AGGIORNAMENTO COPPIE 2013-2014 -
Scheda artistica
LE RADICI DEL MATRTIMONIO: IMMERSI, RIVESTITI E ILLUMINATI
Leggiamo le opere d’arte che ci accompagnano in questo percorso
1) Spiegazione del quadro di Van Gogh
Ramo di mandorlo in fiore o Ramo di mandorlo fiorito (Blossoming Almond Tree) è un dipinto ad olio
su tela di cm 73.5 X 92 realizzato dal pittore Vincent Van Gogh a Saint Rémy nel 1890, conservato ad
Amsterdam, Van Gogh Museum.
Partiamo dal più semplice e più familiare visto
cha Vincent Van Gogh ci ha accompagnato con
le sue opere in questi anni. Tra le sue opere
troviamo questo Mandorlo in fiore … lo
presentiamo perché si tratta del regalo che ha
fatto per il battesimo del nipote, figlio del
fratello.
In esso si percepisce la forza della natura che
sta sgorgando, fiorendo, una esplosione di vita.
La primavera di Van Gogh ci accompagna
come immagine di apertura: i rami e i fiori
esprimono la nostra vita, la nostra persona e
storia e la fioritura legata alle radici e
all’essere immersi nell’acqua di Cristo.
Alla nascita del loro bambino, Theo e Johanna scelgono di chiamarlo Vincent.
Van Gogh è profondamente commosso dal gesto e scrive a sua madre: “Ho iniziato subito una tela per il
figlio di Theo, da appendere nella loro camera da letto, una tela azzurro cielo... sulla quale si stagliano
grandi rami di fiori di mandorlo bianchi” (Lettera 627- St. Rémy, 20 febbraio 1890).
Nella tela dedicata all’amatissimo nipote, suo omonimo, è evidente anche la profonda ammirazione di
Vincent per l’arte giapponese. L’interesse per l’arte e la cultura giapponese è molto popolare in Europa
nella seconda metà del XIX secolo. Vincent Van Gogh menziona il Giappone più di un centinaio di volte,
in decine di sue lettere ad amici e parenti, riconoscendo, non solo il semplice influsso pittorico dell’arte
nipponica, ma rivelando anche la sua simpatia per i giapponesi “che vivono in natura come se essi stessi
fossero fiori “(Lettera 542).
Blossoming Almond Tree ha chiare influenze giapponesi e potrebbe essere stato ispirato da una delle
oltre 400 stampe della raccolta di Vincent e Theo (ora al Van Gogh Museum di Amsterdam).
La tela è appesa sopra il letto dei genitori: Theo scrive al fratello che il bimbo la guarda “affascinato”.
Van Gogh la concepisce come prima di una serie che, però, non potrà realizzare poiché subito dopo
averla completata è sconvolto da un’altra crisi e, ristabilitosi, la fioritura è finita.
Il suo commento è: “Se fossi stato in grado di andare a lavorare, avrei fatto altri alberi in fiore. Ora gli
alberi in fiore non ci sono quasi più, davvero non ho fortuna”.
Invece nel mese di gennaio il destino gli ha offerto una possibilità cui l’artista però, reagisce in modo
imprevedibile. Il critico d’arte Albert Aurier, in contatto con Émile Bernard, pubblica sulla rivista
ufficiale dei simbolisti, “Le mercure de France”, un articolo entusiastico sulla sua arte, il primo testo di
una bibliografia sterminata.
Alla madre scrive spaventato che “il successo è la cosa peggiore”.
Inoltre, a Bruxelles, a marzo, in occasione della settima mostra degli artisti indipendenti belgi , Van Gogh
è presente con sei quadri: di lui si parla, bene e male (Toulouse-Lautrec sfida persino a duello un collega
detrattore dell’opera dell’amico).
Una di quella tele, “Il vigneto rosso” (dipinta ad Arles nel 1888 e oggi al Museo Puskin di Mosca),è
acquistata per quattrocento franchi dalla pittrice Anne Bosch, sorella del pittore di cui aveva fatto il
ritratto ad Arles. (M.@rt)
2) L’opera di Hubert e Jan van Eyck “L’Agnello mistico”
TITOLO ORIGINALE:
DIO, ALLA SUA BEATA MADRE, E A TUTTI I SANTI
Opera eseguita tra il 1424 -1432, Olio su tavola, cm 375 x 260 chiuso; cm 375 x 520
aperto, conservato a Gand (Belgio) nella Cattedrale di san Bavone.
COMMENTO ARTISTICO
L. SALVETTI,
(2004), 4-6.
LO SVELARSI DEL CUORE DEL MISTERO,
in Evangelizzare 1
Le notizie sulla vita dei due fratelli Hubert e Jan sono abbastanza confuse e discontinue. La loro opera più
importante L’Agnello mistico è un’ampia «illustrazione», sviluppata nella formula, tradizionalmente
molto praticata, del polittico a battenti apribili. Viene collocata nella chiesa di S. Bavone, a Gand, il 6
maggio 1432. Tutta la complessa figurazione di questa articolata macchina pittorica, costituisce una
specie di percorso di avvicinamento per lo «svelarsi» del cuore del mistero.
A battenti chiusi, il polittico propone sinteticamente alcuni antefatti della Redenzione (profeti e sibille), il
momento in cui il «Verbo di Dio si fa carne» (Annunciazione), il contesto storico in cui questo evento
viene evocato e collocato al centro della vita di una Chiesa locale (i committenti Joos Vyd e la moglie
Isabelle Borluut) e i protettori dell’antica cattedrale di Gand, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.
IL FULCRO IDEALE
Le dodici tavole che compongono questa variegata figurazione hanno il loro fulcro ideale nel dipinto
centrale del registro inferiore: l’Agnello sta ritto sull’altare e versa il sangue in un calice. Sul paliotto
dell’altare vi è la scritta che ne indica il significato («Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del
mondo» - Gv 1,29). Attorno angeli adoranti, alcuni con gli strumenti della passione.
Davanti all’Agnello, una fontana di bronzo che è la «fonte della vita», come chiarisce l’iscrizione
sull’orlo ottagonale di pietra. Verso questo centro dal forte ed evidente simbolismo sacrificale ed
eucaristico convergono, dai quattro angoli, le schiere dei patriarchi, dei martiri, dei vescovi , dei
confessori e delle vergini. Nelle zone più esterne, nei due pannelli di sinistra e di destra, avanzano i
cavalieri (soldati di Cristo), gli eremiti e i pellegrini.
In questo affollamento di figure, qualche studioso ha compiuto lo sforzo di individuare personalità
particolari, santi del luogo, personaggi noti, nomi famosi e venerati.
IL PAESAGGIO
Tutta la composizione del registro inferiore trova la sua forma compositiva unitaria nello splendido
paesaggio che abbraccia i personaggi immergendoli in una umida e saporosa atmosfera da cui emergono i
profili di favolose città, azzurri monti lontani, cieli con fresche nuvole primaverili e i particolari più
accurati di piante e fiori per la delizia del botanico più esigente.
IL REGISTRO SUPERIORE
Il registro superiore del polittico si propone con figure imponenti al cui centro sta la presenza regale di
Cristo.
In questo modo, l’Agnello sacrificale assi-so sull’altare rafforza la sua esaltazione figurativa nella
dominante presenza di Cristo Re.
Così si sente risuonare la parola rivelatrice: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria
e potenza nei secoli dei secoli» (Ap. 5, 13).
Ai lati angeli musicanti ai quali i Van Eyck riservano una cura particolarissima e devota: strumenti e
arredi dagli intagli di gusto elegante, broccati dai disegni sontuosi, volti e capigliature di intensità
espressiva, gioielli rari che brillano di una luce quieta e affascinante.
Un’attenzione più precisa all’immagine centrale è doverosa per cogliere tutte le indicazioni simboliche
legate alla figura dell’Agnello e alla
fontana zampillante.
L’Agnello è in piedi ritto e solenne a
indicare la nobiltà e l’importanza del
gesto sacrificale.
«Poi vidi ritto in mezzo al trono... un
Agnello, come immolato» (Ap. 5, 6)
I Van Eyck descrivono il fiotto di sangue
che è raccolto nel calice, così come
innumerevoli pittori hanno fatto e
faranno descrivendo il sangue che sgorga
dal costato ferito del Cristo Crocifisso.
Il valore di questo sangue viene
sottolineato dai dodici zampilli della
fontana
della
vita,
avvalorato
dall’iscrizione sul bordo della fontana:
«Questa è la fonte dell’acqua viva che
scaturisce dal trono di Dio e
dell’Agnello» (Ap. 22,1).
Ad esaltare il carattere redentivo
dell’Agnello le figure di alcuni angeli che
sorreggono gli strumenti della Passione:
la croce, la corona di spine, la lancia e i
chiodi da un lato; dall’altro la spugna, la
colonna e i flagelli. Altri angeli
sventolano i turiboli dell’incenso perché
«l’Agnello che è stato immolato è degno
di ricevere potenza e ricchezza, sapienza
e forza, onore, gloria e benedizione» (Ap.
5, 12).
Tutto il dipinto ha subito, nel corso dei
secoli, rifacimenti, manomissioni, restauri dalla dubbia genialità, furti. L’occhio poliziesco dei critici più
severi elenca una lunga serie di «misfatti» perpetrati sul polittico dei Van Eyck. Anche se questi
interventi hanno indebolito la forza del linguaggio pittorico, quest’opera rimane sempre una grande
impresa artistica e uno straordinario documento di fede.
Qui risplende vivissima la luce dell’Agnello
Maria Gloria Riva, L’Agnello mistico, Mimepo-Docete, Pessano (Mi), 2007, 21-25.
Qui risplende vivissima la luce dell’Agnello, la luce dello Spirito Santo: un pozzo testimonia muto la
presenza dell’acqua, della vita. Il pozzo annuncia poi che siamo nel luogo dell’incontro tra la Sposa e lo
Sposo. Siamo invitati al banchetto di nozze dell’Agnello, proprio noi che abbiamo mangiato e bevuto con
Lui quel cibo che è promessa di risurrezione e di vita: l’Eucaristia.
L’Eucaristia è simboleggiata inequivocabilmente dall’Agnello che è ritto, ma immolato sull’altare. Dal
suo fianco sgorga un fiotto di sangue che viene raccolto entro un calice: questa è la vera sorgente di vita
della scena, da essa deriva la beatitudine dei beati.
Il pozzo è ottagonale e regge una fonte con dodici zampilli. Dodici sono anche gli angeli che attorniano
l’altare recando in mano i simboli della passione; dodici sono i pannelli che compongono il Polittico sia
all’interno che all’esterno. Otto il numero dell’ escaton, delle cose ultime, il dodici la totalità. Van Eyck
discretamente avverte i fedeli che mediane la liturgia si è introdotti in uno spazio “Altro”, nello spazio e
nel tempo della grazia. Uno spazio e un tempo in cui la fede trova forza e ristoro. “La fede — come recita
la Proposizione 16 del Sinodo sull’Eucaristia — si esprime nel rito e il rito rafforza e fortifica la fede”
(cfr. SC 6).
Forse ora anche la nostra vita si snoda qui, davanti al trono dell’Agnello, come questo sterminato corteo.
Nel contemplare la nostra vita così, quasi dall’alto, vediamo come la preghiera, la familiarità con la
Parola, con l’Eucaristia, con i Sacramenti, con le azioni liturgiche della Chiesa, siano stati spesso gli
strumenti per mezzo dei quali la nostra esistenza è trasfigurata. Nel Cielo che ci attende, là in mezzo alla
Gerusalemme redenta, nulla va perduto. Il prato è punteggiato di infinite varietà di piante e fiori: nel
Cielo che ci attende la peculiarità di ciascuno raggiungerà la sua pienezza e perfezione. Accanto al trono
stanno la croce e la colonna della flagellazione del Signore, anche gli altri simboli della passione sono
presenti, portati dagli angeli: nella Gerusalemme celeste il dolore non è dimenticato, ma viene trasfigurato
dalla gloria. La contemplazione della passione glorificata dell’Agnello divino, conferisce senso e luce alle
sofferenze della vita.
L’interno del polittico di Van Eyck ci introduce, come lo spazio creato dalla celebrazione liturgica, nell’
“ora” di Gesù. In quest’ora come afferma la Sacramentum Caritatis, la libertà di Dio e la libertà
dell’uomo si incontrano definitivamente nella cane crocifissa del Verbo, sigillando un patto valido per
sempre (SC 9).
In questo patto sono entrate generazioni di uomini e di donne che sono qui rappresentate dal maestoso
corteo che procede diviso in otto gruppi: quattro nel pannello centrale, quattro nei pannelli laterali.
Partendo dai pannelli di sinistra vediamo: i giudici giusti e i cavalieri di Cristo; nel pannello centrale in
senso orario: profeti e patriarchi, confessori della fede, le vergini e le religiose, gli apostoli e i martiri; nei
pannelli di destra: gli eremiti e i pellegrini. Otto gruppi che rappresentano quanti, nella loro vita, hanno
realizzato le otto beatitudini.
Questo ci induce a riflettere: partecipare alla liturgia, accostarsi ai sacramenti, pregare non basta se la vita
non si trasforma alla luce di quel comandamento dell’amore che le beatitudini descrivono. Il culto gradito
a Dio — recita il documento Sacramentum Caritatis— non è mai un atto meramente privato, senza
conseguenza sulle relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede (SC 83).
Questa verità, sbiadita a noi disincantati uomini della post-modernità, era familiare e nota al grande Van
Eyck che non ha esitato a tratteggiare vescovi e santi, pellegrini e dame con il realismo vivo del ritratto
moderno. La bellezza non è un fatto puramente estetico, ma è frutto di una condizione etica. I santi sono
belli non perché esteticamente impeccabili, ma perché trasfigurati dalla luce della santità della loro vita.
In tal modo essi nella loro umanità hanno annunciato la grazia di Dio e la forza dei sacramenti. Questa è
la forza missionaria della Chiesa. La forma che plasma in noi l’Eucaristia è la forma della testimonianza
che annuncia al mondo la grandezza di un Mistero che si è consegnato all’uomo per sempre.
Certo nessuno può dirsi arrivato a questa meta, neppure i beati che ora, grazie a Van Eyck, contempliamo.
Ma nessuno può dirsi escluso da questo traguardo, anzi: il luogo dipinto da Van Eyck nel pannello
centrale è vasto perché destinato ad accogliere l’umanità intera, anche noi. Il cammino da percorrere per
giungere lì è quello indicato dalla miriade di volti: il cammino della preghiera che impregna la vita; il
cammino della fedeltà a se stessi per essere umanamente santi e santamente umani.
Questo opera in noi l’azione liturgica della Chiesa: come il pane e il vino sono trasformati, non
nell’aspetto ma nella sostanza, in corpo e sangue del Signore, così l’offerta quotidiana di noi stessi ci
trasforma in membra idonee e belle di quel Corpo Santo che, mentre lo riceviamo, ci assimila a sé.
Tutto il pannello centrale può essere assimilato a una splendida gemma costituita dalla molteplice varietà
delle forme e dei colori. Troviamo in esso membra sane e belle eppure ancora dall’aspetto fragile e
imperfetto, ma dove qui riscontriamo rughe e opacità là, oltre la porta del tempo, già si vedono
risplendere gemme preziosissime.
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Spiegazione del Polittico di Van Eick e del