuiscono all’ottenimento di un elevato modulo di rigidezza sono: una bassa temperatura, una contenuta penetrazione del bitume con un tenore prossimo all’ottimo, la gradazione degli aggregati e la loro tipologia. 67 Cenni sui conglomerati bituminosi speciali Conglomerati bituminosi drenanti e fonoassorbenti Il conglomerato bituminoso per manto di usura drenante e fonoassorbente è costituito da una miscela di aggregati povera in sabbia, composta da pietrischetti frantumati e filler, impastati con bitume modificato. Questa tipologia di miscela crea notevoli vantaggi: Aumento della sicurezza migliorando l’aderenza del pneumatico in caso di pioggia eliminando il velo d’acqua superficiale Abbattimento del rumore generato dal traffico veicolare La qualità degli inerti utilizzati deve essere molto alta, alti valori di coefficiente di levigabilità accelerata e bassi valori di Los Angeles; per quanto concerne il bitume esso deve essere modificato per assicurare tutte le caratteristiche di adesione, coesione e suscettibilità termica necessarie per compensare tutte le carenze strutturali di una curva granulometrica così discontinua. L’aumento della sicurezza della pavimentazione è dato soprattutto dall’eliminazione dell’acqua sulla superficie del manto stradale con conseguente aumento dell’attrito radente tra pneumatico e pavimentazione, aumento del coefficiente di aderenza trasversale (C.A.T.), eliminazione del ristagno di acqua, eliminazione degli spruzzi e della nebbia d’acqua al passaggio dei veicoli e l’eliminazione della riflessione dei raggi luminosi con quindi un miglioramento della visibilità soprattutto notturna. Il rumore generato dal transito di veicoli è causato dal pneumatico che avanzando rapidamente sul manto stradale comprime l’aria davanti a sé, intrappolandola tra la scolpitura della gomma e il fondo. Questo cuscinetto, sotto la ruota, si espande dopo il passaggio e genera la risonanza nell’aria, causa primaria del rumore. L’asfalto poroso, con alta percentuale di vuoti, consente all’aria di passare sotto la zona di contatto senza comprimersi troppo e quindi limitando l’effetto della risonanza successivamente. 68 Conglomerato ad alto modulo complesso Questo tipo di conglomerato è stato studiato da pochi anni allo scopo di far aumentare la resistenza e la durata delle pavimentazioni per far fronte all’incremento del traffico generale, soprattutto quello pesante. Si definisce “alto modulo”, in quanto presenta un alto valore di modulo complesso; cioè quel parametro che, nei materiali viscoelastici, lega la deformazione alle tensioni applicate. Questo parametro viene calcolato attraverso le prove dinamiche (viste precedentemente). I conglomerati bituminosi preparati con bitume modificato ad alto modulo complesso sono più rigidi dei conglomerati bituminosi tradizionali, quindi presentano una maggiore resistenza alla compressione e alla trazione indiretta quindi alle ormaie. Ricordo che l’utilizzo di un bitume modificato non significa un bitume più duro, con il quale si otterrebbe solo un aumento della resistenza a compressione, ma un bitume che consenta di aumentare anche la resistenza a fatica permettendo di realizzare così pavimentazioni con rigidità quasi analoghe a quelle del calcestruzzo, ma con elasticità e flessibilità tipiche di un conglomerato bituminoso. Il conglomerato tipo Antiskid Un conglomerato bituminoso di tipo Antiskid si compone di uno scheletro litico di pezzatura grossolana autoportante e riempito nei suoi numerosi vuoti da un mastice di elevata consistenza, costituito da bitume, filler e agenti stabilizzanti. L'aspetto caratterizzante di questo prodotto è l'elevato spessore della pellicola del mastice che avvolge gli aggregati grossi e la macrorugosità superficiale conferendo al prodotto proprietà di: elevato attrito radente; stabilità e resistenza alla deformazione; rugosità superficiale; durabilità; azione anti spray; riduzione del rumore; riduce l’azione nebulizzante dell’acqua. L’Antiskid è un conglomerato ad alto contenuto di graniglia che consente di garantire un'elevata aderenza in condizioni di pavimentazioni bagnate, è quindi particolarmente indicato per strade con curve a piccolo raggio, incroci, svincoli, tratti in forte pendenza. 69 Conglomerato bituminoso tipo Splittmastix (SMA) Lo splittmastix è un conglomerato bituminoso caratterizzato dalla presenza di una elevata quantità di graniglia e da un "mastice" costituito da bitume + filler + fibre stabilizzanti (splitt-mastix asphalt). Le particolari caratteristiche granulometriche (e litologiche) degli inerti impiegati unitamente ad un alto contenuto di legante modificato con polimeri consente a questo tipo di pavimentazione di fornire prestazioni di assoluto livello in termini di durabilità, stabilità e resistenza alle deformazioni, rugosità superficiale e resistenza all'ormaiamento. Il conglomerato tipo splittmastix è un conglomerato bituminoso a caldo, dosato a peso o a volume, costituito da aggregati lapidei di primo impiego, bitume modificato, additivi e fibre. Lo splittmastix può essere usato per realizzare strati di usura di strade sottoposte a condizioni severe di traffico e clima (anche per le piste di rullaggio negli aeroporti, per le pavimentazioni di ponti e di viadotti) Il microtappeto tipo «Slurry-Seal» Il microtappeto tipo «slurry-seal» è un sottile strato di malta bituminosa impermeabile con funzione «anti-skid», costituita da una miscela di inerti selezionati ed impastati a freddo con una speciale emulsione bituminosa. Miscelazione e stesa sono effettuate con un'apposita macchina semovente. Il trattamento normalmente non richiede rullatura e la strada può essere aperta al traffico quasi subito dopo la stesa stessa, perchè l'emulsione presenta la particolare caratteristica di rompersi poco dopo la posa in opera e quindi la malta assume le proprietà meccaniche in breve tempo (circa 1 ora). 70 BIBLIOGRAFIA • “Il laboratorio Geotecnica” – Raviolo – Ed. Controls • “Ingegneria stradale / Corpo stradale e pavimentazioni vol. 2” – Ferrari, Giannini - Ed. ISEDI • “Strade Ferrovie e Aeroporti” – Tesoriere – Ed. UTET • “La Marcatura CE dei conglomerati bituminosi” – Ed. SITEBSI • “Manutenzione delle pavimentazioni stradali” – Ed. SITEBSI • Interventi del XXX° corso organizzato dal SITEB – “Le pavimentazioni dalla teoria alla pratica” • Capitolato ANAS • “Il calcestruzzo bituminoso” – Ed. SHELL • “Il manuale per la progettazione e costruzione delle strade Vol II – Serafini – Ed. Geo-Graph • Normative C.N.R. • Documentazione Laboratorio Tecnologico Mantovano srl Siti web consultati: • www.uni.com • www.istedil.com • www.buildup.it 71 ALLEGATI Allegato 1 Modulo per la determinazione del modulo di deformazione Allegato 2 Modulo per Skid-Test su pavimentazione stradale Allegato 3 Modulo per la determinazione dell’altezza in sabbia Allegato 4 Modulo per rilevazione irregolarità della superficie con regolo 72 Allegato 1 Modulo per la determinazione del modulo di deformazione 73 Determinazione dei moduli di deformazione Md e Md’ (C.N.R. 146) Prova n._______________ Cantiere_______________________________________________________ Posizione del prova______________________________________________ Strato di prova:_________________________________________________ Profondità di inizio strato_________profondità fine strato________(rif. Piano campagna) Profondità di prova____________ Descrizione dello strato__________________________________________ Rilievo fotografico: Tecnico Incaricato:____________________________ firma____________ Supervisore__________________________________ firma____________ 74 Determinazione dei moduli di deformazione Md e Md’ mediante piastra avente Ø 300 mm (C.N.R. 146) Data________________ Prova n._______________ Cantiere________________________________________________________________ Modulo di deformazione richiesto : Tra ……… e ……… Letture comparatori (mm) Carico Applicato (N/mm2) COM 1 COM 2 COM 3 Media Letture 0.02 0 0 0 0 ∆s Md (mm) (N/mm2) 1° ciclo di carico 0.05 …… …… …… Pag 1 di 2 75 Letture comparatori (mm) Carico Applicato (N/mm2) COM 1 COM 2 COM 3 Media Letture ∆s Md’ (mm) (N/mm2) 2° ciclo di carico 0.05 …… …… …… N.B : Md (Md’) = ( ∆p / ∆s ) x 300 in N/mm2 * * ∆p è sempre uguale a 0.1 N/mm2 Tecnico Incaricato:____________________________ firma____________ Richiedente__________________________________ firma____________ Pag 2 di 2 76 Allegato 2 Modulo per stradale Skid-Test su pavimentazione 77 DETERMINAZIONE DELLA RESISTENZA DI ATTRITO RADENTE CON L’APPARECCHIO PORTATILE A PENDOLO (CNR BU n. 105/85) Prova n………………………………………………………….. Data…………………………………… Ubicazione…………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………….. Distanza dal ciglio……………………………………………………………….Rettifilo □ Curva □ Tipo di superficie……………………………………………………………………………………………. Temperatura superficie:…………………………………Fattore di correzione:…..………………… Letture Battute 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Media ultime tre letture B.P.N.= Note…………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… Laboratorio Direzione Lavori 78 Allegato 3 Modulo per la determinazione dell’altezza in sabbia 79 DETERMINAZIONE DELLA MACRO-RUGOSITA’ SUPERFICIALE CON IL SISTEMA DELLA ALTEZZA DI SABBIA (CNR BU n. 94/83) Prova n………………………………………………………….. Data…………………………………… Ubicazione…………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………….. Distanza dal ciglio……………………………………………………………….Rettifilo □ Curva □ Tipo di superficie……………………………………………………………………………………………. Prova 1 2 3 4 5 d1 mm d2 mm dmedio mm HS= 4V/ π dmedio 2 Altezza media di sabbia mm Prova n………………………………………………………….. Data…………………………………… Ubicazione…………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………….. Distanza dal ciglio……………………………………………………………….Rettifilo □ Curva □ Tipo di superficie……………………………………………………………………………………………. Prova 1 2 3 4 5 d1 mm d2 mm dmedio mm HS= 4V/ π dmedio 2 Altezza media di sabbia mm Note…………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………….. Laboratorio Direzione Lavori 80 Allegato 4 Modulo per rilevazione superficie con regolo irregolarità della 81 MISURAZIONE DELL’IRREGOLARITA’ DI UNA PAVIMENTAZIONE CON REGOLO 4 m (UNI EN 13036-7:2004) Prova n………………………………………………………….. Data…………………………………….. Ubicazione……………………………………………………………………………………………………. ………………………………………………………………………………………………………………….. Distanza dal ciglio………………………………………………. Longitudinale □ Trasversale □ Posizione Letture Posizione 0,00 2,10 0,10 2,20 0,20 2,30 0,30 2,40 0,40 2,50 0,50 2,60 0,60 2,70 0,70 2,80 0,80 2,90 0,90 3,00 1,00 3,10 1,10 3,20 1,20 3,30 1,30 3,40 1,40 3,50 1,50 3,60 1,60 3,70 1,70 3,80 1,80 3,90 1,90 4,00 2,00 ∆max Diagonale □ Letture Note…………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… Laboratorio Direzione Lavori 82