Impresa, glocalismo, nuova statualità glocal. Una scommessa vinta di Piero Bassetti* Sono veramente lieto che l’amico Sangalli, nella sua duplice veste di presidente della Camera e di direttore di questa rivista, mi abbia rivolto l’invito a raccontare «in un articolo la [mia] esperienza di fondatore e direttore di “Impresa&Stato” e le riflessioni che [mi] hanno portato in quell’epoca a creare uno strumento editoriale così innovativo la cui missione resta pienamente valida ancora oggi». Lusinghe a parte, l’occasione mi è subito sembrata preziosa non solo per riflettere su questa esperienza, ma soprattutto per verificare se, e fino a che punto, tale originaria missione resti realmente valida oggi. Cominciamo dall’inizio e cioè dal marzo 1988. Scrivevo allora, nell’editoriale del primo numero, che la nuova rivista era imprescindibilmente legata al fatto che la realtà nella quale la Camera si muoveva era ormai mutata «a tal punto da rendere del tutto inadeguata e obsoleta la visione un po’ insulare di una realtà economica provinciale da integrare nel quadro nazionale»1; che ormai era «arduo anche soltanto immaginare una dimensione “provinciale” dell’economia»2; che la prospettiva della «Camera di Commercio come una sorta di “Prefettura economica” il cui compito prioritario consisteva nel controllo delle attività produttive della Provincia»3 non era più attuale; che «anche in Italia e in qualsiasi settore pro* Presidente di Globus et Locus. 쏆 duttivo si produce dovunque qualsiasi cosa per qualsiasi mercato»4; che «per un’istituzione economica pubblica, come le camere di commercio, solo il mondo delle imprese e dei loro rapporti col mercato poteva costituirsi, adesso, come termine di riferimento amministrativo e di governo. Attraverso l’intricato annodarsi delle reti e dei sistemi funzionali e di servizio ai più diversi livelli la realtà delle imprese si sviluppa fra localismo da un lato e mondializzazione dall’altro»5. Porre l’accento sull’epocale cambiamento di prospettiva economica e sociale che cominciava a profilarsi proprio in quegli anni e che testimoniava l’avvento dell’era glocal mi sembrava, già allora, indispensabile per far emergere il fatto – all’epoca poco percepito e, del resto, tuttora trascurato – che l’impresa come mediatrice dei nuovi rapporti tra tecnoscienza e capitale imposti dalla corsa all’innovazione; come nuova protagonista dei rapporti tra economia e territorio; come nuovo soggetto da rappresentare, domandasse e domandi nuovi beni pubblici, nuovi spazi territoriali di riferimento, nuovi criteri di rappresentanza. L’impresa aveva cioè (e ha ancora più che mai!) urgente bisogno di una nuova statualità. L’idea della società glocale (globale e assieme locale, in un intreccio reciproco e in un rapporto di contatto e scambio diretto fra le due dimensioni) era quindi maturata già allora. ----------------------- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - --[ 7 ] --------------- 쏆 - ------------------------------------ - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - VENT’ANNI DI IMPRESA&STATO --------------- - - - - --------------------------------------- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -쏆 VENT’ANNI DI IMPRESA&STATO L’apparire di nuovi protagonisti istituzionali Per la verità il “mercato comune” e l’avvento delle Regioni avevano cominciato a introdurre nuovi protagonisti istituzionali interessati al problema di un più corretto rapporto tra impresa, territorio, istituzioni nazionali ed europee. Ma di tutto questo, dalle nostre parti, non sembrava si fosse acquisita consapevolezza. È ben vero che le Regioni – e la Lombardia in particolare – nell’accostarsi al mondo della produzione non avevano mancato di intuire, pur con alcune esitazioni, che in materia di politica economica il loro interlocutore poteva essere l’impresa. Ma ciò che appariva attuabile nel settore agricolo e, forse, nel settore artigiano e commerciale di qualche Regione più piccola, non lo era altrettanto nel contesto più articolato di un tessuto imprenditoriale forte, come per esempio la Lombardia. Nella quale pure emergeva la mancanza di un apparato amministrativo dimensionato e preparato ad assolvere un compito di tal genere in un contesto nel quale si andavano sempre più affermando nuove esigenze di erogazione di servizi di impresa. Le arcaicità delle strutture per ministeri e assessorati verticali risultavano sempre più evidenti. Le tematiche portate avanti dai regionalisti sulla necessità di far coincidere la riforma regionale con una radicale trasformazione amministrativa si affermavano in tutta la loro attualità proprio nel momento in cui il centralismo burocratico era interamente dedito a impedirle. E questo mentre l’organizzazione dei mercati evolveva rapidamente in un incombente mondo di nuovi saperi, di rapide innovazioni, di nuovi glocalismi e perciò di nuove sfide imprenditoriali. Era cioè l’intero quadro delle istituzioni territoriali che si confermava carente: ciò che occorreva era qualcosa di difficilmente L’ORGANIZZAZIONE esprimibile dalle stesse DEI MERCATI Regioni. Di qui la riscoperta delle camere di EVOLVEVA commercio – che noi nel RAPIDAMENTE, frattempo avevamo coMA IL QUADRO minciato a organizzare a “sistema reticolare” – ISTITUZIONALE con il riconoscimento del SUL TERRITORIO fatto, assai rilevante, che SI CONFERMAVA le imprese e i loro sistemi territoriali avevano CARENTE. DI QUI bisogno di un’istituzione LA RISCOPERTA di nuovo tipo, capace di DELLE CAMERE organizzarli funzionalmente, di mettersi in rete, DI COMMERCIO come il mercato, di av- viare un nuovo tipo di rappresentanza non più basato su associazionismi settoriali, di colloquiare con le istituzioni territoriali parlando un nuovo linguaggio amministrativo e politico. L’idea di «Impresa&Stato» nasce da qui: dalla convinzione che fosse indispensabile dotare la Camera di Milano di un foro di riflessione utile alla discussione amministrativa, istituzionale, politica che su questi temi occorreva animare e approfondire. Bisognava cioè capire e spiegare che «ragione «IMPRESA& plausibile della sopravvi- STATO» NASCE venza delle Camere si stava rivelando appunto PER DOTARE DI quella di una loro speci- UN FORO DI ficità non più come “Prefetture economiche”, ma RIFLESSIONE come punto di contatto LA CCIAA fra una nuova nascente IN EPOCA DI statualità, più avvertita delle trasformazioni eco- RIORGANIZZAnomiche, e l’impresa, ZIONE COME protagonista e soggetto ascendente nella scena SISTEMA dell’economia e, nel con- RETICOLARE tempo, delle istituzioni»6. Un’affermazione che oggi ripeterei con accresciuta cognizione di causa accentuando semmai il concetto di “contatto” e precisandolo come affidato all’idea di “rete”. È questo infatti un concetto, allora intuito, ma che oggi a vent’anni dalla sua enunciazione e dopo dieci anni di riflessioni e applicazioni nell’ambito di Globus et Locus, consiglierei a «Impresa&Stato» di approfondire tenacemente. Nella difficile situazione della crisi economica attuale Una problematica alla quale mi sentirei di aggiungerne un’altra, maturata in questi mesi di così grave crisi economica mondiale e per delibare la quale «Impresa&Stato» potrebbe rivelarsi ancora una volta preziosa: nella crisi economica in atto, generata certamente da drammatiche disfunzioni finanziarie ma caratterizzata anche da una palese incapacità delle vecchie strutture statuali di raccordarsi correttamente ai problemi delle imprese non bancarie, le camere, con la loro struttura a rete e col loro rapporto diretto con le imprese, sarebbero dotate di un rilevante vantaggio comparato nell’aiutare queste a tirarsi fuori da situazioni difficili. La crisi mondiale sta infatti dimostrando come ogni potere politico affidato a statualità centriche e territorialmente confinate sia in difficoltà nel [8 ]------------------------------------ - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 쏆 proporsi come regolatore di un mercato ormai organizzato a rete glocale. Internet, sicuramente l’innovazione più caratteristica del nostro tempo, permette invece a ogni “periferia” di non essere alla mercé di nessun “centro”. Se in passato i centri di potere irraggiavano il proprio sapere e di conseguenza il proprio potere nelle periferie territorialmente adiacenti (un esempio tipico di ciò è il modello culturale promosso dallo Stato francese), oggi il web fa sì che ogni nodo del network globale possa interagire con qualunque altro nodo indipendentemente dalla sua posizione (centrale o periferica). Insomma, per comunicare e trafficare oggi non è più necessario passare dal centro e le realtà glocali, quali appunto sono le imprese, possono oggi interconnettersi e quindi “parlarsi” direttamente sia per ciò che riguarda la comunicazione che per quanto riguarda gli scambi. Il che non avviene quando le offerte di relazione sono fatte dagli Stati. Gran parte delle difficoltà che la crisi mondiale sta evidenziando deriva infatti dalla scelta dei governi nazionali, espressione della vecchia statualità, di impostare la loro azione di governo (e non di governance) in termini centrici e confinati: mentre il sistema camerale è un raro esempio di statualità a rete. Credo che «Impresa&Stato», dibattendo in aggiunta ai suoi abituali temi anche questo, di così grande attualità e rilevanza, potrebbe confermare tutta la sua utilità. Uno strumento che va usato Resta poi sempre l’argomento della Riforma camerale. Un tema al quale «Impresa&Stato» ha sempre de- 쏆 dicato molto spazio. Non a caso, già nel ’95 le edizioni il Mulino avevano voluto presentare un volume dedicato alla rivista – e che di questa portava il nome – col significativo sottotitolo “Una istituzione italiana al lavoro verso una nuova statualità”. Chi scrive così commentava: «La riforma dell’ordinamento delle camere di commercio conclude un ciclo. Il progetto che avevamo contribuito a disegnare sulle pagine di “Impresa&Stato” grazie a tanti preziosi apporti ha toccato un primo stadio della sua realizzazione. Ma è ancora solamente il primo passo. Ora comincia la parte più difficile e stimolante: utilizzare i risultati raggiunti, le energie suscitate, le esperienze accumulate per innescare un progetto virtuoso che sappia coinvolgere soggetti istituzionali, politici, economici, culturali, interessati a dare all’Italia uno Stato nuovo e, insieme, nuove e più solide ragioni al patto sociale della convivenza»7. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti della politica nazionale e mondiale: il potere reale dell’innovazione e dell’impresa reclama una modifica sostanziale dello Stato; la glocalizzazione interessa un numero sempre più ampio di imprese; e queste sono sempre più libere nella loro dimensione spaziale; la gestione e la rappresentanza politica di tale realtà multiforme non possono essere quelle tradizionali. Ciò che occorre è un cambiamento non della sola forma ma dell’essenza dello Stato. Poiché non può esserci democrazia senza democrazia degli interessi, è ormai indispensabile intrecciare quest’ultima «con gli emergenti federalismi o regionalismi europei»8. «Impresa&Stato», dimostrando il suo permanente impegno di ricerca e dibattito su questi temi, può continuare a essere strumento determinante nel garantire la presenza della Camera di Milano e attorno a essa del sistema camerale. Sono sicuro che così facendo essa dimostrerà nel migliore dei modi che, come io fermamente credo, «la missione [della rivista] resta valida ancora oggi». Note 1. P. Bassetti, La Camera di Commercio tra Stato e Impresa, in «Impresa&Stato», n. 1, marzo 1988, pp. 5 ss. 2. Ivi, p. 6. 3. Ivi, p. 5. 4. Ivi, p. 6. 5. Ibid. 6. Ivi, p. 7. 7. Impresa&Stato. Un’istituzione italiana al lavoro verso la Nuova Statualità, a cura di P. Bassetti, Bologna, il Mulino, 1995, p. 24. 8. Ibid. ----------------------- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - --[ 9 ] --------------- 쏆 - ------------------------------------ - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - VENT’ANNI DI IMPRESA&STATO