Diario Politica dell’insulto quando si cancella la democrazia PD-1F Fondatore Eugenio Scalfari ❋ Anno 39 - N. 31 www.repubblica.it in Italia € 1,30 “Pia dolce bimba mia” Balotelli commosso si riscopre papà Il cinema in regalo con RSera i nuovi film della settimana ESPOSITO, RECALCATI E URBINATI NZ Lo sport Per i lettori abbonati a Repubblica+ ENRICO CURRÒ ALVOHXEBbahaajA CIDEDGDODU Direttore Ezio Mauro (PROV. VE CON LA NUOVA DI VENEZIA E MESTRE € 1,20) giovedì 6 febbraio 2014 9 770390 107009 40206 SEDE: 00147 ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO, 90 - TEL. 06/49821, FAX 06/49822923. SPED. ABB. POST., ART. 1, LEGGE 46/04 DEL 27 FEBBRAIO 2004 - ROMA. CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ: A. MANZONI & C. MILANO - VIA NERVESA, 21 - TEL. 02/574941. 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SERVIZI DA PAGINA 2 A PAGINA 7 L’analisi La difesa delle istituzioni GIANLUIGI PELLEGRINO A PRIMA cosa da tenere ben presente è che la ributtante compravendita di senatori per fare cadere un legittimo governo repubblicano, è stata persino confessata da uno dei diretti protagonisti. Quindi tutto si può dire, fuorché che il processo a Berlusconi non sia assolutamente dovuto per l’accertamento definitivo della verità nel giusto contraddittorio tra le parti. SEGUE A PAGINA 25 L Il retroscena Quel pressing su Letta “Sei sicuro di reggere?” GOFFREDO DE MARCHIS IL giorno del pressing su Enrico Letta per capire se il governo è in grado di reggere. Un giro di pranzi, colloqui, telefonate e voci di corridoio che contengono tutte le stessa domanda rivolta al premier: «Sei sicuro di farcela?». Letta risponde che «sì certo, possiamo andare avanti. Ottenere dei risultati come quelli di Alitalia, dell’Inps, degli investimenti dal Kuwait. E accompagnare il percorso delle riforme». Il presidente del Consiglio è forte del sostegno pieno del Quirinale, lo snodo principale di un’eventuale crisi. SEGUE A PAGINA 5 È FRANCESCO ERBANI LUISA GRION Nessuno lo aiuta a fermare il ladro Scippo nei vicoli di Napoli solo l’immigrato interviene IL PREZZO DEL COLOSSEO La lettera “La ghigliottina non si ripeterà” Pietro Grasso SALVATORE SETTIS LAURA BOLDRINI A PAGINA 25 Pedofilia, dall’Onu dura accusa al Vaticano ENZO BIANCHI OLO un anno fa, alla vigilia delle inattese dimissioni di Benedetto XVI, la chiesa cattolica era nel mezzo della bufera a causa da un lato della progressiva e sempre più drammatica emersione dello scandalo degli abusi su minori commessi da suoi membri. SEGUE A PAGINA 24 S MARCO ANSALDO CITTÀ DEL VATICANO UESTO attacco è uno schiaffo alla Chiesa». Il monsignore che a tarda sera si aggira ancora per le stanze della delegazione vaticana alle Nazioni Unite, a Ginevra, non si dà pace. E sembra non spiegarsi il motivo dell’affondo — «portato a freddo», dice — dal Comitato Onu sui diritti dell’infanzia. SEGUE A PAGINA 12 FLORES D’ARCAIS E RODARI ALLE PAGINE 12 E 13 Q Il caso A DAVVERO è possibile, consigliabile, lodevole ammucchiare nello stesso shopping cart il Colosseo e Tintoretto, La dolce vita e Machiavelli, Bernini e la Traviata? Se veramente lo dice la Corte dei conti, dovremo prendere sul serio la notizia rimbalzata dal Financial Times. Ma a chi fa il conto della spesa si ha il diritto di chiedere un dettagliato breakdown: quanto vale Caravaggio? Come prezzare Dante e Petrarca? E l’impero romano, dove lo mettiamo? Per non dire di altri prodotti della creatività italica, dal sonetto al pianoforte, dall’opera lirica al papato. Ci siamo allenati a simili esercizi, negli ultimi anni: quando il ministero delle Finanze, in clima di cartolarizzazioni e di finanza creativa, ha fissato il prezzo delle Dolomiti e dei templi di Paestum (in un numero da collezione della Gazzetta Ufficiale le Dolomiti furono prezzate 866.294 euro, con scarsissimo beneficio di stambecchi e sciatori). ALLE PAGINE 27, 28 E 29 M “Permessi migliaia di abusi”. La replica: no alle interferenze LA DENUNCIA E L’INGERENZA Quanto vale la bellezza nella Penisola del tesoro Il video con lo scippatore che viene aiutato dai passanti CONCHITA SANNINO NAPOLI N MINUTO e diciannove secondi. Un film così breve in cui c’è tutto. Il coraggio di uno e l’omertà di tanti. Un minuto e pochi secondi: tempo sufficiente, a Napoli, perché un bandito tenti un colpo. SEGUE A PAGINA 18 U L’inchiesta Il numero chiuso si restringe ancora: supereranno il test 2mila studenti in meno La spesa salita del 25% rispetto agli anni ’70, colpa dei buchi nel welfare “Troppi dottori senza lavoro” Medicina taglia i posti del 20% Dalla culla alla maggiore età un figlio costa 171mila euro SALVO INTRAVAIA ALTA a sorpresa, un quarto dei posti per l’accesso a Medicina. Perché negli uffici di viale Trastevere “temono che un numero maggiore possa creare medici disoccupati”. Il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha pubblicato ieri il decreto che fissa modalità e posti per il test del prossimo 8 aprile. SEGUE A PAGINA 16 S Pd diviso, i 5Stelle esultano “Era un regalo alle lobby” La Corte dei conti critica il bilancio in arrivo sanzioni per Mastrapasqua Caos sulla Rc-auto salta la legge su sconti e scatola nera Affitti d’oro e appalti scure da 500 milioni sugli sprechi dell’Inps BORGOMEO E CONTE A PAGINA 9 AUTIERI E TONACCI A PAGINA 11 ETTORE LIVINI MILANO FIGLI so piezz’e core. Buoni, belli, dolci, cari. Anzi, per dirla tutta, carissimi: «Guardi qui: passeggino Peg Perego, sconto 30%, 349 euro. Lettino para-colpi 111 euro, altri 73,5 per il seggiolone low-cost. Bavaglino con Minnie 5,37». Diana Guarnieri ha capito l’antifona. SEGUE A PAGINA 19 I GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 2014 Il caso Gli spettacoli Testosterone la mania Usa contro il calo del desiderio Anna Netrebko “Altro che diva mio figlio conta di più” FEDERICO RAMPINI ANNA BANDETTINI ■ 27 Dai monumenti alla letteratura il nostro patrimonio vale più di 200 miliardi. Così l’Italia può trasformare in Pil le sue bellezze FRANCESCO ERBANI LUISA GRION iamo poveri, ma “belli”. Talmente belli e ricchi di cultura che nel valutare la solidità finanziaria dell’Italia varrebbe la pena di tenerne conto: non di sola industria, infatti, vive un Paese, ma anche della ricchezza che può produrre la sua arte, la sua storia, il paesaggio. Fonti di reddito che le agenzie di rating si guardano bene dal considerare, e sulle quali invece la Corte dei conti non intende più tacere. Tanto che ha aperto un’istruttoria nei confronti di Standard & Poor’s e dell’«incauto» declassamento che l’agenzia ci ha propinato nel 2011. Un crollo che ci ha fatto versare lacrime e sangue in termini di spread, pressione fiscale, fiato sul collo da parte di mezza Europa. Cosa sarebbe successo invece se l’agenzia avesse tenuto conto del valore, materiale e non, del nostro patrimonio artistico e culturale? Voci non confermate dalla Corte dei conti stimano in 234 miliardi il danno subito. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE S La Penisola del tesoro SALVATORE SETTIS a davvero è possibile, consigliabile, lodevole ammucchiare nello stesso shopping cart il Colosseo e Tintoretto, La dolce vita e Machiavelli, Bernini e la Traviata? Se veramente lo dice la Corte dei conti, dovremo prendere sul serio la notizia rimbalzata dal Financial Times. Ma a chi fa il conto della spesa si ha il diritto di chiedere un dettagliato breakdown: quanto vale Caravaggio? Come prezzare Dante e Petrarca? E l’impero romano, dove lo mettiamo? Per non dire di altri prodotti della creatività italica, dal sonetto al pianoforte, dall’opera lirica al papato. Ci siamo allenati a simili esercizi, negli ultimi anni: per esempio quando il ministero delle Finanze, in clima di cartolarizzazioni e di finanza creativa, ha fissato al centesimo il prezzo delle Dolomiti e dei templi di Paestum (in un numero da collezione della Gazzetta Ufficiale le Dolomiti furono prezzate 866.294 euro, con scarsissimo beneficio di stambecchi e sciatori). SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE M ENRICO FRANCESCHINI OGGI SU REPUBBLICA.IT GIOVEDÌ Spazio Sport UNO SCIOPERO PARTICOLARE Nell’asteroide c’è il segreto del sistema solare Sochi 2014 Scopri il nostro speciale Web Love App la passione è virtuale Spettacoli Immagini iPad Home Session la musica in casa di chi la fa Vita in tribù i Kajang del Borneo L’iniziativa ON DEMAND TUTTA LA PUNTATA DI WEBNOTTE mmaginate la scena. Da una parte, 3 milioni di passeggeri che ogni giorno usano l’Underground, la metropolitana di Londra. Dall’altra, 19 mila dipendenti della società pubblica che la gestisce. In mezzo, i sindacati che indicono uno sciopero di 48 ore contro un piano per tagliare 1000 posti di lavoro, chiudere tutte le biglietterie (ormai ci comprano i biglietti soltanto il 3 percento dei passeggeri — gli altri li prendono alle casse automatiche) e tenere aperto il metrò 24 ore su 24 nel week-end (ora chiude all’1 di notte). Risultato: code chilometriche per i bus, traffico congestionato, strade invase dai pedoni. Una giornata particolare. Eppure non una giornata di caos o tensione. Nessuno insulta gli scioperanti. Gli addetti al metrò, sulle poche linee che funzionano a intermittenza, danno informazioni con cortesia. Il capo del governo e quello dell’opposizione, in parlamento, discutono il problema senza retorica. I sindacati fanno appello a riprendere il negoziato. Il sindaco promette che quasi tutti gli esuberi saranno volontari. Dateci un po’ d’Inghilterra, please. I © RIPRODUZIONE RISERVATA la Repubblica L’INCHIESTA R2CRONACA GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 2014 ■ 28 La ricchezza prodotta dalla filiera culturale, con gli incassi di monumenti e musei e le entrate dell’indotto, supera i 214 miliardi Più che una realtà, un potenziale perché manca una politica di sviluppo. Ma che sarebbe successo se Standard & Poor’s avesse tenuto conto del patrimonio materiale e non? L’attrattività dei paesi (2012) valore rispetto al 2011 214,2 mld di euro Il valore della filiera culturale nel 2012 pari al 15,3% del Pil fonte: Fondazione Symbola e Unioncamere Per 1 euro prodotto da un museo o da un sito archeologico se ne generano altri 2 di ricchezza per il territorio e l'artigianato artistico Industrie culturali e creative (2012) 75,5 mld di euro Il valore aggiunto prodotto dall'industria culturale e creativa pari al 5,4% del valore aggiunto prodotto dalla nostra economia nel 2012 1 Svizzera 1 posizione in più 2 Canada 3 Giappone 4 Svezia 5 Nuova Zelanda 1 posizione in meno 1 posizione in più 2 posizioni in più 2 posizioni in meno 5 posizioni in meno 15 Italia La top 5 della cultura (2012) valore rispetto al 2011 valore aggiunto Industrie creative 35.535,9 47,1% 1 Italia Industrie culturali 35.029 46,4% 2 Francia Patrimonio storico-artistico 1.091,4 1,4% 3 Giappone Performing arts e arti visive 3.863,4 5,1% 4 Svizzera 5 Regno Unito fonte: elaborazione Federculture su dati Unioncamere, Fondazione Symbola stabile stabile 3 posizioni in più 7 posizioni in più 7 posizioni in meno Italia Quanto vale la bellezza (segue dalla copertina) FRANCESCO ERBANI LUISA GRION a si può ridurre la cultura, nelle sue molteplici fonti, ad un numero da inserire in bilancio? Ci ha provato uno studio realizzato dalla Fondazione Symbola e dall’Unioncamere (“Io sono cultura. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”) che mettendo assieme gli incassi di mostre, musei, monumenti con le entrate garantite dall’indotto — dal- M Vantiamo la più alta densità e qualità di siti: un euro speso ne genera altri due l’artigianato agli alberghi, alla filiera culturale portata alla sua massima espansione — stima in 214,2 miliardi di euro la ricchezza prodotta dall’ampio settore. Il 15,3 per cento del Pil, un vero e proprio tesoro accumulato nel “campo dei miracoli” del sistema cultura. Dove un euro speso per visitare un museo ne genera altri due in termini di ricchezza per il territorio. A sentire Federculture, l’associazione delle aziende pubbliche e private che operano nel settore, più che di una realtà si tratta però di un potenziale. «Siamo il Paese con la più alta densità e qualità di siti culturali e la Corte dei conti fa bene a chiedere che di questo patrimonio si tenga conto valutando il rating — precisa il presidente Roberto Grossi — ma essere belli non basta. Al di là dei tagli negli investimenti alla cultura, manca una politica di sviluppo e la capacità gestionale nel fornire offerta. Ancora non ci rendiamo conto che senza la tecnologia non si va La polemica Agenzie di rating, il Pd annuncia un’indagine Non solo Standard & Poor’s: la mancata valutazione del patrimonio culturale ha alzato le polemiche sulla validità stessa delle agenzie di rating. Moody’s e Fitch comprese. Il ministro dell’economia Saccomanni, ha ribadito il loro «ruolo eccessivo». Un gruppo di deputati del Pd ha al contrario sollevato il dubbio che quella della Corte dei conti sia «un’inchiesta show che rischia di danneggiarci a livello internazionale». Ma Francesco Boccia, presidente Pd in Commissione Bilancio ha annunciato «un’indagine conoscitiva». La Prestigiacomo di Forza Italia ha commentato: «Il Pd faccia pace con se stesso». da nessuna parte: dei 3.800 musei presenti sul territorio solo il 3 per cento ha una applicazione per lo smartphone, solo il 6 è dotato di audioguide o dispositivi digitali. La convivenza fra pubblico e privato non è scandalosa: è necessaria». Essere belli, appunto, non basta. E di fatto negli indici di attrattività del Paese (Country brand index) se siamo stabili al primo posto per la voce cultura, tenendo conto della qualità della vita offerta, della sicurezza, delle infrastrutture scivoliamo, nell’indice globa- le, alla quindicesimo gradino. Un dato rilevante, nell’iniziativa della Corte dei conti, lo scorge Paolo Leon, fra i padri fondatori delle discipline economiche che indagano le vicende culturali, direttore della rivista Economia della cultura (il Mulino): «È la prima volta che un organo pubblico di quel rango considera il patrimonio storico-artistico e di paesaggio come parte del capitale collettivo della nazione. In fondo lo Stato ha protetto, come ha potuto, i nostri beni, ma non ha mai riconosciuto il loro valore». Valore: ma qual è il valore di un palazzo cinquecentesco o di una torre medievale? È possibile attribuirgliene uno? Annalisa Cicerchia, anche lei economista della cultura, la prende alla lontana: «Il valore non è fra le proprietà intrinseche di un bene. È legato alla capacità di soddisfare bisogni. Qual è il valore del paesaggio toscano, paesaggio simbolo Non si può stimare il patrimonio immobiliare storico-artistico: non c’è un elenco del nostro paese? Da quando i primi inglesi hanno scoperto i casali abbandonati e li hanno comprati, sono arrivati tanti altri inglesi e i valori immobiliari sono cresciuti. È cresciuto con loro il valore del paesaggio? Indirettamente sì. Anche se è possibile quantificare solo l’incremento medio del costo a metro quadrato di un immobile». Leon è affezionato all’idea che un bene culturale, conservato, tutelato e fruibile, assicuri effetti positivi a una comunità nel suo complesso e non solo alle sue tasche. In linea teorica valutazioni monetarie si possono compiere. «Quantificare il valore del Colosseo è facilissimo, lo hanno già fatto. Più difficile è quantificare Dante Alighieri». Ma ha senso la quantificazio- @ la Repubblica GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 2014 PER SAPERNE DI PIÙ www.federculture.it www.symbola.net ■ 29 Il brand COLOSSEO DUOMO TOUR EIFFEL Il brand del Colosseo vale 91 miliardi secondo la Camera di commercio di Monza e Brianza Il marchio del simbolo di Milano ha un valore di 82 miliardi. Meno della Sagrada Familia che ne vale 90 Valutazione record per il brand del monumento più famoso della Francia: oltre 434 miliardi di euro I NOSTRI BENI IMMATERIALI NON SONO MERCE IN VENDITA SALVATORE SETTIS (segue dalla copertina) i siamo allenati fin troppo, in questi anni devastati e feroci, a monetizzare ogni valore, ad attaccare il cartellino del prezzo al collo di tutte le statue, alla croce di tutte le chiese, a ripetere come una giaculatoria la stupida formula dei “giacimenti di petrolio”, degradando il nostro patrimonio a serbatoio da svuotarsi per far cassa, senza nulla lasciare alle generazioni future. Ma il patrimonio culturale non è petrolio, è l’aria che respiriamo, il sangue nelle vene, la carne di cui siamo fatti. È per la comunità dei cittadini (quella che l’art.9 della Costituzione chiama Nazione) ciò che la memoria e l’anima sono per ognuno di noi. Non c’è prezzo che tenga, i 234 miliardi chiesti a Standard & Poor’s non bastano per un verso di Dante (o di Omero, o di Shakespeare). Alle effimere improvvisazioni dei prezzatori nostrani contrapponiamo la riflessione ben più seria di chi ha mostrato di saper riflettere sui valori del patrimonio culturale. Basta varcare le Alpi, e appena giunti in Francia ci coglie un moto d’invidia. Il rapporto “L’économie de l’immateriel” considera i valori immateriali (non prezzabili) come il fondamento della crescita di domani: «C’è una ricchezza inesauribile, fonte di sviluppo e di prosperità: il talento e la passione delle donne e degli uomini», si legge nella prima pagina. Talento e passione innescati, alimentati, sorretti dalla memoria culturale. Il rapporto, firmato da Maurice Lévi e Jean-Pierre Jouyet, è stato commissionato dal ministero dell’Economia, e giunge alla conclusione che i valori immateriali «nascondono un enorme potenziale di crescita, che può stimolare l’economia della Francia generando centinaia di migliaia di posti C ne, se nessuno può comprarlo l’Anfiteatro Flavio? «Il problema è proprio questo», prosegue Leon. «È che alle agenzie di rating non interessa tanto il contributo della cultura al valore del patrimonio collettivo quanto il valore di mercato della fruibilità del bene». Leon di valutazioni monetarie ne ha compiute nella sua carriera. È capitato con le mura di Ferrara disegnate da Biagio Rossetti fra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento: «Abbiamo calcolato quanto spazio quelle mura hanno sottratto a una potenziale espansione della città proprio in quel luogo: il mancato guadagno in termini, diciamo, di speculazione edilizia è il valore di quelle mura». Ma si tratta di un valore ipotetico che, indicizzato nei secoli, serve ai cittadini di Ferrara, insieme alla sua bellezza intrinseca, per capire che importanza ha la cinta muraria e quanto conviene tutelarla al meglio. Non essendoci compratori possibili, quel valore serve ad aumentare la consapevolezza civica. E se quel bene, per assurdo, fosse rimuovibile, esportabile? «Tutto ciò che è esportabile ha valore», replica Leon, «ma ricordo il dibattito di alcuni anni fa quando qualcuno disse: perché non vendiamo i tanti cocci che abbiamo nei depositi, che nessuno vede, che farebbero felici i musei americani e che ci farebbero incassare tanti soldi? Si scoprì che avremmo guadagnato pochissimo e qualcuno si rese conto che se si fosse aperta una breccia con i pezzi dei depositi, poi si sarebbe passati a vendere ben altro». Il Colosseo non è vendibile, come non è vendibile l’area archeologica pompeiana. Non avendo mercato, non hanno un valore Il patrimonio culturale italiano è formato da beni materiali e immateriali 4.588 Monumenti, musei e aree archeologiche 46.025 Beni architettonici vincolati 12.609 Biblioteche 34.000 Luoghi di spettacolo 49 Siti Unesco (5% del totale e 11% di quelli europei) Il confronto 3 volte I musei della Francia 2 volte I musei della Spagna 4 volte Le biblioteche francesi 2 volte Le biblioteche spagnole monetario. Ma spunta un altro problema. «In Italia abbiamo elenchi di musei e di aree archeologiche, ma non abbiamo un elenco del patrimonio immobiliare storico-artistico», insiste Cicerchia. «Lo rilevava anni fa l’economista Giacomo Vaciago, ci avevano provato a stilarne uno Franco Modigliani e Fiorella Kostoris, ma da allora nulla è cambiato: l’ultimo censimento risale alla Carta del rischio del 1996». Senza un elenco non si può fare una stima complessiva. E non si può fissare un prezzo, sostengono all’unisono gli economisti che si occupano di cultura. Più percorribili sono altre strade di ricerca. Una la indica Leon: «Non è possibile escludere la cultura, o l’ambiente, dagli indicatori di benessere di una comunità». Cicerchia invita a seguire le linee fissate da economisti come Jean-Paul Fitoussi che spingeva ad andare “oltre il Pil”, una direzione intrapresa anche dall’Ocse, che ha sollecitato a includere il paesaggio e la partecipazione ad attività culturali fra i fattori che segnalano il benessere. Leon: «Ne parlavamo molti anni fa con Renato Nicolini, allora assessore romano alla Cultura: non sarebbe meglio, dicevamo, se si smettesse di scaraventare ragazzini demotivati in giro per le città d’arte e invece si inserisse la visita a un museo come parte integrante del curriculum, intrecciandola con lo studio della storia, della geografia e della scienza e non abbandonandola al genere gita scolastica? Ne guadagneremmo tanto, in termini economici come paese, perché formeremmo cittadini migliori e più profondi. Ecco qual è il valore dei beni culturali». © RIPRODUZIONE RISERVATA di lavoro, e conservandone altrettanti che sarebbero altrimenti in pericolo». Un ministro dell’Economia italiano che si ponga questo problema non si è mai visto. Ma possiamo almeno sperare che i nostri ministri dell’Economia, dei Beni culturali, dell’Istruzione, dell’Ambiente, si mettano intorno a un tavolo col presidente del Consiglio, e magari qualche esperto della Corte dei conti, a studiare collegialmente il rapporto dei cugini d’Oltralpe? Imparerebbero, per esempio, che la confusione tutta italiana fra il “mecenatismo”, la “sponsorizzazione” e l’invasione di imprese for profit nei musei svanisce tra Ventimiglia e Mentone. E che, eliminata questa confusione, l’eterno dibattito su pubblico e privato avrebbe l’unica possibile svolta virtuosa, adottando il principio della commissione Lévi-Jouyet: «Condurre azioni di interesse generale con il concorso di finanziamenti privati», ma distinguendo fra il privato che intende donare (come la Fondazione Packard a Ercolano) e l’impresa che guadagna sulla biglietteria (secondo la sezione Lazio della Corte dei conti, nell’area archeologica di Roma il 69,8% degli incassi finisce al Gruppo Mondadori, alla Soprintendenza resta il 30,2%; a Palazzo Venezia, Civita prende il 70,75%, la Soprintendenza il 20,25%). È possibile normare l’immateriale anche in Italia, senza i vaneggiamenti sui “giacimenti culturali” che ci appestano da decenni? È possibile distinguere chi entra in un museo con lo spirito del donatore da chi vi entra solo per far profitti? Sarebbe più facile rispondere “sì”, se il Parlamento si decidesse a dare al governo la delega per l’aggiornamento del Codice dei beni culturali (è in programma da giugno, senza nulla di fatto). Se si leggesse con attenzione, prima del rapporto francese, la Costituzione italiana. © RIPRODUZIONE RISERVATA