Angel Art Gallery Via Ugo Bassi, 18 20159 Milano - Italy tel. +39 02.36561745 fax +39 02.36561240 [email protected] www.angelartgallery.it Pagina precedente: Giuseppe Veneziano Bambola - 2005 Acrilico su tela 150x150 cm Acrylic on canvas Pagina seguente: Giuseppe Veneziano e Francesco De Molfetta Pop Fiction - 2009 Giuseppe Veneziano A cura di / Curated by Luca Beatrice e Giampiero Mughini Progetto e realizzazione / Art directors ANGELA GALIANDRO e Pietro Galiandro Francesco De Molfetta Italians do it better Assistente / Assistant ROBERTO MARSELLA Testo critico di / Text by Luca Beatrice e Giampiero Mughini a cura di Luca Beatrice e Giampiero Mughini Grafica / Graphic design Roberto Marsella Fotografia / Photo Roberto Marsella Marco besana www.marcobesana.it 23 Aprile - 30 Giugno 2009 Traduzione / Translation SIMON TURNER Stampa / Print Grafo srl Palazzago BG Ringraziamenti / Thanks to ANDREA BARTOLI MONICA BIZ Chiara Canali ANTONELLA e DANIELE COLOSSI Renzo Leoni Ettore Marchina SANDRA RINDONE Tutti i diritti riservati. © 2009 AngelArt Gallery - Milano © 2009 Luca Beatrice e Giampiero Mughini per il testo / For his text © Giuseppe Veneziano e Francesco De Molfetta per le opere / For their works CENTRO SERVIZI IMMOBILIARI www.centroservizimmobiliari.com Archivio fotografico: Angel Art Gallery www.angelartgallery.it 4 5 In quattro a raccontare fatti e misfatti dell’Italia 2009 di Luca Beatrice e Giampiero Mughini 6 In basso: Francesco De Molfetta Totocalcio - 2009 Tecnica mista retroilluminata Mixed media backlighted A destra: Francesco De Molfetta Portocervo (part.)- 2008 Tecnica mista su tassidermia Mixed media on taxidermy Luca Beatrice - “Italians do it better”: strano titolo per una mostra. Fa venire in mente lo slogan comparso negli anni ’80, quando il Made in Italy “tirava”, passato alla storia perché esposto sull’allora procace decolleté di Madonna. Un “truism” che esprimeva ottimismo e sicurezza in noi stessi, diventato, in tempi recenti, una di quelle insopportabili scritte su altrettanto brutte magliette che si trovano sulle bancarelle o nei negozi di basso souvenir, a definire un gusto estetico ahimé devastante. Insomma, dalla signora Ciccone ai “Nuovi Mostri”, peraltro da noi sempre attuali, visto l’ennesimo remake in queste settimane nei cinema. Ma c’è ancora qualcosa che noi italiani sappiamo fare meglio? Giampiero Mughini - Lo slogan di cui dici è un po’ liso, e poi se la maglietta è brutta non c’è slogan che tenga. Detto questo noi italiani molte cose le sappiamo fare e bene, e continuiamo a farle. Già il fatto che la nostra società sopravviva è un miracolo, e questo pur lavorando noi in media molto meno di americani e tedeschi e pur mandando in pensione la gente molto prima di quanto facciano gli altri Paesi industrializzati e pur avendo tre regioni italiane (Campania, Calabria e Sicilia) occupate da organizzazioni criminali che fanno il bello e il cattivo tempo. E pur avendo la peggiore amministrazione al mondo e il più gran debito pubblico e la magistratura civile che va più lenta al mondo, e così via. Quanto all’arte, perché è a quello cui tu stai pensando, facciamo molte cose buone nel design, nel cinema, nella moda, nel fumetto, ma anche nella letteratura e nella saggistica colta. Beninteso le cose che si possono fare in un Paese marginale, dove si parla una lingua che nel mondo è poco più diffusa del rumeno. Il mio amico Beppe Severgnini, che ha vissuto a lungo negli Usa, mi raccontava che nei giornali americani l’Italia ha lo stesso spazio che ha l’Egitto. LB - Alcuni anni fa uscì “Politics”, opera prima dello scrittore inglese Adam Thirlwell dove si parlava soprattutto di sesso, e di politico non c’era proprio nulla. Ricordo, mi venne in mente di paragonarlo a “Porci con le ali”, che di politico aveva solo l’ambientazione, come se stessimo a teatro. Dico questo perché i nostri due artisti - Francesco De Molfetta e Giuseppe Veneziano - avrebbero l’ambizione di allestire una mostra politica, o meglio una mostra che tratti questioni politiche - dal fallimento di grandi aziende al calcio come specchio della globalizzazione, dall’eredità drammatica del Novecento alla storia esaminata come cronaca - senza però perdere la leggerezza, la banale superficialità con cui si affronta oggi la politica in tv, che poi forse è l’unico modo di renderla interessante. Tra il ’68 e la fine degli anni ’70, gli artisti, gli intellettuali, avevano l’ambizione di esprimere una propria concezione del mondo, possibilmente con lo sguardo utopistico di chi il mondo avrebbe voluto cambiarlo; oggi, che il mondo invece ha cambiato noi, anche l’arte in fondo non si discosta dallo stile di “Porta a porta”. Tutti devono capire, tutti possono accedere al messaggio, non c’è bisogno né di leggere né di sforzarsi. Eppure questa banalità ci seduce: perché? Ne siamo davvero assuefatti? Non possiamo scrollarcela di dosso? nostro tempo. Del tempo in cui una e-mail piena di banalità non si nega a nessun analfabeta. LB - Il lavoro di Francesco De Molfetta mi piace soprattutto perché non teme di dichiarare apertamente la sua derivazione dagli anni ’80, che a mio avviso è stato l’ultimo momento in cui si è tentata una teoria estetica rivoluzionaria e avanguardista. Lui di quegli anni sposa l’idea di leggerezza contrapposta agli eccessi teorici, la consapevolezza che si possono dire cose intelligenti ed acute senza essere noiosi, pedanti o peggio ideologici. C’è molta Milano nel suo lavoro: la storia della galleria di Franco Toselli dove esponevano Boetti, Lisa Ponti, De Dominicis, Salvo, Ontani, De Maria (giustappunto, la linea “light” dell’arte italiana, il concettuale “ludico” che si sposa all’immagine ritornata finalmente in auge). E soprattutto c’è il grande Aldo Mondino, la sua pungente ironia di esprimersi attraverso giochi di parole, spericolati calembours, scarti semantici tra immagine e titolo, tra segno e significato. GM - La politica che più ci interessa oggi non è la politica dei partiti, la politica di quando c’erano Alcide De Gasperi, Giuseppe Di Vittorio, Ugo La Malfa, Bettino Craxi. E’ il modo d’essere della società e il come noi stiamo in questa società. Io ho scritto un paio d’anni fa un libro in cui rievocavo la vitalità della generazione degli anni Sessanta, e l’ho intitolato “Sex Revolution” perché quella era stata la rivoluzione cruciale dei Sessanta, non certo quella di chi predicava che il mondo sarebbe stato messo sottosopra dagli operai che avevano il fucile in spalla. E’ magnifico essere appuntiti e leggeri, come sono spesso le opere di De Molfetta. La leggerezza è una cosa, la superficialità un’altra. Che poi la banalità sia divenuta talmente seducente, che abbia invaso le pagine dei giornali più importanti, che faccia così tanto glamour e trend, questa è di certo la tragedia maggiore del GM - Nel lavoro del nostro eroe c’è tutto quello che tu dici in punta di filologia, e ancora altro. C’è la voracità di un trentenne che si nutre di immagini ma non se ne appaga. Di uno che con un piede sta nel presente e che con l’altro gli tira un calcio. Di uno che per un po’ si prende sul serio e molto si prende in giro. A me piace moltissimo quella sua opera dove il tempo del nazismo è rappresentato sotto forma di una schiera di “teste di cazzo” che marciano impettite. E’ stata una tragedia epocale, da cui è nata una guerra mondiale che ha contato 50 milioni di morti ammazzati, ma a metterla in moto sono state delle gigantesche teste di cazzo. LB – Peraltro alcuni lavori di De Molfetta e Veneziano trattano temi simili. Nel dipinto “Novecento” (forse il titolo è un omaggio 7 al cavallo penzolante di Cattelan), Veneziano immagina la fine del XX secolo come una grande orgia in stile Salò, ma parodistica, tra dittatori, eroine del fumetto e pornostar. L’installazione di De Molfetta con i nasetti/cazzetti - da cui il gioco di parole “Nasismo”, ma sembrano anche cessetti rovesciati alla Duchamp - in parata davanti al Fuhrer, oppure la sua scultura/ busto di Lenin in versione pagliaccio (“Clownmunismo”) - qui la citazione è doppia, da Bruce Nauman ai Gao Brothers, il grande artista concettuale americano e i due fratelli cinesi autori di “Miss Mao”, una scultura di Mao Tze Tung con le orecchie e le tette da Minnie, censurata dalle “autorità” locali, giusto per ricordarci che in Cina c’è ancora la dittatura. Mi chiedo: perché nell’arte siamo ancora così addentro le questioni dello scorso secolo? Non è che il mondo e la Storia, nonostante internet, siano meno veloci, stiano viaggiando a scartamento ridotto? 8 GM - A proposito di Cattelan, mi piace molto quell’opera di Veneziano che porta quel titolo e che raffigura un Cattelan impiccato che fa da controcanto ai bambini impiccati che lui mise per strada a Milano, e di cui ebbe la fortuna che ci fosse un cretino che andò a danneggiarli perché sacrileghi. Adoro quando i cretini si mettono in movimento ad andar contro un’opera che li disturba e li inquieta. Di recente una ditta di abbigliamento giovanile ha affisso per strada delle gigantesche affiches dov’erano dei poliziotti simil-brasiliani che con la scusa di perquisirle, mettevano le mani sotto le gonne di splendide ragazze. Il sindaco della città italiana in cui vivo ha fatto togliere quei manifesti, che a me piacevano moltissimo. Ho subito telefonato alla ditta di abbigliamento e me ne sono fatto mandare uno da inserire nella mia collezione di manifesti pubblicitari. Un linguaggio, quello della comunicazione pubblicitaria, che adoro. Nulla che Andy Warhol non sapesse a puntino. Le pagine pubblicitarie della sua “Interview”, una delle riviste più importanti del Novecento, erano più belle delle pagine giornalistiche vere e proprie. Che c’è di più bello al mondo di una Kate Moss fotografata per una qualche locandina pubblicitaria? Quanto alla Cina, c’è un tempo fisiologico per le cose. Credo sia inutile ringhiare alle mummie del partito comunista cinese che stanno lì a bloccare internet e a minacciare i monaci buddisti e a mettere in galera un giornalista che ha osato mugugnare. Roba che al confronto il fascismo mussoliniano era un balletto settecentesco. Ci vuole tempo perché i cinesi escano dal gulag. E poi conosceranno anche loro i paradisi e gli inferni della democrazia di massa. LB - Torniamo in Italia, ai vizi del nostro Paese che si lamenta delle nuove povertà eppure ostenta modelli di ricchezze esagerate. “Madonna di Campiglio” di De Molfetta e “Madonna del Pipistrello” di Veneziano sono dedicate al kitsch delle verginette che lacrimano ma anche alle settimane bianche straesaurite quando tutti, stampa compresa, sono emotivamente paralizzati dalla paura della crisi, oppure all’utilizzo del sacro negli orridi souvenir, dove l’icona è trattata alla stregua di un fumetto Marvel. Per non dire di “Porto Cervo”, parodia del lamento dei nostri connazionali che non arrivano alla quarta settimana perché alla terza sono già in vacanza… GM - Credo ormai sia di tutto il mondo che le ricchezze più sfrontate se ne stiano accostate alle povertà più schiaccianti. Chi ha va avanti, chi non ha indietreggia e sprofonda. Dai noi però c’è una retorica del “non avere” che cozza contro la realtà di cui tu parli: che treni e aerei in direzione delle vacanze bianche siano sempre zeppi. De Molfetta fa bene a ricamare e a sghignazzare su questa retorica, che è poi quella della ricchezza italiana quale vien desunta dalle dichiarazioni dei redditi dalle quali risulta che siamo alla fame, che solo poche centinaia di migliaia di italiani superano un reddito lordo di 70mila euro. Paese di pagliacci e di evasori fiscali. La “ggente”…. LB - L’ho scritto l’anno scorso nel testo per la personale di Veneziano: “non è colpa sua se l’arte oggi considera Cattelan un eroe e Beuys un cimelio storico, se la cronaca la spunta sempre sulla politica, se le terze pagine dei giornali raccontano di Paris Hilton, se la storia del ‘900 è diventata una macchietta post-ideologica con i dittatori nel ruolo di capocomici. Il mondo fa schifo: che può farci un povero pittore se non registrarne le assurdità, le anomalie, le storture e premere il dito nella piaga? Cosa c’entra lui se il grado di scolarizzazione è penoso, se il lessico è ridotto ai minimi termini, se per farsi capire dagli altri bisogna usare un linguaggio banale, scialbo, frontale?”. I nuovi temi da lui affrontati indugiano questa volta sulla commercializzazione della Chiesa, sulla distonia tra il messaggio e la realtà. Lo stile pittorico di Veneziano è sempre il medesimo: immediato, frontale, antigrazioso, persino inaccettabile per chi ama la pittura, banalizzatasi a sua volta per star dietro al nostro mondo così stupido e banale. Sarà questa davvero l’ultima chance di rappresentare la vuotezza, soprattutto per chi vive in Italia? GM - Non penso che lo stile di Veneziano sia una pista o una legge per nessun altri. E’, e ci mancherebbe altro, la sua di pista, il suo tormento, la sua specifica ambizione figurativa, il suo specifico fare a cazzotti con le iconografie contemporanee: iconografie che odia ma di cui non può fare a meno. Ho visto purtroppo solo come bozzetto, e non ancora come pittura, quel suo affresco sul “Novecento” dove i maggiori criminali politici del secolo sono accomunati dal fatto di avventarsi tutti su delle belle ragazze discinte. L’idea è ottima, voglio dire l’idea di fare delle ragazze discinte una sorta di collante che mette assieme epoche e personaggi i più diversi. Non è forse così che oggi si racconta tutto e tutti, a partire dalle ragazze discinte? Se mettessimo Veneziano in un ring a fronteggiare a modo di un “wrestler” un Jeff Koons,un altro che ci ha lucrato mica male sulla portnostar che s’era scelta come moglie, vedremmo uno scontro che al confronto quelli interpretati da Mickey Rourke nel film che lo ha resuscitato sarebbero giochi da bambino. E a proposito di Rourke, e con tutto il rispetto per il “politically correct” Sean Penn, era lui che meritava l’Oscar come migliore attore del 2008. 9 In alto: Giuseppe Veneziano Bozzetto per opera “Novecento”- 2009 Matita su carta da lucido Pencil on projector paper A sinistra: Francesco De Molfetta TangenTOPOli - 2008 Tecnica mista con tassidermia su tela Mixed media with taxidermy on canvas “L’intelletto cerca, il cuore trova.” Gorge Sand Francesco De Molfetta Alitaglia - 2008 Tecnica mista su tela Mixed media on canvas 12 13 Giuseppe Veneziano La mia Italia - 2009 Installazione di: n° 9 tele 25x25 cm Installation nr. 9 canvas Caravaggio Giotto Leonardo Da Vinci Michelangelo Buonarroti Raffaello Sanzio Giorgio De Chirico Gian Lorenzo Bernini Andrea Pazienza Renato Guttuso Francesco De Molfetta Portocervo - 2008 Tecnica mista su tassidermia Mixed media on taxidermy Francesco De Molfetta Madonna di Campiglio - 2008 Tecnica mista su terracotta in cornice antica Mixed media on terracotta 14 15 “Dicono che vendo, vendo, vendo... ma da quando conosco De Molfetta compro, compro, compro...” Giorgio Mastrota “C’è qualcosa di più importante della logica: è l’immaginazione.” Alfred Hitchcock 16 17 Francesco De Molfetta Mondiali di calcio - 2008 Intervento su mappamondo d’epoca intervention on vintage globe Giuseppe Veneziano La Madonna del pipistrello - 2008 Acrilico su tela 170x130 cm Acrylic on canvas 18 NOME: Francesco . COGNOME: De Molfetta. SOPRANNOME: il “DEMO”. NATO A: Garbagnate Milanese(MILANO). IL: 29-05-1979 (sono del secolo scorso ragazzi!). VIVE E LAVORA A: Milano, in periferia. CITTA’ PREFERITA: Parigi e Palermo. SEGNI PARTICOLARI: sguardo penetrante. SE POTESSI CAMBIARE QUALCOSA NEL TUO FISICO: assolutamente nulla (vedi foto...). SQUADRA DEL CUORE: ODIO il calcio!!! COLORE PREFERITO: rosa. CIBO PREFERITO: cioccolato. TRATTO PRINCIPALE DEL TUO CARATTERE: gentilezza. IL TUO PRINCIPALE DIFETTO: vendicativo. LA PERSONA PIU’IMPORTANTE PER TE: sicuramente i miei cani. LA COSA CHE PREFERISCI IN UN UOMO: le sue mani. LA COSA CHE PREFERISCI IN UNA DONNA: i suoi piedi. IL TUO SOGNO DI FELICITA’: una Dodge Charger del 1969 e una strada vuota. IL TUO MAGGIORE RIMPIANTO: essere stato troppo poco con i miei nonni. Mi mancano molto. L’INCONTRO CHE TI HA CAMBIATO LA VITA: probabilmente quello con Franco Toselli. SOGNO RICORRENTE: cadere dall’alto e schiantarmi. L’ARTISTA SCOMPARSO CHE RICHIAMERESTI IN VITA: Gino De Dominicis. L’ARTISTA PREFERITO DI SEMPRE: Jeff Koons. L’ARTISTA PREFERITO DEGLI ULTIMI ANNI: Luigi Ontani. L’ARTISTA PEGGIORE DI SEMPRE: mi avvalgo della facoltà di non rispondere. opera d’arte che avresti voluto fare: “L’impero della luce” di René Magritte. AUTORE PREFERITO: Agota Kristof. ATTORE PREFERITO: Rocco Siffredi naturalmente! FILM PREFERITO: “Shining”. CANZONE SENZA LA QUALE NON POTRESTI STARE: “La Grange” degli ZZTOP. PERSONAGGIO STORICO PREFERITO: Leonardo da Vinci. QUELLO PIU’ODIATO: pregherò anche per lui… SE NON FACESSI IL MESTIERE CHE FAI COSA FARESTI: l’assaggiatore per i ristoranti segnalati sulle guide Michelin. SE POTESSI RINASCERE IN COSA TI REINCARNERESTI: in un grosso mammifero predatore ma pigro. STATO D’ANIMO ATTUALE: molto rock’n’roll! COSA DETESTI MAGGIORMENTE: l’ipocrisia. SLOGAN PREFERITO: E io me ne frego! GLI ITALIANI LO FANNO MEGLIO? PERCHé?: dai, guardatevi in giro...siamo i peggiori e i migliori allo stesso tempo: ridicolo! (Mister Obaaaaaamaaaaaaaaaa...!!!) NOME: Giuseppe COGNOME: Veneziano SOPRANNOME: “maestro” NATO A: Mazzarino (CL) IL: 22/02/1971 VIVE E LAVORA A: Milano. CITTA’ PREFERITA: Milano. SEGNI PARTICOLARI: uso sempre il cappello. SE POTESSI CAMBIARE QUALCOSA NEL TUO FISICO: eliminerei un po’ di pancia. SQUADRA DEL CUORE: Palermo (anche se non sono molto sportivo). COLORE PREFERITO: rosso primario-magenta. CIBO PREFERITO: “in primis”: lasagne al forno; “in secundis”: melanzane alla parmigiana. TRATTO PRINCIPALE DEL TUO CARATTERE: tenacia. IL TUO PRINCIPALE DIFETTO: tengo la casa in disordine. LA PERSONA PIU’IMPORTANTE PER TE: “mia matre”. LA COSA CHE PREFERISCI IN UN UOMO: l’intelligenza. LA COSA CHE PREFERISCI IN UNA DONNA: la dolcezza. IL TUO SOGNO DI FELICITA’: vivere d’arte. IL TUO MAGGIORE RIMPIANTO: non averci provato con tutte quelle che mi piacevano. L’INCONTRO CHE TI HA CAMBIATO LA VITA: la lista è lunga, cito quelli che ritengo fondamentali: Glauco Gresleri, Andrea Bartoli, Andrea G. Pinketts, Luciano Inga Pin, Giancarlo Politi, Marco Cingolani etc. SOGNO RICORRENTE: non dare l’ultimo esame all’università. L’ARTISTA SCOMPARSO CHE RICHIAMERESTI IN VITA: Gino De Dominicis. L’ARTISTA PREFERITO DI SEMPRE: Andrea Pazienza. L’ARTISTA PREFERITO DEGLI ULTIMI ANNI: Maurizio Cattelan. L’ARTISTA PEGGIORE DI SEMPRE: Marc Kostabi. opera d’arte che avresti voluto fare: “Las Meninas” di Diego Velázquez AUTORE PREFERITO: Andrea G. Pinketts. ATTrice PREFERITA: Cicciolina. FILM PREFERITO: “Il favoloso mondo di Amélie”. CANZONE SENZA LA QUALE NON POTRESTI STARE: “la costruzione di un amore” di Ivano Fossati. PERSONAGGIO STORICO PREFERITO: Giuseppe Garibaldi. QUELLO PIU’ODIATO: Adolf Hitler. SE NON FACESSI IL MESTIERE CHE FAI COSA FARESTI: lo scrittore o il giornalista. SE POTESSI RINASCERE IN COSA TI REINCARNERESTI: nel fratello che non ho mai avuto. STATO D’ANIMO ATTUALE: sereno variabile. COSA DETESTI MAGGIORMENTE: chi se la tira. SLOGAN PREFERITO: se l’arte non ti fa impazzire, ti rende libero. GLI ITALIANI LO FANNO MEGLIO? PERCHE’?: perché alla tragedia preferiscono la commedia. 19 “Ogni uomo è più autentico quanto più assomiglia all’idea che ha sognato di se stesso.” 20 Pedro Almadovar Francesco De Molfetta Nasismo - 2009 Tecnica mista con ceramica Mixed media with ceramic 21 22 23 Giuseppe Veneziano - Novecento, 2009 - Acrilico su tela 190x340 cm 24 25 Francesco De Molfetta Clownmunismo - 2008 Intervento su gesso d’epoca intervention on vintage plaster 26 27 Giuseppe Veneziano - Andrea Pazienza, 2009 - Acrilico su tela 25x25 cm 28 29 Giuseppe Veneziano - Madonna della guerra - 2008 Acrilico su tela 80x80 cm / Acrylic on canvas Pagina seguente: Francesco De Molfetta - SOLD OUT (part.) - 2007 Tecnica mista su tela 100x80 cm / Mixed media on canvas “Qualche volta lo scandalo aiuta a portare il dibattito su argomenti dei quali magari non si parla.” Maurizio Cattelan 30 31 Giuseppe Veneziano Under Attack - 2007 Acrilico su tela 180x110 cm Acrylic on canvas Four Discuss the Deeds and Misdeeds of Italy 2009 by Luca Beatrice and Giampiero Mughini Luca Beatrice - Luca Beatrice – “Italians do it Better”: a strange title for an exhibition It brings to mind the slogan that appeared in the 1980s, when Italian products were on the crest of the wave, and it entered history when it was displayed on Madonna’s then provocative cleavage. It was a truism that expressed optimism and self-assurance, but in more recent times it has become just another awful message on those ugly T-shirts you see on market stalls or in trash-souvenir shops. The typical emblem of pitifully disastrous taste. From Madame Ciccone to the “Nuovi Mostri”: the ever-fashionable “new monsters” of whom yet another remake is now hitting the screens. But is there still anything that we Italians really can do better? Giampiero Mughini - The slogan you’re talking about is a tad faded, and if the T-shirt is unattractive, no slogan’s going to save it. Even so, we Italians can do things and we can do them well, and we’re still doing them. The very survival of our society is itself a miracle, even though on average we work much less than the Americans or Germans, and despite the fact that we let people retire much earlier than in other industrialised countries, and that we have three regions (Campania, Calabria, and Sicily) occupied by criminal organisations that do exactly as they please. And even though we’ve got the worst public administration in the world, the biggest national debt, and the slowest legal system anywhere. And all the rest. As for art – because that’s what you’re thinking about – we do a lot of good things in design, in cinema, in fashion, and in comics, but also in literature and erudite non-fiction. Of course, these are things that can be done in a marginal country, with a language that is about as widespread in the world as Romanian. My friend Beppe Severgnini, who’s spent many years in the US, was telling me that Italy is given about as much space as Egypt in American newspapers. 32 Francesco De Molfetta Politics - 2009 Tecnica mista Mixed media LB - The English writer Adam Thirlwell’s first work, “Politics”, came out a few years ago and it talked mainly about sex. There was no trace of politics in it at all. I remember thinking of likening it to “Porci con le ali”, where politics was there just as a backdrop, as though we were at the theatre. I say this because our two artists – Francesco De Molfetta and Giuseppe Veneziano – would like to put on a political exhibition, or rather an exhibition that deals with political issues. These would range from the bankruptcy of great soccer companies, as a reflection of globalisation, to the dramatic legacy of the twentieth century, and history viewed as though it were a news report. But they would not want to lose any of the superficiality and shallowness of the way politics is dealt with on television, which may of course be the only way to make it interesting. From 1968 through to the late 1970s, artists and intellectuals attempted to express their own view of the world, possibly with the utopian vision of those who would have liked to change it. Today, however, it is the world that has changed us, and art is basically not that far removed from the popular political programme “Porta a porta”. Everyone has to understand, everyone can receive the message: you don’t have to make the slightest effort, and you don’t even have to read anything. And yet this triviality appeals to us: why? Are we really so inured to it? Can’t we shake it off? GM - What we’re interested in today is not party politics – the politics of statesmen like Alcide De Gasperi, Giuseppe Di Vittorio, Ugo La Malfa, or Bettino Craxi. It’s the way society is, and the way we are within this society. A couple of years ago I wrote a book in which I recalled the vitality of the Sixties generation. I called at the “Sex Revolution”, because that was the really crucial revolution of that decade. It certainly wasn’t the revolution of those who preached that the world that would be turned on its head by workers with rifles over their shoulders. It’s magnificent to be lightweight and yet acute, as De Molfetta’s works so often are. I know him better than Veneziano as an artist and I apologise to the latter for this. Lightness is one thing, superficiality an other. And the greatest tragedy of our time is that banality has become so captivating, so glamorous and trendy, and that it has taken over the pages of the most important newspapers. Ours is an age that won’t say no even to an e-mail full of trivialities written by an illiterate. LB - I particularly like Francesco De Molfetta’s work because it has no fear of openly declaring its derivation from the 1980s which, as I see it, was the last time that an attempt was made to introduce a revolutionary and avant-garde theory of aesthetics. He blends the cheerfulness of those years with its contrasting theoretical excesses, and the awareness that you can say perspicacious and intelligent things without being boring, pedantic or, what is worse, ideological. There’s a lot of Milan in his work: the story of Franco Toselli’s gallery, where Boetti used to display his works, as did Lisa Ponti, De Dominicis, Salvo, Ontani, De Maria (and that is precisely the “light” current of Italian art, the “fun-loving” conceptual art that was embracing the image, which had at last come back into fashion). And, more than anything, there was no great Aldo Mondino, who expressed his pungent irony through puns, madcap plays on words, and semantic deviations between image and title, and between sign and significance. GM - In our hero’s work there is everything you say in terms of philology, and more besides. There’s the ravenousness of a thirty-year-old who feeds on images but is never sated by them. Of someone who has one foot in the present and kicks it with the other. Of someone who takes himself seriously for a while and makes fun of himself even more. I love that work of his in which the period of Nazism is represented by a phalanx of “dickheads” strutting along. It was an epoch-making tragedy, which led to a world war that left 50 million dead, but it was all started off by the most gigantic dickheads. LB – But then again, some of De Molfetta’s and Veneziano’s works tackle similar subjects. In the painting entitled “Novecento” (the title may be a tribute to Cattelan’s hanging horse), Veneziano imagines the end of the twentieth century as a great but parodistic Salò-style orgy between dictators, comic-book heroines, and porn stars. De Molfetta’s installation with his little noses/dicks – “noses” playing on the idea of “Nasismo/Nazism”, though they also look like little upturned Duchampstyle urinals – on parade before Hitler, or his sculpture/bust of Lenin as a clown (“Clownmunismo”). Here the quotation is twofold, from Bruce Nauman to the Gao Brothers, the great American conceptual artist and the two Chinese brothers who created Miss Mao, a sculpture of Mao 33 Zedong with Minnie’s ears and tits, which was censored by the local “authorities”, just to make the point that the dictatorship is still alive and kicking in China. Yet I wonder why, in the world of art, we are still so entrenched in the issues of the last century. Might it just be that, in spite of the Internet, the world and history are simply less fast, travelling on a narrow gauge? 34 GM - Talking of Cattelan, I adore the work by Veneziano with that title, which shows a hanged Cattelan as a contrast to those hanged children he put up in the trees in Milan – and had the great fortune to have some idiot go and damage because they were sacrilegious. I love it when idiots go on the warpath against a work that disturbs them and makes them feel uneasy. There was recently a youth-market clothing company that put up gigantic posters in the streets, showing Brazilianstyle policemen putting their hands up the skirts of splendid girls with the excuse that they were frisking them. The mayor in the Italian city where I live had these posters – which I thought were great – pulled down. I immediately called the clothing company and had them send me one to add to my collection of advertising posters. Advertising is a form of expression that I simply adore. Nothing that Andy Warhol didn’t know to perfection, of course. The advertising pages in his “Interview”, one of the most important magazines of the twentieth century, were even better than the pages of actual journalism. What in the world could be more beautiful than a Kate Moss photographed for some advertising poster? As for China, there’s a physiological time for all things. As I see it, there’s no point railing against the mummified Chinese Communist Party leaders who sit there blocking the Internet and threatening Buddhist monks, and sending to prison any journalist who dares murmur. Next to this sort of thing, Mussolini’s Fascism was an eighteenthcentury jig and dance. It’ll take time for the Chinese to get out of their gulags. And then they too will discover the paradise and inferno of mass democracy. LB - Let’s come back to Italy and to the vices of our country, which is complaining about the new poor, while flaunting examples of disproportionate wealth. De Molfetta’s Madonna di Campiglio and Veneziano’s Madonna del Pipistrello are dedicated to the kitsch of little weeping Virgins but also to packed-out skiing holidays when everyone – including the press – is emotionally paralyzed by fear of the crisis, or to the use of religion in the most tacky souvenirs, where icons are debased to the level of Marvel comics. To say nothing of Porto Cervo, a parody of the lamentations of our fellow countrymen who never reach the fourth week of the month because they’re already on holiday by the third... GM - I think it’s now a global fact that the most shameless opulence is to be found alongside the most crushing poverty. Those who have move forward, those who don’t simply go backwards and precipitate. But in this country there’s a rhetoric of “not having” that clashes against the reality you’re talking of: the fact is that trains and planes towards skiing destinations are always crammed full. De Molfetta is right to embroider on this rhetoric and sneer at it, for in the end it is that of Italy’s wealth as it appears in income tax returns, which show we’re on the breadline, and that only a few hundred thousand Italians gross more than e 70,000. A land of buffoons and tax dodgers. Hoi polloi... LB - I wrote this in the presentation of Veneziano’s solo last year: “it’s not his fault if the art world today considers Cattelan a hero and Beuys a historical relic, if current affairs always get the better of politics, if the centre spreads of newspapers tell us about Paris Hilton, if the history of the twentieth century has become a post-ideological parody with dictators acting as theatre chiefs. The world is disgusting: what can a poor painter do other than record its absurdities, quirks, and deformations, and rub salt into the wound? What has he got to do with it if the level of education is pitiable, if the vocabulary is reduced to the bare minimum, if he has to use a mundane, nondescript, head-on language to be understood by others?” The new themes he’s been approaching this time look at the commercialisation of the Church, and the way message and reality are out of sync. Veneziano’s pictorial style is always the same: immediate, in-yourface, antigrazioso, even unacceptable to those who love painting, and trivialised in order to keep up with our mindless, trifling world. Is this really going to be the last chance to represent this emptiness, especially for those who live in Italy? GM - I don’t think that Veneziano’s style is a path to follow or a law for anyone else. It is – and it could only be – a path of his own. His own torment, his own particular figurative ambition. His peculiar way of battling it out with contemporary iconography: an iconography he hates but that he can’t do without. I’ve only seen his fresco on the “Novecento” as a sketch, unfortunately, and not yet as a painting: the one where the greatest political criminals of the century are equated by the fact that they are all pouncing on beautiful and scantily dressed girls. The idea’s great – I mean, the idea of turning scantily dressed girls into a sort of agent that binds together the most different ages and personalities. Isn’t that the way everything is told these days – starting out from scantily dressed girls? If we were to put Veneziano as a wrestler into a ring and had him take on a Jeff Koons – another one who made a tidy sum out of the porn star he chose as his wife – we’d see a fight next to which those of Mickey Rourke in the film that pulled him out of oblivion would seem like child’s play. And, on the subject of Rourke, and with all due respect to the “politically correct” Sean Penn, it was he who deserved the Oscar as Best Actor in 2008. 35 A sinistra: Giuseppe Veneziano Jesus - 2004 Acrilico su tela 150x150 cm / Acrylic on canvas In alto: Francesco De Molfetta Esse...lunga - 2009 Tecnica mista su vinilico / Mixed media on vinyl “...In fondo, cos’è la vita? Ti ammali e muori. Tutto lì. Perciò non devi fare altro che tenerti occupato.” 26 Maggio 1986 Andy Warhol Francesco De Molfetta - Ma basta - 2009 - Lapide - Tombstone Volume Realizzato in n° 1000 copie in occasione della Mostra “Italians do it better” Milano 23 aprile 2009 / 30 giugno 2009. Finito di stampare nel mese di aprile 2009 presso GRAFO Srl - Palazzago - BG. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione dei proprietari dei diritti e dell’editore. No part of this publication may be reproduced, stored in retrieval system, or trasmitted in any form or by any means whitout the prior permission in writing of copyright holders and of the publisher. Giuseppe Veneziano Francesco De Molfetta Italians do it better a cura di Luca Beatrice e Giampiero Mughini Angel Art Gallery www.angelartgallery.it