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2,50€
Anno 8, Numero 9
Novembre 2015
www.verona-pantheon.com
VER NA
NETWORK
In bilico tra
dialettica e
comprensione.
Dire, nascondere,
fraintendere:
quali sono i confini
del linguaggio?
parole
ECONOMIA
DONNE
CULTURA
ANIMALI
Verso un polo
finanziario veneto
A tu per tu
con Lella Costa
Riapre il Museo
degli Affreschi
Cani d’allerta
per il diabete
EDITORIALE
di
Matteo Scolari
@ScolariMatteo
“Quella che
stiamo vivendo
non è una guerra
tra religioni, è
una guerra
dettata da scelte
politiche sbagliate.
Non nominiamo
il nome di
Dio invano”
Caldaia a pezzi di legna installata in un’abitazione del 1990
a Velo Veronese, modello S4
50kw con ACCENSIONE AUTOMATICA, 2 accumuli inerziali da
1500lt ciascuno, un boiler sanitario da 1000lt con integrazione
solare, metri quadri riscaldati
300 con possibilità di ampliare
il circuito anche al fabbricato
a fianco attualmente servito
anch’esso da una caldaia a legna ma di vecchia concezione
Caldaia a pezzi di legna installata in un’abitazione del 1970 a
Velo Veronese modello S4 28kw, metri
quadri riscaldati ca.
150, un accumulo con
ACS istantanea capacità 1700lt, gestione
del riscaldamento con
regolazione climatica
Sono gli uomini che
hanno dissuaso Dio
dall’esistere.
Gesualdo Bufalino
A
vrei voluto iniziare e riempire
d’inchiostro questo spazio con
ben altre parole, con ben altri
argomenti. I tragici fatti di Parigi,
però, così come hanno scosso voi
e l’intera comunità internazionale,
hanno lasciato una sensazione di
immenso vuoto e sconsolazione anche in me.
Sfoglio le immagini dei volti delle
vittime di quella sera, 129 fino ad
ora: visi giovani, sorridenti, pieni di
vita, pieni di sogni e di speranza. Li
sento vicini, potrebbero essere miei
coetanei. Provenivano da 26 Paesi
diversi, e il loro destino si è incrociato fatalmente, e per l’ultima volta, nel cuore della Francia, in quella
che dovrebbe essere, e lo è sempre
stata, la più bella capitale d’Europa.
Tra loro l’italiana Valeria Solesin,
28enne, dottoranda in demografia
alla Sorbona che per alcuni giorni abbiamo sperato fosse viva, da
qualche parte. Ma non è stato così.
Proseguo scorrendo quelle immagini. Incontro gli sguardi di Kheireddine Sahbi, giovane violinista
algerino di grande talento iscritto
anch’egli alla Sorbona; di Élodie
Breuil, 23 anni, studentessa francese
all'École de Condé di design e fotografia. Aveva marciato a gennaio
con sua madre dopo il massacro di
Charlie Hebdo in sostegno delle vittime. Di Luis Felipe Zschoche Valle,
musicista 35enne del Cile, chitarrista e membro della band Captain Americano; di Cécile Misse, 32
anni, responsabile della produzione al teatro Jean Vilar Suresnes di
Hauts-de-Seine; di Mathieu Hoche,
38 anni, tecnico al canale televisivo France24; di Mohamed Amine
Benmbarek, architetto di 28 anni
marocchino, ma residente a Parigi
dove insegnava all'Ensa, la scuola
nazionale superiore d'architettura;
di Arianne Thrillier, talento del fumetto, disegnatrice della casa statunitense Urban Comics; di Raphael
Hilz, 28 anni, tedesco, architetto e
collaboratore di Renzo Piano; di He-
lene Muyal, 37 anni, make up artist e
giovane madre di un bambino di un
anno e mezzo; di Valentin Ribet, studente di Legge alla London School of
Economics; di Alberto Gonzalez Garrido, 29enne ingegnere di Madrid; di
Quentin Mourier, francese, 29enne,
architetto all'Atelier Grand Paris; di
Nohemi Gonzales, 20 anni, messicana, che a Parigi frequentava lo Strate
College Design.
Potrei proseguire ancora a lungo con
la lista, e lo farei anche solo per ricordarli uno a uno. Giovani ragazzi e ragazze, talenti, la cui vita è stata spezzata in un venerdì qualunque, a una
cena al ristorante, per strada o a un
concerto di musica rock.
Perché tutto questo? In nome di chi?
Di Dio forse? Non scherziamo! Sono
pienamente d’accordo con Papa
Francesco, quando dice che compiere barbarie in nome di Dio, qualunque esso sia, è un atto gravissimo, è
una bestemmia. Nessun Dio, nessuna
religione, nessun testo sacro predica
odio o violenza contro il genere umano. Nemmeno il Corano.
Quella che stiamo vivendo non è una
guerra tra religioni, è una guerra dettata da scelte politiche sbagliate che
affondano le radici nel passato e nel
presente e di cui la comunità internazionale e le parti coinvolte, sono ben
a conoscenza. Ognuno di noi, in cuor
suo, anche in quello degli attentatori
che hanno dimenticato di averlo, sa
che Dio è amore, è pace, è fraternità tra i popoli. Non tiriamo in ballo il
Creatore. Non inquiniamo la sacralità di Cristo, di Allah, di Yahweh. Non
abbassiamoci a un livello così becero
della vita.
Preghiamo, insieme, per quei ragazzi
di Parigi, per i loro genitori distrutti
dal dolore. Preghiamo per le migliaia e i milioni di vittime che ogni anno
muoiono in tutto il mondo per una responsabilità diretta delle scelte politiche dei governi internazionali.
Non nominiamo il nome di Dio invano.
Tantomeno per giustificare guerre o
per nascondere i nostri peccati.
PROVA I NUOVI PIATTI
Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 - Numero chiuso in redazione il 18/11/2015
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P RI M O P I ANO L e par ol e ch e si am o Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
58
BREVI DA VERONA
12
FI NANZ A “V e r ona ci t y” Verso un polo unico? La città si interroga
60
IN CUCINA CON NICOLE
16
C REDI TO&I MP RES A
22
AGROALIMENTARE
26
INTRAPRENDENZA FEMMINILE
28
IL PERSONAGGIO
Ap i ndu st r i a,
LA NUOVA GENERAZIONE
CIBO: La sfida che ci attende
Ne parliamo con l'On. Paolo De Castro
A tu per tu con Lella Costa
Le cave della Lessinia si trasformano
Il progetto dell'architetto Zardini
HI TEC H I l V e r ona FabL ab fa i l bi s L'inaugurazione della nuova sede in centro
30
SALUTE Un tablet per rompere il silenzio L'innovativo comunicatore per ragazzi con disabilità
34
C U LTU RA
U n alt r o tasse l l o al m osai co de l l a ci t tà
STORIE DI STORIA
ANI M AL I & C O
S P ORT
Riapre il Museo degli Affreschi
La Grande Guerra IN MUSICA
44
Cani d'allerta al servizio dei padroni malatI
46
Quando il dolore si fece canto
Am i ci a qu at t r o zam p e
40
Sci di f ondo, facci am ol o i nsi e m e
Il consorzio dei quattro club scaligeri
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Redazione e Collaboratori
6
PRIMO PIANO
Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
L E PA RO L E C H E S I A M O
di
Giulia Zampieri
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P
artiti, politici, sindacati: le
parole del passato. Famiglia, merito, bene comune:
le parole che guideranno il nostro futuro.
E al centro: la Democrazia.
Questo è il “Lessico del Futuro” secondo il sondaggio Demos-Coop condotto a Maggio
2015. Per l’occasione, è stato
sottoposto alla valutazione
dei cittadini un vero e proprio
sillabario, una serie di parole
attinte dal linguaggio dei media e della vita pubblica, per
misurare il sentimento suscitato da queste parole nel sentire comune. Il risultato è una
«mappa del linguaggio del no-
7
Un’indagine condotta da Demos-Coop ha individuato le
parole chiave del passato e del futuro. Oltre la sfiducia nelle istituzioni con il linguaggio ostile del “burocratese”e la
spesso inutile oscurità del linguaggio pubblico, c’è l’importanza della nostra consapevolezza. Perché le parole fanno
la differenza, e per un futuro più chiaro possiamo partire
da parole, quelle del presente, più limpide.
stro tempo››, come definita dal
sociologo Ilvo Diamanti, che
esprime da un lato una diffusa
delusione nei confronti di politica e istituzioni, forse proprio
perché incapaci di dialogare in
modo chiaro ed efficace con i
cittadini, dall’altro la fiducia in
quei valori su cui si costruisce il
nostro presente e che saranno
le fondamenta del nostro futuro. Al confine, tra disincanto e
speranza, sta la Democrazia;
il termine più controverso e
dibattuto, proprio a causa dei
cambiamenti che interessano il
nostro tempo e che stanno attraversando le istituzioni: i partiti, lo Stato, l’Unione Europea.
Bisogna trovare
le parole giuste
le parole sono
importanti!
(Nanni Moretti)
Diritto e dovere
di Parola
In questo scenario, in un’Italia in
cui spesso la classe dirigente è
incapace di interpretare le reali
esigenze della cittadinanza, in
un’epoca di “crisi della democrazia” e in una società sempre
più complessa, c’è un presupposto imprescindibile: ritornare
a prendersi cura delle parole,
come incita il giurista Gustavo
Zagrebelsky nel suo Decalogo
contro l’apatia politica. Il tema
potrebbe sembrare materia da
linguisti o intellettuali, una questione astratta che non ci riguarda. Tutti però abbiamo a che
fare con il linguaggio, ogni giorno, e con la distanza, sempre più
ampia, tra le parole e i fatti. Con
la perdita di concretezza della
nostra lingua. Inoltre, ricorda
Zagrebelsky, più ricca sarà la
quantità e la qualità delle parole
del nostro “vocabolario collettivo”, più giusti e chiari saranno
i nostri pensieri e le nostre idee
e, con essi, le nostre capacità
di analizzare e comprendere la
complessità del tempo presente.
Per questo, è dovere di coloro
che la lingua della burocrazia,
dell’amministrazione, del diritto e dei media la esercitano in
modo attivo ritornare a prendersi cura delle parole, perché dire
qualcosa comporta (o almeno
così dovrebbe), sempre, un impegno di verità. E perché, come
afferma Tullio De Mauro, «chi è
al servizio di un pubblico ha il
dovere costituzionale di farsi
capire››. Ma la cura delle parole
è anche il compito di tutti i cittadini, i destinatari che questa lingua la vivono in modo (solo apparentemente) passivo, perché
capire è un diritto di tutti e la
condizione fondamentale per la
Pagina_PDV_210x85_conv.indd 1
nostra libertà di parola. Perché
la democrazia non è da cercare
solo nella cabina elettorale, nel
momento delle «elezioni libere,
corrette e aperte a tutti» (Huntington) ma, ancor prima, nel
dialogo vivo che è possibile solo
quando c’è reciproca compren-
sione. E allora partiamo proprio
dalle parole del nostro presente,
dalla salute nel nostro linguaggio quotidiano per migliorare il
presente e magari anche il futuro. Partiamo dalle parole che
usiamo e che definiscono quello
che siamo.
17/11/15 12:46
8
PRIMO PIANO
9
Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
Le parole precise dell’etica civile
Breve dizionario burocratese – italiano (esempi tratti
da "Con parole precise. Breviario di scrittura civile")
Le apparecchiature terminali
per servizi di comunicazione
elettronica da uso pubblico
I telefoni cellulari
Le modalità della segnaletica
alla clientela in merito al pagamento del titolo di viaggio
I
modi per informare i clienti su
come pagare il biglietto
La problematica relativa alla
tipologia familiare
Il problema dei tipi di famiglia
«
N
on è possibile pensare
con chiarezza se non
si è capaci di parlare e
scrivere con chiarezza», il nostro modo di esprimerci è, in
qualche misura, anche il nostro modo di essere. Questo
afferma il filosofo John Searle
e così si apre Con parole precise Breviario di scrittura civile,
l’ultimo lavoro di Gianrico Carofiglio, presentato a Padova
in occasione della Fiera delle
Parole.
Domenica 11 ottobre, lo scrittore, già pubblico ministero,
consulente della commissione parlamentare antimafia
e senatore della Repubblica,
ha dialogato con un attento e
partecipe pubblico in un gremito Palazzo della Ragione.
Prima di lui, sono tanti i giuristi, i linguisti, i politici e gli intellettuali che nel nostro Paese
e all’estero hanno lamentato
la qualità del linguaggio usato dalle istituzioni: una lingua
spesso volutamente oscura,
che preferisce nascondere invece che mostrare, e lontana
dall’italiano quotidiano, quel
“burocratese”
inutilmente
complicato che spreca tempo
e risorse.
Non è un caso che già nell’or-
mai lontano 1998 l’allora presidente degli Stati Uniti d’America Clinton ricordasse in
un memorandum che «il plain
language (il linguaggio piano,
ndr) fa risparmiare tempo, fatica e denaro al Governo e al
settore privato».
Da questo dato di fatto e dal
«disagio e dall’indignazione
per l’uso delle parole in pubblico» nasce l’esigenza di questo libro, ci spiega Carofiglio,
«perché occuparsi del linguaggio pubblico e della
sua qualità non è un
lusso da intellettuali
o una questione accademica. È un dovere cruciale dell’etica civile».
Le società si fondano proprio sulla fiducia in una lingua
condivisa e sulla
fondamentale
responsabilità nell’uso delle parole. Mi
impegno a fare ciò
che dico.
«La lingua oscura,
quella intervallata
da continui “Sono
stato frainteso” e
quella delle leggi,
spesso troppo aper-
ta a libere interpretazioni, è
profondamente antidemocratica» dichiara, con chiarezza,
Carofiglio. Perché laddove c’è
oscurità di linguaggio non si
può trovare autentica democrazia, quella democrazia che
nelle parole di Norberto Bobbio è «l’esercizio visibile del
potere».
In poche parole, la certezza del
diritto, non è meno importante
della sua chiarezza e di quella
di tutti i linguaggi pubblici.
Supportare i processi di valutazione e farsi carico del monitoraggio della loro corretta
applicazione in base ai criteri
definiti dal C.d. D.
Aiutare
nella valutazione e controllare
che corrisponda ai criteri stabiliti dal collegio dei docenti
La realizzazione del progetto comporta la necessità di
una rivalutazione della politica
dell’Amministrazione
nonché
di una ridefinizione dei suoi
obiettivi
Per realizzare il progetto l’Amministrazione deve
rivalutare la propria politica e
ridefinire i propri obiettivi
L’azione esecutiva dovrà essere nuovamente sospesa per la
sopravvenuta caducazione del
titolo
L’azione esecutiva dovrà essere nuovamente sospesa
perché il titolo è venuto meno
Provvedere al mantenimento
Mantenere
Effettuare una cancellazione
Cancellare
Procedere a una verifica
Verificare
A proposito di parole, il concorso per (ri)conoscere Dante
Lui è il padre della lingua e ,
diciamolo, un po' di tutti noi.
È stato calcolato che il 90%
del
lessico
fondamentale
dell’italiano in uso oggi (cioè
il 90% delle 2000 parole più
frequenti, che a loro volta costituiscono il 90% di tutto ciò
che si dice, si legge o si scrive
ogni giorno) è già tutto contenuto nella sua opera più
famosa. Per celebrare i 750
anni dalla nascita dell'uomo
che inventò la Divina Commedia, e che passeggiò, tra
l'altro, anche per le belle vie
della nostra città, Il Rotary
Club Verona Scaligero, con il
patrocinio della Provincia di
Verona ha bandito per l’anno
scolastico 2105/2016 il concorso “L’attualità di Dante”.
Riservato alle ultime tre classi
dei licei classici, scientifici, linguistici e delle scienze umane, statali e paritari, presenti
sul territorio di Verona e Provincia, il concorso, suddiviso
in tre livelli ha come oggetto
la composizione di un saggio
breve sui temi legati alla Commedia.
Sarà il Canto V dell'Inferno
che racconta la condanna dei
due celebri amanti persi in
un amore troppo umano, l'argomento da affrontare per le
classi III. L’incontro con Sordello e la successiva invettiva
contro l’Italia nel Purgatorio il
tema, invece, per le classi del
penultimo anno.
Agli studenti delle classi V terminali è destinato il canto XVII
del Paradiso che celebra la
liberalità degli Scaligeri, signori di Verona, attraverso la
visione di Dante, che si lascia
andare in questi versi alla predizione del suo stesso esilio.
L’iscrizione per partecipare
al Concorso dovrà pervenire
via e mail entro il 30/11/2015 al
seguente indirizzo email: rcveronascaligero@rotary2060.
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assegno di 500,00 euro a
copertura parziale o totale
del percorso estivo “Summer
Camp” promosso dal Rotary
Club, il migliore elaborato per
ciascun livello di concorso.
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E mail: rcveronascaligero@rotary2060. eu
Tel. 045/597005
10
PRIMO PIANO
Vizi, virtù (e potere) del linguaggio
Le p arole per gli al tri
Due parole per un futuro più chiaro
C
osa fare allora per raggiungere questa chiarezza, di lingua e quindi
di pensiero e comportamento?
Per Carofiglio la chiave sta
proprio nella semplicità, in
quel linguaggio piano consigliato da Clinton, ma già ricercato e auspicato da tanti altri
anche in Italia: risale al 1993
infatti il Codice di stile delle comunicazioni scritte a uso delle
pubbliche amministrazioni promosso dal Ministro della Funzione Pubblica Sabino Cassese
e seguito poi da un più conciso
Manuale di Stile (1997).
Certo, prestando attenzione
alle date di pubblicazione viene da pensare che di strada
se ne sia fatta ancora poca.
Nonostante i numerosi studi
che dimostrano i comprovati
11
benefici del plain language in
termini di risparmio di tempo,
di risorse e di denaro sia nel
settore pubblico così come nel
privato.
«Semplicità non vuol dire tradurre tutto, indistintamente:
un “incidente probatorio” non
può che essere chiamato così!
Bisogna però evitare il più possibile le definizioni astratte e
preferire a queste la concretezza delle azioni». Su questo
insiste Carofiglio, che parlando di semplicità e chiarezza
accenna anche a Papa Francesco e all’efficacia comunicativa delle sue parole. E non è un
caso che proprio il pontefice
sia l’unica figura condivisa che
emerge da quella stessa indagine condotta da Demos-Coop
sul lessico del futuro.
A
Gianrico
Carofiglio
scrittore e
politico italiano
Due domande per uno sguardo più chiaro
L
a Costituzione italiana,
come ha già ricordato Tullio De Mauro, è un documento di grandissima importanza, non solo per i valori e i
diritti che difende, ma anche
per la sua brevità e chiarezza.
È composta di sole 9369 parole e le sue frasi non superano,
in media, le venti parole. Ma
ancora più importante, è stata
scritta utilizzando 1357 lemmi,
di cui più del 92 % appartiene
al vocabolario di base che tutti
noi conosciamo e comprendiamo. Spesso si rimprovera al
plain language di essere infantile, semplicistico e impreciso
ma chi di noi descriverebbe
così la nostra Costituzione?
«Guardiamo alla nostra Costituzione nel fare le leggi, alla
sua limpidezza ed essenzialità» suggerisce Carofiglio.
Quanto invece ai cittadini, a
tutti noi che le leggi non le
scriviamo ma le viviamo, è
dato il compito di avvicinarci
al linguaggio pubblico in modo
consapevole, di ascoltare in
modo attento e perspicace
così da riuscire a rispondere
sempre a due domande. «Perché? chi ha scritto questo testo
lo ha scritto in questo modo.
Come? si sarebbe potuto scrivere in modo più efficace, così
da renderlo più adeguato e
onesto».
La lingua democratica, quella
che include invece di escludere, è quella che combatte
l’oscurità non necessaria, che
«non ricorre a pseudotecnicismi per dare sfoggio di sé, per
esercitare il proprio potere o
per occultare la mancanza di
contenuti».
È la lingua che, con parole precise, mostra i fatti e le cose per
quello che sono, senza paura di
chiamarli con il loro nome, ed è
«sintomo di virtù civili e fattore di democrazia». È una “cosa
pubblica”, un bene comune al
servizio del bene di tutti.
seguito dell’incontro intitolato Le parole che curano, le parole che feriscono
Salute mentale, mass media
e linguaggio usato nella vita
quotidiana organizzato dall’Azienda ULSS 20 Verona con
l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona abbiamo incontrato Jessica Cugini,
giornalista e caporedattrice del
mensile COMBONIFEM Magazine Donna Mondo Missione. Assieme a lei abbiamo dialogato
per cercare di fare chiarezza
sul linguaggio utilizzato dai
mass media per raccontare il
fenomeno dell’immigrazione e
per ribadire, ancora una volta,
quanto sia urgente oggi l’uso
di un linguaggio civile che non
alimenti pregiudizi e discriminazioni.
«Chi ha come strumento le parole non si può permettere di
usarle in modo inconsapevole»
afferma Jessica, riferendosi a
quella lingua che abbandona
la lealtà e la precisione per
«fomentare paure e diffondere
falsità».
Sono tante le “parole sporche”
che trovano spazio nei media
italiani: dai vari appellativi che,
usati senza distinzione alcuna,
discriminano, tra cui il termine
“clandestino”, riferito per parlare di “irregolari” , “richiedenti asilo”, “rifugiati”, “migranti”.
E ancora, prosegue Jessica, i
titoli che promuovono l’etnicizzazione del reato come se
“Rom” debba essere sinonimo
di “furto” e “Zingaro” significhi,
per forza, “ladro di bambini”.
Per non parlare di quella costante “emergenza”, profughi o
migranti per citarne solo due,
che ci ritroviamo a vivere nelle
notizie di giornali e telegiornali:
come può essere “emergenza”
un fenomeno che riusciamo a
prevedere?
Il giornalismo, quello che merita
il nostro rispetto perché civile e
lontano da titoli vergognosi,
«prima che una funzione informativa ha una funzione formativa e dovrebbe ricordarsi che
il racconto ha sempre bisogno
di incontro e conoscenza».
È anche quando il razzismo,
spinto spesso da pregiudizi e
rifiuto all’incontro, si fa largo
tra le righe di un giornale che
si insinua poi dentro di noi. E
le parole sporche finiscono per
definire ciò che siamo.
Chi p arl a male pensa male
«Ma noi non abbiamo scritto
che tutti gli islamici sono terroristi né lo abbiamo pensato
(...) Noi non abbiamo insultato
gli islamici in generale», scrive in un editoriale “riparatore”
Maurizio Belpietro, direttore responsabile di Libero dopo l'indignazione social (e non solo)
che è scaturita a seguito del
titolo “Bastardi Islamici”, in prima pagina sul suo quotidiano
all'indomani del massacro parigino. E ancora: «Noi abbiamo
scritto: Bastardi (sostantivo)
islamici (aggettivo). La lingua
italiana è chiara, non lo è solo
per chi è in malafede e non
vuole vedere la realtà». Suonano grottesche queste giustificazioni che si rifugiano nelle
sottigliezze della grammatica
per fuggire la responsabilità di
un significato. Chi lavora con
le parole le conosce e dovrebbe indovinarne la portata. E infatti il giornalista del fattoquotidiano.it Maso Notarianni ha
sporto denuncia contro il direttore di Libero perché, come
ha riferito a LaPresse «chi ha
fatto quel titolo lo ha fatto con-
sapevolmente e sapendo che
i mezzi di informazione possono influenzare l'opinione di
decine di migliaia di persone:
un titolo criminale che istiga
all'odio». Nelle stesse ore è
partita anche una petizione su
Change.org per chiedere la radiazione di Belpietro dall'Ordine dei Giornalisti che, mentre
scriviamo, ha raggiunto 91mila
firme. In una situazione come
questa nessuna parola, sostantivo o aggettivo che sia, deve
fuorviare e aggiungere altro
alla sintassi dell'odio.
12
FINANZA
13
Distretto bancario veronese, la città si interroga
La possibilità di una «Verona City»
polo finanziario scaligero
di Camilla Pisani
Germano Zanini, direttore della Settimana Veronese della Finanza, in occasione dell'edizione straordinaria del format, lancia l’idea di un polo finanziario cittadino a tre: Banco Popolare, Cattolica e Cariverona. «Abbiamo istituzioni finanziarie che insieme capitalizzano oltre
8,5 miliardi di euro: un patrimonio che, se non si fa nulla, rischia di passare in mani probabilmente straniere». A sposare l’idea di un polo bancario veneto è anche Giulio Pedrollo, presidente di Confindustria Verona che, a margine dell’assemblea generale degli industriali, lo
scorso 9 novembre, ha dichiarato «senza un centro bancario, si brucia la ripresa».
C
osa rimarrà della Verona
capitale della finanza in
Veneto? È questa la domanda che affiora dall’incerto
scenario economico che, oggi,
vede al centro le tre principali
istituzioni finanziarie scaligere: Banco Popolare, Cattolica
Assicurazioni e Fondazione
Cariverona. Se la prima sta
affrontando la travagliata trasformazione da popolare in
Spa, quindi verso una quotazione in borsa che aprirebbe la
possibilità di acquisto di azioni
dall’estero, la compagnia guidata da Paolo Bedoni guarda
con apprensione al futuro di
BpVi, primo azionista del gruppo con il 15%, oggi costretto ad
un aumento di capitale. In tutto
questo si apprende che il presidente uscente di Fondazione
Cariverona Paolo Biasi, prossimo al ritiro, resterà comunque
nella governance della fondazione mettendosi a capo del
fondo distaccato Property. Lo
scorso venerdì 6 novembre,
in Gran Guardia, in occasione
della Settimana Veronese della
Finanza organizzata da Germano Zanini, insieme a Pantheon Magazine e VeronaExpo, si
è potuto riflettere sulle ripercussioni nel sistema finanziario
veronese dei recenti provvedimenti normativi che interessano il settore delle banche Popolari, anche alla luce delle
difficoltà che stanno vivendo
VenetoBanca e Banca Popolare
I relatori della Settimana Veronese della Finanza
di Vicenza. I principali protagonisti dell’economia locale, il sindaco Flavio Tosi, il sottosegretario all’economia, l’On. Enrico
Zanetti, il presidente di Apindustria Arturo Alberti, il presidente di Federmanager Verona
Gianfranco Cicolin e il presidente Compagnia delle Opere
Veneto Luca Castagnetti, sono
stati a chiamati a confrontarsi
sulla possibilità di costituire un
unico polo finanziario veneto:
una «Verona City» che unisca
Banco Popolare e Cattolica, con
Cariverona principale investitore. «Si deve ripartire dalla
città: abbiamo tre importanti
istituzioni finanziarie che insieme capitalizzano oltre 8,5 miliardi di euro distribuiti tra circa
250mila soci - ha spiegato Zanini - un patrimonio che, se non
si fa nulla, rischia di passare in
mani probabilmente straniere.
La Riforma delle Popolari impone a realtà come il Banco Popolare la trasformazione in S.p.A.
ma anche l’eliminazione del
voto capitario e, dopo 2 anni,
del limite del 5% di partecipazione aprendo alla possibilità
che un fondo estero, magari di
Dubai o cinese, possa acquisire
il controllo dell’Istituto. In più,
la Banca Popolare di Vicenza,
che ha il 15% di Cattolica Assicurazioni, dovrà affrontare un
aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro, che ripartito tra
i 114mila soci ammonta a circa
14mila euro a testa. Chi, in un
momento di difficoltà come
questo, sarà in grado di mettere sul piatto questi soldi? Forse,
anche stavolta, un fondo straniero». Di qui, l’appello di Zanini affinché i protagonisti di
questi cambiamenti trovino soluzioni per tutelare il territorio.
«È una riforma che dobbiamo
trasformare in opportunità per
il Sistema Verona ma anche
per la Regione - è intervenuto
il sindaco Tosi - alcune realtà a
noi vicine sono andate in crisi
anche per la forte vicinanza al
territorio che le ha portate ad
assumersi rischi maggiori. Ma
è proprio questa la vocazione
delle banche: non dobbiamo
perdere questo radicamento
perché è ciò che ha portato
Verona ad essere la seconda
realtà finanziaria italiana. In
un contesto di aggregazioni
si va delineando uno scenario
lombardo-veneto che può rafforzare la centralità di Verona,
sia per la sua posizione che per
la capacità di investimento. La
Fondazione Cariverona avrebbe le risorse per fare da pivot
in quest’operazione». Sulle potenzialità di Verona come polo
aggregante ha insistito anche
Zanetti: «La Riforma apre scenari di rischio ma anche grandi
opportunità: se dovesse prevalere il rischio sarebbe il segno
che il sistema precedente era
più votato alla protezione di
se stesso che non alla crescita.
Se Verona saprà fare sistema
avrebbe la forza per dare slancio a quel polo bancario veneto
che altrimenti rischierebbe di
ridursi ad un’aggregazione tra
deboli incapace di fare strada».
Appelli a salvaguardare il patrimonio e il legame con il territorio delle Istituzioni finanziarie veronesi sono giunti anche
dagli altri relatori. «Veniamo da
una cultura basata più sulla cooperazione che sul porre al primo posto costi e benefici - ha
detto Alberti - forse è anacronistico in un mondo globalizzato
avere una banca non completamente aperta alla finanza,
ma per le piccole imprese del
territorio può essere penalizzante soprattutto in termini di
rapporti umani». «A noi basta
riunire 20-30 direttori di filiali
per avere il polso dell’economia
ISOLAMENTO TERMICO
tessuto tecnico progettato per trattenere il calore
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FINANZA
14
15
L'opinione dell'avvocato Manzini
Distretto bancario veronese, la città si interroga
locale e capirne le prospettive
- ha aggiunto Cicolin - prima
andavano a chiedere un affidamento al direttore di banca, lo
conoscevano perché abitavano
vicino casa sua. Oggi si trovano
davanti un operatore che chiede loro “Lei che rating ha?”».
«Per noi il legame tra finanza
e territorio è inscindibile. Servono entrambi: imprese e società civile. La città di Verona è
unica da questo punto di vista,
dovremmo chiederci come sarebbe stata senza le sue istituzioni finanziarie così radicate
nel tessuto locale» ha concluso
Castagnetti.
Paolo Bedoni - presidente Cattolica assicurazioni
Carlo Fratta Pasini - presidente Banco Popolare
Paolo Biasi - presidente Fondazione Cariverona
Per gli industriali l’economia veronese «vola»
Oggi i numeri “che contano”
hanno davanti il segno più: la
produzione industriale (+2,56%
nell’ultimo trimestre rispetto al
precedente), l’export (+5,85%)
e l’occupazione (+1,18%). Dal
palco della 70esima Assemblea generale di Confindustria
Verona dello scorso 9 novembre, ottimisticamente intitolata Volare, si levano sospiri di
sollievo sotto forma di cifre
che, finalmente, testimoniano
un nuovo inizio per l’economia
italiana e veneta. «Siamo in un
momento che anticipa la ripresa - ha detto il presidente di
Confindustria Veneto Roberto
Zuccato - Quest’anno nei primi
tre mesi dell’anno avevamo il
30% delle assunzioni a tempo
indeterminato». Che sia merito del Governo, come ha assicurato il ministro del Lavoro
Giuliano Poletti, rivendicando
il ruolo dell’esecutivo renziano
e del Jobs Act, o della Regione,
come è invece convinto il presidente Luca Zaia («Se l’Italia
cresce è merito del Veneto che
tira: la legge di stabilità crea
14 miliardi di deficit») poco importa. A livello locale, viviamo
il momento migliore da sette
anni a questa parte. A confermarlo è Giulio Pedrollo, presidente di Confindustria Verona
che rivela come, da uno studio
effettuato dalla stessa associazione cittadina, risulti che negli
ultimi due anni, 8 imprese su
10 tra quelle che hanno chiuso
con degli utili, hanno investito nella azienda. «Sono orgoglioso di rappresentare questi
imprenditori - ha commentato
Padrollo - adesso, però, occorre
aumentare la crescita: lo 0,9%
è poco, la Spagna viaggia oltre il 3». E mentre l’economia
viaggia, riconosce il presidente, è la politica a restare ferma:
«L’Amministrazione è bloccata
sulle infrastrutture. Sui giornali
di due anni fa, i temi erano gli
stessi di oggi. Traforo, filobus,
Alta velocità e, sopratutto, lo
sviluppo degli scali Catullo e
Montichiari, come diceva un
mio amico: un chilometro di
strada non porta da nessuna
parte, un chilometro di pista
porta in tutto il mondo».
Fondazione Cariverona: priorità al sociale
Il Consiglio Generale della Fondazione Cariverona ha approvato, all’unanimità, il Documento Programmatico Previsionale
2016 che fissa le linee direttrici
dell’attività istituzionale dell’Ente. I ricavi pari a 65,5 milioni di
euro hanno reso possibile una
previsione dell’avanzo di esercizio 2015 di 52,9 milioni di euro.
Risultano disponibili per l’attività istituzionale 40,3 milioni cui
vanno aggiunti 13,5 milioni per
interventi diretti della Fondazione che portano i fondi complessivi per l’attività istituzionale a
53,8 milioni di euro (+6% rispetto all’anno precedente). A tale
cifra va aggiunto anche l’accantonamento per il volontariato e
per il Fondo iniziative comuni
gestito dall’ACRI che innalza
l’importo a 55,4 milioni. All’interno dei settori di intervento si
è voluto dare priorità al sociale
(Settore Volontariato ed Assistenza agli anziani), cui è destinata una parte significativa
delle complessive disponibilità.
Tra gli altri settori: salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; educazione, istruzione e
formazione; arte, attività e beni
culturali; filantropia e beneficenza; solidarietà internazionale; ricerca scientifica e tecnologica.
R isi k o bancario
qual è la mossa giusta?
di Miryam Scandola
L’avvocato veronese Nicolò Manzini, nell’ultimo anno, è stato incaricato dai Commissari
Straordinari nominati da Bankitalia di promuovere le azioni di responsabilità nei confronti
degli organi di amministrazione e controllo di due BCC venete (BCC Euganea e Credito
Trevigiano). Ne abbiamo approfittato per chiedergli un parere sui temi caldi emersi durante l'edizione straordinaria della Settimana Veronese della Finanza, lo scorso 6 novembre.
A
vvocato, sembra esserci grande fermento nel
mondo bancario. Qual è
la sua opinione?
Stiamo vivendo un momento
che, per il sistema bancario e
finanziario su scala europea,
nazionale, e quindi anche locale, è al tempo stesso storico e cruciale. Storico perché
nel solo 2015 – sotto la spinta
dell’Unione Europea – hanno
preso il via i processi di riforma delle banche popolari, delle Fondazioni e del sistema del
Credito Cooperativo. Cruciale
perché queste importanti riforme rappresentano ad un tempo
un’opportunità ed un rischio. Ci
troviamo però in una fase nella
quale il sistema bancario veneto mostra segnali di debolezza: la componente rischio,
pertanto, assume dimensioni
rilevanti e richiede uno sforzo
di gestione ed intervento del
mondo politico, finanziario e
bancario per evitare di uscirne
con le ossa rotte.
Si spieghi meglio.
I casi della Popolare di Vicenza
e di Veneto Banca e i numerosi
commissariamenti che hanno
interessato le BCC venete – ben
cinque istituti su un totale di 16
– negli ultimi due anni, rendono
evidente come un ripensamento del modello fosse, ormai, indispensabile. La vicinanza della banca al proprio territorio
è un valore importante che va
preservato. Purtroppo in alcuni
casi la stessa vicinanza è stata male interpretata, finendo
Avv. Nicolò Manzini
col favorire interessi non sempre coincidenti con quelli della
banca, dei soci e del tessuto
sociale e imprenditoriale locale. In questo senso, un tratto
comune che mi sembra di poter scorgere nell’attribuzione
delle funzioni di vigilanza alla
BCE per le banche maggiori,
da un lato, e la costituzione
di un sistema “federato” delle BCC così come congegnato
nel progetto di autoriforma,
dall’altro, è la volontà di avere
un controllo decentrato, meno
soggetto a condizionamenti
ambientali. Il che, di per sé, mi
sembra positivo.
Quali sono però i rischi?
Se giocata male, la partita del
Risiko bancario che si sta giocando potrebbe chiudersi con
il venir meno della centralità di
Verona nel panorama finanziario nazionale. Personalmente
mi auguro che Fondazione Cariverona, amministrazioni locali e mondo dell’impresa veronese sappiano trovare il modo
di fare sistema.
16
INTERVISTA
17
CREDITO & IMPRESA
CREDITO & IMPRESA
di
Camilla Pisani
[email protected]
@CamillaOnTW
La nuova generazione
di Apindustria
Cambio dei vertici all’interno del Gruppo Giovani di Apindustria Verona: archiviata l’era di Alessandro Ferrari, il neo eletto presidente è Daniele Maccari, 30 anni, perito industriale
a capo dell’impresa di famiglia OMI BERALDO Srl. Per il prossimo triennio sarà Maccari a guidare gli under40 dell’associazione che riunisce i rappresentanti della piccola e media
impresa scaligera. Noi l'abbiamo intervistato.
I
n quale direzione si svilupperanno i temi di Apindustria
Giovani nel prossimo triennio?
Sarà fondamentale la collaborazione con il mondo delle
scuole e della formazione per
cercare di far crescere i possibili collaboratori validi e preparati da inserire nelle nostre
aziende o, perché no, magari anche nuovi imprenditori.
Spesso come categoria ci lamentiamo della bassa preparazione di chi viene a lavorare
da noi, è il momento di lanciare
proposte concrete per migliorare il sistema. Altrettanto importante è lo sviluppo di network e business fra le aziende
associate ad Apindustria, con
eventi dedicati. Cerchiamo
clienti e fornitori a chilometri
di distanza quando potremmo
scoprire di avere un “vicino di
casa” come possibile partner.
Punteremo anche a favorire il
dialogo con altre associazioni
territoriali di giovani imprenditori, confrontando le esperienze fatte per condividere idee e
progetti che possano portare
alla nascita di nuove importanti iniziative.
I rapporti con enti e istituzioni
vanno rinforzati (o intrapresi)
perché anche l’imprenditoria
“giovane” possa incidere sullo
sviluppo del territorio?
Assolutamente sì, andranno
Daniele Maccari
intrapresi, curati e rafforzati.
Molto spesso sentiamo parlare di voglia di cambiamento o
ringiovanimento degli enti che
gestiscono e sviluppano il territorio veronese: credo che, per
dare il via a questo processo,
serva la presenza di noi giovani imprenditori ai tavoli di discussione più importanti, dove
contribuire con le nostre idee,
iniziative e proposte arricchite
dello spirito giovane e futuristico che ci caratterizza.
Quali sono le attività che avete
in programma come Associazione Giovani?
Daremo seguito alle attività già
avviate e consolidate, come
ad esempio il Premio Verona
Giovani che si terrà a febbraio
2016, evento nato per premiare
chi ha saputo distinguersi nella propria professione valorizzando l’immagine dell’impren-
ditoria veronese e l’iniziativa
L’Imprenditore ci racconta, una
serie di eventi organizzati allo
scopo di agevolare lo scambio di idee ed esperienze da
imprenditore ad imprenditore.
Proprio pochi giorni fa, siamo
stati all’ultimo incontro presso
Hinowa spa.
Tra amministrative e cambio
dei vertici nei Cda più importanti del panorama istituzionale veronese, la città ha davanti
un anno di incognite. Dal vostro punto di vista, dovremmo
aspettarci effetti di qualche tipo
sul mondo imprenditoriale?
Sicuramente ci aspetta un
anno con molte novità e punti interrogativi nel panorama
finanziario territoriale. Banco,
Cattolica e Fondazione Cariverona sono tre istituzioni di
grande rilevanza e sarà proprio il futuro di queste realtà
a determinare ripercussioni,
speriamo positive, sul piano
dell’imprenditoria e dello sviluppo economico e sociale del
territorio veronese.
Un recente studio di Fondazione Nord Est evidenzia come il
Digital Manifacturing sia determinante per il futuro delle
imprese (+70% di produttività
per le aziende che fanno innovazione), è d’accordo? Qual è
il collante che ancora manca
tra azienda e tecnologia?
Il Digital Manufacturing è un
tema di notevole importanza,
proprio qualche settimana fa
allo SMAU di Milano è stata
lanciata una provocazione indicando il digitale come motore di una Terza Rivoluzione
Industriale. E, in effetti, se pensiamo a quanto si sono ridotti
i costi o semplificate le gestioni di alcune attività aziendali proprio grazie alle nuove
tecnologie, possiamo parlare
di enormi cambiamenti. Guardando al futuro e ai prossimi
anni credo che, se vogliamo
risultare interessanti sul mercato internazionale, aziende,
tecnologia e innovazione dovranno viaggiare in parallelo.
Gli imprenditori non dovranno accontentarsi ma cercare
di migliorare e investire nella
ricerca per rendere la propria
attività sempre più appetibile.
Che altro portano in dote le
imprese del territorio per poter agganciare la ripresa e
come la “visione giovane” di
questa imprenditoria può influire?
La voglia di non arrendersi da-
vanti a nessuna difficoltà o imprevisto e la determinazione
di continuare a credere nella
propria azienda e nel proprio
progetto, non lasciandosi intimorire da una situazione
economica e politica confusa.
Questa virtù è scritta nel nostro DNA e, sommata alla visione sognatrice di noi giovani imprenditori, nonostante le
incertezze riusciremo sicuramente a portare un importante contributo non solo alla crescita delle nostre aziende ma
anche del territorio veronese.
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Tutti i numeri di un successo anche veronese
NETWORK
VeronaExpo premia Veronafiere
da sinistra: Scolari, Beghini, Rossini, Bruno e Scotti
Expo, com'è finita
di Miryam Scandola
Scatoloni, transenne e cancelli chiusi. I giorni dell'Esposizione sono volati via veloci. Finite le ore di attesa, dimenticate le serpentine davanti agli ingressi dei padiglioni imperdibili; non è vero che c'è sempre nostalgia quando finisce qualcosa. C'è quando quello che
giunge al termine ha lasciato il segno.
«
L
'Italia ha vinto la sfida», ne è
sicuro il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,
perché alla fine, è così. Ci siamo
riusciti. In pochi ci avrebbero
scommesso, quando a maggio
l’Expo ha aperto i battenti, eppure, numeri alla mano, i 20 milioni di visitatori auspicati sono
arrivati tutti.
Expo Milano 2015 è stato un
evento straordinario, partito in
sordina, ma conclusosi nel miglior modo possibile: i dati ufficiali parlano di 21,5 milioni di
persone ad aver varcato i cancelli, di cui almeno 6,5 provenienti dall’estero, e più o meno
tutte sono rimaste soddisfatte
dalla loro visita al sito espositivo
(code a parte).
Con orgoglio tutto italiano, vogliamo mettere in fila tutte le
cifre che hanno fatto di questo
grande evento un record: 300
visite istituzionali, la presenza
di 60 Capi di Stato o di Governo e ventimila impiegati e volontari addetti al sito animato
da 140 Stati partecipanti, dei
quali 54 con padiglioni propri
oltre 70 nei nove cluster, ma anche tre organizzazioni internazionali.
Ma l’Expo ha avuto anche il
merito di creare sul territorio
italiano una serie di realtà, di
relazioni e di opportunità che
altrimenti non avrebbero avuto
modo di esistere.
E anche Verona è stata protagonista di questa esperienza
importantissima.
VeronaExpo infatti è nata proprio con l’intenzione di tradurre
nel territorio veronese le mille
opportunità che l’Esposizione
Universale è riuscita a creare.
Con i suoi 45 soci, 6 patrocini
istituzionali (tra cui quello prestigioso di Expo Milano) e molti
partner operativi, ma anche 40
giovani veronesi coinvolti col
progetto Volontari per VeronaExpo, oltre 50 pullman partiti
dalla nostra città verso Expo Milano, 42 eventi patrocinati a Verona e provincia e più di 2500
tra biglietti/pacchetti viaggio
venduti per Milano, l’ATS può
dire di essere riuscita nell’intento.
Per celebrare questo successo
incredibile, l’ATS ha festeggiato la chiusura dei lavori di Expo
con una serata di Gala che il 30
ottobre ha regalato a tutti i soci
e gli amici di VeronaExpo un
momento di grande festa. Tra le
note frizzanti della Jazz Set Orchestra che ha reso l'atmosfera
indimenticabile, c'è stato anche modo, grazie all'intervento
dell'amministratore delegato di
Infoval Vincenzo Scotti, di confrontarsi con il nuovo progetto
di network territoriale permanente nel quale l'ATS ha scelto
di evolvere.
Nella splendida cornice di Corte
San Felice, è stato anche consegnato il premio VeronaExpo a
Veronafiere, per il suo impegno
durante l’Esposizione Universale, che ha fatto del padiglione
Vino – A taste of Italy uno dei
più apprezzati. Come testimo-
nia, tra l'altro, il riconoscimento
che l'Ente fieristico scaligero
ha ritirato nei medesimi giorni
anche all'Expo di Milano. «Con
il Padiglione del Vino abbiamo
mostrato al mondo la forza di
questo settore, fatta di passione,
storia e di una fortissima spinta all'innovazione», con queste
parole il ministro delle Politiche
agricole alimentari e forestali,
Maurizio Martina ha confermato la piena riuscita della presenza di Veronafiere all'Esposizione Universale. Expo, come ha
ricordato il direttore generale
dell'ente Giovanni Mantovani,
«prima di tutto, è stato un grande risultato per la Fiera di Verona e in particolare per Vinitaly,
ma non solo: anche per tutte
le manifestazioni che organizziamo a Verona. Oltre 2 milioni
di visitatori in 6 mesi vuol dire
aver aperto nuove interessanti
relazioni internazionali che saranno a servizio di Verona, di
A Natale fai
lievitare la bontà!
Alle porte di Verona quattro ragazzi,
da sempre in fermento, hanno creato
Infermentum, laboratorio artigianale di bontà
dolci e salate, tutte a lievitazione naturale.
Sono delizie soffici e gustose, che ispirano
il sorriso. A Natale, regala dolcezza.
Il Panettone Tradizionale
Il Panettone Glassato
Il Panettone al Cioccolato
Il Panettone Fichi, Mele e Noci
Vinitaly e di tutte la manifestazioni in città, e credo anche che
abbiano affermato il ruolo della
nostra fiera e della nostra città
soprattutto nel settore agroalimentare, la cui visibilità è andata oltre quello che avevamo raggiunto». Oltre alla consegna del
premio VeronaExpo, la serata
ha visto la premiazione di tutti
i soci e dei volontari, che negli
ultimi mesi hanno unito le forze per fare dell’ATS VeronaExpo
trovi?
e ci su
Dov
o
il
r
p
m.it
Sco
entu
nferm
.i
w
ww
un’esperienza di successo.
E gli sforzi fatti finora non andranno dispersi con la fine di
Expo: l’ATS difatti sta moltiplicando le energie per evolvere
in un network permanente e
trasversale, che sappia offrire
occasioni di sinergia in un'ottica
di piena valorizzazione del territorio. Perché nella nuova narrazione di una Milano che riesce,
di un'Italia che non rinuncia, c'è
posto anche per la nostra città.
Ti aspettiamo in laboratorio:
Via Copernico 40
37023 Stallavena di Grezzana (VR)
Ogni sabato dal 21 novembre,
dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30
Per info: 338 7257774
20
NETWORK
Verona Expo Net work
l’ eredità veronese dell’ E sposizione U niversale
di Miryam Scandola
Dall’impegno sul territorio con la Carta di Verona, al coinvolgimento di istituzioni, aziende
e cittadini all’interno di un network territoriale permanente per accrescere relazioni, sinergie e opportunità commerciali.
L
’Esposizione
Universale
2015 è terminata. La sua
eredità rimane e si farà
sentire a lungo, anche a livello
locale. Proprio grazie ad Expo
Milano 2015, in molte città vicine al capoluogo lombardo,
come Como, Bergamo, Brescia,
Mantova, sono nate negli ultimi
tre anni delle reti territoriali attive che hanno prodotto risultati concreti e significativi sul
territorio. Anche la nostra Verona ha cercato più di un anno
fa di organizzarsi e di farsi
trovare pronta, o comunque ricettiva, nei confronti di questo
grande evento internazionale
con la nascita dell’Associazione Temporanea di Scopo VeronaExpo.
E così come è successo negli altri capoluoghi e nelle altre città
d’Italia, pure a Verona, utilizzando una similitudine, si sono
generate quelle onde concentriche di energia e movimento
che si propagano verso l’esterno come quando gettiamo un
grande sasso (l’Expo, ndr) in
uno stagno fermo. L’esperienza eterogenea di 45 soci che
si sono uniti un anno fa nell’associazione VeronaExpo ricorda proprio questa immagine.
Molte realtà, molte associazioni, molte aziende, pur non
avendo chiaro alla vigilia cosa
fosse l’Expo e quali reali effetti
avrebbe avuto a livello locale,
si sono mosse, si sono attivate,
alimentando e rimpolpando i
palinsesti di appuntamenti, di
serate, di incontri, inaugurando
canali di comunicazione nuovi, creando relazioni, sinergie,
30 ottobre, presentazione VeronaExpo Network presso Corte San Felice
21
Valpantena
più sicura
PER IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI
PRESSO
Via Colonia Orfani di Guerra, 5, 37142 Quinto VR
CANTINA VALPANTENA
SALUTI ISTITUZIONALI
Flavio Tosi *
Sindaco di Verona
INTERVENGONO
Colonnello Pietro Oresta *
Comandante Provinciale
dell’Arma dei Carabinieri
Roberto De Razza Planelli
Comandante stazione Carabinieri
di Grezzana
Andrea Massimo Cavestro
Fondatore Gruppo
“Valpantena più Sicura!!!”
GIOVEDI 26 NOVEMBRE
ORE
20.30
Simone Bellamoli
Portavoce Gruppo
“Valpantena più Sicura!!!”
Paolo Garra
Sindaco di Cerro Veronese
Avv. Francesca Milazzo
Avv. Filippo Vicentini
MODERATORE della serata
Matteo Scolari
Direttore Rivista Pantheon
i nostri bambini guardano la nostra vallata... per loro è il posto
più bello e sicuro del mondo, sono felici e devono continuare
ad esserlo!!! Spetta a noi fare in modo sia veramente cosi!!!
scambi e condivisioni. L’Expo
di Milano ha davvero rimesso
in moto le menti e l’entusiasmo
della gente.
E sull’onda di questo entusiasmo sarebbe stato un peccato
lasciar decadere un patrimonio
umano e, appunto, di relazioni,
messo in piedi per l’occasione.
Ecco, quindi, l’idea del network
permanente, di una struttura
che nasce dall’esperienza appena conclusa e che è in grado
di alimentare costantemente
una rete di contatti istituzionali e aziendali coinvolgendo
e rendendo partecipe tutto il
tessuto economico e sociale,
quindi i cittadini, in un percorso di crescita territoriale.
L’impegno preso a Milano da
VeronaExpo con la Carta di
Verona si sta già traducendo
con serate di approfondimento
su alcuni temi cardine del presente e del futuro. Già realizzati incontri sull’agroalimentare
con l’On. Paolo De Castro, sulla
finanza con il sottosegretario
all’Economia Enrico Zanetti e
sulla sicurezza con il prossimo
appuntamento del 26 novembre in Cantina Valpantena.
VeronaExpo Network è già una
realtà, e già questa è una bella
eredità lasciata da Expo.
* in attesa di conferma
VER NA
22
INTERVISTA
23
AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE
JIM RICHARDSON per National Geographic - Siby, Mali
Sékou Camara fa essiccare il mais
AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE
di
Matteo Bellamoli
[email protected]
@MatteoBellamoli
Verso la sostenibilità
intensiva
Sembra un paradosso eppure potrebbe essere l’unica via
per garantire una produzione alimentare sufficiente a soddisfare la domanda in rapida crescita senza appesantire
ulteriormente un ambiente già asfissiato. Ne abbiamo parlato con Paolo De Castro, Europarlamentare in Commissione Agricoltura e Sviluppo alla presentazione del suo ultimo
saggio Cibo. La sfida globale.
S
ei mesi in cui l’agricoltura
è stata al centro del dibattito mondiale insieme alla
sostenibilità e all’alimentazione. La domanda che ora tutti si
pongono è: come dare continuità ai messaggi di Expo Milano
2015 sulla strada di una crescita agroalimentare bilanciata e
coerente con il fabbisogno del
mondo. Un’impresa se pensiamo alla stretta attualità, con
l’UE e gli USA che ancora non
riescono a trovare l’accordo definitivo sul TTIP (Transatlantic
Trade and Investment Partnership, ndr) che secondo alcu-
L’impronta sostenibile
del Mediterraneo
26 ottobre 2015. Barcellona. La
Global Footprint Network lancia un altro allarme: nessuno
dei 24 Paesi dell’area mediterranea raggiunge gli obiettivi
minimi per una crescita sostenibile. Lo sfruttamento delle risorse della terra è troppo
alto. L’Italia è la pecora nera
del gruppo: sfruttiamo troppo
rispetto a quello di cui disponiamo. Roma richiede un terzo
delle risorse naturali rinnovabili dell’Italia, pur con una popolazione che raggiunge solo
il 7% della popolazione nazionale. La ragione è anche nelle
abitudini alimentari e nel graduale abbandono della nostra
dieta mediterranea in favore
di abitudini alimentari diffuse
anche nel resto del mondo. Per
quanto tempo potremo continuare a questo regime?
On. Paolo De Castro
ni farà fare un salto di qualità
all’economia europea su scala
mondiale, mentre oltre duecentomila persone hanno sfilato
sotto la Porta di Brandeburgo
per chiedere la sospensione
delle trattative. Questo storico accordo (dovrebbe essere
chiuso nei primi mesi del 2016,
ndr) renderà molto più facili gli
scambi economici tra Europa e
Stati Uniti. A livello alimentare
e agricolo si insegue la strada
del livellamento normativo sia
per quanto riguarda la produzione, sia per quanto riguarda,
ad esempio, i controlli di qualità
prima e durante la coltivazione.
A preoccupare una buona parte della popolazione è il fatto
che questo accordo potrebbe
innalzare ulteriormente il nostro
sfruttamento del suolo, già eccessivamente alto.
Si inserisce in questo dibattito
anche l’ultimo saggio di Paolo
De Castro Cibo. La Sfida Globale. Abbiamo incontrato l’Euro-
parlamentare italiano in Commissione Agricoltura e Sviluppo
alla presentazione del suo ultimo lavoro a Villa Ca’ Vendri, lo
scorso 22 ottobre. Un saggio
chiave per interpretare le dinamiche di sviluppo del comparto
agricolo e alimentare nel dopo
Expo.
On. De Castro, l’idea di scrivere
questo saggio nasce prima o
dopo Expo?
Prima. Nasce nel 2011 quando
scrissi “Corsa alla terra”. Tutto parte dal sorpasso, all’inizio
degli anni Duemila, del tasso di
crescita della domanda sull’offerta. Questo enorme cambiamento ha generato a cascata
una serie di scompensi ai quali
non eravamo preparati. La produzione agricola per decenni
ha superato la domanda, generando eccedenze e surplus,
oggi succede il contrario.
Abbiamo modo di invertire
questa tendenza?
Provocatoriamente dovremmo
puntare all’intesivizzazione della sostenibilità. Siamo abituati
a parlare di agricoltura intensiva, mentre dovremmo, invece,
lavorare per trasformare le coltivazioni e le produzioni sostenibili in uno standard diffuso a
livello planetario.
Per la prima volta, ad Expo Milano 2015, all’interno dei cluster
abbiamo visto Paesi in via di
sviluppo presentare le loro tipicità agricole come una risorsa. Tipicità sulle quali basano i
propri orizzonti di crescita per
il futuro. Ce la potranno fare da
soli?
Alla luce di questa crescita
esponenziale della domanda, il
mercato non mancherà nemmeno per questi Paesi. Poi però
bisogna fare in modo che la
produzione giunga nei luoghi in
cui può essere valorizzata, dove
i prezzi possono pagare gli
agricoltori che hanno prodotto
i beni. Il mondo è complicato,
chiede più cibo ma a prezzi che
i consumatori e il territorio sono
in grado di pagare. Quindi un
conto è il riconoscimento della
qualità, altra cosa è la capacità
di esportare.
Quindi saranno i piccoli a dover
fare i grandi, o i grandi a dover
fare i piccoli?
Non è un fatto di dimensione.
Si rischia di tradurre piccolo
con bene e grande con male. Ci
sono strutture produttive piccolissime in grado di generare
reddito. Pensiamo alle mele in
Trentino, ad esempio. La capacità di successo è insita nella
capacità organizzativa. Da qui
dipende il successo o meno di
un prodotto.
On. De Castro, un’ultima domanda. Quale sarà l’eredità
agricola di Expo...
L’Esposizione Universale ha
accresciuto la consapevolezza
diffusa, tra i cittadini, di questi
temi che fino a qualche mese
fa sembravano troppo difficili,
riservati a studiosi ed esperti
in materia. Conoscere questi
squilibri è fondamentale per
cercare di superarli. Dietro a
questi scompensi spesso ci
sono guerre guidate dalla mancanza di prodotti alimentari o
dall’impennata dei prezzi. La
conoscenza potrà generare delle soluzioni.
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EXPO Premiata la scuola primaria di S. Maria in Stelle
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ACLI Apre il Circolo Nord-Est
“Prendiamoci cura del mondo
M angiamo sano , e non sprechiamo ! ”
di Francesca Mauli
Con questo slogan, e una foto che fa sorridere e insieme riflettere, la scuola primaria
“Caliari” di S. Maria in Stelle è stata premiata ad Expo nell’ambito del concorso nazionale
“Cibo per tutti, è compito nostro”, promosso da Caritas e MIUR.
La missione: essere ancora
più vicini ai cittadini
Con l’apertura del nuovo circolo, ACLI Verona fa un altro passo in avanti verso la cittadinanza: il Circolo ACLI Nord-Est metterà a disposizione i suoi molti servizi per tutta la zona
della 6^, 7^ e 8^ circoscrizione, San Martino Buon Albergo e Lessinia.
A
ndare a scuola
significa conoscere e imparare, non solo l’italiano, la matematica,
le lingue straniere,
ma anche a sviluppare un senso civico e critico che farà
dei bambini di oggi
gli adulti di domani.
Sull’onda di Expo, in
molti istituti italiani
si è iniziato a parlare anche di cibo,
di buona alimentazione e di lotta allo
spreco, spingendo
bambini e ragazzi
a riflettere sul significato di questi
concetti e sulla loro
importanza.
Su queste tematiche hanno lavorato
anche gli alunni della scuola primaria “Pietro Caliari” di
Santa Maria in Stelle, vincitori
della sezione “sprechi alimentari” del concorso fotografico nazionale “Cibo per tutti,
è compito nostro”, indetto dal
Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca (Miur) e
da Caritas Italiana con l’obiettivo di promuovere consapevolezza e impegno educativo
sugli squilibri del pianeta. La
fotografia vincitrice, premiata lo scorso 17 ottobre a Expo
in occasione della “Giornata
internazionale contro la povertà”, è una delle tappe del
percorso interdisciplinare che
le insegnanti Daniela Pellegrini
e Nadia Neri stanno portando
di Chiara Boni
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C
avanti da anni con le colleghe
e gli alunni della “Caliari”.
«La scuola “Caliari”, che fa
parte dell’Istituto Comprensivo
Valpantena, - spiega la Dirigente Scolastica Nicoletta Morbioli - da sempre propone attività
per sensibilizzare gli alunni su
specifiche tematiche della sostenibilità ambientale, sociale
ed economica. Gli alunni, infatti, seguendo i suggerimenti del
calendario e dei nonni, hanno
coltivato verdure e piantine nel
loro orto scolastico, assaporando poi i prodotti raccolti. Si
sono impegnati a diminuire lo
spreco di acqua e di cibo durante la mensa scolastica, oltre a riflettere sull’importanza
dell’acqua come bene comune.
L’intera scuola ha aderito inoltre al progetto EASE, promosso
dal Comune di Verona per una
scuola ecologica e sostenibile,
e al progetto nazionale “Frutta nelle scuole”, il programma
europeo finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini e ad
attuare iniziative che supportino più corrette abitudini alimentari e una nutrizione maggiormente equilibrata proprio
nella fase in cui si formano le
loro abitudini alimentari». Percorsi particolarmente preziosi,
se si pensa che per la maggior
parte degli alunni la scoperta
delle corrette abitudini a tavola inizia proprio tra i banchi di
scuola.
on oltre un milione di
iscritti, circa 3 milioni di
italiani che usufruiscono
dei servizi, attraverso le oltre
7800 strutture territoriali, tra
cui 3.500 circoli, 106 sedi provinciali e 21 regionali, le ACLI,
Associazioni Cristiani Lavoratori Italiani, da sempre sono
sul territorio per promuovere
opere al servizio della società, o meglio di «una società in
cui ognuno avrà il suo posto e
la sua dignità». Sono a Verona
da oltre mezzo secolo, ma il loro
impegno non si ferma: è infatti
da poco stato costituito il Circolo ACLI Nord-Est, con sede in
Piazza Frugose 4. Il nuovo circolo, che prende l’avvio grazie
alla Federazione Anziani e Pensionati di Verona e il Patronato
ACLI di Verona, sarà un punto
di riferimento per la zona della
6^, 7^ e 8^ circoscrizione, San
Martino Buon Albergo e tutta la
Lessinia. Tantissimi i servizi che
questo neonato circolo mette a
disposizione dei cittadini: il patronato ACLI, in particolare, fornisce informazione, consulenza
e tutela in merito a questioni
previdenziali ed assistenziali a
livello nazionale ed internazionale, malattie professionali ed
infortuni sul lavoro, invalidità
civili e trattamenti di famiglia,
assistenza socio-sanitaria, tutela lavoro, rinnovo e rilascio del
permesso di soggiorno, cittadinanze e ricongiungimenti familiari. Alle ACLI ci si può quindi
rivolgere per problemi relativi a pensioni, assegni sociali e
di mantenimento, permessi di
soggiorno o richieste di cittadinanza, ricorsi e contenziosi
legali, ma anche per avere assistenza alla compilazione e alla
gestione delle pratiche per l’assunzione e gestione completa
del contratto Colf ed assistenti
familiari. Oltre a tutti i servizi
già messi a servizio dei cittadini, ACLI Verona si è fatta promotrice anche di un altro im-
portante progetto: “Sprigiona
Lavoro”, iniziativa ideata dalla
storica associazione di volontariato scaligera La Fraternità
che, ormai da decenni, si occupa del mondo della giustizia.
“Sprigiona Lavoro” si occupa
di raccogliere in un database
le competenze lavorative dei
detenuti del carcere di Montorio vicini alla scarcerazione. Il
database in questione è consultabile dalle aziende e dalle
imprese del territorio, che possono così scegliere le persone
più adatte da assumere nel proprio organico.
Il progetto mira all’inserimento lavorativo dei detenuti che
vivono la delicata fase di passaggio tra la conclusione della pena detentiva e il ritorno
in società, per fare il possibile
perché chi ha avuto guai con la
legge non ci ricaschi, ma eviti
invece ogni recidiva e aderisca
ai valori del rispetto degli altri e
delle norme.
26
INTERVISTA
27
INTRAPRENDENZA femminile
intraprendenza femminile
di
Miryam Scandola
[email protected]
@miryamscandola
L
unga gonna verde e occhi intensi. Lei, ti ammalia subito. «Quella sorta di
molteplicità che ha finito per
caratterizzare la mia vita» è,
forse, l'ingrediente che rende
Lella Costa, immediatamente,
irresistibile.
Femminista, ma senza scomodare gli stereotipi. Scrittrice
(Che bello essere noi per Piemme, è la sua ultima fatica, ndr)
solo perché «scrivere romanzi
significa prendersi cura degli
altri». Ma anche icona del teatro civile, capace negli anni di
sensibilizzare uomini e donne
rispetto alla figura femminile
nel mondo contemporaneo.
L'ironia per lei, come per Romain Gary, è una dichiarazione
di dignità. «È un modo più lieve
e quindi più facile per comunicare le cose importanti». Per
questo lei la usa così, da maestra, anche nei temi grandi.
Ambasciatrice a Expo Milano
e appassionata del piatto imprescindibile di ogni tavola invernale, ha scritto Minestrina
(Slow Food) perché «avere un
po’ di senso buono del bene
comune può passare anche
attraverso cose semplici come
la minestrina». Difende le trasgressioni, quelle «fatte contro
le regole sbagliate», e poi cita
l'Antigone per dire che ci sono
Gherardo Colombo e Lella Costa in Gran Guardia
«Dietro un grande uomo?
C'è una donna stupefatta››
Lella Costa, attrice e scrittrice, è intervenuta il 19 ottobre
scorso all'incontro “Libertà, regole e trasgressioni” con l'ex
magistrato e giudice della Cassazione, Gherardo Colombo. Il
loro dibattito, che ha animato con seria ironia il Palazzo della
Gran Guardia, si è inserito in uno di quei momenti “amati e
richiesti” di riflessione dei quali si fanno da tempo promotori
l'associazione Prospettiva Famiglia e la rete di scuole “Scuola e Territorio: Educare insieme”. Noi l'abbiamo intervistata.
Lella Costa
obblighi che hanno a che fare
con qualcosa di più profondo e
che sono in vigore «non da ieri,
non da oggi e nessuno sa dove
abbiano attinto il loro splendore». Noi l'abbiamo intervistata
per capire se queste due parole, donne e diritto, stiano davvero sulla stessa riga anche
nella vita.
Cos'è per lei la libertà?
Dovremmo stare qui a parlarne fino a dicembre. Per definirla non basta un mese e neanche una vita. Credo che sia uno
di quei beni comuni che non
possano esistere se non sono
comuni. È come per il discorso della felicità, funziona se è
condivisa.
Le regole sono limite o soglia?
Le regole sono la fonte delle
nostre possibilità. Ma devono
essere poche, molto chiare e
non negoziabili. Poche certezze e un numero preciso di
diritti che non possono essere ridiscussi in continuazione;
questa è la ricetta. E poi conta
l'esempio. Trasmettiamo attraverso quello che facciamo. E,
alla fine, anche se si insegna
l'ipocrisia vince il comportamento.
Con lei, paladina non scontata,
non possiamo che parlare di
donne. Come siamo messi con
la questione femminile?
Credo che le pari opportunità
non abbiano a che fare solo
con il maschile o con il femminile, ma con qualcosa di
più profondo. C'è la diffusa e
dolorosa opinione per la quale le questioni rosa debbano
per forza riguardare solo le
donne. Non è vero, è una questione che c'entra con l'umanità. Vuol dire battersi per un
mondo migliore per tutti, non
solo per le donne. Non riesco
a capire come maggiori diritti possano ledere qualcuno.
Il maschile nella società vive,
da anni, di una rendita di posizione. Mentre, per noi, ogni
conquista va contrattata. Noi
stesse, bisogna riconoscerlo,
abbiamo interiorizzato queste
regole dissennate con ingiusta
quiescenza.
Credo che il punto di vista
femminile sia il contributo indispensabile di cui il Pianeta non
può fare a meno in questo momento. Il 70 per cento del pubblico dei teatri stabili è donna,
per non parlare della schiacciante vittoria delle lettrici sui
lettori; sono dati che qualcosa
dicono. Quello che mi sembra
estenuante nella sua stupidità
è che questi talenti non vengano mai valorizzati.
La Fallaci nel suo Sesso Inutile
diceva che non abbiamo possibilità di essere veramente
felici, noi donne. Forse, perché
non possiamo esistere senza
appartenere ad un ruolo predefinito...
Perché le donne non possono
avere tutto, mi chiede? Perché nessun essere umano può
avere tutto. La donna ne soffre perchè è sempre rimasta
dietro l'uomo. Quello è il luogo dove la storia l'ha relegata.
Non poteva esprimersi, non
poteva produrre arte, non parliamo poi di ricoprire ruoli di
comando o di potere. Poi dopo
i primi successi, si è iniziato a
riconoscere che dietro ad un
grande uomo c’è sempre una
grande donna. Oggi si potrebbe affermare che dietro ad un
grande uomo c’è sempre una
donna stupefatta. Stupefatta
anche solo perché la società ha scambiato il suo per un
grand’uomo.
«Noi non siamo uguali, ma dobbiamo avere
possibilità uguali».
Tra mancate assunzioni,
carriere ferme e ricatti sulle gravidanze, l'Ue, con una
recente indagine, ha sottolineato un altro aspetto
nella questione di genere
nel mondo del lavoro: gli stipendi. A parità di incarichi e
ruoli, le lavoratrici femmine
fanno esattamente 59 giorni
gratis. Fa effetto "contarla"
così la differenza, ossia quel
16,3% che nella media europea separa i guadagni maschili da quelli femminili.
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28
INTERVISTA
29
IL PERSONAGGIO
di
Giorgia Castagna
[email protected]
@CastaGiorgia
S
Come sarà garantita la fruibilità della cava?
Semplice, da una rampa, una
nuova struttura effimera che
andrà ad attraversare l’edificio,
che da una quota di +6 m rispetto il piano di cava, scende-
Le cave della Lessinia
si trasformano
Alla ricerca del recupero e della salvaguardia del nostro territorio ci hanno pensato in tanti ma a crearne un progetto
degno di ricevere ben due premi, quello indetto da Marmomacc e quello di “Vivi la Valpolicella”, ci ha pensato lui, Francesco Zardini, giovane architetto veronese che ha saputo
guardare oltre delle semplici cave.
Architetto
Francesco
Zardini
rivitalizzazione e dall’altra il
riciclo di una cava in via di dismissione.
Ci parli del progetto di rivalutazione della cava “Loffa” di
Sant’Anna d’Alfaedo.
La cava oggetto del riciclo è
composta di sei lotti diversi
la cui estensione totale è di
40700 m2 da cui viene estratta
la famosa Pietra di Prun. Essa,
da sistema chiuso e inaccessibile dovrà diventare un dispositivo aperto ed ospitale e da
realtà rifiutata e inquinata si
trasformerà in un luogo reclamato e riciclato.
In che modo?
Alla fine del processo di scavo
il volume estratto totale sarà di
222500 m3 ma, tenendo conto
che su 100% di pietra estratta circa il 30-40% è scarto, e
questo, una volta movimentato aumenta il proprio volume
del 70%, avremo un volume di
scarti totale pari a 113475 m3.
Il progetto, basandosi su di
una forte idea di sostenibilità,
si propone di riutilizzare tutti
questi scarti all’interno dell’area di progetto, la cava stessa,
evitando così che debbano essere trasportati in discariche
apposite da camion che andrebbero a congestionare il sistema di traffico della Lessinia
e della Valpolicella.
E l’interno come è stato pensato?
Lì si andrà a generare un volume plastico che, per triangolazioni e allineamenti, colonizza
i fronti di cava generando così
una nuova morfologia, un paesaggio costruito sulle rovine di
quello precedente. Gli scarti si
comporranno in enormi dune
che garantiranno la percorribilità e la sicurezza del sito. Il
nuovo processo di escavazione in itinere permetterà il riciclo dello spazio scavato e dei
materiali scartati. I macchinari
già presenti in loco permetteranno la frantumazione delle
pietre secondo diverse granulometrie che garantiranno la
stabilità dei nuovi terrapieni.
Alla fine del processo estrattivo anche la fabbrica a servizio
della cava, che si trova al suo
interno, come scarto del processo produttivo, sarà riciclata
e rivitalizzata per ospitare funzioni a servizio della fruizione
del paesaggio. La fabbrica diventerà una scatola per vedere
il paesaggio, un cannocchiale
in posizione privilegiata.
Alcune
immagini
del progetto
rà fino al piazzale permettendo un’esperienza di paesaggio
unica e privilegiata. Come alla
scala del paesaggio, la rampa si srotola come un nastro,
diventando una promenade
architecturale, una struttura che indirizza e scandisce il
movimento e lo sguardo verso
l’esterno; tale rampa sarà realizzata in acciaio Corten riciclato di derivazione industriale
e navale. Le altre funzioni, invece, saranno contenute all’interno di un “muro spesso” che
si compone come una scatola
nella scatola. Per esaltare ancora di più il materiale, e mi
riferisco alla Pietra di Prun ho
poi pensato di inserire gli scarti in gabbioni di rete metallica per costituire una seconda
pelle per l’edificio, per esaltare
ancora di più la condizione di
paesaggio reclamato.
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e quelle che fino a poco
tempo fa vedevamo essere solo delle inutili cave
dismesse prendessero forma
per diventare una fantastica
attrazione turistica, tutto cambierebbe. Ad immaginarselo
per primo ci ha pensato Francesco che su questa idea ha
realizzato la sua tesi di laurea
“I paesaggi della Valpolicella
e della Lessinia. Fondamenti teorici e ipotesi progettuali
per i paesaggi dello scarto”.
Lo sfruttamento delle risorse
naturali è da sempre una tra le
cause principali della modifica
del paesaggio sia in Valpolicella che in Lessinia dove il nostro
territorio è sottoposto ad uno
sfruttamento, talvolta quasi incontrollato, sia di risorse naturali sia di superficie. Su questa
idea Francesco ha srotolato
il suo progetto per «ridare un
senso a questi luoghi scartati
creando un fil rouge che descriva un percorso di esperienza del paesaggio».
A quali paesaggi ha pensato?
Su quella che amo definire la
promenade paysagère (passeggiata del paesaggio, ndr)
si localizzano terrazzamenti,
forti, contrade e cave. Ho così
immaginato di proporre due
diversi processi di riciclo del
paesaggio: da una parte i terrazzamenti con un computo
del patrimonio esistente e la
proposta di piccole azioni di
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Il Verona FabLab
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raddoppia e apre in centro
Lo scorso 22 ottobre, l'associazione nata in Valpantena ha
inaugurato la sua seconda sede negli spazi di un'altra realtà
scaligera estremamente innovativa, Lino’s Type. Per Verona
FabLab un bis quasi obbligato dal successo delle adesioni e
dai tanti progetti in cantiere.
V
icolo Valle numero 9.
Segnatevi su un pezzo
di carta questo indirizzo. Ora inseritelo sulle mappe
del vostro smartphone. Fatto?
Bene, ora sapete che a cinquanta metri dal Teatro Ristori
e a poco più di cinque minuti
da piazza Bra è stata aperta
la seconda sede dell’Associazione Verona FabLab. Una novità importante per i makers
veronesi che ora potranno
usufruire di un nuovo spazio
proprio in centro città. Tra
corsi, workshop e lavorazioni
si cerca di affrontare sempre
le aree di interesse dei potenziali partecipanti: questo
è l'atteggiamento vincente
dell'associazione originaria di
Grezzana. Formula tanto semplice, quanto assolutamente
efficace come testimonia il
numero sempre in crescita
degli associati. Durante l’inaugurazione dello scorso ottobre, abbiamo scambiato qualche battuta con il presidente
dell’associazione,
Riccardo
Bertagnoli.
La prima domanda è abbastanza scontata, questa nuova sede è stata aperta per necessità o per…
Più che necessità, direi per
richiesta dei nostri associati.
Siamo ormai quasi a quota
400 (in un anno e mezzo di
vita, ndr) e una buona parte
di questi sono residenti nella
provincia di Verona. Grezzana
La serata di inaugurazione
è comoda, ma non comodissima. Abbiamo fatto un sondaggio all’open day dello scorso
settembre chiedendo ai partecipanti dove avrebbero preferito frequentare i workshop,
le serate e i corsi dando loro
tre opzioni: Grezzana, Verona
o entrambe senza distinzione.
I risultati sono stati abbastanza equivalenti; poco più della
metà ha dichiarato che potevano andare bene entrambi,
la restante percentuale ha
chiesto di farli a Verona».
Quindi vi siete adoperati di
conseguenza..
Sì, avevamo già preso contatto con la realtà di Lino’s
Type e quando abbiamo visto
che c’era tutta questa richiesta, sono stati i primi con cui
abbiamo parlato per questo
possibile trasferimento. Con
Matteo, Tommaso, Nicola, Stefano e tutti gli altri, «parliamo
la stessa lingua» in termini di
cooperazione; una collabora-
zione che porterà sicuramente beneficio sia a noi come
FabLab che alla società Lino’s.
Parla del trasferimento, a
Grezzana non è più attiva l’associazione?
Grezzana c’è e rimane la sede
principale dove poter trovare
i macchinari più grandi come
la fresa e il taglio laser, oltre
al laboratorio di sartoria e ai
banchi d’elettronica. Questa
sede cittadina è la seconda dell’associazione. Abbiamo già avviato dei corsi che
si svolgeranno nei prossimi
mesi, e il nostro obiettivo è
quello di partite in quarta per
gennaio 2016.
Quanto è importante per voi
avere due sedi? Anche perché
non credo ci siano molti FabLab con più di una sede nella
stessa città.
La rete dei FabLab si sta
sempre più strutturando, soprattutto a livello regionale;
averne due nella stessa città
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5 LEZIONI A DICEMBRE
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Verona FabLab
è un luogo di incontro per
aziende, scuole e privati;
un’officina aperta dove far
nascere progetti innovativi e nuove professionalità.
All’interno dell’associazione
puoi: seguire corsi, serate
gratuite o altri eventi, utilizzare i macchinari presenti
nel laboratorio per le tue
lavorazioni, richiedere una
lavorazione con stampa
3D, Taglio Laser, Fresa CNC,
Sartoria e molto altro!
è sicuramente motivo di orgoglio, ma allo stesso tempo è
anche più difficile da gestire.
Chiaro che ora siamo all’inizio
e dobbiamo un attimo ingranare, ma abbiamo già tantissime idee in cantiere e non
vediamo l’ora di presentarle
ai soci e agli appassionati.
Continua il percorso di programmazione!
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Dopo i corsi di Processing e di Arduino, continua il percorso di
programmazione all’interno del Verona FabLab. Nei prossimi mesi
verranno aperte le iscrizioni per corsi di Python, Linux e Database.
Un corso per chi vuole approfondire Blender 3D,
creare immagini realistiche e piccole animazioni
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Contattaci a [email protected] - 344 0458663
Partiamo da una semplice parola: cartotecnica,
un termine di uso forse non comune ma che,
come vedremo, ha molto a che fare con la
nostra quotidianità.
Gran parte delle cose che ci circondano derivano
dalla lavorazione cartotecnica; basta andare
in cucina, fare un salto al supermercato o al
centro commerciale, osservare anche distrattamente lungo le strada che percorriamo in
auto.
Stiamo parlando di quel settore industriale che
si dedica all’arte di trasformare carta e cartone
in oggetti, contenitori, espositori… in pratica,
in tutte quelle confezioni che troviamo nella
nostra casa: scatole di pasta, biscotti, confezioni di medicinali e cosmetici, confezioni
regalo per vino e olio, e chi più ne ha più ne
metta.
Novagraf è un’azienda che opera nel settore
cartotecnico da oltre quarant’anni, guidata da
Rolando Orlandi con costante passione.
Ed è proprio questo il sentimento che ha coinvolto anche la sua giovane terzogenita Sara,
che assieme al marito Luca ha accolto questa
sfida: Sara e Luca, come studio Atelier Orlandi,
si sono messi in gioco per creare con rinnovato
entusiasmo la Novagraf di domani.
Il team di lavoro è composto da tecnici e creativi
che mettono la loro competenza e professionalità al servizio della comunicazione: grafica,
web, design, video e fotografia, packaging
e progetti a tutto tondo, in una efficace cooperazione di idee e contenuti.
graphic&photo by: atelierorlandi.com
Una semplice parola
CARTOTECNICA
“Siamo a fianco delle imprese a 360°, progettando sia la comunicazione visiva che sistemi
espositivi (display da banco, display da terra, cartelli vetrine, manifesti e poster ecc.)
che hanno lo scopo di ottimizzare la visibilità del brand sul mercato” ci dice Sara, e
prosegue: “Assieme al cliente, tutto il team è
chiamato alla realizzazione del progetto.
Noi lavoriamo così, ci si mette il cuore e ci si
sporca le mani. Atelier non a caso significa
laboratorio”.
Ora è Luca a prendere la parola: “Presto
renderemo disponibili una serie di nuovi
servizi di stampa on-demand di altissima
qualità, così da completare la nostra offerta
produttiva per soddisfare i vostri bisogni in
maniera pratica ma anche creativa.
Vi garantiamo supporto grafico, tecnico ed
eventuale continuità a progetti già esistenti,
per seguire con voi lo sviluppo e la realizzazione
di nuove idee”.
“Gli assemblaggi manuali sono eseguiti con
precisione e competenza dal nostro staff.
Da sempre siamo attenti alle esigenze del
cliente, la sua soddisfazione è ciò che più
conta per noi” ci spiega Rolando, che nel
mentre controlla la qualità dell’ultimo lavoro.
E conclude Sara: “Abbiamo nel cassetto
molti progetti che contiamo di realizzare
a breve, soprattutto legati alla didattica
e al riciclo, temi ai quali siamo particolarmente sensibili. Veniteci a trovare in azienda,
abbiamo ancora tanto da raccontarvi!”.
stampa offset
alcuni esempi di packaging
• Espositori cartotecnici per punto vendita
• Manifesti, poster, flyer, etichette adesive, cataloghi
• Packaging per tutti i settori (alimentare, industriale,
moda, prodotti artigianali)
• Stampa digitale di grande formato, roll up, banner, roter
• Immagine coordinata e brand communications
stampa digitale
Via N.Copernico, 8 37023 Stallavena (VR)
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TECNOLOGIA
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SALUTE & BENESSERE
Salute & benessere
Un tablet
per rompere il silenzio
di
Marta Bicego
[email protected]
@MartaBicego
Si chiama Blu(e) ed è l'innovativo comunicatore “made in
Italy” ideato dalla giovane start-up di Rovereto Needius per
migliorare la qualità di vita di bambini, ragazzi e adulti per i
quali l'utilizzo della parola è compromesso.
N
on sempre le buone invenzioni, applicate alle
moderne
tecnologie,
devono necessariamente arrivare da oltreoceano. È “made
in Italy” l'innovativo comunicatore Blu(e) pensato dalla startup di Rovereto Needius per
migliorare la qualità di vita di
bambini, ragazzi e adulti per i
quali l'uso della parola è compromesso.
Il segreto per riuscire a rompere il silenzio in chi ha difficoltà
a esprimersi è racchiuso tutto
in un tablet: un quaderno, a sostituire quello di carta, sul cui
schermo digitale sono disponibili simboli grafici e immagini,
associati al suono di una voce
personalizzata, da cliccare e
modulare all'occorrenza per
comporre frasi, facilitando appunto la comunicazione e rendendola più efficace.
Idea semplice, ma non banale
e dalle interessanti potenzialità, tanto che il colosso coreano
dell'hi-tech Samsung ha messo a disposizione dell'azienda
roveretana, giovane perché
nata appena lo scorso anno,
la propria tavoletta Galaxy.
Così il dispositivo, utile per la
terapia e nella quotidianità, ha
avuto l'opportunità di diffondersi nel territorio nazionale. E
le richieste sono continue.
Questione di sensibilità nei
confronti della disabilità e dei
cosiddetti bisogni speciali. E
dell'esperienza, maturata sul
campo, dai tre soci fondatori di
ne o di pronunciare una frase
completa».
I simboli sono stati disegnati dalla cooperativa sociale Il
ponte di Rovereto, grazie a un
progetto di inserimento lavorativo rivolto a persone disabili esperte di grafica; mentre
le voci che pronunciano le parole, naturali e non sintetizza-
Needius: i trentini Nicola Filippi e Jacopo Giovanni Romani
assieme al veronese Raffaele
Ettrapini, psicologo ed esperto
di autismo, che si sono conosciuti sui banchi dell'Università
di Trento specializzandosi nel
Laboratorio di osservazione,
diagnosi e formazione della
facoltà di Psicologia e Scienze
cognitive.
«Il tablet è un ausilio unicamente comunicativo», premette Ettrapini. Questo non soltanto per distinguerlo dalle altre
applicazioni in commercio,
precisa, «ma per renderlo uno
strumento riconosciuto dal
Sistema sanitario nazionale,
mutuabile su prescrizione dello specialista, e per azzerare il
rischio che venga impiegato
per scopi diversi da quelli per
cui è stato pensato».
Creato per rispondere al bisogno comunicativo manifestato
dai bambini con disturbo dello spettro autistico, lo speciale
comunicatore ha ampliato le
prospettive della comunicazione. Nella sua prima versione, va a rappresentare la base
della piramide comunicativa:
«È fruibile a tutti i livelli cognitivi e della comunicazione non
verbale.
Non
richiede
determinate
competenze, perché tutti i simboli, gli stessi della Comunicazione aumentativa alternativa
(Caa), sono racchiusi in un'unica schermata: un bimbo può
in tale maniera scegliere di selezionare una singola immagi-
te, sono suddivise per genere,
maschile e femminile, e per
fascia di età per aumentare
l'empatia nel messaggio comunicativo. Punto di forza del
progetto, evidenzia ancora Ettrapini, è la metrica: «Ogni volta che l'utilizzatore digita un
simbolo, viene registrato dal
sistema. Attraverso grafici e ta-
GREZZANA VR • VIA A. VOLTA, 1
TEL. / FAX 045 8650471
belle, è possibile vedere come
viene usato l'apparecchio nel
contesto familiare, scolastico,
terapeutico e quali sono i progressi raggiunti nel tempo».
Dati che i familiari e il terapista
possono monitorare costantemente e che diventano utili per
rendere migliore lo strumento,
proseguendo la ricerca in collaborazione con l'Ateneo trentino. La speciale tavoletta può
essere impiegata anche per
facilitare l'inserimento scolastico, per strutturare interventi
di pre-lettura o per una fase di
prima alfabetizzazione in stranieri che non conoscono l'italiano.
A qualsiasi età, dai più piccoli
agli adulti, complice la versatilità e la capacità di personalizzazione nei contenuti. Con
la prospettiva, conclude lo
psicologo, di ulteriore implementazione: per ottimizzare
il prodotto e renderlo fruibile,
da tutti con una distribuzione
capillare.
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VOLONTARIATO
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SOLIDARIETà & NO PROFIT
SOLIDARIETà & NO PROFIT
di
Francesca Mauli
[email protected]
«
Una chiamata
contro la solitudine
800 280233. Il telefono squilla: è libero. Risponde un volontario, pronto ad ascoltare. Dall’altro capo della cornetta, un
uomo, una donna che ha bisogno di parlare, alla ricerca di
un orecchio attento e della sicurezza dell’anonimato, grazie
al quale è possibile confidarsi, aprirsi totalmente all’altro.
È questo, in sintesi, il servizio svolto da Telefono Amico Mondo x Onlus – Verona, un centro di ascolto telefonico anonimo
presente nella nostra città da circa 25 anni.
R
ispondiamo tutte le sere
dalle 19.00 alle 23.00 al
Numero Verde gratuito
800 280233, messo a disposizione dal Comune di Verona»
spiega uno dei volontari, “protetto” dall’anonimato, allo stesso modo di chi chiama e non
deve nemmeno dire il proprio
nome. «Il 60 – 70% di chi ci
cerca ha un’età compresa tra i
40 e i 50 anni, più maschi che
femmine. Ci sono anche chiamate di persone più giovani,
in genere per problematiche
di identità sessuale, oppure
di persone anziane, che chiamano soprattutto per lenire la
solitudine».
Telefono Amico Mondo X, diversamente da altri “telefoni
amici”, è un centro di ascolto
che non segue una tipologia
specifica di bisogno, ma è
una vera e propria finestra sul
mondo. Sono tante le ragioni
per cui le persone chiamano,
«lo sconforto e la solitudine sottolinea il volontario - si fanno sentire soprattutto la sera».
Chi mette a disposizione parte
del proprio tempo per questo
servizio entra in contatto con
le realtà più disparate, accomunate sempre dalla solitudine. «Si ha a che fare con
persone disturbate psicologicamente, con chi non riesce a
instaurare relazioni personali,
ha poca autostima e soffre per
per info:
800 280233
www-mondox.it
[email protected]
non sapersi rapportare con il
mondo, o vive problematiche
genitoriali. Le persone anziane, donne soprattutto, vivono
situazioni di sofferenza a causa dello scarso interesse dei
figli grandi e sposati. Vivono
questa realtà con molto rammarico e rassegnazione, perché ormai troppo anziane per
lottare e pretendere qualcosa
in più. Alcuni di loro ci chiamano a volte anche solo per ricevere la buonanotte».
La solitudine, oggi, assume
forme sempre nuove; ecco
quindi che a chiamare l’800
280233 sono anche persone
che hanno perso il proprio lavoro a causa della crisi finanziaria e si sentono isolate e disorientate, ma anche persone
acculturate, informate sull’andamento del mondo, che usano il computer e hanno accesso a internet, con un lavoro ma
che, nonostante tutto questo,
vivono un profondo senso di
solitudine. «La società del consumismo propone figure sempre più perfette, dove tutto va
bene e funziona. Questo porta
a tenere nascosti i nostri punti
di debolezza e a vergognarsi
di mostrare i propri limiti, le
proprie criticità, facendo vivere un senso di inferiorità. Per
questo, negli ultimi anni, riceviamo sempre più telefonate
di persone che, pur vivendo in
mezzo alla gente, sono profondamente sole».
A rispondere a queste chiamate è un gruppo eteroge-
neo di volontari, «composto
da impiegati, pensionati, casalinghe, liberi professionisti
che hanno deciso di mettere
a disposizione una parte del
loro tempo serale a favore di
chi è in difficoltà». Per offrirsi a
un servizio simile, occorre per
prima cosa avere predisposizione all’ascolto e capacità di
mettersi nei panni dell’altro,
«ascoltare con empatia e con
attenzione, rispettando la persona che c’è dall’altra parte indipendentemente dalla tematica della quale sta parlando,
non voler mettersi in cattedra
dando consigli, astenendosi da
qualsiasi tipo di giudizio: sono
queste le caratteristiche fondamentali dei nostri volontari.
Spesso chi chiama ha difficoltà
a far partire la telefonata: non
è semplice aprirsi e parlare dei
propri problemi. Il volontario
deve comprendere questi stati d’animo e con serenità deve
saper gestire la telefonata con
il maggior tatto possibile». Per
diventare volontari, occorre
frequentare un corso di formazione «il prossimo partirà a
gennaio 2016 e avrà una durata di circa 2 mesi con cadenza
settimanale; occorre poi mettersi a disposizione per 2 turni
di ascolto mensili della durata
di 4 ore ognuno e partecipare
alla formazione permanente di
sostegno. Se qualcuno fosse
interessato a diventare nostro
volontario, può mandare un
SMS al 349 9577646 e verrà
richiamato da un nostro incaricato».
«Quando mettiamo a disposizione una parte del nostro tempo a favore degli altri – concludono i volontari – pensiamo
che sia per fare del bene, ma
questa è solo una faccia della
medaglia: il bene che noi doniamo è arricchimento anche
per noi stessi. Finite le 4 ore
dell’ascolto, sappiamo di non
aver risolto i problemi di chi ha
chiamato, ma il fatto di essere
stati a disposizione di chi aveva bisogno, sapere che qualcuno ha ricevuto sollievo per il
semplice fatto di essere stato
ascoltato, ci fa rientrare a casa
sereni».
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CINEMA Intervista al regista Andrea Segre
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Concerti, mostre, conferenze, creatività,
feste, workshop, sagre, di tutto di più.
Migranti, quei viaggiatori impossibili
Tra i mille appuntamenti del Festival del Cinema Africano, dal 6 al 15 novembre, noi ne abbiamo scelto uno. E tra i tanti registi abbiamo intervistato Andrea Segre, che nella sezione 'Viaggiatori e Migranti', ha presentato il suo Come il peso dell'acqua (2014). Abbiamo
parlato con lui, da anni impegnato nella narrazione di margini, di chi, quei margini prova
a scavalcare.
di Miryam Scandola
I
n quest'Europa di fortezze,
che cerca solo di fermare,
contenere e di «ridurre gli
sbarchi», Andrea Segre, 38
anni, ha scelto di camminare, a piedi nudi. E ha finito col
far camminare anche gli altri
senza scarpe. Alla Mostra Internazionale del Cinema di
Venezia, l'11 settembre scorso,
in piena kermesse, ha coinvolto, in quella che è stata una
vera è propria marcia solidale,
i grandi nomi del cinema italiano da Valerio Mastrandea
a Elio Germano passando per
Toni Servillo e Jasmine Trinca
«per stare, insieme, dalla parte degli uomini scalzi». Oltre
70 città della nostra penisola
hanno abbandonato le calzature in nome di un'accoglienza degna e umana e di un sistema unico di asilo europeo,
aderendo all'azione lanciata
dal regista padovano. Lui “gli
uomini scalzi” li conosce per
nome. Da dieci anni racconta
le loro storie con una serrata
produzione artistica di film e
documentari sul fenomeno migratorio (A sud di Lampedusa,
Come un uomo sulla terra, Mare
chiuso), sui fatti di Rosarno (Il
sangue verde), ma anche sulla
crisi greca (Indebito, con Vinicio Capossela) e sulle relazioni
interculturali (Io sono Li e La
prima neve). In Come il peso
dell'acqua ha raccontato, con
l'aiuto e la voce di altri due
narratori civili Marco Paolini e
Giuseppe Battiston, di tre donne e del loro difficile viaggio
dal paese d'origine alle coste
italiane. Le storie di Gladys,
Nasreen e Semhar sono lo
Andrea Segre
spunto per narrare il ricordo
doloroso, ancora incastrato
nella memoria della traversata
in mare e della vita dopo, una
volta arrivati dall'altra parte.
Sono almeno 760mila i migranti in fuga principalmente
da Siria, Afghanistan e Iraq
che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2015. Che cosa
potevamo fare e non abbiamo
fatto come Europa?
Sono quindici anni che i paesi europei e l'Europa -perché
sono due entità distinte con
responsabilità distinte- non
sanno utilizzare le loro strutture diplomatiche per intercettare e dialogare con i flussi, prima del dramma. Il loro errore
è stato quello di lavorare solo
nel punto di contatto, nel momento dell'emergenza. Molti
oggi pensano che i barconi
dei migranti siano strumenti di
guerra del gruppo Stato islamico. Ma i barconi non sono
stati inventati dall'ISIS, che,
anzi, come forza minoritaria
tra le fazioni in guerra in Libia,
si è inserito nel business, usando, forse, alcuni spazi in un
mercato che ha reti e mecca-
nismi esistenti da tempo. Così
in questa esasperata guerra,
anche di comunicazione, chi ci
perde sono sempre gli stessi.
Da una parte quelli che vedono
mutilata la loro necessità o voglia di viaggiare, dall'altra chi
non ha gli strumenti per comprendere e si trova a soffocare
di paura o di compassione, che
poi è la stessa cosa.
Cosa può il cinema, quanto
può?
Il cinema permette di conoscere le persone. Un film funziona
se tu spettatore riesci a entrare in quella storia. Raccontare
l'immigrazione attraverso il
cinema significa dare volti e
nomi ai migranti che spesso
sono legati a numeri e luoghi
impersonali: campi profughi,
centri d'accoglienza, barconi. Il
cinema restituisce loro l'identità perduta. Riesce a parlare al
singolare ed evita il plurale indefinito delle masse.
L'anno scorso ha ideato Fuori
Rotta: un'azione sociale e culturale per riscoprire il “diritto
al viaggio”. Come si viaggia
bene?
Rompendo la propria rotta,
che è di per sé una fatica. Perché viaggiare in maniera consapevole, ovvero coraggiosa,
alla fine c'entra con la civiltà e
con la democrazia.
Oggi ci sono viaggiatori che
viaggiano per distrazione, per
distrarsi; è la conseguenza di
un sistema di omologazione
che schiaccia i diritti ma anche
i desideri. E poi ci sono loro: i
viaggiatori impossibili. Quelli ai quali non riconosciamo
nome, cognome e speranza.
Per maggiori informazioni su tutti gli eventi vai su www.salmonmagazine.com
per
Chi l’ha detto che la pagina di
una rivista non possa essere
anche una galleria d’arte?!
Fate vedere quanto siete bravi, mandateci
un vostro disegno, una vostra fotografia
o quel salmone che volete.
Saremo severissimi,
pubblicheremo solo quello che ci piacerà.
poi verremo ad intervistarvi e vi
metteremo in mezzo alla corrente.
Cogli la palla al balzo, mandaci le tue
robe a [email protected]
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photo by Pietro Firrincieli
http://pietrofirrincieli.com/
40
CULTURA
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Riapre il Museo degli Affreschi Cavalcaselle
[email protected]
Affreschi, un altro tassello
al mosaico culturale della città
di Erika Prandi
Abbiamo incontrato la direttrice dei Musei civici di Verona nella sede ristrutturata di via da
Porto per conoscere come è lo spazio permanente, inaugurato lo scorso 14 novembre, che
ospita gli affreschi della Urbs Picta.
U
n polo museale rinnovato che si basa su principi
di sobrietà e chiarezza
che cerca di mantenere una
continuità nei criteri che caratterizzano il sistema museale cittadino. Forse è proprio
questa semplicità non banale
la chiave di volta che riesce
ad esaltare la ricca collezione
di affreschi ed elementi lapidei conferendo loro fascino e
incredibile mistero. Si tratta
di pezzi unici della storia di
Verona che si possono vedere
esposti grazie (o a causa) di
interventi di strappo (per gli affreschi) effettuati dalla fine del
Settecento fino alla metà del
Novecento per poterli salvaguardare e, più tardi, per poter
ammirare la sinopia sottostante, cioè il disegno preliminare
dell’artista. Queste opere d’arte rare si collocano all’interno
di un percorso espositivo che
segue un ordine cronologico in
modo da poter condurre il visitatore all’interno di un immaginario viaggio attraverso i secoli della città dipinta. Ma per
arrivare a tutto questo sono
stati necessari degli interventi di ristrutturazione al Museo
degli Affreschi Cavalcaselle, inserito all’interno del complesso
museale denominato Tomba di
Giulietta, che comprende anche la chiesa sconsacrata di
San Francesco al Corso. I primissimi interventi sono datati
1969 quando è stata restaurata l’ala occidentale del chiostro per adibirla a Museo degli
Affreschi, poi inaugurato nel
1973. Nel 2004 è stata sistema-
go e Vicenza. Sono state condotte campagne di catalogazione e studio degli affreschi,
delle sculture e dei frammenti
lapidei in modo da identificarli
e poter presentare i reperti artisticamente più significativi.
La testimonianza datata più
antica è costituita da un frammento di affresco del 996 proveniente dal sacello rupestre di
San Michele e strappato insieme a tutto il ciclo pittorico nel
1885. Nel 1963, invece, fu strap-
pata la decorazione della vicina chiesa dei santi Nazaro e
Celso. I due cicli pittorici, frammentati, sono stati ricomposti
in una delle prime sale del museo grazie agli studi della professoressa Franco. Nella sala
successiva si possono ammirare gli affreschi originariamente
situati sotto gli archi del palazzo di Cansignorio e realizzati da Altichiero. L’esposizione
prevede una loro sistemazione
“sospesa” entro finti archi a se-
sto acuto per poterli ammirare
dal basso. Infine, un fregio lungo trenta metri affrescato da
Jacopo Ligozzi e raffigurante
la Cavalcata di Carlo V e Clemente VII connette il nuovo con
il preesistente percorso museale che termina nella chiesa di
San Francesco al Corso.
Per informazioni si può chiamare 0458000361 oppure consultare il sito alla pagina www.
museodegliaffreschi.comune.
verona.it.
VERONA ACADEMY
A NATALE REGALA UN CORSO DI...
Paola Marini
ta l’area verde esterna con la
realizzazione del nuovo muro
di cinta in tufo e mattoni ed è
stata completata la rifinitura
degli intonaci esterni. Infine,
nel 2010 si sono conclusi i lavori di ristrutturazione e restauro
dell’ala sud in collaborazione
con l’architetto Valter Rossetto.
Nel 2012 è stato possibile inaugurare spazi adibiti a servizi
per i visitatori. Al secondo piano dell’ala settentrionale, invece, sono stati resi funzionali gli
uffici del catalogo, dell’archivio
fotografico e dell’archivio Magagnato rendendo questa sede
il perno delle attività di ricerca
e di conservazione per studiosi
e ricercatori. «La nostra intenzione – afferma la direttrice Pa-
ola Marini– è di fare del museo
non solo un luogo di visita ma
anche di ricerca e promozione
culturale. Per questo motivo
rappresenta una grande sezione del museo diffuso della città». Attualmente sono in fase di
conclusione i lavori di realizzazione degli allestimenti interni
per poter riconnettere visivamente e completare il frammentario sistema espositivo.
Al progetto hanno collaborato
anche l’Università degli Studi di Verona nella figura della
professoressa Tiziana Franco, docente di Storia dell’arte
medievale, e il laboratorio di
restauro della Soprintendenza
alle belle arti e al paesaggio
delle province di Verona, Rovi-
COMUNICAZIONE
DESIGN
PERSONALIZZATI
PROGRAMMAZIONE
Piazza Pozza, 3 - 37123 Verona
i
42
VILLE VERONESI
43
Gioielli del territorio
Gioielli del territorio
villa buri
di
Alessandra Scolari
[email protected]
I
l complesso. La casa padronale, con la facciata principale rivolta a sud, si presenta con i finestroni classici che
incorniciano il corpo centrale,
appena sopra il poggiolo (in
ferro battuto) del piano nobile,
mentre, tra quattro guglie, svetta l’attico con lo stemma della
famiglia Buri: un’orsa rampante. Due ali avanzate ai lati, disegnano una corte. La facciata
a nord è più semplice: la parte
centrale è decorata da stucchi,
ai lati due grandi pigne e poi
il poggiolo al secondo piano.
Completano la casa padronale la cappella, i rustici, le scuderie, le abitazioni del fattore
(ora di un privato), la barchessa e il parco all’inglese che si
estende per circa 13 ettari e
BERNINI SPOLVERINI
Villa Bernini Buri è una villa veneta che si trova in località
Molini di San Michele Extra ed è nota per il suo grande parco, sede della Festa dei Popoli. Una villa che nel Settecento
fu salotto dell’aristocrazia, nell’Ottocento fiorente centro culturale e agricolo. Nel terzo millennio è in comodato d’uso
all’Associazione Villa Buri onlus.
confluisce nel parco comunale «Bosco Buri» sulle sponde
dell’Adige.
La storia. A costruire la Villa,
secondo la tradizione, è stato
Gian Antonio Spolverini, agli
inizi del ‘600, su disegno di Domenico Brugnoli, architetto discepolo del Sanmicheli, anche
se, secondo gli studiosi, già nel
1574 vi viveva la famiglia Buri.
Famiglia che ha eseguito importanti interventi di bonifica
nella campagna ed arricchito
la casa padronale di arredi e
dipinti di pregio. La prima notizia storica di Villa Buri risale
al 1738: il duca di Lorena e la
consorte Maria Teresa, regina d’Ungheria e Arciduchessa d’Austria vi abitarono (28
giorni) per evitare il contagio
della peste. Giovanni Danese
Buri, agli inizi dell’Ottocento
realizzò il parco e il giardino
all’inglese, guadagnandosi il
riconoscimento degli intellettuali Ippolito Pindemonte e Luigi Mabil. Nel 1844 in Villa Buri
ci furono le truppe austriache.
Giuseppe Bernini Buri (1921)
fu l’ultimo conte a vivere nella
villa, che durante la Seconda
Guerra Mondiale venne invasa
dai tedeschi. Nel 1945 (dopo il
25 aprile) venne saccheggiata
dai concittadini. Nel 1953 Mario Mazza, uno dei fondatori
dell’Associazione Scout (ASCI)
si trasferì con la moglie e la cognata a Villa Buri, realizzando
un collegio (un’ottantina di ragazzi). Nel 1959 Mazza morì, il
collegio venne chiuso e la Villa
svuotata di tutto. Nel 1961 i Bernini Buri affittarono e poi (1971)
vendettero la villa con 20 ettari
di terra, ai Fratelli della Sacra
Famiglia di Chieri, che trasformarono la casa padronale in
un seminario, soltanto più tardi
(1984) la aprirono ad iniziative socio culturali esterne (una
scuola media diocesana e un
Centro per bambini). Questi
padri nel 2000 misero in vendita la villa, che nel 2002 venne acquistata da Marina Salomon e Marco Benatti.
I proprietari. Dell’antica famiglia veronese Buri si trovano
tracce già nel 1262: frate Fino
de’ Buri era priore del monastero agostiniano a Santa Eu-
femia. Nel 1405 Galvano Buri
fu uno dei capi del Collegio dei
notai e i suoi discendenti ottennero dai veneziani il titolo
di «conti». In seguito, secondo
gli studiosi, i conti Buri, ottenuto il permesso dei veneziani,
costruirono la villa in riva all’Adige. La loro storia poi si perde, fintantoché Girolamo Buri
sposò Isotta Spolverini (1776)
e il figlio Giovanni Danese Buri
investì nel parco e nel giardino. Nel 1880 morì l’ultimo dei
Buri: il genero Bernini ne assunse il casato. L’ultimo conte
Giuseppe Bernini Buri (iscritto
al Partito Nazionale Fascista)
abitava nella villa che era ancora nel suo pieno splendore.
Appena finita la guerra la famiglia Buri Bernini (ancora sfollata) subì un grande saccheggio
dalla popolazione locale e non
tornò più: ospitò gli alluvionati
del Polesine (1951-1953) e nel
1961, affittò il complesso ai frati
della Sacra famiglia, i quali restaurarono la villa, i fabbricati
rurali e il parco. I Buri Bernini,
nel 1971, vendettero la proprietà in parte al comune e in parte
all’ordine della Sacra Famiglia.
Questi Padri nel 2000, dati gli
alti costi di gestione, decisero
di vendere. I rappresentanti di
varie associazioni (2001) valutarono l’opportunità di acquistare per crearvi un «Grande
parco Culturale». Il progetto
prevedeva la creazione di uno
spazio, dove promuovere ed
accogliere iniziative culturali inerenti l’ambiente, la pace,
l’economia e la giustizia, temi
prediletti anche dagli imprenditori Marina Salamon e Marco
Benatti, i quali acquistarono
(2002) la proprietà che cedettero in comodato all’Associazione Villa Buri Onlus (costituitasi nel 2003), attualmente
presieduta da Silvano Brait.
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«Era un dì di settembre cuando il
Capitano disse ad
alta voce al fronte dobbiamo andar/Era di notte,
quando la sveglia
quando la sveglia
sentii suonar, allora con gioia tutti
assieme abbasso l’Austria si udì
I
gridar (...)/Dopo
grandi sforzi contro a tal nemico e
con un sol ferito
trincee
conquistan/Ora son qui
sempre
allegro,
sempre
allegro
alla difesa del mio
Re e tutti assieme
inalto i quori gridian eviva il Re».
n queste strofe si concentra
un mondo, quello della trincea, in cui i soldati semplici, i
fanti, sono i protagonisti. Eppure dalle sue parole non emerge
la tragicità di quel luogo, divenuto il simbolo di una guerra
nuova, stazionaria, logora. Al
contrario, Pietro sembra incitare gli animi, sollevarli dalla
cruda realtà, per un fine ben
più alto della propria vita: la difesa della Patria. La madre per
la quale si può sacrificare ogni
cosa, anche se stessi.
La “musica da guerra”, composta dai soldati come Pietro,
oppure dai propagandisti di
guerra, aveva un duplice scopo: da un lato sublimare la
tragedia che si stava vivendo,
esorcizzare la paura della morte; dall’altro creare un senso
di appartenenza al gruppo. In
modo diverso si riproponeva
la funzione dei “giornali di trincea”. Il ricorso poi al genere di
musica popolare era un metodo efficace per coinvolgere le
masse dei soldati, consolandoli.
quando il dolore
si fece canto
È stato durante l’intervista a Lucia Beltrame Menini (Pantheon 59, ndr) che siamo venuti a conoscenza di una canzone, inedita, scritta da Pietro Moretti, Caporale della 117°
compagnia. Composta sul Carso, se l’era portata con sé, di
ritorno a casa in licenza.
La musica li «riporta a casa».
Si rivela quindi «un mezzo formidabile per confermare la
propria identità, per sentirsi
di nuovo piantati sulle proprie
radici, allacciati alla propria
terra, al lavoro, alla famiglia,
agli affetti». Un aspetto significativo per i soldati di fanteria,
quelli maggiormente esposti al
pericolo. Quelli che dopotutto
formavano gran parte dell’esercito. «Secondo alcune stime
i lavoratori agricoli fornirono
2.600.000 uomini, pari al 45%
del totale dei richiamati», sottolinea lo storico Gibelli. Proprio questi uomini, che avevano sempre visto con diffidenza
il mondo urbano e le istituzioni
statali, come anche la guerra,
vista come flagello al pari di
una carestia, erano ora chiamati a combattere in prima linea, in nome di un ideale a loro
sconosciuto, la Patria, tanto
caro invece ai loro ufficiali. Eppure, il sacrificio paziente e la
rassegnata sottomissione che
caratterizzava i lavoratori della
terra si sarebbero rivelati per la
retorica di allora gli ingredienti
di un modello da seguire. E nei
testi cantati al fronte, quelli più
celebri come Sul ponte di Bassano, Bandiera nera, Sul cappello, si riscontra proprio questa
ambivalenza: lo spirito di rassegnazione accompagnato al
rispetto del dovere militare.
A ben vedere però alcuni canti
si allontano dalla retorica e riescono a restituire un quadro
più veritiero della dura vita del
soldato. Come la famosa Tapum che racconta «un dolente
o lucido sprofondare nella sorte
del soldato e un colloquio con
la morte».
La memoria purtroppo ha
spesso sviato dalla atrocità
della guerra in trincea, soprattutto nel ventennio fascista. Le
canzoni che ebbero maggiore
risonanza furono infatti quelle
degli alpini, dove risaltava lo
spirito di gruppo, omogeneo e
coeso, del plotone. Il testamento
del capitano è il testo che rappresenta meglio di tutti questo
aspetto. Dopo la seconda guerra mondiale, dove i canti alpini
furono ripresi dalla Resistenza,
si deve attendere la metà degli
anni Cinquanta per un nuovo
sviluppo della musica popolare. Su questo filone negli anni
Sessanta vengono recuperati
i canti sovversivi, con il fine di
presentare una memoria più
vera e meno “celebrativa” della Grande guerra. Solo gli anni
Ottanta, però, vedono la pubblicazione del più approfondito
lavoro sul patrimonio musicale
del QuindiciDiciotto, da parte
di Savona e Straniero. A fianco
agli studi critici ci sono le produzioni discografiche che mostrano un nuovo recupero delle
canzoni della guerra, raggiungendo l’apice con la pubblicazione di Quel lungo treno da
parte del cantautore veronese
Massimo Bubola nel 2005 e del
più recente Testamento del Ca-
Massimo
Bubola
pitano (2014).«Una tappa importante», come l’ha definita il
nostro concittadino, «di rivisitazione e riscoperta delle radici
musicali e letterarie del folk di
area lombardo-triveneta», in
una visione individuale del tutto originale.
Come ha scritto Franzina, la
Grande guerra «fu il luogo dei
luoghi della memoria nazionale in musica», e proprio la sua
memoria scritta nelle canzoni,
in tutte le sue sfaccettature,
deve essere tramandata.
Il testo integrale sul sito
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46
ANIMALI & CO
47
Cani d’allerta al servizio di padroni malati
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amici a q uattro zampe
che fiutano il diabete
Roberto ed Elisa di Progetto Serena
di Ingrid Sommacampagna
Roberto Zampieri, operatore cinofilo di Asparetto di Cerea, alle spalle 23 anni di esperienza
con cani ricerca persone, ha ideato Progetto Serena, grazie allo spunto di Anna Butturini,
una paziente diabetica. Il progetto ha lo scopo di preparare cani d’allerta di qualsiasi razza
in caso di calo (IPO) o crescita (IPER) di glicemia per i loro padroni diabetici, avvertendoli
e, se non rispondono, avvisando i loro parenti. La formazione avviene presso Villa Arvedi
di Grezzana, nella parrocchia di San Giovanni Evangelista e nelle abitazioni dei pazienti.
D
iabete e cani. Quale legame può intercorrere
tra questi due elementi?
È risaputa la simbiosi e l’empatia che può instaurarsi tra
il cane e l’uomo, che ne trae
grossi benefici a livello fisico e
psicologico. Bisogna, però, saper prendersi cura di un quattro zampe, donando affetto
nella completa certezza che si
riceverà in cambio un amore
incondizionato che durerà per
sempre. È da questi presupposti che in Roberto Zampieri è
nata la volontà, grazie all’input
di Anna Butturini, una paziente
italo-americana diabetica da
41 anni, di creare un progetto che li formasse per l’allerta
ipo/iper glicemia a supporto
dei pazienti diabetici. Zampieri, dopo una prima fase di
sperimentazione ha cercato un
amico a quattro zampe per la
signora Butturini di nome Red.
Quando Anna andava in ipoglicemia dava le sue camicie impregnate di sudore a Roberto
per poi sperimentare la capacità olfattiva di Red. Nelle crisi
ipo e iper del diabete, infatti,
vengono emesse delle particelle acetoniche ed ormonali che
vengono espulse con le urine
e con l’alito, dunque questo è
lo strumento che viene offerto
per poter effettuare il lavoro
inserendo le garze impregnate
della saliva (prelevata durante
gli attacchi, ndr) del paziente
in campioncini. Questi ultimi
vengono raccolti e proposti al
cane in fase di ricerca “ludica”,
che deve riuscire ad individuarli (senza segnalare in caso
di normalità). Nel caso di Anna
le prime segnalazioni inconsapevoli nascevano quando il
cane si accorgeva del malessere della sua padrona, andandole vicino e leccandole le mani
e se non rispondeva allertava il
compagno. è stato importante
spiegare al cane di segnalare
questo stato ogni volta che se
ne rendeva conto, motivandolo e premiandolo. È importante che sia il cane a scegliere
la modalità della segnalazione
(che sia abbaiando, leccando
o grattando, ndr). «Red è stato
l’input positivo per formare altri cani, in totale 11, come Jago,
e Briquet. Ho scritto un protocollo di 50 pagine con linee
guida strutturate di esercizi e
considerazioni, che si differenziano dagli altri tipi di condizionamenti impartiti da altre
scuole di pensiero sull’educazione del cane. Ho lavorato in
particolare sulla relazione tra
animale e uomo affiancato da
un istruttore, creando un rapporto familiare, collaborativo,
rispettoso, che sia costante. I
risultati ottimali sono convalidati da: diari glicemici, esami
dell’emoglobina glicata ogni
tre mesi, testimonianze dei pazienti e istruttori, video e misurazioni stick», spiega Roberto.
«L’aiuto da parte di un cane è
ciò che mancava nella cura del
diabete ed è psicologicamente vantaggioso prendersi cura
di un quattro zampe, portarlo
in passeggiata,
abbattendo
la pigrizia; la tua vita cambia
completamente ed è ovvio che,
sentendosi più sicuri, pure la
salute migliora», afferma Roberto Casale, di 53 anni e da
30 diabetico, proprietario di
Jago da 8 mesi, ritenuto da lui
un angelo custode. «È stato un
momento difficile per tutta la
famiglia perché ci siamo confrontati con una malattia che
non conoscevano, ma grazie
all’arrivo di Briquet siamo più
tranquilli visto che previene i
cali segnalandoli già a 90 (i
valori normali di glicemia sono
compresi nel range dagli 80 ai
140, ndr) ma anche l’aumento,
e a distanza di mesi si possono notare glicemie più stabili»,
spiega Monica, madre di Alberto Biasi, tredicenne diabetico
da circa 2 anni.
«Stiamo aspettando una risposta da Venezia per diventare
una Onlus. Il progetto è su base
volontaristica ma si prevede
un rimborso spese durante
le trasferte e una tessera che
dura per tutta la vita del cane.
Roberto, io e altri preparatori,
ci rechiamo attualmente in 5
abitazioni di diabetici al lunedì,
mentre al giovedì siamo nella parrocchia di San Giovanni
Evangelista e al sabato in Villa
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Arvedi. C’è l’interesse al nostro
progetto da parte di scuole,
dell’Associazione Diabetici Alto
Adige e di un medico, Mario
Carrano, della Diabetologia di
Salerno. Vengono fatti incontri
in diversi paesi anche fuori dal
Veneto. A San Martino Buon Albergo il nostro progetto è stato
presentato durante i “Giovedì
della salute”, insieme all’Associazione Giovani e Diabete di
Verona con l’intervento di Claudio Maffeis, responsabile del
reparto Diabetologia pediatrica di Borgo Trento», spiega
Elisa Arvedi, Presidente di Progetto Serena, e nipote di Alda
Bertani Arvedi che ha messo a
disposizione gli spazi della villa
per la formazione dei cani.
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i
48
DI CORSA
49
L’iniziativa del Gruppo Marciatori Grezzana
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Una marcia
@chiarettaboni
di Chiara Boni
per scoprire i luoghi pi ù belli della V alpantena
Alla sua 32° edizione, la Marcia sui Colli apre tre percorsi adatti un po’ a tutti: anche ai
diversamente abili. Appuntamento sportivo di poco successivo alla 14° edizione di Verona
Marathon che, anche quest’anno, ha “movimentato” per bene la nostra città.
«
Q
uel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po’». E
come Forrest Gump nell’omonimo film di Robert Zemeckis,
c’è chi ha deciso che correre
potrebbe essere davvero una
buona idea. Poi, non c’è bisogno di attraversare l’America
dall’Atlantico al Pacifico, e il
Gruppo Marciatori Grezzanesi lo sa bene: ha organizzato
una marcia sui Colli di Grezzana, che domenica 22 novembre
porterà la corsa nei luoghi e nei
dintorni più belli ma forse meno
conosciuti.
Un percorso nuovo, che unisce
una sana attività fisica all’aria
aperta e l’amore per la bellezza
dei paesaggi mozzafiato della
Valpantena: così è nata l’idea
di questa maratona, che segna
quest’anno la sua 32° edizione.
L’idea è originale e innovativa,
per più di un motivo: non solo
il percorso scelto per la corsa
è stato deciso con l’intenzione
di mettere in mostra i vigneti e
gli uliveti della nostra splendida
vallata, ma anche di far riscoprire tre prestigiose ville che
fanno da contorno a questo
paesaggio: Villa Arvedi, Villa
Bevilacqua Lazise detta Palazzo Rosso e Villa La Carrara. Soprattutto, questa marcia è pensata per essere senza barriere,
di nessun tipo, per accogliere
tutti e tutte: i percorsi sono pensati anche per i diversamente
abili, che potranno partecipare
alla corsa.
Gli organizzatori hanno ideato
tre percorsi diversi per accon-
Palazzo Rosso
Villa Arvedi
32° Edizione della Marcia
sui Colli di Grezzana
La marcia ha inizio dalle
tentare le esigenze di tutti.
Il primo percorso sarà lungo 5
km e sarà tutto in piano, privo di barriere architettoniche.
Questo tragitto passa attraverso le vie del paese, sfrutta
la pista ciclabile ed entra nel
suggestivo parco di Villa Arvedi per il ristoro, per poi uscire
attraverso i campi delle scuole
medie ed arrivare infine al Parco Europa.
Il secondo percorso, da 10 km,
dislivello 180 mt, anche questo
adatto a tutti, passa prima attraverso i campi di Redoro, poi
attraversa il Progno Pantena,
tramite la ciclabile si arriverà
quindi al parco di Villa Arvedi
e poi si proseguirà verso Cavolo, per poi scendere a Palazzo
Rosso, dove si potrà ammirare
la caratteristica villa e il parco.
Si proseguirà poi dietro l’Hotel
La Pergola e in seguito dentro
al parco di Villa Carrara, per
poi rientrare in centro al paese
al Parco Europa.
Il terzo percorso, da 17 km, è
decisamente più impegnativo,
ma non per questo meno suggestivo. È consigliato per persone particolarmente allenate,
Villa La Carrara
passa come il secondo da tutte
tre le ville, ma si inerpica anche
fino a Via Gaspari, la Madonnina e le Case Vecie (dove ci sarà
il momento di ristoro, ndr), per
poi scendere dalla dorsale verso Palazzo Rosso e Villa Carrara
e terminare insieme al percorso
dei 10 km.
L’iniziativa del Gruppo Marciatori Grezzanesi arriva una
settimana esatta dopo un altro
imperdibile appuntamento per
gli appassionati di corsa: la Verona Marathon, che con la sua
14° edizione ha mantenuto in
pieno le sue promesse. Dopo le
oltre 8000 persone iscritte alla
Giulietta&Romeo Half marathon
di febbraio, anche i numeri per
questa edizione della maratona
tra le mura scaligere non hanno
deluso: più di 5000 iscritti per
l'evento inserito nei calendari
internazionali di IAAF (International Association Athletics Federation) e FIDAL (Federazione
Italiana di Atletica Leggera). La
maratona è stata organizzata
da G.A.A.C. 2007 Veronamarathon Asd e Veronamarathon
Eventi, in collaborazione con il
Comune Di Verona. Quest’anno,
gli sforzi sono triplicati: oltre alla
classica corsa di 42 chilometri
si sono aggiunti la Cangrande
Half Marathon, 21,097km, e la
LAST 10km, gara non competitiva aperta a tutti, famiglie e
bambini compresi, a carattere
solidale.
Ci dice Matteo Bortolaso, vice
presidente di Asd Gaac2007:
«Un evento che cresce sempre
di più grazie a tanta passione
ma anche a tanto impegno durante tutto l’anno. Domenica 15
è stata una fatica di poche ore
ma molto entusiasmante, il vero
grande lavoro il nostro staff l’ha
fatto in questi mesi e siamo
onorati di averlo fatto anche
per la città di Verona».
ore 8.30 dalla Piazza Renato
Gozzi, ci si iscrive dalle 8.00
alle 9.00 del giorno stesso,
il costo dell'iscrizione è di
3€. (2,50+0,50 di assicurazione) incluso pacco gara.
Il Gruppo Marciatori Grezzana ringrazia la Famiglia
Arvedi, la Famiglia Cometti
e la Famiglia Frank per aver
consentito il passaggio della marcia nelle loro splendide proprietà, il Comune di
Grezzana per il patrocinio e
quanti si sono adoperati per
la riuscita dell'iniziativa. Per
info: [email protected]
50
LESSINIA
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Consorziati i quattro club veronesi
SCI di FONDO
Facciamolo insieme
[email protected]
@manupegaso
di Emanuele Pezzo
Lucia Scardoni e
Fulvio "Bubo" Valbusa,
i pro di questa unione
Da questa stagione parte il progetto dello Ski Team Lessinia, che riunisce i quattro club
veronesi di Bosco Chiesanuova, Velo Veronese, Roverè e Campofontana. Fino al 2019 le
società metteranno a disposizione dei propri atleti un unico staff, in un’ottica di condivisione di risorse che poi si tradurrà in gara, mantenendo comunque i colori dei rispettivi club.
S
pesso sentiamo dire che
cinquant’anni fa nevicava tutti gli inverni e lo faceva molto più copiosamente
di adesso. C’era un tempo in
cui, per muoversi da un paese all’altro o da una contrada
all’altra, in montagna non era
possibile aspettare mezzi che
sgomberassero le strade dalla
neve. Lo sci di fondo è nato con
questa funzione, anche in Lessinia, e solo dopo è diventato
uno sport.
Così com’è calata la nevosità
degli inverni, col passare dei
decenni sono diminuiti anche
gli sci club esistenti nel veronese. I quattro club rimasti,
vedendo che le rispettive problematiche di affrontare una
stagione sportiva sono identiche, hanno deciso di dare una
svolta epocale alla loro attività. Da questa stagione, e fino
al 2019, si è deciso di creare
lo Ski Team Lessinia: si tratta
di un’associazione di associazioni di cui fanno parte Marco
Fontanesi (S.C. Bosco), Franco
Brunelli (S.C. Orsi Bianchi Velo),
Gianni Segala (S.C. Roverè) e
Mauro Roncari (U.S. Campofontana). Le quattro società,
in un grande progetto di condivisione patrocinato da ben
nove comuni, intendono unire
le forze per massimizzarle, con
obiettivo anche di ridurre le
spese.
Si può dire dunque che ora la
Lessinia dello sci di fondo sia
unita: i gruppi di lavoro nelle
varie categorie saranno seguiti
tra l’altro, che l’organizzazione
dello sci di fondo veronese è
nota anche a livello nazionale.
Anche questa stagione infatti,
dopo le edizioni 1999, 2002,
2007, 2009 e 2013, lo S.C. Bosco ospiterà i Campionati Italiani Assoluti, evento di maggiore prestigio dato che in
questa annata non vi saranno
né mondiali né olimpiadi.
da un unico staff di allenatori,
maestri qualificati e accompagnatori, mentre in gara ogni atleta parteciperà per il proprio
club di appartenenza. Le categorie Baby Sprint (6-7 anni) e
Baby (8-9) si alleneranno due
volte a settimana, seguite da
Federica Campedelli e Giulia
Scardoni, con l’aiuto di Giacomo Lavarini, Giada Pomari e
Filippo Canteri. Cuccioli (10-11)
e Ragazzi (12-13) saranno allenati quattro volte a settimana
da Carlo Vito Scandola e Giacomo Cona. Le categorie Allie-
vi (14-15), Aspiranti (16-17) e Junior (18-19), anch’esse quattro
volte a settimana, saranno invece guidati da Mirco e Cesare
Pezzo. Infine Giovanni Pezzo si
occuperà dei materiali, aiutando i rispettivi allenatori come
aiuto ski man. Già la stagione
passata Bosco e Velo si unirono
in una simile sinergia, che portò a buoni risultati: nel Grand
Prix Lattebusche, gara regionale per le categorie Baby e
Cuccioli, ad esempio, i due club
si classificarono come primo e
terzo del Veneto. Va ricordato,
Abbiamo chiesto un parere su
questo progetto a due fondisti
veronesi di grande caratura,
uno del passato e uno del presente.
Fulvio Valbusa, assieme alla
sorella Sabina, è stato uno
degli sciatori di punta della
nazionale italiana tra gli anni
Novanta e i Duemila, oro olimpico in staffetta a Torino 2006
e plurimedagliato in gare mondiali e di coppa. Adesso "Bubo"
è apprezzato commentatore
tecnico per Eurosport e dà un
giudizio positivo sulla formazione dello Ski Team Lessinia:
«L'unione fa la forza anche in
uno sport di squadra. È un vantaggio grosso per le società,
che così ha costi minori ma più
competenze professionali. Purtroppo si perde una parte di
"sana rivalità" con i club vicini:
ricordo con piacere quanto mi
sentivo teso prima delle sfide
provinciali contro i miei coetanei di altre zone della Lessinia».
La finanziera Lucia Scardoni,
invece, sta emergendo proprio in queste stagioni. Dopo
aver vinto la scorsa Coppa
Europa, in questa stagione
parteciperà di diritto alle prime gare di Coppa del Mondo.
Anche da parte sua il pollice è
alto: «Più il gruppo è grande,
più c'è compagnia ed è facile
trovare divertimento e sprono
ad allenarsi. Sicuramente questo progetto darà risultati, anche se per le società sarà uno
sforzo enorme. Certo, con uno
staff unico si potrebbe perdere
la varietà nella preparazione:
anche nei corpi sportivi militari le metodologie sono differenti ed è sempre interessante
poterle confrontare».
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52
SPORT 13° Revival Rall y Club Valpantena
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Dalle auto da rally
alla promozione del territorio
di Matteo Bellamoli
La manifestazione di regolarità sport curata dal Rally Club Valpantena ha registrato anche quest’anno l’affetto e il calore di pubblico e piloti con 220 partenti. Ecco il perché del
successo di un evento che crea indotto su tutto il territorio e che aumenta, di anno in anno,
anche l’affetto internazionale.
A
nche quest’anno il Revival Rally Club Valpantena, manifestazione di
regolarità sport organizzata
dall’omonimo club, è tornato a
registrare oltre 200 equipaggi iscritti (220) confermandosi
manifestazione numero in Italia
nella regolarità sport.
Iniziato nel 2003, per festeggiare i primi vent’anni del rally club più longevo d’Italia con
sede a Rosaro (Grezzana), il
Revival Rally Club Valpantena
in pochi anni ha raccolto i più
alti riconoscimenti nazionali e
internazionali come una fra le
più ambite manifestazioni dai
praticanti della specialità. Sulle
strade della valle sono arrivati
mostri sacri del calibro di Sandro Munari, Walter Rohl, Gianfranco Cunico, Miki Biasion, Fulvio Bacchelli, Mauro Pregliasco
e Vanni Tacchini, “Lucky” a bordo delle vetture che li hanno visti protagonisti negli anni d’oro
della specialità.
«È difficile anche per noi spiegare il successo e l’affetto verso questa manifestazione» ha
detto il presidente del comitato organizzatore “Bob” Brunelli. «Quando abbiamo iniziato
questa avventura la regolarità
sport era una specialità appena
nata, non molti la conoscevano.
Tutto è nato da una passione
comune tra noi organizzatori
e tra chi questa gara la corre o
la viene a vedere. Il Revival Valpantena è diventata una festa,
un momento di aggregazione dove appassionati dentro e
fuori dagli abitacoli si ritrovano
Comitato Organizzatore
12 novembre 2015
Comitato Organizzatore Rall y
Club Valpantena 2015: Roberto
Brunelli, Alberto Zanchi, Gian
Urbano Bellamoli, Sergio Brunelli, Paolo Saletti. Collaboratori tecnici Marco Sartori e Matteo Bellamoli.
Via L. Da Vinci, 2 – Grezzana VR
E-mail: [email protected]
CELL: 348 6524824 UFF: 045 8650226 FAX: 045 8669463
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I NOSTRI SERVIZI
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per condividere la sana e autentica passione per l’automobilismo vero: quello senza computer, senza elettronica e con
un pizzico di nostalgia».
Durante la due giorni, quest’anno in scena dal 12 al 14 novembre, tutto il territorio della Valpantena si muove intorno alla
manifestazione: strutture ricettive, piccole botteghe di paese,
officine. Un modo concreto per
aiutare l’indotto locale anche a
fare promozione. «È già successo più volte» ha concluso Brunelli, «che concorrenti stranieri
abbiano poi prenotato le loro
vacanze di Natale o di Pasqua
qui sul nostro territorio». Come
a dire che anche da una manifestazione di auto possono nascere interessanti sinergie.
Soci fondatori RCV
28 agosto 1983
Soci fondatori Rall y Club
Valpantena. 28 agosto 1983:
Roberto Brunelli, Sergio Brunelli, Alberto Zanchi, Paolo
Saletti, Gian Urbano Bellamoli, Luciano Veronesi, Adelino Brunelli, Maurizio Todeschini, Luigi e Paolo Iseppi
Impianti sanitari;
Impianti di riscaldamento;
Impianti a pavimento;
Riparazioni varie;




Antincendio;
Condizionamento;
Installazione addolcitori;
Caldaie a gas, legna e pellet;
 Rifacimento bagni;
 Impianti di ventilazione forzata;
 Pompa di calore per riscaldamento,
condizionamento e acqua calda.
sanitaria.
pantheon
55
UNDERGROUND
di Marco Nicolis
[email protected]
Sestomarelli
la grande musica folk che non muore
20 anni di musica, 20 anni passati tra l’energia del rock ‘n’ roll e
del punk, tra il ritmo reggae e le influenze pop, fino all’arrivo, al
capolinea dell’urban folk, in tutto e per tutto destinazione e partenza per il nostro gruppo mensile: i Sestomarelli.
D
irigiamoci subito al succo, alle chiavi di volta
che hanno portato fino
a noi i Sestomarelli. In realtà
qualcosa abbiamo già introdotto, l’alternanza tra generi
musicali diversi, che, tra tutte
le esperienze che un musicista
può accumulare nella propria
carriera, saranno sempre una
miscela di emozioni e conoscenze da poter utilizzare a
proprio piacimento in qualunque momento per sviluppare
i propri progetti. Poi ci sono
loro, i due lavori della band
“Acciaierie e ferriere lombarde
folk” e “Possibilmente”, datati
2013 e 2015. Due album sfociati in una lunga promozione sul
campo, in numerose palchi calcati con la voglia di spaccare il
mondo, un carico inesauribile
di soddisfazioni. Poi si sa, se il
prodotto è buono arrivano anche altri tipi di soddisfazione,
come aprire lo show di Danilo
Sacco, l’ex voce dei Nomadi,
alla Bandabardò e ai Figli di
Madre Ignota. «I due album
sono un importante sforzo sia
in termini di professionalità sia
di pura creatività. La composizione è un lavoro di fino, una
sorta di continua nutrizione
ed evoluzione, parte da piccole idee grezze che puntano
decise alla compiutezza del
prodotto-canzone. Il raggiun-
Alessandro Aliprandi: chitarrista e mandolinista;
Roberto Carminati: cantante - Alessandro Muscillo: bassista
Mariela Valota: violino - Ricky Preda: batterista
gimento di questo obiettivo è
estremamente emozionante,
soprattutto quando ci si trova
ad eseguire dal vivo i brani sui
quali si è tanto sudato ed accorgersi che al pubblico stanno arrivando, piacciono».
Questo il pensiero e le parole di Roberto Carminati, voce
della band.
Come non credergli? La musica dei Sestomarelli ha viaggiato ormai per buona parte
dell’Italia, uscendo anche dai
confini del Belpaese, facendo
parlare di sé anche al festival Bustofolk, al Tinta Roja e
al Riereta 20 Bis di Barcellona,
passando tra le altre anche
alla rassegna Festitalia di Bucarest.
Che altro dire, io ho ascoltato
la loro musica, i loro lavori e
personalmente li ritengo una
bomba.
Buttateci un orecchio anche
voi: www.sestomarelli.com
F I L O T I M o
a b i t i
1965-2015
i
i n
t e s s u t i
n a t u r a l i
56
BELLEZZA
57
EDITORIA PER RAGAZZI
a cura di
Alessandra Scolari
I
l libro: Racconta la storia di Nils Holgersson, un ragazzino di quasi 14 anni,
bello quando basta ma davvero «scansafatiche». Una domenica mentre i genitori sono a messa, lui si spaparanza in giardino, finché uno gnomo, con una
strana magia lo rimpicciolisce, come un folletto e in questa veste vive incredibili avventure. Anzitutto incontra Marten, la grande oca selvatica di famiglia, la
quale gli propone di unirsi in volo alle altre oche selvatiche: il ragazzo-folletto,
preoccupato per la reazione dei genitori, cerca di impedire che la grande
oca prenda il volo, però Marten è più forte e lo trascina via. Iniziano così uno
straordinario viaggio, insieme alle altre sette oche selvatiche dirette al nord
della Svezia, guidati da Akka originaria del monte Kebneka jse (in Lepponia).
A L N AT U RA L E
L’Autrice: La scrittrice svedese Selma Ottilia Lovisa Lagerlöf (1858-1940) (ma-
Titolo
Il viaggio meraviglioso
di Nils Holgersson
Autore
Lagerlöf Selma
Edizioni
Mondadori Oscar Ragazzi
Prezzo: €9,5 - Pagine: 228
Età di lettura: da 11 anni
estra elementare) doveva insegnare geografia, materia antipatica ai ragazzi
da che mondo è mondo. Quindi nel 1906 pubblicò questo libro, nel quale ha
saputo fondere realtà e fantasia: attenta al risvolto didattico. L’autrice racconta
a Nils come le è venuta questa ispirazione nel bellissimo capitolo «Un piccolo
podere». Ne nacque un testo, diventato subito un classico della letteratura per
ragazzi. Selma Lagerlöf, tre anni dopo, venne insignita del Premio Nobel per
la letteratura (prima donna a riceverlo, ndr) «per l'elevato idealismo, la vivida
immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere».
Curiosità: Presentiamo questo classico, perché riteniamo sia uno di quei libri, senza tempo, che tutti, almeno una volta, dovremmo leggere. Tante le
curiosità, su tutte prevale l’abilità e la sensibilità dell’autrice nel raccontare i
ragionamenti e le emozioni degli animali, dimostrandoci che il loro sguardo
può insegnarci molto. Così dopo Marten e Akka, Bataki il corvo saggio, Smirre
la volpe (nemica di Nils e dello stormo di oche), l’aquila Gorgo, l’alce Pelogrigio, il cane Karr, il corvo Ventofretta (carismatico e capo violento dei corvi) e
non poteva mancare Garm Pennabianca.
La lavanda, la cui varietà più comune ed utilizzata è la Lavandula Officinalis, è una pianta erbacea aromatica ricca di proprietà benefiche, utilizzata spesso nella cosmesi e in generale in numerosi prodotti
per la cura della persona. L’olio essenziale di lavanda, in particolare, è l’ingrediente chiave di una ricetta cosmetica molto semplice che si può facilmente riprodurre a casa con pochi ingredienti:
lo Scrub esfoliante corpo alla lavanda.
• Sale
fino • Olio di mandorle dolci • Olio essenziale di lavanda
• Fiori essiccati di lavanda (facoltativo)
tiepida. Il risultato sarà una pelle liscia, rinnovata e
idratata grazie all’olio di mandorle dolci!
a cura di
Mattia Zuanni
I
BOX OFFICE
l film: In un tempo in cui nulla sembrava impossibile,
quando la scienza, la tecnologia e la religione si muovevano per riscrivere le regole che governavano la vita e
la morte, uno scienziato, il Dr. Victor Frankenstein e il suo
protégé Igor Strausman, si ritrovano a ricercare insieme
la loro visione comune del mondo. Ma quando i piani di
Victor vanno in fumo, portando ad orribili conseguenze,
soltanto Igor potrà salvare lo scienziato da se stesso e
dalla sua mostruosa creazione. Victor - La storia segreta
del Dott. Frankenstein è l’emozionante storia mai raccontata dell’uomo che sta dietro al leggendario mostro.
Titolo: Victor
La storia segreta
del Dott. Frankestein
Genere: Horror,
Fantascienza
Regia: Paul McGuigan
Attori: James McAvoy,
Daniel Radcliffe
Jessica Brown Findlay,
Andrew Scott
Uscita (Italia):
26 novembre 2015
Unire 10 cucchiai di sale fino a 4 cucchiai dell’olio
di mandorle dolci e mescolare bene. Aggiungere al
composto di sale e olio 5 gocce di olio essenziale
di lavanda e, se sono facilmente reperibili, una piccola quantità a piacere di fiori essiccati di lavanda,
che danno al nostro scrub ancora più profumo e una
migliore consistenza. Mescolare bene tutti gli ingredienti finché non si ottiene un composto uniforme,
granuloso e non troppo liquido.
fotografa
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CLASSICI DA NON PERDERE
Titolo: Interceptor - Genere: Azione, Fantascienza - Durata: 93 minuti Regia:
George Miller - Attori: Mel Gibson, Joanne Samuel, Steve Bisley, Hugh Keays-Byrne
«E questi chi sono?». Chiede il massiccio leader di una banda di motociclisti selvaggi.
Ma prima che il polverone si posi e l’ultimo pistone smetta di pompare, scoprirà di
persona con chi ha a che fare, per la gioia di tutti i fan. Mel Gibson intuì sin da subito il
successo che avrebbe avuto il suo personaggio; Max Rockansky, il temerario poliziotto
tutto vestito di pelle che dichiara guerra ai motociclisti criminali che hanno preso di
mira la sua famiglia. Questa guerra neo-punk combattuta sfrecciando per le strade
infuocate di un’Australia post-apocalittica, non prevede ostaggi.
Questo scrub è adatto ad essere usato sul corpo,
specialmente sulle gambe, in quanto unisce il potere
levigante dei granuli di sale all’effetto emolliente e
idratante dell’olio di mandorle dolci. Per utilizzarlo
basta prenderne una piccola quantità, applicarlo
con movimenti circolari e non troppo vigorosi sulle zone desiderate e infine risciacquare con acqua
L’olio di mandorle dolci è sostituibile con l’olio d’oliva,
presente in tutte le case, o con l’olio di cocco, reperibile negli alimentari etnici o nei negozi specializzati nel
biologico. Inoltre, è possibile utilizzare lo zucchero al
posto del sale: questa sostituzione è particolarmente
indicata per chi ha la pelle secca, in quanto il sale ha un
effetto lievemente astringente non desiderabile per chi
ha quel tipo di pelle. Per questa ragione si raccomanda
di evitare le zone che presentano pelle irritata, screpolata o ferita. Il sale fino può essere sostituito con il
sale grosso da chi invece desidera un maggiore effetto
esfoliante. Lo scrub alla lavanda si può conservare in un
barattolo a chiusura ermetica, meglio se di vetro, ricordando però che, essendo naturale e non contenendo
conservanti, è consigliabile utilizzarlo entro un paio di
mesi dalla produzione.
Territorio
a
Brevi da Verona e Provincia
Spicchi
58
Territorio
59
a cura di Miryam Scandola
U
n’eredità che la scuola materna e
asilo nido S. Maria Assunta si porta
dietro da molti anni. Da quando cioè la
signora Franca Mariotti ha inventato
quello che è stato il primo mercatino
della vallata. Borse fatte a mano, tessuti
e regali per una causa che merita un po’
di tutta quella domestica fatica. Ha dello
straordinario anche il semplice fatto che
genitori e nonni di alunni, ormai grandi,
si prodighino ancora oggi, con rinnovato
in legno contenuti nelle confezioni,
tutti realizzati presso il laboratorio di
falegnameria interno alla struttura.
Con i fondi raccolti sarà possibile
provvedere all’acquisto di un pulmino
per trasporto disabili in sostituzione
dell’attuale, deteriorato dal tempo.
È possibile vedere le creazioni natalizie
sul sito: www.pflessinia.it.
Per ulteriori informazioni: 045 7050706
Email: [email protected].
NI
I
S
S
LE
ata nel 1945 nei pressi dell’abitazione
del vicario parrocchiale, la struttura,
gestita prima dalla congregazione
“Sorelle della Sacra Famiglia”, dal 2000
è diretta da un Comitato di Gestione
con personale laico. La scuola apre le
porte ai genitori sabato 19 dicembre
dalle 10.00 alle 12.00 e giovedì 21
gennaio dalle 16.00 alle 18.00. L’offerta
formativa nella sua proposta è quanto
mai originale: non ci sono cattedre
ma spazi esperienziali per favorire lo
A
S
e ne è andato, il 30 ottobre, Sergio
Menegolli, una delle persone più
carismatiche del paese, definito dai
responsabili della Pro Loco il «cardine
della vita associativa del paese». Una
grande perdita per la famiglia – la
mamma Rosetta, la moglie Maria Teresa
Salvagno, i figli Stefano e Sabrina e i
parenti – e per il territorio: era amico
di tutti e partecipava intensamente alla
vita del paese. Nel 2000 Sergio venne
eletto presidente dell’Associazione del
gemellaggio
Grezzana-Bodenheim
(provincia di Mainz, Germania), che ha
fatto vivere intensamente lungo questi
15 anni, meritandosi a pieno titolo di far
parte anche del Comitato Provinciale
Gemellaggi. Tra i suoi obiettivi aveva
anche quello di presentare ai gemelli
tedeschi, un paese accogliente e
ordinato. Già, amava il bello e l’arte:
incideva bellissime opere su rame. Sergio
- solare, entusiasta, sempre pronto alla
battuta e alla mediazione - riteneva
l’amicizia il valore umano fondante e su
sviluppo individuale del bambino. Le
maestre attuano la regia educativa
come metodo, non sostituendosi al
bambino nelle piccole grandi scelte
che passano anche dal colore del
pennarello. Suddivisi in due sezioni
eterogenee, i bimbi ( al massimo una
quarantina) diventano protagonisti
della loro crescita educativa. Oltre alla
psicomotricità da quest’anno è previsto
anche l’insegnamento dell’inglese.
Per info: 045-907449.
a cura di
Alessandra Scolari
questo instaurava tutti i suoi rapporti. Ha
detto bene la figlia Sabrina durante la
messa di commiato «non avevi paura di
niente, ti ho visto felice, preoccupato e
arrabbiato, però mai triste. Mi spronavi a
sorridere per te e per gli altri. Ringrazio
Dio di avermi fatto nascere nella nostra
aperta famiglia. Se uscivo con te ci
fermavamo ogni momento a salutare
qualcuno, se poi c’era anche la mamma
era fatta…». Il celebrante don Piergiorgio
Belloni, parroco di Stallavena, ha detto
«Sergio era un guerriero che si è sempre
prodigato per tutti, che amava la vita ed
era felice quando lo erano anche gli altri».
Spronando la comunità riunita in chiesa a
seguirne l’esempio «prendiamoci a cuore
la nostra vita e quella della comunità,
nella quale ciascuno può dare il meglio
di sé». Anche Hildegard Banderne
rappresentante
dell’Associazione
Gemellaggio
di
Bodenheim
ha
ricordato «il grande talento di Sergio,
impregnato nell’entusiasmo e nella forza
dell’amicizia».
NA
l risultato dello scorso anno ha stupito
piacevolmente tutti. E la piccola
Fraternità Lessinia, associazione nata nel
1985 a Corbiolo di Bosco Chiesanuova,
ha scelto di riproporre la fortunata
campagna di vendita dei cesti natalizi.
Lo scopo dell’iniziativa è in primo
luogo legata all’operatività dei ragazzi
con disabilità, impegnati sia nel
confezionamento dei cesti che nella
realizzazione e creazione dei manufatti
N
ZZA
ECCO i cesti natalizi della Piccola Fraternità, pieni di cose buone
I
O
GRE
NA
permesso il suo recupero ed utilizzo.
Lavori che sono rientrati in un progetto
più ampio di manutenzione generale,
che dall’ottobre 2014 ad oggi è culminato
nel recupero delle facciate esterne,
del campanile e delle annesse stanze
parrocchiali». Costruita probabilmente
sul luogo di una preesistente chiesetta
chiamata “la Gesiola”, questa piccola
prima chiesa fu eretta intorno alla metà
del Cinquecento.
VE
itorna agli splendori di un tempo
la chiesuola dedicata a Santo
Stefano Protomartire grazie al lavoro
degli artigiani di Confartigianato, al
prezioso contributo di Edilcassa Veneto
e all’intervento formativo di UPA Servizi.
«La chiesa – ha riferito l’Arch. Gianfranco
Dalle Pezze, progettista e direttore dei
lavori - lasciata per molti anni all’incuria,
è stata oggetto, dal 2008, di una serie di
lavori di manutenzione interna che hanno
ROM
AN
AGN
Il paese saluta Sergio Menegolli
LLA
R
entusiasmo, per il buon risultato della
tradizionale manifestazione. Coordinati
dalle instancabili sorelle Goretta e
Rosanna Braga, i volenterosi aiutanti
sono già all’opera dall’estate scorsa.
L’apertura del mercatino è prevista nei
giorni dal 6 all’ 8 dicembre, presso Sala
Mariotti. Per festeggiare i cent’anni
della scuola ci sarà un piccolo momento
di festa nei pressi della chiesa.
www.infanziastelle.it
S TA
Restaurata la chiesa di S. Stefano Protomartire
Spicchi
La scuola materna parrocchiale compie 70 anni
Torna l’appuntamento (imperdibile) con il mercatino
aria
m
a
t
san stelle
in
a
a cura di Chiara Boni
Grotta: UN padiglione p er ospitare lab oratori e ricerc A
G
Bu ona mu s ica p er u na bu ona ragione
à
ANE
Grotta è un patrimonio di tutti», ha ricordato
il sindaco di Fumane Mirco Frapporti,
durante l’inaugurazione il 17 ottobre
scorso. E infatti, la Grotta, conosciuta
come uno dei maggiori monumenti
della preistoria antica, è un giacimento
di estremo interesse per comprendere il
grande cambiamento biologico e culturale
avvenuto nell’evoluzione umana attorno a
40.000 anni fa. Il prossimo progetto sarà la
messa in sicurezza del sito, provvedimento
già in programma per l’anno prossimo.
CITT
FUM
ioiello archeologico della Valpolicella,
oggi, la Grotta di Fumane è pronta
per accogliere i visitatori con una nuova
struttura annessa. L’edificio, fresco di
realizzazione grazie all’impegno della
Comunità Montana della Lessinia con
il contributo del GAL Baldo-Lessinia
attraverso i fondi del PSL (Programma
di Sviluppo Locale, ndr) 2007-2013, sarà
destinato a fungere da biglietteria, sala
conferenze e laboratorio temporaneo per
studiare i primi risultati degli scavi. «La
S
i terrà domenica 13 dicembre “Un
grande evento per un grande aiuto”,
organizzato dall’associazione Voci Volti
Onlus di Verona. La Onlus si occupa da
diversi anni di cooperazione internazionale
in paesi in via di sviluppo in particolare in
Africa, in Tanzania, Mozambico e Guinea
Bissau. L’evento si svolgerà in Gran Guardia
e segna quest’anno la sua terza edizione.
L’idea di questo evento, patrocinato dal
Comune di Verona e con il contributo
di AGSM e Amia, nasce dall’intento di
coniugare una serata di musica a un preciso
progetto di solidarietà che coinvolga il
maggior numero di persone possibile.
La serata sarà animata dalla band
fiorentina Killer Queen, e vedrà il sostegno
al progetto ”Amabilis Bakery”, che vuole
realizzare un panetteria a Morogoro, nella
Tanzania centrale.
IN CUCINA CON
50 0g r di ca stag ne
a ve lo
10 0g r di zu cc he ro
o am ar o
2 cu cc hi ai di ca ca
2 cu cc hi ai di latt e
or e
1 cu cc hi ai no di li qu
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mo ar e
50 0m l di pa nn a da
61
La birra artigianale di Verona prodotta in Lessinia.
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euro
TRIS
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4 p atat e a m
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sal e, pepe
v e r g in e
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1 bottiglia da 75 cl
(Pils o Fosca)
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euro
MEDIUM
1 bottiglia da 150 cl
(Fosca)
Incidete le castagne e fatele cuocere in acqua bollente per 40 minuti. Estraete la polpa con un cucchiaino
poi schiacciatela col passaverdure. Unite cacao, zucchero, liquore e latte, impastate bene e ripassate nel
passaverdure. Montate la panna e componete il dolce.
[email protected]
Nicole Scevaroli
14,90
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Sbucciate e lavate le patate. Tagliatele a cubetti
poi fatele cuocere in acqua bollente per 5 minuti. Scolate, asciugate e condite con olio, sale,
pepe e rosmarino fresco. Adagiatele sulla banda
del forno ed infornate a 200 gradi per 20 minuti.
Le Ricette dal Mondo di
NICOLE
Ciao! Mi chiamo Nicole Scevaroli,
Abito a Poiano ed ho una grande passione per la cucina. Sono
l'autrice del blog senzalattesenzauova.blogspot.it nel quale propongo
ricette per intolleranti. In questa rubrica vorrei suggerirvi delle
ricette semplici, sane, divertenti e golose per trasmettervi la mia
voglia di cucinare, infornare ed assaggiare!
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LA
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Sc o p r i le n s . p ro m oz io n i a l s ito : w w w . less te r . it
I prez z i so n o c o n s i d erati c o m pres i d i I VA
BIG
62
ADICONSUM Consumatori consapevoli
Chiamate promozionali?
D iamoci un taglio
di Carlo Battistella per Adiconsum Verona
Frantoio Arvedi
Il peggior incubo dell’utente di telefonia, con un po’ di pazienza ed alcune accortezze, può
essere eliminato o, perlomeno, ridotto.
L
a prima domanda che salta
in mente dopo aver spiegato
all’ennesimo zelante promoter che la sua offerta non ci interessa è «ma come fanno queste
società ad avere il mio numero?».
I casi principalmente sono due.
Se il marketing telefonico affligge una linea di utenza fissa è
molto probabile che il venditore
abbia preso il contatto direttamente dall’elenco.
Ciò si può impedire chiedendo al
proprio gestore la rimozione del
nominativo dagli elenchi oppure
effettuando l’iscrizione nel Registro Pubblico delle Opposizioni
(www.registrodelleopposizioni.
it). Tramite quest’ultimo strumento il numero rimarrà pubblicato ma non potrà essere utilizzato per finalità promozionali.
Quando invece ad essere bersaglio di chiamate promozionali sono linee fisse “riservate”
oppure telefoni cellulari è probabile che il numero sia stato
consegnato al venditore proprio
dall’utente stesso.
Infatti, in ogni occasione
in cui si stipula un contratto, si effettua
una registrazione sul web, si
partecipa ad
un concorso, è
prassi compilare il modulo
co n te n e n te
i propri dati
personali.
Anche il dato
r i g u a rd a n te
il numero di
telefono, quasi sempre indicato come
obbligatorio,
viene trascritto e consegnato, senza
troppi
pensieri, all’interlocutore
di
turno. Fino qui niente di male. È
normale che per instaurare un
rapporto giuridico le parti siano
precisamente individuate e conoscano le rispettive identità.
Il problema sorge successivamente quando, per fretta o leggerezza, si appongono due-tre
firme - oppure si clicca in sequenza sul pulsante “accetto”senza leggere con attenzione
per cosa si sta prestando consenso.
Attenzione quindi alle sottoscrizioni plurime con cui le aziende acquisiscono il benestare al
trattamento dei dati personali a
fini commerciali ed anche per la
cessione dei dati stessi a società
terze. È di fondamentale importanza sapere che non sono leciti
i moduli con la casella del ‘sì’ già
contrassegnata così come non è
corretto il comportamento della
società che sostengano di non
poter dare corso agli impegni
contrattuali se non si rilascia il
consenso al trattamento dei dati
personali per finalità promozionali (il supermarket che si rifiuta
di concedere la tessera fedeltà o
il gestore di telefonia che non attiva l’offerta o il sito web che si rifiuta di prestare un servizio, ndr).
Leggere con accuratezza e
spuntare le caselle dei ‘no’ sono
accorgimenti utili per evitare
un’ulteriore dispersione dei propri dati personali, ma è anche
possibile impedire a chi già possiede il nostro numero di telefono di continuare ad utilizzarlo.
Infatti, il consenso al trattamento dei dati personali può essere
modificato o revocato in qualsiasi momento esercitando i diritti
previsti dal Codice della Privacy.
Per prima cosa bisogna chiedere
all’operatore che ci sta telefonando da dove ha attinto il numero di telefono.
Bisogna poi chiedere chi è il responsabile del trattamento dei
dati ed infine opporsi ad un futuro utilizzo del dato. Se ciò non
bastasse si dovrà inoltrare una
formale richiesta al titolare del
trattamento dei dati personali
tramite i moduli predisposti dal
garante della Privacy per la cancellazione dei dati (www.garanteprivacy.it). E se ancora non fosse sufficiente
ci si potrà rivolgere ad Adiconsum Verona per presentare ricorso al Garante o, nelle ipotesi
più gravi, ricorrere all’Autorità
Giudiziaria.
è P R O N T O L’ O L I O N U O V O
Pr o duzio ne e c o nf e zio name nt o ne l p r o p r io f r a n to i o
i n lo c a li tà C u zza n o c o n so le o li v e d i p ro p ri e tà
t e l . 0 4 5 90 7 0 4 5 - fa x 0 4 5 2 3 7 5 5 7 1 - o l e i f i c i o @ v i l l a rv e d i . i t
64
divisione
il calore di casa
ZERO
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Lun - Ven 7.00-12.00 - 13.00-18.00 Sab: 8:00-12:00 - Domenica Chiuso.
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